Scarica il PDF - Settimanale Tempi

Poste italiane spa - spedizione in a. p. D.L. 353/03 (conv. L. 46/04) art. 1 comma 1, NE/VR
settimanale diretto da luigi amicone
anno 20 | numero 11 | 19 marzo 2014 |  2,00
EDITORIALE
UN ANNO DI PONTIFICATO
Papa Francesco. Il fatto decisivo resta
l’incontro che diventa «felice amicizia»
A
un anno dalla rinuncia di Benedetto XVI e dalla elezione di papa Francesco, un punto incontrovertibile spiega l’abbraccio tra i due e la
decisione di Francesco di tenere presso di sé (come ha confessato lui
stesso al Corriere della Sera) il papa emerito. «Non mi stancherò di ripetere – dice Francesco nella Evangelii Gaudium – quelle parole di Benedetto
XVI che ci conducono al centro del Vangelo: “All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un
avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e, con
ciò, la direzione decisiva”. Solo grazie a quest’incontro – o reincontro – con
l’amore di Dio, che si tramuta in felice amicizia, siamo riscattati dalla nostra coscienza isolata e dall’autoreferenzialità». Questo è, dopo tutto, dopo
le mille e una “aperture” accreditate a Francesco dalla vena pubblicistica
mondiale che ha in personaggi come Hans Küng i suoi noiosissimi cantori,
il succo di un anno di pontificato.
Certo, la constatazione che c’è «un abisso tra dottrina sul matrimonio e
la famiglia e la vita reale di molti cristiani», di cui ha parlato introducendo
il Concistoro il cardinale Kasper, può
far prevedere che la Chiesa aderisca a COME CI DISSE DON GIUSSANI,
forme nuove di “misericordia”, quali IL SEGRETO DELLA PERMANENZA
la comunione ai divorziati risposati e DI UN AVVENIMENTO DI VITA
chissà, magari al bon ton della via me- QUALE È CRISTO NELLA STORIA
diana (Kasper: «Io propongo una via al È IN UNA UNITÀ TRA PERSONE
di là del rigorismo e del lassismo: è ovvio che la Chiesa non si può adattare soltanto allo “statu quo”, ma non di
meno dobbiamo trovare una via di mezzo che era la via della morale tradizionale della Chiesa»). Su questa via, c’è chi laicamente non concorda. Con
Giuliano Ferrara ci siamo abituati alla forza delle idee e non ci dispiace che,
nel vuoto devozionismo – o «nell’idealizzazione che è sempre un’aggressione» come ha ricordato Francesco prendendo distanza dai troppi suoi corifei
–, l’uomo libero domandi ragioni piuttosto che trasporti sentimentali. Però,
più decisivo di tutto, resta per noi quell’“inizio” e quella “vita” di cui parla
Benedetto e conferma Francesco.
Chiunque sia cristiano, lo sia diventato o vi sia ritornato, conosce per
esperienza cos’è un «incontro che dà alla vita un nuovo orizzonte». Qualcosa
che neanche immaginano gli stipendiati di un Cristo da vaticanisti e teologi del consenso. Che neanche sfiorano i discorsi di certi cattolici, metodologici e strutturati per mantenere le mani pulite e viaggiare col freno a mano
tirato. E infatti sono tutti individui solitari, parlano di un fede buona per le
ricerche di Proust, tanto moderna da rendere il cristianesimo indifferente a
noi moderni. È così che la pensiamo: come ci disse una volta don Giussani, il
segreto della permanenza di un avvenimento di vita quale è Cristo nella storia non è una dottrina né il suo adeguamento alle istanze del mondo. Bensì
è «appartenere a una realtà umana nella quale il significato ultimo della realtà è riconosciuto come presente in un fenomeno, vale a dire in una unità
tra persone». Perciò baciamo i piedi a quei padri e a quelle madri, a quei
maestri e a quegli insegnanti, a quei giovani e a quei figli, che professano Cristo in un fenomeno di vita, cioè in una unità tra persone.
FOGLIETTO
Razzi nel cielo.
Speriamo che Renzi non
sia solo fuochi d’artificio
(come temono perfino
i suoi sottosegretari)
U
n italiano di buon senso può
non condividere le idee del presidente del Consiglio, ma non
“gufa” quando sente enunciare propositi di maggiore efficienza della pubblica
amministrazione e di risultati che non
hanno colore; per esempio la messa in
sicurezza di tanti edifici scolastici, al cui
interno sono precari non solo i docenti,
bensì pure i muri. Lo stesso italiano
però apre il quotidiano e scopre che «i
numeri che leggete sull’intervento del
governo sull’edilizia scolastica sono
falsi. Tutti falsi». La prima sorpresa è
che queste parole non appartengono a
un feroce grillino, ma al sottosegretario
all’Istruzione Roberto Reggi, politicamente vicino a Renzi. La seconda è che
esse non sono state carpite in uno sfogo privato, sono state pronunciate in
pubblico lunedì 10 marzo in occasione
di un convegno del Pd. La terza è che il
periodo non è completo: «Nessuno sa
davvero quante e quali sono le scuole
su cui dobbiamo intervenire, né conosce i fondi disponibili. (…) Qui nessuno
sa niente. Renzi spara razzi nel cielo
quello è il suo talento, ma poi noi gli
arranchiamo dietro». Non riporto il seguito per brevità, ma è coerente con le
premesse. Per dire cosa? Che gli squilli
di tromba vanno bene quando si devono affrontare le primarie e i cambi di
governo; quando poi arriva il confronto
con la realtà devono cedere il passo ad
altro. Giusto il proposito di risultati ambiziosi, a condizione che si impieghino
i giorni, e talora le notti, a conoscere
i settori sui quali si vuole incidere, e a
reperire le risorse per riuscirvi. L’impresa non è impossibile, a condizione che
alle comparsate a Ballarò si affianchi
un lavoro paziente, umile, complicato,
che punti al risultato senza saltare
passaggi intermedi. I razzi in cielo sono
stati sparati, ora il governo è chiamato
a dimostrare che il programma non si
esaurisce nei fuochi d’artificio.
Alfredo Mantovano
|
| 19 marzo 2014 |
3
SOMMARIO
06 PRIMALINEA MODESTE PROPOSTE PER SALVARE POMPEI | FELTRI
NUMERO
anno 20 | numero 11 | 19 marzo 2014 |  2,00
Poste italiane spa - spedizione in a. p. d.l. 353/03 (conv. l. 46/04) art. 1 comma 1, ne/Vr
settimanale diretto da luigi amicone
11
L’unità tra l’uomo e la
donna è la pietra della
fecondità e dell’educazione
LA SETTIMANA
20 ESTERI KIEV, CHI SONO I CAPI DELLA RIVOLTA | CASADEI
14 INTERNI L’AMATO CHIAMPARINO
E I SUOI DEBITI | SCHIRLE
Foglietto
Alfredo Mantovano...........3
La lettera
Totò Cuffaro................................ 13
Chi è chi
Vincenzo Bugliani............. 18
Speciale difesa
Il nuovo F-35..............................24
Presa d’aria
Paolo Togni.....................................54
Mamma Oca
Annalena Valenti............... 55
Post Apocalypto
Aldo Trento.................................. 60
Sport über alles
Fred Perri........................................... 62
Cartolina dal Paradiso
Pippo Corigliano.................. 63
Mischia ordinata
Annalisa Teggi........................66
RUBRICHE
40 COPERTINA FAMIGLIA, PERSONE E CORPI | SCABINI
46 SOCIETÀ INTERVISTA A SEVERINO | AMICONE
L’Italia che lavora...............50
Stili di vita...........................................54
Per Piacere........................................ 57
Motorpedia........................................58
Lettere al direttore........... 62
Taz&Bao................................................64
Foto: Ansa, Ap/LaPresse, Ansa/Abaca, Getty Images, Olycom
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
settimanale di cronaca, giudizio,
libera circolazione di idee
Anno 20 – N. 11 dal 13 al 19 marzo 2014
DIRETTORE RESPONSABILE:
LUIGI AMICONE
REDAZIONE: Laura Borselli, Rodolfo Casadei
(inviato speciale), Caterina Giojelli,
Daniele Guarneri, Pietro Piccinini
PROGETTO GRAFICO:
Enrico Bagnoli, Francesco Camagna
UFFICIO GRAFICO:
Matteo Cattaneo (Art Director), Davide Viganò
FOTOLITO E STAMPA: Elcograf
Via Mondadori 15 – 37131 Verona
DISTRIBUZIONE a cura della Press Di Srl
SEDE REDAZIONE: Corso Sempione 4, Milano, tel.
02/31923727, fax 02/34538074, [email protected], www.tempi.it
EDITORE: Tempi Società Cooperativa, Corso Sempione 4, Milano
La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui
alla legge 7 agosto 1990, n. 250
CONCESSIONARIA PER LA PUBBLICITà:
Editoriale Tempi Duri Srl
tel. 02/3192371, fax 02/31923799
GESTIONE ABBONAMENTI:
Tempi, Corso Sempione 4 • 20154 Milano, dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 13
tel. 02/31923730, fax 02/34538074
[email protected]
Abbonamento annuale cartaceo + digitale 60 euro.
Abbonamento annuale digitale 42,99 euro. Per abbonarti: www.settimanale.tempi.it
GARANZIA DI RISERVATEZZA
PER GLI ABBONATI: L’Editore garantisce la massima
riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione scrivendo a: Tempi Società Cooperativa, Corso
Sempione, 4 20154 Milano. Le informazioni custodite
nell’archivio elettronico di Tempi Società Cooperativa
verranno utilizzate al solo scopo di inviare agli abbonati
la testata e gli allegati, anche pubblicitari, di interesse
pubblico (D.LEG. 196/2003 tutela dati personali).
Modeste proposte profane per trasformare questa cattedrale
dell’italica decadenza in un luogo dove divertirsi e imparare.
Magari senza costringere i turisti giapponesi a farla in un angolino
|
DI MATTIA FELTRI
Dieci ideuzze per salvare
Pompei
6
| 19 marzo 2014 |
| Foto: Ansa
PRIMA CHE CROLLI TUTTO
|
| 19 marzo 2014 |
7
8
| 19 marzo 2014 |
|
rono con la luna storta e se ne tornarono
a casa senza più cacciare un soldo: Epadesa è statale e soggetta a spoil system; e siccome si avvicinavano le elezioni presidenziali con la probabile vittoria di François
Hollande su Nicolas Sarkozy, per opportunità politica era il caso, si disse ufficialmente, di fermarsi un momento. In realtà
i francesi si erano dati alla fuga terrorizzati dalla demenziale burocrazia che sottopone Pompei a una decina di controlli incrociati da parte di enti statali e locali (comune, provincia, ministero, sovrintendenze, consigli superiori…) in conflitto fra loro oppure legati da rapporti di
ispirazione mafiosa (non per forza in senso criminale) studiati per la conservazione del piccolo potere.
I problemi di Pompei sono più o meno
noti e numerosi. Ci sono i crolli, naturalmente. Ci sono gli stucchi in rosso
pompeiano che si staccano irrecuperabili nell’indifferenza perché fa più rumore un muro di contenimento che viene
giù. C’è un’accoglienza sul sito di sacralità ottocentesca, per cui si deve girare una
città intera (la vecchia Pompei è 66 ettari) che è una successione di pietre senza bagni o punti di ristoro, se non un
bar Autogrill che, quello sì, è uno scempio per gli occhi. Non ci sono indicazioni né dentro né fuori, non ci sono strade
adeguate, non c’è assistenza per chi arriva coi bambini. C’è la criminalità organizzata che esercita il suo dominio. Questo
articolo, però, a parte una lunga e inevita-
Foto: Ansa
I
l caso di Pompei è la dimostrazione quotidiana che la crisi
economica in Italia se la infliggono gli italiani. Il sito archeologico più grande e forse più
struggente del mondo stacca
ogni anno circa due milioni di biglietti
per un incasso che arriva a venti milioni
di euro. Non servirebbero colpi di genio:
basterebbe un po’ di buona amministrazione per raddoppiare la cifra, minimo.
L’Unione Europea ha da poco stanziato
105 milioni di euro per i restauri e tre
anni fa il più grande consorzio francese
di multinazionali – Epadesa – offrì venti milioni l’anno a salire per dieci anni:
respinti. O meglio, le cronache raccontano che una mattina a Epadesa si sveglia-
PRIMA CHE CROLLI TUTTO PRIMALINEA
RESTAURI? LA FRANCESE EPADESA ARRIVÒ
A OFFRIRE 20 MILIONI L’ANNO PER 10 ANNI,
POI si DIEDE alla fuga TERRORIZZATA
dalla demenziale burocrazia che
sottopone Pompei a una decina di
controlli incrociati da parte di enti
statali e locali in conflitto fra loro
79 dopo Cristo, vino, bevande calde e fresche, oltre a panini e spuntini, carne cotta alla griglia, frutta. Erano i fast food
del tempo. Sarebbe sacrilego riadattarli a
beneficio dei turisti?
UN BOCCONE. Come accennato, a Pom-
pei c’è un punto di ristoro Autogrill, di
quelli che si trovano a Serravalle Scrivia
o a Sasso Marconi, e si mangiano il panino Fattoria o la focaccia Camogli. Fine. In
una città intera. Se ne dovrebbero aprire
di più, magari più in sintonia con il luogo, magari in grado di proporre pietanze o interi menu della cucina dell’antica Roma. Vorrebbe dire trascorrere una
giornata nel passato, anziché in un posto
del passato.
UNA GIORNATA. Una delle collane sto-
bile premessa, non vuole essere un articolo di lagna o di denuncia. Vuole essere un
elenco di dieci proposte per salvare Pompei, redatto senza la presunzione di volere essere ascoltati.
Foto: Ansa
UN’INFORMAZIONE. Pompei può essere
girata per ore senza capirci nulla. Non
ci sono pannelli esplicativi perché i pannelli esplicativi sono antiestetici e troppo popolari per le ambizioni sacerdotali della nostra polverosa cultura. Si arriva davanti a una domus, si vedono degli
affreschi e non si sa a chi appartenesse la
domus e che cosa significhino gli affreschi. Non si sa che qui c’era una scuola, là la villa di chi prestava soldi a usura, dietro l’angolo la lapide che ricorda
il duumviro, un po’ oltre c’è il fornaio,
su quel muro l’incisione di una promessa elettorale (se mi voti avrai il pane buono, testuale). Pompei è magica perché per
il 90 per cento è rimasta come era. Ci vorrebbe niente a trasformarla da necropoli nella fissità eterna a luogo cui si restituisce vita. Oggi ci sono le guide (bravissime, ma costose e non bastano per tutti) o le audioguide (scomode e sbrigative).
Entrare da soli a Pompei è come entrare
in un cinema a vedere un film di un solo
fotogramma.
UN RINFRESCO. Ogni qualche decina di
metri, alcune case hanno davanti dei banchi in pietra con due secchiai. Vi si vendevano, fino all’eruzione del Vesuvio del
riche di maggior successo degli ultimi
decenni appartiene alla Bur di Rizzoli, e
racconta la vita quotidiana nel Rinascimento o nella Grecia di Socrate o nella
Francia rivoluzionaria del 1789. La storia
non è soltanto delle guerre o dei re o delle conquiste tecnologiche, è anche delle
minuzie di ogni giorno. A che ora si svegliavano a Pompei? Come facevano toeletta? Che c’era per colazione? A che ora
si andava alle terme? C’erano spettacoli?
Come si vestivano? Quali regole di galateo seguivano? Le donne, quali compiti
avevano? Che mestieri erano diffusi? E gli
schiavi, in che condizioni erano tenuti?
Basterebbe comprare un bel libro recente, quello di Piero Angela per esempio.
Oppure si potrebbe pensare a dei figuranti in costume che riproducono (in orari e
zone particolari) brani di vita quotidia|
| 19 marzo 2014 |
9
PRIMALINEA PRIMA CHE CROLLI TUTTO
no gli asfalti pompeiani: sarebbe una norma di civiltà anche a Morlupo.
UNA LEZIONE. Fra i sommi sacerdoti della
UN FOCHERELLO. Gli scavi sono aperti, a
(l’ultima volta che il cronista c’è stato,
i due bagni dell’Autogrill, uno per donne e l’altro per uomini, erano guasti). Un
giovane giapponese, disperato nella lotta
fisiologica, ha ceduto all’italianitudine e
l’ha fatta in un angolo, fra la casa di un
Fabius Helveticus e quella di una Sestilia
Flacilla. Questo non è nemmeno un suggerimento, è un invito alla decenza.
onore di chi ci lavora, sette giorni alla settimana. Aprono alla mattina e chiudono
al tramonto, perché naturalmente non
c’è illuminazione. Pensate a quanto sarebbe suggestivo visitare Pompei rischiarata UN’INDICAZIONE. In un paese normale, UN MONDO. Come fare tutto questo
a torce nelle sere d’estate. Non è un’idea le indicazioni per Pompei arrederebbero nell’Italia di oggi, e precisamente nel Sud
così recente: Adolf Hitler, che più di Beni- l’intera rete autostradale. Da noi no: per Italia di oggi, e meglio ancora in una delto Mussolini è l’inventore delle aree a felice dominio di crila propaganda moderna, teneminalità organizzata? BisogneFra i sommi sacerdoti della cultura
va le sue adunate nelle piazze moderna ci sono gli archeologi. A Pompei rebbe – ma qui siamo all’utobuie accese dai fuochi, perché
lavorano dietro transenne per impedire pia – trasformare l’intero posto
sapeva che è quella la luce che
(con Ercolano, Oplontis, Stabia
la vista. Eppure IL LORO MESTIERE è fra
riscalda i cuori.
eccetera) in una zona franca a
i più seducenti: E rendERLO remunerativo controllo internazionale. Sottoporre le aree archeologiche
UN PARCHETTO. Visitare PomCON l’accesso guidato ai CANTIERI?
alla tutela dell’Onu e all’orgapei coi bambini è impossibile: si cammina per ore su un lastricato imbattersi nel cartello di Pompei, lungo la nizzazione di una fondazione mondiale
meraviglioso ma sconnesso cercando di A1, bisogna arrivare a Pompei. Anzi, nem- di mecenati.
carpire un brandello di storia. I piccoli si meno la A1, che finisce a Napoli, ma oltre,
Una Pompei del genere non sarebscocciano dopo duecento metri e quindi- visto che Pompei è fra Napoli e Salerno e
ci minuti. Certo, se avessero un parco gio- però non si deve prendere per Salerno ché be la Pompei come la conosciamo oggi.
chi dotato di casette prefabbricate con si finisce in capo al mondo. Un groviglio. Diventerebbe un luogo dove divertirsi e
l’animazione e il ristorante, li si parcheg- Fortuna che hanno inventato i navigatori. imparare anziché una cattedrale del racgerebbe lì, facendo felici sé e loro. Una Usciti a Pompei, ci sono parecchi cartelli coglimento attorno al tempo che passa (e
raccomandazione all’infanzia: non urlate di quelli marroni che conducono agli sca- all’incuria che lo accelera). Diventerebche si disturbano le anime millenarie del- vi, sebbene siano cartelli ordinari e minu- be, soprattutto, una macchina da soldi
scoli. Chiunque di voi, fosse il sindaco di esempio ad altri siti archeologici d’Itala città perduta.
della città, metterebbe segnali di cinque lia, e il sistema di conservare il clamometri quadrati, luminosi e fosforescenti. roso tesoro ereditato dai nostri avi. Per
UN GOCCINO. Tre bagni in una città intera. Uno all’ingresso, uno alla Villa dei Ma voi non fate il sindaco. Qui non voglia- cui – considerando anche l’incompetenMisteri, in cima alla collina a tre chilome- mo arrivare al punto di esortare a riempi- za scientifica di chi scrive – prendete quetri dal centro, e uno al famoso Autogrill re le buche – le voragini – che abbellisco- sto articolo e incartateci la merenda. n
10
| 19 marzo 2014 |
|
Foto: AP/LaPresse
na. Naturalmente se la cosa non dovesse dispiacere – per ragioni di protocollo
scientifico – al magnifico rettore associato dell’università del vasellame in coccio.
cultura moderna ci sono anche gli archeologi. A Pompei, come a Roma e nel resto
d’Italia, lavorano dietro transenne coperte da teli per impedire la vista a chi passa. Eppure il lavoro dell’archeologo è fra
i più seducenti che ci siano e lo si potrebbe rendere remunerativo consentendo
l’accesso guidato ai cantieri. Un cicerone
spiegherebbe che cosa si sta facendo, perché, con quali tecniche e materiali, come
si faceva in passato, quali studi servono,
e così via. L’ideuzza, girata a un archeologo, è stata archiviata così: non siamo
scimmiette in gabbia.
LA LETTERA
Caro direttore,
S
del tuo graditissimo e prezioso pensiero di spedirmi in carcere Tempi, che è per
me e per tanti altri compagni detenuti un
riferimento importante. (…)
Ogni vita, sia laica che religiosa, non
può fare a meno di tre convinzioni: credere, sperare e amare. Sono proprio queste
tre determinazioni che animano la mia vita di detenuto, protagonisti veri ed entusiasti della vita che scorre, con i suoi colori, immagini, storie, realtà, fantasie,
sogni, illusioni, aspettative, ansie, paure,
sofferenze e fiducie. Vita vissuta, vita che
vivo, vita che sarà ancora buona per ascoltare e capire e fare quando tornerò libero
tra la gente. Vita utilizzata per le parole
ascoltate e per quelle dette. Una vita ancora buona per sorridere, per cercare il futuro, per contribuire a costruire una realtà
insieme a tutti quelli che hanno voglia di
vivere, amare, credere e sperare.
Il carcere è un baratro profondo di miserie e di bisogni. Questo mio tempo del
carcere, che io mi sforzo e faccio di tutto
per pensare e rendere buono e utile, soprattutto per gli altri, non riesco a considerarlo sino in fondo un tempo donato. Resta in me la sensazione come di un tempo,
sì che offro, ma come di una offerta scelta
non per intera dalla mia volontà, ma pretesa dalla giustizia e impostami dallo Stato. Il dono e l’offerta che faccio sono sì positivi e sinceri, ma l’essere essi voluti non
totalmente e liberamente non mi soddisfa
del tutto. Allora aspetto di provare questa
mia capacita di dono e di offerta quando
sarò libero, per poterla fortificare ed essere completamente sicuro e consapevole e
soddisfatto della importanza di fare qualcosa per gli altri, e così attendo con ansia e
con pazienza di potermi dedicare a chi ha
più bisogno, conscio che così mi dedicherò
anche alla mia anima.
Purtroppo i giudici, non concedendomi l’affidamento ai servizi sociali credo
all’insaputa della Giustizia, hanno deciso che dovrò finire la mia pena in carcere,
non la condivido ma rispetto la sentenza;
ancora due anni di sofferenze e di privazioni, il Buon Dio mi aiuterà.
È un tempo di ulteriore prova, e la fede è balsamo e conforto, e per essa l’amore mi consegna, amato, all’affidamento
dell’abbraccio di Dio, questo “affidamento” i giudici non possono impedire, e la fede mi dà nell’amore dei miei la forza della
resistenza. La preghiera schiuderà il blindo della mia cella interiore, nella quale
crivo per ringraziarti
ALL’INSAPUTA DELLA GIUSTIZIA
Vivere in questa cella
luogo della mia
e di altre anime libere
|
DAL CARCERE DI REBIBBIA TOTÒ CUFFARO
potrò intrattenermi, sempre non impedito, cuore a cuore, in dialogo di intima amicizia con Lui, dal Quale so di essere amato
e accolto come figlio, e potrò in questa mia
resistenza non cedere il passo alla resa.
Concetti questi che ho preso da Tempi.
Immobili le cose, fermo il tempo
Ho finito di scrivere il mio secondo libro
in carcere, Le carezze della nenia, sarà nelle librerie a fine marzo, credevo fosse finita la mia esperienza di scrittore improvvisato, la mia forzata permanenza in carcere
mi darà la possibilità e il tempo di scrivere un altro libro. Scrivo, così, non potendo
in carcere rincorrere le cose, faccio sì che
mi sembri siano esse a corrermi incontro,
e ciò non è libertà, è la sola cosa possibile.
Invece nella cella ogni cosa è ferma, al pari della mia vita, immobili gli oggetti e fermo il tempo, e non so decidermi se considerare ciò un bene o un male. Sono fermo
anch’io e parafrasando Bertolt Brecht penso: «Sono seduto dalla parte del torto visto
che tutti gli altri posti sono occupati».
Rifletto sulla catena che mi ha avvinto in questi anni e che, così hanno deciso,
dovrà avvincere ancora la mia esistenza, e
mi interrogo, su quali mutamenti stia portando in me, e su come mi farà differente. Guardo indietro e nonostante siano stati anni lunghi e pesanti, mi sembra che il
tempo sia passato rapido. E mentre ogni
cosa, nella cella, resta ferma, non è così
nella mia vita, perché, vero è che dipendo
dal volere degli altri, e però, per vivere, devo metterci la mia volontà.
La vita è fatta di tante cose legate insieme, buone e brutte che siano, e tutte bisogna affrontarle quando si presentano, il
domani non si ferma. Ringrazio Dio per
le tante cose buone e belle che mi ha date, e quando sono un po’ più fido credente, lo ringrazio per le cose brutte, a cominciare da questa che vivo, perché in essa c’è
l’amore e vi dimora la speranza.
È passato ed è finito il mio tempo per
la “politica”, ma non quello per il lavoro e
per l’impegno di volontariato e di solidarietà nel sociale. La vita deve cercare il motivo del suo senso, richiederne il bisogno,
capirne il valore, saperne cogliere l’essenza, altrimenti è una non vita o quantomeno inutile.
Caro Luigi, in carcere ho imparato che
la vita va accettata così com’è e che la ricompensa che essa ci da è vivere, e poter
così continuare a credere, sperare ed amare. Ho capito vivendolo che il carcere non
è storie di corpi, ma è soprattutto storie di
anime. Se questo lo percepisse l’opinione
pubblica e lo capisse lo Stato e si comportassero di conseguenza, le condizioni delle
persone detenute certamente ne trarrebbero giovamento, si riuscirebbe a salvaguardare la dignità dell’uomo detenuto, ne
trarrebbero un beneficio le loro famiglie, e
vantaggio la società e le nostre istituzioni.
Purtroppo l’ultimo decreto falsamente chiamato “svuota carceri” e ora convertito in legge non va in questa direzione, e
avvertiamo che in questi ultimi giorni ci
sia dentro le carceri non una apertura ma
una stretta. Nonostante tutto siamo fiduciosi che il nostro paese saprà maturare
una nuova consapevolezza, e papa Francesco sta certamente portando un contributo straordinario di amore e di esempio.
Con amicizia, stima,
gratitudine, preghiera Totò
|
| 19 marzo 2014 |
13
INTERNI
|
CONTI IN ROSSO
DI RACHELE SCHIRLE
I buchi
dell’affidabile
Chiamparino
Con 3,5 miliardi di debito, Torino non ha nemmeno
i soldi per asfaltare le strade. Ecco quanto vale
l’eredità dell’ex “sindaco più amato dagli italiani”.
E ora che Cota è stato fatto fuori per via giudiziaria,
il Pd punta su di lui per conquistare il Piemonte
T
Il Piemonte si prepara alla grande bagarre primaverile che vedrà al voto
tanti comuni importanti come Nichelino, Chieri, Collegno, Biella, Alba, Bra, Fossano, Rivoli, Verbania e, ovviamente, la
Regione, con una ventata di revanscismo
ultrareligioso con peculiarità sorprendenti. Dalla santificazione delle feste, infatti,
si passa alla santificazione di chi ti ha fatto la festa: certo, dopo l’amara conclusione di una Giunta mai di successo, quella di Roberto Cota, il centrosinistra ringalluzzito dalle decisioni giudiziarie ha
pensato bene di puntare su un vincente
di professione, Sergio Chiamparino alias
“il (sindaco) più amato dagli italiani” che
nella sua cucina ha sfornato una ricetta
di sicuro successo. Un po’ di politica pane
e salame, quella della porta accanto, un
pizzico di rassicurante piemontesità, sale
e pepe (inteso come capigliatura brizzola-
14
u chiamale se vuoi… elezioni.
| 19 marzo 2014 |
|
ta, sinonimo d’esperienza) quanto basta,
il tutto accompagnato da un vinello sincero, distillato di franchezza.
Da una parte, dunque, quattro anni
vissuti sul filo di lana dell’incertezza post
ricorso sono finiti nel braciere sacrificale
della catarsi giudiziaria: quanto di buono costruito da Cota&Co rischia di perdersi nel desiderio d’epurazione dei piemontesi, sfiancati da anni in cui il dibattito politico si è perso i problemi veri della regione, per andare a discutere di questioni burocratiche – per carità significative, perché nella cosa pubblica la parola
“falso” non deve trovare appigli – ma che
certo non possono mascherare gli oggettivi risultati raggiunti, a cominciare dalla
riduzione del debito, per passare ai miracoli sulla Cultura, all’apertura dei consultori e delle sale parto alle associazioni
pro life, al bonus bebè, all’abbassamento
dei parametri per l’accesso alle politiche
Dal 2009 al 2012
i tagli al welfare
per la città di Torino
sono stati superiori
al 50 per cento – da 48
a 22 milioni di euro –,
contro il 3,6 per cento
della media nazionale
Foto: AP/LaPresse
di welfare, per finire con la gestione pressoché inattaccabile di innumerevoli crisi industriali, da Indesit a Fivit Colombotto. Gestione inattaccabile non solo per le
aziende, ma anche per i lavoratori.
L’importanza di emozionare
Ma la propaganda suona le sue grancasse,
mentre la verità spesso è relegata al ruolo di strumento di accompagnamento e la
sonata del Pd è uno spartito in cui il Piemonte ha bisogno di un uomo affidabile, amato, esperto, che va in giro in motorino e non ha paura di parlare piemontese, anche in una regione in cui metà della popolazione non riesce ad articolare
“duj puvrùn bagnà n’t l’oli”. Un’operazione che parla al cuore dei piemontesi,
a differenza di un passato in cui la Giunta, pur ottenendo risultati di valore, non è
riuscita ad emozionare. E se al cuore non
si comanda, poco importa se le cifre raccontano una storia differente, fatta di scelte a volte coraggiose, ma non sempre proficue per la città nei dieci anni in cui lo
stesso Chiamparino ha ricoperto la carica di sindaco, come dimostrato dalla storia. Una storia i cui fili, però, non si riescono ad annodare fino ad andare a formare
un quadro completo. Eppure gli elemen|
| 19 marzo 2014 |
15
INTERNI CONTI IN ROSSO
Dalla scuola al lavoro accessorio, dagli ca spiegazione è «i lavori sono programti ci sono, e sono anche incontrovertibili.
Capitolo debito: i dati del bilancio par- interventi sulla cultura alle misure di mati, saranno effettuati quando ci sarà
lano chiaro, per chi vuole leggerli. Una contrasto alla povertà grigia, dal fon- la disponibilità dei fondi». Campa cavalcittà che paga 500 milioni di euro all’an- do salvasfratti alla ristrutturazione dei lo. Buchi, anche, in un tessuto sociale che
no di rate e interessi su un bilancio di 1,3 monumenti storici fino all’housing socia- non regge più, in cui le periferie sono
miliardi è una città immobilizzata: non le, gli interventi della Compagnia di San sempre più lontane, in preda a difficolpuò spendere, non può investire, non può Paolo sul territorio torinese sono molte- tà sociali e strutturali, mentre il centro
garantire i servizi ai cittadini perché non plici ed essenziali in un momento in cui appare sempre più come una vetrina per
ha le risorse per farlo. Ma soprattutto è in il Comune è stato costretto a diminuire un turismo che comunque stenta a decolbalia di qualsiasi imprevisto, dall’aumen- drasticamente la dotazione dei capitoli lare. Le presenze sono appena al di sopra
to dei carburanti alle variazioni dei trasfe- di bilancio dedicati al settore socio assi- di quelle del 2006, anno olimpico che
rimenti dallo Stato. Praticamente non ha stenziale, pur confermandosi come una avrebbe dovuto segnare un punto di parmargini di manovra. La stessa città ha 3,5 delle città italiane in cui i servizi di wel- tenza, non di arrivo, altrimenti hai voglia
miliardi di debito: un rapporto tra debito fare sono più avanzati. Dal 2009 al 2012 i a riconvertire il tessuto produttivo della
e bilancio che per qualunque azienda in tagli al welfare per la città di Torino sono città e della provincia.
Italia avrebbe un significato nefasto, tran- stati superiori al 50 per cento – da 48 a
Il post Chiamparino è un po’ come
ne che per la città simbolo
l’apertura di un testamento dal
dell’amministrazione del cennotaio, peccato che il lascito
LA CITTà HA UN BILANCIO DI 1,3 MILIARDI
trosinistra, del nuovo corso
invece di essere una cospicua
E UN DEBITO DI 3,5 MILIARDI. È
del Pd. In questa città la mageredità si è rivelato come un
PRATICAMENTE IMMOBILIZZATA, NON PUò
gioranza è ormai da vent’andebito neppure troppo contenuni monocolore, cose che sono
to. Da buoni figlioli non possiaSPENDERE, NON PUò INVESTIRE, NON PUò
pensabili solo a Grugliasco e
mo rifiutare l’eredità e in qualGARANTIRE SERVIZI AI CITTADINI. NON
in Bulgaria; in questa città il
che modo tocca pagarla, magari
HA MARGINI DI MANOVRA. UNA QUALSIASI
sindaco stipula 6 milioni di
sperando in un salva-Torino che
AZIENDA CON QUESTO RAPPORTO
prestiti e oltre 80 milioni di
replichi l’esperienza del salvaDEBITO/BILANCIO SAREBBE FINITA
contratti derivati con la magRoma, senza il condimento di
giore banca della città e quinurlacci e turpiloquio che male
di viene indicato dalla poltica come nuo- 22 milioni –, contro il 3,6 per cento della
si adatta alla serafica educaziovo presidente della Fondazione bancaria media nazionale. Insomma un bel nodo ne sabauda. Soprattutto, sperando che
che ne è azionista di riferimento. In que- gordiano, solo che non c’è a disposizione la stagione degli scandali, dal caso Csea,
sta città, ovviamente, la stessa Fondazione Alessandro Magno per sbrogliarlo, con la agenzia di formazione sovvenzionata dal
bancaria interviene in modo determinan- destrezza o con la spada.
Comune anche quando era praticamente, direttamente e indirettamente, nei serte fallita, al sistema degli affidamenti senvizi di welfare del Comune: direttamente, Sperando in un Salva-Torino
za gara d’appalto, gestiti per anni da Toricioè erogando fondi per gli asili nido, le Dopo la grande ubriacatura olimpica, i no come un affare privato, ai canoni di
scuole materne eccetera; indirettamente, torinesi, che fino al 2007 stavano come i concessione per i locali della movida mai
il che vuol dire fornendo sostegno a enti topi nel formaggio, si sono svegliati sco- riscossi, facciano parte del passato ammidel terzo settore che sgravano il Comune prendo che il formaggio era Groviera e nistrativo, pur risultando ancora evidenti
– per carità in ottica completamente sus- che, dopo la scorpacciata, restavano sol- e ben chiari nei ricordi e nelle menti dei
sidiaria – da azioni di sostegno al reddi- tanto i buchi: buchi di bilancio, metafori- torinesi che ne pagano le conseguenze a
to, al lavoro, alla disabilità, alle persone ci, e buchi più reali come quelli nelle stra- suon di Imu, Tasi, Tares e chi più ne ha più
anziane. Nel solo 2012 la Compagnia di de e nei marciapiedi per un danno tota- ne metta. Aggiungendo qualche imprecaSan Paolo ha stanziato oltre 45 milioni di le di circa 60 milioni di euro, secondo le zione sussurata, anche questa molto subaleuro per le politiche sociali in Piemonte, più recenti stime dell’sssessorato alla Via- pina, quando la ruota della macchina finimentre il totale degli interventi su Torino bilità, ormai alle prese con una situazio- sce in una buca mettendo a rischio gomhanno superato i 94 milioni di euro.
ne drammatica e grottesca per cui l’uni- ma, cerchione e ammortizzatore. n
16
| 19 marzo 2014 |
|
CHI È CHI
FOLGORATO DALLA VERITÀ
Vincenzo
Bugliani
Il marxista ratzingeriano leader dei
Verdi fiorentini che si rifiutò di seguire
la deriva anti-umana degli ambientalisti
Lo scorso 18 febbraio a Firenze è morto Vincenzo Bugliani. Due gior- | DI STEFANO BORSELLI
ni dopo, al funerale, la folla commossa che gremiva la chiesa rappresentava tutti i passaggi della sua vita di intellettuale militante.
C’erano gli amici di sempre di Massa; quelli (molti di Firenze e Pisa)
dell’esperienza giacobina e comunista di Lotta continua, che insieme
ad Adriano Sofri contribuì a creare; Giannozzo Pucci e tutti i componenti dell’anomala lista verde fiorentina,
della quale Vincenzo fu costante punto di AL SUO FUNERALE LA FOLLA CHE GREMIVA
riferimento; il gruppo di insegnanti della
LA CHIESA RAPPRESENTAVA TUTTI I PASSAGGI
Gilda; quello di Comunione e Liberazione
(frutto soprattutto dell’incontro con Gra- DELLA SUA VITA DI INTELLETTUALE, DAGLI
ziano Grazzini); a ricordare l’ultimo impe- EX DI LOTTA CONTINUA AGLI AMICI CIELLINI
gno, sulla questione antropologica e contro
Ho accennato, all’inizio, allo stupore
il totalitarismo della dissoluzione, vi erano le nostre posizioni e quelle dominanti tra
i soci di Scienza & Vita Firenze, della quale i Verdi, che sono posizioni da un lato di che mi prende guardando indietro. Si tratera, da anni, vicepresidente; non pochi poi cultura radicale (una democrazia di per- ta della straordinaria ricchezza di iniziai politici che lo avevano conosciuto e sti- sone ridotte ad atomi desideranti e por- tive promosse, di temi affrontati con larmato, prima come consigliere e poi come tatori di diritti tendenzialmente infini- go anticipo rispetto alla cultura del temassessore del Comune di Firenze. Marxista ti, senza storia e senza sedimentazione), po (e che sono stati poi adottati dal goverratzingeriano ben prima di Tronti e Bar- dall’altro sono parassitarie della menta- no cittadino) […]: e questo soprattutto gracellona (riteneva suo dovere di intellettuale lità dell’estrema sinistra, nel senso del- zie a Giannozzo Pucci. Dai Verdi fiorentileggere tutte le encicliche e, ricordo, fu con- la demagogia che sfrutta ed alimenta il ni è venuto l’interesse per l’agricoltura,
quistato dall’aristotelismo della Veritatis vittimismo e il qualunquismo popolare per la ruralità e per l’artigianato (è merito
come via più facile per ottenere consen- di Giannozzo la Fierucola, il cui esempio
Splendor), Vincenzo non ha scelto di tornare alla Chiesa, ma la morte nella forma si, senza mai porsi come classe dirigente si è moltiplicato in tutto il paese); la difesa del piccolo commercio in un quadro
cattolica che gli hanno preparato i fami- responsabile […].
Molti di noi, prendendo di petto la generale decisamente segnato dall’attenliari è certo quella che avrebbe desiderato.
realtà e le esperienze, sono cambiati, pur zione all’urbanistica e al governo del terconservando passione per le questioni ritorio […]. Per non parlare della dichiarara che la storia dei Verdi fiorentini (il
nucleo amicale, i “giannozziani”, ambientali: alcuni sono tornati al catto- zione di condivisione dell’“Istruzione Ratquelli in totale dissenso dagli licesimo su una linea Wojtyla-Ratzinger- zinger” dell’aprile del 1987 (quasi vent’anorientamenti via via invalsi a livello nazio- Giussani; altri, pur senza fede, si sentono ni fa!) circa la fecondazione umana e la
nale), si è conclusa, si può […] guardare vicini al mondo di Comunione e Libera- sperimentazione sugli embrioni: per noi
indietro con maggior consapevolezza ed zione; altri hanno smesso di guardare al è rimasto uno spartiacque sempre più netanche stupirsi. Dico che la vicenda si è passato come a una discarica di errori e to, altri firmatari e la dottrina ufficiale
esaurita, e forse era durata anche troppo, sono attenti alla tradizione. Alcuni di noi, dei Verdi hanno raggiunto altri orizzonti
nonostante che molte persone continuino non tutti, erano per la libertà di educazio- e oggi sono in prima fila per i referendum
il loro impegno, perché quel legame non ne ed istruzione (insomma, per la scuola per abolire la legge 40 del 2004. […]
c’è più e negli ultimi anni amici costituen- privata, come salvezza anche per quella
Vincenzo Bugliani
statale […]), per la sussidiarietà verticale
ti hanno preso strade diverse […].
(Massa, 1 novembre 1936 - Firenze,
Quando dico che la nostra storia si ed orizzontale (“meno Stato, più società”),
18 febbraio 2014), dalla prefazione
è prolungata anche troppo, penso alla convinti che il centrodestra aveva vinto
al libro di Daniela Nucci La casina
costante profonda differenza che si è perché interpretava esigenze di libertà di
della pazienza. Avventure dei verdi
manifestata e che è stata rivendicata tra un’Italia matura […].
fiorentini 1985-1996, Polistampa
O
18
| 19 marzo 2014 |
|
|
| 19 marzo 2014 |
19
ESTERI
20
| 19 marzo 2014 |
I CAPI DELLA RIVOLTA
| Foto: Ansa/Abaca
|
DI RODOLFO CASADEI
I ministri
“democratici”
di Kiev
Sono quattro i membri del nuovo governo
affiliati a Svoboda, il partito xenofobo che ha
alimentato le violenze in Ucraina. Qualche dato
per conoscere i registi di quello che spacciano
come un irreprensibile movimento europeista
L’
Ucraina post Yanukovich è davvero
il primo paese europeo dopo la
Seconda Guerra mondiale governato da nazisti, oppure questa affermazione è solo mistificatoria propaganda moscovita congegnata per denigrare
l’esecutivo nazionalista che il 22 febbraio scorso ha preso il potere? La risposta
all’interrogativo non può ridursi a definire trascurabile la presenza estremista
nel nuovo governo ucraino. I ministri del
nuovo esecutivo affiliati a Svoboda, il partito ultranazionalista e xenofobo che ha
alimentato le violenze della piazza, sono
ben quattro, e comprendono un vice primo ministro, Oleksandr Sych, e addirittura il ministro della Difesa, l’ammiraglio
Ihor Tenyukh. Ed è ancora di Svoboda il
nuovo procuratore generale della repubblica Oleh Makhnitsky, l’uomo che ha
spiccato il mandato di cattura internazionale contro il deposto presidente Yanukovich. Andriy Parubiy, il segretario del
Consiglio nazionale per la sicurezza e la
difesa, è stato un co-fondatore di Svoboda, che allora si chiamava più sinistramente Partito Social-Nazionale dell’Ucraina, ed è approdato solo due anni fa nel
partito della Tymoshenko Unione PanUcraina Patria. Di simpatie ultranazionaliste e xenofobe sono il vice di Parubiy, il
fiammeggiante Dmitry Yarosh, e il ministro dell’Istruzione Serhiy Kvit. Si tratta
del leader carismatico e dell’intellettuale
di punta di Praviy Sektor, Settore Destro,
la componente più aggressiva dei manifestanti di piazza Maidan, punto di convergenza di vari gruppuscoli estremisti organizzati in forma paramilitare, responsabili dell’apparizione in piazza di simboli
esplicitamente neonazisti.
Svoboda ha assunto il corrente nome
nel 2004. Prima di allora, come detto
sopra, si chiamava Partito Social-Nazionale
dell’Ucraina e il suo emblema era il “dente di lupo”, un simbolo adottato da mol|
| 19 marzo 2014 |
21
ESTERI I CAPI DELLA RIVOLTA
te unità militari nella Germania nazista ti e semplici militanti di Svoboda e affini cui il Terzo Reich adornò il pavimento del
e riproposto dopo la guerra dai gruppu- sono proseguite fin quasi alla vigilia delle salone di un castello (quello di Wewelburg,
scoli neonazisti: in Germania la sua espo- proteste di Maidan. «La manifestazione di ndr)». Più precisamente, il Sole nero (o
sizione è proibita. In quell’anno il nuovo e Cherskasy, una cittadina 100 miglia a sud- Ruota solare) è il simbolo della componentuttora leader Oleh Tyahnybok cambiò il ovest di Kiev, è diventata violenta dopo che te esoterico-misterica del nazismo.
nome e iniziò i suoi sforzi per dare al parti- sei uomini si sono tolti le giacche e hanno
Oleksandr Feldman, presidente del
to un’immagine moderata. Ma nello stesso mostrato la scritta sulle magliette “Picchia Comitato ebraico ucraino e fondatore del
anno fu espulso dal gruppo parlamentare gli ebrei” e “Svoboda”», scriveva nell’aprile Kiev Interfaith Forum, ha raccontato così
di cui faceva parte per aver invitato il popo- di un anno fa la Jewish Telegraphic Agen- sulle pagine dell’Huffington Post l’imbalo ucraino a combattere la «mafia ebrai- cy. In quello stesso mese Oleg Pankevich, razzante sceneggiata a cui ha assistito
co-moscovita»; l’anno seguente firmò con un altro deputato di Svoboda, ha preso durante le proteste: «Mi è diventato tut17 esponenti del partito una lettera aper- parte a una cerimonia di commemorazio- to chiaro durante uno sketch umoristico
ta al presidente filo-occidentale Yuschenko ne del 70esimo anniversario della creazio- basato sulla tradizione popolare ucraina,
perché fermasse le «attività crirecitato sul palcoscenico principaminali» del «giudaismo organizle degli eventi di Maidan. La recita
Parubiy, segretario del
zato», che attraverso la cospirametteva insieme la nascita di Gesù
zione di organizzazioni come la
e gli eventi della politica ucraina
Consiglio nazionale per la
Anti-Defamation League intendeFra gli attori delsicurezza, è co-fondatore di contemporanea.
va compiere un «genocidio» conla farsa c’era un parlamentare di
tro il popolo ucraino. Nel 2010
Svoboda. Il suo vice, Yarosh, Svoboda di nome Bogdan Benyuk.
definì John Demjanjuk, il collaIndossava un abito nero e riccioè il leader carismatico della li laterali per interpretare lo steborazionista ucraino condannato per complicità nello sterminio
reotipo del tipico ebreo ortodoscomponente più aggressiva
di 37 mila ebrei, «un eroe che lotso maneggione, di nome Zhyd (un
dei manifestanti di piazza
ta per la verità».
termine peggiorativo che indica
Il suo vice, il deputato Yuriy
gli ebrei, ndr), che creava ostacoli
Mykhalchyshyn, nel 2005 fondò il Cen- ne della Divisione Galizia, creata nell’apri- al neonato Gesù e si mostrava disponibile
tro di ricerca politica Joseph Goebbels, le 1943 da Otto von Wachter, il comandan- ad accettare tangenti da re Erode e dal presuccessivamente intitolato a Ernst Jün- te nazista della regione ucraina della Gali- sidente Yanukovich per aiutarlo a soppriger. Nel 2010 Mykhalchyshyn scrisse un zia. Per i tedeschi si trattava della 14esima mere le proteste. (…) Alla fine però l’ebreo
libro pieno di citazioni dai principali teo- Divisione granatieri delle Waffen SS.
cambia schieramento e si unisce all’opporici nazisti: Ernst Röhm, Gregor Strasser e
sizione, quando apprende che per ordine
Goebbels. Il sito internet del suo Centro di I simboli nazisti
di Erode/Yanukovich le forze speciali del
ricerca politica, chiuso e riaperto più vol- Se queste sono le premesse, non è stra- regime si preparano a uccidere il neonato.
te, attualmente si chiama Nachtigal88. no che molte testate internazionali abbia- Al pubblico viene spiegato che il personaglivejournal.com. Nachtigal, cioè allodola, mo notato la presenza di simboli nazisti e gio cambia le sue posizioni non per un tarè il nome di uno dei battaglioni di volon- neofascisti nei luoghi investiti dalle prote- divo soprassalto di coscienza, ma perché
tari ucraini che nel 1941 combatterono al ste di Maidan. Ha scritto l’israeliano Haa- “Non c’è combattente più temibile di un
fianco delle truppe naziste che avevano retz, che pure in linea generale solidarizza ebreo spaventato”».
invaso l’Unione Sovietica; 88 è un nume- coi manifestanti anti-Yanukovich: «ManiSecondo il britannico Guardian a Svoro in codice che sottintende il saluto nazi- festanti armati e mascherati brandivano boda e a gruppi estremisti simili era affista “Heil Hitler!” (la H è la lettera nume- simboli nazionalisti collegati al fascismo liato un terzo dei manifestanti, ma la quaro 8 dell’alfabeto). Nel 2012 i militanti di del passato. Essi includevano la croce celti- si totalità dei membri dei cosiddetti grupSvoboda a Leopoli hanno divelto le targhe ca, che in molti gruppi contemporanei ha pi di autodifesa. Forse prima di celebrare
stradali di via della Pace e le hanno sosti- sostituito la svastica, e il dente di lupo che quello di Maidan come un irreprensibile
tuite con l’indicazione via Nachtigal.
è stato usato dalle SS. Era presente anche movimento europeista e democratico serLe provocazioni antisemite di deputa- il simbolo occultistico del Sole nero, con ve qualche riflessione. n
22
| 19 marzo 2014 |
|
Foto: Ansa/Abaca
Dmitry Yarosh,
vicesegretario del
Consiglio nazionale
per la sicurezza e
la difesa del nuovo
esecutivo ucraino
SPECIALE
DENTRO
L’OFFICINA
DEGLI F-35
Viaggio a Cameri, hub logistico dell’aviazione
militare italiana. Dove vengono assemblati
i nuovi cacciabombardieri. Ma soprattutto
centro di manutenzione per gran parte
delle potenze dell’area euro-mediterranea
DIFESA
Foto: Corbis
«L
F-35
sono costruite dentro alla
base aerea di Cameri, un
hub logistico dell’aviazione militare italiana. La manutenzione degli Eurofighters e dei Tornado viene effettuata in questa base. La collocazione della struttura per gli F-35 presso un
hub logistico italiano è il vero cuore della storia. Benché si tratti di una struttura per l’assemblaggio, la vera forza della
struttura sta nella sua capacità di supportare l’operatività degli F-35 in Europa, nel
Mediterraneo e in Medio Oriente. La lezione centrale che viene dall’allestimento di
questa struttura è che dare forma al supporto operativo per la flotta degli F-35 è
un’attività di fondamentale rilievo per gli
alleati nel momento in cui acquistano velivoli e configurano la flotta nella loro regione. Gli italiani hanno costruito un campus
degli F-35 composto di 22 edifici che coprono un’area che supera il milione di piedi quadrati. Esso includerà una struttura
per la verniciatura finale così come l’unica struttura in Europa per la verifica della bassa osservabilità radar del velivolo».
Così scriveva recentemente su Breaking
Defense, uno dei più importanti siti internet americani dedicati alle questioni della
difesa, Robbin Laird, analista militare già
membro dello staff del National Security
Council degli Stati Uniti. Ogni giorno che
passa gli americani diventano più consapevoli del valore strategico sotto tutti i punti di vista della base militare dell’aeronautica a Cameri, provincia di Novara, dove
dal luglio scorso vengono assemblati gli
F-35 destinati all’arma aerea italiana e già
dal marzo 2011 sono prodotte componenti
alari per i velivoli costruiti negli Stati Uniti. Forse è giunto il momento che anche gli
italiani se ne accorgano, e ne tengano conto nei loro dibattiti spesso troppo approssimativi sul futuro dell’aviazione militare
e strutture per gli
|
| 19 marzo 2014 |
25
SPECIALE DIFESA
bili e questo permette al velivolo di essere
e dell’industria della Difesa italiane.
A Cameri verranno assemblati i 90 allo stesso tempo più leggero e più robuF-35 destinati a sostituire i modelli attual- sto e di necessitare di minore manutenmente in dotazione alla nostra aviazio- zione (in quanto non esistono attacchi alane, obsoleti o in via obsolescenza: i Torna- ri da revisionare). A Cameri, con la fabbrido, gli Amx, e gli AV-8B Harrier II. In tut- ca a regime, si assembleranno 2 velivoli al
to 253 arei, alcuni dei quali hanno già 40 mese e si produrranno 6,6 ali al mese, un
anni di servizio, mentre altri li avranno totale di 72 all’anno (calcolati su 11 mesi
fra poco. Dei 90 F-35 di cui l’Italia si dote- lavorativi) per una commessa complessirà 60 saranno a decollo e atterraggio con- va di 800 circa.
venzionali, mentre gli altri 30 saranno del
modello a decollo corto e atterraggio ver- Montaggio e riparazione
ticale, per poter essere collocati sulla por- Si è discusso e si discute del costo finale
taerei Cavour. Che i velivoli sostitutivi sia- per l’Italia dei 90 F-35 di cui si è deciso di
no così meno numerosi di quelli destinati dotarci (dovevano essere 131 ma il numero
alla sostituzione è indicativo della fiducia è stato ridotto al tempo del governo Monriposta nei nuovi modelli. Gli F-35 sono in ti). Dovrebbe aggirarsi su una media di
via di sviluppo e non ancora perfezionati, 90-95 milioni di euro a velivolo alla fine
ma nessuno dubita che si tratdel programma. Considerando
ti del caccia di quinta generail coinvolgimento di 90 azienzione per l’attacco al suolo che
de italiane nei lavori, a cominper molti anni a venire rapciare da Alenia Aermacchi che
presenterà l’assoluta eccellenha costituito un raggruppaMILIONI
za a livello mondiale. Si tratta
mento temporaneo d’impredi dollari di entrate
del programma più evoluto di
annuali. È la stima di
sa con l’americana Lockheed
quanto guadagnerà
difesa aerea attualmente esiMartin, produttrice dell’F-35,
l’Italia per gli interstente. Del resto già un centiper tutte le attività negli stabiventi di manutenzionaio di essi sta volando sui cielimenti di Cameri, e che è itane dei velivoli F-35
li dell’America, e la fabbrica di
liana parte dei sistemi d’arma
appartenenti alle
altre forze militari
Lockheed Martin a Fort Worth
(tra cui armamenti Oto Mela(Texas) lavora a pieno regime
ra e sistemi avionici di Selex),
per produrre i 2.443 che le forze armate le autorità italiane calcolano che al 2035 il
americane (aviazione, marina e corpo dei 77 per cento dei circa 12,1 miliardi di euro
marines) acquisteranno nel corso degli che l’erario italiano prevede di dover spenanni e gli altri destinati ai paesi partner dere nel programma risulteranno recupenel programma e ad alcuni paesi sempli- rati attraverso le forniture di componenti
cemente acquirenti.
alari agli americani e l’insieme dei ritorni
Cameri produce anche la componen- industriali. Ma questo non è tutto: il vero
te alare destinata agli F-35 del modello a business che potrebbe trasformare la pardecollo e atterraggio convenzionale desti- tecipazione italiana al programma degli
nati a tutti i partner dell’intero program- F-35, necessaria per mantenere efficienma, come seconda linea mondiale dopo te la componente aeronautica della Difequella attiva in America. Alla fine del 2013 sa nazionale, in un’iniziativa anche econoerano già 11 i set alari messi a punto a micamente conveniente si chiama manuCameri e spediti negli Stati Uniti. Caratte- tenzione. Gli impianti di Cameri rappreristica dell’F-35 è il fatto che l’ala è un pez- sentano una delle tre Faco/Mro&u previzo unico: le due semiali non sono stacca- ste in tutto il mondo per il programma
250
26
| 19 marzo 2014 |
|
F-35. La sigla sta per Final Assembly and
Check Out/Maintenance, Repair, Overhaul
& Upgrade. E indica che in tali centri non
soltanto si assemblano e si mettono a punto i velivoli, ma si fanno pure le riparazioni, i controlli e la manutenzione. Insomma, sono i garage/officina degli F-35. Ce ne
saranno solo tre nel mondo: uno a Forth
Worth nel Texas, uno in Giappone e uno
in Italia, a Cameri. Questo significa che
gli F-35 impegnati in Europa, nell’area del
Mediterraneo e in Medio Oriente dovranno
per forza andare a fare il tagliando in provincia di Novara.
In particolare va verificata periodicamente la caratteristica “stealth” dell’aereo, cioè la sua bassa osservabilità da parte
dei radar nemici (un tempo si parlava con
troppa presunzione di “caccia invisibili”).
Un intervento di Mro&u costa all’incirca 5
milioni di dollari, e mediamente un velivolo ha bisogno di farne uno ogni cinque
anni. Nell’area euro-mediterranea saranno dotate di F-35, oltre all’Italia, le aviazioni di Regno Unito, Olanda, Norvegia,
Danimarca, Turchia, Israele e ovviamente
le basi militari di terra degli Stati Uniti e
le portaerei americane. Quasi certamente
Foto: Ansa
A Cameri (Novara) i velivoli vengono
assemblati. Inoltre viene prodotta
la componente alare del modello a
decollo e atterraggio convenzionale.
L’ala è un pezzo unico. Così l’F-35
è più leggero e più robusto e ha
minore necessità di manutenzione
1996 quando l’allora ministro della Difesa
Beniamino Andreatta (primo governo Prodi) volle che l’Italia fosse paese osservatore nel programma Jsf (Joint strike fighter)
che gli Stati Uniti avevano avviato, proseguita con la firma alla fine del 1998 (governo D’Alema) del “Memorandum of Agreement” per partecipare alla fase di concept
demonstration, quando ancora in America la gara era aperta fra Boeing e Lockheed Martin per la progettazione del nuovo caccia. Nel 2002, al tempo del secondo governo Berlusconi, col parere positivo delle Commissioni Difesa della Camera
e del Senato venne decisa la vera e propria
partecipazione italiana alla fase di sviluppo con un impegno di spesa di 1.028 milioni di dollari (4 per cento di tutti i costi del
programma fino al 2012). Nel 2007 (secondo governo Prodi) è stato sottoscritto il
“Memorandum of Understanding”, decisione definitiva che ha visto l’Italia diventare paese produttore dell’F-35.
Foto: Ansa
anche Spagna, Belgio e Finlandia dovranno in futuro acquistare gli F-35 per rinnovare la loro dotazione di caccia. Una stima
al ribasso prevede 50 interventi di manutenzione periodica all’anno a Cameri per
velivoli non appartenenti alla flotta italiana: significherebbero 250 milioni di dollari di entrate annuali per il nostro paese. E
mentre la fase di produzione e assemblaggio degli F-35 (se ne dovrebbero costruire
in tutto 4 mila, 3 mila per i paesi partner e
mille per gli acquirenti non partecipanti al
programma) dovrebbe concludersi nell’arco di 15 anni, le attività di manutenzione
e riparazione continueranno fino all’obsolescenza dei velivoli: 30-40 anni.
Verifica della bassa osservabilità
L’aeroporto militare di Cameri ha una tradizione di attività di riparazione e manutenzione: il 1° Reparto manutenzione velivoli lì insediato si occupa dei Tornado e
degli Eurofighter. Attualmente tutti i nuovi fabbricati costruiti a Cameri – per un
totale di 124 mila metri quadrati coperti realizzati nel giro di 24 mesi dalla Maltauro di Vicenza – sono dedicati alla produzione e all’assemblaggio dei velivoli. Il
sito può essere considerato suddiviso in
tre aree: a sud le strutture per la costruzione dei set alari, al centro quelle per gli
elementi comuni, a nord l’assemblaggio
vero e proprio dei velivoli. In quest’ultima
area le piattaforme di allestimento saranno alla fine quattro: la terza entra in funzione a febbraio, la quarta a giugno. Mentre in America la produzione si svolge lungo una “mostruosa” catena di montaggio
lunga 1.800 metri (e al forsennato ritmo
di 21 velivoli al mese), a Cameri si svolge
secondo il metodo della step line, cioè in
baie di lavoro: si completa un’attività specifica sul velivolo, poi lo si passa alla baia
seguente. È un sistema più lento, ma che
permette maggiore flessibilità. A partire
dal 2015 Cameri attiverà la sua funzionalità Mro&u, e da quel momento 5 baie saranno dedicate esclusivamente a tali interventi, altre 11 continueranno a lavorare alla
produzione delle componenti alari e all’assemblaggio dei velivoli. Attualmente sono
in fase di assemblaggio i primi due F-35
destinati all’aviazione militare italiana.
Voleranno per la prima volta nella seconda
metà del 2015. Quello sarà l’appuntamento finale di una lunga storia, iniziata nel
Quanti lavoratori impiegati
Nel 2009 (quarto governo Berlusconi) il
Parlamento ha autorizzato l’acquisto di
131 cacciabombardieri F35, poi nel 2012
il numero è stato ridotto a 90 dal ministro
della Difesa Di Paola (governo Monti).
Il ridimensionamento del programma
non ha rallentato le operazioni a Cameri, dove a regime lavoreranno circa 2.000
unità di personale di tutti i tipi. Calcolando l’indotto, i fornitori e i sub-fornitori,
si stima che fra le 6 mila e le 8 mila persone lavoreranno per gli F-35. Al momento attuale nei capannoni sono presenti 4
mila attrezzi specifici e 4.900 attrezzature
non specifiche. Strutture e strumenti provengono anche da numerose imprese italiane. Una passeggiata dentro agli stabilimenti lascia notare le sigle di Oma, Ncm,
Ompm, Omi, Lma, Alfa Meccanica, Bertolotti, Cerrato, Rev Aviation, ecc. All’audizione presso la IV Commissione Difesa della Camera nell’ottobre scorso l’amministratore delegato di Finmeccanica Alessandro Pansa ha dichiarato che la partecipazione italiana al programma F-35 «porta
a casa dal punto di vista complessivo ricavi potenziali per circa 10 miliardi di dollari (7,3 miliardi di euro, ndr), con circa 90
aziende italiane coinvolte», con contratti già stipulati per «715 milioni di dollari,
565 dei quali per Finmeccanica». Le possibilità di espansione restano intatte. n
|
| 19 marzo 2014 |
27
SPECIALE
LA FORZA DEL
NUOVO CACCIA
Decollo corto, atterraggio verticale, “invisibile” ai
radar nemici. «Gli F-35 rappresentano per i piloti
un enorme vantaggio. I test danno ottimi risultati
e nel 2015 i Marines saranno i primi a usarli».
Intervista a Stephen O’Bryan (Lockheed Martin)
DI RODOLFO CASADEI
S
tephen O’Bryan è vicepresidente
della Program Integration and
Business Development della
Lockheed Martin. Ricoprendo
tale ruolo è responsabile del coordinamento di numerose attività relative al programma dell’F-35 Joint Strike Fighter. A lui
abbiamo rivolto una serie di domande che
chiariscono le realtà del primo caccia bombardiere di quinta generazione che sarà
prodotto a Cameri e adottato dall’aviazione militare italiana.
Mr. O’Bryan, in Italia si parla molto
dell’F-35 prodotto da voi e Alenia, ma
come se fosse una specie di fantasma.
Esiste veramente? Quanti aerei sono
stati prodotti ad oggi? Stanno volando?
L’F-35 è assolutamente reale. Ne stiamo testando al massimo tutti gli aspetti.
Abbiamo completato oltre il 50 per cento dei voli previsti dal programma di test.
Abbiamo condotto importanti operazioni anche in mare. L’F-35 ha già effettuato 7 mila voli e completato un totale di 11
mila ore di volo. Lo scorso anno, oltre 90
piloti e più di 950 manutentori hanno frequentato un programma di addestramento per essere in grado di volare ed effettuare interventi di supporto sull’F-35. E proprio il mese scorso abbiamo presentato il
centesimo F-35, che verrà consegnato alla
Air Force Base di Luke, in Arizona, dove
verrà utilizzato per la formazione di piloti e manutentori statunitensi e provenien28
| 19 marzo 2014 |
|
ti da altri paesi del mondo. Ad oggi, gli tivi e a garantire che i Marines abbiano
F-35 stanno volando presso la base aerea di ciò che è necessario per la capacità opeEdwards, California, la Naval Air Station rativa nel 2015. La US Air Force ha in prodi Patuxent River, Maryland, la base aerea gramma di dichiarare la capacità operatidi Eglin, Florida, la Marine Corps Air Sta- va nel 2016, mentre la Navy ha annunciation di Yuma, Arizona, la base aerea di Nel- to di puntare alla capacità operativa tra il
lis, Nevada, e presso il nostro stabilimento 2018 e il 2019.
di produzione a Fort Worth, Texas. Oltre a
Abbiamo sentito di difetti e problemi
questi velivoli in consegna, abbiamo altri
che hanno interessato l’F-35: alcuni di90 F-35 in fase di produzione e oltre 100
cono che non sia davvero stealth, altri
già ordinati. La realtà è che
scrivono che non è in graquesto programma è a pieno
do di effettuare atterraggi
regime e sta crescendo semverticali in ambienti troppo
pre più rapidamente, come
caldi e umidi, altri ancora
MILA
dimostra il fatto che alla fine
insinuano problemi di visibidell’anno scorso il dipartilità e di radar poco affidaore di volo già effettuate dagli F-35, per
mento della Difesa degli Stati
bile. Cosa state facendo per
un totale di 7 mila
Uniti ha annunciato l’intenrisolvere queste questioni?
voli. 90 piloti e 950
zione di aumentare il ritmo
L’F-35 è un velivolo in tutmanutentori hanno
della produzione e accelerare
to e per tutto stealth. Ma cosa
già frequentato un
programma di addele acquisizioni.
significa? Quando parliamo di
stramento
un velivolo stealth ci stiamo
Quando vedremo il primo
innanzitutto riferendo a quanF-35 operativo a livello
militare?
to esso sia visibile da parte di radar nemici.
Lo scorso maggio, i Marines degli Sta- Un modo che usiamo comunemente per
ti Uniti hanno dichiarato di voler fissare descrivere questa visibilità è con il termiil raggiungimento della Ioc (initial ope- ne “segnatura radar”. Migliore è la segnarational capability, la capacità operativa) tura radar di un aereo, più è improbabile
per l’F-35B nel 2015. Prima di questo tra- che esso venga localizzato dai radar nemiguardo, ci sono ovviamente molti obietti- ci. Partendo da questo principio, abbiavi da raggiungere. Ma, ve lo assicuro, l’in- mo progettato l’F-35 perché fosse stealth.
tero programma F-35 – dal punto di vista Abbiamo uniformato tutte le superfici
sia governativo sia industriale – punta for- dell’aereo così da ridurre la sua segnatutemente al raggiungimento di questi obiet- ra radar. Lo abbiamo interamente tratta-
11
Foto: Ansa
|
DIFESA
F-35 LIGHTNING II
Cacciabombardiere di
quinta generazione. Esistono
tre versioni: una variante
a decollo e atterraggio
convenzionale, una a decollo
corto e atterraggio verticale
e una per l’uso sulle portaerei
convenzionali a catapulta.
CARATTERISTICHE
Lunghezza: 16,67 m
Altezza: 4,33 m
Apertura alare: 10,70 m
Peso (a vuoto): 13.300 Kg
Peso (carico): 22.470 Kg
Carico di armi: 8.160 Kg
Velocità: 1.930 Km/h
Autonomia: 2.220 Kg
Raggio d’azione: 1.080 Kg
Costo: 90/95 milioni di euro
(I dati riferiti alla versione F-35A)
Foto: Ansa
|
| 7 novembre 2012 |
29
SPECIALE DIFESA
Stephen O’Bryan è
vicepresidente della Program
Integration and Business
Development della Lockheed
Martin. È responsabile del
coordinamento di numerose
attività relative al programma
dell’F-35 Joint Strike Fighter
9,9
30
| 19 marzo 2014 |
|
zione del Pentagono, in qualità di sottosegreterio alla Difesa per le acquisizioni,
la tecnologia e la logistica, ha dichiarato
che il programma è pronto per l’aumento della produzione dei velivoli, che passerà da 44 nel 2015 a 66 nel 2016. Quanto alla dotazione informatica, il necessario software combat ready verrà messo a
disposizione della flotta degli F-35 di produzione non oltre il mese di giugno 2015.
Il software renderà i Marines in grado
di identificare, tracciare e ingaggiare il
nemico. È importante sottolineare che i
Marines annunceranno la Ioc con il Block
2B, dopo aver già dichiarato che le capacità fornite dal software 2B sono superiori
a qualunque velivolo stiano attualmente
utilizzando. Sono attualmente in fase di
test o sono già state verificate 7,4 milioni
di linee di codice delle 8,4 che compongono complessivamente il codice del software necessario per la completa capacità bellica del velivolo.
Lockheed afferma che le tre versioni
dell’F-35 garantiscono la superiorità
aerea a chi li avrà in dotazione. Quali
sono le capacità del velivolo e le caratteristiche che rendono tangibile la sua
superiorità?
Foto: Corbis
to con uno speciale rivestimento proget- siderano insieme tutti questi elementi si
tato per assorbire il segnale radar piutto- comprende che i dubbi sulla visibilità non
sto che rifletterlo e, a differenza dei velivo- hanno fondamento. L’F-35 semplicemente
li attualmente in servizio che trasportano cambia il modo in cui i piloti interagiscocarburante e armi sulle ali – con un con- no con il contesto. E qui torno al vantagseguente aumento della segnatura radar gio unico rappresentato dalla possibilità
– abbiamo progettato il velivolo in modo di vedere l’avversario per primo, un fattore
che fosse in grado di portare tutti i carichi che davvero può fare la differenza. A proall’interno, così da ridurne ulteriormente posito del radar dell’F-35, stiamo amplianla tracciabilità. Tutti questi trattamenti e do le capacità sviluppate per la prima volaccorgimenti di progettazione hanno pro- ta per l’F-22 Raptor. Il radar è stato impiedotto un caccia praticamente impossibile gato con successo presso la Marine Corps
da individuare da parte di radar nemici. In Air Station di Yuma, le basi aeree di Eglin
questo modo i piloti hanno la possibilità di e di Nellis, e in altri siti operativi del provedere per primi gli avversari e di penetra- gramma F-35. Confidiamo che una volta
re lo spazio aereo nemico in sicurezza sen- completato lo sviluppo, il radar dell’F-35
za essere individuati dai radar. Per quan- sarà in grado di fornire al pilota un vanto riguarda le operazioni in ambienti cal- taggio decisivo.
di e umidi, vorrei sottolineare un paio di
Il recente rapporto di Michael Gilmore,
punti. Lo scorso agosto abbiamo portato
direttore dell’Ufficio test operativi e di
due F-35B a bordo della nave d’assalto anfivalutazione del Pentagono, che monitobia Wasp al largo delle coste della Virginia.
ra il progresso dei programmi di difesa
Ora, se sa qualcosa della Virginia in agosto,
americani, ha evidenziato alcune fragisa che in quel periodo ha un clima mollità strutturali e problemi al software.
to caldo e molto umido. Nei 19 giorni traQual è la vostra posizione a riguardo?
scorsi in mare, i due F-35B hanno portato
Come per il rapporto 2013, anche
a termine 95 atterraggi verticali, 94 decol- nel rapporto del 2014 del DOT&E ci sono
li corti e 42 voli. Siamo quindi fiduciosi in realtà tantissime buone notizie che
che l’F-35B sarà in grado di operare sen- riguardano i progressi compiuti dal Proza difficoltà in diversi ambiengramma F-35. Per esempio,
ti. Ha fatto riferimento alle predopo tre anni, siamo fondaoccupazioni riguardanti visibimentalmente in linea con
lità e radar e ci terrei a dedila Technical Baseline Review
care qualche minuto a questi
condotta nel 2011. Il rapporMILIARDI
temi: prima però mi sembra
to, inoltre, afferma che abbiail valore dei contratti
firmati dall’industria
importante precisare che tutmo raggiunto o superato il
italiana alla fine del
ti i principali problemi tecnici
programma di test in volo
ciclo di vita del proche il programma ha affrontaper il 2013, nonostante divergramma F-35.
to sono stati ampiamente risolsi giorni siano andati persi a
Ad oggi sono già
stati incassati 668
ti. La questione visibilità a cui
causa di un’interruzione formilioni di dollari
lei ha accennato è stata portata
zata. L’F-35 ha volato in ogni
alla nostra attenzione nel cormodo previsto dall’envelope
so di una delle prime valutazioni compiu- di volo e ha raggiunto o superato le perte dal Governo sul velivolo. La forma del formance di volo attese. Le rilevazioni
canopy – la calotta di vetro che sormon- emerse dal rapporto in questa fase sono
ta la cabina in cui siede il pilota – è diver- già note e rientrano nella normalità per
sa da quella di alcuni velivoli attualmen- un programma di test di tali dimensiote in dotazione a cui i piloti sono abituati. ni e complessità. Come affermato dal
Ma se si considerano il design del caccia, governo statunitense, non esistono granle caratteristiche stealth e la suite di sen- di ostacoli che impediscano di completasori, in particolare il casco che permette ai re con successo il programma di sviluppo.
piloti di guardare, letteralmente, attraver- Negli stessi giorni, infatti, Frank Kendall,
so la struttura dell’aereo, ebbene, se si con- responsabile dei programmi di acquisi-
Stati Uniti, Regno
Unito, Australia,
Israele, Italia,
Giappone, Olanda
e Norvegia hanno
finanziato l’acquisto
dell’F-35. ci sono poi
altri paesi partner
del programma
Foto: Corbis
nel suo complesso. Attraverso la Faco vengono introdotte in Italia capacità tecnologiche di livello avanzato che sono a disposizione delle aziende aerospaziali italiane, ponendo le basi per la futura crescita economica e per la creazione di nuovi
posti di lavoro. Ma il potenziale non risiede solo nella produzione di F-35. Riteniamo che la Faco di Cameri sia un centro
di eccellenza ideale per la manutenzione, riparazione, revisione e aggiornamento dell’F-35, che potrebbe creare centinaia
di posti di lavoro a lungo termine e di alto
contenuto tecnologico, secondo modalità sostenibili e vantaggiose per l’Italia e
i suoi cittadini, lungo tutti i 50 anni del
ciclo di vita dell’F-35.
Come ho già detto, la capacità stealth
è decisiva, ma non è la sola caratteristica a
rendere unico l’F-35. Questo aereo è basato sul software. È un caccia digitale e per
questo racchiude in sé capacità senza precedenti. I sensori dell’F-35 forniscono ai
piloti un’immagine integrale del contesto in cui si trovano, potenziando la loro
consapevolezza dello scenario operativo e
dando loro un reale vantaggio sugli avversari. Si comporta egregiamente nel combattimento in volo, a terra e all’interno di
scenari di guerra elettronica, sostituendo
oltre sette diverse tipologie di velivoli militari attualmente in servizio. Questo caccia
offre un livello di interoperabilità senza
precedenti. I piloti delle forze alleate di tutto il mondo saranno in grado di lavorare
assieme in operazioni di coalizione come
mai prima d’ora e di comunicare tra loro
attraverso la rete sicura dell’F-35. Questo è
fondamentale per poter affrontare le sfide
attuali. Quando una nazione o un gruppo
di nazioni prendono la difficile decisione,
come extrema ratio, di un intervento militare, abbiamo il dovere di garantire ai piloti il miglior equipaggiamento possibile e
un vantaggio concreto. L’F-35 contribuisce
a raggiungere questo obiettivo.
Il gruppo di nazioni partner che sono
impegnate nel programma cambia costantemente. Può elencare i paesi che
prenderanno davvero parte al programma e quelle che comunque acquisteranno il velivolo?
Attualmente Stati Uniti, Regno Unito,
Australia, Israele, Italia, Giappone, Olanda e Norvegia hanno finanziato l’acquisizione dell’F-35. Canada, Danimarca e Turchia sono partner del programma F-35
ma non hanno ancora finanziato alcuna
acquisizione, anche se hanno contribuito finanziariamente alla fase di sviluppo.
Anche la Corea del Sud sta valutando l’F35 per la dotazione futura di nuovi caccia.
L’Italia è l’unico paese, fatta eccezione
per gli Stati Uniti, ad avere uno stabilimento Faco (Final Assembly and Check
Out). Cosa significa in termini economici per Lockheed, Alenia e per le altre
aziende italiane coinvolte? È soddisfatto dell’attività che si sta svolgendo
nell’hub di Cameri?
Il lavoro che si sta facendo a Cameri è
per noi fonte di grande soddisfazione ma,
ancora più importante, siamo convinti
che lo stabilimento diventerà un punto di
riferimento per l’industria aerospaziale
Un’altra questione largamente dibattuta in Italia è quella delle compensazioni
industriali e dei ritorni. Il programma
F-35 non prevede accordi sui ritorni. Ciò
significa che sarà difficile per l’Italia
ottenere benefici economici derivanti
dalla partecipazione al programma?
Assolutamente no. I fatti dicono che,
ad oggi, l’industria italiana si è già assicurata 668 milioni di dollari in contratti F-35 e si prevede che il valore di questi
contratti supererà i 9,9 miliardi di dollari alla fine del ciclo di vita del programma. Inoltre, nei prossimi anni prevediamo di fornire alle aziende italiane ulteriori opportunità di partecipazione industriale per un valore complessivo superiore ai 4 miliardi di dollari. Ad agosto 2013,
erano oltre 90 i contratti che Lockheed
Martin e le aziende partner hanno affidato a decine di aziende italiane. La realtà è
che il programma rappresenta un grande
potenziale sia per le aziende italiane sia
per i lavoratori. Secondo un recente studio di PriceWaterhouseCoopers–Italia, la
produzione dell’F-35 in Italia sarà in grado di generare al picco oltre 6.300 posti di
lavoro e di apportare benefici concreti al
sistema economico del paese per un valore di 15,7 miliardi di dollari. n
|
| 19 marzo 2014 |
31
SPECIALE
L’ECCELLENZA
ITALIANA
A Lacedonia (Avellino) la OMI, antica azienda
di lavorazioni meccaniche, insieme a un gruppo
di lavoro dedicato sviluppa la tecnologia dell’ala
dell’F-35. Ridando una prospettiva di crescita
professionale e occupazionale al territorio
Avellino, è cresciuta in oltre
trent’anni di attività con coerenza tecnologica nel settore aerospaziale; l’impegno, la dedizione e il
sacrificio dei collaboratori hanno conferito dignità e prospettive a un’area che nel
tempo si è sempre più depauperata nel
tessuto industriale e nei livelli occupazionali. I valori professionali e morali condivisi in azienda hanno reso la OMI meritevole di partecipare attraverso AleniaAermacchi ai programmi internazionali relativi a velivoli Airbus, Boeing e Lockheed
Martin. I reparti produttivi attualmente
coprono una superficie di 15 mila metri
quadrati. In essi trovano impiego circa
90 addetti e sulla base di un piano di sviluppo finalizzato entro il 2015, si prevede
l’impiego di circa 160 addetti in un’ampliata superficie di 23 mila metri quadrati. Grazie agli investimenti pianificati la
OMI si propone quale centro di eccellenza suscitando l’entusiasmo delle comu-
32
| 19 marzo 2014 |
|
nità limitrofe grazie all’inaspettata prospettiva di crescita occupazionale e professionale, in una situazione circostante
piuttosto critica. Nella logica di un’integrazione sistemica le lavorazioni meccaniche, “core business” storico dell’azienda, sono oggi accompagnate dalle attività di progettazione strutturale ed elettronica, completate poi dai processi di trattamento superficiale. Inoltre, dopo aver
già avviato un reparto sperimentale per
componenti e processi innovativi in fibra
di carbonio, hanno da poco avuto inizio i
lavori per l’istallazione di un nuovo sito
produttivo a Vallata, sempre in provincia
di Avellino, dedicato alla fabbricazione di
parti in materiale composito. La OMI giudica fondamentale arginare il saccheggio delle intelligenze migliori della zona,
quelle di giovani laureati che oggi si vedono costretti a emigrare per trovare un’occupazione all’altezza delle loro aspettative. Tipicamente nei settori strategici le
aziende private hanno pochi margini di
I reparti coprono
una superficie di 15
mila metri quadrati.
In essi lavorano
circa 90 addetti
ed entro il 2015
diventeranno 160
manovra e difficilmente riescono a essere
artefici del proprio futuro in programmi
dipendenti da accordi intergovernativi.
Inoltre, il cosiddetto nanismo industriale delle aziende italiane, particolarmente accentuato facendo il paragone con le
dimensioni dei major player dell’industria aeronautica mondiale, rappresenta
un’ulteriore difficoltà.
Tuttavia vi sono alcune positive esperienze di collaborazione fra aziende e di
integrazione con le istituzioni che pos-
Foto: Ap/LaPresse
L
a OMI di Lacedonia, in provincia di
DIFESA
la OMI ha superato
la fase di verifica
delle capacità
tecnologiche
necessarie per la
fabbricazione di due
elementi in titanio
fra i più complessi
dell’ala, i bulkheads
Foto: Ap/LaPresse
naggio delle aziende statunitensi. Il lavoro di gruppo ha consentito di riportare
in Italia questa tipologia di lavorazioni,
ma soprattutto di realizzare un sito tecnologico all’avanguardia a livello mondiale, portando la OMI nel ristretto numero di aziende qualificate per tale tipologia
di prodotto.
sono segnalare un’inversione di tendenza. Infatti, sotto la guida della Daa (Direzione Armamenti Aeronautici) del ministero della Difesa la OMI partecipa a un
gruppo di lavoro dedicato alle tecnologie dell’ala del velivolo F-35. Grazie a un
modello di cooperazione di altissimo profilo, dopo aver letteralmente conquistato
la possibilità di partecipare al programma attraverso la realizzazione di componenti meccanici in titanio, recentemente
la OMI ha anche superato la fase di veri-
fica delle capacità tecnologiche necessarie per la fabbricazione di due elementi strutturali in titanio fra i più complessi dell’ala, denominati bulkheads. Per
affrontare questo tipo di produzione è
in fase di completamento un sito produttivo dedicato ai trattamenti superficiali e alle lavorazioni del titanio; basti pensare che solo un anno fa, questo tipo di
ritorno industriale, pur potendo ricadere nelle competenze contrattuali dell’industria italiana, restava di fatto appan-
Una sfida continua
Nel nuovo impianto si realizzeranno componenti strutturali critici dell’F-35, ma il
know-how acquisito si è rivelato denso
di contenuti di innovazione con notevole valore aggiunto anche per le applicazioni in campo civile. Non è solo una questione strettamente tecnologica: l’approccio commerciale, organizzativo e produttivo è una sfida continua che fa da stimolo anche per altri programmi, nei quali
l’impiego massiccio di fibra di carbonio
per gli airliners viene tipicamente accompagnato da un corrispondente aumento
di parti in titanio.
|
| 19 marzo 2014 |
33
SPECIALE
Angri
CENTRO
HIGH-TECH
«Quarantadue anni di storia, competenze
tecnologiche e flessibilità». Grazie a queste
caratteristiche OMPM partecipa alla
realizzazione dell’F-35. Un programma
che darà stabilità futura all’azienda
Grandi industrie del settore aeronautico si rivolgono a voi come subfornitori:
Alenia Aeronautica, Fiat Avio, Agusta,
Aermacchi. Siete certificati da loro
come pure da Boeing, Airbus, Lockheed
e da Unavia. Che cosa siete in grado di
offrire rispetto ad altri?
La flessibilità, le competenze tecnologiche, la nostra storia e il forte senso di attaccamento all’azienda ci consentono di essere competitivi e all’altezza delle aspettative dei grandi committenti, che siano clienti consolidati o nuovi, italiani o esteri. Il nostro percorso è
in collaborazione e in complementarie34
| 19 marzo 2014 |
|
tà con quello delle grandi aziende sopraccitate. Aggiungo che OMPM aderisce al
Nadcap, un programma di cooperazione
a livello mondiale delle maggiori imprese operanti nel settore aerospaziale e della difesa per gestire un comune approccio
all’accreditamento dei processi speciali e
promuovere il miglioramento continuo
del settore aerospaziale, sostenendo standard e criteri di auditing comuni in tutto il mondo. Un nostro membro siede nel
board nazionale Itan DDB, che si occupa
dei controlli non distruttivi che si fanno
sulle parti in aeronautica.
La partecipazione al programma degli
F-35 per voi è un salto di qualità o è in
continuità con la vostra storia?
OMPM non avrebbe potuto affrontare
l’F-35 se non facendo leva sul patrimonio
di competenze e impianti maturato in 40
anni, mettendo a frutto una a una le esperienze fatte in passato. È per questo che
siamo stati capaci di guadagnare la fiducia dei nostri committenti. Contestualmente, il programma F-35 ha concorso in
maniera notevole alla crescita professionale di OMPM, ponendo le basi per ulteriori sfide future.
Con che carta d’identità si presenta
oggi la vostra impresa? Che prospettive
occupazionali apre il programma F-35?
L’OMPM è un’azienda del salernitano
nata 42 anni fa, che oggi progetta, sviluppa e realizza componenti e assiemi per il
mercato aerospaziale. Partita con quattro
addetti, oggi è riuscita ad affermarsi nel
territorio nazionale concorrendo molto
alla crescita tecnologica locale. Quando il
programma F-35 andrà a regime, OMPM
impiegherà più di 60 addetti solo sul programma. Abbiamo anche una divisione
automobilistica di nicchia: lavoriamo per
Lamborghini. Siamo uno dei cinque fornitori di Alenia per il Boeing 787 Dreamliner. E abbiamo partecipato alla costruzione del satellite Ares, che due anni fa
è stato trasportato nello spazio dal razzo
Vegas dell’Ente spaziale europeo.
Che impatto ha la vostra presenza sul
territorio? Che cosa significa OMPM
Foto: Ansa
L
Caputo, ingegnere meccanico,
oltre che responsabile delle vendite e delle operazioni di coordinamento degli stabilimenti
OMPM, è il manager del progetto F-35 a
cui l’azienda di Angri partecipa. A lei ci
siamo rivolti per conoscere meglio una
delle imprese italiane che partecipano al
programma di realizzazione del nuovo
cacciabombardiere.
aura
DIFESA
«Siamo uno dei 5 fornitori di Alenia per il
Boeing 787 Dreamliner. abbiamo partecipato
alla costruzione del satellite Ares, ANDATO
nello spazio DUE ANNI FA. E POI ABBIAMO
UNA DIVISIONE CHE lavora per Lamborghini»
per Angri e il territorio circostante?
L’azienda rappresenta un riferimento
per il territorio circostante, che purtroppo insiste in un’area depressa. Pur in una
congiuntura economica non favorevole,
la partecipazione al programma F-35 ha
consentito l’assunzione e la formazione
di personale specializzato che ha avuto
modo di crescere professionalmente, rapportandosi con realtà internazionali.
Foto: Ansa
Che cosa vi aspettate dalla partecipazione al programma F-35?
In un panorama di comparto in cui la
maggior parte dei programmi aeronautici nei quali è coinvolta l’Italia sono nel-
la fase finale del loro ciclo di vita, grazie
all’F35 OMPM può continuare a sperare
in un futuro solido e quindi a investire
in personale e in tecnologie all’avanguardia. Se escludiamo il 787 e il nuovo Atr,
tutti gli altri sono aerei consolidati, e noi
per molte ragioni facciamo fatica a concorrere con i produttori stranieri. Per fare
innovazione tecnologica – l’unica cosa
che ci permette di tornare concorrenziali – c’è bisogno di programmi di lungo
periodo che permettano di ammortizzare gli investimenti in termini di macchinari, software e professionalizzazione del
personale. Se ci dovessimo basare su com-
messe vecchie, non potremmo guardare
al futuro dell’azienda. Dalla partecipazione al programma F-35 ci aspettiamo, perciò, una stabilità futura, oltre che notevoli progressi tecnici e professionali che
consentano l’accrescimento del nostro
know-how. L’obiettivo è che tanti giovani
altamente specializzati possano costruire il loro futuro a casa propria, ed essere
coinvolti nei mutamenti high-tech in parte attiva, senza dover per questo lasciare
la propria casa, ma facendolo nella propria terra. L’obiettivo è che OMPM sia una
finestra, stabile, da cui guardare il mondo
futuro e concorrere a costruirlo.
|
| 19 marzo 2014 |
35
SPECIALE
LA PERFEZIONE
IN TUTTE LE
PRESTAZIONI
B
SpA è una società di
ingegneria che fornisce impianti, equipaggiamenti e attrezzature per i mercati di molti settori: aerospazio, siderurgia, manutenzione veicoli ferroviari, nucleare, energia. La
società è stata fondata nel 1972 e opera
nel settore aerospazio dal 2003, avendo
sviluppato progressivamente un ampio
portafoglio di prodotti, sinteticamente rappresentato dalle seguenti linee di
offerta: piattaforme di assemblaggio; scali di montaggio; sistemi di movimentazione automatica e con operatore di velivoli e prodotti semi-finiti; celle di lavorazione complete.
L’approccio della società è di tipo
“value driven”, con prodotti su misura e sottoposti a un elevato controllo
della qualità, con modelli di business
“Customer solution model” e “Multiplier
model”. Le attività sono caratterizzate
da un forte investimento di risorse tecniche, finanziarie e umane per il raggiungimento di una relazione duratura e soddi-
36
ertolotti
| 19 marzo 2014 |
|
sfacente con il cliente e il conseguimento di soluzioni tecnologiche innovative
mediante lo sfruttamento sinergico delle competenze tecniche sviluppate trasversalmente sui diversi settori di attività.
Prima di tutto i tempi di consegna
Il fatturato annuo di Bertolotti SpA si è
attestato nell’anno concluso intorno ai 20
milioni di euro, mentre il numero complessivo dei dipendenti è di circa 90, oltre
il 40 per cento dei quali impiegati nell’ufficio tecnico e nel settore Ricerca e sviluppo. L’impresa dispone di una serie di
asset materiali e immateriali fondamentali e imprescindibili per poter lavorare
nel settore aerospazio nella veste di fornitore principale delle più importanti società produttrici di velivoli o aero-strutture.
Con riferimento alle certificazioni di
qualità, Bertolotti SpA si distingue per
la propria dotazione di un Sistema di
gestione Integrato che soddisfa i requisiti
espressi da una serie di norme internazionali, tra le quali: AS / UNI EN 9100:2009
Quality Management System for Aviation, Space and Defense Organizations;
UNI EN ISO 9001:2008 Quality Management System; UNI EN ISO 14001:2004
Environmental Management System; BS
OHSAS 18001:2007 Occupational Health
and Safety; VCA** - SCC** 2008/5.1 Safety,
Health and The Environment. Bertolotti
SpA ha inoltre ricevuto l’accreditamento
da parte delle autorità americane con riferimento alla normativa ITAR (riguardante
l’esportazione di prodotti militari).
Per quanto riguarda il programma JSF
F-35, l’impresa ha concluso il primo contratto con AleniaAermacchi alla fine del
2011. Il pieno rispetto delle prestazioni
tecniche e dei tempi di consegna e collaudo hanno dato poi l’opportunità a Bertolotti di essere coinvolta anche su contratti
successivi che hanno consentito di consolidare la sua partecipazione nel programma JSF F-35 con pieno raggiungimento degli obiettivi e impegni contrattuali.
All’interno del programma, Bertolotti è
assegnataria della fornitura di piattafor-
Foto: Ansa
Aerospazio, siderurgia, nucleare, energia. Sono
molti i mercati in cui opera Bertolotti, impresa
toscana fondata nel 1972. Per il nuovo caccia
costruisce le piattaforme di assemblaggio
e i sistemi di movimentazione automatica
DIFESA
L’innalzamento qualitativo della
Bertolotti E i buoni risultati ottenuti
nelle forniture per l’F-35 haNNO consentito
alla società di allargare il fronte delle
forniture aeronautiche alle produzioni
di aerei da trasporto merci e passeggeri
Foto: Ansa
me di assemblaggio, per i sistemi di movimentazione automatica con veicoli AGV e
infine degli scali di assemblaggio.
Non solo prodotti militari
L’azienda è stata anche impegnata in qualità di general contractor, integrando le
forniture di società americane specializzate in modo da garantire il pieno rispetto delle normative europee sulla sicurezza anche dei loro prodotti. All’interno di uno dei pacchi di lavoro che Alenia
ha ordinato era infatti compreso l’acquisto di macchine americane e relativo ade-
guamento alle normative europee, necessario per poter essere utilizzate in italia.
Le esigenze progettuali e produttive
degli impianti e attrezzature per l’F35
hanno creato le condizioni di sviluppo
della Bertolotti su più fronti, quali: nuovi software specifici del mondo aeronautico, la definizione di metodi produttivi a elevata affidabilità, sistemi di misura di altissima precisione, la formazione
del proprio personale coinvolgendo tutti i livelli e le funzioni, l’acquisizione di
macchine per le lavorazioni e di strumenti di misura, modifiche alle aree di lavo-
ro con controlli dei parametri ambientali, l’incremento dell’organico sia diretto
che indiretto che oggi si stima, in ambito aeronautico, superiore a 200 addetti.
L’innalzamento qualitativo della Bertolotti, supportato dai buoni risultati ottenuti nelle forniture effettuate per l’F35, ha consentito alla società di allargare il fronte delle forniture di impianti e
attrezzature aeronautiche alle produzioni di aerei da trasporto merci e passeggeri, quali Boeing 787 e C27J, e di instaurare rapporti con nuovi clienti aeronautici
internazionali acquisendo nuovi ordini e
nuove richieste.
Dall’avvento dell’F-35 la Bertolotti ha
avuto una significativa spinta allo sviluppo del proprio know-how, e oggi si presenta nel mercato internazionale con successo. Le previsioni del mondo aeronautico mondiale sono di bisogni crescenti, sia
nel medio sia nel lungo periodo, e questa convinzione sostiene l’attuale politica di investimenti nel settore da parte
dell’azienda toscana.
|
| 19 marzo 2014 |
37
SPECIALE
COSTRUIRE
A TEMPO
DI RECORD
Lo stabilimento Faco (assemblaggio e check
out degli F-35) è un vero e proprio prototipo
mondiale unico nel suo genere. È presente
non solo negli Stati Uniti, ma anche a Cameri
grazie all’impresa titanica di Maltauro
38
| 19 marzo 2014 |
|
dell’opera, ha coinvolto un numero elevato di tecnici specialisti nelle varie discipline (geotecnica, strutturale, carpenteria metallica, prefabbricazione in cemento armato, antincendio, protezione radar,
impiantistica di processo) che con un
attento coordinamento hanno sviluppato il progetto Faco, di fatto vero e proprio prototipo mondiale e unico nel suo
genere. Nello specifico è stato predisposto un sistema progettuale di collaborazione online e contestuale tra i vari gruppi di lavoro e quindi di archiviazione nel
medesimo database di dati interdisciplinari, produzione automatizzata di disegni, scambio di dati efficaci e funzionali
tra le diverse discipline.
Successivamente nello stesso scenario
si è dato corso alla elaborazione dei progetti as-build (cioè con le piccole e medie
variazioni rese necessarie da situazioni
di fatto), piani di manutenzione, schede
tecniche, collaudi e certificazioni. Dopo
la fase progettuale viene la fase della
costruzione. La vera e propria edificazio-
ne è cominciata il 10 gennaio 2011 e ha
rappresentato una sfida contro il tempo,
sicuramente un banco di prova per dimostrare le grandissime potenzialità tecnico-organizzative dell’impresa.
Controllo di qualità e sicurezza
Per raggiungere gli standard qualitativi e
assolvere gli impegni nei tempi stabiliti
che comprendevano, oltre alla consegna
finale prevista per il 31 marzo 2014, preventive consegne parziali a stralci autonomi e funzionali, è emersa la necessità di
tenere sotto controllo le singole forniture. È stato quindi necessario organizzare
e pianificare maestranze e tecnici addetti ai lavori e contestualmente controllare mediante opportune azioni di expediting, ovvero attività di monitoraggio
dell’avanzamento dei lavori di officina
rispetto ai programmi di montaggio in
cantiere e rispetto a quanto previsto dalle
specifiche tecniche, volte a garantire tempi di consegna e qualità fornita.
Anche azioni di controllo qualità,
Foto: Ansa
L’
Impresa Costruzioni Giuseppe
Maltauro di Vicenza si occupa
di costruzioni, impiega circa
2 mila persone e presenta un
fatturato annuo prossimo al mezzo milione di euro, suddivisi fra un 62 per cento
circa di lavori in Italia e un 38 per cento
all’estero. Le aree geografiche di intervento sono prevalentemente, oltre l’Italia, il
Medio Oriente e l’Africa settentrionale e
centrale. Maltauro è certificata ISO 18001,
ISO 14001 e ISO 9001. Possiede iscrizioni
all’albo per importi di lavoro illimitati in
tutte le principali categorie di lavori civili,
strade, opere marittime, dighe. È in possesso dell’attestazione di qualifica come
contraente generale in classifica I∞.
In data 18 giugno 2010 Maltauro si è
aggiudicata l’appalto per la progettazione esecutiva e la realizzazione delle infrastrutture e degli impianti del nuovo stabilimento JFS-Faco a Cameri per conto
del ministero della Difesa – Armamenti
aeronautici. La fase di progettazione esecutiva, punto cardine della realizzazione
DIFESA
Foto: Ansa
il faco in numeri:
superficie cantiere
527.000 mq; superficie
coperta 104 mila mq;
pavimenti interni ed
esterni 215 mila mq;
metallo e ferro
18 milioni di kg
interne al cantiere, sono state pianificate per ogni singolo componente omogeneo dell’opera; esse hanno evitato errori
ed esecuzioni non conformi ai requisiti
tecnici di progetto.
Inoltre è stato organizzato un ufficio
planning che, dotatosi di opportuni programmi lavori, ha monitorato costantemente l’avanzamento dei molteplici item.
Una particolare citazione merita quello che si è fatto in tema di gestione della
sicurezza; dati i tempi di programma molto ristretti e la realtà di lavori in sovrapposizione, è stato organizzato un opportuno
ufficio sicurezza che, affiancandosi all’organizzazione produttiva di cantiere, ha
monitorato tutti gli interventi in tempo
reale e non limitatamente al rispetto delle normative ed è intervenuto preventivamente con tutte le azioni opportune. Così
si è evitato ogni tipo di incidente, registrando il rapporto ore lavorate / incidenti tra i più bassi in Europa.
Numeri pazzeschi
Alcuni macrodati relativi alla realizzazione del progetto Faco rendono l’idea della misura dell’opera: superficie dell’intero complesso del cantiere 527 mila
metri quadrati; superficie coperta 104
mila metri quadrati; pavimenti industriali interni ed esterni 215 mila metri quadrati; carpenteria metallica 13 milioni
di chilogrammi; ferro per oltre 5 milioni
di chilogrammi; calcestruzzo armato 70
mila metri cubi.
L’avanzamento dei lavori risulta essere al 95 per cento e quindi perfettamente in sintonia coi tempi programmati. Le
operazioni di collaudo funzionale sono
state eseguite con esiti positivi così come
le operazioni di collaudo statico. Il lavoro
non ha ricevuto alcuna “non conformità”
dalla Direzione dei lavori e dal collaudatore nelle tre fasi: quella preventiva mediante campionature e schede tecniche di
ogni componente edile, elettrico e meccanico che venivano esaminate e valutate da
una speciale commissione agli ordini della Direzione dei lavori; quella dopo l’esecuzione in opera dei lavori (getti, montaggi, assemblaggi) valutandone le tolleranze di esecuzione (planarità, resistenza, caratteristiche, spessori); quella di collaudo tecnico funzionale, quando le strutture portanti vengono caricate con degli
enormi pesi o con camion carichi in base
alle portate di progetto, e con strumenti
di precisione ne vengono valutati i cedimenti, verificando in base ad appositi calcoli se sono tollerabili o meno.
|
| 19 marzo 2014 |
39
SOCIETà
COPERTINA
L’indissolubile
viaggio
È giunto il momento di una presenza vigile e attiva delle
famiglie. Non per una battaglia ideologica ma per fare
riemergere «un’ecologia dell’uomo» che lo protegga dalla
distruzione del suo corpo. E da quelle teorie del gender che
vogliono una società transgenere, postpadre e postmadre
|
40
DI EUGENIA SCABINI
| 19 marzo 2014 |
| Foto: Getty Images
Stephan Sinding, Love
(1909-14), Museo NY
Carlsberg Glyptotek,
Copenaghen (Danimarca)
|
| 19 marzo 2014 |
41
SOCIETà COPERTINA
42
| 19 marzo 2014 |
|
L’AUTRICE
Eugenia Scabini
Prima direttore e
oggi presidente del
comitato scientifico
del Centro di ateneo
studi e ricerche sulla
famiglia e professore
di Psicologia dei
legami familiari della
facoltà di Psicologia
dell’Università
Cattolica di Milano
di cui è stata preside
dal 1999 al 2011. È
inoltre co-direttore
della rivista Studi
Interdisciplinari
sulla Famiglia edita
da Vita e Pensiero
e co-direttore della
collana di Psicologia
Sociale e Terapia
della Famiglia edita
da Franco Angeli.
Family day, Roma,
12 maggio 2007
ne di se stesso», recuperando e vivificando
i fondamentali dell’umano.
Ma quali sono i fondamentali
dell’umano? Innanzitutto la persona che,
con la sua inviolabile dignità umana e la
sua libertà, è riferimento centrale della
civiltà europea ed esplicitamente al centro della Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione Europea. Dire persona è ben
diverso che dire individuo, entità astratta e sciolta dai legami, che pure ha determinato lo sviluppo del pensiero del Novecento. La persona, unica e irripetibile, è
costitutivamente un “essere in relazione”: in breve, ciascuno di noi è un “generato” che rimanda costitutivamente ai
“generanti”, entro una catena generazionale del dare-ricevere la vita imprescindibile per l’identità di ciascuno e, al tempo
stesso, per l’identità della società in cui le
persone si muovono.
Come ben dice papa Francesco nella Lumen Fidei: «La persona vive sempre in relazione. Viene da altri, appartiene ad altri, la sua vita si fa più grande nell’incontro con altri. E anche la propria conoscenza, la stessa coscienza di sé,
è di tipo relazionale, ed è legata ad altri
che ci hanno preceduto: in primo luogo i
nostri genitori, che ci hanno dato la vita
e il nome. Il linguaggio stesso, le parole con cui interpretiamo la nostra vita e
la nostra realtà, ci arriva attraverso altri,
preservato nella memoria viva di altri.
La conoscenza di noi stessi è possibile
solo quando partecipiamo a una memoria più grande».
Un insieme di organi o altro?
Ma dire che la persona è “un essere in
relazione” non è dire una cosa vaga e
impalpabile, perché la persona è un corpo vivente. Vorrei porre l’accento sulla
parola “corpo”, quel corpo che oggi è da
una parte esaltato e dall’altra manipolato a piacimento e ridotto a un insieme
di organi. Sappiamo invece dalla ricerca
psicologica che, sin dalle prime fasi della
vita, il corpo umano è attraversato da primordiali emozioni, stati mentali, capacità di interazioni e, fin dalla vita intrauterina, risponde ed è influenzato (soprattutto attraverso il corpo della madre) da
ciò che lo circonda e dal mondo affettivo e relazionale della sua famiglia, che lo
attende, pre-figurando il suo “posto”.
Il corpo umano è vivo, è vivente. Corpo vivente significa affermare che l’aspet-
Foto: Ansa
V
12 maggio
2007, quella singolare
manifestazione a Roma
chiamata “Family day”?
Al di là degli obiettivi,
è stata anche, per chi vi
ha partecipato, una grande festa di popolo, di vitalità delle famiglie. Sono passati
non molti anni da quel giorno e il nostro
mondo è occupato da tutt’altri scenari
che hanno impegnato in dibattiti e manifestazioni, ma anche in precise scelte giuridiche e sociali, molti paesi europei tra
cui la Francia e la Spagna: il matrimonio
per le coppie omosessuali, con possibilità
o meno di adozione dei figli, la sostituzione dei termini “padre” e “madre” con il
più generico “genitore A” e “genitore B” o
uno e due. Tutto questo ci ha in parte sorpreso, a volte preoccupato, ma comunque
nella maggioranza dei casi l’abbiamo vissuto un “po’ a distanza”, vuoi perché capitava altrove, vuoi perché urgenti e pressanti aspetti legati alla crisi economica
ci avevano forse fatto sentire questi temi
meno fondamentali per la vita delle famiglie, sottovalutandone la loro importanza
ai fini di una vita squisitamente umana.
Tuttavia, ora con una strategia meno
frontale ma più sottilmente invasiva, si
fanno avanti anche da noi proposte o
iniziative come l’utilizzo a Milano dei
moduli per l’iscrizione alla scuola con la
generica definizione di “genitore” invece
che di “padre” e “madre” o la pubblicazione della “Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e
sull’identità di genere”, a firma di Unar e
del dipartimento per le Pari opportunità.
Quest’ultima va ben oltre la più che legittima denuncia del bullismo e dell’omofobia e, mettendo in scacco alcuni capisaldi della costruzione dell’identità personale e familiare, ha provocato più che
legittime proteste soprattutto per quanto riguarda il fronte educativo, proteste
che hanno poi portato a un blocco della iniziativa.
È quindi il momento che quel popolo festoso riprenda coscienza di sé e faccia sentire la sua voce, non tanto per vincere una battaglia che si presenta chiaramente ideologica, ma per fare riemergere quella che papa Benedetto ha indicato
come «un’ecologia dell’uomo» che sia in
grado di proteggerlo «contro la distruzioi ricordate il
il corpo, lungi dall’essere un limite di cui liberarsi
attraverso interventi per passare dall’essere maschio
al diventare femmina e viceversa, è la risorsa e la sede
della persona: io “sono” un corpo e non “ho” un corpo
Foto: Ansa
questa originaria differenza (e non a prescinderne) offre la trama dei significati
personali e sociali, essenziali nella costruzione dell’identità. In questa prospettiva il corpo, lungi dall’essere un limite
di cui liberarsi – e attraverso interventi
manipolatori, passare dall’essere maschio
al diventare femmina e viceversa e alle
ormai numerose varianti – è la risorsa
primordiale e la sede della persona: io
“sono” un corpo e non “ho” un corpo.
to sorgivo dell’essere umano è costituito
da un’unità biologica, psichica, spirituale e relazionale. La persona è, e come tale
può pensarsi e agire, entro tale unità e in
forza di essa. La vita umana, che la Chiesa ha sempre con grande forza difeso, è
data dalla coscienza che essa è il bene per
eccellenza senza del quale nulla potrebbe
sussistere. Dire corpo vivente significa al
tempo stesso dire “corpo sessuato”. L’essere sessuato investe tutta la persona umana e non è solo una differenza anatomica.
L’umanità esiste al maschile e al femminile e una società vera è quella in cui le persone possono compiere l’imprescindibile
itinerario di umanizzazione che le porta
dal nascere maschio e femmina, al divenire uomo e donna.
In questo processo la famiglia ha un
ruolo fondamentale: come dice il noto
psicologo Urie Bronfenbrenner, «la famiglia rende umani gli esseri umani». E qui
sta il fondamento dei diritti della famiglia che troviamo chiaramente espresso
nella Carta dei diritti della famiglia di cui
da poco abbiamo celebrato i 30 anni della sua pubblicazione (e che vale la pena
rileggere). Qui, e non prima, si innesta
l’itinerario in cui la cultura, a partire da
La dualità maschio femmina
Con felicissima espressione Giovanni Paolo II nelle famose “Catechesi del Mercoledì” così ribadisce l’unità di corpo e persona e la sua riconoscibilità nella relazione tra l’uomo e la donna. «Quando il primo uomo, alla vista della donna esclama:
“È carne dalla mia carne e osso dalle mie
ossa” (Gen, 2,23), afferma semplicemente
l’identità umana di entrambi. Così esclamando, egli sembra dire: “Ecco un corpo
che esprime la ‘persona’”» (Udienza generale 9 gennaio 1980).
Così viene figurato il mistero dell’essere umano, creato nella dualità di maschio
e femmina e, quindi, radicato in una differenza, ma pure segnato da una comune appartenenza al genere umano. È
quest’ultima che consente all’uomo e
alla donna, al maschile e al femminile,
di non essere abissalmente distanti, ma,
nella relazione e tensione reciproca, parti indispensabili dell’intera umanità. L’altro consente a me stesso di riconoscermi,
l’altro è la mia attrattiva e il mio destino.
L’altro: l’altro genere, l’altra generazione, l’Altro, il Creatore di tutte le cose che
ha creato l’uomo a Sua immagine e somiglianza e l’ha creato maschio e femmina. Così ci dice l’antropologia del principio che ci pone dinnanzi all’umano come
costituito da una “uguaglianza differenziata”. Giovanni Paolo II, per esprimere
questa condizione originaria ha coniato una espressione nuova, un neologismo. Ha parlato dell’uomo e della donna
come «uni-dualità relazionale», che consente a ciascuno «di sentire il rapporto
interpersonale e reciproco come un dono
arricchente e responsabilizzante» (Lettera alle donne 8). La corporeità e l’essere
situati nella differenza sessuale ci parla
così dell’unità procreativa e del generare nella direzione del «dono arricchente e responsabilizzante» bene vitale e primario della famiglia e fonte della stessa sopravvivenza e sviluppo della società. Ma il compito affidato all’uni-dualità
interpersonale non si ferma qui poiché
l’uomo e la donna, con il loro comune e
collaborativo contributo, devono portare
a compimento il mondo e la storia.
«Il matrimonio e la procreazione in se
stessa non determinano definitivamente
il significato originario e fondamentale
dell’essere corpo, né dell’essere, in quanto corpo, maschio e femmina», così ancora ci dice questo grande Papa (Udienza
generale 9 gennaio 1980).
Certo non facile è mantenere insieme la comunanza senza svilirla nella
omologazione e la differenza senza creare pericolose scissioni. Non facile mantenere viva la tensione tra il femminile e
il maschile senza farla esplodere nel conflitto o rinchiuderla nel dominio e subordinazione dell’uno sull’altro. I cristiani
non si fanno troppe illusioni al proposito
perché sanno che c’è stata una turbativa
all’origine (il peccato originale che Giovanni Paolo II peraltro equamente distribuisce tra l’uomo e la donna) e sanno perciò che l’armonia tra i generi ma anche
tra le generazioni (le due differenze costitutive dell’umano) vanno sempre pazientemente ricostruite nella vita familiare
e sociale e non senza grande sofferenza.
L’importanza della donna
Così la realizzazione storica di questo
riconoscimento di pari dignità della persona umana ha incontrato non poche difficoltà ed è ancora oggi ben lungi dall’essere rispettato. Ne hanno fatto le spese
soprattutto le donne come del resto lo
stesso Giovanni Paolo II profeticamente
dalla Mulieris dignitatem (1988) alla Lettera alle donne (1995) e in altri numerosi
interventi già oltre trent’anni fa denunciava, rilanciando in positivo la pecu|
| 19 marzo 2014 |
43
SOCIETà COPERTINA
liarità indispensabile dell’apporto della donna alla vita umana e sociale, parlando di «genio femminile».
re, postpadre e postmadre. E la questione non sta, come in genere si dibatte,
sulla capacità delle coppie, magari dello
stesso sesso, di saper ben allevare bambini ma sta nel mettere questi ultimi nella condizione di affacciarsi alla vita con
un vuoto di origine. Il tema della generatività e del suo intrinseco riferimento
all’origine è questione centrale sia da un
punto di vista antropologico che psicologico, come abbiamo più volte evidenziato nella nostra “prospettiva relazionalesimbolica” di lettura del “famigliare”. In
questa deriva, l’itinerario a ritroso che
l’umanità oggi rischia di percorrere trascina al ribasso la persona dal riconoscimento, al misconoscimento, all’indifferenza, all’incuria.
messo in moto appassionatamente facendo ritrovare entro la proposta-esperienza
cristiana la risposta ai desideri profondi
del cuore e un senso dell’agire vivace e
concreto nella vita sociale.
La frantumazione del corpo
Dove sono oggi finiti questi fondamentali
Comunione non divisione
e la loro ricchezza e attrattiva? Sono finiti nella latenza, vivono come un patrimoOgni generazione comincia da capo ma
nio sommerso al quale così poco riusciaè destinata al fallimento se suppone di
mo ad attingere e a far diventare rilevancominciare da zero. Deve poter ritrovate nella vita personale, familiare e sociare nel patrimonio che le arriva, magale. Invece della persona compare l’indiri impoverito, la traccia di un cammino.
viduo con il suo diritto di autodetermiNoi non siamo migliori dei nostri padri
nazione e di scelta insindacabile anche
come cantavamo un tempo pensando
quando tale scelta ha conseguenze diretinvece di riuscirci. Ma possiamo riprente su un altro essere umano come tristederci e risvegliarci partendo proprio
mente accade quando si genera “affittandalla domanda che ci viene dai nostri
do” un utero o si approva l’eutanasia per
figli, dalle nuove generazioni. Dobbiamo
i minori come avvenuto di recenfare questo viaggio però insieme,
te in Belgio.
madri e padri, fratelli di condiLa frammentazione del corpo
Invece dell’unità corpo-persozione e accomunati dalla stessa
vivente produce schegge impazzite. responsabilità. Il destino del femna assistiamo, come acutamente
OCCORRE recuperare i fondamentali minile e del maschile è la comuosservava la psicoanalista Janine
Chasseguet-Smirgel già una decinione non la divisione e neppure
e rimetterli in azione perché la
na di anni fa, ad una depersonala realizzazione solitaria. Questa
responsabilità versO le nuove
lizzazione del corpo da se stesgenerazione è sfidata nel corpo,
generazioni è NOSTRA. L’EDUCAZIONE è come ogni giorno vediamo nella
so, ad una scissione tra io corpoL’AMBITO PRIMARIO DI TALE IMPEGNO
reo e io psichico. Il corpo vivencronaca, e su questo punto si conte si frantuma, diventa un oggetcentra la domanda di umanizzaQuale il nostro compito? Recupera- zione e la ricerca di identità.
to muto, si lascia meccanicamente e passivamente trascrivere dalla tecnologia re i fondamentali e metterli in azione. È
Forse che per il cristiano il tema è
che ne ha preso possesso, non senza gua- oggi il tempo di una presenza attiva, vigi- secondario? Il corpo, cristianamente la
dagno commerciale. La frammentazio- le e propositiva degli adulti, delle madri carne, il corpo di Cristo, il corpo della
ne del corpo vivente produce schegge e dei padri (ma sappiamo che possiamo Chiesa, la resurrezione dei corpi… Che
impazzite e contraddizioni palesi: edoni- e dobbiamo essere madri e padri anche cosa di più attraente di una proposta che
smo del “fisico”, determinismo del gene- dei figli altrui) perché nostra è la respon- fa trovare speranza, vita e pace nell’abtico (persino della libertà e moralità) e sabilità verso le nuove generazioni. Esse braccio con un Corpo pieno di luce che
al tempo stesso attribuzione di enorme devono potersi nutrire di quelle risorse ci lega profondamente gli uni agli altri
potenza alla cultura che avrebbe la capa- materiali, simboliche e morali che fanno e ci rende amici e fratelli, piuttosto che
cità di costruire e de-costruire la diffe- della vita una vita umana. E l’educazio- un percorso errabondo alla ricerca di sé
renza sessuale. Nelle teorie del gender ne è l’ambito primario di tale impegno attraverso la spettacolarizzazione del prodi tipo radicalmente costruttivista, oggi perché l’educazione è un proseguimen- prio corpo o la peregrinazione da un cordi moda, la “differenza reciprocante” to della generazione come ci ha ben inse- po sessuato ad un altro?
del femminile e del maschile collassa in gnato quel grande uomo e vero seguace
Torniamo insieme all’origine. E l’uniuna rappresentazione dell’essere uma- di Cristo che è stato don Luigi Giussani. co modo per essere ancora generativi e
no come indistinto, indifferenziato, ibri- Lui ha svegliato dal torpore più di una per far sì che possano esserlo le nuove
do e si preconizza una società transgene- generazione e con ciascuna di loro si è generazioni, col loro irripetibile volto. n
44
| 19 marzo 2014 |
|
CULTURA
|
AL FONDO DELLA “CORRUZIONE”
DI LUIGI AMICONE
La Follia
del nostro
tempo
“Facie ad faciem” con Emanuele Severino. Per
capire perché la civiltà della tecnica, per fare piazza
pulita della tradizione e ridurre tutto in suo potere,
«non si limita a proclamare la “morte di Dio”,
ma deve mostrare la necessità di questa morte»
A
di
Pietro Barcellona (vedi box a pagina 49), ci siamo ricordati di Emanuele Severino, pensatore che divenne filosofo all’Università Cattolica, sulle orme di
Gustavo Bontadini, e che dalla Cattolica si separò dopo essere approdato a Parmenide e, oltre Parmenide, all’eterno delle cose. C’è un punto di fuga, una memoria di Dio, in colui che è ritenuto il maggior filosofo italiano vivente e che incassò senza apparente colpo ferire dal collega ex comunista divenuto cristiano l’affermazione che «solo il discorso di Cristo si
può opporre al nichilismo biologico dello scientismo che cerca di cancellare ogni
specificità della condizione umana»? Nessuno spiraglio. Però, forse una eco di un
certo tipo di cristianesimo c’è. L’eco di una
buona novella che, spogliata della persona di Cristo e rivestita di filosofia, annuncia la salvezza dell’essere senza volto.
46
ll’apparire di un volume postumo
| 19 marzo 2014 |
|
Professore, come vede la condizione e
la possibilità di “durare” della Chiesa
cattolica, o più semplicemente del seguace di Cristo, dentro questo tempo in
cui la Chiesa e il cristianesmo in generale sono per buone ragioni costantemente nel mirino del “governo mondiale”, essendo le ultime realtà umane che
resistono al principio del “progresso”
come mero adattamento al nuovo e alle
possibilità della tecnica?
Siamo proprio sicuri che la Chiesa cattolica sia l’ultima resistenza al
“principio del progresso”, proprio della tecnica? Oltre a quella cristiana, resistono anche altre religioni, soprattutto dell’Oriente – certo meno istituzionalizzate del cattolicesimo. Ma poi, sebbene ancor meno organizzata come istituzione, tutta la tradizione umanistica
dell’Occidente esercita quella resistenza.
C’è la grandezza della tradizione filosofi-
ca; e, anche, diverse forme della cultura
del nostro tempo. La civiltà della tecnica
tende a emarginare tutte queste forme
di resistenza, tra le quali, certo, anche la
Chiesa cattolica. Per esse e per le persone che ne sono sorrette diverrà sempre
più difficile mantenere la loro configurazione. A questo punto si tratta però di
capire – ed è tutt’altro che agevole – quali siano le ragioni della tecnica e quelle
delle forze che tentano di resisterle. Ma
si possono capire le loro ragioni se non
si sa che cosa significa “ragione” e in che
consista la “potenza” da cui è sostenuta?
A quale sostegno ci affideremo per saperlo? Se ci si debba affidare alla scienza o
alla religione o ad altra forma di sapienza o di esperienza non lo può dire né la
scienza, né la religione, né altro. Rispondere a questo tipo di domande è sempre stato il compito della filosofia. A chi
vorrebbe metterla da parte sarebbe da
ricordare che sbarazzarsene è ed è sempre stato una forma di filosofia. E ancora: siamo proprio sicuri che tra “spiritualità” e “tecnica” ci sia un’opposizione così insanabile e che esse, al di sotto del loro opporsi, non abbiano un’anima comune?
Foto: Olycom
Nel dicembre scorso, quando il Fatto
quotidiano le chiese un parere su papa
Francesco e sul suo impegno personale
contro la corruzione, anche dentro la
Chiesa, lei osservò: «Questo papa, da
buon pastore, sta cercando di cambiare
le cose. Ma non vorrei che si perdesse
di vista che la “corruzione” di fondo
è l’“evasione” del mondo dal passato
dell’Occidente». Possiamo approfondire
questa considerazione?
Dopo quanto ho incominciato a dire,
la domanda che lei mi rivolge è molto
pertinente. La Chiesa e le grandi forze
della tradizione riescono a intravvedere
soltanto quale sia il loro nemico autentico. Certo, la civiltà della tecnica le contrasta e ne è contrastata. Ma altro è
|
| 19 marzo 2014 |
47
CULTURA AL FONDO DELLA “CORRUZIONE”
una tecnica che non ha ragioni, altro
una tecnica che invece le ragioni può
esibirle. Oggi si crede che la tecnica sia
ciò che essa ritiene di essere. Ma la tecnica può proporsi di ridurre tutto in suo
potere, senza che questo proposito sia
un sogno, soltanto se tutto è disponibile al suo dominio. Solo se, innanzitutto,
non esiste ciò che nella tradizione filosofica e teologico-religiosa dell’Occidente è
chiamato “Dio”.
Il nemico autentico della tradizione
è il sapere che non si limita a proclamare la “morte di Dio” – non è una semplice fede –, ma è capace di mostrare l’inevitabilità e la necessità di questa morte
(secondo il significato che queste parole posseggono all’interno della tradizione stessa – che, invece, sulla loro base
vorrebbe tenere in vita Dio). Il nemico
autentico della tradizione non sta sotto
gli occhi di chiunque. Non solo la Chiesa,
ma quasi nessuno riesce a scorgerlo. Nei
miei scritti lo chiamo “l’essenziale sottosuolo filosofico del nostro tempo”. È esso
a conferire alla tecnica il diritto di considerare tutto come disponibile al suo
dominio. La “corruzione” di fondo della
tradizione è la voce del “sottosuolo”. Essa
fa evadere il mondo dal passato dell’Occidente, ossia dalla “vita di Dio”. Spesso
non si capisce, però, che quando i miei
scritti parlano del “sottosuolo del nostro
tempo” si riferiscono alla forma più coerente della Follia. Non perché la non-Follia sia credere che Dio sia vivo, ma perché l’affermazione della morte di Dio è
la forma più coerente (e in questo senso inevitabile e necessaria) della Follia.
Si tratta, certo, di capire in che consista
l’essenza della Follia. Parlare alla polis:
questo è lo scoglio che il pensiero filosofico si trova davanti e deve evitare. La
polis è la gente, che ormai crede di poter
giudicare quel che le si dice. La scienza, ormai, non ha bisogno di mostrare
le proprie ragioni: le basta lasciar vedere le trasformazioni del mondo da essa
operate. Anche il compito delle religioni è più facile: esse non richiedono altro
che la fede, ossia qualcosa che, per quanto tormentato, non rinvia ad altro per
farsi capire ed essere praticato. L’uomo
ha innanzitutto bisogno di credere. Per
questo le forme iniziali della civiltà hanno un carattere religioso, cioè sono quel
chiedere di esser credute che può esser
capito da tutti e a cui tutti hanno bisogno di rispondere positivamente, credendo. La filosofia non ha questi vantaggi.
Non stupisce la gente con opere che stanno sotto gli occhi di tutti. E nasce come
critica e negazione del mito e della fede,
48
| 19 marzo 2014 |
|
come negazione di ciò di cui l’uomo ha
bisogno: credere.
Lei ha fatto anche questa osservazione:
«Mi lasci dire, molto sottovoce, che nonostante la sua destinazione al dominio
del mondo, la civiltà della tecnica è ciò
che chiamo “la forma più rigorosa della
Follia estrema”. Ancora più sottovoce:
la Follia estrema è credere nel carattere effimero, temporale, contingente,
casuale, dell’uomo e della realtà: è la
convinzione che ogni cosa venga dal
nulla e vi ritorni. Però la difesa suprema
dall’angoscia suscitata da questa convinzione – la difesa che nella tradizione
è costituita, in ultimo, da Dio – è diventata la tecnica. Ovunque, la tecnica sta
diventando la forma più radicale di salvezza, che oggi ha soppiantato qualsiasi
altra forma di rimedio contro la morte».
La tecnica ha sostituito Dio come consolazione e la presunzione
di “farsi da sé” dell’uomo,
l’accettazione del dato
che io non mi sono fatto
da me, ma vengo dal Mistero che fa tutte le cose
(se io mi faccio da me non
sono più neanche libero,
perché posso prevedermi,
dunque il Mistero è anche
il fondamento della mia
libertà). Ma insomma, il
suo approdo, parlo di lei,
Emanuele Severino, resta lontano dal
dubbio (o dalla domanda) di un Dio personale e dunque di una libertà umana
irriducibile al potere della tecnica?
«amo dire che l’uomo è un re
che crede di essere
un mendicante. Crede di
esserlo anche quando crede
di non essersi fatto da sé
ma di venire dal Mistero
che fa tutte le cose»
Lei rivolge a me le sue domande.
Rispondendo, anch’io mi rivolgo a lei.
Ma l’uomo è semplicemente l’individuo
al quale crediamo di parlare? È soltanto
un “credente” (nel senso più ampio, per il
quale si è credenti sin da quando si crede
di essere al mondo)? Se fosse così dovremmo accontentarci di opinioni, o di uno
scambio di atti di fede – che quando son
diversi è difficile conciliare. Incominceremo a capire che l’uomo non è soltanto individuo, ma è l’apparire della verità?
Nella frase da lei riportata all’inizio della sua domanda chiedo di parlare “molto
sottovoce” perché, in un’intervista, parlare delle vere cose ultime è sempre una stonatura. Se è detta sottovoce è più sopportabile. (Faccia conto che anche ora io stia
rispondendo molto sottovoce). Ebbene,
quella frase dice che nessuna cosa è “fatta”. Affermazione scandalosa. Può sembrare una sciocchezza. A volte capita che
mi si ricordi – come se io ne avessi perduto la consapevolezza – che l’acqua bagna
e il fuoco scalda. Però se pronuncio quel-
la frase, così palesemente contro il buon
senso è perché essa ha alle spalle certe
“giustificazioni” (chiamiamole così, alla
buona), sulle quali si è a lungo discusso e
si continua a discutere. (Il buon senso si
è scandalizzato anche perché uno diceva
di essere il Figlio di Dio – ma anche perché qualcuno ha incominciato a sostenere che non è il sole a girare attorno alla
terra , ma viceversa). In quella mia frase –
chiara quanto al suo contenuto (anche se
scandalosa o peggio) si dice che ogni cosa
è eterna. “Cosa” – nel senso più ampio:
oggetti, eventi, sfumature, ombre, errori, relazioni, piaceri, dolori, altezze, bassure. Per questo amo dire che l’uomo è
un re che crede di essere un mendicante. Crede di esserlo anche quando crede di non essersi fatto da sé ma di venire
dal Mistero che fa tutte le cose. Quando
si crede che le cose siano “fatte”, si crede
che le cose, di per sé, siano nulla: che ciò
che non è un nulla sia un nulla. Questa è
l’essenza del nichilismo e, insieme, è l’essenza del pessimismo. Anche il cristianesimo appartiene a questa essenza. In essa
consiste la Follia estrema – l’essenza della Follia. Poiché “Dio” è sempre stato inteso come il “fattore” delle cose, anche Dio
IN LIBRERIA
LA “REPLICA” DI PIETRO BARCELLONA
Ma è solo l’“altro” che ci salva
dall’auto-schiavitù illuministica
Arte, politica, educazione, fede. Sono i temi che Pietro Barcellona, scomparso il 6 settembre scorso, affronta in La sfida della modernità, un breve volume a
cura di Giuseppe Mari uscito in questi giorni per La Scuola. «Intellettuale, docente
illustre, militante del Partito comunista italiano, alla fine era ritornato alla fede
cristiana nella quale era stato educato da ragazzo». Così, tre giorni dopo la sua
morte, don Francesco Ventorino ha ricordato sull’Osservatore Romano quello che
è stato uno dei principali filosofi “avversari” di Emanuele Severino.
In una delle riflessioni riportate in La sfida della modernità, Barcellona scrive: «Gli
uomini hanno paura sostanzialmente di una cosa sola – essere liberi –. La libertà
sgomenta, perché – quando è vissuta fino in fondo – è un abisso che fa venire
le vertigini». E di fronte a questo terrore cosa fa l’uomo? Delega. «Nel nostro
piccolo, credo che il problema si ponga rispetto alla continua delega all’“esperto”
che è una malattia della modernità in quanto espropria della competenza sociale
il singolo uomo. Ma gli automatismi, da soli, non bastano (…) perché, al di là della
nostra capacità predittiva, esiste sempre l’imprevisto nella vita umana ed è su
questa componente che si gioca la partita perché è quella che provoca la libertà di
decisione. (…) Secondo me, la radice del post-umano è sempre la stessa: riuscire a
conseguire un dominio totale del processo di creazione che permetta di produrre il
clone dell’uomo, dell’essere umano in modo da eliminare la figura del Creatore cioè
di negare la creazione stessa perché questa diventa un’autocreazione continua,
che è il compimento del progetto illuministico. Il progetto illuministico è che la
modernità nasce da se stessa, si auto-legittima, non ha nessun rapporto con
l’“altro”. Senza creazione, non siamo creati neppure noi. Questo riconoscimento lo
pongo in chiave storica, cioè se io non avessi l’idea che nasco da due persone, non
avrei nemmeno l’idea della mia libertà. Il fatto che io sono stato creato, vuol dire
che non sono il risultato di una necessità, quindi sono libero anch’io». appartiene a quella essenza. Anche la tecnica si presenta come il “fattore”, ormai
il più affidabile. L’anima di Dio è l’anima
stessa della tecnica. La più umile delle
cose sta infinitamente più in alto del più
alto dei fattori. E più in alto di ogni “libertà”. Se a dire tutto questo fosse quell’individuo che lei chiama “Emanuele Severino”, con costui non bisognerebbe perdere altro tempo. Ma un antico filosofo, Eraclito, invitava a non dare ascolto “a lui”,
ma al logos, ossia alla “ragione” in quanto verità innegabile.
Il nostro maestro don Giussani e in generale, una certa schiatta di maestri, ci
ha sempre ricordato che l’uomo senza
passato non ha neanche futuro e che
nella lotta per la “memoria” (o per la
“possibilità” insita nella storia, credo
che sia un concetto manzoniano: è possibile che un fatto storico sia tanto più
vivo e attuale quanto più si riconosce
in esso un elemento che ha “durata” e
cioè non si esaurisce in quelle vicende
pur definitive, passate, che non ci sono
più) è insita la possibilità di resistenza
umana contro ogni totalitarismo e potere impersonale che, come avvertivano
dissidenti dell’Est tipo Vaclav Havel, è il
futuro/presente dell’Occidente. Lei forse non condivide. Perché?
Se i vostri maestri intendono il passato come ciò che ormai è diventato nulla,
come può esserci memoria del passato?
quella memoria di esso che viene invocata da chi è convinto della nullità del passato? E che futuro può avere l’uomo, se il
futuro è il non ancora, l’ancor nulla? Si è
amici del futuro, inteso come l’ancor nulla, perché si crede che anche l’uomo sia,
a imitazione del Fattore (Dio, tecnica), un
“fattore”: fattore del proprio futuro. Ma al
di sopra del fare c’è l’essere. Anzi, il fare è
l’illusione di fare. Il futuro autentico è la
Gloria dell’uomo, di ogni uomo. L’uomo
è destinato alla Gioia, è l’oltrepassamento del proprio aver fede e soprattutto della fede nella propria nullità. È destinato
all’autentica vita eterna, che è l’infinita
e sempre più ampia manifestazione degli
eterni. (Ma anche il cristianesimo non
dice forse che la fede, in paradiso, non esiste più e che vedremo facie ad faciem?).
In morte del suo amico e filosofo Pietro Barcellona che le dedicò un saggio
(“Severino: gli abitatori del tempo”, in
L’Occidente tra libertà e tecnica, Saletta dell’Uva), lei scrisse un garbato
LA SFIDA
DELLA
MODERNITÀ
P. Barcellona
La Scuola
128 pagine
9,50 euro
e toccante articolo sul Corriere della
Sera, nel quale citò queste parole del
marxista e infine convertito al cristianesimo Barcellona: «Solo il discorso di
Cristo si può opporre al nichilismo biologico dello scientismo che cerca di cancellare ogni specificità della condizione
umana». E proseguendo lei annotò: «E
proprio il suo ultimo libro è tutto volto
a sostenere che, nonostante le differenze, il mio discorso filosofico può essere
ricondotto al nichilismo e al determinismo fatalistico delle neuroscienze, ossia
a quella dimensione sulla quale Cristo
gli era apparso indubitabilmente vittorioso». Ecco Emanuele Severino che fu
forse l’allievo più celebre e che, suppongo, più fece angustiare i pilastri della
Università Cattolica (penso a Gustavo
Bontadini e a Sofia Vanni Rovighi), per
la sua abiura del cristianesimo, oggi,
questo “discorso di Cristo” continua a
non sfiorarlo più, oppure «si potrebbe
parlare di una vita o di un istante indimenticabili anche se tutti gli uomini li
avessero dimenticati», le sto citando
Walter Benjamin, «poiché se la loro
essenza esigesse di non essere dimenticati, quel predicato non conterrebbe
nulla di falso, ma solo un’esigenza a cui
gli uomini non corrispondono e insieme
il rinvio ad una sfera in cui trovasse corrispondenza: a un ricordo di Dio»?
Quando muore un amico lo si deve
lasciar parlare. Ne ha il diritto. Ma non le
sembra che ci sia una incolmabile differenza tra quanto sostengo (anche in queste mie risposte) e quanto Pietro mi faceva dire? Gli amici del determinismo e
gli amici della libertà sono due modi di
esprimersi della stessa anima: l’anima
della fede in cui si crede che – o ineluttabilmente o liberamente – le cose escano dal nulla e vi ritornino. La non-Follia sta al di fuori di questa opposizione.
Sta anche al di fuori dell’opposizione tra
gli amici e i nemici di Dio. L’istante indimenticabile è la non-Follia della verità –
eternamente al di fuori dell’oblio. Non è
il possesso di qualche privilegiato. Sta e
si illumina nel profondo di ogni uomo.
Anche di coloro che non sanno di esserne
la manifestazione. n
|
| 19 marzo 2014 |
49
L’ITALIA
CHE LAVORA
Come rinasce
UN FIORE
Paola Naldi lotta contro un male incurabile dall’età
di dodici anni. «Pensavo di non avere futuro. Invece
ho imparato a realizzare bouquet, un lavoro davvero
gratificante e che dà i suoi frutti. Ho capito che una
strada c’è sempre, per tutti. E io ne sono la prova»
«L
di ringraziamento a festa finita per me non
hanno prezzo». Paola Naldi è felice nei panni inattesi e profumati della sua
seconda vita, riempita da creazioni floreali per matrimoni ed eventi. La sua
attività è a Imola, dove Paola, 34 anni, vive assieme al marito e dove la sua passione si è
trasformata in professione.
Il suo volto e le sue creazioni lasciano trasparire una persona positiva e ottimista,
nonostante una vita che la vede combattere contro un male oscuro che ha iniziato a
manifestarsi quando Paola era solo una ragazzina che amava andare a cavallo: «Nel 1992
avevo 12 anni e iniziarono a comparire alcune cisti sul mio corpo. Allora facevo equitazione e mi davano molto fastidio. Mio zio, medico ortopedico, le fece analizzare e scoprì che si trattava di neurinomi, tumori benigni sotto la guaina mielinica dei nervi. A
16 anni cominciai ad avere problemi di equilibrio, davvero strano per me che avevo sempre resistito con forza alle sgroppate dei puledri. E poi cominciavo a non sentire più tanto bene, ma mi vergognavo a tal punto che solo molti mesi dopo mi convinsi a parlare
di questo problema con un otorino, che mi prescrisse alcuni farmaci per la otosclerosi,
una malattia che in genere compare in età più avanzata». Ma il tempo passa e Paola continua a peggiorare: «Sono stata visitata da un luminare di Venezia che mi fece l’esame
dell’udito e mi cambiò la staffa, nonostante mia madre insistesse per fare una tac. Questa cosa mi fece davvero innervosire e portò a una causa legale che vincemmo». A scuola era un incubo, perché all’inizio pensavano che mentissi e che in realtà sentissi benissi-
50
| 19 marzo 2014 |
|
a gioia degli sposi e i loro messaggi
A sinistra, Paola
Naldi che a Imola
ha aperto la sua
attività Les fleurs
di Paola & co.
mo. Il responso di una tac atterrì tutti, medici e genitori: avevo due tumori delle dimensioni di due palle da tennis, uno vicinissimo al nervo acustico a sinistra – che aveva compromesso il mio udito – e l’altro
sul nervo dell’equilibro. Ma la cosa più spaventosa era
la mia schiena, che appariva interamente ricoperta di
tumori». La terribile scoperta suona come una condanna per Paola: ad affliggerla è una malattia rara, la neurofibromatosi di tipo 2: «Quando la diagnosticarono
non si sapeva nemmeno bene cosa fosse. Nel mio caso
è frutto di una mutazione genetica – una base azotata
sbagliata – che la rende ancora più aggressiva».
Da lì comincia il calvario di Paola, fatto di esami
del sangue e scoperte che di giorno in giorno definiscono un quadro clinico preoccupante: «Sono stati anni terribili, fatti di sofferenza, in cui non sapevo spiegarmi cosa mi stesse succedendo. Poi per fortuna ho incontrato a Lugano uno dei migliori chirurghi al mondo, che mi ha salvato la vita almeno tre volte e che mi ha aiutato moltissimo anche umanamen-
te. E, grazie a un suo consiglio, la mia vita è cambiata dopo anni davvero bui». Il medico di Lugano, «che
ormai per me è come un padre, è in pensione ma
continua a seguirmi» consiglia a Paola di imparare
a leggere il labiale e di rivolgersi a una logopedista.
Le due diventano amiche e la dottoressa spinge Paola ad andare all’oratorio san Giacomo di Imola: «Qui
è cominciata la mia rinascita, ho trovato degli amici
veri e in loro ho ritrovato Gesù. Loro mi hanno accolto
e so che mi accompagneranno per tutta la vita. Insieme abbiamo affrontato tutti i miei problemi di salute e so che quando altri guai arriveranno, questi amici saranno con me. E poi all’interno dell’oratorio ho
conosciuto mio marito Lajer, originario del Mozambico: siamo sposati da più di sei anni. Lui è una roccia
perché non drammatizza nulla, ed è l’unica soluzione per andare avanti perché con me, si sa, c’è sempre
qualcosa che non va».
Chi conosce Paola finisce per scordarsi la sua
malattia: la sua gioia di vivere e il suo ottimismo
|
| 19 marzo 2014 |
51
L’ITALIA CHE LAVORA
A sinistra, il marito
Lajer, originario del
Mozambico. «Lui è
una roccia perché non
drammatizza nulla, ed
è l’unica soluzione per
andare avanti perché
con me, si sa, c’è sempre
qualcosa che non va»
«Non so per quanto la salute mi permetterà
di continuare, ma per il momento do tutta
me stessa. nella diversità è possibile
valorizzare le doti, stimolare il potenziale»
sono contagiosi, come la sua ironia: «Non so come
faccio a ridere delle mie disgrazie, forse lo faccio perché cerco di vivere ogni secondo della mia esistenza
come un dono». Sull’ultimo intervento alla testa subito poche settimane fa chiosa: «Sto bene, ho solo dovuto
cambiare pettinatura». La malattia l’ha portata anche
a una quasi totale cecità, eppure Paola ha trovato la
forza di laurearsi in Conservazione dei Beni culturali, «e sono a un passo dalla laurea in Archeologia. Non
potrò fare la carriera che ho sempre sognato, ma credo
di poter lasciare tracce di me in altri modi».
Contro la burocrazia
Grazie all’aiuto dell’instancabile mamma, del marito e di due preziosissime amiche, Paola è riuscita a
inventarsi un lavoro «pieno di gratificazioni e che in
poco tempo sta dando i suoi frutti. Non so neanche
per quanto ancora la salute barcollante mi permetterà di continuare, ma per il momento do tutta me stessa. Ho fatto corsi base di composizione floreale e seguo
aggiornamenti in giro per l’Italia: sono contenta che
le mie creazioni piacciano ai clienti non perché sono
malata ma perché trasmettono passione, determinazione e armonia». Dopo aver mosso i primi passi spinta dalla curiosità, Paola capisce che questa è la sua
strada e le richieste dalle coppie di sposi sconosciuti
cominciano ad arrivare: «Prima una coppia, poi 5, poi
52
| 19 marzo 2014 |
|
12 e così via. È bellissimo soddisfare le richieste degli
sposi per il loro matrimonio e cercare anche di andargli incontro economicamente».
L’attività Les fleurs di Paola & co, così si chiama,
prosegue spedita e le permette di guadagnare: «La
malattia in questi vent’anni ha fatto molti danni. Per
questo motivo spesso sono stata oggetto di visite da
parte della commissione medica che doveva accertare se c’era una truffa ai danni dello Stato o no. Fortunatamente, a un certo punto hanno smesso di pensare che stessi bluffando. Per lo Stato non rientro in nessuno schema preciso: non sono sorda perché lo sono
diventata a 15 anni, quindi troppo tardi, non sono cieca perché vedo un pochino da un occhio. Ho tremori,
epilessia, ho subìto interventi di tutti i tipi e soffro di
dolori lancinanti, ma per le istituzioni sono invalida
civile al 100 per cento senza accompagnamento. Percepisco una pensione di 276 euro con la quale riesco a
malapena a pagare le medicine. Sono riuscita a mettere in piedi la mia attività grazie ai miei genitori che mi
hanno aiutato economicamente. Lo Stato non mi aiuta in nessun modo, io non voglio assistenzialismo ma
una mano per partire e andare avanti».
Nonostante la malattia genetica e le difficoltà
burocratiche, Paola non si arrende e continua a realizzare splendide composizioni floreali per matrimoni o altri eventi: «Ogni tanto mi capita di fare qualche
testimonianza nelle scuole e spesso i ragazzi mi chiedono se mi piacerebbe cambiare il corso degli eventi.
Io rispondo sempre di no, perché so che c’è un disegno buono per me. La strada della nostra vita spesso
non è immediata, capire da che parte stiamo andando richiede tempo. Io cerco solo di trasmettere ai
ragazzi che anche nella diversità è possibile valorizzare le doti, stimolare il potenziale. La vita non finisce perché non si prende 100 alla maturità o non si
è ammessi all’università dei sogni. Non bisogna rassegnarsi, né essere fatalisti: occorre lottare e se tutto
sfuma, se la vita non va come vorremmo, non bisogna
arrendersi. Bisogna trovare un’altra direzione, perché
un’altra strada c’è sempre, per tutti, e io ne sono la
prova. Quando a 18 anni mi dissero che sarei diventata sorda pensai che la mia vita era finita. Se ci penso
ora mi viene da ridere: magari avessi avuto solo quel
problema. Invece sono una mina vagante, ma sono
felice anche nella mia totale precarietà».
Paola D’Antuono
STILI DI VITA
CINEMA
ALCUNE CLAUSOLE AI CONTRATTI
Impiego pubblico? Conta il merito
PRESA D’ARIA
di Paolo Togni
E
liminare i lacci e i laccioli che la burocrazia pone all’utile svolgimento della vi-
ta nazionale: chi non è d’accordo con questo programma? Nemmeno il più
incallito e conformista dei burocrati sarà contrario, o perlomeno contrario
si dichiarerà. Ma andate poi a toccare la minima prerogativa del più piccolo dei
travet, anche senza toccarne i privilegi, e avrete la misura di cosa significhi avere a che fare con una difesa a oltranza, di chi combatte con le unghie e coi denti e utilizza qualunque mezzo per non cedere neanche un millimetro di terreno.
Perché questo atteggiamento (che non è paragonabile con quelli assunti in circostanze analoghe da altre categorie)? Credo siano vari i motivi: la spinta a conservare potere e controllo su specifiche situazioni; l’inveterata abitudine, assurta
addirittura a caratteristica antropologica, a considerarsi parte della struttura del
potere, costretta a interloquire senza entusiasmo non con cittadini, ma con sudditi; e soprattutto la storica appartenenza, culturale e socio economica, alla classe
piccolo borghese: quella che coltiva il guicciardiniano “particulare” prima di ogni
altro valore, e più di questo.
Mediamente il burocrate appare come persona meschina, incurante dell’interesse pubblico e dei suoi stessi doveri d’ufficio se non coincidono con i propri personali interessi, o quanto meno
MANDARE A CASA I DIPENDENTI
ad affermare un incondizionato
potere sui terzi; non certo come
STATALI? QUESTO È ESAGERATO.
il solerte servitore dello Stato e
però BISOGNEREBBE INTRODURRE
del pubblico dovrebbe. Tutti a
DEI REQUISITI PER ENTRARE
casa? Forse sarebbe esagerato,
E RIMANERE NEL PUBBLICO, come
ma introdurre tra i requisiti per
IL MERITO E L’ATTEGGIAMENTO
diventare e rimanere dipendenti pubblici almeno un po’ di meNEI CONFRONTI DEI CITTADINI
rito e un’analisi degli atteggiamenti verso i cittadini non sarebbe sbagliato. E soprattutto non sarebbe sbagliato
abbattere lo sciagurato sistema delle inamovibilità, che consente il formarsi di
concrezioni di potere solide al punto da vanificare la conduzione politica dell’amministrazione. Ma per rendere effettiva e utile questa importante innovazione occorre che si verifichino due presupposti: che i vertici dell’amministrazione, cioè
la parte politica, siano in grado di definire una efficace programmazione, e che
siano in grado di svolgere il necessario controllo sulla validità, la coerenza e l’efficacia dei risultati conseguiti nella gestione, dall’esito del quale dovrà dipendere
il trattamento futuro e la stessa permanenza nell’amministrazione del funzionario. In soldoni, che ci siano politici più preparati e che la valutazione sia oggettiva,
stringente e tempestiva; e soprattutto che venga realmente effettuata.
[email protected]
HUMUS IN FABULA
BIOPARCO
Un nuovo ospite
allo Zoom di Torino
Il bioparco Zoom di Torino
sta per aprire i suoi habitat a
un nuovo ospite: il rinoceronte bianco. L’animale appartiene
ai programmi European Endangered Species Programe (Eep)
in quanto specie ad alto rischio
di estinzione. I numeri parlano chiaro: in soli 3 anni (20102013) i tassi di abbattimento da
54
| 19 marzo 2014 |
|
parte dei bracconieri sono passati da 30 a circa 700 esemplari l’anno. Di questo passo si
è calcolato che in soli 28 anni
spariranno tutti i 20 mila esemplari che oggi vivono in stato di
libertà. La richiesta sul mercato
nero del corno di rinoceronte è
altissima a causa della credenza
nella sua capacità curativa, dalla febbre all’epilessia e addirittura il cancro. Non solo, alla polvere di corno vengono riconosciuti
potentissimi poteri afrodisiaci.
Il valore del corno è altissimo:
75 mila dollari al chilogrammo.
Se si pensa che un singolo pezzo può arrivare a pesare anche
Lei,
di Spike Jonze
Melodramma
da Oscar 2014
In un futuro prossimo un
uomo solitario vive una
storia d’amore con un sistema operativo.
Melodramma splendido e
struggente scritto e diret-
to da quel talento di Spike
Jonze. La storia è risaputa,
ma il cast (anzi l’attore, praticamente l’unico in campo,
Joaquin Phoenix), l’ambientazione sospesa tra passato e futuro e soprattutto
la sceneggiatura, premiata
con un Oscar, fanno la differenza. In un mondo in cui
tutti ma proprio tutti vivono e parlano con una specie
HOME VIDEO
Moebius,
di Kim Ki-duk
Film Fuori Concorso
Per vendicarsi dei tradimenti del marito, una donna evira il figlio.
Film da pazzi, fuori di testa.
Una donna se la prende perché il marito la cornifica. Prova
a evirarlo ma non riesce. Allora
taglia gli attributi al figlio, poveraccio. Poi scappa. Il padre si
fa prendere dai rimorsi, se lo fa
asportare per donarlo al figlio.
Ma al figlio non funziona più.
Fino al ritorno della mamma.
Tutto muto, no dialoghi, solo
urla. Era Fuori Concorso all’ultimo Festival di Venezia.
6 chilogrammi, significa che il
bracconiere in sole 48 ore (cioè
il tempo calcolato per uccidere
l’animale e immettere sul mercato la polvere del suo corno)
può arrivare a guadagnare fino
a 450 mila dollari.
Rigenerazione donna
Il materiale di riciclo
diventa arte
Nello studio d’arte “via Tommaseo 32” di La Spezia, sabato 8
marzo è stata inaugurata la collettiva “Rigenerazione Donna”
con opere realizzate con materia-
le di riciclo da diverse artiste che
interpretano il complesso mondo
femminile utilizzando frammenti di oggetti appartenuti ad altri, scarti ormai avviati a un destino di degradazione e di oblio,
che magicamente vengono a rivivere una seconda vita mostrando tracce, memorie e significati che ancora possono suscitare
emozione. È un riciclo insieme reale e metaforico che, insinuando
dubbi e riflessioni sul modo di vivere nella società d’oggi, afferma
con un linguaggio umile, ma forte e chiaro, la necessità di un’inversione di rotta nel rapporto uomo-ambiente.
ATTENZIONE O ALTRO?
di Iphone, Theodore svolge l’unico lavoro che forse
ha ancora un senso. Scrive
lettere d’amore per sconosciuti, o meglio le detta al
computer. Lui, che se ne sta
sempre immusonito e solitario, in crisi dopo la rottura con la fidanzata. Lui, così chiuso con se stesso, solo
davanti a una macchina riesce a trovare le parole che
non è mai riuscito a dire. La
svolta avverrà quando con un
nuovo sistema operativo, innovativo e consapevole e, soprattutto, donna, Theodore
comincerà pian piano a entrare in un rapporto che lo
porterà alla vita vera. visti da Simone Fortunato
SPORTELLO INPS
In collaborazione con
DOMANDA & RISPOSTA
Tutto quello che
bisogna sapere
Requisiti per la pensione
Buongiorno redazione, sono un
militare e ho maturato il diritto
per la pensione di anzianità (41
anni e 5 mesi). Quando mi verrà
corrisposto il Tfr?
Oronzo N.
Gentile signor Oronzo, nel caso
i quaranta anni di contribuzio-
invia il tuo quesito a
[email protected]
Leggere una
storia ai piccoli
Il regista
Spike Jonze
MAMMA OCA
di Annalena Valenti
È
ancora possibile leggere, raccontare storie che durino più di 10 nanosecondi a bambini? È un problema di attenzione quello dei bambini
di oggi, distratti da immagini sempre
più veloci e dal ritmo incalzante delle
richieste, per cui non c’è o non lasciamo loro lo spazio per uno stop d’ascolto, o c’è altro? Alcune esperienze recenti mi offrono l’occasione per fare una
semplice osservazione. Per la prima volta ho letto un libro ai bambini “grandi”
di un asilo nido. La paura di un eventuale caos di rotolamenti e pianti è stata
sbalzata da quindici minuti di attenzione tale che l’espressione “pendere dalle
mie labbra” l’avrei potuta coniare proprio in quel momento, per quei bambini di 2 anni. Ma cosa cercavano gli occhi
di quei bambini in una storia raccontata? E il Gio quando non vuol leggere le
ultime pagine di un libro, «per non finire l’avventura», cosa cerca? E quei bambini che a 8 o 9 anni smettono di leggere perché nei libri trovano, al più, modi
d’uso per sapere come si vive? Abilità
nel raccontare una storia, inserimento
di giochi, profumi, gadgets e ritagli che
impreziosiscono: basta questo a creare
lettori? Un bimbo di 2 anni in una storia cerca quel che cerchiamo noi, e continuerà a leggere a 8 e 9 anni se avrà trovato, almeno qualche volta, anche solo
in poche pagine, la risposta che fa per
lui al mistero della vita. Che in una bella storia c’è sempre e continua ad agire,
ad accadere, anche a libro chiuso.
mammaoca.wordpress.com
ne non siano stati maturati entro il 31 dicembre del 2011, il
Tfs (trattamento di fine servizio, ndr) non potrà essere corrisposto prima di 24 mesi dalla
data di risoluzione del rapporto
di lavoro. Solo nell’ipotesi in cui
lei abbia raggiunto entro il 31
dicembre 2011 l’aliquota massima della retribuzione pensionabile con i 53 anni e 3 mesi di
età (da compiere prima del 31
dicembre 2015 e, in ogni caso,
prima della cessazione del rapporto di lavoro) il termine potrebbe essere di sei mesi.
Ho svolto il servizio militare (di-
ciotto mesi) e poi alcuni periodi
di lavoro presso diverse aziende
private. Dopodiché sono stato
assunto in forma stabile presso
un piccolo comune del territorio
lombardo. Tutti questi periodi li
ho ricongiunti da qualche tempo, ma non sono sicuro che rientrino nel calcolo per raggiungere i 18 anni alla data del 31
dicembre del 1995 per il calcolo retributivo.
Giuseppe R.
Gentile signor Giuseppe, per
determinare l’anzianità al dicembre del 1995 si tiene conto
di tutta la contribuzione accre-
ditata o derivante sia da periodi di effettivo lavoro, sia da
periodi di ricongiunzioni o riscatti vari.
Sono una dipendente pubblica
dal dicembre del 1976, a gennaio del 2014 ho raggiunto i 37 anni di contributi e i 58 anni di età.
Quando avrò diritto ad accedere
alla pensione anticipata?
Elena L.
Gentile signora Elena, raggiungerà i requisiti per la pensione anticipata il primo dicembre del
2018 con 41 anni e dieci mesi
di contribuzione.
|
| 19 marzo 2014 |
55
Tempi
Leggi il settimanale
sul tuo tablet
AT&T
Aggiorna
Beppe Grillo e Casaleggio?
Meluzzi: «Il M5S è una setta
messianica e millenarista»
di Francesco Amicone
Tempi.it
Il quotidiano online di Tempi
Tempi Mobile
di Luigi Amicone
Le notizie di Tempi.it
sul tuo smartphone
Bergomi e Spagna ’82: «La forza
era il gruppo. Come nella
Nazionale di quest’anno»
di Luigi Amicone
di Luigi Amicone
Nazionale di quest’anno»
era il gruppo. Come nella
Bergomi e Spagna ’82: «La forza
di Luigi Amicone
per la famiglia»
le magnifiche giornate milanesi
Papa: «Come ho vissuto
di Carlo Candiani
Seguici su
«Una follia anche economica»
Bologna, referundum anti-paritarie.
di Antonio Simone
del nuovo compagno di cella
Simone: Il segreto (rivoluzionario)
TUTTI GLI ARTICOLI
di Oscar Giannino
di religione
spread, ormai è una guerra
Giannino: Altro che debiti e
PER PIACERE
DA GIULIA, MILANO
Eccovi i crudi di pesce. Altro
che minimalismo fighetto
IN BOCCA ALL’ESPERTO
AMICI MIEI
LIBRI/1
Giovanni Paolo II
raccontato da amici
e collaboratori
A un anno dalla rinuncia al suo
pontificato, il papa emerito Benedetto XVI ha rotto il suo silenzio. E lo ha fatto accettando
l’intervista proposta dal vaticanista polacco Wlodzimierz Redzioch, dopo aver ricevuto le
bozze del libro Accanto a Giovanni Paolo II. Gli amici e i collaboratori raccontano. Il volume
esce per le Edizioni Ares di Milano (256 pagine, 15,90 euro)
e riunisce 22 contributi forniti da altrettanti amici e/o stretti collaboratori di papa Wojtyla
nell’occasione della sua canonizzazione fissata da papa Francesco nel giorno della festa della
Divina Misericordia, il 27 aprile
prossimo. «Il mio ricordo di Giovanni Paolo II è colmo di gratitudine. Non potevo e non dovevo provare a imitarlo, ma ho
cercato di portare avanti la sua
eredità e il suo compito meglio che ho potuto. E perciò sono certo che ancora oggi la sua
bontà mi accompagna e la sua
benedizione mi protegge», ha
detto Benedetto XVI. La vita, il
pensiero, il programma e i sogni
di Karol Wojtyla affiorano pagina dopo pagina, attraverso i ricordi partecipati, e spesso commossi, del vissuto quotidiano
accanto al Pontefice. Il risultato
è un ritratto a più mani, quanto
mai vivo, variopinto e particolareggiato, assolutamente fedele e completo di Karol Wojtyla,
l’uomo, il Papa, il Santo. Oltre all’intervento di sua santità
Benedetto XVI, sono presenti
quelli di Amato, Bertone, Biocca, Buzzonetti, Deskur, Dziwisz, Echevarría, Grygiel, Kabongo, Mari Mokrzycki, Mora Díaz,
Nagy, Navarro Valls, Normand,
Oder Póltawska, Ptasznik, Ruini, Sodano e Svidercoschi. L’au-
di Tommaso Farina
C
he bello ritrovare a Milano un altro ristorante “massimalista”, contrapposto al minimalismo fighetto, supercilioso e
dilagante che ormai attanaglia la città italiana purtroppo
più esterofila e corriva nei confronti delle mode.
Non ditelo neppure, alla famiglia Galantino: padre, madre e
figlio, pugliesi di Bisceglie, ristoratori per vocazione. Al limitare
della Chinatown, mandano avanti un locale, Da Giulia (questo il
nome della signora Galantino), ch’è un antidoto ai sapori di massa. Cucina mediterranea, dicono di fare. E la fanno. Influssi siciliani ma specialmente pugliesi, come da carta d’identità. Il tutto, da
delibarsi in un ambiente con tavoli grandi, sedie comode, foto artistiche alle pareti, luci soffuse, al punto che sembra di entrare in
un altro mondo. La carta dei vini è quasi tutta composta da bianchi del Sud, selezionati con acume e originalità, tanto che perdoniamo la mancanza d’indicazione dell’annata.
E ora, la cucina. All’inizio arriverà un assaggio di focaccetta
fatta con la farina di “grano arso” pugliese, con una ricotta infornata di Castelvetrano. Poi, i piatti: qui si viene per la personale rielaborazione dei crudi di pesce, un classico per nulla modaiolo
a Bari e dintorni. Ma gli antipasti cotti non demeritano: il polpo
grigliato al pepe rosa è di rara spontaneità. Grandiosi e barocchi,
di primo, i busiati (pasta fresca di tradizione sicula) di farina nera
con pesto di pistacchio e bottarga di tonno alla siciliana; attirano
i paccheri ripieni di pesce spada con vellutata di melanzane viola,
e il risotto ai gamberi rossi al profumo di finocchietto selvatico.
Di secondo, se siete in due, provate il gran fritto. Altrimenti, consolatevi con la stupenda, possente parmigianina di tonno
con crema di zucchine e porri saltati, un piatto da provare assolutamente.
Di dolce, il biancomangiare con crema di sottobosco, o la cassata infornata. Una cucina che non fa prigionieri. Spesa di circa
60 euro a cranio, per pesce di qualità suprema e tanta simpatia.
Per informazioni
Da Giulia
www.ristorantedagiulia.it
Piazza Gramsci, 3 – Milano
Tel. 0236512177
Chiuso il lunedì
tore, Wlodzimierz Redzioch, dal
1981 al 2012 ha lavorato presso L’Osservatore romano.
LIBRI/2
Le parabole di Gesù
raccontate ai bimbi
Si chiama “Biba” la nuova collana di libri per l’infanzia della casa editrice Marcianum Press di
Venezia. Una serie di album illustrati per far conoscere ai bambini dai 3 fino ai 6 anni le parabole di Gesù, con la speciale
guida della simpatica pecorella Biba. Grafica accattivante e
pulita, il primo album racconta la storia de Il figliol prodigo
(16 pagine, 4,90 euro), arricchita da parole pronunciate da papa Francesco in varie occasioni.
Disegni e giochi accompagnano
i bambini, ma è presente anche
l’intero testo della parabola. Un
vero aiuto, simpatico ed educativo, per i genitori.
LIBRI/3
Una lettura critica
su papa Francesco
È uscito lo stesso giorno della
scomparsa di uno dei suoi au-
tori, Mario Palmaro, che con
Alessandro Gnocchi ha trasferito la ditta simbiotica Fruttero
& Lucentini in ambito cattolico.
E di questo cattolicesimo, attento alla tradizione, alle forme
e alla nostalgia della liturgia
in latino, si fa partecipe il terzo autore, Giuliano Ferrara, direttore del forse unico giornale al mondo che ama Francesco
ma al tempo stesso lo discute
con argomentazioni appassionate e controverse. Questo Papa piace troppo (Piemme, 220
pagine, 15,90 euro) raccoglie
interventi in parte già pubblicati sul Foglio. Mentre Ferrara,
da buon pigmaglione, ne espone le ragioni di battaglia teologico-culturale. «Senza questa
parola di contraddizione, papa Francesco risulterebbe il beatissimo cocco di quel mondo
che si vuole assolto nei peccati e nei vizietti mondani dalla
sua strategia della carità». Formidabile bastian contrario rispetto all’onda di febbrile entusiasmo generata dal Papa che
dice «buonasera» e telefona a
chi gli scrive, il libro ha comunque il merito di suscitare una
non superficiale attenzione al
Pontefice conclamato di “rottura” e di “rivoluzione”.
|
| 19 marzo 2014 |
57
motorpedia
WWW.RED-LIVE.IT
A CURA DI
DUE RUOTE IN MENO
Yamaha X-Max 400 Abs
Venduto in più di 100 mila unità dal lancio nel 2005, l’X-Max 250 è stato per anni l’anello di congiunzione tra la semplicità degli scooter di piccola cilindrata e il comfort di quelli di media cilindrata. Grazie al motore
brillante, alla buona guidabilità e al vano sottosella capace di contenere
due caschi integrali è diventato un successo che Yamaha vuole ripetere
con il nuovo X-Max 400, che cresce di cilindrata, potenza e coppia, senza
aumentare gli ingombri, che restano decisamente contenuti. Evoluzione
del 250, punta su design, gusto di guida e capienza del vano sottosella.
Sportivo e un po’ rigido di sospensioni, vanta un motore dall’erogazione
[sc]
molto regolare, anche se non entusiasma nello spunto.
58
| 19 marzo 2014 |
|
X-Max 400 è
cresciuto
di cilindrata,
di potenza e
di coppia senza
aumentare
gli ingombri
potenza esuberante, affronta benissimo
il traffico cittadino e i cordoli di una pista
Seat Leon Cupra
numeri da vera supercar
I
l momento di stanca del mercato non riesce a far perdere il sorriso a Seat, che nel 2013 è riuscita ad aumentare la propria quota di mercato puntando forte sulla nuova Leon. Proprio il neonato modello di segmento C
ha dato una grande spinta al marchio di Martorell, crescendo del 113 per cento rispetto al 2012 e andando a conquistare nuovi clienti con modelli inediti come la Station
Wagon ST. Ora è il momento della Cupra, che della famiglia Leon è la punta di diamante, grazie a numeri degni di
una supercar.
La Leon Cupra spazza via in un colpo solo ogni pregiudizio sulle berlinette molto spinte. Ha una potenza esuberante ma è in grado di affrontare con la stessa disinvoltura
il traffico cittadino come i cordoli di una pista. La versatilità, soprattutto se la sceglierete con carrozzeria a 5 porte,
è il suo punto di forza e la rende più appetibile di quanto si possa pensare. La Cupra è in grado, infatti, di svolgere tranquillamente il ruolo di unica auto di famiglia; nel
traffico si muove docile, è dotata di sistema Stop & Start e
con un minimo di attenzione può consumare solo 6 litri
per 100 chilometri.
L’altra faccia di questa Seat è quella
La Cupra è in grado
di svolgere il ruolo ipersportiva, che viene alla luce quandi unica auto do dalla consolle centrale si sceglie la
di famiglia. con mappatura Cupra – ce ne sono 4 dispoattenzione consuma nibili: Comfort, Normal, Cupra e Persosolo 6 litri per 100 nal – che aumenta la cattiveria di rispokm. Poi si trasforma sta all’acceleratore, irrigidisce l’assetto
in una vera sportiva (le sospensioni sono a regolazione eletche regala emozioni tronica) e cambia perfino voce al 2.0 litri TFSi, che in questa configurazione
esprime tutta la sua cattiveria. 280 cavalli e una coppia di
35,7 kgm non solo spingono la Cupra a 250 km/h autolimitati, ma le consentono di sbrigare la pratica 0-100 km/h in
soli 5,8 secondi (5,7 se si utilizza il cambio DSG), un tempo
eccellente per una trazione anteriore, equivalente a quanto fatto registrare dalla Porsche Cayman. Con la differenza che la Seat ha un listino che parte, tutto compreso, da
32.200 euro per la versione tre porte con cambio manuale.
Bella da guidare andando con calma, gratificante
quando si sfonda il tappetino con l’acceleratore, la Seat Leon Cupra può contare su un telaio bilanciato, su un assetto
decisamente centrato e “neutro” (non ci sono mai reazioni
anomale) e su un differenziale autobloccante che consente
di far convivere al meglio tutti quei cavalli e la trazione anteriore. Insomma, è una sportiva vera, capace di prestazioni notevoli e di regalare un piacere di guida degno di una
supercar. Salvo tornare auto per la famiglia quando serve.
Stefano Cordara
|
| 19 marzo 2014 |
59
POST
APOCALYPTO
IL DOLORE PSICHICO E SPIRITUALE
Benedetta pazzia
che mi hai fatto amare
la sofferenza e la vita
C
aro padre Aldo, mi chiamo Roberto, ho 54 anni, sono medico, e faccio parte del movimento di Comunione e liberazione. Un’amica mi ha suggerito di scrivere a lei per raccontarle del mio problema che da anni mi sta rendendo la vita molto pesante e infelice. Che mi toglie la voglia di vivere. I momenti di serenità sono sempre più brevi e i periodi di
ansia sempre più lunghi.
Ho una bella famiglia di cinque figli, tre maschi e due femmine. Anche questo mi crea preoccupazione, perché vorrei seguirli più da vicino, con più affetto, mentre specialmente nei week-end dove l’ansia mi attanaglia di più, mi rifugio nel mio piccolo angolo, normalmente il letto, sto con gli
occhi chiusi e non voglio vedere nessuno. Al lavoro faccio fatica, anche se verso il martedì riesco
a rasserenarmi e a lavorare meglio. Prego Gesù che mi faccia sentire la sua presenza, che mi aiuti nella sua grande misericordia, che mi dia quella forza che ha lei, padre Aldo.
L’ho ascoltata diverse volte e mi ha sempre commosso; mi sono chiesto come fa a essere sorretto da Dio nella sua situazione di ansia. Ho da poco iniziato un nuovo percorso di psicoterapia con
una brava psicologa e quando esco dal suo studio mi sento un altro, mi sento bene, pieno d’energia e fiducioso. Spero, con l’aiuto di Dio, di venire fuori da questa situazione, ma la strada è ancora lunga e faticosa e non ho la certezza della guarigione. Come può lei aiutarmi? Un caro saluto.
Roberto
G
razie per la tua lettera che mi permette, ancora una volta, di ritornare sul tema che dà
tanto fastidio a tutti: il dolore, in particolare il dolore psichico e quello spirituale. Una ragazza mi ha scritto: «È bello vedere come il Signore la protegge e l’accompagna. Spero
di non offenderla chiedendole di non includere più il mio indirizzo tra i mittenti delle sue email.
La sua opera è preziosissima ma sono una ragazza molto sensibile e faccio fatica a leggeLA TORTURA DELL’ANSIA È
re le notizie sui malati senza diventare triste».
TERRIBILE, HO SOFFERTO
Comprendo perfettamente questa ragazza,
perché nei lunghi anni del mio esaurimento
MOLTO, TUTTO IL MONDO
certi libri, compresi quelli di don Luigi GiussaMI SEMBRAVA OSTILE.
ni, non riuscivo a leggerli: ogni frase mi colpiva ma allo stesso tempo mi ossessionava perMA HO IMPARATO A
ché continuavo a ripetermi che io non vivevo
RINGRAZIARE DIO PER IL
affatto nel modo descritto in quei libri, non ne
ero capace. Un’ossessione che mi faceva stare
DOLORE CHE MI HA DATO.
malissimo. Mi confortavano solo quei testi in
SOLO COSì NON SONO
cui si parlava dell’umano nella sua interezza.
Caro dottore, comprendo quanto mi scrive
DIVENTATO UN BORGHESE
perché sono passato anche io per quel calvaCOME TANTI AMICI,
rio. Ho avuto anche la tentazione di togliermi la vita. E se non fosse stato per quell’abGENTE NATA STANCA
60
| 19 marzo 2014 |
|
Alcuni bambini
di padre Aldo
nella clinica
della Fondazione
braccio di don Giussani, certamente non
sarei qui a risponderle. Ho odiato la vita, ho
rifiutato mio padre e mia madre colpevoli di avermela data. Non solo loro, ma il mondo intero mi era ostile. Almeno fino all’incontro con don Giussani. Ricordo che una
persona del gruppo adulto mi tormentava in
continuazione chiedendomi: «Ma tu a chi appartieni?». Sperava che io rispondessi: «Alla fraternità San Carlo». Ma non potevo, non
riuscivo a risonderle perché io vivevo solo di
quell’abbraccio di don Giussani e dell’amore
di quella donna per cui ero impazzito.
Quanta paura dei matti
La tortura dell’ansia è terribile. Ricordo che
un giorno don Pino aveva parlato a don
Massimo del mio rapporto con quella persona. Don Massimo mi chiamò per telefono. Ero a Faller da mia madre e lui voleva
che lo raggiungessi a Roma. Ho preso il treno ma dentro avevo un’agitazione che si trasformò in pianto quando seppi il motivo per
cui mi aveva chiamato. Una specie di «Redde
rationem villicationis tuae» (resa dei conti).
Avrei altri mille esempi da raccontarti sulle
mie ossessioni che rasentavano la pazzia. Ri-
di Aldo Trento
cordo che avevo il terrore di vedere un matto: mi spaventava l’idea di finire in un manicomio. Sarei stato disposto a tutto pur di
non vedere questi malati perché il mio terrore era diventare come loro. E poi pensa che
ironia: nella clinica ho incontrato e accolto
anche i matti.
Alzarsi la mattina e andare al lavoro – e
per di più un lavoro delicato e difficile come quello di un medico – con l’ansia che ti
brucia lo stomaco è una impresa che solo
la fede permette. Amico mio, grazie a questo tormento, che nel mio caso è durato anni, ti scoprirai capace di un’umanità e di un
amore che i tuoi colleghi borghesacci e cinici
neppure si immaginano. Pensa cos’ha fatto
il Signore in questo paese con un matto come me. E non bastasse la pazzia, ho sofferto l’abbandono e la solitudine, perché il dolore è sempre e solo personale. E adesso che
per puro miracolo Dio mi ha tolto la pazzia,
di cui vorrei tanto scrivere tutti i dettagli, mi
ha regalato la spondilite anchilosante.
Da Scilla sono caduto in Cariddi, come ci insegnavano un tempo a scuola. Quasi due decadi di tortura psichica e adesso la tortura
fisica. Ma non è solo questo il dolore che vi-
vo. Anche la mancanza di padre Paolino mi
fa soffrire. Piangendo e fra mille dolori, ho
gridato tutta la mia rabbia a Gesù: «Ma è
colpa mia se sono nato biondo e non con la
pelle da indio? È colpa mia se sono nato a
Faller, se ho solo la quinta elementare per lo
Stato italiano e di teologia ho imparato soffrendo ogni riga di don Giussani? È colpa
mia se poi ho obbedito e sono venuto in Paraguay e qui il Signore ha fatto queste opere
che io non volevo e che mi hanno creato tanti problemi?».
Quanta gente triste e tirchia
Non c’è giorno che non viva un dolore diverso
dall’altro. Mi alzo alla mattina e devo chiedere a Dio e alla Madonna che mi aiutino a mettermi seduto sul letto per infilarmi i calzini e
vestirmi. Non voglio vedere le email se prima
una ragazza italiana non mi dice da chi arrivano, perché ho paura che mi facciano star
male. Come è successo oggi, quando una persona della San Carlo mi ha scritto di avere
più rispetto dei superiori. Mi sono permesso
di rispondergli che un tempo i frizzi erano l’allegria di don Giussani e il segno della maturità di una compagnia.
Caro Roberto, mi permetto di dirti queste
cose perché dobbiamo imparare che possiamo ringraziare Dio della sofferenza. Solo così non diventeremo borghesi come la maggior parte degli amici che abbiamo, i nati
stanchi, che sono tristi anche se pieni di soldi
e per questo addirittura tirchi.
Mentre termino questa lettera ho qui davanti un ragazzo indio che mi sta chiedendo un
paio di mutande perché ha solo i pantaloni. È uno dei quattro ragazzi indigeni venuti dal Chaco che vivono con me. Non avevano
mai visto una macchina prima di arrivare qui.
Vanno a scuola ed è una gioia sapere che nella prima superiore ho 20 ragazze delle favelas e 15 indios di diverse tribù, felici perché si
sono sentiti accolti come don Giussani aveva
accolto me. Questa sì che è una vera comunità religiosa plurilingue che mi permette di
amare con tanta tenerezza il mio Gesù e ringraziarlo per il suo amore. E poi la sorpresa di
chi mi è amico: sono arrivati qui all’improvviso Marcos e Cleuza per festeggiare il compleanno di Cleuza. Tanto dolore ma tanto amore da parte della gente che rimane semplice
benché abbia incarichi importanti.
[email protected]
|
| 19 marzo 2014 |
61
LETTERE
AL DIRETTORE
Tra tante disgrazie
Mario ci ricorda che
siamo servi inutili
D
a un’intervista di Mario Palmaro al Foglio: «Il dolore più grande che provo è l’idea di dover lasciare
questo mondo che mi piace così tanto, che è così bello anche se così tragico; dover lasciare tanti amici, i parenti;
ma soprattutto di dover lasciare mia moglie e i miei figli che
sono ancora in tenera età... mi fa capire che sono, e sono stato, un servo inutile, e che tutti i libri che ho scritto, le conferenze, gli articoli, non sono che paglia. Ma spero nella misericordia del Signore, e nel fatto che altri raccoglieranno parte
delle mie aspirazioni e delle mie battaglie, per continuare l’antico duello». Benedetta Frigerio
Riascolteremo Mario nel libro che
ha scritto con Gnocchi&Ferrara.
2
Leggo sull’Unione Sarda di oggi (6
marzo 2014), nella cronaca di Oristano, che il consigliere Mariangela Massenti, in seguito alla constatazione che
nessuna coppia si è iscritta al registro
delle unioni civili di cui è stata la solerte promotrice, lamenta l’insufficiente
pubblicità istituzionale riguardo all’esistenza di tale registro e il mancato
adeguamento dei regolamenti di ludoteche, asili nido eccetera. Non la sfiora neanche il pensiero, nella sua foga ideologica, che di questo strumento
la popolazione di Oristano non avesse
concretamente alcun bisogno. Maria Paola Meloni via internet
Prendiamola dal verso giusto: l’oristanese ha sale in zucca e il consi-
gliere si scorda di essere rieletta.
2
In questi tempi di politically correct,
espresso spesso anche da diversamente amici, ti chiedo questo piccolo spazio per rendere pubblico il mio dolore
per la vicenda di Antonio Simone e di
tutte le persone coinvolte in questa disgrazia dove i giudici dalle mani pulite e dall’anima imbrattata (come li definiva un caro sacerdote qualche anno
fa nell’anteprima di un libro molto letto
anche dai diversamente amici) hanno
per l’ennesima volta calpestato la giustizia e fatto strame della legalità. Se
qualcuno sta pensando di fare qualcosa conti pure su di me.
Roberto Lorenzo Rossi via internet
Simone ringrazia, ci pensa, si svaga.
2
Dalla cosiddetta “Primavera araba”
di Fred Perri
COLLEGHI, DATEVI UNA CALMATA
L
ungi da me l’idea di giustificare quello che si sente
negli stadi. A me danno fastidio anche i reiterati insulti, il fatto che la percentuale di contumelie nei confronti degli avversari e dei parenti prossimi di costoro (soprattutto mogli, madri e fidanzate)
sia all’80 per cento, contro il 20 di sostegno alla propria squadra, figuriamoci se non mi fanno schifo i cori
62
| 19 marzo 2014 |
|
su Superga, sull’Heysel, sugli ebrei e tutto il resto del
campionario delle nefandezze da stadio.
Qualche anno fa venni anche bacchettato da un
giornalista/opinionista che, dopo un articolo da me
scritto su questo tema (ahimé, non cambia nulla), sostenne che lo stadio di calcio è il moderno Colosseo e
quindi bisogna che la plebe dia libero sfogo alla sua
Foto: Ansa
Dalle curve escono molte coglionate
dobbiamo star lì ad annotarle tutte?
[email protected]
alla crisi attuale in Ucraina, alle altre crisi regionali, si conferma l’inadeguatezza (sperando senza dolo) della ministra degli esteri europea “lady”
Ashton. Non sarebbe il caso di mettere sul tavolo la richiesta di dimissioni? Carlo Candiani
Penso che dopo le prossime europee parecchie lady Ashton dovranno darsi alla numismatica.
2
Come si è sentito alla notizia dell’indennizzo di circa 130 mila euro a un
giudice, sancito dal tribunale amministrativo, per caduta da una sedia carente? Io malissimo, anche perché un
altro giudice ha stabilito in 1.700 euro la somma da versare a mia moglie
da parte dell’azienda ospedaliera presso la quale lavorava quale indennizzo
per avere contratto in servizio una duplice embolia polmonare e per la quale è stata pensionata perché “permanente inabile al servizio”. Dimenticavo:
l’importo, largamente inferiore all’onere da noi sostenuto per avere ragione,
non è stato ancora liquidato. Mi dirà
anche lei che “è l’Italia, bellezza”?
Antonio Ascione
Torre del Greco (Na)
No, è che l’ermellino costa un botto.
2
Con tutti i gravi problemi odierni le
nostre deputate insorgono per la mancata introduzione delle “quote rosa”.
Vero, loro sono le “migliori”. Mauro Mazzoldi via internet
Non facciamo i misogini e distin-
A LEZIONE DI MATRIMONIO DA COSTANZA MIRIANO
«L’amore è molto più a forma
di croce che non di cuore»
CARTOLINA DAL PARADISO
di Pippo Corigliano
S
ul Foglio del 6 marzo Costanza Miriano scrive un articolo sul tema della famiglia,
oggetto del prossimo Sinodo dei vescovi. Riporto alcuni passi: «Il paradosso
dell’amore è che due infiniti bisogni di essere amati si incontrano con due limitate capacità di amare. Sono domande che solo a partire dal ’900 sono diventate di
massa in Occidente, dove si è affermata la visione romantica dell’amore, quell’amore
ideale ed emotivo che non resiste all’impatto con il reale, e che vive solo… nell’attesa
mai compiuta del congiungimento (che è esattamente il motivo per cui i film finiscono al bacio finale, tendina, the end, disperazione della spettatrice che non sa mai come vivranno insieme lui e lei, se saranno felici, quanti figli avranno, mai, in nessuno
dei film caposaldo dell’educazione sentimentale delle fanciulle: Cenerentola, Harry
ti presento Sally, Cime tempestose, Pretty Woman e via baciando)». «A me interessa
che la Chiesa m’insegni che il cuore va educato, e che mi ricordi che l’uomo da solo
non è buono, non è capace di amare, che solo Dio con la sua tenerezza infinita per
l’uomo può dire per sempre, che ci si sposa in tre, io, lui e Dio, e che la fedeltà è una
lotta, è non smettere di lavorare sul matrimonio, è ricondurre ogni sera lo sguardo,
a volte è anche come mordere un sasso…». E conclude: «L’amore è molto più a forma
di croce che non di cuore. Di questo annuncio il mondo ha un bisogno disperato». In
sintesi: soltanto se si è di Cristo si capisce il matrimonio cristiano.
guiamo, per favore, la beghina Prestigiacomo dal leone Santanchè.
2
Riguardo alle “attenzioni” di Report su
Verona, faccio solo presente che esiste almeno un precedente. Ricordate Luis Marsiglia? Durante non ricordo quale campagna elettorale, costui
venne ritrovato, a Verona, in non buone condizioni, disse di essere stato
malmenato e mostrò messaggi di mi-
naccia. Michele Santoro dedicò almeno una vibrante puntata alla città luccicante ove crescono il disagio sociale
e l’insensibilità. Ebbene, dopo le elezioni Marsiglia confessò di essersi inventato tutto e aver fatto tutto da solo.
Credo che la città di Verona attenda
ancora le scuse di Santoro.
Marco Beghi via internet
Credo che l’Italia attenda ancora
che Santoro&Co siano pensionati.
Foto: Ansa
SPORT ÜBER ALLES
voglia di sangue. Purtroppo non ero d’accordo allora e
non lo sono adesso. Il Colosseo mi piace nel Gladiatore, non nella realtà.
Però, compagni e amici, bisogna che ci diamo una
calmata, non è che si può stare lì a prendere nota di
tutte le cazzate sparate in uno stadio. Uno stadio di
calcio è un po’ come la “rete”. Dicono che abbia soppiantato i media tradizionali, ma in realtà, senza giornali e tv a fare da grancassa, tutto quello che accade
in “rete” non lo saprebbe nessuno, a parte quei coglioni eternamente connessi. Con gli stadi è lo stesso. Bisognerebbe far scendere un velo (pietoso) su quello che
si sente. Ignorare i cretini è una grande scelta di vita.
|
| 19 marzo 2014 |
63
taz&bao
Troppo
liberi
«Mentre la signora Obama promuoveva assiduamente
nuovi salutari menu scolastici disposti dal Congresso
e dai regolatori, quegli stessi menu si sono rivelati un
flop. Pezzetti di carne, pasta granulosa… Come l’ha
messa giù eufemisticamente un rapporto governativo
a luglio, le scuole hanno “affrontato varie sfide legate
all’accettazione di alcuni degli alimenti da parte degli
studenti”. (…) Adesso sull’American Journal of Public
Health un gruppo di medici canadesi sposa l’idea di
tassare il junk-food sulla base del fatto che “i costi
dell’obesità derivante dalle cattive scelte nutrizionali
individuali sono sopportati dalla società intera in
termini di tasse, di produttività dissipata e di un
sistema sanitario sovraccaricato”. Certo, si potrebbe
dire lo stesso di quasi qualunque tipo di cattiva scelta,
ma gli americani paiono non darsene pensiero. Nel
2000 un giudice del New Mexico ordinò che Anamarie
Martinez-Regino fosse tolta ai genitori a causa del suo
peso. L’ordinanza generò scandalo e rigetto tra gli
americani. Ma la cultura politica è cambiata.
L’ex sindaco di New York Michael Bloomberg e altri
politici sono addirittura riusciti a farsi rieleggere
battendosi contro i grassi trans e cercando di vietare le
bevande gassate. L’obiettivo è far sentire le persone più
belle e più sane concedendo loro minore autonomia.
“Non si è mai troppo ricchi né troppo secchi”, dicono
a Hollywood. Ma si può essere troppo grassi e anche, a
quanto pare, troppo liberi».
Christopher Caldwell Financial Times, 7 marzo 2014
64
| 19 marzo 2014 |
| Foto: Official White House Photo by Pete Souza
MISCHIA
ORDINATA
CREATIVITà OLTRE LE INADEGUATEZZE
La maestria di Annette
orafa senza dita
di Annalisa Teggi
«Similemente operando a l’artista/ ch’a l’abito de l’arte ha man che trema» (Paradiso, canto XIII)
B
ellezza. Non se n’è mai sentito parlare
così tanto. Qualcuno si è addirittura
chiesto se anche Peppa Pig ha rilasciato una dichiarazione ufficiale sul film di Sorrentino. Tutti ne parlano, e più che fare una
recensione della pellicola, tutti hanno voglia
di dire la loro sulla bellezza. Ed è giusto, anzi
naturale, perché connaturato. Lo scroscio impetuoso di tutta questa frenesia per la bellezza, mi ricorda la vecchia storia
contenuta in quel vetusto rac- in teoria ci sarebbero sempre mille validi motivi
conto che è la Genesi: il Creato- per defilarci dalle grandi imprese. Invece, anche
re si mise all’opera e di ogni co- il semplice lavoratore è un operaio qualificato
sa che creò disse che era buona.
Semplificando, in modo brutale: Dio fa una tro non possa succedere niente di brutto. Facosa, la guarda e dice che gli piace. E pare che re gioielli è un’arte che richiede grande maequesta buona abitudine ce l’abbia attaccata, stria; è forgiare, limare, scolpire la preziosità
considerando il successo planetario di quella già contenuta nella materia grezza fino a dartrovata chiamata Facebook: pubblichiamo in le la forma di creazioni minute, incantevoli
bacheca le cose fatte (e osserviamo quelle de- e perfette. Annette fa tutto questo e lo fa senza dita, a causa di una malformazione congli altri) e poi clicchiamo “mi piace”.
Dopo milioni di anni di evoluzione, l’uo- genita. Quando racconta del suo mestiere ne
mo è ancora quello che Dio volle somigliante parla con spontanea cordialità e senza rama sé. Non è solo un esecutore che fa e non è so- maricarsi della sua malformazione; dice che
lo uno spettatore che commenta. È un addet- quelle mani senza dita sono le uniche specie
to ai lavori ingaggiato in un progetto gran- di mani che ha conosciuto fin dalla nascita,
dioso, quell’opera d’arte bella e buona che è le uniche con cui ha imparato quel mestiere
il mondo, a cui collabora a cuore scoperto e che ama e che compie senza ricorrere a struinteressato. Eppure spesso le sue mani trema- menti diversi da quelli degli altri orafi.
Ecco, in teoria ci sarebbero sempre milno. L’Italia è bella eppure Pompei cade a pezzi. Le grandi opere sono importanti eppure le validi motivi per defilarci dalle grandi e
belle imprese (materie prime scarse, condinei cantieri ci sono più avvocati che operai.
Dal bilancio degli «eppure» si esce fermi zioni sfavorevoli, errori ripetuti). Potremmo
e sconsolati. Ma basta anche solo un esem- dichiararci assenti giustificati. Invece, alla
pio umano di operosa creatività in carne e os- prova dei fatti anche il lavoratore inadeguasa per sbriciolare tutti gli «eppure» di questo to è un operaio qualificato. Al giovane poeta,
mondo. Prendiamo il caso della signora An- preoccupato di trovare qualcosa che potesse
nette Gabbedey, una talentuosa orafa ingle- ispirargli nobili versi (in cerca della grande
se di 48 anni, specializzata nella creazione bellezza, insomma), Rilke rispose: «Se la sua
di gioielli in diamante e opale. La vetrina del giornata le sembra povera, non la accusi; acsuo negozio non ha nulla da invidiare a quel- cusi se stesso, si dica che non è abbastanza
le di Cartier e Tiffany, quei regni in cui la bel- poeta da evocarne le ricchezze; poiché per
lezza luccica così tanto da dare l’impressione chi crea non esiste povertà, né vi sono luoghi
– come diceva Audrey Hepburn – che lì den- indifferenti o miseri».
66
| 19 marzo 2014 |
|