COMUNE DI MESSINA “PROGETTO PER LA REALIZZAZIONE DI UNA STRUTTURA AMOVIBILE, DA ADIBIRE AD ATTIVITÀ RISTORATIVA” SITA NEL COMUNE DI MESSINA VIA TORRE BIANCA EX MARINA DI FUORI - TORRE FARO. STUDIO PER LA VALUTAZIONE D'INCIDENZA AMBIENTALE COMMITTENTE: ASSO DI BASTONI S.R.L. CONSULENTE AMBIENTALE CONSULENTE AMBIENTALE INDICE 1 INTRODUZIONE ...................................................................................................................... 4 PREMESSA ...................................................................................................................... 4 LIVELLO 1: FASE DI SCREENING .................................................................................... 8 GESTIONE DEL SITO .......................................................................................................... 8 IL PIANO DI GESTIONE “MONTI PELORITANI” ........................................................... 8 2 CARATTERISTICHE DEL PROGETTO ............................................................................... 13 ANALISI DELLE SOLUZIONI ALTERNATIVE ................................................................ 6 PRESSIONE ANTROPICA E SUE FLUTTUAZIONI .......................................................... 6 ALTERAZIONI SULLE COMPONENTI AMBIENTALI DERIVANTI DAL PROGETTO ........................................................................................................................... 7 USO DELLE RISORSE ......................................................................................................... 8 PRODUZIONE DI EMISSIONI O RIFIUTI ............................................................................. 8 RISCHIO INCIDENTI PER QUANTO RIGUARDA LE SOSTANZE E LE TECNOLOGIE UTILIZZATE .............................................................................................. 9 VINCOLI PAESAGGISTICI, URBANISTICI, AMBIENTALI E FORESTALI .................. 9 VALUTAZIONE DELLA SIGNIFICATIVITÀ DELL’INCIDENZA ................................. 10 3 VALUTAZIONE APPROPRIATA DELL'INCIDENZA ......................................................... 12 CARATTERISTICHE AMBIENTALI ABIOTICHE E BIOTICHE DELL’AREA OGGETTO DI STUDIO ............................................................................................................. 12 CENNI GEOMORFOLOGICI ............................................................................................ 12 CENNI GEOLOGICI .................................................................................................................. 12 CENNI SULLA SISMICITÀ ........................................................................................... 15 CENNI METEO-CLIMATICI E BIO-CLIMATICI ...................................................... 15 CENNI IDROGEOLOGICI ............................................................................................ 16 SUOLO ............................................................................................................................ 18 PAESAGGIO E BENI CULTURALI E AMBIENTALI ................................................. 20 ANALISI DELLE PRINCIPALI COMPONENTI DEL PAESAGGIO .......................... 21 COMPONENTE NATURALE ........................................................................................ 21 QUALITÀ DELL’ARIA.................................................................................................. 22 AMBIENTE BIOLOGICO: FLORA E FAUNA ............................................................. 23 FLORA E VEGETAZIONE DELL’AREA DELLO STRETTO .................................... 23 FAUNA E AVIFAUNA DELL’AREA DELLO STRETTO ............................................ 25 2 HABITAT ESISTENTI NELLA ZPS ITA030042........................................................... 31 CONSISTENZA DEL PATRIMONIO FLORISTICO RINVENUTO NELL’AREA OGGETTO DI STUDIO ................................................................................................. 32 4. ECOSISTEMI ......................................................................................................................... 36 INDIVIDUAZIONE DEGLI OBIETTIVI DI MANTENIMENTO DEL SITO NATURA 2000 ............................................................................................................................................. 38 SPECIE CARATTERIZZANTI L’AREA INTERESSATA DAL PROGETTO ......................... 45 5. FORME DI INCIDENZA DEL PROGETTO: ........................................................................ 49 IMPATTI DIRETTI ........................................................................................................ 49 IMPATTI INDIRETTI.................................................................................................... 49 IMPATTI IN FASE DI COSTRUZIONE ED IN FASE DI ESERCIZIO ....................... 49 IMPATTI A BREVE TERMINE .................................................................................... 50 IMPATTI A LUNGO TERMINE.................................................................................... 50 FORME DI INCIDENZA DEL PROGETTO SULL’ INTEGRITÀ DEL SITO NATURA 2000 ................................................................................................................................. 50 6 ANALISI AMBIENTALE DI INCIDENZA ............................................................................. 51 CONSIDERAZIONI METODOLOGICHE .................................................................... 51 QUALIFICAZIONE DEGLI ELEMENTI AMBIENTALI DI INTERESSE SPECIFICO52 TIPOLOGIE DI IMPATTO PRESUMIBILI SULL'AMBIENTE BIOLOGICO ........... 54 CHECK-LIST DEGLI IMPATTI ................................................................................... 57 MATRICI DEGLI IMPATTI POTENZIALI ................................................................. 58 MATRICI DEGLI IMPATTI POTENZIALI SULLE COMPONENTI AMBIENTALI VEGETAZIONE ED ECOSISTEMA .................................................................................. 59 -FASE A REGIME (con le misure di mitigazione) .............................................................. 59 MATRICI DEGLI IMPATTI POTENZIALI SULLA COMPONENTE AVIFAUNA ........ 59 MATRICI DEGLI IMPATTI POTENZIALI SULLA COMPONENTE AVIFAUNA ........ 60 MATRICI DEGLI IMPATTI POTENZIALI SULLA COMPONENTE AVIFAUNA ........ 60 7- MISURE DI MITIGAZIONE E COMPENSAZIONE ............................................................ 61 REGIMAZIONE E CANALIZZAZIONE ACQUE DI SUPERFICIE ................................ 61 REALIZZAZIONE DI STRUTTURE DI RECEZIONE PER L’AVIFAUNA ED I ............ 64 CHIROTTERI .............................................................................................................. 64 8– COMPLEMENTARIETÀ ...................................................................................................... 73 9 – CONCLUSIONI .................................................................................................................... 77 3 1 INTRODUZIONE PREMESSA Nel presente lavoro si riportano i risultati di uno studio per la valutazione di incidenza per il progetto di Oggetto della presente relazione è la costruzione di una struttura amovibile ad 1 elevazione f.t. sita nel Villaggio Torre Faro del Comune di Messina, Via Torre Bianca ex Marina di Fuori, da adibire ad attività ristorativa. Il manufatto oggetto della presente realizzazione ricadrà interamente, su un’area privata individuata al N.C.T. del Comune di Messina al foglio 47 part.1267. Nella Variante Generale al Piano Regolatore Generale approvata con D.D.R. n.686/2002 l’area oggetto dell’intervento ricade interamente in area individuata come “Piano Particolareggiato Capo Peloro”. L’area ricade inoltre all’interno della Z.P.S codice ITA 030042 ed all’interno del vincolo paesaggistico di cui al D.P.R.S. 705 del 06/07/67. Il progetto prevede la costruzione di una struttura, interamente in legno, facilmente amovibile da destinare ad attività ristorativa.L’obiettivo di questa relazione è quello di valutare l’incidenza delle opere in oggetto sulla zona di protezione Speciale (ZPS) ITA030042 denominata: “M. Peloritani, Dorsale Curcuraci, Antennamare ed Area dello Stretto”. Tale sito appartiene alla Rete Ecologica Natura 2000, ed è stato istituito nel dicembre del 1998. Il Ministero dell’Ambiente ha individuato la ZPS (Zona di Protezione Speciale per la Direttiva Uccelli 79/409/CEE) e il SIC (Sito di Importanza Comunitaria per la Direttiva Habitat 92/43/CEE) coincidenti come perimetrazione, denominati “Dorsale Curcuraci – Antennammare” cod. ITA 030011, e la ZPS e il SIC, anch'essi coincidenti come perimetrazione, denominata “Laguna di Capo Peloro” cod. ITA 030008 come da DM 3 aprile 2000 (GU n. 65) allegati A e B e successivi decreti della Regione Sicilia. Entrambe le ZPS ricadono nel territorio individuato sin dal 1989 come IBA (Important Bird Area) cod. 153, successivamente modificato come perimetro nel 2002, ovvero Area importante per gli Uccelli e come tale, ritenuta dalla UE, meritevole della massima tutela e di importanza strategica per la conservazione degli uccelli compreso lo spazio marino antistante la costa settentrionale della Sicilia, sia il lato ionico che quello tirrenico. Le valutazioni degli impatti sono state approfondite sia sull’area oggetto di studio sia sull’area circostante, per identificare eventualmente elementi di pregio naturalistico e/o possibili effetti diretti o indiretti sull’ambiente circostante. La metodologia è stata svolta sia attraverso raccolta di informazioni bibliografiche, consultazioni della scheda Natura 2000 e dei SIC sia attraverso rilievi sul campo per meglio inquadrare lo stato attuale e le caratteristiche ecosistemiche dell’area oggetto di studio. Il regolamento delle ZPS e dei SIC, non vieta l’eventuale realizzazione di opere, ma richiede obbligatoriamente la redazione di apposito studio, denominato “Valutazione di Incidenza” La metodologia procedurale della valutazione di incidenza è un percorso di analisi e valutazione progressiva in 4 fasi principali, come proposto nelle “guide CEE”. Livello 1: verifica (screening) – processo che identifica la possibile incidenza significativa su un sito Natura 2000 di un piano o un progetto, singolarmente o congiuntamente ad altri piani o progetti, e che porta all’effettuazione di una valutazione di incidenza completa qualora l’incidenza risulti significativa; Livello 2: valutazione “appropriata” - analisi dell’incidenza del piano o progetto sull’integrità del sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani o progetti, nel rispetto 4 della struttura e della funzionalità del sito e dei suoi obiettivi di conservazione, e individuazione delle misure di mitigazione eventualmente necessarie; Livello 3: analisi di soluzioni alternative – individuazione e analisi di eventuali soluzioni alternative per raggiungere gli obiettivi del progetto o del piano, evitando incidenze negative sull’integrità del sito; Livello 4: definizione misure di mitigazione e compensazione – individuazione di azioni, anche preventive, in grado di bilanciare le incidenze previste, nei casi in cui esistano soluzioni alternative o le ipotesi proponibili presentino comunque aspetti con incidenza negativa, ma per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico sia necessario che il progetto o il piano venga comunque realizzato. Inquadramento Zps 5 ASPETTI LEGISLATIVI Nel DM 3 aprile 2000 del Ministero dell’Ambiente sono indicate le Zone di Protezione Speciale (ZPS) definite ai sensi della Direttiva 79/409/CEE (direttiva Uccelli) e i Siti di Importanza Comunitaria (SIC) ai sensi della direttiva 92/43/CEE (diretti va Habitat), in parte con la perimetrazione coincidente. La direttiva Habitat prevede la creazione della “Rete Natura 2000”, con lo scopo di contribuire a salvaguardare la biodiversità mediante attività di conservazione e attraverso misure di tutela delle specie la cui salvaguardia è considerata di interesse comune di tutta L’Unione Europea. La direttiva habitat non è però il primo strumento normativo comunitario infatti nel 1979 un’altra importante direttiva, ancora in vigore si occupa della salvaguardia degli uccelli selvatici. Questa direttiva prevede una serie di azioni in favore di numerose specie di uccelli, rare e minacciate a livello comunitario e l’individuazione da parte degli stati di aree destinate alla loro conservazione. Lo stato italiano ha recepito la direttiva Habitat con il DPR 8 settembre 1997 n. 357 “Regolamento recante attuazione della Direttiva 92/43/CE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche” e con il DPR 12 marzo 2003 n.120 “Regolamento recante modifiche ed integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357”. Nel DPR sono definiti gli elenchi delle aree speciali di conservazione e delle specie di collegamento ecologico funzionale, che rivestono primaria importanza per la fauna e la flora selvatiche. La legislazione nazionale prescrive all’art. 5 del Dpr 357/97 che si attivi un procedimento di valutazione d’incidenza nei casi in cui un’opera o intervento possa avere un’incidenza significativa sui siti di importanza comunitaria (SIC) o sulle zone di protezione speciale (ZPS). L’articolo 5 del DPR 357 definisce a livello generale la procedura a cui tutte le regioni e le provincie autonome devono adeguarsi. Qualora la realizzazione di nuove opere piani o progetti interferisca anche solo parzialmente con un SIC, si rende necessaria una 6 valutazione dell’incidenza degli interventi previsti rispetto alle caratteristiche ecologiche del sito e agli obiettivi di conservazione prefissati. Per quanto riguarda il Comune di Messina ha adottato delle linee giuda secondo cui la relazione di incidenza va redatta secondo le indicazioni di cui all’allegato 1 del Decreto 30/03/2007 Ass.to Reg.le Territorio ed Ambiente. Pertanto essa dovrà valutare: a) pressione antropica e sue fluttuazioni; b) status degli habitat presenti; c) status delle specie presenti; d) distribuzione degli habitat all'interno del sito della Rete Natura 2000; e) livelli di frammentazione degli stessi; f) livello di connessione con altre aree protette I contenuti della relazione per la valutazione di incidenza, relativamente alle caratteristiche del progetto, devono riguardare: 1) la tipologia delle azioni e/o opere: illustrazione di massima degli interventi previsti, con descrizione delle caratteristiche del piano, delle attività necessarie alla realizzazione delle opere previste dal medesimo, dei tempi necessari e degli obiettivi che si perseguono; 2) le dimensioni e/o ambito di riferimento: superficie territoriale interessata dal piano con percentuale della superficie interessata rispetto alla superficie totale del sito, localizzazione su elaborati cartografici dell'area interessata dal sito e l'eventuale presenza di aree protette; 3) la complementarietà con altri interventi; 4) l’uso delle risorse naturali: indicazioni delle risorse utilizzate sia successivamente alla realizzazione dell’intervento, a regime, sia quelle utilizzate soltanto nel corso della realizzazione dell’intervento stesso; 5) la produzione di rifiuti: va indicata la quantità e la natura dei rifiuti prodotti sia nel corso della realizzazione dell’intervento che successivamente alla sua realizzazione, a regime. Va indicata anche la destinazione dei rifiuti; 6) l’inquinamento e disturbi ambientali: vanno indicate le eventuali emissioni di sostante inquinanti in atmosfera, di rumori e ogni altra causa di disturbo sia in corso d'opera che a regime; 7) il rischio di incidenti per quanto riguarda le sostanze e le tecnologie utilizzate: devono essere previsti i rischi infortunistici e le misure di prevenzione e protezione adottate. I contenuti della relazione per la valutazione di incidenza, relativamente alle interferenze con il sistema ambientale, devono riguardare : 1) la descrizione dell'ambiente naturale direttamente interessato ed eventuale interferenza con siti Rete Natura 2000 limitrofi o correlati; 2) le interferenze sulle componenti abiotiche: eventuali impatti sulla stabilità e sulla natura dei suoli, con riferimento all'eventuale presenza di corpi idrici e sul p ossibile inquinamento o depauperamento, anche temporaneo, delle falde idriche; 3) le interferenze sulle componenti biotiche: descrizione dell'interferenza sugli habitat e sulle componenti floristiche e faunistiche indicate nel relativo formulario Natura 2000 del sito; 4) le connessioni ecologiche: eventuali frammentazioni di habitat che potrebbero interferire con la contiguità fra le unità ambientali considerate; 5) la valutazione del grado di significatività dell'incidenza diretta o indiretta che il progetto può avere su SIC e ZPS; 7 6) la descrizione delle misure di mitigazione che si intendono adottare per ridurre o eliminare le eventuali interferenze sulle componenti ambientali allo scopo di garantire la coerenza globale della Rete Natura 2000. 7) nel caso di misure di mitigazione, queste dovranno essere efficaci nel momento dell’effettuazione del danno, tranne nel caso in cui sia dimostrato che la propedeucità non è necessaria per garantire la coerenza della Rete e l’efficienza ecologica del sito. LIVELLO 1: FASE DI SCREENING Il primo livello, quello relativo allo screening, è caratterizzato dal processo d’individuazione delle implicazioni potenziali del progetto sul sito Natura 2000, e dalla determinazione del possibile grado di significatività di tali incidenze. In altre parole, in questo livello si analizza la possibile incidenza che il progetto del fabbricato può avere sulla ZPS “Monti Peloritani, Dorsale Curcuraci, Antennamare e Area Marina dello Stretto di Messina”, valutando se tali effetti possono oggettivamente essere considerati rilevanti o meno. Tale valutazione consta, come si evince anche dallo schema precedente, di quattro fasi: A. Determinare se il progetto è direttamente connesso o necessario alla gestione del sito. B. Descrivere le caratteristiche del progetto. C. Descrivere le caratteristiche della ZPS D. Valutare la significatività di eventuali effetti sul sito Natura 2000. La realizzazione della fase di screening relativa al presente studio ha reso necessario l’esame di tutto il materiale già pubblicato, in relazione alla ZPS “Monti Peloritani, Dorsale Curcuraci, Antennamare e Area Marina dello stretto di Messina”, nonché la consultazione dell’Università degli Studi di Messina, degli enti e delle agenzie coinvolte nella gestione del sito o compete nti in materia di conservazione della natura. Tra questi si ricordano: il Servizio per la Conservazione della Natura del Ministero dell’Ambiente. GESTIONE DEL SITO Nel documento della Commissione "La gestione dei siti della rete natura 2000 - guida all'interpretazione dell'art. 6 della direttiva Habitat" è chiaramente indicato che, affinché un progetto possa essere considerato “direttamente connesso o necessario alla gestione del sito”, la “gestione” si deve riferire alle misure gestionali a fini di conservazione, mentre il termine “direttamente” si riferisce a misure che sono state concepite unicamente per la gestione a fini conservativi di un sito e non in relazione a conseguenze dirette e indirette su altre attività. Il progetto oggetto di studio, non è direttamente connesso alla gestione del sito natura 2000 denominato ZPS ITA030042. IL PIANO DI GESTIONE “MONTI PELORITANI” Con l’emanazione delle Direttive Habitat (92/43/CEE) ed “Uccelli” (79/409/CEE), l’Unione Europea ha fornito le basi per la creazione di un sistema interconnesso di siti ad elevata valenza biologica, distribuiti nel territorio negli Stati membri. L’obiettiv o è di garantire la conservazione della biodiversità, sulla base della designazione di cosiddette “aree di tutela”, denominate SIC (siti di importanza comunitaria) – volti a proteggere animali, vegetali ed habitat – e ZPS (zone di protezione speciale, in particolare per l’avifauna). Al fine di mantenere una connessione e la funzionalità degli ecosistemi, gli stessi siti sono collegati tra loro attraverso “corridoi ecologici”, definendo così un’ampia “rete europea” – nota come “Natura 2000” – che delimita ambiti territoriali con caratteri biologico-ambientali rappresentativi delle diverse regioni biogeografiche. Nella Regione Sicilia, nell’ambito del progetto Bioitaly, sono stati censiti 233 Siti Natura 2000, di cui 204 8 di importanza comunitaria (SIC), 15 zone di protezione speciale (ZPS) e 14 individuati contemporaneamente come SIC e ZPS. In attuazione delle succitate direttive ed in conformità con le “Linee guida per la gestione dei siti Natura 2000” emanate dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, l’Azienda Regionale delle Foreste Demaniali della Sicilia – in qualità di Ente beneficiario – ha affidato alle società Agristudio s.r.l. e Temi s.r.l. l’incarico di costituire un gruppo di lavoro, finalizzato a redigere il Piano di gestione dei Mo nti Peloritani. In particolare, l’area è interessata da una ZPS (ITA030042 - Monti Peloritani, Dorsale Curcuraci, Antennamare e area marina dello Stretto di Messina), oltre ai seguenti 13 SIC: 1- ITA030003 (Rupi di Taormina e Monte Veneretta); 2- ITA030004 (Bacino del Torrente Letojanni); 3- ITA030006 (Rocca di Novara); 4- ITA030007 (Affluenti del Torrente Mela); 5- ITA030008 (Laghetti di Ganzirri); 6- ITA030009 (Pizzo Mualio, Montagna di Vernà); 7- ITA030010 (Fiume Fiumedinisi, Monte Scuderi); 8- ITA030011 (Monti Peloritani, Dorsale Curcuraci, Antennamare); 9- ITA030019 (Tratto montano del Bacino della Fiumara di Agrò); 10- ITA030020 (Fiumara S. Paolo); 11- ITA030021 (Torrente San Cataldo); 12- ITA030031 (Isola Bella, Capo Taormina e Capo S. Andrea); 13- ITA030037 (Fiumara di Floresta). La redazione del Piano di gestione nasce a seguito della misura 1.11 del Completamento di Programmazione al POR Sicilia 2000-2006 “Sistemi territoriali integrati ad alta naturalità”, di cui alla Deliberazione di Giunta Regionale n. 327 del 08 agosto 2007. Il Piano di Gestione in oggetto stabilisce i presupposti metodologici nel rispetto delle indicazioni normative presenti a livello comunitario, nazionale e regionale. Particolare attenzione è stata pertanto riservata alle indicazioni ed ai riferimenti contenuti nei seguenti elaborati: – Guida all’interpretazione dell’art. 6 della Direttiva Habitat 43/92/CEE (“La gestione dei siti della Rete Natura 2000”, a cura della Commissione Europea); – Linee Guida per la gestione dei siti Natura 2000 (D.M. 3 settembre 2002 del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, Servizio Conservazione della Natura); – Life Natura 1999 NAT/IT/006279 “Verifica della Rete Natura 2000 in Italia e modelli di Gestione” (Piano di gestione SIC ITA 010011 “Sistema dunale Capo Granitola, Porto Palo e Foce del Belice” a cura del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, CTS, Settore Conservazione della Natura); – Indicazioni tecniche per la redazione del Piano di Gestione – Allegato II (a cura della Task Force Rete Ecologica, Assessorato Territorio e Ambiente della Regione Siciliana); Il Piano di Gestione dei Monti Peloritani tende ad assicurare la conservazione della biodiversità e dell’integrità ecologica che si sviluppa in questo vasto territorio della Sicilia nord-orientale, sulla base di una utilizzazione compatibile delle risorse. Esso si pone quindi l’obiettivo di attenuare o arrestare i processi di degrado che coinvolgono i sistemi ambientali e le fitocenosi forestali a causa dell’eccessivo disturbo dei fattori antropici (incendi, urbanizzazione, deforestazione, pascolo, ecc.) o da fenomeni naturali (erosione, ecc.). Le principali azioni di disturbo che si registrano sui sistemi naturali dei Monti Peloritani sono dovute alle attività umane, poiché il sito, non essendo attualmente sottoposto a strette misure di salvaguardia, presenta numerose vulnerabilità. Uno dei prin cipali fattori che 9 interferiscono negativamente sulla naturalità dei siti sono gli incendi, i quali costituiscono un notevole fattore di impatto; unitamente all’acclività del territorio, alle pratiche di disboscamento e di coltivazione e pascolo, determinano anche sensibili fenomeni erosivi. Un ulteriore fattore è rappresentato dall’elevata urbanizzazione dei territori limitrofi, soprattutto lungo la dorsale di Antennamare, nonché in tutta la fascia costiera fino ad interessare anche i laghi di Capo Peloro, al’estremità dello Stretto di Messina; i rispettivi habitat sono così sottoposti ad una graduale scomparsa, a frammentazione e ad isolamento, con inquinamento da scarichi fognari nei corpi idrici ed un generale disturbo per tutta la flora e la fauna selvatica. Altre vulnerabilità e disturbi sono notoriamente legati anche alla caccia di frodo durante la migrazione dei volatili; tuttavia, rispetto ai decenni precedenti, il fenomeno appare in netta diminuzione, grazie alla meritoria opera delle associazioni ambientaliste. Tenendo conto dei vari fattori di disturbo o di impatto, è quindi necessario ricondurre nell’ambito di un unico strumento di gestione le azioni che hanno un’incidenza diretta sulla conservazione degli habitat e delle specie – soprattutto quelle d’interesse comunitario e prioritario – articolando le politiche del comprensorio compatibilmente con le finalità di conservazione e di tutela della biodiversità. Il piano in oggetto si pone quindi l’obiettivo di individuare delle soluzioni concrete, promuovendo pratiche gestionali ecocompatibili, articolate in un complesso di azioni, a differente scala, spaziale e temporale. In particolare, a partire dall’analisi dei fattori naturalistico-ambientali presenti nel territorio, le stesse azioni saranno indirizzate verso una duplice direttiva: 1) conservazione della biodiversità; 2) educazione ambientale, divulgazione naturalistica, partecipazione dei cittadini. Su queste basi, il procedimento metodologico seguito per la realizzazione del Piano di Gestione, riguarda le seguenti fasi di lavoro: 1) consultazione delle schede relative ai formulari Natura 2000 e verifica delle motivazioni che hanno portato alla designazione dei vari SIC e/o ZPS; 2) riconoscimento e individuazione sul territorio degli habitat; 3) verifica in campo dei limiti cartografici delle unità fisionomiche individuate; 4) realizzazione di elaborati cartografici complementari; 5) analisi sullo stato di conservazione e della qualità dei siti; 6) strategie di azione e azioni. 1. Consultazione delle schede relative ai siti nei formulari Natura 2000 e verifica delle motivazioni che hanno portato alla designazione dei vari SIC e della ZPS. - Riguarda l’analisi degli aspetti relativi alle varie schede Natura 2000, con particolare riferimento agli habitat ed alle specie di interesse comunitario, nonché a quelle prioritarie. 2. Riconoscimento e individuazione sul territorio degli habitat. Si è tenuto conto degli habitat (e/o della superficie che costituisce habitat per ciascuna specie) che hanno motiva to la designazione dei vari SIC e della ZPS, portando anche all’aggiornamento delle schede di cui al punto 1). Su questa base sono stati definiti alcuni elaborati cartografici ( Carta della vegetazione, Carta degli Habitat e Carta dell’uso del suolo), in scala 1:10.000, utilizzati per la successiva fase di campagna. In particolare, il lavoro è stato effettuato a partire dalla Carta degli Habitat fornitaci dall’Ente beneficiario, su base topografica rappresentata dalla Carta Tecnica Regionale (scala:10.000). E’ stata effettuata una nuova verifica della fotointerpretazione e fotorestituzione dei limiti relativi alle unità fisionomiche indicate, utilizzando le ortofotocarte a colori e pancromatiche, inerenti il volo settembre 2007 del Ministero dell’Ambiente, dell’AGEA (anni 2004-2006) ed IT2000. 3. Verifica in campo dei limiti cartografici delle unità fisionomiche individuate. Ciò è stato effettuato anche sulla base di rilevamenti in campo, effettuati secondo il metodo 10 fitosociologico della Scuola Sigmatista di Zurigo-Montpellier. L’obiettivo è stato quello di pervenire ad un inquadramento sintassonomico dei tipi vegetazionali presenti sul terreno, nonché alla realizzazione e stesura degli elaborati finali, relativi all’area dei SIC e della ZPS. 4. Realizzazione di elaborati cartografici complementari. A corredo della Carta degli Habitat sono stati realizzati anche ulteriori elaborati complementari. Inizialmente sono state definite: la Carta della vegetazione (su base fitosociologica), la Carta dell’uso del suolo (secondo Corine Land Cover) e la Carta floristica, quest’ultima riportante la distribuzione delle specie vegetali, la cui presenza è ritenuta significativa per l’area in esame. Sempre in riferimento a queste ultime entità sono state realizzate le Carte di idoneita ambientale delle specie, dalla cui sovrapposizione sono state ottenute la Carta del valore floristico degli habitat, la Carta del valore faunistico degli habitat e la Carta degli habitat delle specie. Un altro gruppo di elaborati è stato realizzato sulla base di ulteriori sovrapposizioni, tendenti ad evidenziare le relazioni tra uso del suolo e habitat e/o specie di interesse (Carta di sovrapposizione tra uso del suolo e carta degli habitat, Carta di sovrapposizione tra uso del suolo e Carta degli habitat delle specie). E’ stata altresì definita la Carta del grado di naturalità, utilizzata come base per elaborare la successiva Carta dei corridoi ecologici all’interno dei vari SIC e della ZPS. La realizzazione delle suddette carte tende ad evidenziare la necessità di disporre di un quadro sintetico della distribuzione degli habitat prioritari e degli ambiti ad essi limitrofi, al fine di verificare la coerenza delle perimetrazioni attuali dei vari SIC e della ZPS con gli obiettivi di conservazione preposti. Tutti gli elaborati cartografici sono stati realizzati in ambiente GIS utilizzando il software ESRI ArcGIS. 5. Analisi sullo stato di conservazione e della qualità del sito. Contemporaneamente alle fasi precedenti, sono stati raccolti dati sugli aspetti ritenuti critici e/o significativi per la conservazione degli habitat e/o delle specie che hanno motivato la designazione dei vari siti nel territorio dei Peloritani. Ciò ha consentito di pervenire ad una individuazione dell’impatto attuale o potenziale dei tipi d’uso del suolo in atto o previsti dal Piano di gestione. 6. Strategie di gestione ed azioni programmate. La focalizzazione delle strategie di gestione e le specifiche azioni da intraprendere per garantire la conservazione della biodiversità e degli habitat, ha tenuto conto dei seguenti aspetti: a) elenco degli habitat (e rispettive specie) rilevati nei vari SIC e nella ZPS; b) valutazione delle caratteristiche generali degli habitat (grado di diffusione a livello regionale, rappresentatività, condizioni di insularità, status dinamico, tendenze dinamiche in atto, stato attuale di conservazione, stato delle conoscenze floristiche e fitosociologiche); c) relazioni tra i fattori di minaccia riscontrati per ciascun habitat ed impatti prodotti ; d) individuazione (per ciascun habitat) delle azioni che dovranno essere oggetto di norme di piano, sottoposte a valutazione di incidenza o vietate con indicazioni delle minacce attuali e/o principali e delle norme da inserire nel piano di gestione. e) elaborazione delle schede relative alle azioni previste dal Piano di Gestione. I principali strumenti di gestione finalizzati alla conservazione della biodiversità e degli habitat all’interno dei siti Natura 2000 sono oggi rappresentati dalla VIA (Valutazione di Impatto Ambientale) e la Valutazione di incidenza. La redazione dei piani di gestione è un ulteriore strumento che si pone l’obiettivo di garantire la funzionalità degli ecosistemi (habitat e specie vegetali e animali) rappresentati all’interno di un determinato SIC o di una ZPS, che a loro volta ne hanno determinato la designazione degli stessi siti. Sulla base delle determinazioni del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio (2002), “ciò significa che se eventualmente l’attuale uso del 11 suolo e la pianificazione ordinaria non compromettono tale funzionalità, il piano di gestione si identifica unicamente nella necessaria azione di monitoraggio”. Prima di redigere un piano di gestione è pertanto necessaria una valutazione preliminare del sito, t endente a stabilire l’opportunità di procedere in tal senso, tenendo conto in maniera oggettiva delle esigenze delle specie e degli habitat rappresentate nel sito, anche in relazione alle aree circostanti. Sui Peloritani, così come peraltro in gran parte della Sicilia, i principali fattori di impatto sull’ambiente sono legati soprattutto all’antropizzazione del territorio, con tutta una serie di disturbi ad essa collegati, che fanno riferimento agli incendi, all’urbanizzazione eccessiva di alcune aree, all’agricoltura, al pascolo, ecc. Tutto ciò, evidentemente, interferisce in maniera negativa sugli habitat, con la perdita di biodiversità vegetale e faunistica. 12 2 CARATTERISTICHE DEL PROGETTO Come riportato nella relazione tecnica: La presente relazione tecnica descrittiva è relativa al lavoro di “Progetto per la realizzazione di una struttura amovibile, da adibire ad attività ristorativa” sita nel Comune di Messina Via Torre Bianca ex Marina di Fuori - Torre Faro. Premesse Oggetto della presente relazione è la costruzione di una struttura amovibile ad 1 elevazione f.t. sita nel Villaggio Torre Faro del Comune di Messina, Via Torre Bianca ex Marina di Fuori, da adibire ad attività ristorativa. Il manufatto oggetto della presente realizzazione ricadrà interamente, su un’area privata individuata al N.C.T. del Comune di Messina al foglio 47 part.1267. Nella Variante Generale al Piano Regolatore Generale approvata con D.D.R. n.686/2002 l’area oggetto dell’intervento ricade interamente in area individuata come “Piano Particolareggiato Capo Peloro”. L’area ricade inoltre all’interno della Z.P.S codice ITA 030042 ed all’interno del vincolo paesaggistico di cui al D.P.R.S. 705 del 06/07/67. 13 Il progetto prevede la costruzione di una struttura, interamente in legno, facilmente amovibile da destinare ad attività ristorativa. 1. Descrizione dello stato di fatto L’area oggetto dell’intervento ha un’estensione complessiva di mq 160 ca., con un fronte lato strada di m 42 ca. ed una profondità di m 3,90 ca. In catasto risulta individuata al fg. 47 part 1267 del comune di Messina. La proprietà risulta essere della sig.ra Bicchieri Antonina, nata a Messina il 29 Luglio 1946, ed ivi residente in c.da Cacciatori – Torre Faro, C.F. BCCNTN46L69F158S, così come pervenutale dall’atto di donazione ricevuto dal notar Guido Manforte il 4 Settembre 1989, in Messina e registrato a Messina il 21/09/1989 al N. 3857. Il terreno confina a Sud con strada comunale Via Torre Bianca già via Marina di Fuori, a N ord con area del Demanio Marittimo in catasto individuata al N.C.T. al fg. 47 part. 2087, ad Ovest con terreno altra ditta in catasto fg. 47 part. 972, ad Est con via di accesso all’arenile, comunale. Alla proprietà si accede, carrabilmente e pedonalmente, tramite la strada principale comunale Via Torre Bianca già Via Marina di Fuori, con la quale confina direttamente. La sig.ra Bicchieri ha stipulato, in data 15 Febbraio 2012, contratto di comodato d’uso gratuito con la società Asso di Bastoni s.r.l., con sede in Messina, via Cadorna n. 8, P.IVA 03181070834, contratto registrato a Messina il 23/02/2012 al N. 1071 serie 3. L’area in oggetto risulta, mediamente alla stessa quota, rispetto alla quota stradale. Su tutta la superficie della proprietà risulta essere presente una gettata di calcestruzzo dello spessore di circa 10 cm. Il terreno risulta essere delimitato lati Sud, Est ed Ovest, da una recinzione costituita da un muretto in calcestruzzo di circa 40cm di altezza e 30 cm di larghezza, sul quale sono apposti dei paletti metallici che sorreggono la rete metallica. Lungo il muretto, lato strada (lato Sud), è presente una bordura discontinua di Pitosforo. (Vedi immagini NN.1 - 4) 14 Immagini 1 e 2 Immagini 3 e 4 15 2. Descrizione degli interventi previsti Rinviando agli elaborati grafici per una completa descrizione del progetto, di seguito si riporta una descrizione degli interventi previsti. Il progetto prevede per la realizzazione l’impiego di legno lamellare pretagliato, e trattato, in stabilimento con impregnatrice automatica a controllo numerico, con una mano di vernice idrorepellente e igroregolante; l’essenza legnosa sarà del tipo “Abete Rosso”, della classe GL24h “industriale”. 2.1 Struttura principale (Cucina) L’intervento sarà costituito dalla collocazione di una struttura principale, nella porzione Ovest del terreno, di m 12 ca di lunghezza per m 3,80 ca di larghezza e m 3,00 ca. di altezza. L’orditura principale di travi e pilastri in legno lamellare di idonee sezioni sarà ancorata al terreno con carpenteria metallica (porta pilastro, scarpa, staffa, ecc.) e relativi fissaggi (viti, tasselli, chiodi, ecc.). A seguire la struttura secondaria verrà fissata meccanicamente a quella principale per mezzo dei relativi fissaggi; quindi, sempre meccanicamente, verrà fissata la copertura in perlinato di legno di abete. Quindi verrà effettuata la impermeabilizzazione della copertura con la posa di un doppio strato costituito da un primo strato realizzato con una membrana bituminosa impermeabilizzante dello spessore di 4mm, con mescola elastoplastomerica (BPP) con armatura costituita da un tessuto non tessuto di poliestere a filo continuo (vedi immagine N.°5); quindi verrà collocata la membrana di finitura tipo “Tegola Canadese” modello standard colore rosso sfumato. (vedi immagine N.°6), ricoperta da uno strato incannucciato. Immagini 5 e 6 Le tompagnature esterne ed interne saranno realizzate con perlinato da 3,3 cm fissato alla struttura meccanicamente. La suddivisione interna di questa struttura, che complessivamente avrà una superfice netta interna di ca. 31 mq, prevede la realizzazione di un locale cucina di ca 20 mq, con una dispensa di ca 3,25 mq, un locale wc per i dipendenti di 2,00 mq con un antibagno di 1,68 mq, una zona spogliatoio per i dipendenti di ca. 1,05 mq; un ripostiglio di ca. 1,02 mq. 0 Antistante al locale cucina è prevista un’area, coperta con un pergolato, da adibire alla di somministrazione, che in atto è prevista prevalentemente a carattere stagionale. I locali saranno illuminati ed areati attraverso una serie di vetrate, una per ogni campata, di dimensione pari a m 1,30 x 2,60 ca. Il locale WC sarà areato e prendera luce direttamente dall’esterno con una finestra a vasistas di dimensioni pari a ca. m 0.80 x 0.60 All’interno i locali avranno una pavimentazione facilmente lavabile in linoleum antiscivolo, o ceramica, o materiale polimerico mentre le pareti del locale cucina e dei servizi igienici saranno rivestite per un’altezza di m 2,10 ca., con piastrelle in ceramica o altro materiale facilmente lavabile. I servizi igienici saranno dotati di doccia e vaso, ubicati nel locale wc, mentre verrà istallato un lavandino con erogazione a pedale nell’antibagno. Le porte interne saranno in legno tamburato; in particolare le porte di ingresso al locale cucina, di accesso all’area di disimpegno e all’antibagno saranno del tipo a spinta. All’esterno, lato Ovest, in adiacenza a questa struttura principale verrà realizzata un’area tecnica scoperta di circa mq 6,00, dove troveranno posto tutto i servizi tecnici, alla quale si accederà direttamente dalla strada principale. 2.2 Struttura secondaria (Servizi Igienici) Questa seconda struttura sarà collocata nella porzione Est del terreno ed avrà una superfice complessiva di ca. 16 mq, con un’altezza di ca. 3,00 m. Anche in questo caso l’orditura principale di travi e pilastri in legno lamellare di idonee sezioni sarà ancorata al terreno con carpenteria metallica (porta pilastro, scarpa, staffa, ecc.) e relativi fissaggi (viti, tasselli, chiodi, ecc.). A seguire la struttura secondaria verrà fissata meccanicamente a quella principale per mezzo dei relativi fissaggi; quindi, sempre meccanicamente, verrà fissata la copertura in perlinato di legno di abete. Quindi, come per la struttura principale, verrà effettuata la impermeabilizzazione della copertura con la posa di un doppio strato costituito da un primo strato realizzato con una membrana bituminosa impermeabilizzante dello spessore di 4mm, con mescola elastoplastomerica (BPP) con armatura costituita da un tessuto non tessuto di poliestere a filo continuo (vedi immagine N.°5); quindi verrà collocata la membrana di finitura tipo “Tegola Canadese” modello standard colore rosso sfumato. (vedi immagine N.°6). Le tompagnature esterne ed interne saranno realizzate con perlinato da 3,3 cm fissato alla struttura meccanicamente. La suddivisione interna di questa struttura prevede la realizzazione di tre servizi igienici: uno per uomini di ca. 1,60 mq; uno per donne di ca. 1,90 mq; uno per disabili di ca. 3,30 mq. Comune a tutti e tre i servizi è prevista una zona antibagno di ca. 5,00 mq. All’interno i locali avranno una pavimentazione in parquet, mentre le pareti saranno rivestite per un’altezza di m 2,10 ca., con piastrelle in ceramica o altro materiale facilmente lavabile. Le porte interne saranno in legno tamburato. Il ricambio d’aria nei locali igienici sarà assicurato da estrattori posti in ogni servizio. 3. Sistemazione delle aree esterne e percorsi. L’area esterna rimanente di circa mq 80 verrà attrezzata per la posa di sedie e tavoli. Sul fronte strada verrà lasciata la siepe esistente di pitosforo, mentre verrà realizzato un pergolato, sempre con legno lamellare di abete rosso, pretagliato e pretrattato, di dimensioni pari a m 3,00 x 20,00 ca., con un’altezza di ca. 2,20 m. 1 La struttura portante del pergolato sarà ancorata a terra con apposite staffe di carpenteria metallica (porta pilastro, scarpa, staffa, ecc.) e relativi fissaggi (viti, tasselli, chiodi, ecc.). Al disotto di questo pergolato verranno disposti i tavolini per gli avventori su due file separate in mezzo da un percorso pedonale realizzato con tavolato di legno di abete; il percorso si estenderà per tutta la lunghezza dell’area partendo dallo stabile Cucina e terminerà nell’area Servizi. Lungo il confine lato Nord, lato area demaniale, verrà realizzata una recinzione con uno steccato in legno di abete rosso, i cui pali di sostegno saranno conficcati nel terreno. 4. Impianti A seguire una breve sintesi degli impianti al servizio della struttura. 4.1 Impianto elettrico Avremo un quadro generale dal quale si dipartono le linee per i quadri delle varie zone: quadro degli spazi esterni, quadro elettrico degli impianti (idrico e climatizzazione), quadro della cucina, quadro dell’area servizi. L’impianto sarà realizzato con canalizzazione esterna in tubazioni in PVC. 4.2 Impianto climatizzazione All’interno del locale cucina è previsto la collocazione di una pompa d calore. 4.3 Impianto idrico L’impianto idrico comprende un accumulo ed una autoclave di sollevamento per portare l’ac qua alle utenze nei periodi di insufficiente pressione o mancanza acqua nella rete cittadina. Le linee di approvvigionamento, all’interno dei locali fino alle singole utilizzazioni, saranno realizzate a vista con tubazione in rame, mentre all’esterno la linea sarà realizzata con tubazione in polietilene ad alta densità 4.4 Impianto sicurezza interna ed esterna Tutta l’area di pertinenza della costruzione sarà soggetta a controllo antintrusione, con telecamere a circuito chiuso 4.5 Impianti per l’approvvigionamento idrico e per lo smaltimento delle acque bianche e nere. Il manufatto dovrà essere allacciato alla rete idrica, mentre per lo scarico delle acque bianche e nere avverrà utilizzando la rete comunale esistente. Per quant’altro non esplicitato nella presente relazione si rinvia alle tavole tecniche allegate. INTERVENTO PROGETTUALE RISPETTO ALLE AREE PROTETTE L’area interessata dal progetto in oggetto sita Villaggio Torre Faro del Comune di Messina, Via Torre Bianca ex Marina di Fuori . Il terreno confina a Sud con strada comunale Via Torre Bianca già via Marina di Fuori, a Nord con area del Demanio Marittimo in catasto individuata al N.C.T. al fg. 47 part. 2087, ad Ovest con terreno altra ditta in catasto fg. 47 part. 972, ad Est con via di accesso all’arenile, comunale. L’area oggetto di studio, come già segnalato, si colloca all’interno del sito ZPS (ITA 030042 “Monti Peloritani, dorsale Curcuraci, Antemmare e area marina dello Stretto di Messina”) , che con una superficie totale di Ha 28.051 interessa quasi tutto il territorio comunale di Messina, spingendosi sul versante ionico fino a Mili Marina, risalendo in cresta all’altezza del Pizzo Bottino e scendendo sul versante tirrenico verso Saponara, ai margini del centro abitato di Villa franca Tirrena, fino a raggiungere la costa all’altezza della foce del torrente Gallo. Caratteristiche del sito Natura 2000: La zona di protezione speciale ITA030042 si estende sulla dorsale montuosa che dallo stretto di Messina si estende verso sud lungo il crinale dei Peloritani. Nonostante il continuo disturbo antropico (disboscamento, pascolo, urbanizzazione, incendio, attività agricole, rimboschimenti, ecc.) 2 quest’area conserva a tutt’oggi aspetti floristico-vegetazionali di notevole interesse paesaggistico e naturalistico. Dal punto di vista geomorfologico-strutturale i Peloritani fanno parte dell’arco Calabro-Peloritano di origine tirrenica, costituito essenzialmente da rocce intrusive e metamorfiche di natura silicea. Lungo la costa si rinvengono depositi quaternari rappresentati da sabbie e argille marnose. Sotto il profilo climatico l’area peloritana è caratterizzata da condizioni prettamente oceaniche con precipitazioni medie annue che sui rilievi supera abbondantemente i 1000 mm annui e temperature medie annue di 15-17 °C. Significativa è inoltre la presenza durante tutto l’anno di un regime di nebbie che ricopre i rilievi più elevati, dovuto all’incontro dei venti tirrenici con quelli ionici. Ciò favorisce l’insediamento di formazioni forestali e arbustive molto peculiari, alcune tipiche dei territori atlantici dell’Europa meridionale. Significativa è, infatti, la presenza di cespuglieti del Calicotomo-Adenocarpetum commutati e di pinete del Cisto crispi-Pinetum pinee, associazioni entrambe endemiche dei Peloritani che risultano legate ad un clima tipicamente oceanico. Fra le formazioni boschive risultano particolarmente diffuse l’ Erico-Quercetum virgilianae, il Teucrio-Quercetum ilicis e il Doronico-Quercetum suberis. Nella fascia costiera si rinviene, limitatamente ai substrati sabbiosi, una associazione dei Malcolmetalia, rappresentata dall’Anthemido-Centauretum conocephalae in Sicilia esclusiva di questa area. Un’altra associazione molto peculiare a carattere termo-xerofilo esclusiva del litorale di Messina è il TricholaenoHyparrhenietum hirtae. Sono inoltre presenti nell’estrema punta settentrionale dei laghi costieri (Laghi di Ganzirri) di grande interesse naturalistico oltre che paesaggistico. Floristicamente non presentano un particolare interesse, in quanto le piante che si insediano in questa area umida sono in massima parte abbastanza comuni nell’isola. Si tratta perlopiù di elofite, alofite e idrofite, che non costituiscono delle particolari associazioni a causa del forte disturbo antropico e del fatto che la fascia in cui si localizzano è piuttosto stretta e non consente il differenziarsi di cenosi. Dal punto di vista idro geologico si tratta di un’area depressa con fondali rocciosi frammisti a limo e sabbia alimentata da acque marine attraverso dei canali di collegamento con la riva e da acque meteoriche. Lo Stretto di Messina è un ambiente molto particolare con caratteristiche uniche in tutto il Mediterraneo. Rappresenta il punto di incontro di due bacini (il Tirreno e lo Ionio) le cui m asse d’acqua hanno caratteristiche diverse creando un ambiente con forti correnti e turbolenze. Tali caratteristiche idrodinamiche sono dovute, tra l’altro, a moti di marea intensificati da fasi in opposizione nello Ionio e nel Tirreno e un rimescolamento di acque calde e superficiali del Tirreno con masse fredde intermedie dello Ionio, ecc. (Magazzù et al. 1995). Queste condizioni idrodinamiche si riflettono sulla conformazione dei fondali e sui ritmi di sedimentazione (Colantoni, 1995), determinando l’insediamento di biocenosi particolari e uniche in Mediterraneo (Giaccone, 1972; Fredj & Giaccone, 1995; Zampino & Di Martino, 2000): biocenosi ad alghe fotofile dell’infralitorale superiore con lo strato elevato costituito dell’Associazione a Cystoseira tamariscifolia, Saccorhiza polyschides e Phyllariopsis brevipes, biocenosi dell’infralitorale inferiore con la presenza di Laminaria ochroleuca e biocenosi del circalitorale con l’Associazione a Cystoseira usneoides e la facies a Laminaria ochroleuca e Phyllaria purpurascens. Interessante è anche la presenza di una prateria a Posidonia oceanica che si estende da Ganzirri a Messina (Zampino & Di Martino, 2000). Qualitá e importanza Il perimetro comprende aree che rivestono un’importanza strategica nell’e conomia dei flussi migratori dell’avifauna che si sposta nell’ambito del bacino del Mediterraneo. In particolare la zona di Antennamare e lo stretto di Messina, insieme allo Stretto di Gibilterra ed al Bosforo, rappresentano le tre aree in cui nel Mediterraneo si concentrano i flussi migratori, soprattutto in periodo primaverile. Dallo stretto di Messina transitano, infatti, da 20.000 a 35.000 esemplari appartenenti a numerose specie di Uccelli, soprattutto Rapaci, alcune delle quali molto rare e/o meritevoli della massima tutela. La dorsale dei Monti Peloritani offre inoltre possibilità di nidificazione a specie dell’avifauna rilevanti per la tutela della biodiversità a livello regionale e nazionale quali Aquila chrysaetos, Falco biarmicus ed Alectoris greca withakeri. Anche i laghi di Faro e Ganzirri offrono rifugio ed opportunità trofiche alle specie in migrazione, in particolare agli Uccelli acquatici, e per alcune di esse rappresentano anche dei significativi siti di nidificazione. Da 3 non sottovalutare infine la particolare malacofauna di questi ambienti lacustri che ospita popolazioni talora molto differenziate ed esclusive di questo particolarissimo ecosistema acquatico. Quest’area, che coincide con l’estrema punta nord orientale dell’isola, riveste un notevole significato fitogeografico soprattutto per la presenza di specie rare o endemiche. Inoltre in questa area sono circoscritte alcune associazioni vegetali molto peculiari e specializzate assenti nel resto dell’isola. I popolamenti a Laminariales, così come il popolamento a Cystoseira usneoides, presenti nello Stretto di Messina sono molto particolari e peculiari, legati alle intrinseche caratteristiche idrodinamiche di questo ambiente. Vulnerabilità Il sito, non essendo attualmente sottoposto a strette misure di salvaguardia, presenta numerose vulnerabilità legate essenzialmente alla caccia di frodo durante la migrazione, anche se questo fenomeno appare in netta diminuzione rispetto ai decenni precedenti grazie alla meritoria opera delle associazioni ambientaliste. Altro fattore di notevole impatto è rappresentato dagli incendi e dal pascolo, che unitamente all'acclività del territorio, alle pratiche di disboscamento e di coltivazione, determinano sensibili fenomeni erosivi. L'urbanizzazione molto el evata dei territori contermini sia alla dorsale di Antennamare che ai laghi di Capo Peloro determina inoltre fenomeni di frammentazione ed isolamento degli habitat, inquinamento da scarichi fognari nei corpi idrici ed un generale disturbo per tutta la fauna selvatica. Un ulteriore disturbo deriva dalla pratica della mitilicoltura. Come visibile nelle cartografie del Ministero dell’Ambiente, l’area di progetto non ricade nel Sic ITA 030008 “Laguna di Capo Peloro” da cui dista 0,60 km. - ITA03008 “Laguna di Capo Peloro”. (S= 60,25 Ha): [LONGITUDINE E 1 5 3 6 5 6 LATITUDINE3 8 1 5 3 9 W/E (Greenwich)]. comprende i Laghi costieri di grande interesse naturalistico oltre che paesaggistico per essere posti in prossimità di Capo Peloro sullo str etto di Messina. Floristicamente non presentano un particolare interesse, in quanto le piante che si insediano in questa area umida sono in massima parte abbastanza comuni nell’isola. Si tratta perlopiù di elofite, alofite e idrofite, che non costituiscono delle particolari associazioni a causa del forte disturbo antropico e del fatto che la fascia in cui si localizzano è piuttosto stretta e non consente il differenziarsi di cenosi. Dal punto di vista idrogeologico si tratta di un’area depressa con fondali rocciosi frammisti a limo e sabbia alimentata da acque marine attraverso dei canali di collegamento con la riva e da acque meteoriche. Sotto il profilo climatico l’area risulta interessata da un bioclima termomediterraneo subumido con precipitazioni medie annue intorno agli 800 mm e temperature medie annue di 18 °C. Il perimetro comprende aree che rivestono un’importanza strategica nell’economia dei flussi migratori dell’avifauna che si sposta nell’ambito del bacino del Mediterraneo. I laghi di Faro e Ganzi rri infatti offrono rifugio ed opportunità trofiche alle specie in migrazione, in particolare agli Uccelli acquatici, e per alcune di esse rappresentano anche dei significativi siti di nidificazione. L’area è interessata inoltre da un ampio flusso migratorio di Fringillidi, sia in periodo primaverile che autunnale. Da non sottovalutare infine la particolare malacofauna di questi ambienti lacustri, che ospita popolazioni talora molto differenziate ed esclusive di questo particolarissimo ecosistema acquatico. Sito altamente vulnerabile per l'urbanizzazione molto elevata dei territori contermini, che determina fenomeni di frammentazione ed isolamento degli habitat, inquinamento da scarichi fognari nei corpi idrici ed un generale disturbo per tutta la fauna selv atica. Sono inoltre in atto ulteriori trasformazioni dell’area umida con riduzione o scomparsa delle sponde naturali. Per i laghi sarebbe auspicabile un ripristino delle fascia ecotonale ed il recupero di alcune aree umide temporanee, non urbanizzate, tra il lago di Ganzirri e il mare. Sarebbe inoltre utile contenere i fenomeni di erosione delle coste e ripristinare la fascia dunale preesistente. L’intervento in oggetto non ricade nel sic ITA030011 "Dorsale Curcuraci – Antennammare”. Da cui dista 7,24 km. - ITA030011 “Dorsale Curcuraci, Antennamare” (S = 11.460 Ha): [coordinate al centro LONGITUDINE E 1 5 2 9 4 2 LATITUDINE 3 8 1 2 7] W/E (Greenwich). comprende la dorsale che dallo Stretto di Messina si sviluppa verso SW lungo il dominio peloritano più orientale, che nonostante i fattori di disturbo antropico conserva aspetti floristico -vegetazionali di notevole interesse botanico e paesaggistico. Dal punto di vista geomorfologico -strutturale i 4 Peloritani fanno parte dell’arco Calabro-Peloritano di origine ircinica, costituito essenzialmente da rocce intrusive e metamorfiche di natura silicea. Lungo la costa si rinvengono depositi quaternari rappresentati da sabbie e argille marnose. Sotto il profilo climatico l’area peloritana è caratterizzata da condizioni prettamente oceaniche con precipitazioni medie annue che sui rilievi supera abbondantemente i 1000 mm annui. Le temperature annue si aggirano sui 15 -17 °C, signigficativa è inoltre la presenza durante tutto l’anno di un regime di nebbie che ricopre i rilievi più elevati, dovuto all’incontro dei ventui tirrenici con quelli ionici. Ciò favorisce l’istaurarsi di formazioni forestali e arbustive molto peculiari, alcune tipiche dei territori atlantici dell’Europa meridionale. Significativa è infatti la presenza di cespuglieti del Calicotomo-Adenocarpetum commutati e di pinete del Cistocrispi-Pinetum pinee, associazioni entrambe endemiche dei Peloritani le quali risultano legate a un clima tipicamente oceanico. Fra le formazioni boschive risultano particolarmente diffuse l’Erico-Quercetum virgilianae, il Teucrio-Quercetum ilicis e il Doronico-Quercetum suberis. Nella fascia costiera si rinviene, limitatamente ai substrati sabbiosi, una associazione dei Malcolmetalia, rappresentata dall’Anthemido-Centauretum conocephalae in Sicilia esclusiva di questa area. Un’altra associazione molto peculiare a carattere termo-xerofilo esclusiva del litorale di Messina è il Tricholaeno-Hyparrhenietum hirtae. Quest’area, che coincide con l’estrema punta nord orientale dell’isola, riveste un notevole significato fitogeografico soprattutto per la presenza di specie rare o endemiche. Inoltre in questa area sono circoscritte alcune associazioni vegetali molto peculiari e specializzate assenti nel resto dell’isola. Il perimetro comprende ar ee che rivestono un’importanza strategica nell’economia dei flussi migratori dell’avifauna che si sposta nell’ambito del bacino del Mediterraneo. Il sito, insieme allo Stretto di Gibilterra ed al Bosforo, rappresenta una delle tre aree in cui nel Mediterraneo si concentrano i flussi migratori, soprattutto in periodo primaverile. Dallo stretto di Messina transitano infatti da 20.000 a 35.000 esemplari appartenenti a numerose specie di Uccelli, soprattutto Rapaci, alcune delle quali molto rare e/o meritevoli della massima tutela. La dorsale dei Monti Peloritani offre inoltre possibilità di nidificazione a specie dell’avifauna rilevanti per la tutela della biodiversità a livello regionale e nazionale quali Aquila chrysaetos, Falco biarmicus ed Alectoris greca withakeri. Anche la fauna invertebrata riveste un notevolissimo interesse per la presenza di numerosi endemismi siculi e di specie rare e stenotope. Il sito, non essendo attualmente sottoposto a strette misure di salvaguardia, presenta numerose vulnerabilit à legate essenzialmente alla caccia di frodo durante la migrazione, anche se questo fenomeno appare in netta diminuzione rispetto ai decenni precedenti grazie alla meritoria opera delle associazioni ambientaliste. L’intera area, nella quale attualmente si rinvengono specie vegetali di elevato interesse fitogeografico e aspetti vegetazionali ancora ben conservati di notevole valore naturalistico e paesaggistico, è soggetta a elevati rischi ambientali dovuti al disboscamento e alle attività agricole. Altro fattore di notevole impatto è rappresentato dagli incendi e dal pascolo, che unitamente alla acclività del territorio sono responsabili di evidenti fenomeni erosivi. L’urbanizzazione molto elevata dei territori contermini alla dorsale di Antennamare determina inoltre fenomeni di frammentazione ed isolamento degli habitat, inquinamento da scarichi fognari nei corpi idrici ed un generale disturbo per tutta la fauna selvatica. L'area oggetto di studio non si trova in prossimità di altre aree protette siciliane. L'area protetta più estesa nella provincia di Messina è il Parco dei Nebrodi, istituito il 4 agosto del 1993, ubicato nel cuore della catena montuosa dei monti Nebrodi, ha un'estensione di 85.687 ettari, dista circa 100 km dall’area di progetto. La seconda area protetta più importante nella provincia di Messina è il Parco Fluviale dell'Alcantara, indicato anche come Sito d'interesse comunitario (ITA 030036), nel versante ionico, istituito nel 2001, al posto della preesistente Riserva Naturale, ha un'estens ione di 1927,48 ettari, perimetra gran parte del bacino idrografico del fiume Alcantara, dista da dall’area di progetto circa 70 km. Le aree protette della provincia di Messina più vicine al sito oggetto di studio sono: 5 - La Riserva Naturale Orientata di Fiumedinisi e M.Scuderi, (Sic ITA 030010),sul versante ionico, istituita il 10 dicembre del 1998, ha un'estensione di 3.543,75 ettari, dista circa 15 km. - La Riserva Orientata del bosco di Malabotta (Sic ITA030005), sui monti Nebrodi, istuita il 25 Luglio 1997, ha un'estensione di 3.221,97, dista dall’area di progetto circa 30km. Nel continente l'area protetta più vicina, con cui solo l'avifauna può collegarsi, è il Parco Nazionale dell'Aspromonte, istituito nel 1989, che ha un'estensione di 78.520 ettari. ANALISI DELLE SOLUZIONI ALTERNATIVE Nelle analisi ambientali vanno sempre considerate le soluzioni alternative di progetto : l’alternativa di non procedere con il progetto sotto alcuna forma (non realizzazione o “alternativa zero” o “opzione zero”) dovrebbe essere sempre considerata, in quanto ciò costituisce una base di confronto per i cambiamenti risultanti dai differenti modi di realizzare l’opera; le alternative possono riguardare vari aspetti dell’opera, per esempio inerenti la sua localizzazione, dimensioni, temporizzazione; la gamma delle alternative disponibili cambierà con i differenti stadi della strategia, della pianificazione e delle decisioni progettuali inerenti l’attività in esame; per alcuni obiettivi del progetto possono non esserci alternative oltre quella di non procedere alla realizzazione. Nel caso in esame le alternative da considerare, in base alle caratteristiche del progetto sono essenzialmente rappresentate: dall’alternativa di non procedere con il progetto o di limitarlo; dall’adozione di misure per la minimizzazione degli effetti negativi; mentre appare evidente che non sono perseguibili alternative di localizzazione, ad eccezione di prescrizioni sui tempi di interventi ed eventualmente sull’impiego di materie prime. L'ipotesi del non-intervento, tenuto conto che nell’area in esame, secondo il vigente strumento urbanistico, è possibile realizzare le strutture in progetto, dovrebbe essere imposta solo in presenza di altri vincoli di inedificabilità assoluta, introdotti da leggi o regola menti successivi all’approvazione del piano regolatore. A questo proposito è bene precisare che la perimetrazione della ZPS non rappresenta una condizione di vincolo di inedificabilità, ma definisce la necessità di valutare l’incidenza dei piani o progetti rispetto alle esigenze di mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente delle specie e degli habitat tutelati. Una limitazione dell’intervento, in atto, non risulta proponibile, dato che già la proposta di pianificazione urbanistica è condizionata dalle prescrizioni urbanistiche, per quanto riguarda tipologia e altezza massima degli edifici. Pertanto, le misure alternative o di limitazione dell’intervento, che in qualunque caso potranno essere previste a seguito dello sviluppo dello studio ambientale, sono relative agli interventi per minimizzare gli effetti negativi, all’eventuale applicazione di misure di compensazione o in alternativa alla limitazione dell’intervento. Le misure di compensazione vanno attuate prima o al limite contestualmente alla realizzazione degli interventi in progetto e in aree il più possibile vicine alla zona che subisce incidenza. Si tratta, per riportare qualche esempio, di operazioni, quali: la creazione di una porzione di habitat su un sito nuovo o ampliato, proporzionata all’area che viene persa o intaccata; “restaurazione biologica” di un sito con parametri di conservazione al di sotto dei parametri richiesti. PRESSIONE ANTROPICA E SUE FLUTTUAZIONI Il territorio del comune di Messina ha una superficie di 211,23 kmq; dai dati ISTAT degli ultimi 2 censimenti (1991 e 2001), la popolazione residente ha avuto un incremento del 8,8%; passando dai 231.693 abitanti nel 1991 (con una densità per kmq di 1096,8 abitanti), ai 252.026 residenti nel 2001. 6 In valore assoluto l'aumento di residenti dal 1991 al 2001 è stata di 20.333, pari ad una densità di 1193,1 abitanti per chilometro quadrato. Dai dati dell'Urps (Unione Regionale delle province Siciliane) aggiornati al 31/12/2003, la popolazione residente nel Comune di Messina ha subito una lieve flessione, scendendo dell'1,35 % , passando così dai 252.026 ab. (nel 2001) ai 248.616 ab. (al 31/12/03), con una densità di 1176,9 ab. per kmq. Dai dati ISTAT aggiornati al 2009, la popolazione residente nel Comune di Messina ammonta a 242.864 ab., con una densità di 1149 ab per kmq, quindi si conferma la continua flessione della popolazione residente, con un decremento di 5.752 ab. che corrisponde ad una diminuzione in termini percentuali di un ulteriore 2,3 % rispetto al 2003. In definitiva dal 1991 al 2009 c'è stato un incremento di popolazione nel territorio comunale di 11.171 unità, pari ad un incremento del 4,82 %. Nei 211,23 kmq del territorio comunale, la distribuzione dei flussi antropici è disomogenea, le maggiori concentrazioni sono soprattutto a ridosso dell'area metropolitana, mentre tende a spopolarsi l'area collinare dell'entroterra comunale. L´informazione storica, nell´ultimo decennio, fornisce numerosi spunti di riflessione sulle trasformazioni demografiche, economiche e sociali, vissute dalla città negli ultimi anni. La c ittà di Messina, analogamente a quanto succede in altre importanti città italiane, ha una popolazione residente in continua diminuzione. Al 31 dicembre 2010 la popolazione della città di Messina era pari a 242504 persone, registrando un decremento del 3.78% rispetto alla popolazione legale dichiarata al censimento del 2001 (252.026 persone). In particolare, nella città dello Stretto, la tendenza al decremento subisce un rallentamento a partire dal 2007 facendo registrare nell´ultimo anno un -0.15% del 2010 rispetto al 2009. Per Messina i residenti ammontano a 243.362 censimento 2011 . Si evidenzia un'espansione demografica nelle zone periferiche della città (zona nord e sud), che comporta indubbiamente un aumento della pressione antropica sugli ecosistemi della ZPS ITA 030042. Per tali motivi occorrerà verificare attentamente l'incidenza sugli habitat e sulla fauna, con particolare riferimento all'avifauna, causata dai vari insediamenti antropici nel territorio del sito Natura 2000. Fig. 1 Evoluzione demografica dei residenti nel Comune di Messina dal 1861 al 2011 (Fonte ISTAT – elaborazione grafica a cura di Wikipedia) Il progetto oggetto di studio, non comporterà un incremento di pressione antropica oltretutto il progetto si inserisce in un contesto già antropizzato, per cui l’incidenza che si prevede è poco significativa. ALTERAZIONI SULLE COMPONENTI AMBIENTALI DERIVANTI DAL PROGETTO Il progetto in oggetto, è stato elaborato nel rispetto di tutte le normative ambientali vigenti, al fine di non recare alterazioni significative alle componenti ambientali del territorio interessato. 7 USO DELLE RISORSE L’area oggetto dell’intervento ha un’estensione complessiva di mq 160 ca., con un fronte lato strada di m 42 ca. ed una profondità di m 3,90 ca. In catasto risulta individuata al fg. 47 part 1267 del comune di Messina. Il terreno confina a Sud con strada comunale Via Torre Bianca già via Marina di Fuori, a Nord con area del Demanio Marittimo in catasto individuata al N.C.T. al fg. 47 part. 2087, ad Ov est con terreno altra ditta in catasto fg. 47 part. 972, ad Est con via di accesso all’arenile, comunale. Alla proprietà si accede, carrabilmente e pedonalmente, tramite la strada principale comunale Via Torre Bianca già Via Marina di Fuori, con la quale confina direttamente. Su tutta la superficie della proprietà risulta essere presente una gettata di calcestruzzo dello spessore di circa 10 cm. Il terreno risulta essere delimitato lati Sud, Est ed Ovest, da una recinzione costituita da un muretto in calcestruzzo di circa 40cm di altezza e 30 cm di larghezza, sul quale sono apposti dei paletti metallici che sorreggono la rete metallica. Lungo il muretto, lato strada (lato Sud), è presente una bordura discontinua di Pitosforo. Il manufatto dovrà essere allacciato alla rete idrica, mentre per lo scarico delle acque bianche e nere avverrà utilizzando la rete comunale esistente. Secondo i dati pubblicati dalla Regione Sicilia (riferiti all’anno 1999 desunti dalla “Rilevazione dei sistemi depurativi e fognari dei Comuni” svolta dall’Assessorato Territorio e Ambiente), il volume di acqua complessivamente immesso nella rete idrica in 254 Comuni rilevati nel 1999 è stato di 401.369.401 m 3/anno mentre quello fatturato in 211 Comuni ammonta a 224.387.379 m 3. Per la popolazione residente nei Comuni che hanno risposto alla rilevazione, il volume pro-capite immesso nella rete idrica ammonta a 113 m 3/anno e quello fatturato a 71 m3/anno. Il secondo dato ci dice che, in pratica, nell’anno di riferimento, in 211 Comuni della Sicilia, sono stati consegnati all’utenza 195 litri per abitante al giorno in media. Nel Comune di Messina il numero degli utenti per l’anno 2000 è stato di circa 73.500 con 22 milioni di metri cubi consumati. Quindi nell’anno di riferimento, sono stati consegnati all’utenza 299,32 mc per abitante all’anno in media, (Dati comunali relativi all’anno 2000) equivalenti a 820 litri per abitante al giorno in media. PRODUZIONE DI EMISSIONI O RIFIUTI La Direttiva 2008/98/CE definisce rifiuto: la sostanza o l’oggetto di cui il detentore vuole disfarsi, non prevedendo una riutilizzazione diretta, sono quindi espressamente esclusi dalla normativa comunitaria i materiali derivati da demolizioni, così come le rocce e le terre ottenute dai procedimenti di scavo. La Direttiva comunitaria tratta anche il caso dei rifiuti che cessano di essere tali se comunemente usati per scopi specifici. In questo caso il legislatore europeo richiede l’esistenza di una domanda di mercato per questo tipo di materiali, così come il rispetto della normativa vigente e dei valori limite per la presenza di sostanze inquinanti. Per quanto riguarda le terre di scavo, in base alla normativa europea, non possono quindi essere classificata come rifiuto, posizione che è già costata al’Italia una condanna per la violazione della Direttiva 74/442/CE, confermata dalla sentenza C 194/2005 della Corte di Giustizia Europea. L’Unione Europea esclude dall’ambito di applicazione della nuova normativa sui rifiuti i terreni, comprendendo anche i suoli contaminati e gli edifici collegati permanentemente al terreno. Non sono contemplati tra i rifiuti neanche i materiali naturali escavati durante il corso delle attività di costruzione se è certo il loro riutilizzo. Restano fuori dalla Direttiva anche i materiali di risulta derivanti da prospezione, trattamento e ammasso di risorse minerali. Così come quelli generati dallo sfruttamento del le cave o dalle attività delle industrie estrattive. In questi casi non si parlerà di rifiuti, ma di sottoprodotti. A patto che sia certo il loro riutilizzo, che le sostanze possano essere usate direttamente, senza ulteriori trattamenti, e che siano soddis fatti tutti i requisiti per la protezione della salute e dell’ambiente. 8 Eventuali rifiuti solidi urbani prodotti durante la fase di costruzione delle opere e nella successiva fase a regime saranno smaltiti in discariche autorizzate nel rispetto della norma tiva vigente in materia. La morfologia del terreno è caratterizzata da andamento pianeggiante, pertanto non ci saranno brusche variazioni di quote, non si potranno innescare fenomeni di erosione, di dissesto idrogeologico superficiale e profondo, in considerazione anche della ridotta superficie interessata dall’opera. RISCHIO INCIDENTI PER QUANTO RIGUARDA LE SOSTANZE E LE TECNOLOGIE UTILIZZATE Le opere in oggetto rispetteranno totalmente il regolamento edilizio vigente, e tutte le normative in vigore nei settori igienico-sanitari, di sicurezza antinfortunistica, di sicurezza degli impianti e di sicurezza statica, al fine di evitare rischi per la salute e rischi di incidenti per le maestranze impiegate nella realizzazione dell'opera e per i residenti delle aree limitrofe. Per quanto riguarda la possibilità di incidenti di rilievo ambientale, determinato da sostanze e tecnologie utilizzate, si osserva che non si prevedono situazioni di rischio. VINCOLI PAESAGGISTICI, URBANISTICI, AMBIENTALI E FORESTALI L’area oggetto d’intervento come si evince dalla cartografia allegata della Tavola D1 Vincoli del PDG, ed è soggetta ai seguenti vincoli: Zona di Protezione Speciale ITA 030042; Legge Regionale 78/76 (entro la fascia di 500 mt. dal mare); L’area di progetto non è sottoposta ai seguenti vincoli: Corsi d'acqua e relative sponde per una fascia di m. 150 ai sensi dell'art. 142, lett. c), D.Lgs. 42/2004 Legge 431/85; Zone panoramiche a valle della circonvallazione; Zone cimiteriali; Inceneritori; Depuratori; Discarica RSU; Discarica inerti; Linee d’arretramento Sic ITA030011 Dorsale Curcuraci Antennamare; Vincolo idrogeologico ai sensi del R.D. 3267/1923 Territori coperti da foreste e boschi ai sensi dell'art. 142, lett. g), D.Lgs. 42/2004 ; 9 VALUTAZIONE DELLA SIGNIFICATIVITÀ DELL’INCIDENZA Questa fase prevede la verifica della significatività dell’impatto del progetto in esame rispetto alle esigenze di conservazione e di salvaguardia del sito. A tale scopo si è resa necessaria l’adozione di un set di indicatori, che possiamo definire di perturbazione e degrado, al fine di rendere possibile una valutazione della significatività dell’incidenza dei potenziali cambiamenti che potrebbero intervenire nell’area della ZPS in seguito alla realizzazione della lottizzazione in oggetto. In linea generale la valutazione della significatività si basa su fattori uguali o simili a quelli elencati di seguito: le caratteristiche e il valore percepito dell’ambiente colpito; la significatività, la diffusione spaziale e la durata del cambiamento previsto; la capacità dell’ambiente di resistere al cambiamento; l’affidabilità delle previsioni relative ai possibili cambiamenti; la disponibilità di politiche, programmi, piani, ecc. utilizzabili come criteri; l’esistenza di standard ambientali in base ai quali valutare una proposta (p.es. norme per la qualità dell’aria o dell’acqua); il grado d’interesse e di relazione dell’opinione pubblica con le risorse ambientali in causa e le problematiche associate alla proposta di progetto; le possibilità di mitigazione, sostenibilità e reversibilità. Tutto ciò presuppone l’esistenza di appropriati studi di riferimento che siano in grado di definire lo stato dell’ambiente nell’area d’interesse progettuale nella fase ante operam, ossia prima della realizzazione delle opere in oggetto, anche tramite l’ausilio di carte topografiche, carte tematiche e fotografie aeree che possono servire a prevedere e valutare eventuali cambiamenti futuri, nella fase post operam, negli ecosistemi della zona. Nel caso della Rete Ecologica Siciliana, una fonte importante di dati cartografici è rappresentata dalla Carta Natura redatta dall’ARTA Regione Sicilia – Dipartimento Territorio ed Ambiente Servizio 6 – Protezione Patrimonio Naturale. 10 Nel caso della ZPS ITA 030042“Monti Peloritani, Dorsale Curcuraci, Antennamare e Area Marina dello Stretto di Messina” è stato realizzato il Piano di Gestione “Monti Peloritani” redatto dalle società di consulenza ambientale “Agristudio” srl e Temi srl; questo documento, è in g rado di fornire delle indicazioni dettagliate “di partenza” a proposito della consistenza, delle caratteristiche delle specie e degli habitat più importanti presenti. Gli indicatori selezionati in questa fase sono stati identificati sulla base dei dati scientifici contenuti nel Piano di Gestione di cui sopra, oltre che da un'indagine eseguita in sito, dall’analisi di altri casi analoghi ed in base allo studio dei potenziali effetti del progetto sull’area protetta. Nell’ambito della valutazione dell’incidenza in habitat appartenenti ad un sito della rete Natura 2000, l’uso di opportuni indicatori deve rispondere a due esigenze fondamentali di informazione: - se la superficie occupata dall’habitat è stabile o no; - se la struttura e le funzioni specifiche necessarie al mantenimento a lungo termine dell’habitat sono presenti e se ne è prevedibile la loro presenza in un futuro. Tipo di incidenza Indicatore Perdita di aree di habitat Frammentazione Distruzione Perturbazione Densità della popolazione Qualità dell’ambiente Percentuale di perdita di habitat all’interno del sito Grado di frammentazione, di distruzione e di perturbazione Entità del calo stimato nelle popolazioni delle varie specie Rischio stimato di inquinamento del sito rispetto alle componenti: aria, acqua e suolo La guida metodologica alle disposizioni dell’art. 6 della Direttiva Habitat prevede che a seguito del livello 1 (Screening), nel caso in cui sia stata evidenziata la probabilità che si verifichino effetti significativi, ovvero che non è possibile escludere tali effetti, è necessario passare ad una fase di ulteriore approfondimento. In considerazioni della tipologia progettuale oggetto di studio, dalla fase preliminare di screening è ipotizzabile che dalla realizzazione dell’opera potrebbero scaturirsi effetti negativi sugli habitat, sulla fauna, con particolare riferimento all’avifauna, dell’area oggetto di studio. Pertanto occorre proseguire nel successivo livello 2 di valutazione (Valutazione appropriata dell'incidenza) al fine di quantificare la magnitudo di questi potenziali impatti ed escludere con certezza eventuali rischi irreversibili per la struttura, le funzioni e gli obiettivi di conservazione della ZPS ITA030042. 11 3 VALUTAZIONE APPROPRIATA DELL'INCIDENZA CARATTERISTICHE AMBIENTALI ABIOTICHE E BIOTICHE DELL’AREA OGGETTO DI STUDIO CENNI GEOMORFOLOGICI In cartografia ufficiale (Carta d’Italia in scala 1:25.000 IGM) l’area ricade nella tavoletta “Ganzirri” del Foglio n. 254, Quadrante IV, Orientamento N. E. corrispondente alla CTR Scala 1:10000 Tavola 588120 (Ganzirri)., ad una quota di circa 3 m.s.l.m.. L’area in oggetto di studio è situata Via Torre Bianca ex Marina di Fuori - ., nel villaggio Torre Faro (Messina), antistante il Mar Tirreno, vicino alla punta estrema della Sicilia nord orientale o Capo Peloro, su un’ampia pianura costiera di origine fluvio - marina che contraddistingue la fascia costiera di questa parte della regione. La morfologia piana, con lieve inclinazione verso il mare, trae origine dal moto ondoso e dalle correnti di marea che hanno favorito la formazione di cordoni litorali, i quali col tempo hanno racchiuso un ampio tratto di mare. I detriti trasportati dai torrenti sfocianti nella laguna così formatesi hanno portato poi all’interrimento di parte di essa ed alla sua divisione in più parti fino all’attuale conformazione dell’area comprendente i laghi salmastri di Faro e di Ganzirri. L’assetto morfometrico dell’area è legato alla posizione intermedia tra l’ambiente terrestre e quello marino e la particolare esposizione del Capo Peloro che rendono la zona sottoposta a molteplici forzanti idrologiche, meteoclimatiche, e agli effetti dovuti all’impatto antropico. L’area in esame risente prevalentemente delle condizioni geomorfologiche e m eteo-marine dello Stretto di Messina, e risulta caratterizzata dal seguente quadro morfo -idrografico: - ristretta fascia costiero-alluvionale e versanti ad elevata acclività, che a circa 4 - 5 Km dalla attuale linea di costa raggiungono la linea di spartiacque versante ionico/versante tirrenico, data dalla congiungente Pizzo Sambuco (quota 1075 m s.l.m.) -Dinnamare (1127 m) – M.te Ranchiglia (706 m)-M.te Ciccia (609 m); - rete idrografica con torrenti ravvicinati, a sviluppo sostanzialmente rettilineo e breve (lunghezza asta principale Lp < 10 Km) , superfici di drenaggio modeste (S < 10 Km 2 ), elevata pendenza longitudinale degli alvei (p > 10 %), tempi di corrivazione generalmente inferiori a 1 ora; - erodibilità intrinseca elevata per gran parte dei terreni affioranti (depositi sedimentari “postorogeni” o substrato cristallino intensamente fratturato e sconnesso) ed attività erosiva intensa con arretramento della testata degli impluvi, indotto dalla tendenza continua al sollevamento della catena in tempi post-miocenici e forse ancora in atto; - elevata aggressività delle piogge e altezze massime delle precipitazioni concentrate in un giorno dell’ordine di 200 - 300 mm, che rappresentano condizioni di picco per la Sicilia. L’assetto geomorfologico è controllato strettamente dall’evoluzione tettonica recente dell’area, la cui attività delle strutture geologiche determina la formazione ed evoluzione di morfostrutture. CENNI GEOLOGICI L’area di studio ricade in terreni riconducibili alla più recente copertura sedimentar ia “Alluvioni recenti e piane litorali”. Con il termine di Alluvione recenti e piane litorali sono indicati quei depositi sabbioso –limoso e ghiaiosi presenti ai margini delle aste fluviali o nelle pianure costiere. I litotipi presentano stratificazione irregolare e non ben definita anche se non mancano esempi di stratificazione incrociata tipici dell’ambiente fluvio-deltizio. I ciottoli incorporati nella matrice limoso – sabbiosa sono di solito arrotondati a causa di un lungo trasporto ed uno scarso grado d i selezione dovuto invece ad un ambiente di deposizione ad elevata energia. La composizione mineralogica delle alluvioni si caratterizza di filladi, gneiss, arenarie, calcari, graniti quarzo, ecc. che riflettono chiaramente i rilievi cristallini presenti a monte. Da un punto di vista stratigrafico tali terreni presentano, a causa delle modalità deposizionali frequenti eteropie di 12 facies sia orizzontale che in verticale, con interdigitazioni e lenti ghiaioso – sabbiose all’interno di limi – sabbiosi e sabbie – limose. Nel sito in esame la suddetta formazione alluvionale supera certamente i 20 m. di spessore. CENNI SULLA SISMICITÀ L’attuale fisiografia dell’area peloritana è legata all’azione di faglie prevalentemente normali connesse all’evoluzione recente dei margini collassati del bacino tirrenico e ionico, alla formazione dello Stretto di Messina e alla tendenza continua al sollevamento della catena in tempi post-tortoniani. La struttura tettonica dell’area dello Stretto di Messina è caratterizzata sia in terraferma sia in mare da un tipico stile di faglie normali e verticali, collegate a diverse direttrici principali, fra le quali quelle NNE-SSW sono certamente le più antiche, mentre i lineamenti E-W, N-S e NWSW sono di età quaternaria (post-Formazione di Messina) e probabilmente ancora attive. La costa ionica messinese costituisce una delle aree italiane a maggiore potenziale sismogenetico sede di terremoti che hanno raggiunto intensità I = 11 MCS, pari a magnitudo Ms = 7,1 (28 -121908); Le analisi sulla distribuzione degli eventi sismici recenti (1978-1997) definiscono nell’area dello Stretto di Messina un addensamento di epicentri sulla fascia costiera siciliana, in corrispondenza del sistema strutturale posto in relazione all’attività sismica del 1908 e sul versante calabrese in corrispondenza del sistema strutturale “Reggio Calabria”. Questo addensamento rappresenta la porzione centrale di un più generale sistema di allineamento di epicentri dal Tirreno allo Ionio con direzione NW-SE. 13 Figura: Stralcio Aereofotogrammetrico 14 Figura: Stralcio Geologico. CENNI METEO-CLIMATICI E BIO-CLIMATICI Il clima della Sicilia è definito di tipo “mediterraneo”. Dal punto di vista pluviometrico il clima può essere considerato alterno, poiché il 75% delle piogge si concentra nel semestre autunno-inverno (con il 70% di giorni piovosi) e solo il 5% cade nel trimestre giugno -agosto. L’aridità risulta quindi elevata. Il clima del territorio peloritano è fortemente influenzato dall’orografia, ed in particolare dalla catena montuosa a ridosso della costa, cui si collegano l’effetto barriera nei confronti delle correnti aeree provenienti dal Tirreno e dallo Ionio, l’azione mitigatrice del mare relativamente alla temperatura, la variabilità nei caratteri pluviometrici e termometrici nelle diverse fasce altimetriche che decorrono parallelamente allo sviluppo della catena. In base alla media trentennale di riferimento (1961-1990) per l'Organizzazione Mondiale della Meteorologia, la temperatura media del mese più freddo, gennaio, si attesta a +12,2 °C; quella del mese più caldo, agosto, è di circa +26,7 °C. Da segnalare, la temperatura media annua superiore ai +18,5 °C, che costituisce uno dei valori più elevati di questo parametro nell'intero territorio nazionale italiano. Nel medesimo trentennio, la temperatura minima assoluta ha toccato i +0,2 °C nel gennaio 1962 (media delle minime assolute an nue di +3,6 °C), mentre la massima assoluta ha fatto registrare i +40,2 °C nel luglio 1987 (media delle massime assolute annue di +35,5 °C). La nuvolosità media annua si attesta a 4 okta giornalieri, con minimo di 1,9 okta a luglio e massimo di 5,4 okta a gennaio. Le precipitazioni medie annue superano gli 800 mm, distribuite mediamente in 87 giorni, con minimo estivo e picco in autunno-inverno. L'umidità relativa media annua fa registrare il valore di 68,9% con minimo di 63% a luglio e massimo di 74% a dicembre. 15 L'eliofania assoluta media annua si attesta a 6,8 ore giornaliere, con massimo di 10,7 ore giornaliere a luglio e minimo di 3,6 ore giornaliere a dicembre. La pressione atmosferica media annua normalizzata al livello del mare è di 1015,3 hPa, con massimo di 1017 hPa ad ottobre e minimo di 1013 hPa ad aprile. Il vento presenta una velocità media annua di 3,8 m/s, con minimi di 3,4 m/s a luglio e ad agosto e massimi di 4,2 m/s a marzo e ad aprile; le direzioni prevalenti sono di maestrale tra dicembre ed aprile, di grecale tra maggio e settembre, di libeccio ad ottobre e a novembre. In base alle medie climatiche del periodo 1971-2000, la temperatura media dei mesi più freddi, gennaio e febbraio, è di +12,3 °C, mentre quella del mese più caldo, agosto, è di +27,4 °C; mediamente si contano zero giorni di gelo all'anno e 42 giorni con temperatura massima uguale o superiore ai +30 °C. I valori estremi di temperatura registrati nel medesimo trentennio sono i +0,7 °C del marzo 1987 e i +43,6 °C del luglio 1998. Le precipitazioni medie annue si attestano a 847 mm, mediamente distribuite in 87 giorni di pioggia, con minimo in estate, picco massimo in inverno e massimo secondario in autunno. L'umidità relativa media annua fa registrare il valore di 69,1 % con mini mi di 64 % a giugno e a luglio e massimo di 74 % a novembre; mediamente si contano zero giorni di nebbia all'anno. Nel cinquantennio esaminato 1951 ad oggi, la temperatura minima assoluta ha toccato gli 0,0 °C nel febbraio 1956, mentre la massima assoluta raggiunta è stata di +43,6 °C nel luglio 1998. CENNI IDROGEOLOGICI Il complesso assetto geostrutturale della catena peloritana e le caratteristiche litologiche delle rocce si traducono in una distribuzione disomogenea delle risorse idriche sotterranee. I terreni affioranti presentano notevoli differenze di comportamento idraulico nei confronti dell’infiltrazione delle acque meteoriche. La permeabilità della successioni rocciose dei Monti Peloritani possono essere così distinte: terreni a permeabilità elevata per porosità: depositi alluvionali di fondovalle e delle pianure costiere, conoidi di deiezione; terreni a permeabilità medio-alta per porosità e/o fessurazione: sabbie e ghiaie di Messina, calcareniti e sabbie, depositi evaporitici; terreni a permeabilità media per fessurazione e/o per porosità: alternanza arenaceo argillosa, conglomerato Rosso, conglomerati della Fm. Stilo-Capo d’Orlando, metamorfiti di medio-alto grado, successioni carbonatiche mesozoiche; terreni a permeabiltià medio-bassa per porosità e/o fessurazione: depositi fluvio-marini terrazzati, alternanza argilloso-arenacea della Fm. Stilo-Capo d’Orlando, metamorfiti di basso grado; terreni a permeabilità molto bassa: argille marnose azzurre, trubi, diatomiti e marne, argille variegate Le falde di maggiore interesse sono contenute nei depositi alluvionali di fondovalle delle fiumare, sotto forma di corpi idrici indipendenti. Le aree di alimentazione sono rappresentate dai bacini imbriferi dei vari corsi d’acqua; essendo questi costituiti pe r la maggior parte da rocce con permeabilità localizzata e discontinua, gli spartiacque idrografici assumono il significato di limiti di idrostrutture indipendenti. I terreni in studio appartengono a Rocce permeabili per porosità sono infatti permeabili p er porosità, questo tipo di permeabilità è definita anche primaria ed è singentica, i pori infatti si generano al momento della deposizione dei sedimenti. Ai fini pratici i litotipi presi in esame sono caratterizzati da una permeabilità medio - alta. I Depositi Alluvionali recenti rientrano in questa classe di permeabilità. Il valore del coefficiente di permeabilità varia da valori elevati (K>10-1 cm/sec) a valori medio – bassi (K < 10-1 cm/sec) in funzione della granulometria ed è in particolare inversamente proporzionale al contenuto di materiali fini. I terreni sono quindi contraddistinti da moti di filtrazione, specie nei livelli a granulometria maggiore, piuttosto veloci per cui, durante la fase di carico, si verifica il repentino drenaggio dell’acqua interstiziale. 16 Questo determina il rapido trasferimento delle tensioni indotte dalla fase fluida, allo scheletro solido nei normali tempi di applicazione delle stesse, riducendo pertanto la potenzialità di cedimenti differenziali o di consolidazione. Nell’area in studio la falda di acqua dolce è supportata dall’acqua salmastra, per limite di densità. Il deflusso sotterraneo è dato approssimativamente da superfici equipotenziali piane, con modello di spaziatura decrescente verso mare e con un gradiente id raulico molto basso, per cui si registra una diminuzione progressiva della profondità della falda, che si mantiene probabilmente coincidente con il livello del mare e con il quale viene a mescolarsi in prossimità della battigia, L’interfaccia acqua dolce/salata è in equilibrio naturale. Da notizie raccolte sul luogo, la falda idrica ha una profondità di circa 3 m. e quindi anche in considerazione di una oscillazione di 0.50-10.0 m. si ritiene ininfluente ai fini geotecnici. Il chimismo delle acque sotterranee dell’acquifero alluvionale è influenzato dalla presenza degli insediamenti abitativi e delle alcune attività produttive. Nelle acque prevale la facies cloruro-solfato alcalino terrosa, con marcata tendenza verso le acque miste. Il contenuto in cloruri varia da 75 mg/l nei depositi alluvionali saturi. I nitrati invece possiedono una concentrazione di circa 20-40 mg/l. L’acquifero presente nel settore è caratterizzato geochimicamente da acque di tipo bicarbonato-alcalino terrose e clorurato solfato alcalino terrose. La specie dominante è rappresentata dal calcio, quindi la differenziazione in acque bicarbonato e clorurato solfato è verosimilmente dovuto ad un apporto antropico, probabilmente concimi chimici, supportato dalle maggiore concentrazioni di ione ammonio, nitrato, solfato e potassio riscontrabili in diversi punti di questo settore di area metropolitana. Mediamente la conducibilità, cloruri e solfati ricadono nella seconda classe dello stato qualitativo, i nitrati ricadono nella terza classe, mentre manganese, ferro, e ammonio ricadono nella prima classe. La carta della vulnerabilità all’inquinamento degli acquiferi nell’area peloritana redatta da Ferrara (1999) si basa sui seguenti parametri di valutazione: falda libera senza alcuna protezione in depositi alluvionali (la vulnerabilità è nell’insieme estremamente elevata in relazione all’alta permeabilità dei depositi ed alla limitata soggiacenza delle falde, particolarmente lungo il fondo valle dei corsi d’acque, nonché ai frequenti rapporti con i deflussi superficiali, che si realizzano anche in corrispondenza delle fasce costiere) rete acquifera in calcari fessurati e calcareniti (la vulnerabilità è elevata nelle aree di affioramento delle calcareniti organogene e dei calcari evaporitici, altamente permeabili per fessurazione ed anche per porosità, con soggiacenza delle falde generalmente limitata a poche decine di metri. Il grado di vulnerabilità si attenua laddove gli acquiferi soggiacciono a terreni impermeabili in relazione alla loro immersione verso la costa; esso permane tuttavia alto per la rapida diffusione degli eventuali inquinanti e la limitata dimensione degli acquiferi). livelli acquiferi in sedimenti sabbioso-argillosi e in conglomerati a matrice sabbioso-limosa (le modalità di circolazione idrica di questi complessi litologici limita generalmente il grado di vulnerabilità degli orizzonti acquiferi in essi contenuti; questo può elevarsi laddove prevale la permeabilità per fessurazione, che consente una più rapida diffusione degli inquinanti complesso metamorfico di grado medio-alto (la vulnerabilità risulta elevata in presenza di accentuata fratturazione delle rocce ed in corrispondenza delle coperture detritiche e di alterazione, dove spesso si realizza una circolazione idrica molto superficiale. a maggiore profondità dal piano campagna l’esistenza nell’ammasso roccioso di fratture serrate riduce notevolmente la circolazione idrica e abbassa il grado di vulnerabilità, che nell’insieme viene quindi definito medio) corpi idrici multifalda (il tipo di circolazione idrica, discontinua e variabile in relazione alla diversa permeabilità dei componenti i complessi eterogenei di tipo flyschioide o a questo assimilabili, comporta un grado di viulnerabilità medio-basso, tenuto conto della protezione esercitata dagli strati impermeabili nei confronti dei livelli acquiferi contenuti negli orizzonti arenacei più permeabili) rete acquifera in terreni prevalentemente carbonatici (la circolazione idrica lungo il sistema di fratture originato dalla tettonizzazione risulta spesso limitato dalla presenza di materiali pelitici di riempimento e da materiali cataclastici. Tali condizioni, unitamente alla scarsa estensione e continuità degli affioramenti, non consente l’esistenza di corpi idrici di interesse. La vulnerabilità risulta 17 complessivamente bassa, anche se localmente può elevarsi in presenza di una circolazione più attiva determinata da fratture aperte e da un certo sviluppo del carsismo) complesso metamorfico di grado medio-basso (il tipo di circolazione idrica in seno a questo complesso comporta condizioni di bassa vulnerabilità, trattandosi di modesti livelli acquiferi discontinui, spesso superficiali) complessi marnosi ed argillosi (essendo questi complessi litologici praticamente privi di circolazione idrica sotterranea per le loro caratteristiche di permeabilità, gli eventuali inquinanti interessano esclusivamente le acque di deflusso superficiale) La valutazione della vulnerabilità intrinseca degli acquiferi presenti nell’area circostante Messina è stata realizzata da FERRARA (1999) utilizzando due tra i più noti sistemi parametrici a punteggi e pesi: il DRASTIC (ALLER et al., 19871) ed il SINTACS (CIVITA, 19942; CIVITA E DE MAIO, 19973). Sia con il calcolo basato sul metodo DRASTIC che su quello SINTACS, si ottengono risultati confrontabili per il settore i: il grado di vulnerabilità è complessivamente medio-elevato. Tale grado di vulnerabilità è in relazione alla potenzialità dell’acquifero, al grado di urbanizzazione che vi è nell’area e all’assenza di coperture a più ridotta permeabilità, deve far si che vengano messi in atto tutti quegli accorgimenti al fine di minimizzare tale rischio. Vulnerabilità degli acquiferi nel settore in studio Nell’area oggetto di studio si riscontrano terreni prevalentemente permeabili per porosità, parte superficiale della coltre detritica, mista al terreno vegetale ricco di sostanze organiche. ”, che contengono una falda freatica di grande potenzialità sostenuta verso l’esterno dal cuneo dell’acqua salata (FERRARA ,1999)4. La conducibilità idraulica di questi terreni, caratterizzati con un diametro medio d50 = 0,8 -0,4 mm, afferente alle sabbie medie e grosse, può essere calcolata secondo la correlazione elaborata sui dati forniti da SLICHTER (1899)5: K (cm/s) = 0,1819 * d501,9985 da cui risulta: K = 1,16*10-1 – 2,90*10-2 cm/s valori confrontabili con quelli riportati da FERRARA (1999): K = 1,20*10-1 – 3,10*10-2 cm/s che nel complesso definiscono un mezzo a permeabilità medio-elevata e dotato di discreto drenaggio. Nello schema idrogeologico e della vulnerabilità all’inquinamento delle acque sotterranee sono segnalate, oltre alle curve isopiezometriche e alle direzioni di deflusso sotterraneo, i principali fattori produttori (reali o potenziali) di inquinamento, che nel complesso determinano un grado di vulnerabilità estremamente elevato per la presenza sia di falda libera senza alcuna protezione al tetto, sia di aree urbane parzialmente sprovviste di fognature. Il livello di vulnerabilità all’inquinamento dell’acquifero alluvionale può essere stimato tramite il criterio proposto da RHESE (1977), che riporta lo spessore dei diversi litotipi del mezzo non saturo necessari affinché si completino i processi di autodepurazione prima che un eventuale inquinante raggiunga la falda (BERETTA,1992)6. SUOLO La pedogenesi siciliana è profondamente influenzata dalle differenti formazioni litologiche da cui i suoli hanno ereditato gran parte dei loro caratteri, ma anche dalle condizioni climatiche con elevate temperature estive, accompagnate da accentuata aridit à che si contrappongono alle 1 ALLER L., BENNET T., LEHR J. H., PETTY R. J. E HACKETT G. (1987) – DRASTIC: a standarized system for evaluating ground water pollution potential using hydrogeologic settings. NWWA/EPA 600/2-87-035, 445. 2 CIVITA M. (1994) – Le carte della vulnerabilità degli acquiferi all’inquinamento: teoria e pratica. Quaderni di tecniche di Protez. Ambient., 31, Pitagora Ed., Bologna. 3 CIVITA M. E DE MAIO M. (1997) – SINTACS: un sistema parametrico per la valutazione e la cartografia della vulnerabilità degli acquiferi all’inquinamento. Metodologia e automatizzazione. Quaderni di tecniche di Protez. Ambient., 60, Pitagora Ed., Bologna. 4 FERRARA V. (1999). Vulnerabilità all’inquinamento degli acquiferi dell’area peloritana. Sicilia nord -orientale. Studi sulla vulnerabilità degli acquiferi 14. Pubbl. GNDCI-CNR n. 1946. Pitagora Ed., Bologna. 5 DESIO A. (1973). Geologia applicata alla ingegneria. U. Hoepli Ed., Milano. 6 BERETTA G.P.(1992). Metodologie per la determinazione di vincoli idrogeologici per la protezione delle opere di captazione . Mem. Descr. Carta Geol. D’It., 42,89-122. 18 elevate precipitazioni e alle miti temperature invernali. Accanto ai fattori naturali della pedogenesi, in Sicilia si pone l’azione dell’uomo che da millenni ha sottoposto i suoli ad una intensa coltivazione alterandone le caratteristiche naturali. Il quadro pedologico dell’isola risulta pertanto costituito da una varietà assai interessante di suoli che ricoprono tutta una vasta gamma che va dai tipi pedologici meno evoluti a quelli più evoluti. Sono questi differenti tipi pedologici che, in combinazione, danno origine alle differenti associazioni di suoli, in prevalenza regosuoli. La complessità del territorio siciliano, legata da un lato a una morfologia molto varia, dall’altro a una lunga e sofferta storia di antropizzazione, rende molto difficile la definizione di categorie semplici dell’uso del suolo. A questo bisogna aggiungere le condizioni climatiche e l’intrinseca povertà dei suoli di larghe parti dell’isola che hanno determinato utilizzazioni al limite dell’economicità e quindi al limite della definizione nelle nomenclature standard. D’altro canto le aree più ricche sono sottoposte ad una forte pressione di utilizzazione intensiva, per cui si determina un alto frazionamento che rende molto difficile la rappresentazione de lle singole classi. La zona in esame è caratterizzata da un orizzonte pedologico alluvionale a potenzialità agronomica medio-alta, il cui profilo di tipo ABw-C ha una profondità che può anche superare i 60 cm e risulta nella generalità dei casi privo di scheletro. Il suolo in oggetto fa parte del sottogruppo Typic Xerofluvents (suoli alluvionali), che occupa prevalentemente le pianure costiere del Messinese, le zone nelle immediate vicinanze dei corsi d'acqua e delle loro foci lungo la costa. Le caratteristiche fisico-chimico-mineralogiche differiscono da luogo a luogo. Infatti da suoli relativamente profondi, si passa a suoli di notevole spessore; da sabbiosi, astrutturali e privi di sostanza organica, ad argillosi, strutturali e con discreti contenuti negli orizzonti superiori di sostanza organica. La reazione mediamente si attesta intorno a valori di neutralità, anche se entro brevi spazi, può passare da forme di subacidità, a forme di subalcalinità e di alcalinità. I carbonati possono essere assenti o presenti in quantità elevate. La dotazione di elementi nutritivi cambia in ragione dell'uso. Dove viene praticata l'agricoltura specializzata che si avvale di laute concimazioni, i livelli di fosforo e potassio raggiungono valori alti o molto alti. Al contrario, nelle aree a coltura estensiva dove la pratica della concimazione è ridotta al minimo, i contenuti di elementi fertilizzanti non raggiungono quasi mai livelli ottimali e spesso sono carenti. I contenuti di azoto, in tutti i casi sono bassi o accettabili, ma in considerazione che l'azoto nel suolo è molto mobile, si preferisce somministrarlo alle colture in rapporto alle loro effettive esigenze. La sostanza organica è medio bassa. Per i suoli tendenzialmente sabbiosi o franchi tutte le caratteristiche idrologiche sono generalmente buone, così come il drenaggio. 19 La maggior parte di questi suoli sono sottoposti ad irrigazione con volumi specifici di adacquamento, calcolati per uno spessore di 30 cm, oscillanti fra i 400 ed i 500 mc/ha con punte massime rispettivamente di 300 e di 700 mc/ha. La capacità produttiva dei Fluvents è ottima, fatta eccezione per i pochi casi in cui nel profilo sono presenti sali solubili e per quelle zone dove il drenaggio interno è impedito e la falda diventa spesso superficiale. Beneficiando dell'irrigazione, questi suoli non pongono alcuna limitazione nella scelta degli indirizzi produttivi essendo idonei ad accogliere sia colture ortive e floricole in pieno campo o sottoserra, sia differenti colture erbacee ed arboree. I suoli a tessitura tendenzialmente argillosa, conservano, negli orizzonti profondi, un discreto grado di freschezza dovuto alla loro elevata capacità di ritenzione idrica. In questi suoli a tessitura argillosa, in cui la componente limosa rappresenta un'elevata frazione della tessitura, la bassa permeabilità, l'elevato potere di ritenzione idrica, la lentezza del rifornimento idrico rispetto al potere evaporante dell'atmosfera nel corso della stagione estiva, la degradabilità e l'erodibilità legata all'instabilità dei grumi terrosi costituiscono serie limitazioni nelle scelte colturali. PAESAGGIO E BENI CULTURALI E AMBIENTALI In questa sede si preferisce introdurre il concetto di “paesaggio geografico”, perchè esso comprende tutte le relazioni genetiche, dinamiche e funzionali con cui i componenti di ogni parte della superficie terrestre sono tra loro collegati”. Ogni paesaggio geografico, è costituito da fondamentali elementi fisici (o meglio naturali), quali il clima, la morfologia,l’idrografia, il ricoprimento vegetale e animale, a cui si associano su tanta parte della terra i segni dell’azione umana, come la stessa popolazione, sedi di abitazione e di lavoro, le vie, le colture, ecc., ma anche le alterazioni degli elementi fisici. Pertanto, si suole distinguere un “paesaggio naturale” e un “paesaggio umanizzato”, con il primo nei paesi di denso popolamento ormai relegato in particolari e ristrette aree, come l’alta montagna, le coste scoscese, la sommità dei vulcani, ecc. L’approccio nella descrizione del paesaggio ha tenuto conto, in questa sede, di alcune componenti in ragione della necessità della loro tutela e salvaguardia, in quanto risorse favorevoli all’attività economica: 20 componente naturale (idrologica, geomorfologica, vegetazionale, faunistica): tutela degli elementi naturali di particolare singolarità morfologica, geologica e paleontologica, degli habitat e delle specie animali in pericolo di estinsione; componente antropico-culturale (socio-culturale-testimoniale, storico-architettonica, archeologica): tutela della identificabilità dei luoghi e del senso di appartenenza della comunità, delle testimonianze archeologiche e storiche del paesaggio naturale, agrario e urbano; componente percettiva (visuale, formale-semiologica, estetica): tutela delle vedute e dei panorami, delle forme strutturanti il territorio e dell’omogeneità di insieme. Le valutazioni paesaggistiche sono state sviluppate tenendo conto delle indicazioni contenute nelle “Linee guida” al P.T.P.R. (D.A. n. 6080/99), che debbono essere recepite dai piani urbanistici e anche nelle zone non soggette a tutela valgono come elementi conoscitivi, propositivi e di orientamento, e di alcuni parametri di qualità, criticità e rischio paesaggistico , peraltro individuati negli allegati al D.A. n. 9280/2006, con il quale si approva nella Regione Siciliana lo schema per la verifica della compatibilità paesaggistica. ANALISI DELLE PRINCIPALI COMPONENTI DEL PAESAGGIO COMPONENTE NATURALE Le aree di maggiore interesse paesaggistico, nell’ambito della Sicilia nord-orientale, sono concentrate in corrispondenza dei laghi di Ganzirri e Faro della dorsale Curcuraci -Antennamare. Il paesaggio vegetazionale dell’area oggetto di intervento progettuale è caratt erizzato prevalentemente da vegetazione sinantropica ruderale quindi con aspetti di vegetazione infestante e presenza di vegetazione artificiale tipica di una zona urbanizzata. COMPONENTE ARCHEOLOGICA E ANTROPICO-CULTURALE La Sicilia possiede un patrimonio di beni culturali e ambientali s.l. particolarmente importante, tanto che si calcola che il 30% circa dei beni archeologici presenti in Italia sia localizzato nell’isola, mentre l’offerta culturale della Sicilia è prossima al 10 % rispetto a quella nazionale. Nell’elenco dei siti archeologici la provincia di Messina non si colloca ai primi posti tra le province siciliane, ma prevale per numero di visitatori. Nell’elenco dei siti archeologici, ripreso dalle “Linee guida del Piano Territoriale Paesistico Regionale.”, sono riportate le segnalazioni visibili nella figura successiva. Il numero di segnalazioni di beni isolati, afferenti a diverse tipologie (architettura militare, religiosa, residenziale, produttiva, attrezzature e servizi) , è numeroso. Le segna lazioni comunque degne di nota, riportate nelle “Linee guida” al PTPR, si riferiscono principalmente alla categoria dell’architettura militare (torri), quindi all’architettura religiosa e residenziale (ville). Di un certo interesse, infine, risultano alcuni nuclei storici, quali Faro Superiore, Ganzirri e Torre Faro. Tra le costruzioni militari, come riportato da SISCI et al. (1990) si ritiene opportuno citare la torre di Azzarello, costruita nel cinquecento per difendere Faro Superiore dai barbareschi. Al lo stesso periodo appartiene il nucleo centrale della Lanterna Vecchia di Torre Faro, simile per tipologia alle torri edificate per agevolare l’avvistamento delle navi turche. All’età napoleonica risalgono nell’area in esame interventi di un certo interesse, realizzati dagli inglesi durante la loro prolungata permanenza, che impedì a Gioacchino Murat di impossessarsi della Sicilia. Le opere edificate non sono in genere particolarmente imponenti, ma rivelano l’interesse dell’esercito britannico per il completo controllo delle coste. Tra le opere di questo periodo vanno segnalati l’ampliamento della vecchia Torre del Faro, trasformata in munita cittadella, la rotonda torre di Ganzirri, Torre Bianca ed il fortino di Pace. Al tardo ottocento (1882-1892 circa) si deve una serie di interventi che hanno lasciato importanti tracce sul territorio ancora ben visibili: i cosiddetti “forti umbertini”, che costituivano un compiuto sistema difensivo dell’area dello Stretto. I forti costruiti sul versante peloritano, in posizione dominante in modo da controllare sia il mare che le strade montane sono localizzati a Salice, Faro Superiore, Mugolino, Campo Italia, S. Jachiddu, Ogliastri, Bisconte e Pietruzza, S. Lucia sopra Contesse, Larderia e Dinnamare. 21 COMPONENTE PERCETTIVA Nell’area circostante alla zona in esame sono presenti una serie di siti influenzati sia sul piano ambientale sia su quello culturale dalla presenza dello Stretto di Messina e dalle sue caratteristiche, che hanno modellato gli aspetti naturali, mitologi ci, il paesaggio storico, le popolazioni faunistiche, ecc. Nell’angolo nord-orientale della Sicilia, in uno spazio relativamente piccolo, il cambiamento di scenari è veramente unico, tanto da osservare grande dislivello tra fondali marini e condizioni meteo-marine particolari, date dalle correnti di marea montante e scendente , incontro -scontro tra “mari” e “montagne”, torrenti a tipica morfologia e regime idraulico (“fiumare”), vulcani e vulcanismo di diversa natura: effusivo sul versante ionico (Etna), esplosivo (Vulcano) e stromboliano (Stromboli) sul versante tirrenico. Assieme a queste caratteristiche fisiche e alla loro valenza estetica, si somma l’importanza dello Stretto di Messina come corridoio ecologico per gli uccelli migratori che vanno/vengono per/da il nord-Africa. Il vincolo mare-monti ha rappresentato per secoli una opportunità di vita e di attività legate all’agricoltura, alla pesca e alla zootecnia, ma anche allo sfruttamento di risorse minerarie. Lo spopolamento recente delle aree interne e la chiusura delle attività legate alle risorse naturali ha provocato uno scivolamento delle popolazioni verso le aree costiere con conseguente incremento delle problematiche di erosione del suolo e dissesti sulle colline e di appesantimento urbanistico e crescenti problemi ambientali, di inquinamento e degrado, nelle aree costiere. QUALITÀ DELL’ARIA Il quadro normativo in materia di qualità dell’aria è composto da una serie di direttive comunitarie, solo in parte recepite dalla normativa nazionale (D.P.C.M. 28/03/1983; D.P.R. n. 203/1988; D.Lgs. n. 351/1999; D.M. n. 60/2002). I dati della rete di monitoraggio della città di Messina segnalano una tendenza al decremento del biossido di zolfo e del monossido di carbonio tra l’anno 1999 e il 2000, probabilmente indotta dalla migliore qualità dei combustibili utilizzati, mentre la concentrazione del particolato risulta praticamente costante. Nel complesso, comunque, secondo quanto riportato nella “relazione sullo stato dell’ambiente in Sicilia 2002”, la qualità dell’aria nella città di Messina non risulta sensibilmente compromessa, nonostante il traffico veicolare incida in modo pesante, per gli effetti delle condizioni meteo-climatiche particolarmente favorevoli. Il quadro più generale sulla qualità dell’aria è definito in base all’IQA, ovvero di un sistema di indicatori che descrive lo stato di qualità dell’aria e le possibili conseguenze sulla salute umana, partendo dai dati degli inquinanti PM 10 , NO2 e O3 . Nella Città di Messina la classe prevalente di qualità dell’aria è “buona” e subisce un degrado (classe discreta) solo nei mesi di luglio-agosto e ottobre-novembre. In qualunque caso viene confermato che le concentrazioni di inquinanti non espongono a particolari rischi la salute della popolazione. I luoghi di interesse progettuale sono posti lontano dal centro urbano di Messina , laddove le concentrazioni dei principali inquinanti è presente in maniera molto diluita, anche in considerazione dei venti prevalenti edella pressione atmosferica media. VALUTAZIONE DELL’INQUINAMENTO ATMOSFERICO Le informazioni sulla qualità dell’aria nel sito in esame vengono riportate in modo descrittivo, tenuto conto dell’assenza di dati di monitoraggio o di stazioni di rilevamento, al solo scopo di fornire un quadro, sia pure approssimativo, della situazione ambientale esistente. Nonostante il quadro ambientale della città di Messina, come descritto nei documenti ufficiali (relazioni sullo stato dell’ambiente della Regione Siciliana), appare tendenzialmente ottimistico, non si può disconoscere che le condizioni di inquinamento cui resta esposto il si to urbanistico sono certamente migliori sia in termini di carico totale di inquinanti sia in termini di concentrazioni. 22 Una prima valutazione può essere fatta in base agli effetti sulla flora e sulla fauna in presenza di determinate concentrazione di inquinanti, quali: danni e lesioni alle foglie, ridotta produttività delle piante naturali e coltivate o anomalie di sviluppo nei fiori e nei frutti; incremento della mobilità e mortalità degli animali; effetti sulla riproduzione e riduzione del ritmo di crescita. Nel sito oggetto di intervento progettuale e nelle aree immediatamente limitrofe non si osservano in atto alterazioni a carico delle vegetazioni o evidenti lesioni fogliari riconducibili ad esposizione ad inquinamento atmosferico, nè si rilevano import anti sorgenti inquinanti o attività specifiche, quali ad esempio impianti di depurazione o di trattamento di rifiuti solidi, che possono emanare odori molesti. CENNI SULL’INQUINAMENTO DA RADIAZIONI L’insieme delle radiazioni, sia naturali che di origine antropica, costituisce lo spettro elettromagnetico, nell’ambito del quale si distinguono le radiazioni non ionizzanti e quelle ionizzanti, che rispettivamente non comportano o comportano la ionizzazione della materia. Nell’area in esame non si segnalano, in atto, sorgenti importanti di radiazioni non-ionizzanti, mentre il contributo delle radiazioni ionizzanti, di origine naturale e/o artificiale, non appare significativo. Pertanto il problema dell’inquinamento elettromagnetico e da radiazioni ionizzanti viene trascurato . AMBIENTE BIOLOGICO: FLORA E FAUNA FLORA E VEGETAZIONE DELL’AREA DELLO STRETTO Il territorio dello Stretto di Messina, probabilmente per sua posizione geografica e per le particolari condizioni climatiche locali, presenta una densità insolitamente elevata di specie vegetali, alcuni delle quali di rilevante interesse botanico e meritevoli di conservazione e tutela. Nella successiva tabella si riportano i parametri di ricchezza floristica dei Peloritani in rapporto con altre regioni. Le specie vegetali di particolare interesse, (*inserite nella Direttiva “Habitat”), sono: Tricholaena teneriffae (*) : graminacea marcatamente termoxerofila, si rinviene esclusivamente nell’area dello Stretto di Messina sui depositi sabbiosi delle pendici cos tiere; Fritillaria messanensis (*) : presente unicamente sui Monti Peloritani e nella Calabria meridionale, ma con le stazioni più significative sulle colline dello Stretto di Messina; Centurea deusta: si tratta di una psammofita molto rara, endemica dell’area dello Stretto di Messina, presente esclusivamente nei corduni sabbiosi retrodunali; in Sicilia si rinviene esclusivamente in alcune stazioni sabbiose in prossimità di Capo Peloro; risulta fortemente minacciata per l’alterazione e la distruzione delle dune; Anthemis tomentosa: anche questa specie è legata agli ambienti dunali costieri e si rinviene esclusivamente lungo il litorale di Capo Peloro; Senecio gibbosus: specie endemica dello Stretto di Messina, che si rinviene in prossimità della foce di alcune fiumare; Dianthus rupicola (*): specie endemica dell’Italia meridionale e della Sicilia, dove risulta molto comune e diffusa, localizzata in stazioni rupestri; Antirrhinum siculum: specie endemica dell’Italia meridionale e della Sicilia, dove è frequente in ambienti naturali rupestri ma che si insedia anche sulle opere murarie dei centri urbani e suburbani; in Sicilia risulta abbastanza diffusa; Pinus pinea (*): questa specie arborea, comune in molte aree costiere, nell’area dello Stretto di Messina risulta di interesse fitogeografico, in quanto le pinete locali rappresentano probabilmente le uniche pinete di origine naturale d’Italia; l’interesse fitogeografico è collegato al valore di testimonianza di una antica unità vegetazionale tirrenica, preglacia le e forse prequaternaria, con distribuzione tra il Mediterraneo orientale (Palestina) e occidentale (Penisola Iberica); queste pinete rappresentano segmenti di habitat prioritari in seno alla Direttiva “Habitat”; 23 Cistus crispus: specie a distribuzione mediterraneo-occidentale, è presente in Italia solo nei dintorni di Messina, dove partecipa alla costituzione del sottobosco delle pinete a Pinus pinea. Sotto il profilo vegetazionale, tra le comunità di particolare significato geobotanico e naturalistico si segnalano: pinete a Pinus pinea: queste formazioni risultano in atto frammentarie e degradate, ma rappresentano lungo i versanti metamorfici peloritani l’unica forma di pineta naturale di questo tipo presente in Italia, probabilmente legata al bioclima caratteristico dell’area dello Stretto di Messina; querceti a Quercus virgiliana : querceti caducifogli dominati da Quercus virgiliana e Q. dalechampii sono presenti nei valloni e sui versanti più freschi e umidi, che rappresentano la forma di vegetazione relitta dell’antico manto forestale; praterie steppiche a Tricholaena teneriffae : le colline sabbiose ospitano praterie a dominanza di Hyparrhenia hirta, cui si accompagna normalmente T. teneriffae, specie di subdeserti caldi del Vecchio Continente; si tratta di cenosi di notevole significato fitogeografico per la sua rarità, risultando esclusiva della zona e presente in alcune stazioni del Nord -Africa e delle Canarie; praticelli effimeri retrodunali: in prossimità di Capo Peloro i cordoni dunali sono colonizzati da una vegetazione psammofila molto caratteristica (Anthemis tomentosa e Centaurea conocephala); si tratta di specie esclusive di questo tratto di litorale ed hanno un notevole significato fitogeografico, sia per la loro rarità sia per la local izzazione in un habitat molto circoscritto; sequenza di forme di vegetazione degli alvei torrentizi: si tratta di un complesso di forme che si ripete lungo ogni asta fluviale a carattere torrentizio, ma con carattere frammentario ed estremo degrado fino alla scomparsa nei tratti di alveo prossimali alla foce, spesso incanalati attraverso aree urbane e definitivamente combinati. Il complesso della vegetazione degli alvei torrentizi comprende le seguenti serie edafoclimatiche: serie della boscaglia alveale dei terrazzi più elevati a tamerici e agnocasto (Tamarici africani-Viticeto agni-casti sigmentum) : la forma di vegetazione più matura è rappresentata da boscaglia alveale a carattere subaereo dominata da tamerici (Tamarix africana) e agnocasto (Vitex agnus-castus); serie della boscaglia ripariale a ginestra odorosa e oleandro (Spartio-Nereto oleandri sigmentum): la forma di vegetazione più matura è rappresentata da una boscaglia alto -arbustiva dominata da ginestra odorosa (Spartium junceum), calicotome (Calycotome infesta) e oleandro (Nerium oleander), legata a depositi ciottolosi delle strettoie d’alveo, orami praticamente dissolta dalla frammentazione e da rimaneggiamento degli alvei; serie del bosco ripario dei corsi d’acqua perenni a ontano nero e napolet ano (Alneto glutinoso-cordatae sigmentum): si tratta di bosco ripariale a ontani e salici cespugliosi (Salix purpurea lambetiana) legati a depositi ciottolosi costantemente umidi delle strettoie d’alveo, orami presente solo occasionalmente. La descrizione delle principali associazioni vegetali delle “fiumare” (Spartio-Nerietum oleandri, Euphorbion rigidae e Salicetum albo-pupureae), merita un ulteriore approfondimento (BRULLO & SPAMPINATO (1990). L’associazione Spartio-Nerietum oleandri, dominata da Nerium oleander, conferisce un aspetto molto appariscente al paesaggio dei torrenti soprattutto nel periodo estivo, quando il verde intenso del fogliame e le fioriture dell’oleandro contrastano nettamente con il resto del territorio. A Nerium oleander si associano in genere altri arbusti come Spatium junceum, Calicotome infesta, Tamarix africana e numerose specie erbacee. Questa associazione di rinviene sempre su alluvioni ricche in ciottoli e sabbie, ma con suoli più maturi rispetto a quelli interessati dalle contigue formazioni dell’ Euphorbion rigidae, costituita da una alleanza ove prevalgono Micrometria greca, Dittrichia viscosa ed Euphorbia rigida, che nel complesso caratterizzano la vegetazione ad Helichrysum italicum dei greti fluviali. Aspetti di vegetazione glareicola ad Helichrysum italicum si rinvengono oltre che in 24 Sicilia anche in Italia meridionale, ma nei corsi d’acqua dell’estrema punta nord -orientale dei Peloritani, si insedia, soprattutto nelle parte alta, una vegetazione in cui domina sempre Helichrysum italicum , associato oltre che a Dittrichia viscosa e a Scrophularia bicolor, anche a Senecio gibbosus. Quest’ultima specie risulta endemica del messinese e dell’estrema punta meridionale della Calabria e viene proposta da BRULLO & SPAMPINATO (1990) come caratteristica dell’associazione Senecioni-Helichrysetum italici. L’associazione Salicetum albo-pupureae si localizza nei pianori alluvionali fino a circa 800 m di quota, in ambiente con clima mesomediterraneo subumido formando fasce più o meno estese prossimi ai corsi d’acqua. Risulta caratterizzata dalla dominanza di Salix purpurea e Salix alba, a cui normalmente si accompagna Populus nigra. Le aree di maggiore interesse botanico, in coerenza con le suddette informazioni, sono rappresentate dai laghi di Ganzirri e Faro, con popolamenti igrofili di Phragmites australis e vegetazione psammofila nei tratti costieri e la dorsale Curcuraci -Antennamare, che occupa la cresta nord-orientale peloritana, caratterizzata da pinete a Pinus pinea, da querceti caducifogli a Quercus virgiliana e da cespluglieti a cisto. Tipi di habitat presenti nel sito ITA030042 (ZPS M.ti Peloritani,dorsale Curcuraci, Antennamere e area marina dello Stretto di Messina) riportati nell'All. I alla Direttiva 92/43/CEE H9540 H9340 H9330 H9260 H92A0 H1150 = Lagune costiere* ; H1210 = Vegetazione annua delle linee di deposito marine; H1310 = Vegetazione pioniera a Salicornia e altre specie annuali delle zone fangose e sabbiose; H1410 = Pascoli inondati mediterranei ; H1170 = Scogliere H1120 = Praterie di posidonie*; H2110 = Dune mobili embrionali H2120 = Dune mobili del cordone litorale; H2230 = Dune con prati dei Malcolmietalia; H5330 = Arbusteti termo-mediterranei e pre-desertici; H6220 = Percorsi sub-steppici di graminacee* H7230 = Torbiere basse alcaline; H8210 = Pareti rocciose calcaree con vegetazione casmofitica; H9110 = Faggeti del Luzulo-Fagetum; H92A0 = Foreste a galleria di Salix alba e Populus alba; H9260 = Foreste di Castanea sativa; H9330 = Foreste di Quercus suber ; H9340 = Foreste di Quercus ilex e Quercus rotundifolia; H9540 = Pinete mediterranee di pini mesogeni endemici H9110 H8210 H7230 H6220* H5330 H2230 H2120 H2110 H1120* H1170 H1410 Nota: il segno (*) indica i tipi di habitat prioritari H1310 H1210 H1150* 0 5 10 15 20 % superficie coperta 25 I tipi di habitat presenti nel sito ZPS e classificati di interesse comunitario, la cui conservazione richiede la designazione di aree speciali di conservazione (All. I della Direttiva 92/43/CEE) sono riportati in base alla % di superficie coperta. A questo proposito è opportuno precisare che le pinete di Pinus pinea e/o P. pinaster sono riportate come prioritarie solo quando presenti in ambienti di duna costiera, ma è comunque evidente che anche le pinete dell’entroterra debano essere salvaguardate. Nell’area di interesse non si segnala la presenza di habitat prioritari, né addensamenti di specie vegetali meritevoli di tutela e conservazione. FAUNA E AVIFAUNA DELL’AREA DELLO STRETTO Le ricerche più recenti eseguite nell’area in esame, anche in relazione alle valutazioni di impatto ambientale del ponte sullo Stretto di Messina, hanno permesso di individuare le comunità di invertebrati di un qualche interesse naturalistico: comunità madolitorali (intertidali + eulitorali) delle spiagge sabbiose di Capo Peloro; comunità terrestri siccolitorali (sopralitorali psammofile e dunali) delle spiagge e delle dune sabbiose di Capo Peloro; 25 comunità acquatiche dei laghi costieri di Ganzirri e Faro; comunità dei residui lembi di macchia bassa mediterranea e di garighe sub-costiere; comunità dei residui boschi xerofili, leccete e sugherete e dei boschi mesofili, querceti a Roverella. Le comunità di invertebrati di maggiore interesse e a rischio di estinsione son o quelle legate al sistema dunale e litoraneo di Capo Peloro e alle aree umide dei “pantani”. Lo stato degli ambienti litoranei è fortemente degradato per l’aggressione delle urbanizzazioni fino a raggiungere la spiaggia con la distruzione e/o l’occupazione degli ambienti dunali e conseguente incremento dell’erosione costiera. Tale situazione si ripete anche nel settore tirrenico (da Capo Peloro verso Mortelle), ad eccezione di tratti relitti di cordoni dunali, che meritano di essere salvaguardati. I laghi di Ganzirri e di Faro, per quanto riguarda la fauna invertebrata, presentano un interesse limitato alla presenza di una sottospecie di gasteropode ritenuta endemica del lago Faro (Jujubinus striatus delpreteanus) e di una specie di gasteropode endemico dei due laghi (Nassarius tinei). Maggiore interesse presentano gli speciali batteri legati alla presenza di anidride solforosa (solfobatteri), oggetti di studi approfonditi. La lista delle specie di mammiferi, rettili e anfibi presenti nell’estremo angolo nor d-orientale della Sicilia, riportata in allegato, è stata redatta sulla base di ricerche bibliografiche (BOITANI et al.,2000; LO VALVO F.,1998) e degli studi ambientali più recenti eseguiti nella zona, anche in riferimento al progetto di collegamento stabile sullo Stretto di Messina. Le specie di vertebrati terrestri sono presenti sia nell’area in esame sia a livello regionale e si è proceduto alla valutazione dello status di conservazione e di protezione di ciascuna specie con riferimento alle “liste rosse” nazionali e internazionali e agli allegati alla Direttiva “Habitat”. Nella Lista Rossa proposta dal WWF (1998) le categorie di minaccia sono individuate con lo stesso criterio IUCN, ma vengono applicate a livello dell’areale di distribuzione italiano delle specie. Per quanto riguarda la Direttiva “Habitat” si fa riferimento contemporaneamente agli allegati che elencano le specie di interesse comunitario, la cui conservazione richiede la designazione di zone di protezione speciale, e le specie di cui è vietata la cattura, detenzione, uccisione, deterioramento o distruzione dei siti di riproduzione o riposo, molestie intenzionali, distruzione e/o raccolta e detenzione di uova. Categoria di minaccia secondo “liste rosse” Famiglia Mammife ri Rettili Anfibi Lista rossa WWF IUCN WWF IUCN WWF IUCN EX EW CR EN VU LR DD 1 4 9 6 11 4 3 2 2 1 1 2 NE Il quadro riassuntivo del numero di specie per categorie di minaccia consente le seguenti osservazioni: Mammiferi: su 38 specie presenti, una specie (Lepus corsicanus) risulta in pericolo in modo critico (CR) e quattro specie in pericolo (EN), ma solo nell’areale di distribuzione italiano; mentre vulnerabili rispetto all’areale italiano risultano quasi il 25 % delle specie presenti e il 15 % rispetto all’areale globale; numerose sono anche le specie in atto a basso rischio, ma spesso prossime alla minaccia; Rettili: su 18 specie presenti, solo una specie (Testudo hermanni) risulta in pericolo (EN), ma solo nell’areale italiano; Anfibi: su 7 specie presenti, solo 2 specie risultano classificate LR (specie a basso rischio), ma solo nell’areale italiano. Il 40 % delle specie di mammiferi presenti risultano inseriti negli allegati II e IV della Direttiva “Habitat”, mentre per gli anfibi e rettili tale percentuale risulta rispettivamente 26 dell’ordine del 43 % e del 50 %. Le specie elencate nell’All. II della Direttiva Habitat presenti nel sito ZPS risultano, in particolare: Mammiferi – nessuna specie indicata; Anfibi e rettili – due specie di rettili (Emys orbicolaris e Testudo hermanni hermanni). Le relazioni che legano le specie di vertebrati terrestri, elencati nell’“area dello Stretto”, con il tipo di ambiente presente nel sito urbanistico, nelle condizioni attua li (“area agricola, in stato di parziale abbandono, con coltivi e vegetazione più o meno rada”), sono state valutate secondo la scala proposta da BOITANI et al. (2002), in modo da fornire una stima dell’idoneità dell’ambiente rispetto alla presenza della specie considerata. PUNTEGGIO 0 1 2 3 Ambiente Ambiente Ambiente non ottimale Ambiente ottimale DESCRIZIONE inadatto alla presenza della specie caratterizzato dalla presenza parziale delle risorse necessarie alla specie caratterizzato dalla presenza contemporanea delle risorse necessarie alla specie a livello caratterizzato dalla presenza contemporanea delle risorse necessarie alla specie a livello ELENCO DELLE SPECIE DI MAMMIFERI, RETTILI E ANFIBI PRESENTI NELLA ZONA DELLO STRETTO DI MESSINA E RELAZIONI CON L’AMBIENTE DELL’AREA URBANISTICA NELLE CONDIZIONI ATTUALI SPECIE NOME MAMMIFERI Riccio europeo Erinaceus europaeus Crocidura siciliana Crocidura sicula Mustiolo Suncus etruscus Ferro di cavalllo di Mehely Rhinolophus mehelyi Ferro di cavallo euriale Rhinolophus euryale Ferro di cavallo maggiore Rhinolophus ferrumequinum Ferro di cavallo minore Rhinolophus hipposideros Barbastello Barbatella barbastellus Miniottero Miniopterus schreibersii Nottola gigante Nyctalus lasiopterus Orecchione meridionale Plecotus austriacus Pipistrello albolimbato Pipistrellus kuhlii Pipistrello di Nathusius Pipistrellus nathusii Pipistrello di Savi Hypsugo savii Pipistrello nano Hypsugo pipistrellus Serotino comune Eptesicus serotinus Vespertilio di Bechstein Myotis capaccini Vespertilio di Daubeton Myotis daubentonii Vespertilio di Natterer Myotis nattereri Vespertilio maggiore Myotis myotis Vespertilio minore Myotis blythii Vespertilio mustacchio Myotis mystacinus Vespertilio emarginato Myotis emarginatus Molosso di Cestoni Tadarida teniotis Coniglio selvatico Oryctolagus cuniculus Lepre appenninica Lepus corsicanus Ghiro Glis glis Moscardino Muscardinus avellanarius Quercino Eliomys quercinus Arvicola di Savi Microtus savii Topo selvatico Apodemus sylvaticus Ratto nero Rattus rattus Ratto delle chiaviche Rattus norvegicus Topolino domestico Mus domesticus Istrice Hystrix cristata Volpe Vulpes vulpes Donnola Mustela nivalis 27 Idoneità dell’ambiente rispetto alla presenza della specie Punteggio 1 2 2 0 0 0 0 0 3 0 0 1 0 0 1 0 0 0 0 1 1 0 0 0 1 1 0 0 0 1 1 1 1 1 1 1 1 Martora Martes martes RETTILI Testuggine palustre europea Emys orbicularis Testuggine comune Testudo hermanni Geco verrucoso Hemidactylus turcicus Tarantola muraiola Tarentola mauritanica Lucertola campestre Podarcis sicula Lucertola siciliana Podarcis wagleriana Ramarro occidentale Lacerta viridis Ramarro orientale Lacerta bilineata Gongilo Chalcides ocellatus Luscengola Chalcides chalcides Biacco Coluber viridiflavus Colubro leopardiano Elaphe situla Cervone Elaphe quatuorlineata Saettone Elaphe longissima Biscia comune Natrix natrix Colubro liscio Coronella austriaca Colubro di Riccioli Coronella girondica Vipera Vipera aspis ANFIBI Discoglosso dipinto Discoglossus pictus Ululone dal ventre giallo Bombina variegata Rospo comune Bufo bufo Rospo smeraldino Bufo veridis Raganella comune Hyla arborea Raganella italiana Hyla intermedia Rana verde Rana esculenta 1 Punteggio 1 2 1 1 2 1 1 1 1 1 2 1 2 1 1 1 1 2 Punteggio 1 1 1 3 1 1 1 La ricchezza faunistica del sito non risulta particolarmente elevata, come era prevedibile e come anche confermato utilizzando la scala proposta da GISOTTI & BRUSCHI (1990), tenuto conto della posizione del sito in zona marginale con terreni agricoli, sia pure in parte in stato di parziale abbandono. L’area dello Stretto di Messina è riconosciuta a livello mondiale come una delle più importanti zone d’Europa per la migrazione primaverile degli uccelli, ed in particolare dei falconiformi, ma anche come area a rischio. Specie Gallinula chloropus Fulica atra Vanellus vanellus Pluvialis apricaria Scolopax rusticola Lymnocryptes minimus Gallinago gallinago Actitis hypoleucos Larus canus Larus cachinnans Larus fuscus Larus ridibundus Larus melanocephalus Rissa tridactyla Thalasseus sandvicensis Alca torda Fratercula arctica Columba livia Columba palumbus Streptopelia turtur nome comune gallinella d’acqua folaga pavoncella piviere dorato beccaccia frullino beccaccino piro piro piccolo gavina gabbiano reale mediterraneo zafferano gabbiano comune gabbiano corallino gabbiano tridattilo beccapesci gazza marina pulcinella di mare piccione selvatico colombaccio tortora nidificazione X X Cuculus canorus Tyto alba Otus scops Strix aluco Athene noctua Caprimulgus europaeus Tachymarptis melba cuculo barbagianni assiolo allocco civetta succiacapre rondone maggiore X X X X X X X 28 X X X X svernamento X X X X X X X X X X X X X X X X X X X Apus apus Alcedo attui Upupa epops Jynx torquilla rondone martin pescatore upupa torcicollo X Dendrocopos major picchio rosso maggiore X X X X Elenco dell’avifauna presente nell’area dello stretto di Messina Le rotte migratorie, che da Capo Bon (Tunisia) raggiungono in primavera la Sicilia, in parte tagliano decisamente sul Tirreno, transitando sull’isola di Ustica (Falchi pecchiaioli) o seguono la Sicilia settentrionale fino allo Stretto di Messina; in alternativa, ma in particolari condizioni anemologiche, transitano dal versante tirrenico verso Nord attraverso le Isole Eolie. Nella zona dello Stretto di Messina converge anche un’altra rotta seguita dai migratori (soprattutto le Albanelle), che provengono dalle zone più meridionali della Tunisia o dalla Libia e tagliano il Canale di Sicilia sorvolando Malta verso le coste ioniche della Sicilia orientale (DI MARCA & IAPICHINO,1985, CORSO,1999). Le variabili anemometriche condizionano lo sviluppo delle rotte migratorie, tanto che si può affermare che: i venti da N - NE e NW favoriscono il passaggio lungo la cresta peloritana e i canaloni delle fiumare Pace e Curcuraci forniscono le termiche per prendere quota e attraversare lo Stretto nel punto più vicino con la costa calabra, nella zona tra Villa S. Giovanni e Scilla; i venti da SE (scirocco) spingono gli uccelli verso la zona costiera tirrenica con il passaggio anche a bassa quota sulle colline di Salice e Castanea e punto di lancio sempre a l Capo Peloro per raggiungere la costa calabra verso Scilla e Bagnara; in assenza di vento e cielo sereno le rotte migratorie si sviluppano nel settore più meridionale dello Stretto di Messina, con punto di lancio verso le coste calabresi da Monte Scuderi e Antennamare; in presenza di venti meridionali, specialmente se forti, sembra determinarsi un arresto del passaggio migratorio. Le rotte autunnali sono meno conosciute e sembra che lo Stretto di Messina non sia interessato da passaggi di rilievo in questa stagione, mentre a Malta si registra un numero di rapaci superiore a quello riscontrato nella stagione primaverile. Lo Stretto di Messina è essenzialmente noto per il passo dei rapaci, ma anche cicogne, passariformi e uccelli acquatici possono essere avvistati, tanto che si riportano avvistamenti per 260 specie diverse. Il passaggio di alcune specie (ad esempio l’Albanella pallida) rappresenta un record per l’Europa, mentre la specie più comune è il Falco pecchiaiolo con un record di passaggio nell’anno 2000 di circa 26.500 esemplari. I grandi veleggiatori, quali rapaci e cicogne, superano il breve tratto di mare in volo planato, risparmiando preziose energie, mentre i piccoli uccelli, come i passeriformi ed anche tutti gli acquatici, preferiscono seguire le rotte della linea di costa e delle colline a ridosso dei centri abitati, con periodici stazionamenti. 29 Direzioni del flusso migratorio, in arancione è indicata la rott a primaverile, in blu quella autunnale. Le specie nidificanti di particolare importanza risultano essere il Falco pellegrino a Capo Peloro e il martin pescatore nell’area della riserva naturale, mentre sulle colline, anche a ridosso dei centri abitati, nidifica il gheppio, piccolo rapace, o altri rapaci notturni quali b arbaggianni e assioli e con una minore diffusione le civette, gli allocchi e le poiane. Nei rilievi peloritani trovano la nidificazione di alcune specie di rapaci generalmente a diverso grado di minaccia, quali l’aquila del Bonelli (specie critica), il lodaiolo (specie vulnerabile), il lanario (specie danneggiata), il falco pellegrino (specie vulnerabile), lo sparviere e le crociere, presenti in pochissime altre aree della Sicilia. Interessante segnalare anche la presenza lungo i letti asciutti delle fiumare dell’usignolo di fiume. Degni di nota, infine, la distribuzione dei passeriformi nidificanti appartenenti a varie specie, quali la magnanina e la sterpazzola di Sardegna nelle zone a macchia mediterranea, e i fringuellidi e i passeriformi insettivori (sa ntimpalo, cinciallegra,ecc.). SPECIE TIPO DI PRESENZA Comune Significativo Comune Frequente Raro * (Raro) * Frequente Frequente Significativo Significativo Significativo Falco pecchiaiolo Capovaccaio Nibbio bruno Nibbio reale Biancone Aquila reale Pemis apivorus Neophron percnopterus Milvus migrans M. milvus Circateus gallicus Hieraetus pennatus Aquila chysaetos Falco cuculo Falco vespertinus Lodaiolo F. subbuteo Grillaio F. naumanni Gheppio F. tinnunculus Falco della regina F. eleonorae Falco della palude Circus aeruginosus Albanella reale C.cyneus Significativo Albanella pallida C. macrourus Albanella minore C. pygargus Sparviero Accipiter nisus Raro Poiana codabianca Buteo rufinus Raro Poiana B. buteo Significativo *osservazioni riferibili ad individui erratici o che transitano a quote molto elevate Specie di rapaci migratori più rappresentate nel passaggio sullo Stretto di Messina (dati di base LIPU) 30 Le specie migratrici, che sfruttano l’area dello Stretto di Messina come luogo di svernamento per il favorevole clima mite, sono numerose e tra queste si segnalano: la berta maggiore (specie vulnerabile), l’airone rosso (specie danneggiata), la volpoca (specie critica), l’alzavola (specie danneggiata), il gabbiano corso (specie danneggi ata). Molto comuni nei mesi invernali sono il gabbiano roseo, il gabbiano corallino e il beccapesci (tutte specie vulnerabili). Il quadro descritto e il passaggio migratorio di quasi tutte le specie di rapaci del Paleoartico occidentale giustifica la elevazione della zona dello Stretto di Messina a sito critico IBA (Important Birds Area) con la necessità di sviluppare strategie di conservazione delle specie e degli ambienti utilizzati dagli uccelli, tra i quali l’ambiente umido costiero della laguna di Capo Peloro, oggi ZPS e Riserva Naturale, e le aree di spartiacque del versante ionico -tirrenico. Specie migratrici (più frequenti) Falco pecchiaiolo Nibbio bruno Falco pescatore Falco di palude Albanella reale Albanella minore Albanella pallida Poiana Poiana delle steppe Accipitriforme Gheppio Grillaio Falco cuculo Lodaiolo Falco della Regina Falco pellegrino Cicogna bianca Cicogna nera Gru Specie nidificanti (CR+EN+VU) Falco pellegrino Lanario Lodaiolo Coturnice siciliana Specie svernanti (CR + EN + VU) Berta maggiore Airone rosso Volpoca Alzavola Cavaliere d’Italia Occhione Lucherino Gabbiano corso Gabbiano roseo Gabbiano corallino Beccapesci Nome Pernis apivorus Milvus migrans Pandion haliaetus Circus aeruginosus Circuì cyaneus Circus pygargis Circus pygargis Buteo buteo Buteo buteo vulpinus Accipitridae Falco tinnunculus Falco naumanni Falco vespertinus Falco subbuteo Falco eleonorae Falco peregrinus Ciconia ciconia Ciconia nigra Grus grus Nome Falco peregrinus Falco biarmicus Falco subbuteo Alectoris greca withakeri Nome Calanectris diomedia Ardea purpurea Tardona tardona Anas crecca Himanthopus himanthopus Burhinus oedicnemus Carduelis spinus Larus audouinii Larus genei Larus melanocephalus Sterna sandvincensis Red List IUCN (2000) VU VU EX EN EX VU VU NE VU VU VU LR NE EX Red List IUCN (2000) VU EN VU VU Red List IUCN (2000) VU EN CR EN VU EN VU EN VU VU VU Specie di uccelli migratrici, nidificanti e svernanti nell’area dello Stretto e relativa categoria di minaccia. HABITAT ESISTENTI NELLA ZPS ITA030042 Nella ZPS ITA030042 sono presenti numerosi habitat tutelati dalla Direttiva CEE 93/42, alcuni di essi, per le loro peculiarità ambientali in precario equilibrio con l'ambiente circostante antropizzato, rischiano di scomparire, per questo motivo la loro tutela è considerata prioritaria dall'Unione Europea. Tali tipi di habitat naturali prioritari sono contrassegnati da un asterisco (*) Elenco di Habitat presenti nella Zps ITA030042 1. Cod. 1150: *Lagune Costiere 2. Cod. 5330: Arbusteti termo-mediterranei e pre-steppici; 3. Cod. 9340: Foreste di Quercus ilex e Quercus rotundifolia; 4. Cod. 9540: Pinete mediterranee di pini mesogeni endemici; 31 5. Cod. 6220: *Percorsi sub-steppici di graminacee e piante annue dei TheroBrachypodietea; 6. Cod. 5430: Phrygane endemiche dell'Euphorbio-Verbascion ; 7. Cod. 9330: Foreste di Quercus suber; 8. Cod. 6170: Formazioni erbose calcicole alpine e subalpine; 9. Cod. 4090: Lande oro-mediterranee endemiche a ginestre spinose; 10. Cod. 9260: Foreste di Castanea sativa; 11. Cod. 92A0: Foreste a galleria di Salix alba e Populus alba; 12. Cod. 2110: Dune mobili embrionali; 13. Cod. 1310: Vegetazione annua pioniera a Salicornia e altre specie delle zone fangose e sabbiose; 14. Cod. 1410: Pascoli inondati mediterranei (Juncetalia maritimi). FLORA E VEGETAZIONE Nel presente paragrafo viene messa in evidenza e caratterizzata la biodiversità floristica e vegetazionale presenti nell’area in oggetto. La flora di un territorio è costituita dall’insieme delle specie vegetali che vi vivono. Le specie vegetali stanno alla base del flusso di energia e del ciclo della materia che interessa ogni ecosistema. Le piante costituiscono quindi l’elemento portante per la vita degli altri organismi viventi e per l’equilibrio dell’ecosistema. La conoscenza sul patrimonio floristico di un territorio costituisce uno strumento di base per la conservazione e gestione sostenibile delle risorse naturali. La flora di un territorio essendo è il risultato di un lungo processo di evoluzione, migrazione, estinzione di taxa ed è strettamente legata al territorio in cui si rinviene, costituendone uno dei connotati più salienti. In questa analisi verrà presa in considerazione la flora vascolare che fa parte delle divisioni delle Pteridofite, Gimnosperme e Angiosperme. La Vegetazione, invece, viene definita come la copertura vegetale di un determinato territorio, ossia l’insieme degli individui vegetali che crescono in un determinato sito nella loro disposizione naturale (Westhoff). La vegetazione è organizzata in unità dette anche fitocenosi o associazioni vegetali, che sono il risultato dell’aggrupparsi delle specie vegetali sulla base delle caratteristiche ecologiche e dei rapporti di concorrenza e di interdipendenza che si creano (Ubaldi, 1997). L’uomo agisce sulla vegetazione con varie attività (pascolo, taglio, incendio, dissodamenti, ecc.) modificandola nella sua struttura e nella sua composizione floristica. Sono presenti in percentuale minore altre specie arbustive i rovi, sinonimo di forte degrado del suolo. CONSISTENZA DEL PATRIMONIO FLORISTICO RINVENUTO NELL’AREA OGGETTO DI STUDIO Nella carta Floristica del PDG “Monti Peloritani” il valore floristico risulta nullo. L’area di progetto ricade in 86.11 tessuto residenziale compatto e denso. Nelle zone limitrofe ad un raggio di 500 m della carta floristica ricadono le seguenti formazioni: 82.3 Seminativi e colture erbacee estensive 86.11 Tessuto residenziale compatto e denso 16.11 Spiagge sabbiose e delle dune sabbiose del litorale. 86.31 Insediamenti industriali artg. comm. e spazi annessi. 82.3A Sistemi agricoli complessi. Ricadenza nella Tav. B7 Valore Floristico. L’area di progetto ricade in una zona con un valore nullo Qui di seguito vengono indicate le principali specie floristiche rinvenute nell’area oggetto di studio e nelle sue immediate vicinanze. Il terreno rientra, secondo la carta dell’uso del suolo del Piano di Gestione, nella categoria tessuto residenziale compatto e denso, rispecchia una grande varietà di situazioni legate a diversi aspetti ambientali, morfologici e di evoluzione antropica del territorio. La zona indagata è caratterizzata dalla presenza di vegetazione sinantropica ruderale, L’area oggetto dell’intervento ha un’estensione complessiva di mq 160 ca., co n un fronte lato strada di m 42 ca. ed una profondità di m 3,90 ca. 32 L’area in oggetto risulta, mediamente alla stessa quota, rispetto alla quota stradale. Su tutta la superficie della proprietà risulta essere presente una gettata di calcestruzzo dello spessore di circa 10 cm. Il terreno risulta essere delimitato lati Sud, Est ed Ovest, da una recinzione costituita da un muretto in calcestruzzo di circa 40cm di altezza e 30 cm di larghezza, sul quale sono apposti dei paletti metallici che sorreggono la rete metallica. Lungo il muretto, lato strada (lato Sud), è presente una bordura discontinua di Pitosforo. “Pittosporum spp”. SPECIE DI PARTICOLARE INTERESSE GEOBOTANICO Tra le specie che compongono la flora di un territorio alcune assumono particolare inte resse naturalistico e geobotanico. Qui di seguito sono quindi riportate tali specie, suddivise per le seguenti tipologie: 1. specie endemiche (specie circoscritte ad una porzione limitata di territorio), 2. specie a rischio d’estinzione. 3. specie contenute in particolari elenchi (Direttive, Cites, ecc.). SPECIE ENDEMICHE Le specie endemiche costituiscono uno degli elementi più significativo della flora di un determinato territorio; per definizione sono specie circoscritte ad una determinata porzione di territorio. All’interno dell’area in oggetto non viene segnalata la presenza di endemismi . SPECIE A RISCHIO D’ESTINZIONE La I.U.C.N. (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura) ha formalizzato in base a criteri oggettivi le categorie che definiscono lo stato di conservazione delle specie viventi (Rizzotto, 1995). In Italia sono state svolte indagini per la valutazione dello stato di conservazione della flora (Scoppola e Spampinato, 2005), che hanno prodotto elenchi di specie a rischio di estinzione. Si tratta in particolare della “Lista rossa della flora d’Italia” (Conti et al., 1992) e delle “Liste rosse regionali della flora d’Italia” (Conti et al., 1997) redatte dal WWF in collaborazione con la S:B:I (Società Botanica Italiana). Nell’area in oggetto non si registra tuttavia la presenza di nessuna entità vegetale a rischio d’estinzione. SPECIE CONTENUTE NEGLI ALLEGATI CITES La Convenzione Internazionale sul Commercio delle Specie di flora e fauna minacciate di estinzione (C.I.T.E.S.= Convention International Trade Endagered Species), conosciuta anche come Convenzione di Washington (3 marzo 1973), regolamenta il commercio internazionale di piante ed animali minacciati d’estinzione. Nelle Appendici allegate a tale Convenzione internazionale, recepita a livello europeo con il regolamento CEE 338/97, sono riportate le specie animali e vegetali selvatiche di cui è vietato il commercio, l’acquisto e l’esportazione dal paese di origine. Nell’area in oggetto di studio non si registra la presenza di nessuna entità vegetale appartenenti a questa categoria. CONSISTENZA DEL PATRIMONIO VEGETAZIONALE RILEVATO NELL’AREA OGGETTO DI STUDIO Nell'area in oggetto non sono presenti tipologie di habitat inserite nell'elenco della ZPS ITA 030042. La zona di interesse progettuale è una gettata di calcestruzzo dello spessore di circa 10 cm. Il terreno risulta essere delimitato lati Sud, Est ed Ovest, da una recinzione costituita da un muretto in calcestruzzo di circa 40cm di altezza e 30 cm di larghezza, sul quale sono apposti dei paletti metallici che sorreggono la rete metallica. Lungo il muretto, lato strada (lato Sud), è presente una bordura discontinua di Pitosforo. “Pittosporum spp” 33 Nel PDG “Monti Peloritani” Tav. B3 Vegetazione - l’area ricade 44 Aree edificate con presenza di aree verdi urbane. Nelle zone limitrofe ad un raggio di 500 m sono presenti le seguenti tipologie di vegetazione: 32 -Seminativi e colture erbacee estensive 37 Sistemi agricoli complessi 1 Vegetazione delle acque marine 2 vegetazioni dei litorali e delle spiagge sabbiose 3 vegetazione delle scogliere e delle coste rocciose. LE TIPOLOGIE DI HABITAT PRESENTI NELL’AREA OGGETTO DI STUDIO L’habitat dell’area d’interesse progettuale nella cartografia PDG “Monti Peloritani” ricade in 86.11 tessuto residenziale compatto e denso. La vegetazione delle zona oggetto di studio è condizionata dall’intervento antropico e con basso valore ecologico, nella carta della vegetazione l’area ricade in aree edificate con presenza di aree verdi urbane in queste aree si includono una grande varietà di situazioni legate ai diversi aspetti ambientali, morfologici e di evoluzione antropica del territorio. L’habitat è caratterizzato da una copertura vegetazionale formata prevalentemente da fitocenosi secondarie: vegetazione sinantropica ruderale. Le attività antropiche hanno determinato una sostanziale modifica del paesaggio naturale determinando o favorendo il costituirsi di aspetti nitrofili, i quali hanno sostituito gran parte della vegetazione originaria. La presenza continua e reiterata di evidenti fenomeni di pressione antropica ha condizionato successivamente l’insediamento e l’accrescimento delle originarie fitocenosi impedendo, di fatto, una loro evoluzione dinamica verso comunità vegetali strutturalmente e fisionomicamente più complesse e naturali. Le specie erbacee presenti, pur non formando popolamenti puri, si sono insediate traendo vantaggio dell'intervento antropico. Nelle zone limitrofe gli habitat ricadenti ad un raggio di 500 m sono: 82.3 Sistemi agricoli complessi 82.3 A Sistemi agricoli complessi 2110 Dune mobili embrionali 16.1 Spiagge sabbiose e delle dune sabbiose dei litorali 86.31 Insediamenti industriali e spazi annessi. L’area di progetto non possiede infatti una vegetazione floristica di rilevante importanza come visibile dallo stralcio della carta floristica. Per la mappatura delle formazioni naturali e seminaturali riscontrate all’interno dell’area oggetto del presente studio si è fatto uso del sistema ufficiale di classificazione di copertura ed uso del suolo esistente a livello europeo (Corine Land Cover). Per ciascuna classe di habitat viene riportato il relativo codice di identificazione ed una descrizione delle principali caratteristiche fisionomiche ed ecologico -stazionali delle formazioni vegetali. Queste classi vengono qui di seguito riportate (Tab.1) e successivamente descritte: Tab. 1 - Tipologie di habitat riscontrate nell'area oggetto del presente studio, secondo il sistema Corine Land Cover 2000 (in grassetto la tipologia presente nel lotto di terreno oggetto di studio) Codice Uso del suolo 1111 Tessuto residenziale e compatto e denso La classe 1111 Tessuto residenziale compatto e denso comprende tutte quelle zone dei centri abitati e le vie di comunicazione antiche sature o in via di saturazione in generale comprende zone dove la densità abitativa è più alta. Nelle zone limitrofe ricadenti ad un raggio di 500 m sono stati riscontrati le seguenti tipologie di uso del suolo: 34 242 Sistemi colturali e particellari complessi 21121 Seminativi semplici – terreni soggetti alla coltivazione estensiva 1211 Insediamenti industriali e spazi annessi 523 Mari 3311 Vegetazione Psammofila litorale. RICADENZA NELLA TAV. C2 USO SUOLO – HABITAT L’area di progetto ricade nelle seguenti tipologie 1111 Tessuto residenziale compatto e denso Nelle zone limitrofe ricadenti ad un raggio di 500 m sono stati riscontrati le seguenti tipologie: 242 Sistemi colturali e particellari complessi 21121 Seminativi semplici – terreni soggetti alla coltivazione estensiva 1211 Insediamenti industriali e spazi annessi 523 Mari 3311 Vegetazione Psammofila litorale. 2110 Dune Mobili embrionali. RICADENZA NELLA TAV. D2 INSEDIAMENTI PRODUTTIVI Nella tavola D2 l’area ricade in prossimità di centri abitati di grandi e piccole dimensioni. Nelle zone limitrofe ricadenti nel PDG ad un raggio di 500 m sono stati riscontrati le seguenti tipologie : centri abitati di grandi e piccole dimensioni. RICADENZA NELLA TAV. B8 VALORE FAUNISTICO L’area di progetto ricade nelle seguenti tipologie di Range basso. RICADENZA NELLA TAV. B4 L’area di progetto ricade nella Tav. B4 Importanza Faunistica con un Valore Importanza nullo RICADENZA NELLA TAV. B6 L’area di progetto ricade nella Tav. B6 Habiat della Specie con un range nullo. ANALISI DELLO STATO DI CONSERVAZIONE DEGLI HABITAT E DELLE SPECIE PRESENTI ED INDIVIDUAZIONE DEI LIVELLI DI CRITICITÀ Così come richiesto espressamente dalla normativa vigente, per l’analisi della vegetazione si è fatto ricorso alla metodologia fitosociologica (Braun-Blanquet 1964). La indagine fitosociologica individua nella copertura vegetale delle unità discrete dette "associazioni vegetali" o semplicemente fitocenosi, che si differenziano da un lato per la composizione floristica e dall’altro per i peculiari caratteri ecologici. Ciò è da mettere in relazione al fatto che l’ambiente effettua una cernita sul popolamento floristico del territorio consentendo l'insediamento solo delle specie meglio di altre adattate alle specifich e condizioni ambientali. Secondo Braun-Blanquet, l’associazione vegetale va considerata come “un aggruppamento vegetale più o meno stabile nel tempo e in equilibrio con l’ambiente, con una tipica composizione in specie, alcune delle quali (specie caratteristiche) rilevano con la loro presenza una ecologia specifica ed autonoma”. Come già messo in evidenza precedentemente nell’area in oggetto sono presenti per la maggior parte comunità vegetali di tipo seminaturale e/o sinantropico, quali coltivi, questi ultimi derivanti o conseguenza dell’abbandono nei decenni passati delle aree a vocazione agricola. 35 Questi risultano oggi in parte ricolonizzati e rinaturalizzati da vegetazione erbacea di tipo sinantropiche; su questi ambienti peraltro è stato esercitato nel corso del tempo una forte pressione antropica che ha determinato nel tempo un impoverimento della ricchezza floristica di tali comunità vegetali pioniere che in tal caso rappresentano uno stadio di successione secondaria; essi sono indice di una trasformazione del paesaggio avvenuta gradatamente in tale area nel corso dei secoli passati. Tipologie di criticità riscontrate nella tav. F2 del Piano di Gestione, nell'area oggetto del presente studio risultano nulle ANALISI DELL’IMPATTO DIRETTO ED INDIRETTO SUGLI HABITAT. Conclusioni alla luce del Piano di Gestione La diversità biologica (biodiversità), a tutti i livelli, da quello sottospecifico, a quello di specie, di comunità e di ecosistema, è di fondamentale importanza per la continuità della vita sul nostro pianeta. Essa consente agli ecosistemi ed alle specie che li costituiscono di superare i cambiamenti e le avversità ambientali adattandosi alle mutate condizioni. La diversità biologica è una risorsa fondamentale e insostituibile anche per il genere umano, e solo di recente (Convenzione di Rio, 1992) il problema è diventato d'interesse mondiale. Nella convenzione di Rio la biodiversità o diversità biologica viene definita come " ogni tipo di variabilità tra gli organismi viventi compresi tra gli altri gli ecosistemi terrestri, marini ed acquatici e i complessi ecologici di cui essi sono parte; questo comprende la diversità entro la specie e tra specie ed ecosistemi”. La diversità biologica può essere considerata una misura della qualità ambientale di un territorio o di una fitocenosi. In generale, non si registrano significativi impatti diretti o indiretti negativi sulla flora dato che nell’area in oggetto, non si segnala la presenza di specie di particolare interesse naturalistico. 4. ECOSISTEMI Nella zona oggetto di studio sono presenti lembi residui di ecosistemi naturali e seminaturali costituiti L’ecosistema oggetto di studio è condizionato dalla presenza antropica, le specie erbacee presenti, pur non formando popolamenti puri, si sono insediate traendo vantaggio dell'intervento antropico che ha nei secoli eliminato sistematicamente il bosco per aumentare le superfici destinate alle colture agricole. Allo stato attuale l'originario ecosistema della zona ha subito forti pressioni antropiche ch e hanno alterato lo stadio climax, fase in cui la produzione primaria lorda dell'ecosistema (la sostanza organica prodotta dagli organismi vegetali tramite il processo fotochimico della fotosintesi) è uguale alla respirazione degli autotrofi e degli eterotrofi (con P = R). In seguito a tali fenomeni di disturbo esterni, l'ecosistema ha ripreso la successione ecologica (successione allogena) con una successione di tipo eterotrofa (con P < R), per l’eccessiva presenza di materiale organico, con l'insediamento di nuove specie vegetali calciofile e ipernitrofile. Questo ecosistema attualmente è condizionato da fattori antropici Nella zona oggetto di studio non sono presenti ecosistemi naturali, bensì, in virtù della limitata estensione dell'area e della tipologia di vegetazione presente siamo in presenza di un micro-ecosistema artificiale condizionato dalla presenza antropica che ha completamente degradato la qualità e la consistenza del cotico pabulare. Anche le catene trofiche, visto il contesto ambientale, risultano semplificate e di difficile interpretazione. Si può quindi affermare che questo ecosistema attualmente si trova condizionato da fattori antropici di disturbo. ANALISI DEI CORRIDOI ECOLOGICI E DELLE ZONE CUSCINETTO (BUFFER ZONE) Un elemento fondamentale per garantire un’adeguata funzionalità delle diverse unità ecosistemiche è rappresentato dagli elementi di connessione, i cosiddetti corridoi ecologici e 36 dalle zone contigue le fasce di rispetto adiacenti alle aree centrali, le zone cuscinetto, ch e costituiscono il nesso fra la società e la natura, ove è necessario attuare una politica di corretta gestione dei fattori abiotici, biotici e di quelli connessi con l’attività antropica. Questi possono essere rappresentati da porzioni di habitat idoneo, o da zone di transizione, attraverso cui gli animali si spostano ed entrano in contatto tra sottopopolazioni spazialmente distinte; questo movimento facilita la conservazione delle specie in due modi: riducendo la probabilità di estinzione casuale locale delle popolazioni ad opera di fluttuazioni demografiche o disturbi ambientali; rendendo possibile la ricolonizzazione delle aree vicine ed evitando così l’estinzione locale. I corridoi faunistici possono avere funzioni distinte in base alla scala spaziale di riferimento: una scala a livello locale, per assicurare la connessione tra habitat critici all’interno dell’area di attività (home range), l’altra su scala maggiore, per assicurare la connettività tra zone differenti dell’areale di distribuzione. In entrambi i casi sono caratterizzati da assenza di fonti di disturbo e disponibilità di rifugio e copertura. La presenza di questi ambienti di transizione risulta indispensabile laddove la frammentazione degli ambienti, ad opera di barriere edilizie, stradali , autostradali, ferroviarie, ecc., ha portato alla “formazione di un mosaico di biotopi isolati circondati dall’espandersi di terreno inospitale per le specie selvatiche che dipendono dall’ambiente dei boschi” (Fabbri, 1993). Inoltre va tenuto presente che le differenti specie animali utilizzano il territorio su scale diverse: i rapaci, per esempio, percorrono l’intero territorio durante le attività di caccia, frequentando una sorta di mosaico di habitat più o meno idonei; al contrario, i micromammiferi o gli uccelli che vivono nella parte più interna dei boschi sono confinati ad un numero ristretto di tipi di habitat: per queste specie la presenza di habitat di transizione risulta indispensabile. Secondo Levins (1970), infatti, la probabilità per una subpopolazione di estinguersi diminuisce con la riduzione della misura degli habitat e cresce con il maggior isolamento di esse. Da un punto di vista operativo, diventa quindi necessario: identificare i potenziali corridoi nel contesto di un sistema interconnesso di aree critiche e verificarne la funzionalità; tutelare i corridoi pre-esistenti o intervenire con misure di miglioramento ambientale per aumentarne la funzionalità; creare nuovi corridoi laddove non appare assicurata la connettività funzionale tra sottopopolazioni. Occorre inoltre tenere presente che l’efficacia di questi corridoi dipende da: la distanza che deve essere attraversata (non deve essere superiore al chilometro); la qualità del corridoio: i corridoi più complessi sono anche i più funzional i; la quantità e la dimensione di appezzamenti di terreno ospitale accessibili alla popolazione per potersi assicurare la sopravvivenza. Nel caso in esame gli elementi principali che possono favorire i collegamenti sono rappresentati dalle fasce di vegetazione ripariale dei torrenti dei Peloritani e dai lembi residui dei boschi di versante. L’area di progetto si inserisce, come riportato in cartografia ufficiale del PDG nella tavola B5, in un area antropizzata con grado di naturalità nullo poiché ricade “Sistema umano intensivo ed area urbanizzato”. 37 CONNESSIONI CON ALTRE AREE PROTETTE Come visibile nelle cartografie del Ministero dell’Ambiente, l’area di progetto non ricade nel sic ITA030011 "Dorsale Curcuraci – Antennamare” da cui dista 10,6 km e nel Sic ITA 030008 Laguna di Capo Peloro. Da cui dista ,60 km. L'area oggetto di studio non si trova in prossimità di altre aree protette siciliane. L'area protetta più estesa nella provincia di Messina è il Parco dei Nebrodi, istituito il 4 agosto del 1993, ubicato nel cuore della catena montuosa dei monti Nebrodi, ha un'estensione di 85.687 ettari, dista circa 80 km dal’area oggetto di studio La seconda area protetta più importante nella provincia di Messina è il Parco Fluviale dell'Alcantara, indicato anche come Sito d'interesse comunitario (ITA 030036), nel versante ionico, istituito nel 2001, al posto della preesistente Riserva Naturale, ha un'estensione di 1927,48 ettari, perimetra gran parte del bacino idrografico del fiume Alcantara, dista dalla zona oggetto di studio circa 40 km. Le aree protette della provincia di Messina più vicine al sito oggetto di studio sono: La Riserva Naturale Orientata di Fiumedinisi e M.Scuderi, (Sic ITA 030010),sul versante ionico, istituita il 10 dicembre del 1998, ha un'estensione di 3.543,75 ettari, dista circa 20 km. dalla zona oggetto di studio. La Riserva Orientata del bosco di Malabotta (Sic ITA030005), sui mont i Nebrodi, istuita il 25 Luglio 1997, ha un'estensione di 3.221,97, dista dalla zona oggetto di studio circa 35 km. Nel continente l'area protetta più vicina, con cui solo l'avifauna può collegarsi, è il Parco Nazionale dell'Aspromonte, istituito nel 1989, ha un'estensione di 78.520 ettari, dista in linea d'aria dalla zona oggetto di studio, circa 25 chilometri. INDIVIDUAZIONE DEGLI OBIETTIVI DI MANTENIMENTO DEL SITO NATURA 2000 Nessuna Tipologia di Azioni Strategiche riscontrate nella Tav. F3 nel Piano di Gestione limitrofe a 500 m dall’area di progetto. Le ZPS nate inizialmente come IBA, Important Bird Area sono state individuate da Bird Life International e dal partner italiano Lipu. 38 L’elenco delle IBA di BirdLife International è fondato su criteri ornitologici quantitativi e riconosciuto dalla Corte di Giustizia Europea (sentenza C-3/96 del 19 maggio 1998) come strumento scientifico per l’identificazione dei siti da tutelare come ZPS. Esso rappresenta quindi il sistema di riferimento nella valutazione del grado di adempimento alla Direttiva Uccelli, in materia di designazione di ZPS. Adottata nel 1979 (e recepita in Italia dalla legge 157/92), la Direttiva 79/409/EEC (denominata “Uccelli”), rappresenta uno dei due pilastri legali della conservazione del la biodiversità europea. Il suo scopo è: “la conservazione di tutte le specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli stati membri…”. La Direttiva richiede che le popolazioni di tutte le specie vengano mantenute a d un livello sufficiente dal punto di vista ecologico, scientifico e culturale. Un aspetto chiave per il raggiungimento di questo scopo è la conservazione degli habitat delle specie ornitiche. In particolare, le specie contenute nell’allegato I della Direttiva, considerate di importanza primaria, devono essere soggette a particolare regime di protezione ed i siti più importanti per queste specie vanno tutelati designando “Zone di Protezione Speciale”. Lo stesso strumento va applicato alla protezione delle specie migratrici non elencate nell’allegato, con particolare riferimento alle zone umide di importanza internazionale ai sensi della Convenzione di RAMSAR. La designazione dei siti deve essere effettuata dagli stati membri e comunicata alla Commissione Europea. Questi siti, che devono essere i più importanti per le specie dell’allegato I e per le specie migratrici, fanno fin dalla loro designazione parte della Rete Natura 2000. La Direttiva “Uccelli” protegge tutte le specie di uccelli selvatici vietandone la cattura, la distruzione dei nidi, la detenzione ed il disturbo ingiustificato ed eccessivo. Le IBA (Important Bird Area) sono siti individuati in tutto il mondo, sulla base di criteri ornitologici applicabili su larga scala, da parte di associazioni non governative che fanno parte di BirdLife International. In Italia L’elenco delle IBA è stato redatto dalla LIPU che dal 1965 opera per la protezione degli uccelli del nostro paese. La prima pubblicazione dell’inventario IBA Italiano risale al 1989 mentre nel 2000 è stato pubblicato, col sostegno del Ministero per le Politiche Agricole e Forestali, un secondo inventario aggiornato. Negli stessi anni sono stati anche pubblicati il primo ed il secondo inventario IBA europeo. Le IBA vengono individuate essenzialmente in base al fatto che ospitano una frazione significativa delle popolazioni di specie rare o minacciate oppure che ospitano eccezionali concentrazioni di uccelli di altre specie. L’approccio per siti che sta alla base del concetto di IBA (e alla base di molti strumenti di conservazione come le aree protette e la Rete Natura 2000) non è sempre del tutto adeguato. Esso funziona molto bene per specie che raggiungono elevate concentrazioni in pochi siti facilmente individuabili. Questo è il caso ad esempio per gli uccelli coloniali e per molti uccelli acquatici. Altre specie, viceversa, hanno una distribuzione diffusa (anche se magari a bassa densità) e risulta quindi difficile individuare siti di particolare rilevanza per la loro conservazione. Ciò s ignifica che nessun approccio per siti sarà del tutto sufficiente a garantire la sopravvivenza di tutte le specie. Sono infatti necessari anche approcci complementari, come le misure di conservazione specie -specifiche, e soprattutto risulta importante garantire la qualità dell’ambiente anche al di fuori delle aree prioritarie. L’approccio per specie è comunque utile anche per gran parte delle specie a distribuzione diffusa. Scegliendo adeguatamente le aree più rappresentative e meglio conservate e gestendole in funzione delle specie rare e minacciate si può comunque garantire un grado di tutela almeno a parte della popolazione di tutte le specie. In questo modo le IBA individuate sulla base delle specie rare, localizzate o che tendono a concentrarsi in grandi assembramenti, tendono ad ospitare anche importanti frazioni delle popolazioni delle specie a distribuzione più diffusa. 39 SIC Nell’individuazione dei siti, l’approccio del progetto IBA si basa principalmente sulla presenza significativa di specie considerate prioritarie per la conservazione (oltre ad altri criteri come la straordinaria concentrazione di individui, la presenza di specie limitate a particolari biomi, ecc). A tale scopo sono utilizzati essenzialmente due strumenti. Il primo è costituito dalla cosiddetta classificazione “SPEC” (Species of European Conservation Concern) elaborata da BirdLife International e pubblicata in Tucker & Heath 1994. Questo studio complessivo e dettagliato dello stato di conservazione dell’avifauna europea individua quattro livelli di priorità per la conservazione. Il primo livello (SPEC1) è costituito dalle specie globalmente minacciate, il secondo (SPEC2) dalle specie con stato di conservazione sfavorevole in Europa e concentrate in Europa, il terzo (SPEC 3) dalle specie con stato di conservazione sfavorevole in Europa ma non concentrate in Europa ed in fine il quarto (SPEC4) costituito dalle specie con stato di conservazione favorevole ma interamente concentrate in Europa (e per le quali l’Europa ha quindi una responsabilità primaria). Il secondo strumento è costituito dall’Allegato I della Direttiva “Uccelli” che elenca le specie considerate prioritarie dalla Direttiva stessa. Per valutare se un sito può qualificare o meno come IBA si applica una serie di soglie percentuali di presenza di individui delle varie specie, riferite ai diversi ambiti geografici (regione amministrativa, paese, flyway, regione biogeografica, ecc.) Altri criteri, come già menzionato, valutano il superamento di soglie numeriche assolute considerate significative per i grandi assembramenti di uccelli, la presenza rilevante di specie interamente distribuite all’interno di un particolare bioma e quindi considerate indicatrici dello stesso e la presenza di specie endemiche. I vari criteri IBA permettono di classificare i siti come importanti a livello mondiale o regionale (grandi regioni biogeografiche/ scala continentale). Proprio in funzione dell’utilizzo delle IBA come riferimento per l’applicazione della Direttiva “Uccelli”, il progetto IBA europeo prevede una terza classe di criteri (individuati con la lettera C, vedere nel capitolo“Metodi”) che individuano i siti importanti a livello dell’Unione Europea. Nel caso di questi criteri le soglie numeriche fanno riferimento alla popolazione dei paesi appartenenti alla U.E. mettendo in risalto l’importanza del sito nel raggiungimento degli obbiettivi della Direttiva comunitaria e nel rispetto degli obblighi che da essa derivano. Il territorio Monti Peloritani, (Dorsale Curcuraci, Antennamare ed Area Marina dello Stretto di Messina) è una zps in base al fatto che: - è un’ area di importanza mondiale per l’ avifauna ed al tempo stesso è un’ area importante a livello europeo (continente) e rilevante nell’ Unione Europea - è un sito che ospita o è idoneo ad ospitare gruppi di specie la cui distribuzione è limitata, in larga parte o interamente a dei biomi. - Il sito è un “collo di bottiglia” (bottle-neck) con un passaggio migratorio primaverile o autunnale di oltre 20.000 cicogne, rapaci o gru. Specie qualificanti per la ZPS “Monti Peloritani, Dorsale Curcuraci, Antennamare ed Area Marina dello Stretto di Messina” SPECIE Magnanina NOME SCIENTIFICO Sylvia undata STATUS B CRITERIO A3 (“Sviluppo di un sistema nazionale delle ZPS sulla base della rete delle IBA (Important Bird Areas)” , A. Brunner C. Celada P. Rossi M. Gustin, LIPU- BirdLife Italia). 1. 2. specie (non qualificanti) prioritarie per la gestione: Aquila del Bonelli (Hieraetus fasciatus) Aquila reale (Aquila chrysaetos) SPECIE 40 3. 4. 5. Lanario (Falco biarmicus) Pellegrino (Falco peregrinus) Coturnice (Alectoris graeca) criteri qualificanti la ZPS: A3, A4 IV, B1 IV, C5. A3: questo criterio riguarda i gruppi di specie limitate ai biomi, quando presente individua un sito che ospita o è idoneo ad ospitare gruppi di specie la cui distribuzione è limitata, in larga parte o interamente a dei biomi. A4 IV: il criterio riguarda siti peculiari per le specie gregarie. Il sito è un “collo di bottiglia” (bottle neck) con un passaggio migratorio primaverile o autunnale di oltre 20.000 cicogne, rapaci o gru. B1 IV: la categoria B1 riguarda siti importanti per le specie gregarie. Il sito è un “collo di bottiglia” (bottle-neck) con un passaggio migratorio primaverile o autunnale di oltre 5.000 cicogne, o più di 3.000 rapaci o gru. C5: la categoria C5 riguarda i siti considerati colli di bottiglia. Coincide con il criterio B1 IV. Status B nidificante migratore W svernante Lo Stretto di Messina, famoso per la migrazione dei rapaci e delle cicogne offre in realtà la possibilità di osservare decine e decine di specie, dai passeriformi agli uc celli marini, dai limicoli ai laridi e altro ancora. La check-list dell'area conta un totale di tutto rispetto di più di 260 specie; tra queste numerosi sono gli accidentali: Pellicano bianco (sino a 4 ind. assieme), la Pavoncella gregaria o Chettusia gregaria, la Monachella dorsonero, il Culbianco isabellino, l'Uccello delle tempeste codaforcuta, l'Orchetto marino, la Pulcinella di mare, il Cuculo dal ciuffo, l'Usignolo d'Africa, Pigliamosche pettirosso e altri ancora. Fare una lista di tutte le specie osservabili sarebbe troppo lunga, così si riportano di seguito in ordine sparso solo alcune delle osservazioni usuali. Sui Monti Peloritani è notevole il numero di passeriformi che si osservano, sia in migrazione che nidificanti, così su ogni spuntone roccioso o casa diroccata si vede il Passero solitario (che vi nidifica) e più di rado splendidi esemplari di Codirossone. La fitta macchia mediterranea ospita in gran numero le Sterpazzoline, la Magnanina, la Sterpazzola di Sardegna, la Sterpazzola, nonché ovviamente l'Occhiocotto, l'Usignolo di fiume, il Beccamoschino e tutte le specie di macchia. I vari boschetti misti delle colline offrono riparo per la sosta a Balie nere e dal collare, Canapini maggiori e più raramente Canapini, e poi Pigliamosche, Upu pe, Rigogoli, Cuculi, Assioli, Torcicolli ecc. Le zone cespugliose o aride sono un ottimo posto per osservare le Monachelle (entrambe le sottospecie), le Averle Capirosse, Stiaccini, Culbianchi, Calandri, Prispoloni, Zigoli neri e muciatti, Calandrelle, decine di Gruccioni e così via. I boschi di pino e quercia di più alta quota, sono caratterizzati dalla presenza di centinaia di passeriformi come cince varie, Fiorrancini e Regoli, Crocieri, l'interessantissimo e distintivo Codibugnolo di Sicilia (considerato sottospecie A.c.siculus ma che ha tutte le carte in regola per essere assurto a specie distinta), le Tordele, nonché rapaci notturni come Allocco, Gufo comune, Barbagianni e Civetta. Presenti anche il Picchio rosso maggiore e il muratore, e il Rampi chino. A Torre Faro e Ganzirri; frequentissime sono le osservazioni di Berte minori e numerosi i gabbiani con, tra i più comuni, Gabbiano corso, Zafferano, Gabbiani rosei e corallini, Labbi o Stercorari mezzani all'inseguimento di una di queste specie nel tentativo di rubare la preda. Non mancano le sterne come la Sterna maggiore, il Beccapesci e, raramente, la Sterna zampenere. Talvolta numerosi sono ardeidi di passaggio, soprattutto Garzette, ma anche Nitticore, Aironi rossi e cenerini e Sgarze ciuffetto. A volte passano le Gru o i Mignattai, di frequente le Spatole. Assolutamente spettacolare ed unico poi è il passaggio continuo di passeriformi di molte specie e di Rondini a cui spesso si associano R. rossiccie, Topini e Balestrucci, migliaia anche i fringillidi con grossi stormi di vocianti Cardellini, Verzellini, Fanelli, Fringuelli e di rado Lucherini. È possibile osservare Culbianchi e le Monachelle, Cutrettole di ogni sottospecie e non è raro imbattersi in qualche magnifico Succiacapre. 41 Nei laghi di Ganzirri è possibile osservare limicoli e ardeidi, Cormorani, Svassi vari e Mignattini e altri acquatici. Le cicogne sono quelle specie di avifauna che in nessuna altra parte d'Italia si vedono in egual numero con conteggi per ogni primavera di sino a 380-400 Cicogne bianche (gruppi anche di 130 ind.) e 70+ C.nere (max. di 15-20 assieme). Lo Stretto è famoso soprattutto per i rapaci che lo usano come braccio più corto di mare per arrivare sulla penisola. Se il numero di individui non è molto elevato rispetto a siti più conosciuti come Eilat, Gibilterra o Bosforo (ma è pur sempre il più alto in Italia e tra i più alti in Europa), certo è notevole il numero di specie che vi è stato osservato; sono infatti ben 39 le specie in tutto segnalate, ossia quasi tutte quelle del Paleartico Occidentale. Tra queste certo si annoverano singole osservazioni e dati storici come il Gipeto, il Nibbio Bianco, l'Aquila di mare e probabilmente l'Avvoltoio monaco (non incluso però nelle 39 specie per l'incertezza dei dati) e specie accidentali quali Sparviero levantino (un ind. nel 1893 e 1 maschio nell'aprile 1989), Aquila delle steppe (segnalata 2 o 3 volte), Aquila imperiale (c.6 volte), Aquila del Bonelli (alcune volte), Poiana calzata (2 volte), Falcone di Barberia (1 maschio adulto nell' aprile 1998), Astore (almeno 4 o 5 segnalazioni) e il Grifone (1 o 2 segn. recenti). Esclusi però gli accidentali sono comunque 27 le specie che si vedono ogni anno o quasi tutti gli anni (alcuni irregolari). La più abbondante è di certo il Falco pecchiaiolo con max. di 22.000-28.000 individui ogni primavera, seguito dal Falco di palude con max. di 3.300+ , il Nibbio bruno con max. di 1.000+ (ma rarissimo invece il reale con pochi ind.), il Gheppio con 1.300+ individui. Oltre a queste specie che la fanno da padrone, assolutamente unico e spettacolare il numero di Albanelle, senza uguali in Europa; tra 200 e un max. di 700+ Albanelle minori, tra 40 e 100+ reali e tra 10 e 100+ A.pallide. Quest'ultima specie ha sullo Stretto di Messina in assoluto la più importante zona di migrazione del Paleartico Occidentale ed è il sito dove è di gran lung a più facile osservarla. Davvero ragguardevole il numero di Falchi cuculi contati annualmente con un minimo di 100+ ind. ed un massimo, record paleartico, di oltre 6.900 nel 1992 (di cui il 90% in un solo pomeriggio). Diversi anche i Grillai osservati con max. di 60-100 individui. Svernando in Sud Africa in gruppi misti con le altre due specie, non sorprende che qualche isolato individuo venga "catturato" al momento della migrazione nei grossi stormi di Falchi cuculi occidentali e che prosegua il viaggio con questi passando sullo Stretto. Molto comune è poi il Lodolaio (+ di 80-200 per stagione), più raro lo Smeriglio, frequente sebbene scarso il Falco della Regina (5-45 ind.) e il Pellegrino, raro il Lanario (1-4) e ancor più il Sacro (1 o 2 quasi ogni anno!!). Ogni anno entusiasmante è l'apparizione di qualche Aquila anatraia, che tiene col fiato sospeso tutti per la su identificazione; possono capitare entrambe le specie ma è la minore ad essere più regolare. Tra le "aquile" sono osservabili diversi individui di Aquila minore (sia scure che chiare) e di Biancone, mentre non sono mancati eccezionali osservazioni di Aquila del Bonelli. Sulle pendici dei monti spesso volteggia l'Aquila reale e qualche immaturo erratico passa lo Stretto; in una occasione abbiamo osservato 4-5 ind. assieme. Diversi i Falchi pescatori, pochi invece i Nibbi reali. Lo Sparviere nidifica in zona con poche coppie e qualche ind. in migrazione si vede ogni tanto. Poche sono le Poiane comuni di passaggio (forse meno delle nidificanti in zona) ma sul fronte Buteo arriviamo ad un altro vanto dello Stretto: questa rotta migratoria infatti è l'unica di tutta l'Europa centro-occidentale usata regolarmente dall Poina delle steppe (B.b.vulpinus) (sino a 22 ind.) e dalla Poiana codabianca (sino a 13), il Capovaccaio, sino ad un massimo di 15 con un "record" di 4 ind. in volo assieme. Frammisto ai gruppetti di F.cuculi e Grillai, arrivano poi ogni tanto, accidentalmente, alcuni individui del falco: il Falco cuculo orientale (Falco amurensis) di cui abbiamo almeno 4 osservazioni tra il 1995 e il 1998. Il Falco pecchiaiolo è di gran lunga la specie più comune, seguita dal Falco di Palude e dal Nibbio bruno, ma lo Stretto di Messina è anche molto importante per l’Albanella pallida, il Grillaio, il Lodolaio, e si possono osservare anche il Falco della Regina, la Poiana codabianca, la Poiana delle Steppe, l’Albanella minore, il Gheppio, il Capovaccaio, il Falco pellegrino, l’Aquila minore, la Cicogna bianca e quella nera. 42 Un totale a tutt’oggi di 40 specie diverse, incluse alcune accidentali come l’Aquila imperiale, il Falco sacro, l’Aquila anatraia maggiore e la minore, il Nibbio bianco. Naturalmente ogni specie possiede un proprio periodo di maggiore transito: aprile è ricco di specie diverse, anche rare, ma in numeri bassi. I più precoci sono i Falchi di palude e le albanelle, che presentano il picco già agli inizi di aprile. Le prime settimane di maggio solitamente regalano grandi numeri ma poca varietà di specie: anche 3.000/5.000 rapaci in un solo giorno, di cui il Falco pecchiaiolo costituisce la grande maggioranza. Ovviamente, le condizioni meteorologiche, in particolare i venti, influenzano il passaggio e possono bloccare la migrazione anche per diversi giorni, come succede con il vento fort e da sud-est. Oppure possono creare le condizioni per un grande e meraviglioso passaggio concentrato (record assoluto finora: 9.727 rapaci il 5 maggio del 2000). Di seguito vengono riportati il grafico periodo (1984-2011) e la tabella relativa all’avifauna di importanza prioritaria, presente nella Zps, i che si riferisce ad un periodo di nove anni, dal 2001 al 2011. Il numero totale dei rapaci censiti è salito dai 3.198 contati nel 1984, primo anno del campo, fino ai quasi 40.000, e anche di più, registrati negli ultimi anni, dei quali oltre 35.000 Falchi pecchiaioli. 43 44 SPECIE CARATTERIZZANTI L’AREA INTERESSATA DAL PROGETTO Non esistendo studi specifici, né dati di tipo puntuale che permetterebbero la descrizione dello status del patrimonio avifaunistico dell’area oggetto del presente studio ci si basa sulle presenze possibili/certe. La particolare posizione dell’appezzamento di terreno, che viene a trovarsi in un’area che si affaccia sullo Stretto di Messina, corridoio di migrazione per molte e varie specie di avifauna (rapaci, cicogne, ecc.), rendono questo luogo idoneo: sia ad un utilizzo stabile da parte di molte specie di passeriformi presenti durante tutto l’arco dell’anno, sia come sito di transito durante il passaggio migratorio: primaverile ed autunnale, ma attualmente il lotto di terreno si presenta degradato non idoneo ad ospitare avifauna. Per l’avifauna viene riportata una tabella basata sulle presenze possibili/certe a completare il quadro reso dai dati tabellari della ZPS “Monti Peloritani, Dorsale Curcuraci, Antennamare ed Area Marina dello Stretto di Messina”, tratti da: “Sviluppo di un sistema nazionale delle ZPS sulla base della rete delle IBA (Important Bird Areas)” A. Brunner C. Celada P. Rossi M. Gustin, LIPU BirdLife Italia. Per analizzare l’avifauna presente si è ritenuto utile ricorrere alla costruzione di t avole sinottiche tematiche, non esistendo studi specifici, né dati di tipo puntuale che permetterebbero la descrizione dello status del patrimonio avifaunistico dell’area oggetto del presente studio. Per la costruzione di queste tabelle sono state utilizzate: osservazioni dirette, diverse fonti bibliografiche che riguardano la distribuzione e la consistenza sul territorio italiano delle specie, abitudini, e il tipo di ambiente abitato. In ogni tabella sono state considerate, per ogni specie: le presenze certe, ottenute da: sopralluoghi e da notizie bibliografiche; le presenze possibili, ricavate dallo studio delle condizioni caratteristiche dell’area, topografia, uso del suolo, tipo di vegetazione presente, che potenzialmente possono essere adatte alle esigenze ecologiche delle specie considerate. 45 ORDINE Specie Grado di certezza Altitudine Nome della specie della presenza In metri nell’ area s.l.m. COLUMBIFORMES Tortora Streptopelia turtur POSS Tortora dal collare Streptopelia CER orientale decanto PASSERIFORMES Balestruccio Delichon urbica CER 0-600 0-1000 0-1800 Habitat zone collinari ambienti collinari urbani, rurali e agricoli zone urbane rurali zone aperte, coltivi, coste, rive di torrenti e fiumi zone aperte, coltivi, coste, rive di torrenti e fiumi macchia mediterranea aree verdi urbane boschi decidui, misti, parchi, giardini boschi decidui, misti, parchi, giardini Ballerina bianca Motacilla alba alba CER 0-1000 Ballerina gialla Motacilla cinerea 0-700 Capinera Cardellino Sylvia atricapilla CER Carduelis carduelis CER 0-1800 0-1800 Cinciallegra Parus major CER 0-400 Cinciarella Parus caerulesu CER 0-600 POSS 0-1000 boschi, parchi, periferie urbane CER 0-1000 zone urbane e rurali CER 0-1500 ampia valenza ecologica CER 0-400 zone aperte, coltivi, rive di torrenti e fiumi CER 0-2000 zone aperte e soleggiate CER 0-1800 CER 0-1500 boschi, giardini, parchi, coltivi ambienti aperti con alberature sparse POSS 0-1000 parchi, boschi aperti, zone urbane CER 0-1500 CER 0-700 CER 0-2000 Codirosso Codirosso spazzacamino Cornacchia grigia Cutrettola Phoenicurus phoenicurus Phoenicurus ochruros Corvus corone cornix Motacilla flava Fringuello Carduelis cannabina Fringilla coelebs Gazza Pica pica Fanello CER Passera d’Italia Phylloscopus collybita Turdus merula Sylvia melanocephala Passer italiane Passera mattugia Passer montanus CER 0-1400 Pettirosso Erithacus nubecola CER 0-1500 Pigliamosche Rondine Saltimpalo CER CER CER 0-1800 0-1400 0-1000 CER 0-2300 ampia valenza ecologica Sterpazzola Sterpazzolina Verdone Mucicapa striata Hirundo rustica Saxicola Torquata Troglodytes troglodytes Sylvia communis Sylvia cantillans Carduelis chloris ambienti alberati o semi alberati macchia mediterranea, parchi, aree suburbane aree urbane e suburbane parchi, giardini, aree agricole, zone suburbane e ubrane ambienti boschivi, giardini, parchi, sieipi boschi aperti, parchi e giardini zone urbane rurali zone aperte prative POSS CER CER 0-1900 0-600 0-1850 Verzellino Serinus serinus CER 0-1800 Usignolo di fiume Cettia cetti POSS 0-800 zone cespugliate aperte zone cespugliate aperte, querceti aree verdi urbane ambienti aperti alberati, aree verdi urbane vegetazione bassa, fitta lungo fiumi e canali Luì piccolo Merlo Occhiocotto Scricciolo 46 SPECIE AVIFAUNA FENOLOGIA GEN FEB MAR APR MAG GIU LUG AGO SET OTT NOV DIC Buteo buteo Falco tinnunculus Alectoris graece whitakeri Rallus aquaticus Gallinula chloropus Columba palumbus Cuculus canorus Tyto alba Otus scops Athene noctua Strix aluco Caprimulgus europaeus Apus apus Upupa epops Jynx torquilla Picoides major Calandrella brachydactyla Galerida cristata Delichon urbica Motacilla cinerea Motacilla alba Troglodytes troglodytes Erithacus rubecula Luscinia magarhynchos Saxicola Torquata Oenanthe oenanthe Monticola solitarius Turdus merula Turdus viscivorus Cettia cetti Cisticola juncidis Sylvia cantillans Sylvia melanocephala Sylvia atricapilla Phylloscopus collybita Regulus ignicapillus Muscicapa striata Aegithalos caudatus siculus Parus ater Parus caeruleus Parus major Certhia brachydactyla Lanius senator Garrulus glandarius Pica pica Corvus monedula Corvus corone Corvus corax Passer hispaniolensis Passer montanus Fringilla coelebs Serinus serinus Carduelis chloris Carduelis carduelis Carduelis cannabina Emberiza cirlus Miliaria calandra Fenologia delle specie presenti. fonte: L O V ALVO et al. (1993) periodo riproduttivo mesi in cui sono presenti popolazioni svernanti provenienti da aree extrasiciliane mesi di migrazione periodo pre- o post-riproduttivo, periodo di estivazione della specie migratrice non nidificante o di svernamento parziale o totale delle specie sedentaria assenza della specie 47 13.1 22.6 7.6 17.5 13.3 11.1 58.6 34.9 20.8 22.2 MOSAICI AREE 4.8 4.5 UMIDE COSTE 7.8 15.3 BOSCHI 10.7 10.5 SEMPREV 18 49.7 MACCHIA ARBORETI QUERCETI MEDITERR 33.7 60.5 8.9 VEGETAZ . PRATI PASCOLI 17.7 31.4 CONIFERE 25.7 56 DECIDUI Buteo buteo Falco tinnunculus Alectoris graece whitakeri Rallus aquaticus Gallinula chloropus Columba palumbus Cuculus canorus Tyto alba Otus scops Athene noctua Strix aluco Caprimulgus europaeus Apus apus Upupa epops Jynx torquilla Picoides major Calandrella brachydactyla Galerida cristata Delichon urbica Motacilla cinerea Motacilla alba Troglodytes troglodytes Erithacus rubecula Luscinia magarhynchos Saxicola Torquata Oenanthe oenanthe Monticola solitarius Turdus merula Turdus viscivorus Cettia cetti Cisticola juncidis Sylvia cantillans Sylvia melanocephala Sylvia atricapilla Phylloscopus collybita Regulus ignicapillus Muscicapa striata Aegithalos caudatus siculus Parus ater Parus caeruleus Parus major Certhia brachydactyla Lanius senator Garrulus glandarius Pica pica Corvus monedula Corvus corone Corvus corax Passer hispaniolensis Passer montanus Fringilla coelebs Serinus serinus Carduelis chloris Carduelis carduelis Carduelis cannabina Emberiza cirlus Miliaria calandra ARATI NOME SPECIFICO TERRENI Fenologia delle specie presenti. fonte: L O V ALVO et al. (1993) 27.7 31.5 25.4 6.7 7.7 7.6 4.3 61.9 3.9 4.5 16.7 10.8 8 5.3 13.9 11.8 8.3 12.5 9.7 26.7 7.9 27.5 8.9 10.5 23.4 54.6 54 31.6 40.6 10 31.5 5.8 18.9 18.6 55.8 90 8.5 29.3 14.4 100 13.7 63.5 2.3 43.5 46.1 15.8 37 33.8 86.3 36.5 41.8 63.1 37.2 48.2 37.2 9.4 14.6 41.2 21.4 37.6 11.7 49.3 5.3 10.6 81.9 6.1 12.2 13.4 16.4 10 31.6 10.6 6.1 28.1 16.9 15.2 57.9 11.7 9 65.8 15 34.7 61.6 8.7 49.2 9.2 29.1 4.3 34.4 12.7 4.4 22.9 65.3 24.1 54.4 9.9 91.6 4.3 53.2 23.6 4.3 73 30.9 21 57 13.3 6 18.3 22.7 45.5 8.9 42 73.1 17.3 7.2 67.3 54.4 32.9 47.1 19.8 49.3 12.7 10.6 23.6 16 44.5 39.6 56.9 32.8 48.1 4.4 88.8 27.4 11.6 76.7 30.2 45.9 40.9 18.6 44.7 11.1 25 13 5 61.4 13 8 36.6 31.6 54.7 24.1 63.2 78.5 79.5 10.6 45.6 70.6 78.6 9.8 25 57 74.1 21.5 21.8 39.1 24.2 11.7 25.4 19.5 41.8 27.4 8.7 20.4 12.6 80.4 63.9 57.1 49.7 37.3 68.6 62.8 49.3 13.1 31.2 71.1 46.1 50.6 18 12.7 44.6 48.6 35.4 14.9 63.7 49.3 45.2 11.1 76.5 21.3 12.4 23.3 5.5 19.5 14 57 16.3 8 19.8 8.3 7.7 78.2 19.3 18.2 15 34.5 8.9 81.9 8.3 6.1 10.3 57.4 38.4 40.6 12.2 53.1 24.5 1.1 31.5 9.8 4.5 6.1 29.9 3.1 36.6 41.1 37.7 41 17.5 9.1 1.9 31.5 26.9 12.6 26.9 23.9 70.6 24.6 13.9 60 34.7 40.9 6.7 67.8 10 95.6 79.8 38.3 71.3 54.8 14.5 10.8 10 16 16 5.6 Frequenza media delle specie presenti nelle differenti tipologie ambientali. fonte: L O VALVO et al. (1993) 48 5. FORME DI INCIDENZA DEL PROGETTO: IMPATTI DIRETTI Un aspetto dell’incidenza diretta dell’opera oggetto di questo studio sulla fauna è rappresentato dalla sottrazione di suolo. Si può fare una distinzione fra: una sottrazione di tipo permanente e una temporanea. La prima viene riferita alla rimozione fisica di suolo dovuto alla presenza dell’opera stessa e per la fascia di pertinenza che viene di norma alterata durante i lavori di costruzione. La sottrazione temporanea di suolo si riferisce alle aree interessate dallo scotico di suolo per le attività di costruzione, in una fascia attorno all’opera, per i siti di cantiere e di cava, che so no oggetto, al termine della fase di costruzione, di interventi di recupero ambientale che solo in parte riacquistano l’originale valenza ecosistemica. Da ciò deriva quindi, una eliminazione di vegetazione e quindi una diminuzione fisica della superficie del biotopo. IMPATTI INDIRETTI Gli effetti indiretti sono dovuti a: 1. frammentazione di habitat, ossia ad una recisione di corridoi ecologici e un aumento della frammentazione e dell’ isolamento dei biotopi di pregio che porta ad un’ alterazione nella capac ità di funzionamento dei diversi habitat ed ad una diminuzione di connettività fra gli stessi che può modificare le dinamiche vitali delle popolazione delle specie presenti. 2. Sottrazione diretta di habitat alla fauna. La conseguenza della frammentazione degli ecomosaici, produce una riduzione delle superfici utilizzate, nell’ habitat naturale, come “home range”, ossia superfici impiegate per l’ espletamento delle funzioni vitali (riposo, alimentazione, rifugio, riproduzione), a disposizione delle specie presenti. Inoltre le aree frammentate identificano un ambiente che presenta notevoli differenze rispetto a quello originario, in termini di: alterazione locale del microclima; cambiamento delle condizioni locali di esposizione alla luce; potenziale modificazione del ciclo interno delle acque. Interferenze con gli spostamenti della fauna (effetto barriera). L’opera oggetto del presente studio e le relative infrastrutture di servizio (aree e strade di cantiere) costituiscono elementi in grado di interrompere la continuità ambientale del territorio producendo “effetti barriera” nei confronti di numerose specie. Possono venire intercettati dei corridoi preferenziali stagionali e giornalieri di spostamento, con alterazioni nei modelli comportamentali e negli itinerari funzionali alla nutrizione e alla riproduzione. Le infrastrutture viarie connesse possono poi determinare impatti diretti sugli animali in attraversamento, quali schiacciamenti e urti. 4. Dispersione di inquinanti: ci si riferisce essenzialmente all’emissione di inquinanti da gas discarico, all’eventuale inquinamento delle acque di drenaggio, allo sversamento accidentale di inquinanti durante le fasi di cantiere. 5. Inquinamento acustico e vibrazioni Il rumore e le vibrazioni prodotte durante le fasi di cantiere possono determinare disturbo alla fauna da fonoinquinamento. 6. Disturbo dovuto alla frequentazione antropica La crescita dell’utilizzo del territorio, indotto dalla realizzazione di queste opere, potrebbe interferire negativamente con il mantenimento di un corretto equilibrio ambientale. A questi effetti maggiori si devono poi aggiungere effetti meno visibili, per esempio la creazione di superfici ecosistemiche di origine antropica. IMPATTI IN FASE DI COSTRUZIONE ED IN FASE DI ESERCIZIO Gli effetti, diretti e indiretti sinora analizzati sono da considerarsi sia in fase di realizzazione del progetto che in fase di esercizio. 49 IMPATTI A BREVE TERMINE Questo genere di impatti riguarda le azioni di disturbo precedentemente individuate per i lavori necessari durante la fase di costruzione, ovvero nella fase cantieristica. IMPATTI A LUNGO TERMINE Gli effetti a lungo termine sono rappresentati dalle perturbazioni precedentemente descritte al cic lo vitale delle specie faunistiche ed avifaunistiche locali. FORME DI INCIDENZA DEL PROGETTO SULL’ INTEGRITÀ DEL SITO NATURA 2000 In seguito agli impatti potenzialmente individuati: perturbazione alle specie, variazioni nella densità delle specie, variazioni nel numero di specie che popolano la zona, perdita di habitat, frammentazione di habitat, sulle specie di fauna e di avifauna per le quali la zona è stata classificata come ZPS, viene meno l’ integrità del sito per ciò che concerne la sua struttura e le sue funzionalità ecologiche, nell’ area interessata dal progetto. Si possono considerare forme di degrado fisico le riduzioni e le frammentazioni di habitat utile per le varie specie di avifauna. 50 6 ANALISI AMBIENTALE DI INCIDENZA CONSIDERAZIONI METODOLOGICHE L’analisi ambientale di incidenza, accertato già in fase preliminare, che il progetto/piano in esame non è direttamente connesso o necessario alla gestione del sito Natura 2000, procede ad identificare la potenziale incidenza indotta sul sistema ambientale e la significatività degli impatti. La valutazione degli impatti è stata effettuata utilizzando una semplice matrice “azioni di progetto/ricettore”. Nella matrice vengono quindi individuati gli impatti derivanti dalla realizzazione degli interventi previsti dalle opere in progetto e sinteticamente valutata la modificazione del livello di qualità delle diverse componenti ambientali in relazione alle potenziali interferenze. La metodologia cui si è fatto riferimento per la definizione della scala di valutazione degli impatti, con gli opportuni adattamenti correlati alla situazione in esame, è quella proposta da Bresso et al. (1985). La classificazione degli impatti adottata sintetizza la valutazione di tre diversi parametri e precisamente: il livello di incidenza (lieve/rilevante) degli impatti che è dato dalle dimensioni dei domini di interferenza dell’opera in progetto; tale “livello di incidenza” deriva dalla stima degli aspetti quantitativi caratteristici delle diverse componenti ambientali con cui interferiscono le singole azioni di progetto. Ad esempio con questo parametro di valutazione si sottintende l’entità delle superfici interessate dalla sottrazione diretta di vegetazione spontanea oppure il numero di specie faunistiche sensibili disturbate oppure le dimensioni delle unità ecosistemiche caratteristiche interferite, ecc; la durata del periodo (breve termine/lungo termine) durante il quale gli impatti vengono esercitati dalle diverse azioni di progetto; la reversibilità degli effetti stessi (reversibile/non reversibile). Durata Entità degli impatti Irreversibile molto rilevante 6 rilevante 5 lieve 4 1 reversibile a lungo termine reversibile a breve termine 5 4 3 2 2 1 Definizione dei livelli di impatto incidenza lieve / reversibili / breve termine 2 incidenza rilevante / reversibili / breve termine incidenza lieve / reversibili / lungo termine incidenza rilevante / reversibili / lungo termine incidenza molto rilevante / reversibili / breve termine incidenza lieve / irreversibili incidenza molto rilevante / reversibili / lungo termine incidenza rilevante / irreversibili incidenza molto rilevante / irreversibili Scala di valutazione di intensità degli impatti 3 4 5 6 È stata quindi definita la scala per la valutazione degli impatti tenendo conto della qualità dei recettori potenzialmente interferiti. Nella tabella che segue vengono indicate i risultati di tutte le combinazioni possibili che scaturiscono dal prodotto classe di impatto x classe di vulnerabilità . livelli di impatto qualità ambientale componenti interferite 1 2 3 delle 1 1 2 3 2 2 4 6 3 3 6 9 4 5 4 8 12 5 10 15 Scala per la valutazione degli impatti IMPATTO BASSO IMPATTO MEDIO IMPATTO ELEVATO IMPATTO POSITIVO 1-4 9-18 5-8 51 + 6 6 12 18 Prima di predisporre la matrice degli impatti relativa alle componenti ambientali “vegetazione”, “fauna” ed, è stata compilata per ogni componente e per ognuna delle opere (costruzione edificio e opere connesse) o delle condizioni operative previste (situazione di entrata a regime del fabbricato) una check-list delle azioni di progetto e delle tipologie di impatto potenziale in fase di cantiere e in fase post-operam. È’ stata adottata la seguente simbologia: x: indica gli impatti negativi +: indica gli impatti positivi QUALIFICAZIONE DEGLI ELEMENTI AMBIENTALI DI INTERESSE SPECIFICO FLORA E VEGETAZIONE Per la scala di valutazione degli impatti sono stati assegnati i valori da 1 a 3 in base alla qualità ambientale della componente considerata. Classe di qualità ambientale 3 2 1 Definizione Elevata (specie e formazioni rare ad elevata naturalità) Media (specie e formazioni comuni di media naturalità) Bassa (specie e formazioni comuni a bassa naturalità) Classe di qualità ambientale delle tipologie fisionomico-vegetazionali Alle componenti vegetazionali presenti nell’area in oggetto sono stati assegnati i seguenti valori: TIPOLOGIE CLASSE DI QUALITÀ vegetazione sinantropica ruderale 1 Attribuzione della classe di qualità ambientale alle tipologie fisionomico-vegetazionali individuate AVIFAUNA Alla componente fauna (avifauna) è stato assegnato il valore 3 CLASSE QUALITÀ 3 TIPOLOGIA Fauna (avifauna) Attribuzione della classe di qualità ambientale alle tipologie di fauna individuate 52 DI TIPOLOGIE DI IMPATTO PRESUMIBILI SULL'AMBIENTE Di seguito si descrivono sinteticamente le principali tipologie di impatto a carico delle componenti ambiente fisico (atmosfera, geologia, geomorfologia, suolo) ed ambiente biologico (vegetazione, fauna ed ecosistemi) potenzialmente correlate alle fasi di costruzione e di esercizio delle opere che saranno oggetto della valutazione definitiva. FASE DI COSTRUZIONE L’area in oggetto risulta, mediamente alla stessa quota, rispetto alla quota stradale. Su tutta la superficie della proprietà risulta essere presente una gettata di calcestruzzo dello spessore di circa 10 cm. Il terreno risulta essere delimitato lati Sud, Est ed Ovest, da una recinzione costituita da un muretto in calcestruzzo di circa 40cm di altezza e 30 cm di larghezza, sul quale sono apposti dei paletti metallici che sorreggono la rete metallica. Il progetto prevede per la realizzazione l’impiego di legno lamellare pretagliato, e trattato, in stabilimento con impregnatrice automatica a controllo numerico, con una mano di vernice idrorepellente e igroregolante; l’essenza legnosa sarà del tipo “Abete Rosso”, della classe GL24h “industriale”. La realizzazione del progetto non prevede consumo di suolo. L’area esterna rimanente di circa mq 80 verrà attrezzata per la posa di sedie e tavoli. Sul fronte strada verrà lasciata la siepe esistente di pitosforo, mentre verrà realizzato un pergolato, sempre con legno lamellare di abete rosso, pretagliato e pretrattato, di dimensioni pari a m 3,00 x 20,00 ca., con un’altezza di ca. 2,20 m. Tutti i lavori ed il deposito temporaneo dei materiali interesseranno esclusivamente le aree di sedime cementificate senza alcuna interferenza con l'ambiente circostante; le eventuali aree già alberate non verranno utilizzate, durante i lavori, neanche momentaneamente, per deposito di materiali di qualsiasi genere, nonchè per l'impianto di attrezzature di cantiere e tecnologie varie. Tutti gli impianti saranno realizzati nel rispetto delle normative specifiche di settore, tenendo conto della possibilità di utilizzare tecnologie orientate al tutela ambientale. Il manufatto dovrà essere allacciato alla rete idrica, mentre lo scarico delle acque bianche e nere avverrà utilizzando la rete comunale esistente. I rifiuti, in fase di cantiere, sono riconducibili agli imballaggi dei materiali, agli scarti di lavorazione, che dovranno esserre correttamente smaltiti secondo le disposizioni di leg ge. FASE A REGIME Il disturbo provocato dalle operazioni di manutenzione ordinaria e straordinaria, secondo alcuni autori, è considerato una delle cause principali dell’abbandono degli habitat da parte degli uccelli, in modo particolare per le specie che nidificano a terra o negli arbusti, quindi soprattutto per i rapaci e per i passeriformi, ma considerando le dimensioni dell’opera, anche questo rischio è poco significativo. Le opere in oggetto rispetteranno totalmente il regolamento edilizio vigente, e tutte le normative i n vigore nei settori igienico-sanitari, di sicurezza antinfortunistica, di sicurezza degli impianti e di sicurezza statica, al fine di evitare rischi per la salute e rischi di incidenti per le maestranze impiegate nella realizzazione dell'opera e per i residenti delle aree limitrofe. Per quanto riguarda la possibilità di incidenti di rilievo ambientale, determinato da sostanze e tecnologie utilizzate, si osserva che non si prevedono situazioni di rischio. TIPOLOGIE DI IMPATTO PRESUMIBILI SULL'AMBIENTE FISICO ATMOSFERA La contaminazione chimica dell’atmosfera si produce per la combustione del combustibile utilizzato dai mezzi d’opera per il trasporto di materiali e per i movimenti di terreno necessari alla costruzione delle opere. In questo caso, si utilizzerà un parco macchine estremamente ridotto 53 Pertanto l’emissione si può considerare di bassa magnitudo e per lo più localizzata nello spazio e nel tempo, tanto da considerarsi lieve la sua incidenza sulle comunità vegetali ed anim ali. ALTERAZIONE PER EMISSIONI DI POLVERE Le emissioni di polvere dovute al movimento ed alle operazioni di scavo dei mezzi d’opera, per il trasporto di materiali, lo scavo di canalette per i cablaggi, lo scavo possono avere lievi ripercussioni sulla fauna terrestre (provocandone un allontanamento temporaneo ed una minima alterazione sui processi di riproduzione e crescita) e sulla vegetazione, per la limitatezza delle aree che saranno soggette ai lavori. ALTERAZIONI PER L’EMISSIONE DI RUMORI Le emissioni di rumore sono da mettersi in relazione con il transito di macchinari per la realizzazione delle opere Queste emissioni possono avere un effetto temporaneo sulle comunità faunistiche presenti nella zona interessata. GEOLOGIA E GEOMORFOLOGIA Gli impatti che incidono su questa componente ambientale vanno messi in relazione alla realizzazione degli scavi per le fondazioni, alla cementazione delle strutture, alla riduzione della copertura vegetale ecc. L’ampiezza delle opere da realizzare implicano influenze estremamente localizzate e circoscritte, mentre qualunque processo dinamico di evoluzione geologica di un paesaggio hanno una scala e un’estensione estremamente superiore. La realizzazione dell’opera non comporterà una iniziale movimentazione di terra per la realizzazione delle opere, tuttavia non sarà alterata la quota originaria del suolo che verrà mantenuta. SUOLO Le movimentazioni di terra, necessarie alla costruzione delle strutture che compongono l’opera in oggetto rappresentano un volume relativamente modesto. Fanno eccezione le opere di scavo per la posa delle condutture per le utenze domestiche e lo scavo per l’opera. IDROLOGIA e IRDOGEOLOGIA Non sono possibili alterazioni della qualità delle acque superficiali in quanto assenti, fatta eccezione per le acque di ruscellamento che, viste le caratteristiche idrogeologiche del sito, sono limitate a precipitazioni di elevata intensità ed in ogni caso eventuali modificazioni sarebbero di modesta entità. Il manufatto dovrà essere allacciato alla rete idrica, mentre lo scarico delle acque bianche e nere avverrà utilizzando la rete comunale esistente. Detti accorgimenti faranno si che l’opera in progetto non influenzi il bilancio idrologico della falda. TIPOLOGIE DI IMPATTO PRESUMIBILI SULL'AMBIENTE BIOLOGICO HABITAT Per quanto riguarda la fase di cantiere i distrurbi sono riconducibili ai classici distrurbi arrecati da un tradizionale cantiere, i movimenti della terra e gli scavi provocheranno la distruzione dell’habitat attualmente presente, e allontaneranno temporaneamente la fauna. Gli impatti sull’ambiente naturale del Sic, sono assenti, mentre sull’ambiente della ZPS, potrebbero essere generati dalla perdita di habitat poco rilevanti, essendo costituito da una zona antropizzata, e dall’aumento del traffico veicolare dovuto ad una maggiore fruizione. Si può comunque prevedere che l’incidenza negativa prodotta sulla componente naturalistica presente sul territorio della ZPS non sia significativa, considerato che non sarà coinvolta nessuna tipologia di vegetazione. 54 VEGETAZIONE La zona oggetto di studio, presenta complessivamente un elevata pressione antropica che dura da secoli, l’impatto vegetazionale si può sostenere limitato vista la dimensione dell’intervento, e considerato che l’area si inserisce in un contesto fortemente alterato dalla presenza umana.. Il sito di impianto è in una zona cementificata.. FAUNA Nonostante l’area di progetto sia una ZPS, in cui sono segnalate numerose specie di uccelli di particolare interesse, l’area di stretto interesse progettuale è caratterizzata da una elevata povertà faunistica. Essa appare infatti già fortemente degradata e comunque caratterizzata da sostanziale omogeneità: l’elevato grado di antropizzazione e la forte riduzione di vegetazione na turale si traducono in un basso livello di naturalità, che limita notevolmente la presenza e la frequentazione di questi habitat da parte di quelle specie ritenute di particolare importanza naturalistica. Occorre però segnalare l’interferenza legata all’emissioni acustiche al traffico veicolare, che potrebbero indurre effetti di distrurbo sulla rotta migratoria degli uccelli, in quanto la zona è uno dei punti più importanti di attraversamento. L’inquinamento acustico è comunque modesto considerato il fatto che il clima acustico è gia sensibilmente disturbato dalla rumorosità indotta dall’abitato. A questo proposito è opportuno ricordare che spesso gli animali sviluppano forme di adattamento nei confronti dele mutate condizioni stazionali, purchè l’entità di tali modifiche non sia tale da far venire meno alcuni aspetti fondamentali, come il reperimento di cibo. Perciò si può dedurre che per quanto riguarda il territorio compreso all’interno della ZPS, sia significativamente idoneo ad ospitare l’avifauna , soprattutto il SIC, l’area di stretto interesse progettuale non si configura come habitat particolarmente adatto per nessuna di queste popolazioni, essendo già fortemente compromesso e degradato. Grazie agli inteventi di mitigazione si offriranno luoghi di nidificazione per alcune specie di avifauna ECOSISTEMI (FAUNA) Di seguito si descrivono sinteticamente le principali tipologie di impatto potenzialmente correlate alle fasi di costruzione e di esercizio dell'opera che sarà oggetto della valutazione definit iva. DIMINUZIONE DELLA FUNZIONALITÀ ECOSISTEMICA La realizzazione delle opere non determinerà, una diminuzione della funzionalità ecosistemica, determinandone alterazione delle funzionalità tipiche, in quanto l'area dove sorgeranno le opere è caratterizzata da un ecosistema artificiale. FRAMMENTAZIONE DELL’ECOSISTEMA La realizzazione delle opere determinerà una insignificante sottrazione diretta di superfici e di vegetazione che non portano ad una eccessiva frammentazione degli ecomosaici e all’interruzione della continuità ambientale del territorio, pertanto la funzionalità degli ecosistemi seminaturali e degli agroecosistemi non verrà pregiudicata. Le opere in progetto, nel complesso, possono produrre irrisori “effetti barriera” nei confronti delle specie animali, tali da non ostacolare gli spostamenti, ovvero creare modifiche su struttura, densità e distribuzione sul territorio delle popolazioni con minimi condizionamenti negativi delle principali fasi riproduttive. DIMINUZIONE DELLA COMPLESSITÀ E DELLA BIODIVERSITÀ Gli impatti dovuti alla realizzazione delle opere non sono tali da poter influenzare negativamente, in modo significativo, l’equilibrio ecologico dei sistemi ambientali dell'area e far diminuire la biodiversità e la complessità strutturale ecosistemica, questi parametri possono essere compromessi da opere edili di maggiore entità. INTERRUZIONE DEI CORRIDOI ECOLOGICI Le costruzioni delle opere in progetto e l'utilizzo della viabilità di accesso da parte dei mezzi d'opera e delle maestranze impiegate nella edificazione delle opere, interferiranno in maniera lieve con i corridoi ecologici. 55 Le opere sorgeranno in una zona già ampiamente antropizzata e satura urbanisticamente, rappresentando di fatto un sito intercluso. ALTERAZIONE DELLE CATENE TROFICHE La perdita o la diminuzione della funzionalità dei sistemi ambientali è correlata all’alterazione delle catene trofiche, che si traduce in un’alterazione dei rapporti di dominanza e degli equilibri quali quantitativi esistenti tra le specie. In questo caso, vista le dimensioni delle opere, ed il constesto ambientale il rischio è minimo. DIMINUZIONE DELLA PRODUTTIVITÀ E DELLE BIOMASSE Considerate le modeste estensioni di vegetazione naturale eliminata per la costruzione delle opere in progetto, si avrà una riduzione moderata della produttività primaria, provocando solo una minima alterazione di questo parametro, non causando ridimensionamenti significativi della biomassa. AUMENTO DEL DEGRADO AMBIENTALE DOVUTO ALLA FREQUENTAZIONE L’incremento della presenza antropica nel territorio, indotto dalla realizzazione delle opere è lieve e non può interferire negativamente con il mantenimento di un corretto equilibrio delle caratteristiche ecosistemiche, non puo' causare disturbo per la fauna e l'avifauna e non facilita più di tanto l'ulteriore diffusione di specie vegetali indesiderate, come specie ruderali, alloctone ed invasive. L'area essendo antropizzata da decenni presenta già questi fattori di disturbo, quindi gli effetti di degrado ambientale del territorio non sono imputabili alle opere di progetto. 56 CHECK-LIST DEGLI IMPATTI Prima di predisporre la matrice degli impatti relativa alle componenti ambientali “vegetazione”, “fauna” ed “ecosistemi”, è stata compilata per ogni componente e per ognuna delle opere (costruzione edificio e opere connesse) o delle condizioni operative pr eviste (situazione di entrata a regime dell’opera in oggetto ) una check-list delle azioni di progetto e delle tipologie di impatto potenziale in fase di cantiere e in fase post-operam. È’ stata adottata la seguente simbologia: x: indica i possibili impatti negativi +: indica i possibili impatti positivi FASE COMPONENTE O SUB - COMPONENTE AMBIENTALE INTERFERITA AZIONE DI PROGETTO SOTTO -- SUOLO VEGETAZIONE E FAUNA SOTT . FLORA TERRESTRE x x x x x x x x x x x x x x x x + + + SUOLO PREPARAZIONE SITO x SCAVI E ACQUE ACQUE SUP ARIA AVIFAUNA SBANCAMENTI CANTIERE REALIZZAZIONE OPERE x x EDILIZIE E STRADALI TRAFFICO VEICOLARE x x DI CANTIERE OPERE DI ARREDO A + + VERDE SMANTELLAMENTO DI + + CANTIERE AFFLUSSO RESIDENTI E x x x x x x OSPITI TRAFFICO VEICOLARE A REGIME x x REGIME PRODUZIONE RIFIUTI x x x SOLIDI E LIQUIDI INCREMENTO DI SUPERFICI x x IMPERMEABILI 57 x COMPONENTI AMBIENTALI 1 58 1 1 1 1 1 Stoccaggio e movimentazione dei materiali di scavo Traffico veicolare mezzi d'opera Smaltimento rifiuti solidi Allestimenti temporanei Realizzazione delle opere Formazione drenaggi Allestimento cantiere MATRICI DEGLI IMPATTI POTENZIALI A ZIONI DI PROGETTO Vegetazione sinantropica ruderale 1 MATRICI DEGLI IMPATTI POTENZIALI SULLE COMPONENTI AMBIENTALI VEGETAZIONE ED ECOSISTEMA Funzionamento impianto Smaltimento rifiuti solidi AZIONI DI PROGETTO Rilasci idrici e smaltimento reflui -FASE A REGIME (CON LE MISURE DI MITIGAZIONE) COMPONENTI AMBIENTALI Vegetazione sinantropica ruderale 1 1 1 MATRICI DEGLI IMPATTI POTENZIALI SULLA COMPONENTE AVIFAUNA 59 6 3 Smantellamento cantiere 6 Realizzazione opera AVIFAUNA Traffico veicolare mezzi d'opera materiali COMPONENTI AMBIENTALI Allestimento cantiere AZIONI DI PROGETTO Stoccaggio e movimentazione dei -FASE DI COSTRUZIONE 9 + MATRICI DEGLI IMPATTI POTENZIALI SULLA COMPONENTE AVIFAUNA -FASE DI ESERCIZIO (SENZA LE MISURE DI MITIGAZIONE) AZIONI DI USO CIVILE DELL’OPERA AMBIENTALI MANUTENZIONE COMPONENTI ORDINARIA E STRAORDINARIA PROGETTO 3 AVIFAUNA 9 MATRICI DEGLI IMPATTI POTENZIALI SULLA COMPONENTE AVIFAUNA -FASE DI ESERCIZIO (CON LE MISURE DI MITIGAZIONE) AZIONI DI AVIFAUNA USO CIVILE DELL’OPERA AMBIENTALI MANUTENZIONE COMPONENTI ORDINARIA E STRAORDINARIA PROGETTO 3 6 60 7- MISURE DI MITIGAZIONE E COMPENSAZIONE Vengono elencate quelle azioni finalizzate alla mitigazione delle conseguenze sull’ambiente causate dalla costruzione dell’opera in oggetto. MISURE PREVENTIVE E CORRETTIVE Le misure preventive adottate durante la costruzione dell’opera sono le seguenti: Protezione del suolo contro la dispersione di oli e altri residui Conservazione del suolo Realizzazioni di aree verdi limitrofe al fabbricato Trattamento degli inerti Limitazioni del rumore Tutela dei giacimenti archeologici Integrazione paesaggistica delle strutture Tutela della fauna PROTEZIONE DEL SUOLO CONTRO LA DISPERSIONE DI OLI E ALTRI RESIDUI Al fine di evitare possibili contaminazioni dovute a dispersioni accidentali che si potrebbero verificare durante la costruzione dell’opera, dovranno essere stabilite le seguenti misure preventive e protettive: Durante la fase di costruzione dell’opera, in caso di spargimento di combustibili o lubrificanti, sarà asportata la porzione di terreno contaminata, e trasportata alla discarica autorizzata; le porzioni di terreno contaminate saranno definite, trattate e monitorate con i criteri prescritti dal D.M 471/99 - criteri per la bonifica di siti contaminati. Pertanto preventivamente si effettuerà un’adeguata gestione degli oli e altri residui dei mezzi d'opera utilizzati in cantiere. Questi residui sono stati classificati come rifiuti pericolosi e pertanto, una volta terminati il loro utilizzo, saranno consegnati ad un ente autorizzato affinché vengano trattati adeguatamente. PROTEZIONE ACQUE Il manufatto dovrà essere allacciato alla rete idrica, mentre lo scarico delle acque bianche e nere avverrà utilizzando la rete comunale esistente. Tali semplici accorgimenti faranno sì che la costruzione dell’opera in progetto, non provocare danni da ruscellamento, non interferirà con il bilancio della falda idrica e non creerà depauperamento della stessa. ORGANIZZAZIONE DI UN CRONOPROGRAMMA DEI LAVORI Sarà opportuno pianificare un cronoprogramma generale dei lavori per la realizzazione delle opere evitando i periodi più importanti (riproduzione, migrazione) delle fasi fenologiche di vita della fauna. Per non interferire con i flussi migratori si consiglia di limitare al minimo gli interventi nei seguenti periodi: Stagione primaverile Stagione autunnale. Limitare al minimo gli interventi anche nel periodo riproduttivo (aprile-luglio). Cronoprogramma generale dei lavori da applicare nell’area d’interesse progettuale. 61 CONSERVAZIONE DEL SUOLO Nell’eventualità, durante l’esecuzione del progetto, dovessero emerge re terre contaminate o rifiuti tossici, dovranno essere denunciati ai competenti ARPA e L.I.P per essere esaminate, ai fini di un corretto smaltimento secondo le normative ambientali in vigore. il materiale di risulta in eccesso dovrà essere conferito in discarica autorizzata così come prevede la normativa in vigore. Come già previsto dalla normativa vigente andranno realizzati tutti quelli accorgimenti tipo, (bagnatura delle piste, copertura dei mezzi di trasporto dei materiali di risulta, ecc), Al fine di mitigare il sollevamento di polveri; è consigliabile adottare tutti gli accorgimenti necessari per ridurre al minimo i movimenti di terra e le conseguenti modifiche morfologiche. Sarà consigliabile, al fine di limitare l’inquinamento atmosferico e l’emiss ione di rumori, l’utilizzo di mezzi operativi gommati; Rispettare le norme tecniche per le costruzioni in zona sismica e le eventuali prescrizioni per il vincolo idrogeologico; prevedere una rete di smaltimento delle acque meteoriche su sede inerodibile o adeguatamente protetta; evitare l’impermeabilizzazione dell’area. REALIZZAZIONE DI ZONE A VERDE La sistemazione esterna rispecchierà quella esistente in quanto non verrà coinvolta dall’opera di realizzazione delle opere Lungo il muretto, lato strada (lato Sud), è presente una bordura discontinua di Pitosforo che verrà mantenuta Negli spazi destinati a verde, si consiglia eventualmente se è possibile la piantumazione di nuove specie arbustive ed arboree autoctone: Tra gli alberi si consigliano le seguenti specie: Olea europea (oleastro); Olea europea subsp europaea (olivastro); Olea europea var. europaea (olivo); Olea europea var. sylvestris (olivastro); Olea europea var Cipressino (olivo cipressino); Celtis australis (bagolaro); Quercus ilex (leccio), Tamarix gallica (tamerice); Ceratonia siliqua (carrubbo); Laurus nobilis (Alloro). Tra le essenze arbustive le seguenti specie: rosmarinus officinalis; Salvia officinalis (salvia); Lavandula officinalis (lavanda); Thimus vulgaris (timo); Laurus nobilis (alloro ); Spartium juncem (ginestra comune); Arbutus unedo (corbezzolo); Juniperus communis (ginepro); myrtus communis (mirto); Buxus sempervirens (bosso); Nerium oleander (oleandro). Tra i rampicanti: Lonicera implexa (caprifoglio mediterraneo); Clematis vitalba (vitalba); Hedera helix (edera). LIMITAZIONI ALL’INQUINAMENTO LUMINOSO Per l’illuminazione durante la fase cantieristica si utilizzeranno proiettori “a fascio largo” con lampade a vapori di sodio di potenza pari a 400W ognuna con un proprio condensatore d i rifasamento; Per l’inquinamento luminoso che rappresenta un impatto di una certa intensità, è necessario, la riduzione al minimo della luce inutilmente dispersa nelle aree circostanti (cioè emessa verso il basso, ma al di fuori dall’area da illuminare). Almeno il 40% della luce è sprecato, l’utilizzo arriva al massimo al 60% anche in impianti ben ideati. Tuttavia, tale riduzione è già implicita in una buona progettazione, che per essere tale deve massimizzare la frazione di luce effettivamente utilizzata dall’impianto per minimizzare i consumi energetici. Il primo criterio fondamentale per fare ciò, è quello di evitare le immissioni di luce sopra l'orizzonte mediante l’utilizzo di apparecchi totalmente schermati il cui unico flusso, proiettato verso l'alto rimane quello riflesso dalle superfici che, se si progetta l impianto con cura e si limita la luce dispersa nelle aree circostanti, può essere reso più piccolo di quello prodotto da un impianto non schermato avente uguale luminanza. Il secondo criterio irrinunciabile per un efficace limitazione dell’inquinamento luminoso è quello di non sovrailluminare. Il terzo criterio è quello di usare lampade la cui distribuzione spettrale della luce abbia la massima intensità alle lunghezze d onda a cui l occhio ha la massima sensibilità nelle condizioni tipiche delle aree illuminate. 62 L’impianto dovrebbe essere progettato tenendo conto di parametri vari quali: la distribuzione spettrale delle lampade (in pratica si tratta solo di identificare il tipo di lampada, essendo le lampade in numero limitato e le loro caratteristiche in genere conosciute). Essa dovrebbe essere tale da produrre, a parità di flusso luminoso, il minore impatto e comunque il tipo di lampada deve essere congruente con le indicazioni di legge, ove presenti; il valore assoluto delle immissioni. (in pratica si calcola il flusso luminoso installato totale, e i flussi emessi verso l’alto dagli apparecchi e riflessi verso l’alto dalle superfici nei vari intervalli angolari); l'utilizzo di adeguate sorgenti luminose per l’illuminazione di strade urbane ed extraurbane, parcheggi, ecc., deve essere effettuata con ottiche cut-off, accuratamente posizionate, con la giusta inclinazione e, se necessario, con l'aggiunta di schermature opportune in modo da ottenere il minor impatto ambientale ed il massimo risparmio energetico. Non eccedere mai con la potenza delle lampade evitando così sovrailluminazione e abbagliamento; evitando, in ogni caso, che la luce vada verso l'alto o al di sopra della linea dell' orizzonte (con fari sia fissi che roteanti); installando apparecchi con la giusta inclinazione e, se necessario, aggiungere le schermature opportune; SI Fig 1-Tipologie di impianti di illuminazione a basso impatto ambientale NO Fig.2-Tipologie di impianti di illuminazione ad alto impatto ambientale LIMITAZIONI ALL’INQUINAMENTO ATMOSFERICO Per limitare le emissioni di inquinanti gassosi che potrebbero essere generati da automezzi impiegati nelle attività di cantiere (monossido di carbonio - ossidi di azoto – ossidi di zolfo; idrocarburi; idrocarburi policiclici aromatici quali il benzene e le polveri sottili PM10 e PM 2.5) è opportuno l’utilizzo esclusivo di mezzi d’opera dotati di marmitte catalitiche. TRATTAMENTO DEGLI INERTI I materiali inerti prodotti, che in nessun caso potrebbero divenire suolo vegetale, saranno riutilizzati per il riempimento di terrapieni, scavi, ecc. Non saranno create quantità di detriti incontrollate, né saranno abbandonati materiali da costruzione o resti di escavazione in prossimità delle opere. Nel caso rimanessero resti inutilizzati, questi verranno trasportati al di fuori della zona e conferiti nella discarica autorizzata per inerti più vicina o nel cantiere più vicino che ne faccia richiesta. LIMITAZIONI AL RUMORE Il rumore prodotto dai mezzi d'opera in cantiere durante la fase di costruzione delle opere sarà estremamente contenuto è limitato ad un breve periodo di tempo. Le fonti sonore rispetteranno i limiti imposti dalla normativa vigente è saranno tollerabili dalle abitazioni limitrofe al cantiere. Per limitare l’inquinamento acustico, si eviteranno lavorazioni notturne e le attività di cantiere avranno corso nelle normali ore lavorative dei giorni feriali; TUTELA DEI GIACIMENTI ARCHEOLOGICI Nell'area ove sorgeranno le opere non sono presenti ne tantomeno segnalate reperti archelogici, pertanto non vige nessun vincolo della Sovrintendenza ai beni culturali della Regione Sicilia. Qualora, durante l’esecuzione dei lavori, si dovessero rinvenire resti archeologici, verrà 63 tempestivamente informato l’ufficio della Sovrintendenza competente per l’analisi archeologica. INTEGRAZIONE PAESAGGISTICA DELLE STRUTTURE Al fine di rendere minimo l’impatto visivo delle varie strutture del progetto, gli scavi di progetto saranno rinterrati con lo stesso materiale. TUTELA DELLA FAUNA Per non interferire con i flussi migratori è opportuno limitare al minimo gli interventi nei seguenti periodi: - stagione primaverile; - stagione autunnale; Antecedentemente dall’inizio dei lavori è necessario effettuare un sopraluogo con un consulente ambientale o esperto faunistico; in modo da mirare alla conservazione, laddove è possibile, della vegetazione arborea ed arbusitva autoctona esistente.. L’impianto di nuove essenze favorirà la naturalità dei luoghi, incoraggiando la presenza di popolazioni di varie specie di avifauna. E’ da evitare l’inizio dei lavori per un periodo che va: dalla primavera all’inizio dell’autunno (marzo-ottobre) per evitare la distruzione dei nidi e la conseguente uccisione dei pulli, in quanto tale periodo coincide con l’attività riproduttiva degli animali, protetti dalla Legge 157/92 che tutela la fauna selvatica. Per ciò che riguarda la componente avifaunistica della zona, l’impatto è poco rilevante, in quanto viene ridotta una parte della superficie utilizzata come “home range” (superfici impiegate per l’espletamento delle funzioni vitali: riposo, alimentazione, rifugio, riproduzione) dalle varie specie di passeriformi. L’impianto di nuove essenze può limitare gli effetti negativi del progetto sull’avifauna. Ciò servirà inoltre a limitare l’impatto paesaggistico rendendo più gradevole l’inserimento della struttura da edificare nel contesto esistente. REALIZZAZIONE DI STRUTTURE DI RECEZIONE PER L’AVIFAUNA ED I CHIROTTERI Realizzazione di strutture di recezione per l’avifauna ed i chirotteri Nell’area d’interesse progettuale al fine di mitigare gli interventi in progetto sarebbe opportuno inserire delle cassette nido per agevolare la nidificazione di varie specie di avifauna e di chirotteri. Con le cassette nido si possono aiutare, tutti gli uccelli e i chirotteri che nidificano nelle cavità. Possiamo favorire molte specie (upupe, cince, ecc.) in quei luoghi dove la disponibilità di cavità è scarsa. Delle buone cassette nido permettono di ottenere un successo riproduttivo superiore alla media. Queste strutture insieme alle grondaie del tetto a falde delle ville in progetto sono potenziali siti per la nidificazione dell’avifauna. Le cassette posso essere collocate nelle pareti dei fabbricati (sotto le grondaie) ovvero nelle aree a verde, appese agli alberi. Il numero di cassette dipende dal luogo e dal numero di specie che si vogliono far nidificare. Nell’area in esame si collocherà 1 cassetta per ogni villa ed una ogni due alberi poste ad una interdistanza di almeno 5 metri, per i chirotteri e per le seguenti specie di avifauna: upupe, cince, balestrucci, rondini, passeri, pettirossi, ecc.. Nel caso dei rapaci, poiché le loro popolazioni sono poco dense, essendo predatori ai vertici delle catene alimentari, i nidi dovranno essere collocati ad una distanza elevata, in quanto difficilemente due coppie di Allocchi o Gheppi nidificheranno a poche decine di metri di distanza; le cassette non utilizzate per nidificare servono come luogo di riposo notturno. Le cassette sono un sostituto artificiale dei buchi naturali che troviamo a qualsiasi altezza, esposizione e con dimensioni diverse. L'altezza ideale per piccoli uccelli si situa fra 1.8 e 3 metri, per i chirotteri si situano più alto, a circa 3- 4 m.. L'entrata non deve essere esposta alle intemperie e dunque è meglio rivolgerla verso Est o Sud-Est. Le cassette nido non devono essere mai inclinate verso l’alto, ma vanno posizionate in parallelo al suolo o leggermente inclinate verso il basso per essere riparate da pioggia e sole, infatti, non dovrebbero essere 64 completamente esposte per lunghe ore all’irraggiamento solare, dunque sono preferibili i posti ombreggiati, mentre sono positivi i raggi solari mattutini. Le cassette collocate sugli alberi, verranno attaccate a rami monchi con una corda o del filo di ferro in modo che possono essere facilmente rimosse per il controllo e la pulizia annuale. Possono essere posate contro il tronco ma anche, nei posti riparati dal v ento, lasciate penzolare da un ramo. In quest'ultimo caso rimangono anche più protette da gatti e volpi. Su alberi vivi è sconsigliato l'uso di chiodi o filo di ferro fine. Le cassette possono essere posate molto presto in primavera ma ancor meglio alla fine dell'estate o l'autunno precedente. Gli uccelli ed i chirotteri possono dunque abituarvisi progressivamente, inoltre le cassette fungono da protezione durante l'inverno contro il freddo e l'umidità. La pulizia annuale può essere effettuata fra settembre e fine febbraio rimuovendo lo sterco e il materiale utilizzato per la costruzione del nido. Posizione corretta della cassetta nido sull’albero Cassetta nido per alcune specie di avifauna (cinciarella, cincia dal ciuffo,cincia grigia, cincia mora, passera mattugia, cinciallegra, codirosso, picchio muratore, passero domestico) Alcuni dei tipi più comuni di cassette nido per chirotteri ( 65 Cassetta nido per Strix Aluco (Allocco) Cassetta nido per Falco Tinnunculus (Gheppio) Cassetta nido in sezione per Falco Tinnunculus (Gheppio) Cassetta nido per Falco peregrinus (Falco Pellegrino) TUTELA DELLA FALDA ACQUIFERA Come già ampiamente dimostrato nei capitoli precedeti, andranno poste in essere alcune misure di mitigazione relativamente alla falda acquifera. Il manufatto dovrà essere allacciato alla rete idrica, mentre lo scarico delle acque bianche e nere avverrà utilizzando la rete comunale esistente Tali semplici comportamenti faranno sì che 66 la costruzione dell’opera in progetto, non interferirà con il bilancio della falda idrica e non creerà depauperamento della stessa. 6.2 MITIGAZIONI GENERALI PREVISTE PER LA ZPS ITA030042 Ad integrazione di quanto già descritto si elencano le azioni di mitigazioni generali previste per i piani e/o progetti ricadenti all’interno della ZPS ITA030042, che saranno adottate nel progetto in oggetto: Misure da osservare in corso di realizzazione dell’opera In fase di costruzione occorre prevedere degli accorgimenti per rendere visibili elevatori, gru, travi, ecc. ai fini della salvaguardia dell’avifauna. Antecedentemente dall’inizio dei lavori è necessario effettuare un sopralluogo con un consulente ambientale e/o esperto faunistico nell’area interessata dai lavori per analizzare lo stato degli habitat ed allontanare eventuali esemplari erranti o in stato di latenza (anfibi e rettili). preservare la vegetazione arborea esistente nell’area; tutti i lavori ed il deposito temporaneo dei materiali dovranno interessare esclusivamente le aree di sedime delle opere da realizzare, senza interferire con l’ambiente circostante; adottare opportune precauzioni e provvedimenti specifici, quali il lavaggio delle aree, la copertura degli inerti, la copertura dei mezzi di trasporto del materiale di risulta, pavimentazioni ecologiche, la bagnatura degli spiazzi e delle strade soggette a traffico, quali misure mitigative per limitare gli impatti relativi alla produzione di polveri durante le operazioni di costruzione; durante le operazioni di scavo si limiteranno al minimo i rumori derivanti dalle macchine scavatrici; ridurre al minimo l’utilizzo dei mezzi operativi tramite particolare attenzione da prestare alla definizione dei percorsi e delle necessità di impiego, onde limitare l’inquinamento atmosferico causato dalle macchine e l’emissione di rumore; rendere graduali, per quanto possibile, le variazioni di presenza sia di mezzi che di uomini in cantiere, tramite l’ottimizzazione delle lavorazioni; prevedere in progetto una valida regimentazione delle acque meteoriche; Qualora, durante i lavori di movimentazione terra dovessero emergere terre contaminate o rifiuti tossici si effettuerà denuncia ai competenti LIP ed ARPA ai fini di un corretto smaltimento secondo le norme ambientali vigenti. Qualora, durante i lavori di movimentazione terra, dovessero emergere elementi archeologici o scavi rocciosi di presunta origine antropica, o elementi fossili si effettuerà denuncia alla competente Sovrintendenza ai BB.CC.AA. . Si conterranno il più possibile le entità delle opere di escavazione e di conseguenza la quantità di materiale di risulta per evitare modifiche agli strati geologici del terreno. Al fine di non arrecare costipamento del terreno si utilizzeranno escavatori gommati. Si effettuerà il trasporto in discarica di tutto il materiale in eccesso proveniente dagli scavi e non ulteriormente utilizzabile, qualora risultasse non idoneo come materiale di riempimento, provvedendo a verificare che le discariche siano regolarmente autorizzate allo smaltimento di rifiuti e che le stesse siano ricettive in relazione alla quantità ed alla qualità dei materiali da conferire. Si consiglia al fine di limitare l’inquinamento luminoso, acustico, atmosferico e di osservare le indicazioni contenute in questo studio. Tutte le luci di cantiere dovranno essere dirette dall’alto verso il basso con esclusione di fasci di luce sopra l’orizzontale. 67 Misure per la protezione dell’avifauna: Le tettoie e le pareti realizzate totalmente in vetro (specie dei giardini d’inverno) vengano realizzate in materiale traslucido non riflettente; Non sono ammesse zone d’angolo di edifici in vetro o materiale trasparente; Eventuali lastre riflettenti devono avere basso grado di riflessione esterna (max 15%); Al fine di mitigare l’impatto visivo riflettente si devono utilizzare caratteristiche cromatiche con tonalità morbide e quanto più omogenee a quelle già esistenti nel panorama del paesaggio circostante; La sistemazione esterna non preveda la presenza di superficie verde attrattiva o di alberi qualora posti di fronte a facciate riflettenti, le quali dovranno essere comunque ridotte al minimo possibile e ampiamente giustificate in sede di relazione progettuale, dimostrando – anche attraverso fotorendering – che le stesse non creano effetto trappola per l’avifauna; Eventuali pannelli fonoisolanti siano realizzati in materiale opaco o traslucido o con adeguata marcatura su tutta la superficie; I passaggi e le passerelle sopraelevate vengano realizzate in materiale opaco o traslucido; I prospetti dei balconi siano realizzati in materiale opaco o traslucido o, se trasparenti, adeguatamente marcati su tutta la superficie; I giochi e le installazioni nei giardini siano di materiale opaco o traslucido; Non sono ammesse superfici a specchio; Le lampade esterne siano a vapori di sodio ad alta pressione (o vapori di alogenuri metallici), con temperatura superficiale inferiore a 60°C, schermate, con illuminazione dall’alto e direzione del fascio verso gli spazi da illuminare e con assoluta esclusione di fasci di luce sopra l’orizzontale; Non è consentita l’installazione di riflettori e luci laser con fasci luminos i diretti sopra l’orizzontale. Misure per la protezione dell’habitat: Le aree destinate a verde siano realizzate mediante la piantumazione di essenze vegetali appartenenti alla "macchia mediterranea" secondo la definizione di cui all'art. 1 del D.P.R.S. 28/06/2000 in raccordo con le previsioni del Piano di Gestione “Monti Peloritani”, oltre ad alberi e/o specie botaniche autoctone facenti parte della tradizione locale; dovranno inoltre essere utilizzate specie vegetali autoctone o di comunità vegetali pioniere successionali correlate dinamicamente con la vegetazione naturale potenziale secondo le prescrizioni rese dal tecnico valutatore; La sistemazione ai sensi dell'art. 68 delle N.T.A. del vigente P.R.G., deve indicare le essenze da impiantare (carta del verde) e il relativo calcolo della superficie e del numero degli esemplari vegetali con adeguata legenda. (Occorre prevedere la piantumazione di alberi ed arbusti – quali opere di mitigazione – che siano autoctoni e non estranei all’ambiente, non essendo ammissibile la messa a dimora di esemplari vegetali esotici ed essendo necessario che tali mitigazioni mirino, quanto più possibile, alla rinaturalizzazione dei luoghi secondo le previsioni del Piano di gestione “Monti Peloritani”). Ogni due alberi o arbusti dovrà essere prevista l’installazione di un nido realizzato in materiale naturale e/o una casetta e/o un rifugio in legno per l’avifauna. La pavimentazione dei percorsi orizzontali, dei parcheggi e degli spazi pedonali e carrabili residuali dagli interventi sia realizzata con materiale permeabile che consenta il naturale assorbimento nel terreno sottostante delle acque bianche; 68 In base al DECRETO DEL MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO del 01/04/2004 contenente “Linee guida per l’utilizzo di sistemi innovativi nelle valutazioni d’impatto ambientale”, l’utilizzo di bitumi, malte, intonaci, pitture e rivestimenti in Biossido di Titanio (TiO 2 ) idonei per la riduzione di NO x, VOC, batteri e di altri inquinanti atmosferici. Tutti i muri di recinzione previsti non dovranno superare l'altezza di m 1,00; gli stessi dovranno avere tutti i paramenti a vista in pietra locale sbozzata a mano senza listatura dei giunti. La restante parte della recinzione potrà essere con ringhiera in ferro a disegno lineare verniciata con pittura a dispersione micacea nelle tonalità proprie dei materiali ferrosi; Sugli edifici e su eventuali sopraelevazioni o sottotetti dovrà essere prevista l’installazione di nidi realizzati in materiale naturale e/o casette e/o rifugi in legno per l’avifauna, in quantità adeguata stabilita dal valutatore ambientale; Lungo le recinzioni dovranno essere previste barriere verdi realizzate con siepi e/o rampicanti secondo le sopracitate modalità; Le opere murarie di contenimento delle terre di altezza inferiore a 1,00 m siano realizzate in muratura di pietrame a secco; Ove, per necessità tecniche, fosse necessario realizzare opere di contenimento delle terre in c.a. o in c.1.s. le stesse, in applicazione del disposto dell'art. 13 della L. R. 10/08/85 n.37, dovranno avere i paramenti a vista rivestiti in pietra locale sbozzata a mano senza listatura dei giunti e dovranno essere realizzati in conformità alle eventuali prescrizioni degli Enti preposti alla tutela di vincoli paesaggistici o ambientali. Tutte le opere esterne in ferro siano finite con vernici a dispersione micacea, pigmentate nei colori propri dei materiali ferrosi. PIANO DI MONITORAGGIO AMBIENTALE Nell’ambito della tutela ambientale, considerato che l’area d’interesse progettuale ricade all’interno di una Zone di Protezione Speciale (ITA 030042), riteniamo opportuno monitorare per un periodo di tempo determinato, gli effetti che il progetto in oggetto potrebbe avere sugli habitat circostanti. Pertanto applichiamo un preciso Piano di Monitoraggio Ambientale (PMA) per alcune componenti ambientale (habitat, vegetazione, suolo, fauna). La sua progettazione si basa sul contesto del territorio interferito dall´opera e sugli effetti dovuti alle modifiche ambientali causate dalle azioni progettuali; si tratta uno strumento flessibile che deve essere sottoposto a revisione e integrazione con nuovi punti di monitoraggio, maggior frequenza di rilievo o parametri aggiuntivi, ogniqualvolta se ne ravveda la necessità, al fine di adotta re le adeguate "contromisure" (modifica e/o ulteriori opere di mitigazione, ecc.). Il monitoraggio ambientale è organizzato in tre fasi distinte: - Fase Ante Operam: eseguito prima dell´inizio dei lavori, definisce lo stato di bianco ambientale. - Fase Corso d´Opera: è effettuato sul cantiere, per tutta la durata dei lavori. I dati prodotti sono confrontati in maniera critica con i dati della fase Ante Operam. - Fase Post Operam: ad ultimazione dei lavori verrà effettuato un monitoraggio dell’opera in fase di esercizio per alcune componenti ambientali coinvolte. 8.1 INDICATORI AMBIENTALI Gli approfondimenti dello studio sulle varie componenti ambientali viene effettuato attraverso gli indicatori ambientali; sono questi gli strumenti in grado di fornire info rmazioni in forma sintetica di un fenomeno più complesso o di rendere visibile un andamento. Un indicatore ha un significato di sintesi ed è elaborato con il preciso obiettivo di dare un “peso” quantitativo a parametri caratteristici della comunità presa in esame, è un indice che mostra quantitativamente le condizioni del sistema. Possiamo individuare, in base al modello Pressione-Stato-Risposta proposto in ambito nazionale dall’OECD (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), tre tipi di indicatori ambientali: Indicatori di stato: fanno riferimento alla qualità dell’ambiente in tutte le sue componenti e evidenziano situazioni di fatto in un preciso momento temporale; quando 69 misurano la reattività o il livello di esposizione ad alterazioni o fattori di degrado del sistema ambientale e insediativo sono anche detti indicatori di qualità/degrado/esposizione. Indicatori di pressione: misurano la pressione esercitata dalle attività umane sull’ambiente e sono espressi in termini di emissioni o di consumo di risorse (flussi di materia). Indicatori di risposta: sono necessari per prevenire o mitigare gli impatti negativi dell’attività umana e riassumono la capacità e l’efficienza delle azioni intraprese per il risanamento ambientale, per la conservazione delle risorse e per il conseguimento degli obiettivi assunti. A questi possiamo affiancare quegli indicatori che si limitano alla caratterizzazione di aspetti utili alla descrizione del contesto di riferimento: indicatori di scenario. Un modello di nuova concezione che meglio individua il concetto di sostenibilità è dato dal modello DPSIR. Il modello DPSIR è un’estensione del modello PSR (Pressione-Stato-Risposta) ed è la struttura di indicatori più ampiamente accettata; tale schema sviluppato in ambito EEA (European Environment Agency) e adottato dall’ANPA per lo sviluppo del sistema conoscitivo e dei controlli i campo ambientale (Indicatori Descrittivi), si basa su una struttura di relazioni causali che legano tra loro i seguenti elementi: - Determinanti - Pressioni - Stato - Impatti - Risposte Tale modello evidenzia l’esistenza, “a monte” delle pressioni, di forze motrici o Determinanti, che in sostanza possono essere identificati con le attività e i processi antropici che causano le pressioni (trasporti, produzione industriale, consumi). Gli indicatori di Pressione descrivono le variabili che direttamente causano i problemi ambientali (emissioni tossiche di CO2, rumore, ecc.). A “valle” delle pressioni sta invece lo Stato della natura che si modifica a tutti i livelli in seguito alle sollecitazioni umane (temperatura media globale, livelli acustici, ecc.) Il modificarsi dello stato della natura comporta Impatti sul sistema antropico (salute, ecosistemi, danni economici); tali impatti sono per lo più negativi, poiché il modificarsi dello stato della natura in genere coincide con un suo allontanarsi dalle condizioni inizialmente esistenti, favorevoli alla prosperità umana. La società e l’economia, di fronte a tale retroazione negativa, reagiscono fornendo Risposte (politiche ambientali e settoriali, iniziative legislative e pianificazioni) basate sulla consapevolezza dei meccanismi che la determinano. Le risposte sono dirette sia alle cause immediate degli impatti (cambiamenti dello stato) sia all e loro cause più profonde, risalendo fino alle pressioni stesse e ai fattori che le generano (determinanti). Per il monitoraggio in corso d’operam e post operam sono stati individuati i seguenti indicatori ambientali di stato che avranno la funzione di controllare la qualità ambientale dell’area d’interesse progettuale: COMPLESSITA’ ED ORGANIZZAZIONE DELL’ECOMOSAICO TERRITORIALE: 70 Elenco degli habitat presenti nel sito; Estensione complessiva dell’habitat; Dimensione della tessera più estesa dell’habitat. ASSETTO FLORISTICO E VEGETAZIONALE: Elenco delle specie vegetali; Presenza di specie vegetali di elevato valore biogeografico e conservazionistico; Presenza di specie alloctone vegetali; Controllo per i primi 2 anni dell’attecchimento e della crescita dell e piantine piantumate nelle aree a verde; Analisi fitosociologica: Saranni effettuati dei rilievi floristici e fitosociologici secondo il metodo Braun Blanquet nelle medesime aree dove sono stati effettuati i rilievi fitosociologici ante-operam; verrà analizzato lo spettro corologico, lo spettro biologico e l’indice di abbondanza per ogni singola specie, in modo tale da avere un confronto con lo stato di bianco ambientale e controllare eventuali presenze lungo l’area d’interesse progettuale di nuove specie vegetali alloctone. FATTORI DI DISTURBO E DI ALTERAZIONE AMBIENTALE Effetti della degradazione del suolo: erosione idrica incanalata e di massa (frane); compattazione dovuti a calpestio e/o a traffico veicolare. Effetti dell’inquinamento atmosferico sul suolo: Per controllare i principali parametri fisicochimici nel suolo (PH, conducibilità, metalli pesanti, ecc.) saranno effettuati dei rilievi pedologici in punti prestabiliti in prossimità dell’area d’interesse progettuale, secondo dei transetti da definirsi che verranno sovrapposti su una mappa della zona a scala 1.2.000 è sarà georeferenziata con l'identificazione delle coordinate geografiche GPS. Nelle aree oggetto di studio, per le operazioni di campionamento si procederà secondo le direttive impartite dalle linee guida del "Manuale per l'esecuzione e la descrizione della trivellata", redatto dall'Assessorato Agricoltura e Foreste della Regione Sicilia -Gruppo IV - Servizi allo sviluppodella Sezione operativa n. 8 di S. Agata di Militello, in ottemperanza al D.M.13/09/1999. Le trivellazioni, saranno eseguite utilizzando una trivella manuale del tipo “olandese”, con prelievi a profondità da 0 a 0,50 m e da 0,50 a 1,00 m., prelevando per ogni sub campione circa 1 kg di materiale. I sub campioni, saranno osservati per l'identificazione dei dati fisici esteriori, raccolti in sacchetti di PVC, etichettati, sigillati e portati nei laboratori autorizzati per le ulteriori analisi chimico-fisiche. Per ogni sub-campione verrà redatta una dettagliata scheda di campagna, con i dati cartografici identificativi del sito, l'uso del suolo secondo la legenda Corine Land Cover o l’analisi degli habitat secondo la classificazione Corine Biotopes, le caratteristiche fisiografiche e litologiche, la classe tessiturale, il colore, il grado di umidità, lo scheletro, la struttura, eventuali screziature e la quantità sostanza organica. Effetti dell’inquinamento atmosferico su specie vegetali: sintomi connessi a una riduzione della crescita; sintomi connessi a un’alterazione della crescita; sintomi di stress idrico. ASSETTO FAUNISTICO Presenza di specie animali a elevato valore biogeografico; Presenza di specie animali rare e/o minacciate; Presenza di specie animali alloctone; Conteggio dei corpi di animali morti in prossimità dell’opera in oggetto ed osservazione dei comportamenti delle specie faunistiche in prossimità della medesima: Il metodo utilizzato per controllare l’impatto sulla fauna è quello ormai standardizzato dei percorsi campione lungo l’area di progetto, recuperando i corpi degli animali morti, affiancato dal metodo dell’osservazione diretta per verificare i comportamenti delle varie specie di fauna (invertebrati, erpetofauna, teriofauna, avifauna) in prossimità dei fabbricati; i conteggi saranno annotati in un’apposita scheda. I rilievi faunistici saranno eseguiti all’interno dell’area in esame e nel perimetro esterno, seguendo percorsi lineari con soste periodiche di circa 15 minuti in punti prestabiliti. Percorsi campione e osservazione diretta saranno applicati alternativamente per 2 giorni ciascuno per un totale di 10 giorni per la prima metodologia e 8 giorni per la seconda. Questi 18 giorni saranno ripetuti in varie stagioni: 71 periodo 1 (inverno): dicembre dell’anno d’inizio dei lavori (sessione utilizzata per l’adattamento locale della metodologia e non utilizzata nell’elaborazione dei dati); periodo 2 (primavera): aprile-maggio dell’anno successivo a quello d’inizio lavori; periodo 3 (estate): giugno-luglio dell’anno successivo a quello d’inizio lavori; periodo 4 (autunno): ottobre e dicembre dell’anno successivo a quello d’inizio lavori; 72 8– COMPLEMENTARIETÀ Nel presente paragrafo si analizzano gli effetti e gli impatti cumulativi che il singolo progetto in oggetto può produrre sull’ambiente ponendolo in rel azione con altri progetti, di cui si è a conoscenza, in corso d’approvazione o in corso di realizzazione in aree adiacenti o limitrofe. Si premette che il principio di complementarietà applicato alle V.I.A. riguarda i piani o progetti aventi impatti significativi sull’ambiente, cosa che non riguarda lo specifico progetto di cui trattasi, sia per tipologia d’intervento che per mancanza d’habitat prioritario da salvaguardare. Lo studio, dopo la ricerca di altri progetti in corso di realizzazione o approvazi one in aree limitrofe, è stato articolato nelle seguenti fasi: Ricerca in aree limitrofe di progetti in corso di realizzazione o di approvazione ed inquadramento normativo (strumenti urbanistici); Valutazione di eventuali effetti cumulativi; Considerazioni conclusive relative alla complementarietà del progetto in esame. L’Analisi, ha evidenziato come le tipologie di vegetazione e i relativi coefficienti di naturalità definiscono una tipologia di vegetazione sinantropica ruderale con basso valore ecologico, i possibili impatti sono attenuati dalle opere di mitigazione comunque previste. Il manufatto oggetto della presente realizzazione ricadrà interamente, su un’area privata individuata al N.C.T. del Comune di Messina al foglio 47 part.1267. Nella Variante Generale al Piano Regolatore Generale approvata con D.D.R. n.686/2002 l’area oggetto dell’intervento ricade interamente in area individuata come “Piano Particolareggiato Capo Peloro”. Il principio di complementarietà pone in evidenza la necessità di sottoporre a valutazione d’incidenza il singolo progetto anche secondo il criterio di cumulo degli effetti che lo stesso produce insieme ad altri progetti. Risultano realizzati o in via di realizzazione già approvati dal Comune e ricadenti entro il raggio di due chilometri i seguenti progetti, si riportano di seguito quelli che hanno una influenza maggiore: Ditta Laganà Giuseppe ed Antonia Progetto per la costruzione di un fabbricato per civile abitazione sito in via Pozzo Giudeo del villaggio Torre Faro. villaggio Torre Faro. Microzona: 3 (NORD) ‐ Capo Peloro Foglio: 47 ‐ Part.: 2187 ‐ Sub.: del 26/06/2012 determina dirigenziale n. 79 Ditta Longo Giacomo Progetto per la realizzazione di un fabbricato a tre elevazioni fuori terra oltre piano in deroga e sottotetto sito in via III Palazzo, villaggio Torre Faro del Comune di Messina Villaggio torre faro ‐ Messina Microzona: 3 (NORD) ‐ Capo Peloro Foglio: 47 ‐ Part.: 641 ‐ con determina dirigenziale del 06/11/2012 n.71. Ditta Donato Giuseppe e Eugenia con determina dirigenziale n. 25 del 22 -01-2008 ricadente nel foglio di mappa n.47 particelle313 -117 Ditta Cutugno Paolo e Scarfi Angela con determina dirigenziale n. 122 del 23/12/2009 ricadente nel foglio di mappa n.47 particelle 1032,1749 1750, 1339, 554 Ditta Russo Attilio e Repici Beatrice con determina dirigenziale n. 50 del 08/04/2009 ricadente nel foglio di mappa n.47 particelle 946, 1312, 1311, 998. Ditta Maiorana Caterina con determina dirigenziale n. 124del 23/12/2009 ricadente nel foglio di mappa n.47 particelle 1751 Ditta Amorini Giuseppe con determina dirigenziale n. 27 del 01-04 2010 ricadente nel foglio di mappa n.47 particelle 994 Ditta Maria Andreina Ciraolo con determina dirigenziale n. 60 del 23-04-2008 ricadente nel foglio di mappa n.47 particelle 1401. Ditta Scipilliti Giovanni e Liliana con determina dirigenziale n. 32 del 1 9-02-2008 ricadente nel foglio di mappa n.47 particelle 1236 – 968. Ditta Cutugno Mary e Antony con determina dirigenziale del 05/10/2010 ricadente nel foglio di mappa n.48 particelle 1292 73 Ditta Cutugno Caterina con determina dirigenziale 56 del 05-11- 2007 ricadente nel foglio di mappa n.48 particelle 735 Ditta Longo Giacomo con determina dirigenziale 57 del 05-11- 2007 ricadente nel foglio di mappa n.48 particelle 505 Ditta Santagati Fortunata con determina dirigenziale 65 del 06-07- 2010 ricadente nel foglio di mappa n.48 particelle 606 -1020 Ditta Zanghì Daniela Realizzazione di un edificio ad una elv. F.t. più seminterrato e mansarda vill. Torre Faro, Via Palazzo n. 35 Mensina Microzona: 3 (NORD) Capo Peloro Foglio: 48 Part.: 754 Sub.: del 09/04/2012 Relativamente alle aree limitrofe queste risultano di fatto ormai sature urbanisticamente con strade ed edifici di antica realizzazione. Check List: Valutazione cumulativa Fasi della valutazione Identificazione dei progetti che possono interagire Identificazione dell’impatto Attività da espletare Sono previste in atto nuove edificazioni che possano interagire con il progetto in esame. Ma si tratta di impatti limitati e temporanei. Gl’impatti attesi a seguito della realizzazione delle opere, sia 74 Definire i limiti della valutazione Identificazione del percorso Previsione Valutazione singolarmente che cumulativamente, non provocano: Sottrazione significativa di habitat Interferenza o sottrazione di falda idrica Aumento significativo di rumore ed emissioni in atmosfera Effetto cumulativo con altri progetti Interruzione di corridoi ecologici. Non vi è interferenza con siti lontani (offsite) Non sono stati individuati significative interferenze o accumulazione di effetti nel tempo e nello spazio. Gli effetti cumulativi potenziali sono temporanei e limitati. Non si prevedono impatti cumulativi significativi e se ci fossero sarebbero limitati e temporanei. Il territorio in oggetto si è sviluppato un consistente nucleo urbano in coerenza con le previsioni del PRG vigente. L'area pur rientrando nella Zps ITA030042, è antropizzata, pertanto la realizzazione dell'opera in progetto, con tutti gli accorgimenti necessari per la tutela dell'ambiente circostante è tollerabile. Gli interventi si impostano su una area già caratterizzata da un’intensa attività antropica che ha già provocato una profonda modificazione dell’ambiente naturale. Le analisi condotte già nella valutazione d’incidenza hanno evidenziato che non verranno sottratti habitat di particolare rilievo o ideali per la nidificazione e non saranno indotti particolari interventi che possono alterare le catene alimentari. Le opere di mitigazione contribuiranno a migliorare l’inserimento dell’opera nel contesto ambientale esistente. In particolare si inseriranno specie arboree e arbustive autoctone tipiche della zona e favorire la naturalità dei luoghi, incoraggiando la presenza di popolazioni di varie specie di avifauna. Pertanto, considerate le dimensioni dell’intervento, si può affermare che non si prevedono effetti cumulativi significativi sul sito in esame e se ci fossero sarebbero cumuli temporanei e reversibili, eventualmente nel caso specifico gli effetti cumulativi si potrebbero realizzare o in fase di cantiere, nel periodo di realizzazione dei lavori ma l’area di progetto è inserita in un contesto già molto alterato ed esposto a rumore, o in fase d’esercizio a causa di afflusso di persone o a causa di illuminazione , ma anche questi effetti sono limitati e temporanei. I sottoscritti: Dr. Cumbo Enzo nato ad Agrigento il 22.04.1961 e residente a MESSINA Viale regina Margherita 69; Dott. Geol. Alessandro Fazio nato a Messina il 12/02/1979 e residente in Messina Viale Principe Umberto 119/A, in qualità di Consulenti ambientali consapevoli delle sanzioni penali, nel caso di dichiarazioni non veritiere e falsità negli atti, previste dall'art. 76 Dpr 28.12.2000 n. 445 DICHIARANO 75 sotto la propria personale responsabilità in merito alla veridicità della visualizzazione degli impatti cumulativi che gli elementi conoscitivi riportati nel presente paragrafo sulla complementarietà di piani e progetti, sono stati tratti da sopralluoghi, rilievi ecologici nell’area interessata e dalle consultazioni degli elenchi dei piani/progetti già muniti di determina di valutazione di incidenza e ricadenti entro il raggio di due chilometri, sulla scorta dei dati raccolti dal “DIPARTIMENTO ATTIVITÀ EDILIZIE E REPRESSIONE ABUSIVISMO Servizio Valutazioni di Incidenza ecologica”. In fede In fede 76 9 – CONCLUSIONI L’area oggetto dell’intervento ha un’estensione complessiva di mq 160 ca., con un fronte lato strada di m 42 ca. ed una profondità di m 3,90 ca. In catasto risulta individuata al fg. 47 part 1267 del comune di Messina. Il terreno confina a Sud con strada comunale Via Torre Bianca già via Marina di Fuori, a Nord con area del Demanio Marittimo in catasto individuata al N.C.T. al fg. 47 part. 2087, ad Ovest con terreno altra ditta in catasto fg. 47 part. 972, ad Est con via di accesso all’arenile, comunale. Alla proprietà si accede, carrabilmente e pedonalmente, tramite la strada principale comunale Via Torre Bianca già Via Marina di Fuori, con la quale confina direttamente. L’area in oggetto risulta, mediamente alla stessa quota, rispetto alla quota stradale. Su tutta la superficie della proprietà risulta essere presente una gettata di calcestruzzo dello spessore di circa 10 cm. Il terreno risulta essere delimitato lati Sud, Est ed Ovest, da una recinzione costituita da u n muretto in calcestruzzo di circa 40cm di altezza e 30 cm di larghezza, sul quale sono apposti dei paletti metallici che sorreggono la rete metallica. Lungo il muretto, lato strada (lato Sud), è presente una bordura discontinua di Pitosforo , che verrà mantenuta. Il progetto prevede per la realizzazione l’impiego di legno lamellare pretagliato, e trattato, in stabilimento con impregnatrice automatica a controllo numerico, con una mano di vernice idrorepellente e igroregolante; l’essenza legnosa sarà del tipo “Abete Rosso”, della classe GL24h “industriale”. L’intervento sarà costituito dalla collocazione di una struttura principale, nella porzione Ovest del terreno, di m 12 ca di lunghezza per m 3,80 ca di larghezza e m 3,00 ca. di altezza. L’orditura principale di travi e pilastri in legno lamellare di idonee sezioni sarà ancorata al terreno con carpenteria metallica (porta pilastro, scarpa, staffa, ecc.) e relativi fissaggi (viti, tasselli, chiodi, ecc.). A seguire la struttura secondaria verrà fissata meccanicamente a quella principale per mezzo dei relativi fissaggi; quindi, sempre meccanicamente, verrà fissata la copertura in perlinato di legno di abete. L’area esterna rimanente di circa mq 80 verrà attrezzata per la posa di sedie e tavoli. Sul fronte strada verrà lasciata la siepe esistente di pitosforo, mentre verrà realizzato un pergolato, sempre con legno lamellare di abete rosso, pretagliato e pretrattato, di dimensioni pari a m 3,00 x 20,00 ca., con un’altezza di ca. 2,20 m. La struttura portante del pergolato sarà ancorata a terra con apposite staffe di carpenteria metallica (porta pilastro, scarpa, staffa, ecc.) e relativi fissaggi (viti, tasselli, chiodi, ecc.). Al disotto di questo pergolato verranno disposti i tavolini per gli avventori su due fi le separate in mezzo da un percorso pedonale realizzato con tavolato di legno di abete; il percorso si estenderà per tutta la lunghezza dell’area partendo dallo stabile Cucina e terminerà nell’area Servizi. Lungo il confine lato Nord, lato area demaniale, verrà realizzata una recinzione con uno steccato in legno di abete rosso, i cui pali di sostegno saranno conficcati nel terreno. Il manufatto dovrà essere allacciato alla rete idrica, mentre lo scarico delle acque bianche e nere avverrà utilizzando la rete comunale esistente. Si può comunque prevedere che l’incidenza negativa prodotta sulla componente naturalistica presente sul territorio della ZPS non sia significativa. L’area oggetto di studio ricade in habitat 8611 tessuto residenziale compatto e denso per cui presenta complessivamente un elevata pressione antropica che dura da secoli, l’impatto vegetazionale si può sostenere limitato, vista la dimensione dell’intervento, e considerato che l’area si inserisce in un contesto fortemente alterato dalla presenza umana. L’area di stretto interesse progettuale è caratterizzata da una elevata povertà faunistica. Essa appare infatti già fortemente antropizzata e comunque caratterizzata da sostanziale omogeneità: l’elevato grado di antropizzazione e la forte riduzione di vegetazione naturale si traducono in un basso livello di naturalità, che limita notevolmente la presenza e la 77 frequentazione di questi habitat da parte di quelle specie ritenute di particolare importanza naturalistica. Occorre però segnalare l’interferenza legata all’emissioni acustiche al traffico veicolare, che potrebbero indurre effetti di distrurbo sulla rotta migratoria degli uccelli, in quanto la zona è uno dei punti più importanti di attraversamento. L’inquinamento acustico è comunque modesto considerato il fatto che il clima acustico è gia sensibilmente disturbato dalla rumorosità indotta dall’abitato. A questo proposito è opportuno ricordare che spesso gli animali sviluppano forme di adattamento nei confronti dele mutate condizioni stazionali, purchè l’entità di tali modifiche non sia tale da far venire meno alcuni aspetti fondamentali, come il reperimento di cibo. Perciò si può dedurre che per quanto riguarda il territorio compreso all’interno della ZPS, sia significativamente idoneo ad ospitare l’avifauna, soprattutto il SIC, l’area di stretto interesse progettuale non si configura come habitat particolarmente adatto per nessuna di queste popolazioni, essendo già fortemente compromesso e degradato. Grazie agli inteventi di mitigazione si offriranno luoghi di nidificazione per alcune specie di avifauna Come visibile nelle cartografie del Ministero dell’Ambiente l’area di progetto non ricade nel sic "Dorsale Curcuraci – Antennammare” e nel sic -ITA03008 “Laguna di Capo Peloro” L'area pur rientrando nella Zps ITA030042, è antropizzata, pertanto la realizzazione dell'opera in progetto, con tutti gli accorgimenti necessari per la tutela dell'ambiente circostante è tollerabile. La complementarietà risulta assolutamente sostenibile e l’incidenza del progetto sull’ambiente, anche dal punto di vista degli effetti cumulativi, risulta nel suo complesso accettabile perché inserita in un contesto urbano. In conclusione, il progetto in esame determina una possibilità minima di impatti significativi sul sito Natura 2000, in quanto non interferisce con l’attuale stato di integrità del sito Natura 2000 né con gli obiettivi presenti di conservazione e protezione ambientale, ciò poiché si tratta di ambiente a basso valore ecologico. Il livello degli impatti e la durata degli effetti relativi saranno in parte mitigabili attraverso l’adozione degli interventi di mitigazione e compensazione descritti nei paragrafi precedenti. Messina I Consulenti Ambientali 78 79 80 MODELLO DICHIARAZIONE SOSTITUTIVA (Resa ai sensi dell'art. 3 del D.lgs. 19.12.2002 n. 297 - art. 46 Dpr. 28.12.2000 n. 445) Il sottoscritto Cumbo Enzo nato ad Agrigento il 22.04.1961 e residente a Messina in Viale Regina Margherita n.69 Consapevole delle sanzioni penali, nel caso di dichiarazioni non veritiere e falsità negli atti, previste dall'art. 76 Dpr 28.12.2000 n. 445 DICHIARA - di essere in possesso della Laurea in Scienze geologiche, conseguita il 28.02.1988 presso l’Università degli studi di Palermo Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali. - di essersi abilitato alla professione di Geologo presso l’Università degli Studi di Pal ermo - di essere iscritto all’Albo Regionale dei Geologi di Sicilia con il n° 949 dal 02.05.1991. - di essere in possesso delle conoscenze scientifiche e di esperienza professionale nei seguenti settori ambientali: geologico, idrogeologico, geotecnico, geomorfologico, paesaggistico,faunistico, biologico, naturalistico, ecologico ed ambientale. Messina__Mag. 2012 FIRMA Dott. Enzo Cumbo 81 82
© Copyright 2024 Paperzz