Associazione Filarmonica di Rovereto STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO ORCHESTRA “HAYDN” DI BOLZANO E TRENTO XCIII Stagione dei concerti 2014-2015 INIZIATIVA REALIZZATA CON IL SOSTEGNO DI: MinistERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI Provincia Autonoma di Trento - Assessorato alla Cultura cOMUNITà DELLA VALLAGARINA COMUNE DI ROVERETO - ASSESSORATO ALLA CONTEMPORANEITÀ ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO fondata da Pietro Marzani (1889-1974) Presidente Luisa Canal Vice Presidente Giancarlo Piombino Direttore artistico Mariano Andreolli Consiglieri Francesca Aste Barbara Broz Barbara De Boni Renato Filippi Flavio Martinelli Giuseppe Mocatti Organizzazione generale Bianca Gaifas Revisori dei conti Anna Gianmoena Carlo Guarinoni Segreteria Bianca Gaifas Maurizio Setti 38068 Rovereto (TN) - Italia Corso Rosmini, 78 - Tel. e Fax 0464·435255 E-mail: [email protected] www.filarmonicarovereto.it 4 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO STAGIONE 2014-2015 | CALENDARIO DEI CONCERTI 2014 Martedì 21 ottobre Teatro Zandonai Giovanni Bellucci pianoforte Giancarlo Giannini voce SOGNO DI UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE musiche di: W. Byrd, L. v. Beethoven, F. Busoni, F. Chopin, F. Liszt , F. Mendelssohn Bartholdy, G. Rossini, C. H. V. Alkan Sabato Francesca Aste, Emilia Campagna pianoforte; 8 novembre Anna Boschi, Lucia Comandella, Sala FilarmonicaDunja Ilic flauto; Renato Samuelli, Mauro Tonolli chitarra; Aldo Campagnari violino CARO JAN! Omaggio a Jan Nováknel trentesimo della morte musiche di: Jan Novák Martedì 25 novembre Sala Filarmonica DUO Alexandra Conunóva violino e Julien Quentin pianoforte musiche di: F. Schubert, F. Poulenc, R. Strauss Lunedì 1 dicembre Teatro Zandonai Alexander Kobrin pianoforte musiche di: L. v. Beethoven, F. Chopin 2015 Venerdì QUARTETTO D’ARCHI DEL TEATRO 16 gennaioDI SAN CARLO - MILANA STREZEVA Sala Filarmonica Cecilia Laca violino Luigi Buonomo violino Antonio Bossone viola Luca Signorini violoncello Milana Strezeva pianoforte musiche di: D. Šostakovič, M. Ravel STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015 5 Sabato 24 gennaio Sala Filarmonica Pino Carrer chitarra musiche di: F. Sor Martedì 3 febbraio Sala Filarmonica Maria Perrotta pianoforte musiche di: J. S. Bach Lunedì 9 febbraio Sala Filarmonica Marija Pavlovic clarinetto Maja Bogdanovic violoncello Martina Filjak pianoforte musiche di: L. v. Beethoven, M. Tajčević, J. Brahms Martedì 10 febbraio Teatro Zandonai ORCHESTRA HAYDN Concerto di Carnevale musiche di dinastia Strauss, F. Lehár, G. Rossini Lunedì 16 febbraio Sala Filarmonica QUARTETTO SENTIERI SELVAGGI Andrea Rebaudengo pianoforte Aya Shimura violoncello Mirco Ghirardini clarinetto Piercarlo Sacco violino musiche di: P. Glass, F. Del Corno, T. Adès, C. Boccadoro, G. Colombo Taccani Sabato THE CHRISTIAN 28 febbraio WALLUMRØD’S ENSEMBLE Sala Filarmonica Christian Wallumrød pianoforte e harmonium Eivind Lønning tromba Espen Reinertsen sassofono Tove Törngren violoncello Per Oddvar Johansen percussioni, vibrafono musiche di: C. Wallumrød 6 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO Venerdì QUARTETTO AVIV 6 marzo Sergey Ostrovsky violino Sala Filarmonica Evgenia Ephstein violino Noèmie Bialobroda viola Aleksandr Khramoucin violoncello musiche di: F. J. Haydn, A. v. Zemlinsky, L. v. Beethoven SabatoORCHESTRA HAYDN 14 marzoGiacomo Sagripanti direttore Teatro Zandonai musiche di: L. v. Beethoven, F. Mendelssohn Bartholdy SabatoAnne Kaun violino 21 marzo Julia Chmielewska clavicembalo Sala Filarmonica “L’imitazione della voce” musiche di: F. A. Bonporti, G. P. Telemann, J. G. Graun, J.J. Cassanéa de Mondonville Venerdì 10 aprile Sala Filarmonica ANTARES SEXTETT Atsuko Oba pianoforte Gabriele Bertolini flauto Masako Kozuki oboe Zsigmond Kara clarinetto Peter Loreck corno Benedikt Seel fagotto musiche di: F. J. Haydn, F. Schubert, L. v. Beethoven, J. Françaix, F. Poulenc Sabato TRIO ZUKERMAN / FORSYTH / CHENG 18 aprile Pinchas Zukerman violino Sala Filarmonica Amanda Forsyth violoncello Angela Cheng pianoforte musiche di: L. v. Beethoven, M. De Falla, C. Franck, F. Mendelssohn Bartholdy STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015 7 Mercoledì 22 aprile Auditorium S. Chiara Trento ORCHESTRA HAYDN Clemens Schuldt direttore Polina Pasztircsàk soprano musiche di: S. Hanke, G. Mahler Venerdì 8 maggio Sala Filarmonica Lorenza Baldo violoncello Yevheniya Lysohor pianoforte musiche di: F. Busoni, J. Brahms, N. Mjaskovskij, D. Šostakovič VenerdìORCHESTRA HAYDN 22 maggio Daniele Giorgi direttore Teatro Zandonai musiche di: C. W. Gluck, L. v. Beethoven, W. A. Mozart Lunedì 1 giugno Chiesa di S. Marco 8 ORCHESTRA HAYDN Concerto di musica sacra ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO Orchestra Haydn L’ Orchestra Haydn si è costituita nel 1960 per iniziativa dei Comuni e delle Province di Bolzano e di Trento e gode dei finanziamenti ministeriali del Fondo Unico per lo Spettacolo (FUS). Il suo repertorio spazia dal barocco ai contemporanei; in più occasioni autori come Luigi Dallapiccola, Luigi Nono, Luciano Berio, Franco Donatoni, Giorgio Battistelli, Matteo D’Amico e Giovanni Sollima le hanno affidato loro lavori in prima esecuzione assoluta. L’Orchestra Haydn ha preso parte a diversi festivals internazionali, apparendo in Austria (a Bregenz, Erl, al 10 Mozarteum di Salisburgo e al Musikverein di Vienna), Germania, Giappone (a Otsu e Tokio), Italia (in numerose sale da concerto, da Firenze a Milano, alla Sagra Musicale Umbra di Perugia e al Rossini Opera Festival di Pesaro), nei Paesi Bassi, negli Stati Uniti d’America, in Svizzera e in Ungheria. Sul suo podio sono saliti, fra gli altri, Claudio Abbado, Rinaldo Alessandrini, Riccardo Chailly, Ottavio Dantone, Eliahu Inbal, Alain Lombard, Jesús LópezCobos, Neville Marriner, Riccardo Muti, Daniel Oren, José Serebrier e Alberto Zedda; dopo il fondatore ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO di bolzano e trento Antonio Pedrotti si sono avvicendati come direttori stabili Hermann Michael, Alun Francis, Christian Mandeal e Ola Rudner. Dal 2003 al 2012 ne è stato direttore artistico Gustav Kuhn; dal marzo 2013 Daniele Spini è responsabile della progettazione artistica mentre dallo scorso settembre Arvo Volmer è il nuovo Direttore Principale dell’Orchestra. Moltissime sono le registrazioni radiofoniche e televisive per la RAI; ampio il catalogo di cd e dvd realizzati per Agorá (l’Oratorio San Francesco dell’altoatesino Padre Hartmann), Amadeus (il Triplo Concerto di Beethoven con il Trio di Parma), Arts, Camerata Tokyo (Concerti per flauto con Wolfgang Schulz), col legno (i cicli completi delle Sinfonie di Beethoven, Schumann e Brahms con Gustav Kuhn), Concerto, CPO (musiche di Domenico Cimarosa, Alfredo Casella e Riccardo Zandonai nonché del bolzanino Ludwig Thuille), Dynamic (Concerti per violino di Henri Vieuxtemps con Massimo Quarta), Multigram, Naxos (diverse opere di Rossini), Opus Arte, RCA (Adelia di Donizetti), Unitel (Alzira di Verdi), Universal (arie d’opera con il tenore Saimir Pirgu), VMC Classic e Zecchini. STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015 11 La collaborazione dell’Orchestra Haydn di Bolzano e Trento alla Stagione concertistica 2014-2015 dell’Associazione Filarmonica di Rovereto respira l’atmosfera contagiosa di trepidante entusiasmo e di energia che permea la città di Rovereto, e con lei la regione tutta, per il “ritorno” del Teatro “Riccardo Zandonai”. In questo raro gioiello architettonico, custode di una ricca storia di cultura mitteleuropea, ritrova gradita ospitalità l’Orchestra Haydn con una serie di importanti concerti, a cui si aggiunge, per la prima volta quest’anno, anche una matinée riservata agli alunni delle scuole. Il primo appuntamento, dedicato a Riccardo Zandonai, di cui si eseguiranno Primavera in val di Sole e la Piccola suite agreste, nasce grazie all’iniziativa congiunta dell’Associazione Filarmonica, del Centro Internazionale di studi “Riccardo Zandonai” e dell’Orchestra Haydn. Il cartellone che viene presentato nelle pagine seguenti vedrà salire per la prima volta sul podio dell’Orchestra l’israeliano Ariel Zuckermann, al quale si affiancano i giovani ma già affermati direttori Giacomo Sagripanti e Daniele Giorgi, impegnati in grandi pagine del classicismo viennese. Anche quest’anno sarà inoltre offerta agli abbonati la possibilità di assistere all’esecuzione della Quarta Sinfonia di Gustav Mahler in programma per mercoledì 22 aprile, presso l’Auditorium Santa Chiara a Trento, sotto la direzione del talentuoso Clemens Schuldt. La presenza dell’Orchestra Haydn nella Stagione roveretana si concluderà con un concerto di musica sacra l’1 giugno nella Chiesa di San Marco, promosso in sinergia dall’Associazione Filarmonica, dall’Associazione Conventus e dall’Orchestra Haydn. All’affezionato pubblico roveretano ed ai suoi ospiti auguro, anche a nome dell’Orchestra Haydn, del suo Responsabile artistico prof. Daniele Spini e del suo nuovo Direttore principale M°Arvo Volmer, una Stagione sinfonica ricca delle emozioni e dei pensieri sempre nuovi che la musica sa suscitare in noi. Chiara Zanoni Presidente dell’Orchestra Haydn di Bolzano e Trento I CONCERTI TEATRO ZANDONAI MARTEDì 21 OTTOBRE 2014 - ore 20.45 ___ SOGNO DI UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE PROGETTO DI RÉCITAL di GIOVANNI BELLUCCI DEDICATO A WILLIAM SHAKESPEARE NEL 450° ANNIVERSARIO DELLA NASCITA 1564-2014 GIOVANNI BELLUCCI pianista GIANCARLO GIANNINI recitante Programma senza intervallo: i diciannove brani che compongono la sequenza verranno eseguiti senza soluzione di continuità (si prega pertanto il gentile pubblico di applaudire, se lo desidera, soltanto al termine del “Sogno”) Gailliard in do minore n. 1 My Lady Nevell’s Book William BYRD (1540-1623) William SHAKESPEARE Canzone dell’ancella Enrico VIII, Atto III Scena I Ferruccio BUSONI (1866-1924) Elégie n. 4, «Turandots Frauengemach» Parafrasi virtuosistica su “Greensleeves” Canto attribuito a re Enrico VIII (1491-1547) per Anna Bolena (1501/07-1536) William SHAKESPEARE Monologo di Calibano La Tempesta, Atto II Scena II Ludwig van BEETHOVEN Sonata in re minore op. 31 n. 2 “La Tempesta” (1770-1827) Largo – Allegro William SHAKESPEARE Monologo di Ariel La Tempesta, Atto III Scena III Ludwig van BEETHOVEN Sonata in re minore op. 31 n. 2 “La Tempesta” Adagio STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015 15 William SHAKESPEARE Monologo di Prospero La Tempesta, Atto V Scena unica Ludwig van BEETHOVEN Sonata in re minore op. 31 n. 2 “La Tempesta” Allegretto William SHAKESPEARE & Fryderyk CHOPIN (1810-1849) Il mercante di Venezia, Atto V Scena unica, Lorenzo e Gessica Souvenir de Paganini in la maggiore B. 37 (Variazioni sul “Carnevale di Venezia”) William SHAKESPEARE Fryderyk CHOPIN Monologo di Amleto Amleto, Atto III Scena I Notturno in sol minore op. 15 n. 3 “Après une représentation de Hamlet” William SHAKESPEARE Charles-Valentin ALKAN (1813-1888) Sonetto CXLIV Scherzo in si minore op. 16 n. 3 William SHAKESPEARE Monologo di Jago Otello, Atto I Scena III Franz LISZT (1811-1886) Nessùn maggior dolore Canzone del Gondoliere (nel“Otello”III atto)di Gioachino Rossini(S.162/2), Années de Pèlerinage II 16 William SHAKESPEARE La Fata e Puck Sogno di una notte di mezza estate, Atto II Scena I Franz LISZT Felix MENDELSSOHN (1809-1847) Konzertparaphrase über Mendelssohns Hochzeitsmarsch und Elfenreigen aus der Musik zu Shakespeares Sommernachtstraum (S.410) William SHAKESPEARE Monologo di Puck (Epilogo) Sogno di una notte di mezza estate, Atto V Scena I ... FINE del SOGNO ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015 17 Giovanni Bellucci è, per la rivista Diapason, nella Top Ten dei pianisti lisztiani della storia, accanto alla Argerich, ad Arrau, Brendel, Cziffra, Zimerman. Nell’attribuirgli il premio discografico “Editor’s choice”, Gramophone definisce Bellucci “un artista destinato a continuare la grande tradizione italiana, storicamente rappresentata da Busoni, Zecchi, Michelangeli, Ciani, Pollini”. “Egli ci riporta all’età d’oro del pianoforte”: così Le Monde annuncia la vittoria di Bellucci alla World Piano Masters Competition di Montecarlo 1996, giunta al culmine di una serie di successi nei concorsi internazionali (Regina Elisabetta di Bruxelles, Prague Spring, Busoni di Bolzano, Premio A. Casella della RAI, C. Kahn di Parigi). Impegnato in un’intensa attività solistica, Bellucci è accompagnato da celebri orchestre: Los Angeles Philharmonic, Dallas Symphony, BBC Philharmonic, Russian Philharmonic, Sydney Symphony, Philharmonique de Monte-Carlo, Sinfonica dell’Accademia Nazionale di S. Cecilia, Sinfonia Varsovia, Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI, Orchestra da Camera di Zurigo, Orchestra del Teatro Nazionale di Mannheim. Invitato dai più importanti teatri di tradizione e festival (dall’Hollywood Bowl – cui deve il suo debutto americano di fronte a 18.000 spettatori - alla Herkulessaal di Monaco di Baviera, dal Théatre des Champs Elysées a Parigi alla Golden Hall del Musikverein di Vienna, dal teatro La Fenice di Venezia al Konzerthaus di Berlino, dal Rudolfinum di Praga nell’ambito del Prague Spring Festival – al Kennedy Center per la Performing Arts Society di Washington, dal Festival di Brescia e Bergamo all’Auditorio Belém di Lisbona, dove nel 2014 esegue in 5 récitals il ciclo integrale delle Sinfonie di Beethoven trascritte da Liszt, dall’Auditorium du Louvre a Parigi, dove ha interpretato le 19 Rapsodie Ungheresi di Liszt in due memorabili serate trasmesse in diretta da Radio France, al Festival di Ravello dove ha appena debuttato un tour di concerti dedicati al repertorio pianistico “shakespeariano”, accompagnato dal celebre attore Giancarlo Giannini nel ruolo di voce recitante), Giovanni Bellucci ha ricevuto – dopo la sua prima trionfale tournée australiana – il premio Recital of the year, attribuito dal Sydney Morning Herald. La discografia del pianista italiano è edita da Decca, Warner Classics, Accord/Universal. La Brilliant Classics è in procinto di pubblicare l’incisione di Bellucci delle 32 Sonate di Beethoven e delle 9 Sinfonie di Beethoven/Liszt (14 cd). Giancarlo Giannini è un attore, doppiatore e regista italiano. In carriera ha interpretato un’ampia gamma di personaggi, spesso diversissimi tra loro: dall’operaio proletario al boss mafioso, dal protagonista di film della commedia all’italiana a quello di pellicole di impronta più drammatica, utilizzando con disinvoltura anche numerosissimi dialetti, sia meridionali sia settentrionali. Specialmente agli inizi della sua carriera, è stato molto attivo anche in televisione, come attore brillante (in coppia anche con Mina), cantante e ballerino. È il teatro a regalargli i primi successi, soprattutto grazie al Romeo e Giulietta di F. Zeffirelli, che entusiasma addirittura il pubblico raffinato dell’Old Vic di Londra, e con La lupa, sempre sotto la direzione di Zeffirelli, accanto ad Anna Magnani. Fondamentale negli anni Sessanta è anche l’incontro con la regista italiana Lina Wertmüller, con la quale in futuro lavorerà più volte: nel 1967 gli offre il suo primo ruolo da prota18 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015 19 gonista nel Musicarello Non stuzzicate la zanzara, a fianco di Rita Pavone, ma non riesce a imporsi fino al 1970, anno in cui interpreta Dramma della gelosia - Tutti i particolari in cronaca di E. Scola, nel quale comincia a tratteggiare la figura del “sottoproletario” che metterà a punto felicemente in pellicole successive. Dopo altre prove di notevole interesse, proprio dalla collaborazione con la Wertmüller nascono alcuni dei più celebri personaggi interpretati da Giannini, grotteschi e ironici: Mimì metallurgico ferito nell’onore (1972), Tunin in Film d’amore e d’anarchia, ovvero stamattina alle 10 in Via dei Fiori nella nota casa di tolleranza (1973), il marinaio Gennarino Carunchio in Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto (1974), tutti questi interpretati insieme con Mariangela Melato, e Pasqualino Settebellezze (1975). Questi ruoli gli portano il successo nazionale e internazionale e gli fanno guadagnare diversi riconoscimenti: riceve un Nastro d’Argento come miglior attore nel 1973 per Mimì metallurgico ferito nell’onore, il premio come miglior attore al Festival di Cannes del 1973 per Film d’amore e d’anarchia e una nomination all’Oscar come miglior attore protagonista nel 1977 per Pasqualino Settebellezze. Nel corso della sua lunga carriera, Giannini ha lavorato con molti dei migliori registi del panorama italiano; tra questi figurano L. Visconti (L’innocente, 1976), S. Corbucci (Il bestione, 1974; Bello mio, bellezza mia, 1982), M. Monicelli (Viaggio con Anita, 1979; I Picari, 1988; Il male oscuro, 1990), D. Risi (Sessomatto, 1973 e per la televisione Vita coi figli, 1990), A. Lattuada (Sono stato io!, 1973), N. Loy (Mi manda Picone, 1984, David di Donatello come miglior attore protagonista), T. Brass (Snack Bar Budapest, 1988), F. Brusati (Lo zio indegno, 1989). Tra gli altri numerosi film da lui interpretati si ricordano I divertimenti della vita privata (1990) di C. Comencini, Giovanni Falcone (1993) di G. Ferrara e il dittico di C. F. Palermo Milano solo andata (1995) e Milano-Palermo: il ritorno (2007) tra questi due titoli meritano di essere inoltre segnalati Celluloide di C. Lizzani (1996, altro David di Donatello come migliore attore protagonista), La stanza dello scirocco di M. Sciarpa (1998, Nastro d’argento come miglior attore protagonista), La cena di E. Scola (1998, altro Nastro d’argento, condiviso con tutto il cast artistico maschile), Una lunga lunga lunga notte d’amore (2001) di L. Emmer, Ti voglio bene Eugenio di F. J. Fernandez (2002, altro David di Donatello come migliore attore protagonista) e, nel 2003, Per sempre di A. di Robilant, Piazza delle cinque lune di R. Martinelli, L’acqua... il fuoco di L. Emmer e Il cuore altrove di P. Avati. Dopo aver lavorato con R. W. Fassbinder in Lili Marleen (1980), seguirono numerose apparizioni anche nel cinema statunitense, tra cui l’episodio La vita senza Zoe diretto da F. F. Coppola in New York Stories (1989), Il profumo del mosto selvatico (1995) di A. Arau, Hannibal di R. Scott (2001, Nastro d’Argento come miglior attore non protagonista), Man on fire (2004) di T. Scott e i film della saga di James Bond Casino Royale (2006) di M. Campbell e Quantum of Solace (2008) di M. Forster, in cui ha vestito i panni dell’agente segreto René Mathis. Giannini ha doppiato numerosi celebri attori stranieri, tra i quali Al Pacino (voce ufficiale dal 1995; in precedenza si alternava con F. Amendola), J. Nicholson (il cui doppiaggio nel film Shining fu lodato dallo stesso regista S. Kubrick), M. Douglas, G. Depardieu, J. Irons, D. Hoffman (nel Maratoneta), I. McKellen (in Riccardo III), R. O’Neal (in Barry Lyndon) e L.Whiting (in Romeo e Giulietta). 20 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO NOTE AL PROGRAMMA “L’uomo che non ha musica nell’animo né si commuove alle dolci armonie, è pronto al tradimento, agli inganni e alle rapine; foschi come la notte sono i moti del suo spirito, e i suoi affetti tenebrosi come l’Erebo: nessuno confidi mai in un uomo simile”. Non so se geniali compositori come Beethoven, Chopin o Liszt fossero davvero tanto lontani dalle bassezze umane di Jago, o se i loro animi non celassero istinti selvaggi simili a quelli di Calibano: per Shakespeare, citando il suo “Mercante di Venezia”, la musica è l’arte della sensibilità, è l’espressione della bontà. Ma il Romanticismo di Beethoven, di Chopin, di Liszt, di quel misconosciuto funambolo della tastiera che fu il parigino Alkan, è caratterizzato dall’anelito all’Infinito, all’Assoluto, al Sublime, e da quella inquieta e struggente condizione della psiche definita da un intraducibile quanto affascinante vocabolo tedesco: Sehnsucht. Desiderio del desiderio, o malattia del doloroso bramare, le cui due più importanti derive pianistiche, di natura quasi patologica, sono il potente virtuosismo trascendentale e il suono impalpabile, quel sussurrare attraverso i mar- telletti che evoca una dimensione immateriale pre-impressionista. Eseguire la Sonata detta “La Tempesta” di Beethoven, il misterioso Notturno in sol minore composto da Chopin dopo aver assistito alla rappresentazione teatrale di “Amleto”, i fuochi d’artificio lisztiani della Parafrasi sul “Sogno di una notte di mezza estate” di Mendelssohn, una serie di spettacolari variazioni sulla celeberrima Marcia Nuziale, alla luce delle letture shakespeariane di un grande artista come Giancarlo Giannini, mi è sembrato il modo migliore per ricreare l’originaria ambientazione espressiva di questi capolavori sonori, nel tentativo di riviverne l’intensità primordiale, la scaturigine dell’ispirazione creativa. Chissà che questo connubio di parole e suoni non riesca anche – subliminally - a generare una sorta d’interferenza ottica che, come in un sogno (…di una notte di mezza estate), faccia apparire accanto a noi, per novanta minuti, l’ologramma di William Shakespeare. STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015 Giovanni Bellucci 21 SALA FILARMONICA SABATO 8 novembre 2014 - ore 20.45 ___ CARO JAN ! OMAGGIO A JAN NOVÁK (1921-1984) nel trentesimo della morte Lucia Comandella Renato Samuelli Mauro Tonolli chitarra chitarra Aldo Campagnari Anna Boschi Dunja Ilic flauto violino flauto flauto Emilia Campagna Francesca Aste pianoforte pianoforte Lucia Comandella flauto 2 preludi e fughe per flauto solo Renato Samuelli chitarra Mauro Tonolli chitarra Rosarium, 10 divertimenti per 2 chitarre Renato Samuelli chitarra Cithara poetica, 5 preludi da Orazio Ad Apollinem Ad Faunum Threnus in Quintilium Ad Melpomenen Ad Mercurium 22 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO Aldo Campagnari violino Sonata serenata per violino e chitarra Mauro Tonolli chitarraAllegro Lento Allegro ____________________ Propinatio ____________________ Anna Boschi flauto Sonata gemella Dunja Ilic flauto Allegro Andante Presto finale Emilia Campagna pianoforte Rustica Musa II per pianoforte a 4 mani Francesca Aste pianoforte Carmen amatorium Saltatio epularis De amasio et latronibus Cavillatio Carmen puellare Saltatio “Vertex” De aqua fluenti Culicum nuptiae STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015 23 Lucia Comandella si è diplomata in flauto traverso al Conservatorio F. A. Bonporti sotto la guida del prof. L. Palmisano (1982), ha proseguito gli studi con K. Klemm , A. Morini e G. Cambursano. Si è distinta in più concorsi nazionali ed ha al suo attivo concerti in Italia e all’estero, dedicandosi principalmente alla musica da camera e collaborando con giovani compositori. La sua constante attenzione alle problematiche dell’apprendimento la portano a diventare nel 2006 insegnante di Metodo Feldenkrais. è docente di flauto traverso e di Metodo Feldenkrais presso la Scuola Musicale Jan Novák . Renato Samuelli svolge la sua attività di musicista come solista e interprete del vastissimo repertorio originale per chitarra, dai classici alla musica contemporanea. Con l’ensemble Soledad Sonora ha registrato tre cd dedicati agli Inni Spirituali di Padre Turoldo musicati dal compositore bresciano D. Clapasson, e un DVD Rai dal titolo La Via Invisibile; ha registrato in prima assoluta la raccolta Cithara Poetica di J. Novák e gli Appunti di M. Castelnuovo-Tedesco. Renato è nato nel 1963 a Gargnano sul Garda, si è formato musicalmente con M. Andreolli, O. Ghiglia, R. Chiesa, A. Ponce, E. Fisk e il leggendario A. Segovia. Insegna al Conservatorio E. F. Dall’Abaco di Verona. Mauro Tonolli si diploma brillantemente in chitarra sotto la guida del M° Mariano Andreolli presso il Conservatorio F. A. Bonporti di Trento, dove consegue poi con il massimo dei voti e la lode la Laurea Specialistica in Chitarra al Biennio Superiore Concertistico-Solistico indirizzo ‘900. Si dedica in particolare alla musica contemporanea collaborando con musicisti e compositori - come M. Pagotto, M. Priori, N. Straffelini, C. Rastelli, A. Giannotti, G. Fiorini, R.M. Masu, D. Lutterotti, M. Zanotti - per la composizione e l’esecuzione di nuove opere, di cui cura anche prime esecuzioni assolute . Aldo Campagnari si è diplomato in violino sotto la guida di P. Cazzulani e A. Burattin; si è perfezionato con M. Quarta a Bologna e presso il Conservatorio Superiore di Musica di Lugano. è stato primo violino di spalla nell’Orchestra Giovanile Italiana, diretto da R. Muti, C. M. Giulini, G. G .Rath, G. Sinopoli; ha collaborato con l’Orchestra del Teatro alla Scala di Milano;dal 1997 è membro del Quartetto Prometeo e si esibisce nelle più prestigiose società concertistiche internazionali, collaborando con artisti come M. Brunello, A. Lonquich, M. Campanella, A. Pay, E. Pace, D. Geringas. Ha registrato per Rai Radio 3, ARD, ORF, Radio Ceca, BBC; e ha inciso i quartetti di R.Schumann per la rivista Amadeus e l’ integrale dei quartetti di S. Sciarrino per Kayros e di H. Wolf per Brilliant. è violinista del quintetto Alter Ego con cui sperimenta la musica di oggi, collaborando con i maggiori compositori del nostro tempo in tutto il mondo. Insegna quartetto d’archi presso il Conservatorio Superiore di Lugano, ed ha tenuto corsi all’Orlando Festival in Olanda, alla Pacific University della California e presso il Conservatorio di Trento. 24 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO Anna Boschi, nata nel 1989, intraprende lo studio del flauto traverso con L. Comandella e in seguito con E. Galante presso il Conservatorio Bonporti, dove nel 2008 consegue la Laurea di primo livello in flauto con massimo dei voti e lode; nel 2010 si laurea in Discipline musicali presso l’Istituto musicale pareggiato O. Vecchi – A. Tonelli con M. Marasco, G. Betti ed A. Oliva; nel 2011 frequenta l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e il corso di laurea specialistica in Conservazione e gestione dei Beni Culturali ad indirizzo musicale, che conclude nel 2014 con massimo dei voti e lode. Dal 2008 è docente di flauto traverso, concertista e ricercatrice in ambito musicologico sul territorio trentino. Dunja Ilic si diploma in flauto a Venezia e si laurea in Economia e gestione delle arti presso l’Università Ca’ Foscari e continua gli studi musicali a Modena, dove ottiene il Diploma di secondo livello con il massimo dei voti sotto la guida di M. Marasco e A. Oliva. Partecipa a corsi di perfezionamento con maestri come A. Oliva, B. Kuijken, D. Formisano e M.M. Kofler per il flauto e N. Mazzanti per l’ottavino. Collabora con l’Orchestra Giovanile Trentina, l’Orchestra J.Futura e l’Orchestra Filarmonica Italiana. E’ docente presso la scuola di musica Il Diapason. Emilia Campagna, roveretana, vive un rapporto a tutto tondo con il mondo musicale: svolge attività concertistica in ambito cameristico; è docente di pianoforte presso la Civica Scuola Musicale R. Zandonai; esercita l’attività di critica musicale per il giornale “L’Adige”, su cui scrive dal 1997, per la rivista Amadeus e per la trasmissione Radio 3-Suite (Rai); dirige il corso di giornalismo e critica musicale Parola all’ascolto. Momento fondamentale della sua formazione pianistica è stato il perfezionamento con M. Campanella. è laureata in Lettere moderne con una tesi sugli Studi Pianistici di G. Ligeti. Francesca Aste si è formata in musica da camera con P. N. Masi all’Accademia Pianistica di Imola e in masterclass con maestri come B. Canino, A. Cohen e F. Gamba. E’ pianista accompagnatrice per la danza e compone musica per il cinema muto, esibendosi in festival internazionali tra cui Festival del Cinema Ritrovato e Bologna Festival (Bologna 2002, 2004, 2008, 2010, 2011), Festival Musica 900 (Trento, 2001), L’ALTRO SUONO festival (Modena, 2006), Festival du Cinéma Italien di Annecy (Francia, 2005 e 2008). STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015 25 NOTE AL PROGRAMMA « Il suo pensiero e la sua condotta mi commuovevano, perché erano liberi da condizionamenti. Sono profondamente convinto che la sua vita nello spirito del mondo latino e mediterraneo ed il radicamento nella musica del suo popolo hanno trasformato la sua opera in una moderna Bucolica e Georgica nello stile virgiliano ». Così come Bernhard Rövenstrunck descrive il suo ospite Jan, chiunque lo abbia veramente conosciuto porta nel cuore il medesimo ricordo. Tuttavia dipingere un ritratto di Novák, per poterne comprendere appieno il carattere e la poetica musicale, è una vera e propria sfida! In poche righe non è semplice riassumere un romanzo di vita, così ricco di viaggi in tutta Europa, esperienze forti (come i molteplici esili), inimicizie di natura politica, ma al contempo profonde amicizie nate qui a Rovereto, dove il “compositore boemo” desiderava riposare per sempre. Nato a Novà Řiše l’8 aprile 1921 da una modesta famiglia di commercianti, Jan Novák intraprende gli studi classici all’istituto gesuita di Vehelerad, dove ha la possibilità di esercitare la sua vena artistica al pianoforte, all’organo e nell’orchestra della scuola ma, in disaccordo con i genitori, conclude la carriera scolastica al ginnasio di Brno, studiando pianoforte, composizione e direzione d’orchestra al conservatorio della città. L’invasione tedesca, l’avvento del Terzo Reich e i due anni di lavori forzati, da cui riesce a fuggire nascondendosi nella regione d’origine, interrompono bruscamente le sue attività artistiche, riprese brillantemente nel dopo guerra a Praga. Di questo periodo giovanile è fondamentale l’incontro a New York con Bohuslav Martinů, mentore ed amico, e quello con la pianista Eliska Hanoukovà, sua moglie dal 1949. Seguono anni costellati di successi compositivi e pianistici, ma di grandi compromessi impostigli dagli esponenti del Partito Comunista, che spesso considera il suo operato immorale. Corposo e vario è il repertorio nato negli Anni’50, dalla musica per trasmissioni radiofoniche a colonne sonore per film e cartoni animati, dalle composizioni 26 per orchestra a quelle per ensemble da camera, … tutte caratterizzate dalla commistione di tendenze neoclassiche e popolareggianti, da sperimentazioni timbriche ed armoniche tipiche della musica contemporanea e dalla nascente passione per la latinità. Nel 1968 il fallimento del “Socialismo dal volto umano” patrocinato da Alexander Dubček e da un folto gruppo di politici e di intellettuali riformatori, travolge il sostenitore Novák, che si vede costretto ad espatriare con moglie e figlie. Il primo “soggiorno di fortuna” è ad Ulm an der Donau a casa di Rövenstrunck per alcune settimane e successivamente la cittadina di Åarus in Danimarca per alcuni mesi, dove la famiglia richiede asilo politico, negato a causa della testimonianza di un interprete della ČSSR che afferma “sulla famiglia Novák nessuno ha sparato al passaggio del confine”. Il destino ha voluto che proprio in quei giorni Renato Dionisi volesse estendere la commissione di un brano per soprano, clarinetto e pianoforte (destinato al Trio Salvetta) ai compositori dell’Est europeo e, tramite l’Associazione dei musicisti di Milano e quella di Praga, Novák riceve l’invito e accetta con il suo Mimus Magicus. «Invitato per la prima rappresentazione, poiché non conoscevo l’italiano, ho provato a conversare con alcune persone in latino: la cosa è riuscita ed ha stupito sia loro che me, tanto che ho pensato di rimanere in Italia». L’amore per il latino, la calorosa accoglienza ed un’offerta di lavoro in qualità di insegnante di pianoforte alla Civica Scuola di Musica “Riccardo Zandonai” conducono Novák e la famiglia a stabilirsi a Rovereto dal 1970 al 1978. La versatilità compositiva dimostrata a Brno e a Praga sboccia in questi anni in una serie di opere ispirate alla classicità; nascono allora Apicius Modulatus per contralto e chitarra, Amores Sulpiciae per quattro voci pari, Florilegium cantionum latinarum per voce e pianoforte, Odarum concentus per orchestra d’archi, Panisci fistula per tre flauti, Dulcitius per soli, coro ed orchestra, Rosarium per due chitarre dedicato agli ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO allievi del M° Mariano Andreolli, la Sonatina per flauto, Rustica musa per pianoforte, Meditatio canina per coro di voci bianche, Rustica musa II per pianoforte a quattro mani, Orpheus et Eurydice per soprano, viola d’amore e pianoforte, Corae Vernales per flauto e chitarra,… moltissimi arrangiamenti e brani per il coro da lui fondato, le Voces Latinae, e numerosi testi poetici in lingua conservati all’Accademia Roveretana degli Agiati e firmati “Janus Novakus”. Novák, nella sua permanenza a Rovereto si impegna a far rivivere la “latinità” e la cultura classica in città; qui, oltre a componimenti poetici, creazioni musicali colte e la partecipazione per l’organizzazione del festival Feriae latinae nel 1972, con la sua Schola cantans riesce ad irretire il pubblico di giovani roveretani adattando la metrica latina ad un linguaggio musicale a loro più affine, la musica pop. L’ultima tappa dell’esilio è Neu Ulm; qui Novák frequenta cultori di filologia classica delle più illustri città bavaresi, fra cui il latinista ed amico Wilfried Stroh. Sono anni dediti alla composizione letteraria e musicale, di intensi studi sulla metrica greca applicata alle composizioni (Sonata Super Hoson Zes) e di un costante impegno per far rivivere anche in Germania quelle “lingue morte” che lui stesso ha fatto risorgere in musica. Jan Novák muore il 17 novembre 1984. Le musiche di questo concerto sono un omaggio alla memoria del grande artista ceco, che la città di Rovereto ha avuto il privilegio di ospitare. Come il Professor Stroh sostiene nel saggio Jan Novák, moderner Komponist antiker Texte, non vi è alcun compositore dopo il Rinascimento che, mettendo in musica poesie latine in metrica, sia riuscito a far rivivere la modulazione ritmica di quella poesia e a far riemergere l’antica musica che si riteneva perduta. Negli ultimi quindici anni della sua vita, sono proprio le metriche latine e greche le matrici della creatività poetica e musicale di Novák, anche in creazioni totalmente strumentali. La capacità di fare musica “con poco”, la ricerca musicologica, l’amore per l’antichità e la volontà di riviverla e poterla con- dividere con tutti, fanno di lui un compositore neoclassico a tutti gli effetti; così l’innata verve ironica nei confronti di una realtà spesso difficile, l’evidenza dei processi tematici e la ricerca di un equilibrio formale, nonché l’atteggiamento (quasi inconsciamente) riformatore, lo avvicinano in maniera totalmente originale agli esponenti del neoclassicismo musicale: Satie, Ravel ed il primo Stravinskij. Rustica musa II, deliciae carminum moravorum calvario 4 manibus è una raccolta di divertimenti su melodie popolari morave per pianoforte a quattro mani, composto a Rovereto nel 1975, successivamente a Rustica Musa (1973) per pianoforte solo. Il carattere didattico di questa collezione di otto perle è lampante in De amasio et latronibus (L’amante e il brigante) e Culicum nuptiae (Le nozze delle zanzare), rispettivamente il terzo e l’ottavo divertimento; qui il pianista di destra è impegnato a dare sfoggio della capacità di eseguire regolarmente le scale, ma il vero e proprio esercizio è inserito in un vitalismo costante creato da un gioco di ritmi e cambi di tempo proposti dal compagno a sinistra; il tutto è inserito in una geniale e giocosa atmosfera burlesca in cui sono “nascosti” i motivi popolari moravi. Di differente carattere sono Canto amoroso e Canto di Ragazza, dove Novák alterna melodie semplici e delicate e momenti ritmici più energici, quasi rapsodici. Di tutt’altro carattere sono i Due preludi e fughe per flauto solo, composti nel 1982 a Neu Ulm. Stroh parla di un “buon umore” evidente nell’operato dell’amico durante la permanenza roveretana, uno stato d’animo che viene meno durante il soggiorno tedesco, dopo l’ennesima “fuga”. Il Preludio e fuga in la è fra le due composizioni la più bucolica; l’introduzione presenta due anime melodiche ben distinte, una dolce e solare estremamente distesa, che pare dipingere una natura arcadica, ed una più ritmica e saettante, più concreta. L’ambientazione naturalistica è ripresa nella fuga costruita sulle note cantate dal cuculo, che si alternano ad una melodia sognante, in un dialogo fra terreno e divino. Differente è il Preludio e fuga in do, un esordio caratterizzato da STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015 27 arpeggiati continuamente alla ricerca della tonalità maggiore, sfocia in un canto sempre in una tensione irrisolta, perché ciclica. La rispettiva fuga ha un geniale incipit bachiano che evolve in un tanghistico gioco di accenti. La Sonata gemella (1980) per due flauti è un capolavoro non solo per il sapiente bilanciamento delle parti, perfettamente “alla pari”, ma soprattutto per il geniale sfruttamento delle possibilità timbriche ed effettistiche dei due strumenti monodici, che creano l’illusione di un terzo esecutore nascosto in qualche angolo del palco. I tre movimenti sono specchio del carattere compositivo di Novák. L’Allegro è un continuum di vitalità, che nasce da un’instancabile attività di semiminime e di brevi dialoghi melodici; l’Andante con il suo sapore arcadico, dove l’antichità è resa dall’impalpabilità dei suoni risultanti che scaturiscono dagli armonici, mentre il Presto finale è un vero e proprio assaggio di ironia buffonesca. Nella seconda parte del programma predomina la chitarra, strumento caro al Maestro Mariano Andreolli, collega ed amico di Jan Novák, per il quale ha curato l’edizione di Rosarium, una raccolta di dieci divertimenti per due chitarre, composti nel 1974. Ogni breve brano presenta una sua peculiarità, ad esempio nel primo divertimento è manifesta la ricerca di un’atmosfera arcaica, ricreata dall’armonia e dalla timbrica rinascimentale (le chitarre sembrano due liuti!) ripresa nella parte conclusiva, ma arricchita armonicamente da delicate dissonanze tipicamente novakiane, mentre nell’ottavo brano spicca 28 l’elemento folkloristico della musica tradizionale dell’Est Europa e la chitarra acquisisce una sonorità tipica della balalaika. Non mancano momenti di semplice cantabilità e dialoghi concitati fra i due strumenti, inseriti in un contesto armonico allargato, che si conclude felicemente con un accordo di re maggiore nel decimo divertimento. Originariamente ideata per voce e chitarra e dedicata ad Anna Baldo e Mariano Andreolli, Cithara poetica (1977) è una raccolta di cinque preludi per chitarra, concepiti sulla metrica di alcune odi oraziane. Qui, musicando gli antichi metri, è sensibilmente documentata l’eterna sopravvivenza dell’antica musica del numerosus Horatius (Orazio ricco di ritmi). Sonata Serenata per violino e chitarra (1978) è espressione delle capacità musico-scenografiche di Novák. In questa opera è visibilmente musicata un’umoristica scena di corteggiamento, dove un amante richiama l’attenzione dell’amata suonandole una serenata sotto la finestra. L’Allegro esordisce con una vigorosa accordatura ritmica dei due strumenti, ripresa e rielaborata in tutto il movimento, in cui, nella parte centrale, è citato il topos della serenata latinoamericana; il Lento vuole essere il momento della corte vera e propria, quando i due amanti si congiungono ed è reso da una romantica melodia, che, ahimè, sfocia in un crepitante litigio. Nell’ultimo movimento (Allegro) il “battibeccante” incipit lascia spazio a momenti di serenità sempre più vitali e sempre più concitati, che conducono ad un energico finale. Anna Boschi ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO TEATRO ZANDONAI SABATO 14 NOVEMBRE 2014 - ore 20.45 ___ in collaborazione con ORCHESTRA HAYDN di Bolzano e Trento Giacomo Sagripanti direttore Ludwig van Beethoven (1770-1827) Die Weihe des Hauses op. 124 (La consacrazione del teatro) Matteo Franceschini (1979) Ritratto di scena (prima esecuzione assoluta) Riccardo Zandonai Piccola suite agreste da La via della finestra (1883-1944) Preludio Maggiolata Trescone Riccardo Zandonai Primavera in Val di Sole. Impressioni sinfoniche. Alba triste Nel bosco Il ruscello L’eco Sciame di farfalle N.B. Fuori abbonamento. STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015 29 SALA FILARMONICA MARTEDÌ 25 NOVEMBRE 2014 - ore 20.45 ___ ALEXANDRA CONUNOVA violino JULIEN QUENTIN pianoforte Franz SCHUBERT Sonata in la maggiore D 574 (op. 162) (1797-1828) Allegro moderato Scherzo. Presto Andantino Allegro vivace Francis POULENC Sonate pour violon et piano (1899-1963)(À la mémoire de Federico Garcia Lorca) Allegro con fuoco Intermezzo: Très lent et calme Presto tragico Richard STRAUSS Sonata in mi bemolle maggiore op. 18 (1864-1949) Allegro ma non troppo Improvisation: Andante cantabile Finale: Andante – Allegro con fuoco 30 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015 31 Violinista di origine moldava, nata nel 1988, Alexandra Conunova ha studiato con K. Wegrzyn all’Università della Musica di Hannover. In precedenza aveva seguito master class con I. Oistrakh, M. Martin, I. Gitlis, B. Kuschnir.. Alexandra Conunova è stata premiata ai Concorsi George Enescu di Bucarest nel 2011, al Tibor Varga di Sion nel 2010, Ion Voicu (2009) ed Henri Marteau (2008). Solista di alto profilo, l’interprete si è esibita con le orchestre Münchener Kammerorchester, NDR Radiophilarmonie, l’Orchestra di Stato della Bielorussia, la Norddeutsche Philarmonie di Rostok, l’Orchestra dell’Hermitage di San Pietroburgo, Orchestra da Camera del Festival di Verbier; con i direttori G. T. Nagy, H. Lintu, P. Strub, J. Wildner, J. Numminenm, N. Willen. Molteplici sono gli interessi dell’artista anche nell’ambito della musica da camera, dove ha inciso nel 2009 il suo primo CD con musiche di Brahms e Mozart con il primo clarinetto della Staatskapelle di Berlino, con il Conunova Quartet, di cui è primo violino e con l’Arts Global String Quartet. La violinista ha focalizzato su di sé le attenzioni della critica musicale e del pubblico a seguito della vittoria del Primo premio al Concorso Internazionale di violino Joseph Joachim di Hannover nell’autunno 2012. La giuria del concorso in quell’occasione ne elogiò il calore del suono e l’arte altamente drammatica del suo virtuosismo; l’Hannover Allgemeine Zeitung ha rilevato altresì con quale splendore di suono l’interprete è in grado di far vivere il suo modo di interpretare il pensiero musicale. Il successo ottenuto in questo concorso, che è universalmente considerato come uno dei più importanti dedicati oggi al violino, gli è valso il suo debutto con la casa discografica Naxos. Suona un violino Santo Serafino del 1735, costruito a Venezia e gentilmente messo a sua disposizione dalla Deutsche Stiftung Musikleben. Nato a Parigi, Julien Quentin ha iniziato i suoi studi al Conservatorio di Ginevra, si è perfezionato a Bloomington (USA) con E. Naoumoff; nel 2003 si diploma alla Julliard School di New York dopo aver studiato con G. Sandor. Ha lavorato altresì con altri eminenti interpreti della tastiera: N. Magaloff, E. Wild, Badura - Skoda e G. Sebök. Pianista dal talento poliedrico, Julien Quentin è artista di notevole profondità e maturità interpretative, dalla tecnica infallibile, molto richiesto sia come solista che camerista. Come solista si è esibito con le orchestre del Quatar, di Wroclav (Polonia) e di Cordoba (Spagna); è stato ospite dei Festival di Verbier, Schwentzingen, Radio France a Montpellier, Beethoven Fest di Bonn, Lucerna, Ravinia, Virginia Arts. Nell’ambito della musica da camera collabora con artisti quali L. Bathiashvili, S. Gabetta, G. Capuçon, N. Goerner, G. Hoffman, A. Kirchschlager, S. Shoji e T. Vassiljeva. Si esibisce anche con il clavicembalo assieme a Sarah Chang e all’Orchestra del Festival di Verbier, con T. Quasthoff e la direzione di L. Kavakos. Le sue tournées internazionali lo hanno condotto in Australia, Stati Uniti, Giappone, Medio Oriente, ospite delle più prestigiose sale da concerto. Ha inciso dischi per Sony ed EMI Classics. Con artisti pittori quali E. Lucaci, K. Mourad e N. Perryman, l’interprete ama esplorare nuovi orizzonti artistici attraverso l’accostamento di forme d’arte di varia natura, così come la frequentazione di percorsi musicali particolari - l’improvvisazione e produzione di musica elettronica ad esempio - frutto delle sue collaborazioni con compositori e pianisti quali J. Messina, R. Khalifé, F. Tristano. 32 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015 33 NOTE AL PROGRAMMA SCHUBERT – Il fluviale catalogo schubertiano riserva alla produzione violinistica pochi ma significativi numeri, suddivisibili in due blocchi distinti: uno risalente al biennio 181617, l’altro al 1826-27, che sarebbe indebita forzatura catalogatoria assegnare rispettivamente alla fase giovanile e a quella matura. Più corretto è ragionare sugli esiti artistici di quei pezzi, riconoscendo alle opere del primo periodo, e in ispecie alle garbate Tre Sonate (o Sonatine) dell’op. 137, una felice attitudine melodica ma una consapevolezza non ancora raggiunta per quanto riguarda il problema stilistico-formale, riservando invece ai pezzi tardi – il Rondò brillante op. 70 e ancor più la Fantasia in do maggiore op. 159 – lo status di capolavori. Tra gli uni e gli altri si colloca la Sonata in la maggiore op. 162 (D 574), che si eseguirà stasera. Scritta da uno Schubert ventenne e distanziata di appena un anno dal suddetto gruppo delle Sonatine, essa si presenta già come un notevole passo avanti nel trattamento della scrittura concertante, che ne risulta così assai più dominata ed equilibrata. Le evidenze di un influsso beethoveniano sembrano incontestabili, e del resto le dieci Sonate per violino scritte dal maestro di Bonn erano ancora assai recenti e praticate; ugualmente scoperta appare la derivazione in più parti dalla lezione mozartiana. Ciò malgrado, il peculiare stile di Schubert riuscì a imporsi con spontaneità su quei modelli per assumere la sua configurazione personale. L’inizio della Sonata in la maggiore, con l’incedere dinoccolato del pianoforte e l’affettuoso, accattivante motivo melodico introdotto dal violino, è tutto di marca sua ed evidenzia fin da queste battute di esordio come lo strumento ad arco punti a primeggiare sull’altro, rovesciando la configurazione tipica delle sonate per pianoforte “con accompagnamento di violino” che era prevalsa fino a un recente passato e ancora in qualche misura resisteva. 34 La concisione inabituale del pezzo giova alla sua tenuta complessiva, così che i quattro movimenti si susseguono con buona logica costruttiva e una felicità espressiva senza cedimenti. Occhieggiante al Beethoven corrusco è sicuramente lo Scherzo, vero pezzo di bravura, che Schubert pone in seconda posizione; mentre la sosta lirica è riservata all’Andantino che segue. Qui come altrove nel corso della Sonata non è raro riscontrare inflessioni liederistiche che qualificano la linea melodica di un che di vocalistico. Il Finale, invece, ritrova lo slancio dello Scherzo e porta a compimento la Sonata in modo brillante. L’op. 162 poteva costituire per Schubert l’inizio di una fase produttiva interessante nel campo della formazione violino-pianoforte, ma la mancanza di sbocchi editoriali lo convinse ad abbandonare l’idea, e così dovettero passare nove anni prima che l’occasione si ripresentasse con i lavori dell’ultima stagione. POULENC – Ci si chiede a quale modello storico potesse ispirarsi un autore francesissimo come Poulenc all’atto di misurarsi in una sonata per violino e pianoforte negli anni Quaranta del Novecento. Gli esempi di Debussy e di Ravel avevano lasciato un segno durevole ma non era pensabile restaurare quelle estetiche ormai superate; né meno rischioso sarebbe stato attingere ai modelli della stagione ancora precedente dei Fauré, dei Saint-Saëns e dei Franck che un ruolo importante avevano pur giocato. Ciò che Poulenc condivideva sicuramente con alcuni di costoro erano gli ideali di uno strumentalismo spiccatamente francese di impronta neoclassica, da contrapporre al vincolante modello austro-tedesco. Si trattava dunque per lui di trovare il modo di soddisfare una linea modernista e nazionale per forma, linea, colore, tratto elegante, e di applicarla nella fattispecie alla peculiarità violinistica, cioè alle esigenze di uno strumento verso cui ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO non sentiva un particolare trasporto perché lo sentiva troppo legato agli abbandoni romantici. Di fatto, la sua ridotta produzione per archi non rientrava tra i pezzi di cui si vantasse, avendola confinata in quel tipo di limbo che gli autori normalmente riservano ai peccati di gioventù (cosa che però questa Sonata non è). L’inizio brusco, quasi sgarbato, può già essere un’indicazione di principio: il tratto nervoso, inquieto, teso che percorre tutta la composizione evitando indugi, sviluppi e abbandoni è sintomatico di un tratto umorale che ha qualcosa dello scatto nevrotico. Certamente poi l’automatismo a melodizzare pateticamente subentra irresistibile e si dipana in slarghi significativi, benché mai veramente distesi e rivelatori di spirito rasserenato o appassionato: si tratta per lo più di proposte melodiche brevi, talora venate di nostalgia, altre volte più nerborute, e sempre lasciate cadere ben prima che le loro intime potenzialità siano esaurite. Nessuna preoccupazione formale si riscontra nei termini tradizionali di esposizione-sviluppo, ma al contrario si imposta un regime rapsodico ove svariati eventi si accumulano man mano che la fantasia li crea e li sostiene, e come tali vengono superati da altre situazioni. Il finale è preparato da una sezione declamata che conduce non a un compimento pacificato ma a quella che può sembrare un’attenuazione dello slancio per puro esaurimento delle forze o delle idee: nessuna visione conclusiva o appagata dunque ce ne viene, ma un senso di casualità che rende le ultime battute piuttosto sbrigative e sconcertanti. STRAUSS – È inevitabile che la considerazione riposta in un qualsiasi autore tenga conto dei settori in cui questi ha dato il meglio di sé e passi in secondo piano gli altri ritenuti più occasionali o di puro mestiere. Ora, non è propriamente nel genere del camerismo strumentale che si trova lo Strauss più autentico poiché la sua stessa natura esuberante e attratta dalle forme rappresentative ad effetto lo portava piuttosto a sboccare nel grande sinfonismo dei poemi sinfonici o nelle magiche attrattive dell’opera. Le limitazioni formali e sonore che il camerismo impone, gli equilibri più delicati che lo regolano, erano all’opposto della sua natura incline alle grandi proporzioni e talvolta alla dismisura plateale. Questo spiega la circolazione relativamente ristretta di opere come la presente Sonata in mi bemolle maggiore per violino e pianoforte (1887) che appartiene, al pari delle altre omologhe, al periodo giovanile, quasi come una forma di obbligatorio apprendistato. Essa è anzi l’ultima composta da Strauss prima che questi abbandonasse il campo per darsi alle grandi opere orchestrali. Un autore tedesco della sua generazione non mancava certo di modelli cui attingere, e dunque non stupisce ritrovare in questo suo componimento delle analogie con certi tratti schumanniani o brahmsiani su cui, tra gli altri, aveva fondato la sua formazione: i modelli storici, da lui fatti risalire fino a Mozart, sono sempre assimilati con estrema consapevolezza e da essi mostra di saper estrarre gli ultimi succhi tanto sul terreno espressivo quanto su quello armonico e su quello attinente alle componenti formali e costruttive: questo ci fa dire che di fronte a un autore come Strauss i concetti storiografici di ‘classico’ e ‘romantico’ hanno sempre un valore relativo. Il trattamento armonico, soprattutto, spicca per la sua innegabile audacia, ma questa è contemperata dalla chiarezza del disegno complessivo, così che il discorso non ne risulta oscuro o involuto ma anzi appare volto ad una franca comunicazione. La scansione dei tempi passa dalla foga giovanile del primo Allegro al lirismo dell’Andante che è definito «Improvvisazione» ma tale è solo nell’effetto di libertà di eloquio, poiché di fatto è costruito secondo un regolare schema tripartito in cui vengono presentati temi estesi ed elaborati che si equilibrano tra la pacatezza e lo scatto esuberante. Decisamente vitalistico l’Allegro finale, dove STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015 35 si palesa maggiormente la richiesta implicita di mezzi più cospicui di quanti possa offrirne il duo violino-pianoforte. E difatti qualcuno ha rilevato in questa Sonata la presenza costante e pressante del pianoforte per tener viva una materia già ricca di suo, come pure il ricorso a calcolate soluzioni ad effetto che denotano la scaltrezza già maturata dal ventitreenne compositore e che come tali troveranno impiego più consono all’interno della grande orchestra. L’ascolto odierno, anche in 36 virtù della sua rarità, può costituire una felice sorpresa: la Sonata op. 18 di Strauss si pone come autorevole esempio di sonatismo tardoottocentesco, consapevole di tutto il processo stoico che è alle spalle. Un geniale ibrido, se vogliamo, che dispensa momenti di eccentricità, abile effettistica, carattere esuberante, ma che testimonia pur sempre l’apporto di una fantasia fervida e di una mano maestra. ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO Diego Cescotti TEATRO ZANDONAI LUNEDì 1 DICEMBRE 2014 - ore 20.45 ___ ALEXANDER KOBRIN pianoforte Ludwig van BEETHOVEN Sonata in fa diesis magg. n. 24 op. 78 (1770-1827) Adagio cantabile - Allegro non troppo Allegro vivace Sonata in mi maggiore n. 30 op. 109 Vivace ma non troppo Prestissimo Gesangvoll, mit innigster Empfindung. Andante molto cantabile ed espressivo [Pieno di canto, con il più intimo sentimento] Frédéric CHOPIN 12 Studi op. 25 (1810-1849) n. 1 in la bemolle maggiore n. 2 in fa minore n. 3 in fa maggiore n. 4 in la minore n. 5 in mi minore n. 6 in sol diesis minore n. 7 in do diesis minore n. 8 in do bemolle maggiore n. 9 in sol bemolle maggiore n. 10 in si minore n. 11 in la minore n. 12 in do minore STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015 37 Moscovita di 34 anni, Alexander Kobrin, primo premio ai Concorsi Busoni e Van Cliburn, ha sempre ricevuto unanimi apprezzamenti per le straordinarie qualità tecniche, interpretative e di comunicazione con il pubblico che ne caratterizzano il profilo di interprete. Le maggiori sale da concerto del mondo lo hanno ospitato: Wigmore Hall, Kennedy Center, Munich Herkulesaal, Philarmonie di Berlino, Sala Verdi di Milano, Albert Hall a Londra. L’interprete si è esibito con la Tokyo Philarmonic, l’English Chamber Orchestra, l’Orchestre de la Suisse Romande, la Swedish Radio Symphony, la Deutsches Symphonie Orchester, la Warsaw Philarmonic, la BBC Symphony Orchestra. Alexander Kobrin ha inoltre collaborato con illustri direttori quali Mihail Pletnev, Vassily Sinaisky, James Conlon, Claus Peter Flor, Mark Elder, Vassily Petrenko e Yuri Bashmet. L’artista è stato invitato inoltre al Festival de la Roque d’Antheron, ai BBC Proms, al Beethoven Easter Festival, al Ravinia Festival, all’Enescu International Festival di Bucarest e al celebre Klavier- Festival Ruhr. Alexander Kobrin è spesso invitato come membro di giuria nei concorsi Nehaus di Mosca, Blüthner Golden Tone Award di Vienna, Rosalyn Tureck Competition di New York. Dal 2010 il pianista è docente presso la Columbia University e dal 2013 ricopre lo stesso incarico presso la Facoltà della Steinhardt School all’Università di New York. La sua attività discografica è andata delineandosi attraverso collaborazioni con le etichette Harmonia Mundi, Quartz, Centauri e King Records per le quali sono stati incise opere di Haydn, Schumann, Brahms, Rachmaninov e Chopin. 38 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO NOTE AL PROGRAMMA Ludwig van Beethoven è stato il massimo creatore di sonate per pianoforte. Cominciò ad esercitarsi in questo genere ancora adolescente e continuò a dedicarsi alla sonata fino a pochi anni prima della morte. Le opere di questo genere, una trentina in tutto, furono testimoni di un continuo rovello creativo che lo vide esploratore coraggioso della scrittura musicale nel passaggio tra il Classicismo ed il Romanticismo. Se i primi passi nella sonata partirono dagli esempi di Haydn e di Mozart, fin da subito Beethoven cominciò a manipolare questa forma sia dall’esterno, agendo sulla struttura dei movimenti, sia dall’interno, introducendo relazioni armoniche mai ascoltate. Nella sua prima fase creativa le musiche si allungano in quei punti nevralgici portatori di una possibile evoluzione/rivoluzione, in quelle battute di collegamento tra i temi, in quelle sezioni di sviluppo che non erano mai state le vere protagoniste dell’opera. Con l’inizio del secondo periodo stilistico, quello eroico, la ricerca di Beethoven passa dalla forma all’armonia, sperimentando abbinamenti tonali così scorretti per la tradizione quanto affascinanti per la creatività del sommo autore, che per rinnovare la sonata si muove dunque verso il futuro ma anche verso il passato, nel recupero di fantasie, variazioni e fughe. Per il pubblico dell’epoca le Sonate beethoveniane dovevano apparire certamente bizzarre se solo pensiamo che ancora oggi gli ultimi numeri ci stupiscono per alcune scelte così innovative. Certo è che accompagnarono l’ascesa di un nuovo strumento, il pianoforte, che soppiantò definitivamente il clavicembalo grazie alle sue maggiori sonorità e agli effetti del pedale di risonanza. Alle Sonate di Beethoven - così complesse, così virtuosistiche, così evolute - si deve, inoltre, lo spostamento dell’attività musicale dai salotti privati alle sale da concerto. La Sonata op. 78 appartiene al gruppo delle sonate piccole, quelle cioè dalla n. 24 alla n. 27 che seguirono l’”Appassionata”. Dopo l’esperienza esaltante del Quinto Concerto per pianoforte ed orchestra, l’Imperatore, Beethoven torna ad una sonata di soli due movimenti, ad una forma contenuta e ad uno stile che del clavicembalo ricorda l’eleganza e la brillantezza. Per dirla con le parole di Piero Rattalino, «la grande architettura viene miniaturizzata, la dialettica cede al lirismo, il grande teatro diventa teatro da camera». Fu composta nel 1809 e dedicata a Thérèse de Brunswick, riconosciuta all’epoca, con scalpore, come l’Amata Immortale del compositore (in realtà individuata poi in Antonia Brentano). Il colore delicato di questa Sonata può trovarsi non solo nelle scelte melodiche di Beethoven ma anche in un dato prettamente tecnico, ossia la sua realizzazione praticamente esclusiva sui tasti neri, dovuta alla scelta della tonalità, fa diesis maggiore. Il primo movimento, Allegro ma non troppo, occupa quasi interamente i dieci minuti totali della composizione, lasciando poca voce alle volatine dell’Allegro vivace nella forma del rondò. L’innovazione formale di questa sonata sta nelle quattro battute iniziali: un Adagio cantabile che non è solo un’introduzione, in quanto di carattere compiuto, ma nemmeno un movimento a sè stante, in quanto eccessivamente breve, comunque mai utilizzato sin qui dall’autore. Ascoltando la Sonata op. 109 si può capire immediamente cosa s’intende per aggressione beethoveniana sulla forma. È una delle ultime tre sonate pensate dall’autore, composta nel 1820 e pubblicata con la dedica a Massimiliana Brentano, figlia della sopra citata Amata Immortale. Scritta nei canonici tre movimenti, questa sonata rivela arditezze mai sperimentate prima. È decisamente squilibrata nelle durate a favore dell’ultimo tempo, che si presenta nella forma di tema con variazioni. Il movimento iniziale doveva risultare all’epoca frammentato, con i suoi due temi distinti nettamente in due tempi opposti – uno Vivace ma non troppo, l’altro Adagio espressivo – sebbene melodicamente fusi. Di seguito, senza staccare il pedale dall’ultimo accordo, parte il secondo movimento, Prestissimo, con il suo impatto sonoro e la sua feroce cavalcata. Di ampio respiro ed amorosa tenerezza è l’ultimo movimento, Andante molto cantabile ed espressivo. Una sonata, l’op. 109, che non richiede grandi virtuosismi tecnici o speculazioni filosofiche per pochi, ma una grande musicalità e un cuore puro. La storia degli studi per pianoforte comincia nel Settecento nelle pagine dei Clavierübungen bachiani e prosegue negli studi del tedesco Cramer, dell’italiano Clementi e dell’austriaco Czerny. STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015 39 Ma è solo nel Romanticismo con Liszt e Chopin che l’esercizio per tastiera destinato allo studio privato si trasforma in una pagina di musica destinata all’esecuzione pubblica. Il giovane Fryderyk Chopin pubblica due raccolte di Studi tra il 1833 ed il 1837: l’op. 10 dedicata all’amico Liszt e l’op. 25 dedicata alla compagna di lui, Marie d’Agoult. Lo stimolo a comporre ventiquattro studi, divisi in due cicli di dodici, fu da un lato il Clavincembalo ben temperato di Bach, il cui Primo Preludio in do maggiore è precisamente il punto di partenza del primo numero dell’op. 10, e dall’altro l’ascolto del funambolico Paganini. Ciascuno studio parte dall’idea di esercitare una specifica abilità tecnica ma lo fa attraverso una vena artistica. Gli studi di Chopin sono in generale monotematici, presentano cioè un solo tema, o meglio un’unica idea circoscritta su un particolare problema tecnico, come ad esempio gli arpeggi, le scale cromatiche, le ottave leggere, le terze, le seste e via dicendo, ma anche il tocco e l’agilità. Nell’op. 10 la classificazione dei brani è sistematica in senso tonale (coppie formate da tonalità maggiore e relativa minore), mentre gli studi op. 25 procedono in senso musicale, legati in un unicum artistico. Nati per migliorare le capacità tecniche dei pianisti all’inizio del XIX secolo – per Charles Rosen la tecnica degli studi chopiniani «allunga la mano, sviluppa i muscoli, accresce l’elasticità, amplia le possibilità fisiche» - in essi possiamo leggere anche una ricerca artistica di una nuova timbrica attraverso nuovi tocchi, quasi pre-impressionista, come suggerisce Piero Rattalino. Per questo motivo si riporta di seguito una breve descrizione di ciascuno dei dodici studi indicando anche il nome suggestivo, ma assolutamente non originale, che li accompagna. Il n. 1 (Arpa 40 eolica) si basa sull’arpeggio e richiede un tocco veramente luminoso ed un’accurata tecnica del legato. Il n. 2 (Api) nasconde, sotto una morbida agilità, l’insidia di una precisa poliritmia tra le due mani che, se non rispettata, porta ad un falso ritmo. Il n. 3 (Cavaliere) richiede l’agilità leggera delle due mani insieme mentre il n. 4 presenta lo staccato in continuo controtempo con la mano destra. Il n. 5 è uno dei pochi che presenta una sezione centrale contrastante, con un primo tema alla mano destra con una seconda minore (un’acciaccatura all’ascolto, da cui il titolo “Note sbagliate”) che si trasfigura in un secondo tema di più ampio respiro alla mano sinistra nella parte centrale. Il n. 6 affronta le scale per doppie terze cromatiche alla mano destra mentre il n. 7 (Violoncello) è il primo movimento lento del ciclo e si presenta come uno studio più di interpretazione che di tecnica. Il n. 8 si costruisce sulle doppie seste in entrambe le mani. Il n. 9 (Farfalla) è il più breve della raccolta con le sue ventiquattro battute in cui la mano destra affronta ottave leggere e staccate mentre la sinistra accompagna con salti sempre più ampi. Nel n. 10 proseguono le ottave, questa volta legate, per uno studio nuovamente tripartito. Il n. 11 (Vento invernale) è tra i più conosciuti dell’op. 25, con la sua introduzione lenta di quattro battute (in realtà aggiunta all’ultimo da Chopin su consiglio di un amico) dopo la quale si scatena un vortice di note alla mano destra. L’ultimo studio della raccolta, il n. 12 (Oceano), ritorna sugli arpeggi, risuonando quasi come una nuova e matura trascrizione del primo studio dell’op. 10, ideale conclusione dei ventiquattro esercizi di tecnica e d’arte chopiniana. ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO Monique Ciola SALA FILARMONICA VENERDì 16 GENNAIO 2015 - ore 20.45 ___ QUARTETTO D’ARCHI DEL TEATRO DI S. CARLO Cecilia Laca violino Luigi Buonomo violino Antonio Bossone viola Luca Signorini violoncello MILANA STREZEVA pianoforte Dmitrij ŠOSTAKOVIČ Quintetto in sol minore op. 57 (1906-1975) Prelude, Lento Adagio Allegretto Intermezzo: Lento Allegretto Quartetto n. 8 in do minore op. 110 Largo Allegro molto Allegretto Largo Largo Maurice RAVEL Quartetto in fa maggiore (1875-1937) Allegro moderato – Très doux Assez vif, très rythmé Très lent Vif et agité STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015 41 Milana Strezeva, pianista moldavo-americana, ha studiato pianoforte con B. Davidovich, J. Martin, B. Lvov, e T. Gershfeld, e musica da camera con B. Brubacker, F. Galimir, J. Feldman, S. Lipkin, J. Kalichstein, J. Krosnik, J. Lateiner, C. Neidich, T. Appel . Si è diplomata alla The Juilliard School e ha vinto numerosi premi in tutto il mondo. Membro fondatore del pluripremiato Manhattan Piano Trio, uno dei più creativi e dinamici giovani ensemble in America, Milana, oltre a suonare con il padre clarinettista, ha collaborato moltissimo con la madre, la celebre soprano Svetlana Strezeva soprannominata L’usignolo russo, in programmi che riflettono il loro amore per la letteratura vocale russa; la sua frequentazione con il mondo dei cantanti l’ha portata a far parte di numerose produzioni operistiche. Il Quartetto d’archi del Teatro di San Carlo unisce nel comune denominatore del genere cameristico la qualità artistica e professionale delle prime parti dell’Orchestra del Lirico napoletano: Cecilia Laca, Luigi Buonomo, Antonio Bossone e Luca Signorini. I musicisti, già vincitori di concorsi internazionali e ricchi delle esperienze solistiche individuali, sono legati da un percorso tecnico ed espressivo condiviso, che, partendo proprio da quelle naturali affinità musicali consolidate nel tempo al San Carlo, li porta alla maturazione di una comune intenzione interpretativa. La formazione, supportata fin dall’esordio dalla Direzione stessa del Teatro, ha approfondito il repertorio dedicato al quartetto d’archi, forma che incarna più di ogni altra la vocazione cameristica degli strumenti ad arco, nel segno di una piena consonanza di suono, stile e visione esecutiva. La vastità del repertorio del Quartetto mostra la capacità di muoversi con duttilità e in esecuzioni molto apprezzate tra epoche e autori diversi, spaziando con disinvoltura da Haydn, Mozart e Schubert a Schumann, Borodin e Verdi fino a Martucci, Debussy, Ravel, Bartòk e Šostakovič. Terminato da poco il ciclo di concerti che lo ha visto impegnato anche in tappe internazionali, come ad Hong Kong, San Francisco, Parigi, Amburgo e San Paolo del Brasile, il Quartetto si è esibito inoltre al Teatro Stabile di Potenza, al Circolo degli Artisti di Roma, al Teatro di San Carlo di Napoli, al Valcerrina Festival, oltre che al Ravello Festival, dove esso è ospite regolare. Nel concerto dal titolo Festa per il Teatro di San Carlo, nell’anno che celebra il bicentenario dalla nascita del Maestro, la formazione ha eseguito proprio sul palcoscenico del Lirico il Quartetto per archi di Giuseppe Verdi, unico lavoro cameristico del compositore, composto nel 1873 a Napoli per le prime parti dell’orchestra sancarliana, eredi della scrittura verdiana. Particolare interesse del Quartetto è l’impegno per la pace in Medio Oriente: recente successo ha riscosso, infatti, il concerto al Museo di Capodimonte a Napoli con la presenza straordinaria del Presidente palestinese Abu Mazen. Tra le collaborazioni di successo, oltre a quella con Bill T. Jones, coreografo tra i più riconosciuti nel panorama della danza contemporanea, il Quartetto sta sviluppando un intenso sodalizio artistico con il pianista M. Campanella, erede della prestigiosa scuola napoletana del maestro V. Vitale; le esecuzioni dei quintetti di G. Martucci e di R. Schumann insieme a Campanella, con il quale il Quartetto è ospite regolare di rassegne e stagioni concertistiche, sono accolte da un felice consenso di pubblico e di critica. 42 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015 43 NOTE AL PROGRAMMA ŠOSTAKOVIČ– L’unico Quintetto scritto da Šostakovič nel 1940 si è assicurato un’ottima reputazione tra i repertori del genere per il suo profilo classico, la preminente cura formale e la scelta di riservare meno spazio all’effettistica e a quel segno mordace e graffiante che si ritrova in altra musica di questo autore per mirare a un’espressione lirica depurata che talvolta produce e mantiene un’atmosfera sospesa, perlacea, povera di sorprese. L’equilibrio degli strumenti è studiato in modo da non permettere al pianoforte di contrapporsi al gruppo degli archi con sonorità soverchianti, ma anzi viene mantenuto spesso in una tessitura diafana, con scrittura spaziata a due sole parti onde ottenere un timbro disincarnato. Né diversamente si svolge la dialettica degli strumenti ad arco, che procedono anch’essi con ariosità di respiro e asciuttezza di linee. Tale clima si riscontra in particolare nell’ampia e lenta Fuga che costituisce il secondo movimento e nel severo Intermezzo in stile di passacaglia che conosce al centro una bella intensificazione espressiva. L’unica concessione all’umore aspro è riservata allo Scherzo che sta al terzo posto, ma si tratta di una breve folata; mentre il tempo finale torna a un intarsio contrappuntistico in tono garbato e dialogante, articolandosi in momenti diversi senza voler ricercare una necessaria sintesi. Verso la fine tutto si alleggerisce in un fraseggiare rasserenato che non disdegna proprio in ultimo una lieve galanteria. Un’opera serena, si potrebbe dire, e sicuramente antiretorica, e nondimeno composta in tempo di guerra, quando l’invasione delle armate tedesche non era più molto lontana. Per descriverne gli orrori non mancherà a Šostakovič il tempo e il modo, soprattutto nel campo sinfonico. Ma ancora vent’anni dopo, con il Quartetto n. 8 in do min. op. 110, si avrà la prova di come quei tragici eventi abbiano lasciato segni indelebili. Solo in tempi recenti si è ipotizzato che la dedica che campeggia nell’edizione a stampa («in memoria delle vittime del fascismo e della guerra») debba ritenersi inautentica e vada invece accreditata l’ipotesi di un’operazione ad 44 esclusivo indirizzo autobiografico. Ciò porterebbe ad un evidente stravolgimento dei significati e finanche delle attese d’ascolto, in quanto il carattere teso e aspramente drammatico del pezzo non sarebbe dovuto primariamente a una urgenza di denuncia sociale o di condanna ideologica ma verrebbe ad assumere una ragione più strettamente personale, e sia pur seria, quale il pensiero della propria morte. Non è nemmeno da escludere, però, che i due motivi possano coabitare in queste pagine tetre e feroci. Sta di fatto che Šostakovič, che spesso sentiva il bisogno di riaffermare prepotentemente la propria personalità attraverso il ricorso a particolari simbologie musicali, mai come in questo Quartetto fa uso di una tipica cellula generativa di quattro note (re - mi bemolle – do - si) che corrisponde, nella lettura tedesca, alle iniziali del suo nome, quasi a volervi apporre una firma incontestabile e sia pur criptica. Tale sequenza intervallare, messa a fondamento strutturale del pezzo e riutilizzata sotto le fogge più diverse, è subito annunciata sommessamente dal violoncello, che instaura un mesto clima meditativo la cui lamentosità è accresciuta dalla melopea successiva del violino primo. Il colore espressivo si fa immediatamente corrusco all’attacco dell’Allegro molto che è tutto un ribollire frenetico fra strappi e scoppi di sonorità. Quando al centro si ha l’icastica citazione del motivo popolare ebraico che, secondo le testimonianze, le vittime predestinate sarebbero state costrette a ballare sul bordo delle proprie fosse, l’ipotesi di una nemmeno troppo velata denuncia insita nel Quartetto torna a riprendere consistenza. Ugualmente, il valzerino falsamente innocuo ma in realtà tragicamente grottesco dell’Allegretto che segue pare messo lì per significarci che l’orrore nasconde quasi sempre una faccia di bonomia sinistra e feroce, secondo uno stilema sovente impiegato da Šostakovič per raffigurare l’aspetto brutale, spietato, disumano della macchina sociale. Ai due desolati Adagi finali, che riconducono il clima espressivo alla situazione dell’inizio, è riservata la funzione riflessiva o di compianto: e questo avviene senza che alcunché giunga ad apportare un motivo di speranza o di riscatto, ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO rovesciando in questo modo la prassi di affidare al finale il superamento del conflitto se non il momento dell’ascesi. RAVEL – Da quando, il 19 maggio 1921, il Quartetto in fa fu eseguito al concerto inaugurale della nostra Filarmonica appena fondata, questo componimento non ha cessato di ripresentarsi nel corso delle successive stagioni, confermandosi come uno dei più apprezzati tanto dagli amatori quanto dagli esperti. E difatti, al di là della bellezza intrinseca che lo giustifica da sola, esso si pone nella storia della musica come esempio autorevole di novità nella continuità, essendo pienamente inserito nella svolta storica ed estetica in atto ma non in conflitto con le linee di sviluppo portate avanti da tempo dalla produzione cameristica francese dei vari Franck, Saint-Saëns e Fauré. Il suo valore di novità si sostanzia anzitutto nei caratteri di asciuttezza di linee e di sobria e insieme pregnante espressività,trovando il suo precedente diretto nel Quartetto in sol di Debussy del 1893, che più di qualsiasi altro gli aveva aperto prospettive nuove nel segno della forma e dello stile. Il Quartetto in fa (1904), prima composizione di ampio respiro scritta dal ventinovenne Ravel, rivela un gusto e una sensibilità del tutto personali e una sicurezza estrema nel trattamento libero e originale delle forme. Ma più ancora esso ha la sua ragion d’essere nella qualità degli elementi stilistico-espressivi adottati, da cui le sottigliezze di fraseggio, la cura delle calibrature timbriche, la finezza delle combinazioni armoniche impreziosite dalle ombre modali che la percorrono: il tutto senza far ricorso ai tradizionali espedienti di contrasto dialettico per creare particolari tensioni emotive, ma al contrario perseguendo l’ideale di una conce- zione unitaria. Il primo movimento (Modéré) reinterpreta liberamente la forma-sonata, alla cui sicurezza ancora si aggancia, devitalizzando ogni possibile elemento di contrapposizione tematica e disponendo i motivi in una successione atta a propiziarne la ripresentazione ciclica nei movimenti successivi. La pagina procede in modo tranquillo, entro la ricercata atmosfera di raffinatezza imposta fin dall’esordio, raggiungendo momenti di tenera poesia evocativa e di tensione lirica più pronunciata, terminando poi con una serena, luminosa affermazione del fa maggiore d’impianto. Il secondo movimento si presenta con un nervoso tema pizzicato in modo eolio, per il quale si è richiamata l’esperienza del gamelan balinese, spezia esotica che da tempo stava facendosi strada nell’Europa curiosa di conoscere i mondi lontani. Sostenuta da un impulso ritmico mutevole e trascinante, la pagina contiene al suo interno una sezione lenta dal carattere più meditativo e misterioso. La tonalità lontana di sol bemolle maggiore e i suoni con sordina colorano il Très Lent che segue di un’ovattata tinta notturna, estatica e talora misteriosa nel fremito di trilli, arpeggi e tremoli palpitanti che la percorrono frammezzo alla proposizione di suggestive linee melodiche e discrete citazioni del tema d’inizio. Nel movimento conclusivo, che procede incalzante alternando vaghe movenze di danza e distensioni più cantabili, Ravel non rinuncia, come spesso avviene nei suoi finali, alla liberazione di una certa sfrenatezza dionisiaca, e se per una volta se ne dirà non del tutto persuaso, ci penserà poi Debussy a consigliargli di non mutare nemmeno una nota di quanto aveva scritto. STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015 Diego Cescotti 45 SALA FILARMONICA SABATO 24 GENNAIO 2015 - ore 20.45 ___ GIUSEPPE CARRER chitarra Fernando SOR (1778-1839) Siciliana e Marcia op. 33 Sonata n. 1 “Grand Solo” op. 14 Introduzione (Andante) Allegro Variazioni su un tema di Mozart op. 9 Introduzione e tema con variazioni op. 20 Sonata n. 3 “Grande Sonate” op. 22 Allegro Adagio Minuetto (Allegro) Rondò (Allegretto) 46 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO Giuseppe Carrer nasce a Treviso dove comincia lo studio della chitarra con G. Rado e si diploma con il massimo dei voti al Conservatorio G. Verdi di Milano sotto la guida di R. Chiesa. Negli anni della sua formazione partecipa a masterclass tenute dai più importanti chitarristi della scena mondiale: J. Bream, J. Tomas, P. Galbraith, E. Fisk. Continua gli studi con S. Grondona presso l’Accademia Musicale Pescarese, i corsi di Riva del Garda e Ponte in Valtellina, e con O. Ghiglia, frequentando il corso triennale per solisti presso la Musik Akademie di Basilea (CH), dove si diploma ottenendo il Solisten Diplom, e all’Accademia Musicale Chigiana dove ottiene il Diploma di Merito. Segue i corsi di Fenomenologia della musica tenuti da S. Celibidache a Saluzzo e Monaco di Baviera. Molto giovane risulta vincitore ai concorsi nazionali di Stresa, Savona e al Concorso Mario Castelnuovo –Tedesco; in seguito vince alcuni tra i più importanti concorsi internazionali come il primo premio al Concorso Città di Alessandria, secondo premio al Concorso d’interpretazione di musica per chitarra del secolo XX di Lagonegro, primo premio al Concorso di Gargnano e primo premio al Concorso Fernando Sor. L’attività concertistica lo porta ad esibirsi in Europa e Oriente sia come solista che in formazioni cameristiche e concerti per chitarra e orchestra. Ha suonato con il quintetto Nova Lira Orfeo con il quale ha registrato il CD Homenaje con le opere cameristiche del chitarrista M. Llobet. Attivo anche nel campo della musica moderna, ha eseguito alcune delle opere più importanti del repertorio del novecento quali Le Marteau sans Mâitre di P. Boulez e Serenata per un Satellite di B. Maderna. Ha collaborato con il Tammittam Ensemble all’incisione di un CD dedicato alla musica del XX secolo per l’etichetta Dynamic e in qualità di arrangiatore ha curato la versione per voce e chitarra di musiche della tradizione veneziana del primo ‘900 in seguito incise per l’OpusAvantra. STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015 47 Da anni approfondisce lo studio del repertorio dei grandi chitarristi-compositori del XVIII e XIX secolo suonando su strumenti originali dei più importanti liutai (R. Lacôte, L. Panormo, Petitjean l’Ainè, F. Roudlhoff, J. Pages, F. Simplicio, S. Hernandez, E. Garcia, A. de Torres), studiando la vasta produzione di metodi e trattati e la prassi esecutiva. A questo repertorio Carrer sta dedicando una sua specialistica ricerca che lo vede oggi distinguersi quale uno dei più affermati interpreti circa la prassi esecutiva della musica del periodo classico. Questa ricerca lo ha portato alla realizzazione di registrazioni per le etichette Dynamic, Stradivarius e Tritò (Barcellona) che hanno ricevuto ottime recensioni dalle più importanti riviste specializzate italiane ed estere. NOTE AL PROGRAMMA Sono pochi i chitarristi che, interessati al repertorio classico del proprio strumento, non abbiano suonato e studiato in modo approfondito autori come Sor, Giuliani, Aguado, Mertz e Regondi. Di tutti questi compositori Sor è senza dubbio il più universale, il più colto e in un certo senso il più astratto rispetto allo strumento per il quale componeva. Nato a Barcellona nel 1778, si formò alla Escolanìa de musica del monastero di Montserrat, tra le più importanti istituzioni dell’epoca, dove ricevette una eccellente educazione musicale studiando, nei quattro anni della sua permanenza, in modo approfondito la polifonia vocale e lo stile classico. All’inizio del 1795 abbandonò Montserrat per partecipare alla guerra contro l’invasione francese e una volta conclusa, ritornò a Barcellona dove cominciò a farsi conoscere come compositore e chitarrista. Durante il regno di Joseph Bonaparte Sor fraternizzò con i francesi ed accettò un incarico amministrativo da parte del governo d’occupazione. Nel 1813, dopo la fine della guerra di indipendenza, Sor, come molti altri artisti e intellettuali, fu costretto a lasciare la Spagna con l’accusa di essere un afranceado, ossia di aver collaborato e simpatizzato con i francesi. Dalla metà di quell’anno fino all’inizio del 1815 visse a Parigi, successivamente risiedette a Londra e nel 1823 fece ritorno nella capitale francese per il debutto del suo balletto Cendrillon al teatro de l’Opera, che fu replicato ben 104 volte. In seguito viaggiò e si esibì in tutta Europa. A Londra ottenne grande fama come chitarrista, cantante e compositore. Ritornò a Parigi nel 1826, nel 1830 pubblicò il suo Mèthode pour la guitare e, nella capitale 48 francese, morì il 10 luglio 1839. Anche se la sua fama rimane principalmente legata al mondo della chitarra, in vita Sor fu acclamato autore d’opera (Telemaco nell’isola di Calipso), di balletti che vennero rappresentati a Mosca e San Pietroburgo (Cendrillon, Alphonse et Lènore, Hercule et Omphale) di musica sinfonica e da camera. Dopo la grande scuola dei vihuelisti e liutisti del XVI° secolo e nonostante alcuni grandi chitarristi come Sanz o Guerau, la tecnica dello strumento si perse e la chitarra venne considerata strumento popolare, utile ad accompagnare il ballo e la voce. Sor invece adatterà la scrittura e la tecnica dello strumento alle nuove esigenze dalla musica del periodo classico, in un modo che risulterà unico tra i chitarristi della sua epoca, immaginando la chitarra come strumento polifonico (recuperando quindi la tradizione dei vihuelisti del XVI° secolo), e in grado di sostenetre strutture musicali complesse e articolate. La Sicilienne et Marche in re minore, è l’ultimo dei tre pezzi che formano la breve raccolta intitolata Trois Pièces de Societè op. 33. La siciliana sembra richiamare lo stile di autori italiani quali Pergolesi e Paisiello, offre all’esecutore la possibilità di fiorire a proprio gusto il testo originale (pratica molto in voga tra i cantanti d’opera e gli strumentisti di quel periodo) in modo da esaltare il respiro drammatico e le parti cantabili di questo pezzo poco conosciuto della produzione di Sor. La Marcia ha una struttura tripartita, la cui prima sezione ha carattere marziale con accordi in forte e note ribattute ad imitare i tamburi militari, la sezione centrale, tutta in suoni armonici, sembra evocare la marcia di una fanfara militare ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO in lontananza, il pezzo si conclude con la ripetizione della prima parte. La Sonata n. 1, meglio conosciuta come Gran solo, venne pubblicata in cinque edizioni durante la vita del compositore, con evidenti e incomprensibili differenze. Il più antico manoscritto viene conservato presso gli archivi musicali di Montserrat e porta il titolo di Sinfonia, mentre la prima edizione, pubblicata da Salvador Castro de Gistau con il titolo di Sonata prima, nel suo Journal de Musique Etrangère pour la Guitare ou Lyre, vide la luce nei primi anni del 1800, ma solo intorno al 1810 venne pubblicata da Pierre Porro una nuova edizione con il titolo definitivo di Gran Solo. Come suggerisce il suo titolo originale (Sinfonia), la composizione segue una struttura frequente nella musica strumentale: un’introduzione lenta seguita da un allegro in forma sonata. Pubblicate nel 1821 a Londra e dedicate al fratello Carlos, le Variazioni op. 9 nella prima edizione portano il titolo: “Oh Cara Armonia from Mozart’s opera Il Flauto Magico arranged with an introduction and variations for the guitar”. Dotate di un carattere immediato ed estroverso queste variazioni, che godono di una scrittura fresca e spontanea talvolta ispirata da effetti idiomatici della chitarra (si vedano ad esempio la quarta variazione in cui a rapidi gruppi di terzine in ottava nel registro acuto fanno eco scuri arpeggi nel registro grave, o la quinta dove l’uso della seconda corda a vuoto suonata solo con la mano sinistra diventa un pedale di dominante), sono diventate l’opera più eseguita e famosa tra le composizioni di Sor. L’Introduction et thème varié, op. 20 venne pubblicata intorno al 1823 a Parigi, al rientro di Sor da Londra. L’opera, che Sor dedicò a Meissonier, suo principale editore in quel periodo, è basata su una precedente composizione, il Theme varié, pubblicato da Castro verso il 1810 senza numero d’opera. In questa occasione Sor amplia, modifica e rielabora l’opera precedente, la arricchisce di un’introduzione di 58 misure, che partendo da un semplice pedale di tonica in la maggiore modula al la minore con effetto drammatico e attraverso altre tonalità prepara l’esposizione del tema. Rispetto alla versione pubblicata da Castro, le variazioni op. 20 risultano molto più ricche ed elaborate e terminano in questa occasione con un’energica coda. E’ interessante sapere che, da fonti dell’epoca, Dionisio Aguado, al suo debutto parigino, suonò questo tema con variazioni dell’amico Fernando Sor oltre a sue composizioni originali. La Sonata n. 3, una delle opere di maggior respiro che Sor dedicò alla chitarra, fu pubblicata nel 1825 a Parigi da Meissonier con il titolo di Grande Sonate pour guitare seule composée par F. Sor, qui fut dediée au prince de la Paix. In effetti Sor la dedicò al primo ministro del re Carlos IV, Manuel Godoy Alvarez, che tra i titoli onorifici aveva quello di Principe della pace, concessogli per l’opera di negoziazione per fermare la guerra con i francesi nel 1795. Lo stile di questa sonata in quattro movimenti si può assimilare a quello di Boccherini e Haydn. Il primo movimento racchiude l’eleganza e la sintesi che si trova nella sinfonia classica. Il secondo movimento è un adagio espressivo. Il terzo e quarto movimento, che spesso vengono eseguiti come pezzi a sé stanti, risentono sicuramente dello stile di Haydn. Giuseppe Carrer STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015 49 SALA FILARMONICA MARTEDì 3 FEBBRAIO 2015 - ore 20.45 ___ MARIA PERROTTA pianoforte Johann Sebastian BACH Variazioni Goldberg BWV 988 Aria con 30 variazioni (Clavier-Übung, part IV) (1685-1750) Aria 50 Variatio 1 a 1 Clavier Variatio 2 a 1 Clavier Variatio 3 Canone all’Unisuono a 1 Clavier Variatio 4 a 1 Clavier Variatio 5 a 1 ô vero 2 Clavier Variatio 6 Canone alla Seconda a 1 Clavier Variatio 7 a 1 ô vero 2 Clavier Al tempo di Giga Variatio 8 a 2 Clavier Variatio 9 Canone alla Terza a 1 Clavier Variatio 10 Fughetta a 1 Clavier Variatio 11 a 2 Clavier Variatio 12 Canone alla Quarta a 1 Clavier Variatio 13 a 2 Clavier Variatio 14 a 2 Clavier Variatio 15 Canone alla Quinta: Andante a 1 Clavier Variatio 16 Ouverture a 1 Clavier Variatio 17 a 2 Clavier Variatio 18 Canone alla Sexta a 1 Clavier Variatio 19 a 1 Clavier Variatio 20 a 2 Clavier Variatio 21 Canone alla Settima a 1 Clavier Variatio 22 Alla breve a 1 Clavier Variatio 23 a 2 Clavier Variatio 24 Canone all’Ottava a 1 Clavier Variatio 25 Adagio a 2 Clavier Variatio 26 a 2 Clavier Variatio 27 Canone alla Nona a 2 Clavier Variatio 28 a 2 Clavier Variatio 29 a 1 ô vero 2 Clavire Variatio 30 Quodlibet a 1 Clavier Aria da Capo e Fine ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO Maria Perrotta studia al Conservatorio di Cosenza, dov’è nata, con A. Barbarossa e si diploma con lode al Conservatorio di Milano con E. Ponti. Ottiene il Diploma Superiore di Musica da Camera all’École Normale de Musique di Parigi, si perfeziona a Imola con F. Scala e B. Petrushansky e in Germania con W. Blankenheim. Nel 2007 si diploma con lode presso l’Accademia di Santa Cecilia nella classe di S. Perticaroli. Arricchisce la sua formazione con C. Burato e F.-J. Thiollier. Vive a Parigi. Applaudita come interprete particolarmente comunicativa, Maria Perrotta si afferma in importanti concorsi fra cui il Rina Sala Gallo di Monza, il Premio Encore! Shura Cherkassky (2008) e il Concorso J. S. Bach di Saarbrücken (2004), premio quest’ultimo che la impone sulla scena pianistica internazionale come una significativa interprete bachiana, riscuotendo ampi successi di pubblico e di critica: «Maria Perrotta sa sfruttare le risorse del pianoforte moderno senza incorrere in inesattezze stilistiche. Il suono di vitrea trasparenza, la tessitura sempre percepibile, l’interessante articolazione della frase hanno reso la musica di Bach in modo ideale» (Saarbrücker Zeitung). «È una figura schiva e poco conosciuta, è uno dei veri astri del pianismo mondiale… Nelle Variazioni Goldberg ella è all`altezza di Glenn Gould, di Rosalyn Tureck.» (P. Isotta, Corriere della Sera). Registra per la Radio Tedesca, per la Rai e Sky. La sua incisione dal vivo delle Variazioni Goldberg di Bach ottiene il favore della critica specializzata: 5 Stelle delle riviste Amadeus e Musica, 5 Stelle e Disco del Mese della rivista Suonare News, Premio della Critica 2012 promosso dalla rivista Musica & Dischi. Nell’ottobre 2013 la Decca pubblica un cd con la sua registrazione dal vivo delle tre ultime Sonate di Beethoven che ottiene le “5 Stelle Amadeus” ed è scelto come miglior cd del mese dalla rivista Amadeus. Nel settembre 2014 esce la sua nuova incisione per Decca delle Variazioni Goldberg di Bach. Fra i suoi recenti impegni l’esecuzione del Clavicembalo ben temperato di J. S. Bach, del Quarto Concerto per pianoforte e orchestra op. 58 di Beethoven con la Filarmonica Arturo Toscanini diretta da Antoni Wit e una tournée in Francia e Italia con un programma interamente dedicato a Chopin. STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015 51 NOTE AL PROGRAMMA Le Variazioni Goldberg sono una tra le opere più imponenti ed affascinanti non solo del repertorio bachiano ma anche dell’intera letteratura per tastiera dal Seicento ai nostri giorni. Sarà per la loro lunghezza (l’esecuzione con tutti i ritornelli, tralasciati per prassi esecutiva dal Novecento, durerebbe quasi 90 minuti), per la loro complessità in quanto summa degli stili e delle forme musicali del tempo o per il loro mistero con quella simbologia di numeri che si palesano e si nascondono lungo tutta l’opera: per questi ed altri motivi le Variazioni Goldberg sono uno tra i pezzi più famosi ed amati dal pubblico dell’ultimo secolo. Pubblicate nel 1742 come Clavier Übung - ossia letteralmente “studio dello strumento a tastiera” - sotto il semplice titolo di “Aria con diverse variazioni”, la loro genesi è legata ad una circostanza raccontata da Johann Nikolaus Forkel nella prima biografia di Johann Sebastian Bach datata 1802. Diversi musicologi, del passato come del presente, dubitano sulla veridicità di tali informazioni, raccontate comunque da un uomo, Forkel, che non solo era un importante studioso ed organista tedesco, considerato il fondatore della musicologia, ma anche un grande ammiratore di Bach e che si era direttamente documentato presso i figli del sommo, Wilhelm Friedemann e Carl Philipp Emanuel. Veniamo, dunque, ai fatti narrati in questa biografia, dove si legge che fu il conte Hermann Carl von Keyserlingk, ambasciatore di Russia, a commissionare l’opera a Johann Sebastian Bach, allora Musikdirector e Cantor della Thomasschule di Lipsia nonché Hofcompositeur della cappella di Dresda - nomina reale, quest’ultima, che Bach aveva ricevuto pochi anni prima proprio dalle stesse mani del conte. Keyserlingk era malato e soffriva d’insonnia. Chiese quindi a Bach di scrivergli qualche soave melodia affinchè il suo protetto, il quindicenne clavicembalista Johann Gottlieb Goldberg, po- 52 tesse allietarlo nelle lunghe ore di veglia e lenire in qualche modo le sue sofferenze. Per la consegna di queste Variazioni, si legge ancora nella biografia di Forkel, Bach ricevette il più ricco compenso di tutta la sua vita: una coppa d’oro colma di cento monete dell’epoca, i luigi d’oro. I dubbi sollevati dagli storici sulla veridicità di questa vicenda sono facilmente comprensibili: com’è possibile considerare la monumentale opera bachiana come una soave ninna nanna per le insonnie del conte? Com’è possibile che l’adolescente Gottlieb, seppur dotato di grande talento, potesse avere la capacità di eseguire i difficili passaggi virtuosistici di alcuni pezzi? Cosa ne fece Bach del tesoretto guadagnato dal momento che alla sua morte, occorsa solo otto anni dopo, nell’inventario dei suoi beni non figurava questa coppa d’oro e la sua famiglia si trovò in una situazione economica critica? Perchè né sul manoscritto né sulla prima copia a stampa compare la dedica al committente, il conte Keyserlingk, oppure il titolo oggi indissolubilmente legato alle variazioni? Che si tratti di realtà o leggenda, vero è che in tutto il mondo questa Aria con diverse variazioni è conosciuta ormai con il nome di Goldberg, il suo primo esecutore, vero o presunto che sia. La forma scelta da Bach per questa composizione è quella del tema e variazione. Il tema in questo caso è rappresentato da un’Aria in sol maggiore dal carattere intimo e cristallino, composta dall’autore stesso in quegli anni e copiata nel secondo Clavierbüchlein dedicato alla moglie Anna Magdalena. Seguono 30 variazioni costruite non sulla linea melodica dell’Aria, come ci potremmo aspettare, bensì sulla linea del basso. A conclusione del ciclo di variazioni viene rieseguita l’Aria da capo. Si contano quindi in totale 32 brani (Aria + 30 variazioni + Aria), come 32 sono le battute dell’Aria. Questo è solo l’inizio di una rete di rimandi numerologici che costituiscono la struttura delle Variazio- ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO ni Goldberg attraverso una simbologia mistica, con la cifra 2 (associata al Cristo, seconda persona della Trinità), la cifra 3 (la Trinità appunto), la cifra 4 (simbolo dell’umano, la Croce) e le loro complesse relazioni. Le variazioni sono raggruppate per gruppi di 3 (dunque 10 gruppi di 3 variazioni), di cui l’ultimo pezzo è sempre nella forma di Canone, per una scrittura che si allarga melodicamente elevandosi dall’intervallo di Prima (l’unisono) a quello di Nona. L’ultimo gruppo non termina con Canone alla Decima bensì con un Quodlibet che tratta due temi popolari in doppio canone. Solo 3 variazioni sono in tonalità minore. La prima di queste è l’emozionante n. 15 che interrompe il fluire dei brani, giunti fin qui senza soluzione di continuità, con una sosta contemplativa che riporta lo sguardo sull’umanità perduta senza Dio, con la retorica immediata del lamento attraverso il semitono discendente. Questa importante cesura è confermata dalla variazione successiva, la n. 16, che si presenta come un ouverture alla Rameau seguita da un fugato, con un impatto sonoro opposto. Se la leggenda legata a quest’opera assume, all’occhio dell’uomo moderno, le tinte di un romanzo di Thomas Mann – da quel titolo “Goldberg”, che da un lato richiama a una magica Montagna d’oro, dall’altro evoca le guance candide di quel poco più che bambino, Gottlieb, costretto a vegliare le lune malate di un vecchio aristocratico – in realtà le Variazioni furono nell’intenzione di Bach un glorioso monumento all’architettura divina. Poichè quella geometria perfetta, quella simbologia del numero, altro non è che l’imago mundi, la realizzazione del creato da parte di Dio e dunque la celebrazione del divino. Bach era un fervente luterano, per lui la Musica era un dono di Dio. Solo la sua immensa fede, sincera, unita alla sua sana umanità, reale, poteva mostrare in un unico capolavoro l’immagine di Dio e quella dell’uomo, legando l’ultima variazione al suo tema, ossia il Quodlibet all’Aria. La n. 30 richiama il gioco corale, che era in uso tra le mura domestiche, della variazione di due melodie popolari: un canto in compagnia con le gustose storie di amate lontane e di rape cotte prima di tornare alla preghiera dell’Aria! (i due canti popolari inseriti sono stati riconosciuti in “Ich bin so lange nicht bei dir gewest, ruck her, ruck her” - trad. “È da così tanto tempo che non sono con te, vieni qui, vieni qui” - e “Kraut und Rüben haben mich vertrieben” - trad. “Cavoli e rape mi hanno fatto andar via”). Scritte per lo strumento a tastiera del tempo, ossia il clavicembalo, nelle Variazioni Goldberg ben undici pezzi erano da eseguirsi con due manuali. La realizzazione sullo strumento moderno, il pianoforte, deve quindi affrontare la difficoltà tecnica dell’incrocio delle mani, avendo a disposizione un’unica tastiera, e sicuramente la difficoltà timbrica di recuperare le sonorità proprie immaginate da Bach: impresa riuscita ad arte nelle mani di Glenn Gould, sfida aperta per tutti i pianisti di oggi e domani. STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015 Monique Ciola 53 SALA FILARMONICA LUNEDì 9 FEBBRAIO 2015 - ore 20.45 ___ Marija Pavlovic clarinetto Maja Bogdanovic violoncello Martina Filjak pianoforte Ludwig Van BEETHOVEN Trio in si bemolle maggiore op. 11 «Gassenhauer Trio» (1770-1827) Allegro con brio Adagio Tema con variazioni Allegretto Marko TAJČEVIĆ (1900-1984) Sedam Balkanskih Igara Johannes BRAHMS Trio in la minore op. 114 (1833-1897) Allegro, alla breve Adagio Andantino grazioso Finale: Allegro 54 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015 55 Considerata come uno dei talenti emergenti della nuova generazione croata, Marjia Pavlovic ha iniziato gli studi musicali nella sua città natale Dubrovnik, completandoli all’Accademia di Musica di Zagabria e al Mozarteum di Salisburgo. L’interprete si è successivamente perfezionata in master class tenute da R.Vlatkovic, P. Czaba, H. Schellenberger, Z. Bron ed E. Brunner. Marjia ha ricevuto numerosi premi fra i quali si ricordano l’annuale riconoscimento della Filarmonica di Zagabria e l’American Express come miglior giovane interprete dell’anno; il Würdigenpreis del Ministero della Cultura e della Scienza austriaco; il primo premio all’AudiMozart competition di Rovereto; il Poulenc Award all’International IBLA Gran Premio al Concorso di Ragusa. Nel 2011, Marjia ha avuto l’onore di ricevere l’Orlando Prize nel corso del Festival di Dubrovnic per il suo concerto con gli Archi del Teatro alla Scala di Milano. L’artista si esibisce spesso in Europa, Israele e Stati Uniti d’America sia come solista che come interprete di musica da camera. Maja Bogdanovic è violoncellista franco-serba, nata a Belgrado. A 21 anni entra nella classe di M. Strauss al Conservatorio Superiore di Parigi, seguendo gli insegnamenti di P. L. Aimard, J.Peter Maintz, del Trio Wanderer e del cellista A. Gherdardt. Nel 2008 Maja ottiene il primo premio della Fondazione Safran e il secondo premio al Concorso Cassadò in Giappone. È stata invitata come solista dai Berliner Symphoniker, dall’Orchestra dei Paesi della Loira, dalla Filarmonica di Belgrado e di Tokyo, dall’Orchestra da camera di Monaco. È ospite di prestigiosi Festival: Folle Journées de Mantes, Festival del violoncello di Beauvais, Festival d’Annecy. Si esibisce con i quartetti Ebène, Talich, con i violinisti G. Sharon, N. Radulovic, con i clarinettisti P. Berrod e M. Bekavc. Molto interessata alla musica contemporanea, Maja ha collaborato con i compositori Penderecki ( invitata per il suo 80° compleanno assieme a Yuri Bashmet e Julian Rachlin), Gubaidulina, P.Hersant. Nel 2013 ha pubblicato per l’etichetta Nimbus Records un cd dedicato a musiche del compositore inglese P. Sawyers, il cui concerto per violoncello è a lei dedicato e per Lyrinx un cd dedicato ai trii di Tchaikovsky e Arensky. Dopo aver ottenuto il primo premo al Concorso Internazionale Aldo Parisot, la violoncellista Maja Bogdanovic ha debuttato alla Carnegie Hall e la rivista The Strad , per l’occasione, ne ha elogiato la bellezza del suono, la grande maturità interpretativa e la sicurezza che sa trasmettere all’ascoltatore. Suona un violoncello di Frank Ravatin. Nata a Zagabria in una famiglia di musicisti, Martina Filjak ha studiato nella sua città e alla Hochschule di Hannover. E’ uno dei talenti più luminosi e affascinanti emersi dalla Croazia in questi anni e sta raccogliendo unanimi consensi a livello internazionale per la passione poetica e la galvanizzante energia che sa sprigionare alla tastiera e per il profondo carisma interpretativo che sa comunicare all’ascoltatore. Fin dal suo debutto a 12 anni con i Solisti di Zagabria, Martina Filjak si è esibita con la Cleveland Orchestra, la Filarmonica di Strasburgo, la Bilbao Symphony, l’Orchestra di Granada, la Deutsche Radio Philarmonie, la Staatskapelle di Weimar, la Israel Chamber Orchestra, l’Orchestra Sinfonica di Nancy. È apparsa recentemente anche al Concertgebouw di Amsterdam, alla Konzerthaus di Berlino, all’Auditorium del Palazzo della Musica Catalana di Barcellona, alla Zankel e alla Carnegie Hall di New York, al Teatro di San Carlo di Napoli, alla Sala Verdi di Milano, alla Salle Gaveau di Parigi, all’Auditorium Nacional di Madrid, al Musikverein e alla Konzerthaus di Vienna, al Shangai Oriental Art Center. I prossimi impegni prevedono concerti con la San Diego e Huston Symphony, e la Osaka Symphony Orchestra. Martina ha vinto il primo premio ai Concorsi di Cleveland, Maria Canals e Viotti.. 56 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO NOTE AL PROGRAMMA BEETHOVEN – Sul Trio op. 11 (1798) persiste l’incertezza riguardo all’organico da impiegare, stante la destinazione per clarinetto (o violino) che si legge nel frontespizio dell’edizione a stampa, secondo una prassi di scambio invero comune a quei tempi cui non sono esclusi gli interessi editoriali. Se fosse corretta l’ipotesi che vuole Beethoven in rapporto con il noto clarinettista boemo J. Joseph Beer l’opzione sarebbe più semplice, ma in realtà non vi è alcuna certezza in tal senso. Così nella prassi esecutiva ci si regola a seconda dei casi, tendendo però a preferire lo strumento a fiato, con la giustificazione che proprio negli ultimi anni del secolo XVIII il clarinetto e un po’ tutti gli strumenti a fiato stavano conoscendo un accresciuto interesse da parte dei compositori. Comunque stiano le cose, il brano si è attirato qualche critica per essere un po’ superficiale e corrivo, proprio come avviene con tanta musica d’intrattenimento con strumenti a fiato; ma ciò è dovuto in gran parte al confronto ingeneroso con gli altri grandi Trii beethoveniani per pianoforte e archi dell’epoca successiva, che effettivamente risultano più realizzati sotto il profilo artistico. A prevalere qui è l’aspetto della gradevolezza e della brillantezza, giocando sull’originalità di certi passaggi e sulle sorprese che vogliono interessare e divertire senza affaticare la mente. Il Trio è in tre movimenti, il primo dei quali è un Allegro con brio in forma-sonata con i due temi ben differenziati e una breve parte di sviluppo dove il pianoforte si prende il suo spazio protagonistico, prima di dare inizio ad una ripresa del tutto simmetrica. Una bella cantabilità esibisce l’Adagio che segue, avviato dal violoncello e ancora con un certo predominio dello strumento a tastiera. Per il finale Beethoven ha scelto di costruire una serie di variazioni su un tema allora popolarissimo, nella fattispecie il terzetto «Pria ch’io l’impegno» dall’opera L’amor marinaro ossia Il corsaro di Joseph Weigl, trattato molti anni dopo anche da Paganini. L’artigianato compositivo, in fatto di variazioni su tema, era ormai fortissimo e Beethoven non delude le aspettative inanellando nove situazioni le più diverse in cui il motivo viene esposto da una voce sola o intrecciato tra gli strumenti, alternando soffusa cantabilità a virtuosismo, irruenza a dolcezza, in un continuo gioco dell’invenzione. TAJČEVIĆ – Le Sette Danze dei Balcani, cui ha arriso nel tempo una certa notorietà anche perché eseguite da grandi pianisti, sono uno dei pochi titoli offerti dallo scarnissimo catalogo di questo compositore serbo la cui attività è stata più che altro rivolta agli studi, all’insegnamento e alla divulgazione, rendendosi per questo benemerito nel suo Paese. È normale in questi casi operare dei raffronti con i maggiori maestri che in quel tempo avevano innalzato la musica popolare ad opera d’arte come Bartók, Kodály o Janáček: con tutti questi Tajčević ha sicuramente condiviso gli intenti ma non la cospicuità della produzione e il tratto progressista, privilegiando le eleganze formali e la comunicazione diretta, orientandosi anche per questo verso la scrittura vocale e specialmente corale. BRAHMS – È noto come la tarda stagione creativa di Brahms sia costellata di capolavori di rara finezza e come in essi la dimensione cameristica si confermi quale la più consona all’indole di questo musicista sensibile alle ragioni dell’intimismo e dell’introspezione. Al clarinetto forse non avrebbe pensato se un’occasione fortunata non gli avesse messo sulla strada Richard Mühlfeld, riconosciuto virtuoso dell’epoca, che gli risvegliò la fantasia e lo stimolò a comporre in poco tempo ben quattro lavori con il clarinetto. Tale impegno multiplo porta a pensare che proprio attraver- STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015 57 so le caratteristiche sonore ed espressive dello strumento che cento anni prima aveva affascinato anche Mozart si era presentata a Brahms l’opportunità di ricercare un modo nuovo per scendere nel fondo della propria anima. Perché è evidente che il clarinetto di Brahms non ha nulla a che vedere con quello di Weber; non è all’esteriorità brillante che egli mira, ma appunto alle ragioni di stile attraverso le quali permettere al nuovo strumento di utilizzare le sue sonorità soffuse, tenere e calde per diventare voce espressiva di una condizione umana. Il Trio op. 114 fu il primo conseguimento in questo percorso clarinettistico in quattro tappe e precede di poco il Quintetto op. 115, che rimane concordemente tra le cose più sublimi del catalogo brahmsiano, per concludersi poi con le due Sonate op. 120, che pure si sono garantite l’affetto di interpreti ed ascoltatori. Si dice che il Trio sia, nell’insieme di queste quattro opere, il più irrisolto, forse perché sussiste al fondo un oggettivo problema di equilibrio nell’assemblaggio di strumenti dai timbri così diversi come il clarinetto, il violoncello e il pianoforte: una formazione effettivamente poco praticata dagli autori. Ma è probabile che l’impressione sia falsata dal confronto con 58 il Quintetto, la cui fama è tale da oscurare tutto ciò che gli sta intorno. Inutile descrivere nel dettaglio le peripezie del Trio op. 114 attraverso i suoi quattro movimenti, smontarne il meccanismo formale, analizzarne i procedimenti: è sufficiente rilevare l’impeccabilità della forma e il tratto conciso che tanto lo distacca dalle prolissità e dall’irruenza delle opere giovanili. Tutto è contenuto e calibrato con estrema cura senza lasciare nulla di desiderato, e così non mancano momenti di forte e pur contenuta emotività nei dialoghi reciproci tra clarinetto e violoncello, che sono stati recepiti come autenticamente amorosi. Il tutto è immerso in atmosfere ora malinconiche ora meditative, non di rado sognanti e misteriose, ma sempre con quella nobiltà di segno che distingue la scrittura dell’autore amburghese. Non sfuggiranno all’ascoltatore attento le sottigliezze del colore sonoro,che si lasciano apprezzare come dettagli di un’opera d’arte raffinata. La prima esecuzione del Trio ebbe luogo il 24 novembre 1891, con Mühlfeld al clarinetto, Robert Hausmann al violoncello e lo stesso Brahms al pianoforte. Diego Cescotti ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO TEATRO ZANDONAI martedì 10 febbraio 2015 - ore 20.45 ___ ORCHESTRA HAYDN di Bolzano e Trento Ariel Zuckermann direttore CONCERTO DI CARNEVALE Musiche di: dinastia Strauss Franz LehÁr (1870-1948) Gioachino Rossini (1792-1868) STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015 59 60 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO SALA FILARMONICA LUNEDì 16 FEBBRAIO 2015 - ore 20.45 ___ QUARTETTO SENTIERI SELVAGGI Andrea Rebaudengo pianoforte Aya Shimura violoncello Mirco Ghirardini clarinetto Piercarlo Sacco violino Philip GLASS (1937) Sonata per violino e pianoforte Filippo Del CORNO (1970) Dogma 3 per violino, violoncello e pianoforte Giorgio Colombo TACCANI Piazzaforte (2013) (1961) Thomas ADÈS (1971) Court Studies from The Tempest per violino, clarinetto, violoncello, pianoforte Carlo BOCCADORO (1963) Le Sette Stelle per violino, clarinetto, violoncello e pianoforte STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015 61 Sentieri selvaggi viene fondata nel 1997 da Carlo Boccadoro, Filippo Del Corno e Angelo Miotto con lo scopo di avvicinare la musica contemporanea al grande pubblico. Fin dall’esordio i concerti di Sentieri selvaggi si caratterizzano per le informali presentazioni parlate di ogni brano. Il gruppo stringe nel corso degli anni collaborazioni con i più importanti compositori internazionali come Lang, Andriessen, MacMillan, Glass, Bryars, Nyman, Wolfe, Vacchi e promuove una nuova generazione di compositori italiani quali Boccadoro, Antonioni, Colasanti, Mancuso, Montalbetti e Verrando. Dal 1998 Sentieri selvaggi è regolarmente ospite delle più prestigiose stagioni musicali italiane (Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Teatro alla Scala, Biennale di Venezia), dei maggiori eventi culturali del nostro paese (Festival della Letteratura di Mantova, Notte Bianca di Roma, Festival della Scienza di Genova, Mito Settembre Musica) e di importanti festival internazionali (Bang On A Can Marathon di New York, SKIF Festival di San Pietroburgo, Sacrum Profanum di Cracovia). Nel 2009 Sentieri selvaggi segue Teatridithalia, suo partner storico dal 1998, nella prestigiosa sede del Teatro Elfo Puccini di Milano, diventando con la propria stagione di musica ensemble in residenza in uno dei luoghi più rappresentativi della creatività contemporanea della città. Sentieri selvaggi diffonde il proprio repertorio in contesti inusuali, collaborando con scrittori, architetti, scienziati, video-maker, attori, registi, musicisti rock e jazz, e realizzando i propri progetti in spazi alternativi quali gallerie d’arte, piazze, strade, centri commerciali e università. La presidenza dell’Associazione e la direzione artistica e musicale dell’ensemble sono affidate a Carlo Boccadoro. 62 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO NOTE AL PROGRAMMA Philip Glass, uno dei maestri del minimalismo americano, in Sonata per Violino e Pianoforte rivisita - naturalmente secondo il proprio stile - la grande forma europea della Sonata classica, con una scrittura più espressiva e meno frenetica rispetto ai lavori precedenti, manifestando una spiccata propensione al lirismo cantabile da parte del violino. Terzo brano di un ciclo di sei composizioni cameristiche che il compositore milanese Filippo Del Corno ha voluto dedicare al lavoro del regista Lars Von Trier, Dogma 3 alterna momenti di violenta propulsione ritmico/ meccanica/dinamica a improvvise sospensioni su poche note, accompagnate da frangenti di maggiore espressività, ma sempre tenuti sotto controllo da una struttura costruttiva ferrea e implacabile. Piazzaforte di Giorgio Colombo Taccani è un brano scritto nel 2013 su invito di Mauro Montalbetti in occasione dei quarant’ anni della strage di Piazza della Loggia di Brescia ed è dedicato al violinista Piercarlo Sacco. Il canto antifascista Siam del popolo gli arditi è alla base dell’intera composizione, anche se mai citato direttamente. Direttamente tratta dall’opera lirica che Thomas Adès ha scritto per il Covent Garden di Londra sul testo shakespeariano The Tempest, il brano Court studies from The Tempest è una breve riflessione di carattere esclusivamente strumentale, che traspone nei gesti melodici l’estrema teatralità dell’opera originale. L’influenza ritmica di Stravinskij, le raffinate combinazioni timbriche e gli sfolgoranti passaggi di virtuosismo per gli esecutori la rendono una pagina di ascolto estremamente gradevole e interessante. Divisa in sette movimenti, Le Sette Stelle si ispira esplicitamente all’organico del Quartetto per la fine del tempo di Olivier Messiaen, ma la sua musica possiede un carattere stilistico profondamente diverso, che accosta passaggi di estrema calma e riflessione ad altri del tutto scatenati che impegnano allo spasimo gli esecutori. Gli strumenti suonano spesso in combinazioni diverse, dal duo al trio, per riunirsi nel finale del brano. STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015 Carlo Boccadoro 63 SALA FILARMONICA SABATO 28 FEBBRAIO 2015 - ore 20.45 ___ THE CHRISTIAN WALLUMRØD ENSEMBLE Christian Wallumrød pianoforte, harmonium Eivind Lønning tromba Espen Reinertsen sassofono tenore Tove Törngren violoncello Per Oddvar Johansen percussioni, vibrafono Musiche di CHRISTIAN WALLUMRØD (1971) 64 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015 65 Christian Wallumrød è nato nel 1971 e cresciuto a Kongsberg, Norvegia; ha iniziato a studiare pianoforte a dodici anni e scoperto il jazz a quindici, grazie al maestro Egil Kapstad. Cresciuto musicalmente al conservatorio jazz di Trondheim, ha iniziato la sua carriera con il Quartetto Airamero con T. Seim, J.Eick e P. O. Johansen, una delle band più rappresentative della scena jazzistica norvegese degli anni 90, con cui ha pubblicato l’omonimo album nel ’94. Dopo l’esordio nel ‘98 per la prestigiosa ECM in trio con i connazionali A. Henriksen e H.-K. Kjos Sørensen, nel 2001 Christian ha creato un proprio ensemble (quartetto prima, sestetto poi) con cui, sempre per ECM, ha inciso diversi album e definito un’idea sonora molto raffinata e personale, che fonde in maniera mai didascalica reminiscenze di jazz, minimalismo, contemporanea, barocco, folk e musica sacra del nord Europa,. Raffinato e colto esponente della scena contemporanea norvegese, Wallumrød viene spesso associato a una certa estetica ECM, quella del Nordic Sound ma la verità è che, da sempre, esplora in più direzioni: dall’elettro-funk del Trio Close Erase all’elettronica sperimentale di Merriwinkle (Sidsel Endresen) e di Generator X (Audun Kleive), fino ai progetti di area più contemporanea a proprio nome, con Dans Les Arbres (assieme a X. Charles, I. Grydeland e I. Zach) o come solista (per Eivind Buene e la Oslo Sinfonietta): il tutto all’insegna di un buon mix tra improvvisazione delle origini e composizione dell’ultimo periodo. Il sestetto con cui ha pubblicato nel 2013 l’album Outstairs – vincitore dello Spellemannprisen (Grammy norvegese) per la sezione Musica Contemporanea - è il frutto dell’incontro con l’arpista barocca Giovanna Pessi (ora uscita dalla formazione) e si è poi arricchito delle possibilità timbriche di archi come viola e violino, entrati a far parte dell’ensemble con piano, fiati e percussioni. Il risultato è un’evoluzione del precedente Fabula Suite Lugano (2009), il cui esito viene approfondito dalla formazione attuale grazie all’ingresso del sassofonista Espen Reinertsen ad affiancare il trombettista Eivind Lønning. Per la prima volta i due condividono gli arrangiamenti con il leader, il che rende la musica ancor più organica e flessibile e favorisce l’emergere di nuove sonorità: un esempio di come un ensemble da camera di pochi elementi possa suonare, al pari di una grande orchestra, come un autentico corpus organico. Si tratta in realtà di un processo in costante evoluzione e in atto ancora oggi: uscito il violinista qualche tempo fa, la musica di Wallumrød è cambiata ancora, e violoncello, tromba e sassofono, ma anche batteria e percussioni, si fondono in linee melodiche intimiste, ricche di richiami e reminiscenze, e danno vita ad accostamenti timbrici di rara bellezza. Il risultato è un qualcosa di insolito e intrigante, una musica dall’estetica inconfondibile, e stupisce come composizioni apparentemente calme e tranquille evochino una forza e un’intensità emozionale tanto profonde... Recentemente, grazie ad AngelicA Festival, Wallumrød ha potuto misurarsi per la prima volta con la composizione per orchestra sinfonica: un’opportunità unica che ha saputo cogliere mostrando ancora una volta grande originalità. Ha, infatti, scomposto l’orchestra di 78 elementi in sette ensemble per quattro diversi tempi e altrettanti direttori, e ha dato vita a una creatura cinematica morbida ed elastica costituita da suoni organizzati in pattern di pulsazioni piuttosto lente e, a volte, divergenti: quasi meccaniche. When celebrities dream of casual sleep (second try) per orchestra è stata eseguita in prima assoluta dall’orchestra del Teatro Comunale di Bologna il 26 maggio 2013, in occasione della 23° edizione di AngelicA Festival, e poi a Oslo, per Ultima Festival, dall’Orchestra Kork della radio nazionale norvegese l’11 settembre dello stesso anno. 66 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO NOTE AL PROGRAMMA L’ultimo album, Outstairs, sarà il cuore pulsante del programma: un lavoro che spiazza per cifra stilistica e originalità. È un Wallumrød più ludico, meno intellettuale di quello del precedente Fabula Suite Lugano, che si diverte a introdurre nella narrazione alcuni dei suoi “amori”: un rock lentissimo e una sorta di dislessia voluta, due accordi al piano che giocano sull’attesa spesso disattesa. Non manca il folk, con Folkskiss ma soprattutto Bunadsbangla, piccolo capolavoro dal potere ipnotico unico, danza popolare che è un autentico inno alla gioia. Né mancano momenti di astrazione più colta intrecciati a influenze barocche (Tridili # 2) e autentici colpi di genio, come Beatnik, che rapisce grazie al lirismo della melodia e al pulsare elastico del tempo con cui i componenti sembrano giocare, lanciandosi in autentiche scorribande. La musica è organizzata sempre in modo impeccabile e i musicisti hanno una pazienza e precisione inesauribili nello sviluppare temi e melodie - Per Oddvar Johansen su tutti - autentico gigante con batteria e percussioni. Il programma comprenderà poi brani tratti da precedenti lavori e diverso materiale nuovo, ancora una volta frutto del lavoro con l’ensemble dell’ultimo anno. Tutte le composizioni originali che Christian Wallumrød eseguirà sono d’altronde il frutto di un costante processo di evoluzione, per quanto basato su alcuni elementi fondanti che lo stesso artista descrive in un’intervista rilasciata a InSound (n. 4 del 2013). L’ensemble innanzi tutto: “Da quando ho iniziato a lavorare con l’ensemble, nel 2001, la mia produzione musicale è stata il risultato di una miscela di diverse componenti umane e musicali. In genere lavoro su una composizione o un bozzetto – o entrambi – pensando agli strumenti specifici e ai musicisti che compongono l’ensemble. L’ensemble innanzi tutto, che fin dall’inizio (2001) ha ispirato la sua produzione musicale rendendola una miscela di componenti musicali e umane insieme. Quest’aspetto caratterizza la creazione della mia musica, indipendentemente da colore, dimensione, origine o “natura” del materiale. Il line up dell’ensemble ha subito diversi cambiamenti negli anni, ma sono sempre stato molto fortunato nel trovare musicisti dalla forte personalità ed estremamente abili, oltre che dotati di grande apertura mentale. Questo è sempre stato il cuore ed è ancora oggi uno degli elementi importanti per lo sviluppo della musica. E poi c’è la composizione: (…) nei vari lavori compositivi, nel line-up dei musicisti e nella tavolozza degli strumenti, nulla è lasciato al caso, cerco di essere molto preciso in merito a ogni elemento musicale che introduco. (…) cerco nuovi suoni e nuovi modi di organizzare il materiale musicale che mi attrae. Sono attratto da musiche diverse e da aspetti diversi che compongono il materiale sonoro, e mi piace costruire forme musicali dove molti di questi elementi possono vivere insieme, creare dei contrasti e illuminarsi a vicenda.” Luca Vitali STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015 67 SALA FILARMONICA VENERDì 6 MARZO 2015 - ore 20.45 ___ QUARTETTO AVIV Sergey Ostrovsky violino Evgenia Ephstein violino Noèmie Bialobroda viola Aleksandr Khramoucin violoncello Franz Josef HAYDN Quartetto in re maggiore op. 64 n. 5 (1732-1809) Allegro moderato Adagio cantabile Menuetto: Allegretto Finale: Vivace Alexander von ZEMLINSKY Quartetto n. 2 op. 15 (1871-1942) Sehrmäßig - Heftig und leidenschafrlich Moderato - Andante mosso - Allegretto Adagio Schnell Andante - Mit energischerEntschkossenheit Allegro molto - Langsam - Andante Ludwig van BEETHOVEN Quartetto in la minore op. 132 (1770-1827) Assai sostenuto - Allegro Allegro ma non tanto Molto adagio: Canzona di ringraziamento offerta alla divinità da un guarito in modo lidico Alla Marcia, assai vivace - Più allegro - Presto Allegro appassionato 68 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015 69 Il Quartetto Aviv deriva il suo nome da Aviv, primavera in ebraico, che significa sia nuovi inizi che la stagione della ri-nascita: il pensare fresco, lo spogliarsi da coperture artificiali “a rivelare la vera natura, definita più nitidamente e con consapevolezza” abbraccia la filosofia artistica del Quartetto Aviv, che è andato via via imponendosi sul panorama musicale internazionale come uno dei più grandi e virtuosi gruppi da camera del nostro tempo, nonché come uno dei più grandi quartetti israeliani degli ultimi anni. Estimatore d’eccezione dell’ensemble è il celebre direttore d’orchestra Zubin Mehta. Nel giugno 2013, il Quartetto Aviv è stato scelto in rappresentanza d’Israele in occasione degli “Incontri di Musica da camera” tenuti a Gerusalemme per la direzione di Isaac Stern, al fianco di alcuni dei musicisti costituenti, i Quartetti Emerson e Julliard. Il Quartetto Aviv ha studiato con Gad Kogan, Irina Svetlova e Chaim Taub, e ha continuato i suoi studi con i membri del Quartetto Alban Berg alla Hochschule di Colonia (19982000), e con Daniel Quartet presso il Conservatorio di Rotterdam. Inoltre, il Quartetto Aviv, ha partecipato a corsi e masterclass con i membri del Quartetto Amadeus, Quartetto Emerson, Julliard Quartet, Isaac Stern, Walter Levin, Enrico Mayer, Leon Fleisher, Joseph Kalichshtein, Wu Han, Ivry Gitlis, Arnold Steinhard e Paolo Katz. Il Quartetto si è aggiudicato diversi premi, come: Premio del Ministero tedesco dell’Istruzione (1999); Premio del Ministero della Cultura israeliano (2001); Grand Prix; “Premio Amadeus” nella Charles Hennen Competition; “Premio Schubert” nel Concorso Schubert a Graz; Premio internazionale della Critica a Bordeaux nel Concorso String (2003, Francia), 2° Premio al Concorso Primavera di Praga. Il Quartetto Aviv è esibito in sedi importanti in tutto il mondo, tra cui la Carnegie Hall e Alice Tully Hall (New York), Kennedy Center e The Library of Congress (Washington), Sydney Opera House, Cologne Philharmonie, Konzerthaus di Vienna, Wigmore Hall e Royal Festival Hall (Londra), Louvre Auditorium, Theatre du Chatelet e Theatre de la Ville (Parigi), Beethovenhaus (Bohn). 70 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO NOTE AL PROGRAMMA HAYDN – I numeri di Haydn, autore di oltre cento sinfonie e di quasi ottanta quartetti, per tacere del resto, sono tali da scoraggiare la ricerca dello specifico ed invitano invece a cogliere il fenomeno nel suo insieme, accettando l’idea che ai suoi tempi il valore di un’opera d’arte non si misurava ancora sui criteri romantici dell’assoluta originalità, ma semmai sulla sua capacità di apparire nuova all’interno di uno schema ben consolidato e riconosciuto dal corpo sociale. Con tutto ciò, il quartetto in programma stasera ha elementi per qualificarsi con tratti di individualità, a partire dal titolo capzioso («L’Allodola») con cui è designato normalmente. È risaputo che molti lavori strumentali di Haydn sono distinti da titoli allusivi o descrittivi, per altro tutti apocrifi, che gli editori imponevano per orientare l’ascolto ma più ancora come tattica per smerciare più facilmente il prodotto. Nel caso in questione, il riferimento è particolarmente facile poiché assume a riferimento il noto e sempre grato verso dell ‘uccello dell’ alba abbinandolo alla melodia franca, gentile, svettante (ma certamente non imitativa!) che il primo violino enuncia fin dalle prime battute, con ciò fissando la temperatura espressiva dell’intero lavoro. Una particolarità di tipo ritmico-danzante riscontrabile nel movimento finale ha propiziato invece al componimento l’ulteriore sottotitolo di «Hornpipe». Si tratta in entrambi i casi di elementi di rimando popolare, vòlti a riconoscere a questo quartetto una speciale qualità comunicativa e una felice attitudine di spirito, sicché il buon garbo e la serenità ancien-régime lo percorrono per intero, con le usuali galanterie e discrete strizzate d’occhio. ZEMLINSKY – Questo autore, che fu un protagonista della vita viennese tra Otto e Novecento mettendosi in luce attraverso le sue molteplici attività pubbliche di esecutore, compositore, organizzatore e soprattutto direttore d’orchestra (uno dei massimi del suo tempo), è sempre stato, in quanto compositore, posto nel cono d’ombra dei suoi grandi contemporanei: Mahler anzitutto, ma ancor più i tre innovatori Schönberg, Berg e Webern, con i quali era in stretto contatto e i cui percorsi favorì per un’adesione convinta, risultando però, al loro paragone, meno ‘necessario’ per non aver saputo assecondare i presunti destini storici della musica occidentale attraverso i passaggi traumatici della sospensione tonale e quindi della dodecafonia. Egli trovò più idonea alla propria natura una collocazione mediana tra la linea Brahms-Wagner da un lato e le nuovissime tendenze dall’altro, sviluppando una sua tipica propensione alla tensione lirica d’impronta espressionista che lo rende più affine ad Alban Berg e che si esprime, nei suoi esiti più significativi, nella Lyrische Symphonie su testi di Tagore e in genere nei repertori cameristici, tra cui spicca il suo Quartetto del 1915, secondo dei sei da lui scritti. Si osserva in questo brano quella tendenza alla monumentalità che era propria dell’autore e che si esprime nell’impiego di materiale abbondante dalla fisionomia variabilissima e nella scrittura densa e in continuo sviluppo che abbisogna di grande spazio per poter espandersi nelle sue complete potenzialità. Il lirismo acceso dalla forte componente nevrotica si esaspera in vibranti sonorità, anche con attacchi rudi e suoni aspri, senza alcuna concessione al mondano o a tutto ciò che non sia serio, riflessivo o turbato: in questo senso esso esprime una condizione interiore di sofferenza psichica nella quale poteva riconoscersi più di un intellettuale viennese del tempo. A livello strettamente tecnico, si è rimproverato a questa musica di essere dispersiva, erratica nei percorsi, autocompiaciuta di un tematismo annegato nel contrappunto: di certo non si tratta di una musica riposante o rasserenata, ma ad essa non si può negare di essere un’acuta testimonianza di verità in un mondo in sfacelo. BEETHOVEN – Per una prassi musicologica consolidata, il blocco monumentale dei diciassette quartetti per archi è considerato, assieme alle trentadue sonate per pianoforte, la testimonianza più emblematica dell’avventura artistica e spirituale beethoveniana nel suo passaggio dal classicismo degli inizi alle sublimi realiz- STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015 71 zazioni dell’ultimo periodo, che escono da ogni schema e socchiudono orizzonti di assoluta, talora sconvolgente audacia. Tra questi estremi capolavori, il Quartetto in la minore op. 132 (1825), che pure non appare il più eversivo, rappresenta un momento significativo per modernità di concezione, sovrabbondanza di idee, impiego di arditezze armoniche e strutturali e per l’organizzazione del materiale, che avviene secondo una proliferazione di frasi e frammenti giustapposti e concatenati in polifonia serrata, resi dinamici da un decorso mutevole e umorale del metro. Strutturato in cinque movimenti, il Quartetto si apre in modo enigmatico con una introduzione lenta piuttosto indecifrabile, la quale porta ad un Allegro il cui primo tema appare anch’esso di estrema complessità di fraseggio. L’impianto formale è quanto mai deviante rispetto ai canoni consolidati della forma-sonata, e così alla prima sezione, che non viene ripetuta come da prassi, segue uno sviluppo assai breve con due false riprese in tonalità cangianti prima che si imponga la ripresa vera e propria nella tonalità d’impianto. L’altro Allegro che segue ha funzione di Scherzo, ma la sua estensione è così inusitata da non poterlo intendere, nell’economia dell’opera, come un puro momento di diversione o di alleggerimento. Vi si notano reminiscenze di danze popolari e, nel Trio centrale, una singolare ‘musette’ del primo violino spinto in acuto che è di una modernità stupefacente nella sua parvenza decontestualizzata e astratta. A questo punto il terreno è preparato per introdurre il Molto Adagio, che è pensato a tutti gli 72 effetti come veicolo del significato etico ed estetico dell’opera intera, e si pone come una delle pagine più rinomate della creatività beethoveniana. Conforme al riferimento autobiografico adombrato dal sottotitolo (“Canzona di ringraziamento offerta alla divinità da un guarito”), la pagina si snoda come un’estesa ma sobria preghiera che le armonie arcaiche nel modo lidio rendono quanto mai spoglia nella sonorità. A questo lungo corale, che ritorna variato in tre momenti nel corso del brano, si intercala una sezione in Andante, animata da frequenti note trillate, che una scritta in partitura (“Avvertendo nuove forze”) consente di interpretare come mimesi del ritorno alla salute. Nella sua ultima ricomparsa, il corale mistico ha come indicazione per ciascuno strumento la scritta “con intimissimo sentimento”, ed è qui il momento di massima elevazione ed immaterialità di questa pagina indimenticabile. Dopo un tale volo nelle altezze rarefatte del sublime, il ritorno sulla terra può apparire un po’ brusco. La breve Marcia che segue, che per la sua convenzionalità è stata forse troppo ridimensionata dalla critica, si pone in realtà come momento anticlimatico necessario a calarsi di nuovo nel mondo concreto degli uomini. Un inatteso episodio recitativo del primo violino conduce infine all’ultimo tempo (Allegro appassionato). Qui viene subito enunciato un tema articolato e inquieto, adattissimo ad essere imitato, sviluppato e ripreso in molti modi diversi, fino ad aprire verso la fine uno squarcio di ardente passionalità che prefigura il Romanticismo ormai imminente. Diego Cescotti ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO TEATRO ZANDONAI SABATO 14 marzo 2015 - ore 20.45 ___ ORCHESTRA HAYDN di Bolzano e Trento Giacomo Sagripanti direttore Ludwig van Beethoven Musik zu einem Ritterballett WoO 1 (1770- 1827) Felix Mendelssohn Bartholdy Die Hebryden op. 26 (1809-1847) Sinfonia in la minore n. 3 op. 56 Scozzese Andante con moto Vivace non troppo Adagio Allegro vivacissimo - Allegro maestoso assai STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015 73 SALA FILARMONICA SABATO 21 MARZO 2015 - ore 20.45 ___ ANNE KAUN violino barocco JULIA CHMIELEWSKA clavicembalo Francesco Antonio BONPORTI Concertino III (1672-1749) da: Concertini, e Serenate con Arie variate, Siciliane, Recitativi, e Chiuse a Violino, e Violoncello, o Cembalo, Op. XII Allegro Recitativo Allegro Georg Philipp TELEMANN Sonata in re maggiore TWV 41:E1 (1681-1767) da: Sei Suonatine per Violino e Cembalo (1718) Lento affettuoso Allegro vivace Adagio quasi Recitativo Allegro scherzando Francesco Antonio BONPORTI Inventione prima in la maggiore da: 10 Invenzioni a Violino solo, op.10 Cantabile Aria. Allegro Giga. Allegro Recitativo Bizzaria Johann Gottlieb GRAUN Sonata in do maggiore Graun WV C:XVII:59 (1703-1771) Recitativo Andante et Cantabile Pastorale 74 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO Jean-Joseph de MONDONVILLE da: Pièces de Clavecin avec voix ou violon, op. 5 (1711-1772) 6. Mon ame ne mettra (Psalm 33, 2) 7. Pourquoy, mon ame (Psalm 41, 6) 8. Esperez dieu (Psalm 41, 7) Francesco Antonio BONPORTI Concertino V da: Concertini, e Serenate con Arie variate, Siciliane, Recitativi, e Chiuse a Violino, e Violoncello, o Cembalo, Op. XII Spiritoso Recitativo Allegro Allegro Recitativo Allegro STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015 75 76 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015 77 La violinista Anne Kaun, nata nel 1986, è la vincitrice del Premio Bonporti 2013 (2° premio – 1° premio non assegnato); nello stesso concorso è stata premiata con il Premio Corelli per la migliore interpretazione di una sonata di Corelli. Nel 2012 si è laureata in medicina all’Università di Lipsia. Ha iniziato ad approfondire il suo interesse nella musica barocca nel 2009 con la Prof. Susanne Scholz presso la Hochschule für Musik und Theater “Felix Mendelssohn Bartholdy” di Lipsia. Ha completato i suoi studi privatamente con Georg Kallweit. Tiene concerti in tutta Europa e ha suonato presso Il Festival Grandezze e Meraviglie a Modena, Echi Lontani a Cagliari, il Telemann-Festtage Magdeburg e il Bach-Fest a Lipsia. Con il suo ensemble Camerata Bachiensis ha vinto l’International Telemann Competition 2013 presso Magdeburg, il Premio Selìfa a San Ginesio ed è stata premiata con il Gebrüder Graun Preis 2013 in Bad Liebenwerda (Germania). Anne Kaun viene spesso invitata come solista in molti ensemble barocchi tra cui Michaelis Consort, il Chursächsische Capelle Leipzig o il Leipziger Concert. Ha frequentato masterclass e suonato con P. Pandolfo, M. Kraemer, B. Kuijken, S. Kuijken, R.Goodman, A. Bernardini, P. Ayrton, O. Edouard, E. Gatti e R.Terakado. Da settembre 2013 studia al Royal Conservatory dell’Aia con Ryo Terakado grazie a una borsa di studio del DAAD (Deutsche Akademische Austauschdienst). Julia Chmielewska, nata in Polonia, è stata colpita per la prima volta dal suono del clavicembalo all’età di 16 anni, e ha frequentato le prime lezioni sullo strumento alla scuola di musica di Poznań (Polonia). Nel 2004 ha vinto il primo premio in un concorso nazionale polacco per studenti delle scuole superiori, esperienza che ha incoraggiato la sua decisione di focalizzare gli studi solo nell’ambito della musica antica. Nel 2009 ha ottenuto il secondo premio al primo concorso nazionale di clavicembalo per studenti accademici a Poznań, oltre ad un premio speciale per la migliore esecuzione di un brano di J.S. Bach. Dopo il master in clavicembalo con Marta Czarny-Kaczmarska e Aleksandra Rupocińska a Wrocław (Polonia) nel 2010, si è trasferita a Lipsia per studiare alla Hochschule für Musik und Theater nella classe di clavicembalo di Nicholas Parle, dove ha ottenuto un Diploma accademico di secondo livello nel 2013. In questo periodo ha anche studiato fortepiano con Eckhart Kuper. Nel 2011 ha ottenuto una borsa di studio DAAD (Deutsche Akademische Austauschdienst). 78 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO NOTE AL PROGRAMMA Quale arcana magia del suono, la voce che canta è da tempo immemorabile via privilegiata di contatto con l’assoluto, manifestazione percepibile d’un altrove bramato che si palesa fra gli uomini. È in ciò che risiede il suo potere irresistibile di seduzione, perché la voce che canta è fata morgana, compresenza vaporosa di terra e cielo. Inutile negare che la musica strumentale abbia cercato in essa la propria ragione d’esistenza, la propria giustificazione estetica: il continuo rincorrersi, l’incessante imitarsi fra voce e strumenti – al punto tale da giungere a rovesciare antecedenti e conseguenti e a invertire il prestarsi idiomi e materiali correndo sulle vette del virtuosismo – è una costante della storia che le opere della letteratura musicale possono agilmente testimoniare. Uno strumento fra tutti ha da sempre dimostrato una prossimità straordinaria con le risorse espressive della voce: il violino, arma sonora che scocca anch’essa i suoi dardi da un punto fra il petto e la gola. Non a caso i secoli che del violino videro lo sviluppo più florido coincisero per buona parte con gli anni del nascente strapotere del fenomeno operistico e del suo linguaggio, evento non necessariamente circoscritto, si badi, al solo regno della musica profana. Ma l’arco che unisce e al contempo distanzia il tramonto del Seicento dal Settecento maturo è l’era dell’Opera come lo è di Arcangelo Corelli, indiscusso modello per la musica strumentale per archi di gran parte delle generazioni a venire. Al suo esempio, forse con la sola eccezione di De Mondonville, si rifecero tutti i compositori che figurano nel programma del concerto di stasera, le cui opere, accomunate dalla diversa coniugazione degli stilemi violinistici della grande scuola romana, si svelano apparentate anche da quell’iniezione di cantabilità fra le trame sonore che fu tratto distintivo della musica strumentale del tempo. Imitare la voce poteva voler dire seguirne la pulsazione ritmica e l’appassionato afflato espressivo, traducendoli sulla curvatura delle linee melodiche; ma poteva spingersi ancora oltre, giungendo a insediare i pilastri della forma – assestatasi così saldamente nell’epoca del lussureggiare delle architetture della sonata a tre e del concerto grosso – disseminando tra i movimenti delle composizioni le scansioni libere dei recitativi, distillati puri della drammaturgia vocale. Ce ne offrono una prima testimonianza le due Sonate per violino di Georg Philipp Telemann e Johann Gottlieb Graun che punteggiano il programma. Le Sei Sonatine per violino (1718) di Telemann rientrano fra le cinque raccolte pubblicate a Francoforte dal compositore, testimone irrinunciabile del fulgore e dello sviluppo della musica strumentale tedesca da camera del Settecento pieno. Esse contengono opere di piccola fattura, scritte con lo scopo principale di mantenere buoni e saldi i rapporti di lavoro in quella fase di transizione e di importanti spostamenti che caratterizzò la carriera del musicista negli anni Dieci del Settecento. A tal fine risponde la dedica, indirizzata al conte Heinrich XI Reuß-Schleiz e preceduta da un frontespizio riccamente decorato con una scena pastorale, un’incisione su disegno di Gioseppe de Angeli. Il forte carattere emblematico della rappresentazione, che coniuga all’ambiente pastorale simbologie erudite ci interessa direttamente, poiché sebbene le Sonatine non rientrino fra i lavori maggiori del compositore, esse traducono quell’incontro tipico della sua musica fra la sapiente arte del contrappunto e la cantabilità vocale, filtrati attraverso la linearità composta dello stile galante. Così ad accompagnare lo spumeggiare luminoso dei due Allegri di tratto più marcatamente violinistico della Sonata TWV 41:E1 (Allegro vivace – Allegro scherzando) spuntano da un lato un Largo affettuoso, che inaugura la Sonata con un incedere invaso di canto, dall’altro un Adagio in pieno stile di Recitativo, breve preludio al tempo di chiusura ricco però di sottintese articolazioni testuali. Un procedimento analogo è cifra stilistica eloquente anche della Sonata STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015 79 di Johann Gottlieb Graun, esponente di una famiglia musicale di rango nella Germania del tempo, nonché violinista virtuoso e scaltrito compositore di musica strumentale: Recitativo, Andante et Cantabile e Pastorale sono i tre momenti di cui la sua Sonata in re maggiore Graun WV C:VII:59 si compone, rispondendo a una sequenza che sembra voler dimenticare le tipologie tradizionali per seguire più da vicino suadenti orme teatrali. È tuttavia al ‘bizzarro’ stile di Francesco Antonio Bonporti, figura protagonista del nostro concerto, quello a cui maggiormente riuscì il far aderire alla pagina un connubio spontaneo fra strumento e voce. Formatosi a Roma, non si sa con certezza se con Corelli stesso, e vissuto a Trento per larga parte della sua vita, Bonporti fu musicista ‘dilettante’ al pari di Tommaso Albinoni e di Benedetto Marcello, ossia fu – nell’accezione consueta del tempo – dedito ad altra carriera e dunque non musicista di professione. Ciò non esclude affatto che egli abbia posseduto rare doti musicali, come dimostra la sua produzione, testimonianza di un altissimo magistero di scrittura. Bonporti fu un uomo di Chiesa e aspirò tutta la vita a un canonicato che non giunse mai; proveniva da una famiglia di nobili origini, aspetto non secondario per noi se si considera il fatto che proprio tale ascendenza gli consentì di non dover inseguire la protezione di facoltosi mecenati per la propria produzione musicale, ma di poter essere libero di coltivare uno stile personalissimo ed originale. Stile che attrasse compositori del calibro di Johann Sebastian Bach, il quale trascrisse quattro delle Invenzioni op. X del talento trentino alla cui falsa attribuzione si dovette proprio la riscoperta di Bonporti, avvenuta ad opera di Werner Wolfheim solo nel primo decennio del Novecento. La produzione del compositore, concentrata negli anni compresi fra il 1696 e il 1720 e condensata in dodici raccolte date alle stampe, è costellata di movimenti di Recitativo, laghi di cantabilità nei quali il compositore tenta la via più libera dell’espressività diffusa. L’ultima raccolta di Bonporti, i Con- 80 certini e Serenate con Arie variate, Siciliane, Recitativi e Chiuse a Violino, e Violoncello, o Cembalo op. XII, apparsa ad Augsburg senza data ma presumibilmente intorno al 1745, è la più ricca di immagini teatrali e appare pervasa da una drammaturgia sonora cui rispondono un libero trattamento della forma e una ricchezza inesauribile di modi nella proposizione di spunti e frammenti musicali. Esempio ne sono i due Concertini che ascoltiamo: in entrambi una cornice di movimenti veloci (due Allegro nel terzo Concertino, uno Spiritoso e un Allegro nel quinto), ora animati da scattosa frenesia, ora celati dietro eleganti movenze di danza, racchiudono vibranti Recitativi, i quali, su inusitate lunghezze, distendono fasce sonore e ceselli musicali di rara intensità, quasi adombrassero il sospiroso ‘accompagnato’ d’una scena patetica. Ma lo sfumare pressoché totale della dimensione strumentale in quella vocale si registra in modo sorprendente in una raccolta di pezzi di area francese per clavicembalo, voce e violino scritti da Jean-Joseph Cassanéa de Mondonville, strenuo partigiano della musica della sua terra che nella propria produzione strumentale, sorta a fianco di un cospicuo catalogo di opere sacre e destinate al teatro, fu un vero innovatore. I Pièces de clavecin avec voix ou violon, ouvre V risalgono al1748 e furono dedicati al vescovo di Rennes. Nella prefazione De Mondonville spiega che la composizione di queste pagine era stata incoraggiata dal successo dei Pièces de clavicin en sonates op. 3, precursori dei più celebri Pièces de clavecin en concerts di Jean-Philippe Rameau, disposti su quella linea genetica che distinse il concerto strumentale di marca francese dagli esempi italiani. Aspetto singolarissimo dell’opera V di De Mondonville è che i brani che contiene, con il cembalo obbligato a fare da protagonista, potevano essere suonati assieme alla voce o dal violino, laddove essa non fosse a disposizione. La parte del canto di ogni brano, come i tre proposti all’ascolto, è dunque fornita del testo in latino di un Salmo, anticipato da una piccola didascalia introdutti- ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO va con una traduzione in lingua francese: «Mon âme ne mettra … » per In Domine Laudabitur (Salmo 33, 2), trattato con austero piglio concertante; «Pourquoy, mon âme» per Quare tristis es, anima mea (41, 6), dove onde sonore si alternano al ripiegare contrito di un incedere puntato, e «Esperez dieu…» per Spera in Deo (41, 7), illuminato da scintillii adamantini. Pur trattandosi di testi sacri l’impronta vocale è quella tipica del teatro musicale francese coevo, delle cui variazioni ornate e delle cui linee tenute e gonfiate dall’interno da soavi messe di voce il violino solo sa essere interprete perfetto, aderendo con slancio sempre rinnovato a un testo musicalmente interiorizzato. È questo testo apposto, sia esso virtuale e immaginato o reale e taciuto, la cifra che suggella l’incontro fra suono strumentale e voce: sulla sua articolazione interiore la musica sembra sottrarsi al dato sensibile, per raggiungere quell’astrazione pura capace di contenere finalmente il paradigma d’un anelito universale. STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015 Diego Procoli 81 SALA FILARMONICA VENERDì 10 aprile 2015 - ore 20.45 ___ QUINTETTO ANTARES Gabriele Bertolini flauto Masako Kozuki oboe Zsigmond Kara clarinetto Peter Loreck corno Benedikt Seel fagotto Atsuko Oba pianoforte Franz Joseph HAYDN Divertimento Chorale St. Antoni (1732-1809) Allegro con spirito Andante quasi Allegretto“Chorale St. Antoni” Menuetto Rondò Allegretto Franz SCHUBERT Sonatina in la minore D 385 op. 137 n.2 per fl. e pf. (1797-1828) Allegro Moderato Andante Minuetto: Allegro Allegro Ludwig van BEETHOVEN Quintetto mi bemolle maggiore op.16 per pf. e fiati (1770-1827) Grave. Allegro ma non troppo Andante cantabile Rondò. Allegro ma non troppo Jean FRANÇAIX Quatuor (1912-1997) Allegro Andante Allegro molto Allegro vivo 82 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO Camille SAINT-SAËNS (1835-1921) Caprice sur des Airs Danois et Russes op. 79 per flauto, oboe, clarinetto, pianoforte Francis POULENC Sextuor (1899-1963) Allegro vivace Divertissement Finale STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015 83 Il Quintetto Antares si è costituito nell´autunno del 2008 presso l´Hochschule für Musik di Detmold (Germania) e da allora si esibisce anche in formazioni che vanno dal Quartetto al Sestetto (quintetto a fiati con pianoforte). Nel 2009, a pochi mesi dalla fondazione, vince il Secondo Premio del GFF di Detmold e gli viene assegnata una Borsa di studio dell`Associazione internazionale Live Music Now fondata nel 1977 da Yehudi Menuhin; nel 2010 l´ensemble è stato premiato ai concorsi di musica da camera di Wuppertal e Braunschweig in Germania; all´Ensemble è stato inoltre conferito nel 2011 il Premio annuale della Banca Popolare di Paderborn. Fondamentale nella formazione artistica dell`Ensemble è stato il corso di Musica da Camera della Musikhochschule di Detmold tenuto dai Professori Norbert Stertz, Thomas Lindhorst e Janos Balint e le Masterclass di rinomati solisti come Andras Schiff, Marie-Luise Neunecker e dai membri del famoso Quintetto Albert Schweitzer. Oltre che in Germania, il Quintetto Antares è stato invitato ad esibirsi in Italia, in Francia, in Libano e in Giappone. Nel 2014 il Quintetto Antares registra il suo primo cd con composizioni del repertorio francese di inizio novecento per fiati e pianoforte. 84 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015 85 NOTE AL PROGRAMMA La musica classica. Sarà questo il filo conduttore che tesserà la trama del concerto; un viaggio guidato dalla musica da camera per fiati e pianoforte, dalla realtà della Prima Scuola di Vienna, alla rielaborazione della poetica e degli stilemi classici in territorio austriaco e nella Francia tra Ottocento e Novecento. Originariamente per due oboi, due fagotti obbligati, fagotto continuo, serpentone e due corni, il Feld-Parthie St. Antonius n.6 in si bemolle maggiore, gode della sua notorietà grazie alle Variazioni su tema di Haydn, op. 56, composte da Johannes Brahms nel 1873. L’attribuzione di questo divertimento a Franz Joseph Haydn non è certa, poiché alla fine del Settecento non era inusuale che editori apportassero la firma dell’illustre compositore a opere di colleghi sconosciuti. Questo genere musicale, destinato probabilmente all’intrattenimento di un piccolo gruppo di nobili o borghesi abbienti, da un punto di vista compositivo risulta più contenuto e meno impegnativo rispetto alle sonate o alle sinfonie. Particolarmente interessanti sono l’insolito utilizzo in ambito profano di una melodia religiosa nel secondo movimento (Chorale St. Antoni) ed il carattere bucolico del Minuetto e del Trio ricreato da corno ed oboe. Il Divertimento è qui proposto nell’arrangiamento di Harold Perry per quintetto a fiati. La Sonatina in la minore appartiene ad una trilogia di Sonate o Sonatine per violino e pianoforte (l’opera 137) composte da Franz Schubert tra il marzo e l’aprile del 1816 e pubblicate nel 1836 da Diabelli. Già noto a Vienna per la produzione liederistica e sinfonica, in questi brevi componimenti Schubert si rivolge ad un pubblico di dilettanti; la freschezza romantica e l’originalità del linguaggio di ispirazione mozartiana sono sostenute da un sapiente uso delle risorse timbriche ed espressive dei due strumenti e mantenute in questo anonimo arrangiamento per flauto e pianofor- 86 te. Lo sguardo ad una felice classicità passata, nell’Allegretto moderato, ed il lirismo delicato dell’Andante, evadono dalla sfera di tragicità che caratterizza la Sinfonia in do minore e i Lieder tratti dai testi di Goethe e Schiller del medesimo periodo. Dedicato al Principe Joseph Johann zu Schwarzenberg ed eseguito per la prima volta il 6 aprile 1797 a Vienna, il Quintetto per pianoforte e fiati in mi bemolle maggiore, op. 16 di Ludwig van Beethoven succede alle opere che lo hanno reso fra i più celebri compositori del panorama musicale viennese, come la Prima Sinfonia ed il Settimino. Inscritto in un linguaggio serenamente classico, ereditato dai suoi predecessori, il Quintetto è fra i più riusciti esempi della prima maniera beethoveniana ed è costellato di reminescenze del compositore salisburghese; non è un caso che il Quintetto K452 di Mozart (1784) sia analogo per organico e per tonalità. Il vitalismo perenne è sostenuto dal pianoforte, mentre la tecnica strumentale dei fiati prevede una sapiente alternanza di momenti di bravura concertante a passaggi solistici, permettendo così agli esecutori di essere tutti protagonisti nell’agiatezza di un discorso ininterrotto e ben differenziati dal solido Grave, dal preromantico e cantabile Andante e dall’energico Rondò finale. «Voglio essere sincero: quando compongo, le sopraffine teorie sono le ultime cose che mi sfiorano la mente. La mia attenzione ricerca più il “sentiero nel bosco” che l’ “autostrada del pensiero”» ed è proprio lo spunto tratto dalla realtà concreta, che caratterizza la produzione musicale di Jean Françaix. Figlio d’arte e compositore sin dall’età di sei anni, Françaix assorbe la poetica del neoclassicismo francese, di cui il maestro Francis Poulenc era fervido sostenitore. In Quatuor, composto nel 1933 all’età di ventun’anni, si viene travolti sin dal primo movimento (Allegro) da un’atmosfera estremamente vitale, ironica, giocosa che si ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO alterna a momenti melodici rilassati affidati al flauto; l’Andante è l’unico tempo interamente disteso in una sonorità quasi eterea, dove un’infinita melodia è cantata da oboe e fagotto. Allegro molto ed Allegro vivo riprendono il ritmo scoppiettante iniziale, che nasce dall’alternanza di frammentazione ritmica e melodica, cambi di metro e abbondante utilizzo dell’omoritmia. Caprice sur des Airs Danois et Russes op. 79 nasce come composizione ad hoc per un ensemble di musicisti: Paul Taffanel (flauto), Georges Gilet (oboe), Charles Turban (clarinetto) e Camille Saint Saëns (pianoforte). La tournèe dei membri della Sociéteé des instruments à vent nell’aprile del 1887 a San Pietroburgo è qui rievocata attraverso tre temi variati tratti dalla tradizione popolare danese e russa, in onore della zarina Marija Fëdorovna figlia del re Cristiano IX di Danimarca a cui l’opera è dedicata. Le melodie citate e rielaborate, sono proposte da ogni singolo strumento a fiato in una composizione ben bilanciata e continua, supportata da virtuosismi pianistici di stampo lisztiano inseriti in un impasto timbrico tipicamente francese. Di tutt’altra matrice è l’arte musicale di Francis Poulenc. Amante di una musica francese svincolata da influenze wagneriane o impressionistiche, il compositore parigino abbraccia (seppur non in toto) la poetica neoclassica promossa da Erik Satie ed il poeta Jean Cocteau, dove semplicità ed ironia parodistica sono i principali ingredienti per la nascita di una musica antiromantica e soprattutto nazionale. Poulenc trae la linfa vitale delle sue opere dalla tradizione musicale “non colta” come il jazz, i ritmi latinoamericani, la musica circense, quella tradizionale… e li introduce in una tonalità che, seppur ancorata a regole accademiche, è contaminata da note dissonanti. Sextuor (1932) per quintetto a fiati e pianoforte, è il connubio delle sue principali passioni: la musica da camera ed il pianoforte. STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015 Anna Boschi 87 SALA FILARMONICA SABATO 18 aprile 2015 - ore 20.45 ___ Pinkas Zuckerman violino Amanda Forsyth violoncello Angela Cheng pianoforte Ludwig van BEETHOVEN Allegretto in si bemolle maggiore WoO 39 (1770-1827) per archi e pianoforte Suite popular española, per violoncello e pianoforte Manuel de FALLA (1876-1946) El paño moruno Seguidilla murciana Asturiana Jota Nana Canción Polo Sonata in la maggiore per violino e pianoforte César FRANCK (1822-1890) Allegretto moderato Allegro Recitativo-Fantasia (Moderato) Allegretto poco mosso Felix MENDELSSOHN Trio in re minore op. 49 (1809-1847) Molto Allegro ed agitato Andante con moto tranquillo Scherzo Finale 88 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO Pinchas Zukerman, nato a Tel Aviv nel 1948, è giunto America nel 1962, dove ha proseguito i suoi studi musicali presso la Juilliard School con Ivan Galamian. Egli è universalmente considerato un fenomeno musicale da più di quarant’anni:il suo indubitabile genio, la tecnica prodigiosa e l’incommensurabile ed elevatissimo livello artistico, rappresentano una vera e propria magia per il pubblico e per la critica. Il nome di Pinchas Zukerman è ammirato conformemente a tutti i molteplici ruoli che egli ricopre: violinista, violista, direttore, pedagogo e musicista da camera. Nell’ambito di una sola stagione Pinchas Zukerman annovera circa un centinaio di concerti in tutto il mondo, prevalentemente in Nord America, Europa e Asia. Pinchas Zukerman è attualmente in carica quale Direttore Musicale della STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015 89 National Arts Centre Orchestra di Ottawa, ricoprendo inoltre da quattro stagioni consecutive la posizione di Direttore Principale Ospite della Royal Philharmonic Orchestra di Londra;ulteriori impegni concertistici includono le orchestre di Boston, San Francisco, Cincinnati, Colorado e Kansas City. Proseguendo nella scia delle orchestre internazionali, Pinchas Zukerman appare regolarmente al fianco della Israel Philharmonic Orchestra, Orchestra del Teatro Marinsky, Orchestre de Monte Carlo, Filarmonica Ceca, Orchestra della Radio Bavarese, Virtuosi di Mosca, Miyazaki Festival Orchestra e Orchestra del Teatro di S. Carlo di Napoli. Rammentiamo inoltre recitals in duo con accompagnamento pianistico di Angela Cheng a Salisburgo, Praga, Philadelphia, Palm Beach, Milano, Taiwan, Madrid, Helsinki e Verbier. Fondatore dei Chamber Players, Pinchas Zukerman ne condivide il percorso presso Festivals dello spessore di: Ravinia e Toronto, oltre a regolari inviti da parte di serie concertistiche dell’importanza di Los Angeles e Phoenix e tourneés in Cina, Giappone, Europa e Sud America. Nel corso degli ultimi dieci anni, Pinchas Zukerman ha egualmente espresso il proprio talento artistico ricoprendo il ruolo di Direttore d’orchestra oltrechè di solista. Particolarmente incline alla nuova generazione musicale, Pinchas Zukerman ha ispirato gli artisti più giovani con il proprio magnetismo e con la propria passione. Il suo entusiasmo per l’insegnamento lo ha tra l’altro condotto a sperimentare programmi innovativi presso centri musicali di accreditata fama: Londra, New York, Cina, Israele e Ottawa. Pinchas Zukerman presiede la Performance Pinchas Zukerman Program presso la Manhattan School of Music, dove ha sperimentato l’uso di tecnologie di formazione a distanza nel campo delle arti. In Canada, ha peraltro fondato l’Istituto per gli Studi NAC Orchestra e la sezione musicale estiva volta a giovani artisti, direttori e compositori. Ha ricevuto la Medaglia per l’Arte, il Premio Isaac Stern per la statura artistica, ed è stato nominato come Rolex Mentor. La discografia di Pinchas Zukerman, che gli è valsa 21 nominations ai Grammy e due premi, è vastissima e comprende più di 100 opere. Nata in Sud Africa, Amanda Forsyth si è trasferita in Canada da bambina e ha iniziato a suonare il violoncello all’età di tre anni. È divenuta pupilla di William Pleeth a Londra, e successivamente ha studiato con Harvey Shapiro alla Juilliard School. Dopo due stagioni con la Toronto Symphony Orchestra è diventata la più giovane tra i musicisti selezionati dal Calgary Philharmonic Orchestra, incarico che ha occupato per sei anni. È stata nominata violoncello principale della National Arts Centre Orchestra nel 1998. Internazionalmente riconosciuta come una delle più talentuose violoncelliste della propria generazione, Amanda Forsyth frequenta i principali centri musicali del mondo; si è recentemente esibita, con straordinari consensi da parte di 90 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO pubblico e critica, al fianco dell’Orchestra del Teatro Mariinsky a S. Pietroburgo con la direzione di Valery Gergeev; con l’ Orchestre National de Montpellierper; con i Virtuosi di Mosca; con la Royal Philharmonic Orchestra London la sua straordinaria collaborazione con la Symphonieorchester des Bayerischen Rundfunks le è valsa il titolo di “una violoncellista geniale e di classe”. In qualità di co - fondatrice degli Zukerman Chamber Players, Amanda è stata parte di numerose tourneés in Sud America, Europa dell’Est e dell’Ovest, Israele, Giordania, Nuova Zelanda. Amanda Forsyth incide regolarmente per: SONY, NAXOS, PRO ARTE E CBC. Suona su un violoncello italiano molto raro, costruito nel 1699 da Carlo Giuseppe Testore. Costantemente lodata per la tecnica brillante, la bellezza e la superba musicalità tonale, la pianista canadese Angela Cheng è una delle artiste più apprezzate del proprio paese. Oltre alle abituali collaborazioni con le principali orchestre canadesi, è regolarmente ospite presso varie orchestre come Buffalo Philharmonic, Colorado Symphony, Houston Symphony, Indianapolis Symphony, Saint Louis Symphony, San Diego Symphony, Syracuse Symphony , Utah Symphony, Israel Philharmonic Orchestra, Vancouver Symphony. Su invito di Pinchas Zukerman, Angela Cheng è apparsa in tour sia in Europa che in Cina come membro dei Pinchas Zukerman Chamber Players, collaborazione che è stata reiterata in una tourneé negli Stati Uniti inclusiva di concerti al Kennedy Center di Washington DC e Carnegie Hall e poi in Europa, Asia e Sud America, in particolare presso il Musikverein di Vienna, il Concertgebouw di Amsterdam, Festivals di Schleswig-Holstein, Salisburgo e Ravinia. Angela Cheng ha peraltro collaborato con numerose formazioni da camera di livello internazionale tra cui i Quartetti Takacs e Vogler. Angela Cheng ha conseguito la medaglia d’oro nell’ambito della Masters Arthur Rubinstein International Piano Competition, ed è stata, non a caso, la prima artista canadese ad aver vinto il prestigioso Concorso Pianistico Internazionale di Montreal. Altri premi includono anche la Medaglia d’Oro per le straordinarie esecuzioni di Mozartiane presso il Mozarteum di Salisburgo. Il debutto discografico di Angela Cheng è stato con l’incisione di due concerti di Mozart con Mario Bernardi e la CBC Vancouver Orchestra; ulteriori opere includono ad esempio il Concerto in la minore di Clara Schumann con JoAnn Falletta, Filarmonica delle Donne inciso per la Koch International ed un cd solistico basato su opere di Clara e Robert Schumann. STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015 91 NOTE AL PROGRAMMA BEETHOVEN – La pagina d’apertura – movimento a sé stante di un Trio mai completato – è una piccola gemma scaturita da un delicato episodio biografico attinente al mondo degli affetti ed inscritto in una pausa di serenità libera da altre ambasce. Era il 1812 e Beethoven concepì questo brano specificamente per una bambina di dieci anni a cui era molto affezionato. Si trattava di Maximiliane, figlia degli amici Franz e Antonia Brentano, una agiata coppia viennese con cui il musicista era da tempo in confidenza. Sembra anzi accreditato dagli studi correnti che proprio in Antonia Brentano si debba identificare l’«immortale amata» sempre evocata dai biografi beethoveniani. La piccola Maximiliane, che avrebbe proseguito con successo gli studi pianistici tanto da vedersi dedicare una decina d’anni dopo la difficile Sonata op. 109, ebbe dunque in dono una pagina pensata per le sue possibilità attuali e dunque avente in sé qualcosa d’infantile, pur senza ricorrere ad alcuna leziosità. Si tratta in realtà di un completo tempo in forma sonata, per quanto estremamente sintetico, che l’autore pensò come «incoraggiamento ai suoi studi pianistici» ma che si rivela anche istruttivo sotto il profilo formale e costruttivo. Il carattere garbato è molto proprio all’occasione e tale da disegnare in modo infallibile l’interno borghese in cui era nato e a cui era destinato. DE FALLA – Manuel De Falla rappresenta la maniera in cui un artista può essere profondamente vicino ai valori della tradizione nazionale e al tempo stesso autenticamente aperto alle spinte della modernità. Nella sua musica l’innervamento dell’elemento etnico impone le sue leggi alla struttura dell’opera d’arte, conferendole una profilatura assai rilevata e un’essenzialità espressiva da cui è assente qualsiasi affettazione retorica. In questo senso le Siete canciones populares 92 españolas (questo il vero titolo), sono tra le pagine più emblematiche del compositore gaditano, anche sotto un profilo eminentemente compositivo. Egli infatti condusse per queste miniature uno studio particolare su alcuni fondamenti fisico-acustici legandoli al problema delle risonanze naturali, in modo da creare un piano armonico in cui le note formanti l’accordo subissero una trasformazione nella loro funzione abituale. Niente di esoterico o di stravagante, peraltro, in queste ricreazioni di De Falla, sia che il motivo popolare impiegato veda rispettata la sua configurazione originale come avviene nel Paño moruno, sia che lo sia poco come nell’Asturiana o non lo sia affatto (Jota). In tutti i casi i canti spiccano per la loro bellezza nativa e sono trattati dall’autore con grande sensibilità e originalità stilistica. Proprio il successo delle Siete canciones propiziò successivamente l’adattamento per violino (o violoncello) e pianoforte con il titolo di Suite popolare spagnola, che è appunto quella che si ascolterà stasera; ma non va dimenticata la bellissima versione con orchestra compiuta da Luciano Berio in anni più recenti. FRANCK – Nell’ultimo scorcio di Ottocento, prima che l’astro di Debussy sorgesse ad aprire alla musica orizzonti nuovi, la Francia produsse una generazione di musicisti di solida preparazione accademica i quali si impegnarono a sollevare le sorti delle forme strumentali nazionali, sebbene non potessero scampare all’invasiva influenza wagneriana che si era diffusa ad occidente del Reno come una vera epidemia. Nell’operato del belga César Franck, che di quella generazione fu uno dei nomi eminenti, era valso, ancor più di Wagner, l’esempio di autori meno radicali come Brahms e Liszt, dal quale ultimo egli imparò la condotta assai evoluta dell’armonia cromatica e l’innovativa ideazione di principî costruttivi e di trasformazione te- ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO matica. Attraverso questi procedimenti arrivò poi ad adottare con sistematicità la forma ciclica, consistente nel modellare i vari movimenti di un’estesa composizione musicale su temi che ritornano ogni volta modificati, assicurando ad essa unità discorsiva e fornendo un utile elemento di riconoscibilità per chi ascolta. La giustamente famosa Sonata in la per violino e pianoforte (1886), che è presente stabilmente nel repertorio di tutti i grandi solisti, costituisce un cimento importante per la sua architettura complessa, la monumentalità di concezione e l’eloquenza discorsiva fra i due strumenti. Rigore e pathos si equilibrano in questa lunga pagina, che spazia tra aperture liriche di grande tenerezza e sfoghi di intensa tensione drammatica, tra divagazioni di tipo improvvisativo quale evidente retaggio del Franck organista (si veda nello specifico la scrittura del Recitativo-fantasia) e la ricerca di un più spazioso melodizzare, tale da conferire al brano la sua ampia arcata. Su di essa si sono riversati i proverbiali fiumi d’inchiostro, non tutti ugualmente controllati, e ad esempio è ormai accertato che non è questa la Sonata a cui Proust, nel suo romanzo-fiume, si sarebbe riferito parlando della composizione di Vinteuil, anche se egli dimostrò di conoscerla benissimo. Molto ha fatto discutere l’adozione del principio della forma ciclica, che qui sarebbe impiegata in maniera particolarmente esemplare; altrettanto si è parlato del suo mélange inconfondibile di tono mistico e sensuale, che del resto è molta parte della musica francese del periodo decadente e che qui emerge in modo perspicuo all’inizio dell’ultimo movimento con un motivo capace di fissarsi durevolmente nella memoria uditiva. L’ascoltatore colto non mancherà di apprezzare la coerenza logica che governa la struttura portante del pezzo, con quel suo lavorìo tematico la cui saldezza è assicurata dai rapporti stretti che intercorrono all’interno dei livelli intervallari, armonici e ritmici. MENDELSSOHN – Tra i molti numeri del catalogo cameristico di Mendelssohn, il suo primo Trio(1839) è, insieme all’Ottetto op. 20, quello a cui ha arriso il più durevole successo. Dei grandi generi cameristici classici, il trio pianoforte-violino-violoncello era stato l’ultimo ad affermarsi e il più delicato da trattare per gli equilibri interni di loro natura disomogenei. Beethoven aveva dato i primi esempi importanti in tale campo, e Schubert era ulteriormente progredito con lavori memorabili. Mendelssohn contribuì alla letteratura per trio con due opere, di cui la prima è giustamente rinomata per la ricchezza e chiarezza delle idee e per il colore romantico che la permea fin dalla prima emozionante frase del violoncello. In fase di stesura Mendelssohn aveva accolto il parere del collega Ferdinand Hiller intervenendo sulla parte pianistica, così da farla meglio risaltare per presenza e colore espressivo e dunque renderla più romantica. Di questa versione ebbe conoscenza Schumann, il quale ebbe parole molto elogiative per una pagina che qualificava il suo autore come «il Mozart del XIX secolo, il più brillante dei compositori». Aggiungendo però che «questo Trio è una eccellente composizione che tra qualche anno delizierà i nostri nipoti e pronipoti», voleva forse significare che il brano non era troppo maturo per i tempi; mentre precisava con acutezza che Mendelssohn, con quest’ opera, aveva più di altri «individuato le contraddizioni dell’epoca» ed era stato «il primo che le ha riconciliate tra di loro», assegnandogli così quella patente di romantico dall’animo classico che sempre la storiografia ha riconosciuto e confermato. Ciò si riscontra nel profondo equilibrio formale che governa il componimento e nella corrispondenza esistente tra intenti e risultati. In tale ambito si muove il primo Allegro che non va alla ricerca di esasperazioni dia- STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015 93 lettiche ma rimane nella sua aura mobile e vibrante. All’Andante è stato riconosciuto un lirismo di tipo liederistico e anche una pensosità quasi beethoveniana. Lo Scherzo rivela invece tutta la natura del Mendelssohn fantastico, che in questi movimenti rapidi e leggeri si è sempre distinto per tratti di originalità e brillantezza. Il finale è affidato a un Allegro appassionato tutt’altro che sbriga- 94 tivo, condotto con scienza attraverso i passaggi della forma-sonata sviluppata in tutte le sue parti, con in più un’apertura melodica del violoncello. Questa conduce a un rondò che riporta in luce, variandoli, motivi presi dal primo movimento, il tutto sorretto da una rigorosa intelaiatura ritmica. ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO Diego Cescotti AUDITORIUM S. CHIARA DI TRENTO mercoledì 22 APRILE 2015 - ore 20.30 ___ ORCHESTRA HAYDN di Bolzano e Trento Clemens Schuldt direttore Polina Pasztircsàk soprano Stefan Johannes Hanke (1984) Vom Wind (prima esecuzione assoluta) Gustav Mahler Sinfonia in sol maggiore n. 4 (1860-1911) Bedächtig. Nichteilen In gemächlicher Bewegung Ohne Hast Ruhevoll Sehrbehaglich STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015 95 SALA FILARMONICA venerdì 8 maggio 2015 - ore 20.45 ___ LORENZA BALDO violoncello YEVHENIYA LYSOHOR pianoforte Ferruccio BUSONI Kleine Suite op.23 BV 215 (1866-1924) Moderato ma energico Andantino con grazia Altes Tanzliedchen Sostenuto ed espressivo Moderato ma con brio Johannes BRAHMS Sonata in mi minore op.38 (1833-1897) Allegro non troppo Allegretto quasi Menuetto Allegro Nikolaj Jakovlevič MJASKOVSKIJ Sonata in la minore op.81 n.2 (1881-1950) Allegro moderato Andante cantabile Allegro con spirito Dmitrij ŠOSTAKOVIČ Sonata in re minore op.40 (1906-1975) Allegro non troppo Allegro Largo Allegro 96 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015 97 Lorenza Baldo è diplomanda presso l’Istituto di Studi Musicali “Claudio Monteverdi” di Cremona sotto la guida della Prof.ssa Silvia Chiesa. Ha iniziato gli studi presso la Civica Scuola Musicale R. Zandonai di Rovereto con il M° Fabrizio Nicolini per poi proseguirli presso il Conservatorio Bonporti di Trento sotto la guida del M° Lorenzo Corbolini. Ha seguito vari Masterclass tenuti dai maestri Detlef Mielke a Salisburgo, Antonio Mosca, Francesco Fontana, Iseut Chuat, Robert Irvine, Xenia Jankovic, Natalia Gutman, Michael Flaksman, Rocco Filippini e dal duo “Maurizio Baglini - Silvia Chiesa”. È inoltre iscritta al corso del M. Rocco Filippini presso l’Accademia “W. Stauffer” di Cremona. Vincitrice della borsa di studio Kiwanis 2013, recentemente ha partecipato al concorso “Premio d’archi Nazionale Renato de Barbieri” vincendo il secondo premio. Durante il percorso di studi ha collaborato con l’Orchestra Perin, l’Orchestra Bohéme, l’Orchestra Giovanile Trentina, l’Orchestra LàMus, l’Ensemble barocco “Orfeo Ritrovato” e con altre formazioni. Si è esibita in diverse rassegne musicali quali: il festival Le corde dell’anima a fianco degli scrittori Franco Poggianti e Mauro Corona; i concerti di Omaggio a Cremona a fianco del Maestro Franco Petracchi; La notte dei musei, l’Estate Calatafimese, la Settimana Gattopardiana , l’Associazione culturale Eridano, il Festival Pontino, la rassegna concertistica Musica Giovane dell’Associazione Filarmonica di Rovereto, Incontriamoci da Fazioli, la rassegna Foyer aperti di Pordenone, i concerti del convegno internazionale ECMTA (European Chamber Music Teachers Association), il Festival Stradivari e altre ancora. Ha suonato in alcune prestigiose sedi come il Teatro Sociale di Trento, la Sala Filarmonica di Rovereto, il teatro Amilcare Ponchielli di Cremona, il Teatro Comunale “Giuseppe Verdi” di Pordenone e l’Auditorium del Museo di Violino di Cremona. Yevheniya Lysohor, nata nel 1989 a Vinnitsa (Ucraina), ha studiato pianoforte a Kiev, diplomandosi a 17 anni con il Maestro Vsevolod Vorobyev. Nel 2012 ha intrapreso il Biennio di specializzazione presso l’Istituto Superiore di studi Musicali “Claudio Monteverdi” di Cremona. Dopo l’incontro con i Maestri Lorenzo Di Bella e Alberto Baldrighi si sta perfezionando col M° Maurizio Baglini. Vincintrice di concorsi pianistici nazionali in Ucraina dal 2000 al 2009, dopo il trasferimento in Italia ha vinto il secondo premio nel Concorso Nazionale Città di Bucchianico (2013) e per due anni consecutivi è stata insignita della borsa di studio come miglior allieva del suo conservatorio. Oltre all’esperienza come solista, maturata fin dalla prima adolescenza, ha partecipato a diverse formazioni cameristiche di trio e di duo. Come pianista accompagnatore ha al suo attivo la partecipazione nelle classi di Silvia Chiesa (violoncello), Laura Gorna (violino), Nadiya Petrenko (canto), Claudio Mondini (violino) e Andrea Cigni (arte scenica). Nel 2014 è stata invitata a partecipare al convegno internazionale dell’European Chamber Music Teachers Association (ECMTA): in questa sede, in formazione di Trio, ha seguito le lezioni di Cristiano Gualco, Michael Flaksman e Filippo Faes. Nel mese di maggio dello stesso anno ha registrato per la Classical Academy in occasione di una Masterclass col pianista Peter Frankl a Lesa (NO). Parla – oltre all’ucraino e al russo – l’inglese, l’italiano, il francese e il turco. Nel 2012 si è brillantemente laureata in Relazioni economiche internazionali. 98 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015 99 NOTE AL PROGRAMMA “La tradizione non è l’adorazione della cenere, ma la custodia del fuoco”. Così Gustav Mahler ci aiuta a comprendere il messaggio della prima parte del programma. La maestria e il talento di Ferruccio Busoni e Johannes Brahms offrono la possibilità di ascoltare due opere che riconoscono il valore della tradizione, per entrambi incarnata da Johann Sebastian Bach (Eisenach 1685 – Lipsia 1750), senza però prescindere dal presente e dal futuro. Ferruccio Busoni (Empoli 1866 – 1924), principe del pianoforte e grande compositore, scrisse che lo studio della musica di Bach e l’esercizio del contrappunto furono per lui una consuetudine fin dalla prima infanzia. Ed è soprattutto nell’arco della giovinezza e della prima maturità che Busoni si occupa della musica da camera cimentandosi nell’organico cameristico violoncello e pianoforte. La Kleine Suite op.23 in cinque movimenti pubblicata nel 1886 venne dedicata al Kammervirtuose Alwin Schröder. Opera che ben esprime la poetica di Busoni il cui intento non era quello di promuovere un ritorno ai modelli del passato in funzione antistorica, rifiutando la continuità della storia, ma bensì quello di cercare la conclusione o lo sviluppo di “tentativi precedenti”. “Per “nuova classicità” – scriveva Busoni – intendo il dominio, il vaglio e lo sfruttamento di tutte le conquiste di esperienze precedenti: il racchiuderle in forme solide e belle. La mia idea è che nuova classicità significhi compiutezza in duplice senso: come perfezione e come compimento”. Johannes Brahms (Amburgo 1833 - Vienna 1897), accanto a Bach fu l’autore che più influenzò Busoni. La ragione di quest’ammirazione sta nel fatto che Busoni vedeva in lui il musicista tedesco radicato nella grande tradizione che da Bach, attraverso Beethoven, giungeva fino all’età contemporanea. Nella Sonata per violoncello e pianoforte op. 38 l’incisiva 100 influenza di Bach è quanto mai viva. Nei primi due movimenti le tinte calde, dense e brunite del violoncello diventano sublime mezzo espressivo creatore di un’atmosfera singolare. L’Allegro non troppo è testimonianza di virilità, malinconia, dramma e dolcezza mentre nell’Allegro quasi minuetto la semplicità del materiale tematico iniziale lascia poi spazio al canto libero e spianato del violoncello. Quasi estraneo al lirismo precedente, l’Allegro finale può essere vissuto come un momento di riscatto dell’animo umano dal dolore emerso in precedenza. Brahms sceglie la superba musica di Bach omaggiandolo con questo Allegro fugato (forse una citazione da “Arte della Fuga” Contrappunto XIII). Destino comune è quello dei compositori della seconda parte del programma: l’essere accusati di formalismo da parte del regime sovietico. Scatta così una critica senza appello contro quei compositori che perseguivano un “formalismo estraneo alla visione artistica così come si era maturata nella vita russa, il rifiuto dell’eredità classica sotto la maschera di uno sforzo verso la novità, il rigetto del carattere popolare della musica, il distacco dal popolo al servizio di una èlite di esteti”. Nel 1948 Nikolaj Jakovlevič Mjaskovskij (Novogeorgievsk 1881 - Mosca 1950) compone la Sonata op. 81 realizzando un’incantevole pagina del repertorio russo dedicata al duo violoncello e pianoforte. Spiccata risulta la sua attenzione nei confronti della delicata situazione che lo circondava. Nei tre movimenti di sonata (Allegro moderato, Andante cantabile, Allegro con spirito) l’autore userà una studiata semplicità ed un ritorno ai valori della tradizione russa con l’intento di porgere all’ascoltatore una musica che sia un connubio raffinato e convincente tra romanticismo e carattere popolare. Così come Mjaskovskij anche Dmitrij Šostakovič (San Pietroburgo 1906 - Mosca 1975) decide di accantonare spericolate ardi- ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO tezze armoniche nell’intento di arrivare ad un pubblico più vasto. Accorgimenti che metterà in pratica già nel comporre la Sonata per violoncello e pianoforte op. 40 creando un’opera che affascina per la sua ricchezza e per i suoi contrasti. Solo nel primo movimento Allegro non troppo la tavolozza a cui attinge Šostakovič è più che varia: dal romanticismo iniziale cantato dal violoncello alla polifonia dello sviluppo per poi lasciare spazio ad una conclusione dall’at- mosfera meditativa. Improvviso arriva lo stile popolare trascinante dell’Allegro che poco dopo affida l’ascoltatore alle atmosfere rarefatte e liriche del terzo movimento, il Largo. L’incontro fra passato e futuro, cardine di tutto il programma, è ancora una volta protagonista in questo Allegro finale di sonata dove la personalità di Šostakovič si destreggia tra spunti settecenteschi e tratti tardoromantici. Lorenza Baldo TEATRO ZANDONAI VENeRdì 22 MAGGIO 2015 - ore 20.45 ___ ORCHESTRA HAYDN di Bolzano e Trento Daniele Giorgi direttore Christoph Willibald GLUCK (1714-1787) Danza degli Spiriti Beati da Orfeo e Euridice Ludwig van BEETHOVEN (1770-1827) Le creature di Prometeo op. 43 Wolfgang Amadeus MOZART Sinfonia in re maggiore n. 38 KV 504 Praga (1756-1791) Adagio - Allegro Andante Presto chiesa di s. marco lunedì 1 giugno 2015 - ore 20.45 ___ ORCHESTRA HAYDN di Bolzano e Trento CONCERTO di MUSICA SACRA ALTRE INIZIATIVE Associazione Filarmonica di Rovereto Assessorato alla Contemporaneità - Comune di Rovereto Biblioteca Civica “G. Tartarotti” - Comune di Rovereto Civica Scuola Musicale “R. Zandonai” - Rovereto Scuola Musicale “J. Novák” - Villa Lagarina Scuola Musicale dei Quattro Vicariati “OperaPrima” - Ala BIBLIOTECA CIVICA “G. TARTAROTTI” - ROVERETO NOVEMBRE 2014 - APRILE 2015 Musica in Biblioteca Momenti musicali con insegnanti ed allievi venerdì 28 novembre 2014 Scuola Musicale dei 4 Vicariati Opera Prima • venerdì 6 marzo 2015 Civica Scuola Musicale Riccardo Zandonai • venerdì 23 gennaio 2015 Scuola Musicale Jan Novák • venerdì 10 aprile 2015 Civica Scuola Musicale Riccardo Zandonai e Scuola Musicale Jan Novák venerdì 27 febbraio 2015 Scuola Musicale dei 4 Vicariati Opera Prima ingresso libero RASSEGNA ORGANIZZATA IN COLLABORAZIONE CON concerti pe r A cura di Francesca Aste 4 concerti riservati a tutte le Scuole Secondarie di primo grado di Rovereto, con programmi e guide all’ascolto “su misura” preparate da esperti. Gli insegnanti potranno scegliere uno o più concerti proposti dall’Associazione Filarmonica di Rovereto, inserendoli, a seconda della loro programmazione, nel calendario delle uscite scolastiche: sarà uno stimolo per attivare percorsi didattici di educazione musicale e non solo, che si concretizzeranno nel concerto dal vivo, perchè nulla come l’esperienza dal vivo della musica stimola la curiosità e l’apprendimento del sapere musicale. giovedì 19 marzo 2015 Teatro Zandonai, corso Bettini, Rovereto - ore 11. Durata: 60 min. Racconti e immagini sonore ORCHESTRA HAYDN di Bolzano e Trento musiche di: A. Borodin (1833-1887), C. M. von Weber (1786-1826), L. v. Beethoven ( 1770-1827), F. Mendelssohn Bartholdy (1809-1847) Concerto organizzato in collaborazione con il Dipartimento educativo del progetto Orchestra Haydn & Education. Sono previsti materiali didattici e corsi di aggiornamento per gli insegnanti che partecipano al concerto. Per informazioni e prenotazioni: Elsa Merler | [email protected] | tel. 0461.494313 r le scuole venerdì 10 aprile 2015 Sala Filarmonica, corso Rosmini, 86 Rovereto Ore 10 primo turno, ore 11 secondo turno. Durata: 50 min. “I colori della musica - alla scoperta degli strumenti” Lezione concerto in cui all’esecuzione dei brani si alternerà una presentazione dal vivo degli strumenti dell’orchestra. Orchestra delle Scuole musicali “R. Zandonai” e “J. Novák” lunedì 4 maggio 2015 Sala Filarmonica, corso Rosmini 86, Rovereto - ore 11 I solisti di musica giovane Vittorio Passerini violino Corrado Bruni pianoforte musiche di: J. S. Bach (1685-1750), F. Mendelssohn Bartholdy (1809-1847), P. de Sarasate (1844-1908) giovedì 7 maggio 2015 Sala Filarmonica, corso Rosmini 86, Rovereto Ore 14 primo turno, ore 15 secondo turno. Durata: 50 min. “Come si legge con le orecchie - alla scoperta dell’ascolto” Orchestra delle Scuole musicali “R. Zandonai” e “J. Novák” Ingresso libero Domenica 25 gennaio 2015 Rovereto, Sala Filarmonica Orchestra della Scuola Musicale del Comune di Suzzara Metodo Abreu Domenica 22 febbraio 2015 Rovereto, Sala Filarmonica Francesco Valese pianoforte --Conservatorio F. A. Bonporti di Trento, sezione di Riva del Garda Domenica 22 marzo 2015 Rovereto, Sala Filarmonica Filippo Pedrotti violino Angela Dervishi pianoforte --Scuola Musicale Jan Novák, Conservatorio L. Marenzio di Brescia Domenica 10 maggio 2015 Rovereto, Sala Filarmonica Vittorio Passerini violino Corrado Bruni pianoforte Angelo Paluselli pianoforte --Conservatorio F. A. Bonporti di Trento Domenica 12 aprile 2015 Rovereto, Sala Filarmonica Ensemble di archi Marenzio Conservatorio di Musica Luca Marenzio di Brescia Ludovica Fierro arpa Francesca Pronto arpa allieve della Civica Scuola Musicale R. Zandonai Luca Morassutti Maestro concertatore STAGIONE DEI CONCERTI 2014-2015 111 MOMENTI Incontri con compositori, interpreti e critici musicali alle parole per raccontarla, al desiderio INGRESSO venerdì 30 gennaio 2015 Auditorium Jan Novák della Civica Scuola musicale R. Zandonai corso Rosmini 78, Rovereto - ore 18.00 A proposito delle opere complete del genere umano con Nicola Straffelini La conversazione prende spunto dai versi di Edoardo Sanguineti: “uno scrive poesie perché altri possano scrivere poesia dopo”, e si sviluppa come un percorso che, a partire da alcune opere del relatore, si ri-volge verso la tradizione musicale più recente (con ascolti da Bruno Maderna, Franco Donatoni, Niccolò Castiglioni), intesa come permanenza di pensieri e di suoni. Dopo gli studi in pianoforte con Temenouchka Vesselinova e composizione con Armando Franceschini, Nicola Straffelini si è perfezionato con Franco Donatoni. E’ autore di musica da camera, sinfonica e per il teatro, e pubblica, fra le altre, con Schott London. Ha ottenuto numerosi riconoscimenti internazionali tra cui i premi Valentino Bucchi di Roma e Sound connections di Bath (UK). Insegna composizione al Conservatorio di Castelfranco Veneto (TV). --- lunedì 16 febbraio 2015 Ridotto del Teatro Zandonai, corso Bettini, Rovereto - ore 18.00 Steve Reich, oltre il minimalismo con Carlo Boccadoro “Vorrei parlare dei lavori più recenti di Reich, quali Double Sextet, WTC9/11, Three Tales, Mallet Quartet, spiegando come il linguaggio musicale di Reich sia passato attraverso una lunga serie di trasformazioni linguistiche che, senza perdere la radice minimalista originaria di opere come Music for 18 Musicians, si sono poi espanse in direzioni molto differenti incorporando suggestioni dalla cantillazione ebraica, dalla musica popolare e recentemente anche dalla musica rock, come nel brano Radio Rewrite dove Reich utilizza frammenti melodici delle canzoni dei Radiohead.” Esempi musicali da cd. Carlo Boccadoro è compositore, direttore d’orchestra, pianista, percussionista, divulgatore e musicologo. Ha studiato al Conservatorio “G.Verdi” di Milano dove si è diplomato in Pianoforte e Strumenti a Percussione e ha studiato Composizione. La sua grande personalità musicale esplora con grande perizia luoghi sonori molto diversi e spesso molto distanti, dal Jazz della tradizione alla musica contemporanea più complessa e controversa. Con Filippo Del Corno e Angelo Miotto ha fondato Sentieri Selvaggi. MUSICALI A cura di Francesca Aste tra e con i musicisti per dare spazio alla musica, di condividerla, con esempi e ascolti. LIBERO sabato 28 febbraio 2015 Ridotto del Teatro Zandonai, corso Bettini, Rovereto - ore 18.00 Presentazione del libro “Il Suono del Nord” di e con Luca Vitali e il giornalista Roberto Segala. “La Norvegia è un paese giovane che non deve fare i conti con una tradizione ingombrante, come l’Italia. La sua gente ha un forte spirito identitario, clima e geografia l’hanno costretta all’isolamento dal resto d’Europa e le hanno infuso un forte spirito d’avventura. Un paese dalla struttura societaria orizzontale, radicato nella grande tradizione folk del violino di Hardanger che, grazie a Grieg prima e Garbarek poi, ha saputo valorizzare la riscoperta della musica popolare indigena andando oltre le definizioni di genere, regalandoci una delle scene più creative, senza i pudori e le ansie definitorie tipiche del nostro tempo. Una scena che grazie anche al sodalizio con la prestigiosa etichetta ECM ha contributo all’evoluzione della musica europea.” Luca Vitali (Bologna, 1967) scrive di jazz e altri suoni per il Giornale della Musica, AllAboutJazz e InSound, collabora con IL – l’allegato mensile del Sole 24 Ore – e Radio Città del Capo ed è tra i membri fondatori di Europe Jazz Media. Dal 2010 è tra i curatori artistici di Angelica Festival e organizza diverse iniziative nell’ambito della musica e delle arti performative. Da anni collabora stabilmente con le istituzioni norvegesi (Reale Ambasciata e Consolato di Norvegia – Jazzforum, Music Norway e Jazznytt). --- venerdì 13 marzo 2015 Auditorium Jan Novák della Civica Scuola musicale R. Zandonai corso Rosmini 78, Rovereto - ore 18.00 Curve e punti di fuga Cosimo Colazzo “Il silenzio e la contemplazione. Ridurre il tempo, aprirlo a un “senza tempo” flessibile e galleggiante. Come ottenere questo, componendo in griglie, numeri e schemi? Come calcolare il senso della curva e dei suoi giri, delle aperture e delle vie di fuga? Questo stato aereo? Qui il punto e il senso della ricerca. Creare una soglia, del tempo che respira liquido e si assoda, delle figure che emergono e si nascondono.” Cosimo Colazzo (1964) è compositore, pianista e direttore d’orchestra. Docente di Composizione al Conservatorio di Trento, dal 2012 è Faculty Member della Italian School del Middlebury College negli Stati Uniti. Del Conservatorio di Trento è stato direttore dal 2005 al 2011. Fa parte dell’équipe di ricerca del CESEM, Centro de Estudos de Sociologia e Estética Musical, della Universidade Nova di Lisbona. È autore di una vasta produzione compositiva, premiata in concorsi nazionali e internazionali. Le sue composizioni sono pubblicate da Rai Trade. venerdì 17 aprile 2015 Auditorium Jan Novák della Civica Scuola musicale R. Zandonai corso Rosmini 78, Rovereto - ore 18.00 “Astratto con ricordi”: su alcuni luoghi del comporre Roberto Conz Conversazione con Roberto Conz e Paolo Miorandi Parlare di musica, sappiamo, è cosa ostica. Codici che resistono alla traduzione. Metafore inefficaci. Ma, forse, quello che possiamo fare è provare a parlare dei pensieri che hanno motivato e generato la composizione di un lavoro. E questo è ciò abita anche altri linguaggi, altri luoghi del nostro vivere assieme. La necessità di pensare al complesso rapporto con la storia, con i padri che ci hanno messo in forma lasciandoci le parole che costruiscono il nostro universo/multiverso. Eredi di un ‘900 che è stato anche secolo di parricidi. Di azzeramenti linguistici. Sembra però che il reiterato ricercare il grado zero del linguaggio abbia condotto ad una perplessa afasia, una sorta di lallismo culturale che ben si presta ad ogni possibile mistificazione. Tra-dire la storia, scriveva Walter Benjamin, è l’unico modo per non vanificarla. Roberto Conz si è occupato per un decennio di musica antica e composizione. Dal 1995 si è dedicato a fotografia e arti visive, incentrando la propria ricerca sul rapporto tra parola e visione. Negli ultimi otto anni si è dedicato esclusivamente alla composizione con un particolare interesse al rapporto tra linguaggi storici e contemporaneità. Paolo Miorandi lavora come psicoterapeuta e dedica alla scrittura parte del suo tempo. Le sue ultime pubblicazioni sono Ospiti (2010), Nannetti (2012) e Verso il bianco (2014). MUSICA A PALAZZO FEBBRAIO - GIUGNO 2015 | XIV edizione Concerti nei palazzi storici (ma non solo) dei Quattro Vicariati Ala - Avio - Brentonico - Mori Eventi e Spettacoli della Scuola Musicale dei Quattro Vicariati per il Territorio 20 dicembre 2014 - Mori Concerto per Stella - Il Natale di OperaPrima --- 28 Marzo 2015 - Ala Al Passo ... al Trotto ... al Galoppo ... Spettacolo dei / per i bambini --- 30 Maggio 2015 - Avio Anco il Villano ballare fà il suo padrone (storie e musiche dal Mondo Antico) Spettacolo multimediale delle orchestre e degli ensemble della Scuola Musicale --13 Giugno 2015 - Ala OperaPrima Live Concerto RockLab & JazzLab INFORMAZIONI OperaPrima - Scuola Musicale dei Quattro Vicariati Via R. Zandonai, 1 – 38061 Pilcante di Ala (TN) Tel. 0464 680000 - 349 0542909 - E-mail: [email protected] - www.operaprima.org SCUOLA MUSICALE “JAN Aperitivi in Villa Lagarina - Palazzo Libera - ore 11.00 Domenica 16 novembre 2014 Quartetto Alfred Beatrix Graf clarinetto Roberto Alotti clarinetto Marco Bruschetti clarinetto e clarinetto piccolo Giampiero Costaraoss clarinetto basso Los Angeles Sketches: Woodland Hillibilly Quietly Olvera street (Kenneth Lowman) Fatica Come volo di farfalle (ricordando Fabrizio) (Edgar Caracristi) Three Preludes (arr. Ioan Dobrinescu – musica di George Gershwin) Nègy romantikus jàtèk Allegretto con leggerezza Presto Andante Animato (Gyulai Goàl Janos) Klezmer Triptych Lebedik un Freiylac Rebn’s tanz Freylacher Bulgar (arr. Mike Curtis) America dal Musical “West Side Story” (arr. László Domotor - musica di Leonard Bernstein) NOVÁK” VILLA LAGARINA musica 2014 Ingresso Euro 5 | Prenotazione allo 0464 411893 Domenica 23 novembre 2014 Sintonizziamoci con la Musica alla ricerca di immagini ed emozioni Franco Bosio pianoforte Domenica 30 novembre 2014 “Panisci Fistula” Anna Boschi flauto e flauto basso Sara Caliari flauto Lucia Comandella flauto Marco Pomarolli flauto G. Ph. Telemann La caccia (1681 - 1767) Pastorale Vivace K. D. v. Dittersdorf Notturno (1739 - 1799) Andante Minuetto Allegro (1862 - 1918) C. Debussy Syrinx (1913) per flauto solo (1921 - 1984) tre preludi per tre flauti J. Novák Panisci Fistula (1904 - 2003) G. Petrassi Dialogo angelico E. Bozza Jour d’été à la montagne (1905 - 1991) Pastorale Au bord du torrent Le chant des forets Ronde Tutti i concerti avranno inizio alle ore 20.45 Gli abbonati sono tenuti a prendere possesso dei loro posti entro le ore 20.40 trascorso questo termine i posti potranno essere messi in vendita. *** Si ringraziano i redattori delle note ai concerti: Giovanni Bellucci Anna Boschi Diego Cescotti Monique Ciola Giuseppe Carrer Carlo Boccadoro Luca Vitali Diego Procoli Lorenza Baldo Realizzato e stampato in Italia, nel mese di ottobre 2015, dall’Azienda di Arti Grafiche moschini advcom 38068 Rovereto (TN) - Via G. Tartarotti, 62 - [email protected] Stampato su carta ecologica sbiancata senza cloro. Associazione Filarmonica di Rovereto 38068 Rovereto (TN) - Italia - Corso Rosmini, 78 Tel. e Fax 0464·435255 - E-mail: [email protected] www.filarmonicarovereto.it
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