Le pagode viventi a cura del Vipassana Research Institute 303

Pagode viventi
a cura del Vipassana Research Institute
Pellegrinaggio nei luoghi del Buddha - A Sanchi, Sariputta e
Mogallana - In India e altrove - La pagoda di Shwedagon in
Myanmar - La pagoda voluta da U Ba Khin - La pagoda a
Dhammagiri, India - Il centro in Australia - Una cupola negli
Stati Uniti - Conclusione
Dalle giungle giavanesi alle steppe mongole, dalle
montagne afgane alle coste nipponiche, nel paesaggio asiatico ci sono monumenti che testimoniano
la forza dell’insegnamento del Buddha. Solide costruzioni in muratura e aeree torri di legno, pietra
nuda corrosa dal tempo e oro incrostato di gemme,
imponenti guglie e semplici tumuli: tutti sono un
omaggio all’insegnamento dell’Illuminato.
I tumuli di pietrisco, ricoperti di pietre ed eretti
in collina, sono chiamati, secondo il luogo, pagode,
stupa o cetiya (questi ultimi due sono termini pali).
Le strutture originarie erano più piccole e semplici
di come le vediamo oggi. I cancelli e le balaustre con
sculture elaborate sono aggiunte successive. E originariamente erano eretti in onore di capi importanti.
In India, l’uso di erigerli sembra risalga a tempi immemorabili.
Pellegrinaggi nei luoghi del Buddha
Nel Maháparinibbána sutta, il discorso sugli ultimi
giorni di vita del Buddha, si accenna alla costruzione
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di dieci stupa per conservarne i resti. Si ritiene che
uno di questi sia tuttora sul luogo della cremazione
(a Kushinagar, nell’attuale Uttar Pradesh): è una
collina artificiale, di forma irregolare, ricoperta di
vegetazione e dominante la pianura; di essa colpisce
la nuda semplicità.
Gli stupa divennero luogo di pellegrinaggio, dove
i seguaci del Dhamma si riunivano per manifestare
gratitudine verso il Maestro. “Chiunque deponga
qui corone, profumi e offerte colorate, con cuore
devoto, ne trarrà a lungo beneficio e felicità” (dal
Maháparinibbána sutta).
Questi monumenti furono a tal punto identificati
dal sentimento popolare con la figura del Buddha,
che essa, nella primitiva arte buddhista, era rappresentata con uno stupa. Man mano che l’insegnamento si diffondeva, furono eretti altri tipi di monumenti per onorare l’Illuminato e i suoi principali
discepoli.
La tradizione attribuisce all’imperatore Asoka la
costruzione di ben 84 mila stupa, sparsi in tutto il
suo regno; ognuno dei quali contenente una reliquia
proveniente dai primi dieci stupa.
Le ricerche archeologiche confermano che al
tempo di Asoka, duecento anni dopo il Buddha,
furono realizzate numerose costruzioni.
A Sanchi, Sariputta e Mogallana
Le pagode di Sanchi, nell’India centrale, sono le
meglio conservate, tra quelle del periodo di Asoka.
(http://www.youtube.com/watch?v=niqdbOOPAWo).
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Durante gli scavi, il famoso archeologo Alexandre
Cunningham trovò reliquie dei due principali discepoli, Sáriputta e Mogallána. “Mentre scavava un’apertura al centro dello stupa, Cunningham si imbatté in
una grande lastra di pietra, lunga più di un metro
e mezzo e orientata da nord a sud; sotto di essa vi
erano due cofanetti di arenaria grigia, ognuno con
una breve iscrizione sul coperchio, in carattere brahmani (lingua indiana antica). Sul cofanetto rivolto a
sud, era scritto: Sáriputtasa “reliquie di Sariputta”, e
quello a nord portava l’iscrizione Mahámogallánasa
“reliquie di Mahá Mogallána”.
Erano contenuti piccoli frammenti di ossa in bianche urne di steatite, insieme a pietre preziose e a resti
di legno di sandalo, provenienti forse dalla pira funeraria. Le reliquie furono portate in Gran Bretagna,
poi restituite quando l’India ottenne l’indipendenza,
e ora sono a Sanchi. Ma più sorprendente fu la scoperta di urne contenenti reliquie dello stesso Buddha.
In India e altrove
Straordinari furono i ritrovamenti a Peshawar in
Pakistan nel luogo dell’antica città di Purushapura
e a Piprahva in Uttar Pradesh, dove sorge uno dei
rari stupa precedenti il regno di Asoka. Alcune reliquie sono conservate a Sarnath, da dove il Buddha.
iniziò il suo insegnamento. Altre furono mandate
in Myanmar e sono conservate a Mandalay, in un
tempio.
Non tutte le prime costruzioni furono reliquiari, usati solo a scopo devozionale; in molti luoghi si
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erigevano edifici o talvolta si scavavano grotte, con
piccole nicchie per la meditazione, chiamate sale cetiya. In alcuni casi, l’elemento centrale della sala era
un piccolo stupa, in altri casi - come si può notare
nei resti a Bairat in Rajastan - il locale stesso aveva
la forma circolare di uno stupa, attorno al cui muro
esterno si apriva una serie di celle.
Quando l’insegnamento si diffuse fuori dall’India,
si estese anche l’uso di costruire stupa, come ad
Anudharapura, Sri Lanka e a Borobudur, nel centro
di Giava, dove uno stupa corona la massiccia mole
del tempio.
La pagoda Shwedagon in Myanmar
La più grande è la pagoda di Shwedagon a Ran­
goon, in Myanmar. Secondo la leggenda, fu il primo
stupa birmano in onore del Buddha., per venerare
alcuni suoi capelli che egli stesso aveva dato come
reliquia a due commercianti birmani che lo avevano
ossequiato subito dopo la sua Illuminazione.
A proposito di questa leggenda, U Ba Khin scrive:
“Quei due commercianti avevano avuto il privilegio
di diventare i primi discepoli laici, ma erano suoi
seguaci solo per fede, senza l’esperienza pratica, che
è la sola che avrebbe potuto liberarli dalla sofferenza.
La fede è indubbiamente un requisito preliminare
importante, ma ciò che conta è la pratica degli insegnamenti. E’ per questa ragione che il Buddha. disse: “Il sentiero deve essere percorso personalmente,
da ciascuno: i Buddha possono solo indicare la via.”
Si pensa che lo Shwedagon originario fosse alto
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venti metri; spesso gravemente danneggiato da terremoti, ogni volta fu ricostruito ingrandendolo, così
la sua forma, da emisferica (come i monumenti di
Sanchi) divenne via via sempre più somigliante a
un’aggraziata campana dorata, tipica delle pagode
birmane odierne.
Nel sec. XVIII raggiunse l’altezza attuale di 36,5
metri, con la cuspide sormontata da un ombrello
dorato, cui sono appesi numerosi campanellini tintinnanti al vento. Sulla punta, un grosso diamante
che rappresenta il gioiello dell’insegnamento: l’Illuminazione. Shwedagon è il più grande e il più venerato, ma è uno dei numerosissimi stupa della Birmania, chiamata, infatti “terra delle pagode”.
Il suo paesaggio è disseminato di monumenti e
ogni villaggio ha il suo stupa, piccolo e imbiancato,
invece che dorato.
La pagoda voluta da U Ba Khin
Non fa meraviglia quindi, che all’inizio degli anni
’50 a Rangoon, U Ba Khin nel progetto del centro
di meditazione da lui fondato, inserì una pagoda; vi
aggiunse innovazioni che Goenka spiega:
“La tradizionale pagoda birmana è una struttura
compatta, usata dai devoti per offerte e preghiere,
ma Sayagyi non aveva bisogno di un edificio simile.
La sua idea era di lasciarlo vuoto all’interno e costruirvi intorno celle di meditazione; riuscì a realizzare
il suo progetto malgrado le obiezioni di alcuni buddhisti più tradizionalisti. Nel suo centro di meditazione, Centro, costruito sul pendio di una collina, la
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pagoda è un’aggraziata cupola sopra la sala di meditazione centrale, dove sta il maestro. Intorno, otto
piccole celle per gli studenti, ognuna col soffitto a
pagoda e la porta che apre sulla scala centrale. Più
in basso, un semicerchio che segue la curva naturale
della collina, con altre ventisei celle. (…) Essa si rifà
alle sale cetiya, scoperte a Bairat e altrove, costruite
ai tempi in cui l’insegnamento era al suo massimo
rigore. Scegliendo questo tipo di costruzione egli
volle rendere visibile che il miglior modo di onorare
il Buddha, è l’esperienza della meditazione Vipassana.”
La pagoda a Dhammagiri, India
Fondata la Vipassana International Academy, a
Dhammagiri in India, per il centro di meditazione
fu preso a modello il centro di Rangoon: la pagoda
di meditazione è la copia esatta di quella del centro
birmano.
Il nucleo della struttura a Dhammagiri fu inaugurato il 15 marzo 1979; le otto celle superiori sono
uguali a quelle di Rangoon, mentre, la differenza è
determinata dal terreno piano, che ha permesso la
costruzione di un cerchio completo di ventiquattro
celle.
Per rispondere alle sempre crescenti esigenze dei
meditatori, si sono aggiunti anelli concentrici di celle, fino all’odierno ultimo anello di 280 celle (1990,
n.d.r.). Con le sue due sale adiacenti, il centro di
Dhammagiri è un felice esempio di costruzione adibita alla meditazione, che ne permette l’esercizio
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nell’atmosfera più idonea. “Il centro di meditazione ideale è progettato scientificamente e permette
di vivere e meditare, ognuno nella propria cella”
(Goenka.)
I centri indiani di Jaipur e Hyderabad ripetono lo
stesso modello, ma da tempo anche fuori dall’India
ci sono progetti per realizzare centri che ospitino
corsi lunghi di un mese e più.
Conclusione
I grandi stupa reliquiari indiani, le pagode dorate
birmane, i monumenti degli altri paesi buddisti, i
cortei di pellegrini che si recano a ossequiare Buddha, Dhamma e Sangha, essi sono tutti fonte di
ispirazione. Ma di ancor maggiore ispirazione è il
pensiero delle pagode viventi che stanno sorgendo
sia in India che in occidente, per servire moltitudini
di meditatori e le generazioni future.
Tutti colori che giungeranno a queste moderne
cetiya, potranno onorare il Buddha, poiché s’incammineranno sul sentiero, praticando l’insegnamento
nella sua forma autentica e compiendo sforzi per divenire Sangha.
Pubblicato in NotiziarioVipassana Italia, 1990
Revisione di Biblioteca Vipassana, 2013
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