Reumatismo, 2014; 66 (2): 157-166 rassegna Osteoporosi indotta da glucocorticoidi: update 2013 Glucocorticoid-induced osteoporosis: 2013 update M. Mazzantini, O. Di Munno Unità di Reumatologia, Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Pisa summary Glucocorticoids are the most common cause of secondary osteoporosis leading to the so-called glucocorticoidinduced osteoporosis (GIO). A treatment with 10 mg/d of prednisone or equivalent for more than 3 months leads to a 7-fold increase in hip fractures and a 17-fold increase in vertebral fractures. The difference between bone quantity and quality in GIO makes bone mineral density measurements inadequate to detect patients at risk of fracture. The adverse effects of glucocorticoids on the skeleton derive from a direct impact on bone cells with a severe impairment of mechanical competence. Crucial to prevention of GIO is early timing of intervention. The World Health Organization has adopted a fracture prevention algorithm (FRAX) intended to estimate fracture risk in GIO. The American College of Rhematology modified its prevention and treatment guidelines taking into account the individual risk of fracture calculated in GIO on the basis of the FRAX algorithm. Recently, also a joint Guideline Working Group of the International Osteoporosis Foundation (IOF) and the European Calcified Tissue Society (ECTS) published a framework for the development of national guidelines for the management of GIO. Bisphosphonates are the first-line drugs to treat GIO; teriparatide counteracts several fundamental pathophysiologic aspects of GIO; denosumab is useful in patients with renal failure and in potentially pregnant young women. Vertebroplasty and kyphoplasty may be less beneficial in GIO than in primary involutional osteoporosis. Reumatismo, 2014; 66 (2): 157-166 n INTRODUZIONE I glucocorticoidi (GC) sono molto frequentemente impiegati nella terapia a lungo termine di varie malattie croniche, come artrite reumatoide, polimialgia reumatica, connettiviti, malattie infiammatorie intestinali e la broncopneumopatia cronica ostruttiva. Uno studio retrospettivo ha mostrato che più dell’80% di 365 pazienti con artrite reumatoide seguiti continuativamente per almeno 10 anni in un singolo centro (con un follow-up medio di 14,2 anni) aveva assunto GC, con una durata media di assunzione di GC di 8 anni (1). Si è inoltre stimato che circa il 3% della popolazione di età superiore ai 50 anni usa GC, e che tale percentuale sale a 5,2% tra i soggetti con più di 80 anni (2). Il trattamento cronico con GC, anche a basse dosi (intese come ≤7,5 mg di prednisone o equivalente), induce rapidamente perdita di massa ossea e incremen- to del rischio di fratture vertebrale e non vertebrali (3). La perdita di massa ossea è più marcata a livello dell’osso trasecolare e inizia poco dopo l’inizio della terapia con GC (3, 4), con un netto incremento di fratture vertebrali e costali. La perdita di osso indotta da GC è bifasica, con una rapida fase iniziale in cui si perde dal 3% al 5% nel primo anno di trattamento, seguita da una fase di perdita molto più lenta (che dura finché i GC sono somministrati) pari circa allo 0,5-1% ogni anno (5, 6). Inoltre, l’uso dei GC accresce il rischio di ogni tipologia di frattura, un effetto che è dose-dipendente (7, 8), anceh se quello di fratture vertebrali resta il più elevato (da 2 a 5 volte, secondo la dose giornaliera di GC). L’incremento di fratture è osservabile entro i primi 3 mesi di trattamento (9). Nell’osteoporosi indotta da GC (GIO) si osserva una debole correlazione tra la densità minerale ossea (BMD) ed il rischio di fratture: a parte la perdita di massa ossea, Indirizzo per la corrispondenza: Maurizio Mazzantini Unità di Reumatologia Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale Università di Pisa E-mail: [email protected] Reumatismo 2/2014 157 rassegna M. Mazzantini, O. Di Munno l’accresciuta incidenza di fratture è legata ad una ridotta qualità dell’osso indotta dai GC (10). n PATOGENESI La patogenesi della GIO è complessa e caratterizzata sia da effetti scheletrici, sia extrascheletrici. Le prime acquisizioni patogenetiche hanno evidenziato soprattutto aspetti di tipo endocrino-metabolico come la riduzione dell’assorbimento intestinale di calcio e l’aumento della sua escrezione renale (11-14). L’assorbimento di calcio dal tratto gastrointestinale è inibito attraverso meccanismi che interferiscono negativamente con l’azione della vitamina D (15). È noto, infatti, che il prednisone non solo aumenta il catabolismo della 25(OH) D (16-18), ma può anche indurre un significativo aumento del peso che nel lungo termine riduce la biodisponibilità della vitamina D che è liposolubile (15, 19). In conseguenza di questi effetti può manifestarsi un iperparatiroidismo secondario, anche se molti studi hanno riscontrato livelli normali di ormone paratiroideo in pazienti in trattamento cronico con GC e rilievi di tipo istomorfometrico sembrano escludere che l’iperparatiroidismo secondario possa avere un ruolo centrale nella patogenesi delle alterazioni ossee che caratterizzano la GIO (12, 20). I GC esogeni riducono inoltre la secrezione surrenalica di androgeni ed estrogeni (21) a cui si associano alterazioni dell’asse growth hormone-insulin-like growth factor 1 (GH– IGF1) e della produzione di insulina (22, 23). I GC riducono la secrezione di GH principalmente attraverso un’aumentata produzione della somatostastina ipotalamica (24, 25) e riducono la trascrizione di IGF-1 negli osteoblasti (26). Sebbene l’ipogonadismo, la ridotta produzione di IGF-1 e l’aumentata perdita di calcio dal rene e dall’intestino contribuiscano significativamente alla GIO, i principali responsabili del danno scheletrico in corso di terapia con GC sono considerati gli effetti diretti su tutti i tipi di cellule ossee (11, 12, 14, 27). A livello cellulare l’aspet158 Reumatismo 2/2014 to più rilevante è rappresentato dalla ridotta osteoblastogenesi per inibizione del segnale Wnt b-catenina e dall’aumentata apoptosi degli osteoblasti per attivazione della caspasi 3 (28, 29), cui consegue una diminuita neoformazione ossea (11, 12, 14). La ridotta differenziazione osteoblastica dai precursori stromali midollari si accompagna a una aumentata differenziazione verso la linea adipocitica, per inibizione da parte dei GC della proteina morfogenetica ossea 2 (BMP2) e di runt related protein 2 (Runx2) con aumentata espressione di peroxisome proliferatoractivated receptor γ2 (PPARγ2) e delle proteine attivatrici CAAT (12, 14, 30, 31). Nell’ambito del metabolismo osseo, l’inibizione del segnale Wnt b-catenina rappresenta un meccanismo chiave per la ridotta neoformazione ossea (32, 33), avendo tale segnale un ruolo cruciale nell’osteoblastogenesi (34). Il segnale è regolato negativamente dalla proteina dickkopf-1 (Dkk-1) e dalla sclerostina, la cui espressione è favorita dai GC (35-27), con il risultato di inibire il legame delle proteine Wnt ai recettori low-density lipoprotein receptor–related proteins 5 and 6 (LPR5/-6) e quindi tutto il processo di stabilizzazione della b-catenina e della conseguente trascrizione dei geni bersaglio per la formazione ossea (38). Recenti dati suggeriscono, almeno in vitro, un’ulteriore via di inibizione del segnale Wnt ad opera dei GC, che vede coinvolti i fattori di trascrizione FoxO e la via dello stress ossidativo (39-41). Infatti, la ridotta osteoblastogenesi potrebbe essere ulteriormente favorita dall’attenuazione dell’attività della kinasi Akt (serine/threonine kinase Akt) e dall’inibizione del segnale Wnt mediata da FoxO (Forkhead box O), così come l’aumento dell’apoptosi degli osteoblasti potrebbe anche derivare da una aumentata produzione dei reactive oxygen species (ROS) e dall’attivazione della cascata ROS/ PKC/p66shc/JNK (39-41), che converte i segnali ossidativi nell’apoptosi degli osteoblasti, come evidenziato in studi sugli animali e in vitro (39, 40). L’incremento dei ROS è inoltre responsabile dell’attivazione dei fattori di Osteoporosi indotta da glucocorticoidi: update 2013 trascrizione FoxO, espressi nelle cellule ossee, che hanno un ruolo critico nell’omeostasi ossea (40); attraverso la soppressione dell’attività della kinasi Akt da parte dei GC (39), i ROS promuovono il legame tra FoxO e b-catenina inducendone così la trascrizione FoxO-mediata, che regola negativamente l’osteoblastogenesi (39-41). L’attivazione della caspasi 3, una via comune di molteplici segnali apoptotici (28, 29), in risposta ai GC è inoltre responsabile di aumentata apoptosi anche degli osteociti (12, 14, 27, 42). Gli osteociti funzionano come meccanosensori che, attraverso i loro prolungamenti dendritici all’interno di un complesso sistema lacuno-canalicolare, trasmettono segnali alla superficie ossea, importanti per la riparazione dei microdanni strutturali (42, 43). L’interruzione del network osteociticanalicoli per l’apoptosi dell’osteocita è responsabile del mancato segnale di sostituzione dell’osso danneggiato (44), con alterazioni strutturali anche dell’osso circostante, indipendenti dalle alterazioni del rimodellamento o della microarchitettura: a questi aspetti potrebbe ricondursi la riduzione della resistenza ossea, sproporzionata rispetto alla riduzione della massa ossea in corso di terapia con GC. Una ridotta espressione del vascular endotelial growth factor e dell’angiogenesi scheletrica (45) si associa all’aumentata apoptosi degli osteociti. A differenza dell’osteoblastogenesi, l’osteoclastogenesi è invece favorita dall’uso di GC. Nelle cellule stromali e osteoblastiche i GC aumentano, infatti, l’espressione di M-CSF e del RANK-L e riducono l’espressione del recettore trappola osteoprotegerina (14, 46, 47). I GC inoltre aumentano l’espressione dell’interleuchina-6, una citochina osteoclastogenica, e riducono l’espressione dell’interferone-b, un inibitore dell’osteoclastogenesi (48, 49). In aggiunta ai loro effetti sul riassorbimento osseo, i GC stimolano anche l’espressione delle metalloproteinasi (MMP). Gli osteoblasti secernono la MMP1 o collagenasi1 e la MMP3 o collagenasi3, che spezzano le fibrille di collagene di tipo 1 a pH neutro (50, 51) ed il cortisolo stimola la sintesi di rassegna collagenasi 3 con meccanismi post-trascrizionali RNA dipendenti (52). Una delle caratteristiche peculiari della GIO è l’ampia variabilità interindividuale delle manifestazioni cliniche e della loro severità, la cui causa è ancora non completamente conosciuta sia nell’ipercortisolismo endogeno che esogeno. La suscettibilità individuale ai GC varia considerevolmente, probabilmente a causa di differenze nell’assorbimento, distribuzione o metabolismo dello steroide, o a causa di differenze nel numero e nell’affinità dei recettori dei GC o dei loro cofattori nucleari (53, 54). Studi clinici e in vitro suggeriscono il possibile ruolo di polimorfismi genetici dei recettori dei GC, non solo come determinante della sensibilità ai GC nei pazienti con patologie di tipo infiammatorio (14, 54), ma anche come determinante delle differenze nella BMD e in altri aspetti organo-tissutali (55). Una spiegazione per la differente suscettibilità scheletrica ai GC, proposta una decina di anni fa, si riconduce al sistema enzimatico periferico dell’11b-idrossisteroido- deidrogenasi (11b-HSD) che regola, a livello tissutale, l’interconversione dell’ormone inattivo (cortisone) nell’ormone attivo (cortisolo) (53, 56). Due distinti enzimi sono stati descritti negli esseri umani: l’11b-HSD di tipo 2, espresso nei tessuti con elevate concentrazioni di recettori per i GC, come fegato e tessuto adiposo, che funziona come enzima inattivante convertendo il cortisolo a cortisone (56); all’opposto, l’11b-HSD di tipo 1 funziona come attivatore dei GC convertendo il cortisone a cortisolo. L’11b-HSD di tipo 1, la cui azione favorisce la sintesi di GC attivi negli osteoblasti, è ampiamente espresso nei tessuti bersaglio dell’azione dei GC (56). L’attività dell’11b-HSD di tipo 1, e quindi la produzione di cortisolo negli osteoblasti umani, è stimolata dalle citochine proinfiammatorie e dai GC esogeni (57). L’attività dell’11b-HSD di tipo 1 è potenziata anche dall’invecchiamento, fornendo così una spiegazione patogenetica agli aumentati effetti scheletrici dei GC particolarmente rilevanti nei soggetti anziani (56). Reumatismo 2/2014 159 rassegna M. Mazzantini, O. Di Munno n PREVENZIONE E TRATTAMENTO DELL’OSTEOPOROSI INDOTTA DA GLUCOCORTICOIDI È necessario pensare alla prevenzione delle fratture ogni volta che un paziente inizia una terapia con GC; così come è necessario farlo quando incontriamo un paziente già in terapia da tempo. Numerosi trial clinici hanno valutato l’effetto dei bisfosfonati e del teriparatide sulla BMD ed il rischio di fratture in pazienti in terapia con GC. I bisfosfonati alendronato e risedronato hanno mostrato la capacità di incrementare la BMD e di ridurre il rischio di fratture vertebrali in pazienti che assumono GC (58-61); il bisfosfonato ibandronato, somministrato una volta al mese, ha determinato un incremento della BMD (62); l’acido zoledronaico, un bisfosfonato somministrato in dose unica annuale, incrementa la BMD in misura superiore al risedronato orale somministrato quotidianamente (63); e, infine, il teriparatide, la forma attiva dell’ormone paratiroideo, è risultato superiore all’alendronato (64). Tuttavia, nonostante il ben noto rischio di frattura derivante dall’uso dei GC e la dimostrata efficacia di questi farmaci nel prevenire perdita di massa ossea e fratture, molti pazienti non ricevono alcuna forma di intervento farmacologico (65, 66). Le linee guida oggi disponibili sottolineano con forza l’importanza di iniziare la profilassi antiosteoporotica in pazienti che iniziano una terapia cronica con GC (67, 68). Il primo passo nella prevenzione dei danni scheletrici da GC è promuovere in tutti i pazienti che ricevono GC specifiche modifiche dello stile di vita, benché la base d’evidenza d’effetto sul rischio di fratture sia debole: incoraggiare un adeguato introito giornaliero di calcio, una nutrizione sana, il mantenimento di un ottimale peso corporeo e un appropriato livello di attività fisica; evitare il fumo di sigaretta e l’abuso di alcol; valutare il rischio di cadute e, ove necessario, fornire consigli utili a ridurlo. Inoltre, la dose del GC dovrebbe essere rivalutata e tenuta al minimo necessario, ricorrendo a vie alternative di sommini160 Reumatismo 2/2014 strazione (topica, inalatoria) o all’uso di farmaci diversi dai GC, che ne consentano un risparmio. Vi è un accordo pressoché universale che l’introito giornaliero di calcio (supplementi più calcio alimentare) dovrebbe essere mantenuto attorno a 1.2001.599 mg, e che la vitamina D data in supplementazione dovrebbe essere in dosi tali da garantire livelli plasmatici terapeutici (compresi quindi tra 30 e 100 ng/mL di 25OHD3), comunque di almeno 800-1.000 IU/die (67, 68). Idealmente, il timing di un intervento farmacologico nella prevenzione della GIO dovrebbe basarsi sulla valutazione del rischio individuale assoluto di frattura. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha sviluppato un sistema di valutazione del rischio di frattura (il FRAX®, http://www.shef.ac.uk/FRAX) per calcolare la probabilità individuale di frattura a 10 anni, sulla base di fattori di rischio clinici, con o senza una determinazione della BMD (69, 70). Questo sistema permette il calcolo di rischio fratturativo per individui che ricevono dosi di GC tra 2,5 e 7,5 mg al giorno, ma l’algoritmo che sottende il calcolo può essere aggiustato sulla base della dose di GC (71). Per dosi <2,5 mg/die di prednisone equivalenti la probabilità di frattura può essere ricalcolata al ribasso, a seconda dell’età, mentre per dosi >7,5 mg/die la probabilità può essere ricalcolata al rialzo (71). Le soglie di intervento farmacologico (intese come percentuale individuale di rischio fratturativo così calcolato), che tengono conto di parametri di costo-efficacia, sono state ovviamente stabilite dai singoli Stati sulla base di considerazioni di tipo economico. Negli Stati Uniti, la National Osteoporosis Foundation raccomanda l’inizio di una terapia farmacologica nel caso in cui il rischio individuale di frattura maggiore (femore, colonna, polso o omero) a 10 anni sia superiore al 20% o se quello di frattura di femore è superiore al 3% (72). Varie linee guida per GIO sottolineano l’importanza di iniziare la profilassi antiosteoporotica nei pazienti sotto GC (67, 68). Le più recenti (2010) raccomandazioni in tal Osteoporosi indotta da glucocorticoidi: update 2013 senso dell’American College of Rheumatology (ACR) sono stratificate per dosi di GC e livelli di rischio di frattura calcolato col FRAX. Per donne in postmenopausa e per uomini di età uguale o superiore ai 50 anni, le linee guida ACR raccomandano che i pazienti definiti a basso (<10%) e medio (10-20%) rischio fratturativo a 10 anni dovrebbero essere trattati se la dose di GC è ≥7,5 mg/die e l’impiego dei GC è atteso durare per almeno 3 mesi, o è già in atto da ugual tempo. I pazienti a rischio medio dovrebbero essere trattati anche se la lolo dose quotidiana è <7,5 mg. I pazienti ad alto rischio (quelli, cioè, con un rischio calcolato col FRAX >20%) dovrebbero essere trattati per qualunque dose o durata di GC (67). Per donne in premenopausa e per uomini con età <50 anni, la decisione è basata sulle presenza o meno di precedenti fratture da fragilità: per quei pazienti che non ne hanno, i dati in letteratura sono troppo scarsi per poter fornire una raccomandazione sul trattamento; per donne in premenopausa in cui la gravidanza sia del tutto improbabile e che presentino una frattura, il trattamento è indicato se ricevono GC a qualsiasi dosaggio per più di 3 mesi, o se il dosaggio è ≥7,5 mg per un periodo di somministrazione di 1-3 mesi, o persino se se la dose giornaliera è ≥5 mg, ma in questo ultimo caso solo i bisfosfonati alendronato o risedronato sono consigliabili; infine, per donne in premenopausa in potenziale gravidanza che hanno sibito una frattura, sorgono ulteriori complessità derivanti dal potenziale pericolo per il feto dei bisfosfonati: per terapie con GC di breve durata a qualsiasi dose e per terapia con GC per >3 mesi a dosi >7,5 mg giornalieri, non vi è un consenso circa iniziare o no il trattamento; per terapia di durata >3 mesi e con dose giornaliere ≥7,5 mg il trattamento antiosteoporotico è raccomandato, evitando tuttavia l’impiego di acido zoledronico, per La sua lunga emivita ed il pericolo appunto di tossicità fetale alla sua esposizione (67). L’International Osteoporosis Foundation (IOF) e la European Calcified Tissue Society (ECTS) hanno recentemente pubblicato le loro indicazioni rassegna circa la gestione della profilassi antiosteoporotica da GC. Le linee guida IOF-ECTS - in modo più semplice rispetto alle linee guida ACR - raccomandano che in donne in postmenopausa ed in uomini di età superiore ai 50 anni, in cui la terapia con GC venga prescritta per periodi superiori ai 3 mesi, la decisione di istituire una prevenzione farmacologica si deve basare su fattori di rischio clinici (precedenti fratture, età ≥70 anni, dose giornaliera di GC ≥7,5 mg), o sulla base del rischio assoluto di fratturata calcolato tramite FRAX (con soglie di intervento stabilite su base nazionale). In donne in premenopausa ed in uomini di età inferiore ai 50 anni, esposti per ≥3 mesi a GC, il trattamento deve essere iniziato solo nei pazienti con precedenti fratture; nei pazienti senza fratture la decisione deve essere presa sul quadro generale, tenendo conto dei costo/beneficio individuale. Infine, è raccomandato che tutti gli individui che ricevono GC siano istruiti su come ridurre con misure non farmacologiche il loro rischio di frattura (Tab. I) (68). Tabella I - Misure generali e raccomandazioni nella gestione dell’osteoporosi indotta da glucocorticoidi. Misure generali • Ridurre la dose appena appropriato; usare farmaci immunodepressori per ridurre la dose globale dei GC • Considerare vie alternative di somministrazione dei GC • Consigliare una buona nutrizione, specialmente per quanto riguarda calcio e vitamina D • Raccomandare un programma regolare di esercizi fisici • Evitare fumo di sigaretta e eccesso di alcool • Valutare il rischio di cadute e procurare di ridurlo Raccomandazioni di monitoraggio durante la terapia con GC • Valutare l’aderenza alla terapia, calcio e vitamina D inclusi • Se si sospetta una frattura vertebrale, eseguire una radiografia o un esame morfometrico tramite DXA • Misurare l’altezza annualmente e la BMD (tramite DXA) a intervalli appropriati (specialmente se la dose di GC è elevata) • Misurare i livelli sierici del P1NP dopo 3 mesi di terapia con teriparatide GC, glucocorticoidi; DXA, dual x-ray absorptiometry; BMD, densità minerale ossea. Reumatismo 2/2014 161 rassegna M. Mazzantini, O. Di Munno I bisfosfonati sono considerati i farmaci di prima scelta per la GIO (73). Studi randomizzati controllati verso placebo hanno dimostrato che alendronato, risedronato e acido zoledronico sono efficaci in questa situazione e riducono il rischio di fratture, limitatamente alle vertebrali (60, 63, 74). Più recentemente, l’ibandronato, somministrato una volta al mese per via orale in uno studio di 12 mesi di durata randomizzato e controllato contro placebo, ha determinato un significativo miglioramento della BMD in donne in postmenopausa trattate con GC per malattie reumatiche infiammatorie (62). L’evidenza di efficacia dei bisfosfonati nella GIO non è tanto forte quanto per l’osteoporosi postmenopausale a causa principalmente di due fattori: il primo, che l’endpoint primario di molti studi con i GC è stato rappresentato dalla variazione della BMD e non dalla riduzione del rischio di fratture, ed è noto oggi che i GC incrementano il rischio di frattura per meccanismi indipendenti in parte dalla variazione della BMD; il secondo, la maggior parte degli studi in pazienti trattati con GC è di durata di 12 o 18 mesi, ed un numeri insufficiente di pazienti è stato arruolato per poter identificare differenze nella incidenza di fratture di femore. Un vantaggio dei bisfosfonati orali è che questi possono essere cessati nel momento in cui i GC sono interrotti, ma la compliance con le formulazioni orali è bassa. L’infusione annuale di acido zoledronico risolve certamente il problema della compliance, almeno ad un anno, e fornisce una protezione allo scheletro più rapida dei bisfosfonati orali, che hanno un assorbimento intestinale molto basso ed una potenza inferiore all’acido zoledronico. Poiché l’interruzione dei bisfosfonati durante una terapia con GC è seguita da una riduzione della BMD, è raccomandato di proseguire la terapia con bisfosfonati per tutta la durata della terapia con GC. Tutti i bisfosfonati usati nel trattamento della GIO richiedono attenzione se somministrati a donne con potenziale gravidanza, a causa della lunga emivita; e questo è vero soprattutto per l’acido zoledronico (67). Un’alternativa ai bisfosfonati nel trattamento della 162 Reumatismo 2/2014 GIO è rappresentata dal teriparatide, la frazione 1-34 del paratormone, In uno studio di 18 mesi di durata, randomizzato e controllato verso placebo, il teriparatide ha determinato un incremento della BMD vertebrale più marcato e rapido di quello indotto dall’alendronato, ed ha inoltre dimostrato la capacità di ridurre l’incidenza di fratture vertebrali (75). Il teriparatide rappresenta un approccio particolarmente razionale alla GIO giacché contrasta specificamente alcuni peculiari aspetti della GIO, quali l’incremento dell’apoptosi degli osteoblasti e degli osteociti e il decremento di numero ed attività degli osteoblasti. La minore apoptosi degli osteoblasti comporta una migliorata formazione ossea e la minore apoptosi degli osteociti si associa a una preservazione della resistenza dell’osso (76). Un’altra potenziale scelta terapeutica è rappresentata dal denosumab, un anticopro monoclonale umanizzato anti-RANKL, approvato per la prevenzione delle fratture vertebrali, non vertebrali e di femore in donne con osteoporosi postmenopausale, ma non ancora per la GIO. In uno studio randomizzato, controllato verso placebo, in pazienti con artrite reumatoide in terapia con prednisone a dosi <15 mg/die più methotrexate oppure con solo methotrexate, il denosumab ha determinato nei due gruppi effetti sovrapponibile quanto a BMD vertebrale e femorale (77). Il denosumab può essere considerato come opzione in pazienti trattati con GC che abbiano insufficienza renale con volume di filtrato glomerulare <30 mL/min, ed in cui quindi i bisfosfonati sono controindicati e l’impiego del teriparatide problematico. La facilità di somministrazione - sottocute, una volta ogni 6 mesi - è certamente favorevole ad una ottima compliance. In pazienti con GIO, se il dolore derivante da vertebre fratturate è rilevante, persistente e resistente alle terapie convenzionali, la vertebroplastica e la cifoplastica trovano una indicazione. Tuttavia, il rilievo di un incremento di fratture nelle vertebre contigue a quella trattata suggerisce un atteggiamento di prudenza nella scelta dell’esecuzione di tali procedure nei pazienti con GIO (78). Osteoporosi indotta da glucocorticoidi: update 2013 rassegna RIASSUNTO I glucocorticoidi sono la causa più comune di osteoporosi secondaria (GIO). Un trattamento continuato con 10 mg/d di prednisone o equivalente per un periodo superiore ai 3 mesi incrementa di 7 volte il rischio di frattura femorale e di 17 volte in rischio di frattura vertebrale. Le tecniche comuni di valutazione della densità minerale ossea sono inadeguate per identificare i pazienti a rischio di frattura, poiché i glucorticoidi alterano prevalentemente la qualità dell’osso, rispetto alla quantità. Gli effetti negativi dei glucocorticoidi sullo scheletro dipendono da azione dirette sulle cellule ossee, con il risultato di una insufficiente competenza meccanica. Essenziale per la prevenzione è la sua precocità. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha adottato un algoritmo (FRAX) che stima il rischio di frattura nella GIO. L’American College of Rheumatology ha modificato le proprie linee guida, tenendo conto del rischio individuale di frattura calcolato col FRAX. Recentemente, l’International Osteoporosis Foundation (IOF) e l’European Calcified Tissue Society (ECTS) hanno assieme sviluppato analoghe linee guida, seppur differenti in alcuni aspetti. I bisfosfonati sono i farmaci di prima scelta nella GIO; il teriparatide può contrastare alcuni fondamentali aspetti fisiopatologici della GIO; il denosumab può essere utile in pazienti con insufficienza renale e in donne giovani con potenziale gravidanza. Le metodiche di vertebroplastica e cifoplastica potrebbero essere meno vantaggiose nelle GIO che nella forma di osteoporosi involutiva. Parole chiave: Osteoporosi indotta da glucocorticoidi. Key words: Glucocorticoid-induced osteoporosis. n BIBLIOGRAFIA 1. Mazzantini M, Talarico R, Doveri M, Consensi A, Cazzato M, Bazzichi L, et al. Incident comorbidity among patients with rheumatoid arthritis treated or not with low-dose glucocorticoids: a retrospective study. J Rheumatol. 2010; 37: 2232-6. 2. Kanis JA, Johansson H, Oden A, Johnell O, de Laet C, Melton III LJ, et al. A meta-analysis of prior corticosteroid use and fracture risk. J Bone Miner Res. 2004; 19: 893-9. 3. van Staa TP, Leufkens HG, Cooper C. The epidemiology of corticosteroid-induced osteoporosis: a meta-analysis. Osteoporos Int. 2002; 13: 777-87. 4. Natsui K, Tanaka K, Suda M, Yasoda A, Sakuma Y, Ozasa A, et al. High-dose glucocorticoid treatment induces rapid loss of trabecular bone mineral density and lean body mass. 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