scarica pdf - fabio ciani

VOLUNTARY DISCLOSURE: PRIME RIFLESSIONI (AMARE)
Sulle attività esterovestite detenute in violazione degli obblighi valutari e fiscali (capitali non tax compliant)
il rischio di una loro intercettazione da parte del Fisco, è verosimile, verificata la definizione dell’accordo di
scambio multilaterale automatico - non più volontario - dei dati a livello OCSE a cui si aggiungono gli
strumenti giuridici in fase di recepimento sull’allargamento del patrimonio conoscitivo a supporto dell’AF, v.
la reciprocità di dati finanziari, come le direttive multilaterali 2011/16 UE e la direttiva 2003/48 UE. Il
FACTA americano ha dato il la alla proliferazione massiva di “sub FACTA” o “son of FACTA” ed iniziative
omologhe. Lo scenario di cooperazione internazionale, v. infra, si sta dunque evolvendo verso un assoluta
trasparenza, con rimozione delle ultime resistenze, scorie al segreto bancario (inopponibile) ed una
condivisione dei dati alla luce dell’evoluzione del global information reporting. Il riferimento è anche agli
oltre 70 accordi bilaterali contro le doppie imposizioni che ex sé prevedono lo scambio di informazioni “a
richiesta”, v. art. 26 modello Ocse ed i 7 accordi bilaterali identificati come Tiea (quest’ultimi firmati con i
paradisi fiscali) ed i numerosi trattati in discussione, v. OECD, e quello multilaterale MAAT con la Svizzera,
in recepimento. A ciò si aggiunge il verosimile rischio di “fughe di notizie” fiscalmente rilevanti in aree
protette (le “distrazioni”) ed il loro utilizzo in sede fiscale ed extrafiscale unitamente al fatto che il reato di
evasione sta diventando reato presupposto per il reato di riciclaggio in molti Stati. Pertanto, in futuro non
esisteranno più aree di impunità fiscale, laddove sull’evasione off-shore non vi saranno dighe invalicabili - il
gap conoscitivo dello Stato si riduce per la rarefazione dei paradisi fiscali - e per il contribuente non
identificato de facto non esisteranno più safe havens per “coprire” le proprie utilità non dichiarate, sempre
più vincolate nella loro circolazione. Su questo profilo della (in)disponibilità in Italia di queste utilità
esterovestite invisibili, cresce la consapevolezza di poter difficilmente nazionalizzarle senza autodenunciarsi,
con l’effetto deteriore che, la compliance diventa una scelta obbligata per svincolare quelle somme. Cresce
dunque il tasso di sostenibilità dell’idea, fini a ieri illusoria, della tracciabilità dei capitali detenuti all’estero
in illecito fiscale e valutario. In questo rinnovato, mutato scenario di cooperazione internazionale si inserisce
il programma di rientro volontario dei capitali, v. DL 28 gennaio 2014, n.4, per la riaffermazione del
principio di equità, in coerenza con le superiori raccomandazioni della commissione europea e con quanto
suggerito da sempre dall’OCSE.
1 Il vantaggio fiscale (apparente, vedi infra gli effetti de facto espropriativi generati dalle aliquote piene e dal
raddoppio dei termini) lucrato, attraverso questa iniziativa volontaria in termini di mera riduzione delle
sanzioni amministrative e penali, potrebbe essere un elemento risolutivo per il mantenimento dell’anonimato.
Questo soprattutto quando i periodi d’imposta sono ancora “aperti”, ovvero non prescritti e quando gli
imponibili riemersi scontano aliquote progressive e proporzionali, vedi redditi finanziari e redditi cfc,
prelievi indiretti e previdenziali (professionista). Ancora perchè operano i “raddoppi” dei termini se sono
stati commessi reati fiscali, vedi art. 37, commi 24 e 25, del D.L. n. 223/2006: tale raddoppio opererà quasi
sempre, nella misura in cui i patrimoni esterovestiti “bonificati” in disclosure, saranno verosimilmente
detenuti in Paesi black list (esclusione del Lussemburgo), con l’effetto deteriore che, resterebbe ancora
“aperto” il 2004, vedi art. 12 del DL n.78/09. Invero, sempre sulla prescrizione de qua1, ove si ritenga
operante il raddoppio in presenza del reato di omessa dichiarazione si potrebbe arrivare anche al 2003, se
ovviamente nell’interpretazione della norma primaria si dovesse valorizzare ex sè il reato ai fini del
raddoppio, ancorchè la sua punibilità è esclusa dall’adesione. I costi della disclosure diventerebbero
proibitivi o comunque non competitivi.
Si osserva che sul tema del raddoppio dei termini, con una soluzione equitativa i giudici della Ctr di Milano,
sent. n. 147/06/2913, hanno escluso questo raddoppio, allineandosi ad un orientamento condiviso in dottrina,
quando i reati si sono prescritti: rilevano le cause di non punibilità ed estinzione del reato. In altri termini, la
notizia di reato inoltrata quanto il reato si è ex sé prescritto, non è causa del prefato raddoppio dei termini. Il
giudice tributario, dovrà verificare non solo l’allegazione e la disponibilità al processo tributario della
denuncia penale per uno dei reati di cui al DLgs. 74/00 da parte dell’AF (riabilita l’esercizio “tardivo” del
suo potere accertativo), inoltrata prima dello scadere dei termini ordinari di accertamento, ma anche se l’AF
1
Sui nuovi termini prescrizionali nei reati fiscali, la cui disciplina si allontana sempre più da quella generale, ordinaria del codice penale, dando vita ad un sub-­‐sistema indipendente, proprio dedicato ad alcune violazioni penali-­‐tributarie, v. IORIO-­‐MECCA, Effetti della prescrizione dei reati tributari sulla decadenza dell’accertamento, Corr. Trib., 2014, 199 ss., gli Autori su queste regole autonome osservano che….l’art. 2, comma 36.vicies semel, lett. I), del DL n. 138/2011, convertito dalla legge n. 148/2011, ha, nuovamente modificato, per i reati tributari, i termini prescrizionali. La novella ha infatti aggiunto all’art. 17 del DLgs. n. 74/00 il comma-­‐bis, il quale prevede che i termini di prescrizione per i delitti previsti dagli articoli da 2 a 10 del presente decreto sono elevati di un terzo. Ciò significa che il termine di sei anni dovrà essere aumentato di 1/3: il tempo necessario a prescrivere diventerà dunque, di otto anni. Gli otto anni diventeranno dieci con ‘interruzione causata, si ribadisce, per i delitti tributari, anche dal pvc o dall’atto di accertamento delle violazioni. Rimangono fuori dalla modifica i reati di omesso versamento di ritenute certificate, omesso versamento iva, indebita compensazione e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, per i quali il termine prescrizionale continuerà ad essere di sei anni (sette e mezzo con l’interruzione). 2 non abbia fatto un uso pretestuoso, strumentale di essa denuncia al fine di rigenerare il termine (breve) per
l’accertamento. Pertanto, seguendo questo orientamento sempre meno fluttuante che privilegia non
l’oggettività del reato ma la sua concreta perseguibilità, il raddoppio non dovrebbe operare se il reato è
prescritto.
Dunque, sulla ricognizione dei periodi fiscali “aperti” sui quali attivare la disclosure (condiziona le
valutazioni sul mantenimento dell’anonimato e la sua rischiosità) rileva l’allungamento dei termini, quando
ricorre il penale - non dovrebbero rilevare eventuali prescrizioni dei reati fiscali - ed a prescindere dalla loro
commissione, quando le attività sono comunque localizzate in Stati black list. Peraltro, chi non aderirà alla
definizione volontaria, potrebbe vedersi maturare la prescrizione su qualche annualità oggi invece ancora
“aperta” e “ripresa” in disclosure, in ragione del timing dell’eventuale futuro controllo fiscale. Cosi con il
suo ritardo, questo contribuente, potrebbe lucrare la sopravvenuta decadenza. Pertanto, il mantenimento
dell’anonimato, potrebbe essere una scelta di sistema influenzata anche da questa variabile
endoprocedimentale ovvero i tempi del futuro ed eventuale controllo fiscale. Il suo ritardo, potrebbe
determinare, osserva supra, un inatteso effetto di consolidamento, cristalizzazione dell’evasione, appunto
non più perseguibile.
Coloro che invece hanno patrimoni all’estero “finanziati” con evasioni non più accertabili, lo stesso dicasi,
per coloro hanno patrimoni “neutri”, ovvero non derivanti da redditi evasi, vedi le successioni, sceglieranno
verosimilmente di autodenunciarsi all’Ucifi, perdere l’anonimato, per sanare le indolori violazioni degli
obblighi di compilazione del quadro RW. L’interesse alla sanatoria sarà sicuramente elevato. Difatti, avrebbe
poco senso, per questi soggetti non evasori, continuare a detenere in maniera opaca patrimoni, v. infra, per
altro non più liberamente circolabili in un futuro scenario di cooperazione internazionale: la loro
regolarizzazione avrebbe costi molto bassi. A ciò si aggiunga che i prefato profili sanzionatori possono
essere ex sé sterilizzati laddove i patrimoni esterovestiti sono caduti in successione2, nella misura in cui opera
2
Sugli effetti fiscali indolori della disclosure, quando i patrimoni illegalmente detenuti all’estero sono solo ereditati e lo stesso dicasi quando gli stessi non incorporano rilevanti profili reddituali, v. ROSSI-­‐MASSAROTTO, Regolamentata la procedura di voluntary disclosure di attività finanziarie estere illecitamente detenute, Corr. Trib., 2014, 511 ss., i quali osservano che….si è notato una frequente regolarizzazione dei patrimoni esteri in ipotesi di successione mortis causa, ad opera degli eredi di un determinato de cuius, che deteneva in illecito attività finanziarie o patrimoniali all’estero, mentre non ha trovato fattuale riscontro la regolarizzazione ad opera di soggetti ancora in vita, che detenevano essi stessi tali patrimoni illegalmente. Tale atteggiamento de contribuenti altro non è che la diretta conseguenza del 3 il principio di sistema sull’ intrasmissibilità delle sanzioni amministrative e penali agli eredi, con l’effetto
che quest’ultimi resterebbero esposti sono per i tributi personali evasi dal de cuius e per il tributo successorio
su queste utilità non dichiarate.
Sulle violazione da quadro RW, il decreto legge, prevede ex sè una riduzione alla metà del minimo,
verificato l’ingresso dell’esimente di cui all’art. 7, comma 4 del Dlgs 472/97 (il cumulo giuridico
sull’applicazione di unica sanzione e la sua definizione in disclosure, non possono mai violare il terzo della
somma dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi). Pertanto, le “riduzioni” delle sanzioni per le
violazioni al quadro RW, diventano macro, se le attività finanziarie e patrimoniali sono detenute in Stati
dell’Unione europea e sono neutralizzate, in coerenza con il principio del favor rei, quelle relative alle
sezioni I e III, del quadro RW (circolare n. 38/E/2013). Per altro, si andrà verso una svalutazione
dell’adempimento da quadro RW, in presenza di informazioni che il Fisco potrà disporre sulla base delle
plurime procedure di scambio (il quadro RW è un surrogato). E’ un anticipazione dei temi caldi sulle plurime
criticità di sistema dell’iniziativa volontaria (scarso appeal per gli “ evasori”, benefit apparenti), che
insisterebbero, per una conservazione dell’anonimato in colui che ha invece evasioni più recenti, “aperte”,
con tutte le ben note rischiosità del sommerso, più avanti diffusamente riprese. E’ evidente che, vi possono
essere ragioni extrafiscali, vedi ricapitalizzazioni o finanziamenti di investimenti imprenditoriali o familiari,
che possono determinare questi soggetti, con evasioni “libere” (per loro non è indolore la disclosure) a
regolarizzare i patrimoni oltre confine. Si osserva che, una sicura incisione alla regolarizzazione delle
violazioni da quadro RW riviene dal diritto intertemporale, alludo alla recente legge europea 6 agosto 2013,
n. 97, che ha svilito grandemente questi profili sanzionatori sui quali si applicheranno le riduzioni introdotte
dal nuovo art.5-quinquies del DL n. 167/1990. La norma de qua, configura la disclosure quale circostanza di
carattere eccezionale che giustifica una riduzione delle sanzioni alla metà del minimo edittale in virtù
dell’art. 7, comma 4 del DLgs 472/97. Tali benefici si applicheranno se le attività esterovestite restano in
ambito UE, ovvero se detenute extra UE se l’intermediario estero è autorizzato dall’autore delle violazioni a
collaborare con le autorità finanziarie italiane.
principio di intrasmissibilità delle sanzioni agli eredi con la conseguenza che questi possono regolarizzare…..corrispondendo l’imposta di successione, nonché le ordinarie imposte dirette evase dal de cuius. 4 Va ricordato che l’iniziativa spontanea di regolarizzazione non avrà effetti extrafiscali. Il riferimento è
all’antiriciclaggio, non dispensando il DL n. 4/2014 (disclosure) gli intermediari, destinatari degli obblighi di
cui al Dlgs 231/07, dall’applicazione dei presidi in esso contenuti, con l’effetto deteriore che, sulle attività
oggetto di emersione, resteranno immutate le regole di adeguata verifica della clientela, incluso l’obbligo di
identificazione del titolare effettivo. Questo a maggior ragione quando i capitali provengono da stati
individuati dal GAFI - gruppo di azione finanziaria internazionale. In altri termini, la disclosure non libera
gli intermediari da approfondimenti e valutazioni antiriciclaggio. Il contribuente, autodenunciandosi
rimarrebbe de facto esposto ai test antiriciclaggio, non estinguendo la procedura da disclosure l’eventuale
provenienza da reato del patrimonio regolarizzato. Vi sarà ex sè un obbligo di segnalazione sulle attività
rimpatriate qualora l’intermediario rilevi profili di incongruenza ovvero anomalie nella provenienza
(sospetta) di queste utilità. Pertanto, nell’iniziativa volontaria, il contribuente, valuterà anche questo profilo
di rischio (permane) unitamente ai flebili segnali di riduzione degli oneri sanzionatori, certamente poco
significativi se confrontati con il passato.
Dunque, nello studio della rischiosità da “sommerso”, diventa pregiudiziale rinnovare una breve analisi di
sintesi delle plurime variabili che autodetermineranno il contribuente nella scelta opzionale de qua,
enfatizzando da una parte i ben noti limiti strutturali3 della disclosure, retro riassunti, e dall’altra i futuri
scenari di cooperazione, compliance e trasparenza fiscale (quelle rischiosità degenerano) verificata la
progressiva diffusione dello scambio automatico di informazioni, che potrebbe riguardare anche esercizi
remoti. Il riferimento, è alla convenzione multilaterale sulla mutua assistenza amministrativa (cd.
Convenzione MAAT in vigore in 30 Stati) voluta dall’OCSE e dal Consiglio d’Europa (è uno dei rischi del
sommerso). La convenzione multilaterale sull’assistenza reciproca in materia fiscale, dopo le prime cinque
ratifiche è entrata in vigore il 1 aprile 1995, è aperta a nuove adesioni, le nuove entrate più significative nei
3
La disclosure non è un condono, nella misura in cui i tributi sono autoliquidati ora per allora e gli imponibili gravati di aliquote ordinarie, progressive e proporzionali, v. rendite finanziarie. Sui benefit extrafiscali, v. CORSO, La straordinaria necessità e urgenza di fare rientrare i capitali detenuti all’estero, in Corr. Trib., 2014, 519 ss., l’Autore, sulla natura non condonistica dell’iniziativa volontaria osserva che….è ragionevole prevedere che qualcuno parli di amnistia mascherata e cioè del provvedimento di cui all’art. 79 Cost. che subordina l’amnistia e l’indulto alla maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna camera in ogni suo articolo e nella votazione finale. L’amnistia sarebbe mascherata perché, ricorrendo ad un diverso nomen iuris, si eviterebbe di dover raccogliere l’imponente maggioranza di cui all’art. 79 Cost. Senonchè il rilievo sarebbe impreciso, perché le vie della clemenza sono infinite e comprendono anche la previsione delle cause di non punibilità le quali, esigendo una maggioranza semplice, permettono di ottenere in modo meno problematico un effetto penale di favore per il contribuente colpevole. 5 mesi di ottobre e dicembre 2013 hanno riguardato la Svizzera, Andorra, Liechtenstein e San Marino.
All’elencazione de qua, si aggiunge anche Monaco che ha già sottoscritto una lettera di intenti per
l’adesione. Finirà il periodo transitorio di tassazione cedolare ed anonimato dei depositanti. La convezione
prevede le tre tipologie di scambio di informazioni, il quale, può essere attivato su base bilaterale o
plurilaterale in base a specifici accordi tra i singoli Stati. Reciproca assistenza amministrativa (globale) fra
autorità fiscale che trova la sua fonte “madre” nella Direttiva del Consiglio 2011/16/UE del 15 febbraio 2011
relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale recepita dagli Stati membri a partire dal 1
gennaio 2013. La direttiva de qua, sia applica alle imposte di qualsiasi tipo, con eccezione dell’iva, delle
accise e dei dazi doganali, in quanto già “coperte” da altre norme dell’Unione in materia di cooperazione
amministrativa fra stati. Lo scambio “su richiesta” potrà riguardare persone fisiche, persone giuridiche entità
ibride (Trust) con l’unico limite di non consentire richieste generiche di informazioni o richieste non
pertinenti alle questioni fiscali del contribuente (divieto delle cd. fishing expedition). Ultroneo limite dello
scambio di informazioni “su richiesta” deriva dalla necessità di rispettare gli ordinamenti interni, escludendo
che lo Stato, al quale, vengono richieste informazione possa essere obbligato ad effettuare indagini o adottare
provvedimenti, finalizzati all’acquisizione delle informazioni richieste, non consentiti dalla legislazione
interna o dalla prassi amministrativa (sovranità ed autonomia dei singoli Stati membri prevalgono sulle
stesse esigenze di collaborazione trasnazionale). Il legislatore comunitario non specifica, né in positivo né in
negativo, quali siano le informazioni che possono e devono essere scambiate. E’ pertanto, legittimo
interpretare questo termine nell’accezione più estensiva, comprendendo documenti, attestazioni ufficiali, esiti
di indagini.
Su questo profilo di mutato scenario di condivisione dei “dati” (introdotto nelle premesse dell’opera) si
evidenzierà che, la “non regolarizzazione”, potrebbe dunque incontrare il limite di “sistema”, vedi legge
comunitaria per il 2013, dell’impossibilità del reimpiego in Italia dei valori detenuti illecitamente all’estero
(“svincolo” dei patrimoni, ultroneo rischio di sistema). In altri termini, dopo la disclosure si inaugura una
nuova stagione di accertamenti fiscali internazionali resi possibili dagli accordi che l’Italia ha siglato
(l’ultimo in ordine di tempo con gli Usa) o che si appresta a firmare (con la Svizzera). Ma a prescindere dalla
circostanza che siano ancora in corso i negoziati fra autorità fiscali per attivare scambi d’informazione, il
cambio di mentalità degli intermediari di Paesi non collaborativi sarà progressivo, nella misura in cui,
6 verificato l’inserimento del reato fiscale fra quelli presupposto del reato di riciclaggio, nessuno in futuro sarà
più disposto ad assumere il rischio di incorrere in reati lesivi dell’immagine dell’istituzione che si
rappresenta e della propria. A ciò si aggiunge, in questo rinnovato scenario di cooperazione internazionale, il
divieto per l’Autorità interpellata di opporre il segreto bancario ossia di rifiutare informazioni solo perché
detenute in una banca o da altro istituto finanziario. Difatti, l’art. 26, par. 5 del Modello di Convenzione
approvato dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OECD), prevede che le norme
interne sul segreto bancario non possono costituire un limite allo scambio di informazioni a norma del par. 3.
L’evasore, percepisce che il rischio che patrimoni esterovestiti vengano neutralizzati dall’AF è molto più
elevato rispetto al passato, quando, ha deciso di non aderire allo scudo nelle sue edizioni precedenti.
Pertanto, i rischi dell’anonimato saranno sempre elevati, nella misura in cui, il delineato sistema di
cooperazione, non tollererà più distrazioni per questo contribuente che non ha optato per la disclosure, de
facto vincolando per sempre la circolazione dei propri capitali. Il rischio ovvero il suo tasso di intensità, sarà
direttamente proporzionale al sistema di attuazione (tempi) delle future modalità di scambio di informazioni
sensibili. In tal senso, si è, retro auspicata, anche l’eliminazione del quadro RW. Un adempimento cartolare
inutile, verificate le plurime possibilità acquisitive delle informazioni su coloro che hanno patrimoni
esterovestiti.
Sulle massive disponibilità dei dati da parte del Fisco, in chiave di contrasto all’evasione internazionale, si
segnala che, lo stesso, potrà contare anche sulle informazioni contenute nell’Archivio Unico degli
intermediari in adempimento degli obblighi antiriciclaggio (art. 36, comma 6, del Dlgs. n. 231/2007), con
l’effetto deteriore che, quei dati custoditi dagli intermediari e dai professionisti per finalità extrafiscali
ovvero in chiave antiriciclaggio, si riverseranno nelle politiche di contrasto alle evasioni transfrontaliere. Il
riferimento, è all’art. 2 del novellato Dl n. 167/1990 (come risultante, vedi anche art. 1, dalle modifiche
apportate dalla legge europea 2013) che abilita l’UCIFI ed i reparti speciali della GDF a richiedere agli
intermediari destinatari degli obblighi di monitoraggio fiscale, in deroga ad ogni disposizione di legge,
previa autorizzazione del Direttore centrale accertamento dell’Agenzia delle entrate o del Comandante
generale della GDF, le prefate informazioni custodite nell’Archivio Unico informatico di cui al cit. art. 36,
comma 2, lett. b), del DLgs. n. 231/07. Invero, anche prima delle modifiche introdotte dalla legge europea
2013, il travaso e l’utilizzazione in chiave fiscale di elementi probatori acquisiti presso gli intermediari e da
7 questi custoditi per mere finalità di antiriciclaggio, era possibile in base alla regola di sistema dell’art. 36 del
Dpr 600/73. Ma tale travaso di dati, operava quando quei dati, venivano acquisiti nell’ambito di verifiche
antiriciclaggio della GDF o, in veste di polizia giudiziaria, nell’ambito delle indagini delegate dall’Autorità
giudiziaria. L’evoluzione (legge europea 2013), ossia il potenziamento dei poteri del “controllore”, è
evidente, nella misura in cui d’ora in avanti, l’Amministrazione Finanziaria, ex sé potrà richiedere agli
intermediari informazioni, fishing expedition, su operazioni transfrontaliere riguardanti qualsiasi
contribuente. Vengono cosi superate le prefate resistenze ontologiche, alludo alle presupposte, necessarie
verifiche sull’antiriciclaggio della GDF che, “liberavano” l’utilizzazione anche fiscale dei dati acquisiti
presso gli intermediari.
Le informazioni richiedibili agli intermediari, osserva supra, sulle movimentazioni, operazione
transfrontaliere, appunto da trasferire all’amministrazione finanziaria, possono riguardare qualsiasi soggetto.
Infatti, nell’intervento riformatore (legge europea 2013) non vi è una delimitazione soggettiva, vedi persone
fisiche, società semplici, cui riferire la richiesta de qua, con l’effetto deteriore che, le informative
richiedibili dall’amministrazione finanziaria sulle movimentazioni transfrontaliere riguarderanno qualsiasi
contribuente. Sulle necessarie valutazioni dei rischi del sommerso, è evidente che, rientra anche lo spiegato
intervento riformatore sull’utilizzo e la disponibilità in chiave fiscale di questo importante patrimonio
conoscitivo, custodito fin’ora dagli intermediari, per finalità extrafiscali. Dunque, la rischiosità da
sommerso, ovvero uno dei rischi dell’anonimato potrà derivare anche dal legislatore, che nel contrasto alle
evasioni internazionali, abilita sempre più utilizzi plurimi dei dati finanziari transfrontalieri. Pertanto, questo
contribuente, sarà “attenzionabile” sulla base di sollecitazioni, sia trasnazionali, per le informazioni
acquisite in virtù degli scambi multilaterali sull’assistenza reciproca in materia fiscale, e sia domestiche. Il
riferimento, è a quel patrimonio conoscitivo, alimentato dagli intermediari per mere finalità antiriciclaggio,
che ora è utilizzabile “a richiesta” dell’Amministrazione finanziaria per finalità anche endotributarie. E’
evidente, come per altro preannunciato da alti esponenti dell’Ucifi che l’utilizzo dei dati consentito dal cit.
Dlgs. 231/2007 non verrà attivato per chi aderirà alla disclosure. Invero, su questo profilo di rischio, con
una circolare protocollo DT 8624 del 31 gennaio 2014, viene detto che nessuna deroga vi sarà all’ingresso
delle regole antiriciclaggio, cioè gli intermediari applicheranno le procedure di controllo e verifica da DLgs
8 231/07, osserva supra, anche sulle attività rimpatriate. Dunque, i benefici della disclosure non potranno
esulare dal contesto fiscale, per cui permangono le rischiosità, retro illustrate, sulla provenienza sospetta
delle utilità autodichiarate, obbligando gli intermediari alle segnalazioni del caso. Resterebbero immutati gli
obblighi di verifica della clientela e segnalazione di operazioni sospette. E’ evidente che, permane l’obbligo
di segnalazione, nelle operazioni di rientro volontario, per i professionisti, i quali, solo quando ricevono
informazioni nel corso dell’esame della posizione giuridica del cliente o dell’espletamento dei compiti di
assistenza e difesa dello stesso nei procedimenti giudiziari sono esentati dal prefato obbligo.
Nella valutazione della rischiosità fiscale ed extrafiscale del comportamento del contribuente non in regola
con il Fisco che, per ragioni retro illustrate, rimane inerte non esercitando il regime opzionale da disclosure,
va considerato il futuro scenario internazionale di cooperazione, compliance fiscale, retro diffusamente
illustrato, con potenziamento dello scambio di informazioni tra i diversi Paesi inclusa la Svizzera che, de
facto rischia di violare quello stato di clandestinità. Una lotta serrata all’occultamento dei redditi e dei
patrimoni, altrove, sempre in quest’opera diffusamente trattata, che veicola attraverso plurime tipologie di
scambio di informazioni. La possibilità di ottenere informazioni su dati sensibili è configurabile secondo tre
diverse modalità. Lo scambio a richiesta su sollecitazioni di uno Stato A, il quale, vuole notizie che chiede
allo Stato B relativamente ad un proprio contribuente, ovviamente non saranno ammesse richieste se lo Stato
non ha esperito indagini su un determinato soggetto, indagini dalle quali deve emergere il possesso
ultranazionale di patrimoni. Lo scambio spontaneo dal perimetro indefinito, variabile, quando l’autorità
fiscale dello Stato A constata una circostanza fattuale al proprio interno che coinvolge il contribuente di uno
Stato B e ritiene altamente probabile un fumus di evasione fiscale in questo contribuente. E’ lasciato alla
sensibilità dei verificatori di uno Stato immaginare che determinate operazioni sul proprio territorio integrino
un indizio di una possibile evasione tributaria nell’altro Stato.
Infine, una terza ipotesi di compliance prevista dalla direttiva 2011/16/UE riguarda lo scambio automatico, la
cui operatività è prevista dal 2014, ossia quando l’autorità di uno Stato comunica in modo sistematico
determinate informazioni relative a tutti i contribuenti di ciascuno degli altri Stati. E’ ispirata alle regole
dello scambio di informazioni prescritto dagli Stati Uniti, note come FACTA e che sono ancor più invasive.
9 Avv. Fabio Ciani
Università Roma Tre
10