Corriere della sera - 02.09.2014

MARTEDÌ 2 SETTEMBRE 2014 ANNO 139 - N. 207
Milano, Via Solferino 28 - Tel. 02 62821
Roma, Via Campania 59/C - Tel. 06 688281
Il futuro di Luxottica
Del Vecchio: ecco perché
ho scelto un triumvirato
Mostra di Venezia
Leopardi in fuga
di Elio Germano
Con il Corriere
Tutti i film di James Bond
Seconda uscita: Goldfinger
di Fabio Tamburini
e Daniela Polizzi a pagina 25
Cappelli, Manin, Mereghetti
e Ulivi alle pagine 36 e 37
Domani in edicola a 9,99 euro
più il prezzo del quotidiano
Giannelli
Il governo
QUEI SORPASSI
SUBITI IN RETE
9 771120 498008
40 9 0 2>
Poste Italiane Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 conv. L. 46/2004 art. 1, c1, DCB Milano
Il premier lancia l’agenda dei mille giorni. Un sito per verificare il programma
Calano gli interessi sul
debito. E il fabbisogno statale, la differenza globale
tra entrate e uscite, nei primi 8 mesi dell’anno si attesta a 50,4 miliardi, cioè 10,6
in meno rispetto allo stesso
periodo del 2013. Buone
notizie per il governo che
ieri ha lanciato l’agenda dei
mille giorni. Sul fronte lavoro, Renzi ha indicato la
Germania come modello.
Le scadenze
Casa e tasse
Una guida
al labirinto
di GINO
PAGLIUCA
A PAGINA 6
Cosa possiamo imparare da Berlino
MINI JOB E SERVIZI ALL’IMPIEGO
SINDACATI E AZIENDE ALLEATI
di MAURIZIO FERRERA
L
a riforma del mercato del lavoro deve ispirarsi al
modello tedesco. Così ha detto ieri Matteo Renzi,
allineandosi a molte autorevoli voci italiane ed europee.
DA PAGINA 2 A PAGINA 5
CONTINUA A PAGINA 2
Ischemia per Latorre, ricoverato in ospedale. Il ministro Mogherini preme sul governo indiano
L’America e gli altri
«Ora riportare i marò in Italia»
PROPOSTA
Accelerazione per sbloccare il caso, l’ipotesi arbitrato
MONDIALE
«R
iportare al più presto i marò in Italia». Pressioni del
ministro Mogherini, Alto commissario europeo,
sul governo indiano in seguito all’ischemia che ha colpito
Massimiliano Latorre. È l’accelerazione che potrebbe essere decisiva al caso dei due pescatori indiani uccisi il 15 febbraio 2012, della cui morte Latorre è accusato insieme con
Salvatore Girone. Sullo sfondo, l’ipotesi di un arbitrato.
ALLE PAGINE 8 E 9
Per l’Ucraina rischi di «una grande guerra»
Pace, il Papa schiera il calcio
di GIAN GUIDO VECCHI
«D
iego, ti aspettavo». L’abbraccio tra papa Francesco e Maradona prima della
partita per la pace all’Olimpico (foto). Calciatori e grandi ex in Vaticano: oltre
A PAGINA 17
a Maradona, Baggio, Del Piero, Shevchenko, Eto’o, Zanetti e molti altri.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
I russi avanzano ancora
e Kiev chiede aiuto
L’Europa avverte Putin
L’Ucraina si appella all’Europa: parla di stato di
guerra con la Russia e prevede decine di migliaia di
morti se non si interverrà.
Da Londra e Berlino si chiede a Putin di fermare l’aggressione e la diplomazia fa
passi avanti: per la prima
volta i ribelli filorussi valutano l’idea di stare in Ucraina ma in uno Stato federale.
A PAGINA 10 Dragosei, Sarcina
Il racconto del soccorritore sul Monte Disgrazia: uno dei quattro era ancora vivo
«Lo scalatore che non ho salvato»
di ANDREA
PASQUALETTO
Gli hacker nella «nuvola» di Apple
I
n fondo al ghiacciaio, sul
Monte Disgrazia, c’era ancora uno scalatore vivo. Uno
dei quattro. Alessandro, che
con la sua compagna ha
tentato di soccorrerlo, ricorda per il Corriere: «Era a testa in giù e sopra c’erano gli
altri tre. Diceva: aiutatemi».
Poi il buio: «Abbiamo cercato di salvarlo con ogni mezzo, non ci siamo riusciti».
A PAGINA 15
Jennifer e le foto rubate
La privacy impossibile
di MARIA LAURA RODOTÀ
C
erto, Jennifer Lawrence e gli altri non
avrebbero voluto vedere le loro foto senza
vestiti sui siti. E invece ha fatto il giro del mondo
il caso degli hacker che hanno violato la
«nuvola» di Apple e la privacy dei vip.
A PAGINA 21 con gli articoli di Ottolina e Serra
PER UN NUOVO
ORDINE
di HENRY KISSINGER
di DANILO TAINO
L’abbraccio con Maradona
REUTERS / ALESSANDRO BIANCHI
C
è che la Rete è sempre più un
volano per l’economia. Il fatturato delle imprese europee ricavato dal Web nel
2013 è stato in media del 14%.
Ma la Gran Bretagna e la Slovacchia sono già al 18, la Repubblica ceca al 26, l’Irlanda
al 31%: quasi un euro su tre, a
Dublino e dintorni, arriva via
Internet. Noi siamo al 7%: la
metà o meno delle altre europotenze. Per non dire del
turismo, che vive un boom
spropositato a livello planetario ma che solo parzialmente ci sfiora nonostante il
nostro immenso patrimonio culturale, paesaggistico
ed enogastronomico.
Il business vacanziero europeo dipende per un quarto dal Web ma la quota si impenna fino al 39% nel Regno
Unito. Noi siamo al 17%: nettamente sotto la Francia e la
Spagna, le concorrenti dirette. Quanto al rapporto fra
cittadini e pubblici sportelli,
un’altra ricerca MM-One sui
Paesi che sfruttano meglio
le potenzialità della Rete dice che, se la Danimarca sta a
100, noi siamo a 9. Umiliante. Come se mancasse la
consapevolezza, al centro e
in periferia, di quanto il settore sia centrale. Come se
nessuno si fosse accorto che
perfino qui da noi, negli ultimi anni, come spiega
l’Agenda digitale italiana, il
Web ha creato 700 mila posti
di lavoro: sei volte più degli
addetti di un settore storico
quale la chimica.
Eppure, davanti a un quadro così, lo stesso governo
del primo premier incessantemente affaccendato tra Facebook e Twitter, WhatsApp
ed Instagram pare aver deciso, stando alle bozze dello
Sblocca Italia, di limitare gli
aiuti per l’estensione della
banda larga, sulla quale siamo in angoscioso ritardo
sulla tabella di marcia europea, agli sgravi fiscali (sostanziosi o meno non si sa)
per chi investirà sulle «aree
a fallimento di mercato»,
quelle dove gli operatori
non mettono soldi per paura
d i p e rd e rc i . C h e d i re ?
#inboccaallupo.
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Il debito costa meno, migliorano i conti
Renzi: modello Germania per il lavoro
di GIAN ANTONIO STELLA
AP / ANDREW MEDICHINI
L’ARRETRATEZZA DIGITALE ITALIANA
i ha spezzato le reni,
per dirla ironicamente col Duce, anche la Grecia. Da ieri, sentenzia il sito netindex.com che misura la velocità di download domestica
sulla base di cinque milioni
di test al giorno, siamo novantottesimi al mondo. Dopo l’amata e malmessa Ellade e davanti al Kenya. Nel
dicembre 2010 eravamo al
70º posto. Nel dicembre
2012 all’84º. Sempre più giù,
giù, giù...
Coi nostri mediocri 8,51
megabyte mediamente scaricabili al secondo siamo ultimi tra i Paesi del G8 (penultimo è il Canada che svetta dal 23,09: il triplo), penultimi tra quelli europei
davanti alla Croazia e ultimissimi tra i 34 dell’Ocse.
Abissalmente lontani dalla
velocità con cui scaricano
dal Web i cinesi di Hong
Kong, quasi undici volte la
nostra, ma anche i sudcoreani, gli svedesi, gli svizzeri.
C’è chi dirà: si tratta di realtà
disomogenee e in qualche
modo eccentriche rispetto
alle realtà economiche, tanto da vedere ai primi posti
per eccellenza della Rete la
Romania, dove però i cittadini dialogano ancor peggio
di noi con gli sportelli informatici pubblici.
Vero. Resta il fatto che in
classifica siamo staccati di
58 gradini dalla Cina, 65 dalla Spagna, 69 dalla Germania, 71 dalla Gran Bretagna,
76 dalla Francia con la quale
fino a una dozzina di anni fa
eravamo sostanzialmente
alla pari. Per non dire della
velocità di upload, cioè del
tempo che si impiega per
caricare un documento in
Rete: quattro anni fa eravamo ottantaseiesimi. Oggi
siamo al 157º posto. Molto
ma molto più distanti dalla
Francia che dal Congo o dal
Burkina Faso.
Ora, se il Web servisse solo ai ragazzini per dibattere
dei tatuaggi preferiti o alle
amanti della tisana per consigliare la menta piperita,
poco male. Il nodo, come dimostra un’analisi di MMOne Group su dati Eurostat,
Servizio Clienti - Tel 02 63797510
mail: [email protected]
Fondato nel 1876
CONTRASTO
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In Italia ( con “Living”) EURO 1,40
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Il reportage
Iraq, nella città
liberata
con gli iraniani
di LORENZO
CREMONESI
A PAGINA 13
I
l concetto di ordine
mondiale che ha
governato sinora i
rapporti internazionali è
entrato in una crisi
irreversibile. Nei decenni
successivi alla Seconda
guerra mondiale, gli Stati
Uniti si accollarono l’onere
di portare la fiaccola della
leadership internazionale,
alla quale aggiunsero una
dimensione ulteriore.
Nazione fondata sul
concetto di un governo
libero democraticamente
eletto, gli Stati Uniti hanno
fatto coincidere la propria
nascita con l’affermazione
degli ideali di libertà e
democrazia, attribuendo a
queste forze la capacità di
assicurare una pace giusta
e duratura. L’approccio
tradizionale europeo
ammette invece una
competizione implicita
tra popoli e Stati. Per
scongiurare i pericoli
di ambizioni conflittuali,
l’Europa si è affidata
a un equilibrio di potere
e a un’assemblea di
statisti illuminati.
A PAGINA 11
2
Primo Piano
Martedì 2 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Il governo Le scelte
Renzi: non soffro di annuncite
L’orizzonte è maggio 2017
Il premier dà il via ai suoi mille giorni con un sito sul programma
«Sul lavoro il modello è Berlino. Ora non si discute di rimpasto»
Il sistema tedesco
Nel 2003 il cancelliere socialdemocratico Gerhard Schröder presentò
«Agenda 2010», un pacchetto di riforme che incise sulla spesa sociale, sul fisco,
sulla sanità e sulle regole del mercato del lavoro e della formazione
Il libretto rosso con le riforme
e lo slogan «La Germania in movimento»
Il tasso di disoccupazione in Germania
%
10,5
nel 2003
a luglio 2014
4,9
%
Il mercato del lavoro e il piano Hartz
Il cancelliere
Gerhard Schröder
e Peter Hartz
nel 2002
L’ossatura dell’«Agenda 2010» fu il piano Hartz, scritto dal direttore
del personale della Volkswagen Peter Hartz cui Schröder affidò la presidenza
della commissione «Servizi moderni al mercato del lavoro». I provvedimenti,
che impostarono in modo più efficiente il mercato del lavoro e riformarono
il collocamento. Furono suddivisi in singole leggi con le sigle Hartz I, Hartz II,
Hartz III e Hartz IV, entrate in vigore gradualmente tra il 2003 e il 2005
Formazione e agenzie interinali
Hartz I
Agevolazione di nuove forme di lavoro
Incentivazione della formazione continua attraverso l'Agenzia
federale per il Lavoro
Assegno di sussistenza
Lavoro interinale con le agenzie di personal service (Psa)
Equiparazione dei lavoratori interinali ai lavoratori a tempo
indeterminato: stesso orario di lavoro, stessa retribuzione,
uguale diritto alle ferie
Minijob e dipendenti marginali
Hartz II
Nuovi tipi di impiego, Minijob e Midjob. Nasce la figura
del dipendente marginale, che guadagna fino a 400 euro al mese
o ha un orario di lavoro con più di 15 ore settimanali
L'importo forfettario del contributo all'assicurazione sanitaria
obbligatoria è elevato dal 10% all'11% della retribuzione lorda
Il datore di lavoro paga una tassa forfettaria pari al 2%
della retribuzione lorda
Hartz III
L’Agenzia federale
Ristrutturazione dell'Ente federale per il lavoro
in Agenzia federale per il lavoro
Hartz IV
I sussidi di assistenza
Fusione degli aiuti concessi ai disoccupati di lungo periodo e dei
sussidi di assistenza sociale con un livellamento verso il basso,
a 345 euro mensili cui si aggiungono i contributi per l’abitazione
e l’assistenza sanitaria
Obbligo per i disoccupati di accettare ogni lavoro proposto
dagli uffici di collocamento, pena la perdita del sussidio
Passaggio di competenza sull'intermediazione di disoccupati
e assistiti sociali dalle autorità locali all’Agenzia federale
ROMA — «Nel momento in
cui sei accusato di annuncite,
malattia tipica di una parte del
ceto politico, noi rispondiamo con un elenco di date alle
quali ci siamo auto costretti».
Il presidente del Consiglio
Matteo Renzi presenta il programma dei mille giorni, che
almeno in teoria chiude la
strada alla tentazione delle
elezioni anticipate per arrivare fino al maggio 2017, pochi
mesi prima della scadenza naturale della legislatura. E lo fa
tagliando virtualmente il nastro di un sito internet che dovrà dar conto dei progressi del
governo sulla strada delle riforme. L’indirizzo è passodopopasso.italia.it, la parola
Italia aggiunta in corso d’opera perché altrimenti si finisce
su un sito dedicato alla scuola,
materia sulla quale il governo
è stato appena costretto al rinvio. Più che di un cronoprogramma, però, si tratta di un
diario di bordo. Non un elenco di riforme da fare con relativa data di scadenza, insomma, non il famoso foglio excel.
Ma una sorta di blog, dove
vengono spiegati con taglio divulgativo i lavori in
corso del governo: «Riforma della Pubblica amministrazione: tra risparmio,
semplificazione e rinnovamento», «Tutti i cantieri
dello Sblocca Italia». E via
così, con la possibilità di
scrivere direttamente al governo per suggerimenti o
commenti.
Anche se non ci sono impegni precisi, il programma
dei mille giorni arriverà in
Parlamento dove, spiega il
ministro delle Riforme Maria
Elena Boschi, dovrebbe prendere la forma di un’informati-
va del governo. Forse in quell’occasione potrebbe diventare più concreto, un documento con titoli e scadenze. Ma se
informativa sarà, non dovrebbe seguire un voto, tanto meno di fiducia. Sarebbe solo un
passaggio formale, non segnerebbe la nascita di un Renzi bis, la nascita di un nuovo
programma e magari pure di
una nuova maggioranza.
Il virtuale taglio del nastro è
l’occasione per lanciare l’idea
dei «mille asili in mille giorni», che dovrebbe essere concentrata soprattutto nel Mezzogiorno. E per tornare sul dibattito andato avanti tutta
l’estate a proposito delle regole per i licenziamenti: «Il problema — afferma il premier
L’articolo 18
Sull’articolo 18 parole
nette: riguarda solo 3
mila persone l’anno, ma
da tempo è vissuto
come l’unico problema
— non è l’articolo 18, che riguarda 3.000 persone l’anno
in un Paese di 60 milioni di
persone, ma da anni è vissuto
come l’unico problema». Dice
Renzi che va riscritto l’intero
Statuto dei lavoratori, che «sul
lavoro la Germania è un nostro modello, non un nostro
nemico» e che il «contratto a
tutele crescenti è uno strumento su cui credo ci possa
essere un’ampia maggioranza
in ambito parlamentare».
No, invece, ad un ricambio
generale nella squadra di governo in vista del trasferimento a Bruxelles del ministro degli Esteri Federica Mogherini: «Non c’è nessuna discussione sul rimpasto» dice
Renzi, sostenendo che la questione verrà affrontata solo alla fine di ottobre, quando la
nomina della Mogherini verrà
formalizzata, e forse ricordando che i guai veri per Enrico
Letta cominciarono proprio
quando si cominciò a parlare
di rimpasto. Il sito dei mille
giorni terrà il conto anche dei
decreti attuativi, le norme tecniche che devono mettere in
pratica leggi e decreti. L’ultimo aggiornamento dice che,
A Palazzo Chigi
Il sottosegretario Graziano
Delrio, 54 anni, il premier
Matteo Renzi, 39 anni, e il
ministro alle Riforme Maria
Elena Boschi, 33 anni, ieri
durante la conferenza stampa
sui «Mille giorni» (Luigi Mistrulli)
Sul «Financial Times»
«Italia e Francia frenate dall’inerzia»
Renzi e Hollande hanno un destino simile: la necessità di
riforme strutturali. È l’analisi del Financial Times, secondo cui
sulle modifiche al sistema giudiziario nel nostro Paese e a quello
notarile in Francia il premier italiano e il presidente francese
«hanno identificato i problemi ma fatto piccoli progressi
rispetto
agli interessi particolari e all’inerzia». Ma, anche se
r
Renzi
e Hollande «potranno far fatica a condurre in porto» le
R
riforme,
«almeno sono in grado di riconoscerne la necessità».
r
se al momento di insediarsi il
governo Renzi aveva ereditato
889 provvedimenti, oggi il totale è sceso a 699. In sei mesi
l’arretrato è stato quasi dimezzato ma nel frattempo si
sono aggiunte altre norme attuative.
Dalle opposizioni piovono
critiche. Forza Italia parla di
«passo del gambero», la Lega
di «stupidaggini», il Movimento 5 Stelle scommette
contro la riuscita della «fantomatica agenda». Ma Renzi
ostenta il suo ottimismo:
«Leggo di tanti giudizi sul fatto che sarebbe finita la nostra
luna di miele con gli elettori.
Sono le stesse frasi che leggevo una settimana prima delle
elezioni europee, quindi portano bene. Magari ci diranno
che siamo un po’ troppo ambiziosi o arroganti. Ma noi il
Paese lo cambiamo davvero»
Lorenzo Salvia
@lorenzosalvia
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il commento
Nella lezione tedesca
tanto da apprendere
anche per le parti sociali
SEGUE DALLA PRIMA
Per i non addetti ai lavori sorgono
spontanee due domande: perché dobbiamo imitare proprio la Germania? E
in che cosa, esattamente? Rispetto all’Italia, la performance occupazionale
tedesca è di gran lunga più brillante. A
fine luglio il tasso di disoccupazione
era al 4,9%, di contro al 12,6% in Italia.
Nel caso dei giovani, il divario diventa
impressionante: circa 8% in Germania,
più del 42% in Italia. Lo stesso vale per
l’occupazione femminile: 72% contro il
50%. I livelli odierni sono stati conquistati passo dopo passo dalla Germania
nel corso dell’ultimo decennio, a dispetto della crisi. Nel 2003 la prima
economia Ue era considerata il grande
malato d’Europa, con tassi di disoccupazione persino più alti di quelli italiani. Il modello tedesco si presta a essere
un punto di riferimento proprio per la
sua capacità di creare posti di lavoro,
anche in tempi difficilissimi.
A che cosa è dovuto questo «miracolo»? La risposta più comune, anche a
Berlino, è questa: il merito è delle cosiddette riforme Hartz, introdotte dal
Ca n ce l l i e re s o c i a l d e m o c r a t i co
Schröder fra il 2003 e il 2005. Si è trattato di quattro diversi pacchetti legislativi che hanno ridotto la generosità
delle prestazioni pubbliche, riorganizzato i servizi per l’impiego, introdotto
nuove tipologie di lavoro flessibile e di
sussidi ai bassi salari. Secondo molti
esperti, le riforme Hartz sono però solo
una parte della verità, e forse non la più
importante. Il successo è soprattutto
figlio della moderazione salariale negoziata fra imprese e sindacati, grazie
al peculiare sistema tedesco di relazioni industriali. Hanno inoltre svolto un
ruolo di primo piano la stabilità dell’euro e la disponibilità di credito a
buon mercato: entrambi hanno permesso alle imprese di rimanere competitive.
In poche parole, l’Unione economica
e monetaria ha fatto molto bene alla
Germania. Va inoltre detto che le riforme Hartz hanno dato luogo a luci e ombre. Moltissimi giovani, donne e ultracinquantenni sono ad esempio intrappolati nei cosiddetti minijobs: lavori
part time pagati 400 euro al mese (anche se spesso integrati da trasferimenti
pubblici, che consentono di raggiungere i 1.000 euro). Questo spiega perché, pur essendo ritenute responsabili
del miracolo, le riforme Hartz siano a
tutt’oggi molto impopolari fra l’opinione pubblica, criticate soprattutto da
quel partito socialdemocratico che dieci anni fa incaricò un consigliere d’amministrazione della Volkswagen (Peter
Hartz, appunto) di presiedere una
Commissione tecnica per le riforme.
Se teniamo conto del quadro completo, quale lezione può l’Italia trarre
dall’esperienza tedesca? Alcuni fattori
che hanno giocato un ruolo positivo in
Germania da noi remano contro. La
stabilità dell’euro è un bene per il sistema Italia, ma erode i margini delle nostre imprese e la loro propensione ad
assumere. Lo spread ha alzato il costo
del credito, penalizzandoci fortemente
negli ultimi ani. Queste dinamiche andrebbero ricordate oggi al governo tedesco per contrastarne la filosofia dei
«compiti a casa»: non tutto dipende
dalle riforme interne.
Nella misura in cui queste ultime
possono fare la differenza, la lezione
tedesca non è né chiara né univoca.
Non si può fare «copia e incolla», oc-
corre approfondire i dettagli delle riforme Hartz per individuarne i lati
davvero positivi. In base alle ricerche
disponibili, le misure più virtuose
sembrano essere state: la riforma dei
servizi per l’impiego (compresi i voucher) e il potenziamento della formazione professionale; i sussidi per l’auto-impiego; alcuni aspetti (non tutti)
dei contratti «mini» e «midi» (fino a
600 euro). Se c’è uno staff tecnico nel
governo Renzi che sta riflettendo sul
Jobs Act, farebbe bene a concentrarsi
soprattutto su questi elementi.
Resta il terzo fattore di successo sopra menzionato: le relazioni industriali
Il copia e incolla da evitare
Non si può fare «copia e incolla»,
meglio concentrarsi sulle misure
più virtuose a partire dai servizi
per l’impiego e la formazione
e la contrattazione salariale. Su questo
fronte la Germania ha davvero molto
da insegnare. Ma ad apprendere non
può essere solo il governo. Occorrono
l’interesse e la disponibilità delle parti
sociali: entrambe. E qui, a dire il vero, i
segnali di cambiamento sono molto
pochi, anche sul piano della capacità di
analisi e della definizione di priorità
strategiche.
Maurizio Ferrera
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Martedì 2 Settembre 2014
Primo Piano
italia: 51575551575557
3
Gli equilibri Al vertice anche le strategie per confermare e allargare il bonus di 80 euro
Dal fabbisogno arriva un aiuto
Calo di 10 miliardi in 8 mesi
Padoan a Palazzo Chigi: sul tavolo la legge di Stabilità
Su Internet
La verifica sul web
Nelle intenzioni del premier
Matteo Renzi, che lo ha
presentato ieri in conferenza
stampa a Palazzo Chigi, il sito
passodopopasso.italia.it dovrà
essere un diario di bordo aperto
a tutti per permettere la verifica
dell’attività di governo
monitorando l’avanzamento
delle riforme contenute nel
pacchetto dei «mille giorni»
Il cronoprogramma
Il portale è legato al nuovo
cronoprogramma dell’esecutivo
negli interventi che saranno
varati e, aggiunti
progressivamente, e nel timing
finale — il maggio 2017 —
posto come data entro la quale,
assicura il presidente del
Consiglio, «riporteremo l’Italia al
suo posto»
Le sezioni e le slide
Cinque sono le sezioni principali
del sito, costruito con il software
wordpress e caratterizzato da
slide colorate: Mille giorni, Passo
dopo Passo, News, Infografiche
e Video. Sulla homepage della
piattaforma si leggono inoltre
alcuni dei più recenti interventi
dell’esecutivo, che lo stesso
Renzi ha incluso nei «Mille
giorni»: dalla riforma della
Pubblica amministrazione allo
Sblocca Italia, dal dimezzamento
dei permessi sindacali al decreto
Poletti grazie a cui sono stati
«salvati 1.200 posti di lavoro» di
Electrolux, si legge online. Oggi
verranno pubblicate le misure
sull’agricoltura
Il confronto via mail
Su tutti i temi presenti online
chiunque vorrà potrà
confrontarsi scrivendo a un
indirizzo mail ad hoc,
[email protected]
I primi 6 mesi di governo
Nella sezione Passo dopo passo
viene dato conto di alcuni dei
principali provvedimenti dei
primi 6 mesi del governo Renzi,
dalla riforma del Senato al
bonus Irpef, ma sono riportati
anche dati economici (come
l’aumento di occupati da
febbraio secondo l’Istat) e
dichiarazioni, anche video, dei
membri dell’esecutivo
Il countdown
In cima alla home page compare
il countdown con il traguardo,
appunto, dei mille giorni
Online
L’home page
Il sito del governo passodopopasso.italia.it per spiegare le riforme
Il retroscena
ROMA — Una legge di Stabilità che avrà
come obiettivo la crescita dell’economia e
la creazione di posti di lavoro. E che dunque non dovrà contenere misure che abbiano effetti recessivi, neppure indiretti.
Anche nella revisione della spesa pubblica
quindi bisognerà stare attenti ad eventuali
conseguenze indesiderate, scegliendo bene dove tagliare. Su queste linee guida
condivise il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, e il ministro dell’Economia, Pier
Carlo Padoan, hanno cominciato ieri a impostare, in un incontro a Palazzo Chigi, il
lavoro per la legge di Stabilità che dovrà
essere inviata a Bruxelles il 15 ottobre, ma
che potrebbe essere approvata dal consiglio dei ministri qualche giorno prima.
Poco più di un mese quindi per dar corpo
alla manovra economica che, sempre nelle
intenzioni del governo, dovrà avere un respiro pluriennale per dare credibilità al disegno complessivo di rilancio dell’economia. Una manovra sulla quale Renzi e Padoan intendono coinvolgere direttamente
i ministri con una serie di incontri nelle
prossime settimane. Un lavoro collegiale
per evitare scontri all’ultimo minuto sui
tagli. Che rimangono il piatto forte della
legge di Stabilità.
Magari non saranno più i 17 miliardi di
euro indicati nel Def (Documento di economia e finanza) per il 2015, che diventano addirittura 32 nel 2016. Più tempo passa, infatti, e più il governo si rende conto
della difficoltà di tagliare la spesa pubblica
in maniera credibile per cifre così consistenti senza indurre effetti di riduzione del
Prodotto interno lordo, che del resto lo
stesso Def quantifica dello 0,2% l’anno
prossimo e dello 0,3% quello dopo. Effetti
che inizialmente dovevano essere più che
compensati, nei piani del governo, dal decollo dei consumi dovuto alla stabilizzazione del bonus e dalla ripresa dell’occupazione. Ma, a questo punto, visto che sia-
mo ripiombati nella recessione, la prudenza è d’obbligo. In ogni caso, il bonus da
80 euro al mese per chi ha un reddito fino a
24 mila euro verrà riconfermato, ha ribadito ieri Renzi, non escludendo un qualche
ampliamento della platea. Tra le ipotesi allo studio, quella che costerebbe meno prevede di aumentare le soglie di reddito (fino a un massimo di 50 mila euro) per aver
diritto agli 80 euro nel caso delle famiglie
numerose. Ci vorrebbero circa 300 milioni
in più rispetto ai 10 miliardi necessari per
stabilizzare il bonus, di cui 7 aggiuntivi rispetto ai 3 strutturali già decisi quest’anno
col decreto che ha istituito il bonus. Molto
di più —1,5-2 miliardi — costerebbe invece l’estensione del beneficio agli incapien-
La parola
Fabbisogno
‘‘
Il fabbisogno dello Stato è la
quantità di risorse necessarie
alla copertura finanziaria del
bilancio, ovvero l’ammontare dei
fondi che lo Stato deve raccogliere
per far fronte al saldo passivo tra
entrate e uscite. Ad agosto il nostro
fabbisogno è stato pari a circa 7,5
miliardi, 2 miliardi in meno
dell’agosto 2013. Nei primi otto mesi
del 2014 il fabbisogno si è attestato
a circa 50,4 miliardi, 10,6 in meno
rispetto allo stesso periodo del 2013.
Per il ministero dell’Economia il
buon risultato di questo agosto è
dovuto anche alla diminuzione della
spesa per gli interessi sul debito —
pari a circa 700 milioni — mentre
gli incassi fiscali si mantengono in
linea con quelli dello scorso anno
ti (reddito sotto gli 8 mila euro).
La manovra per il 2015, tenendo conto
anche della necessità di finanziare le cosiddette spese indifferibili (missioni militari, cassa integrazione in deroga, eccetera) e le spese per investimenti potrebbe
aggirarsi sui 20 miliardi di euro. Risorse
importanti, ha spiegato ieri il sottosegretario all’Economia, Giovanni Legnini, arriveranno anche dal calo degli interessi sul
debito. In questo senso, proprio ieri è arrivata una buona notizia: il fabbisogno del
settore statale, cioè la differenza globale
tra entrate e uscite, è risultato ad agosto di
circa 7,5 miliardi, due in meno di quello
dello stesso mese del 2013. Nei primi otto
mesi di quest’anno il fabbisogno si è attestato a circa 50,4 miliardi, 10,6 in meno rispetto allo stesso periodo del 2013. Un
buon segnale, che aiuta il governo nell’obiettivo di mantenere il deficit entro il
3% del Pil. Nel commentare il miglioramento di agosto, il ministero dell’Economia, sottolinea che esso è dovuto anche alla minore spesa per interessi sul debito (si
tratterebbe di circa 700 milioni) mentre gli
incassi fiscali si mantengono in linea con
quelli del 2013.
Per avere un quadro più preciso e capire
se sarà necessaria a meno una manovrina
per rispettare il tetto del 3% bisognerà però attendere i dati del Pil del terzo trimestre che saranno diffusi dall’Istat a novembre. Ma prima il governo spera di ottenere
un cambio di orientamento della politica
economica dell’Unione europea più favorevole alla crescita. Come presidente di
turno dell’Ue, l’Italia tornerà alla carica su
questo nella riunione dell’Ecofin del 12 e
13 settembre a Milano. Poi il primo ottobre Padoan licenzierà la Nota di aggiornamento del Def, in pratica il nuovo piano
per combattere la recessione.
Enrico Marro
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Il presidente del Consiglio sa che per ottenere flessibilità sui conti non può arrivare a Bruxelles a mani vuote
Caccia alle risorse, il premier insiste con il Tesoro
La ricerca di coperture per le misure
e la necessità di nuovi tagli
I dubbi sulle scelte di Cottarelli
ROMA — «La forza per fare le
cose l’abbiamo e mille giorni sono
il tempo giusto per cambiare l’Italia»: il presidente del Consiglio non
mostra dubbi né perplessità nella
conferenza stampa che tiene nel
primo pomeriggio a Palazzo Chigi.
Li riserva tutti per il suo incontro
(successivo) con Pier Carlo Padoan. Con il quale i rapporti rimangono formalmente (e anche informalmente, viste le battute che i due
si scambiano sul risultato di Roma-Fiorentina) ottimi. Ma è sul
ministro dell’Economia che il premier esercita il suo pressing per
cercare di trovare le risorse che gli
servono per non lasciare che quel
«programma dei mille giorni» resti
solo un titolo senza niente a seguire.
Ieri il presidente del Consiglio e
il titolare di via XX Settembre si sono incontrati per l’ennesima volta.
È da luglio che i colloqui tra i due si
susseguono con regolarità e con
una certa frequenza. La legge di
Stabilità incombe. E l’inquilino di
Palazzo Chigi vuole vedere se nelle
more di quelle cifre riesce a ottenere quello che gli serve per non deludere le promesse fatte. Sugli 80
euro, innanzitutto, e su questo il
ministro dell’Economia gli ha
aperto un importante spiraglio.
Non alza la voce, il premier,
quando parla con Padoan. Ma insiste, insiste, tenta di capire fino a
dove si può arrivare. Sa che l’Europa gli darà flessibilità se avrà in
cambio un atteggiamento equivalente sul Jobs Act. E questo è un altro argomento più che delicato.
Tant’è vero che il premier, che per
dirla con lui ama «farsi impiccare
sulle date», questa volta in conferenza stampa non fornisce nessun
termine preciso. Si limita a dire che
quel provvedimento vedrà la luce,
«ragionevolmente», «entro la fine
dell’anno». Non promette niente di
più, Renzi, perché sa che non può
con assoluta certezza mantenere la
parola data.
Nonostante si sia detto — e
scritto — che il Jobs Act avrebbe
avuto un’accelerata e che, addirittura, sarebbe stato pronto entro ottobre, dall’incontro con i giornalisti che il presidente del Consiglio
tiene a Palazzo Chigi insieme al ministro Maria Elena Boschi e al sottosegretario Graziano Delrio non
emerge niente di tutto ciò. E non
perché per l’ennesima volta Matteo
Renzi non vuole beccarsi l’accusa
di essere «arrogante», accusa che
lo ha anche un po’ stufato, ma perché il governo pattina su terreni
scivolosi. Una parola di troppo, anche per chi è abituato a parlare pane al pane e vino al vino, come il
presidente del Consiglio, potrebbe
compromettere il lavoro che lui
stesso sta facendo in questi giorni
per non arrivare in Europa a mani
vuote e per non tornarsene in patria con le mani altrettanto prive di
quei provvedimenti che vorrebbe
varare in questi mille giorni.
Ma non è di sola flessibilità che
si può vivere. Tanto meno nella situazione italiana. Per questa ragione i colloqui tra Padoan e Renzi si
fanno sempre più frequenti e (da
parte del presidente del Consiglio)
insistenti. Il premier compulsa
ogni giorno, e non da ora, il librone
del bilancio dello Stato. Il suo assillo è uno e uno solo: dove altro si
potrebbe tagliare per recuperare risorse. Con Padoan si parla di questo. Perché ogni legge futura (anche quella sulla «buona scuola»)
dovrà essere finanziata dalla legge
di Stabilità. Quindi dei tagli saran-
L’agenda
Domenica l’incontro
Domani sarà il turno
della riforma della scuola con Valls e Sanchez
Domani si riunirà il Consiglio
dei ministri e sarà il turno
della riforma della scuola: ieri
Renzi ha avuto una riunione
con il ministro dell’Istruzione
Giannini per mettere a punto
gli ultimi ritocchi
1
Domenica Renzi sarà a
Bologna alla Festa
nazionale dell’Unità. Con lui,
saranno ospiti il premier
francese Manuel Valls e il
leader dei socialisti spagnoli
Pedro Sánchez
2
Missione negli Usa
e visita alla Silicon Valley
A fine mese Renzi farà un
tour nella Silicon Valley e
visiterà la Stanford University.
Sarà negli Usa in occasione
dell’assemblea generale
dell’Onu al Palazzo di vetro
dove parlerà il 25 settembre
3
no inevitabili e le conseguenti polemiche pure. Renzi se le sarebbe
risparmiate volentieri (le polemiche) ma sa che non di sola popolarità si campa e che «tagliare gli
sprechi è cosa buona e giusta», anche se vi saranno di sicuro proteste
e attacchi.
Già, tagliare, ma che cosa? Il
commissario per la spending review Carlo Cottarelli ha le sue idee,
però anche Renzi ha le sue opinioni, e se le tiene strette. A Palazzo
Chigi raccontano che non tutto il
lavoro dell’uomo chiamato da Enrico Letta quando andò al governo
soddisfa o convince al cento per
cento il presidente del Consiglio. Il
quale sa che la flessibilità chiesta
all’Europa, dall’Europa potrebbe
essere concessa solo a patto di
«non sbagliare nemmeno una
mossa»: «Perché la partita è difficile, la posta in gioco è alta e riguarda
l’Italia, non il mio personale destino».
Ciò non significa che vi siano
nuove tensioni con i «tecnici dei
tagli», ma più semplicemente che
Renzi sa che a un certo punto dovrà
fare anche da solo perché «certe
decisioni sono politiche» e riguardano quindi direttamente il governo da lui presieduto. Sarà l’esecutivo guidato da Renzi e non un commissario o qualsiasi altro alto dirigente della macchina dello Stato a
pagare dazio. O a essere premiato.
Maria Teresa Meli
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Primo Piano
Martedì 2 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Il governo Le scelte
La necessità di sanzioni per imporre le chiusure
✒
L’arma a doppio taglio
della trasparenza web
di SERGIO RIZZO
C
onsiglio al premier Matteo Renzi per la
sua ultima offensiva mediatica:
assicurarsi per tempo che l’operazione
«sito dei mille giorni», lanciata per consentire
ai cittadini di seguire «passopasso» via
Internet le riforme del governo, non si
trasformi in un’arma a doppio taglio.
Promettere è facile, mantenere le promesse
molto meno. Altrettanto facile è cadere
nell’illusione del web, ma bisogna essere pure
coscienti che il web non perdona. Ne sa
qualcosa Romano Prodi, che al tempo del suo
secondo governo trovò un giorno sul sito di
Palazzo Chigi «l’albero del programma» per
spiegare via web la strategia del suo governo.
Chi entrava nel sito poteva navigare alla
ricerca dei provvedimenti governativi in un
grafico assurdo e incomprensibile, perfino più
complicato del già imperscrutabile
programma di 300 pagine dell’Unione.
L’iniziativa naufragò fra i fischi: il minimo che
potesse accadere. «Dobbiamo avere il coraggio
di far emergere in modo netto, chiaro ed
evidente che ogni centesimo speso dalla
pubblica amministrazione delle essere visibile
online da parte di tutti. Questo significa un
meccanismo rivoluzionario per cui ogni
cittadino può verificare giorno dopo giorno
ogni gesto che fa il proprio rappresentante»:
come si fa a non condividere le parole che lo
stesso Renzi pronunciò il 24 febbraio in
Senato, durante il discorso programmatico?
Ma dal dire al fare, purtroppo, spesso c’è una
distanza ben diversa da quella che separa una
parola da quella seguente. Sono passati sei
mesi, e siamo ancora ben lontani dal Regno
Unito, dove un meccanismo del genere esiste
ormai da molti anni. Se volete sapere quanto
ha speso la Corona reale per il proprio sistema
informatico, da chi ha acquistato i computer e
chi ha l’appalto della manutenzione, davvero
basta un clic. È sufficiente entrare nel sito del
governo britannico, e in fondo alla home page,
dove si trova la voce «Transparency» , cliccare
sul link «Government spending». Tutto qui. Il
fatto è che la comunicazione via Internet è una
cosa molto seria. Servono idee, competenze e
risorse umane. Il governo inglese ha investito
massicciamente e si vede. I precedenti
nostrani, invece, dicono il contrario.
Intendiamoci: molto è stato fatto,
considerando il punto di partenza. Tutte le
amministrazioni ora sono obbligate a rendere
pubblici su Internet i nomi dei dirigenti, i loro
stipendi, le spese per gli affitti passivi, le
consulenze… Ma ricordate quell’altra
offensiva mediatica contro gli sprechi lanciata
dall’esecutivo Mario Monti? Nel sito del
governo era stata aperta una pagina nella
quale ognuno poteva depositare un consiglio,
una denuncia, una invocazione. «Tutti i
cittadini — c’era scritto — hanno la
possibilità di dare suggerimenti, segnalare
uno spreco, aiutando i tecnici a completare il
lavoro di analisi e di ricerca delle spese futili».
Il primo giorno il sito venne letteralmente
preso d’assalto. Nei primi 25 giorni arrivarono
135.000 messaggi. Dove c’era di tutto, com’è
immaginabile. Chi chiedeva di spegnere le luci
quando gli uffici pubblici chiudevano, chi di
usare il sistema Voip per i telefoni, chi se la
prendeva con le auto blu. È finita che non ce
n’è più traccia. Né la battaglia agli sprechi è
stata vinta grazie a quelle denunce. Per quanto
se ne sa: anche perché il bilancio di
quell’iniziativa nessuno l’ha reso noto.
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ROMA — Una ricetta che nel
2015 può valere mezzo miliardo
di risparmi. La condizione per
raggiungere l’obiettivo è eliminare almeno 2.000 società partecipate dagli enti locali. Il suggerimento arriva dal commissario straordinario alla spending
review, Carlo Cottarelli, illustrando il programma di razionalizzazione delle aziende partecipate da Comuni, Province e
Regioni. Il documento è quello
reso noto all’inizio di agosto, ma
ieri Cottarelli ha voluto spiegarne il principio ispiratore. Quel
«sfoltire e semplificare da 8.000
a 1.000 le municipalizzate»,
scandito per la prima volta dal
premier, Matteo Renzi, lo scorso
aprile. Le misure, illustrate da
Cottarelli, che si è tenuto alla
larga dal fornire chiarimenti su
una sua permanenza, ormai ballerina, nell’incarico di commissario straordinario, puntano,
perciò, a tagliare 7.000 partecipate pubbliche. Una maxi sforbiciata che dovrebbe tradursi
nell’arco di 3-4 anni in un risparmio stimato di 2-3 miliardi
di euro.
Tra la teoria e la pratica resta
la necessità di fissare, nella legge di Stabilità, norme e sanzioni
certe per imporre agli enti locali
le dismissioni e le chiusure di
una moltitudine di carrozzoni.
A precisarlo è lo stesso Cottarelli, tenuto conto che già la legge
finanziaria del 2008 vieta la creazione di società partecipate che
non abbiano a che fare con le finalità istituzionali dell’ente di
7.000
aziende locali
Le partecipate che,
complessivamente,
Cottarelli vorrebbe
tagliare in 3-4 anni
1,2
miliardi di euro
Le perdite palesi,
registrate nel 2012,
derivanti da sprechi
e inefficienze
3.000
«scatole vuote»
Le partecipate con
meno di 6 dipendenti
che si vorrebbero
cancellare del tutto
appartenenza. La norma stabilisce, tra l’altro, la vendita o la
chiusura delle aziende fuori regola. Nei fatti il divieto è stato
ignorato o trascurato, e, a detta
del commissario, la misura
«non è efficace perché la valutazione è lasciata all’amministrazione partecipante». Il risultato
è una giungla di aziendine e società locali, il cui esatto numero
resta indefinito. Secondo la
banca dati del ministero dell’Economia sarebbero 7.726, ma
la banca dati della presidenza
del Consiglio ne rileva circa
10.000. Cottarelli e i suoi tecnici
stimano quest’ultima cifra la
più veritiera.
Il piano del commissario
straordinario riporta anche i costi delle inefficienze e degli
sprechi. Le perdite palesi nel
2012 hanno raggiunto quota 1,2
miliardi di euro, a cui vanno aggiunte le perdite celate da contratti di servizio e trasferimenti
in conto corrente per aggiustare
bilanci altrimenti pericolanti.
L’aggravio finale è rappresentato dai costi pagati dai cittadini
per servizi che potrebbero essere più economici ed efficienti.
Totale, insomma, i circa 3 miliardi che lo studio fissa come
obiettivo di risparmio.
Nel documento è ribadito anche il principio a cui ancorare il
mantenimento di una società in
mano pubblica. «Il campo di
azione delle partecipate deve essere strettamente limitato ai
compiti istituzionali dell’ente di
controllo, che non includono la
Burocrazia
Contratti a termine A maggio è stato
convertito dal Parlamento il decreto Poletti.
È la prima parte del Jobs act: la parte
centrale riguarda l’apprendistato
e i contratti a termine (sarà possibile
stipularli senza causale e fino a 36 mesi)
Dipendenti Il decreto legge sulla Pubblica
amministrazione è stato convertito in legge
dalla Camera ad agosto. Tra le varie misure,
prevede per i dipendenti la mobilità
obbligatoria fino a 50 chilometri dalla sede di
appartenenza e nuove regole per il turn over
Articolo 18 A completare il Jobs act sarà una
legge delega che si occuperà della riforma dei
dei contratti, degli ammortizzatori sociali e
dei servizi per il lavoro: l’esame al via giovedì
in commissione al Senato. Il nodo più spinoso
è l’articolo 18, su cui la maggioranza è divisa
Pubblica amministrazione Il cuore della
riforma sarà contenuta nel ddl delega: servizi
e pratiche accessibili online attraverso un pin;
nuove regole per le carriere dei dirigenti
della Pa e riorganizzazione dell’organico;
riforma delle Camere di commercio
Giustizia
I conti di Cottarelli sui risparmi
In un anno 500 milioni
dal taglio di 2 mila partecipate
Lavoro
I dossier di Palazzo Chigi
Bonus Irpef
4
80 euro Il decreto Irpef, che assegna
il bonus di 80 euro per chi percepisce
redditi inferiori a 26 mila euro, è in vigore
da maggio ed è stato approvato
dalla Camera il mese successivo.
Non riguarda partite Iva e pensionati
Tempi del processo civile Il consiglio dei
ministri ha approvato lunedì un decreto
legge per ridurre la durata del processo
civile e l’arretrato. Si basa sul ricorso ad
arbitri, individuati tra gli avvocati, per evitare
di portare la causa di fronte al giudice
L’estensione L’obiettivo di Renzi, affidato alla
legge di Stabilità che sarà presentata a ottobre,
è di mantenere il bonus. Ieri, inoltre, il premier
ha aperto alla possibilità di estendere la platea
dei beneficiari. Alla legge di Stabilità è affidata
anche la riduzione della pressione fiscale
La riforma Sulla giustizia civile si agirà poi
con un ddl delega per la semplificazione del
processo. Entro l’anno, secondo le previsioni
del Guardasigilli, sarà legge la riforma della
giustizia: responsabilità civile dei magistrati,
tempi di prescrizione e falso in bilancio i nodi
L’incarico
Nessun
chiarimento
sul futuro del
commissario
produzione di beni e servizi che
possono essere forniti dal settore privato». Basta, insomma, a
società comunali o regionali che
producono «uova piuttosto che
prosciutti», dice Cottarelli. E poco importa se quelle società realizzano profitti. Sul piatto vanno
infatti considerati altri fattori: il
rischio di alterare il corretto
funzionamento del mercato, il
rischio di creare perdite a carico
della collettività, la necessità di
monitorare le partecipate pubbliche, sottraendo così risorse
umane alle finalità e ai compiti
istituzionali dell’ente. Non a caso, lo studio sulla spending review delle partecipate suggerisce l’introduzione di alcuni paletti: il limite alle partecipazioni
indirette e di secondo grado, il
L’opposizione L’ex Cavaliere è convinto che sia impossibile far cadere l’esecutivo ora. E rilancia il confronto sulla giustizia
Berlusconi prudente: non siamo distruttivi
ROMA — L’umore non cambia,
ormai da settimane. L’apertura di
credito, almeno parziale, verso
Matteo Renzi per Silvio Berlusconi resta immutata: «Vedremo
quello che riuscirà a fare. Lui è
sveglio, ha personalità, ma la situazione è difficilissima, i soldi
non ci sono, servirebbe grande
esperienza e capacità e forse
nemmeno basterebbe... Ma stiamo a vedere, inutile sbilanciarsi
ora».
L’ex Cavaliere — che oggi dovrebbe tornare a Roma per riprendere i contatti con i suoi,
senza la compagna Francesca Pascale in vacanza all’estero — è
convinto che, per il momento,
non ci sia la possibilità di far cadere il governo, magari andando
al voto con la legge disegnata dalla Consulta che sarebbe ottima
per Forza Italia. Ma nemmeno c’è
in vista un’ipotesi di ritorno al
governo in una riedizione, da
protagonisti stavolta, delle larghe
intese. Per questo, reputa inutile
sbilanciarsi in un senso o nell’altro. Attaccare a testa bassa Renzi
«ci farebbe passare per un’opposizione distruttiva, alla Grillo,
contro gli interessi del Paese, e
non pagherebbe in termini di
consensi», ripete. Viceversa, concedere una totale apertura di credito al governo porterebbe solo a
un «no grazie» del premier, che
peraltro avrebbe problemi a giustificare nel suo partito e con i
suoi alleati un abbraccio troppo
stretto. Anche sulla giustizia, raccontano, in fondo a Forza Italia il
disegno abbozzato da Renzi male
non va, fermo restando che tanto
dovrà cambiare soprattutto «sul
falso al bilancio, che per gli imprenditori è un cappio al collo», e
Verdini assicura al capo che «tutto si potrà ridiscutere in Parlamento...». Ma in questo caso dichiarare scontento e delusione
serve proprio a non mettere in
difficoltà Renzi, che per mediare
ha bisogno di dimostrare che le
posizioni in campo sono opposte.
Per questo, si continua con dichiarazioni soft, come quelle di
Giovanni Toti che ammette come
mille giorni siano un tempo congruo per fare le riforme e che negli annunci e nei programmi del
governo ci siano «anche cose
buone». Ma, aggiunge, mancano
quei provvedimenti «choc» che
servirebbero per rilanciare davvero l’economia. Quelli che Da-
La politica estera
Frequenti colloqui con Putin
Vista con favore la nomina
di Mogherini: «Così l’Italia
avrà un ruolo nella crisi»
niele Capezzone propone da tempo, e ripropone anche adesso,
criticando il «tirare a campare»
del premier: «Occorre sfondare il
vincolo del 3%; e occorre farlo
non per fare più spesa o per gestire l’esistente, ma per realizzare un
taglio-choc delle tasse, io dico di
40 miliardi, a favore di famiglie,
lavoratori e imprese, ovviamente
accompagnato da riforme e da
corrispondenti tagli di spesa».
Una ricetta che convince molti
in Forza Italia, ma che Berlusconi
ancora non ha deciso se formalizzare in qualche modo, offrendo il
«contributo» azzurro al dibattito,
o se lasciarla sullo sfondo come
A Genova
Antagonisti No-Tav
fermano il dibattito
alla Festa dell’Unità
Un gruppo di antagonisti ha invaso
il palco della Festa dell’Unità di
Genova dove il vicesindaco Stefano
Bernini e l’assessore regionale alle
Infrastrutture Raffaella Paita
stavano per iniziare il dibattito.
Il gruppo ha imbrattato con vernice
rossa il cartellone della festa e
urlato slogan contro la Tav, il Pd e
contro l’ex procuratore di Torino
Giancarlo Caselli (foto Ansa).
bandiera di partito in attesa di capire quale rapporto si stabilirà
nelle prossime settimane tra opposizione e governo. A sentire lo
stesso Toti, che ieri ha partecipato
a un dibattito con il pd Lorenzo
Guerini alla Festa dell’Unità, si
potrebbe proseguire con il metodo del Nazareno «al quale sono
affezionato: si sta tutti attorno a
un tavolo e si cambiano le cose».
Certo è che la centralità che ritiene di avere riconquistato, per
Berlusconi è una ricchezza. E l’ex
premier dunque non sembra avere fretta. Sulla legge elettorale,
che doveva essere calendarizzata
per la ripresa ma che arriverà solo
dopo la riforma della Pubblica
amministrazione, nessuno in
Forza Italia fa pressioni. Sull’economia, appunto, si continua a
parlare di qualche evento da organizzare per segnare le proprie
posizioni, ma allo stato tutto tace.
Anche sugli scenari internazionali l'ex Cavaliere, pur preoccupatissimo per la piega che sta
prendendo la crisi Ucraina, in
pubblico non ha voluto pronunciare parola. Raccontano che negli ultimi tempi i suoi colloqui
con Putin si siano fatti frequenti,
e c’è chi sostiene che in fondo la
nomina della Mogherini a Lady
Pesc sia da lui vista con un certo
favore, proprio perché l’Italia potrebbe giocare un ruolo nella crisi
internazionale.
Paola Di Caro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Martedì 2 Settembre 2014
Il piano L’assunzione stabile legata all’accettazione degli scatti di carriera in base al lavoro
Iter ancora lungo Il testo passa ora alla
Camera. E l’iter per le riforme della Carta
prevede, dopo l’approvazione di Montecitorio,
ancora un altro passaggio, a distanza di tre
mesi, in entrambe le Camere. La legge
potrebbe essere poi sottoposta a referendum
Modifiche Probabile che la legge subisca
ritocchi in Senato: il governo non esclude
la possibilità di modifiche. In particolare,
potrebbero essere riviste le soglie di
sbarramento e quella per accedere al premio
di maggioranza al primo turno (37%)
Scuola, si parte con le linee guida
Un «patto» su precari e merito
L’impegno del premier: saranno creati mille asili nido
Sblocca Italia
ILLUSTRAZIONI DI ROBERTO PIROLA
Italicum La legge elettorale è stata
approvata a marzo dalla Camera, dopo
l’accordo con Forza Italia sull’Italicum.
Il sistema di voto è basato su liste bloccate
in circoscrizioni piccole, premio di
maggioranza e soglie di sbarramento
Scuola
Il primo sì L’8 agosto il Senato ha dato
il primo via libera al disegno di legge
costituzionale per la riforma del Senato
e del Titolo V. Prevede la fine del
bicameralismo perfetto: Palazzo Madama
diventa non elettivo e non vota la fiducia
Edilizia A luglio è partito il piano di edilizia
scolastica. Prevede investimenti per 1,6
miliardi di euro, che andranno a finanziare
21.230 interventi su edifici scolastici. Nel
complesso, 450 milioni serviranno alla
piccola manutenzione, 400 alla sicurezza
Cantieri Venerdì scorso il Cdm ha dato
il via libera al decreto sblocca Italia: fondi
ai cantieri e semplificazioni per far ripartire
l’economia. Nuove risorse per 3,8 miliardi.
Tra gli interventi: misure per l’edilizia
e meno vincoli per le ristrutturazioni
Docenti La riforma della scuola sarà illustrata
domani. Riguarderà l’allargamento
dell’organico e l’assunzione dei precari, la
riforma del sistema degli stipendi dei
professori, maggiore autonomia ai presidi e
alle scuole e la diffusione degli stage
Risorse Il decreto è un cantiere ancora aperto,
su cui pesano i pareri dei diversi ministeri.
C’è poi il nodo fondi: dei 3,8 miliardi le risorse
spendibili nell’immediato sono di meno.
Il governo ha voluto un provvedimento a
costo zero: sospesi i bonus per edilizia e affitti
L’intervista
Poltrone
Stoccata
contro i
«poltronifici»
pubblici
ta il numero delle cariche di vertice. Il meccanismo dei poltronifici pubblici ha prodotto
37.000 incarichi nei consigli di
amministrazione e circa 26.500
amministratori. Il costo pro
quota di questa proliferazione di
posti è circa 450 milioni di euro.
L’imperativo è disboscare.
Andrea Ducci
© RIPRODUZIONE RISERVATA
ROMA — «Sulla scuola useremo un
metodo già sperimentato. Ci muoveremo
come ci siamo mossi per le riforme della
Pubblica amministrazione e della giustizia». Quando Matteo Renzi e il ministro
Stefania Giannini escono dal tavolo tecnico convocato sulla scuola, e il sipario
sulla conferenza stampa del premier sui
mille giorni è ormai calato da qualche
ora, nelle carte dei tecnici di Palazzo Chigi
c’è una rotta già tracciata.
Tecnicamente, com’era già accaduto
per due delle riforme chiave dell’era Renzi, quella sulla scuola dovrebbe partire
senza alcun provvedimento. «Per adesso
c’è un programma. E a quel programma
saranno associate delle linee guida», è il
senso del ragionamento su cui il premier
e il titolare dell’Istruzione convergono.
D’altronde, al contrario di quanto si pensasse la settimana scorsa — prima che
l’incontro tra Renzi e Napolitano facesse
scomparire la scuola dalla «già troppa
carne a cuocere» del consiglio dei ministri del 29 agosto — la riforma partirà
dall’autunno 2015. E sarà figlia di un
«dialogo» tra l’esecutivo da un lato, e i
cittadini e gli insegnanti dall’altro. Un
«dialogo» a cui il governo dovrebbe presentarsi con un piano diviso in 4 macropunti suddivisi in linee guida.
Al primo punto c’è quello che, tecnicamente, si chiama passaggio «dall’organico di diritto all’organico funzionale». È il
tema della famosa assunzione dei precari
di cui aveva parlato il ministro Giannini
al Meeting di Rimini, ventilando un «addio per sempre» alle supplenze. A seguire, secondo punto, quello che nel governo chiamano «il grande patto tra genitori, docenti, presidi e anche studenti». È
questo il punto da cui dovrebbe passare la
grande sfida renziana di «riscrivere i programmi della scuola». Un altro dei punti
su cui Renzi ha intenzione di intervenire
è il potenziamento degli investimenti
sull’edilizia scolastica. Ma è il quarto, il
punto che potrebbe riaprire la contesa tra
il governo e i sindacati. Dall’esecutivo ne
parlano come di un «patto con gli insegnanti». In realtà, la strada che ha in
mente il governo è quella di subordinare
l’assunzione dei precari all’accettazione
— da parte di tutti — di un principio
nuovo. «Gli scatti di carriera non saranno
più soltanto di anzianità. Ma saranno, soprattutto, derivanti dal merito, dalle ore
di lavoro». D’altronde, spiega uno dei politici vicini al dossier, «stiamo cambiando
la scuola. Se la scuola resta quella di prima, ci tenevamo i supplenti...».
Adesso rimane solo da capire se ci sarà
Vademecum
Matteo Renzi
mostra
il dossier
scuola
(BenvegnùGuaitoli)
un passaggio in una conferenza stampa
oppure se tutto passerà dalla pubblicazione di una serie di slide sul sito dei mille giorni. La riforma avrà effetti dal 2015 e
i provvedimenti che la genereranno potrebbero arrivare a ridosso di Natale. Ma
la partenza sarà così, a colpi di linee guida. All’arrivo potrebbe esserci un altro
ministro al posto della Giannini? Chissà.
Più che la voce dal sen fuggita di Rimini,
infatti, l’attuale ministro potrebbe scontare il crollo elettorale del partito che l’ha
eletta. Ma questi sono solo scenari. In attesa di domani, però, rimane quella consolazione che Renzi ha annunciato ieri. E
cioè i «mille asili nido in mille giorni»,
che con la riforma però hanno a che fare
poco o nulla.
Tommaso Labate
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il conduttore del dopo-Floris: credo nella militanza giornalistica e dirò come la penso, ma senza pregiudizi ideologici
«Così cambio Ballarò. Santoro? Maestro»
Giannini: voglio trattare allo stesso modo
il capo del governo e il leader di Forza Italia
di ALDO CAZZULLO
Massimo Giannini, perché ha lasciato la
vicedirezione di «Repubblica» per fare il
talk-show di un altro?
«Io non faccio il talk-show di un altro.
Ballarò è un programma della Rai, che mi ha
chiesto di condurlo dopo che Floris ha deciso di andare a La7. Detto questo, lasciare Repubblica dopo 28 anni è stato un dolore. Ho
avuto la fortuna di lavorare con il più grande
direttore della storia del giornalismo italiano, Eugenio Scalfari, e con il suo degno erede, Ezio Mauro, che ha stravinto la scommessa della successione. E con un editore,
Carlo De Benedetti, che in tutto questo tempo non mi ha mai chiesto di fare una cosa o
di non farla».
Ne è sicuro?
«Ci siamo confrontati sempre e su tutto,
ma non ho mai ricevuto un diktat. Altro che
“servo di De Benedetti”, come leggo da qualche parte in rete…».
Allora perché se n’è andato?
«Quando Luigi Gubitosi e Andrea Vianello mi hanno proposto di condurre Ballarò,
ho accettato perché mi sentivo personalmente pronto a cambiare: nel lavoro come
nella vita considero il cambiamento un valore in sé. E poi è una grande chance di sperimentare quell’integrazione tra piattaforme diverse che finora per i grandi gruppi
editoriali è rimasta solo un’ambizione, per
non dire una velleità».
Perché non cambiare nome a «Balla-
5
Cosa resta da fare
Elezioni
Senato
Cosa è stato fatto
limite alla detenzione di partecipate da parte di piccoli comuni,
l’uscita da quote di minoranza
(ci sono 1.400 società in cui la
quota azionaria pubblica si ferma al 5%, e 2.500 casi in cui non
va oltre il 20%), e, infine, la
chiusura delle scatole vuote (sono 3.000 le aziende con meno di
6 dipendenti).
Un’ultima riflessione la meri-
Primo Piano
italia: 51575551575557
rò»?
«Ballarò è un programma di RaiTre. Indagini alla mano, si è rivelato una forza: rinunciarvi sarebbe stato un errore editoriale».
Cosa pensa del suo predecessore?
«Giovanni Floris è un mio amico. Dalla
mia bocca non uscirà una sola parola contro
di lui. Certo ci saranno novità: nella sigla,
nel comico, nel sondaggista».
Ma non è la formula del talk-show a essere in crisi?
«È vero, il talk-show conosce difficoltà,
sia pure non gravi come quelle della carta
stampata. Lo stesso Ballarò l’anno scorso ha
perso un milione di spettatori».
Il motivo, secondo lei?
«Mi viene in mente un romanzo di Don
De Lillo: Rumore bianco. Il chiacchiericcio
politico è come un rumore di sottofondo
che non lascia tracce: di rado alla fine della
trasmissione, dopo aver ascoltato i vari
ospiti, lo spettatore ha cambiato il suo modo
di pensare. Credo sia superato concepire un
talk-show come uno scontro tra due curve
contrapposte, fin dalla costruzione fisica
dello studio».
Cambierà anche quella?
«Sì. Ha senso contrapporre destra e sinistra, nel momento in cui di fatto governano
insieme? Non penso a due squadre una contro l’altra, ma a una soluzione più inclusiva.
E poi i giornalisti dovrebbero essere in posizione terza, non schierati di qua o di là».
Lei non è un giornalista di parte?
«Io ho una mia storia, che non rinnego,
anzi rivendico. Credo nella militanza giornalistica, e non vi rinuncerò. Intendo dire
come la penso sui vari argomenti. Ma basandomi su dati, fatti, numeri; non su pregiudizi ideologici».
Floris si è scontrato con Renzi. Anche
lei finora è stato molto critico con il premier. In Rai quale linea sceglierà?
«Da giornalista, voglio trattare tutti i politici allo stesso modo. Non considero Renzi
e Berlusconi uguali, ma la mia coscienza mi
impone di adottare nei confronti di tutti i
poteri lo stesso metro di giudizio».
La politica economica di Renzi le appare improvvisata?
«Renzi sta facendo grandi sforzi per scuotere un Paese sfiduciato. Ma obiettivamente
si è aperto uno scarto tra le promesse e le cose fatte. Se dici agli italiani di andare in vacanza allegri e poi arrivano dati negativi su
Pil e occupazione, se annunci investimenti
da 40 miliardi per sbloccare l’Italia e poi ne
tiri fuori meno di 4, recuperati da risorse già
stanziate, il nostro mestiere ci impone di segnalare questo scarto».
Giornalista Massimo Giannini, 52 anni,
nuovo conduttore di «Ballarò» su RaiTre
Cosa pensa di Santoro?
«Un maestro. Insieme con Gad Lerner è
stato il vero raccontatore della transizione
italiana da Tangentopoli in avanti. E vanta
numerosi tentativi di imitazione, alcuni all’insegna del populismo, tipo il collegamento con la piazza urlante. Un genere che credo
lo stesso Santoro consideri superato».
Lei non farà collegamenti?
«Al contrario: i nostri inviati avranno il
compito di raccontare storie e soprattutto di
trovare notizie. Il nostro obiettivo è avere
uno scoop alla settimana. Anche se non
sempre ci riusciremo, dovremo sempre provarci».
E Vespa come lo considera?
«Un’istituzione. E un professionista di
grande livello. Ovviamente il mio modo di
condurre sarà diverso dal suo».
Lei quanto guadagnerà?
«Non voglio essere reticente, ma ho un
obbligo di riservatezza».
Tanto Brunetta lo scopre. Tanto vale che
lo dica lei.
«Non ho obiezioni a che lo dica la Rai».
Le è spiaciuto che il sindacato interno
abbia protestato contro il suo arrivo?
«Li capisco: nel mondo ideale, la scelta
del direttore di un tg o del conduttore di un
programma dovrebbe sempre avvenire all’interno dell’azienda. Bisognerebbe chiedersi perché non accade. Mi piace pensare
che il giorno in cui me ne andrò il mio successore naturale sarà un interno. Il mio primo impatto con Vianello e con la sua bella
squadra di RaiTre è stato eccellente. La Rai è
la più importante azienda culturale del Paese. Deve solo avere il coraggio e l’orgoglio di
dimostrarlo ogni giorno».
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La Nota
di Massimo Franco
L’attivismo di Renzi
copre un’economia
tuttora in affanno
L’
idea che quello di ieri sia il «giorno zero» del programma triennale del governo vuole dare solennità alla ripresa autunnale. E nelle intenzioni, dovrebbe
servire a rendere più tonda la vittoria
d’immagine che Matteo Renzi ha conseguito facendo nominare Federica Mogherini «ministro
degli esteri» dell’Europa. La sicurezza con la quale
in conferenza stampa il premier ha ribadito tutti
gli obiettivi e ne annunciati altri, conferma il piglio
di chi apparentemente è privo di dubbi. La difesa
degli 80 euro dati a chi ha redditi bassi è totale.
«Non si tratta di una mancia ma di una scommessa
politica». Quei soldi sarebbero addirittura «la più
grande riduzione di tasse mai fatta e di aiuto al ceto
medio».
Il fatto che tutti gli indicatori dicano che gli 80
euro non hanno avuto nessun effetto sul piano
economico sembra secondario. La narrativa è
quella di un cambio d’epoca affidato alla velocità,
alla certezza dei tempi, e alla determinazione a bollare negativamente le critiche e le perplessità.
Quelle sempre più ricorrenti riguardano la tendenza di Renzi ad annunciare quotidianamente
novità. «Nel momento in cui sei accusato di “annuncite”», è la replica, «rispondiamo con l’elenco
di date a cui siamo auto-costretti». È una strategia
che può dare un leggero senso di vertigine.
Eppure, per il momento una larga porz
i
o
ne di opinione
Dietro i mille
pubblica appare fragiorni si
stornata ma non ostile
intravede un atto al turbinio di riforme
in cantiere da
di fede circondato messe
palazzo Chigi. L’attividalla cautela
smo copre e vela una
stagnazione economica preoccupante, confermata ieri dalla diminuzione dell’attività manifatturiera sotto la soglia-simbolo del 50 per cento:
lo spartiacque tra espansione e contrazione. L’opposizione di Movimento 5 Stelle e Lega attacca
frontalmente il governo. E Forza Italia promette
che farà le bucce all’attività di palazzo Chigi, imputando a Renzi l’«annuncite acuta».
È caustico soprattutto il gruppo parlamentare
del partito di Silvio Berlusconi. Ma il consigliere di
FI Giuseppe Toti, pur critico col cosiddetto «sblocca Italia», ammette di vedere più serietà in un programma articolato su mille giorni, rispetto alle
promesse iniziali del premier di cambiare le cose
in cento. Anche perché di giorni ne sono passati
191, e nessuno è ancora in grado di sapere se il governo ce la farà davvero. Fanno notare a Renzi che
la luna di miele con l’Italia è finita; ma lui risponde
che si diceva così anche prima delle europee di
maggio: un trionfo per il Pd e per lui.
Insomma, la rincorsa non rallenta; e sfida
un’economia debole, contando sull’asse con la
Francia che condivide i problemi italiani, ma rischia di sommare due debolezze. L’intenzione è di
ottenere dall’Europa il massimo di flessibilità, senza superare i limiti imposti dal Patto di Stabilità. Lo
sfondo, tuttavia, è così complicato da far dire al
ministro dell’Economia tedesco, Wolfgang Schäuble, che «l’eurozona non ha ancora superato il momento peggiore» a causa di uno scenario geopolitico turbolento. «L’Italia la cambiamo, piaccia o
non piaccia ai soliti esperti di palude. Mille giorni e
l’Italia tornerà leader», assicura Renzi, con un atto
di fede che si vorrebbe che si vorrebbe condividere
ma non cancella un alone di scetticismo.
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6
Primo Piano
Martedì 2 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Il fisco La casa
La Tasi: quanto si versa
paga in
intrenta
trentacittà
città
La Tari sui rifiuti (Abitazione da 100 mq con tre persone)
Alessandria
Ancona
Aosta
Asti
Bergamo
Bologna
Brescia
Cagliari
Cremona
Cuneo
Ferrara
Tariffa
2014
356
213
267
372
209
277
175
532
136
199
317
La Spezia
265
Lecco
229
308
253
Livorno
Lodi
Differenza
sul 2013*
11
5
-25
34
-11
6
26
31
-35
-1
0
8
-10
2
49
Città
Tariffa
2014
Lucca
356
275
Mantova
186
327
Milano
Novara
Perugia
219
358
Pesaro
260
Pistoia
282
277
Reggio Emilia
Udine
378
256
321
209
192
161
Venezia
199
Roma
Rimini
Savona
Sondrio
Trento
Città
Differenza
sul 2013*
1
-21
-7
-12
7
2
-3
-75
0
4
27
-33
19
-7
0
Alessandria
Arezzo
Asti
Elaborazione su dati Federconsumatori
Città
*Nella differenza non si tiene conto dei 30 euro pagati nel 2013 a titolo di tassa sui servizi indivisibili
Bergamo
Bologna
Brescia
Cagliari
Ferrara
Firenze
Forlì
Frosinone
Genova
Grosseto
La Spezia
Lecco
Tasi casa Differenza Tasi casa
Differenza
A/3 70mq Imu 2012 A/2 120mq Imu 2012
73
0
0
96
-2
0
16
60
40
49
121
-26
88
5
1
91
0
0
118
208
0
39
136
179
126
121
204
147
63
81
242
121
68
200
548
256
306
281
453
405
180
485
269
392
577
-138
-8
7
-72
-1
120
-135
24
18
-130
92
-285
-4
8
164
Imu seconda casa
Città
Livorno
Lodi
Mantova
Milano
Napoli
Novara
Tasi casa Differenza Tasi casa
Differenza
A/3 70mq Imu 2012 A/2 120mq Imu 2012
124
55
114
228
96
129
96
Piacenza
25
Reggio Emilia 0
Parma
Roma
Savona
Torino
Trento
Udine
Venezia
234
95
199
0
100
80
46
48
114
63
-1
71
3
14
0
-154
15
-139
0
100
13
378
308
281
530
355
286
354
237
265
502
326
661
34
254
168
Elaborazione Corriere della Sera
269
17
130
-118
-134
-43
-182
5
-33
-362
-77
-290
-103
48
25
Città
Bologna
Milano
Genova
Torino
Bari
Lecce
Roma
Siena
Foggia
Cagliari
Padova
Pavia
Sassari
Trieste
Napoli
Casa a/2
media
Casa a/3
media
2.834
2.645
2.329
2.300
2.087
2.086
2.072
1.982
1.906
1.890
1.800
1.785
1.769
1.665
1.654
1.441
1.149
1.221
1.190
1.317
1.020
1.575
1.110
1.069
800
1.141
755
762
909
906
Elaborazione Corriere della Sera
Imu, Tasi e Tari, il percorso (impossibile) delle tasse
Penalizzate le case più piccole, a Milano un appartamento di 70 metri paga 28 euro in più
E’ cominciato l’autunno delle tasse sulla casa. Da qui a metà dicembre infatti il calendario
è punteggiato di appuntamenti che riguarderanno in pratica tutti coloro che occupano
un’abitazione. Tre sono i tributi che incombono: la Tasi, a carico del proprietario se la casa
non è locata, altrimenti va suddivisa tra proprietario (che deve pagare tra il 70 e il 90%) e
l’inquilino; la Tari (tassa sui rifiuti) dovuta da
chi occupa l’immobile; l’Imu, sempre a carico
del proprietario.
Oltre al danno c’è spesso la beffa: oltre a dover pagare, molti contribuenti dovranno farlo
in tempi stretti perché le amministrazioni comunali se la stanno prendendo comoda con le
delibere delle tariffe. Dal data base presente
sul sito del ministero delle Finanze ieri risultava infatti che su un complesso di 8.057 comuni italiani sono state pubblicate 3.243 delibere
Imu, 4.567 delibere Tasi e 2.982 delibere Tari.
Ma vediamo che cosa succederà nei prossimi
mesi tributo per tributo.
Tasi: il rebus di acconti e saldi
E cominciamo dalla Tasi, la nuova tassa sui
servizi indivisibili. Per i tempi di pagamento
bisogna tener conto dell’epoca della pubblicazione della delibera sul sito www.finanze.it.
Nei circa Duemila comuni in cui le ammini-
18 settembre
Nei comuni che pubblicheranno le delibere Tasi
entro il 18 settembre, la prima rata del tributo si
verserà entro il 16 ottobre e il saldo entro il 16
dicembre. Altrimenti rata unica il 16 dicembre.
strazioni sono riuscite a pubblicare entro fine
maggio e che non abbiano deciso tempistiche
diverse, i contribuenti hanno già pagato la prima rata entro il 16 giugno e dovranno versare
il saldo entro il 16 dicembre.
Nei comuni che avranno deliberato le aliquote tra inizio giugno e il 10 settembre, con
pubblicazione entro il 18 settembre, i contribuenti dovranno versare la prima rata entro il
16 ottobre e il saldo il 16 dicembre. In questa
situazione si trovano, tra gli altri, i proprietari
di casa di Milano e di Roma. Ci sono però ancora circa 3.500 amministrazioni che hanno
solo poco più di due settimane di tempo per
deliberare.
Nei comuni che infine non pubblicassero
entro il 18 settembre la delibera, si pagherà
tutto a saldo il 16 dicembre: i proprietari di
abitazione principale dovranno pagare sulla
base dell’aliquota dello 0,1%; sugli immobili
diversi dall’abitazione principale invece si pagherà lo 0,1% solo se l’aliquota Imu non supera lo 0,96%, altrimenti si pagherà un’aliquota
che sommata a quella dell’Imu arrivi all’1,06%
(esempio se l’aliquota Imu 1,03%, la Tasi sarà
allo 0,03%). Siccome si parla tanto in questi
mesi di semplificazioni diciamo che in questo
campo c’è molto spazio per esercitarsi.
La base imponibile della Tasi è la stessa dell’Imu ma il meccanismo delle detrazioni per la
prima casa è diverso da quello del vecchio tributo perché i comuni hanno un’ampia discrezionalità nel determinare le agevolazioni. Per
questo se si vuol fare da sé (i comuni non
mandano infatti i modelli F24 precompilati) è
necessario leggere attentamente la delibera
sul sito del ministero.
Da mesi infuria la polemica se la Tasi sulla
prima casa sia più cara rispetto all’Imu. Una ri-
Entro due settimane
Ci sono circa 3.500
amministrazioni che
hanno poco più di due
settimane per deliberare
sposta univoca, basata su medie alla Trilussa,
non sarebbe attendibile. Rimane però chiaro
che il meccanismo della Tasi è più «regressivo» rispetto a quelle dell’Imu, nel senso che favorisce i proprietari di immobili di alto valore
fiscale e penalizza le case piccole. Nella tabella
che abbiamo elaborato si evidenzia, ad esempio, che una casa civile di 70 metri quadrati a
Milano paga 228 euro, 63 in più rispetto all’Imu 2012; un’abitazione medio signorile di
120 metri, invece, paga 530 euro, con un ri-
sparmio di 118 rispetto a due anni fa. A Roma,
dove l’aliquota Imu era dello 0,5%, si risparmia
praticamente sempre. Tra le città da noi considerate il peggiore aggravio l’avrà Frosinone:
per la casa da 70 metri nel 2012 il proprietario
non pagava e ora dovrà sborsare 121 euro.
Tari: la caccia alla posizione tributaria
Minori incombenze per la Tari, nuove denominazione della tassa sui rifiuti. Per pagare bisogna infatti aspettare la richiesta del comune:
di norma viene calcolata una prima parte in
acconto sulla base della tariffa del 2013 e il saldo a conguaglio sulla base della tariffa nuova.
Ai comuni è lasciata anche per quest’anno la
facoltà di usare, adeguandole, le vecchie tariffe
Tarsu ma la maggior parte delle amministrazioni già lo scorso anno aveva adottato un sistema di determinazione dei costi per il residenziale basato sull’incrocio tra numerosità
del nucleo familiare e superficie dell’alloggio.
Il calcolo, una volta che si disponga della delibera, non è particolarmente complesso ma
farselo non servirebbe a nulla. Per pagare infatti è necessario indicare nel modello F24 il
numero della posizione tributaria di cui evidentemente non si dispone.
Nei comuni che non hanno variato metodologia di calcolo la tariffa è rimasta simile a
quelle del 2013. Da un’analisi di Federconsu-
16 dicembre
Nei comuni che non hanno deliberato la Tasi
entro il 18 settembre, il 16 dicembre il salasso sarà doppio: si dovranno pagare insieme il 100% della Tasi e la seconda rata Imu
matori emerge che una famiglia con tre persone in una casa di 100 metri quadrati a Milano
quest’anno risparmierà 7 euro, a Roma pagherà lo stesso e a Lodi spenderà 49 euro in più. Al
saldo della tassa del 2013, però, si era pagato
un contributo fisso (pari a 0,30 centesimi per
metro quadrato) a titolo di contributo per i
servizi indivisibili, ora è assorbito dalla Tasi.
Imu: percorso collaudato
Nessuna novità infine per l’Imu, che si paga
ancora per le abitazioni principali di categoria
A/1, A/8 e A/9 e per tutti gli immobili diversi
dalla abitazioni principali. Nelle grandi città
l’aliquota era già al massimo nel 2013 e non
potrà aumentare. Se il comune non delibera si
paga sulla base dell’aliquota 2013. La prima
rata è stata versata il 16 giugno, la scadenza del
saldo è fissata per il 16 dicembre. Chi possiede
un’abitazione non affittata nello stesso comune in cui ha anche l’abitazione principale dovrà pagare anche l’Irpef sul 50% del valore catastale dell’immobile a disposizione. Per il saldo però potrà aspettare la liquidazione dell’Unico o del 730, a giugno 2015.
Gino Pagliuca
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Corriere della Sera Martedì 2 Settembre 2014
Primo Piano
italia: 51575551575557
7
La crescita L’Europa
«Rispettare le regole ma la deflazione va battuta»
Vertice Hollande-Draghi: servono misure per aumentare la domanda europea
Angela Merkel, custode del rigore durante questi anni di
crisi finanziaria ed economica.
I rapporti tra Merkel e Draghi sono sembrati più tesi del
solito dopo che il settimanale
tedesco Der Spiegel ha riferito
di una telefonata avvenuta nei
giorni scorsi tra la Cancelliera
e il capo della Bce: Merkel
avrebbe chiamato Draghi per
chiedere spiegazioni sul suo
discorso del 22 agosto al forum di Jackson Hole, negli Stati Uniti. Ieri il portavoce della
Cancelliera, Steffen Seibert, ha
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
PARIGI — «La diagnosi è
condivisa», dice un consigliere
dell’Eliseo alla fine dell’incontro tra François Hollande e
Mario Draghi: il rischio di deflazione e crescita nulla o debole sono le maggiori minacce
oggi per l’economia europea. E
anche sulla terapia il capo di
Stato francese e il presidente
della Bce sembrano concordare, perché hanno deciso di «lavorare insieme per rilanciare
la domanda europea agendo
Le misure
L’incontro
Il numero uno
della Banca
centrale europea
Mario Draghi, 67
anni domani, con il
presidente
francese François
Hollande, 60 anni.
L’incontro
all’Eliseo è durato
circa un’ora e tra i
due «c’è accordo
completo», hanno
detto fonti
diplomatiche
D’ARCO
Lo spread Btp/Bund
154 punti base
250
La chiusura di ieri
200
150
100
nov
2013
sulle leve del bilancio e della
moneta». Le fonti dell’Eliseo
tengono a precisare che l’identità di vedute tra Hollande e
Draghi riguarda anche la necessità di rispettare i patti europei. Nessuno del resto si
aspettava il contrario: il presidente francese, che dal giorno
della sua elezione il 6 maggio
2012 chiede un «riorientamento» della politica economica europea in favore della
crescita, ha sempre sostenuto
che più attenzione verso posti
di lavoro e rilancio dell’economia sarebbe ampiamente consentita dal patto sottoscritto
nel 1997, che infatti si chiama
«patto di Stabilità e Crescita».
Ma nel giorno dell’intesa
Hollande-Draghi, l’entourage
dell’Eliseo vuole sottolineare
comunque l’impegno a rispettare le regole: non si vogliono
dare ulteriori motivi di perplessità alla cancelliera tedesca
mar
mag
2014
lug
precisato che è stato Draghi a
prendere l’iniziativa di parlare
a Merkel, e non il contrario. Un
modo per spiegare che Berlino
rispetta l’indipendenza della
Banca centrale europea, sullo
sfondo comunque di un progressivo allontanamento di
Draghi dalle posizioni tedesche. «La flessibilità esistente
all’interno delle regole dovrebbe essere usata per meglio
indirizzare la ripresa debole e
per fare spazio ai costi per le
necessarie riforme strutturali», aveva detto Draghi a Jackson Hole, accogliendo l’impostazione molte volte enunciata
dalla Francia e anche dall’Italia.
Il primo ministro francese
Manuel Valls nei giorni scorsi
ha salutato le parole del presidente della Bce, e soprattutto
la decisione presa a giugno di
abbassare ancora i tassi.
«Quella è stata una mossa che
ha permesso di abbassare il
valore dell’euro del 6 per cento», ha detto Valls, che da tempo denuncia i danni di un euro
troppo forte. «Sono segnali
importanti, la politica monetaria comincia a cambiare, ma
bisogna andare ancora più
lontano», ha detto ancora Valls
La telefonata
Il portavoce di Merkel: è
stato il presidente della
Bce a chiamare la
Cancelliera
Lo «sblocca Italia»
Fondi Ue,
il governo
sostituirà
le Regioni lente
MILANO — In gioco ci sono circa 61 miliardi: è
l’ammontare dei Fondi Strutturali dell’Unione
Europea che il governo non vuole perdere e
che intende usare anche a costo di sostituirsi
alle Regioni se queste non rispettano i tempi. Il
decreto «sblocca Italia» nell’articolo 11 fa
scattare le prerogative del presidente del
Consiglio nel caso di inadempienze da parte
delle Regioni nei casi previsti dall’articolo 120
della Costituzione. Grazie a questa norma il
premier potrà da ora esercitare «il potere
sostitutivo nei confronti delle Regioni, al fine
di assicurare adempimenti amministrativi
preliminari all’esecuzione dell’opera ed
ultimare, entro il termine previsto dagli atti di
pianificazione, la fase di approvazione delle
opere finanziate, anche in parte, con fondi
europei di competenza regionale».
domenica. L’incontro di ieri all’Eliseo, anche se mancano dichiarazioni ufficiali, sembra
suggerire che Draghi potrebbe
avere accolto gli appelli francesi.
La controprova si avrà giovedì, con la riunione del consiglio direttivo della Bce e la successiva conferenza stampa:
Draghi potrebbe annunciare
finalmente le tanto attese misure di quantitative easing
(acquisto di titoli finanziari
pubblici e privati) sull’esempio di quanto ha fatto in Giappone il premier Shinzo Abe,
oppure attendere ancora per
vedere gli effetti delle misure
intraprese a giugno. In ogni
caso, dai toni usati si capirà se
davvero la politica economica
europea si sta spostando verso
le richieste di Parigi e Roma.
Stefano Montefiori
@Stef_Montefiori
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Retroscena La spinta per un’azione comune dei governi: più soldi per le imprese. Giovedì la riunione del comitato esecutivo di Francoforte
La tela del presidente Bce per la crescita
Gli incontri dopo la strategia degli appelli
Valori in %
I tassi di interesse della Bce
4,0
15 ottobre
3,75
3,5
3,0
11 giugno
0,15
2,50
2
2,5
13 novembre
2
2,00
1,50
1
2,0
1,5
1,25
5
1,50
0,25
1,25
,
0,75
1,0
1,00
1
0,5
0,0
2008
008
2009
siva lo ha convinto a muoversi. Attento sempre a non superare i confini del suo ruolo di banchiere centrale, mai come in questa fase rilevante.
Le difficoltà in questo percorso
non sono poche, basti pensare all’ostilità dell’opinione pubblica tedesca, e quindi del governo chiamato
ad assecondarla, nei confronti di
ogni possibile accenno ad un allentamento del rigore nei conti pubblici,
ad una maggiore flessibilità, sia pure, come ha precisato il numero uno
dell’Eurotower, all’interno delle re-
1,00
10
00
2010
1,00
10
00
2011
0,50
0,75
2012
gole esistenti.
Ieri dall’Eliseo, mentre era in corso
l’incontro tra il presidente francese
Francois Hollande e Draghi, è stato
precisato (e tale precisazione non
poteva che essere frutto di un chiarimento con Berlino) che non c’è stato
alcun «richiamo all’ordine» da parte
della Cancelleria ma solo richieste di
spiegazioni. Date dal presidente della
Bce puntando sul rispetto delle regole fiscali esistenti. Gli spazi di flessibilità — va ripetendo Draghi dall’incontro di Jackson Hole — vanno tro-
2013
2014
C.D.S. - D’ARCO
ROMA — L’incontro all’Eliseo —
con lo specifico richiamo alle politiche per la crescita — e la telefonata
con la cancelliera tedesca Angela Merkel — a maggior ragione se l’iniziativa non è partita da Berlino — confermano la linea di azione di Mario
Draghi, avviata col discorso di Jackson Hole. Il presidente della Bce intende sensibilizzare i governi sulla
necessità di un’azione comune per
riavviare in maniera sostenuta la ripresa e riconquistare la fiducia degli
investitori. Visto che i richiami ad
adottare riforme strutturali e misure
per la crescita, lanciati in più occasioni nei mesi scorsi da Francoforte,
non hanno avuto successo, ha deciso
di condividere questa urgenza dell’agire direttamente con i protagonisti della politica economica dell’eurozona. Anche perché, e lo ha detto
più volte con estrema chiarezza, la
politica monetaria non può essere
lasciata sola a combattere la crisi.
Mediare per raggiungere il consenso necessario è una cosa che a
Draghi- e la sua lunga carriera in incarichi amministrativi e di banchiere
ai massimi livelli lo dimostra — riesce bene e lo stato di deterioramento
della situazione economica comples-
vate all’interno dei confini dei trattati e vanno utilizzati per fare subito le
riforme necessarie.
Occorre un cambio di passo, ha
detto ai suoi interlocutori, chiarendo
che ai governi è chiesto il comune
impegno politico a fare le riforme subito e, nel rispetto delle regole di bilancio, a rimodulare le voci di bilancio per realizzare misure favorevoli
alla crescita. Mentre alla Bce spetta,
con la stessa urgenza e lo stesso impegno, adottare interventi di politica
monetaria idonei a combattere il ri-
schio deflazione e a favorire gli investimenti. Serve, insomma, un’azione
condivisa, ma sarà la Banca centrale
a dare seguito per prima al nuovo
mood: giovedì si riunirà il Consiglio
direttivo per riformulare l’agenda.
C’è molta attesa nei mercati, che
aspettano qualcosa di significativo,
quanto meno nella tempistica degli
interventi, rispetto al programma già
annunciato. Certamente i governatori cercheranno di valorizzare il più
possibile la portata dell’operazione
di T-Ltro, cioè dei prestiti alle banche
destinati ai finanziamenti delle imprese e delle famiglie (esclusi i mutui
immobiliari) che partirà il 18 settembre a cui ne seguirà una seconda
in dicembre (saranno 8 nel biennio)
ma è probabile anche che annuncino
l’accelerazione del programma di acquisti di Abs, cioè di titoli bancari
cartolarizzati rappresentativi di prestiti a imprese e famiglie, che potrebbe essere avviato, con buona pace
delle perplessità della Bundesbank,
entro la fine dell’anno. Qualche operatore attende un nuovo taglio dei
tassi già alla soglia minima dello
0,15%, mentre sembra improbabile
l’adozione immediata del quantitative easing, cioè dell’acquisto di titoli
privati ma soprattutto pubblici da
parte della Bce.
Stefania Tamburello
© RIPRODUZIONE RISERVATA
I tassi
La mossa
sui depositi
all’Eurotower
Il 5 giugno 2014 (con effetto
dall’11), la Bce ha tagliato il
tasso di interesse, detto anche
tasso di rifinanziamento, allo
0,15%. Per la prima volta ha
dato il via libera a tassi negativi
sui depositi delle banche
presso la Bce (-0,10%).
L’obiettivo dichiarato
disincentivare le banche a
parcheggiare la liquidità presso
l’Eurotower, implicitamente si
è puntato a indebolire l’euro
T-Ltro
I fondi agevolati
alle banche
e le condizioni
La Bce lancia due nuovi
round di T-Ltro, «Targeted
long term refinancing
operations», prestiti a lungo
termine, per 400 miliardi
totali, a tasso agevolato (il
primo il 18 settembre) per
spingere le banche a fare
prestiti a famiglie (ma niente
mutui) e a imprese non
finanziarie per far ripartire
l’economia
Abs
L’acquisto
di titoli
cartolarizzati
Tra le misure straordinarie a cui
è pronta a ricorre la Bce ci sono
gli Abs, «Asset backed
securities», cioè titoli
cartolarizzati garantiti da
prestiti, mutui, obbligazioni o
crediti commerciali. Dopo gli
eccessi della crisi finanziaria,
Draghi ha precisato che l’Abs
ideale deve essere semplice,
reale (garantito da prestiti veri,
non da derivati) e trasparenti
Mro e Smp
Lo scudo
antispread
per la periferia
Per aumentare la liquidità
nell’eurozona, la Bce continuerà
a condurre Mro («Main
refinancing operations»), cioè
operazioni che offrono liquidità
a una settimana, fino a quando
sarà necessario, almeno fino al
dicembre 2016. Ha inoltre
sospeso la sterilizzazione degli
acquisti di titoli sovrani sul
mercato secondario attraverso
il programma Smp (Securities
market programme)
8
Martedì 2 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
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Esteri
I marò È stato colpito da ischemia e soccorso da Girone. La notizia diffusa su Facebook dalla figlia del fuciliere
Paura per Latorre, ricoverato in ospedale
Il ministro Mogherini: vogliamo riportarli in Italia. Pinotti vola in India
Lo stress sembra avere creato
una curva drammatica nella vicenda dei due marò. Nella notte
tra domenica e lunedì, Massimiliano Latorre — che da oltre due
anni e mezzo è trattenuto in India assieme a Salvatore Girone,
entrambi accusati di aver ucciso
due pescatori dello Stato del Kerala — è stato colto da un serio
malore. Sua figlia, Giulia, ha
scritto su Facebook che il padre
è stato colpito da un’ischemia: è
stato ricoverato nel reparto di
neurologia di un ospedale di
New Delhi in stato di incoscienza. Durante la giornata di ieri, le
sue condizioni sarebbero però
migliorate, tanto che ha telefonato alla figlia per rassicurarla.
Al momento del ricovero e per le
ore successive, al fianco di Latorre sono stati costantemente
Girone, il primo a prestargli soc-
corso, e la moglie di quest’ultimo, Vania.
La notizia del malore è arrivata immediatamente in Italia e ha
creato seria preoccupazione, innanzitutto negli ambienti di governo. Il ministro degli Esteri
Federica Mogherini facendo
pressione sull’India ha ribadito
la volontà di riportare a casa i
due fucilieri: «Come è sempre
stato in questi mesi — ha detto
— seguiamo ogni giorno il caso
dei due marò con l’obiettivo di
riportarli in Italia: per il governo
è una priorità».
Il ministro della Difesa Roberta Pinotti si è messa subito in
viaggio per l’India, assieme a
medici militari e universitari,
dove è arrivata ieri. Ha constatato il miglioramento delle condizioni del fuciliere di Marina e ha
elogiato i medici indiani per
I messaggi
La figlia di Latorre, Giulia: ha
diffuso sulla propria pagina
Facebook prima un messaggio
di rabbia, poi di sollievo perché
il padre stava meglio
l’efficacia del loro intervento:
«Abbiamo constatato — ha detto — che senza questo intervento terapeutico così rapido e tempestivo la situazione avrebbe
potuto avere conseguenze gravi». L’ischemia che ha colpito il
fuciliere ha naturalmente provocato anche una serie di reazioni emotive e politiche. Giulia,
la figlia di Latorre che era stata
con il padre a Delhi fino a pochi
giorni fa, ha scaricato la tensione sulla sua pagina di Facebook:
«Sì, è vero, mio padre sta in
ospedale e ha avuto una mancanza. Ma voi Italia di m… fateli
restare un altro po’! Vi preoccupate di portar qui gli immigrati
che bucano le ruote perché vogliono soldi e non vi preoccupate dei vostri fratelli che combattono per voi e alcuni perdono la
vita».
Sempre sui social network si
è sviluppato un triste scambio
di opinioni tra chi considera Latorre e Girone colpevoli di avere
ucciso i due pescatori indiani
(un processo non c’è mai stato)
e chi invece li ritiene vittime
della tortuosità della politica indiana.
Chi più chi meno, i partiti si
sono fatti sentire. Quelli di governo per sostenere che il lavoro
impostato negli scorsi mesi per
arrivare a una soluzione va continuato e rafforzato. Quelli di
opposizione per chiedere azioni
più incisive finalizzate a riportare in Italia i due fucilieri. Il problema è sempre quello della
strategia da adottare per arrivare a quell’obiettivo e a un processo giusto e rapido non in un
tribunale indiano. A questo
punto, il malore di Latorre rende
più urgente l’azione per uscire
dallo stallo in cui il caso è finito
da tempo. Accelera gli eventi e
mette in moto dinamiche diplomatiche e giudiziarie nuove.
D. Ta.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
32
mesi Il periodo di prigionia in India dei due marò Massimiliano
Latorre e Salvatore Girone. I due
fucilieri di Marina sono trattenuti dalle autorità indiane dal febbraio 2012 con l’accusa di aver
ucciso due pescatori indiani durante una missione anti pirateria
Il rischio di un colpo di Stato
L’ex star del cricket,
l’islamico e i generali:
il Pakistan in bilico
di CECILIA ZECCHINELLI
I
l Pakistan ha perso il poco invidiabile primato di «posto più
pericoloso del mondo», attribuitogli dall’Economist nel 2008:
dalla Libia alla Siria le crisi oggi sono certo più gravi, la sicurezza
un miraggio. Ma nel grande Paese asiatico la calma seguita dalle
prime elezioni giudicate credibili nel maggio 2013 si è dissolta.
L’opposizione al premier Nawaz Sharif da tre giorni è violenta,
sabato ci sono stati morti e feriti. Ieri ancora scontri nel secondo
tentativo (fallito) di assaltare la casa di Sharif nella «Zona rossa»
di Islamabad, dove sorgono anche le ambasciate e il Parlamento. E dove si trova la tv di Stato: per un’ora i manifestanti l’hanno
occupata interrompendo le trasmissioni, poi hanno accettato
l’ordine dei militari andandosene
senza reagire e
anzi inneggiando
all’«esercito amico».
«Se Dio vuole
saranno i soldati a
salvarci», cantavano in molti. Il
sospetto sempre
più diffuso, e non
solo per quegli
slogan, è che in
Pakistan sia in Proteste Gli scontri ieri a Islamabad (Ap)
corso l’ennesimo
golpe militare, ma questa volta «strisciante». Ovvero, che i leader delle proteste — l’ex star del cricket Imran Khan e il religioso Tahirul Qadri — siano teleguidati dai generali. I militari non
solo sono stati al potere per almeno metà della Storia del Pakistan ma controllano gran parte dell’economia. E male accettano
ora Sharif: al premier (per la terza volta) contestano l’eccessivo
«buonismo» con l’India e il ritardo nel lanciare l’offensiva antitalebana nel Nord, partita in giugno. Ancor più gli rimproverano di aver voluto processare per alto tradimento il generale Musharraf, che nel 1999 depose lo stesso Sharif mantenendo poi il
potere per un decennio. Le posizioni dei militari, del liberal
Khan e dell’islamico Qadri divergono molto: ma come successe
in Egitto nel 2011, il comune nemico (là fu Mubarak, qui è Sharif) li ha resi alleati. La convinzione di molti analisti è che il più
forte resti l’esercito. Forte e prudente: sarebbe per non perdere
gli aiuti finanziari degli Stati Uniti e il sostegno politico internazionale che questa volta agiscono da dietro le quinte.
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Corriere della Sera Martedì 2 Settembre 2014
Esteri
italia: 51575551575557
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Fucilieri I due marò Massimiliano Latorre (a sinistra) e Salvatore Girone trattenuti in India dal febbraio 2012 (Ansa)
Il retroscena Dopo il malore il governo Modi potrà essere forzato ad aprire un tavolo che finora ha escluso
Non si può più perdere tempo
La scelta dell’arbitrato è vicina
Alla Farnesina serve continuità per il dopo Mogherini
14
ottobre La data della prossima
udienza sui due marò, dopo
l’ennesimo rinvio. La Corte speciale indiana deve esprimersi su
un’istanza presentata a novembre dalla polizia anti terrorismo.
Roma ha deciso di non riconoscere la giurisdizione indiana
La storia e la cronaca non hanno i tempi della politica e della burocrazia. Spesso
accelerano e sorprendono. Nella notte tra
domenica e lunedì, nell’ambasciata italiana di New Delhi, si sono prese carico
della vicenda dei due marò. Nella forma
drammatica dell’ischemia di Massimiliano Latorre, hanno introdotto una nuova
dinamica nel caso dei due pescatori indiani uccisi il 15 febbraio 2012, della cui
morte Latorre è accusato assieme al commilitone Salvatore Girone. L’urgenza di
prendere iniziative per portare al più presto i due fucilieri di Marina fuori dall’India a questo punto diventa pressante.
Il ministro della Difesa Roberta Pinotti
ha detto che la vicenda è una priorità
«ancora più oggi alla luce di quanto avvenuto e della situazione di difficoltà che
si è creata». Si tratta ora di stabilire come
la vicenda di domenica notte cambi il
quadro di un caso che si trascina da oltre
due anni e mezzo senza che i due militari
abbiano avuto un giusto processo, nonostante le assicurazioni prodotte dalle autorità indiane.
Al momento, gli elementi importanti
che la crisi di Latorre mette in movimento sembrano essere due. Il primo è l’accelerazione che può prendere il contenzioso tra Roma e Delhi sulla vicenda. L’Italia
rifiuta la giurisdizione indiana, sia perché ritiene che quel 15 febbraio i marò
fossero in missione ufficiale, coperti dall’immunità data dalla loro funzione e
quindi da processare in Italia o in un tri-
bunale terzo, sia perché la giustizia indiana ha dimostrato di non essere in grado di istruire un processo capace di dare
garanzie di imparzialità e di rapidità.
L’ultima volta nell’autunno scorso, aveva
assicurato che una soluzione sarebbe
stata «fast and fair», rapida e giusta. Da
allora, niente è successo. Ora, il malore di
Latorre può essere considerato — anche
se gli indiani potrebbero contestare questa lettura — il risultato di uno stress
cronico provocato dalla situazione non
solo di pseudo-cattività dei due militari
(obbligati a risiedere a Delhi, nell’ambasciata italiana) ma anche di quotidiana
incertezza sul loro futuro.
Si tratta di una tesi forte che può essere
messa sul tavolo del governo di Narendra
Modi per forzarlo ad aprire un canale di
colloquio diplomatico che il primo ministro indiano finora non ha escluso ma
che nemmeno ha attivato. Soprattutto, la
condizione di grave disagio dei due fucilieri — va ricordato anche il messaggio
video altamente emotivo prodotto da Girone lo scorso 2 giugno — può essere
I protagonisti
Federica Mogherini
La ministra degli Esteri
uscente ha promosso
la strada della
internazionalizzazione
Roberta Pinotti
La ministra della Difesa,
che ha seguito il caso
dal suo insediamento,
ieri è volata in India
Daniel Bethlehem
L’avvocato inglese è a
capo del team di giuristi
per il ricorso all’arbitrato
internazionale
un’argomentazione decisiva quando
l’Italia dovesse decidere, a questo punto
in tempi decisamente brevi, di ricorrere a
un arbitrato internazionale sulla base
dell’Annex 7 dell’Unclos, la Convenzione
delle Nazioni Unite sulla legge del mare.
Il quale Annex 7 contempla anche l’eventualità di misure provvisorie determinate da situazioni particolari, come potrebbe essere lo stato di stress continuo dei
due fucilieri.
Una misura provvisoria potrebbe essere quella, decisa da una corte internazionale, di permettere a Latorre e Girone
di lasciare l’India per andare in un Paese
terzo in attesa del processo. Questa ipotesi di ricorso all’arbitrato è da sempre
sul tavolo: ora diventa di attualità e paradossalmente ha una maggiore forza giuridica.
La seconda dinamica importante messa in moto dal malore di Latorre riguarda
la scelta del ministro che dovrà sostituire
Federica Mogherini agli Esteri quando
questa assumerà la funzione di Alto rappresentante della politica estera della Ue.
Essendo la questione marò uno degli elementi centrali della politica estera italiana dei prossimi anni, sul quale si determinerà una parte consistente della reputazione e della credibilità internazionali
del Paese, sembra naturale che il prossimo ministro degli Esteri debba essere individuato e indicato in tempi brevi e che
sia qualcuno che ha una forte sensibilità
rispetto alla vicenda, in termini di conoscenza del dossier diplomatico e giuridico. La continuità d’azione, in questo caso, può rivelarsi decisiva.
L’angosciosa notte di domenica costringe politici e funzionari a non perdere più un minuto.
Danilo Taino
@danilotaino
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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puramente illustrativo e possono contenere accessori a pagamento. Articolo pubblicato su quattroruote.it il 17/03/2009.
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10 Esteri
Martedì 2 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Ucraina Merkel abbandona le cautele e alza i toni con Putin
Kiev chiama l’Europa:
se non intervenite
sarà la grande guerra
Governativi in ritirata anche da Luhansk
Il ricordo del 1939
Il manifesto:
non si ripeta
un’altra Danzica
Donetsk 2014 come Danzica
1939? Il fantasma della città
polacca, dell’inerzia
dell’Europa, riassunta in quel
«Morire per Danzica?» che
portò allo scoppio della
Seconda guerra mondiale
(sotto, soldati tedeschi alla
frontiera tedesco-polacca il 1°
settembre 1939), aleggia sulla
crisi ucraina. Ieri è arrivato il
monito di intellettuali e
politici polacchi perché non
si ripetano gli stessi tragici
errori. Un appello pubblicato
© RIPRODUZIONE RISERVATA
I filorussi
Per la prima volta i ribelli
accettano l’idea di restare
all’interno dell’Ucraina
ma in uno Stato federale
l’Ucraina in uno Stato federale. Per capirci, la proposta che
Vladimir Putin appoggia da
settimane.
Il gruppo di contatto che si
è riunito a Minsk si vedrà
nuovamente venerdì, ma intanto c’è il pericolo che la situazione sfugga di mano.
L’offensiva dei separatisti,
che secondo l’Europa sono
appoggiati direttamente da
più di mille soldati russi (una
presenza che il premier bri-
tannico Cameron definisce
«ingiustificata e inaccettabile»), va avanti e i regolari
hanno dovuto sgombrare ieri
un importante aeroporto vicino Luhansk. Una nave di
Kiev è stata poi affondata con
un bombardamento da terra.
Entro fine settimana, se
non interverranno fatti nuovi, potrebbero scattare nuove
sanzioni dell’Ue nei confronti
della Russia. Lo ha ripetuto
ieri anche Angela Merkel che
sembra aver abbandonato la
prudenza dei primi tempi:
«Accettare il comportamento
della Russia non è più un’opzione».
A soffiare sul fuoco sono in
molti, a cominciare dai Paesi
baltici e dalla Polonia che
parlano di «Stato di guerra
della Russia nei confronti
dell’Europa» (Lituania), di
«Una guerra non dichiarata»
(Estonia), e di «Ripetizione
del 1939» (il premier polacco
e nuovo presidente del Consiglio europeo Donald Tusk).
Ma è chiaro che senza trattative non si può arrivare a un
cessate il fuoco e a bloccare il
bagno di sangue. Il governo
di Petro Poroshenko sostiene
che i russi sono in Ucraina
con almeno quattro batta-
Nel rifugio Una mamma con la sua bambina ieri in un rifugio antibombe a Donetsk, una delle zone con gli scontri più violenti (Ap)
glioni e, addirittura, che informalmente hanno minacciato il ricorso a bombe atomiche tattiche (di potenza limitata). Comunque
Poroshenko non vuole trattare con i separatisti mentre
questi hanno in mano una
fetta di Ucraina.
Ma vista la situazione sul
terreno, a questo punto non
sembrano esserci alternative.
L’ipotesi di un intervento europeo, anche se solo per armare gli ucraini, non c’è; come non c’è l’ipotesi ventilata
da qualcuno in America di un
sostegno aperto di Washin-
gton. Allora il cessate il fuoco
sembra l’unica via percorribile. Kiev dovrebbe sospendere
i bombardamenti e la Russia
ritirare gli uomini che «non»
sono in Ucraina. A quel punto
si potrebbe parlare del futuro
del Paese e anche del suo collocamento nello scacchiere
internazionale.
L’attuale leadership preme
per un riallineamento totalmente a Occidente e lo scioglimento del Parlamento con
nuove elezioni dovrebbe portare proprio a una decisione
in questo senso.
Ma questo non sarebbe ac-
cettato dai filorussi e, probabilmente, non sarebbe nemmeno nell’interesse dell’Europa. Non a caso ieri il nostro
ministro degli Esteri Federica
Mogherini ha lodato la strada
scelta dalla Moldova: «Andare verso Ovest ma anche
mantenere buone relazioni
Berlino
La Cancelliera: «Accettare
il comportamento
della Russia non è più
un’opzione»
con l’Est». Anche Putin ha
nuovamente insistito perché i
combattimenti vengano sospesi. Ha poi aggiunto che la
controffensiva dei ribelli
punta soprattutto ad allontanare dai centri abitati le basi
dalle quali l’esercito ucraino
bombarda le città. Un appoggio alla Russia è venuto dal
ministero degli Esteri cinese,
contrario a nuove sanzioni:
«Non aiutano. L’unica via di
uscita è una soluzione politica».
Fabrizio Dragosei
@Drag6
© RIPRODUZIONE RISERVATA
✒
sui quotidiani polacchi,
tedeschi ed ucraini e
sottoscritto, tra gli altri, dal
regista Andrzej Wajda e dal
ministro degli Esteri polacco,
lo storico Wladyslaw
Bartoszewski che accusano la
«Russia, Stato aggressivo» e i
Paesi europei di rimanere
passivi per tutelare i propri
interessi commerciali.
Nessun riferimento al
Cremlino dal primo ministro
di Varsavia, e appena
nominato presidente del
Consiglio Ue, Donald Tusk
che, parlando, a Westerplatte,
vicino a Danzica, in occasione
del settantacinquesimo
anniversario dell’invasione
tedesca della Polonia, ha
messo in guardia dalla guerra
in Ucraina e da atteggiamenti
di «ingenuo ottimismo» in
Europa. Con lui il presidente
tedesco Joachim Gauck che
ha parlato di «rottura» tra
Russia ed Europa.
MOSCA — Mentre la situazione militare si fa sempre
più difficile per il governo
ucraino, si alzano i toni: Kiev
parla apertamente di stato di
guerra con la Russia e prevede decine di migliaia di morti
se non si interverrà. Ma allo
stesso tempo anche la diplomazia fa passi avanti e per la
prima volta i ribelli filorussi
sembrano accettare l’idea di
rimanere all’interno del-
L'ora della scelta
RAID, GAS O PARTIZIONE? LE TRE OPZIONI SUL TAVOLO UE
di GIUSEPPE SARCINA
P
er come si sono messi i rapporti
di forza sul terreno, sembrano
esserci solo tre possibilità per
risolvere la crisi dell’Ucraina. Tre
opzioni, una peggio dell’altra,
purtroppo. La più rovinosa di tutte
sarebbe quella di rispondere con le
armi alla controffensiva dei
separatisti e delle forze speciali
russe. A questo punto la mossa
risolutiva sarebbe una sola:
accogliere immediatamente
l’Ucraina nella Nato e applicare
senza indugi la norma cardine,
l’articolo 5: tutti i Paesi membri
accorrono in difesa di un partner
sotto attacco militare. Il risultato
sarebbe una guerra devastante nel
cuore dell’Europa, combattuta tra le
strade di città popolose, contro una
potenza dotata di temibili
armamenti convenzionali, senza
considerare la follia delle testate
nucleari. L’esperienza degli ultimi
sei mesi dimostra che il sostegno
indiretto non è sufficiente. Non
bastano la benzina dei polacchi o i
binocoli degli americani: l’esercito
ucraino non ha i mezzi e
l’organizzazione per respingere le
unità corazzate russe oltre i confini.
La Nato è pronta a mandare droni,
caccia bombardieri, missili e
almeno 15-20 mila soldati per
garantire l’inviolabilità dei confini
dell’Ucraina? Questa è la domanda
chiave, al netto della propaganda,
per altro sempre più inutile, man
mano che passano i mesi.
La seconda carta è quella delle
sanzioni economiche. Ma, ancora
una volta, l’evidenza empirica
suggerisce che, se si vuole davvero
mettere in difficoltà la Russia,
occorre applicare misure radicali
sulla produzione e l’esportazione di
gas e petrolio. Tutto il resto, dal
caviale alle banche, non è decisivo.
I Paesi europei sono in grado di
rinunciare a una quota vitale di
energia? Resta, allora, la strada del
L’ipotesi Nato
Se l’Ucraina fosse ammessa
nella Nato il risultato sarebbe
una guerra devastante nel
cuore del Vecchio Continente
negoziato. Ma va imboccata al più
presto. Lo scorso aprile i filorussi si
sarebbero accontentati di un
robusto decentramento politico e
amministrativo. A Kiev giuristi ed
esperti dibattevano anche in
pubblico sulle modifiche
costituzionali necessarie. Poi il
gruppo dirigente legittimato dalla
rivolta di Maidan cancellò tutto,
confidando di essere in grado di
mantenere l’integrità del Paese. Ciò
non è avvenuto e tutto lascia
pensare che non avverrà. Nel
frattempo i separatisti sono passati
a pretendere una formula di
federalismo che non esiste in
natura. La «Novorossia», così si
dovrebbe chiamare il nuovo Stato,
rimarrebbe federato a Kiev, ma con
la libertà di concludere accordi
internazionali. Nel caso specifico:
aderire all’Unione doganale
promossa da Mosca, con
Bielorussia e Kazakistan. Un mostro
giuridico: sarebbe come se il Texas
firmasse un trattato con il Messico,
scavalcando Washington. In realtà i
filorussi puntano alla secessione.
Ma forse il presidente ucraino Petro
Poroshenko ha ancora un modo per
limitare il danno: riconoscere un
ruolo politico ai ribelli armati. Duro
da accettare per un Paese
democratico. Durissimo. Meglio,
però, infinitamente meglio della
guerra e del suicidio economico.
[email protected]
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Corriere della Sera Martedì 2 Settembre 2014
Esteri 11
italia: 51575551575557
» Approfondimenti I conflitti e il nuovo equilibrio mondiale
L’ORDINE DELL’OCCIDENTE NON TORNERÀ
LA MIA PROPOSTA PER RIPARTIRE
L
di HENRY KISSINGER
a Libia è in piena guerra civile, i fondamentalisti islamici con i loro eserciti
stanno mettendo in piedi un autoproclamato Califfato invadendo i territori
di Siria e Iraq, mentre la giovane democrazia in
Afghanistan è in preda alla paralisi. A questi
conflitti vanno aggiunti l’inasprimento delle
tensioni con la Russia e un rapporto ambiguo
con la Cina, alternante tra promesse di cooperazione e pubbliche recriminazioni. Il concetto
di ordine mondiale che ha governato sinora i
rapporti internazionali è entrato in una crisi irreversibile. La ricerca di un ordine mondiale si
è a lungo ispirata quasi esclusivamente ai
principi fondanti delle società occidentali. Nei
decenni successivi alla Seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti — forti della loro potenza
economica e fiduciosi nella loro sicurezza nazionale — si accollarono l’onere di portare la
fiaccola della leadership internazionale, alla
quale aggiunsero una dimensione ulteriore.
Nazione fondata esplicitamente sul concetto di
un governo libero democraticamente eletto,
gli Stati Uniti hanno fatto coincidere la propria
nascita con l’affermazione degli ideali di libertà e democrazia, attribuendo a queste forze la
capacità di assicurare una pace giusta e duratura.
L’approccio tradizionale europeo ammette
invece una competizione implicita tra popoli e
Stati. Per scongiurare i pericoli di ambizioni
conflittuali, l’Europa si è affidata a un equilibrio di potere e a un’assemblea di statisti illuminati. Premessa fondamentale della concezione americana è che i popoli sono per natura
ragionevoli e propensi al compromesso per assicurare la pace e pertanto la diffusione della
democrazia è diventata l’obiettivo principale
dell’ordine internazionale. Il libero mercato
avrebbe stimolato gli individui, arricchito le
società e rimpiazzato le antiche rivalità internazionali con l’interdipendenza economica.
Questo sforzo per stabilire un ordine mondiale, sotto molti punti di vista, ha dato i suoi
frutti. In larga maggioranza, il pianeta è governato oggi da Stati sovrani
indipendenti e la diffusione della democrazia e del
governo partecipativo è
certamente un’aspirazione
condivisa, se non una realtà universale. Le comunicazioni globali e le reti finanziarie operano in tempo reale. Gli anni che vanno all’incirca dal 1948 al
nuovo secolo hanno segnato un breve periodo
nella Storia umana in cui si
è assistito alla nascita di un
ordine mondiale composto
da un amalgama di idealismo americano e di concezioni tradizionali europee,
per quel che riguarda la sovranità degli Stati e l’equilibrio del potere. Non dimentichiamo, tuttavia, che
vaste aree del pianeta non
hanno mai veramente condiviso tali principi, adattandosi in varia misura a
una semplice accettazione
di facciata dell’ordine imposto dall’Occidente. Queste riserve si fanno oggi
sempre più palesi, per esempio, attraverso la
crisi in Ucraina e nei Paesi del Sud-Est asiatico.
L’ordine stabilito e proclamato dall’Occidente
si trova oggi a un punto di svolta.
Innanzitutto, la natura stessa dello Stato —
l’unità formale di base della vita internazionale
— si vede sottoposto a un’infinità di pressioni.
L’Europa si è data il compito di trascendere lo
Stato e di plasmare una politica estera basata
sui principi del «potere soft». È lecito tuttavia
dubitare che le pretese di legittimità, disgiunte
da precise scelte strategiche, possano assicurare l’ordine mondiale. L’Europa, tuttavia, non
America e Europa dovranno decidere: quali valori difendere?
ne siano mai stati nella Storia dell’uomo. Eppure la natura e la frequenza di questi incontri
sembrano invece ostacolare l’elaborazione di
una strategia di lungo raggio. I procedimenti
in corso consentono ben poco, nel migliore dei
casi, oltre a intavolare una discussione sulle
istanze tattiche più urgenti, mentre spesso rivestono l’attività dei summit degli orpelli mediatici dei social media. Una struttura attuale, e
comprensiva di regolamenti e normative internazionali se vuole dimostrarsi efficace non
può essere semplicemente costruita su dichiarazioni congiunte. Occorre invece procedere
alla sua formulazione dietro la spinta di convinzioni condivise.
Lo scotto da pagare, se non riusciremo in
questo intento, non sarà tanto una guerra tra
Stati (anche se questo è un rischio reale in alcune regioni), quanto un’evoluzione verso sfere di influenza contraddistinte da particolari
strutture interne e forme di governo. Ai margini, ciascuna sfera potrebbe essere tentata di dimostrare la sua forza contro altre entità reputate illegittime. Una conflittualità protratta tra
regioni potrebbe rivelarsi ancor più debilitante e perniciosa di una guerra tra nazioni.
L’attuale ricerca di un ordine mondiale necessiterà di una strategia coerente per stabilire
un concetto di ordine all’interno delle varie regioni, e per ricomporre questi ordini regionali
tra di loro. Tali obiettivi non sono necessariamente conciliabili, in quanto il trionfo di un
movimento radicale potrebbe effettivamente
restituire ordine a una regione, ma innescando
al contempo una forte instabilità in tutte le altre. L’invasione militare di una regione, pur restituendo una parvenza di ordine, rischia di
Chi è
L’inizio
Nato nel 1923
in Germania da
genitori ebrei, a
New York nel
1938. Dal 1943
cittadino Usa.
Dopo gli studi a
Harvard entra
in politica, come
repubblicano
Politico
Nel 1968 è
Segretario di
Stato con
Richard Nixon,
carica che
manterrà con
Gerald Ford
(fino al 1977)
Dossier
Rapporti stretti
con Mosca
(negoziò il
trattato Salt),
con la Cina di
Mao (sotto in
una foto del
1973) e
innumerevoli
altre capitali
❜❜
In futuro si dovrà
riconoscere la realtà
di altre regioni,
ciascuna con la sua
cultura e le proprie
esigenze di sicurezza
Controversie
Discusso in più
occasioni: dal
Nobel per la
pace per il
Vietnam nel
1973 (prima
della fine della
guerra) al
sostegno al
golpe cileno di
Pinochet
ha ancora adottato, nel suo insieme, una struttura di Stato unitario, rischiando di creare un
vuoto di autorità al suo interno e uno squilibrio di potere lungo i suoi confini. Allo stesso
tempo, parti del Medio Oriente si sono sgretolate in fazioni settarie ed etniche in guerra tra
di loro. Le milizie religiose e le potenze che le
spalleggiano non si fanno scrupolo nel violare
confini e sovranità come meglio credono, innescando il fenomeno di Stati incapaci di controllare il loro stesso territorio. In Asia la sfida
assume una posizione opposta rispetto all’Europa: qui prevalgono i principi dell’equilibrio
del potere, a prescindere da un concetto condiviso di legittimità, e i disaccordi occasionali rischiano di sconfinare nel conflitto armato.
Lo scontro tra l’economia internazionale e
le istituzioni politiche, chiamate a governarla,
contribuisce a indebolire il senso di finalità comuni, indispensabili per l’ordine mondiale. Il
sistema economico è diventato globale, allorché la struttura politica del mondo resta basata
sulla nazione-Stato. La globalizzazione economica, nella sua essenza, ignora le frontiere nazionali. La politica estera invece le afferma, pur
sforzandosi di riconciliare aspirazioni nazionali e ideali di ordine mondiale talvolta profondamente contrastanti. Questa dinamica ha
prodotto decenni di crescita economica sostenuta, punteggiata da crisi finanziarie periodiche di intensità crescente: in Sud America negli anni Ottanta; in Asia nel 1997; in Russia nel
1998; negli Stati Uniti nel 2001 e di nuovo dal
2007 in poi; in Europa dal 2010 in avanti. I vincitori non si pongono troppe domande sul sistema, ma i perdenti — quegli Stati impantanati nelle loro inadeguatezze strutturali, come
si è visto tra i Paesi del sud dell’Europa — cercano di porre rimedio rivolgendosi a soluzioni
che negano, o in qualche modo ostacolano, il
funzionamento del sistema economico globale.
L’ordine internazionale pertanto si ritrova
di fronte a un paradosso: la sua prosperità dipende dal successo della globalizzazione, ma il
processo di globalizzazione scatena una reazione politica che spesso finisce con l’ostacolare le sue aspirazioni.
Il terzo fallimento dell’attuale ordine mondiale è l’assenza di un meccanismo efficace a
disposizione delle grandi potenze per consultarsi e adottare misure collaborative sui problemi più urgenti e drammatici. Questa potrebbe apparire una critica superflua, alla luce
dei moltissimi vertici multilaterali già in funzione, di gran lunga più numerosi di quanti ve
Obama in tv
Un americano in
una tavola calda
guarda il presidente Obama in
tv mentre interviene, a Boston,
alla cerimonia
per i morti nell’attacco alla
Maratona, nell’aprile 2013
(Afp)
La Storia non offre scuse ai Paesi che rinunciano a difendere la loro identità per
ripiegare su un cammino meno faticoso. Ma la Storia non garantisce nemmeno il
successo delle più nobili convinzioni, se manca una strategia geopolitica
❜❜
mandare in crisi il resto del mondo. Un ordine
mondiale di Stati in grado di garantire governi
partecipativi e dignità individuale, e disposti a
collaborare sullo scacchiere internazionale rispettando regole condivise: questo deve essere
la meta dei nostri sforzi e l’oggetto delle nostre
speranze. Ma il cammino in questa direzione
conoscerà una serie di fasi intermedie.
Per svolgere un ruolo di responsabilità nell’evoluzione di un ordine mondiale per il ventunesimo secolo, gli Stati Uniti devono prepararsi a rispondere a un certo numero di domande su se stessi: che cosa siamo pronti a
scongiurare, dovunque e comunque possa accadere, anche da soli, se necessario? Quale
obiettivo vogliamo raggiungere, anche se non
saremo appoggiati da nessuna azione multilaterale? Che cosa vogliamo ottenere, o evitare,
solo ed esclusivamente con l’appoggio degli
alleati? Quali coinvolgimenti dovremo evitare
a tutti i costi, malgrado le sollecitazioni che ci
provengono da alleati o da altre posizioni multilaterali? In che cosa consistono i valori che
vogliamo diffondere? E fino a che punto la realizzazione di questi valori dipende dalle circostanze?
Per gli Stati Uniti, questo richiederà una riflessione su due livelli apparentemente contraddittori. L’attuazione di principi universali
dovrà essere accompagnata dal riconoscimento della realtà di altre regioni, ognuna con la
sua storia, la sua cultura e la necessità di tutelare la propria sicurezza. Nel riesaminare le
dure lezioni dei passati decenni, non bisogna
dimenticare di rendere omaggio al carattere
eccezionale dell’America. La Storia non offre
scuse ai Paesi che rinunciano a difendere il loro senso di identità per ripiegare su un cammino meno faticoso. Ma la Storia non garantisce
nemmeno il successo delle più nobili convinzioni, se manca una strategia geopolitica di vasto raggio.
(traduzione di Rita Baldassarre)
© WALL STREET JOURNAL e CORRIERE DELLA SERA PER L’ITALIA
12 Esteri
Martedì 2 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Il caso La polizia potrà negare l’espatrio ai sospetti in procinto di andare «al fronte»
I punti
Terrorismo, Londra in stato d’allerta
1
Code e «ingorghi» agli aeroporti
Ritiro del passaporto
agli islamisti sospetti
Cameron vara misure straordinarie contro i «jihadisti britannici»
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
LONDRA — Avviso ai futuri
viaggiatori. Potrà capitare anche questo: che le autorità britanniche chiedano alla compagnia aerea dettagli sulla lista
dei passeggeri di un volo con
destinazione Regno Unito ma
non ritenendo le informazioni
sufficienti e chiare impediscano all’aereo di partire o, se già
in cielo, di atterrare. Basterà
un piccolo sospetto, un omonimia, un dubbio su un cittadino britannico (e anche non
britannico), un qualcosa che
non torna e allora scatteranno
le misure che il governo Cameron ha annunciato e renderà
presto operative. Si cambia
passo.
Se quattro anni fa, nel 2011,
Downing Street aveva allentato (un pochino) i controlli antiterrorismo, adesso, sull’onda
delle «migrazioni» verso la Siria e l’Iraq di giovani britannici
suggestionati dal richiamo del
radicalismo islamico, si torna
al passato. Anzi di più. Lo stato
di allerta è al penultimo gradino della gravità («severe»),
quello che indica gli attentati
«molto probabili», e David Cameron spinge per dare alla polizia e ai servizi segreti il massimo dei poteri di prevenzione
e di azione. Negli aeroporti e in
tutti i punti di frontiera le ispezioni sono già aumentate e di-
La polizia avrà il potere
di ritirare il passaporto a
tempo indeterminato
a chi è sospettato di
voler partire in
«missione» in Medio
Oriente. I cittadini
britannici già all’estero
giudicati pericolosi o
sospetti jihadisti si
vedranno negato il
diritto a rientrare in
patria
Massima attenzione
nei punti di frontiera
2
David Cameron spinge
per dare alla polizia e ai
servizi segreti il
massimo dei poteri di
prevenzione e di azione.
Negli aeroporti e in tutti
i punti di frontiera le
ispezioni sono già
aumentate e diventate
più invasive, con la
conseguenza di
allungare le code e i
disagi
Controlli sulle attività
di «propaganda»
Di pattuglia
Una pattuglia della polizia in
servizio anti terrorismo
all’aeroporto londinese di
Heathrow. Il premier
britannico David Cameron
vuole dare «poteri
straordinari» alle forze di
sicurezza per affrontare
l’allarme attentati
ventate più invasive, con la
conseguenza di allungare le
code e i disagi. Non che prima
vigesse l’anarchia. Al contrario. Le verifiche sono sempre
state scrupolose, spesso al limite della pazienza (con cartelli invitanti i passeggeri a
non alzare la voce e a non insultare il personale della sicurezza pena l’arresto per offesa a
pubblico ufficiale).
Ora si va oltre. David Cameron ieri a Westminster ha illustrato il suo piano con tanto di
plauso dei laburisti che rivendicano il copyright sulla legislazione originaria di emergenza, ritoccata e moderata nel
2011 dai tory e dai liberaldemocratici. L’unica critica di Ed
Miliband è che non «doveva-
mo sbarazzarcene in fretta». La
filosofia di base è che occorre
stanare i terroristi, i loro complici, i loro simpatizzanti e che
non bisogna andare per il sottile. Dunque è necessario dare
«poteri specifici e discrezionali di azione» alla polizia e all’intelligence e prepararsi a
contrastare qualsiasi ricorso
nei tribunali contro eventuali
3
Il premier britannico
David Cameron ha
annunciato che saranno
intensificati i controlli
nelle comunità dove si
segnalano le attività di
propaganda
e di proselitismo di
«combattenti»
per la Guerra santa.
Al controspionaggio
è chiesto un massiccio
lavoro di prevenzione
abusi. Si comincia con due misure. La prima è che se un cittadino britannico, messo sotto
la lente di ingrandimento, si
ritrova nella lista nera degli individui a rischio o solamente
da monitorare, dovrà, se richiesto in aeroporto o in frontiera, consegnare a tempo indeterminato il passaporto e
privato della possibilità di partire. La seconda è che i cittadini britannici già all’estero ma
giudicati o pericolosi o sospetti jihadisti si vedranno negato
il diritto a rientrare in patria.
Se ne dovranno stare alla larga.
Un provvedimento, questo,
che corre sul filo della legittimità internazionale. Non è
scontato che i «presunti combattenti» mantengano la cittadinanza. «Gli sarà consentito».
Il che significa che ci sarà una
discrezionalità nella decisione
lasciata alle autorità. Ma David
Cameron non ammette sconti:
«Aderire a valori britannici
non è una scelta o un opzione.
È un dovere per tutti coloro
che vivono sulle nostre isole».
Il corollario ai due pilastri della
regolamentazione è che le
«misure di prevenzione e investigazione saranno estese». Il
fermo senza spiegazioni. L’obbligo di non frequentare certi
luoghi, sempre se valutato necessario dalla polizia. Obbligo
di non muoversi da casa. E, al
contrario, «relocation», ovvero un provvedimento che era
stato abolito e adesso Downing Street rilancia: il trasloco
da casa e l’insediamento in un
domicilio gradito alla polizia.
È la normalità britannica,
l’equilibrio difficile fra diritti,
democrazia, lotta al terrorismo
e paura di attentati.
Fabio Cavalera
@fcavalera
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Martedì 2 Settembre 2014
Il reportage
Esteri 13
italia: 51575551575557
Lo Stato Islamico è stato costretto al ritiro dai bombardamenti degli Stati Uniti, strani alleati di Teheran in questa offensiva
17
mila il numero degli
abitanti di Amerli.
Rotto l’assedio si
sta cercando dl
evacuare parte
della città con
elicotteri che
trasportano i
sopravvissuti a
Bagdad
DAL NOSTRO INVIATO
AMERLI — La luce verde per superare le linee delle trincee e le casematte
dello Stato Islamico arriva verso le due
del pomeriggio. «Andiamo, l’assedio è
rotto dall’alba. Le nostre pattuglie stanno facendo saltare le mine. I cecchini
sono spariti. La strada per Amerli è sicura, i turcomanni ci aspettano. Yallah,
si parte», esclama Shallal Abdal, il governatore di Tuz Khurmatu, la cittadina
che per 81 giorni è stata l’avamposto dei
soldati curdi di fronte alle brigate jihadiste. Appena un paio di chilometri più
avanti comincia la terra di nessuno. Alte
colonne di fumo nero segnano l’orizzonte. La pianura è segnata da cumuli di
terra smossa, macchie di carburante,
aloni scuri di automezzi bruciati. Sull’asfalto le tracce consuete della battaglia: rottami, crateri di esplosioni, immondizia, segni di cingoli. A lato della
strada alcuni uomini stanno seppellendo l’autista di un’utilitaria sventrata da
colpi di mitragliatrice pesante. «Gli
hanno sparato mentre scappavano», dice una delle guardie del nostro convoglio.
Ogni quattro o cinque minuti ci sorpassano gipponi carichi di giovani armati che agitano verso il cielo Kalashnikov e lanciagranate in segno di vittoria. Tanti sparano in aria, inneggiano ad
Allah, al premier Nouri Al Maliki, al leader estremista Muqtada Al Sadr. Le loro
bandiere e le scritte verdi sulle bandane
nere attorno al capo rivelano che sono
combattenti delle «Brigate Badr», assieme a «sadristi» e volontari dell’«Hezbollah», la milizia del sud Iraq
che ha poco da spartire con il gruppo
omonimo più famoso in Libano, se non
che sono tutti rigorosamente sciiti e
hanno ottimi rapporti con Teheran. Sono armati sino ai denti. Le bandoliere
cariche di proiettili, alle cinture grappoli di bombe a mano. Ma dove diavolo
erano tutti questi giorni?, viene da domandare. Come mai hanno avuto bisogno dei bombardamenti americani nelle ultime 48 ore per liberare Amerli? Lo
40
mila litri di acqua
potabile e
settemila razioni di
cibo sono state
paracadutate da
aerei americani,
australiani,
francesi e inglesi
per aiutare la
popolazione
74
giorni la durata
dell’assedio di
Amerli. La città
circondata ed
attaccata dai
miliziani dell’Isis
che solo 48 ore fa
sono stati sconfitti
dalle truppe di
Bagdad
Cibo, kalashnikov e milizie sciite
Amerli liberata (con l’aiuto dell’Iran)
Nella città assediata dall’Isis per 74 giorni, tra i turcomanni scampati all’eccidio
Resistenza
Gli abitanti hanno combattuto tra
le case di fango, alzato barricate
nei vicoli, mentre gli elicotteri
lanciavano armi e munizioni
Fame
«Abbiamo razionato tutto: riso,
pane e datteri. Avevamo fame, ma
dovevamo resistere o le nostre
donne sarebbero finite schiave»
La gioia
In alto una
ragazzina con
una bottiglia
d’acqua. Accanto, l’esultanza delle
milizie sciite
con in mano
una bandiera
strappata all’Isis (Reuters).
Sotto, bambini con gli aiuti
(Afp)
teri. Abbiamo sofferto la fame», risponde mostrando lo stomaco incavato. Un altro volontario, Ahmad Hassan
di 23 anni, ricorda la genesi della battaglia: «A metà giugno lo Stato Islamico ha cominciato a bombardare il villaggio con mortai pesanti. Qui vivono
circa 17 mila persone. Siamo tutti turcomanni sciiti. I primi giorni ci siamo
nascosti in casa. Non sapevamo cosa
fare. Le vie di fuga erano chiuse. E’ stato allora che circa 2 mila dei nostri giovani si sono organizzati per combattere. Ci siamo parlati con i telefoni cellulari alimentati dai pochi generatori rimasti». Dalle sue parole non traspare
che i jihadisti abbiano mai cercato un
attacco frontale, preferivano stringere
progressivamente l’assedio. Spiega:
«In tutto una quindicina di civili ha
perduto la vita sotto le bombe. I nostri
morti nei combattimenti sono stati
quattro o cinque». Mentre racconta tra
i vicoli non asfaltati del villaggio arrivano alcuni camioncini carichi di aiuti.
Vicino se ne fermano due con le donazioni di riso, farina, salsa di pomodoro, olio e frutta fatte giungere dalla
moglie dell’ex presidente dell’Iraq, il
curdo Jalal Talabani. Una folla fitta si
raduna spintonando per prendere ciò
che può. L’Unicef ha inviato ieri sette
camion carichi di provviste e altrettanti ne arriveranno oggi. Sembra davvero
che il peggio sia passato.
Uscendo verso le 17 dal villaggio incontriamo una lunga colonna di gipponi armati con a bordo centinaia di
miliziani sciiti. Tra loro i nostri accomLa regione
pagnatori curdi segnalano una forte
presenza di pasdaran iraniani. Sono
ben equipaggiati, palestrati, appaiono
TURCHIA
freschi, pronti a lanciare l’offensiva
verso sud. «Dall’Iran vanno a BaQaraqosh
Mosul
gdad, si affiancano nelle milizie
Erbil
sciite e vengono a combattere
Kirkuk
anche al nord», sottolineano.
Poche ore fa qui è arrivato in
IRAN
elicottero anche Nouri Al MaBagdad
liki. Per il premier iracheno,
AMERLI
che dovrebbe essere dimissionario, questa è una giornata di
gloria e di rilancio politico. Formalmente qui opera l’esercito
ARABIA
I R A Q
iracheno, in realtà questi soldati
SAUDITA
costituiscono il fior fiore delle sue
brigate sciite che però sono state tra le
cause principali dell’adesione sunnita
alla causa dello Stato Islamico. Li laPerseguitata anche da Saddam
sciamo alle nostre spalle avvolti in una
Amerli è rimasta sotto assedio per più
nube di polvere. Ma una domanda tordi due mesi. La città si trova nella parte
na insistente: cosa penseranno a
nord-orientale dell'Iraq ed è abitata
Washington di questa strana alleanza
soprattutto dalla comunità
con Teheran? Per la prima volta gli Stati
turcomanna, composta da circa 17 mila
Uniti hanno utilizzato i loro jet e droni
persone di religione sciita. Anche
per aiutare i pasdaran e sostenere
durante il «regno» di Saddam la città è
quello stesso Maliki che considerano
stata perseguitata e colpita. Quattro
tra le cause prime dello sfascio iracheanni dopo la caduta del regime, nel
no. Quale sarà la prossima mossa di
2007, inoltre, un attentato nel mercato
Barack Obama?
principale di Amerli provocò la morte di
Lorenzo Cremonesi
105 persone
ri
Tig te
fra
Eu
chiedo al governatore. Lui fa una smorfia. «I terroristi dello Stato Islamico sono ottimi combattenti, pronti a morire e
hanno ottime armi», risponde elusivo.
Pochi secondi dopo, osservando una
trentina di miliziani che hanno sfondato alcune autorimesse, rubato i mezzi
all’interno e dato fuoco agli edifici, si lascia scappare un commento: «Però non
mi piace affatto che stiano saccheggiando. Noi curdi non lo facciamo». Improvvisamente tornano alla mente le
immagini delle brigate libiche di tre anni fa, arroganti e aggressive dopo i
bombardamenti Nato contro Gheddafi,
molto più caute e militarmente poco efficaci quando dovevano agire da sole.
Comunque, oggi è festa grande. La fine dell’assedio di Amerli segna una
svolta importante dopo le strabilianti
vittorie degli estremisti sunniti negli
ultimi tre mesi. «Ora possiamo organizzarci per liberare Mosul e quindi puntare verso Tikrit», osserva entusiasta Hassan Degali, 50enne colonnello peshmerga che ha il compito di assicurare
che il nemico non tenti sortite improvvise. Prima di raggiungere la città assediata sino a ieri mattina superiamo il
villaggio sunnita di Suliman Beg. Era la
roccaforte dello Stato Islamico. Adesso
praticamente tutti i suoi 24 mila abitanti sono fuggiti verso sud. Qui i caccia
americani hanno pestato duro. Lungo la
provinciale si contano una ventina di
abitazioni sventrate. Diversi edifici so-
no in ancora in fiamme. Un paio di negozi vengono saccheggiati. La stessa
sorte tocca al villaggio (sempre sunnita) di Habash. Dicono avesse 800 abitanti. Adesso, oltre ai miliziani di sentinella alla periferia, non si vede anima
viva. La palazzina bassa dell’infermeria
locale ha porte e finestre divelte dagli
spostamenti d’aria. Anche la piccola
moschea appare devastata. Sino a ieri
tremavamo per la sorte degli sciiti, cristiani, yazidi, curdi, turcomanni, drusi, minacciati dallo Stato Islamico.
Adesso viene quasi spontaneo chiedersi cosa avverrà dei sunniti. I persecutori vincenti di ieri potrebbero diventare le vittime di domani in questo
Paese squassato dalla violenza senza
fine, dove la memoria dei torti subiti
diventa la molla delle vendette a venire.
Amerli infine ci accoglie con gruppi
di ragazzini e uomini adulti festanti, i
mitra in mano, corrono ai lati della
strada. Una bambina offre acqua fresca. Sono i veri eroi del giorno. Sono
stati in grado di reggere un assedio
continuo e pressante da parte di gruppi molto meglio organizzati di loro e
certo più forti. Hanno combattuto tra
le loro case povere, praticamente nessuna è a due piani. Hanno piazzato
barricate tra i viottoli, tra le stalle, lungo i canali asciutti, hanno razionato
tutto ciò che possedevano. «Non avevamo scelta. Se ci fossimo arresi saremmo stati uccisi tutti. Le nostre
donne prese come schiave, i bambini
piccoli convertiti alla loro fede», sostiene Ahmad Adnan Aziz, un 28enne
incontrato nel centro di fronte all’abitazione del sindaco. Mostra fiero il suo
mitra e i caricatori pronti all’uso. «Le
munizioni non ci sono mai mancate.
Ogni due o tre giorni gli elicotteri militari dell’esercito iracheno venivano da
Bagdad e ci lanciavano tonnellate di
proiettili e bombe. Però era finito il cibo e anche l’acqua potabile. Tutti noi
abbiamo dovuto fare ricorso ai pozzi
nei nostri giardini. Ma l’acqua è di cattiva qualità. I nostri bambini sono stati
spesso malati», racconta. Ma cosa avete mangiato? «Riso, pane, talvolta dat-
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14
Martedì 2 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Cronache
Trombe d’aria e nevicate,
nave Costa contro il molo
Frana uccide un volontario
Albero su auto: 4 feriti a Roma. Danni al Sud
Una frana era finita sulla
statale del Brennero, poco sopra Bolzano. Alexander Mayr,
39 anni, comandante dei Vigili del fuoco volontari di Campodazzo, la frazione più vicina, va subito sul posto con
due colleghi. Vuole accertarsi
che nessuna macchina sia rimasta sotto. È tutto a posto,
ma quando si volta per rientrare un’altra colata di pietre e
fango lo travolge. «L’abbiamo
visto morire davanti ai nostri
occhi, non abbiamo potuto
fare niente», racconta Urban
Hofer uno dei due volontari
che erano con lui. Solo a Cam-
podazzo i Vigili volontari attivi sono 23 su 200 abitanti,
quasi 13 mila in tutta la provincia di Bolzano. Un esercito
che non viene pagato ma è
La vittima Alexander Mayr, 39
anni, padre di 3 figli (Photomasi)
sempre pronto, se c’è un incendio o viene giù un pezzo di
montagna. Mayr, dipendente
in un’impresa che assembla
veicoli, sposato e padre di tre
figli, Anna la più grande di 6
anni, poi Lukas di 3 e Tobias
nato l’anno scorso, guidava i
volontari della sua sezione da
9 anni. Prima di lui, il padre
Hans. «Purtroppo sono cose
che possono succedere — diceva ieri mattina, scegliendo
le parole più da ex comandante che da padre —. Per
fortuna gli altri si sono salvati».
Mayr, giudicato da tutti
Sull’auto Il ramo di platano che si è abbattuto su una macchina in via Nomentana, a Roma, ferendo 4 persone (foto Proto)
esperto e preparato, è stato
sorpreso dagli effetti di un acquazzone eccezionale che si è
abbattuto su un fazzoletto di
terra: in due ore 70 millimetri
di pioggia per metro quadrato, da trent’anni non si vedeva
tanta pioggia in quella zona.
Una bomba d’acqua, come
ormai vengono chiamate, costante di quest’estate autunnale. E anche ieri, sopratutto
al Centro e al Sud, non sono
bastati gli ombrelli. Giornata
difficile a Roma. Un grosso ramo di platano è caduto a Porta
Pia su un’auto: ferite, anche se
in modo non grave, le quattro
persone a bordo tra cui una
donna incinta. Illeso invece
un altro automobilista che
viaggiava verso Ostia e si è
trovato il parabrezza infranto
da un ramo. Il forte vento ha
fatto volare i banchi del mercatino rionale al Tiburtino e
provocato la caduta di pezzi di
cornicione della storica chiesa di piazza San Silvestro.
Forti raffiche anche in Liguria e a Civitavecchia dove
una tromba d’aria ha complicato le manovre della Costa
Serena, con un «inchino» al
molo per nulla voluto.
A Solofra, in Irpinia, un fiu-
La giornata
La tromba d’aria (foto
Youreporter) partita dal mare
che si è abbattuta su
Diamante (Cosenza),
scoperchiando tetti e
danneggiando auto.
Analogo fenomeno si è
registrato a Civitavecchia. La
tromba d’aria ha causato un
incidente nel porto: la nave
Costa Serena (immagine al
centro da Twitter) ha urtato il
molo durante la manovra di
ormeggio. Strade allagate
(foto Ansa) a Saviano, uno
dei comuni più colpiti dalle
piogge in Campania
me di fango ha invaso una
carreggiata del raccordo Avellino-Salerno, mentre un torrente è esondato nella frazione di Santa Lucia bloccando
per diverse ore alcune famiglie nelle loro case e trascinando a valle una decina di
auto parcheggiate.
Allagamenti anche nel Salernitano, nella Valle dell’Irno
e a Mercato San Severino; il
Sarno ha rotto gli argini vicino alla foce a Castellammare
di Stabia; disagi nei collegamenti tra Napoli e Capri, e in
Puglia verso le Tremiti. Ancora: un uomo di 54 anni ferito
lievemente dalla caduta di
una ramo a Vado Ligure (Savona); stessa sorte per una
donna nel Cosentino; crollato
parte del tetto della chiesa di
Sant’Agostino a Castiglion
Fiorentino (Arezzo); corsa
contro il tempo (con lieto fine) per salvare i libri della biblioteca comunale di Giugliano (Napoli).
Ieri la Regione Piemonte ha
stimato in 40 milioni di euro i
danni alle opere pubbliche a
causa del maltempo tra giugno e agosto. Per la Coldiretti
ammontano a un miliardo le
perdite nell’agricoltura e nel
turismo.
Anche oggi previsioni cupe, soprattutto nel CentroSud. Con un allerta di «criticità rossa», la massima, diffuso
dalla Protezione civile per
l’Abruzzo meridionale.
Riccardo Bruno
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✒
L'analisi
L’EMERGENZA MIGRANTI
E LE CRITICHE ALL’ITALIA
DELL’ASSE PARIGI-BERLINO
di PAOLO LEPRI
Germania e Francia criticano l’Italia sul problema
dell’immigrazione clandestina in un momento in
cui sarebbe necessario, invece, accantonare le
differenze e privilegiare l’impegno comune. Si
conferma così difficile il lavoro del ministro degli
Interni Angelino Alfano per concretizzare, insieme
ai partner europei, la nuova operazione «Frontex
Plus» delineata la settimana scorsa a Bruxelles con
la commissaria Ue Cecilia Malmström. L’Italia non
vuole essere lasciata sola nel combattere
l’«emergenza barconi» nel Mediterraneo , pone
precise richieste all’Europa in termini di
finanziamenti e di mezzi, chiede che il senso
dell’iniziativa sia ispirato a principi umanitari, nel
segno dell’accoglienza e non del rifiuto. Ma le
nuove polemiche su quanto si ritiene che avvenga
Corriere della Sera Martedì 2 Settembre 2014
Il racconto
Cronache 15
italia: 51575551575557
Alessandro Campi era sul Monte Disgrazia con la compagna. «Beppe era lucido, l’ho coperto. Mi ha raccontato che era stato lui a scivolare e trascinare gli altri»
«Quell’alpinista era vivo e chiedeva aiuto
Le 2 ore in cui non sono riuscito a salvarlo»
Il soccorritore: il cellulare non prendeva, l’ho lasciato per chiamare gente
Il fatto
La caduta
Domenica
mattina
una
comitiva
decide di
arrivare
alla vetta
del Monte
DAL NOSTRO INVIATO
Il tentativo
Alessandro Campi (foto) è il quarantunenne milanese che
assieme alla sua compagna domenica ha cercato di salvare
l’unico alpinista rimasto in vita dopo la caduta lungo il
canalone Schenatti, sulle pendici del Monte Disgrazia. Per
potere chiamare i soccorsi Campi e la sua compagna sono
dovuti scendere verso valle: nel luogo dove è avvenuto
l’incidente, infatti, non c’era copertura per i cellulari. Quando il
Soccorso alpino è arrivato, però, Giuseppe Gritti era già morto
nel nostro Paese, emerse in un incontro a Berlino
tra il ministro degli Interni tedesco Thomas de
Maizière e il collega francese Bernard Cazeneuve,
non inducono a essere ottimisti. L’auspicio è che si
arrivi presto ad una reale condivisione. È questo
uno degli scopi dei colloqui che Alfano avrà oggi
nella capitale tedesca con lo stesso de Maizière,
prima di spostarsi a Madrid. A Berlino e Parigi si
ritiene, come si legge in un comunicato diffuso al
termine dell’incontro tra i due ministri, che molti
dei rifugiati sbarcati in Italia viaggino poi verso
altri Stati, in particolare del Nord Europa, e che in
Italia non si rispettino le regole europee secondo
cui gli immigrati clandestini devono essere
registrati nel primo Stato di arrivo. «Sia la
Germania che la Francia — prosegue la
Oggi il vertice in Germania
Il ministro Alfano tenta di coinvolgere i
partner europei nell’operazione
«Frontex Plus» ma arrivano le accuse di
favorire la fuga dei rifugiati in altri Paesi
VAL MASINO (Sondrio) — Era
un lamento solitario, disperato.
Veniva dalla nebbia del Monte Disgrazia e aveva la voce di un uomo
che chiedeva aiuto con tutto se
stesso. Alessandro e la sua compagna di escursione hanno così preso a correre verso la roccia in fondo al ghiacciaio. E quando l’hanno
raggiunta hanno visto la scena più
spaventosa della loro vita. «Lui era
a testa in giù e sopra c’erano gli altri tre che non si muovevano perché erano già morti — parla con
un filo di voce Alessandro Campi,
il quarantunenne milanese arrivato per primo sul luogo della sciagura del Monte Disgrazia, quattro
alpinisti brianzoli precipitati domenica scorsa in un canalone —.
Erano corpi scomposti, c’erano
una gamba qui, un braccio lì, impigliati nelle corde da alpinisti, legati stretti fra di loro. Sembrava
un gomitolo e l’uomo era sotto.
Diceva “aiutatemi, mio Dio”. Aveva una gamba rotta, i vestiti stracciati, era mezzo nudo. C’era poi un
fetore di sangue…». E stenta a raccontare perché l’immagine che ha
nella testa dev’essere terribile.
Aspetta, sospira e riprende: «Non
si muoveva ma parlava, era vivo e
lucido». L’improvvisato soccorritore ha così preso il coltellino che
ogni buon alpinista ha sempre con
sé e ha iniziato a tagliare le corde
per liberarlo dalla tremenda prigione, sotto il cumulo inerme dei
suoi amici. «Ho tagliato tutto
quello che potevo, mentre Alessandra cercava di chiamare il 112.
Ma il cellulare lì non prendeva.
Non c’era modo di avvisare nessuno. Eravamo noi due e lui e nient’altro di vivo in quel posto».
Nel frattempo l’uomo biascicava qualcosa, sollecitato da Alessandro che cercava di tenerlo sveglio perché non morisse. «Gli facevo domande di ogni tipo». Gli
ha chiesto cosa fosse successo lassù. «E lui mi ha detto che era scivolato sul ghiaccio, in alto. Diceva
che era caduto lui per primo, che
era colpa sua e si era portato dietro
gli altri in cordata. E si disperava
con quel poco di fiato che aveva,
mentre noi cercavamo di tirarlo
fuori». Stavano camminando sulla
cresta, in una cordata a quattro,
prima di volare tutti nel crepaccio
per cinquecento metri. Gli ha
chiesto il nome. «Beppe, mi ha risposto con un grande sforzo. Era
Beppe Gritti, quello di Mezzago.
Lo so, tutti pensano che sia stato
dichiarazione — sono tra gli Stati Ue che accolgono
più rifugiati». Al di là degli aspetti «tecnici», nelle
critiche all’Italia si ignorano le dimensioni del
fenomeno che ha posto problemi di gestione del
grande flusso di migranti che arrivano sulle coste
siciliane, spesso richiedenti asilo, molti dei quali
possono sfuggire ai controlli. Dall’inizio
dell’operazione militare italiana «Mare Nostrum»,
che dovrebbe essere sostituita da «Frontex Plus»,
sono stati salvati 115.420 migranti. La questione
esiste, ma va affrontata in modo costruttivo. Già
dieci giorni fa, il ministro degli Interni della Baviera
Joachim Herrmann aveva sostenuto che «l’Italia in
molti casi intenzionalmente non prende dati
personali e impronte digitali dei rifugiati per
permettere loro di chiedere asilo in un altro Paese».
A suo giudizio sarebbe «sfacciato» che Alfano
lamenti il peso dell’arrivo dei clandestini e poi
«non si curi di rispettare le disposizioni europee».
Il Viminale aveva risposto con un «no comment»,
ricordando però che le accuse non venivano da un
ministro del governo federale tedesco. Si tratta di
sperare che de Maizière non la pensi come
Herrmann.
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l’altro a cadere e invece no. Ma tutto questo conta poco perché in
una situazione del genere nessuno
deve sentirsi in colpa». Giuseppe
Gritti, il dipendente dell’Atm, un
padre di famiglia, una vita divisa
fra lavoro, figlio, oratorio e alpinismo.
Spostati i tre corpi, Alessandro e
la sua amica, entrambi fisioterapisti appassionati di montagna, partiti anche loro in mattinata per la
cima della montagna ma almeno
un’ora dopo il gruppo dei brianzoli, hanno cercato di coprire il sopravvissuto con quel che avevano.
«Per riscaldarlo gli abbiamo messo prima il nostro telo termico. Poi
ho svuotato gli zaini degli amici e
l’abbiamo avvolto con tutto quello
che c’era. Infine l’ho legato a una
piccozza, assicurandolo al pendio
perché non scivolasse giù. L’ho
messo in una posizione dignitosa,
con la gambe a valle, come insegna un libro di Confortola che ha
scritto di aver lasciato i due coreani destinati a morire a gambe in
giù per una questione di dignità».
Dovevano fare in fretta perché
c’era da dare l’allarme. «Alessandra non poteva rimanere con lui,
non ha abbastanza esperienza. Sono stato costretto così a lasciarlo
da solo, con i suoi amici morti».
Una scelta difficilissima e straziante. «Gli ho detto tieni duro,
non mollare che qualcuno arriva.
Disgrazia
(Sondrio).
Uno degli
scalatori
scivola e
trascina
gli altri tre
alpinisti in
un dirupo
I soccorsi
In tre
muoiono
subito, il
quarto,
recuperato da due
alpinisti,
poco dopo
Lui mi ha risposto “ok ok, andate”,
ma era conciato troppo male». Un
po’ come nel «Paziente inglese» di
Minghella quando la protagonista
che non riesce più a camminare
viene lasciata in una grotta del deserto con la promessa del suo
amante: tornerò. «Noi siamo andati giù di corsa, verso il rifugio
dove certamente il cellulare aveva
campo. Sono arrabbiatissimo per
questo: succede solo in Italia che
ci siano zone scoperte. Beppe forse si sarebbe salvato se fossi riuscito a chiamare qualcuno». L’avevano lasciato alle dieci del mattino. La prima telefonata sono riusciti a farla alle dieci e trenta.
Dodici minuti dopo le pale dell’elicottero del Soccorso alpino
volteggiavano nella valle. «Da sotto ho indicato il posto, li ho visti
andare lì, fermarsi sospesi per aria
in ricognizione e poi ripartire senza di lui». Nel frattempo il cielo si
era fatto grigio sulla Val Masino.
«Il pilota mi ha spiegato che ha
dovuto andare via perché in fondo
le nubi stavano chiudendo il passo
e diventava rischiosissimo». Non
rimanevano che i soccorritori da
terra, dal rifugio Ponti. «Sono partiti carichi come muli e hanno fatto il possibile ma saranno arrivati
a mezzogiorno, penso io». Quando Beppe aveva già chiuso gli occhi. «Poi ho saputo che un altro
amico suo, quello che aveva rinunciato a salire per il maltempo,
l’aveva raggiunto». Alessandro ce
l’ha con quel telefonino. «Bastava
una chiamata e forse si salvava».
Lo tormentano gli occhi dell’uomo alla sua promessa: «Ce li ho
qui come un tarlo: resisti, gli ho
detto, che arriva qualcuno». Ma il
suo angelo non è mai arrivato.
Beppe è morto così, aspettando
qualcuno fra i ghiacci del Monte
Disgrazia.
Andrea Pasqualetto
[email protected]
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16 Cronache
Martedì 2 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
L’inchiesta Telefonata di Napolitano a don Ciotti, solidarietà dopo le minacce
Genova
La vicenda
Riina intercettato in carcere
«Mancino non trattò con me»
I ladri rubano
l’urna
con le ceneri
di un defunto
Il boss: l’ex ministro era un nemico di Cosa nostra
di Ciancimino jr come di un
«folle» che parla per interessi
economici, «credo che voglia
i soldi», Riina cita le sue parole, deridendolo: «“Io, mio padre, il colonnello Mori convincemmo Provenzano a fare
arrestare Riina”. Ma santo
cielo, tu Ciancimino sei un
folle di catene». «C’è un pentito — spiega il boss riferendosi al ruolo del collaboratore
Balduccio Di Maggio nella
propria cattura — c’è uno che
è andato con gli sbirri là con il
furgone».
Tornando a Mancino, Riina
ricorda quando, con lui ministro, nel ‘92, oltre settemila
detenuti vennero portati nelle
supercarceri dell’Asinara e di
Pianosa e dice: «Vogliono accusare Mancino. Minchia. Un
nemico numero uno. Quello è
un nemico degli italiani.
Quello è un nemico della mafia. No un amico».
Verità o depistaggi? «Se sono plausibili le minacce a don
Ciotti, lo sono anche le accuse
a B. e le minacce al pm Di
Matteo. Napolitano dovrebbe
chiamare anche lui», polemizzano i Cinquestelle. Ma
l’enigma lo dovrà sciogliere il
dibattimento che riprenderà,
il 25 settembre con l’audizione dell’ex segretario dc, Ciriaco De Mita.
I ladri che hanno svaligiato
domenica sera una villetta a
Molassana, sulle alture di
Genova hanno rubato
anche un’urna funebre con
le ceneri del padre del
ventisettenne padrone di
casa. Ora rischiano una
condanna da un minimo di
due a un massimo di sette
anni di reclusione per
violazione dell’articola 411
del codice penale che
prevede e punisce la
sottrazione e il vilipendio di
cadavere o delle sue ceneri.
Ad accorgersi di quanto era
successo è stata la vedova
appena rientrata in casa col
figlio. È ancora sotto choc.
L’urna del valore di alcune
centinaia di euro, era
conservata in un cassetto
della camera che
abitualmente ospita
l’anziana. I ladri, che hanno
forzato una finestra, hanno
rubato solo quattro fucili da
caccia e un pc. L’urna
poteva sembrare un
portagioielli. E forse
l’hanno portata via senza
guardare. I carabinieri
tendono a escludere che il
furto sia avvenuto su
commissione o per tentare
la richiesta di riscatto. La
legge sulle sepolture e la
cremazione prevede che le
urne vengano conservate in
un luogo che ne preservi
l’integrità e ne impedisca
l’asportazione.
Virginia Piccolillo
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ROMA — La trattativa Stato-mafia? «Ma che vogliono
sperimentare che questo
Mancino trattò con me?... loro vorrebbero così, ma se
questo non è avvenuto mai!».
Parola di Totò Riina.
Nel romanzo criminale
raccontato dal boss dei boss
al suo compagno di carcere
Alberto Lorusso, il «capo dei
capi» aveva già rivisitato molte pagine oscure e fornito
molte presunte rivelazioni.
Inclusa quella su don Luigi
Ciotti, «prete da uccidere»,
che ieri ha ricevuto una telefonata e la «piena solidarietà»
del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e
una pioggia di attestati di vicinanza dalla Cei, ad esponenti della politica e delle associazioni.
Non poteva mancare il capitolo dedicato alle pagine
più controverse della nostra
storia giudiziaria. Quelle oggetto di un processo di fronte
alla Corte d’Assise di Palermo,
nel quale si ipotizza la possibilità che uomini delle istituzioni abbiano chinato la testa
di fronte alle minacce del capo di Cosa Nostra. Cioè lui.
Una fonte diretta, dunque, ma
non così sprovveduta da
ignorare il rischio intercettazione.
A voler credere a quest’ultimo spezzone di rivelazioni,
registrato in carcere il 12 agosto del 2013, comunque, Totò
Riina con Nicola Mancino, allora ministro dell’Interno,
non avrebbe mai trattato. La
stessa versione fornita dall’allora titolare del Viminale, che
è accusato di falsa testimo-
nianza, ma si è sempre professato innocente. Toccherà ai
giudici palermitani dare il
giusto valore anche a questo
colloquio in carcere di Totò
Riina, depositato a luglio
scorso dai pubblici ministeri.
Nella stessa chiacchierata il
boss smentiva anche una delle verità di Massimo Ciancimino: il figlio dell’ex sindaco
di Palermo, Vito. Ovvero che
assieme a Bernardo Provenzano, e a suo padre Vito, avesse avuto un ruolo nella cattura del boss dei boss. Parlando
India
La bici carica
di rotoli
per il mercato
Un operaio indiano
sistema la merce
imballata sulla sua
bicicletta a New Delhi
(Ap Photo/Armangue),
in India. Un carico
enorme che l’uomo
porterà al più grande
mercato della capitale
indiana. Il Chawri Bazar
è un mercato
specializzato
all’ingrosso di ottone,
rame e prodotti di carta.
Un tempo il mercato era
molto frequentato da
nobili e ricchi del Paese.
Tutto è cambiato dopo i
moti che scoppiarono
tra il 1857 e il 1858.
La conversazione
Il 12 agosto 2013 l’ex
capo dei capi, Totò Riina,
viene registrato in
carcere mentre parla con
Alberto Lorusso (sopra
uno dei colloqui
intercettati tratto da un
video della trasmissione
«Servizio Pubblico»)
Le frasi
Nel dialogo Riina, oltre a
parlare di don Luigi
Ciotti come di un «prete
da uccidere», racconta
che sulla presunta
trattativa Stato-mafia
Nicola Mancino, ex
ministro dell’Interno,
non avrebbe mai
trattato con lui
La cattura
Lo stesso Riina
smentisce la versione
fornita da Massimo
Ciancimino — figlio
dell’ex sindaco di
Palermo Vito —
secondo cui lui, Riina, sia
stato catturato grazie a
un lavoro «congiunto»
tra il colonnello Mori,
Bernardo Provenzano e i
Ciancimino padre e figlio
IPRODUZIONE RISERVATA
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Il caso
IL PREMIO SCIASCIA VINTO DAL LIBRO DEL MAFIOSO
DA PAPILLON A CUTOLO, ESISTE L’ARTE CRIMINALE?
Le polemiche, il riconoscimento e ancora altre polemiche. Soprattutto perché il testo del condannato
per mafia ha superato quello scritto dalla figlia del
giudice ucciso dalla mafia. Il «Premio RacalmareLeonardo Sciascia» è stato assegnato a «Malerba»,
il libro scritto da Giuseppe Grassonelli, killer condannato all’ergastolo, insieme con il giornalista del
Tg5 Carmelo Sardo. Così ha deciso la giuria popola-
re attribuendogli tredici voti. Più di quelli presi da
«È così lieve il tuo bacio sulla fronte» di Caterina
Chinnici, figlia del giudice Rocco, ucciso da Cosa
nostra e «Piccola Atene» di Salvatore Falzone. «Sono orgoglioso di questo premio che condivido con
tutti coloro che credono nel riscatto anche di chi ha
sbagliato — ha scritto Sardo su Facebook —. E sappiamo che anche Sciascia ci credeva».
di DINO MESSINA
COMUNE DI NAPOLI
SACUAG AREA LAVORI
ESTRATTO BANDO DI GARA
CIG 55383685DA
In esecuzione della Determina dirigenziale n. 42
del 31/12/2013 del Servizio PRM Strade e
grandi assi viari, piazza Cavour 42 - 80137 Napoli è indetta gara-procedura aperta “Lavori di
manutenzione straordinaria e messa in sicurezza di alcuni muri di sostegno e/o contenimento del solido stradale di via Petrarca, C.so
V. Emanuele, di via Trinità delle Monache e di
via M. R. Imbriani” - Importo a base di gara: €
590.000,00 oltre Iva - Criterio di aggiudicazione:
prezzo più basso. Le offerte devono pervenire al
Protocollo Generale - Palazzo S. Giacomo Piazza Municipio - 80133 (NA), entro le ore
12,00 del 29/09/2014. Bando pubblicato sulla
GURI - V serie speciale - n. 96 del 25/08/2014 e
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Fax 080 5760 126
«M
alerba», l’epopea malavitosa di Giuseppe Grassonelli, forse sarà ricordata
solo per le polemiche nate dalla vittoria del Racalmare, il premio ideato da
Leonardo Sciascia. Le confessioni dell’ex killer di mafia (e le scuse ai concittadini di Porto Empedocle) probabilmente non hanno la forza di grandi
casi letterari nati nelle colonie penali:
Papillon di Henri Charrière, che nel
1967, dopo l’incendio del suo night in
Venezuela, decise di raccontare le peripezie di condannato nella Guyana
Francese (con nove tentativi di fuga in
dodici anni di detenzione). Un racconto affascinante con qualche concessione alla fantasia che regalò a
Charrière, scomparso nel 1973, fama
duratura, anche grazie al film con Steve McQueen e Dustin Hoffman.
Un caso letterario (e umano) ancora
più dirompente, per le implicazioni
della lotta contro la pena di morte,
quello di Caryl Chessman, già ladruncolo abituale (e forse omicida) arrestato a 27 anni con l’accusa di aver rapinato e stuprato alcune donne. Chessman negò sempre di aver commesso
quei delitti e in opere come Cella 2455
braccio della morte e Quel ragazzo è
un killer regalò dei veri cammei alla
letteratura di genere. Il valore letterario e le battaglie civili di Chessman
non gli evitarono di finire sulla sedia
elettrica, il 2 maggio 1960, nel carcere
di San Quintino.
Qualche interesse per la storia del
Quadro Luciano Lutring (nella foto Ansa,
a destra dell’avvocato
Cillario), con un dipinto di quando era detenuto nel carcere della
Santé. Sopra, Caryl
Chessman
e sotto, Raffaele Cutolo (Ap)
nostro costume ce lo offrono Luciano
Lutring, detto «il solista del mitra»
perché nascondeva l’arma in una custodia di violino. Nemico pubblico
numero uno in Francia e in Italia, autore di rapine con un «fatturato» complessivo di trenta miliardi di lire degli
anni Sessanta, Lutring faceva le cose
in grande: fu graziato sia dal presidente Georges Pompidou, sia dall’italiano Giovanni Leone. Così poté dedicarsi alla pittura e alla scrittura (naturalmente autobiografica): Il solista
del mitra venne pubblicato nel 1966,
lo stesso anno, guarda caso, dell’usci-
ta del film di Carlo Lizzani, Svegliati e
uccidi.
Meno affascinanti ci appaiono le
conversioni letterarie del fondatore
della Nuova camorra organizzata,
Raffaele Cutolo, che nonostante il titolo di «’o professore» ha firmato versi ben mediocri, come «polvere bianca ti odio». O quella di Vincenzo Andraous, conosciuto nei primi anni Ottanta come il
killer delle carceri italiane
(«vivo tra mille rimorsi ma
la poesia mi ha cambiato»
confidava nel 1993 al cronista del Corriere Stefano
Lorenzetto). Tuttavia una
storia umana interessante
dove la letteratura è medicina.
Un percorso simile in
fondo a quello di Grassonelli, che si affranca da una storia di
mafia attraverso la riflessione e la
scrittura. Niente a che vedere questa
storia con il romanticismo delle vite
sbagliate di Charrière e Lutring. O con
il fascino sulfureo di grandi poeti che
conobbero la galera e fors’anche la
forca: primo fra tutti François Villon
(1431-1463), ladro e assassino, condannato a morte, autore di alcuni testi
fondamentali della letteratura francese, come La ballata degli impiccati, e
poi di drammaturghi maledetti come
Jean Genet.
La letteratura può avere un potere
salvifico: a patto che si ammettano i
propri delitti e si sia disposti a renderne conto. È stato così per Edward
Bunker, scrittore di talento dal passato criminale che ispirò James Ellroy e
Quentin Tarantino. E per un «maledetto» in sedicesimo come Bruno
Brancher, ultimo cantore della vecchia mala milanese. Non è così per Cesare Battisti, l’ex terrorista diventato
romanziere che non ha voluto mai pagare per i suoi errori.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Martedì 2 Settembre 2014
Cronache 17
italia: 51575551575557
#
Roma Da Maradona a Baggio e Del Piero. Buffon: Bergoglio ottimo allenatore, mettiamo in pratica il suo messaggio. Messi assente per infortunio
La maglia
Diego Armando Maradona
regala al Pontefice una maglia biancoceleste della nazionale argentina con il suo
autografo e
una dedica: «A
papa Francesco con tutto il
mio affetto e
molta pace per
tutto il mondo». Bergoglio
e il «Pibe de
oro» si sono
concessi anche un lungo e
affettuoso abbraccio nell’Aula Paolo VI
durante l’incontro in occasione della
partita interreligiosa per la
pace che si è
giocata ieri allo stadio Olimpico di Roma
(foto di Isabella
Bonotto/
Update/Action
Images)
Le foto
Alessandro
Del Piero,
ex calciatore
della Juventus,
scatta
fotografie
con il suo
smartphone
all’interno
dell’Aula Paolo
VI durante
l’incontro di ieri
con il Papa
(foto Borgia/Ap)
La cresta
Il centrocampista belga
Radja Nainggolan, nella
Roma dopo un
passato
al Cagliari,
si è presentato all’incontro
con il Pontefice sfoggiando
una cresta
ossigenata
(foto Agf)
Capelloni
Il Pontefice
atra l’ex calci
tore coloms
biano Carlo
Valderrama
e la moglie:
i coniugi
si sono presentati con
una capiglia
tura molto
simile
)
(foto Pinto/Afp
L’abbraccio tra Francesco e Diego
«Il vero fuoriclasse è il Pontefice»
In Vaticano per la partita della pace. Il Papa: lo sport è fratellanza
CITTÀ DEL VATICANO — E finalmente ecco l’immagine della
Mano de Dios che si posa delicata sulla talare bianca del Pontefice argentino, l’istante atemporale che tutti attendevano con
timore e tremore, l’abbraccio
escatologico tra Jorge Mario
Bergoglio e l’unico al mondo
che come e più del vescovo di
Roma sia solito parlare di sé in
terza persona. «Ma papa Francesco è molto più di Maradona.
È lui il vero fuoriclasse», concede sorridente il Pibe, incravattato e stretto in un competo scuro
come gli occhiali che per l’occasione si sfila davanti al connazionale, cui cede la maglia numero 10 della Selección.
Dev’essere la prima volta che
nell’Aula Paolo VI, durante
un’udienza, si creano due file
per il baciamano. Ma anche la
prima in cui Diego Armando,
esaurite le richieste degli ammiratori, vada — lui — a salutare e
posare per una foto della quale,
volendo, si possa dire: quello
accanto, con l’aria emozionata,
è Maradona. In versione Figliol
Prodigo: «Mi ero allontanato
dalla Chiesa perché pensavo
non facesse abbastanza per i bisognosi, ma con Francesco è diverso, mi ha preso il cuore. Cosa
mi ha detto? Che mi stava aspettando». Del resto lo stesso Bergoglio, appassionato di calcio
fin da piccolo (la sua squadra, il
San Lorenzo, «è parte della mia
identità culturale», ha raccontato di recente: a Buenos Aires
aveva pure la tessera 88235N),
mostra un’aria raggiante, «sono
felice di essere qui, per la carità
e la pace», e si capisce. Ieri sera,
all’Olimpico, è riuscito a comporre una rosa di fuoriclasse
che nessun tifoso o tecnico ha
mai osato neppure sognare, un
po’ come il primo gol di Baggio
su lancio vellutato (gioca da fermo, ma il piede è sempre quello) di Maradona. Bisognava vederli, al pomeriggio, emozionati come ragazzini davanti al Papa. Del Piero ed Eto’o che si
fanno le foto col cellulare, Gigi
Buffon e Pirlo con il completo
L’iniziativa
Le firme sulla Panda in beneficenza
Paolo Maldini (nella foto sopra), ex difensore del Milan e
della Nazionale, mentre autografa — insieme con molte
altre glorie del calcio — la nuova Fiat Panda Cross messa
all’asta per la partita interreligiosa per la pace giocata ieri
sera sul campo dello stadio Olimpico di Roma.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
blu della nazionale, la cresta di
Nainggolan e la criniera bionda
di Valderrama, e ancora Andrij
Shevchenko e Paolo Maldini,
Trezeguet e Oriali, Iturbe e Cordoba e decine di altri fuoriclasse
del passato e del presente convocati da Javier Zanetti, l’organizzatore della «partita interreligiosa per la pace», con un argomento convincente: «Me lo
ha chiesto il Papa».
Solo l’infortunio dell’altro
giorno ha tenuto a casa Lionel
Messi (ma Pirlo, altro infortunato, è arrivato lo stesso a bordo
campo, e Maradona ha commentato sublime: «Stasera ci
manca Totti»). Il massaggio per
la pace di Francesco, rimasto in
Vaticano e trasmesso in video (e
in spagnolo: «è la lingua del mio
cuore, e oggi vi voglio parlare
col cuore»), l’ulivo piantato da
rappresentanti di varie religioni, Martino (ct dell’Argentina)e
Wegner (Arsenal)in Panchina e
Diego Simeone (allenatore del
prodigioso Atletico Madrid) che
torna per una sera in campo.
L’incasso di ieri sera (e gli «sms
solidali» al numero 45593) sarà
devoluto a due associazioni,
rappresentate dalle due squadre
in campo, che aiutano ed educano bambini e giovani bisognosi:
la Scholas Currentes voluta da
Francesco e la «Fondazione
P.u.p.i.» di Paula e Javier Zanetti.
La squadra Pupi ha vinto per 6 a
3. Ma soprattutto, ha spiegato
Figliol Prodigo
«Mi ero allontanato
dalla Chiesa, ma con
Francesco è diverso, mi
ha preso il cuore»
Francesco, la partita «è un gesto
altamente simbolico», è stato
lui a desiderare di «vedere campioni e allenatori di vari Paesi e
di diverse religioni confrontarsi
in una gara sportiva per testimoniare sentimenti di fraternità e amicizia». Cristiani, ebrei,
musulmani, buddisti. «Le reli-
gioni sono chiamate a farsi veicolo di pace e mai di odio, perché in nome di Dio bisogna portare sempre e solo l’amore», ha
scandito, chiedendo ai giocatori
di essere «un buon esempio in
campo e fuori dal campo».
Francesco è preoccupato, due
settimane fa diceva che stiamo
vivendo «una terza guerra mondiale, ma a pezzi». Il calcio e «lo
sport in genere» possono aiutare la causa della «pacifica coesistenza di tutti i popoli» contro
«ogni discriminazione di razza,
lingua o religione», ha aggiunto: «Voi sapete che “discriminare” può essere sinonimo di “disprezzare”: e voi, con questa
partita, direte “no” a ogni discriminazione». Gigi Buffon riassume da capitano: «Il Papa è un ottimo selezionatore, poi dobbiamo essere bravi noi a recepire
questo tipo di messaggio e ad
essere strumenti di altri messaggi positivi per la gente, con il
nostro comportamento».
Gian Guido Vecchi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Bruxelles Giovedì le conclusioni dell’Avvocato generale della Corte di giustizia europea. Non rispettare le norme su ambiente e salute può costare 257 mila euro al giorno
Discariche e rifiuti, il rischio di sanzioni milionarie
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
BRUXELLES — Il dramma
degli esodati, i tagli alle pensioni, le soluzioni che potrebbero
evitarli almeno in parte? La
«spending review», o almeno
una spiegazione per certe voragini che l’hanno resa e renderanno ancor più necessaria? Forse basta cercare. Qualche suggerimento interessante (per esempio: levate una buona volta la
spazzatura dal vostro Paese, risparmierete molti soldi oltre che
proteggervi la salute) sta sulle
scrivanie solenni della Corte di
giustizia dell’Unione Europea,
che fra 3 giorni potrebbe annunciarci un conto di piombo: l’Italia rischia infatti di pagare qualcosa come 80-90 milioni di euro
all’anno per le inadempienze di
4 governi consecutivi che — secondo l’accusa — non hanno assicurato il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti, anche tossici,
non hanno poi dato esecuzione
a questa o quella sentenza dei
giudici europei, e non hanno
perciò rispettato le norme Ue
sulla tutela dell’ambiente e della
salute dei cittadini. Per la precisione, multe possibili in soldoni: 256.819 euro al giorno moltiplicati per il numero di giorni
d’infrazione dal momento del
deposito di una data pronuncia
(e qui si parla del 26 aprile 2010,
secondo gli archivisti) e una cifra forfettaria di 28.089 euro, per
i giorni trascorsi dalla mancata
esecuzione.
L’appuntamento è per il 4 settembre, dopodomani, quando
l’Avvocato generale della Corte
presenterà le sue conclusioni
nella causa introdotta a suo
tempo dalla Commissione europea. In queste conclusioni non ci
sarà certo la sentenza: però un
segnale su come potrebbe
orientarsi la Corte, sì.
Parlare di «causa» è comunque improprio. Le cause sono
state diverse, le sentenze europee pure, tanti anni sono passati, e l’Ue continua ad accusare
Roma di inadempienze in tema
di discariche. Tutto questo nasce
infatti da un rosario di sentenze
(emesse della Corte di giustizia)
o procedure di infrazione (siglate dalla Commissione europea)
che parte dal lontano 2007, e che
si condensa in un’unica supplica-monito: «mettetevi in regola».
Anche in quest’ultima discussione, il punto più dolente è la
Campania («6 milioni di tonnellate di rifiuti imballati» e non
smaltiti, secondo la Commissio-
218 20
Discariche abusive Secondo
gli ultimi dati Ue in Italia ce ne
sono 16 contaminate anche da
rifiuti pericolosi. Nel 2007 la
Commissione europea ha
aperto la procedura di infrazione con l’invito rivolto al nostro
Paese a «mettersi in regola»
Per cento A Napoli, sempre
secondo i dati della Commissione europea, soltanto tale
percentuale di rifiuti verrebbe
smaltita attraverso la raccolta
differenziata. In Campania ci
sono «6 milioni di tonnellate di
rifiuti imballati» e non smaltiti
ne), e Napoli, dove solo il 20%
dello smaltimento avverrebbe
attraverso la raccolta differenziata. Ma il resto d’Italia non offre certo un panorama consolante: 218 sono ancora le discariche illegali, secondo Bruxelles.
La sentenza firmata dalla Corte nel 2010 riconosce che qualche passo avanti è stato fatto, ma
poi si trasforma in una drammatica denuncia che chiama in
causa le autorità del nostro Paese: «L’Italia ha affermato che la
gestione dei rifiuti nella regione
Campania non ha avuto conseguenze pregiudizievoli per l’ambiente e per la salute umana»,
eppure la direttiva Ue in materia
«ha una funzione preventiva nel
senso che gli Stati membri non
devono esporre la salute umana
a pericolo nel corso di operazio-
ni di recupero e smaltimento dei
rifiuti. L’Italia non ha contestato
la circostanza che, alla scadenza
del termine, 55.000 tonnellate di
rifiuti riempivano le strade, che
vi erano fra le 110.000 e le
120.000 tonnellate di rifiuti in
attesa di trattamento e che le popolazioni esasperate avevano
provocato incendi nei cumuli di
spazzatura». In queste circostanze, continua la Corte, «i rifiuti hanno provocato inconvenienti da odori ed hanno danneggiato il paesaggio, rappresentando così un pericolo per
l’ambiente». Il giudizio finale è
come lo schiaffo dato a un ragazzino recidivo nelle bugie:
«D’altra parte l’Italia stessa ha
ammesso la pericolosità della situazione per la salute umana,
esposta ad un rischio certo».
Luigi Offeddu
[email protected]
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18 Cronache
Martedì 2 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Gran Bretagna La coppia rifiuta l’estradizione dalla Spagna
Adozioni gay
Cameron commosso
dai genitori fuggiti
con il figlio malato
Polemiche
per il tweet
di Luxuria
su Meloni
Il premier: li capisco, volevano il suo bene
La storia del piccolo Ashya,
il bambino inglese sottratto
dai genitori alle cure dei medici e portato in Spagna, ha
commosso anche David Cameron. Il premier britannico
ha espresso il proprio sostegno ai genitori, accusati di
sequestro di persona: li capisco, le loro intenzioni erano
soltanto quelle di trovare le
cure migliori per il loro bambino di cinque anni, appena
operato per un tumore al cervello piuttosto aggressivo.
Cameron ha perso, nel 2009,
un figlio di sei anni, malato
di epilessia e colpito da paralisi cerebrale. Brett e Naghemeh King, il papà e la mamma di Ashya, stanno cercando di salvare la vita al loro.
La storia è cominciata il 28
agosto scorso con l’uscita
dall’ospedale di Southampton di Ashya, che i genitori
hanno poi portato, in auto, in
Spagna. Ma da subito hanno
avuto alle calcagna la polizia
e l’Interpol che li ha intercettati, grazie anche all’aiuto dei
social network, a Malaga.
I genitori sono stati arrestati con l’accusa di sequestro di persona. Ieri sono
comparsi davanti all’Alta
Corte di Madrid e hanno ri-
La vicenda
Via dall’ospedale
con il bimbo malato
Ashya King, 5 anni,
malato terminale, il 28
agosto è stato portato
via dai genitori
dall’ospedale inglese
dove era ricoverato
L’arresto in Spagna
dei genitori
Il bimbo è stato
ritrovato il 31 agosto
ricoverato in una clinica
di Malaga, in Spagna.
I genitori sono stati
arrestati
La solidarietà
del premier
Ieri la coppia, che ha
rifiutato l’estradizione nel
Regno Unito (e rimarrà in
custodia altre 72 ore)
ha ricevuto la solidarietà
del premier britannico
David Cameron
fiutato l’estradizione: vogliono restare vicino al bambino,
ora ricoverato in ospedale.
Le loro intenzioni erano
quelle di andare lì per vendere una casa e trovare i soldi
per offrire al loro piccolo una
cura che il sistema sanitario
inglese aveva negato: la radioterapia protonica, una
tecnica che permette di colpire il tumore con la massima precisione, salvando i
tessuti sani. Ed erano disposti anche a volare a Praga o a
Houston negli Stati Uniti (la
radioterapia protonica però è
disponibile anche in alcuni
Paesi europei, Italia compresa, a Milano, ndr).
Adesso il giudice spagnolo
Ismael Moreno ha ordinato il
prolungamento della custodia dei genitori per altre 72
ore per studiare i documenti
presentati dall’avvocato difensore e decidere sul da farsi. Comunque Ashya ha sempre avuto un’assistenza adeguata: il padre sapeva come
far funzionare la macchina
per alimentare il bambino,
nonostante lo scetticismo
dei medici inglesi, e ora i sanitari che lo hanno in cura testimoniano che sta bene (relativamente, perché qualcu-
no parla di pochi mesi di vita).
Queste sono le notizie che
arrivano dall’avvocato della
famiglia Juan Isidro Fernandez e da YouTube. Il padre di
Ashya, infatti, ha postato un
video dove spiega le ragioni
del «rapimento» e la ricerca
delle cure migliori. E il fratello Naveed assicura che la famiglia sta facendo tutto il
possibile.
Ma forse la terapia con
Insieme
Brett King con il figlio
Ashya King. L’uomo e la
moglie lo hanno portato
via contro la volontà dei
medici dalla clinica inglese in cui era ricoverato, perché volevano sottoporlo a una terapia diversa (Photomasi)
Il bimbo del Primo ministro
Il premier britannico nel 2009
ha perso il figlio Ivan, quasi coetaneo
di Ashya, deceduto a causa
di una paralisi cerebrale
protoni non è, a questo punto, una soluzione praticabile.
Forse doveva essere fatta prima. E in questo il sistema sanitario inglese potrebbe avere qualche colpa.
E rimane il fatto che i genitori di Ashya siano stati trattati come «delinquenti». La
nonna del piccolo, Patricia
King, in una dichiarazione
alla Bbc ha definito una «vergogna assoluta» il fatto che il
figlio e sua nuora siano stati
accusati di sequestro di persona e che le autorità «siano
state crudeli perché hanno
preso il bambino, che sta
morendo per un tumore al
cervello, e non permettono ai
genitori di vederlo».
Adriana Bazzi
Ha suscitato la condanna
generale un tweet di
Vladimir Luxuria contro
il manifesto di Fratelli
d’Italia che attaccava le
adozioni gay (usando
senza averne diritto una
foto di Oliviero Toscani).
«Spero che nessun
bambino venga
abbandonato da un padre
a 12 anni come è successo
alla vostra Giorgia
Meloni», ha scritto l’ex
deputata transgender
replicando ai sostenitori
della «famiglia naturale».
Immediate le critiche a
Luxuria per l’attacco
personale alla leader di
Fratelli d’Italia. «So bene
quanto crescere senza
padre o madre sia terribile.
Usare le vicende personali
per attaccare politicamente
è schifoso», ha ribattuto la
Meloni. «Non esiste
ragione né battaglia
politica che passi per la
violazione della sfera
personale», ha ricordato
sempre su Twitter
Gianpiero D’Alia, deputato
e presidente dell’Udc. E
Ignazio La Russa (Fdi) ha
chiesto a Luxuria di
scusarsi. Che però non lo
ha fatto: «Non devo delle
scuse a nessuno. Siate
pronti perché ogni volta
che voi ci attaccherete noi
vi attaccheremo, anche sul
personale, perché siamo
stufi».
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Como Il 15enne investito da un treno è in rianimazione
Il piccolo campione del Milan
travolto mentre ascolta musica
CASLINO AL PIANO (Como)
— Investito domenica scorsa
da un treno, è ricoverato in rianimazione, in prognosi riservata, Isaac Akuetteh, 15 anni,
attaccante cresciuto nelle giovanili del Milan e da pochi
giorni in prestito al Varese Calcio. Il ragazzino era sulla sua
bici e stava pedalando accanto
ai binari, a poca distanza dal
passaggio a livello di Caslino al
Piano. Le cuffiette nelle orecchie gli avrebbero impedito di
accorgersi del treno che arrivava alle sue spalle.
Il macchinista del convoglio
non ha potuto in alcun modo
evitare l’impatto. Dopo l’urto
con il treno, Isaac è stato sbalzato dalla bici ed è volato ad alcuni metri di distanza, riportando gravissimi traumi. L’allarme è stato lanciato subito e
in pochi minuti sono arrivate
l’automedica del 118 di Como e
l’ambulanza della Croce Rossa.
Trasportato d’urgenza all’ospedale Sant’Anna, a San Fermo
della Battaglia, il calciatore è
tuttora ricoverato in rianimazione, vegliato costantemente
dai genitori e dalla sorella, che
si alternano al suo fianco per
non lasciarlo solo. Le condizioni della baby promessa del calcio sono definite «stazionarie
ma gravi», e le prossime ore saranno determinanti per valutare l’evolversi del quadro clinico.
La dinamica dell’incidente è
al vaglio dei carabinieri della
compagnia di Cantù, intervenuti a Caslino al Piano per i rilievi. Subito dopo l’incidente,
Trenord ha fatto sapere che il
ragazzino è stato investito «in
un punto in cui è vietato l’ac-
cesso» e che per il macchinista
è stato «impossibile evitare
l’impatto». Pedalando sulla sua
bici, Isaac stava quasi certamente ascoltando la musica.
Originario del Ghana, il
15enne vive con la famiglia a
La vicenda
L’incidente
Isaac Akuetteh, quindicenne
ghanese cresciuto nel settore
giovanile del Milan, è in coma
farmacologico dopo essere
stato investito da un treno a
Caslino al Piano nel Comasco
(foto sotto). L’impatto con il
convoglio è avvenuto mentre il
ragazzo pedalava vicino ai
binari con gli auricolari per la
musica
La prognosi
Ricoverato d’urgenza
all’ospedale Sant’Anna di San
Fermo della Battaglia (Como)
è ora in prognosi riservata nel
reparto di rianimazione. La
società rossonera, nella tarda
serata di ieri, ha pubblicato un
messaggio di sostegno Isaac
sul proprio sito web
Lomazzo. Promessa del calcio,
il ragazzino, che gioca come attaccante, è cresciuto nelle giovanili del Milan e proprio pochi
giorni fa era arrivato in prestito
al Varese Calcio. Sul suo profilo
Facebook, accanto alla sua foto
con la maglia rossonera, Isaac
ha postato un’immagine di Mario Balotelli. La bacheca virtuale del ragazzino è poi costellata
dalle immagini di altri calciatori, i protagonisti di quel mondo
nel quale il giovanissimo africano sta cercando di conquistarsi un posto in prima fila.
Poche ore dopo la notizia
dell’incidente, il Milan ha pubblicato un messaggio di incoraggiamento per il giovane calciatore. «Isaac, tutto il Milan ti
è vicino e tifa per il tuo gol più
bello, non mollare», è il testo
comparso sul sito ufficiale dei
rossoneri già nella tarda serata
di domenica scorsa. Ieri, anche
il Varese ha voluto manifestare
pubblicamente il sostegno al
calciatore: «La famiglia biancorossa è vicina a Isaac: non mollare campione», è il messaggio
postato sulla pagina web della
squadra nella quale l’attaccante
dovrebbe disputare la stagione.
Anna Campaniello
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Corriere della Sera Martedì 2 Settembre 2014
Cronache 19
italia: 51575551575557
#
» Dossier
Dopo la sentenza della Consulta
CINQUE REGIONI SEGUONO LA TOSCANA
VIA ALL’ETEROLOGA SENZA LA LEGGE
Sì di governatori e assessori di Emilia Romagna, Liguria, Piemonte, Umbria e Veneto
rà mai, un tema che suscita troppe allergie
politiche. Ecco perché gran parte delle Regioni intendono agire per conto proprio tanto
più che la Corte Costituzionale nella sentenza
ha affermato che «non c’è vuoto normativo»
e l’eterologa può essere di immediata esecuzione, principio ribadito da due decisioni-gemelle di due Tribunali.
Nel dichiarare illegittimo il divieto di eterologa, la Corte Costituzionale aveva motivato la sua decisione con la necessità di eliminare la discriminazione tra le coppie infertili.
La diseguaglianza rischia di permanere in
mancanza di una disciplina organizzativa che
renda uniformi anche nei tempi l’attività dei
centri. Le Regioni, in assenza di linee guida
nazionali, si preparano a partire da sole, con
modalità e date differenti. La situazione a
«macchia di leopardo» che tutti scongiuravano.
La prima ad allungare il passo è stata la Toscana, molti altri assessori e presidenti dichiarano di essere determinati a seguirla. Come Emilia Romagna, Liguria, Piemonte, Umbria e Veneto. Mentre Lombardia e Campania
frenano: «Una legge è necessaria per garantire la massima tutela a donne e embrioni. Al-
La delibera toscana
La Toscana non se lo è fatto ripetere. Già a
fine luglio, dunque prima che la Lorenzin
fosse pronta col decreto, la giunta presieduta
da Enrico Rossi ha approvato una delibera
per dare il via all’eterologa: «Abbiamo fatto
bene ad andare avanti — si dice convinto
l’assessore Luigi Marroni —. Al centralino di
Careggi sono piovute richieste, appuntamenti fissati fino a dicembre. Noi non ci siamo inventati nulla. Tutto era già stabilito da
linee guida di società scientifiche e dal ministero». Al Careggi dal 18 agosto ad oggi sono
arrivate oltre 150 prenotazioni, la metà riguardano coppie che risiedono in altre Regioni e alle quali le Asl dovranno rimborsare
alla sanità toscana la prestazione con tariffe
maggiorate. Insomma, la fuga in avanti è anche un investimento.
trimenti rischiamo un secondo caso Stamina», afferma l’assessore alla Sanità Mario
Mantovani respingendo ogni ipotesi di scavalcare il Parlamento. E Raffaele Calabrò,
consulente del governatore campano Stefano
Caldoro, aggiunge: «Muoversi in autonomia
non è corretto».
Il vertice
Domani mattina iniziano gli incontri per
costruire un indirizzo comune. I tecnici regionali si riuniscono a Roma seguiti nel pomeriggio dagli assessori coordinati da Lucio
Coletto, del Veneto. Il giorno dopo sarà il turno dei governatori. Il presidente Sergio
Chiamparino ha convocato una seduta straordinaria della Conferenza delle Regioni:
«Dobbiamo evitare che un terreno così difficile si trasformi in una giungla, che favorireb-
be la fortuna di un mercato parallelo. È una
materia delicata, tanti criteri da definire tra i
quali la selezione e l’età massima e minima
dei donatori di gameti e ovociti, numero
massimo di donazioni, l’anonimato, il costo
del ciclo di trattamenti che la Lorenzin prevedeva sarebbe stato coperto in ospedale dal
servizio sanitario, fatto salvo il ticket».
«Ci sono le premesse per raggiungere un
accordo, il riferimento è il decreto scritto dal
ministro», sostiene con ottimismo Carlo Lusenti, assessore alla Sanità in Emilia Romagna che da urologo si occupava di infertilità
maschile a Reggio Emilia in uno dei migliori
centri pubblici italiani. Se però non si troverà
un punto di incontro, aggiunge, «è chiaro che
noi andremo per conto nostro, in autonomia.
Lo dobbiamo ai cittadini e non vogliamo
aspettare all’infinito. Se la strada comune non
sarà perseguibile entro metà settembre noi
deliberiamo. Ma nel frattempo il Parlamento
cosa fa?».
Alle Camere
Fallito ad inizio agosto il tentativo del ministro della Salute Beatrice Lorenzin di far approvare un decreto, la materia è passata alle
Camere. I capigruppo hanno ricevuto il testo
preparato per l’esame di Palazzo Chigi. Il lavoro di deputati e senatori é ripreso ieri: «È
un tema che richiede una riflessione — dice
Luigi Zanda, pd, che non scommette sulla rapidità —. Noi chiederemo una calendarizzazione immediata. Immagino che queste norme dovrebbero entrare a far parte di un provvedimento già avviato, non credo sarà materia a se stante».
C’è chi prevede che alla legge non si arrive-
Contrarie
La Lombardia e la Campania
aspettano una nuova normativa
nazionale. Mantovani: rischiamo
il caos di Stamina
Come funziona
2 Gli ovuli vengono
uniti agli spermatozoi
(del padre
o di un donatore)
3 Avviene la
fecondazione
4 Dopo due giorni
l’embrione è pronto
Utero
5 L’embrione
viene
trasferito
nell’utero
Ovaie
1 Si prelevano gli ovuli
dalla futura madre
o dalla donatrice
DOPO LA SENTENZA
1
La Corte costituzionale con la sentenza del 9 aprile
2014 cancella il divieto di fecondazione eterologa.
A luglio il ministro Beatrice Lorenzin annuncia
che per praticarla si dovrà aspettare un decreto
che la regoli.
Tra i punti del testo il divieto di scegliere i donatori
in base alle loro caratteristiche fisiche
2
La Regione Toscana
il 28 luglio approva
una delibera per permettere
a ospedali e cliniche
di cominciare a praticare
l’eterologa «in attesa delle linee
guida nazionali» del governo
3
Il decreto Lorenzin salta sul divieto
di scegliere i donatori in base
al colore di pelle dei futuri genitori.
E il governo rimanda la questione
alle Camere.
La ministra della Salute dice che
bloccherà chi pratica l’eterologa
4
Il 10 agosto
il presidente della Consulta
smentisce la ministra:
«L’eterologa si può fare subito».
Ora la Conferenza delle Regioni
punta all’adozione di linee
guida comuni
E. LAMEDICA
I rimborsi
Luca Zaia, governatore del Veneto, è determinato a fare come i toscani: «Se un governo
non decide, ci pensiamo noi. È una questione
di civiltà. Noi siamo all’avanguardia. I primi
ad aver riconosciuto il rimborso delle cure a
donne fino a 50 anni (in Toscana il limite è
40) con un massimo di tre tentativi». In Liguria il vicepresidente Claudio Montaldo esprime lo stesso orientamento: «Ci eravamo preparati a cominciare subito, vista la buona volontà di trovare un accordo regionale aspettiamo purché i tempi non siano biblici. Il
pericolo è che si crei una disparità tra i cittadini. C’è il settore privato in gran movimento.
Se poi il Parlamento interverrà con una legge
rispetteremo le regole superiori».
Dall’Umbria il presidente Catiuscia Marini
è dello stesso avviso: «Il Parlamento potrebbe
impiegare un anno a decidere. Noi dobbiamo
disciplinare il settore. La Toscana ha agito
correttamente ma il primo obiettivo deve essere l’unitarietà». Nel Lazio è tutto in alto mare. La fase di accreditamento é ancora indietro malgrado le promesse del presidente Nicola Zingaretti. C’è un unico centro pubblico
in funzione, al Sant’Anna con lunghe liste di
attesa per la fecondazione omologa, senza
donatori. Di eterologa non si parla.
E i privati non stanno a guardare. I clienti
dell’eterologa fanno gola. Alcune cliniche
straniere dopo aver perso la clientela italiana,
che a causa del divieto tentava di avere figli
all’estero, stanno organizzando succursali di
appoggio in Italia e potrebbero approfittare
della confusione.
Margherita De Bac
[email protected]
©RIPRODUZIONE RISERVATA
La storia Nell’ovulo della madre inserito il citoplasma di una donatrice. La tecnica fu vietata negli Usa, ma l’Inghilterra potrebbe legalizzarla
Alana, la ragazza nata con la fecondazione da tre genitori
DALLA NOSTRA INVIATA
NEW YORK — Alana ha 13 anni, le piace
la matematica, suonare il piano e mandare
messaggini al cellulare, ma c’è qualcosa di
straordinario in lei. È una delle pochissime
persone — trenta o forse cinquanta in tutto il
mondo — ad avere tre genitori. La ragazza,
che vive alla periferia di Detroit con la mamma e il papà, Sharon e Paul Saarinen, non
vuole costruire un rapporto profondo con la
terza persona che ha contribuito ai suoi geni.
«Non la considero mia madre — ha detto alla
Bbc — penso che sarebbe carino ringraziarla,
ma niente di più. Ho solo una piccola quantità del suo Dna».
Alana è nata grazie ad una tecnica di inseminazione sperimentale — testata in America negli anni Novanta e poi proibita nel 2001
— cioè il trasferimento citoplasmatico. Dopo
dieci anni di tentativi falliti di fecondazione
in vitro, Sharon Saarinen restava decisa ad
avere un figlio biologico; allora un medico
ipotizzò che il suo problema fossero i mitocondri — cioè le «centrali elettriche» della
cellula immerse nel citoplasma — che contengono anche una piccola quantità di materiale genetico. Il citoplasma di una donatrice
è stato iniettato nell’ovulo di Sharon, poi fecondato con lo sperma del marito, ed è rimasta incinta.
In America, però, le incertezze sulle conseguenze a lungo termine di questa tecnica e i
La tredicenne
«Non considero quell’altra
donna mia madre. Certo,
penso che sarebbe carino
ringraziarla, ma niente di più»
dubbi sulle alterazioni del profilo genetico
hanno portato la “Food and Drugs Administration”, ente governativo, a sospenderla.
Adesso, invece, in Gran Bretagna il Parlamento sta valutando se legalizzarla: non più come
trattamento anti-fertilità ma solo per alcuni
casi specifici, quelli delle malattie mitocondriali. Rare ma devastanti e incurabili — secondo uno studio inglese colpiscono una
persona su 3.000-5.000 — vengono trasmesse dalla madre ai figli, ma il trasferimento di
citoplasma permetterebbe a queste donne di
avere figli biologici sani. Ciò che preoccupa i
critici è che il trattamento possa compromettere in altri modi la salute dei bambini, che
oltretutto a loro volta trasmetteranno ai figli
un inusuale codice genetico.
Per capire le conseguenze a lungo termine,
in America gli scienziati hanno condotto per
cinque anni studi (che considerano promettenti) sui macachi, e chiedono ora l’autoriz-
Adolescente Alana Saarinen, 13 anni, ha tre
patrimoni genetici: quelli di mamma e papà
e della donna che ha donato i mitocondri
zazione per passare agli esseri umani. Il centro St. Barnabas del New Jersey, dove il dottor
Jacques Cohen negli anni Novanta fu il primo
(poi imitato da altre cliniche) a usare il trasferimento dei mitocondri per dar vita a 17 bambini, ha da poco annunciato uno studio su
Alana e gli altri ragazzi «con tre genitori», che
sono ormai adolescenti. Dei diciassette dei St.
Barnabas, due gravidanze terminarono con
l’aborto (i bambini avrebbero avuto la sindrome di Turner, un’anormalità genetica in
cui un cromosoma sessuale è mancante o
danneggiato), mentre un altro manifestò segni di autismo qualche anno dopo (ma non è
chiaro il legame con la procedura). In tutte le
interviste, la madre di Alana sottolinea che la
figlia ha una salute di ferro. «Non sta mai male, un raffreddore al massimo». E insiste: «Ho
fatto la scelta giusta».
Viviana Mazza
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20
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Martedì 2 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Martedì 2 Settembre 2014
Cronache 21
italia: 51575551575557
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e a 76 mila
dollari
di multa
Il caso L’ultima frontiera dell’attacco hacker. L’appello: non guardatele
La Lawrence e le altre nude
Foto rubate dalla «nuvola»
sto aspettarsi che queste signore smettessero di comportarsi, all’interno dello
spazio privatissimo delle loro mura domestiche, esattamente come qualsiasi altra
donna, che magari se lo fa
pure un autoscatto sul divano da condividere soltanto
con il partner.
Questo è l’aspetto che
Lawrence ha sempre patito
di più della notorietà acquin
te
rs
Ki
sita con i film: «È una cosa
Dunst
che mi manda in crisi il fatAnche la
to che gli altri vogliano sa«fidanza
- pere quello che faccio nel
pi
«S
di
»
ta
tempo libero. Una parte di
»
derman
me non riesce ad abituarnel mirino
si al modo in cui mi guarr
ke
dell’hac
- dano le persone», ha dettra
ha
e
ch
to in più di un’intervista.
i
fugato gl
E il fatto che si vociferi
archivi diadesso di un suo flirt
lle
gitali de
con il frontman dei Colbpu
ar
st
dplay, Chris Martin,
blicando
fresco di separazione
é
os
ti
at
sc
da Gwyneth Paltrow,
deve apparirle ben poca cosa
rispetto alla diffusione globale dei suoi ritratti in déshabillé.
«Sarete contenti di guardare gli scatti fatti con mio
marito nell’intimità della nostra casa», è stato il commento su Twitter di Mary
Elizabeth Winstead, protagonista di Die Hard, anche lei
presa di mira dal ladro poco
gentiluomo. «Quelle foto
erano state cancellate parecchio tempo fa: immagino la
fatica di chi le ha recuperate».
Pure il seguitissimo blogger statunitense Perez Hilton
ha rimosso le fotografie che
in un primo momento aveva
«postato», e si è scusato dicendo di aver agito d’impulso. «Dopo averci riflettuto,
ho pensato di non sentirmi a
mio agio neppure con la versione censurata».
Ora qualche problema da
risolvere lo avrà la Apple, se è
vero che la causa del furto è
stato un baco al suo sistema.
Una pessima pubblicità a pochi giorni dalla presentazione del nuovo iPhone, prevista per il 9 settembre.
Scatti privatissimi fatti con gli smartphone finiti in Rete
I punti deboli:
le copie dei file
e le password
di PAOLO OTTOLINA
M
a allora dobbiamo
preoccuparci per le nostri
immagini archiviate sul cloud,
la «nuvola» di Internet? La
tecnica con cui gli hacker sono
entrati in possesso delle
immagini intime di Jennifer
Lawrence e delle altre celebrità
non è stata del tutto chiarita.
L’ipotesi più probabile è che si
trattasse di foto sui profili
iCloud delle vittime. iCloud è la
«nuvola» di Apple: di fatto un
hard disk virtuale, che sta in
rete. Tutti gli iPhone effettuano
in automatico una copia su
iCloud delle ultime 1.000 foto
scattate. Un buon consiglio
intanto è quello di disabilitare
questa funzione (attraverso le
opzioni) se scattiamo foto
«molto private».
La nuvola di Apple però è
protetta da un potente
algoritmo: come tutti i sistemi
cloud è difficile da «bucare».
Gli hacker hanno aggirato il
problema sfruttando il punto
debole del sistema: le password
degli utenti. Oltre a un «baco»
del sistema «Trova il mio
iPhone»: ora Apple dichiara di
averlo sistemato.
Secondo altre ipotesi, non sono
state «craccate» le password:
gli hacker sarebbero entrati nei
profili azzeccando le risposte
alle domande segrete («Chi era
il tuo miglior amico da
adolescente?», «Qual è il tuo
libro preferito?», etc). Le
domande di sicurezza sono
necessarie per attuare
operazioni quali il cambio di
password. Sono un livello di
sicurezza ulteriore ma se le
risposte sono troppo generiche
il profilo può essere a rischio.
Il caso ha coinvolto (a quanto
pare) iCloud ma le tecniche
utilizzate sono, a grandi linee,
valide anche per sistemi simili:
Dropbox, Google Drive,
OneDrive Microsoft e altri.
Tutti molto usati e tutti con
sistemi automatici che
duplicano nel cloud le
immagini scattate dagli
smartphone.
Quali consigli seguire, allora,
se non si vuole rinunciare del
tutto alla comodità del cloud?
Intanto scegliere password più
lunghe e complesse. Evitare
quelle già usate in caselle email
o social network. E poi attivare
il sistema di «verifica in due
passaggi» (ce l’ha anche
iCloud, ma va abilitato nelle
opzioni). Dopo la password
bisogna inserire anche un
codice che si riceve via Sms. Si
perde un po’ di tempo ma è
molto più sicuro. Il consiglio
più sensato ma anche più
banale è uno solo: non fate foto
che ritenete possano
imbarazzarvi. Se proprio volete
farlo non usate uno
smartphone ma uno strumento
«offline» come una buona,
vecchia macchina fotografica.
@pottolina
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Troppo comodo (e irrispettoso) dire che fa parte
dei rischi del mestiere. Jennifer Lawrence, l’attrice premio Oscar per Il lato positivo, strepitosa moglie manipolatrice di Christian Bale in
American Hustle ed eroina di
Hunger Games, ha avuto un
brutto risveglio dopo che un
hacker ha sottratto sessanta
foto e video osé dal suo cellulare accedendo tramite
l’account di iCloud, l’archivio virtuale di Apple, e le ha
poi pubblicate sul portale Internet «4chan». Come lei, sono state derubate un centinaio di star, tutte donne naturalmente, ritratte nude o
seminude. Tra loro la fidanzata di Spiderman, Kirsten
Dunst, l’attrice e cantante
Ariana Grande, la top model
Kate Upton e la popstar
Rihanna.
La gara dei guardoni si è
subito scatenata, diffondendo gli scatti in Rete, specialmente su Twitter, malgrado
ieri il social network cercasse
(con scarso successo) di sospendere quegli utenti che
avevano postato le istantanee, e nonostante che Liz
Mahoney, portavoce di Jennifer Lawrence, la celebrità
più colpita, avesse parlato di
«chiara violazione della privacy», tanto da aggiungere
che chiunque avesse pubblicato le immagini rubate sarebbe stato denunciato.
Nell’elenco delle «vittime»
ostentato da «4chan» ci sarebbe pure Scarlett Johansson, la diva che però due anni fa si è presa la soddisfazione di veder punito con dieci
anni di reclusione Christopher Chaney, il pirata informatico che aveva trafugato e pubblicato alcuni suoi
scatti osé. Non è bastato co-
La star
«In crisi perché gli
altri vogliono sapere
quel che faccio nel
tempo libero»
Guardoni
Subito i guardoni
si sono scatenati,
diffondendo gli scatti
su Twitter
me deterrente?
«Non abbiamo diritto di
vedere le immagini di Jennifer Lawrence nuda. Non siamo padroni del suo corpo»,
ha scritto sull’Independent
Lucy Hunter Johnston. E altrettanto dura è stata la notista del Guardian Van Badham: «Se cliccate sulle sue
foto rubate perpetuerete
l’abuso di cui è stata vittima». Il punto, infatti, è che
acquistare il biglietto per un
film con la nostra attrice preferita ci dà libero accesso alla
sua immagine, ma non alla
sua intimità. Né sarebbe giu-
Elvira Serra
@elvira_serra
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Sul set Jennifer Lawrence nel film «American Hustle»: l’attrice ha vinto il Golden Globe per la sua interpretazione da non protagonista
Tecnologie invasive Il giornalista che ha pubblicato le rivelazioni di Snowden: ringrazio Dio che non ci fosse il web quando avevo 20 anni
Polaroid e localizzatori, guida alla privacy impossibile
di MARIA LAURA RODOTA’
C
hi ha i suoi dati su
iCloud, ora, riflette.
Qualcuno rischia davvero di far la figura del/della erotomane. Altri, la
maggioranza di noi, farebbe la figura dell’idiota. Tra
selfie cretini scartati, messaggi imbarazzanti conservati anche se uno pensa di
averli cancellati, ricerche
salvate su tematiche tra
l’ossessivo e lo stupidissimo. Nessuno di noi vorrebbe che fossero rese
pubbliche. Come Jennifer
Lawrence e altre/i non
avrebbero voluto vedere le
loro foto senza vestiti eccetera su siti di condivisione
non tanto legale. E avrebbero volentieri rinunciato
alle pubbliche conferme
che sì, quelle/i della foto
sono loro. E non si dovrebbero cercare, e cliccare,
quelle foto. Non solo perché si sarebbe legalmente
perseguibili. Casomai, perché l’omissione sarebbe un
atto di rispetto per la vita
altrui e per la dignità di chi
La parola
Cloud
‘‘
In inglese
significa
«nuvola». iCloud è,
invece, il servizio
«cloud» di Apple, cioè
un sistema per
archiviare online, «tra
le nuvole», foto,
musica, video e molti
altri contenuti di Mac,
iPhone e iPad, iPod,
iPod touch, Mac e PC
Windows. Funziona
come un grande
archivio digitale ed
protetto con una
tecnologia complessa
da superare. Tuttavia
gli hacker più esperti,
cioè i criminali
informatici, riescono
a forzarne il sistema
di protezione se le
password scelte dagli
utenti sono facili da
duplicare.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
— ormai quasi tutti— esiste sul web. «Ringrazio il
cielo che non ci fosse il
web quando avevo vent’anni», usa dire Glenn
Greenwald, il giornalista
americano che ha pubblicato le rivelazioni di Edward Snowden sulla sorveglianza di massa della
National Security Agency, e
ha scritto No Place to Hide
(titolo italiano Sotto controllo, Rizzoli). Ora non c’è
davvero più un posto dove
nascondersi. Si è intrappolati nella rete di reti, tra
spionaggio degli stati sui
cittadini, algoritmi di Google-Facebook-Twitter in
grado di prevedere chi si fidanzerà con chi prima dei
diretti interessati, e hacker.
A cui basta accedere ai dati
che noi forniamo spontaneamente. Come le foto
mandate via social
network. In certi casi bisognerebbe tornare alle Polaroid, forse lo fa anche
Glenn Greenwald. Però è
una via d’uscita per soli benestanti, un set di caricatori di stampe istantanee co-
sta come un anno di abbonamento al wi fi. Però non
va bene per fare sesso a distanza (chi si corteggia
online spesso non vive
nello stesso quartiere). Però anche chi posta foto di
tramonti e gatti dovrebbe
rendersi sempre conto di
vivere nella nuova cultura
della condivisione. E tenere conto che essere sul web
è come essere per strada. E
chiunque ti può incontrare, seguire, e può sviluppare e soddisfare curiosità
delle più varie.
Chi è attento/a modifica
sempre le impostazioni
sulla privacy. Toglie i servizi di notifica dal telefono,
per evitare messaggi di
WhatsApp che compaiono
a tradimento sullo smartphone, con nome cognome e pensieri del mandante. Alla Nsa e agli hacker
queste restrizioni fanno un
baffo; però limitano le ricerche di conoscenti e colleghi malevoli. Chi ha un
lavoro, o, peggio, ne cerca
uno, deve tener conto che i
candidati vengono ormai
googlati, facebookati, rintracciati su Instagram (anche se si teme che questa
estate di Ice Bucket Challenge abbia sdoganato a
secchiate anche le foto in
stato di ubriachezza). D’altra parte: ormai comportamenti che un tempo
avremmo considerato indecorosi e/o scemi sono
parte delle nostre vite. So-
no modi «per facilitare una
conversazione tra amanti»,
notava ieri sul Guardian la
scrittrice Van Badham. Però attenti alle facilitazioni;
servizi di sorveglianza e
hacker sono difficili da
battere, ma vale la pena di
verificare il destinatario
quando si preme sul tasto
«invio». E altro.
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Sudoku Diabolico
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Martedì 2 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Martedì 2 Settembre 2014
Cronache 23
italia: 51575551575557
Una fotografa,
un’immagine
L’inchiesta
La vita
donata
due volte
I suoi nudi sono stati
pubblicati su libri d’arte
(«Le Dictateur») per la
Tate Modern e il Palais
de Tokyo. Negli scatti di
Lady Tarin la bellezza è
oggetto di indagine e
sperimentazione di
un’estetica libera e
ribelle che sgombra il
campo dall’immaginario
di donne-grucce e corpi
decorativi portando
nelle riviste di moda
pose e volti che
trasmettono sicurezza,
determinazione,
padronanza del proprio
ruolo. La sua ricerca non
si accontenta di evitare
gli stereotipi. Prosegue
raccontando le donne
della porta accanto,
fissando relazioni
«speciali», come quella
di Vanessa, madre che
ha donato un rene alla
figlia Victoria: «Le ho
dato la vita due volte».
I personaggi
e le questioni
aperte per
leggere la mappa
del nuovo potere
femminile
in Italia.
Nonostante
vincano per
presenza
sui social e
nell’ecommerce,
quando si tratta
di trarre
guadagno dalla
Rete le donne si
autoescludono.
I casi delle «Girls
in Tech» e della
Summer School
di Reggio Emilia
L’educazione digitale che ancora non c’è
Il business (quasi) tutto maschile del web
Imprese, sono femminili 17 startup su 100. Il tentativo di cambiare cultura: dal basso
di SERENA DANNA
I numeri
C’
è un paradosso nel rapporto tra donne e Internet in Italia. Se la disparità di accesso che caratterizza i nati degli anni Cinquanta si è colmata, portando la
generazione degli under 30 a una parità
di genere nell’utilizzo del web, quando
si tratta di trarre vantaggio economico
da Internet, le donne diventano una esigua minoranza. Nella scarsità dei dati
disponibili, gli studiosi sono tutti d’accordo su un punto: le donne superano
gli uomini nella comunicazione sui social network, nell’utilizzo dell’ecommerce e anche nel raccogliere finanziamenti via web (sebbene poi a finanziare
i progetti siano all’80 % uomini), ma
quando si tratta di entrare nella sala di
comando dell’economia del futuro —
quella che, promettono gli analisti, entro il 2016, potrebbe portare 4,2 trilioni
di dollari nei Paesi del G20 — le donne
italiane restano fuori. Secondo uno studio di Cerved Group e Manageritalia, le
imprese italiane nel settore Ict (Information and communication technology) con un fatturato oltre i 10 milioni di
euro che hanno un capo donna sono il
7,2% del totale. Un dato che dovrebbe
rallegrare dal momento che nel 2010 era
meno della metà, con una divaricazione
netta tra il Nord e il Sud del Paese.
Le manager Ict guadagnano di media
il 34% in più delle colleghe di altri settori
(dati della Commissione europea) e,
grazie alla continua domanda di mercato, hanno molte meno chance di perdere
il lavoro. Se si aggiunge che — sempre
in base alle ricerche della Commissione
europea — le aziende dirette da donne
risultano più redditizie del 35% di quelle
gestite da uomini, è evidente come
l’esclusione femminile da un mercato in
crescita sia una mancata opportunità
per il Pil italiano. «Il digitale è figlio dell’informatica, dell’hardware di grandi
dimensioni — racconta da San Francisco Ivana Pais, docente di Sociologia
economica all’Università Cattolica di
Milano —. Molte aziende applicano però ancora il contratto metalmeccanico,
ereditato da quella tradizione. Le tecnologie relazionali richiedono nuovi ruoli
e nuove competenze, ma il cambiamento ha bisogno di tempi lunghi».
Eppure, il divario lavorativo non riguarda solo grandi aziende vittime degli
strascichi del passato. Pais ha effettuato
uno studio sulle nuove imprese italiane
del digitale, scoprendo che la scarsa presenza di donne pesa soprattutto tra i
4,2 bilioni
di dollari è, secondo gli
analisti, il volume del
business legato
all’ecommerce entro il
2016 nei Paesi del G20
7,2 per cento
è la percentuale di capi
donna nelle imprese
italiane del settore Ict
(Information and
communication
technology) che hanno
un fatturato oltre i 10
milioni di euro
34 per cento
Secondo i dati forniti
dalla Commissione
europea le manager del
mondo Ict guadagnano
in media il 34 per cento
in più delle colleghe pari
grado che lavorano in
altri settori e corrono
molti meno rischi di
perdere il lavoro
17 per cento
è la percentuale delle
startup innovative che
sono state fondate da
donne (nella foto le
fondatrici di «Bestiacce»,
il sito che mette in
contatto animali e
potenziali padroni)
35 per cento
le aziende di settore
gestite da donne
risultano in media più
redditizie del 35 per
cento rispetto a quelle
gestite da uomini
3 per cento
la percentuale di donne
che si iscrivono alla
facoltà di Informatica. Il
dato è in ulteriore calo
fondatori di startup innovative. «Solo il
17% è stato fondato da donne, un dato
inferiore al già basso tasso medio di imprenditorialità femminile in Italia —
spiega Pais —. Accade in un settore che
presenta scarse barriere di ingresso e
che, proprio per le sue caratteristiche di
innovazione, dovrebbe essere un ambito privilegiato per persone escluse dai
settori più consolidati». Le donne non
sono solo vittime di un mercato del lavoro «al maschile» che tende ad escluderle: si autoescludono.
Durante #Facciamolagenda, incontro
sul digitale che si è tenuto a Montecitorio lo scorso aprile, la ricercatrice Emma
Pietrafesa, socia degli Stati Generali dell’innovazione, ha ricordato come all’uso
crescente di Internet non corrisponda
una crescita di competenze specialistiche nel settore tecnologico. Iperpresenti
sui social network, quando si tratta di
codici e software, le donne si tirano indietro. Come ha ricordato più volte Frieda Brioschi, tra le fondatrici di Wikimedia Italia, le contributor femminili dell’enciclopedia online Wikipedia non superano il 9%. Bianca Ferrari, digital
specialist e cofondatrice del gruppo Girl
Geek Dinners Brescia, sostiene che per
troppe donne italiane «non saper sistemare una stampante da sole» non rap-
presenta affatto un problema. Anche
quelle che lavorano nella tecnologia,
sottolinea, spesso si occupano solo dell’aspetto divulgativo e comunicativo, lasciando la tecnica nelle mani degli uomini. «Spesso una donna non sente il
bisogno di dover investire tempo per
imparare a fare le cose in modo pratico»,
continua Ferrari, che ricorda quanto
sbagliato sia delegare agli uomini le
chiavi d’accesso al mondo della tecnolo-
Pregiudizi
«L’alta concentrazione di
uomini tende a creare un
ambiente che sembra ostile,
come uno spogliatoio di calcio»
gia. «Data l’alta concentrazione maschile — commenta il programmatore Vincenzo Iozzo membro del board review di
Black Hat, la più grande conferenza al
mondo di hacker — si tende a creare un
ambiente che sembra ostile alle donne o
comunque simile a uno spogliatoio calcistico».
Il problema parte dalle famiglie. Ne è
convinta Flavia Marzano, docente alla
Sapienza di Laboratorio di tecnologie
Chi sono
Videogiochi o tessuti fatti di arance
L’avanzata delle tecnocreative
Sono giovani e brillanti, tanto da smontare in un attimo lo stereotipo di chi vede i
lavoratori del settore tecnologico come grigi asociali abituati a vivere davanti al
pc. Sono le oltre cinquanta donne imprenditrici nel mondo delle startup
tecnologiche italiane «schedate» dall’associazione Girls in Tech nel rapporto 2013
«Female Founders in Tech» (disponibile online).
Divise in fondatrici, cofondatrici, Cto (chief technology officer) e amministratrici
delegate, moltissime si sono formate all’estero per tornare poi a fare impresa in
Italia come Cinzia Carta di Glaamy (servizio per prenotare last minute trattamenti
di bellezza) e Clizia Welker di Bestiacce, il sito che mette insieme animali e
potenziali padroni; oppure continuano ad avere la loro base fuori dai confini
italiani come Francesca Cavallo ed Elena Favilli di Timbuktu, l’impresa di San
Francisco che realizza prodotti digitali per bambini. Spesso lavorano insieme alle
amministrazioni comunali per migliorare la vivibilità delle città come Micaela
Terzi ed Emanuela Donetti fondatrici di Urbano Creativo. Ci sono scienziateimprenditrici come Elisabetta Bianchini e Annalisa Balloi e creative che puntano
sulle proprie radici per innovare il mercato, come le siciliane di Orange Fiber,
Adriana Santonocito ed Enrica Arena, che hanno ricavato un tessuto sostenibile
dagli scarti delle arance. C’è chi programma videogiochi come Clara Parona di Bad
Seed e chi pensa alle mamme-lavoratrici in difficoltà come Monica Archibugi,
Valentina Tibaldo e Giulia Gazzelloni, menti del portale online «Le cicogne».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
per la comunicazione digitale: «È importante educare alla parità di formazione fin dall’infanzia: io volevo fare lo
scientifico ma i miei genitori hanno insistito per il classico. Dopo, superando
le loro resistenze, mi sono iscritta alla
facoltà di Informatica». Non tutte le ragazze riescono a essere così determinate: «Cresciamo dominate da luoghi comuni sull’educazione delle bambine,
che esclude qualsiasi stimolo scientifico
o tecnologico», continua Marzano, ideatrice del gruppo Wister (Women for Intelligent and Smart Territories).
Le bassissime iscrizioni alla facoltà di
Informatica (oggi rappresentano il 3%
del totale e sono in calo) così come i numeri nel mercato del lavoro hi-tech, dimostrano che il problema non può essere risolto con il sistema delle «quote rosa»: «Non sono favorevole ai finanziamenti di genere perché aprirebbero
differenze pericolose e discriminazioni
— sottolinea Marzano —. Dobbiamo lavorare per creare spinte culturali per
aprire le menti».
Un’attività affidata alla responsabilità
sociale (e al marketing) delle aziende —
vedi il progetto «Nuvola Rosa» di Microsoft o Bloggirl di Asus — e soprattutto
alla buona volontà di organizzazioni
«dal basso» che si occupano di promuovere un’educazione digitale tra giovani
donne. È il caso di Girls in Tech,
network dedicato alla formazione femminile, e della Summer School d’informatica per ragazze organizzata dalla sede di Reggio Emilia della EWMD (European Women's Management Development) in collaborazione con l’Università
di Modena e Reggio Emilia.
Sul fronte governativo, la nomina di
Alessandra Poggiani a nuovo direttore
dell’Agenzia digitale è stata accolta positivamente da molti. Certo, non sarà una
donna in un ruolo finalmente operativo
a fare la rivoluzione digitale italiana.
Marianna Madia, ministro per la Pubblica amministrazione, è convinta che il
rafforzamento voluto dal governo Renzi
dell’educazione digitale a scuola, anche
nei cicli dell’obbligo, favorirà «una più
ampia diffusione della cultura digitale e
dell’interesse delle ragazze per il digitale
e le professioni del futuro», come ha
spiegato al Corriere della Sera. Educazione a parte, il ministro non esclude
agevolazioni economiche per promuovere la nuova imprenditoria digitale al
femminile: «Si potrebbero prevedere
forme di sostegno di genere nella selezione delle idee per le startup».
@serena_danna
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Martedì 2 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Martedì 2 Settembre 2014
Economia 25
italia: 51575551575557
Economia
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La lente
MERCATO AUTO
STABILE AD AGOSTO
IL RECORD
DELLA JEEP (+81%)
A
nche il mercato
dell’auto conferma
che non c’è troppo spazio,
per ora, per un rilancio
dei consumi in Italia. In
base ai dati diffusi ieri dal
ministero dei Trasporti le
immatricolazioni ad
agosto sono diminuite
dello 0,2% a 53.191 unità,
a fronte delle 52.295
registrate un anno prima.
Va un po’ meglio se si
considera il dato
cumulato degli otto mesi,
che segna un +3,5 per
cento e va tenuto conto
che quest’anno c’è
stato un giorno lavorativo
in meno.
Il gruppo Fiat Chrysler,
contrariamente al trend
positivo registrato in
Francia e in Spagna,
registra un calo del 6,9%
a 14.675 auto, con una
quota di mercato scesa al
27,6% dal 27,3% di luglio
2014. Da inizio anno le
consegne del Lingotto
sono state 257.954
(-1,01%). Per quanto
riguarda Fiat, Alfa Romeo
e Lancia, continuano a
registrare quote di
mercato in lieve
riduzione, in attesa
dell’attuazione del piano
di riorganizzazione dei
marchi del gruppo e, in
particolare, del rilancio
di Alfa. Jeep è in
controtendenza: con 390
immatricolazioni cresce
dell’81,4% rispetto
all’anno scorso e porta la
quota allo 0,7 per cento.
Nel segmento A, 500 e
Panda confermano la
leadership: insieme,
detengono una quota del
64 per cento. Panda è
la vettura più venduta in
assoluto. Vanno molto
bene i marchi francesi: tra
i migliori ci sono ancora
Renault, con un rialzo del
34%, e Peugeot, +19 per
cento.
Secondo il Centro Studi
Promotor l’ipotesi
formulata a fine
luglio dal ministro
Maurizio Lupi, che non ha
avuto seguito, secondo la
quale il governo potrebbe
adottare incentivi sotto
forma di agevolazioni
fiscali secondo una
formula ispirata a quella
delle ristrutturazioni
edilizie, influenza
negativamente il mercato.
«È noto che l’annuncio di
incentivi non seguito
immediatamente dalla
loro adozione ha un
effetto depressivo sulla
domanda: molti
potenziali acquirenti
rinviano decisioni di
acquisto già maturate per
poter beneficiare degli
incentivi».
Fausta Chiesa
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il presidente e fondatore: non ho mai smesso di essere operativo anche se quando uno fa bene non rompo le scatole»
«Oggi si apre la terza fase di vita dell’azienda. All’inizio la nascita, poi il passo
indietro del fondatore con la nomina di
Andrea Guerra come amministratore delegato, ora un triumvirato perché, nel
frattempo, l’azienda ha più che raddoppiato le vendite arrivando a 7,5 miliardi
di euro». L’annuncio è di Leonardo Del
Vecchio che, alla soglia degli 80 anni, ha
deciso di riorganizzare il vertice di Luxottica e varare una nuova governance.
«Guerra era l’unico capo azienda, mentre
abbiamo deciso che è meglio averne tre,
due amministratori delegati e un responsabile delle attività produttive, perché il gruppo è diventato molto più grande e globale. Così sarà facile anche ogni
eventuale successione. Finché ci sono io,
❜❜
I piani
Del Vecchio: «La mia Luxottica
aveva bisogno di questa svolta»
«Il triumvirato pensando alla successione, visioni diverse con Guerra»
più adatto come amministratore delegato di società come l’Eni?
«Certamente non ha le doti di un politico, che è un mestiere diverso con logiche diverse. In politica, per esempio, se
uno caccia balle nessuno si stupisce
troppo. Guerra non lo vedo portato e
l’amministratore delegato dell’Eni è già
stato scelto. Oggi, secondo me, lo Stato
Fondatore
Leonardo Del
Vecchio, 79
anni, è
presidente di
Luxottica, di cui
controlla il 66%.
Ha un
patrimonio
stimato di 19,5
miliardi di dollari
❜❜
La crescita
Puntiamo a raddoppiare
il fatturato entro dieci
anni. Essilor? Non era
un buon accordo
nel caso di uscita di un amministratore
delegato solo al comando, non ci sono
problemi, per l’esperienza che ho. Ma va
tenuto conto della mia età, che non è più
giovanile». La scommessa è continuare a
crescere con obiettivi ambiziosi: «Il 6-7 %
di aumento del fatturato all’anno per linee interne, che significa raddoppiare
ancora nei prossimi dieci anni», aggiunge Del Vecchio, spiegando che, «se capita
e sono profittevoli, aggiungeremo altre
acquisizioni. In questo caso la crescita sarà ancora maggiore».
Quando ha maturata la scelta del
triumvirato?
«Le prime riflessioni sono di quattro,
cinque mesi fa, quando mi sono confrontato con Guerra proponendogli di
farne parte».
Come ha reagito?
«L’ha presa come una caduta di fiducia
nei suoi confronti. E ha reagito come
avrei reagito io: non ha accettato e mi ha
detto no. Così le strade hanno cominciato a dividersi. La frattura si è creata quan-
Ho rilevato io i titoli
ceduti dal manager. Le
ministre giovani?
Meglio un po’ di vivacità
do ho deciso di procedere e lui non ha
cambiato posizione».
Le prime incomprensioni sono cominciate con la partecipazione di Guerra alla Leopolda, l’iniziativa che ha lanciato Matteo Renzi?
«Non ci ho neppure fatto caso. Mi ha
dato un certo fastidio, invece, che abbia
impiegato tre giorni a smentire le indi-
screzioni sulla candidatura a ministro
nel governo Renzi e, forse, il ritardo con
cui me l’ha comunicato anche se non ho
mai creduto molto al suo impegno in politica. Sono forzature in cui, soprattutto
la televisione, è maestra. Vedono due insieme e dicono subito che fanno l’amore...».
Lei conosce bene Guerra, lo ritiene
avrebbe bisogno di coordinare le grandi
aziende che ancora controlla. Un istituto
com’era l’Iri di una volta. E Guerra sarebbe perfetto».
Ha condiviso la sua scelta di cedere
le stock option quando era ancora in
Luxottica?
«In effetti quando un capo azienda
vende i titoli della società c’è il rischio
D’ARCO
In Borsa negli ultimi tre mesi
+0,47%
42.607
Ieri
41.791
40,8 euro
40.975
40.159
39.343
38.528
2 giugno
16 giugno
30 giugno
14 luglio
28 luglio
11 agosto
25 agosto
Governance Per l’uscita dell’ad dal gruppo un pacchetto da 45 milioni di euro
Cavatorta consigliere delegato, sale anche Vian
«Non costituisce è un ritorno a dieci anni fa il nuovo modello coniato dal presidente
Leonardo Del Vecchio. Da oggi
Luxottica avrà una nuova governance e una gestione condivisa, più adatta a traghettare
l’azienda verso il prossimo decennio». Enrico Cavatorta, 53
anni, di cui 15 trascorsi come
direttore generale finanza,
parla ormai da ceo. La nomina
è infatti arrivata ieri mattina
dal board convocato per definire l’uscita di Andrea Guerra,
per dieci anni amministratore
delegato della multinazionale
e gettare le basi della sua successione. Una transizione che
proietta Luxottica oltre l’impostazione di guida monocratica» affidata a Guerra. La nuova
era vedrà il presidio di due co-
i`°
Ì« ä{‡ä£ÉäÓÉ£x {]Óxä¯ £ä£]Èx
ceo, simbolo di una guida allargata. Cavatorta avrà le funzioni corporate e finanza mentre al suo fianco ci sarà un altro
amministratore delegato con
la responsabilità dei mercati.
Un profilo ancora da identificare ma già custodito in una
short list di cinque candidati
selezionati nei giorni scorsi
che dovranno passare l’esame
del board. «L’obiettivo è identificare il nuovo manager entro
settembre — ha spiegato ieri
Cavatorta — e cooptarlo nel
board a fine anno». Ad interim
il capo delle attività operative
Massimo Vian, 38 anni, riporterà direttamente al presidente. Si profila quindi una struttura di governo a tre, un triumvirato con Del Vecchio presidente esecutivo ma solo per un
periodo — sostiene l’azienda
— ossia finché il tandem non
sarà ben rodato. E sarà una figura di riferimento e continuità che completerà il
nuovo Comitato direttivo.
«L’imprenditore avrà il
ruolo di garante di ultima istanza —
ha spiegato il
nuovo capoazienda —
che, nel caso di conflitto tra i
due manager, dovrà far sì che
non venga paralizzata l’attività
aziendale».
Si tratta un’architettura più
articolata che, secondo l’imprenditore, risponde meglio
Manager Da
sinistra, Enrico
Cavatorta, coceo di Luxottica, e Massimo
Vian, capo delle Operations
alla crescente complessità della stessa azienda e dei mercati s
cui opera. La strategia sarà la
stessa, continueranno le acquisizioni «al giusto prezzo e
sinergiche». Nessuna discontinuità rispetto alla gestione
degli scorsi dieci anni: l’ambizione è toccare 10 miliardi di
ricavi entro un biennio. Quanto a Guerra, si apprende che il
manager incasserà circa 45 milioni. Ha ceduto allo stesso Del
Vecchio le 813 mila azioni rivenienti dal precedente piano di
incentivazione a un prezzo di
41,5 euro, per un corrispettivo
totale di 33,7 milioni. Più altri
10 milioni come incentivo all’esodo e 1,4 tra patto di non
concorrenza e altri accordi.
Daniela Polizzi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
che ne derivi l’impressione di previsioni
negative basate su notizie riservate. Nel
caso di Luxottica, però, non è così perché
le azioni cedute da Guerra le ho comprate
io come facciamo da anni per tutte quelle
vendute in blocchi, per evitare oscillazioni speculative. Quindi era una partita
tutta interna al vertice del gruppo».
Lei era d’accordo sulla fusione tra
Luxottica e la Essilor, leader francese
nella produzione di occhiali?
«Non c’entra con l’uscita di Guerra. È
stata una operazione a cui abbiamo lavorato e i francesi avevano accettato che il
capo azienda diventasse lui. Io avrei
mantenuto poco più del 30% ma non ho
accettato perché, secondo il progetto,
avrei contato come il maggior azionista
di Essilor, che sarebbe sceso al 4% circa
della nuova società».
Vi ha diviso anche l’intesa con Google?
«Non c’entra neppure questo. Intanto
perché più che un accordo strategico è
una semplice collaborazione. Noi facciamo occhiali. Punto. A loro il compito di
migliorare la tecnologia applicata, a cui
noi collaboriamo. Più ci riusciranno meglio sarà».
Nella nuova Luxottica lei tornerà
operativo?
«Per la verità non ho mai smesso di
esserlo. Certo Guerra faceva bene e io
quando uno fa bene non rompo le scatole. Adesso sono impegnato a far andare le
cose ancora meglio».
Il gruppo avrà un modello organizzativo diverso?
«Un’altra novità è la creazione di un
comitato direttivo formato dai manager
del triumvirato e dal sottoscritto, che discuterà le decisioni da portare in consiglio di amministrazione».
Suo figlio e suo nipote avranno ruoli
particolari?
«No. Stanno bene così come sono».
Come giudica l’esordio del governo
Renzi?
«Ha il coraggio di dire quello che pensa. Dobbiamo soltanto sperare che riesca
a farlo, anche se comincio ad avere qualche dubbio. I vincoli europei pesano».
Cosa sarebbe necessario fare?
«Ritrovare un po’ di entusiasmo e voglia d’investire. Basterebbe una crescita
anche piccola, magari dell’1%, per spezzare la spirale negativa. Siamo tutti mortificati da un’Europa che ci strozza un po’.
Servono più fiducia e più consumi. Occorrono riforme e puntare sullo sviluppo».
Servono gli 80 euro in busta paga?
«Li hanno criticati in tanti, ma è una
leva che può funzionare».
Condivide la critica di chi ritiene che
il tasso di esperienza di troppi ministri
sia troppo basso?
«Le ministre giovani non sono certamente peggio dei loro predecessori, che
dicevano sempre le stesse cose senza fare
nulla. Meglio una ragazza con un po’ di
vivacità, anche se può sbagliare».
Fabio Tamburini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
26
italia: 51575551575557
Martedì 2 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Martedì 2 Settembre 2014
Economia 27
italia: 51575551575557
Telecomunicazioni Slitta ancora una volta la vendita in Argentina
Rapporto Lamy
Alierta: Telecom Italia,
vogliamo uscire
Recchi , colloquio al Quirinale
Mediaset:
«Salvaguardata
la tv gratuita»
MILANO — L’affaire Telecom Italia-Vivendi arriva ufficialmente anche al piano istituzionale: ieri il presidente della
Repubblica, Giorgio Napolitano,
ha ricevuto nel pomeriggio al
Quirinale Giuseppe Recchi, presidente del gruppo, per parlare
dell’importanza dell’asset
aziendale per il Paese e anche
delle prospettive. Che gli assetti
dell’importante gruppo italiano
— con 53 mila dipendenti in Italia Telecom è attualmente la società che investe maggiormente
— siano in piena trasformazione
è ormai un fatto. Dopo l’annuncio da parte di Vivendi, la società
presieduta da Vincent Bolloré, di
una trattativa in esclusiva con
Telefonica, che aveva offerto
7,45 miliardi di euro contro i 7 di
Telecom, il cambio di azionista
di riferimento è ormai considerato certo. Vivendi ha già detto
di considerare l’opzione a salire
nel capitale di Telecom all’8,3%
interessante. E, cosa ormai chiara, ieri il numero uno di Telefonica, Cesar Alierta, ha confermato il desiderio di chiudere qui la
campagna italiana, durata meno
di 11 mesi e decisa, in gran parte, in Brasile. Alierta durante un
incontro sulle telecomunicazioni ha affermato: «Non vogliamo
stare in Telecom Italia». La compagnia spagnola, ha aggiunto,
«ha appreso molto» durante il
periodo di presenza in Telecom.
8,3
La quota che alla
fine della trattativa
Vivendi avrà
probabilmente nel
gruppo telefonico
italiano. Le azioni
saranno trasferite
da Telefonica
830
I milioni di dollari
che Telecom
attende di ricevere
dalla Fintech per la
chiusura della
cessione di Telecom
Argentina
Infine non ha resistito alla tentazione di lanciare una frecciatina
al Paese, aggiungendo che «il
non essere italiani» è stata la
principale barriera trovata da
Telefonica per giungere a nuovi
accordi con Telecom. L’azionista
di riferimento del gruppo, con il
22,4% del capitale, è la holding
Telco, controllata da Telefonica,
Intesa Sanpaolo, Mediobanca e
Generali.
I soci hanno però disdetto il
patto e la holding è destinata
sciogliersi a breve. Il gruppo
spagnolo diventerà quindi il primo azionista, con poco meno del
15% del capitale. Il gruppo ha già
offerto a Vivendi l’opzione per
acquistare l’8,3% di Telecom Italia, nell’ambito dell’accordo su
Gvt, opzione che i francesi hanno giudicato attraente. Peraltro
ambienti vicini a Bolloré fanno
sapere che il finanziere ha intenzione di investire in Telecom Italia «perché ha fiducia in Mediobanca e ha trovato il management di Telecom professionale
nella sua offerta senza essersi lasciato andare a delle follie». Sempre Telefonica ha in essere un
prestito convertendo e, quindi,
l’obbligo di vendere a termine
una partecipazione fino al 9% del
capitale della stessa Telecom Italia, ma con clausole di riacquisto
del bond anche per qualunque
«ragione che non consenta il trasferimento delle azioni Telecom». Il bond scade a luglio 2017.
Nel frattempo per l’azienda guidata dall’amministratore delegato Marco Patuano si complica ulteriormente il dossier Telecom
Argentina. Il gruppo ha risposto
Il gruppo farmaceutico
Concorrenza
Pierrel, Cirino Pomicino
nominato vicepresidente
Botta e risposta Gasparri-Ntv
sui «tweet» contro Italo
Paolo Cirino Pomicino, 75 anni, ex ministro del
Bilancio tra l’89 e il ’92, è stato nominato
vicepresidente di Pierrel, società farmaceutica
quotata a Piazza Affari. Già in cda dallo scorso
dicembre, Pomicino siederà accanto al presidente
Rosario Bifulco nel gruppo controllato da Raffaele
Petrone, che ne è amministratore delegato, e
dall’imprenditore Canio Mazzaro.
Scambio di tweet e comunicati tra Maurizio Gasparri
e Ntv, proprietaria dei treni Italo. «I cinguettii del
vicepresidente del Senato contro l’acquisto dei
biglietti Italo — “Siete quasi falliti. Quali promozioni,
presto chiuderete” aveva scritto Gasparri —
appartengono a una politica vecchia», ha detto il
gruppo, «portatrice di valori superati, di una cultura
del monopolio che è contro la libera concorrenza».
«no comment» alle indiscrezioni secondo le quali la vendita già
stipulata della controllata Telecom Argentina slitterebbe ancora, rispetto al termine fissato ieri. La società è stata ceduta lo
scorso 13 novembre 2013 per
960 milioni di dollari a Fintech,
lo stesso gruppo che è poi entrato nella compagine di Banca
Mps. L’iniziale termine era stato
fissato al primo trimestre 2014,
poi le slide del gruppo avevano
dato come deadline il primo semestre. A seguire erano comparsi il 12 agosto, il primo settembre e ora, da quanto sembra, inizio ottobre. Il dossier non è certo
secondario perché all’appello
mancano oltre 800 milioni di
dollari e la situazione dell’Argentina non è certo in miglioramento.
Massimo Sideri
[email protected]
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Strategie Ancelin: «Se il crollo continua prenderemo delle decisioni»
Auto, la Russia inizia a frenare
Renault pronta a rivedere i piani
Meno 12% a maggio, meno
17% a giugno, meno 23% a luglio. Ecco le cifre che segnano la
caduta del mercato dell’auto in
Russia (nel 2013 consegnate 2,8
milioni di vetture mentre nel
2014 ne sono previste 2,5 milioni). «E scenderà ancora, almeno
del 20% — pronostica Bruno
Ancelin, numero uno di Renault
in Russia —. Per ora non abbiamo subito flessioni ma se il
mercato continuerà a crollare
dovremo prendere delle decisioni». Renault è la seconda
marca in Russia dietro a Lada
con una quota del 7,8% nel primo semestre di quest’anno
(96.500 veicoli). I programmi
della casa francese si basano su
un piano studiato per le esigenze dei clienti russi: lancio della
nuova Logan e della nuova Sandero, assemblata a Togliattigrad. Una posizione supportata
da una rete di 170 punti vendita
e assistenza nonchè dalla partnership strategica con Avtovaz
che vale il 30% del mercato.
In questa fase i costruttori
hanno interesse a congelare o
Giuseppe Recchi, 50 anni,
presidente di Telecom
Italia dal 2013, ieri ha incontrato il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, per parlare delle
prospettive del gruppo
ritardare gli investimenti, ma
nello stesso tempo devono rispettare una legge che impone a
chi vende vetture in Russia una
tassa di localizzazione minima
(sul valore dell’auto e componenti prodotti in loco) per avere
le riduzioni doganali. Questa
convenzione è stata firmata da
General Motors, dall’alleanza
Renault-Nissan-Avtovaz, da
La flessione
A luglio le vendite sono
diminuite del 23%,
dopo il calo del 17%
registrato a giugno
Ford e Volkswagen, che devono
produrre almeno 300 mila vetture all’anno per cinque anni, rispettando il 60% di localizzazione. Il gruppo Psa, per esempio,
segue ancora la vecchia legge
che imponeva solo il 30% di localizzazione, ma dovrà allinearsi. Renault e Nissan, grazie all’acquisizione di Avtovaz, godo-
no del 55% di localizzazione.
Sono i gruppi americani e tedeschi ad avere i maggiori problemi. Gm sta riflettendo sull’investimento da 300 milioni di
dollari previsto per il prossimo
anno a San Pietroburgo. Mentre
Volkswagen (-16% a luglio),
conferma i suoi progetti che
prevedono uno stanziamento di
1,2 miliardi di euro entro il
2018. Certo i venti di guerra non
fanno bene al settore anche se, è
sempre Ancelin ad assicurarlo,
«per ora nessuna sanzione tocca
il comparto auto». Avtovaz ha
annunciato l’intenzione di diminuire di 25 mila unità in tre
mesi la produzione di vetture
Lada dopo una caduta del 25% in
luglio. Il gruppo Fca, che sembrava rimasto alla finestra, riserva invece buone sorprese. In
aprile è iniziata la distribuzione
di Alfa Giulietta e Mito tramite
cinque concessionarie. E Jeep
nei primi sette mesi dell’anno
ha venduto 4 mila auto contro
2.500 dello stesso periodo 2013.
Bianca Carretto
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Banche
Barclay perde
500 milioni
Addio Spagna
Barclays lascia la Spagna
e perde 500 milioni di
sterline. Era entrata nel
2003, rilevando il Banco
Zaragozano per 1,1
miliardi di sterline. Ieri
ha venduto le attività
alla Caixa per 632
milioni di sterline.
Digitale terrestre e banda larga mobile
potranno convivere almeno fino al 2030,
ma la tv digitale dovrà cominciare a cedere
la banda 700 MHz all’Internet mobile non
più tardi del 2020: è quanto prevede il rapporto di Pascal Lamy, l’ ex commissario Ue
al quale la commissaria all’Agenda digitale
Neelie Kroes ha affidato l’approfondimento
sull’uso più efficiente del radiospettro.
Il rapporto sintetizza le istanze delle parti
che non sono d’accordo né sulla quantità di
banda Uhf («Ultra High Frequency») da
cedere né sui tempi per la cessione. Lamy
raccomanda quindi di rinviare al 2020 (con
due anni di margine) l’avvio della cessione
di banda che in un primo tempo si pensava
dovesse iniziare l’anno prossimo. La gradualità è certo più
gradita alle emitDal 2020
tenti televisive che
Le emittenti solo solo dal 2020 dovranno iniziare a
dal 2020
fare nuovi investiavvieranno nuovi menti tecnologici
investimenti
per rimediare alla
perdita del 30% di
spettro. Inoltre, al
digitale terrestre dovrà essere assicurato
fino al 2030. E nel 2025 la Commissione
farà di nuovo il punto della situazione, per
valutare le reali necessità di banda, considerando che nel frattempo potrebbero
svilupparsi alternative tecnologiche.
Per Gina Nieri, consigliere d’amministrazione Mediaset e unica italiana nel
gruppo che ha lavorato con Lamy, l’analisi
del rapporto è «molto equilibrata, perché
riconosce la centralità della televisione
lineare nei consumi di contenuti audiovisivi e il ruolo insostituibile, almeno fino al
2030, della piattaforma digitale terrestre
per mantenere l’eccellenza del sistema
televisivo europeo».
R.Fi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
28
Martedì 2 Settembre 2014 Corriere della Sera
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5,402
5,079
5,482
5,122
3,802
3,435
5,008
5,589
5,520
5,019
5,422
Nome
Data Valuta
AZ F. Best Cedola ACC
AZ F. Best Cedola DIS
AZ F. Best Equity
AZ F. Bond Target 2015 ACC
AZ F. Bond Target 2015 DIS
AZ F. Bond Target 2016 ACC
AZ F. Bond Target 2016 DIS
AZ F. Bond Target 2017 Eq Op ACC
AZ F. Bond Target 2017 Eq Op DIS
AZ F. Bond Target Giugno 2016 ACC
AZ F. Bond Target Giugno 2016 DIS
AZ F. Bond TargetSettem.2016 ACC
AZ F. Bond TargetSettem.2016 DIS
AZ F. Cash 12 Mesi
AZ F. Cash Overnight
AZ F. Carry Strategy ACC
AZ F. Carry Strategy DIS
AZ F. Cat Bond ACC
AZ F. Cat Bond DIS
AZ F. CGM Opport Corp Bd
AZ F. CGM Opport European
AZ F. CGM Opport Global
AZ F. CGM Opport Gov Bd
AZ F. Commodity Trading
AZ F. Conservative
AZ F. Core Brands ACC
AZ F. Core Brands DIS
AZ F. Corporate Premium ACC
AZ F. Corporate Premium DIS
AZ F. Dividend Premium ACC
AZ F. Dividend Premium DIS
AZ F. Emer. Mkt Asia
AZ F. Emer. Mkt Europe
AZ F. Emer. Mkt Lat. Am.
AZ F. European Dynamic ACC
AZ F. European Dynamic DIS
AZ F. European Trend
AZ F. Formula 1 Absolute ACC
AZ F. Formula 1 Absolute DIS
AZ F. Formula 1 Alpha Plus ACC
AZ F. Formula 1 Alpha Plus DIS
AZ F. Formula Target 2014
AZ F. Formula Target 2015 ACC
AZ F. Formula Target 2015 DIS
AZ F. Formula 1 Conserv.
AZ F. Global Curr&Rates ACC
AZ F. Global Curr&Rates DIS
AZ F. Global Sukuk ACC
AZ F. Global Sukuk DIS
AZ F. Hybrid Bonds ACC
AZ F. Hybrid Bonds DIS
AZ F. Income ACC
AZ F. Income DIS
AZ F. Int. Bd Targ. Giugno 2016 ACC
AZ F. Int. Bd Targ. Giugno 2016 DIS
AZ F. Institutional Target ACC
AZ F. Institutional Target DIS
AZ F. Italian Trend ACC
AZ F. Italian Trend DIS
AZ F. Lira Plus ACC
AZ F. Lira Plus DIS
AZ F. Macro Dynamic
AZ F. Opportunities
AZ F. Pacific Trend
AZ F. Patriot ACC
AZ F. Patriot DIS
AZ F. Qbond
AZ F. Qinternational
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AZ F. Qtrend
AZ F. Renminbi Opport
AZ F. Reserve Short Term
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AZ F. Top Rating ACC
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AZ F. Trend
AZ F. US Income
28/08
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14/08
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28/08
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28/08
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28/08
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31/07
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28/08
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28/08
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28/08
28/08
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28/08
28/08
28/08
28/08
28/08
28/08
28/08
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28/08
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28/08
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
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EUR
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EUR
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EUR
EUR
EUR
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EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
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EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
Quota/od.
Quota/pre.
5,739
5,138
5,203
6,042
5,492
5,507
5,197
5,219
5,134
5,694
5,218
5,918
5,524
5,371
5,271
5,019
5,019
5,309
5,272
6,155
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6,477
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5,616
5,662
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3,310
5,528
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5,212
3,356
5,280
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5,523
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5,599
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4,218
5,219
5,078
5,402
5,238
6,355
5,828
4,767
4,430
5,573
5,534
3,428
3,428
4,985
4,800
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5,103
4,359
7,008
6,439
5,376
5,321
5,363
5,104
5,330
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5,148
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5,620
5,740
5,139
5,212
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5,694
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5,271
5,015
5,015
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5,620
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5,317
5,784
5,066
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3,367
5,495
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5,231
3,380
5,322
5,314
5,592
5,532
4,832
6,158
5,603
4,975
4,515
4,218
5,206
5,065
5,404
5,240
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4,430
5,575
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3,503
4,985
4,801
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5,123
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7,034
6,463
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5,335
6,308
5,144
5,014
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5,735
6,011
5,149
5,149
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5,609
Nome
Data Valuta
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Active Liquid Bond A
Active Liquid Bond B
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Multiman. Bal. M
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Multiman. Eq. Afr. & Mid. East M
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SB Bond B
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SB Flexible B
DB Platinum
Agriculture Euro R1C A
Comm Euro R1C A
Currency Returns Plus R1C
DB Platinum IV
Croci Euro R1C B
Croci Japan R1C B
Croci US R1C B
Paulson Global R1C E
Sovereign Plus R1C A
Systematic Alpha R1C A
Fondi Unit Linked
Quota/od.
Quota/pre.
Nome
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
1337,208
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119,350
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27/08 EUR
28/08 EUR
28/08 EUR
58,260
105,920
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58,210
105,640
929,350
119,380
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10643,660
120,370
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European Bond A-Dis
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Glob. Equity Income A
Glob. Equity Income A-Dis
Glob. Inv. Grade.Corp. Bd A-Dis M
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Glob. Tot. Ret. (EUR) Bond E-Dis
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28/08
28/08
28/08
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27/08
27/08
27/08
27/08
27/08
27/08
28/08
28/08
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20/08
28/08
27/08
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Global Equity
Maximum
Progress
Quality
27/08
27/08
27/08
27/08
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30/06
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31/07
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EUR
EUR
EUR
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5,768
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7,301
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
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Kairos Multi-Str. B
Kairos Multi-Str. I
Kairos Multi-Str. P
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Kairos Selection
Data Valuta
29/08
29/08
29/08
29/08
29/08
29/08
29/08
29/08
29/08
29/08
29/08
29/08
29/08
29/08
29/08
29/08
29/08
29/08
29/08
29/08
29/08
29/08
29/08
29/08
29/08
29/08
29/08
29/08
29/08
Tel: 848 58 58 20
Sito web: www.ingdirect.it
29/08 EUR
Dividendo Arancio
29/08 EUR
Convertibile Arancio
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27/08 EUR
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Borsa Protetta Maggio
27/08 EUR
Borsa Protetta Novembre
29/08 EUR
Inflazione Più Arancio
29/08 EUR
Mattone Arancio
29/08 EUR
Profilo Dinamico Arancio
29/08 EUR
Profilo Equilibrato Arancio
29/08 EUR
Profilo Moderato Arancio
29/08 EUR
Top Italia Arancio
52,270
62,540
59,910
62,480
61,070
63,600
61,510
58,250
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64,500
60,260
48,090
52,130
62,470
59,900
61,950
60,750
63,010
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58,200
47,020
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64,740
60,380
47,840
Quota/od.
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17,081
12,915
11,033
5,900
5,801
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10,590
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49,460
34,230
3170,000
17,820
16,080
11,930
19,160
13,840
14,690
13,970
10,858
9,988
14,340
11,905
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33,170
31,710
17,086
12,919
11,020
5,910
5,799
61,260
15,430
11,634
43,720
10,603
13,160
11,982
49,330
34,270
3168,000
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16,090
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14,340
11,908
10,659
33,270
31,810
Tel: 02 77718.1
www.kairospartners.com
30/06 EUR 881868,830 875792,556
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EUR 770258,141 771435,023
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EUR 62759,815 60323,743
EUR
EUR
EUR
EUR
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USD
USD
USD
USD
EUR
EUR
EUR
USD
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JPY
EUR
EUR
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EUR
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EUR
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USD
USD
USD
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KIS - Income P
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KIS - Italia X
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KIS - Key X
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KIS - Multi-Str. UCITS D
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KIS - Selection D
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28/08
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28/08
28/08
28/08
29/08
29/08
29/08
USD
EUR
EUR
USD
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
USD
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EUR
EUR
EUR
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EUR
EUR
EUR
EUR
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200,810
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123,640
125,850
125,670
98,680
103,610
100,280
La lista completa dei comparti Invesco autorizzati in Italia
è disponibile sul sito www.invesco.it
Invesco Funds
Num tel: 178 311 01 00
www.compamfund.com - [email protected]
28/08 USD
1531,198
1533,362
Active Dollar Bond A
28/08 EUR
1671,737
1674,440
Active Emerging Credit A
28/08 EUR
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1609,954
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28/08 EUR
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28/08 EUR
1397,168
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28/08 EUR
1414,433
1419,270
Active European Equity A
Asia Balanced A
Asia Balanced A-Dis
Asia Consumer Demand A
Asia Consumer Demand A-Dis
Asia Infrastructure A
Asian Bond A-Dis M
Balanced-Risk Allocation A
Em. Loc. Cur. Debt A
Em. Loc. Cur. Debt A-Dis.M
Em. Mkt Corp Bd A
29/08
29/08
29/08
29/08
29/08
29/08
29/08
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29/08
29/08
USD
USD
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USD
USD
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EUR
USD
USD
USD
26,200
17,090
15,140
14,760
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10,481
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15,180
9,552
12,745
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ADWISE L/S CAP RET EUR
FLEX QUANTITATIVE HR6 A EUR
HIGH GROWTH CAP RET EUR
ITALY CAP RET A EUR
SELECTED BOND DIS RET EUR
SELECTED BOND CAP RET EUR
VALUE OPP CAP RET EUR
29/08
29/08
29/08
29/08
29/08
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appartenenza dell’immobile e il relativo indice di prestazione energetica
espresso in kWh/mqa o kWh/mca a
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dall’indicazione, riportare la dicitura
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111,710
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6,372
5,741
5,885
5,415
5,788
7,405
6,653
5,339
5,182
4,914
4,656
4,590
5,328
6,243
5,604
114,980
121,400
110,630
105,800
87,200
85,720
102,020
106,030
111,730
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PS - Titan Aggressive A
PS - Total Return A
PS - Total Return B
PS - Valeur Income A
PS - Value A
PS - Value B
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29/08
29/08
29/08
29/08
29/08
29/08
29/08
29/08
26/08
26/08
03/06
26/08
26/08
26/08
26/08
29/08
29/08
29/08
26/08
26/08
26/08
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EUR
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EUR
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101,410
101,960
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118,600
125,230
100,480
99,140
104,920
99,550
104,220
107,170
108,650
108,780
104,800
109,320
102,630
96,450
112,540
106,490
108,830
104,250
95,990
99,800
101,650
102,170
116,300
118,860
125,220
100,480
99,180
104,960
97,450
103,730
106,870
108,270
108,390
104,450
108,250
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Quota/od. = Quota odierna
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Corriere della Sera Martedì 2 Settembre 2014
Sussurri & Grida
Piazza Affari
MPS E SAIPEM IN FRENATA
IL BALZO DI RETELIT
Generali chiama un manager Allianz per il vino
di GIACOMO FERRARI
Privi del riferimento di Wall
Street (ieri la Borsa Usa è rimasta
chiusa per la festività del Labour
day), i listini europei hanno
risentito del calo degli indici Pmi
manifatturieri nell’Eurozona,
chiudendo tuttavia in sostanziale
parità. Soltanto Lisbona e Milano hanno perso
terreno: il Ftse-Mib di Piazza Affari, in particolare, ha
ceduto lo 0,51%. In leggero miglioramento, invece, lo
spread Bund-Btp, a 154 punti base. Tra le blue-chips
la maglia nera è toccata a Monte Paschi (-2,55%),
seguita da Saipem (-2,49%), colpita dal
downgrading di Deutsche Bank. Giù inoltre Banco
Popolare (-2,27%) e A2A (-1,80) dopo le
indiscrezioni su una possibile riduzione delle quote
detenute dai comuni di Brescia e Milano. Per quanto
riguarda i segni positivi, la lista è guidata da Ubi
Banca (+1,26%), seguita da StMicroelectronics
(+1,26%). Minime, invece, le variazioni al rialzo di
Finmeccanica (+0,56%), Snam (+0,50%) e Luxottica
(+0,47%), nel giorno del cda che ha sancito il cambio
della guardia ai vertici della società. Bene, infine, nel
segmento Star Isagro (+3,66%) e, fra i titoli minori,
Retelit, balzata del 10,31%.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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(s.bo.) Generali investe sul vino e per guidare la controllata Genagricola sceglie Alessandro Marchionne,
manager che proviene da Agricola San Felice del gruppo
concorrente Allianz. Il numero uno di Generali Italia
Philippe Donnet spiega che il nuovo amministratore
delegato del polo agroalimentare punterà su una strategia «di posizionamento delle 24 realtà agricole, di razionalizzazione e miglioramento della qualità delle etichette dei vini oltre a un forte orientamento allo sviluppo all’estero». Il fatturato di Genagricola, pari a 50 milioni circa, proviene per il 40% dalla produzione
vitivinicola, con oltre 4 milioni di bottiglie distribuite
attraverso otto brand, e per il 60% dalla produzione
agricola tradizionale e dall’energia generata dalle due
centrali a biomasse di proprietà. Per quanto riguarda il
polo del vino, l’offerta verrà snellita e saranno valorizzati alcuni punti di forza. Oggi oltre la metà delle vendite proviene dal prosecco commercializzato con il marchio Tenuta Sant’Anna, mentre il restante 40% circa è riconducibile a marchi friulani come Torre Rosazza o piemontesi come Bricco dei Guazzi.
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(ri.que.) Il Fondo italiano di investimento (partecipato da Abi, Monte dei Paschi, Cassa depositi e prestiti,
Confindustria, Intesa Sanpaolo, Istituto centrale delle
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Toyota in Usa, gara tra gli Stati per la
sede del colosso giapponese
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(f.mas.) A fronte delle grandi corporation nazionali
che lasciano gli Usa anche per ragioni fiscali — da ultimo Burger King che dopo la fusione da 11 miliardi di
dollari con il gruppo canadese Tim Hortons trasferirà
oltreconfine la sede legale — i gruppi esteri vengono
corteggiati dai vari Stati americani per impiantare sede
e stabilimenti sui loro territori. È il caso del gigante
giapponese Toyota: il North Carolina ha offerto al colosso dell’auto 100 milioni di dollari di agevolazioni e incentivi per far trasferire nella sua principale città, Charlotte il quartier generale americano dalla vecchia sede
della bassa California, nonché di non pagare le tasse
sulle società e sugli utili. I giapponesi sono lusingati ma
spiegano: Toyota — che ha stabilimenti in Texas, Kentucky, Mississippi e Indiana — non decide solo sulla
base della convenienza fiscale ma anche sulla base dell’aspetto logistico dell’area, come la vicinanza (anche di
fuso orario) con gli altri stabilimenti sparsi per gli Stati
Uniti, i collegamenti aerei diretti con il Giappone. Per
questo la preferenza è caduta comunque su Dallas, anche se l’incentivo proposto dallo Stato del Texas era inferiore di quasi la metà a quello del North Carolina, attorno ai 50 milioni di dollari, 40 in contanti e il resto in
incentivi di altro tipo.
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banche popolari, Unicredit e ministero dell’Economia,
tutti al 12,5%) ha acquisito una quota di minoranza di
Fim master group, società che dal ‘76 si occupa di produzione pubblicitaria e promozione di grandi eventi.
Per intenderci, portano la firma di Film master gli spot
di gruppi automobilistici come Fiat e Audi. Sul fronte
«eventi», la società sta lavorando alla cerimonia di
apertura delle olimpiadi di Rio nel 2016. Con l’operazione portata a termine il 26 agosto scorso negli studi di
Legance avvocati associati, advisor del Fondo italiano
di investimento, nasce un nuovo soggetto — la Italian
entertainment network — che, oltre a Film master, ingloba il 35% delle quote di Civita cultura (gestione attività museali) e Cine district entertainment (licenziatario dello storico marchio Cinecittà). Azionista di entrambe le società e attore importante in tutta l’operazione è la Italian entertainment group, società che vede
Luigi Abete, Aurelio De Laurentiis, Diego Della Valle e la
famiglia Haggiag come principali azionisti. L’intendimento del Fondo italiano è quello di favorire la nascita
di un soggetto sempre più internazionale in cui le competenze nell’organizzazione di eventi possa trasferirsi
in maniera costruttiva anche al settore della gestione
museale. Il Fondo italiano di investimento ha mobilitato 10 milioni nell’operazione. Di questi, un terzo per
l’aumento di capitale e due terzi attraverso un prestito
obbligazionario convertibile.
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Martedì 2 Settembre 2014 Corriere della Sera
Cultura
Il saggio Pedro Ferreira racconta le vicende Il conflitto Le ideologie belliciste e totalitarie
che accompagnarono gli studi sulla relatività cercarono di condizionare anche la scienza
Einstein nemico della guerra
La sua speranza era Gandhi
Sin dal 1914 il grande fisico si oppose al nazionalismo
di PAOLO MIELI
gno di colleghi, prendeva le distanze dal «Manifesto dei
93», criticandone duramente i firmatari e sollecitando
a più grande idea del Novecen- gli «uomini colti di tutti gli Stati» a «lottare contro quella
to deve tutto alla coerenza e al- guerra distruttiva». Ma quell’appello fu bellamente ignol’ostinazione di intellettuali che rato, tant’è che in Inghilterra nessuno ritenne di fare diseppero sottrarsi ai forti condi- stinzioni tra i firmatari dei due appelli. Nessuno, tranne
zionamenti dei tempi in cui vissero. lo studioso Arthur Eddington, grandissimo astronomo
Proprio nel 1914, anno d’inizio del pri- nonché direttore dell’osservatorio di Cambridge. Allo
mo conflitto mondiale, l’ebreo svizze- scoppio della Grande guerra, racconta Ferreira, Eddinro Albert Einstein, dopo una vita tut- gton fu una delle poche voci che si levarono contro l’ont’altro che coronata da successi, ebbe qualche primo im- data di acceso nazionalismo che riguardava non soltanto
portante riconoscimento: fu chiamato a Berlino a dirige- il suo Paese, ma anche moltissimi suoi colleghi. La situare il neonato Kaiser Wilhelm Institut per la fisica e fu zione che si era creata al momento dell’entrata in guerra
nominato membro della prestigiosa Accademia prussia- della Gran Bretagna «lo aveva gettato nello sconforto».
na delle scienze. Sua moglie Mileva aveva voluto rimane- Soprattutto per quel che riguardava le future relazioni tra
re a Zurigo con i figli: sarebbero rimasti separati per cin- uomini di pensiero e di scienza.
que anni, poi nel 1919 avrebbero divorziato
In una serie di furibondi articoli su «The
e lui si sarebbe risposato con Elsa LoewenObservatory», l’organo ufficiale degli
thal, sua cugina. Lì a Berlino Einstein
astronomi britannici, «le argomentazioni
avrebbe trovato amici tra alcuni eminenti
contro la collaborazione con gli scienziati
colleghi come Max Planck e Walther Nertedeschi» furono sostenute con forza da un
nst. Forse ne avrebbe avuti di più, se non si
gran numero di studiosi. Era come se i loro
fosse messo di traverso all’onda nazionalicolleghi tedeschi fossero diventati all’imsta che contraddistinse l’ingresso del Paese
provviso non degni di essere considerati
nella Prima guerra mondiale. Un clima,
dei veri scienziati. I rapporti tra i loro monquello interventista, che l’inventore della
di d’un tratto si fecero gelidi. L’eminente
teoria della relatività definì «da manicoprofessore di astronomia di Oxford Hermio».
bert Turner non ebbe esitazioni a dire cose
Nell’ottobre del 1914 fu dato alle stampe
senza senso: «Possiamo riammettere la
il celebre manifesto nazionalista dal titolo
Germania nella comunità internazionale e
«Un appello al mondo della cultura», sot- Non violenza
abbassare gli standard della legge internatoscritto da 93 scienziati, scrittori, artisti e
zionale al suo livello, oppure possiamo
intellettuali che si proponevano di difen- Mohandas
escluderla e innalzarli; non esiste una terza
dere il governo tedesco e «controbattere al- Karamchand Gandhi,
alternativa». Tale «era l’animosità nei conla disinformazione sulla Germania». Disin- detto il Mahatma
fronti di tutto quanto era tedesco che al
formazione che a loro avviso stava dilagan- (1869-1948), leader
presidente della Royal Astronomical Sodo in tutto il mondo e che meritava ade- indiano teorico della
ciety, il quale aveva trascorsi tedeschi, venguate messe a punto. Il manifesto non violenza.
ne chiesto di rassegnare le dimissioni». Insosteneva che i tedeschi non erano respon- In alto: Albert Einstein
credibile.
sabili dello scoppio del conflitto, sorvolan- con la seconda moglie
Eddington «la pensava diversamente e si
do del tutto sul fatto che la Germania aveva Elsa Loewenthal
comportava di conseguenza». Come quacda poco invaso il Belgio, devastando per di
chero era profondamente contrario all’uso
più la città di Lovanio: neghiamo, dicevano — non senza delle armi (si rifiutò anche di andare a combattere, ma il
una certa improntitudine — i 93, che «i nostri soldati ab- governo lo avrebbe dispensato, come vedremo, dal combiano attentato alla vita o ai beni di un solo cittadino bel- piere i suoi doveri militari in quanto «persona di imporga».
tanza per la nazione») ed espresse pubblicamente il proFu questo un frangente di grande rilievo nella vita di prio dissenso nei confronti dell’insofferenza dei suoi
Einstein, peraltro dedicata interamente alla scienza. È connazionali verso l’intellighenzia tedesca: «Non pensaquel che sostiene Pedro G. Ferreira nel libro La teoria te a un tedesco simbolico», disse, «ma a uno specifico
perfetta, che la Rizzoli si accinge a pubblicare nell’im- vostro ex amico, per esempio. Chiamatelo crucco, pirata,
peccabile traduzione di Carlo Capararo e Andrea Zuc- infanticida e provate a infuriarvi; il tentativo fallirà, tanto
chetti. Einstein, scrive Ferreira, «era scioccato da quel è ridicolo».
che avveniva intorno a lui»; da pacifista e internazionaliEddington, a dispetto della guerra e delle esortazioni
sta qual era, scese in campo con un contromanifesto, all’odio da parte dei suoi colleghi, si tenne in costante
«Un appello agli europei», nel quale, assieme a un pu- rapporto con Einstein. Riceveva, sia pure con «esaspe-
L
La ricerca
Esplorare i segreti
della cosmologia
Esce domani in libreria il saggio
di Pedro G. Ferreira La teoria
perfetta. La relatività generale:
un’avventura lunga un secolo
(Rizzoli, pagine 349, 24). Si
tratta di un’appassionante
ricostruzione delle tappe che
condussero all’affermazione
delle idee esposte per la prima
volta da Albert Einstein nel 1915.
Ferreira, professore di Astrofisica
all’Università di Oxford, è autore
di articoli pubblicati sulle più
importanti riviste scientifiche.
rante lentezza», i suoi scritti da Praga, Zurigo, Berlino,
tramite un amico astronomo, Willem de Sitter, il quale
glieli spediva dall’Olanda. Finché nel 1918 l’Inghilterra,
sentendosi in grave pericolo, avviò una nuova ondata di
coscrizioni e richiamò anche lui alle armi. Ancora una
volta Eddington rifiutò di arruolarsi, adducendo il motivo che doveva prepararsi ad assistere a un’eclissi di sole,
quella del 1919, proprio per verificare le teorie del «tedesco» Einstein. Ciò che gli provocò antipatie e insinuazioni da parte di molti colleghi. Uno di loro disse: «Abbiamo
provato a pensare che le affermazioni false ed esagerate
fatte oggi dai tedeschi fossero dovute a qualche malattia
passeggera sviluppatasi di recente; ma un esempio del
genere induce a chiedersi se la triste verità non vada cercata più a fondo».
Eddington, in altre parole, sarebbe stato infettato dal
contagio del «male germanico». Il tribunale di Cambridge aprì contro di lui un processo, accusandolo di essersi
sottratto alla leva, e i giudici lo trattarono in modo assai
poco cordiale. Finché intervenne nel dibattimento il
grande astronomo Frank Dyson (notissimo per aver introdotto il segnale orario di Greenwich) e spiegò alla corte che solo Eddington avrebbe potuto osservare con profitto l’eclissi del 1919, dalla quale si sarebbe saputo se Einstein aveva ragione. Se cioè Einstein aveva colto nel segno prevedendo che «la luce emessa dalle stelle lontane
era destinata a incurvarsi passando in prossimità di un
corpo imponente come il Sole». La corte di Cambridge fu
convinta da Dyson; di conseguenza si mostrò clemente
con Eddington, che così poté lavorare alla preparazione
del suo esperimento. E l’osservazione dell’eclissi del 1919
diede risultati straordinari. Sarebbe dunque toccato a
Eddington il compito di conferire ad Einstein il primo riconoscimento pubblico su scala mondiale. Il 6 novembre
1919 l’astronomo inglese si alzò in piedi durante una riunione della Royal Astronomical Society e, «in tono monocorde e solenne», descrisse il suo recente viaggio nella
piccola isola di Principe, al largo delle coste occidentali
dell’Africa. Lì con un telescopio aveva fotografato l’eclissi
totale di sole. Misurando le posizioni di alcune stelle dietro il disco solare, aveva scoperto che «la teoria della gravità concepita dal santo patrono della scienza britannica,
Isaac Newton, ritenuta esatta per oltre due secoli, era invece sbagliata». Al suo posto, affermò, doveva essere presa in considerazione quella nuova e corretta proposta da
Einstein, conosciuta come «teoria della relatività generale». Lì per lì gli astanti non parvero rendersi conto dell’importanza dell’annuncio. Quando Eddington finì di
parlare, un fisico polacco, Ludwik Silberstein, gli si avvicinò per dirgli: «Professore, lei deve essere una delle tre
persone al mondo che capiscono la relatività generale».
Poi, notando che il suo interlocutore indugiava, aggiunse: «Non faccia il modesto». Questi lo fissò e gli rispose:
«Al contrario, sto cercando di pensare chi sia la terza».
Il presidente della Royal Society, J.J. Thomson, definì
Un clima avvelenato
Durante il primo conflitto mondiale si diffuse
in Gran Bretagna, anche negli ambienti
accademici, una violenta ostilità verso tutto
ciò che aveva a che fare con la Germania
Federalismo Utopia e realismo in un saggio di Zanzi (Lacaita)
India Ha riaperto l’ateneo che fiorì tra V e XII secolo
Europa senza confini e senza equivoci
Ritorno a Nalanda, l’università del mito
di ARTURO COLOMBO
di MARCO DEL CORONA
D
i Europa si parla molto, forse troppo. C’è chi
l’identifica con un continente; chi con un
complesso di Stati nazionali; chi nella
prospettiva di un futuro sistema federale o
confederale (magari senza accorgersi che si tratta di
due realtà diversissime fra loro). Ecco un motivo in
più per segnalare l’ottimo volume di Luigi Zanzi, Il
federalismo e la critica della ragion politica (Lacaita
editore, pagine 629, 20), che ha un sottotitolo
chiarificatore: Per un «altro» futuro dell’Europa e
dell’Umanità. Zanzi non è solo un docente
universitario e uno studioso di storia; fin da giovane
(lo dico per lunga conoscenza personale) ha
sviluppato forti interessi per la costruzione di
un’autentica Europa federale, avendo avuto come
ideali maestri Altiero Spinelli (nella foto) e Mario
Albertini, due dei massimi protagonisti del
federalismo, fedeli al progetto del manifesto Per
un’Europa libera e unita (che lo stesso Spinelli aveva
scritto, insieme a Ernesto Rossi, nel 1943, durante il
confino a Ventotene). L’obiettivo fondamentale per
Zanzi è vivere in un mondo pacificato, dove non
esistano più Stati sovrani, ma si dia finalmente vita a
un ordinamento federale. Già nel 1984, il Parlamento
europeo aveva saputo formulare — sotto la guida
«illuminata e potente di Spinelli» precisa Zanzi — un
progetto di trattato per l’Unione Europea (che, però,
non è mai diventato operante). Ma non basta: perché
la realizzazione del federalismo
deve coinvolgere un «altro»
futuro, cioè deve estendersi a
tutta l’umanità, liberando
l’intera civiltà politica «da ogni
suo travisamento sia
“nazionalistico”, sia
“imperialistico”». Per Zanzi i
frequenti richiami a Niccolò
Machiavelli e a Carlo Cattaneo, e
al loro «realismo politico», contribuiscono a spiegare
come e perché un «altro» futuro diventa
indispensabile per dare finalmente vita a una civiltà
politica fondata su «la libertà, la giustizia e la pace».
Speriamo di riuscirci.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
I
numeri non sono tali da rendere giustizia, per ora, al
suo gloriosissimo passato. Se la «nuova» Università
di Nalanda, che ieri ha avviato le sue attività, conta
quindici studenti e undici docenti, la leggendaria
Nalanda — fondata nel V secolo dopo Cristo, primo
ateneo della storia — in otto secoli di attività accolse
decine di migliaia di studenti convenuti da tutta l’Asia
per studiare i precetti del Buddha. Sulla base di un
progetto covato a lungo e approvato quattro anni fa dal
parlamento indiano, la Nalanda University sorge nello
stato del Bihar, a 110 chilometri dal capoluogo Patna e a
una dozzina dal sito originario, dove si possono ancora
vedere i resti della cittadella demolita dagli invasori
musulmani turchi. Tra gli ispiratori dell’istituzione,
appoggiata dai 18 Paesi dell’East Asia Summit (Eas), c’è
il premio Nobel per l’economia Amartya Sen (nella
foto), e al budget ha già annunciato un contribuito la
Cina con un milione di dollari mentre — riportava in
luglio «The Times of India» — Singapore si è
impegnata per 5-6 milioni e l’Australia per circa uno. La
Nalanda del terzo millennio, infatti, vuole conservare la
visione «internazionale» della sua progenitrice. Allora
era il buddhismo a creare un motivo di attrazione e un
linguaggio filosofico e religioso comune fra India, Cina
e l’intero Estremo Oriente; oggi il collante è un
«approccio universalista» che appare, almeno per il
momento, soprattutto panasiatico benché tra i mille
aspiranti studenti che hanno tentato l’ammissione
c’erano americani, tedeschi,
spagnoli, russi e austriaci. Il
campus sognato dai promotori
tuttavia ancora non c’è. Le
lezioni, ancora limitate a due
corsi (storia e scienze
ambientali), si tengono in
strutture provvisorie a Rajgir,
parte di un hotel statale ospita i
ragazzi. Ieri l’inaugurazione in
tono minore, in attesa di quella in
pompa magna del 14 settembre, quando arriverà
Sushma Swaraj, ministro degli Esteri.
@marcodelcorona
leviedellasia.corriere.it
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Corriere della Sera Martedì 2 Settembre 2014
Cultura 31
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diventato, poco dopo la laurea, professore di geometria
descrittiva. L’amico Marcel lo aveva aiutato a non perdersi d’animo. Si deve oltretutto a una raccomandazione del
padre di Grossmann se Einstein ottenne il posto all’ufficio brevetti. E con esso i soldi che gli consentirono di
continuare a studiare. Le previsioni del 1907 derivate dalla sua teoria generale furono fatte su quella che Ferreira
definisce «una base matematica piuttosto striminzita».
In effetti Einstein non aveva grande trasporto — se così si
può dire — per la matematica che definiva «erudizione
superflua», giungendo a sostenere che, da quando i matematici si erano «avventati sulla teoria della relatività»,
lui stesso non ci aveva «capito più niente». Si diceva «restio a ricorrere alla matematica astrusa che avrebbe rischiato di oscurare gli eleganti concetti fisici che stava
cercando di mettere insieme». Uno dei suoi professori di
Zurigo definì la presentazione di un suo lavoro «goffa
sotto il profilo matematico».
Solo nel 1911 Einstein aveva cominciato a cambiare
idea. E nel 1912, tornato ad insegnare a Zurigo, si recò da
Grossmann, e lo implorò: «Mi devi aiutare, altrimenti
impazzisco». Sarebbe stato solo l’incontro nel 1915 con
un autentico genio della matematica, David Hilbert, all’Università di Gottinga, che gli avrebbe fatto cambiare
definitivamente idea sulla materia. Aveva però creduto in
lui, già nel 1907, il fisico Johannes Stark (che, come vedremo, ai tempi di Hitler gli sarebbe stato ostile), il quale
gli aveva commissionato un articolo Sul principio di relatività e le conclusioni che ne derivano. Fu scrivendo quel
saggio che Einstein, pur consacrato dalla pubblicazione,
si accorse che la sua teoria era ancora imperfetta e aveva
bisogno di approfondirla ulteriormente. Ma quel primo
successo e l’apprezzamento di Stark fecero sì che nel
1908 ottenesse la nomina a libero docente all’Università
di Berna. Come docente si fece una pessima fama: voleva
Antisemitismo
Durante il Terzo Reich venne scatenata
una martellante campagna di propaganda
contro la cosiddetta «fisica ebraica»
le misurazioni di Eddington «il risultato più importante
ottenuto, per quanto riguarda la teoria della gravitazione, dai tempi di Newton». E aggiunse: «Se verrà confermato che il ragionamento di Einstein è giusto — ed è già
sopravvissuto a due verifiche molto severe relative al perielio di Mercurio e alla presente eclissi —, allora tale risultato è una delle più alte conquiste del pensiero umano». Il giorno seguente, 7 novembre 1919, la valutazione
di Thomson rimbalzò sul «Times» di Londra con un articolo intitolato: «Rivoluzione nella scienza. Una nuova teoria dell’universo. Rovesciate le idee di Newton». Trascorsero altri tre giorni e la notizia raggiunse l’America,
dove il «New York Times» titolò: «Luci oblique nei cieli.
Trionfa la teoria di Einstein».
Per Einstein, come dicevamo all’inizio, gli esordi erano stati tutt’altro che facili. Mise a punto la teoria della
relatività tra il 1905 e il 1907, mentre lavorava come umile
perito nell’ufficio brevetti di Brema. I suoi studi al Politecnico di Zurigo era stati «senza infamia e senza lode».
E al momento della laurea, allorché il relatore gli impedì
di lavorare su un argomento a sua scelta, consegnò una
tesi «piuttosto scialba», abbassando a tal punto il suo
punteggio che non riuscì a procurarsi un posto come assistente in nessuna delle università presso cui aveva fatto
domanda. Dal conseguimento della laurea, nel 1900, a
quando finalmente ottenne l’impiego all’ufficio brevetti,
nel 1902, la sua carriera non fu che «una sequela di fallimenti». La tesi di dottorato che sottopose all’università
di Zurigo gli fu addirittura respinta.
Se riuscì a restare in carreggiata, fu per merito dell’amico matematico Marcel Grossmann che, pur essendo
dotato di un ingegno infinitamente minore del suo, era
seguire solo le sue ricerche, gli studenti non gli interessavano. Passò poi all’Università di Zurigo e fu lo stesso.
Finché nel 1911 riuscì a ottenere una cattedra «senza obblighi di insegnamento» all’università tedesca di Praga.
Proprio quello che cercava per potersi rimettere a studiare. Poi fu la Grande Guerra e — fortunatamente per la
scienza — il suo nome e le sue idee erano abbastanza note, sia pure in un ambito ristretto, sicché poté entrare in
rapporto con persone che, a dispetto delle divisioni provocate dal conflitto, restarono in proficuo contatto tra loro.
La guerra, come si sa, non finì in tutto e per tutto nel
1918, anzi si protrasse, sia pure in altre forme, per una
lunga parte del Novecento. Ma i «partigiani della relatività» rimasero uniti. In particolare un eclettico matematico e meteorologo sovietico, Aleksandr Fridman (che, a
differenza di Einstein, era stato volontario nella Prima
guerra mondiale), e un sacerdote cattolico belga, Georges Lemaitre (anche lui ex combattente), i quali ebbero
intuizioni in un certo senso superiori a quelle del maestro. Einstein e Lemaitre si trovarono nell’inverno del
1933 a trascorrere qualche tempo assieme a Pasadena
presso il campus del California Institute of Technology,
dove il sacerdote era stato invitato a tenere delle conferenze. I due passeggiavano per ore e ore, chiacchierando
animatamente sotto gli sguardi curiosi di professori e
studenti; il «Los Angeles Times» li descrisse con
«espressioni serie sui volti, a suggerire che stessero discutendo dello stato attuale delle faccende cosmiche».
In realtà parlavano anche di altre cose che stavano accadendo in quei primi mesi del 1933, a cominciare dall’ascesa al potere in Germania di Adolf Hitler. Il secolo
produceva di continuo ideologie destinate ad entrare in essendo apparso su uno sconosciuto giornale della Mariconflitto con questa leva di geniali scienziati. I rapporti na dell’Urss di stanza nell’Artico, «Flotta rossa», ebbe
di Einstein con il nazismo furono pessimi fin dall’inizio. una grande eco. Ma provocò reazioni impreviste e fino a
Le sue teorie furono fin dal 1933 bersaglio della Deutsche quel momento inimmaginabili. Vladimir Fok, discepolo
Physik, rappresentata da Philipp Lenard e dal primo di quel Fridman che era stato sodale di Einstein, replicò
«scopritore» di Einstein, il Nobel Johannes Stark, che con un testo dal titolo Contro la critica ignorante delle
parlavano della «fisica ebraica» come di
moderne teorie della fisica. Prima che fosse
qualcosa che stava «avvelenando la Germadato alle stampe, Fok, Lev Davidovic LanScienziati
nia» e andava immediatamente «sradicata
dau (il padre dell’atomica russa) e altri fisici
dal sistema». Così Einstein e, dopo di lui,
russi fecero appello alla leadership sovietiErwin Schroedinger e Max Born, assieme a
ca perché rivedesse il giudizio su Einstein e
molti altri, lasciarono la terra tedesca e gran
in una lettera privata indirizzata a Lavrentij
parte di loro si trasferì negli Stati Uniti, dove
Berija, braccio destro di Stalin nonché capo
alcuni avrebbero dato un apporto fondadel programma nucleare e termonucleare
L’astronomo inglese
mentale alla costruzione della bomba atoin Urss, lamentarono la «situazione anoArthur Eddington (nella
mica.
mala della fisica sovietica», citando l’articofoto qui sotto) volle
Da quel momento Einstein divenne un
lo di Maximov come esempio dell’aggressimantenere contatti con
signor nessuno per la cultura tedesca: il
va ignoranza che ostacolava il progresso
gli scienziati tedeschi,
principale manuale di fisica, Lehrbuch der
della scienza sovietica. Fok rivelò poi di aver
in primo luogo Albert
Physik, addirittura non menzionava nepottenuto l’appoggio di Berija per questo arEinstein, nonostante il
pure il suo nome. Ma, nonostante questa
ticolo contro Maximov (e probabilmente
clima isterico di
incredibile campagna di disconoscimento,
era vero), ma quest’ultimo riuscì a ottenere
nazionalismo che si era
Stark non riuscì a divenire il fisico di riferiche Fok e Landau rimanessero isolati almediffuso in Gran
mento della Germania hitleriana. Ad insino fino al 1954 quando, dopo la morte di
Bretagna durante la
diarlo per quel ruolo emerse Werner HeiStalin e la fucilazione di Berija, ottennero la
Grande guerra
senberg, uno dei padri della moderna teoriabilitazione (a distanza) di Einstein.
ria dei quanti. Heisenberg non era ebreo,
Nel frattempo Einstein, già dalla fine dema questo non fermò Stark, che scatenò
gli anni Trenta, era diventato buon amico di
anche contro di lui la macchina della deniun genio della matematica Kurt Gödel, che
grazione già sperimentata con Einstein: in
si era allontanato da Vienna riparando a
un articolo per l’organo ufficiale delle SS lo
Princeton dopo che i nazisti lo avevano
definì «ebreo bianco» e lo accusò di essersi
malmenato per il suo «aspetto da ebreo».
reso «responsabile del declino della scienLo aiutò a diventare cittadino americano,
za teutonica al pari di tutti gli altri che eraanche se la cerimonia rischiò di andare a
monte allorché Gödel scoprì tra le pagine
no stati cacciati». Ma Heisenberg godeva
della Costituzione statunitense quella che
della protezione di Heinrich
gli appariva come un’incongruenza logica
Himmler (del quale era stato
«che avrebbe potuto consentire al governo
compagno di scuola): il gedel Paese di degenerare in tirannia». E rirarca nazista riuscì a far infiutò di giurare su quel testo. Sono gli anni
terrompere la campagna di
in cui spunta l’astro di Robert OppenheiStark e a mettere Heisenmer (il padre dell’atomica statunitense),
berg a capo del programma
che non ha grande considerazione del clinucleare tedesco. Con granma di quel campus: «Princeton è una casa
de sgomento dei fisici scapdi pazzi», scrive al fratello, «i suoi luminari
pati dalla Germania, i quali
solipsisti risplendono in una desolazione
ben conoscevano le sue quasolitaria e senza speranza; Einstein è comlità assai superiori a quelle
pletamente rimbambito». Forse anche per
di Stark. Ciò che spinse gli
questo Einstein si opporrà nel 1947 alla sua
Stati Uniti ad accelerare i
nomina a direttore dell’Institute for Advanpiani per la costruzione dell’atomica.
Il fisico americano
ced Study, cercando di favorire il fisico auLa cosa più incredibile è che le teorie di
Robert Oppenheimer
striaco Wolfgang Pauli. Dopodiché i due
Einstein furono avversate anche, sul ver(nella foto qui sopra)
strinsero quello che l’autore definisce «un
sante opposto, in Unione Sovietica, dove
collaborò con Einstein
tenue legame di amicizia, cordiale ma non
Stalin aveva fissato nel 1938, con lo scritto Il
e fu tra gli artefici
intima».
materialismo dialettico e il materialismo
principali del
Negli anni successivi Einstein e Opstorico, le linee guida per la ricerca scientiprogramma nucleare
penheimer saranno comunque accomunafica nel suo Paese. Ad Einstein in Urss venidegli Stati Uniti. Dopo
ti dall’ostilità ai programmi nucleari ameriva rimproverato il fatto che la sua teoria
la guerra si rifiutò di
cani del secondo dopoguerra per la costru«generava un universo assurdo con un’orilavorare al progetto per
zione della bomba H. Ostilità che costerà il
gine ben definita, troppo simile al punto di
la costruzione della
posto a Oppenheimer, accusato di «grave
vista religioso» che il pensiero sovietico era
bomba all’idrogeno e
indifferenza per le esigenze di sicurezza del
tanto smanioso di «estirpare dalla società».
quindi, all’epoca del
sistema». Ed è questo loro atteggiamento
Non aiutava certo il fatto che uno dei prinmaccartismo, venne
che probabilmente è all’origine della tardicipali diffusori delle teorie di Einstein fosse
messo sotto accusa per
va riabilitazione sovietica di cui si è detto.
un sacerdote, il già menzionato Georges Lei suoi trascorsi giovanili
Einstein, al quale nel 1948 è stato diagnostimaitre, uno «straniero corrotto appartecomunisti. Einstein fu
cato un aneurisma all’aorta (morirà nel
nente a una società borghese decadente e
alla testa degli
1955), da quel momento viaggia di meno. In
agonizzante». A dire il vero, osserva Ferreiscienziati che presero
compenso scrive lettere. In una, al «New
ra, «in questo feroce rifiuto del pensiero
le sue difese
York Times», sostiene di riuscire a vedere
non sovietico, si dimenticava che l’ipotesi
nel contesto dell’epoca «solo la via rivoludell’universo in espansione in realtà era
stata avanzata per la prima volta da un brillante fisico zionaria della non collaborazione, nel senso di Gandhi».
Interessante approdo di un singolare itinerario politico
russo e sovietico, Aleksandr Fridman».
Nel 1952, Aleksandr Maximov, un influente storico culturale.
della scienza sovietico, pubblicò un articolo dal titolo
[email protected]
Contro l’einsteinismo reazionario nella fisica che, pur
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Inediti Sulla rivista «Critica Marxista», edita da Dedalo, una lettera inviata dal leader del Pci a Fausto Gullo poco dopo la morte del rivale democristiano
E Togliatti scrisse: in De Gasperi «qualcosa di torbido e ottuso»
di ANTONIO CARIOTI
A
cinquant’anni dalla scomparsa di Palmiro Togliatti (nella foto) e a sessanta
da quella di Alcide De Gasperi, morti
entrambi nella seconda metà di agosto (nel
1964 il primo, nel 1954 il secondo), la doppia
ricorrenza ha indotto qualcuno a chiedersi se
il leader comunista e quello democristiano
potessero essere «ricordati insieme». L’esponente cattolico del Partito democratico Giuseppe Fioroni ha inoltre proposto di dedicare
a De Gasperi la Festa dell’«Unità» organizzata
dal Pd, quasi in segno di riconciliazione postuma. Ma l’ipotesi non ha avuto seguito.
Meglio così, sembra di poter aggiungere
ora, considerando i giudizi veramente pesanti
e malevoli sul conto dello statista trentino
contenuti in una lettera inedita di Togliatti
che sta per essere pubblicata dalla rivista «Critica Marxista», diretta da Aldo Tortorella e Aldo Zanardo, nel numero che sarà in vendita
online da domani sul sito dell’editore Dedalo
Palmiro Togliatti (1893-1964)
durante un comizio a Roma nel
1961. In esilio sotto il fascismo,
dirigente dell’Internazionale comunista, Togliatti fu alla guida
del Pci per vent’anni, dal suo ritorno in Italia fino alla morte
di Bari (www.edizionidedalo.it) e uscirà in libreria verso la metà di questo mese.
Il documento viene dalle carte del comunista Fausto Gullo, ministro dell’Agricoltura e
poi della Giustizia nei governi di unità antifascista dal 1944 al 1947, il cui archivio privato è
depositato presso l’Istituto calabrese per la
storia dell’antifascismo e dell’Italia contemporanea. Togliatti gli scrisse da Champoluc, in
Val d’Aosta, dove si trovava in ferie, il 25 agosto
del 1954. Siamo all’indomani della morte di
De Gasperi, che si era spento in Trentino il 19
agosto. Togliatti aveva rilasciato una dichiarazione nella quale aveva sottolineato l’errore
compiuto a suo avviso dal leader democristiano nel rompere l’unità antifascista, ma non
era andato oltre. E Gullo gli aveva scritto per
manifestargli il suo apprezzamento.
Nella risposta al compagno calabrese però
Togliatti afferma di essersi un po’ pentito di
quelle parole troppo morbide: «Se avessi avuto aggio di correggere — scrive —, avrei calcato un po’ più la mano sui momenti negativi».
Ricorda «le dichiarazioni, volgari, vergognose, fatte da De Gasperi per la morte di Stalin» e
confessa che è rimasto in lui «il dubbio di avere usato un tono troppo amichevole e generico». Anche per questo il consenso di Gullo,
prosegue, gli ha dato «grande soddisfazione».
A questo punto però la lettera si fa particolarmente dura verso De Gasperi. In lui, dichiara Togliatti, «quello che mi ha sempre colpito
è che l’asprezza e talora la violenza dell’attacco
politico fossero legate non solo al sacrificio
del comune senso di umanità, ma soprattutto
al sacrificio dell’intelligenza, della luce intellettuale, vorrei dire». Le polemiche dello statista trentino, continua il segretario comunista,
«avevano sempre qualcosa di torbido e di ottuso», sembravano mosse «non da una passione grande, ma da una cattiva piccineria».
Togliatti aveva manifestato la sua volontà di
tenere le distanze da De Gasperi anche in una
lettera del 20 agosto 1954 al parlamentare comunista Edoardo D’Onofrio (ora riprodotta
nell’epistolario togliattiano La guerra di posi-
zione in Italia, edito mesi fa da Einaudi a cura
di Maria Luisa Righi e Gianluca Fiocco), nella
quale spiegava di non volersi recare ai funerali
del leader democristiano perché ciò gli sarebbe parso ipocrita.
Nella missiva a Gullo però si va oltre. E colpiscono anche le considerazioni finali sulla
religiosità di De Gasperi espresse qui da Togliatti, in pubblico sempre rispettoso verso la
fede cattolica professata anche da molti iscritti al suo partito. Il comportamento dello statista democristiano, scrive a Gullo, alimenta in
lui la «convinzione che sia la religione che
renda gli uomini cattivi, perché li spinge a
giudizi e condanne assoluti, privi di comprensione per la coscienza e la causa degli altri».
Poi Togliatti dà l’impressione di voler attenuare la gravità del giudizio: «Forse è la religione
nel modo che De Gasperi la intendeva». Per
quanto ateo, alla religione Togliatti era disposto a concedere qualcosa. A De Gasperi no.
@A_Carioti
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Martedì 2 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Martedì 2 Settembre 2014
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VALORI
Papa Francesco andrà a Redipuglia
La pace come risorsa europea
✒
Mille asili nido in mille giorni.
L’annuncio fatto ieri dal presidente
del Consiglio Matteo Renzi è di quelli che —
se alle parole seguiranno i fatti — meritano
un brindisi. Nel nostro Paese una donna su
tre lascia il lavoro dopo la maternità. Una
delle cause più vistose di questa patologia
tutta italiana è proprio la penuria di nidi.
Come non invidiare ai nostri vicini d’Oltralpe il meraviglioso sistema delle «crèches», i
nidi pubblici aperti 11 ore al giorno per 11
mesi all’anno? Da noi solo 12 bambini su 100
trovano posto all’asilo, con l’ulteriore aggravante di una odiosa disparità fra CentroNord e Sud (17,5 per cento contro un misero
3,6 per cento). E, guarda caso, le regioni più
virtuose nei servizi per la prima infanzia sono anche quelle in cui le donne lavorano di
più: in Emilia Romagna, Toscana e Lombardia la percentuale è uguale a quella delle
donne francesi (60 per cento), mentre la Calabria (dove solo 8 comuni su cento vantano
un nido e 2 bimbi su 100 lo frequentano) se
la batte con il Pakistan delle donne con il
burqa (30 per cento).
Il piano annunciato ieri da Renzi poggia
su una solida base di partenza: il disegno di
legge 1.260 in discussione al Senato che prevede una vera e propria riforma del sistema
educativo per la fascia d’età 0-6 anni e che,
tra i suoi obiettivi, ha anche quello di portare la copertura degli asili nido dal 18 al 33
per cento (che è l’obiettivo fissato dall’Europa per il 2020). «Sono molto felice di quest’annuncio — ha detto ieri al Corriere l’onorevole Francesca Puglisi (Pd), promotrice
del progetto —. Ora stiamo lavorando per
trovare le coperture finanziarie del disegno
di legge». Perché, naturalmente, lo scoglio
principale del progetto sono proprio i soldi.
E tuttavia, si tratta di soldi non negoziabili. Perché potenziare il sistema dei nidi non
significa fare un favore alle donne ma offrire
un servizio a tutta la comunità. Come diversi
studi dimostrano, i bambini che vanno all’asilo nido hanno maggiori probabilità di
successo anche nella loro carriera scolastica
successiva (si veda a questo proposito una
recente ricerca della Fondazione Agnelli che
mette in relazione la frequenza del nido con
i risultati nei test Invalsi di seconda e quinta
elementare). Se si vuole davvero combattere
la piaga della dispersione scolastica in Italia
(che colpisce il 17,6 per cento dei giovani fra
i 18 e i 24 anni, con punte del 25 per cento al
Sud), è dal nido che bisogna incominciare.
Orsola Riva
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LA SCELTA DEI MANAGER TELECOM
DA GIUDICARE NON COME SI FA NEL RISIKO
✒
La guerra non è che la prosecuzione della politica con altri mezzi, diceva Clausewitz. Ogni tanto, noi italiani
sembriamo pensare lo stesso dell’economia.
Sembriamo convinti, cioè, che essa debba
obbedire ad altre logiche, piuttosto che a
quella, arida e impersonale, del sistema dei
prezzi. Dev’esserci altro: una trama di relazioni e intrighi celati nell’ombra, apparentemente lontani dalle transazioni mercantili e che proprio per questo le spiegano.
Molto si è scritto della
«sconfitta» di Telecom, nella «lotta» per assicurarsi la
brasiliana Gvt, attualmente
di proprietà di Vivendi. Come molto s’era scritto, in anticipazione di una eventuale
«vittoria», su un pranzo al
largo della Sardegna e sul
panfilo del finanziere Bolloré, imbastendo
una narrazione intrigante, con l’eterno canovaccio «gli amici dei miei amici (in questo
caso, Mediobanca) sono miei amici».
Qualcuno avrà storto il naso, leggendo sul
Corriere l’intervista di Massimo Sideri a Giuseppe Recchi, dove questi spiegava che i cavalleggeri di Telecom non hanno fallito l’assalto. Semplicemente, erano disponibili a
pagare un certo prezzo, e non un altro. La
storia recente delle tlc è piena di matrimoni
finiti male, ricordava Recchi, e i matrimoni
finiti male possono rivelarsi tremendamente costosi. Non è che i manager non sbagliano: essendo esseri umani, sbagliano con la
stessa frequenza di ciascuno di noi. Ma non
ha senso valutarne le mosse come se stessero giocando a Risiko, e nella competizione
del mercato vincesse chi pianta la sua bandierina su più territori. Così, seguitiamo a
pensare che un’azienda che
compra un’altra sia «forte»,
mentre una che non lo fa è
«debole». Quando siamo
noi a fare spese, però, sappiamo benissimo che non
vale sempre la pena di acquistare un certo bene o un
certo servizio: e che il prezzo
non è un dettaglio irrilevante, affinché uno scambio avvenga oppure no.
I bravi amministratori cercano di fare l’interesse degli azionisti, coraggio e prudenza
per loro sono virtù complementari. I tifosi
vorrebbero vederli marciare sulla Kamchatka, al costo di rimetterci tutti i carrarmati. Il
tifo è meglio tenerlo lontano dalle board
room.
Alberto Mingardi
Direttore generale
Istituto Bruno Leoni
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L’ITALIA E IL RIPUDIO DELLA GUERRA
LA COSTITUZIONE CONTRO IL TERRORISMO
✒
L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle
controversie internazionali, dice l’articolo 11
della Costituzione. Non potrebbe che essere
così visto che il fascismo aveva praticato la
guerra coloniale. Ma la rapidità del cambiamento sta facendo compiere un passaggio
ulteriore. Lo stesso articolo 11 afferma che
l’Italia consente, in condizioni di parità con
gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità
«necessarie ad un ordinamento che assicuri
la pace e la giustizia fra le Nazioni». Dunque
la Repubblica limita la propria sovranità in
una materia delicatissima come l’intervento
armato fuori dei propri confini. Allora la locuzione «ripudia la guerra» porta un indirizzo politico che risponde ai problemi che
ci pongono le guerre diffuse ed il terrorismo. Perché l’Italia ripudia non tanto una
«propria» guerra, ingiusta perché lede la libertà di un altro popolo. Ma ripudia la guerra ingiusta, da chiunque promossa. L’aggressione compiuta da altri non è cosa di altri. Riguarda l’Italia, il cui ordinamento interno riposa su un assetto internazionale.
L’Italia compone organismi che governano
l’assetto internazionale. La sua partecipazione alle iniziative che difendono la libertà degli altri popoli è condizione della permanenza del suo modo di essere Stato. La realtà
internazionale non consente le furberie del
pacifismo immemore e cieco. Pretende che
la pace si difenda nella trama storica dentro
la quale l’aggressione si realizza.
È questo il significato della cessione di sovranità agli organismi internazionali. È la
presa d’atto della impossibilità di essere, insieme, egoisti ed altruisti. A seconda del
luogo nel quale i fatti si manifestano. Non
esistono difese insuperabili. Dai titoli tossici
come dal terrorismo, o dalle grandi epidemie, ogni errore si trasmette. Tocca alla politica scegliere il miglior modo, volta a volta,
di essere fedeli ai principi. L’Italia deve impedire che i poveri del mondo anneghino
nel Mediterraneo e rammentare ai partner
europei il dovere di intervento. Deve sostenere la difesa degli aggrediti dal terrorismo.
Perché questa difesa non è ripudiata dalla
Costituzione.
Giuseppe Maria Berruti
Presidente sezione di Cassazione
© RIPRODUZIONE RISERVATA
di ALBERTO MELLONI
C’
è una costellazione che Papa
Francesco sta disegnando sul
suolo di questo Paese e di questo
continente. Le sue visite sono
come puntini, unendo i quali
appare un disegno. A Lampedusa un punto
rosso sui povericristi annegati; a Cagliari e
Campobasso col dito nella piaga della disoccupazione.
Poi Cassano Ionico con l’apertura di un
conflitto coraggioso con la ’ndrangheta.
E Caserta, dove la visita ai pentecostali è
diventata un attacco alle ecomafie, di cui la
visita a Libera a Latina era stata preconio. Non
ci vuole molta fantasia per vedere che il
disegno che il Papa sta tracciando sul suolo
italiano ed europeo è molto preciso e molto
politico. Delegate al cardinal Ravasi le cortesie
verso i ricchi e i potenti, il Papa si tiene alla
larga dai politici e perfino dalle istituzioni
democratiche, guardate con quello sguardo
benevolo e rigido che si palesò nella visita al
Quirinale; e tiene alla larga una politica
affollatasi alla sua messa mattutina senza
calcolare il rischio a cui li esponeva il Vangelo
del giorno, «etsi reipublica non daretur»
(come se la Repubblica non ci fosse).
Un atteggiamento, quello del Papa, che fa
parte del complesso anti-italiano emerso nel
conclave di un anno e mezzo fa; che include
una purificazione interna, indispensabile ad
una Chiesa che, come ha detto Stefania
Giannini a Rimini, s’era abituata a negoziare e
pretendere, smarrendo così la sua
autorevolezza. Ma questa distanza comporta
anche un rischio: a breve non per il Papa, ma
da subito per l’Italia e per l’Europa, dove il
papato ha e avrà sede.
È infatti evidente che il Paese può beneficiare
della «indulgenza» (la chiamano così) che la
Cei riserva a quello che non si sa se sarà un
governo di legislatura, ma che sarà comunque
l’ultimo della legislatura. Ma questo non basta
al Paese e non basta all’Europa, alle prese col
tragico capitolo di una guerra fra cristiani
ortodossi e cattolici là dove correva il fronte
orientale cent’anni fa. L’Europa è nata grazie
all’utopia pacelliana di un mondo
neocarolingio; s’è nutrita del sogno di una
egemonia atlantico-democristiana di Papa
Montini; e ha preso forza con il sogno di
unificazione wojtyliano, sciupato nella
battaglia sulle radici cristiane da inserire nel
proemio della fallita costituzione europea. Poi
è arrivato l’euro-gelo teologico di Ratzinger,
appena riscaldato nel dialogo fra professori
con Mario Monti. E ora la posizione distante
CHIARA DATTOLA
IL RILANCIO DELLA NOSTRA SCUOLA
PUÒ COMINCIARE DAGLI ASILI NIDO
di Francesco: che liquidava una domanda del
direttore del Corriere sul tema Europa e che ha
preferito non essere in Europa quando questo
continente di cui è patriarca eleggeva il suo
Parlamento, restando alla sua agenda.
Un’agenda che il 13 settembre lo porterà a
Redipuglia, in un pellegrinaggio di preghiera
per i morti di tutte le guerre, nel centenario
della Grande Guerra e nel settantesimo del DDay. Questi anniversari, ai quali il semestre
italiano non ha dato né cornice né contenuto
europeo, sono rimasti lì, fra retoriche
salottiere della memoria ed equivoci
criptonazionalisti (coi trentini in divisa
austriaca morti in Galizia che l’Italia non
ricorda, e con i russi rimasti prigionieri a
Merano dopo la vittoria).
Quasi che gli europei fossero ignari che questa
scassatissima Europa — la Grande Assente sui
fronti di crisi, strangolata da ricette deflattive,
imbrigliata da una burocrazia tanto laica
quanto pigra, sdraiata su un Mediterraneo di
cui si accorge solo quando compra o vende
vagonate di bare — questa Europa è stata
strumento di pace. Non proprio «la» pace,
kantiana e universale, nemmeno quella
«nostra» pace che è un nome del Cristo: ma la
«piccola» pace, che dopo le carneficine di due
guerre mondiali, tre genocidi e diverse pulizie
etniche non ha più mandato al fronte i suoi
ragazzi, liberandoli da un destino durato più
generazioni, dalle guerre di religione in qua.
Su «questa» Europa il Papa pregherà davanti a
quello stuolo sconfinato di divise
insanguinate, di anime uccise e di ossa in
attesa dello Spirito che rende giustizia alla
dissipazione della vita del povero, portando
negli occhi e nel cuore tutti i morti, di quella
guerra, dell’altra, di questa terza guerra
mondiale in frammenti, e dei morti anonimi
delle repressioni, delle discriminazioni.
Il Papa non deve nulla a nessuno, se non il
Vangelo a tutti: ma lassù a Redipuglia potrà
dire se il contributo che il Cristianesimo tutto
ha dato a questa «piccola pace» che ci
permette di ricordare un fronte svanito
anziché riviverne le ferite come accade a
ucraini e russi, è da considerarsi un'eredità
del passato, o è ancora una risorsa su cui
questo continente può contare. Nella
speranza di mostrare alle terre che non hanno
siglato una Unione e che oggi sanguinano di
sangue umano, che si può vivere in una
piccola, santa pace: una pace di cui l’Italia, le
sue istituzioni, la sua Costituzione sono il
frutto e un esempio. Un esempio
sopravvissuto alla diseducazione, al malaffare
nel quale tanti uomini di chiesa si sono
distinti in passato, e che oggi da una chiesa
che si rinnova attenderebbe un gesto gratuito
e casto, nulla di più, nulla di meno.
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BILANCIO E LAVORO
Riforme economiche a passo di carica
di STEFANO MICOSSI
C
aro direttore, è chiaro a tutti che l’agenda del governo debba ora concentrarsi
sulla realizzazione dell’ambizioso programma di riforme economiche annunciato al momento della sua costituzione — si può sperare, con lo stesso passo di
carica adottato per le riforme costituzionali in
Senato. La partita si vince o si perde con la nuova Legge di stabilità (il bilancio 2015-2017) e il
Jobs Act. Su questo, la discussione in corso non
mi sembra sempre sufficientemente lucida.
In primo luogo, meglio prendere atto che
non vi sono margini nel bilancio pubblico per
un sostegno significativo della domanda; continuare a parlarne è una perdita di tempo. Va anche ricordato, però, che il bonus in busta di 80
euro, le misure già adottate per sbloccare i pagamenti arretrati delle amministrazioni pubbliche
e quelle in gestazione per sbloccare i cantieri,
spendendo quel che già è stato stanziato, implicano una spinta notevole all’economia, che certamente inizierà a manifestarsi con intensità
crescente a partire dall’autunno.
In secondo luogo, la discussione sulla Legge
di stabilità dovrebbe riferirsi ai dati reali: i tagli
di spesa programmati, o sperati, dalla spending
review — per ricordare, 17 miliardi entro il 2015,
34 miliardi a regime — sono già quasi interamente impegnati. Infatti, il governo eredita dai
predecessori circa 16 miliardi di aumenti di spese e riduzioni di entrata non coperti, ai quali occorre aggiungerne altri dieci per la copertura
permanente del bonus e, con ogni probabilità,
qualche altro miliardo per restituire la Robin
tax tremontiana sui petrolieri (che la Corte costituzionale si appresta a dichiarare contraria alla Costituzione). Quel poco che avanza, andrà
destinato al miglioramento del saldo strutturale
di bilancio. Dunque, da qui non può venire neanche un penny per abbattere il cuneo fiscale: la
spending review non libera risorse, serve solo
per evitare maggiori tasse per risorse già distribuite.
Le risorse per ridurre il cuneo fiscale nella
misura necessaria — due punti percentuali di
Pil, come recentemente suggerito anche sulle
colonne del Corriere —non possono allora che
venire da una riforma fiscale che sposti i carichi
d’imposta verso le imposte indirette, attraverso
la graduale convergenza (su un arco pluriennale) di tutte le aliquote dell’Iva verso l’aliquota ordinaria (22 per cento). Essa richiede, naturalmente, di compensare i nuclei famigliari meno
abbienti con trasferimenti diretti di reddito i
quali, trattandosi di persone che non compilano la dichiarazione dei redditi, possono essere
realizzati attraverso l’Inps. L’aumento dell’Iva
produrrà due ulteriori effetti benefici: farà salire
l’inflazione, pericolosamente vicina allo zero, e
migliorerà la competitività di prezzo dei nostri
prodotti sul mercato domestico (una specie di
svalutazione fiscale). Si tratta di una delle riforme che le istituzioni europee ci chiedono da
tempo; la Legge di stabilità è lo strumento giusto per realizzarla.
Poi viene il Jobs Act. Con le regole attuali, as-
sumere, gestire il rapporto di lavoro e licenziare
è troppo complicato; il precariato e i bassi tassi
di occupazione ne sono la diretta conseguenza.
Serve un contratto di lavoro nuovo, molto libero
a meno di poche garanzie fondamentali, nel
quale durata e principali condizioni siano fissate liberamente tra le parti. L’idea che la riforma
si risolva in una vacanza temporanea dalle regole attuali è stupida e autolesionistica. Inoltre, la
riforma sarebbe monca se non si accelerasse la
piena attuazione al meccanismo dell’Aspi, introdotto dal governo Monti, e non si iniziasse
fin d’ora ad utilizzare i contratti di ricollocamento per superare il barocco sistema della cassa integrazione straordinaria e in deroga e muovere
con decisione verso il nuovo sistema di flexi-security. Anche qui servono risorse, forse fino a
due punti percentuali di Pil: possono venire in
parte dallo smantellamento dei sostegni attuali
alla disoccupazione, in parte dai fondi strutturali, come da tempo va suggerendo anche Tito Boeri.
Ecco, questo è il carnet impegnativo, ma non
impossibile, con il quale il presidente del Consiglio potrebbe presentarsi in Europa quest’autunno: argomentando, allora sì con credibilità,
che di nuove manovre correttive non se ne parla,
né per il disavanzo né per il rientro dal debito,
fino a che l’economia non avrà ripreso a crescere.
Direttore Assonime, Associazione
fra le società italiane per azioni
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Corriere della Sera Martedì 2 Settembre 2014
35
italia: 51575551575557
Lettere al Corriere
LA CHIESA E LA CINA POPOLARE
SCISMA O FURTO DI MARCHIO?
Risponde
Sergio Romano
Papa Francesco tende la
mano al regime di Pechino e
gli offre tutto il suo sostegno,
e così nega la storia e la
verità degli eventi attuali. Il
Pontefìce afferma che i
cristiani non sono
conquistatori, e finge di non
vedere l’occupazione militare
del Tibet, gli scontri violenti
fra i cinesi e i Paesi vicini
come Vietnam, Filippine e
Giappone. I veri
conquistatori sono i cinesi,
ed è superfluo assecondare
questa mania espansionista.
Piuttosto bisognerebbe
sostenere i Paesi asiatici
aggrediti, ma Papa
Francesco ha deciso di
schierarsi dalla parte della
Cina. La politica
antioccidentale di questo
Papa sta raggiungendo dei
risultati aberranti.
Cristiano Martorella
[email protected]
Caro Martorella,
hi cerca di avere rapporti ufficiali con la Cina
non è tenuto ad approvare la sua politica estera.
Credo che anche i laici e gli
agnostici debbano cercare di
comprendere le ragioni che
hanno spinto papa Francesco
e i suoi predecessori a ricercare il dialogo con Pechino.
Nella Repubblica popolare
esistono ufficialmente 4 milioni di cattolici. Sono quelli
iscritti all’Associazione patriottica dei cattolici cinesi,
una istituzione creata all’epoca di Mao che è, in sostanza,
una Chiesa di Stato, gestita
dal governo e interamente
soggetta alle sue direttive. Ma
accanto a questi «cattolici del
regime» esiste anche un numero imprecisato (8 milioni
secondo una stima prudente,
14 secondo una stima più generosa) di cattolici clandesti-
C
MINISTRO DEGLI ESTERI UE
trovato che la storia si sta
riproponendo come allora:
infatti ci sono tante analogie
con il mondo attuale politico,
sociale ed economico. Vorrei
proporre il libro ad alcuni
parlamentari che cercano solo
di sfruttare lo scontento. E
ricordiamoci che in Europa
non c’è guerra da 60 anni:
questo deve essere il
principale impegno.
Federica Mogherini
Caro Romano, non male la
vignetta di Giannelli di
qualche giorno fa nella quale
si commentava ironicamente
la proposta Mogherini e si
diceva: «Per governare la
politica estera Ue basta anche
una novella». Con la nomina
ora avallata abbiamo la
dimostrazione di quale livello
internazionale si basa la
politica Ue. Siamo di fronte a
una funzionaria interna Pd
senza esperienza
internazionale.
Gli annunci non bastano
In una recente intervista, il
ministro Padoan ha sostenuto
che sono necessari due anni
tutti i fedeli cinesi, soprattutto di quelli recentemente convertiti e battezzati.
Conosciamo le ragioni della Cina. Con motivazioni ancora più nazionalistiche che
ideologiche, la Repubblica
popolare non tollera che i
suoi cittadini abbiano una
doppia lealtà. È una posizione
rafforzata dall’immagine statuale che la Chiesa romana
proietta di sé nel mondo. Agli
occhi di chi non crede nel
principio della discendenza
apostolica, la Santa Sede è
soltanto una monarchia elettiva, retta da un sovrano che
viene scelto da un collegio di
grandi elettori dopo la scomparsa o le dimissioni del suo
predecessore. Paradossalmente questa linea sarebbe
più coerente e meno attaccabile se il regime avesse proibito il culto e l’apostolato. Ma
il regime ha preferito creare la
propria Chiesa e servirsene
per i propri fini. Non è sorprendente che questo appaia
agli occhi della Santa Sede
una intollerabile appropriazione indebita. Qualcuno ha
osservato che vi sono stati,
nella storia della Chiesa romana, altri scismi (quello di
Enrico VIII re d’Inghilterra,
per esempio) con cui Roma,
dopo averli combattuti, ha
dovuto convivere. Ma hanno
avuto luogo all’interno della
grande famiglia dei popoli
cristiani. In questo caso invece il marchio «cattolico» è
usato da un regime che resta,
nonostante la sua evoluzione,
ateo e materialista. Che la
Chiesa cerchi di mettere fine a
questo stato di cose dovrebbe
sembrare perfettamente
comprensibile anche a chi
non approva la sua posizione
in altri campi.
vita degli italiani e delle loro
imprese. Servono invece
singoli e precisi interventi
defiscalizzanti, sull’esempio
del bonus per le
ristrutturazioni!
i bordi delle strade. Oggi
nessuno si cura di tenere in
ordine o di pulire.
Matteo M. Martinoli, Milano
Erbacce di due metri
Vorrei segnalare lo stato poco
decoroso di tutte le strade
italiane: le banchine sono
letteralmente invase da
erbacce alte fino a due metri.
In questo modo si dà ai turisti
l’idea di un’Italia assai poco
civile. Era tutt’altra cosa
quando c’erano gli «stradini»
che con i loro falcetti rasavano
CON LA SEMPLIFICAZIONE
Diminuire le tasse
Il «cantiere» della
semplificazione e delle
relative grandi riforme ha
secolarmente edificato, con
effimere eccezioni, sempre
maggiori complicazioni per la
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Angelina Pagetti
Vigevano (Pv)
ESTATE PIOVOSA
Incendi diminuiti
AI BORDI DELLE STRADE
Tina Taormina, Catania
RIFORME
Piero Crosta
[email protected]
ni che sono, per usare una definizione ecclesiastica, in comunione con Roma.
Nel Paese esistono quindi
due gerarchie: i vescovi nominati da Roma e quelli nominati dal governo, come il
vescovo di Harbin, nella provincia settentrionale di Heilogjiang, ordinato il 6 luglio
2012 da cinque colleghi che
erano stati fino ad allora «in
comunione con Roma» (ne
ha scritto a suo tempo Sandro
M a g i s te r i n w w w. c h i esa,espressoonline.it). La
Chiesa reagisce generalmente
con la scomunica, ma questa
apparente conflittualità intercattolica crea confusione e
turbamento negli animi di
per vedere gli effetti delle
riforme. Se il governo si limita
ad annunciarle anziché
vararle, ci vorranno molto più
di due anni.
Ornella Belluschi
[email protected]
Prima della nomina era giusto discutere della sua utilità.
Oggi sarebbe assurdo e poco
elegante non esserne lieti.
Le lettere, firmate con nome, cognome e città, vanno inviate a:
«Lettere al Corriere» Corriere della Sera
via Solferino, 28 20121 Milano - Fax al numero: 02-62.82.75.79
Non tutti i mali vengono per
nuocere per le continue
piogge! Questa non sembra al
momento essere stata
un’estate calda e soleggiata
come le precedenti; di contro
finalmente non assistiamo al
solito scempio del nostro
territorio dovuto ai piromani.
Carlo Ferrazza
[email protected]
TERMINI STRANIERI
La tua opinione su
sonar.corriere.it
LIBRO DA CONSIGLIARE
«Il mondo di ieri»
Balotelli escluso da
Conte nelle prime
convocazioni per l’Italia.
Giusta la decisione del
c.t.?
Rammentavo che Stefan
Zweig nel suo Il mondo di ieri
parlava molto di Europa. L’ho
riletto questa estate e ho
Jobs Act
SUL WEB Risposte alle 19 di ieri
La domanda
di oggi
Sì
Matteo Renzi: basta
criticare la Germania,
va seguita sulle
politiche del lavoro.
Ha ragione?
91
No
9
Ricompare il «Jobs Act»! Ma
c’è proprio bisogno di
scimmiottare gli americani? A
che scopo? Non si può parlare
di «decreto lavoro» o «legge
lavoro»? Sembra meno
importante?
Gianni de Gennaro, Roma
@
E-mail: [email protected]
oppure: www.corriere.it
oppure: [email protected]
Il piccolo fratello
di Paolo Di Stefano
Risposte intelligenti
per domande stupide
M
a cosa vogliono questi scrittori? Non sono ancora
cominciati i festival e già si lamentano preventivamente delle domande del pubblico, per lo più ritenute stupide. Di ritorno da una tournée francese,
Tim Parks sul Sole 24 Ore ha raccolto lo scontento
di diversi autori (Frédéric Verger, Louis Philippe Dalembert...)
sulla stoltezza delle curiosità del pubblico. Lui stesso afferma di
non poterne più di domande tipo: «Pensa che il suo trasferimento in Italia abbia modificato il suo modo di pensare e di scrivere?».
Oppure: «Sua moglie legge i suoi libri e, se sì, che ne pensa?».
E lo scrittore francese Pierre Lemaitre, premio Goncourt dell’anno scorso, dice sulla Lettura che non vuole più sentir parlare
di ispirazione. Tutti a chiedergli che cos’è l’ispirazione... «C’è una
cosa che il mio lavoro di scrittore mi ha insegnato: parlare di tutto
ma non del mio mestiere di scrittore». Di solito — sostiene Lemaitre — il lettore si aspetta risposte elevate e commosse, svagate
e molto assorte, ha una certa idea dello scrittore e desidera solo
che quella immagine venga confermata nell’incontro vis-à-vis.
Per esempio: il luogo di lavoro. Se un autore risponde che può lavorare ovunque, in cucina, all’aeroporto in attesa del check in, in
albergo, al bar eccetera, finisce per deludere il suo lettore, che si è
prefigurato un luogo sacro, un antro, un tavolo deputato, una sedia insostituibile, una luce ideale, una particolare atmosfera...
Per consolarsi dell’incomprensione cui sono condannati dalla
stupidità universale, Lemaitre,
Parks e i suoi amici francesi doGli scrittori che si vrebbero leggere le interviste a
William Faulkner (appena pubblilamentano dei
cate dalla Medusa): in un arco di
quesiti ripetitivi tempo più che trentennale, le do(dei giornalisti) non camprendano esempio mande
biano mai e restano sempre di
una stupidità impareggiabile.
da Faulkner
Prendete queste tre o quattro: 1.
Qual è l’ambiente migliore per
scrivere? 2. Qual è la ricetta per essere un bravo romanziere? 3.
Che cosa pensa degli scrittori suoi contemporanei? Infine, immancabile, la domanda chiave: 4. Come le vengono le idee? Come
prendono forma i suoi romanzi?
Risposte: 1. Gestire un bordello è l’ideale per un artista, perché
«il posto è tranquillo nelle ore del mattino, che sono i momenti
migliori per lavorare, e c’è abbastanza vita sociale la sera per non
annoiarsi». 2. Ingredienti: 99% talento, 99% disciplina, 99% lavoro.
3. Abbiamo fallito tutti nel nostro sogno di perfezione: e se qualcuno ce la facesse, non gli resterebbe che tagliarsi la gola. 4. C’è
sempre un momento nell’esperienza, un pensiero, un avvenimento... Lavoro su quel momento. Non so che cosa sia l’ispirazione. Penso che la gente cerchi nel mio lavoro più di quello che ci ho
messo.
Da tutto ciò si deduce che le domande agli scrittori, da che
mondo è mondo, sono sempre le stesse. Gli scrittori che si apprestano a prendere in mano il microfono al Festival di Mantova sappiano che il più delle volte la vera stupidità, purtroppo, sta nelle
risposte. E che non ci sono domande abbastanza stupide da impedire risposte intelligenti.
❜❜
Interventi & Repliche
Gli esposti contro Magdi Allam
Ho letto sul Corriere del 29 agosto
l’articolo di Pierluigi Battista su Magdi
Allam e vorrei precisare che quando
l’esposto arrivò all’Ordine del Lazio (di
cui io ero ancora presidente) ne
discutemmo in consiglio ed
archiviammo il caso. Un secondo
esposto è arrivato non più a noi, ma al
consiglio nazionale, presidente Enzo
Iacopino. Sono loro che hanno ritenuto
opportuno aprire un procedimento
disciplinare, perché noi eravamo di
avviso nettamente contrario.
Bruno Tucci, Roma
Uscire dalla crisi: ecco il sistema
Il 27 novembre 2011 il Corriere ha
pubblicato una mia nota in cui
sostenevo che sarebbe stato necessarie
© RIPRODUZIONE RISERVATA
seguire la strada americana del
quantitative easing per non rimanere
intrappolati in una lunga e penosa crisi.
Purtroppo non si è fatto e i risultati sono
qui da vedere. Troppi italiani soffrono, e
tanto, e la situazione diventa
insostenibile e inaccettabile dal punto di
vista dell’equità sociale. Il giovane,
vigoroso e sorprendente governo Renzi
ha iniziato un grande e ambizioso
percorso di riforme strutturali per
allineare il nostro Paese ai livelli più
avanzati d’Europa, ed è quello che ci
vuole e anche quello che l’Europa ci
chiede . Ma per portare a termine queste
riforme ci vuole tanto tempo e credo che
sia nostro dovere trovare un modo
rapido per alleviare le sofferenze e
accelerare una ripresa che aumenti i
posti di lavoro e rinnovi la speranza e la
voglia di investire. Vedo per questo una
sola via molto rapida ed è quello che
proponevo tre anni fa: seguire la strada
degli Usa e ora anche del Giappone , cioè
aumentare la base monetaria in Europa
per favorire gli investimenti e ridurre in
modo consistente il valore eccessivo
dell’euro che limita la nostra capacità di
esportare e di aumentare i posti di
lavoro. Con buona pace della signora
Merkel così come Kohl disse «eine mark
ist eine mark», e cioè tutti i tedeschi
sono uguali tra loro, così ora bisogna
dire che tutti gli europei sono uguali tra
loro! Capisco che il nostro debito
pubblico è così alto da spaventare i
Paesi virtuosi e far loro temere che una
eventuale ripresa economica ci faccia
dimenticare i compiti a casa! Ma una
soluzione mi sembra che ci sia, e anche
molto interessante e che può riservare
inaspettate sorprese: diamo in garanzia
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ai Paesi virtuosi una parte dei nostri siti
storici e artistici. Hai visto mai che
Pompei gestita dai tedeschi non solo
viene ristrutturata ma si mette anche a
rendere un sacco di soldi!
Nidasio
Giuseppe Rasero, [email protected]
Merci straniere e prezzi italiani
Leggendo la lettera di ieri «Ripresa
possibile» mi sorgono molti dubbi. In un
centro commerciale ho comprato una
cintura made in Cina, dei boxer made in
India e un paio di scarpe made in
Vietnam. Gli acquisti sono stati pagati a
prezzo pieno come se fossero stati
fabbricati in Italia. Se si fabbrica tutto
all’estero quando lavoreremo noi
Italiani?
Ferdinando Meazza
[email protected]
EDIZIONI TELETRASMESSE: RCS Produzioni Milano S.p.A. 20060 Pessano con Bornago
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na + Cor. Como € 1,20 + € 0,50 + € 0,20. In Campania, Puglia, Matera e prov., non acquistabili separati: lun. Corsera + CorrierEconomia del CorMez. € 0,93 + € 0,47; m/m/g/d
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La tiratura di lunedì 1 settembre è stata di 430.481 copie
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36
italia: 51575551575557
Martedì 2 Settembre 2014 Corriere della Sera
Spettacoli
Il giovane favoloso
Dieci minuti di applausi
al film di Martone che
sa evitare il rischio di
schematismi scolastici
Autografi Elio Germano (33 anni) mentre firma gli autografi ai fan
Leopardi
il ribelle
di PAOLO MEREGHETTI
F
are un film su Giacomo Leopardi è come camminare su
un crinale friabile e scivoloso. A ogni passo si rischia di
cadere nello schematismo, nell’enfasi gratuita o, peggio, in una logica
voyeuristica da «buco della serratura». Mentre sulla testa incombe la
slavina del nozionismo scolastico,
con i suoi luoghi comuni. Diciamo
subito che, con Il giovane favoloso
— accolto in sala da dieci minuti di
applausi —, Martone ha saputo evitare tutte queste trappole per restituirci un Leopardi veritiero (i dialoghi citano spessissimo le lettere
scritte e ricevute) e insieme capace
di andare al
c u o re d e l l a
Da Recanati sua riflessione poetica e
filosofica
mentre il film
segue un suo
percorso interiore di liberazione dalle
«catene» della famiglia e
dalle convenGiacomo
zioni della soLeopardi (1798 cietà per riap1837) nato a
propriarsi
Recanati. La casa
della propria
del poeta
vita e di un riè stata uno dei
generante leset del film. Al
game con la
Lido sono arrivati
natura.
i discendenti: il
La prima
conte Vanni
parte del film
e la figlia Olimpia
ricostruisce
l’educazione
familiare, sotto la guida severa del
padre Monaldo (Massimo Popolizio), a Recanati, dove Giacomo (Elio
Germano) passò «sette anni di studio matto e disperatissimo» insieme al fratello Carlo (Edoardo Natoli)
e alla sorella Paolina (Isabella Ragonese): la biblioteca paterna ricca di
diecimila volumi, che a volte assomiglia a una prigione; l’inizio delle
malattie ossee che gli deformeranno l’aspetto; i primi riconoscimenti
letterari, come filologo e come poeta, soprattutto da parte dello scrittore di idee liberali Pietro Giordani
(Valerio Binasco); i vani tentativi di
lasciare la casa paterna, nonostante
l’intercessione dello zio Antici (Paolo Graziosi); le prime, celeberrime
poesie («La sera del dì di festa»,
«L’infinito»).
Dieci anni dopo, nel 1830, lo troviamo a Firenze, legato all’amico
Fuga del poeta dai genitori oppressivi:
Germano in un’intensa prova d’attore
Antonio Ranieri (Michele Riondino), apprezzato nei salotti mondani
ma guardato con sospetto da quell’intellighenzia che lo vorrebbe più
partigiano per le idee liberali e meno malinconico e pessimista. Vive
l’ennesima delusione d’amore per la
nobildonna Fanny Targioni Tozzetti
(Anna Mouglalis) e poi si trasferisce
nella città natale di Ranieri, Napoli.
Qui, dal 1833, accudito dalla sorella
di Ranieri, Paolina (Federica De Co-
Il giovane favoloso
di Mario Martone
Il film narra la solitudine e le
passioni di Giacomo Leopardi
da evitare interessante
da non perdere
capolavoro
Il programma
Oggi è la giornata di Salvatores e Ferrario
Con la moglie sceneggiatrice
Mario Martone e Ippolita di Majo
L’attesa è per il film di Gabriele Salvatores, Italy in a day. Ma sono diversi
gli appuntamenti fuori dalla competizione su cui i riflettori sono puntati
oggi, come il corto del 105enne Manoel De Oliveira, O Velho do restelo e il
documentario di Davide Ferrario, La zuppa del demonio. Thelma
Schoonmaker riceverà il Leone alla carriera. In gara, lo svedese En duva satt
pa en gren och funderade pa tillvaron di Andersson e Nobi di Tsukamoto.
la), vivrà gli ultimi anni della sua vita, i più liberi e «spensierati» nonostante l’aggravarsi della scoliosi: a
contatto con il popolo minuto, rinfrancato dal sole mediterraneo, affascinato dalle antichità romane e
dalla forza della natura, capace di
darci un ultimo capolavoro come
«La ginestra».
Tutta questa materia è raccontata
da Martone, che firma la sceneggiatura con Ippolita di Majo, in sottotono, senza voler sottolineare nessun
episodio o significato in particolare,
ma disegnando l’animo irrequieto
di un giovane alle prese con le «gabbie» da cui vuole fuggire. Unica vera
libertà il dissonante accompagnamento musicale di Sascha Ring, oltre all’episodio inventato dell’incontro col femminiello nel bordello
«felliniano» di Napoli.
Per il resto, la ribellione di Leopardi è fatta di piccoli passi, di un
appunto lasciato alle pagine dello
Zibaldone, di uno sguardo dalla finestra (verso quella vita che sembra
sfuggirgli), di una poesia che fa risuonare la sua sensibilità, accennando a molti accadimenti biografici (chi volesse ritrovarli può leggerne con profitto la vita e le lettere curate da Nico Naldini per Garzanti). E
se qualche volta la messa in scena
sceglie di mettere l’accento su un
elemento, lo fa attraverso la straordinaria fotografia di Renato Berta,
capace di sottolineare con la luce i
chiaroscuri di un’anima o l’emozione di un paesaggio.
Allo stesso modo la recitazione
del cast sceglie un verismo mai troppo sottolineato, a volte giustamente
ieratico (Graziosi, Popolizio, la madre affidata a Raffaella Giordano),
altre volte più mimetico (Mouglalis,
Riondino e tutti gli altri) su cui spicca la prova di Elio Germano, alle prese con un personaggio le cui poesie
e le cui deformazione rischiavano di
innescare il pilota automatico delle
reminiscenze scolastiche, e che invece mostra sullo schermo una misura invidiabile, mai troppo enfatica
nella dizione né troppo marcata nell’incedere, capace anche attraverso i
toni della voce e le pose delle azioni
di restituirci un po’ di verità.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
La coppia Omaggio all’attrice americana, al Lido con il marito Joel. È la protagonista di «Olive Kitteridge», miniserie in arrivo su Sky
Il mondo al femminile di Frances piace anche a mister Coen
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
VENEZIA — «Per una volta ho capito
come deve sentirsi una donna sui set
dove i protagonisti sono sempre gli uomini». Richard Jenkins, marito di Frances McDormand in «Olive Kitteridge»,
la miniserie in quattro puntate targata
Hbo, passata fuori concorso ieri alla
Mostra come omaggio alla grande attrice (premiata con Persol Tribute to Visionary Talent Award), ha trovato il modo per sintetizzare la natura di un’opera
frutto di diversi talenti femminili. L’autrice della raccolta di racconti da cui è
tratta è Elizabeth Strout, premio Pulitzer, pubblicato in Italia da Fazi.
La McDormand che non solo presta
volto e anima a Olive, la donna che per
25 anni tiene le fila delle vicende della
piccola cittadina del New England, ma
è stata la vera artefice di tutta l’operazione. Nel 2009 ha comprato i diritti del li-
bro, quindi ha chiamato la sceneggiatrice Jane Anderson e la regista Lisa
Cholodenko, ha proposto il progetto all’Hbo. Lungo la strada ha coinvolto anche Tom Hanks nella produzione. Cinque anni dopo «Olive Kitteridge» è uno
dei titoli di punta della nuova stagione
Hbo (negli Usa si vedrà a novembre, da
noi in esclusiva su Sky Cinema in gennaio), viene lanciato, fuori concorso, alla Mostra del cinema di Venezia. «È un
grande orgoglio», ammette lei.
Non diversamente da Jenkins doveva
sentirsi ieri sul red carpet il marito Joel
Coen, che da giorni si mantiene defilato
per non rubare la scena accanto a lei
raggiante: abito nero e cerchietto low
profile e gioioso ramo di corallo a far da
pendant al sorriso da orecchio a orecchio. «Sono felice sì, è stata una grande
impresa. Sono una lettrice appassionata, mi sono innamorata subito di Olive
Kitteridge. L’ho regalato a tutti e
Sposati
dal 1984
Frances
McDormand
(57 anni) con il
marito e regista
Joel Coen (59):
si sono sposati
nel 1984 e
hanno un figlio
adottivo
un’amica mi ha chiamato dopo averlo
letto: tu vuoi essere quella donna. Aveva
ragione», racconta l’attrice, volto di culto del cinema indipendente, Oscar per
Fargo, e richiesta da registi come Alan
Parker, Ken Loach, Robert Altman, Wes
Anderson, Sam Raimi, Gus Van Sant, il
nostro Sorrentino.
«Ho 57 anni, ho avuto una carriera
fortunata, costellata di bellissimi ruoli
ma sempre secondari rispetto ai protagonisti uomini. Questo è come un nuovo debutto, come se mi fossi preparata
tutta la vita per diventare Olive. Con l’età
guadagni il diritto di essere chi vuoi».
Una donna che non fa sconti a se
stessa né a chi le sta intorno, il marito, il
tenerissimo Henry (Jenkins appunto) il
figlio Christopher (John Gallagher). Il
suo potenziale amante (Peter Mullan) e
l’uomo con cui forse troverà pace (Bill
Murray). Su tutti si riflette il riverbero
dell’amore per il padre, spezzato dal
colpo di fucile con cui si uccise quando
era ragazza.
«Olive è un genere di donna che raramente viene raccontata: non piange,
non si lascia sopraffare dalle emozioni,
a volte con il rischio di crollare. È un
film sul matrimonio, su come sopravvivere alla depressione, su come decidere
di vivere». A proposito di scelte, ogni
volta che Joel e il cognato Ethan fanno
un nuovo film lei spera in un ruolo.
«Ma non ne parliamo mai a casa. Ho un
mio rappresentate che va a trattare per
me».
Stefania Ulivi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Martedì 2 Settembre 2014
Pensieri
Elio Germano
(33 anni)
è Leopardi nel film
diretto da Martone
Spettacoli 37
italia: 51575551575557
Realtà e finzione Il rapporto affettivo con la sorella, il padre possessivo, la madre indifferente
Riconoscimento
Premio Bresson
a Verdone:
giorno speciale
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
La donna amata
Il severo Monaldo
Paolina Leopardi
Il fratello Carlo
Lo scrittore Giordani
Anna Mouglalis (36 anni) inter- Massimo Popolizio (53 anni) è Isabella Ragonese (33) è l’unica Edoardo Natoli (31) è l’ado- Stimò e incoraggiò Leopardi: lo
preta Fanny Targioni Tozzetti il padre di Giacomo Leopardi femmina dei 10 figli di Monaldo rato fratello «Carluccio»
interpreta Valerio Binasco
«Il bel Ranieri, un amico fedele
alter ego dell’infelice Giacomo»
Il regista e i suoi personaggi. «Fanny, libera e spregiudicata»
«Tsili» in yiddish
Gitai: la Shoah
vista con gli occhi
di una bambina
VENEZIA — Tsili è il titolo del film che
ieri Amos Gitai, regista, architetto, scrittore israeliano ha presentato alla Mostra.
Tsili è il nome della bambina che, lasciata indietro dalla famiglia in fuga dalle
persecuzioni naziste, si rifugia in un
bosco e, con l’istinto dell’animale braccato, sopravvive nutrendosi di quel che
trova, acqua, frutta, erbe. La natura diventa il suo nido, la nasconde e la protegge. Uscirà di lì solo a fine guerra. Salva,
innocente, ignara di tutti gli orrori che
fuori di lì sono accaduti. «Una sorta di
ragazza selvaggia, come nel film di Truffaut», la definisce Gitai che qui firma il
suo film forse più poetico ed evocativo,
tutto girato in yiddish, dove gli echi del
dolore e della violenza del mondo, gli
spari, le bombe, arrivano da lontano,
attutiti dal fruscio del vento. Tratta dal
romanzo di Aharon Appelfeld (pubblicato da Guanda), la
vicenda di Tsili
ricalca quella
vissuta dello
scrittore da bambino. «A 9 anni
vide uccidere sua
madre dai nazisti
e lui riuscì a salvarsi in una foreGitai e le sue attrici sta. Mi piace Appelfeld. Sa parlare
della Shoah senza strumentalizzarla.
L’Olocausto sta diventando un’arma politica usata di volta in volta da Israele e dai
suoi oppositori». L’estate trascorsa è
stata pesante. «Spesso non riuscivo a
dormire al pensiero di quello che stava
succedendo. Ai bambini uccisi da una
parte e dall’altra. È un momento molto
triste per il Medio Oriente. Sono sicuro
che ci sarà la pace. Ma quanti morti dovranno esserci ancora prima di raggiungerla?». Nel film si parla dell’odio diffuso
su Israele prima della Shoah. Odio che
sta tornando. «Il rischio maggiore per il
mio Paese non sono i razzi di Hamas ma
che prevalgano le voci razziste. Israele è
nato come Stato aperto a tutti e tale deve
rimanere. In primis con i vicini palestinesi. Bisogna marciare in quella direzione.
Credo nella forza delle idee. Possono
smuovere il mondo più del denaro e
delle armi».
G. Ma.
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VENEZIA — È stato il Mozart della
poesia. «Le affinità sono tante. Familiari, caratteriali, di destino»,
conferma Mario Martone, innamorato di Leopardi al punto di confrontarsi con lui in teatro e al cinema. In scena con le Operette morali,
sullo schermo con Il giovane favoloso. «Amadeus e Giacomo. Geni ribelli. Talenti precocissimi alimentati da padri autoritari, adorati dalle
sorelle. Entrambi inadatti alla vita,
scomparsi prima dei 40 anni, Amadeus a 35, Giacomo a 39. Morti di
morbi oscuri come oscura è la loro
sepoltura. Fossa comune per Mozart
e forse anche per Leopardi. La tomba ufficiale è a Posillipo, ma l’identità dei resti non è certa».
Giovani irrequieti e ardenti. Giovani contro. Un Leopardi capovolto,
come nel manifesto del film. Magari
con il pugno alzato, come Elio Germano al Lido. «Fu un rivoluzionario
— sostiene l’attore —. Uno che dice:
“Nella mia vita mai chinerò la testa
verso persona alcuna” è un vivido
esempio per tempi rassegnati come
i nostri».
Audace e anticonformista anche
nel privato. «Il suo legame con Antonio Ranieri, patriota napoletano,
era certo fuori da ogni convenzione
del tempo — assicura il regista —.
Per sette anni Giacomo ha vissuto
con quell’uomo più giovane infischiandosene delle maldicenze». Si
dice di un rapporto omosessuale.
«Mi sono imposto di stare alle carte
— frena Martone — di non forzare
nulla e lasciare margini al mistero e
all’immaginazione. Di certo Ranieri
è stato l’alter ego di Giacomo. Tra loro fu amicizia affettuosissima».
«Leopardi è morto casto, scrive
nelle sue memorie Ranieri, forse
per sventare ogni sospetto — interviene Michele Riondino che gli presta il fisico aitante —. In realtà credo
che a unirli sia stata proprio la loro
diversità. Uno bello e sano, l’altro
debole e sgraziato, Leopardi nato tra
i libri, Antonio in una famiglia ricca
Non solo cinema
ma povera di cultura. Due persone
complementari. Hanno diviso tutto,
anche il corpo di una donna».
La bella e spregiudicata Fanny
Targioni Tozzetti, celebrata da Leopardi come Aspasia. «Una donna libera e stravagante», la definisce Anna Mouglalis che le presta il fascino
bruno. «Un amour à trois che li unì
anche di più — aggiunge Martone
—. Ben sapendo di non avere chanches, Giacomo spinse Ranieri nelle
braccia di Fanny e, come Cyrano, la
amò per interposta persona».
Un corpo d’amore. Forse l’unico
possibile per Giacomo. L’altro che si
vede nel film, di un femminiello che
gli si offre nel lupanare dove lo spinge Ranieri, fa fuggire il poeta a
Sullo
schermo
Michele Riondino (35 anni)
interpreta
Antonio Ranieri nel film
di Martone
Patriota
Napoletano
Antonio Ranieri (1806
– 1888), patriota e
scrittore, ospitò a lungo
Leopardi nella propria
casa a Napoli. A sue
spese fece pubblicare
le opere del poeta
gambe levate. «L’educazione familiare è stata una gabbia terribile per
lui — ricorda Martone autore con
Ippolita Di Majo della sceneggiatura
pubblicata da Electa —. La madre
Adelaide era tremenda. Anaffettiva,
rigida, bigotta». Fin grata a Dio per
la deformità del figlio.
E Monaldo? «Un padre enorme,
legato a Giacomo da amore, gelosia
e possesso. Orgoglioso di quel suo
primogenito così dotato, si dedicò a
lui mettendogli a disposizione i volumi della biblioteca di casa. Spazio
di libertà e insieme prigione». «Il
loro era un rapporto complice —
aggiunge Massimo Popolizio che lo
interpreta —. Monaldo era capace
di quei gesti “materni” negati da
Adelaide, gli tagliava la carne, lo aiutava a fare pipì. Lo stato nervoso di
Giacomo gli impediva persino quello».
Solo uno dei tanti mali. «Soffriva
del morbo di Pott — svela Martone
—. Una tubercolosi ossea che gli rattrappiva gli arti e gli deformava la
spina dorsale. Aveva problemi al
cuore e agli occhi, febbri e stanchezza continue. Una salute così precaria
da renderlo inadatto a ogni attività. I
suoi, sperando si facesse prete, gli
fecero indossare fino alla maggiore
età una tonaca nera».
Amorosissimo invece il rapporto
con le due Paoline, una sua sorella
(Isabella Ragonese) l’altra sorella di
Ranieri (Federica De Cola). Infine
Silvia, la fanciulla della finestra di
fronte, quella Teresa Fattorini morta
a 21 anni, cui Leopardi dedicò una
delle sue più celebri poesie. «Non
riuscivo a trovare il volto giusto —
racconta Martone —. E’ stato il direttore della fotografia Renato Berta
a notare in un ristorante di Recanati
una ragazza che serviva ai tavoli. Appena l’ho vista ho capito che Silvia
era lei. Una bellezza antica, nata nello stesso “borgo selvaggio” del poeta. A Giacomo sarebbe piaciuta».
Giuseppina Manin
VENEZIA — Carlo Verdone alla
Mostra è nella giuria, non parla
dei film in gara anche se dice che
«ogni giurato ha le sue idee,
andiamo abbastanza d’accordo,
imparo da loro e spero anch’io di
dire cose equilibrate e sensate».
Per lui è un giorno importante a
Venezia, gli viene dato il premio
Bresson — in quindici anni
consegnato solo due volte a un
italiano. E si commuove:
«Scusate, non mi succede mai,
ma è una giornata particolare,
papà sarebbe stato felice nel
vedere che il figlio ce l’ha fatta». Il
successo e la popolarità, quando
era in vita il padre Mario,
studioso di cinema a cui dedica il
riconoscimento, li aveva già. Ma
la credibilità nel salotto degli
autori è una conquista recente. Il
premio, alla cerimonia condotta
Orgoglio Carlo Verdone
premiato da Lorena Bianchetti
da Lorena Bianchetti, è curato
dalla Fondazione Ente dello
Spettacolo ed è tutto interno al
Vaticano. Infatti ci sono tanti
prelati, il che fa un certo effetto se
si pensa a quanti missionari e
sacerdoti hanno nutrito il cinema
di Verdone: «Mi chiedo se me lo
merito, Bresson rimanda alla
spiritualità, io continuo a fare il
mio lavoro, vorrei andare più a
fondo, la commedia mi limita».
Con il fratello Luca, l’attore e
regista sta sistemando la
biblioteca del padre: 18 mila
volumi. «Su Bresson ce ne
saranno stati 60. A Luca ho detto,
basta con ’sti Bresson, alcuni
buttiamoli. Non ha voluto e aveva
ragione». Un vescovo parla della
famiglia Verdone e della mamma
Rossana, solida come una
quercia, e dice che con il premio
la Chiesa «contribuisce a
sdoganare la commedia, su cui
pesa un pregiudizio
intellettuale». Un piccolo peccato:
dopo che il letto dei genitori
rimase vuoto, Carlo e Luca hanno
dovuto restituire la casa familiare
al proprietario: il Vaticano.
V. Ca.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Dalle colonne sonore a ospiti delle serate esclusive. Il tema di «Belluscone» è già diventato un brano di culto
Musicisti come divi del set: a cena con la playlist di Apparat
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
VENEZIA — Non pago di ritrovarsi
a incrociare le note con Rossini, grazie a Mario Martone che gli ha affidato la colonna sonora del suo Il giovane favoloso, Apparat, al secolo Sacha Ring ( foto), ieri sera ha firmato
la playlist della cena su un’isola della
laguna dove il regista napoletano ha
riunito il cast per festeggiare la buona accoglienza del film. Venerato come maestro e riverito come una popstar, Ring è uno dei nomi di punta
della scena elettronica contemporanea berlinese, tra i primi a osare contaminazioni con la musica classica e
all’insegna della mescolanza sono
state le scelte musicali della serata.
Sarà anche l’effetto della presenza
del compositore Alexandre Desplat
come presidente della giuria, ma in
questa Venezia 71 i musicisti sono ri-
chiestissimi. Il loro tocco può fare la
differenza anche per una serata.
Come è stato per i Deproducers,
ovvero la band formata da Riccardo
Sinigallia, Vittorio Cosma, Max Casacci, Gianni Maroccolo arrivati per
accompagnare La vita oscena di De
Maria e Italy in a day di Gabriele Salvatores per cui hanno anche ricevuto
un premio per il brano Just One Day.
Peter Gabriel non è arrivato ma Guillermo Arriaga ha raccontato che il
musicista ha sposato con entusiasmo il progetto del film collettivo
Tappeto rosso
Passerella a sorpresa
per Uma Thurman
Uma Thurman ospite a sorpresa. La
diva (44 anni), interprete di
«Nymphomaniac» di Lars von Trier
è arrivata in passerella da sola dopo
che avevano sfilato gli altri attori del
film, in particolare la protagonista
Charlotte Gainsbourg.
Words with God. E Ami Canaan
Mann che ha costruito il suo Jackie &
Ryan (Orizzonti) sulla figura di un
busker innamorato, ha scritto e cantato le canzoni del suo film.
Revival trainato da Hungry Hearts
di Costanzo per Flashdance, usata
per la scena del matrimonio e rilanciata dai dj in laguna. Tripudio di
ventenni con in mezzo la zazzera
bianca di Giuliano Montaldo l’altro
giorno a vedere la strepitosa versione restaurata di Bulli e pupe con
Marlon Brando cantante. Mentre è
già diventato di culto il pezzo Vorrei
conoscere Berlusconi, tema di Belluscone di Maresco. L’oggetto del desiderio irraggiungibile è la colonna
sonora del film. Nell’attesa ci si consola con la prima versione del pezzo
del cantante neomelodico Erik.
S. U.
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Martedì 2 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Martedì 2 Settembre 2014
L’intervista
Spettacoli 39
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Concerto a Verona
La conduttrice ritorna in coppia con Liorni su Rai1
Pino Daniele celebra
a ritmo di blues
il suo «Nero a metà»
«Una nuova Vita in diretta
e celebro lo stile di Milano»
DAL NOSTRO INVIATO
Cristina Parodi: moda e design, puntata settimanale
D
i nuovo lì, ma dall’altra parte.
Cristina Parodi (dopo la parentesi a La7) torna a muoversi nei pomeriggi televisivi diciotto anni dopo Verissimo. Solo, questa
volta, lo farà in Rai. La giornalista è stata
scelta come nuovo volto di La vita in diretta, con una sua conoscenza che risale
sempre ai tempi del rotocalco di Canale
5, Marco Liorni. Dall’8 settembre saranno in onda dal lunedì al venerdì (dalle 16
alle 18.50). Ma su Rai1.
«Sto conoscendo la squadra — spiega Parodi —. Per fare un bel programma
serve armonia. È tutto nuovo per me: il
gruppo, la Rai, Roma...». Spostarsi da
Milano (dove ha sempre lavorato) e da
Bergamo (dove vive e suo marito Giorgio Gori è sindaco) è la parte più impegnativa di questa avventura: «Stare a Roma sarà un sacrificio grosso. Rimanere
lontana da casa è una sofferenza. Lo è
anche per i miei figli e per Giorgio. Speriamo ne valga la pena».
L’unica condizione che ha imposto
riguarda proprio Milano: «La rete ha voluto un cambiamento: oltre ai conduttori ha rinnovato studio, grafica, si parlava
anche di cambiare il titolo... per fortuna
l’hanno lasciato. Io ho imposto una condizione: per me era una trasmissione un
po’ troppo romanocentrica. Così, da ottobre il venerdì io farò il programma a
Milano e Marco a Roma. Ho voluto una
location nel centro della città, con delle
vetrate che la mostrino. Milano è un’altra Italia, forse quella per cui all’estero ci
conoscono di più: l’Italia dell’industria,
della moda, del design. Ci sono tante
La carriera
Gli inizi
Cristina Parodi è
stata a Mediaset
dal 1990 è poi
passata nel 2012
a La7 e ora in Rai
La famiglia
Parodi ha sposato
Giorgio Gori (54
anni, nella foto
con lei), ex
direttore di Canale
5 e oggi sindaco
di Bergamo:
renziano, guida
una coalizione
di centrosinistra
storie da raccontare. E siamo alle porte
dell’Expo. Il venerdì diventerà una giornata diversa, la giornata glam».
Cosa pensava della conduzione di Paola Perego? «Penso che continuiamo a
scambiarci programmi: Verissimo, La
vita in diretta. Ora lei farà Così vicini così lontani, che lo scorso anno avevo tenuto a battesimo con Al Bano: mi spiace
non ripeterlo ma era incompatibile con
il quotidiano». I primi
contatti sono stati con il
direttore di Rai1 Leone,
in primavera: «Amo il
mio lavoro ma non so
cercare occasioni. Questa è venuta e l’ho colta». Consapevole che «è
un tipo di tv che mi appartiene. È un programma che ho sempre
guardato, che ho copiato. Lo sento nelle
mie corde». Che effetto le fa ritrovare
Liorni? «Marco ha iniziato con me, a Verissimo. Era un bravo inviato. Mi dà sicurezza il fatto che abbia già lavorato qui
per due anni».
Questa è poi una nuova pagina che si
apre dopo la rottura con La7: «Una bella
soddisfazione. La7 rimane un capitolo
doloroso: rifarei quel programma perché era bello, ben fatto. È stato chiuso
troppo in fretta per ragioni economiche. Se l’avessero lasciato vivere sarebbe
cresciuto come ascolti». Con la rete è un
addio? «Penso di sì. Sembrava ci fosse
un’apertura verso una tv più pop. Lo credeva anche mia sorella. Ma vista la virata
politica non saprei proprio cosa fare lì».
Il confronto Paola Ferrari posta i tweet più critici dei fedelissimi
Gandolfi, meno ascolti al debutto
«Domenica Sportiva» senza pace
Ieri e oggi
Paola Ferrari (53 anni). A sinistra, Sabrina
Gandolfi (44 anni)
durante la prima
puntata della «DS»
A
i punti (di share) il
primo round lo vince
Paola Ferrari. Dopo
giorni di polemiche sul ring
dei social network, La Domenica Sportiva nuova formula — con Sabrina Gandolfi neo conduttrice — vince la serata nella sua fascia
oraria, ma perde quasi tre
punti di share rispetto alla
scorsa stagione. Il programma sportivo di Rai2 domenica s e r a è s t a to v i s to d a
1.374.000 telespettatori, con
uno share del 12,4%. L’anno
scorso, quando la DS era
guidata da Paola Ferrari (all’esordio domenica 25 agos to 2 0 1 3 ) f u s e g u i t a d a
1.435.000 telespettatori con
uno share del 15,0%. Un saldo negativo di 2,6 punti percentuali: per capire se sarà
una tendenza stabile o meno
basterà aspettare in riva al
fiume.
Uno a zero e si ricomincia.
Paola Ferrari infatti non abdica dalla sua personale battaglia per sottolineare quella
che lei vive come un’ingiu-
stizia e continua a rilanciare
su Twitter i commenti dei
suoi sostenitori: quelli che
«pago il canone e rivoglio La
Domenica Sportiva», quelli
che «non esiste DS senza di
te», quelli che «tre punti in
meno di share», quelli che
«ora è una noia mortale»,
quelli che «ma chi è questa
nuova presentatrice?».
Domenica sera in avvio
della prima puntata stagionale Sabrina Gandolfi non si
è dimenticata della «rivale»:
«Cominciamo con il salutare
e mandare un abbraccio a
Paola Ferrari, Gene Gnocchi
e Fulvio Collovati che fino alla scorsa stagione sono stati
protagonisti del programma». Insomma, non vuole
alimentare ulteriori polemi-
Il calo
L’audience è scesa
del 2,6% rispetto
alla prima puntata
della scorsa edizione
che. Anche ieri — ospite su
Radio2 a Miracolo Italiano
— è stata netta: «Non ho fatto dichiarazioni e continuo
così». Ha raccontato invece
come ha saputo della promozione alla guida del programma in onda dal 1953: al
telefono, direttamente dal
direttore di RaiSport Mauro
Mazza poco dopo i Mondiali,
mentre si trovava al mare
con i genitori: «Il mio fidanzato è un ufficiale dell’esercito in Afghanistan, quindi le
vacanze le faccio con i genitori. Inutile dire che sono
stata molto felice, ho fatto
tanta gavetta e questa bella
notizia l’ho accolta con sincero entusiasmo». Tanta gavetta, con un inzio indimenticabile: valletta di Mike
Bongiorno nel quiz TeleMike, si ritrovò in diretta a
dover far tirare fuori dal décolleté i bigliettini nascosti
da una concorrente a corto
di idee.
Renato Franco
@ErreEffe7
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Insieme
Cristina
Parodi
(50 anni
il 3 novembre)
e Marco
Liorni
(49) dopo aver
lavorato
assieme
a «Verissimo» si
ritrovano
ora alla
guida
del programma
di Rai1
Anche perché, per lei è impegnativo «ricominciare, faccio fatica. Non sono come mio marito che ogni dieci anni cambia vita». Pensando agli ascolti, si scontrerà con Barbara D’Urso: «La sua è una
corazzata. Lei è una guerriera, lavora
sempre. Prima del debutto la chiame-
❜❜
Cambiamento
Manteniamo il titolo
ma la formula era
troppo romanocentrica
rò». Fa ancora effetto alla giornalista
non far più parte del gruppo: «Mi fa assolutamente impressione: Mediaset per
23 anni è stata la mia famiglia, mi riconosco di più nei loro volti che in quelli
della Rai, per ora. Ma ho avuto un’accoglienza affettuosa: qui ti rendi conto,
più che a Mediaset, di essere abbracciata da una grande azienda che ti protegge. Spero di iniziare una lunga strada in
Rai».
Lunga sì, ma non lunghissima: «Non
vorrei lavorare ancora 10 anni, non sono
così assatanata. Non mi vedo in tv a 60
anni. Ci sono tante altre cose belle da fare nella vita».
Chiara Maffioletti
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VERONA — Incroci di una serata. Quelli fra
la musica napoletana e il blues. Quelli fra
Pino Daniele con una pattuglia di colleghi.
Concerto all’Arena di Verona per dare a
«Nero a metà», il suo album del 1980, quello
che è di «Nero a metà». «Non è stata una
serata celebrativa per me che non mi sento
quello che sta al centro, lo showman, ma
per la musica napoletana che con quel disco
ha cambiato percorso», spiega Pino. Un
album, ripubblicato ora in una versione
doppia con demo e due inediti, che metteva
assieme la canzone italiana e la tradizione
partenopea con l’America del jazz e del
blues. Sul palco ci sono l’orchestra Roma
Sinfonietta, la band
dell’epoca, e quella che
lo segue da qualche
anno. Nella scaletta
preparata per i circa 10
mila del pubblico c’è
spazio per i duetti con
Elisa, Emma, Fiorella
Mannoia e Francesco
Renga. «Volevo che ci
fossero sia persone
Pino Daniele e Elisa come Fiorella cui sono
legato artisticamente e
altre di generazioni diverse, perché ho visto
che questo disco ha attraversato più
generazioni nel pubblico», commenta il
cantautore napoletano. A «Nero a metà» e
alla band storica è dedicata la seconda parte
dello show, nella prima spazio ai pezzi che
non possono mancare come «Quando», «Je
so pazzo», «Resta, resta cu’mme»... «Un
progetto più emozionale che nostalgico», lo
definisce il protagonista. Che avrà un
seguito con altre cinque serate a dicembre.
La memoria però torna a quel 1980. Pino
aprì il concerto di Bob Marley a S. Siro: «Due
ore di chiacchiere interessanti. Capii anche
che farsi le canne fa male».
Andrea Laffranchi
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Martedì 2 Settembre 2014 Corriere della Sera
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Sport
FIRENZE – (a.b.) Continua il calvario di Giuseppe Rossi. Il ginocchio
destro, quello martoriato da due infortuni ai legamenti e tre interventi
chirurgici, dovrà essere nuovamente operato. Il consulto a Londra con il
professor Andrew Williams ha chiarito la situazione nella sua
drammaticità: l’attaccante della Fiorentina deve sottoporsi ad una
artroscopia per risolvere i problemi di sovraccarico e ripulire il menisco.
Rossi volerà in Colorado per sentire anche il parere del professor
Steadman, l’uomo che lo ha curato sino adesso. Tutto dovrà succedere
Rossi, operazione
al solito ginocchio
Fuori per due mesi
✒
Nuova era Iniziata a Coverciano la nuova era, il c.t. ha fretta di cambiare tutto: «Chi merita resta, gli altri vanno fuori»
L'analisi
LA SVOLTA
NECESSARIA
CHE RISCHIA
DI NON PASSARE
di MARIO SCONCERTI
È
un Conte uguale e diverso
quello che sta cominciando a
condurre la Nazionale. È uguale il
ritmo, la ricerca di un linguaggio
forte («non avrò pietà di
nessuno»), il bisogno di
dimostrare una serietà aggressiva
per costruire un’aria da club
quotidiano. È diversa, quasi
opposta la disponibilità e la
comunicazione. Conte non ha mai
amato spiegare se stesso, ha
sempre amato essere capito. Per
mesi è stato in silenzio stampa,
per anni ha concesso solo
pochissime interviste fuori da
quelle dovute. Ora si ferma
davanti ai cancelli di Coverciano
per brevi ma imprevisti
scambi di battute, parla
molto, ieri ha
addirittura portato i
giornalisti nell’aula
magna di Coverciano
per spiegare le sue idee
tattiche davanti a una lavagna.
Un inedito per lui e per tutti.
Non so quanto durerà questo
momento di buona volontà.
La Nazionale non ha tifosi
fissi, deve sempre
conquistarli. Non ha
critiche filtrate dalla fede
dei club, è condannata a
una oggettività un po’
enfatica. Se giochi bene
sei bravissimo, se giochi
male sei pessimo. È
quasi l’ultimo angolo di
vecchia libertà di
critica, a volte usato
male, ma in cui si deve
rendere conto a un
pubblico che si fa
trascinare solo una
volta ogni due anni.
Un allenatore
abituato alla
protezione mediatica
di una grande chiesa
calcistica come la
Juventus, è
probabile sentirà
molto più vento in
faccia e ne avvertirà il
fastidio. Che stia
cercando di prevenirlo conferma
che sta cercando lui per primo
qualcosa di nuovo da se stesso,
che ha capito la diversità
universale del ruolo. D’altra parte
la sua ambizione è molto alta.
L’idea di Conte non è solo quella di
ricostruire la Nazionale, ma di
rifondare l’intero calcio italiano.
Fra le promesse fattegli di
Tavecchio c’è certamente quella di
trovare in campionato più spazio
ai giocatori italiani. Senza questo
possono esserci solo toppe, non
abiti nuovi. Ma questo significa
anche stabilire un numero
massimo di stranieri in campo.
Averne quanti si vuole, ma
mandarne in campo solo un tot.
Conte ha detto ieri chiaramente di
aver chiesto questo e ha fatto
anche capire che gli è stato
promesso. È questa la vera
rivoluzione in atto, tra pochi
giorni emergerà e creerà grandi
scompensi. Non credo passerà,
ormai comandano le società. Ma
dobbiamo capire che Conte non è
venuto per rendere ufficiale il
problema della Nazionale. È
venuto per risolverlo. Conviene
parlarne.
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Grinta
Antonio Conte, 45
anni, di Lecce, dopo tre stagioni sulla panchina della
Juventus e tre
scudetti vinti, sta
gestendo il suo
primo raduno da
commissario tecnico della Nazionale a Coverciano.
Massimo rigore,
lavoro intenso e
concentrazione
assoluta
(ItalyPhotoPress)
Il codice
Conte
Doppio allenamento il primo giorno
telefonini silenziosi e zero distrazioni
«La mia Italia sarà umile e cattiva»
DAL NOSTRO INVIATO
FIRENZE — Telefonini silenziosi. È la prima raccomandazione di Antonio Conte. Perché è dai piccoli particolari
che si giudica un allenatore,
specialmente se l’allenatore
in questione viene da tre scudetti di fila con la Juventus e ha
intenzione di trasportare il modello bianconero anche in Nazionale. L’esordio del nuovo
condottiero coincide con una
sorta di rivoluzione sugli usi e
costumi della casa. A qualcuno
dei protagonisti, Coverciano
deve sembrare una moderna
cayenna: poche ore di sonno e
alle 10.30 lezione tattica in aula
seguita dalla dimostrazione
pratica sul campo. Cinquanta
minuti intensi anziché il classico defaticante del lunedì. E nel
pomeriggio due ore di video
prima del secondo allenamento.
Conte ha fretta e non vuol
perdere neppure un minuto.
«Siamo qui per provare a riportare l’Italia dove merita. Dopo il
Brasile siamo la Nazionale più
titolata». Pretende intensità e
concentrazione. «Non ho preclusioni nei confronti di nessuno, ma non faccio regali», risponde a chi gli chiede dell’esclusione di Balotelli. Perché
il concetto deve essere chiaro
sin da subito: la maglia azzurra
bisogna meritarsela. «E chi è
qui oggi, non è detto che ci sia
domani», il messaggio di benvenuto al gruppo radunato.
Duro e diretto, per niente diplomatico. Come alla Juventus,
dove bastava abbassare la tensione per ritrovarsi in campo a
Vinovo la mattina successiva
alle otto. Qui sarà la stessa musica. È il codice Conte. Gli ultimi a presentarsi, domenica
notte, sono i giocatori di Torino
e Inter, arrivati alle due del
mattino. Alle 10.30 tutti in
campo senza sconti. «Perché il
tempo stringe e giovedì sera c’è
l’amichevole con l’Olanda».
Conte avrebbe preferito un de-
butto più morbido, ma non si
nasconde. L’idea è trasmettere
in fretta i suoi concetti al gruppo. Per questo, attraverso la
portineria di Coverciano, invita
gli addetti ai lavori ad abbassare la suoneria del telefonino
durante gli allenamenti. Niente
deve disturbare la concentrazione del gruppo.
L’idea tattica è chiara nella
testa del manovratore: un 3-5-2
che ha il doppio obiettivo di attaccare con cinque uomini e difendere con altrettanti. Conte,
nel suo primo giorno di scuola,
lo spiega ai giocatori e poi anche ai giornalisti, un’ora dentro
l’aula magna senza telecamere
indiscrete. Lavagna, pennarel-
La novità Il giocatore del Sassuolo è l’unico centravanti italiano titolare
Zaza, un «duro» tutto gol e arti marziali
La rivoluzione parte dall’Ibra lucano
La prima convocazione in Nazionale.
Un magnifico gol al volo contro il Cagliari. L’allenamento a Coverciano seguendo
attentamente le disposizioni di Conte.
Cosa può volere di più dalla vita Simone
Zaza, primo lucano dopo Franco Selvaggi
(campione del mondo 1982) ad arrivare
in azzurro? Giocare almeno qualche minuto non sarebbe male, anche se l’attaccante del Sassuolo non può lamentarsi.
«È stato detto che Zaza è l’unico attaccante che gioca titolare nella sua squadra
— sottolinea il neo c.t. — ma se vado a
vedere tutte le squadre, sono tutti stranieri, non me lo posso inventare io un attaccante. Sono convinto che chi è qui può
fare bene, può crescere, abbiamo ragazzi
bravi. Ma dobbiamo fare tutti una riflessione e capire che bisogna dare più spazio agli italiani. C’è da rimboccarsi le ma-
niche tutti, non solo con le parole ma anche coi fatti».
Con Zaza e Berardi già di proprietà
della Juve e lasciati a Sassuolo, Conte aveva comunque accolto a luglio il 21enne
spagnolo Morata in bianconero. Oggi che
i ruoli e le prospettive sono diversi, il c.t.
deve affrontare problemi di quantità, oltre che di qualità del nostro calcio. Nella
prima giornata di campionato hanno
giocato 123 italiani (il 44%) e 156 stranieri, un dato leggermente migliore rispetto
al campionato scorso, in cui spesso si era
scesi sotto il 40%. Ma comunque un dato
«allarmante», come riconosce Conte sulla scia di Prandelli: soprattutto perché se
si restringe l’analisi alle 6-7 squadre traino del movimento la percentuale di stranieri sfiora l’80%.
Il Sassuolo è l’unica squadra che do-
menica ha cominciato con 11 italiani in
campo. Zaza ha fisico e buona tecnica:
Ibrahimovic, Cavani e Balotelli sono i
suoi modelli. Ha 23 anni ed è sempre stato un baby prodigio, scovato dall’Atalanta a Metaponto, dove quando può Simone torna in vacanza, in uno dei villaggi
turistici gestiti dal padre. A Bergamo a un
certo punto Zaza è diventato una «testa
calda», da tenere sei mesi fuori rosa in
Primavera per una rispostaccia in allenamento e soprattutto per un rinnovo di
contratto snobbato. Ma l’attaccante mancino, portato prima in orbita Samp e poi
in quella della Juve dal d.s. Fabio Paratici,
è stato bravo a togliersi la scomoda etichetta. E soprattutto a riemergere dopo il
consueto pellegrinaggio nella provincia
profonda: Juve Stabia, Viareggio, Ascoli.
Il carattere, tosto, a volte indecifrabile,
Rivelazione Simone Zaza, 23 anni, convocato in Nazionale (Liverani)
Corriere della Sera Martedì 2 Settembre 2014
Sport 41
italia: 51575551575557
in fretta visto che l’intervento è programmato per la fine della
settimana. Difficile stabilire i tempi di recupero anche perché
l’artroscopia sarà diagnostica cioè, oltre a sistemare il menisco, servirà a
verificare la tenuta del legamento. Nella migliore delle ipotesi Pepito
resterà fuori un paio di mesi, ma i tempi potrebbero anche dilatarsi.
L’attaccante si era fatto male il 14 agosto in allenamento. Sembrava un
problema muscolare, invece di mezzo c’è sempre il solito ginocchio.
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Serie B, Modena-Cittadella 1-1
Scommesse: Gattuso archiviato
Serie B, posticipo della prima giornata: il Modena ha pareggiato in casa
contro il Cittadella (1-1). Veneti in vantaggio con Sgrigna (28’ p.t.); pareggio
dei padroni di casa con Acosty (28’ s.t.). Domenica il Modena giocherà contro la Virtus Lanciano; il Cittadella ospiterà l’Avellino. La classifica vede in
testa cinque squadre: Ternana, Perugia, Bari, Avellino e Frosinone.
Il gip di Cremona, Guido Salvini, su richiesta del procuratore Roberto di Martino, ha archiviato la posizione di Gennaro Gattuso, indagato nell’inchiesta sul
calcioscommesse. Per il gip «non vi è alcun elemento che sostenga il coinvolgimento nella manipolazione di partite». Esclusa l’associazione a delinquere. I
contatti «pur poco decifrabili» con alcuni indagati non hanno rilevanza penale.
Mercato Ultimi botti: Amauri sostituisce Cerci al Toro, la Fiorentina prende Micah Richards dal City
Il Milan soffia Bonaventura all’Inter
Zaccardo fa tornare Biabiany a Parma
Cristante al Benfica: tifosi arrabbiati. I nerazzurri non prestano Guarin
Ice Bucket Challenge Antonio Conte, 45 anni, subisce la doccia
gelata. Il nuovo c.t. ha poi nominato l’allenatore dell’Under 21 Luigi
Di Biagio e il c.t. della Nazionale femminile Antonio Cabrini (Ipp)
lo, schemi. Non vuol passare
per un difensivista e intende
subito mettere i puntini sulle i.
«Non conta quale sia il sistema,
ma con quanti giocatori si attacca».
Il problema è quanto tempo
l’ex bianconero impiegherà a
trasmettere i suoi concetti, movimenti, tagli, attenzione spasmodica in ogni frangente della
partita. «Dobbiamo fare in fretta». Vuole l’Italia in salsa Juve
già rodata il 9 a Oslo contro la
Norvegia, prima tappa del cammino verso Euro 2016. «Una
Nazionale orgogliosa, umile e
cattiva. In dieci giorni cercheremo di fare ciò che a Torino facevamo in un mese». Tutto
condensato, senza però rinunciare a niente. «È un’esperienza
nuova, una sfida con me stesso.
A casa pensavano di vedermi
più spesso e invece mi sa che ci
sarò poco». Perché manterrà
un filo diretto e costante con i
colleghi della serie A, guarderà
tante partite, seguirà il lavoro
delle nazionali giovanili (Mauro Sandreani affiancherà il confermato Maurizio Viscidi). Per
adesso non ci saranno stravolgimenti sulle panchine azzurre,
ma «nei prossimi 4 mesi faremo delle valutazioni sugli allenatori perché molti sono in
scadenza. Non sono un tagliatore di testa. Chi merita resta,
gli altri vanno fuori».
La prima giornata è lunghissima. Parla con i giocatori e con
il professor Castellacci per verificare le condizioni di Osvaldo,
bloccato da un problema muscolare: «Oggi decido, se Daniel
dovesse tornare a casa sarebbe
sostituito». Borini, Pellè e Quagliarella sono in preallarme,
anche Gabbiadini. Maniacale la
La lezione
Lezione anche per
i giornalisti: un’ora
nell’aula magna per
spiegare il suo calcio
cura per i particolari, dalle condizioni del campo, alla dieta.
Tutto deve essere come vuole
lui. E Destro, che ieri si è sposato, questa mattina alle dieci dovrà essere in ritiro. In attesa del
romanista, prova la prima Italia: Ranocchia, Bonucci e Chiellini davanti a Buffon; Candreva
e Pasqual esterni, De Rossi regista, Parolo e Marchisio interni. In attacco Immobile e Giovinco. Intanto Ogbonna viene
convocato d’urgenza al posto di
Paletta, fermato da una lombosciatalgia.
Alessandro Bocci
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MILANO — Fra operazioni
annunciate e poi smentite, comunicati di benvenuto e di frenata si è consumata l’ultima
surreale giornata di calciomercato. Il Condor (autodefinizione
di Adriano Galliani) non ha trascorso l’ultimo giorno di trattative inoperoso. Il Milan conquista infatti la copertina del finale
degli affari fra acquisti, cessioni
chiacchierate e colpi di scena:
salta Biabiany ma arriva Bonaventura, soffiato all’Inter, con i
soldi di Cristante.
Ma andiamo con ordine: Silvio Berlusconi dopo aver negato
domenica l’ok all’operazione
Biabiany, ieri mattina alle 9 ha
dato il placet all’ad rossonero
per chiudere i colloqui con il
Parma. Con Niang riottoso al
trasferimento nei discorsi entra
solo Zaccardo (oltre a un conguaglio economico di 4 milioni). Il francese si reca alla Madonnina per le visite mediche
(dove già si trova Van Ginkel, arrivato in prestito dal Chelsea). Il
profilo Twitter del club posta
una foto del giocatore con la
sciarpa rossonera. Galliani e Leonardi trovano un accordo di
massima finché alle 19.30, mentre Biabiany viene segnalato
verso la clinica Le Betulle per un
supplemento di visite mediche,
Zaccardo punta i piedi. Chiede
arretrati che gli emiliani non intendono concedere. Il Milan con
un comunicato informa all’ora
di cena che l’affare sfuma proprio a causa del difensore (che
ora a Milano si presume avrà
una vita durissima). Zaccardo
riflette ma è inflessibile.
Alle 21 Galliani effettua il sorpasso sull’Inter e sul Verona e
tratta con Pierpaolo Marino
Giacomo Bonaventura, che aveva trascorso un pomeriggio in
stand by e conclude la serata in
lacrime al momento della firma.
L’affare si chiude con un acquisto a titolo definitivo per 5 milioni (più 2 di bonus) dell’esterno venticinquenne che nel tridente offensivo di Inzaghi può
giocare sia a destra che a sini-
pomeriggio nel frattempo il Milan aveva ceduto a titolo definitivo al Benfica Bryan Cristante,
tolto dal mercato venerdì da Silvio Berlusconi. L’aumento dell’offerta da 3 a 5 milioni per il
giocatore (determinato ad andare via e non giudicato pronto
da Inzaghi), ha fatto tentennare
i rossoneri (che hanno ceduto
Gabriel al Carpi): alla fine proposta accettata con plusvalenza
per il bilancio e malumore diffuso fra i tifosi sui social. La Juve, persi Falcao (al Manchester
United) e il Chicharito Hernandez (al Real), aspetta il recupero
di Morata (forse già pronto con
l’Udinese) e decide di valorizzare Coman. Nel frattempo presta
All’Atalanta 5+2
L’esterno dell’Atalanta
è costato 5 milioni più 2
di bonus: può giocare
sia a sinistra che a destra
Last minute Giacomo Bonaventura, 25 anni, è l’esterno d’attacco preso dal Milan (LaPresse)
stra: contratto fino al 2019.
Il talento dell’Atalanta (che
acquista Papu Gomez, ex Catania, dal Metalist) era sul taccuino dei nerazzurri, determinati
ad accaparrarselo non prima di
aver ceduto Guarin. Problema:
l’offerta del Valencia (2,5 milioni di euro per il prestito) per il
colombiano non era stata giudi-
cata soddisfacente (e nemmeno
quella da 3 avanzata in serata dal
Real di Ancelotti). Respinte anche le avance del Barcellona che
voleva Kovacic. Il mercato dell’Inter si chiude senza botti, né
Lavezzi («Mi piacerebbe tornare
in Italia ma non è il momento»
ha detto il Pocho) né Rolando
inseguito per tutta l’estate. Nel
Anticipi e posticipi
Milan-Juventus si gioca sabato 20
Napoli-Roma in campo alle 15
11
italiani
in campo dall’inizio
per il Sassuolo.
La Fiorentina aveva
11 stranieri
56%
di stranieri
in campo nella
prima giornata
di serie A. L’anno
scorso si è superato
anche il 60%
Paolo Tomaselli
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Il ritorno Amauri (34)
torna a Torino, ma su
sponda granata (Forte)
MILANO — Due gli anticipi alla ripresa del campionato,
sabato 13: Empoli-Roma (ore 18) e Juventus-Udinese
(ore 20.45). Nella terza giornata il big match
Milan-Juventus si giocherà sabato 20 (ore 20.45),
mentre Napoli-Roma è in programma sabato 1° Novembre
alle ore 15. Posticipo serale il 23 Novembre (20.45)
per il derby di Milano tra Milan e Inter, mentre
una settimana dopo (domenica 30 Novembre) il derby
tra Juventus e Torino si disputerà alle 18. La stracittadina
tra Verona e Chievo sarà alle 12.30 di domenica 21 Dicembre.
Filippo Bonsignore
Monica Colombo
Al Verona Javier
Saviola, 32 anni,
giocherà in Italia (Ap)
Il ManU in crisi si cura con Falcao
un’altra figurina contro le figuracce
Ora Van Gaal non può più fallire
United si vince? Forse più
avanti. Per ora si spende e si
spande. Nella Manchester rossa
in piena crisi è sbarcato anche
Radamel Falcao, colombiano ex
Monaco, uno dei bomber più forti del mondo, appena guarito dalla rottura del legamento del ginocchio sinistro (22 gennaio) che
gli ha impedito di giocare il Mondiale. L‘ennesima medicina per
curare una squadra malata arriva
in prestito a 12 milioni di euro.
Opzione per il riscatto nel 2015:
55 milioni. Stipendio: 24 milioni
lordi annui. Un’operazione che
riesce a essere più choccante dell’inizio stagione dei Red Devils: 4
De Ceglie al Parma, respinge
l’assalto di Toro, Lazio e Monaco
per Giovinco e si consola con le
permanenze a Torino di Vidal e
Pogba. Amauri (contratto di due
anni) sarà il sostituto di Cerci
che si accasa all’Atletico Madrid
(14 milioni più bonus per quattro anni). «Non potevo perdere
questa occasione», ha salutato i
tifosi granata l’ex ala del Torino.
La Roma dopo una lunga
trattativa non riesce ad aggiudicarsi Rabiot che resta al Psg (ma
i colloqui riprenderanno per il
mercato di gennaio), però mette
le mani su Yanga Mbiwa del
Newcastle (prestito con riscatto
fissato a 5 milioni). La Fiorentina chiude con due botti: Kurtic
del Sassuolo (prestito con diritto di riscatto) e soprattutto il difensore Micah Richards del City.
Colpo del Verona che si accaparra Saviola, ex Barça, dall’Olympiacos.
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I più ricchi Il colombiano arriva a Old Trafford in prestito per 12 milioni
sicuramente orgoglioso e non banale, gli
è servito, anche se resta sicuramente
qualche angolo da smussare: 9 gol e 10
cartellini gialli (e un rosso) al primo anno
da titolare in serie A rendono l’idea. Ma di
sicuro alla Nazionale servono ragazzi
bravi, non solo bravi ragazzi. Anche se
Simone «il mammone», che tra la dozzina di tatuaggi in dotazione va orgoglioso
soprattutto di quello che ritrae mamma
Caterina, è un duro sì, ma dal cuore tenero. Come Ibra, si è formato con le arti
marziali (taekwondo) per cui se la cava
bene in acrobazia e nel gioco aereo, con
una tecnica affinata anche nelle piazzette
e nelle spiagge dove è cresciuto. Milanista al punto da chiamare Pato un bulldog,
Zaza ha solo qualche analogia con Balotelli: ama il rap, sia italiano che straniero,
ha avuto prima i capelli lunghi e poi una
leggera cresta, che ora ha rasato per lasciare spazio alla barba lunga. A differenza di Balo però odia i telefonini: «Preferisco il contatto diretto con le persone».
Nella nuova caserma azzurra, è già un bel
punto a favore.
I colpi
partite, 0 vittorie, 2 sconfitte, una
clamorosa eliminazione (0-4)
dalla Coppa di Lega con i fenomeni di terza serie del MK Dons, un
totale di appena 2 gol fatti. Che, al
cambio attuale, il ManU ha pagando 98,97 milioni l’uno.
È infatti di 197,95 la spesa totale sostenuta finora al mercato,
una cifra che fa sembrare un poveraccio persino il Real Madrid,
fermo a 120. A Old Trafford prima
di Falcao (cercato a suo tempo
pure da sir Alex Ferguson, che poi
prese Van Persie) erano già arrivati, in ordine di valore: Angel Di
Maria (26 anni, centrocampista
dal Real, 74,95 milioni), Luke
Shaw (18 anni, terzino dal Southampton, 37,50), Ander Herrera
(24 anni, centrocampista dall’Athletic Bilbao, 36), Marcos
Rojo (24, difensore dallo Sporting
Lisbona, 20) e Daley Blind (24 anni, difensore dall’Ajax, 17,50).
Evitiamo il confronto con la
serie A: il Manchester United, secondo l’ultimo rapporto della Deloitte, è il quarto club più ricco
del mondo (dietro Real Madrid,
Barcellona e Bayern Monaco) con
un fatturato annuo di 423,8 milioni e ha appena firmato un accordo decennale da 941 milioni
con la Adidas, che dal 2015 prenderà il posto della Nike come
In viola Micah
Richards, 26 anni, arriva
dal City (Getty Images)
Allo United Radamel
Falcao, 28 anni, giocherà
in Premier (Getty Images)
sponsor tecnico. Può permettersi
simili movimenti di cassa.
Il punto piuttosto è un altro:
come far quagliare ora una formazione con Falcao, Van Persie,
Rooney, Mata, Di Maria, Welbeck
e Young? La raccolta di figurine
(Real docet) non è mai una garanzia di successo, la difesa resta
deboluccia e i rischi di incrinare
lo spogliatoio sono forti. Considerando infatti che, senza coppe
europee, il ManU gioca solo Premier e FA Cup, qualcuno dovrà
cambiare ruolo (l’indiziato è
sempre il multitasking Rooney) e
qualcun altro dovrà accomodarsi
in panchina. Un gran rebus, ma
per quello c’è il guru Louis Van
Gaal. Lui, si dice, saprà come riportare il ManU al successo prima
o poi, ma più prima. Perché, a
prendere una star a ogni vittoria
mancata, finiranno per prosciugarsi anche le casse dei più ricchi.
al.p.
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Martedì 2 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Martedì 2 Settembre 2014
Sport 43
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Nuoto, altro record per la Hosszu Volley, l’Italia sfida la Francia
Vuelta, oggi la cronometro
Quinto record mondiale in vasca corta, nel giro di una settimana, per
Katinka Hosszu. Cinque giorni dopo il primato stabilito a Doha con
57”25, la nuotatrice ungherese si migliora nelle batterie dei 100 misti a
Dubai: nella seconda prova di Coppa del Mondo, la Hosszu ha fermato il
cronometro a 56”86 incassando il quinto assegno da 10mila dollari.
Dopo il giorno di riposo, riparte la Vuelta. Oggi si corre la cronometro (ore 16 su Eurosport). Partenza dal Real Monasterio de Santa María
de Veruela e arrivo a Borja (36,7 km): il tedesco Tony Martin è il favorito. Maglia rossa è il colombiano Quintana, che guida su Contador (a 3’’)
e Valverde (a 8’’).
Archiviata la sconfitta contro l’Iran (3-1) al debutto mondiale in Polonia, l’Italia stasera affronta la Francia (ore 20.15, diretta su Raisport1).
I transalpini sono allenati da Laurent Tillie, vecchia conoscenza della
pallavolo italiana (ha giocato a Falconara Marittima, in provincia di Ancona), e all’esordio hanno vinto contro il Porto Rico (3-0).
Mondi opposti I rossoneri hanno cominciato bene il campionato battendo la Lazio, i nerazzurri hanno rischiato di perdere col Torino
Rinato
Stephan
El Shaarawy,
21 anni, subito
protagonista
al debutto
contro la Lazio
(Reuters)
Testa, corsa e coccole
Il Milan di Inzaghi
perfetto per esaltare
la stella El Shaarawy
MILANO — Se si vuole trovare
un senso a questa storia — e anche a questa squadra che un senso, grazie a Pippo, pare proprio
averlo —, allora sta tutto in quella
corsa libera di Stephan El Shaarawy, che ha portato al primo gol
del Milan nuova maniera: si è fatto tutto il campo, ha mandato in
confusione due difensori e poi ha
toccato con una certa eleganza,
d’esterno, per Honda. A dimostrazione che: 1) il ragazzo è tornato. Se Inzaghi è sicuro che Torres non ha disimparato a fare gol
(auspicio che andrà comprovato
dal campo) a maggior ragione dopo il debutto si può affermare che
il Faraone non ha disimparato a
saltare l’uomo e colpire in velocità, come — due stagioni fa — aveva fatto arrivando al gol 14 volte
in 19 partite. E non ci avrebbero
scommesso in tanti, dopo il travaglio dello scorso anno; 2) il neo
allenatore Inzaghi sta plasmando
una squadra che, se da un lato è il
suo riflesso sputato (sempre sulla
corda e spietata davanti: due tiri
due gol, proprio come capitava a
lui), dall’altro sembra cadere perfettamente sulle spalle dei suoi
giocatori come un vestito nuovo e
ne esalta al massimo le qualità.
Ecco perché El Shaarawy è la
perfetta copertina di questo Milan
dall’avvio (è solo un avvio) convincente. Questa non è stata pensata per essere una squadra di
star, e non a caso l’unico che
avrebbe il pedigree (direbbe Tavecchio) per esserlo, Fernando
Torres, è arrivato solo dopo approfondite indagini che i suoi atteggiamenti al Chelsea non fossero, appunto, da star. E a maggior
ragione non è un caso che senza la
Meglio senza Balotelli
Il Faraone sembra brillare
di più senza un compagno
dalla personalità
ingombrante come Balotelli
star per antonomasia Mario Balotelli (con cui peraltro Stephan andava d’accordissimo: sin troppo
per qualcuno), il ragazzo con la
cresta abbia ripreso a brillare di
luce propria. Perché c’è chi rende
meglio quando è fuori dal cono di
luce e chi invece ha bisogno di essere al centro di coccole e attenzioni. El Shaarawy ora si sente al
centro: c’è un sistema di gioco che
lo esalta e ci sono compagni dalla
personalità meno ingombrante
con cui si capisce in campo, mentre Mario tendeva a essere un po’
anarchico nei movimenti e a costringere El Sha ad adattarsi.
Non resta che vedere cosa combinerà con Torres. Il Faraone custodisce ancora gelosamente una
maglietta del Liverpool del Niño
(con tanto di autografo), che gli
aveva portato il suo procuratore
Roberto La Florio. Ora ci giocherà
assieme ed è una bella soddisfazione. Sistemati fisico e mente (il
ragazzo, nei mesi trascorsi all’ombra, si era un po’ depresso), a tutto
il resto penserà Inzaghi. Anzi,
penseranno Inzaghi e Conte, visto
che il neo c.t. ha subito riarruolato
il Faraone: due che non ti mollano
un secondo, neanche fuori dal
campo, e che hanno già detto come la pensano su Twitter e altre
distrazioni social. Insomma, il binario è tracciato, il Faraone ha
tutto per non deviare dal sentiero
e continuare a correre nella luce
ritrovata.
Arianna Ravelli
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Isolato
Mauro Icardi, 21
anni, attaccante
dell’Inter
L’argentino
contro il Torino
ha avuto pochi
palloni giocabili
(Liverani)
Inter rinunciataria
ma nel bicchiere
di Mazzarri
il guaio è l’arbitro
MILANO — È proprio vero che il
calcio è un’opinione. Dopo lo 0-0 di
Torino, Walter Mazzarri ha parlato di
«bicchiere mezzo pieno». Siccome lui
è l’allenatore avrà sicuramente ragione, ma l’impressione che si è avuta
dalla tribuna, seppure con una balaustra davanti agli occhi, è stata molto
diversa. È vero che la prima giornata
di campionato è per tradizione «ingannevole», però l’Inter vista all’Olimpico è apparsa troppo remissiva e troppo scollegata fra le linee per
essere vera. Giovedì a San Siro aveva
dimostrato di essere in grado di vincere il campionato islandese; domenica ha invece fatto vedere quanto siano necessari correttivi tattici e miglioramenti collettivi a cominciare
dalla condizione atletica.
La squadra è partita con un assetto
prudente: tre difensori puri, due centrocampisti (M’Vila-Medel) più di
contenimento che di costruzione
(due mediani), due esterni che sono
rimasti sempre troppo bassi. Il gioco
offensivo era affidato al triangolo
Hernanes-Kovacic-Icardi. Conclu-
sione: i due trequartisti hanno avuto
pochissimi palloni e li hanno giocati
male; Icardi quasi nessuno. Un’Inter
così concepita non avrebbe dovuto
correre nessun rischio, sigillando lo
0-0, invece la squadra è apparsa sempre esposta alle ripartenze del Torino,
che correva di più e soprattutto meglio dell’avversario; ha rischiato di
andare sotto sul rigore calciato (centrale) da Larrondo; non è mai riuscita
a congelare la partita. Si è visto un
gioco lento e involuto, con un numero eccessivo di passaggi, senza mai
un’idea di azione verticale e quando
la palla è arrivata nella zona «calda»,
è stata persa con regolarità.
La scelta di aggiungere Osvaldo
(problema agli adduttori) a Icardi ha
Slegati e sfiatati
Contro i granata la squadra
è apparsa slegata, incapace
di offendere e con una
condizione atletica scadente
migliorato in parte la situazione
(peggio sarebbe stato impossibile),
ma ha messo in vetrina il vero problema della stagione: in assenza di
Palacio, che sta guarendo dalla distorsione alla caviglia con un grande
lavoro specifico, c’è il rischio che
Icardi non sia sostenuto in maniera
adeguata, anche se Osvaldo ha le intuizioni giuste e i movimenti per aiutare il compagno d’attacco. Per vedere un’altra Inter è necessario che tutti
crescano di condizione, non soltanto
M’Vila e Medel, che nel frattempo è
partito per raggiungere la nazionale
cilena; che Kovacic e Hernanes diventino più efficaci nella zona calda;
che la squadra metta in campo un altro atteggiamento e che tutti gli alibi
vengano archiviati in fretta. Perché
quella di Torino era la prima di campionato; alla ripresa (14 settembre,
con il Sassuolo), si potrà dire che la
squadra ha risentito dell’impegno
dei nazionali e che era la prima partita di pomeriggio. Poi comincerà il romanzo dell’Europa League ed è facile
immaginare quanto sarà gettonato il
ritornello della fatica.
Dopo il rigore a favore (uno in 38
giornate) dell’ultima stagione, a Torino sono state inaugurate le geremiadi per il trattamento riservato
dall’arbitro Doveri a Vidic (una giornata di squalifica dopo il rosso al 47’
della ripresa) e non solo. Il rigore fischiato a Vidic è quantomeno discutibile; l’espulsione può essere giudicata eccessiva, ma ognuno ha i dirigenti che si è scelto. E Mazzarri sa a
chi rivolgersi.
Fabio Monti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Tennis Per la quinta volta, la seconda consecutiva, la brindisina arriva tra le prime otto dove era già approdata Sara Errani
Us Open, Pennetta ai quarti ora sfida la montagna Williams
I risultati
Singolare maschile
Ottavi di finale
Djokovic b. Kohlschreiber
6-1, 7-5, 6-4
Terzo turno
Federer b. Granollers 4-6, 6-1,
6-1, 6-1; Berdyc b. Gabashvili
6-3, 6-2, 6-4; Dimitrov b. Goffin
0-6, 6-3, 6-4, 6-1; Monfils b.
Gasquet 6-4, 6-2, 6-2
Singolare femminile
Ottavi di finale
S. Williams b. Kanepi 6-3, 6-3;
Pennetta b. Dellacqua 7-5, 6-2;
Bencic b. Jankovic 7-6, 6-3
Così in tv
Eurosport 2 dalle 17,
Eurosport dalle 17.45
«Sono nervosa? Sempre».
Donne a caccia di guai, ma mai
allo sbando, comunque e sempre in compagnia. Le ragazze
del tennis italiano non deludono ormai da anni. Più «invecchiano», meglio fanno. Lo dice
Mats Wilander di Flavia Pennetta: «È molto più brava ora di
qualche anno fa». Flavia, 32
anni, numero 12 del mondo
(migliore delle nostre) e testa
di serie numero 11, bella e
combattiva malgrado il caldo e
l’umidità appiccicosa di Flushing Meadows, raggiunge Sara Errani nei quarti di finale
degli Us Open. Solo l’Italia ha
due rappresentati tra le prime
otto del tabellone femminile. È
il terzo anno di fila che accade:
nel 2012 assistemmo al derby
Errani-Vinci (con vittoria di
Sara), nel 2013 a quello ErraniPennetta con la vittoria di Flavia che, conquistando la semifinale, ha ottenuto il miglior risultato nella storia dei suoi
Slam e ha avviato un anno sociale 2013-2014 con i quarti a
Melbourne e il successo a Indian Wells, uno dei grandi tornei appena al di sotto dei quattro Major.
È la quinta volta che Flavia
Pennetta si qualifica per i quarti agli Us Open, segnale evidente di predilezione per questi campi, afosi ma congeniali
al suo gioco. L’ha fatto superando, al termine di una partita
non bellissima ma comunque
sempre tenuta in pugno, l’australiana Casey Dellacqua, numero 32 del mondo per 7-5,
6-2 in un’ora e 20’. «Ho cercato
Vincente Flavia Pennetta, 32 anni, sfiderà Serena Williams (Afp)
di giocare il mio tennis ma non
ci sono riuscita. Ero tesa, però
la mia avversaria lo era ancora
di più. Dovevo vincere e ci sono riuscita. Meglio il servizio,
soprattutto nei momenti delicati, bene il rovescio, ma con il
diritto devo avere un rapporto
migliore». Match combattuto
fino al 5-4 del primo set, quando Flavia allunga e con sette
giochi di fila mette la vittoria al
sicuro (7-5, 4-0). Domani,
mentre Sara Errani affronterà
la ex numero 1 Caroline Wozniacki che ha dato lo sfratto a
Maria Sharapova, Flavia avrà la
montagna Serena Williams
(doppio 6-3 all’estone Kaia Kanepi) da scalare. «Serena vince
di potenza, è superiore da un
punto di vista fisico. Però, se va
in tensione, può regalare qual-
cosa. Portarcela, è questo il
problema, non è per niente
semplice». Nel 2014 la campagna negli Slam di Serenona(come Federer ne ha chiusi
nella vetrinetta 17) è stata finora fallimentare. «Qui gioca a
casa sua, davanti al suo pubblico. È il suo torneo. Però nel
tennis può accadere di tutto.
Nessuna partita è già persa in
partenza». Tanto più che,
avendo avuto sempre la peggio
con Serena nei cinque precedenti, l’ultimo recentemente a
Cincinnati (doppio 6-2), Flavia
potrebbe contare sulla cosiddetta vendetta dei grandi numeri. La numero 1 d’Italia è ancora in gara anche nel doppio
dove fa coppia con Martina
Hingis, una carriera bruciata
quando la sua giovinezza neanche era cominciata. Il contrario di Flavia che sta meravigliosamente allungando la sua.
Roberto Perrone
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Martedì 2 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Martedì 2 Settembre 2014
Si è serenamente spento
Paolo e Simonetta sono vicini a Cristina per la
scomparsa del caro
Stefano Braghieri
- Milano, 1 settembre 2014.
Leopoldo ed Irene ricordano con affetto l’amico di sempre
Stefano
Gianni, Nicola, Martina, Pietro con Annalisa ricordano con grande affetto
e sono vicini con tutto il cuore a Cristina.
- Milano, 1 settembre 2014.
Stefano Braghieri
Stefano
Dott. Stefano Braghieri
Stefano Braghieri
Lorenzo Bagliano e tutto lo staff di Metco SpA
si uniscono al dolore di Cristina per la perdita del
caro
Stefano Braghieri
Partecipiamo al lutto di Cristina e della famiglia per la scomparsa di
- Milano, 1 settembre 2014.
Con tutto il nostro affetto e partecipazione ci
stringiamo ad Isabella con un abbraccio nel ricordo del caro
Carla Laura e Paolo annunciano con dolore la
scomparsa del caro ultracentenario
Stefano
Tato
Angelo Carini
- Milano, 2 settembre 2014.
Gli amici Paola, Giulia, Renata, Giuseppe, Sergio, Constantin, Riccardo.
- Milano, 1 settembre 2014.
Un ringraziamento particolare al dottor Luigi Carini per le costanti amorevoli cure.- Il funerale si
terrà martedì 2 settembre ore 15 in Cassinetta.Messa sabato 6 settembre ore 11 nella Basilica
di Morimondo e successiva tumulazione.
- Cassinetta, 31 agosto 2014.
Profondamente addolorati per la scomparsa
del caro amico
Stefano
ricordandone la lunga amicizia e la straordinaria
voglia di vivere e di resistere ad ogni sofferenza,
Marino e Lucia con Giacomo sono vicini a Cristina ed Alessandra e le abbracciano con tanto affetto. - Milano, 1 settembre 2014.
Partecipano al lutto:
– Gianfranco e Carla Barazzetta.
Cristiano e Vera si uniscono al dolore di Isabella, Mietta ed Ela per la scomparsa del caro
amico
Partecipano al lutto:
– Lorenza e Franco Passera.
– Giulia e Enrico Rizzi.
– Gabriella Merzagora e figlie.
Alberto e Anita abbracciano Cristina e Alessandra ricordando con tristezza il coraggioso amico
Tato
- Milano, 1 settembre 2014.
Caro
Angelo
Stefano
Ciao
Tato
sei stato presente nella nostra vita con tanta dolcezza, un esempio di libertà e di curiosità di pensiero, di misura e di eleganza, fino alla fine un
giovane incredibile centenario.- Ciao nonno ci
mancherai.- Laura Paolo Luca Maria Giovanni e
Filippo. - Milano, 31 agosto 2014.
- Milano, 1 settembre 2014.
Fausto e Marina, Claudio e Silvia si uniscono
al dolore di Cristina per la perdita di
Stefano
- Milano, 1 settembre 2014.
Pepe e Roberta Levi abbracciano affettuosamente Cristina nel triste momento della perdita
del suo amato
amico fraterno ed insostituibile.- Mario, Adelaide
con Sara e Corrado non ti dimenticheranno mai.
- Villasanta, 2 settembre 2014.
Il Centro Medico Polispecialistico ricorda con
affetto l’amato ex direttore
La Direzione ed i colleghi di Carbocrom partecipano al dolore della famiglia per la perdita del
signor
Dott. Angelo Carini
Perfetto Ghisi
- Zibido San Giacomo, 1 settembre 2014.
nel rimpianto dei collaboratori e medici tutti.
- Cinisello Balsamo, 31 agosto 2014.
Stefano Braghieri
- Milano, 1 settembre 2014.
Ciao
Paola Sturani
Dott. Angelo Carini
La piange la sorella Gabriella con Federica, Matteo, Francesco e le loro famiglie ricordando la
sua esemplare forza d’animo.- Il funerale si svolgerà mercoledì 3 settembre ore 14.45 presso la
parrocchia Sant’Ildefonso.
- Milano, 1 settembre 2014.
Paolo, Marinella, Isabella e Martina stringono in
un forte abbraccio Cristina e Alessandra.
- Bogogno, 1 settembre 2014.
Fausta, Nino e famiglia piangono la scomparsa del carissimo amico
Elena e Stefano abbracciano con affetto Cristina e Alessandra nel ricordo di
e sono vicini a Carla con affetto.
- Novate Milanese, 2 settembre 2014.
Lodovico con Angela, Emmapaola con Gabriele, Lodovico con Anna e i figli piangono la carissima
Dott. Angelo Carini
Stefano
Paola
donna straordinaria che resterà sempre nel cuore
di tutti. - Milano, 1 settembre 2014.
Partecipano al lutto:
– Anna Monti.
– Vittorio Monti.
– Maria Luisa Lucchi.
- Milano, 1 settembre 2014.
Lorenzo e Giovanna commossi si stringono a
Cristina nel ricordo di
Le famiglie Carini, Bellegotti, Rizzi, Valvassori
e Cappelletti sono vicine a Gabriella e famiglie
per la morte della carissima amica di una vita
Il giorno 1 settembre 2014 è venuto a mancare
Stefano
Paola Sturani
Piero Tornaboni
esempio di coraggio e serenità.
- Milano, 1 settembre 2014.
- Milano, 1 settembre 2014.
Dopo una vita vissuta con grande coraggio, avvolto dall’amore dei suoi cari, ne danno il triste
annuncio la moglie Franca Moretti, i figli Pietro e
Emanuele Tornaboni, i nipoti Tommaso, Leonardo, Matias, Alissa, Manuel, Nicole e Luca.- I funerali saranno svolti mercoledì 3 settembre alle
ore 15.30 presso la parrocchia Sant’Andrea Apostolo, Roma via Cassia 731.
- Roma, 1 settembre 2014.
Giovanni Landi è vicino alla famiglia nel ricordare con affetto il caro
Stefano Braghieri
- Milano, 1 settembre 2014.
- Milano, 1 settembre 2014.
Yves Carcelle
- Milano, 1 settembre 2014.
Lo annuncia il figlio Maurizio con Anna, i nipoti
Matteo ed Alessandra.- I funerali con partenza
dalla casa del commiato di Traversetolo, avranno
luogo mercoledì 3 settembre alle ore 10.30 nella
chiesa di Ceretolo, indi al cimitero locale.- Il presente serve di partecipazione e ringraziamento.
- Ceretolo di Neviano degli Arduini, 2 settembre 2014.
e abbracciano tutta la famiglia.
- Firenze, 1 settembre 2014.
Laudomia Pucci assieme a tutto il personale di
Emilio Pucci con immenso dispiacere ricorda
l’amico
Yves Carcelle
Maria Grazia Curletti annuncia con infinito dolore la morte del marito
e si stringe con affetto intorno alla famiglia.
- Firenze, 1 settembre 2014.
ing. Domingo Adorni
Il Presidente di Fondazione Altagamma Andrea
Illy, il Presidente Fondatore Santo Versace, il Presidente Onorario Leonardo Ferragamo, i Vice
Presidenti Francesca Bortolotto Possati, Armando
Branchini, Matteo Lunelli, Claudio Luti, Laudomia Pucci, Paolo Zegna, il Direttore Stefania Lazzaroni, i Consiglieri, gli imprenditori Altagamma
tutti partecipano al lutto della famiglia e del
Gruppo LVMH per la scomparsa di
amato come il primo giorno dopo più di cinquant’anni di vita insieme e lo ricorda ad amici
e conoscenti.- I funerali avranno luogo mercoledì
3 settembre alle ore 10.15 presso la sala mortuaria in via Francesco Sforza 38.
- Milano, 1 settembre 2014.
Yves Carcelle
Avv. Antonio Pinto
ci ha lasciati, ma continua ad essere con noi insieme alla mamma ed a Betti e ci protegge dai
campi elisi.- Isetta e Manlio.
- Milano, 2 settembre 2014.
Gianfranco Viviani
Ferdinanda Dallacasa
ved. Milazzi
Alessandro Castellano e Laudomia Pucci Castellano piangono la perdita del caro amico
2 settembre 2000 - 2 settembre 2014
Da quattordici anni l’
Andrea De Vecchi, Sebastiano Dell’Arte e lo
Studio De Vecchi tutto, partecipano al cordoglio
di Marco Viviani e della sua famiglia per la scomparsa del padre
È mancata all’affetto dei suoi cari
La Direzione, i dirigenti e dipendenti tutti del
gruppo Salini Impregilo partecipano con profondo cordoglio al lutto dell’Ingegnere Enrico Zorgati e della famiglia per la scomparsa del padre
2 settembre 1991 - 2 settembre 2014
Gabriele Zorgati
Grande è la nostalgia struggente e profondo è il
rimpianto, con amore Aurelia.
- Roma, 2 settembre 2014.
Roberto Danzi
Magistrato
- Milano, 1 settembre 2014.
Andreina Longhi, Andrea D’Amico e lo staff di
Attila&Co si stringono all’amico Alessandro per
la triste perdita della mamma
2 settembre 2012 - 2 settembre 2014
Maria Grazia Frangioni
- Milano, 1 settembre 2014.
Il tuo ricordo ci accompagna sempre.- Tua sorella
Luisa, Selvaggia con Matteo Ferdinando.
- Milano, 2 settembre 2014.
Tutta la Direzione Intrattenimento Mediaset si
stringe a Giuseppe per la scomparsa del papà
Dopo diciannove anni dalla sua scomparsa la
famiglia ricorda sempre con immutato affetto
Adriano Danesi
Ivo Candia
Giancarlo Bianchi
- Milano, 2 settembre 2014.
- Cologno Monzese, 1 settembre 2014.
RCS MediaGroup S.p.A. - Via Rizzoli,8 - 20132 Milano
che ha profondamente innovato l’industria di alta gamma nei venti anni a capo di Louis Vuitton.
- Milano, 2 settembre 2014.
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Corriere della Sera
e si stringono con amicizia alla famiglia in questo
tristissimo momento.
- Firenze, 2 settembre 2014.
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è mancato all’affetto dei suoi cari l’
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L’INVIO DI UN FAX DEVE ESSERE ACCOMPAGNATO DA COPIA DI UN DOCUMENTO DI IDENTITA’
Avv. Italo Rossi
Diritto di trasmissione: pagamento anticipato € 1,67 - pagamento differito € 5,00
già Direttore Centrale della Banca Commerciale
ed ex alpino.- Ne danno il triste annuncio la moglie Nelida, la figlia Elisabetta con Marino, Stefano e Federico, la figlia Raffaella con Alfredo,
Guia con Michel, Sebastien e Margot, Marta e
Cecilia, il fratello Piero, le cognate Silvana, Pinuccia e Mirella, i nipoti ed i parenti tutti.- Si ringraziano per la premurosa assistenza il Dottore
Marco Frangi, Giancarlo Sale e tutti coloro che si
sono prodigati nelle cure.- I funerali saranno celebrati in Milano oggi, martedì 2 settembre alle
ore 11 nella chiesa di Sant’Ildefonso, piazza Damiano Chiesa. - Milano, 31 agosto 2014.
PER PAROLA:
Necrologie: € 5,00
Adesioni al lutto: € 10,00
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trigesimi e ringraziamenti: € 540,00
A MODULO:
L’accettazione delle adesioni è subordinata
al pagamento con carta di credito
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mercoledì 9/12.30 - giovedì/venerdì 14/17.30
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PER PAROLA:
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trigesimi e ringraziamenti: € 258,00
Servizio sportello da lunedì a venerdì: Milano: Via Solferino 36 orario continuato dalle 9 alle 17.45
Informativa ai sensi dell’art. 13 D.Lgs. 196/2003 (“Codice in materia di protezione dei dati personali”).
Gli amici di sempre ricordano
Marisa Del Fabbro
Cara Marisa dolce amica di tempi bellissimi, ti
ricorderemo sempre così meravigliosa ed allegra.- Riposa in pace.- Guerrino, Ketty e Lella si
stringono a Piero, Cristina e alla mamma nel loro
dolore. - Milano, 1 settembre 2014.
Il Tempo
- Milano, 1 settembre 2014.
- Milano, 1 settembre 2014.
Guido Galli
Ciao papà mi manchi infinitamente, anche se ti
sento sempre al mio fianco, mia luce, mio faro,
mia guida.- Un abbraccio con infinito amore dalla moglie Tina, dal figlio Mirko, da Agata, nel tuo
ricordo. - Milano, 2 settembre 2014.
Angioletta Rovida
Mariapia Bitti
dell’Aquila d’Aragona
Principessa di Piedimonte
Il Presidente Gaetano Marzotto, l’Amministratore Delegato Raffaello Napoleone e i Consiglieri
di Pitti Immagine ricordano con profondo affetto
È mancata
Il Gruppo Bellegotti partecipa al dolore della
famiglia per la perdita del
esempio di rettitudine, professionalità e benevolenza. - Cinisello Balsamo, 31 agosto 2014.
Stefano
Dainella Gaetani
Tato
- Appiano Gentile, 1 settembre 2014.
2 settembre 2012 - 2 settembre 2014
- Roma, 1 settembre 2014.
I condomini di via degli Scipioni 6 Milano e
l’Amministrazione esprimono le più sentite condoglianze alla famiglia Rovida per la grave ed
improvvisa perdita della loro cara congiunta
- Milano, 1 settembre 2014.
Lorenzo e Lucia Lucchini si stringono con affetto a Nuccio e alla sua famiglia per la scomparsa
della cara mamma
Donna
Paolo Da Sacco
Ogni mattina e ogni sera il primo pensiero è per
te.- Jeannette.- Paolo sarà ricordato domenica 7
settembre ore 18.30 chiesa Santa Maria Incoronata corso Garibaldi 116.
- Milano, 2 settembre 2014.
Carmelina Pullerà
Maria Pia Bitti
Paolo e Francesca Scaroni sono vicini ad Isa,
Ghilla e la famiglia tutta nel dolore per la scomparsa di
2 settembre 2013 - 2 settembre 2014
Il Presidente e la Giunta dell’Unione delle Camere Penali Italiane si stringono con affetto
all’avvocato Beniamino Migliucci in occasione
della scomparsa della cara mamma
- Segrate, 1 settembre 2014.
Bianca, Alberto, Alessandra e Cristiana sono
vicini a Nuccio e alla sua famiglia per la perdita
della mamma
Dainella
- Milano, 1 settembre 2014.
Addolorati Anna, Leo e Iaia si stringono a Isabella e Mietta per la perdita del loro caro
Dott. Stefano Braghieri
Giorgio si stringe forte in un abbraccio a Cristina ricordando con grande affetto l’amico
- Roma, 1 settembre 2014.
- Milano, 1 settembre 2014.
I condomini e l’amministratore del condominio
di piazza della Repubblica 22, Milano partecipano al lutto della famiglia per la scomparsa del
signor
Stefano
Carla Uboldi, Franco Taddio, Patrizia, Giorgio,
Monica, Giulio, Diana, Sebastiano e Guido.
- Milano, 1 settembre 2014.
Fiorenzo
Gae e Albertina si stringono con affetto a Boni,
Isa e Ghilla, nel ricordo della cara
Gaetano Logrieco
- Milano, 1 settembre 2014.
- Milano, 2 settembre 2014.
Il Direttore di Grazia Silvia Grilli e tutta la redazione sono affettuosamente vicini a Mauro Davico per la scomparsa del papà
Donna
I condomini e l’amministratore di via delle Stelline 2 Milano partecipano al dolore della famiglia
per la perdita del signor
Il Presidente, il Comitato Direttivo ed i colleghi
di Henkel Italia esprimono alla famiglia Giacchi
il più sentito cordoglio per la scomparsa del loro
caro
Alberto Giacchi
- Milano, 2 settembre 2014.
Ettore e Lilia abbracciano con affetto Giovanni,
Boni e Ghilla per la scomparsa della loro nonna
e mamma
Diego Pini
Non è semplicemente mancato un uomo.- Purtroppo il destino è un mare senza sponde e con
improvvisa furia ci sommerge e ci annulla.- Per
la tua famiglia, per i giovani, per la politica, per
lo sport hai lottato con serenità fino all’ultimo
istante.- Grazie.- I tuoi amici Maurizio, Elia e Lele. - Milano, 1 settembre 2014.
è andata in Paradiso.- Lo annunciano Mariarosa
e Franco con figli e nipoti.- I funerali avranno luogo in Seveso nella parrocchia dei SS. Gervaso e
Protaso mercoledì 3 settembre alle ore 14.30.
- Seveso, 1 settembre 2014.
Fiorenzo
Dainella Gaetani
Tato
amico e gentiluomo.
- Milano, 1 settembre 2014.
Sandra Veronese Morelli
Il direttore Umberto Brindani e la redazione del
settimanale Oggi sono vicini al Dottore Mauro
Davico per la scomparsa del padre
dell’Aquila d’Aragona
Principessa di Piedimonte
Puni Gianarmando Maddalena si stringono a
Isabella e uniti alla famiglia Ghisi piangono la
perdita di
Dott. Stefano Braghieri
- Milano, 1 settembre 2014.
Fiorenzo Davico
- Roma, 2 settembre 2014.
Partecipano al lutto:
– Giulia e Bogi Spinelli.
– Giuliana e Fabrizio Micheloni.
– Inghe e Salvatore Siracusa.
- Milano, 1 settembre 2014.
Lorenza, Bruno e Sabrina sono vicini all’amica
Cristina per la dolorosa scomparsa del caro
"Tu solo, Signore, al sicuro mi fai riposare".
(Salmo 4)
La "Prof" di matematica che ha insegnato a più
generazioni
Partecipano al lutto:
– Marina Giuliani.
– Giorgio Gabrielli.
Dainella Gaetani
ti porteremo ogni giorno nei nostri cuori.- Abbracceremo sempre con affetto Isa.- Le tue sorelle Mietta e Ela con famiglie.
- Milano, 1 settembre 2014.
Claudia e Maurizio Dattilo partecipano con
profondo cordoglio al lutto di Cristina per la
scomparsa del suo amato
Il Direttore Generale Raimondo Zanaboni, i dirigenti e i colleghi di RCS MediaGroup - Direzione Pubblicità partecipano sentitamente al cordoglio del dottore Mauro Davico per la scomparsa
del padre
- Milano, 1 settembre 2014.
Antonio e Daniela, Roberta e Carlo, Anna e
Luigi si stringono con affetto a Bonifacio, Isabella,
Ghilla e a tutti i nipoti nel ricordo commosso di
Donna
Tato
- Milano, 2 settembre 2014.
Cara Cristina non senza intima commozione per
la dolorosa perdita e la tua ammirevole abnegazione siamo vicini a te ed Alessandra.- Lella Lidia
Sebastiano Ambra Camillo Antonietta.
- Milano, 1 settembre 2014.
Dainella
e sono vicini a Boni, Isabella, Ghilla e Giovanni
con grande affetto.
- Bolgheri, 1 settembre 2014.
Partecipano al lutto:
– Nanni, Patrizia, Maurizio e Tita.
– Ivonne e Nino Lumbau.
– Laura Colombo.
Guido e Patrizia ricordano con affetto il loro
amico
e abbracciano Cristina e Alessandra.
- Cesena, 1 settembre 2014.
Costanza e Olimpia, Filippo, Costantino, Barù
rimpiangono
Tato Ghisi
compagno di una vita, hai finito di soffrire.- Con
tutto il mio amore un immenso abbraccio.- Un
ringraziamento particolare a Ramil che lo ha assistito con tanto affetto e al Dottor Banfi per le
doti professionali e umane.- I funerali si terranno
nella parrocchia dei Santi Silvestro e Martino in
via Maffei il giorno 2 settembre alle ore 14.45.Tua per sempre Isabella.
- Milano, 1 settembre 2014.
Stefano
Lo annunciano la moglie Cristina e la figlia Alessandra.- Tu che hai affrontato con incredibile coraggio una lunga e terribile malattia, aiutaci a
sopportare questo dolore.- Il funerale avrà luogo
il 2 settembre alle ore 14.45 nella chiesa di San
Gioachimo. - Milano, 1 settembre 2014.
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misure di sicurezza. I dati saranno trattati da RCS MediaGroup S.p.A. esclusivamente con modalità e procedure necessarie per
fornirLe il servizio da Lei richiesto. I dati non saranno diffusi ma potranno essere comunicati, sempre per la predetta finalità, a
Otto Ermacora
e partecipano al lutto della famiglia: Giorgio e
Viviana con Roberto, Gianni e Mariolina con Silvia e Stefano, Piera con Paola e Claudia, Paola
e Lucio. - Milano, 1 settembre 2014.
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Martedì 2 Settembre 2014 Corriere della Sera
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Tv in chiaro
Teleraccomando
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di Maria Volpe
PER CONOSCERE
PER DISTRARSI
Baker, da cantante Il dj Williams
ad attivista
sostiene le truppe
Puntata dedicata a
Josephine Baker (foto),
ballerina e cantante nata in
povertà nel mid-west degli
Stati Uniti. Decisa a sfuggire
a una vita di privazioni si
trasferisce a Parigi. Famosa
per la sua «Banana Dance»,
eseguita alle Folies-Bergère
alla fine del 1920, Josephine
guadagna moltissimi soldi.
Dopo la guerra continua la
sua lotta per i diritti civili e
adotta dodici figli
provenienti da diversi Paesi
del mondo. Tornata negli
Stati Uniti partecipa alla
marcia su Washington nel
1963 con Martin Luther
King Jr. come unica oratrice
femminile.
Il film di Barry Levinson con
Robin Williams (foto)
protagonista, nei panni
dell’aviere Adrian Cronauer
che — durante la guerra in
Vietnam — viene inviato a
Saigon e, in breve tempo, con
il suo programma radiofonico
«Good Morning Vietnam»
diventa il disk-jockey più
amato dalle truppe
americane. Ma il suo
anticonformismo gli
procurerà problemi con i
diretti superiori. Difeso in
prima persona dal generale
Taylor, alla lunga Cronauer
sarà accusato di collusioni con
i Vietcong e costretto a tornare
in patria. Massima prova di
talento del grande Robin.
Donne straordinarie
Rai Storia, ore 21.15
Good Morning Vietnam
Rai Movie, ore 21.15
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La tragica infelicità
del professore Firth
Il gorilla Kong
innamorato di Naomi
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La fine tragica di un amore e
la cultura omofoba degli Stati
Uniti dei primi anni 60 sono il
contesto in cui un professore
universitario (Colin Firth, foto)
decide della propria vita.
A Single Man
Rai5, ore 21.15
Troupe cinematografica approda
su un’isola misteriosa per girare
un film d’avventura. Qui incontra
un gorilla gigante, Kong, che si
mostra attratto dall’attrice del
cast, Ann (Naomi Watts, foto).
King Kong
Rete4, ore 21.15
Notte di musica
con il Liga
Beck, nuovo caso
da risolvere
Ligabue si racconta durante il
suo «Mondovisione tour - Stadi
2014». Arricchito dal contributo
di amici e colleghi, ci saranno
anche le immagini del tour.
Luciano Ligabue - Questo è il
mio mondo
Rai1, ore 23.20
«Il grande ritorno». Durante
un concerto, uno sconosciuto
si avvicina a Ben (Tom Beck)
per dirgli di aver assistito a un
omicidio nel backstage. A
seguire l’episodio «Avidità».
Squadra Speciale Cobra 11
Rai2, ore 21.10
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Corriere della Sera Martedì 2 Settembre 2014
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Film
e programmi
Cotillard cerca
il fidanzato disperso
L’aviatrice Marie Vallières de
Beaumont (Marion Cotillard, foto)
parte alla ricerca del compagno
disperso in Africa. Costretta ad
atterrare nel deserto, viene
soccorsa da un tenente che...
L’ultimo volo
Sky Cinema 1, ore 21.10
Lundgren contrasta
traffico di droga
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internazionale di cocaina gestito da
un boss di Los Angeles, scatenando
così una dura guerra tra assassini
spietati e poliziotti corrotti.
Hard Rush
Sky Cinema Max, ore 21
Eastwood e compagni
in orbita contro i russi
Nel 1998 quattro vecchi ex piloti
collaudatori (tra cui Clint Eastwood,
foto) si fanno mandare in orbita a
riparare un satellite russo di
telecomunicazioni, che trasporta in
realtà sei testate nucleari.
Space Cowboys
Studio Universal, ore 21.19
Dominic Cooper
è Ian Fleming
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Da stasera la miniserie in quattro
puntate ispirata alla vita dello
scrittore Ian Fleming durante la
Seconda Guerra Mondiale, prima
della nascita del suo personaggio
più famoso, l’Agente 007.
Fleming - Essere James Bond
Sky Atlantic, ore 21.10
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I Classici dell'estate
di Maurizio Porro
Genitori progressisti
a cena con Poitier
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iunione di famiglia, cui segue processo di famiglia e
sentenza: per favore urge identificarsi nella middle
class che si batte per le conquiste civili.
Come accade in certe commedie di oggi — da A
cena fra amici a Carnage per non parlare di Chi ha
paura di Virginia Woolf? — Indovina chi viene a cena?, best
seller del 1967, terzo Oscar per la grandissima Katharine Hepburn, era una commedia in interni sorretta dalla forza del dialogo (allo sceneggiatore William Rose il secondo Oscar), dal
gusto della chiacchiera casual con cui si potevano toccare temi
forti con attori sensibili come pochi altri.
Allora era il razzismo il tabù e la storia (naturalmente offerta anche a teatro) è quella di una coppia di coniugi progressisti
di San Francisco educatamente scioccati quando la figlia si
presenta a casa con un promesso sposo di colore, medico di
belle maniere, bella presenza e dotato di massima
educazione tanto che lascia la monetina dopo la
telefonata: beato subito.
Erede della grande commedia americana di Sturges o La Cava che fu molto
impegnata, ma senza sottolinearlo, l’opera di Stanley Kramer è una perfetta
macchina di commozione
e di riscossa. Oggi il film è
utile più di ieri e meno di
domani anche se Obama è
presidente: si dice che il
razzismo sia vinto, in realtà esso si è allargato ed è
diventato un «patrimoSul set Poitier e Houghton nel fim nio» universale trasversale della peggior umanità.
Tracy e la Hepburn, coppia fintamente segreta di Hollywood, sono anche loro un patrimonio e Spencer, che aveva spinto
il progetto, girò il suo ruolo già malato, tanto che non vide
l’uscita del film né il suo successo. La radical snob Mrs. Hepburn è un’attrice di cui ci sentiamo orfani ogni giorno, mentre
i giovani sono Katharine Houghton (la nipote della protagonista) e Sidney Poitier, primo divo di colore che sceglieva per la
causa dell’eguaglianza la perfetta arma impropria di una commedia.
Disse allora la Hepburn, che accettò il nome come terzo nel
poster: «Oggi questa storia fa scandalo ma fra 50 anni sarà sepolta sotto una valanga di matrimoni misti». Quando ritirò
l’Oscar mentre per Tracy ci fu solo la nona nomination (non
era prevista la statuetta in memoriam), disse: «È per tutti e
due, ne sono sicura». Lacrime chic.
Indovina chi viene a cena?
Sky Cinema Classics, ore 21
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Martedì 2 Settembre 2014 Corriere della Sera