Poste italiane spa - spedizione in a. p. D.L. 353/03 (conv. L. 46/04) art. 1 comma 1, NE/VR settimanale diretto da luigi amicone anno 20 | numero 11 | 19 marzo 2014 | 2,00 EDITORIALE UN ANNO DI PONTIFICATO Papa Francesco. Il fatto decisivo resta l’incontro che diventa «felice amicizia» A un anno dalla rinuncia di Benedetto XVI e dalla elezione di papa Francesco, un punto incontrovertibile spiega l’abbraccio tra i due e la decisione di Francesco di tenere presso di sé (come ha confessato lui stesso al Corriere della Sera) il papa emerito. «Non mi stancherò di ripetere – dice Francesco nella Evangelii Gaudium – quelle parole di Benedetto XVI che ci conducono al centro del Vangelo: “All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e, con ciò, la direzione decisiva”. Solo grazie a quest’incontro – o reincontro – con l’amore di Dio, che si tramuta in felice amicizia, siamo riscattati dalla nostra coscienza isolata e dall’autoreferenzialità». Questo è, dopo tutto, dopo le mille e una “aperture” accreditate a Francesco dalla vena pubblicistica mondiale che ha in personaggi come Hans Küng i suoi noiosissimi cantori, il succo di un anno di pontificato. Certo, la constatazione che c’è «un abisso tra dottrina sul matrimonio e la famiglia e la vita reale di molti cristiani», di cui ha parlato introducendo il Concistoro il cardinale Kasper, può far prevedere che la Chiesa aderisca a COME CI DISSE DON GIUSSANI, forme nuove di “misericordia”, quali IL SEGRETO DELLA PERMANENZA la comunione ai divorziati risposati e DI UN AVVENIMENTO DI VITA chissà, magari al bon ton della via me- QUALE È CRISTO NELLA STORIA diana (Kasper: «Io propongo una via al È IN UNA UNITÀ TRA PERSONE di là del rigorismo e del lassismo: è ovvio che la Chiesa non si può adattare soltanto allo “statu quo”, ma non di meno dobbiamo trovare una via di mezzo che era la via della morale tradizionale della Chiesa»). Su questa via, c’è chi laicamente non concorda. Con Giuliano Ferrara ci siamo abituati alla forza delle idee e non ci dispiace che, nel vuoto devozionismo – o «nell’idealizzazione che è sempre un’aggressione» come ha ricordato Francesco prendendo distanza dai troppi suoi corifei –, l’uomo libero domandi ragioni piuttosto che trasporti sentimentali. Però, più decisivo di tutto, resta per noi quell’“inizio” e quella “vita” di cui parla Benedetto e conferma Francesco. Chiunque sia cristiano, lo sia diventato o vi sia ritornato, conosce per esperienza cos’è un «incontro che dà alla vita un nuovo orizzonte». Qualcosa che neanche immaginano gli stipendiati di un Cristo da vaticanisti e teologi del consenso. Che neanche sfiorano i discorsi di certi cattolici, metodologici e strutturati per mantenere le mani pulite e viaggiare col freno a mano tirato. E infatti sono tutti individui solitari, parlano di un fede buona per le ricerche di Proust, tanto moderna da rendere il cristianesimo indifferente a noi moderni. È così che la pensiamo: come ci disse una volta don Giussani, il segreto della permanenza di un avvenimento di vita quale è Cristo nella storia non è una dottrina né il suo adeguamento alle istanze del mondo. Bensì è «appartenere a una realtà umana nella quale il significato ultimo della realtà è riconosciuto come presente in un fenomeno, vale a dire in una unità tra persone». Perciò baciamo i piedi a quei padri e a quelle madri, a quei maestri e a quegli insegnanti, a quei giovani e a quei figli, che professano Cristo in un fenomeno di vita, cioè in una unità tra persone. FOGLIETTO Razzi nel cielo. Speriamo che Renzi non sia solo fuochi d’artificio (come temono perfino i suoi sottosegretari) U n italiano di buon senso può non condividere le idee del presidente del Consiglio, ma non “gufa” quando sente enunciare propositi di maggiore efficienza della pubblica amministrazione e di risultati che non hanno colore; per esempio la messa in sicurezza di tanti edifici scolastici, al cui interno sono precari non solo i docenti, bensì pure i muri. Lo stesso italiano però apre il quotidiano e scopre che «i numeri che leggete sull’intervento del governo sull’edilizia scolastica sono falsi. Tutti falsi». La prima sorpresa è che queste parole non appartengono a un feroce grillino, ma al sottosegretario all’Istruzione Roberto Reggi, politicamente vicino a Renzi. La seconda è che esse non sono state carpite in uno sfogo privato, sono state pronunciate in pubblico lunedì 10 marzo in occasione di un convegno del Pd. La terza è che il periodo non è completo: «Nessuno sa davvero quante e quali sono le scuole su cui dobbiamo intervenire, né conosce i fondi disponibili. (…) Qui nessuno sa niente. Renzi spara razzi nel cielo quello è il suo talento, ma poi noi gli arranchiamo dietro». Non riporto il seguito per brevità, ma è coerente con le premesse. Per dire cosa? Che gli squilli di tromba vanno bene quando si devono affrontare le primarie e i cambi di governo; quando poi arriva il confronto con la realtà devono cedere il passo ad altro. Giusto il proposito di risultati ambiziosi, a condizione che si impieghino i giorni, e talora le notti, a conoscere i settori sui quali si vuole incidere, e a reperire le risorse per riuscirvi. L’impresa non è impossibile, a condizione che alle comparsate a Ballarò si affianchi un lavoro paziente, umile, complicato, che punti al risultato senza saltare passaggi intermedi. I razzi in cielo sono stati sparati, ora il governo è chiamato a dimostrare che il programma non si esaurisce nei fuochi d’artificio. Alfredo Mantovano | | 19 marzo 2014 | 3 SOMMARIO 06 PRIMALINEA MODESTE PROPOSTE PER SALVARE POMPEI | FELTRI NUMERO anno 20 | numero 11 | 19 marzo 2014 | 2,00 Poste italiane spa - spedizione in a. p. d.l. 353/03 (conv. l. 46/04) art. 1 comma 1, ne/Vr settimanale diretto da luigi amicone 11 L’unità tra l’uomo e la donna è la pietra della fecondità e dell’educazione LA SETTIMANA 20 ESTERI KIEV, CHI SONO I CAPI DELLA RIVOLTA | CASADEI 14 INTERNI L’AMATO CHIAMPARINO E I SUOI DEBITI | SCHIRLE Foglietto Alfredo Mantovano...........3 La lettera Totò Cuffaro................................ 13 Chi è chi Vincenzo Bugliani............. 18 Speciale difesa Il nuovo F-35..............................24 Presa d’aria Paolo Togni.....................................54 Mamma Oca Annalena Valenti............... 55 Post Apocalypto Aldo Trento.................................. 60 Sport über alles Fred Perri........................................... 62 Cartolina dal Paradiso Pippo Corigliano.................. 63 Mischia ordinata Annalisa Teggi........................66 RUBRICHE 40 COPERTINA FAMIGLIA, PERSONE E CORPI | SCABINI 46 SOCIETÀ INTERVISTA A SEVERINO | AMICONE L’Italia che lavora...............50 Stili di vita...........................................54 Per Piacere........................................ 57 Motorpedia........................................58 Lettere al direttore........... 62 Taz&Bao................................................64 Foto: Ansa, Ap/LaPresse, Ansa/Abaca, Getty Images, Olycom Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994 settimanale di cronaca, giudizio, libera circolazione di idee Anno 20 – N. 11 dal 13 al 19 marzo 2014 DIRETTORE RESPONSABILE: LUIGI AMICONE REDAZIONE: Laura Borselli, Rodolfo Casadei (inviato speciale), Caterina Giojelli, Daniele Guarneri, Pietro Piccinini PROGETTO GRAFICO: Enrico Bagnoli, Francesco Camagna UFFICIO GRAFICO: Matteo Cattaneo (Art Director), Davide Viganò FOTOLITO E STAMPA: Elcograf Via Mondadori 15 – 37131 Verona DISTRIBUZIONE a cura della Press Di Srl SEDE REDAZIONE: Corso Sempione 4, Milano, tel. 02/31923727, fax 02/34538074, [email protected], www.tempi.it EDITORE: Tempi Società Cooperativa, Corso Sempione 4, Milano La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250 CONCESSIONARIA PER LA PUBBLICITà: Editoriale Tempi Duri Srl tel. 02/3192371, fax 02/31923799 GESTIONE ABBONAMENTI: Tempi, Corso Sempione 4 • 20154 Milano, dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 13 tel. 02/31923730, fax 02/34538074 [email protected] Abbonamento annuale cartaceo + digitale 60 euro. 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Magari senza costringere i turisti giapponesi a farla in un angolino | DI MATTIA FELTRI Dieci ideuzze per salvare Pompei 6 | 19 marzo 2014 | | Foto: Ansa PRIMA CHE CROLLI TUTTO | | 19 marzo 2014 | 7 8 | 19 marzo 2014 | | rono con la luna storta e se ne tornarono a casa senza più cacciare un soldo: Epadesa è statale e soggetta a spoil system; e siccome si avvicinavano le elezioni presidenziali con la probabile vittoria di François Hollande su Nicolas Sarkozy, per opportunità politica era il caso, si disse ufficialmente, di fermarsi un momento. In realtà i francesi si erano dati alla fuga terrorizzati dalla demenziale burocrazia che sottopone Pompei a una decina di controlli incrociati da parte di enti statali e locali (comune, provincia, ministero, sovrintendenze, consigli superiori…) in conflitto fra loro oppure legati da rapporti di ispirazione mafiosa (non per forza in senso criminale) studiati per la conservazione del piccolo potere. I problemi di Pompei sono più o meno noti e numerosi. Ci sono i crolli, naturalmente. Ci sono gli stucchi in rosso pompeiano che si staccano irrecuperabili nell’indifferenza perché fa più rumore un muro di contenimento che viene giù. C’è un’accoglienza sul sito di sacralità ottocentesca, per cui si deve girare una città intera (la vecchia Pompei è 66 ettari) che è una successione di pietre senza bagni o punti di ristoro, se non un bar Autogrill che, quello sì, è uno scempio per gli occhi. Non ci sono indicazioni né dentro né fuori, non ci sono strade adeguate, non c’è assistenza per chi arriva coi bambini. C’è la criminalità organizzata che esercita il suo dominio. Questo articolo, però, a parte una lunga e inevita- Foto: Ansa I l caso di Pompei è la dimostrazione quotidiana che la crisi economica in Italia se la infliggono gli italiani. Il sito archeologico più grande e forse più struggente del mondo stacca ogni anno circa due milioni di biglietti per un incasso che arriva a venti milioni di euro. Non servirebbero colpi di genio: basterebbe un po’ di buona amministrazione per raddoppiare la cifra, minimo. L’Unione Europea ha da poco stanziato 105 milioni di euro per i restauri e tre anni fa il più grande consorzio francese di multinazionali – Epadesa – offrì venti milioni l’anno a salire per dieci anni: respinti. O meglio, le cronache raccontano che una mattina a Epadesa si sveglia- PRIMA CHE CROLLI TUTTO PRIMALINEA RESTAURI? LA FRANCESE EPADESA ARRIVÒ A OFFRIRE 20 MILIONI L’ANNO PER 10 ANNI, POI si DIEDE alla fuga TERRORIZZATA dalla demenziale burocrazia che sottopone Pompei a una decina di controlli incrociati da parte di enti statali e locali in conflitto fra loro 79 dopo Cristo, vino, bevande calde e fresche, oltre a panini e spuntini, carne cotta alla griglia, frutta. Erano i fast food del tempo. Sarebbe sacrilego riadattarli a beneficio dei turisti? UN BOCCONE. Come accennato, a Pom- pei c’è un punto di ristoro Autogrill, di quelli che si trovano a Serravalle Scrivia o a Sasso Marconi, e si mangiano il panino Fattoria o la focaccia Camogli. Fine. In una città intera. Se ne dovrebbero aprire di più, magari più in sintonia con il luogo, magari in grado di proporre pietanze o interi menu della cucina dell’antica Roma. Vorrebbe dire trascorrere una giornata nel passato, anziché in un posto del passato. UNA GIORNATA. Una delle collane sto- bile premessa, non vuole essere un articolo di lagna o di denuncia. Vuole essere un elenco di dieci proposte per salvare Pompei, redatto senza la presunzione di volere essere ascoltati. Foto: Ansa UN’INFORMAZIONE. Pompei può essere girata per ore senza capirci nulla. Non ci sono pannelli esplicativi perché i pannelli esplicativi sono antiestetici e troppo popolari per le ambizioni sacerdotali della nostra polverosa cultura. Si arriva davanti a una domus, si vedono degli affreschi e non si sa a chi appartenesse la domus e che cosa significhino gli affreschi. Non si sa che qui c’era una scuola, là la villa di chi prestava soldi a usura, dietro l’angolo la lapide che ricorda il duumviro, un po’ oltre c’è il fornaio, su quel muro l’incisione di una promessa elettorale (se mi voti avrai il pane buono, testuale). Pompei è magica perché per il 90 per cento è rimasta come era. Ci vorrebbe niente a trasformarla da necropoli nella fissità eterna a luogo cui si restituisce vita. Oggi ci sono le guide (bravissime, ma costose e non bastano per tutti) o le audioguide (scomode e sbrigative). Entrare da soli a Pompei è come entrare in un cinema a vedere un film di un solo fotogramma. UN RINFRESCO. Ogni qualche decina di metri, alcune case hanno davanti dei banchi in pietra con due secchiai. Vi si vendevano, fino all’eruzione del Vesuvio del riche di maggior successo degli ultimi decenni appartiene alla Bur di Rizzoli, e racconta la vita quotidiana nel Rinascimento o nella Grecia di Socrate o nella Francia rivoluzionaria del 1789. La storia non è soltanto delle guerre o dei re o delle conquiste tecnologiche, è anche delle minuzie di ogni giorno. A che ora si svegliavano a Pompei? Come facevano toeletta? Che c’era per colazione? A che ora si andava alle terme? C’erano spettacoli? Come si vestivano? Quali regole di galateo seguivano? Le donne, quali compiti avevano? Che mestieri erano diffusi? E gli schiavi, in che condizioni erano tenuti? Basterebbe comprare un bel libro recente, quello di Piero Angela per esempio. Oppure si potrebbe pensare a dei figuranti in costume che riproducono (in orari e zone particolari) brani di vita quotidia| | 19 marzo 2014 | 9 PRIMALINEA PRIMA CHE CROLLI TUTTO no gli asfalti pompeiani: sarebbe una norma di civiltà anche a Morlupo. UNA LEZIONE. Fra i sommi sacerdoti della UN FOCHERELLO. Gli scavi sono aperti, a (l’ultima volta che il cronista c’è stato, i due bagni dell’Autogrill, uno per donne e l’altro per uomini, erano guasti). Un giovane giapponese, disperato nella lotta fisiologica, ha ceduto all’italianitudine e l’ha fatta in un angolo, fra la casa di un Fabius Helveticus e quella di una Sestilia Flacilla. Questo non è nemmeno un suggerimento, è un invito alla decenza. onore di chi ci lavora, sette giorni alla settimana. Aprono alla mattina e chiudono al tramonto, perché naturalmente non c’è illuminazione. Pensate a quanto sarebbe suggestivo visitare Pompei rischiarata UN’INDICAZIONE. In un paese normale, UN MONDO. Come fare tutto questo a torce nelle sere d’estate. Non è un’idea le indicazioni per Pompei arrederebbero nell’Italia di oggi, e precisamente nel Sud così recente: Adolf Hitler, che più di Beni- l’intera rete autostradale. Da noi no: per Italia di oggi, e meglio ancora in una delto Mussolini è l’inventore delle aree a felice dominio di crila propaganda moderna, teneminalità organizzata? BisogneFra i sommi sacerdoti della cultura va le sue adunate nelle piazze moderna ci sono gli archeologi. A Pompei rebbe – ma qui siamo all’utobuie accese dai fuochi, perché lavorano dietro transenne per impedire pia – trasformare l’intero posto sapeva che è quella la luce che (con Ercolano, Oplontis, Stabia la vista. Eppure IL LORO MESTIERE è fra riscalda i cuori. eccetera) in una zona franca a i più seducenti: E rendERLO remunerativo controllo internazionale. Sottoporre le aree archeologiche UN PARCHETTO. Visitare PomCON l’accesso guidato ai CANTIERI? alla tutela dell’Onu e all’orgapei coi bambini è impossibile: si cammina per ore su un lastricato imbattersi nel cartello di Pompei, lungo la nizzazione di una fondazione mondiale meraviglioso ma sconnesso cercando di A1, bisogna arrivare a Pompei. Anzi, nem- di mecenati. carpire un brandello di storia. I piccoli si meno la A1, che finisce a Napoli, ma oltre, Una Pompei del genere non sarebscocciano dopo duecento metri e quindi- visto che Pompei è fra Napoli e Salerno e ci minuti. Certo, se avessero un parco gio- però non si deve prendere per Salerno ché be la Pompei come la conosciamo oggi. chi dotato di casette prefabbricate con si finisce in capo al mondo. Un groviglio. Diventerebbe un luogo dove divertirsi e l’animazione e il ristorante, li si parcheg- Fortuna che hanno inventato i navigatori. imparare anziché una cattedrale del racgerebbe lì, facendo felici sé e loro. Una Usciti a Pompei, ci sono parecchi cartelli coglimento attorno al tempo che passa (e raccomandazione all’infanzia: non urlate di quelli marroni che conducono agli sca- all’incuria che lo accelera). Diventerebche si disturbano le anime millenarie del- vi, sebbene siano cartelli ordinari e minu- be, soprattutto, una macchina da soldi scoli. Chiunque di voi, fosse il sindaco di esempio ad altri siti archeologici d’Itala città perduta. della città, metterebbe segnali di cinque lia, e il sistema di conservare il clamometri quadrati, luminosi e fosforescenti. roso tesoro ereditato dai nostri avi. Per UN GOCCINO. Tre bagni in una città intera. Uno all’ingresso, uno alla Villa dei Ma voi non fate il sindaco. Qui non voglia- cui – considerando anche l’incompetenMisteri, in cima alla collina a tre chilome- mo arrivare al punto di esortare a riempi- za scientifica di chi scrive – prendete quetri dal centro, e uno al famoso Autogrill re le buche – le voragini – che abbellisco- sto articolo e incartateci la merenda. n 10 | 19 marzo 2014 | | Foto: AP/LaPresse na. Naturalmente se la cosa non dovesse dispiacere – per ragioni di protocollo scientifico – al magnifico rettore associato dell’università del vasellame in coccio. cultura moderna ci sono anche gli archeologi. A Pompei, come a Roma e nel resto d’Italia, lavorano dietro transenne coperte da teli per impedire la vista a chi passa. Eppure il lavoro dell’archeologo è fra i più seducenti che ci siano e lo si potrebbe rendere remunerativo consentendo l’accesso guidato ai cantieri. Un cicerone spiegherebbe che cosa si sta facendo, perché, con quali tecniche e materiali, come si faceva in passato, quali studi servono, e così via. L’ideuzza, girata a un archeologo, è stata archiviata così: non siamo scimmiette in gabbia. LA LETTERA Caro direttore, S del tuo graditissimo e prezioso pensiero di spedirmi in carcere Tempi, che è per me e per tanti altri compagni detenuti un riferimento importante. (…) Ogni vita, sia laica che religiosa, non può fare a meno di tre convinzioni: credere, sperare e amare. Sono proprio queste tre determinazioni che animano la mia vita di detenuto, protagonisti veri ed entusiasti della vita che scorre, con i suoi colori, immagini, storie, realtà, fantasie, sogni, illusioni, aspettative, ansie, paure, sofferenze e fiducie. Vita vissuta, vita che vivo, vita che sarà ancora buona per ascoltare e capire e fare quando tornerò libero tra la gente. Vita utilizzata per le parole ascoltate e per quelle dette. Una vita ancora buona per sorridere, per cercare il futuro, per contribuire a costruire una realtà insieme a tutti quelli che hanno voglia di vivere, amare, credere e sperare. Il carcere è un baratro profondo di miserie e di bisogni. Questo mio tempo del carcere, che io mi sforzo e faccio di tutto per pensare e rendere buono e utile, soprattutto per gli altri, non riesco a considerarlo sino in fondo un tempo donato. Resta in me la sensazione come di un tempo, sì che offro, ma come di una offerta scelta non per intera dalla mia volontà, ma pretesa dalla giustizia e impostami dallo Stato. Il dono e l’offerta che faccio sono sì positivi e sinceri, ma l’essere essi voluti non totalmente e liberamente non mi soddisfa del tutto. Allora aspetto di provare questa mia capacita di dono e di offerta quando sarò libero, per poterla fortificare ed essere completamente sicuro e consapevole e soddisfatto della importanza di fare qualcosa per gli altri, e così attendo con ansia e con pazienza di potermi dedicare a chi ha più bisogno, conscio che così mi dedicherò anche alla mia anima. Purtroppo i giudici, non concedendomi l’affidamento ai servizi sociali credo all’insaputa della Giustizia, hanno deciso che dovrò finire la mia pena in carcere, non la condivido ma rispetto la sentenza; ancora due anni di sofferenze e di privazioni, il Buon Dio mi aiuterà. È un tempo di ulteriore prova, e la fede è balsamo e conforto, e per essa l’amore mi consegna, amato, all’affidamento dell’abbraccio di Dio, questo “affidamento” i giudici non possono impedire, e la fede mi dà nell’amore dei miei la forza della resistenza. La preghiera schiuderà il blindo della mia cella interiore, nella quale crivo per ringraziarti ALL’INSAPUTA DELLA GIUSTIZIA Vivere in questa cella luogo della mia e di altre anime libere | DAL CARCERE DI REBIBBIA TOTÒ CUFFARO potrò intrattenermi, sempre non impedito, cuore a cuore, in dialogo di intima amicizia con Lui, dal Quale so di essere amato e accolto come figlio, e potrò in questa mia resistenza non cedere il passo alla resa. Concetti questi che ho preso da Tempi. Immobili le cose, fermo il tempo Ho finito di scrivere il mio secondo libro in carcere, Le carezze della nenia, sarà nelle librerie a fine marzo, credevo fosse finita la mia esperienza di scrittore improvvisato, la mia forzata permanenza in carcere mi darà la possibilità e il tempo di scrivere un altro libro. Scrivo, così, non potendo in carcere rincorrere le cose, faccio sì che mi sembri siano esse a corrermi incontro, e ciò non è libertà, è la sola cosa possibile. Invece nella cella ogni cosa è ferma, al pari della mia vita, immobili gli oggetti e fermo il tempo, e non so decidermi se considerare ciò un bene o un male. Sono fermo anch’io e parafrasando Bertolt Brecht penso: «Sono seduto dalla parte del torto visto che tutti gli altri posti sono occupati». Rifletto sulla catena che mi ha avvinto in questi anni e che, così hanno deciso, dovrà avvincere ancora la mia esistenza, e mi interrogo, su quali mutamenti stia portando in me, e su come mi farà differente. Guardo indietro e nonostante siano stati anni lunghi e pesanti, mi sembra che il tempo sia passato rapido. E mentre ogni cosa, nella cella, resta ferma, non è così nella mia vita, perché, vero è che dipendo dal volere degli altri, e però, per vivere, devo metterci la mia volontà. La vita è fatta di tante cose legate insieme, buone e brutte che siano, e tutte bisogna affrontarle quando si presentano, il domani non si ferma. Ringrazio Dio per le tante cose buone e belle che mi ha date, e quando sono un po’ più fido credente, lo ringrazio per le cose brutte, a cominciare da questa che vivo, perché in essa c’è l’amore e vi dimora la speranza. È passato ed è finito il mio tempo per la “politica”, ma non quello per il lavoro e per l’impegno di volontariato e di solidarietà nel sociale. La vita deve cercare il motivo del suo senso, richiederne il bisogno, capirne il valore, saperne cogliere l’essenza, altrimenti è una non vita o quantomeno inutile. Caro Luigi, in carcere ho imparato che la vita va accettata così com’è e che la ricompensa che essa ci da è vivere, e poter così continuare a credere, sperare ed amare. Ho capito vivendolo che il carcere non è storie di corpi, ma è soprattutto storie di anime. Se questo lo percepisse l’opinione pubblica e lo capisse lo Stato e si comportassero di conseguenza, le condizioni delle persone detenute certamente ne trarrebbero giovamento, si riuscirebbe a salvaguardare la dignità dell’uomo detenuto, ne trarrebbero un beneficio le loro famiglie, e vantaggio la società e le nostre istituzioni. Purtroppo l’ultimo decreto falsamente chiamato “svuota carceri” e ora convertito in legge non va in questa direzione, e avvertiamo che in questi ultimi giorni ci sia dentro le carceri non una apertura ma una stretta. Nonostante tutto siamo fiduciosi che il nostro paese saprà maturare una nuova consapevolezza, e papa Francesco sta certamente portando un contributo straordinario di amore e di esempio. Con amicizia, stima, gratitudine, preghiera Totò | | 19 marzo 2014 | 13 INTERNI | CONTI IN ROSSO DI RACHELE SCHIRLE I buchi dell’affidabile Chiamparino Con 3,5 miliardi di debito, Torino non ha nemmeno i soldi per asfaltare le strade. Ecco quanto vale l’eredità dell’ex “sindaco più amato dagli italiani”. E ora che Cota è stato fatto fuori per via giudiziaria, il Pd punta su di lui per conquistare il Piemonte T Il Piemonte si prepara alla grande bagarre primaverile che vedrà al voto tanti comuni importanti come Nichelino, Chieri, Collegno, Biella, Alba, Bra, Fossano, Rivoli, Verbania e, ovviamente, la Regione, con una ventata di revanscismo ultrareligioso con peculiarità sorprendenti. Dalla santificazione delle feste, infatti, si passa alla santificazione di chi ti ha fatto la festa: certo, dopo l’amara conclusione di una Giunta mai di successo, quella di Roberto Cota, il centrosinistra ringalluzzito dalle decisioni giudiziarie ha pensato bene di puntare su un vincente di professione, Sergio Chiamparino alias “il (sindaco) più amato dagli italiani” che nella sua cucina ha sfornato una ricetta di sicuro successo. Un po’ di politica pane e salame, quella della porta accanto, un pizzico di rassicurante piemontesità, sale e pepe (inteso come capigliatura brizzola- 14 u chiamale se vuoi… elezioni. | 19 marzo 2014 | | ta, sinonimo d’esperienza) quanto basta, il tutto accompagnato da un vinello sincero, distillato di franchezza. Da una parte, dunque, quattro anni vissuti sul filo di lana dell’incertezza post ricorso sono finiti nel braciere sacrificale della catarsi giudiziaria: quanto di buono costruito da Cota&Co rischia di perdersi nel desiderio d’epurazione dei piemontesi, sfiancati da anni in cui il dibattito politico si è perso i problemi veri della regione, per andare a discutere di questioni burocratiche – per carità significative, perché nella cosa pubblica la parola “falso” non deve trovare appigli – ma che certo non possono mascherare gli oggettivi risultati raggiunti, a cominciare dalla riduzione del debito, per passare ai miracoli sulla Cultura, all’apertura dei consultori e delle sale parto alle associazioni pro life, al bonus bebè, all’abbassamento dei parametri per l’accesso alle politiche Dal 2009 al 2012 i tagli al welfare per la città di Torino sono stati superiori al 50 per cento – da 48 a 22 milioni di euro –, contro il 3,6 per cento della media nazionale Foto: AP/LaPresse di welfare, per finire con la gestione pressoché inattaccabile di innumerevoli crisi industriali, da Indesit a Fivit Colombotto. Gestione inattaccabile non solo per le aziende, ma anche per i lavoratori. L’importanza di emozionare Ma la propaganda suona le sue grancasse, mentre la verità spesso è relegata al ruolo di strumento di accompagnamento e la sonata del Pd è uno spartito in cui il Piemonte ha bisogno di un uomo affidabile, amato, esperto, che va in giro in motorino e non ha paura di parlare piemontese, anche in una regione in cui metà della popolazione non riesce ad articolare “duj puvrùn bagnà n’t l’oli”. Un’operazione che parla al cuore dei piemontesi, a differenza di un passato in cui la Giunta, pur ottenendo risultati di valore, non è riuscita ad emozionare. E se al cuore non si comanda, poco importa se le cifre raccontano una storia differente, fatta di scelte a volte coraggiose, ma non sempre proficue per la città nei dieci anni in cui lo stesso Chiamparino ha ricoperto la carica di sindaco, come dimostrato dalla storia. Una storia i cui fili, però, non si riescono ad annodare fino ad andare a formare un quadro completo. Eppure gli elemen| | 19 marzo 2014 | 15 INTERNI CONTI IN ROSSO Dalla scuola al lavoro accessorio, dagli ca spiegazione è «i lavori sono programti ci sono, e sono anche incontrovertibili. Capitolo debito: i dati del bilancio par- interventi sulla cultura alle misure di mati, saranno effettuati quando ci sarà lano chiaro, per chi vuole leggerli. Una contrasto alla povertà grigia, dal fon- la disponibilità dei fondi». Campa cavalcittà che paga 500 milioni di euro all’an- do salvasfratti alla ristrutturazione dei lo. Buchi, anche, in un tessuto sociale che no di rate e interessi su un bilancio di 1,3 monumenti storici fino all’housing socia- non regge più, in cui le periferie sono miliardi è una città immobilizzata: non le, gli interventi della Compagnia di San sempre più lontane, in preda a difficolpuò spendere, non può investire, non può Paolo sul territorio torinese sono molte- tà sociali e strutturali, mentre il centro garantire i servizi ai cittadini perché non plici ed essenziali in un momento in cui appare sempre più come una vetrina per ha le risorse per farlo. Ma soprattutto è in il Comune è stato costretto a diminuire un turismo che comunque stenta a decolbalia di qualsiasi imprevisto, dall’aumen- drasticamente la dotazione dei capitoli lare. Le presenze sono appena al di sopra to dei carburanti alle variazioni dei trasfe- di bilancio dedicati al settore socio assi- di quelle del 2006, anno olimpico che rimenti dallo Stato. Praticamente non ha stenziale, pur confermandosi come una avrebbe dovuto segnare un punto di parmargini di manovra. La stessa città ha 3,5 delle città italiane in cui i servizi di wel- tenza, non di arrivo, altrimenti hai voglia miliardi di debito: un rapporto tra debito fare sono più avanzati. Dal 2009 al 2012 i a riconvertire il tessuto produttivo della e bilancio che per qualunque azienda in tagli al welfare per la città di Torino sono città e della provincia. Italia avrebbe un significato nefasto, tran- stati superiori al 50 per cento – da 48 a Il post Chiamparino è un po’ come ne che per la città simbolo l’apertura di un testamento dal dell’amministrazione del cennotaio, peccato che il lascito LA CITTà HA UN BILANCIO DI 1,3 MILIARDI trosinistra, del nuovo corso invece di essere una cospicua E UN DEBITO DI 3,5 MILIARDI. È del Pd. In questa città la mageredità si è rivelato come un PRATICAMENTE IMMOBILIZZATA, NON PUò gioranza è ormai da vent’andebito neppure troppo contenuni monocolore, cose che sono to. Da buoni figlioli non possiaSPENDERE, NON PUò INVESTIRE, NON PUò pensabili solo a Grugliasco e mo rifiutare l’eredità e in qualGARANTIRE SERVIZI AI CITTADINI. NON in Bulgaria; in questa città il che modo tocca pagarla, magari HA MARGINI DI MANOVRA. UNA QUALSIASI sindaco stipula 6 milioni di sperando in un salva-Torino che AZIENDA CON QUESTO RAPPORTO prestiti e oltre 80 milioni di replichi l’esperienza del salvaDEBITO/BILANCIO SAREBBE FINITA contratti derivati con la magRoma, senza il condimento di giore banca della città e quinurlacci e turpiloquio che male di viene indicato dalla poltica come nuo- 22 milioni –, contro il 3,6 per cento della si adatta alla serafica educaziovo presidente della Fondazione bancaria media nazionale. Insomma un bel nodo ne sabauda. Soprattutto, sperando che che ne è azionista di riferimento. In que- gordiano, solo che non c’è a disposizione la stagione degli scandali, dal caso Csea, sta città, ovviamente, la stessa Fondazione Alessandro Magno per sbrogliarlo, con la agenzia di formazione sovvenzionata dal bancaria interviene in modo determinan- destrezza o con la spada. Comune anche quando era praticamente, direttamente e indirettamente, nei serte fallita, al sistema degli affidamenti senvizi di welfare del Comune: direttamente, Sperando in un Salva-Torino za gara d’appalto, gestiti per anni da Toricioè erogando fondi per gli asili nido, le Dopo la grande ubriacatura olimpica, i no come un affare privato, ai canoni di scuole materne eccetera; indirettamente, torinesi, che fino al 2007 stavano come i concessione per i locali della movida mai il che vuol dire fornendo sostegno a enti topi nel formaggio, si sono svegliati sco- riscossi, facciano parte del passato ammidel terzo settore che sgravano il Comune prendo che il formaggio era Groviera e nistrativo, pur risultando ancora evidenti – per carità in ottica completamente sus- che, dopo la scorpacciata, restavano sol- e ben chiari nei ricordi e nelle menti dei sidiaria – da azioni di sostegno al reddi- tanto i buchi: buchi di bilancio, metafori- torinesi che ne pagano le conseguenze a to, al lavoro, alla disabilità, alle persone ci, e buchi più reali come quelli nelle stra- suon di Imu, Tasi, Tares e chi più ne ha più anziane. Nel solo 2012 la Compagnia di de e nei marciapiedi per un danno tota- ne metta. Aggiungendo qualche imprecaSan Paolo ha stanziato oltre 45 milioni di le di circa 60 milioni di euro, secondo le zione sussurata, anche questa molto subaleuro per le politiche sociali in Piemonte, più recenti stime dell’sssessorato alla Via- pina, quando la ruota della macchina finimentre il totale degli interventi su Torino bilità, ormai alle prese con una situazio- sce in una buca mettendo a rischio gomhanno superato i 94 milioni di euro. ne drammatica e grottesca per cui l’uni- ma, cerchione e ammortizzatore. n 16 | 19 marzo 2014 | | CHI È CHI FOLGORATO DALLA VERITÀ Vincenzo Bugliani Il marxista ratzingeriano leader dei Verdi fiorentini che si rifiutò di seguire la deriva anti-umana degli ambientalisti Lo scorso 18 febbraio a Firenze è morto Vincenzo Bugliani. Due gior- | DI STEFANO BORSELLI ni dopo, al funerale, la folla commossa che gremiva la chiesa rappresentava tutti i passaggi della sua vita di intellettuale militante. C’erano gli amici di sempre di Massa; quelli (molti di Firenze e Pisa) dell’esperienza giacobina e comunista di Lotta continua, che insieme ad Adriano Sofri contribuì a creare; Giannozzo Pucci e tutti i componenti dell’anomala lista verde fiorentina, della quale Vincenzo fu costante punto di AL SUO FUNERALE LA FOLLA CHE GREMIVA riferimento; il gruppo di insegnanti della LA CHIESA RAPPRESENTAVA TUTTI I PASSAGGI Gilda; quello di Comunione e Liberazione (frutto soprattutto dell’incontro con Gra- DELLA SUA VITA DI INTELLETTUALE, DAGLI ziano Grazzini); a ricordare l’ultimo impe- EX DI LOTTA CONTINUA AGLI AMICI CIELLINI gno, sulla questione antropologica e contro Ho accennato, all’inizio, allo stupore il totalitarismo della dissoluzione, vi erano le nostre posizioni e quelle dominanti tra i soci di Scienza & Vita Firenze, della quale i Verdi, che sono posizioni da un lato di che mi prende guardando indietro. Si tratera, da anni, vicepresidente; non pochi poi cultura radicale (una democrazia di per- ta della straordinaria ricchezza di iniziai politici che lo avevano conosciuto e sti- sone ridotte ad atomi desideranti e por- tive promosse, di temi affrontati con larmato, prima come consigliere e poi come tatori di diritti tendenzialmente infini- go anticipo rispetto alla cultura del temassessore del Comune di Firenze. Marxista ti, senza storia e senza sedimentazione), po (e che sono stati poi adottati dal goverratzingeriano ben prima di Tronti e Bar- dall’altro sono parassitarie della menta- no cittadino) […]: e questo soprattutto gracellona (riteneva suo dovere di intellettuale lità dell’estrema sinistra, nel senso del- zie a Giannozzo Pucci. Dai Verdi fiorentileggere tutte le encicliche e, ricordo, fu con- la demagogia che sfrutta ed alimenta il ni è venuto l’interesse per l’agricoltura, quistato dall’aristotelismo della Veritatis vittimismo e il qualunquismo popolare per la ruralità e per l’artigianato (è merito come via più facile per ottenere consen- di Giannozzo la Fierucola, il cui esempio Splendor), Vincenzo non ha scelto di tornare alla Chiesa, ma la morte nella forma si, senza mai porsi come classe dirigente si è moltiplicato in tutto il paese); la difesa del piccolo commercio in un quadro cattolica che gli hanno preparato i fami- responsabile […]. Molti di noi, prendendo di petto la generale decisamente segnato dall’attenliari è certo quella che avrebbe desiderato. realtà e le esperienze, sono cambiati, pur zione all’urbanistica e al governo del terconservando passione per le questioni ritorio […]. Per non parlare della dichiarara che la storia dei Verdi fiorentini (il nucleo amicale, i “giannozziani”, ambientali: alcuni sono tornati al catto- zione di condivisione dell’“Istruzione Ratquelli in totale dissenso dagli licesimo su una linea Wojtyla-Ratzinger- zinger” dell’aprile del 1987 (quasi vent’anorientamenti via via invalsi a livello nazio- Giussani; altri, pur senza fede, si sentono ni fa!) circa la fecondazione umana e la nale), si è conclusa, si può […] guardare vicini al mondo di Comunione e Libera- sperimentazione sugli embrioni: per noi indietro con maggior consapevolezza ed zione; altri hanno smesso di guardare al è rimasto uno spartiacque sempre più netanche stupirsi. Dico che la vicenda si è passato come a una discarica di errori e to, altri firmatari e la dottrina ufficiale esaurita, e forse era durata anche troppo, sono attenti alla tradizione. Alcuni di noi, dei Verdi hanno raggiunto altri orizzonti nonostante che molte persone continuino non tutti, erano per la libertà di educazio- e oggi sono in prima fila per i referendum il loro impegno, perché quel legame non ne ed istruzione (insomma, per la scuola per abolire la legge 40 del 2004. […] c’è più e negli ultimi anni amici costituen- privata, come salvezza anche per quella Vincenzo Bugliani statale […]), per la sussidiarietà verticale ti hanno preso strade diverse […]. (Massa, 1 novembre 1936 - Firenze, Quando dico che la nostra storia si ed orizzontale (“meno Stato, più società”), 18 febbraio 2014), dalla prefazione è prolungata anche troppo, penso alla convinti che il centrodestra aveva vinto al libro di Daniela Nucci La casina costante profonda differenza che si è perché interpretava esigenze di libertà di della pazienza. Avventure dei verdi manifestata e che è stata rivendicata tra un’Italia matura […]. fiorentini 1985-1996, Polistampa O 18 | 19 marzo 2014 | | | | 19 marzo 2014 | 19 ESTERI 20 | 19 marzo 2014 | I CAPI DELLA RIVOLTA | Foto: Ansa/Abaca | DI RODOLFO CASADEI I ministri “democratici” di Kiev Sono quattro i membri del nuovo governo affiliati a Svoboda, il partito xenofobo che ha alimentato le violenze in Ucraina. Qualche dato per conoscere i registi di quello che spacciano come un irreprensibile movimento europeista L’ Ucraina post Yanukovich è davvero il primo paese europeo dopo la Seconda Guerra mondiale governato da nazisti, oppure questa affermazione è solo mistificatoria propaganda moscovita congegnata per denigrare l’esecutivo nazionalista che il 22 febbraio scorso ha preso il potere? La risposta all’interrogativo non può ridursi a definire trascurabile la presenza estremista nel nuovo governo ucraino. I ministri del nuovo esecutivo affiliati a Svoboda, il partito ultranazionalista e xenofobo che ha alimentato le violenze della piazza, sono ben quattro, e comprendono un vice primo ministro, Oleksandr Sych, e addirittura il ministro della Difesa, l’ammiraglio Ihor Tenyukh. Ed è ancora di Svoboda il nuovo procuratore generale della repubblica Oleh Makhnitsky, l’uomo che ha spiccato il mandato di cattura internazionale contro il deposto presidente Yanukovich. Andriy Parubiy, il segretario del Consiglio nazionale per la sicurezza e la difesa, è stato un co-fondatore di Svoboda, che allora si chiamava più sinistramente Partito Social-Nazionale dell’Ucraina, ed è approdato solo due anni fa nel partito della Tymoshenko Unione PanUcraina Patria. Di simpatie ultranazionaliste e xenofobe sono il vice di Parubiy, il fiammeggiante Dmitry Yarosh, e il ministro dell’Istruzione Serhiy Kvit. Si tratta del leader carismatico e dell’intellettuale di punta di Praviy Sektor, Settore Destro, la componente più aggressiva dei manifestanti di piazza Maidan, punto di convergenza di vari gruppuscoli estremisti organizzati in forma paramilitare, responsabili dell’apparizione in piazza di simboli esplicitamente neonazisti. Svoboda ha assunto il corrente nome nel 2004. Prima di allora, come detto sopra, si chiamava Partito Social-Nazionale dell’Ucraina e il suo emblema era il “dente di lupo”, un simbolo adottato da mol| | 19 marzo 2014 | 21 ESTERI I CAPI DELLA RIVOLTA te unità militari nella Germania nazista ti e semplici militanti di Svoboda e affini cui il Terzo Reich adornò il pavimento del e riproposto dopo la guerra dai gruppu- sono proseguite fin quasi alla vigilia delle salone di un castello (quello di Wewelburg, scoli neonazisti: in Germania la sua espo- proteste di Maidan. «La manifestazione di ndr)». Più precisamente, il Sole nero (o sizione è proibita. In quell’anno il nuovo e Cherskasy, una cittadina 100 miglia a sud- Ruota solare) è il simbolo della componentuttora leader Oleh Tyahnybok cambiò il ovest di Kiev, è diventata violenta dopo che te esoterico-misterica del nazismo. nome e iniziò i suoi sforzi per dare al parti- sei uomini si sono tolti le giacche e hanno Oleksandr Feldman, presidente del to un’immagine moderata. Ma nello stesso mostrato la scritta sulle magliette “Picchia Comitato ebraico ucraino e fondatore del anno fu espulso dal gruppo parlamentare gli ebrei” e “Svoboda”», scriveva nell’aprile Kiev Interfaith Forum, ha raccontato così di cui faceva parte per aver invitato il popo- di un anno fa la Jewish Telegraphic Agen- sulle pagine dell’Huffington Post l’imbalo ucraino a combattere la «mafia ebrai- cy. In quello stesso mese Oleg Pankevich, razzante sceneggiata a cui ha assistito co-moscovita»; l’anno seguente firmò con un altro deputato di Svoboda, ha preso durante le proteste: «Mi è diventato tut17 esponenti del partito una lettera aper- parte a una cerimonia di commemorazio- to chiaro durante uno sketch umoristico ta al presidente filo-occidentale Yuschenko ne del 70esimo anniversario della creazio- basato sulla tradizione popolare ucraina, perché fermasse le «attività crirecitato sul palcoscenico principaminali» del «giudaismo organizle degli eventi di Maidan. La recita Parubiy, segretario del zato», che attraverso la cospirametteva insieme la nascita di Gesù zione di organizzazioni come la e gli eventi della politica ucraina Consiglio nazionale per la Anti-Defamation League intendeFra gli attori delsicurezza, è co-fondatore di contemporanea. va compiere un «genocidio» conla farsa c’era un parlamentare di tro il popolo ucraino. Nel 2010 Svoboda. Il suo vice, Yarosh, Svoboda di nome Bogdan Benyuk. definì John Demjanjuk, il collaIndossava un abito nero e riccioè il leader carismatico della li laterali per interpretare lo steborazionista ucraino condannato per complicità nello sterminio reotipo del tipico ebreo ortodoscomponente più aggressiva di 37 mila ebrei, «un eroe che lotso maneggione, di nome Zhyd (un dei manifestanti di piazza ta per la verità». termine peggiorativo che indica Il suo vice, il deputato Yuriy gli ebrei, ndr), che creava ostacoli Mykhalchyshyn, nel 2005 fondò il Cen- ne della Divisione Galizia, creata nell’apri- al neonato Gesù e si mostrava disponibile tro di ricerca politica Joseph Goebbels, le 1943 da Otto von Wachter, il comandan- ad accettare tangenti da re Erode e dal presuccessivamente intitolato a Ernst Jün- te nazista della regione ucraina della Gali- sidente Yanukovich per aiutarlo a soppriger. Nel 2010 Mykhalchyshyn scrisse un zia. Per i tedeschi si trattava della 14esima mere le proteste. (…) Alla fine però l’ebreo libro pieno di citazioni dai principali teo- Divisione granatieri delle Waffen SS. cambia schieramento e si unisce all’opporici nazisti: Ernst Röhm, Gregor Strasser e sizione, quando apprende che per ordine Goebbels. Il sito internet del suo Centro di I simboli nazisti di Erode/Yanukovich le forze speciali del ricerca politica, chiuso e riaperto più vol- Se queste sono le premesse, non è stra- regime si preparano a uccidere il neonato. te, attualmente si chiama Nachtigal88. no che molte testate internazionali abbia- Al pubblico viene spiegato che il personaglivejournal.com. Nachtigal, cioè allodola, mo notato la presenza di simboli nazisti e gio cambia le sue posizioni non per un tarè il nome di uno dei battaglioni di volon- neofascisti nei luoghi investiti dalle prote- divo soprassalto di coscienza, ma perché tari ucraini che nel 1941 combatterono al ste di Maidan. Ha scritto l’israeliano Haa- “Non c’è combattente più temibile di un fianco delle truppe naziste che avevano retz, che pure in linea generale solidarizza ebreo spaventato”». invaso l’Unione Sovietica; 88 è un nume- coi manifestanti anti-Yanukovich: «ManiSecondo il britannico Guardian a Svoro in codice che sottintende il saluto nazi- festanti armati e mascherati brandivano boda e a gruppi estremisti simili era affista “Heil Hitler!” (la H è la lettera nume- simboli nazionalisti collegati al fascismo liato un terzo dei manifestanti, ma la quaro 8 dell’alfabeto). Nel 2012 i militanti di del passato. Essi includevano la croce celti- si totalità dei membri dei cosiddetti grupSvoboda a Leopoli hanno divelto le targhe ca, che in molti gruppi contemporanei ha pi di autodifesa. Forse prima di celebrare stradali di via della Pace e le hanno sosti- sostituito la svastica, e il dente di lupo che quello di Maidan come un irreprensibile tuite con l’indicazione via Nachtigal. è stato usato dalle SS. Era presente anche movimento europeista e democratico serLe provocazioni antisemite di deputa- il simbolo occultistico del Sole nero, con ve qualche riflessione. n 22 | 19 marzo 2014 | | Foto: Ansa/Abaca Dmitry Yarosh, vicesegretario del Consiglio nazionale per la sicurezza e la difesa del nuovo esecutivo ucraino SPECIALE DENTRO L’OFFICINA DEGLI F-35 Viaggio a Cameri, hub logistico dell’aviazione militare italiana. Dove vengono assemblati i nuovi cacciabombardieri. Ma soprattutto centro di manutenzione per gran parte delle potenze dell’area euro-mediterranea DIFESA Foto: Corbis «L F-35 sono costruite dentro alla base aerea di Cameri, un hub logistico dell’aviazione militare italiana. La manutenzione degli Eurofighters e dei Tornado viene effettuata in questa base. La collocazione della struttura per gli F-35 presso un hub logistico italiano è il vero cuore della storia. Benché si tratti di una struttura per l’assemblaggio, la vera forza della struttura sta nella sua capacità di supportare l’operatività degli F-35 in Europa, nel Mediterraneo e in Medio Oriente. La lezione centrale che viene dall’allestimento di questa struttura è che dare forma al supporto operativo per la flotta degli F-35 è un’attività di fondamentale rilievo per gli alleati nel momento in cui acquistano velivoli e configurano la flotta nella loro regione. Gli italiani hanno costruito un campus degli F-35 composto di 22 edifici che coprono un’area che supera il milione di piedi quadrati. Esso includerà una struttura per la verniciatura finale così come l’unica struttura in Europa per la verifica della bassa osservabilità radar del velivolo». Così scriveva recentemente su Breaking Defense, uno dei più importanti siti internet americani dedicati alle questioni della difesa, Robbin Laird, analista militare già membro dello staff del National Security Council degli Stati Uniti. Ogni giorno che passa gli americani diventano più consapevoli del valore strategico sotto tutti i punti di vista della base militare dell’aeronautica a Cameri, provincia di Novara, dove dal luglio scorso vengono assemblati gli F-35 destinati all’arma aerea italiana e già dal marzo 2011 sono prodotte componenti alari per i velivoli costruiti negli Stati Uniti. Forse è giunto il momento che anche gli italiani se ne accorgano, e ne tengano conto nei loro dibattiti spesso troppo approssimativi sul futuro dell’aviazione militare e strutture per gli | | 19 marzo 2014 | 25 SPECIALE DIFESA bili e questo permette al velivolo di essere e dell’industria della Difesa italiane. A Cameri verranno assemblati i 90 allo stesso tempo più leggero e più robuF-35 destinati a sostituire i modelli attual- sto e di necessitare di minore manutenmente in dotazione alla nostra aviazio- zione (in quanto non esistono attacchi alane, obsoleti o in via obsolescenza: i Torna- ri da revisionare). A Cameri, con la fabbrido, gli Amx, e gli AV-8B Harrier II. In tut- ca a regime, si assembleranno 2 velivoli al to 253 arei, alcuni dei quali hanno già 40 mese e si produrranno 6,6 ali al mese, un anni di servizio, mentre altri li avranno totale di 72 all’anno (calcolati su 11 mesi fra poco. Dei 90 F-35 di cui l’Italia si dote- lavorativi) per una commessa complessirà 60 saranno a decollo e atterraggio con- va di 800 circa. venzionali, mentre gli altri 30 saranno del modello a decollo corto e atterraggio ver- Montaggio e riparazione ticale, per poter essere collocati sulla por- Si è discusso e si discute del costo finale taerei Cavour. Che i velivoli sostitutivi sia- per l’Italia dei 90 F-35 di cui si è deciso di no così meno numerosi di quelli destinati dotarci (dovevano essere 131 ma il numero alla sostituzione è indicativo della fiducia è stato ridotto al tempo del governo Monriposta nei nuovi modelli. Gli F-35 sono in ti). Dovrebbe aggirarsi su una media di via di sviluppo e non ancora perfezionati, 90-95 milioni di euro a velivolo alla fine ma nessuno dubita che si tratdel programma. Considerando ti del caccia di quinta generail coinvolgimento di 90 azienzione per l’attacco al suolo che de italiane nei lavori, a cominper molti anni a venire rapciare da Alenia Aermacchi che presenterà l’assoluta eccellenha costituito un raggruppaMILIONI za a livello mondiale. Si tratta mento temporaneo d’impredi dollari di entrate del programma più evoluto di annuali. È la stima di sa con l’americana Lockheed quanto guadagnerà difesa aerea attualmente esiMartin, produttrice dell’F-35, l’Italia per gli interstente. Del resto già un centiper tutte le attività negli stabiventi di manutenzionaio di essi sta volando sui cielimenti di Cameri, e che è itane dei velivoli F-35 li dell’America, e la fabbrica di liana parte dei sistemi d’arma appartenenti alle altre forze militari Lockheed Martin a Fort Worth (tra cui armamenti Oto Mela(Texas) lavora a pieno regime ra e sistemi avionici di Selex), per produrre i 2.443 che le forze armate le autorità italiane calcolano che al 2035 il americane (aviazione, marina e corpo dei 77 per cento dei circa 12,1 miliardi di euro marines) acquisteranno nel corso degli che l’erario italiano prevede di dover spenanni e gli altri destinati ai paesi partner dere nel programma risulteranno recupenel programma e ad alcuni paesi sempli- rati attraverso le forniture di componenti cemente acquirenti. alari agli americani e l’insieme dei ritorni Cameri produce anche la componen- industriali. Ma questo non è tutto: il vero te alare destinata agli F-35 del modello a business che potrebbe trasformare la pardecollo e atterraggio convenzionale desti- tecipazione italiana al programma degli nati a tutti i partner dell’intero program- F-35, necessaria per mantenere efficienma, come seconda linea mondiale dopo te la componente aeronautica della Difequella attiva in America. Alla fine del 2013 sa nazionale, in un’iniziativa anche econoerano già 11 i set alari messi a punto a micamente conveniente si chiama manuCameri e spediti negli Stati Uniti. Caratte- tenzione. Gli impianti di Cameri rappreristica dell’F-35 è il fatto che l’ala è un pez- sentano una delle tre Faco/Mro&u previzo unico: le due semiali non sono stacca- ste in tutto il mondo per il programma 250 26 | 19 marzo 2014 | | F-35. La sigla sta per Final Assembly and Check Out/Maintenance, Repair, Overhaul & Upgrade. E indica che in tali centri non soltanto si assemblano e si mettono a punto i velivoli, ma si fanno pure le riparazioni, i controlli e la manutenzione. Insomma, sono i garage/officina degli F-35. Ce ne saranno solo tre nel mondo: uno a Forth Worth nel Texas, uno in Giappone e uno in Italia, a Cameri. Questo significa che gli F-35 impegnati in Europa, nell’area del Mediterraneo e in Medio Oriente dovranno per forza andare a fare il tagliando in provincia di Novara. In particolare va verificata periodicamente la caratteristica “stealth” dell’aereo, cioè la sua bassa osservabilità da parte dei radar nemici (un tempo si parlava con troppa presunzione di “caccia invisibili”). Un intervento di Mro&u costa all’incirca 5 milioni di dollari, e mediamente un velivolo ha bisogno di farne uno ogni cinque anni. Nell’area euro-mediterranea saranno dotate di F-35, oltre all’Italia, le aviazioni di Regno Unito, Olanda, Norvegia, Danimarca, Turchia, Israele e ovviamente le basi militari di terra degli Stati Uniti e le portaerei americane. Quasi certamente Foto: Ansa A Cameri (Novara) i velivoli vengono assemblati. Inoltre viene prodotta la componente alare del modello a decollo e atterraggio convenzionale. L’ala è un pezzo unico. Così l’F-35 è più leggero e più robusto e ha minore necessità di manutenzione 1996 quando l’allora ministro della Difesa Beniamino Andreatta (primo governo Prodi) volle che l’Italia fosse paese osservatore nel programma Jsf (Joint strike fighter) che gli Stati Uniti avevano avviato, proseguita con la firma alla fine del 1998 (governo D’Alema) del “Memorandum of Agreement” per partecipare alla fase di concept demonstration, quando ancora in America la gara era aperta fra Boeing e Lockheed Martin per la progettazione del nuovo caccia. Nel 2002, al tempo del secondo governo Berlusconi, col parere positivo delle Commissioni Difesa della Camera e del Senato venne decisa la vera e propria partecipazione italiana alla fase di sviluppo con un impegno di spesa di 1.028 milioni di dollari (4 per cento di tutti i costi del programma fino al 2012). Nel 2007 (secondo governo Prodi) è stato sottoscritto il “Memorandum of Understanding”, decisione definitiva che ha visto l’Italia diventare paese produttore dell’F-35. Foto: Ansa anche Spagna, Belgio e Finlandia dovranno in futuro acquistare gli F-35 per rinnovare la loro dotazione di caccia. Una stima al ribasso prevede 50 interventi di manutenzione periodica all’anno a Cameri per velivoli non appartenenti alla flotta italiana: significherebbero 250 milioni di dollari di entrate annuali per il nostro paese. E mentre la fase di produzione e assemblaggio degli F-35 (se ne dovrebbero costruire in tutto 4 mila, 3 mila per i paesi partner e mille per gli acquirenti non partecipanti al programma) dovrebbe concludersi nell’arco di 15 anni, le attività di manutenzione e riparazione continueranno fino all’obsolescenza dei velivoli: 30-40 anni. Verifica della bassa osservabilità L’aeroporto militare di Cameri ha una tradizione di attività di riparazione e manutenzione: il 1° Reparto manutenzione velivoli lì insediato si occupa dei Tornado e degli Eurofighter. Attualmente tutti i nuovi fabbricati costruiti a Cameri – per un totale di 124 mila metri quadrati coperti realizzati nel giro di 24 mesi dalla Maltauro di Vicenza – sono dedicati alla produzione e all’assemblaggio dei velivoli. Il sito può essere considerato suddiviso in tre aree: a sud le strutture per la costruzione dei set alari, al centro quelle per gli elementi comuni, a nord l’assemblaggio vero e proprio dei velivoli. In quest’ultima area le piattaforme di allestimento saranno alla fine quattro: la terza entra in funzione a febbraio, la quarta a giugno. Mentre in America la produzione si svolge lungo una “mostruosa” catena di montaggio lunga 1.800 metri (e al forsennato ritmo di 21 velivoli al mese), a Cameri si svolge secondo il metodo della step line, cioè in baie di lavoro: si completa un’attività specifica sul velivolo, poi lo si passa alla baia seguente. È un sistema più lento, ma che permette maggiore flessibilità. A partire dal 2015 Cameri attiverà la sua funzionalità Mro&u, e da quel momento 5 baie saranno dedicate esclusivamente a tali interventi, altre 11 continueranno a lavorare alla produzione delle componenti alari e all’assemblaggio dei velivoli. Attualmente sono in fase di assemblaggio i primi due F-35 destinati all’aviazione militare italiana. Voleranno per la prima volta nella seconda metà del 2015. Quello sarà l’appuntamento finale di una lunga storia, iniziata nel Quanti lavoratori impiegati Nel 2009 (quarto governo Berlusconi) il Parlamento ha autorizzato l’acquisto di 131 cacciabombardieri F35, poi nel 2012 il numero è stato ridotto a 90 dal ministro della Difesa Di Paola (governo Monti). Il ridimensionamento del programma non ha rallentato le operazioni a Cameri, dove a regime lavoreranno circa 2.000 unità di personale di tutti i tipi. Calcolando l’indotto, i fornitori e i sub-fornitori, si stima che fra le 6 mila e le 8 mila persone lavoreranno per gli F-35. Al momento attuale nei capannoni sono presenti 4 mila attrezzi specifici e 4.900 attrezzature non specifiche. Strutture e strumenti provengono anche da numerose imprese italiane. Una passeggiata dentro agli stabilimenti lascia notare le sigle di Oma, Ncm, Ompm, Omi, Lma, Alfa Meccanica, Bertolotti, Cerrato, Rev Aviation, ecc. All’audizione presso la IV Commissione Difesa della Camera nell’ottobre scorso l’amministratore delegato di Finmeccanica Alessandro Pansa ha dichiarato che la partecipazione italiana al programma F-35 «porta a casa dal punto di vista complessivo ricavi potenziali per circa 10 miliardi di dollari (7,3 miliardi di euro, ndr), con circa 90 aziende italiane coinvolte», con contratti già stipulati per «715 milioni di dollari, 565 dei quali per Finmeccanica». Le possibilità di espansione restano intatte. n | | 19 marzo 2014 | 27 SPECIALE LA FORZA DEL NUOVO CACCIA Decollo corto, atterraggio verticale, “invisibile” ai radar nemici. «Gli F-35 rappresentano per i piloti un enorme vantaggio. I test danno ottimi risultati e nel 2015 i Marines saranno i primi a usarli». Intervista a Stephen O’Bryan (Lockheed Martin) DI RODOLFO CASADEI S tephen O’Bryan è vicepresidente della Program Integration and Business Development della Lockheed Martin. Ricoprendo tale ruolo è responsabile del coordinamento di numerose attività relative al programma dell’F-35 Joint Strike Fighter. A lui abbiamo rivolto una serie di domande che chiariscono le realtà del primo caccia bombardiere di quinta generazione che sarà prodotto a Cameri e adottato dall’aviazione militare italiana. Mr. O’Bryan, in Italia si parla molto dell’F-35 prodotto da voi e Alenia, ma come se fosse una specie di fantasma. Esiste veramente? Quanti aerei sono stati prodotti ad oggi? Stanno volando? L’F-35 è assolutamente reale. Ne stiamo testando al massimo tutti gli aspetti. Abbiamo completato oltre il 50 per cento dei voli previsti dal programma di test. Abbiamo condotto importanti operazioni anche in mare. L’F-35 ha già effettuato 7 mila voli e completato un totale di 11 mila ore di volo. Lo scorso anno, oltre 90 piloti e più di 950 manutentori hanno frequentato un programma di addestramento per essere in grado di volare ed effettuare interventi di supporto sull’F-35. E proprio il mese scorso abbiamo presentato il centesimo F-35, che verrà consegnato alla Air Force Base di Luke, in Arizona, dove verrà utilizzato per la formazione di piloti e manutentori statunitensi e provenien28 | 19 marzo 2014 | | ti da altri paesi del mondo. Ad oggi, gli tivi e a garantire che i Marines abbiano F-35 stanno volando presso la base aerea di ciò che è necessario per la capacità opeEdwards, California, la Naval Air Station rativa nel 2015. La US Air Force ha in prodi Patuxent River, Maryland, la base aerea gramma di dichiarare la capacità operatidi Eglin, Florida, la Marine Corps Air Sta- va nel 2016, mentre la Navy ha annunciation di Yuma, Arizona, la base aerea di Nel- to di puntare alla capacità operativa tra il lis, Nevada, e presso il nostro stabilimento 2018 e il 2019. di produzione a Fort Worth, Texas. Oltre a Abbiamo sentito di difetti e problemi questi velivoli in consegna, abbiamo altri che hanno interessato l’F-35: alcuni di90 F-35 in fase di produzione e oltre 100 cono che non sia davvero stealth, altri già ordinati. La realtà è che scrivono che non è in graquesto programma è a pieno do di effettuare atterraggi regime e sta crescendo semverticali in ambienti troppo pre più rapidamente, come caldi e umidi, altri ancora MILA dimostra il fatto che alla fine insinuano problemi di visibidell’anno scorso il dipartilità e di radar poco affidaore di volo già effettuate dagli F-35, per mento della Difesa degli Stati bile. Cosa state facendo per un totale di 7 mila Uniti ha annunciato l’intenrisolvere queste questioni? voli. 90 piloti e 950 zione di aumentare il ritmo L’F-35 è un velivolo in tutmanutentori hanno della produzione e accelerare to e per tutto stealth. Ma cosa già frequentato un programma di addele acquisizioni. significa? Quando parliamo di stramento un velivolo stealth ci stiamo Quando vedremo il primo innanzitutto riferendo a quanF-35 operativo a livello militare? to esso sia visibile da parte di radar nemici. Lo scorso maggio, i Marines degli Sta- Un modo che usiamo comunemente per ti Uniti hanno dichiarato di voler fissare descrivere questa visibilità è con il termiil raggiungimento della Ioc (initial ope- ne “segnatura radar”. Migliore è la segnarational capability, la capacità operativa) tura radar di un aereo, più è improbabile per l’F-35B nel 2015. Prima di questo tra- che esso venga localizzato dai radar nemiguardo, ci sono ovviamente molti obietti- ci. Partendo da questo principio, abbiavi da raggiungere. Ma, ve lo assicuro, l’in- mo progettato l’F-35 perché fosse stealth. tero programma F-35 – dal punto di vista Abbiamo uniformato tutte le superfici sia governativo sia industriale – punta for- dell’aereo così da ridurre la sua segnatutemente al raggiungimento di questi obiet- ra radar. Lo abbiamo interamente tratta- 11 Foto: Ansa | DIFESA F-35 LIGHTNING II Cacciabombardiere di quinta generazione. Esistono tre versioni: una variante a decollo e atterraggio convenzionale, una a decollo corto e atterraggio verticale e una per l’uso sulle portaerei convenzionali a catapulta. CARATTERISTICHE Lunghezza: 16,67 m Altezza: 4,33 m Apertura alare: 10,70 m Peso (a vuoto): 13.300 Kg Peso (carico): 22.470 Kg Carico di armi: 8.160 Kg Velocità: 1.930 Km/h Autonomia: 2.220 Kg Raggio d’azione: 1.080 Kg Costo: 90/95 milioni di euro (I dati riferiti alla versione F-35A) Foto: Ansa | | 7 novembre 2012 | 29 SPECIALE DIFESA Stephen O’Bryan è vicepresidente della Program Integration and Business Development della Lockheed Martin. È responsabile del coordinamento di numerose attività relative al programma dell’F-35 Joint Strike Fighter 9,9 30 | 19 marzo 2014 | | zione del Pentagono, in qualità di sottosegreterio alla Difesa per le acquisizioni, la tecnologia e la logistica, ha dichiarato che il programma è pronto per l’aumento della produzione dei velivoli, che passerà da 44 nel 2015 a 66 nel 2016. Quanto alla dotazione informatica, il necessario software combat ready verrà messo a disposizione della flotta degli F-35 di produzione non oltre il mese di giugno 2015. Il software renderà i Marines in grado di identificare, tracciare e ingaggiare il nemico. È importante sottolineare che i Marines annunceranno la Ioc con il Block 2B, dopo aver già dichiarato che le capacità fornite dal software 2B sono superiori a qualunque velivolo stiano attualmente utilizzando. Sono attualmente in fase di test o sono già state verificate 7,4 milioni di linee di codice delle 8,4 che compongono complessivamente il codice del software necessario per la completa capacità bellica del velivolo. Lockheed afferma che le tre versioni dell’F-35 garantiscono la superiorità aerea a chi li avrà in dotazione. Quali sono le capacità del velivolo e le caratteristiche che rendono tangibile la sua superiorità? Foto: Corbis to con uno speciale rivestimento proget- siderano insieme tutti questi elementi si tato per assorbire il segnale radar piutto- comprende che i dubbi sulla visibilità non sto che rifletterlo e, a differenza dei velivo- hanno fondamento. L’F-35 semplicemente li attualmente in servizio che trasportano cambia il modo in cui i piloti interagiscocarburante e armi sulle ali – con un con- no con il contesto. E qui torno al vantagseguente aumento della segnatura radar gio unico rappresentato dalla possibilità – abbiamo progettato il velivolo in modo di vedere l’avversario per primo, un fattore che fosse in grado di portare tutti i carichi che davvero può fare la differenza. A proall’interno, così da ridurne ulteriormente posito del radar dell’F-35, stiamo amplianla tracciabilità. Tutti questi trattamenti e do le capacità sviluppate per la prima volaccorgimenti di progettazione hanno pro- ta per l’F-22 Raptor. Il radar è stato impiedotto un caccia praticamente impossibile gato con successo presso la Marine Corps da individuare da parte di radar nemici. In Air Station di Yuma, le basi aeree di Eglin questo modo i piloti hanno la possibilità di e di Nellis, e in altri siti operativi del provedere per primi gli avversari e di penetra- gramma F-35. Confidiamo che una volta re lo spazio aereo nemico in sicurezza sen- completato lo sviluppo, il radar dell’F-35 za essere individuati dai radar. Per quan- sarà in grado di fornire al pilota un vanto riguarda le operazioni in ambienti cal- taggio decisivo. di e umidi, vorrei sottolineare un paio di Il recente rapporto di Michael Gilmore, punti. Lo scorso agosto abbiamo portato direttore dell’Ufficio test operativi e di due F-35B a bordo della nave d’assalto anfivalutazione del Pentagono, che monitobia Wasp al largo delle coste della Virginia. ra il progresso dei programmi di difesa Ora, se sa qualcosa della Virginia in agosto, americani, ha evidenziato alcune fragisa che in quel periodo ha un clima mollità strutturali e problemi al software. to caldo e molto umido. Nei 19 giorni traQual è la vostra posizione a riguardo? scorsi in mare, i due F-35B hanno portato Come per il rapporto 2013, anche a termine 95 atterraggi verticali, 94 decol- nel rapporto del 2014 del DOT&E ci sono li corti e 42 voli. Siamo quindi fiduciosi in realtà tantissime buone notizie che che l’F-35B sarà in grado di operare sen- riguardano i progressi compiuti dal Proza difficoltà in diversi ambiengramma F-35. Per esempio, ti. Ha fatto riferimento alle predopo tre anni, siamo fondaoccupazioni riguardanti visibimentalmente in linea con lità e radar e ci terrei a dedila Technical Baseline Review care qualche minuto a questi condotta nel 2011. Il rapporMILIARDI temi: prima però mi sembra to, inoltre, afferma che abbiail valore dei contratti firmati dall’industria importante precisare che tutmo raggiunto o superato il italiana alla fine del ti i principali problemi tecnici programma di test in volo ciclo di vita del proche il programma ha affrontaper il 2013, nonostante divergramma F-35. to sono stati ampiamente risolsi giorni siano andati persi a Ad oggi sono già stati incassati 668 ti. La questione visibilità a cui causa di un’interruzione formilioni di dollari lei ha accennato è stata portata zata. L’F-35 ha volato in ogni alla nostra attenzione nel cormodo previsto dall’envelope so di una delle prime valutazioni compiu- di volo e ha raggiunto o superato le perte dal Governo sul velivolo. La forma del formance di volo attese. Le rilevazioni canopy – la calotta di vetro che sormon- emerse dal rapporto in questa fase sono ta la cabina in cui siede il pilota – è diver- già note e rientrano nella normalità per sa da quella di alcuni velivoli attualmen- un programma di test di tali dimensiote in dotazione a cui i piloti sono abituati. ni e complessità. Come affermato dal Ma se si considerano il design del caccia, governo statunitense, non esistono granle caratteristiche stealth e la suite di sen- di ostacoli che impediscano di completasori, in particolare il casco che permette ai re con successo il programma di sviluppo. piloti di guardare, letteralmente, attraver- Negli stessi giorni, infatti, Frank Kendall, so la struttura dell’aereo, ebbene, se si con- responsabile dei programmi di acquisi- Stati Uniti, Regno Unito, Australia, Israele, Italia, Giappone, Olanda e Norvegia hanno finanziato l’acquisto dell’F-35. ci sono poi altri paesi partner del programma Foto: Corbis nel suo complesso. Attraverso la Faco vengono introdotte in Italia capacità tecnologiche di livello avanzato che sono a disposizione delle aziende aerospaziali italiane, ponendo le basi per la futura crescita economica e per la creazione di nuovi posti di lavoro. Ma il potenziale non risiede solo nella produzione di F-35. Riteniamo che la Faco di Cameri sia un centro di eccellenza ideale per la manutenzione, riparazione, revisione e aggiornamento dell’F-35, che potrebbe creare centinaia di posti di lavoro a lungo termine e di alto contenuto tecnologico, secondo modalità sostenibili e vantaggiose per l’Italia e i suoi cittadini, lungo tutti i 50 anni del ciclo di vita dell’F-35. Come ho già detto, la capacità stealth è decisiva, ma non è la sola caratteristica a rendere unico l’F-35. Questo aereo è basato sul software. È un caccia digitale e per questo racchiude in sé capacità senza precedenti. I sensori dell’F-35 forniscono ai piloti un’immagine integrale del contesto in cui si trovano, potenziando la loro consapevolezza dello scenario operativo e dando loro un reale vantaggio sugli avversari. Si comporta egregiamente nel combattimento in volo, a terra e all’interno di scenari di guerra elettronica, sostituendo oltre sette diverse tipologie di velivoli militari attualmente in servizio. Questo caccia offre un livello di interoperabilità senza precedenti. I piloti delle forze alleate di tutto il mondo saranno in grado di lavorare assieme in operazioni di coalizione come mai prima d’ora e di comunicare tra loro attraverso la rete sicura dell’F-35. Questo è fondamentale per poter affrontare le sfide attuali. Quando una nazione o un gruppo di nazioni prendono la difficile decisione, come extrema ratio, di un intervento militare, abbiamo il dovere di garantire ai piloti il miglior equipaggiamento possibile e un vantaggio concreto. L’F-35 contribuisce a raggiungere questo obiettivo. Il gruppo di nazioni partner che sono impegnate nel programma cambia costantemente. Può elencare i paesi che prenderanno davvero parte al programma e quelle che comunque acquisteranno il velivolo? Attualmente Stati Uniti, Regno Unito, Australia, Israele, Italia, Giappone, Olanda e Norvegia hanno finanziato l’acquisizione dell’F-35. Canada, Danimarca e Turchia sono partner del programma F-35 ma non hanno ancora finanziato alcuna acquisizione, anche se hanno contribuito finanziariamente alla fase di sviluppo. Anche la Corea del Sud sta valutando l’F35 per la dotazione futura di nuovi caccia. L’Italia è l’unico paese, fatta eccezione per gli Stati Uniti, ad avere uno stabilimento Faco (Final Assembly and Check Out). Cosa significa in termini economici per Lockheed, Alenia e per le altre aziende italiane coinvolte? È soddisfatto dell’attività che si sta svolgendo nell’hub di Cameri? Il lavoro che si sta facendo a Cameri è per noi fonte di grande soddisfazione ma, ancora più importante, siamo convinti che lo stabilimento diventerà un punto di riferimento per l’industria aerospaziale Un’altra questione largamente dibattuta in Italia è quella delle compensazioni industriali e dei ritorni. Il programma F-35 non prevede accordi sui ritorni. Ciò significa che sarà difficile per l’Italia ottenere benefici economici derivanti dalla partecipazione al programma? Assolutamente no. I fatti dicono che, ad oggi, l’industria italiana si è già assicurata 668 milioni di dollari in contratti F-35 e si prevede che il valore di questi contratti supererà i 9,9 miliardi di dollari alla fine del ciclo di vita del programma. Inoltre, nei prossimi anni prevediamo di fornire alle aziende italiane ulteriori opportunità di partecipazione industriale per un valore complessivo superiore ai 4 miliardi di dollari. Ad agosto 2013, erano oltre 90 i contratti che Lockheed Martin e le aziende partner hanno affidato a decine di aziende italiane. La realtà è che il programma rappresenta un grande potenziale sia per le aziende italiane sia per i lavoratori. Secondo un recente studio di PriceWaterhouseCoopers–Italia, la produzione dell’F-35 in Italia sarà in grado di generare al picco oltre 6.300 posti di lavoro e di apportare benefici concreti al sistema economico del paese per un valore di 15,7 miliardi di dollari. n | | 19 marzo 2014 | 31 SPECIALE L’ECCELLENZA ITALIANA A Lacedonia (Avellino) la OMI, antica azienda di lavorazioni meccaniche, insieme a un gruppo di lavoro dedicato sviluppa la tecnologia dell’ala dell’F-35. Ridando una prospettiva di crescita professionale e occupazionale al territorio Avellino, è cresciuta in oltre trent’anni di attività con coerenza tecnologica nel settore aerospaziale; l’impegno, la dedizione e il sacrificio dei collaboratori hanno conferito dignità e prospettive a un’area che nel tempo si è sempre più depauperata nel tessuto industriale e nei livelli occupazionali. I valori professionali e morali condivisi in azienda hanno reso la OMI meritevole di partecipare attraverso AleniaAermacchi ai programmi internazionali relativi a velivoli Airbus, Boeing e Lockheed Martin. I reparti produttivi attualmente coprono una superficie di 15 mila metri quadrati. In essi trovano impiego circa 90 addetti e sulla base di un piano di sviluppo finalizzato entro il 2015, si prevede l’impiego di circa 160 addetti in un’ampliata superficie di 23 mila metri quadrati. Grazie agli investimenti pianificati la OMI si propone quale centro di eccellenza suscitando l’entusiasmo delle comu- 32 | 19 marzo 2014 | | nità limitrofe grazie all’inaspettata prospettiva di crescita occupazionale e professionale, in una situazione circostante piuttosto critica. Nella logica di un’integrazione sistemica le lavorazioni meccaniche, “core business” storico dell’azienda, sono oggi accompagnate dalle attività di progettazione strutturale ed elettronica, completate poi dai processi di trattamento superficiale. Inoltre, dopo aver già avviato un reparto sperimentale per componenti e processi innovativi in fibra di carbonio, hanno da poco avuto inizio i lavori per l’istallazione di un nuovo sito produttivo a Vallata, sempre in provincia di Avellino, dedicato alla fabbricazione di parti in materiale composito. La OMI giudica fondamentale arginare il saccheggio delle intelligenze migliori della zona, quelle di giovani laureati che oggi si vedono costretti a emigrare per trovare un’occupazione all’altezza delle loro aspettative. Tipicamente nei settori strategici le aziende private hanno pochi margini di I reparti coprono una superficie di 15 mila metri quadrati. In essi lavorano circa 90 addetti ed entro il 2015 diventeranno 160 manovra e difficilmente riescono a essere artefici del proprio futuro in programmi dipendenti da accordi intergovernativi. Inoltre, il cosiddetto nanismo industriale delle aziende italiane, particolarmente accentuato facendo il paragone con le dimensioni dei major player dell’industria aeronautica mondiale, rappresenta un’ulteriore difficoltà. Tuttavia vi sono alcune positive esperienze di collaborazione fra aziende e di integrazione con le istituzioni che pos- Foto: Ap/LaPresse L a OMI di Lacedonia, in provincia di DIFESA la OMI ha superato la fase di verifica delle capacità tecnologiche necessarie per la fabbricazione di due elementi in titanio fra i più complessi dell’ala, i bulkheads Foto: Ap/LaPresse naggio delle aziende statunitensi. Il lavoro di gruppo ha consentito di riportare in Italia questa tipologia di lavorazioni, ma soprattutto di realizzare un sito tecnologico all’avanguardia a livello mondiale, portando la OMI nel ristretto numero di aziende qualificate per tale tipologia di prodotto. sono segnalare un’inversione di tendenza. Infatti, sotto la guida della Daa (Direzione Armamenti Aeronautici) del ministero della Difesa la OMI partecipa a un gruppo di lavoro dedicato alle tecnologie dell’ala del velivolo F-35. Grazie a un modello di cooperazione di altissimo profilo, dopo aver letteralmente conquistato la possibilità di partecipare al programma attraverso la realizzazione di componenti meccanici in titanio, recentemente la OMI ha anche superato la fase di veri- fica delle capacità tecnologiche necessarie per la fabbricazione di due elementi strutturali in titanio fra i più complessi dell’ala, denominati bulkheads. Per affrontare questo tipo di produzione è in fase di completamento un sito produttivo dedicato ai trattamenti superficiali e alle lavorazioni del titanio; basti pensare che solo un anno fa, questo tipo di ritorno industriale, pur potendo ricadere nelle competenze contrattuali dell’industria italiana, restava di fatto appan- Una sfida continua Nel nuovo impianto si realizzeranno componenti strutturali critici dell’F-35, ma il know-how acquisito si è rivelato denso di contenuti di innovazione con notevole valore aggiunto anche per le applicazioni in campo civile. Non è solo una questione strettamente tecnologica: l’approccio commerciale, organizzativo e produttivo è una sfida continua che fa da stimolo anche per altri programmi, nei quali l’impiego massiccio di fibra di carbonio per gli airliners viene tipicamente accompagnato da un corrispondente aumento di parti in titanio. | | 19 marzo 2014 | 33 SPECIALE Angri CENTRO HIGH-TECH «Quarantadue anni di storia, competenze tecnologiche e flessibilità». Grazie a queste caratteristiche OMPM partecipa alla realizzazione dell’F-35. Un programma che darà stabilità futura all’azienda Grandi industrie del settore aeronautico si rivolgono a voi come subfornitori: Alenia Aeronautica, Fiat Avio, Agusta, Aermacchi. Siete certificati da loro come pure da Boeing, Airbus, Lockheed e da Unavia. Che cosa siete in grado di offrire rispetto ad altri? La flessibilità, le competenze tecnologiche, la nostra storia e il forte senso di attaccamento all’azienda ci consentono di essere competitivi e all’altezza delle aspettative dei grandi committenti, che siano clienti consolidati o nuovi, italiani o esteri. Il nostro percorso è in collaborazione e in complementarie34 | 19 marzo 2014 | | tà con quello delle grandi aziende sopraccitate. Aggiungo che OMPM aderisce al Nadcap, un programma di cooperazione a livello mondiale delle maggiori imprese operanti nel settore aerospaziale e della difesa per gestire un comune approccio all’accreditamento dei processi speciali e promuovere il miglioramento continuo del settore aerospaziale, sostenendo standard e criteri di auditing comuni in tutto il mondo. Un nostro membro siede nel board nazionale Itan DDB, che si occupa dei controlli non distruttivi che si fanno sulle parti in aeronautica. La partecipazione al programma degli F-35 per voi è un salto di qualità o è in continuità con la vostra storia? OMPM non avrebbe potuto affrontare l’F-35 se non facendo leva sul patrimonio di competenze e impianti maturato in 40 anni, mettendo a frutto una a una le esperienze fatte in passato. È per questo che siamo stati capaci di guadagnare la fiducia dei nostri committenti. Contestualmente, il programma F-35 ha concorso in maniera notevole alla crescita professionale di OMPM, ponendo le basi per ulteriori sfide future. Con che carta d’identità si presenta oggi la vostra impresa? Che prospettive occupazionali apre il programma F-35? L’OMPM è un’azienda del salernitano nata 42 anni fa, che oggi progetta, sviluppa e realizza componenti e assiemi per il mercato aerospaziale. Partita con quattro addetti, oggi è riuscita ad affermarsi nel territorio nazionale concorrendo molto alla crescita tecnologica locale. Quando il programma F-35 andrà a regime, OMPM impiegherà più di 60 addetti solo sul programma. Abbiamo anche una divisione automobilistica di nicchia: lavoriamo per Lamborghini. Siamo uno dei cinque fornitori di Alenia per il Boeing 787 Dreamliner. E abbiamo partecipato alla costruzione del satellite Ares, che due anni fa è stato trasportato nello spazio dal razzo Vegas dell’Ente spaziale europeo. Che impatto ha la vostra presenza sul territorio? Che cosa significa OMPM Foto: Ansa L Caputo, ingegnere meccanico, oltre che responsabile delle vendite e delle operazioni di coordinamento degli stabilimenti OMPM, è il manager del progetto F-35 a cui l’azienda di Angri partecipa. A lei ci siamo rivolti per conoscere meglio una delle imprese italiane che partecipano al programma di realizzazione del nuovo cacciabombardiere. aura DIFESA «Siamo uno dei 5 fornitori di Alenia per il Boeing 787 Dreamliner. abbiamo partecipato alla costruzione del satellite Ares, ANDATO nello spazio DUE ANNI FA. E POI ABBIAMO UNA DIVISIONE CHE lavora per Lamborghini» per Angri e il territorio circostante? L’azienda rappresenta un riferimento per il territorio circostante, che purtroppo insiste in un’area depressa. Pur in una congiuntura economica non favorevole, la partecipazione al programma F-35 ha consentito l’assunzione e la formazione di personale specializzato che ha avuto modo di crescere professionalmente, rapportandosi con realtà internazionali. Foto: Ansa Che cosa vi aspettate dalla partecipazione al programma F-35? In un panorama di comparto in cui la maggior parte dei programmi aeronautici nei quali è coinvolta l’Italia sono nel- la fase finale del loro ciclo di vita, grazie all’F35 OMPM può continuare a sperare in un futuro solido e quindi a investire in personale e in tecnologie all’avanguardia. Se escludiamo il 787 e il nuovo Atr, tutti gli altri sono aerei consolidati, e noi per molte ragioni facciamo fatica a concorrere con i produttori stranieri. Per fare innovazione tecnologica – l’unica cosa che ci permette di tornare concorrenziali – c’è bisogno di programmi di lungo periodo che permettano di ammortizzare gli investimenti in termini di macchinari, software e professionalizzazione del personale. Se ci dovessimo basare su com- messe vecchie, non potremmo guardare al futuro dell’azienda. Dalla partecipazione al programma F-35 ci aspettiamo, perciò, una stabilità futura, oltre che notevoli progressi tecnici e professionali che consentano l’accrescimento del nostro know-how. L’obiettivo è che tanti giovani altamente specializzati possano costruire il loro futuro a casa propria, ed essere coinvolti nei mutamenti high-tech in parte attiva, senza dover per questo lasciare la propria casa, ma facendolo nella propria terra. L’obiettivo è che OMPM sia una finestra, stabile, da cui guardare il mondo futuro e concorrere a costruirlo. | | 19 marzo 2014 | 35 SPECIALE LA PERFEZIONE IN TUTTE LE PRESTAZIONI B SpA è una società di ingegneria che fornisce impianti, equipaggiamenti e attrezzature per i mercati di molti settori: aerospazio, siderurgia, manutenzione veicoli ferroviari, nucleare, energia. La società è stata fondata nel 1972 e opera nel settore aerospazio dal 2003, avendo sviluppato progressivamente un ampio portafoglio di prodotti, sinteticamente rappresentato dalle seguenti linee di offerta: piattaforme di assemblaggio; scali di montaggio; sistemi di movimentazione automatica e con operatore di velivoli e prodotti semi-finiti; celle di lavorazione complete. L’approccio della società è di tipo “value driven”, con prodotti su misura e sottoposti a un elevato controllo della qualità, con modelli di business “Customer solution model” e “Multiplier model”. Le attività sono caratterizzate da un forte investimento di risorse tecniche, finanziarie e umane per il raggiungimento di una relazione duratura e soddi- 36 ertolotti | 19 marzo 2014 | | sfacente con il cliente e il conseguimento di soluzioni tecnologiche innovative mediante lo sfruttamento sinergico delle competenze tecniche sviluppate trasversalmente sui diversi settori di attività. Prima di tutto i tempi di consegna Il fatturato annuo di Bertolotti SpA si è attestato nell’anno concluso intorno ai 20 milioni di euro, mentre il numero complessivo dei dipendenti è di circa 90, oltre il 40 per cento dei quali impiegati nell’ufficio tecnico e nel settore Ricerca e sviluppo. L’impresa dispone di una serie di asset materiali e immateriali fondamentali e imprescindibili per poter lavorare nel settore aerospazio nella veste di fornitore principale delle più importanti società produttrici di velivoli o aero-strutture. Con riferimento alle certificazioni di qualità, Bertolotti SpA si distingue per la propria dotazione di un Sistema di gestione Integrato che soddisfa i requisiti espressi da una serie di norme internazionali, tra le quali: AS / UNI EN 9100:2009 Quality Management System for Aviation, Space and Defense Organizations; UNI EN ISO 9001:2008 Quality Management System; UNI EN ISO 14001:2004 Environmental Management System; BS OHSAS 18001:2007 Occupational Health and Safety; VCA** - SCC** 2008/5.1 Safety, Health and The Environment. Bertolotti SpA ha inoltre ricevuto l’accreditamento da parte delle autorità americane con riferimento alla normativa ITAR (riguardante l’esportazione di prodotti militari). Per quanto riguarda il programma JSF F-35, l’impresa ha concluso il primo contratto con AleniaAermacchi alla fine del 2011. Il pieno rispetto delle prestazioni tecniche e dei tempi di consegna e collaudo hanno dato poi l’opportunità a Bertolotti di essere coinvolta anche su contratti successivi che hanno consentito di consolidare la sua partecipazione nel programma JSF F-35 con pieno raggiungimento degli obiettivi e impegni contrattuali. All’interno del programma, Bertolotti è assegnataria della fornitura di piattafor- Foto: Ansa Aerospazio, siderurgia, nucleare, energia. Sono molti i mercati in cui opera Bertolotti, impresa toscana fondata nel 1972. Per il nuovo caccia costruisce le piattaforme di assemblaggio e i sistemi di movimentazione automatica DIFESA L’innalzamento qualitativo della Bertolotti E i buoni risultati ottenuti nelle forniture per l’F-35 haNNO consentito alla società di allargare il fronte delle forniture aeronautiche alle produzioni di aerei da trasporto merci e passeggeri Foto: Ansa me di assemblaggio, per i sistemi di movimentazione automatica con veicoli AGV e infine degli scali di assemblaggio. Non solo prodotti militari L’azienda è stata anche impegnata in qualità di general contractor, integrando le forniture di società americane specializzate in modo da garantire il pieno rispetto delle normative europee sulla sicurezza anche dei loro prodotti. All’interno di uno dei pacchi di lavoro che Alenia ha ordinato era infatti compreso l’acquisto di macchine americane e relativo ade- guamento alle normative europee, necessario per poter essere utilizzate in italia. Le esigenze progettuali e produttive degli impianti e attrezzature per l’F35 hanno creato le condizioni di sviluppo della Bertolotti su più fronti, quali: nuovi software specifici del mondo aeronautico, la definizione di metodi produttivi a elevata affidabilità, sistemi di misura di altissima precisione, la formazione del proprio personale coinvolgendo tutti i livelli e le funzioni, l’acquisizione di macchine per le lavorazioni e di strumenti di misura, modifiche alle aree di lavo- ro con controlli dei parametri ambientali, l’incremento dell’organico sia diretto che indiretto che oggi si stima, in ambito aeronautico, superiore a 200 addetti. L’innalzamento qualitativo della Bertolotti, supportato dai buoni risultati ottenuti nelle forniture effettuate per l’F35, ha consentito alla società di allargare il fronte delle forniture di impianti e attrezzature aeronautiche alle produzioni di aerei da trasporto merci e passeggeri, quali Boeing 787 e C27J, e di instaurare rapporti con nuovi clienti aeronautici internazionali acquisendo nuovi ordini e nuove richieste. Dall’avvento dell’F-35 la Bertolotti ha avuto una significativa spinta allo sviluppo del proprio know-how, e oggi si presenta nel mercato internazionale con successo. Le previsioni del mondo aeronautico mondiale sono di bisogni crescenti, sia nel medio sia nel lungo periodo, e questa convinzione sostiene l’attuale politica di investimenti nel settore da parte dell’azienda toscana. | | 19 marzo 2014 | 37 SPECIALE COSTRUIRE A TEMPO DI RECORD Lo stabilimento Faco (assemblaggio e check out degli F-35) è un vero e proprio prototipo mondiale unico nel suo genere. È presente non solo negli Stati Uniti, ma anche a Cameri grazie all’impresa titanica di Maltauro 38 | 19 marzo 2014 | | dell’opera, ha coinvolto un numero elevato di tecnici specialisti nelle varie discipline (geotecnica, strutturale, carpenteria metallica, prefabbricazione in cemento armato, antincendio, protezione radar, impiantistica di processo) che con un attento coordinamento hanno sviluppato il progetto Faco, di fatto vero e proprio prototipo mondiale e unico nel suo genere. Nello specifico è stato predisposto un sistema progettuale di collaborazione online e contestuale tra i vari gruppi di lavoro e quindi di archiviazione nel medesimo database di dati interdisciplinari, produzione automatizzata di disegni, scambio di dati efficaci e funzionali tra le diverse discipline. Successivamente nello stesso scenario si è dato corso alla elaborazione dei progetti as-build (cioè con le piccole e medie variazioni rese necessarie da situazioni di fatto), piani di manutenzione, schede tecniche, collaudi e certificazioni. Dopo la fase progettuale viene la fase della costruzione. La vera e propria edificazio- ne è cominciata il 10 gennaio 2011 e ha rappresentato una sfida contro il tempo, sicuramente un banco di prova per dimostrare le grandissime potenzialità tecnico-organizzative dell’impresa. Controllo di qualità e sicurezza Per raggiungere gli standard qualitativi e assolvere gli impegni nei tempi stabiliti che comprendevano, oltre alla consegna finale prevista per il 31 marzo 2014, preventive consegne parziali a stralci autonomi e funzionali, è emersa la necessità di tenere sotto controllo le singole forniture. È stato quindi necessario organizzare e pianificare maestranze e tecnici addetti ai lavori e contestualmente controllare mediante opportune azioni di expediting, ovvero attività di monitoraggio dell’avanzamento dei lavori di officina rispetto ai programmi di montaggio in cantiere e rispetto a quanto previsto dalle specifiche tecniche, volte a garantire tempi di consegna e qualità fornita. Anche azioni di controllo qualità, Foto: Ansa L’ Impresa Costruzioni Giuseppe Maltauro di Vicenza si occupa di costruzioni, impiega circa 2 mila persone e presenta un fatturato annuo prossimo al mezzo milione di euro, suddivisi fra un 62 per cento circa di lavori in Italia e un 38 per cento all’estero. Le aree geografiche di intervento sono prevalentemente, oltre l’Italia, il Medio Oriente e l’Africa settentrionale e centrale. Maltauro è certificata ISO 18001, ISO 14001 e ISO 9001. Possiede iscrizioni all’albo per importi di lavoro illimitati in tutte le principali categorie di lavori civili, strade, opere marittime, dighe. È in possesso dell’attestazione di qualifica come contraente generale in classifica I∞. In data 18 giugno 2010 Maltauro si è aggiudicata l’appalto per la progettazione esecutiva e la realizzazione delle infrastrutture e degli impianti del nuovo stabilimento JFS-Faco a Cameri per conto del ministero della Difesa – Armamenti aeronautici. La fase di progettazione esecutiva, punto cardine della realizzazione DIFESA Foto: Ansa il faco in numeri: superficie cantiere 527.000 mq; superficie coperta 104 mila mq; pavimenti interni ed esterni 215 mila mq; metallo e ferro 18 milioni di kg interne al cantiere, sono state pianificate per ogni singolo componente omogeneo dell’opera; esse hanno evitato errori ed esecuzioni non conformi ai requisiti tecnici di progetto. Inoltre è stato organizzato un ufficio planning che, dotatosi di opportuni programmi lavori, ha monitorato costantemente l’avanzamento dei molteplici item. Una particolare citazione merita quello che si è fatto in tema di gestione della sicurezza; dati i tempi di programma molto ristretti e la realtà di lavori in sovrapposizione, è stato organizzato un opportuno ufficio sicurezza che, affiancandosi all’organizzazione produttiva di cantiere, ha monitorato tutti gli interventi in tempo reale e non limitatamente al rispetto delle normative ed è intervenuto preventivamente con tutte le azioni opportune. Così si è evitato ogni tipo di incidente, registrando il rapporto ore lavorate / incidenti tra i più bassi in Europa. Numeri pazzeschi Alcuni macrodati relativi alla realizzazione del progetto Faco rendono l’idea della misura dell’opera: superficie dell’intero complesso del cantiere 527 mila metri quadrati; superficie coperta 104 mila metri quadrati; pavimenti industriali interni ed esterni 215 mila metri quadrati; carpenteria metallica 13 milioni di chilogrammi; ferro per oltre 5 milioni di chilogrammi; calcestruzzo armato 70 mila metri cubi. L’avanzamento dei lavori risulta essere al 95 per cento e quindi perfettamente in sintonia coi tempi programmati. Le operazioni di collaudo funzionale sono state eseguite con esiti positivi così come le operazioni di collaudo statico. Il lavoro non ha ricevuto alcuna “non conformità” dalla Direzione dei lavori e dal collaudatore nelle tre fasi: quella preventiva mediante campionature e schede tecniche di ogni componente edile, elettrico e meccanico che venivano esaminate e valutate da una speciale commissione agli ordini della Direzione dei lavori; quella dopo l’esecuzione in opera dei lavori (getti, montaggi, assemblaggi) valutandone le tolleranze di esecuzione (planarità, resistenza, caratteristiche, spessori); quella di collaudo tecnico funzionale, quando le strutture portanti vengono caricate con degli enormi pesi o con camion carichi in base alle portate di progetto, e con strumenti di precisione ne vengono valutati i cedimenti, verificando in base ad appositi calcoli se sono tollerabili o meno. | | 19 marzo 2014 | 39 SOCIETà COPERTINA L’indissolubile viaggio È giunto il momento di una presenza vigile e attiva delle famiglie. Non per una battaglia ideologica ma per fare riemergere «un’ecologia dell’uomo» che lo protegga dalla distruzione del suo corpo. E da quelle teorie del gender che vogliono una società transgenere, postpadre e postmadre | 40 DI EUGENIA SCABINI | 19 marzo 2014 | | Foto: Getty Images Stephan Sinding, Love (1909-14), Museo NY Carlsberg Glyptotek, Copenaghen (Danimarca) | | 19 marzo 2014 | 41 SOCIETà COPERTINA 42 | 19 marzo 2014 | | L’AUTRICE Eugenia Scabini Prima direttore e oggi presidente del comitato scientifico del Centro di ateneo studi e ricerche sulla famiglia e professore di Psicologia dei legami familiari della facoltà di Psicologia dell’Università Cattolica di Milano di cui è stata preside dal 1999 al 2011. È inoltre co-direttore della rivista Studi Interdisciplinari sulla Famiglia edita da Vita e Pensiero e co-direttore della collana di Psicologia Sociale e Terapia della Famiglia edita da Franco Angeli. Family day, Roma, 12 maggio 2007 ne di se stesso», recuperando e vivificando i fondamentali dell’umano. Ma quali sono i fondamentali dell’umano? Innanzitutto la persona che, con la sua inviolabile dignità umana e la sua libertà, è riferimento centrale della civiltà europea ed esplicitamente al centro della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. Dire persona è ben diverso che dire individuo, entità astratta e sciolta dai legami, che pure ha determinato lo sviluppo del pensiero del Novecento. La persona, unica e irripetibile, è costitutivamente un “essere in relazione”: in breve, ciascuno di noi è un “generato” che rimanda costitutivamente ai “generanti”, entro una catena generazionale del dare-ricevere la vita imprescindibile per l’identità di ciascuno e, al tempo stesso, per l’identità della società in cui le persone si muovono. Come ben dice papa Francesco nella Lumen Fidei: «La persona vive sempre in relazione. Viene da altri, appartiene ad altri, la sua vita si fa più grande nell’incontro con altri. E anche la propria conoscenza, la stessa coscienza di sé, è di tipo relazionale, ed è legata ad altri che ci hanno preceduto: in primo luogo i nostri genitori, che ci hanno dato la vita e il nome. Il linguaggio stesso, le parole con cui interpretiamo la nostra vita e la nostra realtà, ci arriva attraverso altri, preservato nella memoria viva di altri. La conoscenza di noi stessi è possibile solo quando partecipiamo a una memoria più grande». Un insieme di organi o altro? Ma dire che la persona è “un essere in relazione” non è dire una cosa vaga e impalpabile, perché la persona è un corpo vivente. Vorrei porre l’accento sulla parola “corpo”, quel corpo che oggi è da una parte esaltato e dall’altra manipolato a piacimento e ridotto a un insieme di organi. Sappiamo invece dalla ricerca psicologica che, sin dalle prime fasi della vita, il corpo umano è attraversato da primordiali emozioni, stati mentali, capacità di interazioni e, fin dalla vita intrauterina, risponde ed è influenzato (soprattutto attraverso il corpo della madre) da ciò che lo circonda e dal mondo affettivo e relazionale della sua famiglia, che lo attende, pre-figurando il suo “posto”. Il corpo umano è vivo, è vivente. Corpo vivente significa affermare che l’aspet- Foto: Ansa V 12 maggio 2007, quella singolare manifestazione a Roma chiamata “Family day”? Al di là degli obiettivi, è stata anche, per chi vi ha partecipato, una grande festa di popolo, di vitalità delle famiglie. Sono passati non molti anni da quel giorno e il nostro mondo è occupato da tutt’altri scenari che hanno impegnato in dibattiti e manifestazioni, ma anche in precise scelte giuridiche e sociali, molti paesi europei tra cui la Francia e la Spagna: il matrimonio per le coppie omosessuali, con possibilità o meno di adozione dei figli, la sostituzione dei termini “padre” e “madre” con il più generico “genitore A” e “genitore B” o uno e due. Tutto questo ci ha in parte sorpreso, a volte preoccupato, ma comunque nella maggioranza dei casi l’abbiamo vissuto un “po’ a distanza”, vuoi perché capitava altrove, vuoi perché urgenti e pressanti aspetti legati alla crisi economica ci avevano forse fatto sentire questi temi meno fondamentali per la vita delle famiglie, sottovalutandone la loro importanza ai fini di una vita squisitamente umana. Tuttavia, ora con una strategia meno frontale ma più sottilmente invasiva, si fanno avanti anche da noi proposte o iniziative come l’utilizzo a Milano dei moduli per l’iscrizione alla scuola con la generica definizione di “genitore” invece che di “padre” e “madre” o la pubblicazione della “Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere”, a firma di Unar e del dipartimento per le Pari opportunità. Quest’ultima va ben oltre la più che legittima denuncia del bullismo e dell’omofobia e, mettendo in scacco alcuni capisaldi della costruzione dell’identità personale e familiare, ha provocato più che legittime proteste soprattutto per quanto riguarda il fronte educativo, proteste che hanno poi portato a un blocco della iniziativa. È quindi il momento che quel popolo festoso riprenda coscienza di sé e faccia sentire la sua voce, non tanto per vincere una battaglia che si presenta chiaramente ideologica, ma per fare riemergere quella che papa Benedetto ha indicato come «un’ecologia dell’uomo» che sia in grado di proteggerlo «contro la distruzioi ricordate il il corpo, lungi dall’essere un limite di cui liberarsi attraverso interventi per passare dall’essere maschio al diventare femmina e viceversa, è la risorsa e la sede della persona: io “sono” un corpo e non “ho” un corpo Foto: Ansa questa originaria differenza (e non a prescinderne) offre la trama dei significati personali e sociali, essenziali nella costruzione dell’identità. In questa prospettiva il corpo, lungi dall’essere un limite di cui liberarsi – e attraverso interventi manipolatori, passare dall’essere maschio al diventare femmina e viceversa e alle ormai numerose varianti – è la risorsa primordiale e la sede della persona: io “sono” un corpo e non “ho” un corpo. to sorgivo dell’essere umano è costituito da un’unità biologica, psichica, spirituale e relazionale. La persona è, e come tale può pensarsi e agire, entro tale unità e in forza di essa. La vita umana, che la Chiesa ha sempre con grande forza difeso, è data dalla coscienza che essa è il bene per eccellenza senza del quale nulla potrebbe sussistere. Dire corpo vivente significa al tempo stesso dire “corpo sessuato”. L’essere sessuato investe tutta la persona umana e non è solo una differenza anatomica. L’umanità esiste al maschile e al femminile e una società vera è quella in cui le persone possono compiere l’imprescindibile itinerario di umanizzazione che le porta dal nascere maschio e femmina, al divenire uomo e donna. In questo processo la famiglia ha un ruolo fondamentale: come dice il noto psicologo Urie Bronfenbrenner, «la famiglia rende umani gli esseri umani». E qui sta il fondamento dei diritti della famiglia che troviamo chiaramente espresso nella Carta dei diritti della famiglia di cui da poco abbiamo celebrato i 30 anni della sua pubblicazione (e che vale la pena rileggere). Qui, e non prima, si innesta l’itinerario in cui la cultura, a partire da La dualità maschio femmina Con felicissima espressione Giovanni Paolo II nelle famose “Catechesi del Mercoledì” così ribadisce l’unità di corpo e persona e la sua riconoscibilità nella relazione tra l’uomo e la donna. «Quando il primo uomo, alla vista della donna esclama: “È carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa” (Gen, 2,23), afferma semplicemente l’identità umana di entrambi. Così esclamando, egli sembra dire: “Ecco un corpo che esprime la ‘persona’”» (Udienza generale 9 gennaio 1980). Così viene figurato il mistero dell’essere umano, creato nella dualità di maschio e femmina e, quindi, radicato in una differenza, ma pure segnato da una comune appartenenza al genere umano. È quest’ultima che consente all’uomo e alla donna, al maschile e al femminile, di non essere abissalmente distanti, ma, nella relazione e tensione reciproca, parti indispensabili dell’intera umanità. L’altro consente a me stesso di riconoscermi, l’altro è la mia attrattiva e il mio destino. L’altro: l’altro genere, l’altra generazione, l’Altro, il Creatore di tutte le cose che ha creato l’uomo a Sua immagine e somiglianza e l’ha creato maschio e femmina. Così ci dice l’antropologia del principio che ci pone dinnanzi all’umano come costituito da una “uguaglianza differenziata”. Giovanni Paolo II, per esprimere questa condizione originaria ha coniato una espressione nuova, un neologismo. Ha parlato dell’uomo e della donna come «uni-dualità relazionale», che consente a ciascuno «di sentire il rapporto interpersonale e reciproco come un dono arricchente e responsabilizzante» (Lettera alle donne 8). La corporeità e l’essere situati nella differenza sessuale ci parla così dell’unità procreativa e del generare nella direzione del «dono arricchente e responsabilizzante» bene vitale e primario della famiglia e fonte della stessa sopravvivenza e sviluppo della società. Ma il compito affidato all’uni-dualità interpersonale non si ferma qui poiché l’uomo e la donna, con il loro comune e collaborativo contributo, devono portare a compimento il mondo e la storia. «Il matrimonio e la procreazione in se stessa non determinano definitivamente il significato originario e fondamentale dell’essere corpo, né dell’essere, in quanto corpo, maschio e femmina», così ancora ci dice questo grande Papa (Udienza generale 9 gennaio 1980). Certo non facile è mantenere insieme la comunanza senza svilirla nella omologazione e la differenza senza creare pericolose scissioni. Non facile mantenere viva la tensione tra il femminile e il maschile senza farla esplodere nel conflitto o rinchiuderla nel dominio e subordinazione dell’uno sull’altro. I cristiani non si fanno troppe illusioni al proposito perché sanno che c’è stata una turbativa all’origine (il peccato originale che Giovanni Paolo II peraltro equamente distribuisce tra l’uomo e la donna) e sanno perciò che l’armonia tra i generi ma anche tra le generazioni (le due differenze costitutive dell’umano) vanno sempre pazientemente ricostruite nella vita familiare e sociale e non senza grande sofferenza. L’importanza della donna Così la realizzazione storica di questo riconoscimento di pari dignità della persona umana ha incontrato non poche difficoltà ed è ancora oggi ben lungi dall’essere rispettato. Ne hanno fatto le spese soprattutto le donne come del resto lo stesso Giovanni Paolo II profeticamente dalla Mulieris dignitatem (1988) alla Lettera alle donne (1995) e in altri numerosi interventi già oltre trent’anni fa denunciava, rilanciando in positivo la pecu| | 19 marzo 2014 | 43 SOCIETà COPERTINA liarità indispensabile dell’apporto della donna alla vita umana e sociale, parlando di «genio femminile». re, postpadre e postmadre. E la questione non sta, come in genere si dibatte, sulla capacità delle coppie, magari dello stesso sesso, di saper ben allevare bambini ma sta nel mettere questi ultimi nella condizione di affacciarsi alla vita con un vuoto di origine. Il tema della generatività e del suo intrinseco riferimento all’origine è questione centrale sia da un punto di vista antropologico che psicologico, come abbiamo più volte evidenziato nella nostra “prospettiva relazionalesimbolica” di lettura del “famigliare”. In questa deriva, l’itinerario a ritroso che l’umanità oggi rischia di percorrere trascina al ribasso la persona dal riconoscimento, al misconoscimento, all’indifferenza, all’incuria. messo in moto appassionatamente facendo ritrovare entro la proposta-esperienza cristiana la risposta ai desideri profondi del cuore e un senso dell’agire vivace e concreto nella vita sociale. La frantumazione del corpo Dove sono oggi finiti questi fondamentali Comunione non divisione e la loro ricchezza e attrattiva? Sono finiti nella latenza, vivono come un patrimoOgni generazione comincia da capo ma nio sommerso al quale così poco riusciaè destinata al fallimento se suppone di mo ad attingere e a far diventare rilevancominciare da zero. Deve poter ritrovate nella vita personale, familiare e sociare nel patrimonio che le arriva, magale. Invece della persona compare l’indiri impoverito, la traccia di un cammino. viduo con il suo diritto di autodetermiNoi non siamo migliori dei nostri padri nazione e di scelta insindacabile anche come cantavamo un tempo pensando quando tale scelta ha conseguenze diretinvece di riuscirci. Ma possiamo riprente su un altro essere umano come tristederci e risvegliarci partendo proprio mente accade quando si genera “affittandalla domanda che ci viene dai nostri do” un utero o si approva l’eutanasia per figli, dalle nuove generazioni. Dobbiamo i minori come avvenuto di recenfare questo viaggio però insieme, te in Belgio. madri e padri, fratelli di condiLa frammentazione del corpo Invece dell’unità corpo-persozione e accomunati dalla stessa vivente produce schegge impazzite. responsabilità. Il destino del femna assistiamo, come acutamente OCCORRE recuperare i fondamentali minile e del maschile è la comuosservava la psicoanalista Janine Chasseguet-Smirgel già una decinione non la divisione e neppure e rimetterli in azione perché la na di anni fa, ad una depersonala realizzazione solitaria. Questa responsabilità versO le nuove lizzazione del corpo da se stesgenerazione è sfidata nel corpo, generazioni è NOSTRA. L’EDUCAZIONE è come ogni giorno vediamo nella so, ad una scissione tra io corpoL’AMBITO PRIMARIO DI TALE IMPEGNO reo e io psichico. Il corpo vivencronaca, e su questo punto si conte si frantuma, diventa un oggetcentra la domanda di umanizzaQuale il nostro compito? Recupera- zione e la ricerca di identità. to muto, si lascia meccanicamente e passivamente trascrivere dalla tecnologia re i fondamentali e metterli in azione. È Forse che per il cristiano il tema è che ne ha preso possesso, non senza gua- oggi il tempo di una presenza attiva, vigi- secondario? Il corpo, cristianamente la dagno commerciale. La frammentazio- le e propositiva degli adulti, delle madri carne, il corpo di Cristo, il corpo della ne del corpo vivente produce schegge e dei padri (ma sappiamo che possiamo Chiesa, la resurrezione dei corpi… Che impazzite e contraddizioni palesi: edoni- e dobbiamo essere madri e padri anche cosa di più attraente di una proposta che smo del “fisico”, determinismo del gene- dei figli altrui) perché nostra è la respon- fa trovare speranza, vita e pace nell’abtico (persino della libertà e moralità) e sabilità verso le nuove generazioni. Esse braccio con un Corpo pieno di luce che al tempo stesso attribuzione di enorme devono potersi nutrire di quelle risorse ci lega profondamente gli uni agli altri potenza alla cultura che avrebbe la capa- materiali, simboliche e morali che fanno e ci rende amici e fratelli, piuttosto che cità di costruire e de-costruire la diffe- della vita una vita umana. E l’educazio- un percorso errabondo alla ricerca di sé renza sessuale. Nelle teorie del gender ne è l’ambito primario di tale impegno attraverso la spettacolarizzazione del prodi tipo radicalmente costruttivista, oggi perché l’educazione è un proseguimen- prio corpo o la peregrinazione da un cordi moda, la “differenza reciprocante” to della generazione come ci ha ben inse- po sessuato ad un altro? del femminile e del maschile collassa in gnato quel grande uomo e vero seguace Torniamo insieme all’origine. E l’uniuna rappresentazione dell’essere uma- di Cristo che è stato don Luigi Giussani. co modo per essere ancora generativi e no come indistinto, indifferenziato, ibri- Lui ha svegliato dal torpore più di una per far sì che possano esserlo le nuove do e si preconizza una società transgene- generazione e con ciascuna di loro si è generazioni, col loro irripetibile volto. n 44 | 19 marzo 2014 | | CULTURA | AL FONDO DELLA “CORRUZIONE” DI LUIGI AMICONE La Follia del nostro tempo “Facie ad faciem” con Emanuele Severino. Per capire perché la civiltà della tecnica, per fare piazza pulita della tradizione e ridurre tutto in suo potere, «non si limita a proclamare la “morte di Dio”, ma deve mostrare la necessità di questa morte» A di Pietro Barcellona (vedi box a pagina 49), ci siamo ricordati di Emanuele Severino, pensatore che divenne filosofo all’Università Cattolica, sulle orme di Gustavo Bontadini, e che dalla Cattolica si separò dopo essere approdato a Parmenide e, oltre Parmenide, all’eterno delle cose. C’è un punto di fuga, una memoria di Dio, in colui che è ritenuto il maggior filosofo italiano vivente e che incassò senza apparente colpo ferire dal collega ex comunista divenuto cristiano l’affermazione che «solo il discorso di Cristo si può opporre al nichilismo biologico dello scientismo che cerca di cancellare ogni specificità della condizione umana»? Nessuno spiraglio. Però, forse una eco di un certo tipo di cristianesimo c’è. L’eco di una buona novella che, spogliata della persona di Cristo e rivestita di filosofia, annuncia la salvezza dell’essere senza volto. 46 ll’apparire di un volume postumo | 19 marzo 2014 | | Professore, come vede la condizione e la possibilità di “durare” della Chiesa cattolica, o più semplicemente del seguace di Cristo, dentro questo tempo in cui la Chiesa e il cristianesmo in generale sono per buone ragioni costantemente nel mirino del “governo mondiale”, essendo le ultime realtà umane che resistono al principio del “progresso” come mero adattamento al nuovo e alle possibilità della tecnica? Siamo proprio sicuri che la Chiesa cattolica sia l’ultima resistenza al “principio del progresso”, proprio della tecnica? Oltre a quella cristiana, resistono anche altre religioni, soprattutto dell’Oriente – certo meno istituzionalizzate del cattolicesimo. Ma poi, sebbene ancor meno organizzata come istituzione, tutta la tradizione umanistica dell’Occidente esercita quella resistenza. C’è la grandezza della tradizione filosofi- ca; e, anche, diverse forme della cultura del nostro tempo. La civiltà della tecnica tende a emarginare tutte queste forme di resistenza, tra le quali, certo, anche la Chiesa cattolica. Per esse e per le persone che ne sono sorrette diverrà sempre più difficile mantenere la loro configurazione. A questo punto si tratta però di capire – ed è tutt’altro che agevole – quali siano le ragioni della tecnica e quelle delle forze che tentano di resisterle. Ma si possono capire le loro ragioni se non si sa che cosa significa “ragione” e in che consista la “potenza” da cui è sostenuta? A quale sostegno ci affideremo per saperlo? Se ci si debba affidare alla scienza o alla religione o ad altra forma di sapienza o di esperienza non lo può dire né la scienza, né la religione, né altro. Rispondere a questo tipo di domande è sempre stato il compito della filosofia. A chi vorrebbe metterla da parte sarebbe da ricordare che sbarazzarsene è ed è sempre stato una forma di filosofia. E ancora: siamo proprio sicuri che tra “spiritualità” e “tecnica” ci sia un’opposizione così insanabile e che esse, al di sotto del loro opporsi, non abbiano un’anima comune? Foto: Olycom Nel dicembre scorso, quando il Fatto quotidiano le chiese un parere su papa Francesco e sul suo impegno personale contro la corruzione, anche dentro la Chiesa, lei osservò: «Questo papa, da buon pastore, sta cercando di cambiare le cose. Ma non vorrei che si perdesse di vista che la “corruzione” di fondo è l’“evasione” del mondo dal passato dell’Occidente». Possiamo approfondire questa considerazione? Dopo quanto ho incominciato a dire, la domanda che lei mi rivolge è molto pertinente. La Chiesa e le grandi forze della tradizione riescono a intravvedere soltanto quale sia il loro nemico autentico. Certo, la civiltà della tecnica le contrasta e ne è contrastata. Ma altro è | | 19 marzo 2014 | 47 CULTURA AL FONDO DELLA “CORRUZIONE” una tecnica che non ha ragioni, altro una tecnica che invece le ragioni può esibirle. Oggi si crede che la tecnica sia ciò che essa ritiene di essere. Ma la tecnica può proporsi di ridurre tutto in suo potere, senza che questo proposito sia un sogno, soltanto se tutto è disponibile al suo dominio. Solo se, innanzitutto, non esiste ciò che nella tradizione filosofica e teologico-religiosa dell’Occidente è chiamato “Dio”. Il nemico autentico della tradizione è il sapere che non si limita a proclamare la “morte di Dio” – non è una semplice fede –, ma è capace di mostrare l’inevitabilità e la necessità di questa morte (secondo il significato che queste parole posseggono all’interno della tradizione stessa – che, invece, sulla loro base vorrebbe tenere in vita Dio). Il nemico autentico della tradizione non sta sotto gli occhi di chiunque. Non solo la Chiesa, ma quasi nessuno riesce a scorgerlo. Nei miei scritti lo chiamo “l’essenziale sottosuolo filosofico del nostro tempo”. È esso a conferire alla tecnica il diritto di considerare tutto come disponibile al suo dominio. La “corruzione” di fondo della tradizione è la voce del “sottosuolo”. Essa fa evadere il mondo dal passato dell’Occidente, ossia dalla “vita di Dio”. Spesso non si capisce, però, che quando i miei scritti parlano del “sottosuolo del nostro tempo” si riferiscono alla forma più coerente della Follia. Non perché la non-Follia sia credere che Dio sia vivo, ma perché l’affermazione della morte di Dio è la forma più coerente (e in questo senso inevitabile e necessaria) della Follia. Si tratta, certo, di capire in che consista l’essenza della Follia. Parlare alla polis: questo è lo scoglio che il pensiero filosofico si trova davanti e deve evitare. La polis è la gente, che ormai crede di poter giudicare quel che le si dice. La scienza, ormai, non ha bisogno di mostrare le proprie ragioni: le basta lasciar vedere le trasformazioni del mondo da essa operate. Anche il compito delle religioni è più facile: esse non richiedono altro che la fede, ossia qualcosa che, per quanto tormentato, non rinvia ad altro per farsi capire ed essere praticato. L’uomo ha innanzitutto bisogno di credere. Per questo le forme iniziali della civiltà hanno un carattere religioso, cioè sono quel chiedere di esser credute che può esser capito da tutti e a cui tutti hanno bisogno di rispondere positivamente, credendo. La filosofia non ha questi vantaggi. Non stupisce la gente con opere che stanno sotto gli occhi di tutti. E nasce come critica e negazione del mito e della fede, 48 | 19 marzo 2014 | | come negazione di ciò di cui l’uomo ha bisogno: credere. Lei ha fatto anche questa osservazione: «Mi lasci dire, molto sottovoce, che nonostante la sua destinazione al dominio del mondo, la civiltà della tecnica è ciò che chiamo “la forma più rigorosa della Follia estrema”. Ancora più sottovoce: la Follia estrema è credere nel carattere effimero, temporale, contingente, casuale, dell’uomo e della realtà: è la convinzione che ogni cosa venga dal nulla e vi ritorni. Però la difesa suprema dall’angoscia suscitata da questa convinzione – la difesa che nella tradizione è costituita, in ultimo, da Dio – è diventata la tecnica. Ovunque, la tecnica sta diventando la forma più radicale di salvezza, che oggi ha soppiantato qualsiasi altra forma di rimedio contro la morte». La tecnica ha sostituito Dio come consolazione e la presunzione di “farsi da sé” dell’uomo, l’accettazione del dato che io non mi sono fatto da me, ma vengo dal Mistero che fa tutte le cose (se io mi faccio da me non sono più neanche libero, perché posso prevedermi, dunque il Mistero è anche il fondamento della mia libertà). Ma insomma, il suo approdo, parlo di lei, Emanuele Severino, resta lontano dal dubbio (o dalla domanda) di un Dio personale e dunque di una libertà umana irriducibile al potere della tecnica? «amo dire che l’uomo è un re che crede di essere un mendicante. Crede di esserlo anche quando crede di non essersi fatto da sé ma di venire dal Mistero che fa tutte le cose» Lei rivolge a me le sue domande. Rispondendo, anch’io mi rivolgo a lei. Ma l’uomo è semplicemente l’individuo al quale crediamo di parlare? È soltanto un “credente” (nel senso più ampio, per il quale si è credenti sin da quando si crede di essere al mondo)? Se fosse così dovremmo accontentarci di opinioni, o di uno scambio di atti di fede – che quando son diversi è difficile conciliare. Incominceremo a capire che l’uomo non è soltanto individuo, ma è l’apparire della verità? Nella frase da lei riportata all’inizio della sua domanda chiedo di parlare “molto sottovoce” perché, in un’intervista, parlare delle vere cose ultime è sempre una stonatura. Se è detta sottovoce è più sopportabile. (Faccia conto che anche ora io stia rispondendo molto sottovoce). Ebbene, quella frase dice che nessuna cosa è “fatta”. Affermazione scandalosa. Può sembrare una sciocchezza. A volte capita che mi si ricordi – come se io ne avessi perduto la consapevolezza – che l’acqua bagna e il fuoco scalda. Però se pronuncio quel- la frase, così palesemente contro il buon senso è perché essa ha alle spalle certe “giustificazioni” (chiamiamole così, alla buona), sulle quali si è a lungo discusso e si continua a discutere. (Il buon senso si è scandalizzato anche perché uno diceva di essere il Figlio di Dio – ma anche perché qualcuno ha incominciato a sostenere che non è il sole a girare attorno alla terra , ma viceversa). In quella mia frase – chiara quanto al suo contenuto (anche se scandalosa o peggio) si dice che ogni cosa è eterna. “Cosa” – nel senso più ampio: oggetti, eventi, sfumature, ombre, errori, relazioni, piaceri, dolori, altezze, bassure. Per questo amo dire che l’uomo è un re che crede di essere un mendicante. Crede di esserlo anche quando crede di non essersi fatto da sé ma di venire dal Mistero che fa tutte le cose. Quando si crede che le cose siano “fatte”, si crede che le cose, di per sé, siano nulla: che ciò che non è un nulla sia un nulla. Questa è l’essenza del nichilismo e, insieme, è l’essenza del pessimismo. Anche il cristianesimo appartiene a questa essenza. In essa consiste la Follia estrema – l’essenza della Follia. Poiché “Dio” è sempre stato inteso come il “fattore” delle cose, anche Dio IN LIBRERIA LA “REPLICA” DI PIETRO BARCELLONA Ma è solo l’“altro” che ci salva dall’auto-schiavitù illuministica Arte, politica, educazione, fede. Sono i temi che Pietro Barcellona, scomparso il 6 settembre scorso, affronta in La sfida della modernità, un breve volume a cura di Giuseppe Mari uscito in questi giorni per La Scuola. «Intellettuale, docente illustre, militante del Partito comunista italiano, alla fine era ritornato alla fede cristiana nella quale era stato educato da ragazzo». Così, tre giorni dopo la sua morte, don Francesco Ventorino ha ricordato sull’Osservatore Romano quello che è stato uno dei principali filosofi “avversari” di Emanuele Severino. In una delle riflessioni riportate in La sfida della modernità, Barcellona scrive: «Gli uomini hanno paura sostanzialmente di una cosa sola – essere liberi –. La libertà sgomenta, perché – quando è vissuta fino in fondo – è un abisso che fa venire le vertigini». E di fronte a questo terrore cosa fa l’uomo? Delega. «Nel nostro piccolo, credo che il problema si ponga rispetto alla continua delega all’“esperto” che è una malattia della modernità in quanto espropria della competenza sociale il singolo uomo. Ma gli automatismi, da soli, non bastano (…) perché, al di là della nostra capacità predittiva, esiste sempre l’imprevisto nella vita umana ed è su questa componente che si gioca la partita perché è quella che provoca la libertà di decisione. (…) Secondo me, la radice del post-umano è sempre la stessa: riuscire a conseguire un dominio totale del processo di creazione che permetta di produrre il clone dell’uomo, dell’essere umano in modo da eliminare la figura del Creatore cioè di negare la creazione stessa perché questa diventa un’autocreazione continua, che è il compimento del progetto illuministico. Il progetto illuministico è che la modernità nasce da se stessa, si auto-legittima, non ha nessun rapporto con l’“altro”. Senza creazione, non siamo creati neppure noi. Questo riconoscimento lo pongo in chiave storica, cioè se io non avessi l’idea che nasco da due persone, non avrei nemmeno l’idea della mia libertà. Il fatto che io sono stato creato, vuol dire che non sono il risultato di una necessità, quindi sono libero anch’io». appartiene a quella essenza. Anche la tecnica si presenta come il “fattore”, ormai il più affidabile. L’anima di Dio è l’anima stessa della tecnica. La più umile delle cose sta infinitamente più in alto del più alto dei fattori. E più in alto di ogni “libertà”. Se a dire tutto questo fosse quell’individuo che lei chiama “Emanuele Severino”, con costui non bisognerebbe perdere altro tempo. Ma un antico filosofo, Eraclito, invitava a non dare ascolto “a lui”, ma al logos, ossia alla “ragione” in quanto verità innegabile. Il nostro maestro don Giussani e in generale, una certa schiatta di maestri, ci ha sempre ricordato che l’uomo senza passato non ha neanche futuro e che nella lotta per la “memoria” (o per la “possibilità” insita nella storia, credo che sia un concetto manzoniano: è possibile che un fatto storico sia tanto più vivo e attuale quanto più si riconosce in esso un elemento che ha “durata” e cioè non si esaurisce in quelle vicende pur definitive, passate, che non ci sono più) è insita la possibilità di resistenza umana contro ogni totalitarismo e potere impersonale che, come avvertivano dissidenti dell’Est tipo Vaclav Havel, è il futuro/presente dell’Occidente. Lei forse non condivide. Perché? Se i vostri maestri intendono il passato come ciò che ormai è diventato nulla, come può esserci memoria del passato? quella memoria di esso che viene invocata da chi è convinto della nullità del passato? E che futuro può avere l’uomo, se il futuro è il non ancora, l’ancor nulla? Si è amici del futuro, inteso come l’ancor nulla, perché si crede che anche l’uomo sia, a imitazione del Fattore (Dio, tecnica), un “fattore”: fattore del proprio futuro. Ma al di sopra del fare c’è l’essere. Anzi, il fare è l’illusione di fare. Il futuro autentico è la Gloria dell’uomo, di ogni uomo. L’uomo è destinato alla Gioia, è l’oltrepassamento del proprio aver fede e soprattutto della fede nella propria nullità. È destinato all’autentica vita eterna, che è l’infinita e sempre più ampia manifestazione degli eterni. (Ma anche il cristianesimo non dice forse che la fede, in paradiso, non esiste più e che vedremo facie ad faciem?). In morte del suo amico e filosofo Pietro Barcellona che le dedicò un saggio (“Severino: gli abitatori del tempo”, in L’Occidente tra libertà e tecnica, Saletta dell’Uva), lei scrisse un garbato LA SFIDA DELLA MODERNITÀ P. Barcellona La Scuola 128 pagine 9,50 euro e toccante articolo sul Corriere della Sera, nel quale citò queste parole del marxista e infine convertito al cristianesimo Barcellona: «Solo il discorso di Cristo si può opporre al nichilismo biologico dello scientismo che cerca di cancellare ogni specificità della condizione umana». E proseguendo lei annotò: «E proprio il suo ultimo libro è tutto volto a sostenere che, nonostante le differenze, il mio discorso filosofico può essere ricondotto al nichilismo e al determinismo fatalistico delle neuroscienze, ossia a quella dimensione sulla quale Cristo gli era apparso indubitabilmente vittorioso». Ecco Emanuele Severino che fu forse l’allievo più celebre e che, suppongo, più fece angustiare i pilastri della Università Cattolica (penso a Gustavo Bontadini e a Sofia Vanni Rovighi), per la sua abiura del cristianesimo, oggi, questo “discorso di Cristo” continua a non sfiorarlo più, oppure «si potrebbe parlare di una vita o di un istante indimenticabili anche se tutti gli uomini li avessero dimenticati», le sto citando Walter Benjamin, «poiché se la loro essenza esigesse di non essere dimenticati, quel predicato non conterrebbe nulla di falso, ma solo un’esigenza a cui gli uomini non corrispondono e insieme il rinvio ad una sfera in cui trovasse corrispondenza: a un ricordo di Dio»? Quando muore un amico lo si deve lasciar parlare. Ne ha il diritto. Ma non le sembra che ci sia una incolmabile differenza tra quanto sostengo (anche in queste mie risposte) e quanto Pietro mi faceva dire? Gli amici del determinismo e gli amici della libertà sono due modi di esprimersi della stessa anima: l’anima della fede in cui si crede che – o ineluttabilmente o liberamente – le cose escano dal nulla e vi ritornino. La non-Follia sta al di fuori di questa opposizione. Sta anche al di fuori dell’opposizione tra gli amici e i nemici di Dio. L’istante indimenticabile è la non-Follia della verità – eternamente al di fuori dell’oblio. Non è il possesso di qualche privilegiato. Sta e si illumina nel profondo di ogni uomo. Anche di coloro che non sanno di esserne la manifestazione. n | | 19 marzo 2014 | 49 L’ITALIA CHE LAVORA Come rinasce UN FIORE Paola Naldi lotta contro un male incurabile dall’età di dodici anni. «Pensavo di non avere futuro. Invece ho imparato a realizzare bouquet, un lavoro davvero gratificante e che dà i suoi frutti. Ho capito che una strada c’è sempre, per tutti. E io ne sono la prova» «L di ringraziamento a festa finita per me non hanno prezzo». Paola Naldi è felice nei panni inattesi e profumati della sua seconda vita, riempita da creazioni floreali per matrimoni ed eventi. La sua attività è a Imola, dove Paola, 34 anni, vive assieme al marito e dove la sua passione si è trasformata in professione. Il suo volto e le sue creazioni lasciano trasparire una persona positiva e ottimista, nonostante una vita che la vede combattere contro un male oscuro che ha iniziato a manifestarsi quando Paola era solo una ragazzina che amava andare a cavallo: «Nel 1992 avevo 12 anni e iniziarono a comparire alcune cisti sul mio corpo. Allora facevo equitazione e mi davano molto fastidio. Mio zio, medico ortopedico, le fece analizzare e scoprì che si trattava di neurinomi, tumori benigni sotto la guaina mielinica dei nervi. A 16 anni cominciai ad avere problemi di equilibrio, davvero strano per me che avevo sempre resistito con forza alle sgroppate dei puledri. E poi cominciavo a non sentire più tanto bene, ma mi vergognavo a tal punto che solo molti mesi dopo mi convinsi a parlare di questo problema con un otorino, che mi prescrisse alcuni farmaci per la otosclerosi, una malattia che in genere compare in età più avanzata». Ma il tempo passa e Paola continua a peggiorare: «Sono stata visitata da un luminare di Venezia che mi fece l’esame dell’udito e mi cambiò la staffa, nonostante mia madre insistesse per fare una tac. Questa cosa mi fece davvero innervosire e portò a una causa legale che vincemmo». A scuola era un incubo, perché all’inizio pensavano che mentissi e che in realtà sentissi benissi- 50 | 19 marzo 2014 | | a gioia degli sposi e i loro messaggi A sinistra, Paola Naldi che a Imola ha aperto la sua attività Les fleurs di Paola & co. mo. Il responso di una tac atterrì tutti, medici e genitori: avevo due tumori delle dimensioni di due palle da tennis, uno vicinissimo al nervo acustico a sinistra – che aveva compromesso il mio udito – e l’altro sul nervo dell’equilibro. Ma la cosa più spaventosa era la mia schiena, che appariva interamente ricoperta di tumori». La terribile scoperta suona come una condanna per Paola: ad affliggerla è una malattia rara, la neurofibromatosi di tipo 2: «Quando la diagnosticarono non si sapeva nemmeno bene cosa fosse. Nel mio caso è frutto di una mutazione genetica – una base azotata sbagliata – che la rende ancora più aggressiva». Da lì comincia il calvario di Paola, fatto di esami del sangue e scoperte che di giorno in giorno definiscono un quadro clinico preoccupante: «Sono stati anni terribili, fatti di sofferenza, in cui non sapevo spiegarmi cosa mi stesse succedendo. Poi per fortuna ho incontrato a Lugano uno dei migliori chirurghi al mondo, che mi ha salvato la vita almeno tre volte e che mi ha aiutato moltissimo anche umanamen- te. E, grazie a un suo consiglio, la mia vita è cambiata dopo anni davvero bui». Il medico di Lugano, «che ormai per me è come un padre, è in pensione ma continua a seguirmi» consiglia a Paola di imparare a leggere il labiale e di rivolgersi a una logopedista. Le due diventano amiche e la dottoressa spinge Paola ad andare all’oratorio san Giacomo di Imola: «Qui è cominciata la mia rinascita, ho trovato degli amici veri e in loro ho ritrovato Gesù. Loro mi hanno accolto e so che mi accompagneranno per tutta la vita. Insieme abbiamo affrontato tutti i miei problemi di salute e so che quando altri guai arriveranno, questi amici saranno con me. E poi all’interno dell’oratorio ho conosciuto mio marito Lajer, originario del Mozambico: siamo sposati da più di sei anni. Lui è una roccia perché non drammatizza nulla, ed è l’unica soluzione per andare avanti perché con me, si sa, c’è sempre qualcosa che non va». Chi conosce Paola finisce per scordarsi la sua malattia: la sua gioia di vivere e il suo ottimismo | | 19 marzo 2014 | 51 L’ITALIA CHE LAVORA A sinistra, il marito Lajer, originario del Mozambico. «Lui è una roccia perché non drammatizza nulla, ed è l’unica soluzione per andare avanti perché con me, si sa, c’è sempre qualcosa che non va» «Non so per quanto la salute mi permetterà di continuare, ma per il momento do tutta me stessa. nella diversità è possibile valorizzare le doti, stimolare il potenziale» sono contagiosi, come la sua ironia: «Non so come faccio a ridere delle mie disgrazie, forse lo faccio perché cerco di vivere ogni secondo della mia esistenza come un dono». Sull’ultimo intervento alla testa subito poche settimane fa chiosa: «Sto bene, ho solo dovuto cambiare pettinatura». La malattia l’ha portata anche a una quasi totale cecità, eppure Paola ha trovato la forza di laurearsi in Conservazione dei Beni culturali, «e sono a un passo dalla laurea in Archeologia. Non potrò fare la carriera che ho sempre sognato, ma credo di poter lasciare tracce di me in altri modi». Contro la burocrazia Grazie all’aiuto dell’instancabile mamma, del marito e di due preziosissime amiche, Paola è riuscita a inventarsi un lavoro «pieno di gratificazioni e che in poco tempo sta dando i suoi frutti. Non so neanche per quanto ancora la salute barcollante mi permetterà di continuare, ma per il momento do tutta me stessa. Ho fatto corsi base di composizione floreale e seguo aggiornamenti in giro per l’Italia: sono contenta che le mie creazioni piacciano ai clienti non perché sono malata ma perché trasmettono passione, determinazione e armonia». Dopo aver mosso i primi passi spinta dalla curiosità, Paola capisce che questa è la sua strada e le richieste dalle coppie di sposi sconosciuti cominciano ad arrivare: «Prima una coppia, poi 5, poi 52 | 19 marzo 2014 | | 12 e così via. È bellissimo soddisfare le richieste degli sposi per il loro matrimonio e cercare anche di andargli incontro economicamente». L’attività Les fleurs di Paola & co, così si chiama, prosegue spedita e le permette di guadagnare: «La malattia in questi vent’anni ha fatto molti danni. Per questo motivo spesso sono stata oggetto di visite da parte della commissione medica che doveva accertare se c’era una truffa ai danni dello Stato o no. Fortunatamente, a un certo punto hanno smesso di pensare che stessi bluffando. Per lo Stato non rientro in nessuno schema preciso: non sono sorda perché lo sono diventata a 15 anni, quindi troppo tardi, non sono cieca perché vedo un pochino da un occhio. Ho tremori, epilessia, ho subìto interventi di tutti i tipi e soffro di dolori lancinanti, ma per le istituzioni sono invalida civile al 100 per cento senza accompagnamento. Percepisco una pensione di 276 euro con la quale riesco a malapena a pagare le medicine. Sono riuscita a mettere in piedi la mia attività grazie ai miei genitori che mi hanno aiutato economicamente. Lo Stato non mi aiuta in nessun modo, io non voglio assistenzialismo ma una mano per partire e andare avanti». Nonostante la malattia genetica e le difficoltà burocratiche, Paola non si arrende e continua a realizzare splendide composizioni floreali per matrimoni o altri eventi: «Ogni tanto mi capita di fare qualche testimonianza nelle scuole e spesso i ragazzi mi chiedono se mi piacerebbe cambiare il corso degli eventi. Io rispondo sempre di no, perché so che c’è un disegno buono per me. La strada della nostra vita spesso non è immediata, capire da che parte stiamo andando richiede tempo. Io cerco solo di trasmettere ai ragazzi che anche nella diversità è possibile valorizzare le doti, stimolare il potenziale. La vita non finisce perché non si prende 100 alla maturità o non si è ammessi all’università dei sogni. Non bisogna rassegnarsi, né essere fatalisti: occorre lottare e se tutto sfuma, se la vita non va come vorremmo, non bisogna arrendersi. Bisogna trovare un’altra direzione, perché un’altra strada c’è sempre, per tutti, e io ne sono la prova. Quando a 18 anni mi dissero che sarei diventata sorda pensai che la mia vita era finita. Se ci penso ora mi viene da ridere: magari avessi avuto solo quel problema. Invece sono una mina vagante, ma sono felice anche nella mia totale precarietà». Paola D’Antuono STILI DI VITA CINEMA ALCUNE CLAUSOLE AI CONTRATTI Impiego pubblico? Conta il merito PRESA D’ARIA di Paolo Togni E liminare i lacci e i laccioli che la burocrazia pone all’utile svolgimento della vi- ta nazionale: chi non è d’accordo con questo programma? Nemmeno il più incallito e conformista dei burocrati sarà contrario, o perlomeno contrario si dichiarerà. Ma andate poi a toccare la minima prerogativa del più piccolo dei travet, anche senza toccarne i privilegi, e avrete la misura di cosa significhi avere a che fare con una difesa a oltranza, di chi combatte con le unghie e coi denti e utilizza qualunque mezzo per non cedere neanche un millimetro di terreno. Perché questo atteggiamento (che non è paragonabile con quelli assunti in circostanze analoghe da altre categorie)? Credo siano vari i motivi: la spinta a conservare potere e controllo su specifiche situazioni; l’inveterata abitudine, assurta addirittura a caratteristica antropologica, a considerarsi parte della struttura del potere, costretta a interloquire senza entusiasmo non con cittadini, ma con sudditi; e soprattutto la storica appartenenza, culturale e socio economica, alla classe piccolo borghese: quella che coltiva il guicciardiniano “particulare” prima di ogni altro valore, e più di questo. Mediamente il burocrate appare come persona meschina, incurante dell’interesse pubblico e dei suoi stessi doveri d’ufficio se non coincidono con i propri personali interessi, o quanto meno MANDARE A CASA I DIPENDENTI ad affermare un incondizionato potere sui terzi; non certo come STATALI? QUESTO È ESAGERATO. il solerte servitore dello Stato e però BISOGNEREBBE INTRODURRE del pubblico dovrebbe. Tutti a DEI REQUISITI PER ENTRARE casa? Forse sarebbe esagerato, E RIMANERE NEL PUBBLICO, come ma introdurre tra i requisiti per IL MERITO E L’ATTEGGIAMENTO diventare e rimanere dipendenti pubblici almeno un po’ di meNEI CONFRONTI DEI CITTADINI rito e un’analisi degli atteggiamenti verso i cittadini non sarebbe sbagliato. E soprattutto non sarebbe sbagliato abbattere lo sciagurato sistema delle inamovibilità, che consente il formarsi di concrezioni di potere solide al punto da vanificare la conduzione politica dell’amministrazione. Ma per rendere effettiva e utile questa importante innovazione occorre che si verifichino due presupposti: che i vertici dell’amministrazione, cioè la parte politica, siano in grado di definire una efficace programmazione, e che siano in grado di svolgere il necessario controllo sulla validità, la coerenza e l’efficacia dei risultati conseguiti nella gestione, dall’esito del quale dovrà dipendere il trattamento futuro e la stessa permanenza nell’amministrazione del funzionario. In soldoni, che ci siano politici più preparati e che la valutazione sia oggettiva, stringente e tempestiva; e soprattutto che venga realmente effettuata. [email protected] HUMUS IN FABULA BIOPARCO Un nuovo ospite allo Zoom di Torino Il bioparco Zoom di Torino sta per aprire i suoi habitat a un nuovo ospite: il rinoceronte bianco. L’animale appartiene ai programmi European Endangered Species Programe (Eep) in quanto specie ad alto rischio di estinzione. I numeri parlano chiaro: in soli 3 anni (20102013) i tassi di abbattimento da 54 | 19 marzo 2014 | | parte dei bracconieri sono passati da 30 a circa 700 esemplari l’anno. Di questo passo si è calcolato che in soli 28 anni spariranno tutti i 20 mila esemplari che oggi vivono in stato di libertà. La richiesta sul mercato nero del corno di rinoceronte è altissima a causa della credenza nella sua capacità curativa, dalla febbre all’epilessia e addirittura il cancro. Non solo, alla polvere di corno vengono riconosciuti potentissimi poteri afrodisiaci. Il valore del corno è altissimo: 75 mila dollari al chilogrammo. Se si pensa che un singolo pezzo può arrivare a pesare anche Lei, di Spike Jonze Melodramma da Oscar 2014 In un futuro prossimo un uomo solitario vive una storia d’amore con un sistema operativo. Melodramma splendido e struggente scritto e diret- to da quel talento di Spike Jonze. La storia è risaputa, ma il cast (anzi l’attore, praticamente l’unico in campo, Joaquin Phoenix), l’ambientazione sospesa tra passato e futuro e soprattutto la sceneggiatura, premiata con un Oscar, fanno la differenza. In un mondo in cui tutti ma proprio tutti vivono e parlano con una specie HOME VIDEO Moebius, di Kim Ki-duk Film Fuori Concorso Per vendicarsi dei tradimenti del marito, una donna evira il figlio. Film da pazzi, fuori di testa. Una donna se la prende perché il marito la cornifica. Prova a evirarlo ma non riesce. Allora taglia gli attributi al figlio, poveraccio. Poi scappa. Il padre si fa prendere dai rimorsi, se lo fa asportare per donarlo al figlio. Ma al figlio non funziona più. Fino al ritorno della mamma. Tutto muto, no dialoghi, solo urla. Era Fuori Concorso all’ultimo Festival di Venezia. 6 chilogrammi, significa che il bracconiere in sole 48 ore (cioè il tempo calcolato per uccidere l’animale e immettere sul mercato la polvere del suo corno) può arrivare a guadagnare fino a 450 mila dollari. Rigenerazione donna Il materiale di riciclo diventa arte Nello studio d’arte “via Tommaseo 32” di La Spezia, sabato 8 marzo è stata inaugurata la collettiva “Rigenerazione Donna” con opere realizzate con materia- le di riciclo da diverse artiste che interpretano il complesso mondo femminile utilizzando frammenti di oggetti appartenuti ad altri, scarti ormai avviati a un destino di degradazione e di oblio, che magicamente vengono a rivivere una seconda vita mostrando tracce, memorie e significati che ancora possono suscitare emozione. È un riciclo insieme reale e metaforico che, insinuando dubbi e riflessioni sul modo di vivere nella società d’oggi, afferma con un linguaggio umile, ma forte e chiaro, la necessità di un’inversione di rotta nel rapporto uomo-ambiente. ATTENZIONE O ALTRO? di Iphone, Theodore svolge l’unico lavoro che forse ha ancora un senso. Scrive lettere d’amore per sconosciuti, o meglio le detta al computer. Lui, che se ne sta sempre immusonito e solitario, in crisi dopo la rottura con la fidanzata. Lui, così chiuso con se stesso, solo davanti a una macchina riesce a trovare le parole che non è mai riuscito a dire. La svolta avverrà quando con un nuovo sistema operativo, innovativo e consapevole e, soprattutto, donna, Theodore comincerà pian piano a entrare in un rapporto che lo porterà alla vita vera. visti da Simone Fortunato SPORTELLO INPS In collaborazione con DOMANDA & RISPOSTA Tutto quello che bisogna sapere Requisiti per la pensione Buongiorno redazione, sono un militare e ho maturato il diritto per la pensione di anzianità (41 anni e 5 mesi). Quando mi verrà corrisposto il Tfr? Oronzo N. Gentile signor Oronzo, nel caso i quaranta anni di contribuzio- invia il tuo quesito a [email protected] Leggere una storia ai piccoli Il regista Spike Jonze MAMMA OCA di Annalena Valenti È ancora possibile leggere, raccontare storie che durino più di 10 nanosecondi a bambini? È un problema di attenzione quello dei bambini di oggi, distratti da immagini sempre più veloci e dal ritmo incalzante delle richieste, per cui non c’è o non lasciamo loro lo spazio per uno stop d’ascolto, o c’è altro? Alcune esperienze recenti mi offrono l’occasione per fare una semplice osservazione. Per la prima volta ho letto un libro ai bambini “grandi” di un asilo nido. La paura di un eventuale caos di rotolamenti e pianti è stata sbalzata da quindici minuti di attenzione tale che l’espressione “pendere dalle mie labbra” l’avrei potuta coniare proprio in quel momento, per quei bambini di 2 anni. Ma cosa cercavano gli occhi di quei bambini in una storia raccontata? E il Gio quando non vuol leggere le ultime pagine di un libro, «per non finire l’avventura», cosa cerca? E quei bambini che a 8 o 9 anni smettono di leggere perché nei libri trovano, al più, modi d’uso per sapere come si vive? Abilità nel raccontare una storia, inserimento di giochi, profumi, gadgets e ritagli che impreziosiscono: basta questo a creare lettori? Un bimbo di 2 anni in una storia cerca quel che cerchiamo noi, e continuerà a leggere a 8 e 9 anni se avrà trovato, almeno qualche volta, anche solo in poche pagine, la risposta che fa per lui al mistero della vita. Che in una bella storia c’è sempre e continua ad agire, ad accadere, anche a libro chiuso. mammaoca.wordpress.com ne non siano stati maturati entro il 31 dicembre del 2011, il Tfs (trattamento di fine servizio, ndr) non potrà essere corrisposto prima di 24 mesi dalla data di risoluzione del rapporto di lavoro. Solo nell’ipotesi in cui lei abbia raggiunto entro il 31 dicembre 2011 l’aliquota massima della retribuzione pensionabile con i 53 anni e 3 mesi di età (da compiere prima del 31 dicembre 2015 e, in ogni caso, prima della cessazione del rapporto di lavoro) il termine potrebbe essere di sei mesi. Ho svolto il servizio militare (di- ciotto mesi) e poi alcuni periodi di lavoro presso diverse aziende private. Dopodiché sono stato assunto in forma stabile presso un piccolo comune del territorio lombardo. Tutti questi periodi li ho ricongiunti da qualche tempo, ma non sono sicuro che rientrino nel calcolo per raggiungere i 18 anni alla data del 31 dicembre del 1995 per il calcolo retributivo. Giuseppe R. Gentile signor Giuseppe, per determinare l’anzianità al dicembre del 1995 si tiene conto di tutta la contribuzione accre- ditata o derivante sia da periodi di effettivo lavoro, sia da periodi di ricongiunzioni o riscatti vari. Sono una dipendente pubblica dal dicembre del 1976, a gennaio del 2014 ho raggiunto i 37 anni di contributi e i 58 anni di età. Quando avrò diritto ad accedere alla pensione anticipata? Elena L. Gentile signora Elena, raggiungerà i requisiti per la pensione anticipata il primo dicembre del 2018 con 41 anni e dieci mesi di contribuzione. | | 19 marzo 2014 | 55 Tempi Leggi il settimanale sul tuo tablet AT&T Aggiorna Beppe Grillo e Casaleggio? Meluzzi: «Il M5S è una setta messianica e millenarista» di Francesco Amicone Tempi.it Il quotidiano online di Tempi Tempi Mobile di Luigi Amicone Le notizie di Tempi.it sul tuo smartphone Bergomi e Spagna ’82: «La forza era il gruppo. Come nella Nazionale di quest’anno» di Luigi Amicone di Luigi Amicone Nazionale di quest’anno» era il gruppo. Come nella Bergomi e Spagna ’82: «La forza di Luigi Amicone per la famiglia» le magnifiche giornate milanesi Papa: «Come ho vissuto di Carlo Candiani Seguici su «Una follia anche economica» Bologna, referundum anti-paritarie. di Antonio Simone del nuovo compagno di cella Simone: Il segreto (rivoluzionario) TUTTI GLI ARTICOLI di Oscar Giannino di religione spread, ormai è una guerra Giannino: Altro che debiti e PER PIACERE DA GIULIA, MILANO Eccovi i crudi di pesce. Altro che minimalismo fighetto IN BOCCA ALL’ESPERTO AMICI MIEI LIBRI/1 Giovanni Paolo II raccontato da amici e collaboratori A un anno dalla rinuncia al suo pontificato, il papa emerito Benedetto XVI ha rotto il suo silenzio. E lo ha fatto accettando l’intervista proposta dal vaticanista polacco Wlodzimierz Redzioch, dopo aver ricevuto le bozze del libro Accanto a Giovanni Paolo II. Gli amici e i collaboratori raccontano. Il volume esce per le Edizioni Ares di Milano (256 pagine, 15,90 euro) e riunisce 22 contributi forniti da altrettanti amici e/o stretti collaboratori di papa Wojtyla nell’occasione della sua canonizzazione fissata da papa Francesco nel giorno della festa della Divina Misericordia, il 27 aprile prossimo. «Il mio ricordo di Giovanni Paolo II è colmo di gratitudine. Non potevo e non dovevo provare a imitarlo, ma ho cercato di portare avanti la sua eredità e il suo compito meglio che ho potuto. E perciò sono certo che ancora oggi la sua bontà mi accompagna e la sua benedizione mi protegge», ha detto Benedetto XVI. La vita, il pensiero, il programma e i sogni di Karol Wojtyla affiorano pagina dopo pagina, attraverso i ricordi partecipati, e spesso commossi, del vissuto quotidiano accanto al Pontefice. Il risultato è un ritratto a più mani, quanto mai vivo, variopinto e particolareggiato, assolutamente fedele e completo di Karol Wojtyla, l’uomo, il Papa, il Santo. Oltre all’intervento di sua santità Benedetto XVI, sono presenti quelli di Amato, Bertone, Biocca, Buzzonetti, Deskur, Dziwisz, Echevarría, Grygiel, Kabongo, Mari Mokrzycki, Mora Díaz, Nagy, Navarro Valls, Normand, Oder Póltawska, Ptasznik, Ruini, Sodano e Svidercoschi. L’au- di Tommaso Farina C he bello ritrovare a Milano un altro ristorante “massimalista”, contrapposto al minimalismo fighetto, supercilioso e dilagante che ormai attanaglia la città italiana purtroppo più esterofila e corriva nei confronti delle mode. Non ditelo neppure, alla famiglia Galantino: padre, madre e figlio, pugliesi di Bisceglie, ristoratori per vocazione. Al limitare della Chinatown, mandano avanti un locale, Da Giulia (questo il nome della signora Galantino), ch’è un antidoto ai sapori di massa. Cucina mediterranea, dicono di fare. E la fanno. Influssi siciliani ma specialmente pugliesi, come da carta d’identità. Il tutto, da delibarsi in un ambiente con tavoli grandi, sedie comode, foto artistiche alle pareti, luci soffuse, al punto che sembra di entrare in un altro mondo. La carta dei vini è quasi tutta composta da bianchi del Sud, selezionati con acume e originalità, tanto che perdoniamo la mancanza d’indicazione dell’annata. E ora, la cucina. All’inizio arriverà un assaggio di focaccetta fatta con la farina di “grano arso” pugliese, con una ricotta infornata di Castelvetrano. Poi, i piatti: qui si viene per la personale rielaborazione dei crudi di pesce, un classico per nulla modaiolo a Bari e dintorni. Ma gli antipasti cotti non demeritano: il polpo grigliato al pepe rosa è di rara spontaneità. Grandiosi e barocchi, di primo, i busiati (pasta fresca di tradizione sicula) di farina nera con pesto di pistacchio e bottarga di tonno alla siciliana; attirano i paccheri ripieni di pesce spada con vellutata di melanzane viola, e il risotto ai gamberi rossi al profumo di finocchietto selvatico. Di secondo, se siete in due, provate il gran fritto. Altrimenti, consolatevi con la stupenda, possente parmigianina di tonno con crema di zucchine e porri saltati, un piatto da provare assolutamente. Di dolce, il biancomangiare con crema di sottobosco, o la cassata infornata. Una cucina che non fa prigionieri. Spesa di circa 60 euro a cranio, per pesce di qualità suprema e tanta simpatia. Per informazioni Da Giulia www.ristorantedagiulia.it Piazza Gramsci, 3 – Milano Tel. 0236512177 Chiuso il lunedì tore, Wlodzimierz Redzioch, dal 1981 al 2012 ha lavorato presso L’Osservatore romano. LIBRI/2 Le parabole di Gesù raccontate ai bimbi Si chiama “Biba” la nuova collana di libri per l’infanzia della casa editrice Marcianum Press di Venezia. Una serie di album illustrati per far conoscere ai bambini dai 3 fino ai 6 anni le parabole di Gesù, con la speciale guida della simpatica pecorella Biba. Grafica accattivante e pulita, il primo album racconta la storia de Il figliol prodigo (16 pagine, 4,90 euro), arricchita da parole pronunciate da papa Francesco in varie occasioni. Disegni e giochi accompagnano i bambini, ma è presente anche l’intero testo della parabola. Un vero aiuto, simpatico ed educativo, per i genitori. LIBRI/3 Una lettura critica su papa Francesco È uscito lo stesso giorno della scomparsa di uno dei suoi au- tori, Mario Palmaro, che con Alessandro Gnocchi ha trasferito la ditta simbiotica Fruttero & Lucentini in ambito cattolico. E di questo cattolicesimo, attento alla tradizione, alle forme e alla nostalgia della liturgia in latino, si fa partecipe il terzo autore, Giuliano Ferrara, direttore del forse unico giornale al mondo che ama Francesco ma al tempo stesso lo discute con argomentazioni appassionate e controverse. Questo Papa piace troppo (Piemme, 220 pagine, 15,90 euro) raccoglie interventi in parte già pubblicati sul Foglio. Mentre Ferrara, da buon pigmaglione, ne espone le ragioni di battaglia teologico-culturale. «Senza questa parola di contraddizione, papa Francesco risulterebbe il beatissimo cocco di quel mondo che si vuole assolto nei peccati e nei vizietti mondani dalla sua strategia della carità». Formidabile bastian contrario rispetto all’onda di febbrile entusiasmo generata dal Papa che dice «buonasera» e telefona a chi gli scrive, il libro ha comunque il merito di suscitare una non superficiale attenzione al Pontefice conclamato di “rottura” e di “rivoluzione”. | | 19 marzo 2014 | 57 motorpedia WWW.RED-LIVE.IT A CURA DI DUE RUOTE IN MENO Yamaha X-Max 400 Abs Venduto in più di 100 mila unità dal lancio nel 2005, l’X-Max 250 è stato per anni l’anello di congiunzione tra la semplicità degli scooter di piccola cilindrata e il comfort di quelli di media cilindrata. Grazie al motore brillante, alla buona guidabilità e al vano sottosella capace di contenere due caschi integrali è diventato un successo che Yamaha vuole ripetere con il nuovo X-Max 400, che cresce di cilindrata, potenza e coppia, senza aumentare gli ingombri, che restano decisamente contenuti. Evoluzione del 250, punta su design, gusto di guida e capienza del vano sottosella. Sportivo e un po’ rigido di sospensioni, vanta un motore dall’erogazione [sc] molto regolare, anche se non entusiasma nello spunto. 58 | 19 marzo 2014 | | X-Max 400 è cresciuto di cilindrata, di potenza e di coppia senza aumentare gli ingombri potenza esuberante, affronta benissimo il traffico cittadino e i cordoli di una pista Seat Leon Cupra numeri da vera supercar I l momento di stanca del mercato non riesce a far perdere il sorriso a Seat, che nel 2013 è riuscita ad aumentare la propria quota di mercato puntando forte sulla nuova Leon. Proprio il neonato modello di segmento C ha dato una grande spinta al marchio di Martorell, crescendo del 113 per cento rispetto al 2012 e andando a conquistare nuovi clienti con modelli inediti come la Station Wagon ST. Ora è il momento della Cupra, che della famiglia Leon è la punta di diamante, grazie a numeri degni di una supercar. La Leon Cupra spazza via in un colpo solo ogni pregiudizio sulle berlinette molto spinte. Ha una potenza esuberante ma è in grado di affrontare con la stessa disinvoltura il traffico cittadino come i cordoli di una pista. La versatilità, soprattutto se la sceglierete con carrozzeria a 5 porte, è il suo punto di forza e la rende più appetibile di quanto si possa pensare. La Cupra è in grado, infatti, di svolgere tranquillamente il ruolo di unica auto di famiglia; nel traffico si muove docile, è dotata di sistema Stop & Start e con un minimo di attenzione può consumare solo 6 litri per 100 chilometri. L’altra faccia di questa Seat è quella La Cupra è in grado di svolgere il ruolo ipersportiva, che viene alla luce quandi unica auto do dalla consolle centrale si sceglie la di famiglia. con mappatura Cupra – ce ne sono 4 dispoattenzione consuma nibili: Comfort, Normal, Cupra e Persosolo 6 litri per 100 nal – che aumenta la cattiveria di rispokm. Poi si trasforma sta all’acceleratore, irrigidisce l’assetto in una vera sportiva (le sospensioni sono a regolazione eletche regala emozioni tronica) e cambia perfino voce al 2.0 litri TFSi, che in questa configurazione esprime tutta la sua cattiveria. 280 cavalli e una coppia di 35,7 kgm non solo spingono la Cupra a 250 km/h autolimitati, ma le consentono di sbrigare la pratica 0-100 km/h in soli 5,8 secondi (5,7 se si utilizza il cambio DSG), un tempo eccellente per una trazione anteriore, equivalente a quanto fatto registrare dalla Porsche Cayman. Con la differenza che la Seat ha un listino che parte, tutto compreso, da 32.200 euro per la versione tre porte con cambio manuale. Bella da guidare andando con calma, gratificante quando si sfonda il tappetino con l’acceleratore, la Seat Leon Cupra può contare su un telaio bilanciato, su un assetto decisamente centrato e “neutro” (non ci sono mai reazioni anomale) e su un differenziale autobloccante che consente di far convivere al meglio tutti quei cavalli e la trazione anteriore. Insomma, è una sportiva vera, capace di prestazioni notevoli e di regalare un piacere di guida degno di una supercar. Salvo tornare auto per la famiglia quando serve. Stefano Cordara | | 19 marzo 2014 | 59 POST APOCALYPTO IL DOLORE PSICHICO E SPIRITUALE Benedetta pazzia che mi hai fatto amare la sofferenza e la vita C aro padre Aldo, mi chiamo Roberto, ho 54 anni, sono medico, e faccio parte del movimento di Comunione e liberazione. Un’amica mi ha suggerito di scrivere a lei per raccontarle del mio problema che da anni mi sta rendendo la vita molto pesante e infelice. Che mi toglie la voglia di vivere. I momenti di serenità sono sempre più brevi e i periodi di ansia sempre più lunghi. Ho una bella famiglia di cinque figli, tre maschi e due femmine. Anche questo mi crea preoccupazione, perché vorrei seguirli più da vicino, con più affetto, mentre specialmente nei week-end dove l’ansia mi attanaglia di più, mi rifugio nel mio piccolo angolo, normalmente il letto, sto con gli occhi chiusi e non voglio vedere nessuno. Al lavoro faccio fatica, anche se verso il martedì riesco a rasserenarmi e a lavorare meglio. Prego Gesù che mi faccia sentire la sua presenza, che mi aiuti nella sua grande misericordia, che mi dia quella forza che ha lei, padre Aldo. L’ho ascoltata diverse volte e mi ha sempre commosso; mi sono chiesto come fa a essere sorretto da Dio nella sua situazione di ansia. Ho da poco iniziato un nuovo percorso di psicoterapia con una brava psicologa e quando esco dal suo studio mi sento un altro, mi sento bene, pieno d’energia e fiducioso. Spero, con l’aiuto di Dio, di venire fuori da questa situazione, ma la strada è ancora lunga e faticosa e non ho la certezza della guarigione. Come può lei aiutarmi? Un caro saluto. Roberto G razie per la tua lettera che mi permette, ancora una volta, di ritornare sul tema che dà tanto fastidio a tutti: il dolore, in particolare il dolore psichico e quello spirituale. Una ragazza mi ha scritto: «È bello vedere come il Signore la protegge e l’accompagna. Spero di non offenderla chiedendole di non includere più il mio indirizzo tra i mittenti delle sue email. La sua opera è preziosissima ma sono una ragazza molto sensibile e faccio fatica a leggeLA TORTURA DELL’ANSIA È re le notizie sui malati senza diventare triste». TERRIBILE, HO SOFFERTO Comprendo perfettamente questa ragazza, perché nei lunghi anni del mio esaurimento MOLTO, TUTTO IL MONDO certi libri, compresi quelli di don Luigi GiussaMI SEMBRAVA OSTILE. ni, non riuscivo a leggerli: ogni frase mi colpiva ma allo stesso tempo mi ossessionava perMA HO IMPARATO A ché continuavo a ripetermi che io non vivevo RINGRAZIARE DIO PER IL affatto nel modo descritto in quei libri, non ne ero capace. Un’ossessione che mi faceva stare DOLORE CHE MI HA DATO. malissimo. Mi confortavano solo quei testi in SOLO COSì NON SONO cui si parlava dell’umano nella sua interezza. Caro dottore, comprendo quanto mi scrive DIVENTATO UN BORGHESE perché sono passato anche io per quel calvaCOME TANTI AMICI, rio. Ho avuto anche la tentazione di togliermi la vita. E se non fosse stato per quell’abGENTE NATA STANCA 60 | 19 marzo 2014 | | Alcuni bambini di padre Aldo nella clinica della Fondazione braccio di don Giussani, certamente non sarei qui a risponderle. Ho odiato la vita, ho rifiutato mio padre e mia madre colpevoli di avermela data. Non solo loro, ma il mondo intero mi era ostile. Almeno fino all’incontro con don Giussani. Ricordo che una persona del gruppo adulto mi tormentava in continuazione chiedendomi: «Ma tu a chi appartieni?». Sperava che io rispondessi: «Alla fraternità San Carlo». Ma non potevo, non riuscivo a risonderle perché io vivevo solo di quell’abbraccio di don Giussani e dell’amore di quella donna per cui ero impazzito. Quanta paura dei matti La tortura dell’ansia è terribile. Ricordo che un giorno don Pino aveva parlato a don Massimo del mio rapporto con quella persona. Don Massimo mi chiamò per telefono. Ero a Faller da mia madre e lui voleva che lo raggiungessi a Roma. Ho preso il treno ma dentro avevo un’agitazione che si trasformò in pianto quando seppi il motivo per cui mi aveva chiamato. Una specie di «Redde rationem villicationis tuae» (resa dei conti). Avrei altri mille esempi da raccontarti sulle mie ossessioni che rasentavano la pazzia. Ri- di Aldo Trento cordo che avevo il terrore di vedere un matto: mi spaventava l’idea di finire in un manicomio. Sarei stato disposto a tutto pur di non vedere questi malati perché il mio terrore era diventare come loro. E poi pensa che ironia: nella clinica ho incontrato e accolto anche i matti. Alzarsi la mattina e andare al lavoro – e per di più un lavoro delicato e difficile come quello di un medico – con l’ansia che ti brucia lo stomaco è una impresa che solo la fede permette. Amico mio, grazie a questo tormento, che nel mio caso è durato anni, ti scoprirai capace di un’umanità e di un amore che i tuoi colleghi borghesacci e cinici neppure si immaginano. Pensa cos’ha fatto il Signore in questo paese con un matto come me. E non bastasse la pazzia, ho sofferto l’abbandono e la solitudine, perché il dolore è sempre e solo personale. E adesso che per puro miracolo Dio mi ha tolto la pazzia, di cui vorrei tanto scrivere tutti i dettagli, mi ha regalato la spondilite anchilosante. Da Scilla sono caduto in Cariddi, come ci insegnavano un tempo a scuola. Quasi due decadi di tortura psichica e adesso la tortura fisica. Ma non è solo questo il dolore che vi- vo. Anche la mancanza di padre Paolino mi fa soffrire. Piangendo e fra mille dolori, ho gridato tutta la mia rabbia a Gesù: «Ma è colpa mia se sono nato biondo e non con la pelle da indio? È colpa mia se sono nato a Faller, se ho solo la quinta elementare per lo Stato italiano e di teologia ho imparato soffrendo ogni riga di don Giussani? È colpa mia se poi ho obbedito e sono venuto in Paraguay e qui il Signore ha fatto queste opere che io non volevo e che mi hanno creato tanti problemi?». Quanta gente triste e tirchia Non c’è giorno che non viva un dolore diverso dall’altro. Mi alzo alla mattina e devo chiedere a Dio e alla Madonna che mi aiutino a mettermi seduto sul letto per infilarmi i calzini e vestirmi. Non voglio vedere le email se prima una ragazza italiana non mi dice da chi arrivano, perché ho paura che mi facciano star male. Come è successo oggi, quando una persona della San Carlo mi ha scritto di avere più rispetto dei superiori. Mi sono permesso di rispondergli che un tempo i frizzi erano l’allegria di don Giussani e il segno della maturità di una compagnia. Caro Roberto, mi permetto di dirti queste cose perché dobbiamo imparare che possiamo ringraziare Dio della sofferenza. Solo così non diventeremo borghesi come la maggior parte degli amici che abbiamo, i nati stanchi, che sono tristi anche se pieni di soldi e per questo addirittura tirchi. Mentre termino questa lettera ho qui davanti un ragazzo indio che mi sta chiedendo un paio di mutande perché ha solo i pantaloni. È uno dei quattro ragazzi indigeni venuti dal Chaco che vivono con me. Non avevano mai visto una macchina prima di arrivare qui. Vanno a scuola ed è una gioia sapere che nella prima superiore ho 20 ragazze delle favelas e 15 indios di diverse tribù, felici perché si sono sentiti accolti come don Giussani aveva accolto me. Questa sì che è una vera comunità religiosa plurilingue che mi permette di amare con tanta tenerezza il mio Gesù e ringraziarlo per il suo amore. E poi la sorpresa di chi mi è amico: sono arrivati qui all’improvviso Marcos e Cleuza per festeggiare il compleanno di Cleuza. Tanto dolore ma tanto amore da parte della gente che rimane semplice benché abbia incarichi importanti. [email protected] | | 19 marzo 2014 | 61 LETTERE AL DIRETTORE Tra tante disgrazie Mario ci ricorda che siamo servi inutili D a un’intervista di Mario Palmaro al Foglio: «Il dolore più grande che provo è l’idea di dover lasciare questo mondo che mi piace così tanto, che è così bello anche se così tragico; dover lasciare tanti amici, i parenti; ma soprattutto di dover lasciare mia moglie e i miei figli che sono ancora in tenera età... mi fa capire che sono, e sono stato, un servo inutile, e che tutti i libri che ho scritto, le conferenze, gli articoli, non sono che paglia. Ma spero nella misericordia del Signore, e nel fatto che altri raccoglieranno parte delle mie aspirazioni e delle mie battaglie, per continuare l’antico duello». Benedetta Frigerio Riascolteremo Mario nel libro che ha scritto con Gnocchi&Ferrara. 2 Leggo sull’Unione Sarda di oggi (6 marzo 2014), nella cronaca di Oristano, che il consigliere Mariangela Massenti, in seguito alla constatazione che nessuna coppia si è iscritta al registro delle unioni civili di cui è stata la solerte promotrice, lamenta l’insufficiente pubblicità istituzionale riguardo all’esistenza di tale registro e il mancato adeguamento dei regolamenti di ludoteche, asili nido eccetera. Non la sfiora neanche il pensiero, nella sua foga ideologica, che di questo strumento la popolazione di Oristano non avesse concretamente alcun bisogno. Maria Paola Meloni via internet Prendiamola dal verso giusto: l’oristanese ha sale in zucca e il consi- gliere si scorda di essere rieletta. 2 In questi tempi di politically correct, espresso spesso anche da diversamente amici, ti chiedo questo piccolo spazio per rendere pubblico il mio dolore per la vicenda di Antonio Simone e di tutte le persone coinvolte in questa disgrazia dove i giudici dalle mani pulite e dall’anima imbrattata (come li definiva un caro sacerdote qualche anno fa nell’anteprima di un libro molto letto anche dai diversamente amici) hanno per l’ennesima volta calpestato la giustizia e fatto strame della legalità. Se qualcuno sta pensando di fare qualcosa conti pure su di me. Roberto Lorenzo Rossi via internet Simone ringrazia, ci pensa, si svaga. 2 Dalla cosiddetta “Primavera araba” di Fred Perri COLLEGHI, DATEVI UNA CALMATA L ungi da me l’idea di giustificare quello che si sente negli stadi. A me danno fastidio anche i reiterati insulti, il fatto che la percentuale di contumelie nei confronti degli avversari e dei parenti prossimi di costoro (soprattutto mogli, madri e fidanzate) sia all’80 per cento, contro il 20 di sostegno alla propria squadra, figuriamoci se non mi fanno schifo i cori 62 | 19 marzo 2014 | | su Superga, sull’Heysel, sugli ebrei e tutto il resto del campionario delle nefandezze da stadio. Qualche anno fa venni anche bacchettato da un giornalista/opinionista che, dopo un articolo da me scritto su questo tema (ahimé, non cambia nulla), sostenne che lo stadio di calcio è il moderno Colosseo e quindi bisogna che la plebe dia libero sfogo alla sua Foto: Ansa Dalle curve escono molte coglionate dobbiamo star lì ad annotarle tutte? [email protected] alla crisi attuale in Ucraina, alle altre crisi regionali, si conferma l’inadeguatezza (sperando senza dolo) della ministra degli esteri europea “lady” Ashton. Non sarebbe il caso di mettere sul tavolo la richiesta di dimissioni? Carlo Candiani Penso che dopo le prossime europee parecchie lady Ashton dovranno darsi alla numismatica. 2 Come si è sentito alla notizia dell’indennizzo di circa 130 mila euro a un giudice, sancito dal tribunale amministrativo, per caduta da una sedia carente? Io malissimo, anche perché un altro giudice ha stabilito in 1.700 euro la somma da versare a mia moglie da parte dell’azienda ospedaliera presso la quale lavorava quale indennizzo per avere contratto in servizio una duplice embolia polmonare e per la quale è stata pensionata perché “permanente inabile al servizio”. Dimenticavo: l’importo, largamente inferiore all’onere da noi sostenuto per avere ragione, non è stato ancora liquidato. Mi dirà anche lei che “è l’Italia, bellezza”? Antonio Ascione Torre del Greco (Na) No, è che l’ermellino costa un botto. 2 Con tutti i gravi problemi odierni le nostre deputate insorgono per la mancata introduzione delle “quote rosa”. Vero, loro sono le “migliori”. Mauro Mazzoldi via internet Non facciamo i misogini e distin- A LEZIONE DI MATRIMONIO DA COSTANZA MIRIANO «L’amore è molto più a forma di croce che non di cuore» CARTOLINA DAL PARADISO di Pippo Corigliano S ul Foglio del 6 marzo Costanza Miriano scrive un articolo sul tema della famiglia, oggetto del prossimo Sinodo dei vescovi. Riporto alcuni passi: «Il paradosso dell’amore è che due infiniti bisogni di essere amati si incontrano con due limitate capacità di amare. Sono domande che solo a partire dal ’900 sono diventate di massa in Occidente, dove si è affermata la visione romantica dell’amore, quell’amore ideale ed emotivo che non resiste all’impatto con il reale, e che vive solo… nell’attesa mai compiuta del congiungimento (che è esattamente il motivo per cui i film finiscono al bacio finale, tendina, the end, disperazione della spettatrice che non sa mai come vivranno insieme lui e lei, se saranno felici, quanti figli avranno, mai, in nessuno dei film caposaldo dell’educazione sentimentale delle fanciulle: Cenerentola, Harry ti presento Sally, Cime tempestose, Pretty Woman e via baciando)». «A me interessa che la Chiesa m’insegni che il cuore va educato, e che mi ricordi che l’uomo da solo non è buono, non è capace di amare, che solo Dio con la sua tenerezza infinita per l’uomo può dire per sempre, che ci si sposa in tre, io, lui e Dio, e che la fedeltà è una lotta, è non smettere di lavorare sul matrimonio, è ricondurre ogni sera lo sguardo, a volte è anche come mordere un sasso…». E conclude: «L’amore è molto più a forma di croce che non di cuore. Di questo annuncio il mondo ha un bisogno disperato». In sintesi: soltanto se si è di Cristo si capisce il matrimonio cristiano. guiamo, per favore, la beghina Prestigiacomo dal leone Santanchè. 2 Riguardo alle “attenzioni” di Report su Verona, faccio solo presente che esiste almeno un precedente. Ricordate Luis Marsiglia? Durante non ricordo quale campagna elettorale, costui venne ritrovato, a Verona, in non buone condizioni, disse di essere stato malmenato e mostrò messaggi di mi- naccia. Michele Santoro dedicò almeno una vibrante puntata alla città luccicante ove crescono il disagio sociale e l’insensibilità. Ebbene, dopo le elezioni Marsiglia confessò di essersi inventato tutto e aver fatto tutto da solo. Credo che la città di Verona attenda ancora le scuse di Santoro. Marco Beghi via internet Credo che l’Italia attenda ancora che Santoro&Co siano pensionati. Foto: Ansa SPORT ÜBER ALLES voglia di sangue. Purtroppo non ero d’accordo allora e non lo sono adesso. Il Colosseo mi piace nel Gladiatore, non nella realtà. Però, compagni e amici, bisogna che ci diamo una calmata, non è che si può stare lì a prendere nota di tutte le cazzate sparate in uno stadio. Uno stadio di calcio è un po’ come la “rete”. Dicono che abbia soppiantato i media tradizionali, ma in realtà, senza giornali e tv a fare da grancassa, tutto quello che accade in “rete” non lo saprebbe nessuno, a parte quei coglioni eternamente connessi. Con gli stadi è lo stesso. Bisognerebbe far scendere un velo (pietoso) su quello che si sente. Ignorare i cretini è una grande scelta di vita. | | 19 marzo 2014 | 63 taz&bao Troppo liberi «Mentre la signora Obama promuoveva assiduamente nuovi salutari menu scolastici disposti dal Congresso e dai regolatori, quegli stessi menu si sono rivelati un flop. Pezzetti di carne, pasta granulosa… Come l’ha messa giù eufemisticamente un rapporto governativo a luglio, le scuole hanno “affrontato varie sfide legate all’accettazione di alcuni degli alimenti da parte degli studenti”. (…) Adesso sull’American Journal of Public Health un gruppo di medici canadesi sposa l’idea di tassare il junk-food sulla base del fatto che “i costi dell’obesità derivante dalle cattive scelte nutrizionali individuali sono sopportati dalla società intera in termini di tasse, di produttività dissipata e di un sistema sanitario sovraccaricato”. Certo, si potrebbe dire lo stesso di quasi qualunque tipo di cattiva scelta, ma gli americani paiono non darsene pensiero. Nel 2000 un giudice del New Mexico ordinò che Anamarie Martinez-Regino fosse tolta ai genitori a causa del suo peso. L’ordinanza generò scandalo e rigetto tra gli americani. Ma la cultura politica è cambiata. L’ex sindaco di New York Michael Bloomberg e altri politici sono addirittura riusciti a farsi rieleggere battendosi contro i grassi trans e cercando di vietare le bevande gassate. L’obiettivo è far sentire le persone più belle e più sane concedendo loro minore autonomia. “Non si è mai troppo ricchi né troppo secchi”, dicono a Hollywood. Ma si può essere troppo grassi e anche, a quanto pare, troppo liberi». Christopher Caldwell Financial Times, 7 marzo 2014 64 | 19 marzo 2014 | | Foto: Official White House Photo by Pete Souza MISCHIA ORDINATA CREATIVITà OLTRE LE INADEGUATEZZE La maestria di Annette orafa senza dita di Annalisa Teggi «Similemente operando a l’artista/ ch’a l’abito de l’arte ha man che trema» (Paradiso, canto XIII) B ellezza. Non se n’è mai sentito parlare così tanto. Qualcuno si è addirittura chiesto se anche Peppa Pig ha rilasciato una dichiarazione ufficiale sul film di Sorrentino. Tutti ne parlano, e più che fare una recensione della pellicola, tutti hanno voglia di dire la loro sulla bellezza. Ed è giusto, anzi naturale, perché connaturato. Lo scroscio impetuoso di tutta questa frenesia per la bellezza, mi ricorda la vecchia storia contenuta in quel vetusto rac- in teoria ci sarebbero sempre mille validi motivi conto che è la Genesi: il Creato- per defilarci dalle grandi imprese. Invece, anche re si mise all’opera e di ogni co- il semplice lavoratore è un operaio qualificato sa che creò disse che era buona. Semplificando, in modo brutale: Dio fa una tro non possa succedere niente di brutto. Facosa, la guarda e dice che gli piace. E pare che re gioielli è un’arte che richiede grande maequesta buona abitudine ce l’abbia attaccata, stria; è forgiare, limare, scolpire la preziosità considerando il successo planetario di quella già contenuta nella materia grezza fino a dartrovata chiamata Facebook: pubblichiamo in le la forma di creazioni minute, incantevoli bacheca le cose fatte (e osserviamo quelle de- e perfette. Annette fa tutto questo e lo fa senza dita, a causa di una malformazione congli altri) e poi clicchiamo “mi piace”. Dopo milioni di anni di evoluzione, l’uo- genita. Quando racconta del suo mestiere ne mo è ancora quello che Dio volle somigliante parla con spontanea cordialità e senza rama sé. Non è solo un esecutore che fa e non è so- maricarsi della sua malformazione; dice che lo uno spettatore che commenta. È un addet- quelle mani senza dita sono le uniche specie to ai lavori ingaggiato in un progetto gran- di mani che ha conosciuto fin dalla nascita, dioso, quell’opera d’arte bella e buona che è le uniche con cui ha imparato quel mestiere il mondo, a cui collabora a cuore scoperto e che ama e che compie senza ricorrere a struinteressato. Eppure spesso le sue mani trema- menti diversi da quelli degli altri orafi. Ecco, in teoria ci sarebbero sempre milno. L’Italia è bella eppure Pompei cade a pezzi. Le grandi opere sono importanti eppure le validi motivi per defilarci dalle grandi e belle imprese (materie prime scarse, condinei cantieri ci sono più avvocati che operai. Dal bilancio degli «eppure» si esce fermi zioni sfavorevoli, errori ripetuti). Potremmo e sconsolati. Ma basta anche solo un esem- dichiararci assenti giustificati. Invece, alla pio umano di operosa creatività in carne e os- prova dei fatti anche il lavoratore inadeguasa per sbriciolare tutti gli «eppure» di questo to è un operaio qualificato. Al giovane poeta, mondo. Prendiamo il caso della signora An- preoccupato di trovare qualcosa che potesse nette Gabbedey, una talentuosa orafa ingle- ispirargli nobili versi (in cerca della grande se di 48 anni, specializzata nella creazione bellezza, insomma), Rilke rispose: «Se la sua di gioielli in diamante e opale. La vetrina del giornata le sembra povera, non la accusi; acsuo negozio non ha nulla da invidiare a quel- cusi se stesso, si dica che non è abbastanza le di Cartier e Tiffany, quei regni in cui la bel- poeta da evocarne le ricchezze; poiché per lezza luccica così tanto da dare l’impressione chi crea non esiste povertà, né vi sono luoghi – come diceva Audrey Hepburn – che lì den- indifferenti o miseri». 66 | 19 marzo 2014 | |
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