MERCOLEDÌ 28 GENNAIO 2015 in Italia almeno un drone del valore medio di 5mila euro – spiega al Fatto un addetto del settore – si muoverebbe un volume d'affari pari a 450mila euro”. Aziende e operatori, però, sono tutti concordi: per ogni operatore che si mette in regola, ce ne sono dieci che guadagnano nell'illegalità. “I soggetti che lavorano con i droni, in realtà, sono almeno 4mila – spiegano - e fanno lievitare questa proiezione a un movimento economico di circa 20 milioni di euro”. LA RIVOLTA Un Tribunale vieta alle società di professionisti di lavorare per i privati. In molti rischiano il licenziamento “IO, INGEGNERE ROVINATO DA UNA LEGGE FASCISTA” dei lavori di un immobile. Passano pochi mesi e il committente sospende i pagamenti. Parte il contenzioso. La sentenza arriva nel 2013: “Il contratto è da ritenersi nullo – scrive il giudice - perché le società di capitali non possono svolgere attività di ingegneria per clienti privati”. Non solo, il tribunale impone alla Me Studio di restituire quanto già incassato: 360 mila euro, più gli interessi. In pratica, il fallimento. L’agricoltura d’ora in poi: sarà aerea e biologica Per sopravvivere, piccole e medie imprese uniscono le loro forze. “Stiamo creando un sodalizio commerciale: un'impresa certificata che produce droni, una che fornisce materiali e una che gestisce la formazione di piloti. Noi offriamo il servizio”. Così la Adron, che in un solo anno di vita fatturerà più di 300mila euro (a fronte di un investimento di 20mila euro per due droni), resiste ai vincoli dell'Enac, ma frammenta gli affari. Michele Picili e Omar Camerin, 29 anni, un anno fa hanno unito la passione per l'agricoltura e quella per l'elettronica e in una cantina hanno inventato un business per salvare le coltivazioni di granturco del Friuli Venezia Giulia. I loro droni sorvolano i campi e distribuiscono speciali involucri di cellulosa con uova di trichogramma brassicae, un insetto capace di uccidere la piralide, un parassita che infesta i campi. “Ci sono solo due modi per eliminarlo – raccontano - la disinfestazione chimica oppure il trichogramma, biologico. Se prima doveva essere distribuito a mano nel campo, tra piante alte e rigide, adesso può essere gestito più facilmente. Anche su quattromila ettari di campo, come quello che tratteremo nei prossimi mesi e che, da solo, ci frutterà 200mila euro”. Il laboratorio di Scampia: sociale e ecologico, ma in crisi A Secondigliano, nel garage di una casa di Scampia con pannelli solari sul tetto, c’è il laboratorio di Air Movie Lab. Nicola Formicola ha 28 anni ed è il project manager di questa nuova azienda. L'idea di costruire e lavorare con i droni è nata cinque anni fa in quello stesso garage. “Lavoravo nel settore dell’audiovisivo e avevo un amico con l'hobby del modellismo. Costruiva aerei telecomandati e gli chiesi se era possibile mettere una telecamera su un aereo”. Domenico Pagliaro impiegò un anno per sviluppare l'idea, informandosi tramite siti web, blog e forum. “Realizzammo il prototipo per riprendere le nostre arrampicate. Abbiamo unito la passione per lo sport e la tecnologia e abbiamo scoperto i droni”. Nonostante il mercato sia in crescita, non è facile lavorare. Nicola perfeziona il drone, lo brevetta, lo rende ecologico con una struttura in legno. Viene contattato da una casa di produzione indiana per girare un film. Il service sembra avviato. Almeno fino ad aprile del 2014, quando Air Movie Lab si ferma con l'emissione del nuovo regolamento. “La soluzione migliore per noi – ha spiegato Nicola – è stata vendere i droni in kit, in modo che la responsabilità civile in caso di danni fosse del costruttore. Li diamo in comodato d'uso e in cambio chiediamo agli operatori di procurarsi le licenze e lavorare per noi nelle varie zone d'Italia”. Ma non c’è guadagno. “Rientriamo a stento nelle spese. Come sempre, però, abbiamo un approccio creativo alla vita. Il regolamento non danneggia le aziende grandi, con un mercato avviato alle spalle. Ma per noi è troppo. Ci costringe a guardare all'estero, alla Francia ad esempio, ma intanto rimaniamo qui. Organizziamo laboratori con gli istituti tecnici di Scampia e insegniamo ai ragazzi come applicare le loro conoscenze di elettronica al settore dei droni. Ci sembra al momento il miglio modo per creare il mercato di domani”. “SIAMO GIÀ STATI costretti a vendere tutte le quote in Oman – spiega Esposito – perdendo 50 posti di lavoro e un fatturato di 12 milioni”. Nel frattempo alcuni soci della ditta appaltante vengono arrestati, e a fine dicembre, la società di Esposito ha ottenuto i benefici per le vittime dell’estorsione. Il rischio ora incombe sulle mi- 13 S&P I pm: “Draghi e Padoan vengano a testimoniare” M ario Draghi, governatore della Bce. Mario Monti, ex presidente del consiglio. Pier Carlo Padoan, ministro dell’Economia. Romano Prodi, ex premier. Una sfilza di nomi importanti, citati come testimoni eccellenti dalla Procura di Trani al processo per manipolazione del mercato alle agenzie di rating Standard & Poor’s e Fitch, che inizierà il 4 febbraio. I nomi sono nella lista dei 17 testimoni depositata oggi dal pm Michele Ruggiero per l’inchiesta sul declassamento di due gradini del rating dell’Italia (da A a BBB+) che le agenzie internazionali disposero tra il 2011 e il 2012. Tra i nomi citati dalla Procura compaiono anche quello dell’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti, quello di Giuseppe Vegas, presidente della Consob, e quello di Maria Cannata, direttore generale del debito pubblico del ministero dell’Economia e componente del gruppo di governance del network Ocse-Tesoro sulla gestione del debito. Ma la lista è lunga: ci sono ancora i responsabili italiani di Standard & Poor's, il colonnello della Guardia di finanza Adriano D’Elia (che eseguì una perquisizione negli uffici milanesi di S&P), Elio Lannutti, presidente dell’Adusbef e Rosario Trefiletti, presidente di Federconsumatori. Lanutti e Trefiletti avviarono l’inchiesta con un esposto. Nel processo, come deciso il 28 ottobre scorso dal gup del tribunale di Trani Angela Schiralli, sono imputati otto tra analisti e manager di S&P e Fitch. La posizione dell’agenzia Moody's, inizialmente entrata nelle indagini, è stata invece archiviata su richiesta della procura. L’ingegnere Mauro Esposito negli uffici della Me Studio 6.000 di Carlo Di Foggia L a battaglia è tecnica, e si gioca su cavilli vecchi di oltre settant'anni. Quello che terrorizza le circa seimila società d’ingegneria risale addirittura a una legge fascista del ‘39, asse portante delle norme razziali volute da Mussolini: il divieto, per ingegneri e tecnici che si mettono in società di lavorare per committenti privati. PER IMPEDIRE agli ebrei di “nascondersi” dietro società anonime, il Duce ne aveva vietato la costituzione. Un divieto abrogato nel 1997 dalla “legge Bersani”, e nel 1998 dalla “Merloni”, ma che il tribunale di Torino a fine 2013 ha incredibilmente rispolverato con una sentenza esplosiva: i decreti attuativi non sono mai arriva- di Camilla Conti SOCIETÀ 250.000 PROFESSIONISTI LEGGE BERSANI Nonostante la legge del 1997 mancano ancora i decreti attuativi ti - il senso del dispositivo del giudice - e quindi le norme sono ancora valide, almeno fino al 2011. In pratica, si può costruire il Mose, ma non - come invece è accaduto - lo Juventus Stadium e tanti altri progetti. In caso di contenzioso potrebbero saltare decine di contratti. Una lettura assurda, contestano le migliaia di società di ingegneria. Non così per gli ordini professionali, contenti di poter sfruttare un assist inatteso per limitare il mercato alle sole società di iscritti all’albo. A più riprese il governo ha provato a risolvere il pasticcio, ma le lobby hanno bloccato in extremis ogni tentativo, lasciando il settore nel limbo. TUTTO NASCE dalla Me Studio di Mauro Esposito, una società di ingegneria di Caselle Torinese attiva anche in Oman. Nel 2010 ottiene un appalto privato da un milione di euro per la progettazione e direzione gliaia di società di ingegneria (e sui 250 mila addetti del settore) cresciute a ritmi vertiginosi dopo la liberalizzazione del 1994. In quell’anno la legge Merloni consente alle società di capitale di operare, ma solo nel settore pubblico. Divieto cancellato nel 1997 dall’allora ministro Pier Luigi Bersani. Non è così per il tribunale di Torino, che contesta la mancanza dei decreti attuativi. Nel 2006, Bersani ha cancellato completamente il divieto, ma - se- condo il giudice - escludendo stavolta le società di capitale. DOPO la sentenza di To- rino, nel giugno scorso diversi senatori fanno approvare un emendamento al decreto Competitività. Il testo passa al Senato, ma pochi giorni dopo alla Camera un emendamento soppressivo proposto da Sel e M5S (ma votato anche dal Pd) cancella tutto. Diversi deputati parlano di pressing esterno con mail che chiedono di far sparire la norma. Ad agosto il governo ci riprova con lo Sblocca Italia: presenta l’emendamento ma poi lo ritira perché “non inerente alla materia”. Al Corriere della Sera la senatrice Serena Pellegrino (Sel) ammette che a chiederle di far ritirare gli emendamenti è stato il Consiglio nazionale degli Architetti. La modifica, assicurano da Palazzo Chigi, arriverà con un testo ad hoc o con la legge di Stabilità. “Anche il premier aveva garantito”, spiega Esposito. “Non è avvenuto”. “Non ce ne sarebbe neanche bisogno – spiega la deputata Bonomo (Pd) – visto che la legge già lo consente. Gli ordini, però, sono contrari e loro hanno maggiore accesso alla Camera”. Secondo Agire, che raggruppa quasi tutte le professioni, “è assurdo che chi ha i requisiti per lavorare con il pubblico non li abbia per il privato”. Dopo mesi, la situazione potrebbe sbloccarsi. “Migliaia di lavoratori sono a rischio spiega Bonomo - e gli ordini stanno aprendo al dialogo. Oggi ho depositato una risoluzione che aiuterà il confronto nelle commissioni: impegneremo il governo ad agire subito”. Si spera CARLOTTA DE FRANCESCHI La donna che fa da ponte tra Renzi e le banche d’affari N ella City londinese c’è molta curiosità per la riforma delle prime dieci banche Popolari italiane annunciata da Matteo Renzi. Ai broker inglesi interessano soprattutto le scommesse su quelle che in gergo tecnico si chiamano M&A, ovvero mergers and acquisitions (fusioni e acquisizioni) che potrebbero avere come protagoniste anche società o fondi stranieri. I riflettori sono dunque accesi sulle vicende nostrane e gli interlocutori più gettonati per conoscere gli ultimi rumors di mercato sono analisti e finanzieri italiani di stanza a Londra come Alberto Gallo, capo dell’ufficio studi per la ricerca macroeconomica alla Royal Bank of Scotland, che secondo quanto riferiscono alcune fonti al Fatto Quotidiano lo scorso 20 gennaio (lo stesso giorno dell’approvazione del decreto da parte del governo), ha organizzato al Renaissance Hotel, nel cuore della capitale, un convegno a porte chiuse sul Sud Europa al quale avrebbe partecipato anche Carlotta de Franceschi, wonder woman del “giglio magico”. Friulana, 37 anni, è nella squadra degli economisti guidati da Yoram Gutgeld a Palazzo Chigi e c’è chi la definisce il ministro ombra delle Finanze. Laurea con lode in Economia Aziendale alla Bocconi seguita da un MBA a Harvard, de Franceschi ha trascorso 11 anni nelle banche di investimento (Goldman Sachs, Morgan Stanley e Credit Suisse), fra New York, Boston e Londra. Appassionata di start up e di innovazione, dal 2012 è anche presidente e co-fondatrice di Action Institu- te, think tank che si prefigge di proporre soluzioni pratiche per migliorare la competitività del Sistema Italia. In sostanza, un gruppo di professionisti altamente globalizzati, con una buona rappresentanza di banchieri, mettono a disposizione pro bono il loro tempo, fanno rapporti, suggeriscono cambiamenti di politiche e riforme strutturali e interloquiscono con i ministeri competenti. Sul sito governo.it si legge che la de Franceschi è una componente del nucleo tecnico per il coordinamento della politica economica nominata con un Dpcm il 1 settembre 2014. Compenso: 150mila euro lordi. Il suo incarico scadrà ad agosto e nella City sono convinti che sarà subito pronta a rifare le valige per tornare in una banca d’affari.
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