APPUNTI DI FISICA Per Medicina, Farmacia e Biologia

APPUNTI DI FISICA
Per Medicina, Farmacia e Biologia
CAP I - Misura
Fisica
Lo studio degli attributi misurabili delle cose.
I concetti fondamentali della fisica sono definiti in base a
misure.
Lo scopo delle teorie fisiche è correlare i risultati delle
misure.
Una teoria fisica è alla fin fine una affermazione conclusiva su
operazioni concrete effettuate in laboratorio.
Misure
le misure sono sempre relative ad un campione chiamato unità.
Le
misure
dirette
si
effettuano
direttamente
con
uno
strumento-campione dell’unità di misura
Le misure indirette derivano il loro risultato da calcoli
matematici e/o grafici.
1 secondo (s) è 1/86.400 del giorno solare medio nell’anno 1900
(non odierno, in quanto la velocità di rotazione della terra è
cambiata negli ultimi 100 anni; difatti il 30/07/1972 è stato
aggiunto 1 secondo come fattore correttivo).Da 1967 il secondo
(s) è stato ridefinito su un orologio al cesio, un orologio
atomico controllato dalle transizioni atomiche nel cesio.
1 metro (m) è oggi definito come 1.650.763,73 volte la lunghezza
d’onda delle luce arancione emessa dal gas kripton eccitato
elettricamente.
Dimensioni
Le dimensioni di una grandezza fisica sono date dai fattori
delle grandezze fondamentali (o derivate) che la definiscono.
Tali fattori saranno indicati fra parentesi quadre.
Esempi:
lunghezza [ l ];
tempo [ t ];
velocità = lunghezza percorsa / tempo impiegato [ l / t ];
superficie di una figura piana = lunghezza x lunghezza [ l2 ]
Precisione Ed Errore Sperimentale
Ogni sperimentatore dovrebbe sempre fornire entrambi i seguenti
risultati:
misura rilevata
stima della accuratezza della misura rilevata
Gli errori che uno sperimentatore può commettere possono essere
sostanzialmente di due tipi:
errori sistematici; sono dovuti ad un vizio nello strumento di
misura o nella procedura sperimentale.
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errori
accidentali;
sono
caratterizzati
dal
fatto
che
conducono ad un risultato finale può essere in difetto o in
eccesso. Sono inevitabili, lo scopo del ricercatore è renderli
minimi, ovvero accettabili. Un modo per ridurre gli errori
accidentali è ripetere più e più volte la medesima misura.
Mediamente la stima dell’errore da parte di uno sperimentatore è
in grado di riconoscere, valutare e riportare soltanto l’errore
accidentale.
Cifre Significative
24,3
è
un
numero
in
cui
le
cifre
significative
sono
implicitamente 3, e non si è certi di quale valore assumerebbe
una ipotetica quarta cifra. Scrivere 24,30 equivarrebbe a dire
che le cifre significative sono 4, ma per fare ciò sarebbe
necessario avere la certezza del fatto che la quarta cifra sia
“0”.
Per cifre molto grandi tipo la distanza della terra dal
sole che è di circa 149.500.000 Km non tutti gli zeri sono
significativi, in quanto la si può considerare nota entro ±
5.000 Km. In tal caso si possono utilizzare le potenze di 10. Il
numero precedente può quindi essere scritto 149,50 x 106 Km. Il
primo fattore esprime tutte le cifre significative, mentre il
secondo esprime di quanti posti deve essere spostato verso
destra
il
punto
cha
stabilisce
i
decimali.
A
seguito
dell’esecuzione di calcoli, il numero di cifre ottenuto potrebbe
aumentare oltre la significatività del risultato. In questo caso
è necessario arrotondare il numero finale in modo da lasciare
solo le cifre significative.
Regola generale: il risultato di un calcolo non può avere un
numero di cifre significative superiore al numero di cifre
significative di tutti i numeri che vengono usati per il calcolo
stesso.
Fattore Di Scala
Il fattore di sc ala è il rapport o delle lunghezz e corrispondenti
in 2 figure simili L = d’/d.
Consideriamo ad esempio i 2 cubi C e C’ ove il lato di C’ misura
il doppio del lato di C. Il cubo C’ è più grande del cubo C di
un fattore di scala L, dove L=2. Se invece delle lunghezze dei
lati confrontiamo le aree, è chiaro come una faccia del cubo C’
abbia l’area 4 volte maggiore della faccia corrispondente del
cubo C. Il rapporto fra queste aree è L2=22=4. Allo stesso modo
il volume del cubo C’ risulta essere 8 volte il volume del cubo
C; il rapporto fra i loro volumi è infatti L3=23=8.
Lo stesso concetto può essere applicato a 2 figure simili
qualunque. Il fattore di scala risulta sempre essere il rapporto
fra 2 lunghezze corrispondenti L=d’/d, il rapporto fra le 2 aree
sarà sempre A’/A=L2 ed il rapporto fra i 2 volumi V’/V=L3.
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Alcune proprietà fisiche del corpo dipendono dal volume e altre
dipendono dall’area, ed il rapporto di tali proprietà dipenderà
dunque dalla grandezza del corpo.
Esempio: Il peso di un animale dipende dal suo volume. I pesi W
e W’ di 2 animali di forma simile possono essere espressi
rispettivamente come W=aV e W’=aV’. Il rapporto fra i due pesi
risulta quindi essere:
W’/W = aV’/av = V’/V = L3.
Forza relativa
La forza relativa di un animale è definita come il rapporto che
un animale può sollevare ed il peso del corpo dello stesso.
La forza di un animale dipende dalla sezione dei suoi muscoli.
Un sollevatore di pesi, ad esempio, possiede braccia di
lunghezza normale, ma di sezione maggiore rispetto ad un
sedentario. Nel caso di 2 animali simili come forma e sostanza
di cui sono composti, ma di dimensioni diverse, l’animale più
grande sarà L2 volte più forte dell’animale piccolo (dove L è il
fattore di scala). Il peso dell’animale più grande sarà però L3
maggiore rispetto al peso dell’animale più piccolo, in quanto il
peso dipende dal volume e non dalla superficie. La forza
relativa dell’animale più grande sarà dunque:
Forza relativa animale grande =
= forza animale grande / peso animale grande =
= L2 * forza animale piccolo / L3 * peso animale piccolo =
= forza animale piccolo / L * peso animale piccolo =
= 1/L * forza relativa animale piccolo
La forma degli animali più grossi perciò notevolmente diversa da
quella degli animali più piccoli. Le ossa ed i muscoli degli
animali più grossi devono infatti essere sproporzionatamente più
grossi rispetto alle ossa ed ai muscoli degli animali più
piccoli.
Divisione cellulare
Perché le cellule raggiunte certe dimensioni si dividono?
Immaginiamo una cellula di forma sferica: il fattore di scala di
un cellula grande C’, rispetto ad una cellula più piccola C è L
= R’/R dove R’ ed R sono rispettivamente i raggi di C’ e C. Il
volume della cellula C’ è L3 volte maggiore del volume della
cellula C. C’ possiede dunque una quantità di materiale
metabolico L3 volte maggiore di C e necessita di una quantità di
O2 nell’unità di tempo L3 volte maggiore di C. L’O2 deve però
penetrare attraverso la parete cellulare, che corrisponde di
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fatto alle superfici di C’ e di C rispettivamente. C’ ha una
superficie L2 volte maggiore di C e può di conseguenza ricevere
una quantità di O2 nell’unità di tempo L2 volte maggiore di C. Il
rapporto fra la quantità massima di O2 ottenibile e la quantità
di O2 necessaria alla sopravvivenza della cellula si chiama
fattore di vitalità e deve necessariamente essere ≥ 1. Il
fattore di vitalità della cellula più grane C’ è 1/L volte il
fattore di vitalità della cellula più piccola C. Una cellula
piccola ha un fattore di vitalità > 1; man mano che la cellula
cresce, il suo fattore di vitalità decresce, e si approssima ad
1. Per evitare il soffocamento la cellula deve dunque arrestare
l’accrescimento o dividersi.
CAP II – Forza
La forza è definita come qualcosa che influisce su di un corpo
in modo da modificare il suo stato di moto.
Proprietà della Forza:
Proprietà 1:
una forza è sempre applicata da un corpo materiale ad un altro.
Proprietà 2:
Una forza è caratterizzata sia dalla sua intensità che dalla
direzione lungo la quale agisce.
Proprietà 3 (terza Legge del moto di Newton):
ogni volta che un corpo A esercita una forza F su un corpo B, il
corpo B contemporaneamente esercita una forza R sul corpo A. la
forza R è uguale come intensità a F, ma ha direzione opposta.
Proprietà 4:
se due o più forze agiscono contemporaneamente sullo stesso
corpo, il loro effetto è quello di un’unica forza uguale alla
somma vettoriale delle singole forze.
Prima legge del moto di Newton (caso particolare)
Affinché un cor po rimanga in quiete, cioè in equilibrio, è
necessario che il vettore somma di tutte le forze ad esso
applicate sia zero.
NB: le 3 leggi di Newton furono per la prima volta enunciate da
Isaac
newton
(1642-1727)
nel
suo
famoso
libro”Principia
Matematica” pubblicato nel 1687.
Forza di gravità
Il campo gravitazionale della terra, o gravità,
mediante la quale la terra attrae tutti i corpi.
è
la
fora
Per un dato corpo materiale al forza di gravità ha praticamente
la stessa intensità in ogni punto della superficie terrestre
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(piccola variazione attorno allo 0,5% dal polo all’equatore). La
direzione della forza di gravità è rivolta verso il centro della
terra.
Un corpo materiale è attratto verso il centro della terra dalla
forza di gravità.
Per la terza legge di Newton anche il corpo materiale in oggetto
deve attrarre la terra con una forza di intensità uguale e di
direzione opposta alla forza esercitata dalla terra sul blocco.
Ciò implica che l’attrazione gravitazionale non è una proprietà
speciale della terra, ma è ca ratteristica di tutti i corpi
materiali.
Forza elastica
Immaginiamo di avere a che fare con una molla sospesa che pende
verticalmente, a cui si appende un corpo. L’allungamento della
molla sarà (fino ad un certo limite) proporzionale alla forzapeso del corpo applicato alla stessa. L’intensità Fg di questa
forza è espressa dalla relazione:
Fg = kx
Dove k è una costante caratteristica della molla e x è la misura
dell’allungamento
subito
dalla
stessa
in
seguito
all’applicazione del corpo. L’unità di misura di K è il N/m.
Poiché il blocco appeso alla molla è in equilibrio, per la prima
legge di Newton la forza totale agente su di esso deve essere
zero. La terra esercita sul corpo una forza di gravità Fg diretta
verso il basso. Deve pertanto essere presente un’altra forza Fk,
esercitata dalla molla, che agisce sul corpo per equilibrare Fg.
Abbiamo dunque che:
Fg + Fk = 0
e di conseguenza
Fk = -Fg
Forza di contatto (forza normale)
Un blocco appoggiato su un tavolo è chiaramente in equilibrio e
perciò, per la prima legge di Newton, ci deve essere, oltre alla
forza di gravità, un’altra forza agente su di esso. La
superficie del tavolo è leggermente deformata dal blocco ed
esercita di conseguenza una forza Fc sul blocco diretta verso
l’alto. Tale forza, che è sempre diretta perpendicolarmente alla
superficie che la produce, è detta forza di contatto o forza
normale. Poiché per la prima legge di Newton la somma della
forza di gravità sul blocco Fg e la forza di contatto sullo
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stesso Fc deve essere zero, ne consegue che Fc deve essere di
intensità pari ad Fg e diretta in senso opposto. Ne consegue che:
Fk = -Fg
Le forze di contatto sono dunque esercitate da corpi solidi su
altri corpi a contatto con essi. Esse sono forze reali,
accompagnate da piccole deformazioni sulle superfici dei corpi
che le producono. Una forza di contatto differisce da una forza
elastica solo per il grado di deformazione. In un certo senso un
corpo solido agisce come una molla molto rigida.
Forza di attrito
L’attrito, come la forza di contatto, è una forza che una
superficie esercita su un corpo a contatto con essa. Mentre la
forza di contatto è sempre perpendicolare alla superficie, la
forza di attrito è sempre parallela alla superficie. L’attrito
in genere agisce in modo da opporsi a qualsiasi forza esterna
applicata. Consideriamo un blocco in appoggio su un piano: se
applichiamo al blocco una forza Fa parallela alla superficie del
tavolo, ed Fa è abbastanza piccola, il blocco non si muove. Vi
deve dunque essere un’altra forza Ff,di modulo uguale, ma
direzione opposta ad Fa che agisce sul blocco. Per la prima legge
di Newton, fintantoché il blocco rimane in quiete, si verifica
la seguente condizione:
Ff = -Fa
L’intensità di Ff aumenta all’aumentare di Fa in modo tale da
eguagliarla. Esiste tuttavia un valore massimo per l’intensità
di Ff, e se Fa supera tale valore, la forza di attrito non riesce
più ad equilibrare Fa e pertanto il blocco si metterà in moto. La
forza massima di attrito Ffmax dipende dalla natura delle
superfici a contatto che sono prese in considerazione (in questo
caso blocco e piano). La forza massima di attrito Ffmax dipende
anche dall’intensità della forza di contatto Fc. La relazione che
lega la forza massima di attrito Ffmax alla forza di contatto Fc è
la seguente:
Ffmax = µsFc
Dove µs è una costante definita coefficiente di attrito statico,
la quale è tipica del materiale di cui le superfici a contatto
sono costituite.
Fintantoché è vera la condizione:
Ff ≤ µsFc
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Il corpo rimane in quiete.
Allorché Fa supera Fs il corpo non è più in e quilibrio e di
conseguenza si mette in moto. La forza di attrito ora cambia le
sue nelle sue caratteristiche e dipende anche dalla velocità del
corpo. Per problemi semplici la dipendenza della forza di
attrito dalla velocità può essere trascurata e si può dunque
considerare l’attrito dinamico costante e proporzionale alla
forza di contatto Fc. per un corpo in moto avremo quindi la
seguente relazione:
Ff ≈ µkFc
Dove µk è una costante definita coefficiente di attrito dinamico,
che è normalmente minore di µs.
La somma delle forze di contatto e di attrito:
Fs = Fc + Ff
costituisce la forza totale di superficie Fs che la superficie
esercita sul corpo.
Forza Muscolare
Un muscolo è mediamente attaccato ai suoi estremi a 2 differenti
ossa mediante i tendini. Le 2 ossa sono collegate insieme per
mezzo di una connessione flessibile, l’articolazione o giuntura.
La contrazione muscolare produce 2 paia di forze che agiscono
sulle 2 ossa e sul muscolo nei punti dove si attaccano i
tendini. Queste sono forze di azione e reazione fra ciascun osso
ed il muscolo. La massima forza che un muscolo può esercitare
dipende dall’area della sua sezione, ed in un uomo varia da 28 a
35 N/cm2. lo studio di come le forze muscolari agiscono per
produrre il moto del corpo umano e il suo equilibrio è chiamato
kinesiologia o biomeccanica.
Forze di compressione e di tensione
Un corpo solido premuto su 2 facce opposte dalle forze F1 ed F2 =
-F1 è in equilibrio. Tale situazione è però diversa da quella in
assenza di forze. Quando agiscono 2 forze opposte, si dice che
il corpo è compresso. L’intensità C della compressione è uguale
all’intensità di ciascuna delle forze agenti, ovvero C = F1 = F2.
allo stesso modo un blocco in equilibrio potrebbe avere 2 forze
opposte che tirano. In questo caso si dice che il corpo è in
tensione o trazione; l’intensità T della tensione è di nuovo
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uguale all’intensità di entrambe le forze agenti su di esso T =
F1 = F2.
Proprietà delle corde flessibili e dei tendini
Una corda flessibile, così come uno spago, una fune, oppure un
tendine, possiede un certo numero di proprietà caratteristiche:
Proprietà 1:
può essere in uno stato di tensione, ma non di compresisone.
Proprietà 2:
può esercitare una forza soltanto nel senso della propria
lunghezza. (Questo non vale per un’asta rigida, quale ad esempio
una mazza da golf, che può esercitare una forza tanto nel senso
della propria lunghezza, quanto perpendicolarmente ad essa).
Proprietà 3:
in assenza di attrito, la tensione è la stessa su tutti i punti
lungo la corda.
È dunque possibile usare una corda per cambiare la direzione di
una forza senza cambiarne l’intensità.
Forze su una retta
Si dice che due forze giacciono sulla stessa retta se hanno la
medesima direzione oppure direzione opposta. Se due forze F1 ed
F2 hanno la stessa direzione, l’intensità della loro somma è
uguale alla somma delle intensità di F1 ed F2:
S = F1 + F2
Se due forze F1 ed F2 hanno direzione opposta, l’intensità della
loro somma è uguale alla differenza delle intensità di F1 ed F2:
S = F1 + F2
In generale l’intensità della somma di 2 forze che giacciono
sulla medesima retta è ugua le alla somma algebrica delle
intensità delle singole forze.
Componenti della forza
Talvolta è conveniente sostituire una forza F con due forze
perpendicolari Fx ed Fy la cui somma vettoriale sia uguale ad F:
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F = Fx + Fy
le forze Fx ed Fy sono chiamate le componenti di F, e
l’operazione per trovare Fx ed Fy si chiama scomposizione di F
nelle sue componenti.
Scomposizione delle forze: metodo grafico
Data un forza F, di cui sono note direzione ed intensità:
1. si disegna una retta passante per l’origine di un piano
cartesiano XY ed avente la medesima direzione di F;
2. usando una opportuna scala si segna sulla retta un vettore
rappresentante F;
3. dalla punta di F si traccia una retta perpendicolare all’asse
X del piano cartesiano; il vettore Fx che congiunge l’origine
del piano cartesiano con l’intersezione della retta appena
tracciata rappresenta la componente Fx di F.
4. dalla punta di F si traccia una retta perpendicolare all’asse
Y del piano cartesiano; il vettore Fy che congiunge l’origine
del piano cartesiano con l’intersezione della retta appena
tracciata rappresenta la componente Fy di F.
Scomposizione delle forze: metodo trigonometrico
Data un forza F, di cui sono note direzione ed intensità:
5. si disegna una retta passante per l’origine di un piano
cartesiano XY ed avente la medesima direzione di F;
6. usando una opportuna scala si segna sulla retta un vettore
rappresentante F;
7. sia θ l’angolo formato da F con l’asse X del piano
cartesiano;
8. F risulta essere l’ipotenusa di un triangolo rettangolo i cui
cateti sono Fx ed Fy.
9. il seno di θ è dato dal rapporto fra cateto opposto ed
ipotenusa, dunque sen θ = Fy / F;
Fy = F sen θ
10. il coseno di θ è dato dal rapporto fra cateto adiacente ed
ipotenusa, dunque cos θ = Fx / F;
Fx = F cos θ;
Determinazione di una forza date le sue componenti
La forza F altro non è che l’ipotenusa di un triangolo
rettangolo di cui le componenti Fx ed Fy sono i cateti. Di
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conseguenza, applicando il teorema di Pitagora, l’intensità di F
è data da:
S = √ Fx2 + Fy2
La tangente dell’angolo θ fra F ed Fx è data dal rapporto fra
cateto opposto e cateto adiacente, dunque tg θ = Fy / Fx:
θ = tg-1(Fy / Fx)
Somma di vettori con il metodo delle componenti
Per eseguire una somma vettoriale si possono usare le componenti
poiché ciascuna componente del vettore somma S = F1 + F2 + … di
due o più vettori è uguale alla somma delle corrispondenti
componenti di F1, F2 e ….
Sx = F1x + F2x + …
Sy = F1y + F2y + …
In ciascuna somma le componenti giacciono sulla stessa retta, di
conseguenza occorre solo eseguire una normale somma algebrica.
CAP III – Momento delle forze
Equilibrio per rotazione
Immaginiamo 2 forze F1 ed F2 agenti agli estremi di un blocco:
F1
F2
Anche se F2 = -F1, per cui la forza totale sul blocco è zero, il
blocco si mette in movimento, ruotando attorno al proprio
baricentro. La condizione F1 = F2 è dunque sufficiente a
garantire che un solo punto del blocco, il suo baricentro
rimanga in quiete. Affinché il corpo rimanga in quiete è
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necessario che si verifichi una seconda condizione, ovvero che
anche la somma algebrica dei momenti agenti su di esso sia zero.
Tale condizione è detta condizione dei momenti.
Condizione dei momenti
Affinché un corp o sia in equilib rio rotazionale è necessario che
la somma algebrica di tutti i momenti prodotti da tutte le forze
agenti sul corpo sia zero.
Momento di una forza
Il momento di una forza è definito come la tendenza di una forza
a determinare la rotazione di un corpo materiale rispetto ad un
punto. La tendenza di una forza F a causare rotazione intorno ad
un punto P dipende dall’intensità di F e dalla sua distanza da
P. Il momento τ esercitato da una forza F rispetto ad un punto O
è uguale all’intensità di F moltiplicata per la distanza dal
punto O della retta che definisce la direzione di F.
τ = Fd
il segno di τ si intende positivo se F tende a produrre attorno
ad O una rotazione in senso antiorario e negativo se F tende a
produrre attorno ad O una rotazione in senso orario.
La grandezza e d il segno de l momento prod otto da una
determinata forza dipendono dal punto O rispetto al quale lo
stesso è calcolato.
La distanza d della forza dal punto O è determinata tracciando
la perpendicolare dal punto O alla retta di azione della
forza.
Condizioni per l’equilibro statico
Affinché un corpo sia in equilibrio statico la somma vettoriale
di tutte le forze agenti sul corpo (prima legge di Newton) deve
essere zero, così come anche la somma di tutti i momenti
prodotti dalle forze che agiscono sul corpo deve essere zero.
NB: per applicare la condizione dei momenti ad un corpo, tutti i
momenti devono essere calcolati rispetto allo stesso punto, ma
ogni punto può andare bene allo scopo. Praticamente si sceglierà
il punto più conveniente al fine di semplificare i calcoli.
Centro di gravità o baricentro
Il momento gravitazionale τg prodotto dalla forza peso di un
corpo esteso si può calcolare se si conosce Fg e la posizione di
un punto particolare del corpo chiamato centro di gravità o
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baricentro. Il centro di gravità di un corpo è dunque quel punto
dove si deve pen sare applicata l a forza di gravi tà Fg quando si
vuole calcolare il momento gravitazionale τg.
Proprietà del centro di gravità o baricentro
Proprietà 1:
La forza di gravità di un corpo produce un momento nullo
rispetto al baricentro del corpo.
Proprietà 2:
il baricentro di un corpo rigido è il punto di equilibrio.
Proprietà 3:
Il baricentro di un corpo rigido è un punto fisso rispetto al
corpo, ma non è necessario che sia un punto del corpo.
Proprietà 4:
per un corpo flessibile, quale ad esempio il corpo umano, la
posizione del ba ricentro rispett o al corpo camb ia ogni volta
che il corpo cambia la sua forma.
È possibile utilizzare la proprietà 2 per localizzare il
baricentro di oggetti di forma complessa. Se si sospende un
oggetto per un punto P1 qualsiasi, la forza di contatto Fc1
agisce verticalmente verso l’alto nel punto di sospensione P1.
Dato che questa è la sola forza agente sull’oggetto, a parte la
forza di gravità Fg, una volta che l’oggetto sospeso ha raggiunto
l’equilibrio rotazionale Fc1 deve produrre un momento nullo
rispetto al baricentro. Di conseguenza il baricentro deve per
forza giacere sulla retta di azione di Fc1. Allorché si sospende
l’oggetto per un altro punto P 2 scelto arbitrariamente, esso
subirà l’azione della forza di contatto Fc2 che agisce
verticalmente verso l’alto nel punto di sosp ensione P2. il
baricentro dell’oggetto si trova nel punto di in tersezione delle
rette di azione di Fc1 ed Fc2.
Equilibrio
Affinché un corpo sia in equilibrio è necessario che la somma
vettoriale delle forze e che la somma dei momenti devono
separatamente entrambi uguali a zero. Se il momento totale non
zero il corpo è sbilanciato e ruoterà nel senso determinato dal
momento totale agente. Un corpo appoggiato su una superficie
solida diventa instabile quando la retta d’azione della forza di
contatto che la superficie solida esercita sul corpo non passa
più per il baricentro del corpo. Se Fc ed Fg sono le sole forze
che agiscono sul corpo, il corpo è in equilibrio se, e solo se,
il baricentro del corpo si trova sopra la superficie di
appoggio.
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Equilibrio instabile ed equilibrio stabile
Un equilibrio che può essere distrutto permanentemente da una
piccola perturbazione è definito equilibrio instabile. Quando
invece, a seguito di una perturbazione tale da alterarne
l’equilibrio, un corpo tende a tornare e fermarsi nella
condizione precedente alla perturbazione, si parla di equilibrio
stabile. In generale un corpo acquista tanta più stabilità
nell’equilibrio tanto più il suo baricentro è situato un basso e
sopra una grande area di appoggio. Un copro acquista una grande
stabilità all’equilibrio quando il suo baricentro si trova sotto
l’area di appoggio.
CAP IV – Dinamica
Sistemi di riferimento
L’espressione “in quiete” ha un preciso significato soltanto in
un particolare sistema di riferimento; un uomo seduto in un
aeroplano, ad esempio, è in quiete rispetto all’aeroplano, ma si
muove a 1000 Km/h rispetto al suolo. L’aeroplano ed il suolo
sono dunque due diversi sistemi di riferimento, rispetto a cui
il moto dell’uomo può essere riferito. Poiché questi due sistemi
di riferimento si muovono l’uno rispetto all’altro, l’uomo può
essere in quiete in un sistema e muoversi nell’altro.
Sistema inerziale
Un sistema inerziale è un sistema di riferimento un cui la prima
legge di Newton è valida.
Qualsiasi sistema di riferimento in moto rettilineo e con
velocità costan te rispetto ad un sistema di riferimento
inerziale è esso stesso un sistema di riferimento inerziale.
La prima legge di Newton è dunque valida tanto sulla terra,
quanto su un aeroplano che si muove a velocità costante rispetto
ad essa; la sua validità decade allorché l’aereo accelera
rispetto alla terra.
Tutte le leggi della
riferimento inerziale.
fisica
sono
vere
in
ogni
sistema
di
Moto uniforme
Un moto rettilineo ed a velocità costante è chiamato uniforme.
Quando un corpo si muove con velocità costante v, la distanza d
che esso percorre nel tempo t è data, per qualunque valore di t,
da:
d = vt
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la costante v è la velocità del corpo. Le dimensioni della
velocità nono [l/t] e le unità comunemente usate sono i metri al
secondo (m/s) ed i chilometri l’ora (km/h). La velocità di un
corpo è una quantità vettoriale che ha una intensità o modulo v
ed una direzione coincidente con la direzione del moto del
corpo. Poiché la velocità è una grandezza vettoriale, il fatto
che sia costante implica 2 condizioni:
1. che non cambi l’intensità v;
2. che non cambi la direzione del moto.
Un moto uniforme è quindi un moto che avviene in linea retta e
con velocità, in modulo, costante. Un corpo in quiete è un caso
particolare di moto uniforme la cui velocità è zero. La forza
totale su un corpo è zero non solo se un corpo è in quiete, ma
anche se si muove di moto uniforme rispetto ad un sistema di
riferimento inerziale. Ciò in quanto un corpo in moto uniforme
rispetto ad un sistema inerziale è esso stesso un sistema
inerziale. Da qui deriva l’enunciato completo della prima legge
del moto di Newton.
Prima legge del moto di Newton – enunciato completo
Affinché un corpo rimanga in quiete o si muova di moto uniforme
rispetto ad un sistema inerziale è necessario le la somma
vettoriale di tutte le forze ad esso applicate sia zero.
Accelerazione
Si dice che un corpo accelera se il moto non avviene in linea
retta, se il modulo della velocità varia, o se avvengono
entrambe le cose.
Consideriamo un punto materiale che si muove lungo una
traiettoria circolare e con il modulo della velocità costante:
v
v
v
I vettori rappresentanti la velocità del corpo in istanti
diversi hanno la stessa lunghezza (modulo della velocità
costante nel tempo), ma direzione diversa. Il punto materiale è
dunque accelerato poiché la sua direzione di moto varia
continuamente.
Consideriamo ora un punto materiale che si muove lungo una linea
retta, ma la cui velocità aumenta costantemente:
Vi
Vf
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I vettori rappresentanti la velocità del corpo in istanti
diversi hanno la stessa direzione, ma lunghezze diverse (il
modulo della velocità varia nel tempo). Il punto materiale è
dunque accelerato la velocità varia continuamente.
Accelerazione media e accelerazione istantanea
Per un corpo avente velocità v1 al tempo t1 e velocità v2 al
tempo t2, l’accelerazione media durante questo intervallo di
tempo è data da:
amedia
v2 – v1
∆v
= ———————— = ———
t2 – t1
∆t
se l’intervallo di tempo è sufficientemente piccolo, allora
l’accelerazione
media
è
approssimativamente
uguale
alla
accelerazione istantanea al tempo intermedio fra t1 e t2:
aistantanea = lim
∆t → 0
∆v
dv
———— = ———
∆t
dt
L’accelerazione, come la velocità, è una grandezza vettoriale.
Le sue dimensioni sono [v/t] = [l/t2], e le sue unità di misura
più comuni sono il metro al secondo quadrato (m/s2).
Moto con accelerazione lineare costante
È una forma di moto in cui un corpo si muove su una linea retta
e con la velocità v in ogni istante variabile nel tempo secondo
l’espressione:
v = v0 + at
Dove v0 è la velocità del corpo all’istante t = 0 e a è una
costante. Poiché il moto avviene lungo un alinea retta, a viene
trattata come una grandezza scalare che può essere positiva o
negativa, a seconda che la velocità del corpo aumenti o
diminuisca.
Accelerazione gravitazionale: la forza di gravità è la forza
risultante che agisce su un corpo non appoggiato. Il corpo
pertanto non è in equilibrio, e di conseguenza cade. Dallo
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studio della caduta dei gravi, Galileo trovò che tutti i corpi
cadono con accelerazione rettilinea e costante e che (nel
vuoto), tale accelerazione è la stessa per tutti i corpi. Il
simbolo g è usato per identificare l’accelerazione dovuta alla
gravità. Il valore di g è lo stesso per tutti i corpi in un
medesimo luogo, sulla terra esso varia leggermente con la
latitudine, in minor misura con l’altitudine e con la natura
geologica del luogo. Per risolvere problemi è sufficiente usare
per g un valore di 9,8 m/s2.
Un corpo,
a t = 0,5
19,6 m/s2
secondo?
inizialmente fermo, cadendo ha una velocità di 4,9 m/s2
s, una velocità di 9,8 m/s2 a t = 1 s, una velocità di
a t = 2 s. Qual è la d istanza percorsa dal corpo in 1
Un errore comune è quello di utilizzare brutalmente la formula
d = vt, ponendo la per la velocità il valore di 9,8 m/s, cioè
quella che il corpo raggiunge dopo 1 secondo. Il risultato
sarebbe:
d = vt = (9,8 m/s)(1 s) = 9,8 m
Tale risultato è errato, in quanto la velocità del corpo era
inizialmente zero, ed ha raggiunto i 9,8 m/s solo alla fine del
primo secondo. Poiché la velocità del corpo inizialmente era
zero, ed ha raggiunto i 9,8 m/s al termine del primo secondo, la
velocità media del corpo in questo lasso di tempo è:
vi + vf
0 m/s + 9,8 m/s
vmedia = ———————— = —————————————————— = 4,9 m/s
2
2
Inserendo il valore della velocità media nella formula d = vt
otteniamo ora correttamente la distanza percorsa dal corpo.
d = vmediat = (4,9 m/s)(1 s) = 4,9 m
la formula generale che ci dà la distanza d percorsa nel tempo t
da un corpo che parte da fermo e che si muove con accelerazione
costante a è dunque:
0 + at
d = vmediat = ———————— t =
2
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½ at2
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Se invece il corpo parte con una velocità iniziale v0 all’istante
t = 0 allora la distanza percorsa nel tempo sarà data da:
d = v0 + ½ at2
Moto del proiettile (moto parabolico)
Osservando il moto di un oggetto lanciato in aria si nota come
esso si muova lungo un percorso curvo. Questa tipologia moto può
essere analizzata in maniera molto semplice formulando le
seguenti due ipotesi:
l’accelerazione di gravità g si mantiene costante per tutto il
moto ed è diretta verso il basso.
L’effetto delle resistenza dell’aria è trascurabile.
Studiamo il moto di un proiettile:
assumiamo che la direzione y sia verticale e positiva verso
l’alto. Di conseguenza ay = -g (come nella caduta libera), mentre
ax = 0, in quanto la sola possibile accelerazione orizzontale
sarebbe dovuta alla resistenza dell’aria. Poniamo inoltre che a
t = 0 il proiettile abbandoni l’origine del piano di riferimento
(yi = xi = 0) con una velocità iniziale vi, che forma con
l’orizzontale l’angolo θ.
y
Vy =0
C
vi
vyi
D
B
θi
A
vxi
E
x
Le componenti iniziali di vi saranno:
Vxi = vi cos θi
e
Vyi = vi sen θi
Applicando le equazioni:
vf = vì + at
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e
df = dì + vìt + ½ at2
possiamo calcolare le componenti x e y di v per ogni istante di
t:
Vxf = Vxi = vi cos θi = costante
componente orizzontale della velocità
vyf = vyì - gt = vi sen θi - gt
componente verticale della velocità
xf = xì + vxìt = (vi cos θi)t
componente orizzontale della posizione
yf = yì + vyìt - ½ gt2 = (vi sen θi) t - ½ gt2
componente verticale della posizione
La distanza totale percorsa dal proiettile R = xf – xi è detta
gittata del proiettile, mentre la distanza h = ymax – yi è
l’a
altezza
massima
che
il
proiettile
raggiunge.
Possiamo
determinare h notando che nel punto più alto C, vyC = 0. È dunque
possibile usare l’equazione per il calcolo della componente
verticale di v ponendola uguale a zero:
vi sen θi – gtC = 0
vi sen θi
tC = ———————————
g
e sostituire il quanto ricavato nell’equazione per il calcolo
della componente verticale della posizione:
h = (vi
vi sen θi
sen θi) —————————— - ½ g
g
vi sen θi
———————————
g
2
ovvero:
vi2 sen2 θi
h = ————————————
2g
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La gittata R è la distanza percorsa dal proiettile in un tempo
doppio di quello necessario a raggiungere il punto più alto,
cioè in un tempo 2tC. usando l’equazione per il calcolo della
componente orizzontale della posizione:
R = (vi cos θi)2tC
Otteniamo che:
vi sen θi
R = (vi cos θi)2 ———————————
g
e poiché 2 sen θ cos θ = sen 2θ:
vi2 sen 2θi
R = ————————————
g
Moto circolare uniforme
È un moto su di una circonferenza di raggio r e con velocità v
di modulo costante. L’accelerazione, ovvero la variazione di
velocità, è in questo caso dovuta alla continua variazione di
direzione del vettore velocità. Tale accelerazione è chiamata
centripeta, in quanto in ogni stante è diretta verso il centro
della circonferenza. Perciò mentre il corpo si muove, la
direzione del vettore accelerazione cambia.
v
v
ac
ac
ac
v
Il modulo dell’accelerazione è legato al modulo della velocità v
ed al raggio r dalla relazione:
ac
V2
= ————
r
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In molte situazioni è conveniente descrivere il moto di una
particella che si muove con rapidità costante lungo una
circonferenza di raggio r in funzione del periodo T che è
definito come il tempo necessario per una rivoluzione completa.
Nel tempo T la particella si muove su un percorso 2πr, uguale
alla lunghezza della traiettoria circolare. Il modulo della
velocità è uguale alla lunghezza della circonferenza divisa per
il periodo:
2πr
v = ————
T
Da cui:
2πr
T = ————
v
Velocità angolare ed accelerazione angolare
È possibile usare l’angolo misurato rispetto ad direzione di
riferimento come una misura della posizione rotazionale o
posizione angolare. Consideriamo un oggetto piano rotante
attorno ad un asse fisso perpendicolare all’oggetto e passante
per il punto O. Consideriamo una particella dell’oggetto che si
trova ad una distanza r da O e ruota attorno ad esso su una
circonferenza di raggio r. possiamo rappresentare la particella
con le sue coordinate polari; r e θ. La sola coordinata che
varia nel tempo è la posizione angolare θ, in quanto r rimane
costante. Quando la particella si muove lungo la circonferenza
di raggio r dall’asse delle x (θ = 0) al punto P, si muove lungo
un arco di circonferenza s, il quale è correlato alla posizione
angolare θ attraverso la relazione:
s = rθ
s
θ = ————
r
L’angolo θ è il rapporto fra la lunghezza di un arco ed il
raggio di una circonferenza, ed è quindi un numero puro;
ciononostante è comunemente associato all’unità di misura
definita radiante (rad). Per definizione un radiante è l’angolo
sotteso da un arco di circonferenza la cui lunghezza è uguale al
raggio della stessa (360° = 2π rad; 1 rad = 360°/2π ≈ 57,3°).
Quando la particella si muove da un punto ad un’altro in un
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intervallo di tempo ∆t, il raggio vettore spazza un angolo
∆θ =
θf - θi, che è uguale allo spostamento angolare durante
l’intervallo di tempo ∆t. quando la particella ha compiuto un
giro completo attorno alla circonferenza (2π rad) la conta dei
radianti percorsi non si azzera, cosicché dividendo i radianti
percorsi per 2π, otterremo il numero di giri percorsi. È
definita velocità angolare
media ωm, il rapporto fra lo
spostamento angolare e l’intervallo di tempo ∆t:
ωm
∆θ
= ————
∆t
Analogamente alla velocità traslazionale, la velocità angolare
istantanea ω è definita dal limite, per ∆t tendente a zero, del
rapporto fra ∆θ e ∆t.
ω = lim
∆t → 0
∆θ
———— =
∆t
dθ
———
dt
La velocità angolare si misura in rad/s oppure in s-1.
l’a
accelerazione angolare media αm di una particella rotante è
definita dal rapporto fra la variazione di velocità angolare e
l’intervallo di tempo ∆t.
∆ω
αm = ————
∆t
L’accelerazione angolare istantanea α è definita dal limite, per
∆t tendente a zero, del rapporto fra ∆ω e ∆t.
α = lim
∆t → 0
∆ω
———— =
∆t
dω
———
dt
Per una rotazione attorno ad un asse fisso, qualunque particella
di un corpo rigido ha la stessa velocità angolare e la stessa
accelerazione angolare. La direzione di ω si assume coincidente
con quella dell’asse di rotazione, che coincide con l’asse z.
per convenzione, la si assume positiva al crescere dell’angolo θ
(senso antiorario) ed il suo verso è dato dalla regola della
mano destra: le quattro dita della mano destra si avvolgono nel
verso della rotazione, ed il pollice destro punta nel verso di
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ω. Il verso di α coincide con quello di ω
quando il modulo
della la velocità angolare cresce nel tempo, ed è opposto a
quello di ω
quando il modulo della la velocità angolare
decresce nel tempo.
Relazioni fra grandezze angolari e traslazionali
Consideriamo una particella di un corpo che ruota su una
circonferenza di raggio r
attorno all’asse z. poiché la
particella si muove lungo una circonferenza il vettore v è
sempre tangenziale alla traiettoria (ciò giustifica il nome di
velocità tangenziale). Il modulo della velocità tangenziale è
per definizione la rapidità tangenziale data da v = ds/dt, tove
s è lo spazio percorso lungo la circonferenza. Dato che s = rθ e
che r è costante abbiamo che:
ds
dθ
v = ———— = r ————
dt
dt
da cui deriva che:
v = rω
cioè il modulo della velocità tangenziale della particella è
uguale al prodotto della sua velocità angolare per la sua
distanza dall’asse di rotazione. È inoltre possibile relazionare
l’accelerazione
angolare
α
della
particella
con
la
sua
accelerazione tangenziale at (che è la componente della sua
accelerazione tangente alla traiettoria del moto) calcolando la
derivata rispetto al tempo di v:
dv
dω
at = ———— = r ————
dt
dt
at = rα
cioè la componente tangenziale dell’accelerazione traslazionale
della particella sottoposta al moto circolare è uguale al
prodotto della sua accelerazione angolare per la sua distanza
dall’asse di rotazione. Una particella che si muove lungo una
traiettoria
circolare
è
sottoposta
ad
una
accelerazione
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centripeta di modulo v2/r diretta verso il centro di rotazione.
Poiché v = rω, possiamo esprimere l’accelerazione centripeta
della particella in funzione della sua velocità angolare come:
ac
v2
= ———— = rω2
r
l’accelerazione traslazionale totale della particella è uguale
alla
somma
vettoriale
dell’accelerazione
tangenziale
e
dell’accelerazione centripeta:
a = at + ac
e quindi:
a = √ at2 + ac2
= √ r2α2 + r2ω4 = r √ α2 + ω4
Moto armonico semplice
È il moto oscillatorio di un corpo che vibra avanti e indietro
intorno ad una posizione di equilibrio centrale. Se si considera
che il moto avvenga secondo l’asse x, con x = 0 posizione di
equilibrio, allora la posizione x al tempo t è data da:
2π
x = A sen ———— t
τ
dove A e τ sono due costanti chiamate rispettivamente ampiezza e
periodo. All’istante t = 0 il corpo si trova nella posizione x =
0, ma al crescere di t cresce anche x. Quando t = τ/4 la
posizione risulta essere:
x = A sen
2πτ
—————
τ4
= A sen(π/2) = A
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Questo in quanto sen(π/2) = 1. siccome il valore massimo del
seno è 1, l’ampiezza A rappresenta la distanza massima dalla
posizione di equilibrio raggiunta dal corpo. All’ulteriore
crescita di t, x diminuisce finché, per t = τ/2, il corpo
ritorna nella posizione x = 0. Al crescere ulteriormente di t,
il corpo si sposta lungo l’asse negativo finchè, per t = 3 τ/4,
il corpo raggiunge la posizione x = -A, che è la massima
escursione negativa del corpo. Per t = τ il corpo è di nuovo
tornato all’origine, ed il movimento inizia a ripetersi. Un
ciclo completo comprende un’oscillazione completa del corpo da 0
ad A, poi da A a 0, da 0 a –A, ed infine nuovamente a 0. il
periodo τ
definisce l’intervallo di tempo in cui si compie un
intero ciclo. La velocità del corpo in funzione del tempo t è
data da:
2πA
v = ————— cos
τ
2π
——— t
τ
L’accelerazione del corpo in funzione del tempo t è data da:
2π
a = - ————
τ
2
A sen
2π
——— t
τ
La seconda legge del moto di Newton
Un corpo soggetto ad una forza F ha una accelerazione a nella
direzione di F. il modulo di a è F/m, dove F è l ’intensità della
forza ed m è una proprietà intrinseca del corpo detta massa. La
relazione che lega forza, massa ed accelerazione è dunque la
seguente:
a = F/m
oppure
F = ma
La forza totale su di un corpo non appoggiato è la forza di
gravità Fg. Come conseguenza il corpo cade con una accelerazione
data da:
g = Fg/m
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dove g è l’accelerazione di gravità. Ne risulta che:
Fg = mg
Ciò dimostra che la forza di gravità su un corpo è proporzionale
alla sua massa.
CAP V – Energia
l’energia è un concetto fondamentale, in quanto molti fenomeni,
fra cui il moto oscillatorio di un pendolo o la corsa degli
animali
possono
essere
interpretati
come
una
continua
trasformazione dell’energia da una forma all’altra. Il principio
di conservazione dell’energia stabilisce che l’energia totale di
un sistema isolato è costante.
Lavoro ed energia cinetica
il lavoro W compiuto da una forza F che agisce su un corpo il
quale subisce uno spostamento d è dato da:
W = Fd cos θ
dove θ è l’angolo fra F e d. Definendo Fd la componente di F
parallela a d data da:
Fd = F cos θ
possiamo scrivere che:
W = Fdd
le dimensioni del lavoro sono [f · l] e l’unità di misura è il
Newton · metro (Nm) o joule (J).
Teorema Lavoro-Energia
Il lavoro totale W compiuto su un corpo che si sposta da una
posizione iniziale A ad una posizione finale B è uguale alla
variazione delle sua energia cinetica ∆K.
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W = KB
–
KA = ∆K
dove, per definizione, l’energia cinetica K di un corpo di massa
m in moto con velocità v è data da:
K = ½ mv2
L’unità di misura dell’energia nel sistema SI è Kg·m2/s2 = N·m =
joule (J).
Forze conservative
si dice forza conservativa un forza che, quando un corpo si
sposta lungo un percorso qualsiasi che congiunge due punti fissi
A e B, compie sempre lo stesso lavoro WAB. La forza di gravità Fg
è un esempio di forza conservativa. Ciò può essere dimostrato
calcolando il lavoro gravitazionale svolto su un corpo che si
sposta lungo due diversi percorsi congiungenti gli stessi punti.
Si può in effetti dimostrare che il lavoro compiuto dalla
gravità su un corpo per uno spostamento AB è lo stesso
indipendentemente dal particolare cammino; tale lavoro vale
sempre:
W = mgh
dove h è il dislivello, ovvero la differenza di altezza fra i
due punti A e B. Il fatto che il lavoro sia indipendente dal
particolare cammino equivale a dire che esso dipende unicamente
dalle posizioni dei punti A e B. Se hA è l’altezza del punto A
rispetto al piano di riferimento, ed hB l’altezza del punto B
riferita allo stesso piano, allora il lavoro fatto dalla forza
di gravità su un corpo che si sposta da A a B lungo un cammino
qualsiasi sarà:
WAB = mghA – mghB = mg(hA – hB)= mgh
Forze quali l’attrito
conservative.
e
le
forze
applicate
sono
forze
non
Energia potenziale
È possibile, per qualsiasi forza conservativa, definire in ogni
punto una quantità U, chiamata energia potenziale, in modo tale
che il lavoro compiuto dalla forza per spostare un corpo da A a
B lungo un percorso qualsiasi sia dato da:
WAB = UA – UB
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dove UA e UB sono i valori che assume U in A ed in B.
dall’equazione del paragrafo precedente vediamo come l’energia
potenziale per la forza di gravità è data da:
UA = mghA
dove hA è l’altezza dal punto A rispetto ad una superficie di
riferimento. Dato che:
WAB = KB
KA
–
e
WAB = UA – UB
allora:
UA – UB = KB
–
KA
e dunque:
UA + KA = UB + KB
questo consente di affermare che: se su un corpo agiscono solo
forze conservat ive e di con tatto, la somm a dell’energia
potenziale e cinetica del corpo rimane la stessa, cioè si
conserva, quando il corpo si sposta da un punto ad un altro.
Energia cinetica rotazionale – momento di inerzia
In un corpo rigido che ruota attorno all’asse fisso z con
velocità angolare ω ciascuna particella del corpo è in moto
cosicché possiede una certa energia cinetica determinata dalla
sua massa e dalla sua velocità tangenziale. Indicando con mi la
massa della i-esima particella del corpo, e con vi la sua
velocità tangenziale, l’energia cinetica del corpo è data da:
Ki = ½ mivi2
L’energia cinetica totale Kr del corpo rigido può essere espressa
come la somma delle energie cinetiche delle singole particelle
che compongono il corpo:
Kr =
∑
i
Ki =
∑
i
½ mivi2 = ½
∑
miri2ω2 =
i
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½
∑
miri2 ω2
i
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La grandezza (evidenziata fra parentesi):
I =
∑
miri2
i
è definita momento di inerzia I del corpo rigido. L’energia
cinetica del corpo rigido che ruota attorno ad un asse può
essere quindi scritta:
Kr = ½ Iω2
Dalla definizione di momento di inerzia si ricava che le sue
dimensioni sono [massa · lunghezza2] e come unità di misura nel
sistema SI chilogrammo · metro quadrato (kg · m2). Il momento di
inerzia
è
una
misura
dell’opposizione
del
sistema
alla
variazione della sua velocità angolare. Esso dipende non solo
dalla massa del corpo rigido, ma anche da come tale massa è
distribuita attorno all’asse di rotazione. L’e
energia cinetica
2
rotazionale ½ Iω non è una nuova forma di energia, bensì normale
energia cinetica ricavata dalla somma delle singole energie
cinetiche che costituiscono il corpo rigido.
Energia meccanica
l’energia meccanica ME di un corpo è la somma delle energie
potenziale e cinetica.
ME = U + K
in particolare, se la forza conservativa che agisce sul corpo è
la forza di gravità abbiamo che:
ME = ½ mv2 + mgh
Legge di gravitazione universale
Tra due corpi qualsiasi, di massa m1 ed m2, esiste una forza
attrattiva proporzionale al prodotto delle masse ed inversamente
proporzionale al quadrato della distanza r fra i corpi:
m1·m2
F = G ————
r2
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dove G è la costante di gravitazione universale pari a:
G = (6,673 ± 0,003) x 10-11 Nm2/kg2
NB: le forze nascono naturalmente sempre due a due, e la
precedente equazione dà l’intensità di ognuna di esse. Poiché la
forza è attrattiva, la forza F1 su m1 è diretta verso m2 e la
forza F2 su m2 è diretta verso m1. l’equazione vale esattamente
solo per oggetti puntiformi(particelle) e può essere applicata
ad oggetti molto grandi soltanto quando r è molto più grande
delle dimensioni dei corpi stessi. La sola eccezione riguarda i
corpi di forma sferica per i quali l’equazione è sempre valida
se r è misurato dal centro della sfera. Poiché la terra è quasi
sferica, per i corpi sulla sua superficie l’equazione può
tranquillamente essere utilizzata. La forza di gravità per un
corpo di massa m vicino alla superficie terrestre è:
Fg
me·m2
= G ————
Re2
dove me = 6,0·1024 kg è la massa della terra e Re = 6,37·106 m è
il raggio della terra.
Energia potenziale dell’oscillatore armonico
Un corpo di massa m che esegue un moto armonico semplice con
periodo τ è soggetto alla forza:
F = ma = - m
2π
————
τ
2
A sen
2π
——— t
τ
ma siccome:
2π
x = A sen ———— t
τ
allora:
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Sen
2π
———— t
τ
x
= ————
A
dunque:
2π
F = - m ————
τ
2
x
A ————
A
e quindi:
2π
F = - m ————
τ
È possibile dimostrare
oscillatore armonico:
che
un
2
x
corpo
soggetto
alla
forza
di
F = -kx
farà eseguire al corpo, spostato dalla sua posizione di
equilibrio, un moto armonico semplice. La costante k è
caratteristica della forza. Per una molla, ad esempio, k è
definita la costante elastica della molla. Se si sospende un
corpo di massa m ad una molla:
-Fg = -kx0
di conseguenza:
mg = kx0
e quindi la molla, per sostenere il peso di mg, si allunga di:
mg
x0 = ————
k
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Se il corpo viene spostato dalla posizione di equilibrio x0, essa
eseguirà un moto armonico semplice intorno a x0. ll’effetto della
gravità è solo quello di cambiare la posizione di equilibrio
della massa. Se eguagliamo le seguenti espressioni:
2π
F = - m ————
τ
2
x
e
F = -kx
Otteniamo che:
2
2π
-kx = - m ————
τ
x
da cui si ricava che:
τ = 2π √ m/k
Questa espressione esprime il periodo di oscillazione
funzione della massa m e della costante k della molla.
τ
in
Conservazione dell’energia
Un’energia potenziale esiste solo per una forza conservativa. Se
in un sistema sono presenti sia forze conservative che forze non
conservative, l’energia meccanica totale non si conserva. In un
sistema ove sono presenti forze conservative e non conservative
il lavoro totale W può essere scritto come la somma del lavoro Wc
svolto dalla forze conservative e del lavoro Wnc svolto dalla
forze non conservative. Per il teorema lavoro-energia abbiamo
che:
W = Wc + Wnc = KB
–
KA = ∆K
ed essendo:
WC = UA – UB = -(UB – UA) = -∆U
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Sostituendo nella precedente:
W = -∆U + Wnc = ∆K
e di conseguenza:
Wnc = ∆K + ∆U
Ciò implica che: la somma della variazione dell’energia cinetica
e dell’energia potenziale è uguale al lavoro totale delle forze
non conservative sul sistema. Le forze non conservative possono
essere classificate in forze dissipative e forze applicate;
possiamo dunque scrivere:
Wnc = Wd + Wa = ∆K + ∆U
Forze dissipative
Le forze dissipative sono forze non conservative, come l’attrito
e la resistenza dell’aria che generalmente svolgono lavoro
negativo. Ogniqu alvolta su un si stema viene svol to, da una forza
dissipativa, un lavoro dissipativo Wd, si riscontra sempre un
aumento dell’energia interna I del sistema uguale a –Wd:
-Wd = ∆I
Energia interna
L’energia interna è la somm a delle energie cinetiche e
potenziali delle singole parti di cui è costituito un sistema, e
non quella del sistema nel suo complesso. Quando un blocco
scivola
su
una
superficie,
il
lavoro
negativo
svolto
dall’attrito fa crescere l’energia degli atomi del blocco e
della
superficie,
provocando
in
essi
un
aumento
della
temperatura.
Forze applicate
Quando una palla rotola su un piano inclinato, il lavoro
negativo svolto dall’attrito fa aumentare l’energia di rotazione
della palla. Tale energia di rotazione può anch’essa essere
considerata una forma di energia interna perché è associata al
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moto della palla relativo al proprio baricentro. Abbiamo dunque
che:
Wa = ∆K + ∆U – Wd = ∆K + ∆U + ∆I = ∆(K + U + I)
ovvero:
Wa = ∆E
dove E = K + U + I è l’energia totale, meccanica più interna,
del sistema. Se non ci sono forze applicate sul sistema ∆E è
zero e dunque l’energia totale del sistema si conserva. Il
lavoro Wa viene applicato da una macchina che converte l’energia
interna in lavoro:
-∆Imac = Wa + ∆Iamb
dove ∆Imac è la variazione dell’energia interna della macchina e
∆Iamb è la variazione dell’energia interna dell’ambiente. La
quantità ∆Imac è negativa perché il combustibile della macchina,
dopo che è bruciato, ha meno energia interna di prima; di
conseguenza -∆Imac è una quantità positiva. L’equazione afferma
pertanto che, per una determinata quantità di energia interna
che si libera quando il combustibile brucia, si genera una certa
quantità di lavoro applicato Wa e la differenza ∆Iamb viene
dispersa e va ad aumentare l’energia interna dell’ambiente.
Conservazione dell’energia
L’energia non può essere né creata né distrutta, ma solo
trasformata da una forma all’altra. Ne consegue che, in un
sistema isolato, dove l’energia non può né entrare né uscire,
l’energia totale è costante.
-∆Imac = Wa + ∆Iamb
oppure:
-∆Imac = ∆E + ∆Iamb
e quindi:
∆E + ∆Imac + ∆Iamb = 0
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Questo stabilisce che l’energia totale dell’ambiente, della
macchina e del sistema sul quale la macchina compie il lavoro,
si conserva.
Rendimento
Il rendimento e di una ma cchin a è il rap porto fra il la voro
applicato prodotto e l’energia interna impiegata per produrlo:
Wa
e = ——————
-∆Imac
Esso è spesso indicato come percentuale. Per macchine che
utilizzano energia chimica, come i motori a scoppio ed i muscoli
degli animali, il rendimento è solo circa il 25%. Per 100 J di
energia interna utilizzata, si producono quindi solo 25 J di
lavoro applicato, mentre i restanti 75 J sono liberati
nell’ambiente sottoforma di calore.
Potenza
La potenza P di una macchina è la velocità con cui essa produce
lavoro. Se una macchina produce una quantità di lavoro W nel
tempo t, la sua potenza sarà:
W
P = ————
t
L’unità di misura della potenza è il joule al secondo J/s o Watt
(W).
CAP VI – Quantità di moto
La quantità di moto
La quantità di moto è una grandezza fisica che come l’energia
non cambia in un sistema isolato di corpi interagenti.
Centro di massa
Consideriamo due masse m1 ed m2 interne ad un sistema che
interagiscono sia fra loro, sia con altri corpi esterni al
sistema.
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F21
m1
F12
F1
m2
F2
Corpi esterni
Le forze agenti su m1 sono la forza interna F21 esercitata su m1
da m2, e la forza esterna F1 esercitata su m1 da tutti i corpi
esterni
al
sistema.
Dalla
seconda
legge
di
Newton
la
accelerazione a1 di m1 risulta essere:
m1a1 = F1 + F21
analogamente le forze agenti su m2 sono la forza interna F12
esercitata su m2 da m1, e la forza esterna F2 esercitata su m2 da
tutti i corpi esterni al sistema. L’accelerazione a2 di m2
risulta essere:
m2a2 = F2 + F12
sommando le precedenti equazioni si ottiene che:
m1a1 + m2a2 = F1 + F21 + F2 + F12
ma siccome F12 e F21 formano una coppia azione-reazione, per la
terza legge di Newton:
F12 = -F21
F12 + F21 = 0
e di conseguenza:
m1a1 + m2a2 = F1 + F2 = Fex
e quindi l’accelerazione a dell’intero sistema sarà:
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m1a1 + m2a2
a = ———————————
m1 + m2
da cui si può scrivere:
Ma = Fex
dove M = m1 + m2 rappresenta la massa totale del sistema. Tale
equazione è identica alla seconda legge di Newton, solo che non
è applicata ad un singolo corpo, ma ad un sistema di corpi.
L’accelerazione a non è l’accelerazione di una delle masse che
costituiscono il sistema, ma quella di un punto particolare del
sistema, definito centro di massa o baricentro. Le coordinate X
e Y del centro di massa del sistema si ottengono dalla
coordinate x e y dei singoli corpi che lo compongono per mezzo
delle relazioni:
m1x1 + m2x2
X = ———————————
m1 + m2
e
m1y1 + m2y2
Y = ———————————
m1 + m2
il centro di massa coincide con il centro di gravità.
Teorema del centro di massa
L’accelerazione del centro di massa di un sistema è uguale alla
forza esterna risultante che agisce sullo stesso, divisa per la
massa totale dei corpi che compongono il sistema. Nel caso
generale di un sistema di n corpi le coordinate del centro di
massa sono:
n
X =
∑
mixi
————
mi
i=1
e
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n
Y =
∑
miyi
————
mi
i=1
Quantità di moto
La quantità di moto p di un corpo è il prodotto della sua massa
m per la sua velocità v:
p = mv
p è una grandezza vettoriale che ha intensità pari a mv e
direzione uguale a v. La quantità di moto totale p per un
sistema costituito da due o più corpi è il vettore somma della
quantità di moto dei singoli corpi. Così per un sistema di due
masse m1 ed m2 in moto con velocità v1 e v2, la quantità di moto
totale è:
p = p1 + p2 = m1v1 + m2v2
ipotizziamo ora che nell’intervallo di tempo ∆t le velocità
delle due masse del sistema cambino da v1 e v2 a v’1 e v’2. la
nuova quantità di moto sarà:
p’ = m1v’1 + m2v’2
e la variazione della quantità di moto ∆p risulta essere:
∆p = p’ - p =
= (m1v’1 + m2v’2) – (m1v1 + m2v2) =
= m1(v’1 - v1) – m2(v’2 - v2) =
= m1∆v1 - m2∆v2
dividendo tutto per ∆t si ottiene:
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∆p
∆v1
∆v2
————— = m1 ————— + m2 —————
∆t
∆t
∆t
e
se
∆t
è
abbastanza
all’accelerazione, per cui:
piccolo,
allora
∆v/∆t
è
uguale
∆p
————— = m1a1 + m2a2
∆t
ma dato che:
m1a1 + m2a2 = Fex
allora:
∆p
————— = Fex
∆t
Quanto appena dimostrato è valido anche per sistemi costituiti
da un numero qualsiasi di masse. Se su un sistema di masse non
agiscono forze esterne, allora dalla precedente equazione si ha
che:
∆p
————— = Fex = 0 ∆p = 0
∆t
Ciò significa
conservata.
che
la
quantità
di
moto
totale
del
sistema
è
Conservazione della quantità di moto
La quantità di moto totale d i un sistema i solato, o di u n
sistema per cui è nulla la risultante delle forze esterne, si
conserva.
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Momento della quantità di moto o momento angolare
Consideriamo una particella P di massa m posta nella posizione r
e che si muove con una quantità di moto p. Il momento angolare
istantaneo L della particella rispetto all’origine O è definito
come il prodotto vettoriale del vettore di posizione istantanea
r e del vettore quantità di moto istantanea p:
L = rp
L’unità di misura SI del momento angolare è chilogrammi · metro
quadrato su secondo (Kg · m2/s). Modulo e direzione di L
dipendono dalla scelta dell’origine O. la direzione di L è
perpendicolare al piano individuato da r e p, mentre il suo
verso è determinato dalla regola della mano destra. Poiché p =
mv, il modulo di L è dato da:
L = mvr sen φ
Dove φ è l’angolo tra r e p. Da ciò si desume che L = 0 se r è
parallelo a p. in altre parole, quando una particella si muove
lungo una retta passante per l’origine, essa ha momento angolare
nullo
rispetto
all’origine
stessa.
Se
viceversa
r
è
perpendicolare a p, L è massimo ed uguale a mvr. Infatti in
quell’istante la particella si muove come se fosse sul bordo di
una ruota che gira attorno all’origine O nel piano definito da r
e p. Una particella ha dunque momento angolare non nullo
rispetto ad un certo punto se il vettore posizione r della
particella misurato rispetto a quel punto ruota attorno al punto
quando la particella si muove.
Conservazione del momento angolare
Il momento angolare
di un sistema è costante nel tempo se è
nullo il momento delle forze esterne che agiscono sullo stesso.
Urti
Consideriamo due masse m1 ed m2 che viaggiano l’una incontro
all’altra
con
velocità
v1
e
v2.
Consideriamo
il
moto
unidimensionale, con la convenzione che la velocità sia positiva
quando è diretta verso destra e negativa quando diretta verso
sinistra. L’energia cinetica e la quantità di moto iniziali
delle masse sono:
K = ½ m1v12 + ½ m2v22
e
p = m1v1 + m2v2
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Dopo l’urto tra le due masse, le velocità saranno v’1 e v’2 e le
loro energia cinetica e quantità di moto saranno:
K’ = ½ m1v’12 + ½ m2v’22
e
p’ = m1v’1 + m2v’2
Durante l’urto la quantità di moto si conserva, e quindi:
p = p’ = m1v1 + m2v2 = m1v’1 + m2v’2
Anche l’energia totale del sistema si conserva nell’urto,
necessariamente soltanto sottoforma di energia cinetica.
quanto
parte
dell’energia
cinetica
iniziale
può
convertita in energia interna I delle due masse. Avremo
che:
ma non
Ciò in
venire
quindi
K = K’ + ∆I
e quindi che:
K = ½ m1v12 + ½ m2v22
= ½ m1v’12 + ½ m2v’22 + ∆I
dove ∆I rappresenta la variazione nell’energia interna delle due
masse.
Urti elastici
Gli urti elastici sono quelli in cui l’energia cinetica
si
conserva, ovvero quelli in cui ∆I = 0. questo tipo d’urto
avviene comunemente fra gli atomi e le molecole, ma si verifica
solo in modo approssimativo in corpi macroscopici quali ad
esempio le palle da biliardo. Conoscendo le velocità iniziali v1
e v2 in un urto elastico unidimensionale è possibile prevedere le
velocità finali v’1 e v’2. per fare ciò e sufficiente applicare
le precedenti equazioni ponendo ∆I = 0.
m1v1 + m2v2 = m1v’1 + m2v’2
½ m1v12 + ½ m2v22 = ½ m1v’12 + ½ m2v’22
da cui:
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m1(v1 – v’1) = m2(v’2 - v2)
m1(v1 – v’1)(v1 + v’1) = m2(v’2 - v2) (v’2 + v2)
dividendo le due equazioni:
v1 + v’1 = v’2 + v2
o anche:
v1 - v2 = v’2 - v’1
questo dimostra come in un urto elastico la velocità relativa v’2
- v’1 con al quale le masse si allontanano dopo l’urto è uguale
alla velocità relativa v1 - v2 con ala quale le stesse si
avvicinano prima dell’urto. Consideriamo per semplicità il caso
in cui m2 sia inizialmente in quiete, cioè v2 = 0. In questo caso
abbiamo che:
m1(v1 – v’1) = m2(v’2 - 0)
quindi:
m1v1 = m1v’1 + m2v’2
inoltre:
v1 - 0 = v’2 - v’1
da cui si ricava che:
v’1 =
(m1 – m2)v1
—————————————
m1 + m2
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v’2 =
2m1v1
————————
m1 + m2
Urti anelastici
Gli urti anelastici sono quegli urti in cui l’energia cinetica
finale è minore dell’energia cinetica iniziale, ovvero quegli
urti
in
cui
parte
dell’energia
cinetica
iniziale
viene
convertita in energia interna I. una interessante questione che
riguarda gli urti anelastici è quella di stabilire qual è il
valore massimo di variazione dell’energia interna ∆I possibile
in una certa situazione. In caso di urti anelastici abbiamo:
v1 - v2 > v’2 - v’1
oppure:
v’2 - v’1
————————— < 1
v1 - v2
cioè, in un urto anelastico la velocità con cui le masse si
allontanano dopo l’urto è minore di quella con cui le masse si
avvicinano prima dello stesso.
Coefficiente di restituzione
Il coefficiente di restituzione è il rapporto f ra la velocità
relativa di allontanamento e quella di avvicinamento.
v’2 - v’1
e = —————————
v1 - v2
il coefficiente è 1 per gli urti elastici ed è compreso fra 0 ed
1 per gli urti anelastici. Quando e = 0 le masse non si
allontanano dopo l’urto, ma si compenetrano fra loro e procedono
insieme come un unico corpo; siamo in questo caso in presenza di
ciò che è definito urto completamente anelastico. Immaginiamo il
caso in cui m2 sia inizialmente in quiete:
By Fabio Zonin
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v’2 - v’1
e = —————————
v1
quindi:
ev1 = v’2 - v’1
ed essendo:
m1v1 = m1v’1 + m2v’2
allora:
v’1 =
v’2 =
(m1 – em2)v1
—————————————
m1 + m2
(1 + e)m1v1
———————————
m1 + m2
al differenza di energia interna ∆I si ricava da:
K = ½ m1v12 + ½ m2v22
= ½ m1v’12 + ½ m2v’22 + ∆I
Quindi:
∆I = ½ m1v12 – (½ m1v’12 - ½ m2v’22)
da cui si ricava che:
m1m2v12
∆I = (1 – e ) ————————————
2(m1 + m2)
2
By Fabio Zonin
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Quando e = 1 (urto elastico) ∆I = 0. il valore massimo di ∆I si
ha quando e = 0 (urto completamente anelastico)e corrisponde al
valore:
∆Imax
m2
m2
2
= ———————— ½m1v1 = ———————— K
m1 + m2
m1 + m2
CAP VI – Fluidi
I tre stati della materia
I tre stati della materia sono solido, liquido e gas.
Stato solido
La caratteristica di un solido è quella di avere volume e forma
definiti. La forma di un solido può essere cambiata solo
mediante l’applicazione di forze molto grandi (es. piegare una
sbarra di acciaio). La rigidità di forma di un solido è dovuta
alle forze di attrazione di notevole intensità esistenti fra le
sue molecole che sono saldamente legate insieme in posizioni
fisse.
Stato liquido
La caratteristica di un liquido è quella di avere un volume
definito, ma di non avere una forma definita. Le molecole di un
liquido scorrono fra loro in modo da adattare la forma dello
stesso a quella del contenitore in cui viene posto. Le molecole
di un liquido sono vicine fra loro come quelle di un solido, ma
non hanno una posizione fissa nello spazio.
Stato gassoso
La caratteristica di un gas è quella di non avere né un volume
definito né una forma definita. Un gas si espande fino a
riempire qualunque contenitore chiuso in cui è posto e, se il
contenitore viene aperto, il gas esce attraverso l’apertura.
Solo
l’attrazione
gravitazionale
della
terra
impedisce
all’atmosfera gassosa di espandersi nello spazio. La luna, la
cui forza gravitazionale è un sesto di quella della terra, non è
in grado di trattenere un’atmosfera gassosa.
Pressione
Le forze che un fluido esercita su ciò che lo circonda sono
caratterizzate da una sola grandezza, la pressione del fluido.
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La pressione è la forza pe r unità di a rea esercitata
perpendicolarmente ad una superf icie.
Consideriamo la forza F
agente sulla superficie A; la pressione p su tale superficie è:
Fy
p = ————
A
dove Fy è la componente di F perpendicolare ad A. L’unità di
misura SI della pressione è il pascal (Pa), che corrisponde ad 1
Newton su metro quadro (N/m2).
Proprietà dei fluidi #1:
un fluido in quiete non può esercitare una forza tangente ad una
superficie.
Questa è una conseguenza della mancanza di rigidità dei fluidi;
se un fluido potesse esercitare una forza parallele ad una
superficie, la superficie eserciterebbe ovviamente sul fluido
una forza parallele. Un fluido non può rimanere in quiete se ci
sono forze tangenziali agenti su di esso, e perciò un fluido in
quiete non può esercitare forze tangenziali ad una superficie.
Se un battello che galleggia sull’acqua subisce una forza F
parallela alla superficie dell’acqua, esso non potrà rimanere in
quiete, per quanto piccola possa essere F. Ciò in quanto l’acqua
non è in grado di esplicare una forza parallela per equilibrare
F. la situazione cambia però non appena il battello inizia a
muoversi perché ora il fluido non è più in quiete, ma è in moto
rispetto al battello. Un fluido in moto esercita una forza
parallela, e l’intensità di tale forza cresce al crescere della
velocità. Di conseguenza il battello esposto all’azione di F
accelera fino a raggiungere una velocità per cui l’intensità
della forza di attrito dell’acqua su di esso non diventa uguale
alla forza F.
Proprietà dei fluidi #2(Legge di Pascal):
In assenza di gravità, trascurando quindi il peso del fluido, la
pressione in un fluido in quiete è la stessa dappertutto.
Per dimostrare tale proprietà è necessario dimostrare che la
pressione è la stessa in due punti qualsiasi P e Q del fluido.
Immaginiamo una regione cilindrica all’interno di un fluido.
Poiché il fluido è dovunque in quiete, la forza totale agente su
questo cilindro di fluido deve essere zero. Le singole forze su
questa regione, per la proprietà 1, sono perpendicolari alla
superficie. Perciò, se pp è la pressione nel punto P e pq è la
pressione nel punto Q, ci sarà in P una forza di intensità Fp =
ppA
perpendicolare
al
cilindro
e
una
forza
Fq
=
pqA
perpendicolare al cilindro in Q. A è l’area di una delle basi
del cilindro. Poiché queste sono le uniche forza parallele
all’asse del cilindro, mentre tutte le altre forza sono
perpendicolari a tale asse, Fp ed Fq devono avere la stessa
By Fabio Zonin
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intensità se si vuole che la forza totale parallela all’asse sia
zero. Abbiamo perciò:
Fp = Fq
ppA = pqA pp = pq
Immaginiamo un cilindro di sezione A contenente una certa
quantità di fluido. Immaginiamo di applicare una forza F diretta
verso il basso sul pistone che chiude l’estremità superiore del
cilindro.
F
A
-F
Il fluido deve esercitare una forza –F sul pistone, se il
pistone è fermo. In equilibrio la pressione esercitata dal
fluido sul pistone sarà:
F
p = ———
A
che, per la legge di Pascal, è anche la pressione esistente in
ogni altra parte del fluido (NB: stiamo trascurando la gravità).
Supponiamo ora che questo cilindro venga collegato ad un altro
cilindro di sezione A’ < A:
F
F’
A
A’
By Fabio Zonin
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Poiché la pressione è la stessa dappertutto nel fluido, la
pressione esercitata sul pistone piccolo deve essere anch’essa p
= F/A. d’altra parte, per equilibrare la forza applicata, la
forza esercitata del fluido sul pistone più piccolo deve avere
un’intensità F’ tale per cui p = F’/A’. possiamo dunque
scrivere:
F
F’
p = ——— = ———
A
A’
Da cui si ricava che:
A’
F’ = pA’ = ———— F
A
Densità
Si definisce densità ρ di una sostanza il rapporto fra la sua
massa m ed il suo volume V.
m
ρ = ———
V
Essa è una caratteristica di una sostanza, indipendentemente dal
suo volume o dalla sua massa. La densità di un solido e di un
liquido varia solo di poco al variare della temperatura e della
pressione, mentre la densità di un gas dipende notevolmente
dalla temperatura e dalla pressione.
Effetto della gravità sui fluidi
La legge di Pascal è vera fintantoché si trascura la forza di
gravità che agisce su un fluido, e si può pensare la pressione
sul fluido come causata esclusivamente da forze esterne.
L’importanza relativa della forza di gravità su un fluido
dipende innanzitutto dalla sua densità.
By Fabio Zonin
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F
A
P0
Ph
h
Fg
Una forza F viene applicata perpendicolarmente al pistone di
sezione A, per cui la pressione immediatamente sotto il pistone
è:
F
P0 = ———
A
Se trascurassimo la gravità, per effetto della legge di Pascal,
la pressione p0 sulla sezione di fondo del fluido, sarebbe uguale
a p0. ora però, per effetto della forza di gravità, la forza
totale verso il basso sul fluido è F + Fg dove Fg è la forza di
gravità sul fluido. Siccome il fluido è in equilibrio, ci deve
essere una forza di contatto Fc = -(F + Fg)esercitata sul fluido
dal fondo del cilindro. La reazione ad Fc è la forza Rc = -Fc = F
+ Fg che il fluido esercita verso il basso sul fondo del
contenitore cilindrico. La pressione sul fondo risulta quindi
essere:
Ph
F
Fg
Fg
F + Fg
= ——————— = ———— + ———— = P0 + ————
A
A
A
A
Questo aumento della pressione con l’aumentare della profondità
dipende dalla densità ρ del fluido. Il volume del fluido nel
cilindro è:
V = Ah
By Fabio Zonin
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dove h è l’altezza del fluido, e quindi la massa
è:
dello stesso
m = ρV = ρAh
perciò il peso del fluido risulta essere:
Fg = mg = ρAhg
e quindi:
Ph = P0
Fg
ρAgh
+ ———— = P0 + —————— = P0 + ρgh
A
A
e dunque:
Ph - P0 = ρgh
Questa equazione fornisce la correzione alla legge di Pascal
dovuta al peso del fluido. Se ρ e h sono entrambi piccoli,
questa differenza di pressione dovuta alla gravità può risultare
trascurabile. Viceversa, se ρ o h sono grandi, la differenza di
pressione dovuta alla gravità può risultare notevole. La
pressione in un punto del fluido dipende dalla distanza del
punto dal punto più alto del fluido, ma non dipende dalla forma
del contenitore, ed aumenta gradatamente all’aumentare della
profondità.
Proprietà dei fluidi #3:
La pressione in un fluido in qui ete è la stessa in
di uguale profondità, e la differenza di pressione
A e B, situati rispettivamente alle profondità ha e
tutti i punti
fra due punti
hb è data da:
pa – pb = ρgha – ρghb = ρg(ha-hb)
In questa relazione ha e hb si assumono positive se sono misurate
verso il basso a partire dalla superficie del fluido.
Pressione atmosferica
By Fabio Zonin
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L’atmosfera, al livello del mare, esercita una pressione P0 di
circa 1,01·105 Pa. L’unità di pressione detta atmosfera è
definita dalla relazione:
1 atm = 760 mmHg = 1,0133·105 Pa
Pressione relativa
La pressione relativa prel è la differenza tra la
assoluta p di un fluido e la pressione atmosferica.
pressione
prel = p – p0
Spinta di Archimede
Consideriamo le forze
immerso in un fluido.
che
vengono
esercitate
su
un
blocco
FB
HA
hBb
h
FA
La forza FB esercitata dal fluido sulla faccia superiore del
blocco è diretta verso il basso e la sua intensità è pBA dove A è
l’area della faccia e pB è la pressione del fluido a questa
profondità. La forza FA esercitata dal fluido sulla faccia
inferiore del blocco è diretta verso l’alto e la sua intensità è
pAA dove A è l’area della faccia e pA è la pressione del fluido a
questa
profondità.
La
somma di
queste
forze
ha
dunque
un’intensità di:
FA – FB = pAA – pBA
Ed è diretta verso l’alto in quanto FA > FB. questa intensità può
essere così scritta:
Fb = FA – FB = Aρfg(hA – hB) = Aρfgh
dove Fb è la spinta di Archimede, ρf è la densità del fluido ed h
l’altezza del blocco. La somma delle forze agenti sulle altre
By Fabio Zonin
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facce del blocco è nulla perché in corrispondenza ad ogni
porzione di una faccia verticale, c’è sulla faccia opposta
un’altra porzione con la stessa area e pressione. Poiché su
queste porzioni le forze hanno stessa intensità e verso opposto,
la loro somma è zero. L’equazione può essere scritta anche in
un’altra forma se se si nota che Ah è il volume del blocco. La
spinta di Archimede su un corpo di volume V risulta quindi
essere:
Fb = FA – FB = Aρfgh = ρfVg
= mfg
dove mf è la massa del fluido e di conseguenza mfg è il peso del
volume del fluido pari a quello del blocco. Da qui l’enunciato
che segue.
Principio di Archimede
La spinta esercitata da un fluido
del volume del fluido spostato dal
su un corpo immerso in un fluido
Archimede e delle forza peso.
su un corpo è uguale al peso
corpo. La forza F che agisce
è la somma della spinta di
F = Fb + Fg
Tale forza in generale non sarà zero, perciò il corpo non sarà
in equilibrio. La forza peso è diretta verso il basso, e la sua
intensità è:
Fg = m0g = ρoVg
dove m0, ρo V sono rispettivamente la massa, la densità ed il
volume del corpo. La spinta di Archimede è diretta verso l’alto,
e la sua intensità è:
Fb = ρfVg
L’intensità della forza risultante F è dunque:
F = Fb - Fg = ρfVg - ρoVg = (ρf - ρo)Vg
In generale questa forza non sarà zero, ed il corpo immerso non
sarà in equilibrio. Se F è positiva, cioè se la densità ρf del
fluido è maggiore della densità ρo del corpo, allora il corpo
sale fino all’estremità più alta del fluido. All’equilibrio il
corpo galleggia, e solo una parte V’ del suo volume è immerso.
La spinta di Archimede ρfV’g è allora uguale alla forza peso del
corpo:
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ρfV’g = ρoVg
da cui:
V’
ρo
———— = ————
V
ρf
Ciò significa che la frazione del volume del corpo immersa è
uguale al rapporto fra la densità del corpo e quella del
liquido.
Fluidi in moto
In un fluido in moto si possono caratterizzare 2 tipi principali
di flusso. Il flusso è detto stazionario o laminare quando i
cammini
seguiti
da
ciascuna
particella
del
fluido
sono
scorrevoli e non si intersecano fra loro. In condizioni di
flusso stazionario, la velocità del fluido in ogni punto rimane
costante nel tempo. Per velocità superiori ad un valore critico,
il flusso del fluido diventa turbolento. Il flusso turbolento è
un flusso irregolare caratterizzato da alcune regioni simili a
piccoli vortici.
Viscosità
Il termine viscosità viene comunemente usato per definire il
grado di attrito interno nel flusso di un fluido. Tale attrito
interno è associato alla resistenza tra stari adiacenti di
liquido in moto relativo. Poiché la viscosità rappresenta una
forza non conservativa, parte dell’energia cinetica del fluido
viene convertita in energia interna quando strati di fluido
slittano
reciprocamente.
Utilizzeremo
qui
un
modello
semplificato; a tal fine faremo le seguenti quattro assunzioni:
Fluido non viscoso: l’attrito interno viene trascurato.
Fluido incompressibile: la densità del fluido rimane costante
indipendentemente dalla pressione.
Fluido stazionario: in un fluido stazionario si considera che
la velocità in ogni punto del fluido non vari nel tempo.
Fluido irrotazionale: il fluido è irrotazionale se il momento
angolare del fluido è nullo in ogni punto. Se una piccola
ruota, posta in un punto qualsiasi del fluido, non ruota
attorno al suo centro di massa, al flusso è irrotazionale.
Linee di corrente ed equazione di continuità dei fluidi
Il cammino seguito da una particella di un fluido in un flusso
stazionario è chiamato linea di corrente. La velocità di una
particella del fluido risulta sempre tangente in ogni punto alla
linea
di
corrente.
Due
linee
di
corrente
non
possono
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intersecarsi, altrimenti il flusso non sarebbe stazionario. Un
insieme di linee di corrente forma un tubo di flusso. Le
particelle del fluido non possono entrare né uscire dal tubo di
flusso, altrimenti le linee di corrente si intersecherebbero.
Equazione di continuità dei fluidi
Scegliamo come nostro sistema la regione di spazio nel tubo dal
punto 1 al punto 2. immaginiamo che il fluido si muova di una
certa distanza ∆x1 nel punto 1, e di una distanza ∆x2 nel punto 2
quando esce dal sistema. Il volume del fluido entrante nel
sistema nel punto 1 è pari a A1∆x1 e il volume uscente dal punto
2 è pari a A2∆x2. poiché il volume di un fluido incompressibile è
una grandezza che si conserva, questi due volumi devono
necessariamente essere uguali affinché il sistema rimanga in uno
stato stazionario.
1
2
v1
∆x1
V2
∆x2
Abbiamo quindi che:
A1∆x1 = A2∆x2
Dividendo questa equazione per l’intervallo di tempo ∆t durante
il quale il fluido si muove otteniamo:
A1∆x1
A2∆x2
——————— = ———————
∆t
∆t
Al limite per cui l’intervallo ∆t tende a zero, il rapporto fra
la distanza attraversata e l’intervallo di tempo è uguale al
modulo della velocità istantanea del fluido, cosicché:
A1v1 = A2v2
Questa espressione, detta equazione di continuità dei fluidi,
afferma che il prodotto dell’area e della velocità del fluido in
tutti i punti di un tubo è costante. Perciò la velocità è
maggiore dove il tubo è più stretto ed è minore dove il tubo è
più largo.
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Portata di una conduttura
Il prodotto Av, che ha
chiamato portata.
le
dimensioni
di
volume
/
tempo
è
Teorema di Bernoulli
Quando un fluido si muove in una regione in cui la sua velocità
o la sua altezza al di sopra della superficie terrestre cambia,
la pressione del fluido varia con questo cambiamento. Scegliamo
un sistema composto dalla sezione di tubo fra i punti 1 e 2 e la
Terra. Del lavoro viene svolto sul nostro sistema dal fluido
esterno che si trova in contatto con le due estremità del fluido
del sistema, e quindi l’energia cinetica e quella potenziale
gravitazionale del sistema variano di conseguenza. L’equazione
di continuità dell’energia per il sistema è dunque:
∆K + ∆U = W
Gli elementi del fluido di lunghezza ∆x1 e ∆x2 rappresentano le
sole variazioni fra la situazione iniziale e finale. Il fluido
che si trova fra questi elementi non subisce variazioni né di
energia cinetica, né di energia potenziale gravitazionale. La
differenza di energia cinetica è quella fra l’elemento nel
punto2 e l’elemento nel punto 1:
∆K = ½(∆m)v22 - ½(∆m)v12
La variazione di energia potenziale del sistema fluido-Terra è
quella associata con l’elemento di fluido che si muove dal punto
1 al punto 2:
∆U = (∆m)gy2 - (∆m)gy1
Calcoliamo ora il lavoro svolto sulla sezione di fluido. Il
fluido a sinistra del punto 1 compie un lavoro positivo sulla
nostra sezione poiché applica una forza nello stesso verso dello
spostamento. Il fluido a destra del punto 2 compie un lavoro
negativo poiché i vettori forza e spostamento sono opposti. Il
lavoro svolto sul sistema è:
W = F1∆x1 - F2∆x2
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Sostituiamo ora la forza con il prodotto della pressione per
l’area della sezione del tubo:
W = p1A1∆x1 - p2A2∆x2
Ma
siccome
il prodotto
dell’area
della
sezione
per
lo
spostamento altro non è che il volume dell’elemento di fluido:
W = p1∆V - p2∆V
NB: non sono stati inclusi i pedici negli elementi di volume ∆V
poiché entrambi gli elementi hanno il medesimo volume in un
fluido incompressibile. Utilizzando le precedenti equazioni e
sostituendo termine a termine in:
∆K + ∆U = W
Otteniamo che:
½(∆m)v22 - ½(∆m)v12 + (∆m)gy2 - (∆m)gy1 = p1∆V - p2∆V
Dividendo ciascun termine per l’elemento di volume ∆V:
∆m
∆m
∆m
∆m
½ ———— v22 - ½ ———— v12 + ———— gy2 - ———— gy1 =
∆V
∆V
∆V
∆V
p1 - p2
Ma siccome il rapporto fra la massa ∆m di un elemento ed il suo
volume ∆V altro non è che la densità del fluido, incorporando
ciò e riaggiustando i termini otteniamo:
p1 + ½ρv12 + ρgy1 = p2 + ½ρv22 + ρgy2
che è il teorema di Bernoulli applicato ad un fluido ideale.
Spesso viene espresso nella forma:
p + ½ρv2 + ρgy = costante
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Il teorema di Bernoulli dice che la somma della pressione p,
dell’energia cinetica per unità di volume ½ρv2, e dell’energia
potenziale gravitazionale per unità di volume ρgy è costante in
tutti i punti di una linea di corrente. Quando un fluido è fermo
v1 = v2 = 0:
p1 - p2 = pg(y2 – y1) = pgh
Effetto Venturi
L'effetto Venturi (o paradosso idrodinamico) è il fenomeno
fisico, scoperto e studiato dal fisico Giovanni Battista
Venturi, per cui la pressione di una corrente fluida aumenta con
il diminuire della velocità. È possibile studiare la variazione
di pressione di un liquido in un condotto, inserendo dei tubi
manometrici. L'esperimento dimostra che il liquido raggiunge nei
tubi altezze diverse: minore dove la sezione si rimpicciolisce
(in cui aumenta la velocità) e maggiore quando la sezione si
allarga (ovvero quando la velocità diminuisce). Dato che la
pressione
del
liquido
aumenta
all'aumentare
dell'altezza
raggiunta dal liquido nei tubi manometrici, è possibile dire che
ad un aumento della velocità corrisponde una diminuzione della
pressione
e
viceversa,
cioè
all'aumento
della
pressione
corrisponde una diminuzione della velocità.
La figura rappresenta un esempio di diminuzione della pressione
in un tratto di condotta che presenta una strozzatura.
Consideriamo una generica condotta che presenti una diminuzione
della sua sezione e chiamiamo A1 l'area maggiore e A2 l'area
minore.
Dall'equazione
di
continuità
applicata
alla
fluidodinamica sappiamo che la portata entrante nella prima
sezione deve essere esattamente uguale a quella passante per la
seconda. Da ciò, poiché la portata può essere espressa come
prodotto della velocità del fluido per la sezione in cui passa,
sappiamo che c'è un aumento di velocità nella sezione A2 rispetto
a quella in A1 (v1 < v2). Sulla base di queste considerazioni,
supponendo che non esista una differenza di quota tra le due
sezioni, è possibile utilizzare come sistema di riferimento per
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le altezze l'asse della condotta, eliminando in questo modo un
termine nell'equazione di Bernoulli, che si presenterà in questa
forma:
dove ρ è la densità, p è la pressione e v è la velocità del
liquido. Si può notare, quindi, che all'aumentare della velocità
del fluido si crea necessariamente una diminuzione della
pressione interna al fluido stesso. Nel caso del nostro esempio,
cioè, la pressione p2 risulterà essere minore della pressione p1.
Effetto Venturi: Il paradosso idrodinamico
L'Effetto Venturi viene anche chiamato paradosso idrodinamico
poiché si può pensare che la pressione aumenti in corrispondenza
delle strozzature; tuttavia, per la legge della portata, la
velocità aumenta in corrispondenza delle strozzature. Quindi se
abbiamo un tubo che finisce contro una piastra come in figura e
il fluido ha una pressione leggermente superiore alla pressione
atmosferica, l'aumento di velocità che la strozzatura crea tra
tubo e piastra farà aumentare la velocità a scapito della
pressione del fluido. Se la pressione scende al di sotto della
pressione atmosferica, la piastra tenderà a chiudere il tubo
anziché volare via. Da questo nasce il paradosso idrodinamico
che è una conseguenza della Legge di Bernoulli.
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