REGIONE LIGURIA Settore Valutazione impatto ambientale Indirizzo: via D'Annunzio 111, Genova email: [email protected] Settore Aria, clima e gestione integrata rifiuti Indirizzo: via D'Annunzio 111, Genova email: [email protected] Oggetto: Osservazioni del COORDINAMENTO LIGURE GESTIONE CORRETTA DEI RIFIUTI alla proposta di Piano regionale di gestione dei rifiuti e delle bonifiche ai sensi della legge regionale n. 32/2012. La sottoscritta Renata Vela, residente in Finale Ligure – vico Bonora 2, in qualità di referente regionale del COORDINAMENTO LIGURE GESTIONE CORRETTA DEI RIFIUTI, presa visione dei seguenti elaborati: Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti e delle Bonifiche, Rapporto ambientale. adottati con Delibera n. 1801 del 27/12/2013, al fine di apportare il contributo del COORDINAMENTO LIGURE GCR alla Valutazione Ambientale Strategica del piano, presenta osservazioni di carattere generale e puntuale agli elaborati di seguito elencati. Elenco degli elaborati assoggettabili ad osservazione e relative sigle: PGRRL sez1: Piano Regionale di Gestione Rifiuti e Bonifiche – Sezione Rifiuti Urbani, PGRRL sez2: Piano Regionale di Gestione Rifiuti e Bonifiche – Sezione Rifiuti Speciali, PRGRL RA: Rapporto ambientale. Si allega il documento contenente osservazioni e proposte sui capitoli del piano e tematiche di interesse pubblico, quali salute ed ambiente. Osservazioni del Coordinamento ligure Gestione Corretta Rifiuti alla proposta di Piano regionale di gestione dei rifiuti e delle bonifiche, ai sensi della legge regionale n. 32/2012. Sommario INTRODUZIONE.................................................................................................................................................. 2 OSSERVAZIONI Obiettivo 1 - Favorire e sviluppare la prevenzione .............................................................. 4 Osservazione puntuale n. 1.1 riguardante l’elaborato PRGRL sez1 .............................................................. 7 Osservazione puntuale n. 1.2 riguardante l’elaborato PRGRL sez1 .............................................................. 8 OSSERVAZIONI Obiettivo 2 - Portare la raccolta differenziata al 65% dei rifiuti ........................................... 9 OSSERVAZIONI Obiettivo3 - Favorire le attività di recupero, conseguendo gli obiettivi fissati a livello comunitario (50% del rifiuto prodotto al 2020) .......................................................................................... 13 A) Il riciclaggio.......................................................................................................................................... 13 B) Il riuso .................................................................................................................................................. 14 Osservazione puntuale 3.1 riguardante l’elaborato PRGRL sez1 ................................................................ 15 Osservazione puntuale 3.2 riguardante l’elaborato PRGRL sez1 ................................................................ 16 Osservazione puntuale 3.3 riguardante l’elaborato PRGRL sez1 ................................................................ 17 OSSERVAZIONI OBIETTIVO 4 - Conseguire l’autonomia di gestione del rifiuto: scenari degli impianti. ........ 18 OSSERVAZIONI OBIETTIVO 5 - Conseguire l’autonomia di gestione del residuo indifferenziato tramite delimitazione di Aree omogenee per il trattamento rifiuti e Bacini omogenei di raccolta ............................ 26 OSSERVAZIONE 1) Dotazione impiantistica ................................................................................................. 27 OSSERVAZIONE 2) Costituzione Aree omogenee ........................................................................................ 27 OSSERVAZIONE 3) Indirizzi per la gestione del periodo transitorio ............................................................ 28 OSSERVAZIONI Piano Regionale Gestione Rifiuti sez. RIFIUTI SPECIALI .......................................................... 31 OSSERVAZIONE 1) RIFIUTI INERTI ................................................................................................................ 31 OSSERVAZIONE 2) RIFIUTI SPECIALI PERICOLOSI – AMIANTO COD.1705 ................................................... 32 OSSERVAZIONE 3) RIFIUTI SPECIALI DI IMBALLAGGI ................................................................................... 32 OSSERVAZIONE 4) ASSIMILAZIONE.............................................................................................................. 33 OSSERVAZIONI al Piano Regionale Rifiuti –Ambiente ..................................................................................... 33 Osservazioni al piano regionale Rifiuti (Discariche) .................................................................................... 33 Osservazioni al Rapporto ambientale.......................................................................................................... 34 OSSERVAZIONI RELATIVE ALLA SALUTE DEI RESIDENTI IN LIGURIA ................................................................ 40 1 INTRODUZIONE Con riferimento al Piano Regionale di Gestione rifiuti della Regione Liguria (nel seguito PRGRL), in qualità di Coordinamento Gestione Corretta Rifiuti (GCR), presentiamo le nostre osservazioni di carattere generale nell’ambito del procedimento di consultazione del pubblico previsto dalla procedura di Valutazione ambientale strategica in corso. Il piano dichiara di recepire la priorità di gestione dei rifiuti in accordo a quanto previsto dalla direttiva 2008/98 CE che “ribadisce, ed integra, la cosiddetta gerarchia dei rifiuti: prevenzione o riduzione della produzione e della nocività dei rifiuti, preparazione per il riutilizzo, riciclaggio e recupero. Ai sistemi di smaltimento in discarica viene riservato un ruolo esclusivamente residuale.” Questa enunciazione di principio è ottima e da noi pienamente condivisa. Va confermata dalla individuazione di strumenti e parametri quali-quantitativi coerenti, che inducano e favoriscano comportamenti virtuosi di comuni e cittadini. Riteniamo che a questo scopo uno strumento decisivo e indispensabile di intervento dovrebbe essere l’uso della tariffa puntuale Il PRGRL afferma che “Impostazioni basate sulla cosiddetta “Opzione rifiuti zero” sono state considerate di difficile praticabilità, alla luce della situazione contingente ed alla tempistica di influenza del Piano dettata dalla norma.” Riteniamo invece che, se è complesso realizzare l’opzione rifiuti zero, vista anche la situazione di partenza, non si debba rinunciare a seguire il principio di base di ridurre e recuperare prima di smaltire, ponendosi obiettivi puntuali da raggiungere in tempi certi, e osserviamo che vari comuni in Italia siano già riusciti nel percorso verso rifiuti zero a raggiungere buonissimi risultati. Gli obiettivi generali, fissati dal PRGRL, sono così riassunti: Obiettivo 1 - Favorire e sviluppare la prevenzione 2 - Portare il sistema territoriale della raccolta differenziata al 65% rispetto al rifiuto prodotto 3 - Favorire le attività di recupero, conseguendo gli obiettivi fissati a livello comunitario (50% del rifiuto prodotto al 2020) 4 - Conseguire l’autonomia di gestione del residuo indifferenziato tramite scenari di impianti 5 - Conseguire l’autonomia di gestione del residuo indifferenziato tramite delimitazione di Aree omogenee per il trattamento rifiuti e Bacini omogenei di raccolta Indicatore Valore al 2012 Produzione RSU Risultato RD dato regionale medio % effettivo recupero 936.755 t Obiettivo 2016 936.755 t 32,02 % 50% Smaltimento rsu Numero Gestioni Indicatore in fase di definizione Obiettivo 2020 880.549 t (- 6%) 65% 50% Smaltimento totale al 2011: 685.145 t RU biodegradabili conferiti a discarica: 274kg/ab/anno (dato aggregato regionale) n. gestori in essere al 2012 : Imperia 12 Savona 16 Genova 17 La Spezia 7 2 I principi generali sopra enunciati sono da noi totalmente condivisi, si osserva però come la loro traduzione in obiettivi sia − − − − − poco incisiva e poco coraggiosa, limitandosi a garantire il raggiungimento di obiettivi previsti dal dettato normativo, senza avviare una strategia mirata alla prevenzione; mancante in molte parti di obiettivi quali-quantitativi misurabili e dei relativi indicatori per il monitoraggio; poco attenta all’ambiente e alla salute (se non a livello di meri enunciati di principio); poco innovativa, facendo coincidere il recupero di materia con il riciclo e vincolandone il successo alla sola raccolta differenziata; per nulla attenta alle potenzialità di sviluppo economico e di creazione di nuovi posti di lavoro ottenibile dal comparto di riciclo dei rifiuti. Nel seguito le osservazioni sopra elencate vengono declinate e sviluppate per ogni obiettivo del piano rifiuti urbani, del piano rifiuti speciali e dei temi ambiente e salute. 3 OSSERVAZIONI Obiettivo 1 - Favorire e sviluppare la prevenzione PREMESSA 1) Il dlgs 152/2006 art 199 lettera r (articolo così sostituito dall'art. 20 del d.lgs. n. 205 del 2010) prevede che i piani regionali di gestione dei rifiuti comprendano: “un programma di prevenzione della produzione dei rifiuti, elaborato sulla base del programma nazionale di prevenzione dei rifiuti di cui all’art. 180, che descriva le misure di prevenzione esistenti e fissi ulteriori misure adeguate. Il programma fissa anche gli obiettivi di prevenzione. Le misure e gli obiettivi sono finalizzati a dissociare la crescita economica dagli impatti ambientali connessi alla produzione dei rifiuti. Il programma deve contenere specifici parametri qualitativi e quantitativi per le misure di prevenzione al fine di monitorare e valutare i progressi realizzati, anche mediante la fissazione di indicatori.” Con il decreto direttoriale del 7 ottobre 2013 il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ha adottato il Programma Nazionale di Prevenzione dei Rifiuti, nel rispetto della scadenza comunitaria prevista dalla Direttiva 2008/98/CE per il 12 dicembre 2013. Il programma prevede che “Entro un anno le Regioni sono tenute a integrare la loro pianificazione territoriale con le indicazioni contenute nel Programma nazionale.” Il PRGRL, riferendosi all’Obiettivo 1, dichiara che “Il presente capitolo del Piano regionale di Gestione dei Rifiuti e delle Bonifiche, con i relativi allegati, relativo all’obiettivo prioritario volto a “Favorire e sviluppare la prevenzione”, è stato elaborato e redatto con lo scopo di costituire il Programma regionale di prevenzione ai sensi del citato art.199.” OSSERVAZIONE 1) Facendo coincidere l’Obiettivo 1 con il Programma di prevenzione regionale, il PRGRL assolve solo in parte al dettato normativo, in quanto introduce indicatori, ma mancano “specifici parametri qualitativi e quantitativi per le misure di prevenzione”, che esplicitino gli obiettivi da raggiungere e li rendano misurabili. PREMESSA 2) Il PRGRL afferma che “A fronte del quadro riportato, è ipotizzabile che, a partire dall’anno 2014, si registri un incremento di produzione di rifiuto urbano coincidente con l’andamento dell’indicatore relativo alla spesa. Uno sviluppo delle strategie mirate alla riduzione del rifiuto alla fonte può rappresentare elemento di bilanciamento rispetto alla dinamica indicata. Conseguentemente, al fine della predisposizione degli scenari di Piano per il prossimo triennio sembra corretto assumere come dato di riferimento al 2016 quello della produzione RSU relativa all’anno 2012”. OSSERVAZIONE 2) Il PGRRL è esageratamente prudente e, ipotizzando una crescita del PIL, prospetta una riduzione dello 0% per il 2016 sulla base di un presunto “bilanciamento tra tendenza alla crescita e primi effetti delle linee di intervento avviate”. A nostro avviso il PRGRL deve: − − − A) attuare quanto previsto dalla Direttiva CE e dal Programma Nazionale, B) rispettare la direttiva europea C) confrontarsi con altri piani regionali in modo da non aggravare la forbice già esistente tra la Liguria e le altre regioni del Nord Italia, cui la Liguria appartiene. 4 2A) Il Programma Nazionale definisce l’obiettivo di riduzione del 5% della produzione di rifiuti urbani per unità di PIL. Essendo le previsioni di aumento del PIL nel periodo 2014-15 del 1,7%, che corrisponde ad un aumento massimo del 1,5% di produzione di rifiuti, e osservando che la diminuzione media annua della produzione di rifiuti nel periodo 2011-2012 (dati ISPRA) era pari al 3,65% (anni di crisi con conseguente diminuzione del PIL stimabile pari al 1,2 % annuo), si può stimare un 1,2% netto di riduzione, derivante dal solo mantenimento della diminuzione tendenziale. 2B) Ma la DIRETTIVA EUROPEA sostiene che è auspicabile il superamento della logica di legare la produzione di rifiuti al PIL, e che risulta insufficiente porsi l’obiettivo di limitare la produzione di rifiuti in ragione dello 0,95% a fronte di un aumento dell’1% di produzione. Quindi il 2% di riduzione annua è un obiettivo minimo cui la Liguria non può assolutamente sottrarsi anche in assenza di particolari provvedimenti. 2C) Anche dal confronto con altri Piani Regionali, notiamo obiettivi di prevenzione più ambiziosi. regione Emilia Romagna obiettivo note 20% - 25% entro il 2020 Produzione al 2011: 673kg/ab/anno Programma prevenzione 15% - 20% Assimilazione Rifiuti Speciali agli urbani 5% 19% Produzione al 2008: 3.385.000 t Lazio Periodo 2010-2017 12% Periodo 2013-2020 Friuli Venezia Giulia 4% Periodo 2013-2014 Sardegna Produzione al 2012: 500 kg/ab/anno Anche se disomogenei, i dati in tabella segnalano in altre regioni obiettivi di riduzione dal 2% al 3% annuo. OSSERVAZIONE 3A) estendere il compostaggio ai soli comuni di classe 1 porterebbe ad una riduzione annua dei rifiuti dell’ 1% (obiettivo sicuramente raggiungibile nel periodo 2014/15), in base ai dati del PRGRL sulla popolazione, sulla suddivisione dei comuni in classi e sulla stima giornaliera di compostaggio (0,250 kg/ab/giorno). Ma in letteratura si evince che nel compostaggio domestico si deve tenere conto che: la produzione media di rifiuti alimentari di una persona è 300 g (circa 100 kg/ab/anno), ed è facile prevederne una intercettazione elevata, pressoché totale (a differenza di quanto avviene con i sistemi di raccolta secco-umido, che intercettano il 70-80%; la produzione di sfalcio d’erba nei giardini si aggira tra i 3 ed i 5 kg/m2; statisticamente si rileva una produzione di foglie secche, tosature di siepe e potature di alberi ed arbusti equivalente allo sfalcio d’erba. Quindi una famiglia di 3 persone con un giardino di media estensione (200 m2) composterebbe in un anno circa 300 kg di scarto alimentare e 1500 kg di scarto di giardino (in media 600 kg/ab/anno, più di 6 volte tanto i previsti 0,250 kg/ab/giorno, corrispondenti a circa 90 kg/ab/anno). 5 Anche ipotizzando un abbattimento del 50% (non tutti hanno il giardino, non tutti vengono raggiunti in modo omogeneo da questa pratica), si tratta sempre di una quantità stimata di 300 kg/ab/anno (pari a 0,80 Kg/ab/giorno) che, se estesa ai comuni di classe 1 (106640 abitanti), vale una riduzione di circa 10.000 t quindi del 3% ogni anno. OSSERVAZIONE 3B) incentivi all’auto-compostaggio Si stima che il 20% delle famiglie siano dedite a forme di giardinaggio non occasionale e questa percentuale è in aumento, a Genova potrebbero essere 80.000 le famiglie "con pollice verde" (200.000 abitanti) . Tutte questa famiglie che hanno una produzione pro-capite di frazione organica maggiore delle altre (scarti del giardino-orto) sono "naturalmente" portate a praticare anche il compostaggio. Su di loro dovrebbe essere indirizzata una campagna di sensibilizzazione e informazione. Tenuto conto che la tariffa di conferimento di frazioni organiche a impianti di compostaggio è di circa 80 euro a tonnellata, l'ecotassa (evitata) è di 14 euro a tonnellata, il costo della raccolta (evitata) è stimabile in 40 euro/ton. Pertanto, complessivamente il compostaggio domestico fa risparmiare circa 135 euro a tonnellata compostata, 13, 5 centesimi al chilo. Il risparmio annuo indotto da parte di una famiglia con giardino che composta è stimabile 300 kg x 13,5 centesimi = 40,5 euro, pertanto questo potrebbe essere l'ordine di grandezza di sconto che si potrebbe applicare, proponendo alla famiglia di rinunciare al servizio di raccolta dell’organico. E’ importante il riconoscimento di uno sconto, e ancor più la predisposizione di servizi a favore del compostaggio, quali periodici corsi gratuiti, e l'uso delle isole ecologiche e di appositi ecopunti, presso parchi e giardini, utilizzabili quali centri di scambio di compost autoprodotto e offerta gratuita di cippato da usare come strutturante. Altro servizio, abbinato ai doverosi controlli, una consulenza personalizzata effettuata da personale appositamente formato. Se si considerano gli ulteriori risultati ottenibili dal compostaggio di prossimità e dalla diffusione delle ecofeste, riteniamo che nel solo biennio 2014-15 sia corretto porsi un obiettivo di riduzione netta del 4% annuo (anche ipotizzando una crescita del 1,5% del PIL). Sulla base di analoghi ragionamenti è, altresì, palesemente insufficiente ipotizzare una riduzione del 6% (1,5% annuo) nel periodo 2016-2020, dal momento che il solo completamento della estensione del compostaggio domestico a tutti i comuni di classe 1 porta ad un risultato doppio. OSSERVAZIONE 4) Il PRGRL non fissa obiettivi quantitativi e tempi certi nella maggior parte delle linee di azione proposte, rinviando a progetti specifici. Le linee di azione trattano argomenti tipici della prevenzione quali, ad esempio: − introdurre fattori che inducano i consumatori a produrre meno scarti, tramite scelte consapevoli al momento della spesa e incentivazione economiche a chi produce meno rifiuti (passaggio alla tariffazione puntuale, formazione e informazione dei cittadini). − riduzione dei quantitativi prodotti alla fonte con interventi sugli imballaggi: contenimento degli imballaggi superflui, la sostituzione di risorse non rinnovabili con risorse rinnovabili, la sostituzione di sostanze pericolose con sostanze non pericolose − sviluppo di pratiche ‘sostenibili’ presso commercianti e attività di servizi tramite: un maggior utilizzo di materiali recuperati nei processi, diminuzione dell’impiego di materiali e di rifiuti prodotti a parità di servizio erogato. − riutilizzo dei prodotti: introduzione di buone pratiche sull’uso prolungato di beni (sviluppo dei mercati dell’usato, del noleggio dei beni invece dell’acquisto, ...). 6 L’assenza di obiettivi quali-quantitativi specifici lascia spazio ad indeterminazioni, né il riferimento alla sola riduzione rifiuto (riferita all’obiettivo complessivo previsto per il 2020) definisce le modalità, i tempi e la percentuale di incidenza attesa da ogni azione. Per le osservazioni puntuali si rimanda alle schede sottoelencate in cui descriviamo azioni che proponiamo di adottare su scala regionale. codice scheda argomento 1.1 Iniziative a supporto della GPP 2.1 Sostegno del compostaggio domestico e di prossimità Osservazione puntuale n. 1.1 riguardante l’elaborato PRGRL sez1 Oggetto: iniziative a supporto della GPP Considerato che Il Ministero dell’Ambiente ha elaborato e adottato, attraverso un ampio processo di consultazione con enti locali e parti interessate, il Piano d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi della Pubblica Amministrazione che ha l’obiettivo di raggiungere entro il 2014 un livello di “appalti verdi” non inferiore al 50% sul totale degli appalti stipulati per ciascuna categoria di affidamenti e forniture. La normativa regionale affronta il tema GPP delibera di giunta regionale n.672/2011"Promozione del Green Public Procurement - GPP - Acquisti Verdi nelle Pubbliche Amministrazioni. Introduzione di criteri di sostenibilità ambientale nelle procedure di acquisto di beni, servizi e forniture dell'Amministrazione Regionale allargata (legge regionale n.31/07 - decreto ministeriale n.203/03)" delibera di giunta regionale n.787/2012 “Promozione del Green Public Procurement – GPP – Acquisti Verdi nelle Pubbliche Amministrazioni. Approvazione del “modello di Piano di Azione per gli Acquisti Verdi della Regione Liguria 2012-2014”). Legge Regionale 37/2011 e Delibere1059-1060/2012: Istituzione Stazione Unica Appaltate Regionale S.U.A.R. Nel PRGRL si stabilisce di affrontare questo tema attraverso la Linea di azione A.1 (Incentivo alla diffusione del GPP (Acquisti verdi)) che definisce come Indicatore principale il n. di Piani acquisti verdi adottati dagli EE.LL. liguri e intende avviare il monitoraggio dei risultati conseguiti. Si osserva che il piano non stabilisce un obiettivo numerico a cui tendere e che l’indicatore scelto non consente di misurare il numero di appalti verdi ma il numero di enti locali che hanno deliberato un piano di acquisti verdi. Al 2012 solo 45 comuni hanno adottato il piano GPP. Si propone di stabilire che tutti gli enti locali liguri debbano adottare il piano entro tre anni, con il supporto diretto della Regione per i comuni più piccoli, diffondendo l’adesione alla Centrale unica di acquisto regionale (opzione oggi facoltativa). 7 Osservazione puntuale n. 1.2 riguardante l’elaborato PRGRL sez1 Oggetto: Sostegno del compostaggio domestico e di prossimità Considerato che nel piano si stabilisce in più parti la necessità/intenzione di potenziare la pratica del compostaggio domestico come tecnica di riduzione del rifiuto da smaltire e buona pratica di recupero di materia (compost). Si osserva che il piano non definisce obiettivi quantitativi minimi di riduzione attraverso il compostaggio autogestito, né esplicita possibili strumenti per il raggiungimento dell’obbiettivo che, a nostro avviso, potrebbero essere definiti e attivati anche nel breve periodo. Ci si limita a definire attività di diffusione e sensibilizzazione che, così impostate, appaiono vaghe e mancano di quantificazioni target degli indicatori previsti. Si propone di − istituire su scala regionale la obbligatorietà di questa pratica nei comuni individuati a bassa densità produttiva di rifiuti (classe1); − estendere la distribuzione delle compostiere nei comuni di classe2 caratterizzati dalla presenza di frazioni collinari significative (stima rifiuti intercettati 250-300 kg/compostiera/anno) Si suggerisce di prendere a modello il comune di Ne (prov. Di Genova) che ha di recente emesso l’Ordinanza n. 36 del 18.12.2013 avente ad oggetto: “Istituzione compostaggio domestico obbligatorio dei rifiuti organici”. L’ordinanza citata rappresenta un esempio di buone pratiche che, dopo una fase di sperimentazione e valutazioni costo/benefici ha indotto il comune a decidere l’obbligatorietà della adozione del processo di autogestione del rifiuto (frazione umida). Si osserva come il territorio del comune di NE, inserito in classe1, sia vasto e gli insediamenti abitativi molto frammentati e caratterizzati da presenza di attività agricole diffuse che si sono caratterizzate per la scelta di produzione biologica a basso impatto ambientale, consentendo una occasione di rilancio economico di territori in profonda crisi economica, dopo la alienazione degli impianti minerari. In questo contesto la scelta di incentivare (fino ad obbligare) il compostaggio auto-gestito è assolutamente congruente con il governo del territorio e le priorità stabilite dalle normative europee e nazionali. L’iniziativa va supportata da azioni di sensibilizzazione, formazione e vantaggi economici, dando trasparenza alle valutazioni economiche (minori costi di raccolta e smaltimento, disponibilità di compost di qualità a km 0) e ai vantaggi ambientali. A corredo di tale osservazione si allega la seguente documentazione: 1. http://www.comune.ne.ge.it/news.php?id_news=133 8 OSSERVAZIONI Obiettivo 2 - Portare la raccolta differenziata al 65% dei rifiuti OSSERVAZIONE 1) Il PRGRL pone l’obiettivo di incrementare la RD raggiungendo l’obbligo di legge fissato al 2016 pari al 50% e al 2020 pari al 65%, tenendo a riferimento la percentuale raggiunta del 32% nel 2012. “Ai sensi dell’art. 181 del D.Lgs. 152/06, entro il 2015 in tutti i Comuni deve essere assicurato un sistema di raccolta in grado di intercettare almeno carta, metalli, plastica, vetro e, ove possibile, legno. A obiettivi raggiunti il sistema di raccolta differenziata in Liguria dovrà intercettare una quantità di raccolta differenziata pari a circa 570.000 tonnellate anno nel 2020 (circa 470.000 nel 2016), secondo le stime di dettaglio riportate nel successivo capitolo sugli Scenari di produzione e raccolta differenziata.” Gli obiettivi del PRGRL rispettano il dettato normativo ma sono minimali: ci si propone di raddoppiare la RD raccogliendo in modo differenziato il 33% in più dei rifiuti prodotti solo in un lungo periodo (7 anni), con un tasso medio annuo di incremento del 4,7 % di poco superiore a quello registrato negli ultimi anni, in assenza di provvedimenti su scala regionale. Infatti nel periodo 2008-2013 il tasso di crescita è stato 3%/anno. Una regione seriamente intenzionata a migliorare la situazione può fare realisticamente molto di più, puntando a raccogliere la frazione organica e a favorire la raccolta domiciliare. OSSERVAZIONE 2) Il PRGRL afferma che “I dati derivanti da una ormai vasta letteratura in materia mostrano che: − con la raccolta stradale si rimane lontani dagli obiettivi minimi: limite 40% e bassa qualità; − senza separazione secco/umido indipendentemente da modalità servizio: limite 50%; − solo la raccolta domiciliare secco/umido permette di superare il 50% di raccolta differenziata.” La conseguenza logica di questo riconoscimento deve essere quindi una massiccia azione diretta a favorire la diffusione di una seria raccolta porta a porta dell’organico e delle altre frazioni in tutti i comuni liguri: solo la responsabilizzazione del cittadino, riesce a garantire buoni risultati quantitativi e soprattutto qualitativi, frazioni pulite per aumentare la possibilità di effettivo successivo riciclo. Infatti esistono esperienze consolidate in Liguria, dove, con il porta a porta anche per l’organico: − si è incrementata la RD del 40% in un anno, anche in comuni con tipica dislocazione costiera-collinare (es Bogliasco); − anche comuni di media grandezza, quali Chiavari e Lavagna, stanno attivando la RD porta a porta raggiungendo il 70% in tempi brevi (mesi); − persino comuni tipicamente turistici, come Levanto, sono riusciti recentemente a superare in breve tempo il 65%, eliminando i cassonetti stradali e le isole interrate, con una totale riorganizzazione del servizio gestito direttamente dal comune, mantenendo le tariffe precedenti mentre i comuni limitrofi le aumentavano in presenza di un cattivo servizio e aumentando di varie unità i posti di lavoro fissi; − per quanto riguarda Genova, si cita l'esperienza di progetto pilota "Porta a Porta" attivata anni or sono tramite un tavolo di lavoro partecipato da Comune di Genova, AMIU, Italia Nostra, Legambiente e Amici del Chiaravagna che ha prodotto, seppure a fronte di una realizzazione parziale del progetto, su un'area " oltre 17.000 abitanti: 10.000 a Pontedecimo e 7.000 a Sestri Ponente.", un risultato tale per cui la "raccolta differenziata si è attestata al 45-50%. Un dato molto significativo, che corrisponde a “oltre 150 camion in meno diretti verso la discarica di Scarpino." (fonte: 9 http://www.amiu.genova.it/minisites.php?idcrypt=8A1HgNS1tqcRbQAAiOxKiIsvtWkH0f00VkNs9Mkkhuo) come descritto nella “Relazione finale per il Progetto Pilota di raccolta differenziata di tipo domiciliato a Sestri Ponente e Pontedecimo (2008-2009) (disponibile qui: http://nuke.amicidelchiaravagna.it/Portals/0/Doc/Relaz%20Finale%20Progetto%20Pilota%20Fin.pdf ). − In Italia, per quanto riguarda obiettivi più ambiziosi di RD, raggiungibili in breve tempo da comuni capoluogo, si cita l'esempio di Salerno (131mila abitanti, densità abitativa media 2231 ab/km²). Salerno si caratterizza per aree ad altissima densità abitativa con strutture edilizie verticali, un centro storico con viabilità e spazi pubblici ridotti e un'area a forte flusso turistico. Ad aprile 2008 è partito il nuovo piano di raccolta differenziata di tipo domiciliare spinto, e da luglio 2008 a ottobre 2009 il servizio è stato attivato sul 100% della città. Partendo da RD al 14% si è passati al 70% in 16 mesi. OSSERVAZIONE 3) La distribuzione dei comuni liguri rispetto alla percentuale di RD al 2012 (esclusi i capoluoghi di provincia) è la seguente n. comuni liguri In provincia IMPERIA sotto Tra 25% Tra 35% Tra 45% Sopra 25% e 35% e 45% e 65% 65% 124 61 24 17 5 classe 1 32 11 0 2 0 In provincia SAVONA classe 2 classe 1 12 12 5 12 3 8 1 1 0 2 In provincia GENOVA classe 2 classe 1 9 23 12 6 3 1 6 0 3 0 In provincia LA SPEZIA classe 2 classe 1 18 8 6 3 7 2 5 0 0 0 classe 2 10 6 0 2 0 Percentuale. RD nel 2012 Tot 231 45 21 35 33 30 36 13 18 Come si può vedere l’ 80% dei comuni è al di sotto del 35%. Se si simulano due scenari − RD al 35% minimo raggiungibile con raccolta stradale senza umido, − RD al 50% obiettivo massimo raggiungibile attraverso raccolta mista secco/umido. incr % al 35% incr t al 35% incr % al 50% incr t al 50% Provincia di IMPERIA Provincia di SAVONA Provincia di GENOVA Provincia di LA SPEZIA tot 6,8 9345 20,81 28341 4,1 7644 14,5 27051 1,9 9627 6,7 33174 6,4 8026 14,99 18797 34642 107363 Si osserva che l’incremento della RD sulla produzione di rifiuti andrebbe dal 3,6% al 11,9%. Per i capoluoghi di provincia i dati al 2012 risultano Incr. % RD al 35% 13,79 IMPERIA SAVONA GENOVA LA SPEZIA Incr. % RD al 50% Incr. t RD al 50% 3021 28,7 6306 11,69 3762 26,6 8588 1,73 5636 16,7 54505 0 12,7 0 tot Incr. t RD al 35% 12419 6075 75474 10 con un incremento della RD sul totale della produzione di rifiuti dal 2,9% al 17,6%. Se si considera che i comuni capoluogo incidono per il 46% sul totale della produzione di rifiuti, si può affermare che un incremento del 14% sul totale della produzione rifiuti, quasi sufficiente a raggiungere il 50% programmato per il 2016 è ottenibile con la sola raccolta mista secco/umido anche se domiciliare. Limitarsi a porre questi obiettivi equivale a non volere intervenire sulle cause dell’attuale situazione non sostenibile per l’ambiente, le tariffe, la salute, i posti di lavoro. Infatti lasciare che il 50% dei rifiuti continui a rimanere indifferenziato, vuol dire continuare una gestione che privilegia grossi impianti di discarica o di TMB per la produzione di CSS che possono dar luogo a buoni profitti per chi li gestisce, ma con costi esterni per la salute, l’ambiente e conseguenti problemi sociali che la regione Liguria dovrebbe considerare attentamente prima di diventarne corresponsabile. I grossi impianti sono funzionali ad un processo di concentrazione monopolistica da parte di grandi gruppi privati e semi-privati (IREN e simili) con espropriazione del ruolo delle aziende pubbliche locali in contrasto con l'esito del referendum detto dell'acqua, ma in realtà relativo a tutti i servizi pubblici. OSSERVAZIONE 4) Il PRGRL, inoltre, afferma che “La composizione merceologica del “rifiuto prodotto” e la resa di intercettazione per frazione (ovvero la percentuale di singola frazione intercettata attraverso la raccolta differenziata rispetto al quantitativo della stessa frazione presente nel rifiuto prodotto) sono due parametri fondamentali per valutare i margini di incremento della raccolta differenziata per ciascuna frazione e per individuare le frazioni su cui focalizzare le azioni di miglioramento per raggiungere gli obiettivi attesi.” “Dovranno essere intraprese opportune azioni per portare la quantità di frazione umida intercettata dalla RD dal 18% attuale ad oltre il 30%, ma soprattutto traguardare l’obiettivo delle circa 185.000 tonnellate al 2020.” In realtà, intercettando la frazione umida che equivale al 38% di RUR, pari al 26% della produzione totale di rifiuti, si possono raggiungere percentuali molto vicine al 65%. La sola proposta di rendere obbligatoria la produzione di compost domestico nei comuni di classe 1 equivale ad intercettare il 3%, obiettivo raggiungibile entro il 2016 e sicuramente completabile negli anni successivi. Proponiamo di migliorare l’obiettivo con questa rimodulazione 2012 2016 2018 2020 % RD su totale rifiuti incremento % RD rimodulato 32 50 18 65 15 70 5 L’accelerazione proposta nel raggiungere gli obiettivi di RD − migliorerebbe il risultato, allineando la Liguria alle regioni del Nord Italia, − risponderebbe all’urgenza di diminuire smaltimento di indifferenziato in discarica. Il confronto con altre regioni evidenzia l’atteggiamento poco coraggioso del PRGRL, a titolo di esempio si riportano alcuni dati di sintesi al 2012 e relativi agli obiettivi regionali. 11 La tabella sopra riportata evidenzia la condizione di arretratezza in cui si trova la regione Liguria, che appartiene all’area del nord Italia, ma realizza raccolta differenziata paragonabile alle regioni del Centro e inferiori alla media nazionale e che richiede provvedimenti sostenibili che consentano di accelerare il più possibile di recuperare i ritardi accumulati. Questa situazione rende sicuramente più complesso raggiungere percentuali molto superiori a quanto previsto dalla normativa, anche se su un lungo periodo e basando le scelte necessarie su esperienze consolidate e affrontando il problema in modo globale (riduzione, riuso). A titolo di esempio si riportano dati ricavati dal rapporto ISPRA e dai piani regionali. %RD Toscana Emilia Romagna al 2012 40,0 50,7% al 2020 70% 70% Veneto Puglia 62,6% 18,3% 70% 65% dalle circa 900.000 t/a attuali a circa 1,7 milioni di t/a capoluogo-costa 67% (+17% rispetto ad oggi) montagna 60% (+15%) pianura 75% (+18%) Regioni come l’Emilia Romagna e il Veneto, partendo da situazioni prossime al 65% possono programmare azioni rivolte al miglioramento del sistema e concentrarsi maggiormente sulla riduzione e il riuso, altre regioni non si limitano a porsi obiettivi ambiziosi e, dall’analisi dei loro piani, si vede come sviluppano strategie di gestione del ciclo integrato dei rifiuti su più fronti strettamente connessi. OSSERVAZIONE 5) Per quanto riguarda le discariche, infine, il PRGRL afferma che “ il sistema ligure complessivamente non sia sottoposto, nel breve termine, al rischio di incorrere in situazioni di emergenza, data la volumetria ancora a disposizione degli impianti esistenti, che risulta in oggi compatibile con le tempistiche connesse alla realizzazione degli impianti oggetto del presente Piano.” Osserviamo che i recenti problemi indotti dallo sversamento di percolato in alcune discariche dimostrano che la capacità quantitativa di accogliere rifiuti in discarica non garantisce da 12 problemi ambientali e di salute pubblica e solo la diminuzione dello smaltimento è garanzia di sostenibilità del sistema. OSSERVAZIONI Obiettivo3 - Favorire le attività di recupero, conseguendo gli obiettivi fissati a livello comunitario (50% del rifiuto prodotto al 2020) Il PRGRL dichiara “L’enfasi posta dalla Direttiva comunitaria 98/2008 sulla gerarchia dei metodi di trattamento dei rifiuti impone ora, rispetto al quadro di esperienze fin qui consolidato, un radicale ampliamento di prospettiva. La Direttiva comunitaria infatti non stabilisce obiettivi quantitativi di raccolta differenziata da raggiungere, ma impone traguardi relativi al riutilizzo ed al riciclaggio dei rifiuti, con implicita valorizzazione dei fini ultimi della raccolta differenziata, collegati a considerazioni non solo quantitative, ma anche qualitative e ritenuti elementi aventi specifico rilievo sotto il profilo economico.” Osserviamo che in realtà non si tratta solo di un ampliamento di prospettiva ma di una reale inversione di tendenza che, modificando la gerarchia di gestione, pone al centro del sistema riciclaggio, recupero di materia, e riuso come contrasto alla filosofia dell’ “usa e getta” che è una delle ragioni della crescita incontrollata della produzione di rifiuti. Il PRGRL definisce i seguenti obiettivi 2016: Definizione indice di recupero, 2020: 50% rifiuti urbani avviati a riciclaggio calcolati secondo metodo standard. Gli indicatori sono indicatore principale: quantitativo di rifiuto gestito dai consorzi di filiera (tonn/anno); altri indicatori: definizione indice di recupero, n. protocolli di intesa promossi, n. di comuni convenzionati, abitanti convenzionati, rifiuti raccolti pro capite. Osserviamo che risultano inadeguati e troppo dilatati nel tempo gli obiettivi citati nella azione C11: abitanti convenzionati (obiettivo +15%rispetto al 2012), rifiuti raccolti pro capite (obiettivo +35% rispetto al 2012). OSSERVAZIONE 1) Il PRGRL si concentra solo sul riciclaggio e non contempla il riuso, risultando così poco incisivo e per nulla innovativo. A) Il riciclaggio Il PRGRL si concentra sulla descrizione dello scenario e delle azioni da intraprendere ma non fissa obiettivi quantitativi chiari, subordinando al successo della RD il raggiungimento dell’obiettivo finale (50% di riciclaggio al 2012). L’adozione del metodo standard, che coincide con il metodo 2 (una delle quattro metodologie proposte dalla Decisione della Commissione Europea 2011/753/UE), includendo come frazioni da conteggiare esclusivamente carta e cartone, plastica, metalli, vetro, legno e frazione organica, può avvenire da subito ed essere oggetto di successive revisioni (in accordo all’obiettivo 2016). Dalla tabella seguente si evince come la Liguria sia al di sotto delle medie nazionali e distante dall’area di riferimento del Nord Italia, su un aspetto fondamentale quale quello della % di popolazione convenzionata con i consorzi di riciclo. ITALIA NORD ITALIA LIGURIA Acciaio (Ricrea) 78% 80% 45% Alluminio (Cial) 75% 72% 74% Carta (Comieco) 85% 79% 69% Legno (Rilegno) 71% 87% 68% Plastica (Corepla) 96% 97% 93% Vetro (Coreve) 84% 84% 71% 13 Dal confronto tra le quantità gestite dai consorzi CONAI rispetto al totale del raccolto per l’anno 2012, si evince che solo un ampliamento significativo della copertura della raccolta potrà consentire il raggiungimento dell’obiettivo al 2020 Osserviamo che l’assenza di obiettivi specifici, legati alle diverse tipologie di rifiuto e la dipendenza totale dal buon esito della RD non porta alla definizione di efficaci azioni a supporto. A1. Proponiamo alla Regione Liguria di aderire alla richiesta dell’Associazione dei Comuni Virtuosi di rinegoziare gli accordi ANCI-CONAI con lo scopo di ridefinire i contributi versati dai produttori di imballaggi e coprire con questi i maggiori costi dei comuni per la RD. (fonte http://www.comunivirtuosi.org/index.php?option=com_k2&view=item&layout=item&id=2494&Itemid=676) A2. Proponiamo la costituzione di piattaforme di raccolta che agiscano da intermediari per lo stoccaggio di materiali destinati al riciclaggio (vedi progetto “Compro rifiuti” che coinvolge le scuole di Sestri Levante e la Val Petronio come produttori di rifiuti e il Comitato 4 Valli come intermediario per la vendita del materiale raccolto). A3. Proponiamo la gestione diretta delle piattaforme per la raccolta e la vendita delle frazioni differenziate da parte di Aziende Speciali Pubbliche dei Comuni o, meglio, di Consorzi di comuni, scelta che potrebbe migliorare sensibilmente la qualità delle frazioni raccolte separatamente, in quanto riappropriarsi dei ricavi di vendita dei materiali riciclati potrebbe consentire ai Comuni di autofinanziare l’attività di raccolta. In altre parole non ci sarebbero più sempre e solo costi da sostenere per raccolta, trasporto e smaltimento di rifiuti ad appesantire i piani finanziari, ma anche ricavi dalla valorizzazione delle materie prime seconde. E questo si tradurrebbe poi in vantaggi per i cittadini attraverso l’adozione di una TARIFFA PUNTUALE. B) Il riuso Nel decreto direttoriale del 7 ottobre 2013, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ( Programma Nazionale di Prevenzione dei Rifiuti), afferma che “Il riutilizzo nelle sue diverse forme ricopre un ruolo fondamentale e rientra a pieno nel campo della prevenzione. Nell’ordinamento nazionale, il riutilizzo dei prodotti stabilisce che le Pubbliche Amministrazioni debbano promuovere iniziative dirette a favorire il riutilizzo dei prodotti. Il Ministero dell’Ambiente sta elaborando decreti attuativi che definiscano le modalità operative per la costituzione e il sostegno di centri e reti accreditati di riparazione/riutilizzo di prodotti e rifiuti di prodotti che possono essere sottoposti, rispettivamente, a riutilizzo.” 14 In uno studio della regione Umbria sulla tipologia di rifiuti conferiti nelle isole ecologiche regionali emerge che i materiali post-consumo che possono essere riutilizzati, mantenendo forma e destinazione d’uso originarie è pari al 52%, e in particolare: − 34% dei “rifiuti” conferiti è riusabile (filiera di riferimento i rigattieri e i negozi in conto terzi), − 18% degli scarti delle piattaforme è riusabile (pannelli di legno massello, porte, accessori per edilizia). Trattandosi prevalentemente di oggetti di grosse dimensioni, queste percentuali (riferite al numero di pezzi e non al peso) non possono essere valutate come rappresentative dell’intero flusso dei RSU, ma possono rappresentare una significativa riduzione dello smaltimento. OSSERVAZIONE 2) si deve prevedere l’analisi dei rifiuti conferiti nelle isole ecologiche, potenziare l’operatività delle stesse con l’obiettivo di una gestione sostenibile degli scarti, ed una graduale uscita dalla “inciviltà dell’usa e getta e dello spreco”. Lo scopo principale è prolungare il ciclo di vita di un bene oltre le necessità del primo utilizzatore e ridurre la quantità di rifiuti da avviare a smaltimento, con un minore impatto ambientale ed una potenziale redditività. Attivando “centri per il riuso e la riparazione”, presso isole ecologiche strategiche, individuate per ambiti territoriali, collegate ad altre isole di raccolta, come centri di smistamento intermedi (vedi osservazione puntuale 3.1) Va posta particolare attenzione ai rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE). Il decreto direttoriale del 7 ottobre 2013, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ( Programma Nazionale di Prevenzione dei Rifiuti), introduce misure specifiche sui Raee e afferma che “I Raee sono tutti quei rifiuti che derivano dalla dismissione delle apparecchiature elettriche ed elettroniche che dipendono, per il corretto funzionamento, da correnti elettriche o da campi elettromagnetici. Misura I: Misure relative alla progettazione di apparecchiature elettriche ed elettroniche più durevoli o più facilmente riparabili e/o riutilizzabili; Misura II: Misure volte a favorire la creazione di centri per la riparazione e il riutilizzo delle apparecchiature elettriche ed elettroniche.” Si propone quindi la costituzione di “Centri di recupero RAEE” inserita nel PRGRL, sia per la valenza del corretto trattamento di questa tipologia di rifiuto, sia per la ricaduta economica, occupazionale e sociale che questa forma di riuso può rappresentare. In particolare i piccoli elettrodomestici e i Personal computer rappresentano settori di grande interesse e utilità sociale. (Vedi osservazione puntuale 3.2) Si propone, inoltre, la costituzione di un Centro di ricerca e di ri-progettazione che si proponga come luogo di analisi, sperimentazione e monitoraggio, e coinvolga università, scuole primarie e secondarie, enti di ricerca, privati. Il modello da seguire è quello del comune di Capannori, primo esempio di CENTRO DI RICERCA E RIPROGETTAZIONE RIFIUTI ZERO in Europa. Nella realtà ligure si può pensare di caratterizzare le attività di questo Centro, viste le specificità di una regione interamente affacciata sul mare e che vive di una economia legata ad esso, sia in ambito produttivo (porti, cantieristica) che turistico, diventando punto di riferimento per tutte le aree costiere del paese. (vedi osservazione puntuale 3.3) Per le osservazioni puntuali si rimanda alle schede sottoelencate Codice scheda 3.1 3.2 3.3 Argomento Centro per riuso e riparazione di beni durevoli Centro per il riuso RAEE Centro di ricerca Osservazione puntuale 3.1 riguardante l’elaborato PRGRL sez1 Oggetto: Centri di riuso e riparazione di beni durevoli 15 Considerato che la direttiva 2008/98 CE “ribadisce, ed integra, la cosiddetta gerarchia dei rifiuti: prevenzione o riduzione della produzione e della nocività dei rifiuti, preparazione per il riutilizzo, riciclaggio e recupero. Ai sistemi di smaltimento in discarica viene riservato un ruolo esclusivamente residuale.” Il PRGRL deve essere integrato da misure finalizzate alla creazione di centri di riuso e riparazione che abbiano come finalità l’ottimizzazione del riutilizzo di beni usati non ancora a fine vita, permettendo il loro ritorno in circolazione e garantire un recupero di materia dalle parti non più riutilizzabili. Si osserva che un centro di riuso e riparazione può costituire una occasione di sviluppo per il territorio, coinvolgendo imprese di integrazione sociale che lavorano con gruppi svantaggiati (come, ad esempio, i disoccupati di lungo periodo, formati sugli specifici skill utili alla riparazione) e svolgere contemporaneamente una funzione sociale, mettendo a disposizione beni a basso costo (o gratuiti) a fasce di cittadini in difficoltà. A. La raccolta delle merci da reimpiegare può avvenire all’ingresso delle isole ecologiche, dove prevedere un magazzino per eventuali riparazioni o restauri in coordinamento con la RD, intercettando beni, non ancora consegnati in qualità di rifiuti utilizzando un metodo porta a porta, spesso già presente per gli ingombranti. B. La distribuzione dei beni può avvenire direttamente e gratuitamente ai cittadini agli operatori dell’usato, privilegiando la vendita all’ingrosso piuttosto che quella diretta, per evitare di danneggiare il settore dell’usato. Gli operatori dell’usato garantiscono potenzialmente l’assorbimento di grandi volumi, poi destinati a canali di vendita al dettaglio consolidati. C. La gestione del Centro deve essere pubblica nelle forme previste dalla normativa (es azienda speciale di diritto pubblico) e basata su finanziamenti derivanti dal risparmio sullo smaltimento dei beni e dalla vendita. D. L’organizzazione richiede alcune condizioni, elencate a titolo esemplificativo e non esaustivo: accessibilità ai mezzi di trasporto; accesso all’utenza (consegna e ritiro, se previsto) limitato a orario e giorni di apertura del Centro; coordinamento stretto tra Centro e sistema raccolta differenziata; presenza di un operatore per verificare condizioni del bene raccolto, con controllo di funzionalità; informatizzazione della gestione del magazzino di stoccaggio e della consegna dei beni, per consentire il coordinamento tra i Centri e facilitare l’accesso del cittadino (prenotazione, ritiro, catalogo); possibilità di avviare a trattamento in impianti autorizzati un bene che risulti non richiesto; creazione di una rete regionale per favorire l’incontro fra domanda e offerta e la cooperazione a livello di ATO. Osservazione puntuale 3.2 riguardante l’elaborato PRGRL sez1 Oggetto: Centri di riuso di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE). Si propone la creazione di centri specializzati nel riutilizzo di apparecchi RAEE di piccole dimensioni (es piccoli elettrodomestici) e personal computer nell’ambito della creazione di centri di riuso e riparazione. Per questi centri specializzati valgono le considerazioni della Osservazione puntuale 3.1. 16 Vantaggi ambientali e sociali − riduzione dello smaltimento di rifiuti molto critici per l’ambiente con costo elevato, − contrasto alla filosofia “usa e getta” molto sviluppata in settori merceologici ad alto contenuto tecnologico, che, in nome di un costante, spesso inutile, miglioramento di prestazioni, causa veloce obsolescenza, − permettere a fasce di consumatori esclusi di accedere a beni ancora utilizzabili, − favorire la formazione tecnologica nella scuola, spesso carente di risorse adeguate. I centri RAEE possono coincidere con i centri di riuso e riparazione, ma con la specificità delle competenze necessarie alla riparazione/rigenerazione dei RAEE. Dovranno contare su laboratori attrezzati e personale specializzato, professionisti del settore, che mettano a disposizione competenze e tempo. Potranno convenzionarsi con associazioni similari o promuoverne la crescita, raccogliere attrezzature informatiche dismesse e consegnarle per la loro rigenerazione e riuso. Esistono già esperienze molto avanzate di volontariato che vanno sostenute e diffuse sul territorio regionale. Come esempio di buona pratica, si cita il Progetto Scuola che vede impegnata l’Associazione per le Libertà Informatiche e Digitali (ALID). “Il Progetto Scuola è stato pensato per venire incontro a tutte le scuole, di ogni ordine e grado, che desiderino allestire o potenziare un'aula informatica”. Tra le attività di progetto è previsto “favorire il recupero di hardware in disuso attraverso l'utilizzo di software libero” (fonte sito ALID). I volontari di ALID conducono una ricognizione preliminare sulle macchine e sulle attrezzature presenti nella scuola in cui intervengono, evidenziando la necessità di sostituire o reperire nuove macchine o nuovi apparati. ALID contatta altre associazioni che si occupano di hardware dismesso, recupera ciò che è necessario, lo configura utilizzando software libero e conduce test per assicurarne il funzionamento. A corredo di tale osservazione si cita la seguente documentazione: 1. https://www.cdcraee.it/GetHome.pub_do 2. http://www.alid.it/ Osservazione puntuale 3.3 riguardante l’elaborato PRGRL sez1 Oggetto: Centro di ricerca e riprogettazione Considerato che il PRGRL traguarda un lungo periodo e affronta una realtà sicuramente non all’avanguardia nella gestione rifiuti, osserviamo che due aspetti favoriscono la sperimentazione di nuove metodiche. Si propone la costituzione di un Centro per la ricerca e la riprogettazione rifiuti zero, con l’obiettivo di analizzare il rifiuto residuo e sperimentare nuove tecniche di trattamento e riprogettazione, utili a favorire un maggior recupero di materia. Il Centro, realizzato sul modello di quello esistente a Capannori, si deve caratterizzare rispetto alle specifiche problematiche di un territorio caratterizzato dal rapporto col mare (porti, cantieristica, turismo) e, in questo senso, può diventare riferimento per iniziative a livello nazionale. Il compito del Centro è di studiare e analizzare la frazione residua indifferenziata per comprenderne le problematiche relative al riciclo e al recupero di materia, per produrre un feedback a supporto di − ulteriori azioni di selezione per ridurre lo smaltimento, con recupero di eventuale frazione organica residua ancora presente, o materiali cartacei, vetro, metalli, tessuti o beni riparabili e riusabili; 17 − − iniziative di informazione e sensibilizzazione per migliorare ulteriormente il sistema di RD; iniziative finalizzate (anche ai sensi del D. Lgs. 205/2010 dell’Art.3) a coinvolgere la responsabilità estesa dei produttori spingendoli a modalità di progettazione in grado di risolvere il problema da loro generato; − sostituzione di prodotti usa e getta spesso contenuti in imballaggi plastici e/o in tetrapak, che, pur potenzialmente riciclabili rappresentano un’impronta ecologica insostenibile; un graduale processo di riprogettazione va affrontato in sinergia con il comparto industriale in modo da ottenere miglioramenti nei processi di produzione. Il Centro deve diventare luogo di cooperazione tra enti diversi, quali università, agenzie per l’ambiente, scuole primarie e secondarie, privati, capaci di sviluppare progetti di ricerca e attirare finanziamenti pubblici e privati governato da un Comitato tecnico-scientifico di esperti del settore rifiuti. Il Centro deve operare in sinergia con tutte le iniziative presenti sul territorio ligure a tutela dell’ambiente e della salute e dare un importante contributo alle azioni già intraprese nel progetto Genova SmartCIty. A corredo di tale osservazione si allega la seguente documentazione: 1. Rifiuti Zero - una rivoluzione in corso. Ediz. Dissensi. Paul Connett. 2012. 2. http://ec.europa.eu/environment/ecoap/about-eco-innovation/good-practices/eu/20131204zero-waste_en.htm 3. http://www.rifiutizerocapannori.it/rifiutizero/progetto-centro-di-ricerca/ OSSERVAZIONI OBIETTIVO 4 - Conseguire l’autonomia di gestione del rifiuto: scenari degli impianti. Nel PRGRL si afferma a proposito di Soluzioni impiantistiche ottimali, che occorre “ pianificare un ciclo di gestione dei rifiuti virtuoso finalizzato principalmente al recupero di materia e in secondo luogo al recupero di energia”, come prevede la gerarchia delle direttive europee. Tale affermazione è ribadita: “Scopo del Trattamento Meccanico Biologico (TMB) è recuperare un’ulteriore parte di materiali, ridurre il volume del materiale in vista dello smaltimento finale e stabilizzare il rifiuto organico putrescibile” Ma poi si scrive: “Identificazione delle soluzioni impiantistiche per il TMB dei rifiuti residui, con particolare riguardo alla frazione organica ... La tipologia ed estensione dei processi deve essere pertanto funzionale all’ottenimento degli obiettivi che sono: ottimizzare il recupero di materia dal residuo secco da avviare a riciclo (metalli ferrosi e non ferrosi, carta, plastica ecc); produrre CSS dalla frazione secca del rifiuto da avviare al recupero energetico. produrre una frazione organica da avviare alternativamente: direttamente a digestione anaerobica con produzione di energia; a stabilizzazione per interventi di ripristino ambientale, o, quale opzione alternativa, alla discarica; in ultima ipotesi, per produzione di CSS da avviare a recupero termico dopo bioessicazione e raffinazione;” 18 OSSERVAZIONE 1) Osserviamo che in realtà nelle proposte operative del piano relative ai TMB il recupero di materia scompare, mentre viene considerato esclusivamente il recupero energetico tramite preparazione di CSS (Combustibile Solido Secondario). Infatti: “le opzioni principali riguardano la possibilità di utilizzare il CSS in impianti di co-combustione, in linea con quanto previsto dalla normativa di riferimento. La possibilità di realizzare un unico impianto di valorizzazione energetica dedicato potrà essere solo successivamente valutata alla luce degli sviluppi legislativi nazionali (eventuale definizione del fabbisogno di impianti di termovalorizzazione rifiuti a livello nazionale) e dell’evoluzione dei parametri della produzione dei rifiuti”. In altri termini: si pensa di produrre CSS per processi di co-combustione nei cementifici o nelle Centrali Termo Elettriche non si esclude la possibilità di un inceneritore funzionante a CSS, sicuramente molto migliorativo rispetto all'ipotesi di un inceneritore a griglia che bruci il tal quale dal punto di vista dell'inquinamento atmosferico, ma che comunque rimane altamente inquinante e in contraddizione rispetto alla necessità di recuperare materia non si prevede recupero di materia da TMB in contraddizione con quanto affermato nelle premesse. Quest'ultima affermazione deriva dallo schema a blocchi di fig. 34 dove dal sopravaglio – frazione secca – dei RUR (rifiuti urbani residui o post RD) si prevede unicamente la produzione di CSS, ma non il recupero di materia (carta, plastica, ecc.). OSSERVAZIONE 2) Osserviamo che in un mondo finito la disponibilità di materie prime non è infinita per cui il recupero di materia è una priorità assoluta, come ribadito dalle direttive CE. Non a caso, come richiamato nel Piano dei rifiuti, la Commissione Europea invita “ad abolire … entro la fine di questo decennio l'incenerimento dei rifiuti riciclabili e compostabili.” OSSERVAZIONE 3) Ricordando che la strada principe per il recupero di materia è la RD, che può essere spinta anche molto oltre ai minimi di legge, soprattutto al di fuori delle grandi città (ricordiamo che la provincia di Treviso è all'80% ), osserviamo che a) la RD viene di fatto scoraggiata dalla produzione di CSS b) non si deve escludere il recupero di materia anche dalla frazione residua. La combustione del CSS altro non è che una modalità differita di incenerimento che non può quindi essere applicata ai rifiuti riciclabili o compostabili, in base alle norme europee. Essendo il CSS costituito essenzialmente di carta e plastica ed essendo queste riciclabili, la sua produzione non rispetta la normativa. OSSERVAZIONE 4) Osserviamo inoltre che va considerata l'effettiva possibilità di utilizzo del CSS. Nell'allegato 1 si specifica che: “ il CSS con determinate caratteristiche e con la dichiarazione di conformità, cessa di essere rifiuto se destinato a recupero per produzione di energia termica o elettrica in: Cementifici con capacità produttiva > 500 ton/g di clinker in regime di AIA e certificato ISO 14001 ovvero EMAS 19 Centrali Termoelettriche (CTE ) con potenza termica > 50 MWt in regime di AIA e certificato ISO 14001 ovvero EMAS.” Il fatto che il CSS cessi di essere rifiuto per diventare un combustibile (DM 14/2/13) è fonte di preoccupazione, perché è evidente il rischio di perderne la tracciabilità e quindi l'utilizzo non consono. OSSERVAZIONE 5) Osserviamo che l'Italia è una delle maggiori produttrici di cemento nel mondo e la prima in Europa. Gran parte dei cementifici italiani sono dotati di un impianto di trattamento fumi costituito da elettrofiltri, con emissione di polveri piuttosto alta (50 mg/Nm3). OSSERVAZIONE 6) Osserviamo in aggiunta che spesso la marcia dei forni da cemento non è regolare per motivi intrinseci al processo e legati alla inevitabile presenza di impurità nelle materie prime. All'interno dei forni rotanti si formano degli anelli che impediscono il regolare deflusso del clinker da cemento per cui periodicamente si hanno le c.d. “mandate”. Durante questa fase i parametri di combustione si alterano con formazione di CO, che sottoposto ai campi elettrici degli elettrofiltri si combina in CO2 con reazione esplosiva. Per evitare tali esplosioni a monte degli elettrofiltri è posto un analizzatore di CO che nel caso di superamento di una soglia prefissata toglie corrente agli elettrofiltri. Questo comporta che periodicamente si hanno emissioni incontrollate dai camini dei cementifici. E' possibile che i cementifici con certificazione ISO 14000 abbiano dei sistemi di depurazione fumi basati su filtri a maniche che non presentano l'inconveniente sopra ricordato oltre a garantire una emissione più bassa (10 mg/Nm3). Tuttavia l'esperienza dell'AIA dell'ILVA di Taranto ci dice che questo strumento non sempre garantisce l'applicazione della miglior tecnologia disponibile. OSSERVAZIONE 7) Osserviamo che in ogni caso la combustione di CSS da origine a stessi inquinanti che abbiamo dagli inceneritori (metalli pesanti e diossine). Ricordiamo che bastano poche tracce di cloro per avere la formazione di diossine, favorita dalla presenza del precalcinatore dove i fumi che preriscaldano le materie prime si abbassano progressivamente di temperatura entrando nel range di produzione delle diossine (450-200 °C), per cui l'uso del CSS in cementifici comporta rischi ambientali superiori a quelli dell'uso degli inceneritori. Certamente se i cementifici si dotassero di impianti di depurazione fumi analoghi a quelli degli inceneritori la situazione non peggiorerebbe rispetto a questi, ma: dov’è la convenienza economica per un cementiere di dotarsi di costosi sistemi di trattamento fumi per poter utilizzare una quota (il 20-30 %) di CSS? a che prezzo è disposto ad acquistarlo? O piuttosto non vorrà essere pagato come smaltitore? In conclusione o il CSS è inviato a cementifici con impianti di depurazione spinti, quali quelli indicati dalle BAT del 26/3/13, ma in questo caso è dubbia la convenienza economica per il gestore del cementificio, o è inviato a cementifici con sistemi di depurazione standard con gravi rischi di inquinamento della popolazione. A ciò va aggiunto che nel cemento prodotto si ingloberebbero le ceneri tossiche prodotte dalla combustione dei rifiuti, incrementando il rischio professionale e sanitario legato al suo utilizzo. 20 OSSERVAZIONE 8) Osserviamo che per le CTE vale un ragionamento analogo. Quasi tutte le CTE sono dotate di semplici elettrofiltri con valori di emissioni di polveri piuttosto elevati. Nel caso di uso del CSS avremo emissioni di metalli pesanti e di diossine sia allo stato solido che gassoso, anche veicolati con le polveri. Ricordiamo che il CSS è caratterizzato solo dalla percentuale di cloro e di mercurio, ma non da altri inquinanti. Non è pensabile di dotare le CTE di impianti di trattamento delle diossine stante le portate di fumi in gioco di un ordine di grandezza superiori a quelle degli inceneritori (106 m3/h delle CTE contro i 105 m3/h degli inceneritori) Il rischio in questo caso è quello di un effetto di diluizione per cui formalmente si rispetteranno i limiti di emissione – espressi in concentrazione – ma la portata in massa di inquinanti sarà superiore ancora una volta a quella di un inceneritore. OSSERVAZIONE 9) Osserviamo che si andrà ad aggravare la situazione sanitaria delle popolazioni attigua alle centrali, già compromessa come dimostra la messa sotto accusa da parte della magistratura della Centrale Tirreno Power di Vado Ligure. OSSERVAZIONE 10) Osserviamo che il D.Lgs. 133/05 nel fissare i limiti di emissione a camino per gli impianti di co-incenerimento (All. 2, par. A) non fissa limiti alle emissioni nè delle diossine, nè dei metalli pesanti, per cui non vi è alcuna tutela rispetto a questi inquinanti per la popolazione e per l'ambiente. La nostra PROPOSTA è che il TMB sia mirato alla massimizzazione del recupero di materia, con separazione secco-umido e l'invio dell'umido ad impianto di digestione anaerobica. A) Per il residuo secco si possono ad oggi immaginare più strade: 1) l'adozione di tecnologie di valorizzazione del sopra-vaglio secondo sistemi combinati di selezioni ottiche, magnetiche e balistiche, abbinate a processi di densificazione/estrusione per la massimizzazione dei recuperi, come già oggi praticato in diversi impianti in Italia ed in corso di progettazione in diversi altri contesti, secondo il concetto delle cosiddette "Fabbriche dei Materiali". Tali tipi di impianti sono in grado di massimizzare i recuperi di materia dal RUR, includendo nei recuperi di materia anche le frazioni leggere eterogenee (ma essenzialmente cartacee e plastiche), altrimenti destinate a CSS. Peraltro, il recupero come materia dà luogo a introiti (variabili a seconda dei materiali, e massimi per i polimeri da selezioni ottiche come HDPE e PET) mentre l'avvio del CSS a co-incenerimento o ad inceneritori dedicati comporta costi di conferimento (tipicamente, da 30 a 60 Eur/t tra trasporto e conferimento, ancora più elevati nel caso di conferimento a inceneritori dedicati). 2) L'adozione della tecnologia Vedelago o similare, azienda (privata) che tratta il residuo secco post RD della provincia di Treviso, oltre che la plastica da RD. In particolare la sezione che si occupa del trattamento del residuo secco – composto in maggioranza da plastiche varie – dopo triturazione e demetallizzazione prevede una estrusione del materiale a formare una sabbia sintetica che trova applicazione nel settore dell'industria edile nell'industria delle plastiche. Nel 2008 la sabbia era remunerata 30-80 €/t. 3) La messa in discarica. Un rifiuto secco e compattato non da origine ai fenomeni di inquinamento tipici delle attuali discariche alimentate con rifiuto “tal quale”; si può invece considerare come un deposito temporaneo in attesa di una ulteriore evoluzione delle tecniche di riciclaggio. Inoltre è probabilmente la forma meno costosa di smaltimento. 21 B) Per la frazione organica putrescibile (umido) proveniente da TMB si concorda con quanto previsto nel piano solo per l’invio ad un impianto di digestione anaerobica, ma non per la valorizzazione energetica della FOS (frazione organica stabilizzata) o del biogas. Il piano infatti prevede: “Viste le considerazioni precitate riguardo al bilancio dei gas serra, la frazione organica in gran parte contenuta nel sottovaglio, dopo il processo di separazione meccanica, dovrà essere preferibilmente trattato in impianti di digestione anaerobica con recupero di energia dal biogas. Il digestato proveniente da una frazione organica “sporca” deve essere successivamente sottoposto a stabilizzazione, maturazione e raffinazione, al fine della produzione di FOS. Considerata però la attuale limitata possibilità effettiva di impiego della FOS sia come ripristini ambientali che come ricopertura delle discariche, in via opzionale, andranno valutate soluzioni alternative alla messa a discarica quali la valorizzazione energetica. In questo caso la digestione anaerobica con produzione di energia può essere seguita da bioessicazione e raffinazione, fasi necessarie a ridurre il contenuto di inerti e aumentare il potere calorifico (generalmente inferiori a 13.000 kj/kg) e pertanto a migliorare le caratteristiche di combustione del prodotto. Si è ritenuto opportuno privilegiare le tecnologie con elevata flessibilità del parco impiantistico individuato, in modo da renderlo compatibile, per quanto possibile, sia con uno scenario di RD minima (pari al 50% del totale dei RU prodotti), sia allo scenario a regime con RD pari al 65%.” B1) Osserviamo che la frazione umida derivante dai processi di vagliatura contiene ancora residui della frazione secca, poiché non è pensabile avere una separazione secco-umido con rese del 100%. Quindi proponiamo di sottoporre la frazione umida ad un processo di presso-estrusione quale quello individuato a suo tempo dalla Commissione Comunale del Comune di Genova per il polo di Scarpino ed in uso ad Alessandria ed a Francoforte. Questo operazione porterebbe ad avere una frazione umida “pulita” e molto più reattiva nel successivo processo di digestione con rese decisamente superiori (attorno ai 200 Nm3 di biogas prodotto per tonnellata trattata) a quelle attese dal piano. B2) Non si concorda assolutamente con l'ipotesi di produrre CSS dalla FOS. Riteniamo sbagliata la premessa, che vi sia una limitata possibilità di impiego. La FOS a causa della presenza di inquinanti non può essere utilizzato in agricoltura o in florovivaistica, dove l'apporto di ammendante è previsto in fasi ripetute, con un conseguente accumulo di inquinanti nel terreno. Ma diverso è il caso dei ripristini ambientali. In questo caso l'apporto sul terreno risulta “una tantum” per cui il rischio di accumulo di inquinanti non sussiste. In considerazione dell'elevato numero di cave dismesse e da ripristinare presenti in Liguria appare strana l'affermazione di una difficoltà di ricollocazione della FOS. Aggiungiamo che l'attuale normativa sulle cave prevede il loro ripristino non a fine coltivazione, ma al termine delle lavorazioni sul singolo fronte di cava, per cui la necessità di materiale organico di riporto appare continuo. Se ne può prevedere l’utilizzo anche nelle residue discariche per la copertura giornaliera B3) Riteniamo la combustione della FOS, anche se depurata dalla frazione inerte, negativa per l'ambiente, oltre che per le motivazioni prima addotte relative al CSS dalla frazione secca, anche per l'alto tenore di inquinanti presenti nella frazione umida. Ricordiamo tra l’altro la presenza di cloro derivante dai residui di cucina (presenza di cloruro di sodio) e di metalli pesanti negli sfalci da potature del verde urbano. 22 B4) Si concorda invece sulla necessità di impianti flessibili in grado di accompagnare lo sviluppo della RD. In pratica gli impianti di digestione anaerobica e successiva stabilizzazione/compostaggio dovranno essere costituiti da moduli relativamente piccoli (515.000 t/a) in quanto: da un punto di vista tecnico gli impianti sono gli stessi per trattare sia l'umido da RD per produrre compost che l'umido da TMB per produrre FOS, cambiano solo le modalità operative. se siamo in presenza di moduli piccoli si potrà progressivamente aumentare il numero di moduli utilizzati per produrre compost dismettendo parallelamente la produzione di FOS all'aumentate della RD. B5) Riteniamo sbagliato fissare il limite massimo di RD al 65% che invece è il minimo di legge. Esperienze di varie provincie italiane dimostrano la possibilità di giungere a livelli decisamente superiori (80%), anche il 90% con l’introduzione della tariffa puntuale. C) USO DEL BIOGAS prodotto dagli impianti di digestione anaerobica: il piano prevede unica soluzione della combustione in loco per produrre energia elettrica. A pag 206 il riassunto delle previsioni di Piano: “L'impianto finale idealmente dovrà essere composto da: - sezione di separazione secco-umido; - sezione di digestione anaerobica della frazione umida con produzione biogas; - sezione di combustione del biogas da digestione anaerobica per produzione energia e trattamento fumi - sezione di raffinazione della frazione secca per la produzione di CSS e il recupero di materiali - avvio a termotrattamento per il recupero energetico della frazione secca - sezione biostabilizzazione digestato o essicazione per produzione CSS / sezione compostaggio aerobico del digestato di qualità per produzione di compost; - discarica di servizio.” C1) Osserviamo che la combustione del biogas genera impatti significativamente inferiori della combustione dei rifiuti tal quali, del carbone e dell’olio combustibile. Tuttavia non possiamo certamente parlare di impatto zero. La combustione del metano sicuramente genera NOx di origine termica e polveri sottili Inoltre se l'impianto tratta frazione organica derivante da TMB, che contiene inquinanti vari, alcuni inquinanti saranno presenti nei fumi di combustione A titolo di esempio, da misure effettuate su centrali danesi, per ogni Gjoule (277 kWh) di elettricità prodotta, una centrale a biogas immette in atmosfera 451 milligrammi di PM10. Questo comporta che come minimo il sistema di depurazione fumi dovrà essere costituito oltre che da una sezione di denitrificazione da una sezioni di abbattimento delle polveri sottili (PM10 e PM2,5) tramite ad esempio filtri a maniche con maniche rivestite di membrana in PTFE (teflon). C2) Proponiamo come alternativa la raffinazione del biogas grezzo in biometano da immettere in rete in sostituzione parziale e progressiva del metano fossile - da usare come combustibile nei mezzi di trasporto pubblico e nei mezzi raccolta rifiuti (es AMT e AMIU), opportunamente convertiti alla trazione a metano. 23 Ricordiamo che il DM Sviluppo economico del 5 dicembre 2013 recante "Modalità di incentivazione del biometano immesso nella rete del gas naturale" incentiva sia l'immissione in rete che l'uso come carburante per autotrazione. Come giustamente ricordato nel Piano il biogas è essenzialmente composto da metano e biossido di carbonio, quindi con un processo di raffinazione può essere trasformato in un combustibile ad alto contenuto di metano. Lo schema seguente tratto da uno studio del politecnico di Milano (Cernuschi-Ripamonti 2010) chiarisce le fasi del processo: Secondo il Comitato Termotecnico Italiano (2007) Il biometano è un valido combustibile e brucia in modo efficiente nei motori. Le emissioni dirette di CO2 per il biometano sono il 20% in meno rispetto alla benzina e il 5% in meno rispetto al gasolio. Tuttavia, il vero vantaggio del biometano è evidente quando si considera l’intero ciclo di vita del combustibile, come indicato nel grafico seguente, e si prende atto che la CO2 emessa dalla combustione del biometano è rinnovabile. 24 C3) Osserviamo che l’immissione in rete privilegia il recupero di materia, mentre la combustione del biogas per produrre energia elettrica recupera energia e quindi nella scala gerarchica viene all’ultimo posto. Inoltre non va dimenticato che il potenziale di produzione di energia elettrica in Italia è già doppio rispetto al fabbisogno massimo sperimentato; quindi riteniamo molto più opportuno diminuire la dipendenza dalle importazioni di metano fossile e anche evitare le impattanti e rischiose ricerche di metano nel sottosuolo italiano. Il bruciare biogas tal quale per la produzione di E.E. potrebbe essere adottato solo se si dimostrasse tramite una VIA che è la soluzione meno impattante sull'ambiente nel caso specifico. Criteri per la localizzazione di impianti di gestione rifiuti Si ritiene che fra i “criteri escludenti”, oltre a quelli individuati nel piano per gli impianti di combustione del biogas per la generazione E.E. (Impianti di tipo A) si debba aggiungere anche il seguente: “Aree con condizioni meteo sfavorevoli alla dispersione degli inquinanti” Tali aree sono: 1) la linea di costa. Le condizioni meteo-climatiche di Genova sono state lungamente studiate già dalla fine degli anni '80 , anche per comprendere gli effetti dell’inquinamento dato dalle Acciaierie di Cornigliano e dalla Centrale ENEL. Si è verificato che nel periodo estivo quando prevale il regime delle brezze, le condizioni meteo lungo la linea di costa sono tali da impedire la dispersione degli inquinanti. Infatti si instaura un tipo di circolazione dell'aria di tipo chiuso (effetto box) derivante dall'alternarsi del vento di mare e di terra. In queste condizioni si genera un progressivo accumulo di inquinanti i quali anche se entro il limiti di legge nel punto di emissione, non possono usufruire dell'effetto di diluizione - dell'ordine di 103 ÷ 105 volte - tipico di situazioni favorevoli alla dispersione. 2) le valli ed in generale i luoghi ove per effetto del fenomeno dell'inversione termica si abbia nuovamente condizioni sfavorevoli alla diluizione degli inquinanti. Questo fenomeno è accentuato dalla taglia degli impianti di dimensione medio-piccola e quindi caratterizzati da un contenuto entalpico dei fumi relativamente modesto. 25 OSSERVAZIONI OBIETTIVO 5 - Conseguire l’autonomia di gestione del residuo indifferenziato tramite delimitazione di Aree omogenee per il trattamento rifiuti e Bacini omogenei di raccolta Il PRGRL definisce gli scenari impiantistici abbinati alla dimensione territoriale ( Aree omogenee) e descrive la “dotazione impiantistica complessiva” che si riassume in tabella La Spezia Soluzione alternativa Genova a) impianto di TMB impianto di TA impianti di compostato di prossimità N°1 (RUR pari a 41.000 Ton/anno), Schema A, per tutti i comuni della provincia. N°1 (RO pari a 25.000 Ton/anno), Schema B1, Per comuni vicinali alle aree con alta produttività sopra i 50 Ton/Km2 anno Da N°4 a N° 12 (ROB pari a 1.800 Ton/anno), Schema B2, per i comuni entroterra con bassa produttività. N° 1 Da N° 20 a 34 (ROB pari a 3500 Ton/anno), Schema B2, per i comuni entroterra con bassa produttività. N° 1 N°2 N°1 (RUR pari a 161 000 Ton/anno), Schema A, per tutti i comuni della provincia N°2 (uno su area Spezzina e su area Sarzanese) N° 1 ( ROB pari a 95 000 Ton/anno), Schema B1, Per comuni vicinali alle aree con alta produttività sopra i 50 Ton/Km2 anno. discarica di servizio Soluzione alternativa 1 N° 2 a) (RUR pari a 121 000 Ton/anno), Schema A, per tutti i comuni di prossimità al comune capoluogo di Genova, b) (RUR pari a 39 000 Ton/anno), Schema A, per tutti i comuni che si affacciano sul Tigullio, N° 2: a) N° 1 TA (ROB pari a 75 000 Ton/anno), Schema B1, per tutti i comuni di prossimità al comune capoluogo di Genova, b) (ROB pari a 20 000 Ton/anno), Schema B1, per tutti i comuni che si affacciano sul Tigullio Da N° 20 a N°34 Impianti di compostato di prossimità (ROB pari a 3500 Ton/anno), Schema B2, per i comuni entroterra con bassa produttività Soluzione alternativa 2 N° 1 (RUR pari a 161 000 Ton/anno), Schema A, per tutti i comuni della provincia. N° 20 a N° 34 (ROB pari a N° 2 3500 Ton/anno), Schema B2, per i comuni entroterra con bassa produttività. Imperia N° 1 (RUR pari a 45 000 Ton/anno), Schema A, per tutti i comuni della provincia N° 2: a) ROB pari a 75 000 Ton/anno), Schema B1, per tutti i comuni di prossimità al comune capoluogo di Genova, b) (ROB pari a 20 000 Ton/anno), Schema B1, per tutti i comuni che si affacciano sul Tigullio N° 1 (ROB pari a 26 400 ton/anno), Schema B1, Per comuni vicinali alle aree con alta produttività sopra i 50 Ton/Km2 anno N° 2 uno su area Sanremese e su area Imperiese Soluzione alternativa Da N° 20 a N° 46 (ROB pari a 2000 Ton/anno), Schema B2, per i comuni entroterra con bassa produttività N° 1 26 Savona Soluzione alternativa N° 1 (RUR pari a 61 000 ton/anno), Schema A, per tutti i comuni della provincia N° 1 (RUR pari a 61 000 ton/anno), Schema A, per tutti i comuni della provincia N° 1 ( ROB pari a 36 000 Ton/anno), Schema B1, Per comuni vicinali alle aree con alta produttività sopra i 50 Ton/Km2 anno Da N° 20 a N° 39 (ROB pari a 3000 Ton/anno), Schema B2, per i comuni entroterra con bassa produttività. N° 1 N° 2: a) (ROB pari a 75 000 Ton/anno), Schema B1, per tutti i comuni di prossimità al comune su Savona, b) (ROB pari a 18 000 Ton/anno), Schema B1, per tutti i comuni che si affacciano su Albenga Da N° 20 a N° 39 (ROB pari a 3000 Ton/anno), Schema B2, per i comuni entroterra con bassa produttività. N° 1 OSSERVAZIONE 1) Dotazione impiantistica Si condivide l’approccio generale seguito e si ritiene che la soluzione da adottare per la provincia di Genova sia quella individuata come “soluzione alternativa 1” cioè quella di dotare la provincia di due impianti TMB e di due impianti TA, uno per il genovesato ed uno per il Tigullio. Questa soluzione consente: − − − − un dimensionamento degli impianti entro i limiti di economicità indicati, la minimizzazione dei costi di trasporto, la minimizzazione dell'inquinamento atmosferico da traffico veicolare, una più equa ripartizione territoriale delle servitù derivanti dagli impianti di trattamento (traffico, rumore, inquinamento atmosferico, occupazione di suolo, ecc.). OSSERVAZIONE 2) Costituzione Aree omogenee Il PRGRL afferma che “ è possibile individuare la ripartizione territoriale dell’Area omogenea come coincidente con il territorio dei Comuni per i quali è previsto un impianto di trattamento del rifiuto organico raccolto separatamente o di un impianto di TMB. L’ipotesi risultante è la seguente: Aree Omogenee A. O. La Spezia (tutti i Comuni della attuale provincia) A. O. Imperia (tutti i Comuni della attuale provincia) A. O. Genova (tutti i Comuni della attuale provincia tranne quelli Tigullio/Paradiso) A. O. Tigullio / Paradiso A. O. Savona (tutti i Comuni della attuale provincia tranne quelli Albenganese) A. O. Albenganese A. O. Savona (tutti i Comuni della attuale provincia tranne quelli Albenganese) A. O. Albenganese Appare contraddittorio quanto affermato dal piano rispetto alla normativa vigente. Nascono 6 aree omogene con assegnazione dei comuni non tenendo conto del ddl ATO che lasciava nel vago il processo di formazione (sembrava su suggerimento dei comuni stessi). La Legge Regionale 24 Febbraio 2014 n. 1, Art. 14 comma 2 dichiara: 27 “La Regione approva, anche a stralcio del Piano di gestione dei rifiuti, i criteri per la organizzazione territoriale del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani rispondenti ai principi di efficienza, efficacia ed economicità, individuando, di conseguenza, su proposta dei comuni, le aree territoriali omogenee.” Non sono note le modalità con cui i Consigli Comunali abbiano o meno definito le aree territoriali omogenee. Sul sito della Regione, peraltro, non risultano aggiornati i pareri dei relatori nella fase di consultazione (vedi http://iterc.regione.liguria.it/IterCommiss.asp?comando=Ricerca&AnnoProc=2013&NumProc=872). OSSERVAZIONE 3) Indirizzi per la gestione del periodo transitorio Il PRGRL afferma che “Il sistema di impianti ed interventi oggetto del presente Piano rappresenta un obiettivo tendenziale, il cui raggiungimento risulta connesso a fattori che fanno capo a responsabilità ed attività operative allocate presso diversi soggetti. Il fattore temporale costituisce un elemento di indubbia rilevanza, tenuto conto della necessità di una riconversione pressoché totale degli attuali sistemi di gestione del rifiuto, che comporta oggettivamente un periodo di transizione necessario a pervenire agli obiettivi indicati. … Indirizzi relativi agli impianti esistenti In Liguria risultano in fase di progettazione o realizzazione alcuni interventi concepiti per limitare l’utilizzo degli impianti di smaltimento, massimizzando le opzioni di recupero energetico dal trattamento della frazione organica. L’obiettivo principale al fine di garantire la complessiva tenuta del sistema gestionale e l’autosufficienza nell’ambito del territorio regionale, è dunque quello di procedere, nei tempi previsti alla realizzazione degli interventi previsti.L’eventuale ampliamento delle volumetrie autorizzate presso gli impianti di discarica esistenti,”. Tra le azioni previste Impianti in esercizio Soluzione transitoria Realizzazione nuovo lotto pubblico Discarica Collette discarica Collette Ozotto per il Ozotto (Taggia) IMPERIA periodo necessario a realizzare l’impianto pianificato (2014-2016) (cd Fino a Luglio 2014 lotto 6) Impianti in fase di progettazione/realizzazione Impianto di Digestione anaerobica e Compostaggio + Discarica servizio.Capacità ca 110.000 t/anno da realizzare a Colli (Taggia) oggetto di project financing. Gara da avviare OSSERVAZIONE 3A) Esiste attualmente un esposto in proposito “La discarica di Collette Ozotto è progettata è localizzata nella parte a monte della collina e sovrasta di soli 185 mt l’azienda agricola DOP, S. Anna degli Ulivi e di soli 210 mt circa gli edifici adibiti a civile abitazione, nei quali risiedono nuclei familiari”. 28 “La localizzazione è dunque inaccettabile, poiché espone a situazioni di rischio permanente l’azienda ed i caseggiati, ponendo a repentaglio la pubblica incolumità di lavoratori e residenti, in caso di smottamenti del terreno, e movimenti franosi della discarica, peraltro già avvenuti in zona (nel 2009, il lotto 4 di Collette Ozotto interessato da un movimento franoso di parte della superficie a discarica). L’area è dunque particolarmente sensibile e/o vulnerabile alle trasformazioni territoriali o di paesaggio, e non tollera le inevitabili trasformazioni derivanti dalla realizzazione di una discarica. Pertanto, in considerazione delle osservazioni sopra svolte, si ritiene che esigenze di ragionevolezza impongano in capo all’Amministrazione l’obbligo di valutare la possibilità di adottare una soluzione alternativa. OSSERVAZIONE 3B) La relazione tecnica integrativa 25 giugno 2012 asserisce che l’area di Collette Ozotto “risulta complessivamente stabile ed esente dal rischio di alluvioni”. In realtà, come la Provincia potrà accertare, l’area di Collette Ozotto è stata interessata da smottamenti di terra durante le alluvioni del 1998 e del 2000 e, ancora più di recente, nel 2009, il lotto 4 di Collette Ozotto è stato interessato da un movimento franoso di parte della superficie a discarica. Contrariamente a quanto è stato asserito, il sito prescelto non è dunque né stabile, né esente dal rischio di alluvioni, ed anzi presenta profili di indubbia criticità. OSSERVAZIONE 3C) La descrizione riportata dell’area di Collette Ozotto non è nemmeno indicativa del reale stato dei luoghi, in cui a poca distanza dalla discarica che si vorrebbe realizzare è presente una grotta naturale, popolata da una specie tutelata di chirotteri (pipistrelli) ed al cui interno si trovano ben due laghetti d’acqua sorgiva. Tali ricchezze devono essere obbligatoriamente preservate e per tale ragione non vi è alcuna possibilità di realizzare la discarica progettata in località Collette Ozotto. OSSERVAZIONE 3D) Le previsioni del Piano Provinciale attestano invece che esiste a disposizione della Provincia di Imperia una scelta localizzativa ottimale ed assolutamente corrispondente alla sopravvenuta nuova situazione di fatto. Mentre l’idoneità di Collette Ozotto è stata limitata temporalmente ad un periodo di 28 mesi e ad una capacità di conferimento contenuta entro i 300.000 mc, il Piano precisa che in alternativa a questa “e per un periodo che va oltre a quello transitorio si può procedere ad una discarica pubblica sul sito di Rio Sgorreto per un periodo di 4-5 anni nell’ordine di 500.000 mc”. E’ evidente che la scelta localizzativa debba ricadere sul sito di Rio Sgorreto, già positivamente valutato dal Piano di Gestione dei Rifiuti. OSSERVAZIONE 3E) La nuova discarica in località Collette Ozotto – lotto 6 – è stata proposta per operare nel periodo transitorio, fino alla entrata in funzione dell’impianto unico provinciale di 29 Colli: come evidenziano il Piano Provinciale dei Rifiuti e la pronuncia regionale resa in sede di Valutazione Ambientale Strategica, tale periodo transitorio era compreso tra il 1 giugno 2013 e il 30 marzo 2014. Ma il termine di avvio dell’impianto unico provinciale è stato da ultimo “ritardato” nella relazione tecnica integrativa del 25 giugno 2012, e già oggi si prevede che l’entrata in funzione dell’impianto di Colli non possa avvenire prima del 2017. Il periodo transitorio entro il quale dovrebbe operare la discarica di Collette Ozotto è dunque diverso e ben più ampio di quello inizialmente fissato: è infatti compreso tra il 1 giugno 2013 e il 2017, e si estende dunque per ben quattro anni. Ma né il Piano Provinciale di Gestione dei Rifiuti, né la Regione Liguria che si è espressa in sede di VAS, contemplano tale possibilità, perché la conclusione del periodo transitorio era all’epoca fissata a marzo 2014, e solo sulla base di tale periodo temporale era stata ritenuta l’idoneità di Collette Ozotto quale sito destinato all’insediamento della nuova discarica Sembra dunque che siano decisamente mutati i presupposti sulla base dei quali è stato avviato il procedimento, il quale non può certo concludersi come se nel frattempo nulla fosse successo. E’ invece evidente che la situazione maturata obbliga la Provincia di Imperia a procedere ad una rivalutazione complessiva dell’operazione. Mantenere la scelta localizzativa di Collette Ozotto verrebbe condotta in spregio delle previsioni del Piano Provinciale di Gestione dei Rifiuti, e della pronuncia di VAS adottata dalla Regione Liguria, che hanno vagliato una soluzione che non è più attuale ed è diversa da quella che oggi la Provincia di Imperia si trova costretta a realizzare. D’altra parte, con deliberazione n. 1522 del 16 dicembre 2011, recante “approvazione di indirizzi regionali in materia di gestione dei rifiuti”, la Giunta Regionale della Regione Liguria ha rilevato – a proposito della situazione della Provincia di Imperia – che “la tempistica prevista per la entrata in funzione del nuovo impianto costituisce elemento condizionante la determinazione della volumetria degli impianti di discarica per il periodo transitorio”, e che tale aspetto “appare cruciale ai fini della complessiva tenuta delle previsioni pianificatorie”. Tale rilievo – che è stato formulato sul presupposto che l’impianto unico entrasse in funzione nel 2013 (e non nel 2017) – conferma che il procedimento non può essere assolutamente condotto a termine, poiché è estraneo alle previsioni di piano l’uso di Collette Ozotto a discarica per un periodo transitorio diverso da quello ipotizzato, e per una capienza ulteriore a quella fissata. OSSERVAZIONE 3F) E’ poi incomprensibile come ad esito della comparazione tra i tre diversi siti (Colli, Collette Ozotto e Rio Sgorreto), tutti potenzialmente idonei ad ospitare la nuova discarica, la scelta localizzativa sia ricaduta proprio sull’area di Collette Ozzotto. Già la Regione Liguria in sede di VAS sul Piano di Gestione modificato dalla Provincia di Imperia aveva espresso nella parte relativa alle “considerazioni” il rilievo che “nell’ottica della sostenibilità complessiva del Piano, è necessario applicare il principio dell’ottimizzazione, evitando la moltiplicazione delle fasi di attuazione in quanto e nella misura in cui si traducono nel coinvolgimento di più siti di discarica. Sarebbe opportuno operare in modo da arrivare, a conclusione del transitorio, a definire un unico sito funzionale allo smaltimento del tal quale nel transitorio e successivamente come discarica di servizio all’impianto, senza soluzione di 30 continuità. Ciò quindi superando la duplicazione del transitorio ipotizzata, e la conseguente duplicazione di siti di discarica e relative procedure di gara e autorizzative”, concludendo che “debba essere meglio giustificata, sotto il profilo ambientale, l’impossibilità di utilizzare il sito di Colli sia per il periodo transitorio che a regime”. OSSERVAZIONE 3G) Nella comparazione, poi, il sito di Collette Ozotto avrebbe dovuto risultare senz’altro il meno indicato ai fini della scelta localizzativa da formulare, considerando che tale area presenta peculiarità che sono del tutto assenti nel sito di Colli e nel sito di Rio Sgorreto. Collette Ozotto è infatti l’unica area interessata dalla presenza di un vincolo di tutela paesistica ex L 29 giugno 1939, n. 1497, da un vincolo di tutela specifico ex D.M. 24 marzo 1985, nonché da un vincolo di tutela idrogeologico. In nessuno degli altri siti concorrenti è possibile rinvenire l’insistenza di alcun vincolo di tutela, e dunque Collette Ozotto avrebbe dovuto essere o esclusa dalla comparazione, o comunque posposta al sito di Colli e di Rio Sgorreto. Inoltre, a distanza di soli 185 mt. dall’area di cui si ipotizza l’esproprio, è presente un’Azienda Agricola bionaturalistica, dedita alla coltivazione dell’ulivo ed alla commercializzazione dell’olio a marchio DOP, “fattore penalizzante” (cfr. pag. 5 del Rapporto Ambientale del Piano Provinciale datato 27 dicembre 2010), l’omissione è veramente grave. D’altra parte, l’Autorità procedente è anche incorsa in una ingiustificata disparità di trattamento, atteso che per altro sito (Costa dei Frati – Soluzione A”) la Provincia ha riconosciuto che “il coinvolgimento nella realizzazione del progetto di un’azienda agricola bionaturalistica ivi presente determinerebbe un conseguente impatto sulla componente paesaggistica in un’accezione più ampia” (cfr. pag. 19 del Rapporto Ambientale del Piano Provinciale datato 27 dicembre 2010). Anche dal punto di vista dell’accessibilità, il sito di Collette Ozotto non è soluzione preferibile, in quanto per accedervi occorre transitare presso il sito di Colli, che anche per questo motivo, oltre a quello già rimarcato dalla Regione in sede di VAS, rappresenterebbe – al pari del sito di Rio Sgorreto - una scelta localizzativa da anteporre comunque OSSERVAZIONI Piano Regionale Gestione Rifiuti sez. RIFIUTI SPECIALI OSSERVAZIONE 1) RIFIUTI INERTI Quadro previsionale “Come illustrato nella parte conoscitiva e riportato nella tabella sottostante, in Liguria la produzione di rifiuti speciali non pericolosi si attesta intorno ai 4.000.000 t/anno di cui circa il 50% è rappresentato da rifiuti inerti.” La regione ammette di avere incontrato difficoltà nello stimare la produzione dei rifiuti speciali non pericolosi: causa la obbligatorietà di presentazione del M.U.D da parte del produttore, i dati riportati, desunti dai MUD dei gestori dei rifiuti speciali, possono essere sottostimati. Il dato stimato dalla regione nel 2011 di circa 4.000.000 t, di cui − circa il 50% di rifiuti inerti ed in particolare da rifiuti misti di costruzione e demolizione che presuppongono una mancanza di demolizione selettiva del manufatto. − del rimanente 50% sono state inviate ad impianti di recupero solo 637.756 t, cioè 30% (tabella 18) 31 Inoltre nel Piano si legge che in Liguria la maggior parte degli inerti non pericolosi vengono solo stoccati temporaneamente per essere poi inviati a impianti di vero trattamento fuori regione oppure in discarica. Pur riconoscendo la mancanza di demolizione selettiva, come criticità nella nostra regione, e pur prevedendo l’obiettivo di raggiungere un tasso di recupero dei rifiuti da costruzione e demolizione del 70%, non sono esplicitate azioni mirate e concrete, modulate nel medio e lungo periodo, che possano effettivamente contribuire a conseguire tale risultato. Quadro previsionale e obiettivi attesi “Come già evidenziato in più punti del presente piano, la tipologia di rifiuti su cui incentrare prioritariamente gli sforzi per incrementare il tasso di recupero, anche in sintonia con quanto richiesto dal legislatore comunitario e nazionale, è quella dei rifiuti da costruzione e demolizione. L’obiettivo che viene assunto è quello di raggiungere un tasso di recupero dei rifiuti di cui trattasi pari al 70%. Tale obiettivo potrà in realtà essere rimodulato nelle successive fasi di monitoraggio del piano, nel momento in cui sarà possibile disporre di un “punto zero” che permetta di calibrare opportunamente e azioni d intraprendere per il raggiungimento dell’obiettivo prefissato.” Nel Piano sono elencati solo intendimenti che demandano a successivi provvedimenti, lasciati anche alla volontà dei soggetti (privati e pubblici) coinvolti nel recupero e nella re-immissione del recuperato nel ciclo economico. Non vengono introdotti, nemmeno in maniera graduata, adempimenti che obblighino con azioni specifiche e tempi pre-stabiliti i soggetti coinvolti. Sostanzialmente non vi è alcun programma puntuale suddiviso per azioni e tempi di realizzazione. Un unico dato certo riportato, è quello fissato da Min. con DM 203/2003 che stabilisce che le P.A. e le società a prevalente capitale pubblico debbano coprire il 30% del loro fabbisogno annuale riferito agli acquisti di manufatti e beni realizzati con materiale riciclato. Nulla di più aggiunge la Regione. OSSERVAZIONE 2) RIFIUTI SPECIALI PERICOLOSI – AMIANTO COD.1705 Considerati anche gli abbandoni, (non stimati), si ritiene che il dato complessivo di produzione sia sottostimato. Considerato che in Liguria sono presenti in notevole quantità manufatti in cemento/amianto, tenuti sotto monitoraggio solo se dichiarati e che i non dichiarati generalmente si avviano verso uno smaltimento illecito (spesso abbandoni). Riteniamo che il piano regionale non affronti la problematica del deterioramento e del rischio di dispersione delle fibre di amianto (con danni gravi alla salute): non prevede né forme di incentivazione economica alla dismissione dei manufatti privati e pubblici contenenti amianto, né azioni per un controllo della reale situazione in essere tramite USL. OSSERVAZIONE 3) RIFIUTI SPECIALI DI IMBALLAGGI il Piano non affronta adeguatamente il problema degli imballaggi e rifiuti da imballaggi, nonostante rappresentino una quota rappresentativa della totalità dei rifiuti prodotti. Il D.Lgs 152/2006 disciplina al Titolo II della Parte IV la "gestione degli imballaggi", stabilendo per i rifiuti da imballaggi secondari (o multipli) e per quelli terziari (o per il trasporto), all'articolo 221 comma 4 , che: “gli utilizzatori di tali imballaggi (cioè i commercianti, i distributori, gli utenti) devono consegnare gli imballaggi usati secondari e terziari in un luogo di raccolta organizzato dai produttori e con gli stessi concordato oppure, conferire tali imballaggi al servizio pubblico di raccolta, organizzato, ex articolo 222 comma 1, adeguatamente dal Comune, garantendo la copertura omogenea del territorio, tenuto conto del contesto geografico e nei limiti dell'assimilazione.” Il sistema individuato dal D.Lgs. 152/2006 dovrebbe consentire il ritorno ai produttori degli imballaggi usati e dei rifiuti da imballaggi secondari e terziari, 32 I Comuni invece, non sempre e non in maniera omogenea, organizzano tale servizio. Stante la frammentarietà dei soggetti coinvolti, si assiste spesso a livello locale ad un non corretto conferimento di tali rifiuti che spesso, ancora oggi, vengono avviati a smaltimento anziché a riutilizzo/recupero. Osserviamo che il piano regionale direttamente, o tramite ATO regionale, dovrebbe prevedere l'obbligatorietà per i comuni di istituire forme di RD di tali imballaggi e dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari. OSSERVAZIONE 4) ASSIMILAZIONE Osserviamo, con riferimento ai Criteri di assimilazione dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani – pag 128 - che puntare ad una migliore gestione dei rifiuti speciali non pericolosi avrebbe dei riflessi positivi ed immediati sulla gestione dei rifiuti urbani. Ma il piano non entra nel merito della questione, in attesa dell’entrata in vigore (da anni) di nuovi criteri di assimilazione in sostituzione delle attuali regole che fanno riferimento come criterio qualitativo ad una delibera interministeriale addirittura del 1984 e quindi oramai non consona alle attuali esigenze. Proponiamo che il piano, alla luce delle normative specifiche intervenute nel frattempo su particolari tipologie di rifiuti, assuma l’iniziativa di individuare quali rifiuti non possono essere assimilati dai Comuni con Regolamento Comunale, imponendo così una prima selezione, anche al fine di rendere più omogenei i diversi Comuni liguri (il piano riconosce che troppe differenze esistono attualmente) . Questo faciliterebbe anche i controlli. Osserviamo che un'assimilazione uniforme nei comuni liguri renderebbe omogenei anche i servizi pubblici di raccolta, che resteranno in capo ai comuni aggregati una volta costituti i futuri ambiti omogenei, favorendo di conseguenza una semplificazione nelle scelte di gestione, tramite Aziende speciali pubbliche consortili o contratti di gara delle nuove aggregazioni. OSSERVAZIONI al Piano Regionale Rifiuti –Ambiente Osservazioni al piano regionale Rifiuti (Discariche) Premessa Riteniamo assolutamente necessario che la V.A.S. preveda una pianificazione in materia di gestione dei rifiuti coordinata e coerente con gli altri strumenti di pianificazione del territorio già esistenti adottando misure precauzionali di salvaguardia ambientale. E’ necessario, innanzitutto, destinare adeguate risorse alla effettuazione di studi idrogeologici che ridefiniscano con precisione le aree attualmente in gestione e/o destinate all’attività di recupero o abbancamento dei rifiuti a vulnerabilità elevata, vietando l’ampliamento o la realizzazione di nuove discariche che vi ricadano. Per quanto concerne la compatibilità di tale previsione con la natura sottoposta a regime di tutela nonché con riferimento alle criticità paesaggistico-ambientali, alcuni siti o proposte di nuove localizzazioni non possono essere compatibili con le caratteristiche del Sito di importanza Comunitaria identificato in ogni singola zona, né con gli elementi costituenti la Rete Ecologica Regionale. Con rilevanti sacrifici e/o interferenze con aree naturali boscate, comprese alcune aree di particolare valore naturalistico per la presenza di biocenosi pregiate di interesse Comunitario. 33 PUNTO 1) LA TUTELA DEL PAESAGGIO. A livello europeo, il paesaggio è così definito ”Il paesaggio designa una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni” (art.1, Convenzione Europea per il Paesaggio). Come ampiamente argomentato dalla letteratura di settore, la questione del paesaggio è affermazione del diritto delle popolazioni alla qualità di tutti i luoghi di vita, sia straordinari sia ordinari, attraverso la tutela/costruzione della loro identità storica e culturale (MIBAC 2007). Il D.P.C.M. 12/12/2005 attua tale norma; esso consta di 4 articoli, in particolare, l’Allegato al DPCM definisce finalità e contenuti della “Relazione Paesaggistica”, che d’ora in poi dovrà corredare tutte le richieste di autorizzazione ai sensi degli artt. 146 e 159 del Codice (si devono intendere le zone sottoposte al vincolo paesaggistico). Sempre il Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 sancisce che il Patrimonio Culturale è costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici. Inoltre nello stesso decreto all'articolo 136 si recita al punto d) “le bellezze panoramiche considerate come quadri e così pure quei punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze”. PUNTO 2) ALTERAZIONE-SOTTRAZIONE DI HABITAT E PERDITA DEI RIFUGI. Osservazioni. Le problematiche relative alla frammentazione dell’habitat e alla perdita di qualità ambientale non possono essere anche solo in parte mitigate, con ripristini ambientali della viabilità e la scelta strategica nell’individuazione di una viabilità già esistente parzialmente. Si ricorda inoltre che a livello ecosistemico la presente procedura dovrà affrontare tra le altre cose: le conseguenze che alterazione dei flussi idrici superficiali e sotterranei avrebbero a catena su tutte le componenti biotiche, dagli insetti agli uccelli, dalle piante ai mammiferi e quindi con possibili, probabili e/o certe alterazioni della risorsa trofica, con una inevitabile “banalizzazione” - o riduzione della complessità biologica - che colpirebbe le specie più vulnerabili e specialistiche; la perdita di territori di riproduzione, svernamento, ricerca trofica, dispersione, estivazione di moltissime specie animali e conseguenze fatali per molte di esse, ed in particolare quelle minacciate a livello globale (specie SPEC per gli uccelli, ma, anfibi, rettili, insetti, alcuni mammiferi tra i quali tutti i chirotteri, tutti minacciati di scomparsa su tutto il territorio di distribuzione europeo); la tematica del consumo di suolo, sia come necessità in fase di costruzione che come perdita definitiva della risorsa ad opera finita, con interruzione di continuità di habitat e banalizzazione delle specie, a vantaggio di quelle più ubiquitarie e meno vulnerabili accelerando la scomparsa o diminuzione di quelle più sensibili e rare. I rifiuti inerti e da demolizione, nonché delle terre e rocce da scavo, eliminati l'amianto ed altri materiali e sostanze pericolosi, possono essere lavorati e riutilizzati, in sostituzione di ghiaie e pietrisco pregiati (escavati dalle attività in ambito fluviale e estrattivo di cava) per le fondazioni stradali, per l'edilizia e l'arredo urbano, come parchi e giardini. Osservazioni al Rapporto ambientale Osservazioni nel merito: per le criticità/incongruenze finora espresse è opportuno vietare l’ampliamento o la realizzazione di nuove discariche in aree ancora integre ed incontaminate ad elevato valore paesaggisticoambientale. 34 PUNTO 3) L’IMPATTO DELL’ATTIVITÀ DI GESTIONE DEI RIIUTI NEI SITI RETE NATURA 2000 IN LIGURIA A tal proposito visto che 1. la Regione Liguria ha la responsabilità, una volta individuato il SIC di adottare “le opportune misure per evitare il degrado degli Habitat naturali e degli habitat di specie, nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state individuate”; 2. sono state attivate dalla Commissione Europea varie procedure di infrazione a carico dei Paesi membri, compresa l’Italia per la mancata salvaguardia dei SIC e ZPS, alcune già conclusasi con la pronuncia della Corte di Giustizia sfavorevole allo Stato Membro che non ha attuato, secondo l’art.10 del Trattato, la conservazione cautelativa di quei valori naturalistici per i quali erano stati individuati i siti; L’attuazione della Direttiva 92/43/CEE, conformemente alla sua natura giuridica impone obblighi di risultato, ed in particolare impone di: a) contribuire a salvaguardare la biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali, nonché della flora e della fauna selvatiche; b) assicurare uno stato di conservazione soddisfacente degli habitat naturali e delle specie di fauna e flora selvatiche di interesse comunitario; c) Lo stato di conservazione soddisfacente va valutato in riferimento allo stato iniziale, cioè al momento della trasmissione delle informazioni sul sito fornite nei formulari standard per l’inclusione nella rete Natura 2000. PUNTO 4) ELEMENTI DI BIODIVERSITA’ Nelle schede descrittive di ogni singola discarica presente nelle 4 provincie liguri (fonte www.cartografiarl.regione.liguria.it), viene evidenziata la presenza di diversi elementi della Rete Ecologica Regionale, approvata con Deliberazione della Giunta Regionale in data 18.12.2009 N. 1793 “Istituzione Rete Ecologica regionale L.R. 28/2009 art. 3”. Alla luce di quanto sopra, se ne deduce che, come disposto dalla DGR 1507/2009 “Misure di salvaguardia per habitat di cui all'Allegato I della direttiva 92/43/CEE ai sensi della L.R. 28/2009”, che sulla base degli studi e informazioni disponibili sullo stato di conservazione degli habitat di allegato I della direttiva 92/43/CEE e dell’istruttoria svolta dal Settore Staff Tecnico del Dipartimento Ambiente della Regione Liguria, è emerso, in particolare, che lo stato di conservazione di alcune tipologie di habitat presenti nel territorio ligure, non sarebbero soddisfacenti. Si ritiene che ricorrano le condizioni riportate dalla Direttiva 92/43/CEE e che la individuazione di siti destinati al consumo di suolo sia per opere anche di tipo produttivo, vadano ad alterare le condizioni di connessione ecologica ed i collegamenti essenziali per la migrazione, la distribuzione geografica e lo scambio genetico di specie selvatiche (sull’importanza, sancita anche in giurisprudenza comunitaria, del mantenimento del funzionamento dei corridoi). Considerazioni di base ai fini normativi e procedurali. La Direttiva 92/43/CEE definisce lo stato di conservazione soddisfacente come obiettivo di salvaguardia e/o come obiettivo da raggiungere, non come elemento di valutazione partendo dal quale, se mancante, il territorio possa essere rivoluzionato al fine di creare un nuovo ambiente specialistico e altamente tecnico. Con ragionamento finalizzato a rimarcare lo stessa qualità di attenzione, si segnala che è oggi disponibile la vigente L.R. n.28 del 10.07.2009, “Disposizioni in materia di tutela e valorizzazione della biodiversità”. In questa legge si afferma che l’Ente regionale: “(...) tutela, in particolare, la diversità: a) delle specie animali e delle specie vegetali selvatiche; 3 35 b) degli habitat; c) di altre forme naturali del territorio. La Regione nel perseguimento delle finalità di cui al comma 1: a) riconosce gli habitat naturali e seminaturali, la flora, la fauna e le forme naturali del territorio quali beni di rilevante interesse pubblico; b) garantisce il mantenimento o all’occorrenza il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e delle specie di fauna e flora selvatiche di interesse comunitario, nonché dei tipi di habitat naturali e degli habitat delle specie tutelate nella loro area di ripartizione naturale; c) istituisce la rete ecologica regionale, costituita dalla rete Natura 2000, dalle aree di collegamento ecologico funzionale, di cui agli articoli 3 e 10 della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche e successive modifiche ed integrazioni, dalle aree protette e da eventuali altre aree di rilevante interesse naturalistico regionale” (art. 1). Conclusioni. Quindi, sia all’interno, ma anche al di fuori della Rete Natura 2000, un impatto negativo o interferenze negative su specie ed habitat in allegato alle direttive comunitarie citate sono configurati come danno ambientale. Per quanto riguarda l’interruzione di corridoi ecologici, si rileva ancora una volta una grave superficialità nell’analisi svolta all’interno del procedimento e mancanza di conoscenze approfondite del territorio delle componenti ambientali flora, vegetazione e fauna. In particolare per quanto riguarda un habitat naturale, esso si considera in uno stato di conservazione soddisfacente quando: 1) la sua area di ripartizione naturale e le superfici che comprende sono stabili o in estensione; 2) la struttura e le funzioni specifiche necessarie al suo mantenimento a lungo termine esistono e possono continuare a esistere in un futuro prevedibile. Alla luce di quanto evidenziato e visto che gli ampliamenti previsti ricadenti o confinanti con un SIC o aree protette provinciali, si ritiene osservare che in un eventuale fase progettuale di ampliamenti previsti: non si riscontrerebbero soluzioni alternative, né la possibilità di adozione di tutte quelle misure di mitigazione anche compensative atte a contenere i danni provocati dall’ampliamento dei poli estrattivi; per cui vi sarebbero le condizioni per l’applicazione di valutazione di incidenza negativa e nel caso in questione di parere negativo nella procedura di V.A.S.. Per quanto concerne la compatibilità di tale previsione con la natura sottoposta a regime di tutela nonché con riferimento alle criticità pasesaggistico-ambientali, tali interventi non possono essere compatibili con le caratteristiche del SIC, delle Aree Protette Provinciali, delle aree carsiche e comunque di tutti gli elementi costituenti la RETE NATURA 2000 quali specie ed habitat tutelati dalle normative vigenti sia locali che nazionali, nonché comunitarie. Difatti i progetti, se attuati, comporterebbe rilevanti sacrifici di aree naturali/ boscate comprese alcune aree di particolare valore naturalistico per la presenza di biocenosi pregiate identificate. PUNTO 5) LA PIANIFICAZIONE TERRITORIALE VIGENTE E L’IMPATTO DELLE ATTIVITA’ CON L’ASSETTO DI MANTENIMENTO (ANI-MA) Pianificazione territoriale e vincoli. Lo strumento di riferimento principale della pianificazione territoriale è rappresentato dal Piano Tecnico di Coordinamento Paesistico (PTCP) che ha la duplice funzione di coordinare uno sviluppo coerente del territorio e di salvaguardare le zone di importanza storica ed ambientale. Quasi tutte le aree ove sono situate le discariche ricadono in zone classificate dal vigente PTCP Assetto insediativo come ANI-MA. 36 Le norme di attuazione del regime Assetto insediativi all’Indirizzo generale di MANTENIMENTO (MA) recitano: L'indirizzo generale di MANTENIMENTO si applica: a) nelle situazioni in cui l'assetto territoriale ha raggiunto soddisfacenti condizioni di equilibrio tra fattori antropici ed ambiente naturale, tali da escludere l'opportunità di significative trasformazioni pur ammettendosi marginali potenzialità di completamente; b) nelle situazioni in cui debbono considerarsi già sostanzialmente esaurite le potenzialità di espansione pur non configurandosi soddisfacenti condizioni di equilibrio tra fattori antropici ed ambiente naturale. L'obiettivo è quello, di evitare ulteriori compromissioni del quadro paesisticoambientale quali sarebbero indotte da nuovi consistenti insediamenti. In entrambi i casi la pianificazione dovrà pertanto essere informata a criteri di sostanziale conferma dell'assetto attuale, con una più marcata attenzione agli aspetti qualitativi e strutturali nel primo caso e a quelli quantitativi nel secondo caso. Basti confrontare la documentazione fotografica contenuta nel progetto (inserimento ambientale) per rendersi conto che tale nuova discarica andrebbe in palese contrasto con le norme dettate dal regime di Mantenimento ed in particolare l’ANI-MA. Gli artt. 83-84-85 delle N.T.A del PTCP prevedono che per la realizzazione di nuove discariche di rifiuti, debbano essere rispettati i requisiti indicati dai succitati articoli ed in particolare: Art. 85 - Discariche ed impianti non previsti dagli specifici Piani di settore 1. In sede di definizione progettuale delle discariche e/o degli impianti di trattamento dei rifiuti da realizzarsi in difetto o al di fuori dei Piani di settore di cui all'articolo precedente, dovrà essere verificata la compatibilità paesistica degli stessi con il contesto territoriale nel quale si collocano. 2. I progetti di cui al comma precedente dovranno essere elaborati in modo da determinare avuto riguardo anche alle esigenze di funzionalità e sicurezza dell'impianto - il minor danno possibile nei confronti del paesaggio e dell'ambiente, da un lato, attraverso la scelta di siti, sedimi e volumi che assicurino il migliore inserimento nella morfologia dei luoghi e, dall'altro, mediante fissazione di modalità e fasi di esecuzione che consentano il progressivo recupero di soddisfacenti condizioni di riequilibrio ambientale in corso di esercizio. 3. Ai fini della verifica della compatibilità paesistica devesi fare riferimento prevalentemente alle indicazioni di livello locale del Piano relative agli assetti insediativo, geomorfologico e vegetazionale, e per quanto in particolare concerne il recupero ambientale dovrà essere prodotta una apposita documentazione contenente le soluzioni previste per le definitive sistemazioni. PUNTO 6) ALLA VOCE: Incentivare riutilizzo a fini di ripristino ambientale nel proposto piano di gestione si legge: “I rifiuti inerti possono essere un valido materiale da utilizzare nei ripristini ambientali in alternativa ai materiali naturali da cava. I possibili sbocchi di tale tipologia di rifiuti sono: riqualificazione siti industriali; opere di chiusura delle discariche. L’utilizzo di rifiuti inerti per tali opere porterebbe anche inevitabilmente ad una minore necessità di discariche di inerti, che in Regione, come già evidenziato nel quadro conoscitivo, sono in numero esiguo e non si prevedono che minimi aumenti nei prossimi anni. In tal senso può costituire un valido riferimento il censimento delle cave dismesse in Liguria, atto 5 37 conclusivo di uno studio che ha visto impegnati, a diverso titolo, soggetti istituzionali e associazioni di categoria allo scopo di implementare il sistema di conoscenze relativo alle attività di cava presenti sul territorio regionale, individuando quei siti, già oggetto di attività estrattiva, oggi non più utilizzati e di fatto abbandonati a se stessi. Ai fini del censimento, le cave dismesse sono state definite come quei siti estrattivi che hanno effettivamente cessato la loro attività precedentemente all'entrata in vigore della vigente legislazione regionale in materia di cave. Il loro numero è risultato essere di 380 siti e, sulla base dello stato dei luoghi al momento del censimento, sono stati suddivisi nelle seguenti categorie: cava rinaturata cava abbandonata (e non recuperata) cava recuperata sotto il profilo paesistico-ambientale cava riutilizzata a fini residenziali cava riutilizzata a fini industriali-artigianali cava riutilizzata per servizi. I dati raccolti nell'ambito del censimento sono stati organizzati e strutturati nell'ambito del sistema informativo regionale, all'interno del quale è possibile visualizzare la distribuzione delle cave dismesse presenti sul territorio ligure e conoscerne le principali informazioni. La mappatura dei siti è visualizzabile dalla voce cartografia del menu di destra dei Servizi on-line. Una stima del volume abbancabile disponibile indica una volumetria di 3.315.000 mc. Ai fini di promuovere tali impieghi e allo stesso tempo garantire un elevato grado di tutela ambientale, dovranno essere definiti specifici standard di qualità dei materiali, sotto il profilo geomorfologico, geochimico, geotecnico ecc., necessari per assicurare il migliore inserimento paesaggistico dell’opera e l’assenza di ripercussioni negative sugli equilibri ecologici ed ambientali.” Si osserva che molti dei siti dismessi indicati risultano essere in gran parte rinaturalizzati spesso con presenza di elementi di biodiversità oggetto di tutela (habitat con presenza di specie animali e vegetali tutelati, aree oggetto di nidificazione in parete, aree umide temporanee, aree a suscettività al dissesto alta con presenza di movimenti franosi, etc..), per cui si chiede che vengano predisposti nuovi ed accurati studi specifici al fine di ridimensionare il numero dei siti censiti. Inoltre da una verifica effettuata sulla Provincia di Savona, molti di questi non presentano più le caratteristiche di siti di cava dismessi sia dal punto di vista urbanistico-edilizio, che ambientale, visto il raffronto con lo stato dei luoghi da ortofoto datate 2012. Molti di questi indicati sul portale cartografico sono stati oggetto di edificazioni, oppure con presenza di quasi la totalità di coperture arboree presenti, etc.. PUNTO 7) CRITERI PER LA REALIZZAZIONE DI DISCARICHE/DEPOSITI RIFIUTI Le presenti verifiche di seguito riportate in relazione ai singoli siti indicati nel portale cartografico regionale come discariche, sono state messe a confronto con i Criteri per la realizzazione di discariche/depositi rifiuti : Criteri escludenti Aree individuate ai sensi dell'articolo 17, comma 3, lettera m) della legge 18 maggio 1989, n. 183: 2. Le aree individuate nei piani di bacino ai sensi dell’17 c.3 l.183/1989 ricondotte alle aree di pericolosità elevata e molto elevata perimetrate nei piani di bacino Aree collocate nella fascia di 10 metri dalla sponda di corpi idrici afferenti ad un bacino di superficie superiore a 2 Kmq Art.115 D. Lgs.152/2006 Regolamento Regionale n. 3/2011 Aree individuate dagli articoli 2 e 3 del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357 e aree naturali protette sottoposte a misure di salvaguardia ai sensi dell'articolo 6, comma 3 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, tra cui: SIC, ZPS e aree protette. 38 Zone rilevanti per la salvaguarda di siti comunitari. Corridoi ecologici per le specie di ambienti acquatici. Siti areali/puntuali di zone umide. Grotte importanti per la specie. Sorgenti importanti per la specie. Aree in corrispondenza di doline, inghiottitoi o altre forme di carsismo superficiale Cartografia regionale: perimetrazione delle aree carsiche di cui agli elaborati del PTCP (l.r. n.39/2009). Interventi ricadenti in zone di CONSERVAZIONE e zona in regime di MANTENIMENTO qualora ricadenti in sistemi di aree di interesse naturalistico ambientale P.T.C.P. – livello locale – assetto insediativo Art. 83 N.d.A. Interferenza con aree con presenza di beni culturali tutelati per legge D. Lgs. n.42/2004 e s.m. recante “Codice dei beni culturali e del paesaggio...”, Parte Seconda, (Soprintendenza) Criteri Penalizzanti Necessità di interventi di re inalveazioni o deviazioni di corsi d’acqua afferenti ad un bacino di superficie non superiore a 2 kmq Art.115 D. Lgs.152/2006 Regolamento Regionale n.3/2011 − Distanza del sito da SIC o effetti indiretti sul SIC, tra cui: − Corridoi ecologici per specie di ambienti boschivi. − Corridoi ecologici per specie di ambienti acquatici. − Attraversamento per specie di ambienti acquatici. − Siti puntuali/areali di fauna minore. − Siti puntuali di presenza delle specie. Interferenza con aree individuate come beni paesaggistici (beni ai quali sia riconosciuto “notevole interesse pubblico” od aree tutelate per legge) D. Lgs. n.42/2004 e s.m. recante “Codice dei beni culturali e del paesaggio...”, Parte Terza, artt. 134, 136, 142 39 OSSERVAZIONI RELATIVE ALLA SALUTE DEI RESIDENTI IN LIGURIA Rileviamo che il PIANO REGIONALE DI GESTIONE DEI RIFIUTI E DELLE BONIFICHE della Liguria, proposto dall’Autorità Procedente (AP settore aria, clima e gestione integrata rifiuti),nelle sue 800 pagine tratta di salute della popolazione ligure in modo saltuario e poco concreto: - nel Rapporto Ambientale “salute e qualità della vita” - nell'Allegato B al Rapporto preliminare, capitolo Aria, “conseguenze negative per la salute delle emissioni di biossido di azoto e della concentrazione di ozono nell'aria che respiriamo, in relazione alla presenza di discariche e di combustione del biogas”, con tabelle del 2008 sui dati delle emissioni. - nell’Introduzione “La direttiva 2008/98 CE ribadisce, ed integra, la cosiddetta gerarchia dei rifiuti: prevenzione o riduzione della produzione e della nocività dei rifiuti, preparazione per il riutilizzo, riciclaggio e recupero. Ai sistemi di smaltimento in discarica viene riservato un ruolo esclusivamente residuale. Tali azioni hanno l’obiettivo di consentire un risparmio delle risorse naturali (punto I), e, al contempo, ridurre la produzione di rifiuti e le ripercussioni negative sulla salute e sull'ambiente risultanti dalla produzione e gestione dei rifiuti. A tal fine, l’analisi del ciclo di vita è da ritenersi uno strumento utile per valutare gli impatti dei rifiuti sull’ambiente e sulla salute umana. Un ruolo fondamentale nella chiusura e gestione virtuosa dei rifiuti urbani è legato alla raccolta corretta ed alla gestione dedicata della componente umida o rifiuto organico. Il conferimento di rifiuto putrescibile in discarica deve essere limitato quanto più possibile, per considerazioni legate agli impatti sull’ambiente e sulla salute. Osserviamo che la questione "salute" non è affrontata come situazione concreta, da misurare e valutare, cioè come problema reale per cui proporre analisi e soluzioni. Non risulta che durante l’approvazione in Giunta regionale ci siano stati interventi in questo senso da parte dell’Assessore regionale alla salute. Eppure il motivo per cui ci si preoccupa dell’ambiente e cioè dell’inquinamento di aria, acqua, terra con sostante tossiche, deriva dalla consapevolezza che la presenza di inquinanti danneggia, anche attraverso la catena alimentare, la qualità di vita degli abitanti, provocando aumenti significativi di mortalità e di morbilità (le persone muoiono prima e soprattutto si ammalano di più rispetto ad una condizione normale). E questo comporta aumenti della spesa medica per la società, i cosiddetti costi esterni, non considerati e non coperti dal produttore di inquinamento, ma che le amministrazioni locali hanno i dovere di considerare nelle loro scelte programmatiche. Facciamo notare a questo proposito alcune gravi carenze esistenti: le ASL liguri, che hanno l’obbligo della tutela della salute pubblica, NON hanno il registro tumori obbligatorio per Legge; − i dati di mortalità aggiornati per i vari comuni non sono pubblicati oltre il 2005 e IST di Genova e l’assessore regionale alla sanità non forniscono tali dati, nonostante richieste ripetuta a norma di legge da gennaio 2013 da parte di Comitato Ambiente e Salute Spotorno − 40 Noli e anche da parte del Comune di Noli. (esiste analogo obbligo di tutela della salute da parte di ogni Sindaco) Poiché i danni all’ambiente e alla salute si sono già verificati in Liguria a causa di una gestione dei rifiuti basata principalmente sulle discariche, elenchiamo di seguito alcune proposte da inserire nel piano, che potrebbero progressivamente riportare ad una situazione sostenibile dal punto di vista ambientale e sanitario PROPOSTA 1. richiesta di REFERTI EPIDEMIOLOGICI per prevenzione primaria Una mole consistente di dati statistici sono già in possesso delle autorità sanitarie. Dati che, se usati e incrociati, potrebbero dimostrare la correlazione tra inquinamento ambientale e malattie tumorali, cardiovascolari – degenerative, riscontrate nelle popolazioni che vivono in prossimità di discariche, inceneritori, impianti industriali, centrali termoelettriche a carbone. Con “referti epidemiologici”, potremmo conoscere e migliorare lo stato di salute delle comunità. Sorprende il fatto che oggi si sappia ancora così poco dello stato di salute complessivo delle comunità liguri: non si sa in tempo reale se una popolazione, gruppo di lavoratori o di residenti in un determinato territorio, viva in una situazione critica dal punto di vista sanitario. Con uno studio epidemiologico basato sulle principali informazioni relative a tutti i malati di una popolazione in un preciso periodo di tempo, l’epidemiologo potrebbe diagnosticare lo stato di salute dell’intera comunità. Sarà sufficiente raffrontare con un opportuno standard, il complesso dei dati demografici e socio-sanitari correnti già presenti, dati riferiti a diagnosi, ricoveri, decessi, uso di farmaci, ecc. per l’insieme dei pazienti della comunità in esame. Il referto epidemiologico si basa su un semplice “conteggio” di tutti i deceduti e dei nuovi malati (es. malformazioni neonatali, complesso dei tumori ecc.) diagnosticati in una specifica comunità, considerando tutti i casi sulla base dell’età, del genere, dell’area geografica, del periodo e di altre caratteristiche. I valori osservati devono essere raffrontati con il valore atteso proveniente da una popolazione standard. Se il rapporto tra questi due valori risulterà superiore a 1 (ci sarà quindi un eccesso di casi osservati) saremo in presenza di un fenomeno più frequente del previsto. A questo punto, con altri specialisti, dovranno essere indagate casualità e causalità dell’evento. L’utilizzo di questi dati, se adeguatamente aggiornati, potrebbe permettere di identificare eventuali criticità, di origine ambientale, lavorativa o sociosanitaria ed intervenire su di esse. Ciò aiuterebbe ad individuare tempestivamente le soluzioni, migliorando la qualità di vita dei cittadini, salvando molte vite, mantenendo sano il tessuto sociale e risparmiando risorse economiche utilizzabili altrove, magari proprio per attivare una efficace prevenzione primaria (rimuovere le cause di queste malattie ed evitare altri malati). Per esempio, se il referto epidemiologico fosse stato già concepito ed utilizzato, grazie all’indagine epidemiologica che nel 2001 ha confermato il grave stato di salute dei residenti nel quartiere di Cornigliano di Genova esposti all’inquinamento siderurgico, si sarebbe potuto ridurre drasticamente anche il numero di vittime osservate a Taranto - sede di un simile impianto siderurgico - dove solo recentemente sono stati stimati ben 30 decessi/anno in più rispetto al previsto. La realizzazione di un referto epidemiologico non è complessa e neppure costosa. Infatti i dati correnti esistono già, e sono presenti negli assessorati alla salute, nelle Asl, negli ambulatori medici e negli ospedali. Sono già informatizzati, codificati e riferiti ad ogni individuo che abbia avuto contatti con strutture sociosanitarie pubbliche o private. Attualmente tali dati non sono utilizzati in modo sistematico, continuo e applicato all’epidemiologia, ma servono solo per scopi amministrativi, economici e statistici. 41 In questo contesto il Medico di Medicina Generale (MMG) potrebbe svolgere un ruolo cruciale, sia come attore (fornitore di dati relativi alla sua esperienza), sia come utente, perché questo strumento potrebbe consentirgli una maggiore conoscenza della situazione da cui proviene il paziente che ha in cura, favorendo diagnosi e offrendo utili elementi per agire in ambito preventivo. Anche in Liguria (1), così come in altre regioni italiane, qualche passo è stato realizzato, ma l’aggiornamento non appare tempestivo né sistematico. La proposta è di incoraggiare la creazione del referto epidemiologico su tutto il territorio, o almeno nelle aree più critiche. Il suo uso è assolutamente necessario per conoscere in tempo reale lo stato di salute dell’intera comunità valutandone lo spread rispetto al valore standard della morbilità e mortalità realmente osservata. Riferimento 1) ARS, I quaderni dell’Agenzia. Rapporto sullo Stato di salute della popolazione ligure, parte seconda - marzo 2010. PROPOSTA 2: uso del PRINCIPIO DI PRECAUZIONE E PREVENZIONE Consistenti danni alla salute sono causati dalla mala-gestione dei rifiuti attraverso bonifiche, discariche ed inceneritori, e finora si sono scoperti sempre molti anni dopo. Questo ritardo è dovuto al “fuoco amico sull’epidemiologia”, e anche a tutti quei soggetti (amministratori e ricercatori) che non vogliono applicare le evidenze scientifiche “indirette” già presenti, né vogliono applicare i principi di precauzione e prevenzione. Questo “eccesso di rigore” (accoppiato all’assenza di analisi sui dati ambientali ed epidemiologici già presenti) permette di “non disturbare il manovratore” e continuare a fare danni all’ambiente senza misurarne gli effetti sulla salute. I “sottovalutatori” di inquinamenti e danni alla salute della comunità continuano a fare molti danni. Ad es. impediscono l’analisi tempestiva degli inquinamenti (di aria, acqua, terra e cibo) e, soprattutto, impediscono quegli studi (economici e tempestivi) sullo stato di salute della popolazione, esami e referti epidemiologici. PROPOSTA 3: uso di STUDI ESISTENTI IN MODO LOGICO Le prove dei danni sanitari già esistono : A. Lo studio SENTIERI ha calcolato per il periodo 1995-2002 l’eccesso di morti (+ 1200 all’anno) solo in un campione di 44 aree classificate come Siti di Interesse Nazionale per le bonifiche (SIN) http://www.epiprev.it/sites/default/files/EP2011Sentieri2_lr_bis.pdf (vedi Martuzzi e coll, cap 5, pag 157, 2011) e l’aumento della mortalità complessiva (dal 7 al 17% in più) nella popolazione femminile esposta almeno 5 anni ai metalli pesanti emessi dagli inceneritori di Coriano-Forlì. B. Recente studio italiano (Ranzi et al. Environmental Health 2011 10:22 doi:10.1186/1476069X-10-22) riguarda i 10 decessi in più registrati ogni anno per il complesso delle cause (inclusi i tumori) nel periodo 1990-2003 tra le donne esposte ai metalli pesanti sempre dagli inceneritori di Coriano. In questo caso l’eccesso di mortalità complessivo è compreso tra il 9 e il 19% in più. Naturalmente iI dato è aggiustato per età e livello socio-economico. Riferimento 42 − http://www.ehjournal.net/content/10/1/22/table/T3 − http://www.ehjournal.net/content/10/1/22 PROPOSTA 4: Istituzione di un OSSERVATORIO SULLA SALUTE Su Obiettivo 1) La Direttiva europea definisce “prevenzione” le misure adottate prima che una sostanza, un materiale o un prodotto diventino un rifiuto e che quindi sono in grado di ridurre: a) la quantità dei rifiuti (anche attraverso il riuso dei prodotti o l’estensione del loro ciclo di vita); b) gli impatti negativi dei rifiuti prodotti sull’ambiente e la salute umana; c) il contenuto di sostanze pericolose in materiali e prodotti Osserviamo che non prevedere alcuna riduzione dei rifiuti fino al 2016 e una riduzione molto scarsa al 2020 contribuisce di fatto a prolungare gli impatti negativi sull’ambiente e sulla salute. Su Obiettivo 2) Osserviamo che la tempistica prevista è estremamente dilatata e gli stessi risultati sarebbero perseguibili in tempo significativamente minore se il piano regionale prevedesse un adeguato sistema di raccolta porta a porta su tutto il territorio con meccanismi di incentivazione/disincentivazione rispettivamente per i Comuni "virtuosi" e inadempienti e l’adozione della tariffa puntuale. Quindi differire di 7 anni il raggiungimento del 65% di RD, significherà prolungare i danni alla salute prodotti attualmente Su Obiettivo 3) E’ stata esclusa l’ipotesi di collocare il rifiuto residuo direttamente senza pretrattamento in discarica in considerazione dei vincoli normativi relativi al contenuto di sostanza organica biodegradabile nei rifiuti da collocare in discarica e per ridurre il più possibile le ripercussioni negative sull’ambiente e i rischi per la salute. Concordiamo sull’indispensabile pre-trattamento, che ci risulta al momento non eseguito nella discariche di Boscaccio a Vado L in provincia di Savona e di Scarpino a Genova. In quest’ultima risultano da moltissimi anni gravi problemi di percolato che va ad inquinare le sorgenti. Nella discarica della Ramognina a Varazze (SV) deve ancora essere costruito il capannone necessario al pre-trattamento 43
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