MUSICA E MATEMATICA I NUMERI NELLE NOTE CHE CI CIRCONDANO Alunno: Federico Alessandro Vitalone (Classe 3B, a. s. 2013 – 2014, Liceo Scientifico “8 Marzo, Settimo torinese, TO) Referente: Prof.ssa Giuseppina Tarantino La matematica e la fisica sono due discipline che permeano la vita di tutti i giorni. Non bisogna mai dimenticare che se si parla di fisica, non si può fare a meno di parlare di matematica. Sono effettivamente le due chiavi di lettura dell’intera fenomenologia naturale, mentre potremmo definire le scienze come la loro osservazione oggettiva. Ciò significa che secondo leggi fisiche - e dunque matematiche - si verificano fenomeni quotidiani quali mettere un chiodo, piuttosto che prendere una cosa al volo o far cuocere della pasta. Tutti i nostri gesti sono governati da precisi fenomeni fisici, inquadrabili in leggi, solo che non ce ne si rende conto. La maggior parte di essi sono infatti dettati dall’istinto o dall’esperienza. Ci sono però dei casi in cui la fisica travalica l’aspetto quotidiano, e riesce ad arrivare dritta alle emozioni umane. E’ il caso dell’arte. Nella danza, la fisica applicata al corpo compone forme e movimenti nello spazio che sanno suscitare le più grandi emozioni e i più grandi struggimenti in opere quali “Il lago dei cigni”, o “Giselle”, o “Romeo e Giulietta” e tante altre. Ridurre tutto ciò a semplici principi di dinamica rotazionale e classica non sarebbe corretto, in quanto si dimenticherebbe che in quel caso la fisica e la matematica diventano in un certo senso serve (nell’accezione più nobile del termine) dell’Arte e di quelle Muse greche che hanno ispirato e ispirano ancora migliaia e migliaia di uomini. Non si dimentichi però che se non esistesse la fisica, e se essa non fosse soprattutto regolata da leggi matematiche, l’Arte stessa non sarebbe possibile. Per essere più chiari si può prendere d’esempio nel dettaglio la Musica e ciò che ne regola la vita, l’Armonia. La musica, si sa, è regolata da leggi precise, che dai tempi dei Greci sono diventate man mano sempre più palesi. Non è un caso che le prime leggi regolanti la musica siano state scoperti da eminenti matematici. Per esempio, il concetto di ottava venne introdotto proprio dai Greci, in particolare da Pitagora. Questi prese una corda e si rese conto che lo stesso suono si riproponeva ad altezze sonore diverse e ben definite. In particolare se tra il suono ϴ₀ e il suono ϴ1 intercorreva sulla corda una lunghezza x, tra il suono ϴ1 e il suono ϴ2 intercorreva una distanza 1/2x. In questo grafico si vede come una corda, divisa in segmenti, dia origine, se messa in vibrazione, a ottave riducendo i segmenti sempre della metà rispetto a quello precedente. C’è dunque da aspettarsi che acusticamente l’intervallo, misurato in Hz, dell’ottava 1 sia esattamente la metà di quello dell’ottava 2, in quanto si sa che la lunghezza di una corda è inversamente proporzionale alla frequenza, secondo la formula . Infatti così è. Le ottave procedono con un incredibile rapporto di 2, per cui un Do1 ha frequenza 16, un Do2 ha frequenza 32, un Do3 ha frequenza 65 (non si sta tenendo conto dei decimali per semplice comodità) e così via. Per cui il Do all’ottava superiore avrà frequenza sempre doppia rispetto a quello dell’ottava inferiore. Pitagora probabilmente non scoprì il principio fisico del fenomeno, ma trovò il principio matematico per cui su una corda di uno strumento, le ottave procedevano per lunghezze sempre ben stabilite, secondo un rapporto di ½. Successivamente si poté inquadrare la musica greca in questo schema di ottava. L’unità fondamentale della musica greca divenne così il tetracordo, tanto quanto oggi lo è per noi la triade musicale. Il tetracordo era una successione di suoni discendenti compresi nell’ambito di una quarta giusta, (un intervallo musicale). Questo intervallo, che oggi con il moderno sistema ben temperato potremmo dire essere il prodotto tra il suono fondamentale e una costante pari a circa 1,335, era in quell’epoca considerato un intervallo fisso, non mobile e importante. Anche il sistema musicale bizantino,infatti, da cui poi prenderanno spunto i modi gregoriani del Medioevo, era basato su questo intervallo. I tetracordi si divisero in tetracordo diatonico, cromatico ed enarmonico, rispettivamente, costituiti da 2 intervalli di tono (oggi paragonabili a Do-Re) e un semitono (Do-Do#) , da una terza minore (Do-MIb) e 2 intervalli di semitono, o da una terza maggiore e 2 micro intervalli di un quarto di tono. In termini fisici, nel sistema musicale moderno ben temperato, una nota è alzata di un semitono rispetto a un’altra quando è 1,059 Hz più alta. Una cosa importante da rilevare è che nel nuovo sistema musicale non esiste il quarto di tono, che probabilmente può valere come rapporto di 0,529. E’ curioso anche notare, a proposito dei semitoni, come le differenze tra la frequenza di una nota e di un’altra nota di un semitono più alto sembrino seguire per ben 7 ottave le potenze del due (fDo#1-fDo1 = 1; fDo#2-fDo2 = 2; fDo#3-fDo3 = 4; fDo#4-fDo4 = 8; fDo#5-Do5 = 15,5; fDo#6-fDo6 = 31; fDo#7-Do7 = 62). Tornando al mondo greco, a ogni tetracordo corrispondeva un modo musicale dorico, frigio e lidio (oggi i nostri modi vengono identificati come modo maggiore e modo minore) . Quindi, in base a dei rapporti - si presuppone all’epoca sconosciuti - puramente matematici la musica veniva articolata in ben tre modi, seguendo tre schemi ben diversi. Si sappia anche che il sistema musicale era ben lontano da quello a cui noi siamo abituati oggiogiorno, cioè a quello che può essere riportabile su una tastiera. Noi siamo abituati a ragionare musicalmente in un sistema definito “ben temperato”, ovvero in cui tutti i rapporti fra le note sono ben definiti, con due semitoni nella scala maggiore collocati tra la terza e la quarta nota e tra la settima e l’ottava nota. All’epoca invece la musica era un sistema ben più complesso, basato su sfumature di suono, decimali di Hz - come si è potuto vedere - che assumevano un ben specifico significato. E’ evidente quindi come gli strumenti matematici difficilmente possano analizzare in maniera chiara e completa un sistema basato su così tante variabili di suono. Prima di passare dunque al sistema che più ci è familiare, usato e sentito quotidianamente, e che dunque facilita il lavoro di revisione musicale dal punto di vista fisico - matematico, vale la pena spendere due parole sul mondo medievale, che ha gettato le basi per il sistema moderno. I canti ecclesiastici, considerati una delle possibili comunicazioni con Dio e quindi con armonie particolari e suoni sacri, seguono delle leggi ben specifiche e definite, che variano però a seconda del periodo storico. In origine questi si basavano su modelli - come già accennato - bizantini, sugli “Oktoechos” bizantini, o otto modi, basati principalmente su due note: la “finalis” e la “repercussio”, a distanza di una quinta salendo e di una quarta scendendo. Questi 2 intervalli verranno usati in tutte le musiche da messa, e le prime polifonie avrebbero seguito dei “discanti” di quarta o di quinta, secondo dunque rapporti ben definiti di Hz. Dal punto di vista ritmico, l’ordine venne di nuovo portato dalla matematica, nelle mani di Francone da Colonia. Infatti prima di questo personaggio la ritmica non venniva scritta e i testi musicali venivano eseguiti secondo il sillabare del testo, e non secondo dei valori fissati, con la conseguente differenza di misura. Francone da Colonia stabilì che ci fossero 4 valori ritmici: la Maxima, la Longa, la Brevis e la Semibrevis. Più tardi all’elenco sarebbero state aggiunte la Minima e la Semiminima. Precisati i valori delle note, andavano configurati i rapporti fra di esse, ovvero quante “longae” valesse una “maxima” e così via. Fu così che una nota divenne perfecta o imperfecta, a seconda che essa fosse misurata rispettivamente da 3 o da 2 note precedenti ( una longa perfecta contava tre tempi e dunque tre breves, una longa imperfecta contava due tempi e dunque due breves). In seguito la divisione della longa si sarebbe chiamata modus (da non confondere col modo armonico, quali maggiore o minore), la divisione della brevis tempus e la divisione della semibrevis prolatio. Ciò conseguì che ognuno di queste suddivisioni fosse indipendente, creando dei brani musicali con incredibili variabili ritmiche, come la Missa Prolationum di Ockeghem. La ricercatezza matematica in musica divenne una moda durante il quindicesimo secolo, in particolare nelle fiandre. Una delle evoluzioni più grandi dal punto di vista della scientificità dell’armonia musicale si ebbe con le “Istituzioni armoniche” di Gioseffo Zarlino nel 1558. Egli stabilì che agli 8 modi gregoriani venissero aggiunti altri 2 modi, quelli che oggi corrispondono al modo maggiore e al modo minore. Non potendo più ignorare ormai la presenza di accordi, ovvero la presenza di più suoni in una stessa emissione, Zarlino stabiliì la natura della triade. La triade venne definita come l’accordo composto dai primi 6 suoni della successione armonica della nota fondamentale della triade, oggi detta “tonica”. E’ dunque evidente come, nella nascita dell’armonia moderna, la fisica e la matematica intervengano più che attivamente. Oggi il nostro sistema musicale è diviso in due modi, maggiore e minore, prevalentemente otto sistemi ritmici, con ciascun’ottava suddivisa in 12 semitoni, o 6 toni. Nel modo maggiore i semitoni sono posti tra la terza e la quarta nota della scala e tra la settima e l’ottava. Per le scale minori, esistendone 3, i semitoni sono disposti in 3 modi diversi. Nella scala naturale sono posti tra il secondo e il terzo suono e tra il quinto e il sesto suono; nella melodica tra il secondo e il terzo suono e tra il settimo e l’ottavo suono, nella armonica solo tra il settimo e l’ottavo suono, dando origine in precedenza a un intervallo di un tono e mezzo caratteristico, chiamato seconda eccedente. Se esistono una scala maggiore e una scala minore, esistono altrettanto una triade maggiore e una triade minore. La differenza consiste solo nell’abbassamento di un semitono della terza della scala. infatti se la triade è composta una terza maggiore e una terza minore essa è maggiore, se al contrario è composta da una terza minore e una maggiore, la triade risulta minore. Per esempio, nel caso di DoM la triade è do - mi sol; nel caso di Dom la triade è do - mib - sol. In termini prettamente matematici, nel caso di una triade maggiore i rapporti fra la terza nota (o detta modale, nome dovuto proprio alla capacità di far passare di modo una triade spostandosi di un semitono) e la prima (o detta tonica) e tra la modale e la quinta nota (o dominante) sono di 1,26 e di 1,189 nel modo maggiore, mentre in quello minore sono di 1,189 e di 1,26, esattamente invertiti . E’ interessante notare come la terza minore e la seconda eccedente del modo minore scala armonica abbiano lo stesso identico rapporto(rapporto 1,189) e in termini puramente acustici lo stesso suono, sebbene questi due intervalli provochino sensazioni totalmente differenti: in effetti nel primo intervallo sono presenti i suoni di una tonica e di una modale, suoni dunque statici rispetto al sistema di riferimento tonico, mentre nel secondo intervallo siano presenti una sesta e una settima (decimo suono armonico) in veste di sensibile. All’interno di una scala la “sensibile” riveste un ruolo fondamentale: essa si colloca un semitono sotto la tonica, e ha un suono, per così dire, eminentemente dinamico in quanto non può fare a meno di tendere verso una risoluzione, solitamente sul suono della tonica all’ottava superiore. Essa ha rapporto rispetto alla tonica inferiore di 1,88, e rispetto a quella superiore di 1,059. Un’altra cosa interessante del nostro sistema è che, come già accennato in precedenza, le ottave abbiano lo stesso suono riprodotto, solo che con frequenza esattamente doppia rispetto alla precedente; inoltre esiste una regola matematica, che potremmo chiamare “regola del 9”. Preso un intervallo all’interno di un’ottava e il suo successivo raggiungente la tonica superiore all’interno della stessa ottava, la somma dei due darà sempre 9 (per esempio: una terza + una sesta = una nona; una seconda + una settima = 9 ecc. ecc.) considerando che maggiore e mi- nore si annullano a vicenda. In effetti, si potrebbe ridurre la regola al principio base per cui all’interno di una scala musicale il numero dei semitoni deve risultare sempre uguale a 12, per cui una terza maggiore (4 semitoni) + una sesta minore (8 semitoni) darà sempre come risultato una nona a cui va tolto il tono di sovrapposizione dei due intervalli con i semitoni di un’ottava (12 semitoni), considerando i due semitoni del tono di sovrapposizione dei due intervalli già sottratti alla somma totale (Do - mi + mi - la → il tono del mi si ripete due volte dando origine a una nona che in realtà risulta essere un’ottava). Allo stesso modo ,acusticamente, la somma sarà sempre uguale al rapporto 3 - 1 = 2 (rapporto dell’ottava già menzionato), in quanto al totale dei due rapporti va sottratto il rapporto dell’intervallo di sovrapposizione. E’ dunque evidente come la musica, Arte considerata per secoli come lo specchio dellla civilizzazione di una società, e che l’imperatore cinese Chim considerava come un mezzo sicuro per far comunicare lo spirito con la divinità (d’altronde anche Severino Boezio parlava di Musica Divina), sia governata dalle leggi matematiche e dalle leggi fisiche dell’acustica. Che noi ascoltiamo Mozart, piuttosto che Max Pezzali, le leggi che reggono il nostro sistema musicale sono sempre le stesse, e ci circondano ,senza che noi lo sappiamo, ogni qualvolta noi sentiamo per strada un pezzo di musica, piuttosto che al bar o in cuffia. La fisica diventa il mezzo d’espressione delle più disparate emozioni umane, o degli slanci creativi o virtuosi più alti, sempre con gli stessi, immutabili strumenti, ricombinati matematicamente a seconda del periodo storico. Quasi si potrebbe dire che la fisica rappresenti la musica stessa, la matematica rappresenti la visione della musica nell’era in corso. Per dirla con Richard Feynman: “Quando guardiamo (ascoltiamo) le bellezze della natura, traiamo un piacere estetico dall’osservazione ( dall’ascolto) diretta. Tra i fenomeni della natura c’è però una struttura , un ritmo che non appare direttamente all’occhio ( all’orecchio) ma che si rivela solo dopo una più attenta analisi; e sono appunto questi ritmi e strutture che chiamiamo leggi fisiche” e che si esprimono in termini matematici. “La matematica è il linguaggio con cui Dio ha scritto il mondo”. Einstein
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