newsUCIPEM n. 500 – 29 giugno 2014 ▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬ Unione Consultori Italiani Prematrimoniali E Matrimoniali 20135 MILANO - via S. Lattuada, 14-c.f. 801516050373- 02.55187310 [email protected] http://www.ucipem.it “notiziario Ucipem” unica rivista ufficiale - registrata Tribunale Milano n. 116 del 25.2.1984 direttore responsabile Maria Chiara Duranti. supplemento on line - direttore editoriale Giancarlo Marcone ▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬ Le "news" gratuite si propongono di riprendere dai media e inviare informazioni, di recente acquisizione, che siano d'interesse per gli operatori dei consultori familiari e quanti seguono nella società civile e nelle comunità ecclesiali le problematiche familiari e consultoriali. 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CASA FAMILIARE Assegnazione di casa in comodato per separazione o divorzio. CHIESA CATTOLICA Dibattito sulle unioni civili per coppie gay. DALLA NAVATA Ss. Pietro e Paolo - anno A – 29 giugno 2014. DIRITTI Eurochild. Fissati i cinque obiettivi per il periodo 2014/2018. FECONDAZIONE ARTIFICIALE Per fare un figlio l'amore conta più della biologia. FORUM Associazioni FAMILIARI «Ci vogliono politiche di sostegno per le coppie in crisi». Unioni civili. Ripartiamo dai diritti individuali ISTAT La rilevazione sulle separazioni e sui divorzi. Anni 2008-12. Calo separazioni e divorzi. matrimoni religiosi più stabili. Triplicate le separazioni dei matrimoni di lunga durata. Pochi matrimoni? La Chiesa ha tolto semplicità e naturalezza. Indicatori demografici – riferimento anno 2013. OMOFILIA Unioni gay. Non facciamo finti matrimoni ma vera solidarietà. OSSERVATORIO per L’INFANZIA Rinasce dopo due anni di attesa. PARLAMENTO C.Deputati Assemblea. Ratifica della Convenzione dell’Aja 1996. 2° Comm. Giustizia. Attribuzione del cognome ai figli Senato 2° Comm. Giustizia. Coppie di fatto e delle unioni civili 1 REGIONE LAZIO SCIENZA & VITA SESSUOLOGIA SINODO DEI VESCOVI UNIONI CIVILI Divorzio breve Funzioni e delle attività dei Consultori Familiari regionali. Nel Lazio si tuteli la maternità e la libertà di coscienza. Fertilità addio? E’in calo il numero medio degli spermatozoi. La Chiesa verso il Sinodo sulla Famiglia Diritti individuali delle persone conviventi in ambito privatistico. ▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬ ADOZIONE E AFFIDO Adozioni più facili. La Chiesa in campo. «Oggi l’adozione e l’affido sono pratiche troppo complicate e le prime vittime di percorsi tanto tortuosi sono i bambini senza famiglia, che hanno bisogno di cure più adeguate». Al termine della Settimana estiva di formazione, che si chiude oggi a San Giovanni Rotondo (Foggia), il direttore dell’Ufficio famiglia della Cei, don Paolo Gentili, lancia la proposta di una «rinnovata alleanza» tra tutti i soggetti in campo (famiglie, associazioni, Tribunali dei minori, servizi sociali, psicologi, Governo), per snellire le pratiche e rendere più facile il percorso verso l’adozione e l’affido. «Le testimonianze di questi giorni – sottolinea don Gentili – ci hanno mostrato la fatica cui sono sottoposte le famiglie che vogliono aprire il proprio cuore e la propria casa a piccoli senza mamma e senza papà e, invece, si scontrano con una burocrazia implacabile che rende tutto molto più complicato e difficile. Crediamo, allora, che ci sia la necessità di creare un luogo comune di incontro dove tutti gli attori si possano confrontare e cercare, insieme, di rendere i percorsi più lineari e brevi. L’Ufficio famiglia si offre come luogo di incontro, per costruire questo sguardo unitario, fare sentire meno sole le famiglie e indicare nuovi orizzonti di speranza». Una prima, importante risposta positiva è arrivata direttamente alla Settimana di San Giovanni Rotondo, a cui ha partecipato, tra gli altri, anche la (vice) presidente della Commissione adozioni internazionali, Silvia della Monica, che ha manifestato interesse e disponibilità verso la proposta: «È un progetto che condividiamo, per costruire percorsi di accompagnamento e accoglienza delle coppie che scelgono di aprirsi all’adozione e all’affido». Sulle difficoltà, non soltanto burocratiche ma anche relazionali cui vanno incontro le coppie che scelgono la via dell’adozione, si è soffermata, durante la Settimana, anche Ina Siviglia, docente di Antropologia teologica a Palermo. «Del figlio, o dei figli adottati, soprattutto se non sono molto piccoli, se sono stranieri, se parlano un’altra lingua, si conosce molto poco – ha detto –. A volte non si riesce a sapere nulla della loro storia, dei loro affetti negati, delle loro esperienze negative in istituti per bambini abbandonati, delle loro relazioni significative lacerate. Tutto rende difficile l’armonizzazione e l’integrazione in una famiglia e in una rete parentale, completamente diverse dalla realtà vissuta precedentemente». Di fronte a questi problemi, molto spesso la famiglia (non soltanto quella adottiva o affidataria) non trova sostegno nelle istituzioni, come ha ricordato il presidente del Comitato scientifico dell’Osservatorio nazionale sulla famiglia presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, Stefano Zamagni. «Ancora oggi – ha sottolineato l’economista – l’Italia destina alla spesa per maternità e famiglia poco più dell’1% del Pil, la quota più bassa tra tutti i Paesi dell’Unione Europea. Come a dire che la famiglia, in quanto tale, non è un soggetto che è destinatario in via prioritaria di politiche e dunque di risorse nel nostro modello di welfare. Non solo, ma quasi completamente assente è l’equità orizzontale nei confronti delle famiglie con figli a carico e ciò nonostante la Costituzione esplicitamente riconosca la rilevanza sociale e economica delle funzioni svolte dalla famiglia». Alla luce di queste considerazioni, non stupisce, quindi, il continuo calo delle nascite, anche recentemente certificato dall’Istat (quasi 20mila nati in meno nel 2013 rispetto al 2012) e ricordato alla Settimana della Cei dal demografo dell’Università Milano-Bicocca, Gian Carlo Blangiardo. Entro il 2031, ha anticipato lo studioso, «le coppie senza figli aumenteranno notevolmente fino a raggiungere i 6,4 milioni, mentre le coppie con figli diminuiranno di 400mila unità». Tanti buoni motivi in più per preparare strade meno tortuose a quelle che, generosamente, vorranno aprirsi all’adozione o all’affido di bambini senza genitori. Paolo Ferrario avvenire 22 giugno 2014, pag. A12 www.scienzaevita.org/rassegne/9dadf276af3a73c55754b826d8823a4e.pdf ▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬ ADOZIONI INTERNAZIONALI Benin: temporanea sospensione delle domande di adozione internazionale. 2 Stop momentaneo alle nuove domande di adozione internazionale in Benin. Lo comunica il Dipartimento di Stato Americano che precisa anche che tale sospensione è legata alla prossima attuazione, da parte del Paese africano, della Convenzione dell’Aja sulla Protezione dei Minori e la Cooperazione in materia di adozioni. Questo il comunicato pubblicato dall’autorità statunitense. “Il Benin ha informato il Dipartimento di Stato Americano che, dal 22 maggio 2014, è temporaneamente sospesa l’accettazione di nuove domande per l’adozione internazionale, mentre il governo del Benin si prepara ad attuare la Convezione dell’Aja sulla Protezione dei Minori e la Cooperazione in materia di Adozione Internazionale. La sospensione si applica sia alle adozioni piene che a quelle semplici di bambini beninesi. Il 26 febbraio 2014, l’Assemblea Nazionale ha approvato una proposta di legge che ha autorizzato il Benin ad aderire alla Convenzione. Il Ministro degli Affari Esteri ha annunciato che sono in corso delle procedure per depositare l’adesione, ma non ha fornito una linea temporale”. Il Benin, piccolo Stato di 6 milioni e mezzo di abitanti, è uno dei Paesi africani in cui anche le coppie italiane sono solite adottare. Nel 2013 sono stati 8 i minori beninesi per cui è stata rilasciata l’autorizzazione all’ingresso nel nostro Paese come figli adottivi: tre in più rispetto al 2012 e uno in meno rispetto al 2011. In tutto, dal 2000 a oggi, sono 43 i bambini del Benin adottati in Italia, molti di più dei 6 accolti negli Stati Uniti. L’età media dei piccoli beninesi è tra le più basse per quanto riguarda i minori accolti nel nostro Paese. Gli 8 bambini adottati nel 2013 non superavano, al loro ingresso in Italia, l’età media di 2,9 anni: solo quelli provenienti da Etiopia, Vietnam, Armenia, Senegal e Mali erano mediamente più piccoli. Ai. Bi. 26 giugno 2014 www.aibi.it/ita/category/archivio-news ▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬ AFFIDO Le osservazioni dell’ANFAA al DL ratifica della convenzione dell’Aja del 1996. Si è svolto il 6 giugno 2014s. a Firenze, presso l’Auditorium del Consiglio Regionale, il Convegno dal titolo: “Verso nuove forme di affido. Tra convenzioni internazionali e diritto dei bambini ad avere una famiglia: il ddl n. 1589, ratifica della convenzione dell’Aja del 1996 sulla responsabilità genitoriale”, organizzato dall’Istituto degli Innocenti. L’Anfaa è intervenuta all’interno della tavola rotonda, esprimendo le proprie vivissime preoccupazioni relativamente al contenuto del disegno di legge in oggetto ed esponendone i principali motivi. L’Anfaa Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie riconosce l’importanza della Convenzione firmata all’Aja il 19 ottobre 1996 che regola nei dettagli le modalità di attuazione di ogni specie di misura da emettersi a protezione dei minori, anche in considerazione della crescente dimensione dei flussi migratori e dell’evoluzione che caratterizza l’andamento dei cosiddetti matrimoni misti. Le materie di tali misure sono elencate in maniera minuziosa all’articolo 3 della Convenzione (esercizio della responsabilità genitoriale, diritto di affidamento e di visita, tutela e curatela, rappresentanza e assistenza, amministrazione patrimoniale, ivi compreso il collocamento del minore in kafala previsto dagli ordinamenti statali a matrice islamica, ecc.), con particolare attenzione ai casi in cui il minore destinatario di tali misure sia cittadino di uno Stato diverso da quello nel quale le stesse devono trovare concreta applicazione. La Convenzione, all’articolo 4, esclude peraltro in maniera esplicita dal proprio campo di applicazione l’adozione e le misure che la preparano. europa.eu/legislation_summaries/justice_freedom_security/judicial_cooperation_in_civil_matters/jl00 46_it.htm L’Anfaa esprime le proprie vivissime preoccupazioni relativamente al contenuto del disegno di legge in oggetto, esponendone qui di seguito i principali motivi. estratto passim L’A.C. n. 1589 esorbita ingiustificatamente dall’ambito di applicazione della Convenzione. La Convenzione non prevede due tipi di kafala, ma l’A.C. n. 1589 crea invece due nuovi istituti giuridici: l’affidamento o assistenza legale del minore non in stato di abbandono e l'assistenza legale del minore in stato di abbandono) (…) Conclusioni e proposte. Ad avviso di questa Associazione, il testo dell’A.C. n. 1589 dovrebbe pertanto essere modificato radicalmente, recependo nel nostro ordinamento i principi di cooperazione e di trasparenza previsti dalla Convenzione dell’Aja del 1996 e quindi: • snellire le procedure relative alla gestione infra-Stati delle misure di protezione dell’infanzia e dell’adolescenza che si rendano di volta in volta necessarie e indifferibili, anche attraverso la predisposizione di adeguati e specifici modelli decisionali e l’individuazione di precise figure 3 istituzionali, rivestite di comprovata competenza ed esperienza, e quindi in grado, come tali, di interloquire con i corrispondenti organi stranieri; • inserire i collocamenti minorili che si presentano come difficilmente inquadrabili nel panorama legislativo nazionale (ivi compresa la kafala) nell’ambito dei provvedimenti relativi agli affidamenti eterofamiliari, e non in quelli inerenti l’adozione (…) • prestare una giusta considerazione alle tematiche familiari delle coppie miste con minori in kafala, anche in vista dei ricongiungimenti familiari; • potenziare e favorire la stesura di accordi bilaterali o multilaterali con gli Stati di diversa cultura e legislazione al fine di rimuovere quanto più possibile gli ostacoli che impediscono di procurare una famiglia ai minori che ne sono privi; • prevedere le coperture finanziarie necessarie all’attuazione della Convenzione in oggetto da parte dell’Italia: non è ammissibile che gli interventi previsti possano essere forniti senza costi aggiuntivi, in un momento in cui i tagli alla spesa sociale sono continui e hanno già provocato la riduzione se non l’interruzione di molti interventi socio-assistenziali! L’A.C. n.1589 all’art. 12 prevede, infatti: “Dall’attuazione delle disposizioni contenute nella presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le pubbliche amministrazioni interessate all’attuazione delle disposizioni della presente legge vi provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente”. Segnaliamo che in base agli ultimi dati del Rapporto finale pubblicato nel novembre 2013 dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali relativo agli affidamenti familiari e ai collocamenti in comunità, al 31 dicembre 2011, risulta che il 17,1 % dei minori affidati e il 32,3 % di quelli in comunità sono stranieri. Non è peraltro prevedibile il numero dei minori che potrebbero arrivare in Italia a seguito dell’approvazione dell’A.C. in questione, se venisse approvato nell’attuale stesura. L’Anfaa è a disposizione per ogni ulteriore chiarimento e/o approfondimento in merito a quanto esposto. Torino, 6 giugno 2014 testo completo e note www.anfaa.it/wp-content/uploads/2014/06/Anfaa-seminario-6.6.14-Firenze-su-ddl-1589.pdf http://www.anfaa.it ▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬ ANONIMATO Anfaa su proposte di legge su accesso identità della donna che non ha riconosciuto il proprio nato. Si è svolta il 3 giugno 2014 l'audizione dell'Anfaa presso la Commissione Giustizia della Camera in merito alle proposte di legge sull'accesso all'identità della donna che non ha riconosciuto il proprio nato, presentate da diversi parlamentari a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 278. A sostegno e rinforzo delle nostre posizioni, è intervenuta in audizione anche Claudia Roffino, figlia adottiva e Consigliere Nazionale Anfaa, che ha raccontato la sua storia e, con la grande sensibilità e capacità narrativa che la contraddistinguono, ha portato una testimonianza emozionante e ricca di preziosi spunti di riflessione. vedi pure pag. 6 di www.ucipem.it/sito/attach/00409.pdf Da una ricerca condotta dall'Anfaa, risulta che in 60 anni, dal 1951 al 2011, sono quasi novantamila le donne che si sono avvalse del diritto alla segretezza del parto. La tabella con i dati suddivisi per anno è disponibile in. www.anfaa.it/wp-content/uploads/2014/06/Non-riconosciuti-1951_2011.pdf L’intervento di Claudia Roffino è in www.anfaa.it/wp-content/uploads/2014/06/Roffino-per-audizone-Anfaa-03062014.pdf ▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬ ASSEGNO DI MANTENIMENTO Si deve tenere conto del contributo fattivo offerto dalla donna. Corte di Cassazione, sesta Sezione civile, sentenza n.14128, 20 giugno 2014 Si deve tenere conto del contributo fattivo offerto dalla donna, durante il matrimonio che aveva determinato i progressi di carriera compiuti dal marito. (…) Per giurisprudenza ampiamente consolidata, l'assegno per il coniuge deve tendere al mantenimento del tenore di vita da questo goduto durante la convivenza matrimoniale, e tuttavia indice di tale tenore di vita può essere l'attuale disparità di posizioni economiche tra i coniugi (Cass. n. 2156 del 2010). In sostanza, il ricorrente propone profili e situazioni di fatto, insuscettibili di controllo in questa sede, a fronte di una sentenza caratterizzata da motivazione adeguata e non illogica. 4 Va precisato che il regime di separazione non vincola quello di divorzio, trattandosi di rapporti distinti ed autonomi (Cass. n. 18433 del 2010). Appare pacifico che sussista una notevole disparità di redditi tra i coniugi, a danno della moglie, né viene contestato che vi sia stato un sicuro contributo della moglie alla conduzione della vita familiare, incidente positivamente sull'attività professionale del marito e sul miglioramento della sua posizione di dirigente presso il CNR, direttamente correlata alla situazione esistente durante la convivenza matrimoniale. Studio Sugamele –25 giugno 2014 sentenza www.divorzista.org/sentenza.php?id=8508 L’ex-marito non può chiedere una revisione per una successiva un’esposizione debitoria. Corte di Cassazione, sesta Sezione civile, sentenza n.14143, 20 giugno 2014 L’ex-marito non può chiedere una revisione dell’importo a favore della moglie, se le circostanze sopravvenute sono un’esposizione debitoria, nata da un acquisto immobiliare e da un atto di accertamento di evasione fiscale, che ha comportato l’esborso di una somma di danaro. (…) Per giurisprudenza ampiamente consolidata, l'assegno per il coniuge deve tendere al mantenimento del tenore di vita da questo goduto durante la convivenza matrimoniale, e tuttavia indice di tale tenore di vita può essere l'attuale disparità di posizioni economiche tra i coniugi (Cass. N. 2156 del 2010 ). In sostanza, il ricorrente propone profili e situazioni di fatto, insuscettibili di controllo in questa sede, a fronte di un provvedimento caratterizzato da motivazione adeguata e non illogica. Si può consentire con quanto afferma il ricorrente, pure richiamando la giurisprudenza di questa Corte, per cui in sede di revisione il giudice non può procedere ad una nuova ed autonoma valutazione dei presupposti e dell'entità dell'assegno, ma deve limitarsi a verificare se e in che misura le circostanze sopravvenute abbiano alterato l'equilibrio così raggiunto, e ad adeguare l'importo alla nuova situazione patrimoniale (tra le altre, Cass. n. 10133 del 2007). Ma è proprio ciò che ha fatto il giudice a quo, con motivazione adeguata e non illogica. (…) La dedotta esposizione debitoria nasce in realtà da un cospicuo investimento di capitali e cioè un acquisto immobiliare avente ad oggetto un’abitazione a due livelli, nonché da un atto di accertamento di evasione fiscale che ha comportato l'esborso di circa euro 5.560,00. Correttamente il provvedimento impugnato precisa che il marito non può eludere il suo obbligo di mantenimento della moglie, creando un’esposizione debitoria, e che l'accertamento di un’evasione fiscale rende incerto l'ammontare dei suoi attuali redditi, comunque evidentemente superiore a quanto dichiarato. Studio Sugamele –25 giugno 2014 sentenza www.divorzista.org/sentenza.php?id=8507 ▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬ CASA FAMILIARE Assegnazione di casa in comodato per separazione o divorzio. Tribunale Roma, Sezione di Ostia, 16 giugno 2014. Nell’ipotesi di concessione in comodato da parte di un terzo di un bene immobile di sua proprietà perché sia destinato a casa familiare, il successivo provvedimento di assegnazione in favore del coniuge affidatario di figli minorenni o convivente con figli maggiorenni non autosufficienti senza loro colpa, emesso nel giudizio di separazione o di divorzio, non modifica la natura ed il contenuto del titolo di godimento sull’immobile, ma determina una concentrazione, nella persona dell’assegnatario, di detto titolo di godimento, che resta regolato dalla disciplina del comodato, con la conseguenza che il comodante è tenuto a consentire la continuazione del godimento per l’uso previsto nel contratto, salva l’ipotesi di sopravvenienza di un urgente ed impreveduto bisogno. Francesco Mainetti Il Caso.it, N. 10664 -25 giugno 2014 www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/10664.pdf ▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬ CHIESA CATTOLICA La fecondità sta nell’amore. Dibattito sulle unioni civili per coppie gay. Sembra ormai certo: a settembre comincerà la discussione e l’iter parlamentare della legge per l’istituzione anche in Italia delle unioni civili per coppie omosessuali. Il modello a cui si ispira il testo targato Pd – relatrice la senatrice Monica Cirinnà – è la civil partnership inglese, in vigore anche in Germania, che prevede per i due partner gli stessi diritti e gli stessi doveri delle coppie sposate, dalla reversibilità della pensione alla reciproca assistenza in ospedale, dai diritti di successione all’eredità (ancora aperta invece la discussione sulle modalità di eventuali adozioni di bambini). Anche il governo, con il sottosegretario Ivan Scalfarotto che sta seguendo il lavoro da vicino su incarico del premier Matteo Renzi, potrebbe accodarsi. Ma non è detto che il progetto abbia vita facile: l’ala cattolica più integralista è sul piede di guerra e annuncia battaglia. 5 Dalle parole del papa ai fatti della Chiesa. Sul fronte ecclesiale si mobilitano soprattutto, per ora, le associazioni degli omosessuali cattolici, che invitano la politica ad andare avanti ma soprattutto chiedono alla Chiesa maggior coraggio evangelico. «La domanda che si è rivolto spontaneamente il vescovo Francesco “chi sono io per giudicare un gay?” (in un colloquio con i giornalisti sull’aereo di ritorno dalla Giornata mondiale delle gioventù di Rio la scorsa estate, ndr) è stato un balsamo per molte persone, ma deve ora diventare un cambiamento concreto», ha letto dal palco del Gay Pride di Roma dello scorso 7 giugno 2014 Caterina, attivista del gruppo di omosessuali credenti Nuova proposta. «Quella sospensione di giudizio non basta! Deve evolvere in crescita delle comunità cristiane nella loro capacità concreta di accogliere, incoraggiare, rispettare le persone omosessuali e transessuali nel loro desiderio di una vita piena, come tutte le persone che ancora oggi si trovano emarginate ed escluse a causa dei sistemi di potere. La nostra speranza, per cui continuiamo a lottare, è quella che di realizzare il progetto di libertà e di umanità proposto da Gesù 2000 anni fa: guardare ogni persona con gli occhi del cuore e non con quelli della legge, lottare perché chi viene lasciato indietro dalla società dei potenti possa camminare a testa alta con la propria dignità di essere umano». «Gli omosessuali cattolici devono capire che bisogna mettersi in gioco, entrare nelle comunità, confrontarsi e proporre le loro vite come strumento di cambiamento per le comunità stesse», ha spiegato il presidente di Nuova proposta, Andrea Rubera, durante l’incontro conclusivo dell’anno “sociale” del gruppo, alla Comunità cristiana di Base di San Paolo a Roma lo scorso 14 giugno 2014. «E a papa Francesco vorrei direi di impegnarsi a favorire il cambiamento nella Chiesa». «Le aperture del papa, fino ad ora, sono state fatte a parole. Adesso dovrebbero intervenire anche sulla pastorale, perché la Chiesa potrà diventare veramente inclusiva ed accogliente quando le persone omosessuali si sentiranno a casa loro». «Se potessi incontrare papa Francesco – ha aggiunto don Alessandro Santoro, della Comunità delle Piagge di Firenze, anch’egli presente all’incontro di Nuova proposta – gli direi che quella dell’omosessualità è una questione sulla quale si gioca molta della credibilità nel tentativo di rendere questa Chiesa più evangelica». Gesù e le persone omosessuali Al tema è dedicato anche un libro, appena pubblicato dalla Meridiana, curato dallo psichiatra e psicoterapeuta Paolo Rigliano: Gesù e le persone omosessuali (pp. 246, è possibile richiederlo ad Adista). Si tratta di una serie di interviste a «interlocutori con cui approfondire i tanti aspetti di un approccio secondo Gesù alla diversità omosessuale» e anche «in grado di illuminarmi sui percorsi bloccati dell’autoritarismo clericale», spiega Rigliano. A partire da una domanda: «Come fare in modo che uno dei più radicali messaggi di liberazione e di fraternità di tutta la storia non venga più strumentalizzato per giustificare l’invalidazione delle persone omosessuali o addirittura per restringere la loro possibilità di vita. Mi ha sempre addolorato il tentativo di stravolgere il messaggio di Gesù, tanto da rendere strumento di esclusione dei diversi omosessuali il Vangelo che valorizza le diversità e per questo si contrappone ai pregiudizi sociali dominanti». Inoltre, aggiunge Rigliano, «se il cristianesimo istituzionale non ascolta la Parola di Gesù, non solo concorre a deumanizzare le persone omosessuali, non solo si rende incapace di celebrarne l’umanità o di rivendicarne i diritti contro ogni sopraffazione, ma svilisce la testimonianza di Gesù, poiché non si pone più all’avanguardia nella promozione della dignità e della liberazione dei diversi. Il Vangelo viene vanificato, è negato in quanto Vangelo: non annuncia più l’amore come senso della vita e delle relazioni, come Gesù ha proclamato». A dialogare con Rigliano, otto persone, con storie e provenienze diverse: Franco Barbero («Non c’è alcun aspetto della condizione omosessuale che, integralmente vissuta, fuoriesca dalla “benedizione” cioè dalla “compiacenza divina”», «mi auguro che papa Francesco apra una stagione nuova». «Per ora devo constatare con sofferto realismo che da anni passano tanti “treni della storia” che invitano a salire, ma la nostra Chiesa cattolica ufficiale li perde tutti. Ha paura del viaggio e gira attorno a se stessa»); il teologo José Castillo («Se scegliamo un’antropologia che ha il suo centro nella perpetuazione della specie» allora è vera l’obiezione secondo cui la relazione omosessuale nega il progetto di Dio, ma «se scegliamo un’antropologia che ha il suo centro ed è fondata sul rapporto umano, allora non vale, perché nell’antropologia centrata sulla perpetuazione della specie questo è ridurre l’antropologia specificamente umana all’animalità, alla condizione precedente l’evoluzione umana»); il teologo Matthew Fox («La Bibbia dice che Dio è amore, non dice che Dio è amore eterosessuale», «l’omofobia è un insegnamento che abbiamo ereditato» e «non è per niente diverso dal sessismo, dal razzismo e da altri insegnamenti falsi»); la teologa e pastora battista Elizabeth Green; il biblista p. Alberto Maggi («Io sono in una comunità, vivo con altre persone e tutti quanti siamo infecondi. Siamo fuori dal consesso umano? Non mi pare proprio», «tutti quelli che amano e comunicano vita contribuiscono all’azione creatrice. Altrimenti io non credo che il Padreterno 6 ci equipari a dei conigli fecondi, no? La fecondità sta nell’amore»); i teologi Vito Mancuso e Joseph Moingt; la pastora valdese Letizia Tomassone. «Incontrando i miei interlocutori mi sono accorto che sboccia una nuova speranza: sempre più si rompe l’unanimismo della linea tradizionale», spiega Rigliano, «sempre più numerose realtà cristiane di base, molti sacerdoti, frati e suore rifiutano la dottrina ufficiale e offrono una mirabile accoglienza alle persone omosessuali, dimostrando come sia errato schiacciare semplicisticamente l’intero popolo dei credenti sui vertici vaticani». Luca Kocci Adista Notizie n. 24 28 giugno 214 e-mail: [email protected], www.adista.it http://www.adistaonline.it/index.php?op=articolo&id=54041 ▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬ DALLA NAVATA Atti Salmo 2 Timoteo Matteo Ss. Pietro e Paolo - anno A – 29 giugno 2014. 12, 05 «Mentre Pietro dunque era tenuto in carcere, dalla Chiesa saliva incessantemente a Dio una preghiera per lui». 34, 05 «Ho cercato il Signore: mi ha risposto e da ogni mia paura mi ha liberato». 10, 06 «Io sto per essere versato in offerta ed è giunto il momento che io lasci questa vita». 16, 17 «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli». ▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬ DIRITTI Eurochild. Fissati i cinque obiettivi per il periodo 2014/2018. Si è chiusa ieri, giovedì 26 giugno 2014, l’annuale assemblea generale di Eurochild con la presentazione del piano strategico per il quinquennio 2014-2018 e del documento di proposte per l’ormai imminente semestre di presidenza italiana dell’Unione Europea. La due giorni di Bruxelles si è rivelata un fecondo scambio di idee, di formazione e informazione reciproca e di definizione del quadro strategico dei lavori futuri. Eurochild, il network di associazioni e organizzazioni – tra cui Amici dei Bambini – impegnate nella promozione dei diritti e del benessere dei minori, ha dato vita a un vero e proprio laboratorio “open mind” [mentalità aperta]. in cui sono state gettate le basi di una sorta di “quartier generale” nella lotta al fianco dell’infanzia. All’orizzonte un futuro di profonda collaborazione tra il livello centrale di Eurochild e i livelli locali e di interazioni “orizzontali” tra i vari membri del network. La seconda giornata di lavori ha visto il succedersi di tre sessioni dedicate rispettivamente alla strategia con cui affrontare le tematiche più “calde”, alla comunicazione e alla valutazione dell’impatto delle azioni messe in atto. Fissati quindi i 5 obiettivi per il periodo 2014-2018. Innanzitutto, collocare i diritti e il benessere dei bambini nel cuore delle politiche internazionali. In secondo luogo, costruire una “community” di professionalità che integrino i diritti dei più piccoli nel loro lavoro quotidiano. Quindi, dare voce ai bambini e ai giovani e cambiare il modo in cui la società vede e tratta i cittadini più giovani. Infine, sviluppare ulteriormente Eurochild al fine di rafforzare il cambiamento nella direzione di quella che è la vision del network: una società in cui bambini e ragazzi possano crescere serenamente, in salute, fiduciosi e rispettati come individui nei loro diritti. In vista del semestre di presidenza italiana dell’Ue, le priorità fissate da Eurochild ruotano attorno a due obiettivi principali: investire sull’infanzia, rompendo il circolo vizioso del disagio e promuovere i diritti e il benessere dei minori in Europa. Per ottenere questi risultati, Eurochild si propone di rafforzare la dimensione sociale del semestre europeo attraverso efficienti politiche di welfare, garantire un maggiore coinvolgimento degli stakeholder, compresa la società civile, supportare l’educazione e l’assistenza della prima infanzia e promuovere un approccio più integrato per la protezione dei minori in Europa. Con questo programma Eurochild, che ha di recente spento le sue prime 10 candeline, si affaccia al secondo decennio della sua storia: e il supporto italiano sarà decisivo in questa prima fase. Ai. Bi. 27 giugno 2014 www.aibi.it/ita/category/archivio-news ▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬ FECONDAZIONE ARTIFICIALE Per fare un figlio l'amore conta più della biologia. 7 In alcuni rappresentanti della dottrina e, più in generale, della cultura cattolica, c’è una vena di materialismo ogni volta che ci si affida alla biologia per sostenere un principio morale. Il caso della fecondazione eterologa è uno dei tanti, come se il desiderio di avere un figlio fosse legittimato dalla provenienza dei gameti maschili e femminili e non dal desiderio di crescerlo, di educarlo e, come lei dice, di amarlo. Dove è evidente che, secondo questa concezione, a legittimare una nascita è la “materia” da cui origina il nascituro e non lo “spirito” che anima la coppia genitoriale costretta a ricorrere a questo tipo di fecondazione. In questo senso parlo di “materialismo” e aggiungo che così si difende il “principio” che legittima solo la procreazione naturale, e non la “persona” che non ha la possibilità di accedere a questo tipo di procreazione. E questo nonostante Papa Francesco abbia spostato l'attenzione dei fedeli dalla difesa dei “principi” alla difesa delle persone. A questo proposito, emblematica è stata la sua dichiarazione: «Chi sono io per giudicare i gay?», che detto dal supremo difensore della dottrina, qualche riflessione dovrebbe pur suscitarla, in chi ha dimenticato il messaggio evangelico che invita a "non giudicare". Allo stesso modo, visitando una chiesa alla periferia di Roma, Papa Francesco chiese alla folla che si era adunata: «Perché siete venuti in chiesa così numerosi? Immagino per incontrare Dio. Ma Dio non abita qui. Abita presso i bisognosi, i poveri, i sofferenti, gli indigenti». Ecco la grande novità di questa Papa, la cui intenzione, in questo tempo di accentuata secolarizzazione, non è quella di riaccogliere tutti per ripopolare la Chiesa, ma di aver più cura delle persone che della dottrina. E questo in conformità al messaggio evangelico dove leggiamo che, ai Farisei che biasimavano i discepoli perché, contro la norma, coglievano spighe di sabato, Gesù risponde: «Il sabato è fatto per l'uomo, non l'uomo per il sabato» (Marco 2, 23-28). Ritroviamo lo stesso motivo nella morale kantiana costruita sulla sola ragione là dove il filosofo dice: “La morale è fatta per l’uomo, non l’uomo per la morale”. Infatti, come osservava anche Aristotele, un conto è la legge che definisce in generale ciò che è giusto, un conto sono le persone i cui comportamenti non sono deducibili, come i teoremi, dalla loro conformità ai principi, perché i comportamenti umani dipendono anche dalle "circostanze" che l'universalità della legge non prevede, per cui la rigida applicazione della legge, che prescinde dalle circostanze, non ottempera alla giustizia. Di qui la necessità di introdurre quella che Aristotele chiama "equità", da lui considerata un correttivo della giustizia, perché applica la legge tenendo conto delle circostanze che non sono uguali per tutti gli uomini in ogni tempo e in ogni luogo. Nel caso di coppie infeconde che desiderano un figlio, è davvero legittimo negarglielo in nome dell’origine biologica dei gameti? Perché se la materia ha più diritti dello spirito, anche la religione entra in pesante contraddizione con se stessa. Lo spirito, infatti, non si manifesta nei gameti, ma nell’amore, nell’educazione, nella cura che si ha per i figli che si è deciso di mettere al mondo, evitando magari separazioni e divorzi che, contrariamente a quanto si crede, non passano indenni nella vita dei figli, perché minano in loro quella fiducia di base così decisiva per la loro crescita e integrità psichica. Umberto Galimberti risponde D la Repubblica 21 giugno 2014. pag. 138 http://periodici.repubblica.it/d/ ▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬ FORUM DELLE ASSOCIAZIONI FAMILIARI «Ci vogliono politiche di sostegno per le coppie in crisi». «Dati preoccupanti che mostrano come la fragilità dei legami di coppia sia molto alto e la politica faccia pochissimo». Questo il commento Francesco Belletti, presidente del Forum delle associazioni familiari, ai dati Istat su separazioni e divorzi in Italia. «Siamo di fronte a dati preoccupanti, perché denotano il perdurare di una grave fragilità, molto diffusa, del legame di coppia. Ma ancora più grave è la pressoché totale assenza di azioni positive, da parte della società e delle sue articolazioni amministrative, per sostenere le coppie in difficoltà». Questo il commento di Francesco Belletti, presidente del Forum delle associazioni familiari, sui dati Istat su “Separazioni e divorzi in Italia - Anno 2012”, diffusi lunedì 23 giugno 2014. Qual è il dato più interessante che emerge da questo rapporto? L’età media più alta di chi divorzia o l’aumento di separazioni e divorzi nel Mezzogiorno? «Prima di tutto il dato che impressiona è il numero assoluto, che sfiora le 90mila separazioni in un anno, e che diventa un comportamento diffuso ed omogeneo in tutto il Paese. L'innalzamento dell'età media alla separazione è prevedibile, visto che si innalza sempre di più anche l'età del matrimonio. Ma è tanto più importante quanto più rimane distribuito in ogni fascia di durata della vita di coppia. Ci si separa dopo pochi anni di matrimonio, ma in misura significativa dopo 7 anni, dopo 15-20 anni, e persino dopo 25 anni di vita insieme. Questo dice che per le coppie di oggi, nel nostro Paese, ogni passaggio critico della vita familiare 8 (che arriva sempre, non solo nei primi anni di vita) costituisce una sfida spesso insormontabile, nonostante lunghi anni di provata efficacia del legame (se si è arrivati a 20 anni di vita insieme il più è fatto, verrebbe da dire). Mi pare prevalga invece sempre più un'idea di “se c'è un problema, più che affrontarlo, evitiamolo, separandoci”». Secondo alcuni politici ed esperti, la legge sul “divorzio breve” già approvata alla Camera faciliterà l’iter giudiziario di chi vuole separarsi e frenerà il “turismo divorzile” di chi va all’estero per farlo più in fretta. Dal punto di vista culturale, questa legge che segnale dà? «Di fronte ad una fragilità così grande del legame di coppia, ci si aspetterebbe un segnale di allarme, e la ricerca di soluzioni per sostenere tale legame, soprattutto se si tiene conto delle fatiche, delle sofferenze e dell'impoverimento economico che la separazione inevitabilmente porta con sé, sia per i due coniugi, sia per i figli eventualmente implicati. Invece la società ha abbandonato totalmente la coppia a se stessa, in una libertà che diventa solitudine e isolamento. Il detto “tra moglie e marito non mettere il dito" è diventato così non una giusta tutela dell'intimità e della libertà della coppia, ma il brutale messaggio: “Se siete in difficoltà, arrangiatevi". Piuttosto, la legge sul divorzio breve oggi in discussione sembra proporre la totale deresponsabilizzazione della società: se siete in difficoltà, come coppia, nessuno vi aiuterà, ma possiamo aiutarvi a separarvi prima possibile. Come se la tenuta del legame di coppia fosse totalmente privatizzata, senza valore e rilevanza sociale e per il bene comune. Invece la tenuta della coppia è un bene prezioso di coesione sociale e di responsabilità pubblica (non solo verso i figli, ma anche verso i coniugi), e servirebbe un esplicito progetto pubblico di sostegno alle coppie in difficoltà, anziché i pochi tentativi di mediazione familiare per "aiutare a separarsi bene". Occorre tentare di prevenire la separazione, non limitarsi a curare le sue conseguenze! Eppure laddove alcuni soggetti (soprattutto in ambito ecclesiale) hanno tentato di sostenere le coppie in crisi, i risultati sono significativamente positivi: nella maggioranza dei casi si riesce a superare la crisi, proteggendo così la continuità del progetto di coppia e di famiglia, oppure si introducono elementi di attenuazione dei conflitti che sono più efficaci della "mediazione ex post". Ad esempio ipotizzando, per i figli, la costruzione di un "progetto educativo" esplicito e formalizzato, da condividere e sottoscrivere da parte di entrambi i partner, prima della vita da separati o dell’esasperazione del conflitto». Il turismo divorzile è dipinto quasi come un’emergenza. «In realtà, su questo il dato è davvero minimo; solo l'1% è andato in Spagna nel 2012, 500 casi su oltre 50.000 divorzi, cui aggiungere una cifra analoga in Inghilterra, e poco altro. Eppure viene sbandierato come un dramma sociale, con un'enfasi degna di miglior causa». Antonio Sanfrancesco Famiglia cristiana 24 giugno 2014 www.famigliacristiana.it/articolo/ci-vogliono-politiche-di-sostegno-per-le-coppie-incrisi.aspx?utm_source=newsletter&utm_medium=newsletter%20fc&utm_content=news&utm_campa ign=fc1426& Unioni civili. ripartiamo dai diritti individuali e lasciamo in pace la famiglia. Ieri la senatrice Monica Cirinnà ha presentato al Senato un nuovo testo per la regolamentazione delle unioni civili che rispetto alla versione precedente, mostra solo piccoli interventi di chirurgia linguistica. «La proposta della relatrice, nella sostanza, si preoccupa soprattutto di equiparare le convivenze tra persone dello stesso sesso alla famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna» commenta Francesco Belletti, presidente del Forum. «Tutto ciò che riguarda famiglia e coniugi risulterebbe esteso alle unioni tra persone dello stesso sesso, che peraltro potranno godere anche del ‘privilegio’ di una simil cerimonia nuziale davanti all’ufficiale di stato civile. Una regolamentazione peraltro affidata ad un’inspiegabile delega al governo. «E questo nonostante appena qualche giorno fa la Corte Costituzionale abbia ripetuto con estrema chiarezza che il matrimonio e i relativi diritti/doveri sono riservati esclusivamente all’unione tra un uomo ed una donna, mentre alle altre tipologie di unione deve essere data una disciplina sostanzialmente diversa. «È evidente la determinazione della sen. Cirinnà di indirizzare il dibattito della commissione Giustizia del Senato su binari connotati ideologicamente. Ma è anche evidente che il testo proposto è in netto contrasto con quanto affermato dalla Corte costituzionale e quindi con la lettera della Costituzione. «È appena il caso di ricordare che non si tratta di difendere privilegi. La specificità e la centralità della famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna derivano dal suo ruolo insostituibile nella tenuta sociale ed economica del Paese. «Così come è appena il caso di ricordare che non si tratta di conculcare i diritti soggettivi delle persone che formano una coppia di fatto. I diritti individuali potranno avere un pacifico riconoscimento peraltro già previsti in alcuni disegni di legge apertamente e deliberatamente ignorati dalla relatrice Cirinnà» 9 conclude Belletti. «Un atteggiamento che risulta seriamente divisivo nella società. In questo momento di tutto abbiamo bisogno meno di creare ulteriori conflitti sociali» comunicato stampa 25 Giugno 2014 www.forumfamiglie.org/comunicati.php?filtro=ultimi_30_giorni&comunicato=685 ▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬ ISTAT La rilevazione sulle separazioni e sui divorzi. Anni 2008-12. Ogni anno l’Istat diffonde i principali risultati delle rilevazioni sulle separazioni e sui divorzi condotte presso le cancellerie dei 165 tribunali civili, raccogliendo i dati relativi ad ogni singolo procedimento concluso dal punto di vista giudiziario nell’anno di riferimento. Questi dati consentono di aggiornare l’evoluzione temporale dei due fenomeni e di monitorarne le principali caratteristiche: la durata dei matrimoni e l’età dei coniugi alla separazione, il tipo e la durata dei procedimenti, il numero di figli coinvolti e l’affidamento di quelli minori. Negli ultimi decenni profonde trasformazioni hanno investito la sfera delle relazioni familiari e sociali, i costumi e gli stili di vita nel nostro Paese. L’istituzione familiare, in particolare, ha subito grandi cambiamenti, in rapporto all’emergere di nuovi fenomeni demografico-sociali e di nuovi modelli comportamentali, che si presentano con intensità diversa secondo il territorio, le aree culturali e le fasce sociali. Si sono modificate le forme e le strutture familiari: crescono le famiglie ricostituite, i genitori soli e i single non vedovi, le unioni libere. Il percorso evolutivo dei mutamenti avvenuti è stato accompagnato da diversi interventi normativi succedutisi nel tempo, tra i quali si menzionano la legge sul divorzio, la riforma del diritto di famiglia, la legge sull’adozione e affidamento dei minori, fino alla disciplina inerente l’affidamento condiviso dei figli introdotta nel 2006. Molteplici sono gli elementi che fanno da sfondo al processo di diversificazione delle tipologie familiari in Italia: • la diminuzione dei tassi di nuzialità, tendenza alla posticipazione delle nozze e incremento della quota di matrimoni celebrati con rito civile; • la scarsa natalità - l’Italia è, infatti, uno dei paesi europei con il più basso tasso di fecondità totale - e aumento della quota di nascite fuori dal matrimonio; • il ritardo nel passaggio alla vita adulta, con conseguente rinvio nel tempo delle decisioni di formazione della famiglia, subordinate alla sicurezza o continuità del lavoro, alla stabilità del reddito, alla ricerca dell’abitazione; • l’emancipazione femminile, che ha condotto le donne ad una maggiore presa di coscienza del proprio status, collocandole anche al di fuori dell’ambito familiare e differenziando il loro ruolo nella società; • le maggiori possibilità di spostamenti e di contatti sociali; • l’affermarsi di una mentalità maggiormente individualistica rispetto al passato, che ha influenzato aspettative e aspirazioni dei singoli soggetti. In questo variegato scenario, che caratterizza la dinamica demografica e sociale italiana, si inserisce la contemporanea crescita dell’instabilità coniugale, misurata attraverso il numero di separazioni e divorzi concessi. Questi eventi - costituenti in modo diverso l’espressione giuridico-formale della fine del matrimonio - sono fortemente aumentati nell’ultimo decennio, pur mantenendosi ancora al di sotto della media europea. La rottura dell’unione coniugale contribuisce alla diffusione delle seconde nozze e delle famiglie ricostituite composte da almeno una persona che ha vissuto una precedente esperienza matrimoniale, generando nuove tipologie familiari. Ne conseguono anche ripercussioni sulla fecondità, da un lato per l’eventuale mancata realizzazione dei progetti riproduttivi degli ex coniugi, e dall’altra per la riproduttività associata alle nuove unioni. La divisione familiare genera potenziali ricadute sul benessere psicofisico degli individui, sul rapporto genitori-figli e, secondo alcuni studi, anche sulle performance di tali figli nella vita adulta. Mutano le situazioni residenziali e le strategie lavorative, specialmente per quanto riguarda le donne. In alcuni casi, le condizioni finanziarie possono peggiorare tanto da far aumentare i rischi di povertà e vulnerabilità economica dei soggetti interessati. E’ in questo articolato panorama di mutamenti riguardanti la famiglia e la società che vanno letti ed interpretati i dati qui presentati. Seguono le tavole statistiche 23 giugno 2014 10 http://demo.istat.it/altridati/separazionidivorzi/index.html Calo separazioni e divorzi. matrimoni religiosi più stabili La tendenza all’aumento di separazioni e divorzi sembra registrare una svolta alla fine del 2012. È quanto riferisce il report “Separazioni e divorzi in Italia - Anno 2012” che l’Istat ha diffuso oggi. In una complessiva situazione di diminuzione dei matrimoni, nel 2012 si sono registrate 88.288 separazioni, mentre i divorzi sono stati 51.319; rispetto al 1995 le separazioni sono aumentate del 68,8% e i divorzi quasi raddoppiati. Ma nel 2012 le stesse separazioni hanno registrato un calo percentuale (-0,6%) rispetto all’anno precedente; ugualmente i divorzi stanno diminuendo, in questo caso da alcuni anni (-5,8% in tre anni). A questa tendenza, segnala ancora l’Istat, va aggiunto il fatto che i cittadini italiani si recano più spesso all’estero per divorziare, per ridurre tempi e costi; solo in Spagna negli ultimi 5 anni si registrano 2mila divorzi di coppie italiane. Sul territorio italiano le separazioni incidono diversamente a secondo delle regioni: si va dal minimo di 245,8 separazioni per 1.000 matrimoni al sud a un massimo di 371,9 nel nord-ovest. Se si guarda a un confronto con il 1995, solo la Valle d’Aosta aveva oltre 300 separazioni ogni 1.000 matrimoni, mentre oggi tutte le regioni del centro-nord, con l’eccezione di Veneto, Trentino-Alto Adige, Marche, sono al di sopra di questa quota. Gli aumenti più rilevanti sono stati però nel Mezzogiorno, con un raddoppio dei valori per alcune regioni. La regione con l’incremento maggiore del tasso di separazione è l’Umbria, dove si è triplicato. L’istituto nazionale di statistica nel suo report sulle situazioni matrimoniali in Italia specifica che in genere i matrimoni religiosi tendono a essere più stabili di quelli celebrati civilmente. Al contempo Istat sottolinea che la separazione tra coniugi interviene mediamente dopo 16 anni di matrimonio. L’età media alla separazione è di 47 anni per i mariti e 44 per le mogli, mentre nel 2000 l’età era più bassa, nella fascia 35-39 per entrambi i coniugi. Ciò è dovuto, nota l’Istat, alla propensione a sciogliere unioni di lunga durata ma anche all’età più alta tra i coniugi. La separazione consensuale è la tipologia più scelta, riguardando, nel 2012, l’85,4% delle separazioni e il 77,4% dei divorzi. Nella metà delle separazioni e in un terzo dei divorzi sono coinvolti figli minori; il loro numero nel 2012 è stato 65.064 nelle separazioni e 22.653 nei divorzi. Il tipo di affidamento è sempre più quello condiviso, grazie alla legge 54/2006 che lo indica come modalità ordinaria. SIR - Servizio Informazione Religiosa 23 giugno 2014 http://www.agensir.it/pls/sir/v4_s2doc_b.stampa_quotidiani_cons?id_oggetto=289652 Triplicate le separazioni dei matrimoni di lunga durata. La separazione dopo 16 anni di matrimonio: i matrimoni di lunga durata sono interessati dalle separazioni, triplicate in valore assoluto rispetto al 1994 per le unioni oltre il 25° anno. Durano sempre meno i matrimoni più recenti – le separazioni passano dal 4,5% per i matrimoni celebrati nel 1985 al 9,3 per quelli del 2005 - ma quelli religiosi sono più stabili. Infatti, dopo sette anni i matrimoni religiosi “sopravviventi” presentano valori uguali sia per quelli celebrati nel 1995 che nel 2005 (rispettivamente, 933 e 935 su 1.000).Più bassi i valori per i matrimoni civili: 897 per quelli celebrati nel 1995 e 880 per quelli del 2005. D’altra parte aumentano le separazioni per le età più avanzate, quelle in cui uno dei coniugi ha oltre 60 anni, passate da 4.257 del 2000 a 11.265 nel 2012 per gli uomini e da 2.555 del 2000 a 7.569 del 2012 per le donne. Se fino al 2005 era prevalente l’affido alla madre, a partire dal 2006 questa quota si è ridotta per l’affido condiviso, fino ad arrivare al “sorpasso” del 2007, quando il 72,1% di separazioni avvenne con l’affido condiviso dei figli contro il 25.6% di quelle con i figli affidati solo alla madre, fino ad arrivare al 2012, anno in cui le separazioni con figli in affido condiviso sono state l’89,9% contro l’8,8% di quelle con figli affidati esclusivamente alla madre. DR - ilportaledellafamiglia.org 23 giugno 2014 estratti www.ilportaledellafamiglia.org/pls/famigliapiu/v3_s2ew_consultazione.mostra_paginat?id_pag ina=870&target=0 Pochi matrimoni in Italia? La Chiesa gli ha tolto semplicità e naturalezza. Il demografo Roberto Volpi: "La responsabilità della Chiesa è molto forte: dà del matrimonio una visione molto severa, difficile, pesante, lo carica di una complessità tale...". Idem per la vita di famiglia e il 11 mestiere di genitore. In compenso, però, il matrimonio religioso è più stabile e duraturo. È dal 1975 che i matrimoni sono "in caduta libera". E il problema non è economico, ma culturale In Italia i tassi di separazione e di divorzio, in continua crescita dal 1995, hanno registrato per la prima volta una battuta d’arresto nel 2012. A rilevarlo è l’Istat, che segnala un altro dato: le nozze più stabili e durature sono quelle religiose, con 933 matrimoni su 1.000 che “resistono”, contro gli 880 su 1.000 celebrati con rito civile. Un’inversione di tendenza? Ne abbiamo parlato con il demografo Roberto Volpi. In Italia diminuiscono, per la prima volta, separazioni e divorzi. Si può parlare di un’inversione di tendenza? “Ancora non è chiaro. Le separazioni e i divorzi comportano un costo anche economico, tanto che in America vengono utilizzati come indicatori economici di prosperità. La prima valutazione dei dati Istat è che la diminuzione delle separazioni e dei divorzi sia un riflesso della crisi economica: tra l’altro, in termini di percentuali, stiamo parlando di una flessione lievissima, dello 0.6-0.7%. È davvero presto per capire se si tratta davvero di un’inversione di tendenza, o quantomeno di una stabilizzazione di alcuni livelli più fisiologici. Si arriva ad una certa stabilità dopo anni di crescita ininterrotta: se si tratterà davvero di un’inversione di tendenza, lo vedremo tra tre o quattro aumenti consecutivi negli anni”. Per l’Istat, i più stabili sono i matrimoni religiosi, che durano più a lungo. “Quello che oggi rileva l’Istat è un fenomeno che io stesso ho più volte segnalato. Indubbiamente c’è una tenuta superiore del matrimonio religioso, che si può calcolare nei termini addirittura del doppio rispetto al matrimonio civile. Un margine ancora più ampio di quello evidenziato dall’Istat, che calcola la crisi media dei matrimoni intorno al settimo anno. Si tratta di un indicatore blando: la durata media è di quindici-sedici anni. È senz’altro vero che il matrimonio religioso dura di più, soprattutto se paragoniamo il primo matrimonio religioso con il primo matrimonio civile. Nel numero dei matrimoni civili, infatti, è incluso spesso un secondo matrimonio, dopo il divorzio: se depuriamo il confronto tra matrimonio civile e matrimonio religioso da quest’ultimo dato, il ‘successo’ dei matrimoni religiosi risulta ancora più netto”. Matrimoni religiosi più duraturi, meno separazioni e divorzi: vuol dire che i “profeti di sventura”, quelli che dicono che ormai non ci si sposa più, vengono sonoramente smentiti? “Si tratta di due fenomeni diversi. Il fatto che ci siano meno separazioni e divorzi e che il matrimonio religioso sia più stabile e duraturo non mette minimamente in discussione il dato principale: dati alla mano, in Italia il matrimonio è in crisi gravissima, e ancora di più il matrimonio religioso. Anche se ne viene contratto qualcuno in più, 210mila invece che 204mila, si tratta di un dato bassissimo. Il nostro tasso di nuzialità è pari al 3,3-3,4 ogni mille abitanti. Anche nell’Unione europea i matrimoni continuano a diminuire, ma l’Italia è la Cenerentola da tanti anni. Quella del matrimonio è una crisi che non si ferma dal giorno del referendum sul divorzio: la prima caduta si è registrata nel 1975, un anno dopo”. Perché in Italia il matrimonio è in caduta libera? “Molti osservatori pensano che sia per la questione economica, la crisi, la difficoltà a trovare lavoro. Sicuramente questi fattori c’entrano, ma non sono fattori decisivi: il tasso di nuzialità più basso, infatti, lo troviamo in Lombardia - e nemmeno da oggi - che di certo non è la Regione d’Italia in cui manca di più il lavoro o c’è maggiore disoccupazione. Il matrimonio in Italia è in crisi indiscutibilmente per fattori culturali, e lo dimostrano molti indicatori, primo tra tutti la permanenza dei giovani nelle famiglie d’origine; un tratto comune ai Paesi di area mediterranea, ma in Italia è un fenomeno cominciato prima, che è durato più lungo e ancora dura. C’è poi un tipico costume italiano: si fa famiglia solo quando ci sono condizioni particolari molto solide, quando ‘si ha tutto’. Si vuole evitare qualsiasi rischio, e questo rallenta di molto i nostri ritmi. La responsabilità della Chiesa è molto forte: dà del matrimonio una visione molto severa, difficile, pesante, lo carica di una complessità tale, per cui non c’è più la semplicità e la naturalezza. Fare famiglia è naturale: non c’è più questa idea, e la Chiesa ha contribuito fortemente a farla scomparire, dando un’idea ‘grave’ del matrimonio, della famiglia, del mestiere di genitori”. Il fatto che i matrimoni religiosi “tengano di più” non può invece prefigurare uno scenario di un’Italia in cui, magari, ci si sposa di meno, però più “convinti”? “Il ‘però’ mi sembra troppo consolatorio, considerando la vertigine della caduta dei matrimoni e il tasso di fecondità delle donne italiane, spaventosamente basso. Nel mio ultimo libro, che verrà pubblicato a settembre da ‘Vita e Pensiero’, cerco di rispondere a un interrogativo: le società post-moderne hanno ancora bisogno di famiglia?”. E come risponde? Bisogna ‘riattivare’ i matrimoni, che sono troppo pochi - come i figli - se vogliamo riattivare il Paese e uscire dalla crisi. Non ci si impegna più sulla formazione delle coppie: c’è una scarsa educazione ai sentimenti e una scarsa educazione al rischio”. 12 Anche in Italia c’è la tendenza al “divorzio breve”, dice l’Istat, che gli italiani corrono a fare negli altri Paesi. Quali le conseguenze? “Sicuramente il divorzio breve non aiuterà l’Italia. È tipico di quei Paesi dove la famiglia si consuma e si cambia come un’auto. Ha funzionato in America, dove da sempre il divorzio si accompagna a un alto tasso di nuzialità e di natalità. In Italia, con il bassissimo dinamismo che ci caratterizza, non funzionerà, ma aggraverà la situazione. Il rischio è che il divorzio breve sia un’ulteriore banalizzazione del matrimonio e della famiglia, la dimostrazione che di famiglia c’è sempre meno bisogno”. Intervista di Maria Michela Nicolais Agensir 24 giugno 2014 www.agensir.it/sir/documenti/2014/06/00289738_pochi_matrimoni_in_italia_la_chiesa_gli_h.html Nel 20,3% delle separazioni è previsto un assegno mensile per il coniuge (nel 98,4% dei casi corrisposto dal marito). Tale quota è più alta al Sud e nelle Isole (rispettivamente 25% e 24%). Nel 58,2% delle separazioni la casa è assegnata alla moglie, nel 20,4% al marito mentre nel 18,4% dei casi si prevedono due abitazioni autonome e distinte, ma diverse da quella coniugale. 1 separato su 10 torna a vivere con i genitori • • • • • Indicatori demografici – riferimento anno 2013. Per il quinto anno consecutivo le nascite diminuiscono, attestandosi a 514 mila nel 2013. Il numero medio di figli per donna scende da 1,42 nel 2012 a 1,39 nel 2013. L'età media al parto sale a 31,5 anni. Circa l'80% delle nascite proviene da donne italiane, il restante 20% da donne straniere. La fecondità delle prime scende, tra il 2008 e il 2013, da 1,34 a 1,27 figli per donna. Diminuisce anche la fecondità delle donne immigrate: da 2,65 figli per donna a 2,20 nel medesimo periodo. Nel 2013 si sono celebrati meno di 200 mila matrimoni, per un quoziente di nuzialità pari al 3,3 per mille, il più basso nella storia del Paese. La celebrazione del matrimonio con rito religioso perde ulteriore terreno nei confronti del rito civile. Tra il 2008 e il 2013 la quota di sposi che sceglie il primo passa, infatti, dal 63% al 57%, mentre la quota di coloro che optano per il secondo cresce dal 37% al 43%. Continua il calo dei matrimoni. Continua a ridursi la propensione nei confronti del matrimonio, gravata negli ultimi anni da una congiuntura economica sfavorevole, che sembra colpire in particolar modo le giovani generazioni. In Italia, in base ai primi dati provvisori del 2013, si scende sotto la soglia delle 200 mila celebrazioni. Da quando esistono statistiche sui matrimoni, escludendo il primo conflitto bellico (ma non il secondo, in quanto anche durante il periodo della seconda guerra mondiale il numero di matrimoni celebrati fu superiore) bisogna risalire al 1880 per trovare un numero di matrimoni più basso, ma con una popolazione che all’epoca era meno della metà di quella odierna. INDICATORI DI NUZIALITA’. Anni 2008-2013 Matrimoni Rito civile (%) 2008 246.611 36,8 2009 230.613 37,2 2010 217.700 36,5 2011 204.830 39,2 2012 207.138 41,0 ANNO 2013 PER REGIONE (Provvisorio) Piemonte 12.849 54,2 Valle d'Aosta 411 59,9 Lombardia 27.187 55,3 Bolzano 1.842 63,7 Trento 1.563 53,6 Veneto 14 685 50,5 Friuli-Ven. Giulia 3.396 60,7 Liguria 5.102 61,6 Emilia-Romagna 12.096 59,3 Toscana 11.904 59,5 Umbria 2.492 46,1 Marche 4.528 42,3 Lazio 18.119 49,5 Abruzzo 4.448 34,0 Rito religioso (%) 63,2 62,8 63,5 60,8 59,0 Quoziente di nuzialità (per mille) 4,2 3,9 3,7 3,4 3,5 45,8 40,1 44,7 36,3 46,4 49,5 39,3 38,4 40,7 40,5 53,9 57,7 50,5 66,0 2,9 3,2 2,8 3,6 2,9 3,0 2,8 3,2 2,7 3,2 2,8 2,9 3,2 3,4 13 Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna ITALIA Nord Nord-ovest Nord-est Centro Mezzogiorno Sud Isole • • • • • • • • • • 997 23.607 15.575 2.140 8.164 20.489 5.497 197.091 79.131 45.549 33.582 37.043 80.917 54.931 25.986 26,6 26,2 24,5 14,6 17,5 27,8 46,7 43,1 55,7 55,8 55,6 51,6 26,9 24,6 31,8 73,4 73,8 75,5 85,4 82,5 72,2 53,3 56,9 44,3 44,2 44,4 48,4 73,1 75,4 68,2 3,2 4,1 3,8 3,7 4,1 4,1 3,3 3,3 2,9 2,8 2,9 3,1 3,9 3,9 3,9 Le immigrazioni dall'estero scendono a 307 mila, pari a un tasso del 5,1 per mille, contro le oltre 350 mila del 2012 (5,9 per mille). Aumentano, invece, le emigrazioni, circa 126 mila (2,1 per mille), contro i 106 mila dell'anno precedente (1,8 per mille). Il saldo migratorio con l'estero è di 182 mila unità, per un tasso del 3 per mille (4,1 nel 2012). Nel periodo 2008-2013, tra coloro che abbandonano il Paese per una destinazione estera raddoppia sia il numero di residenti stranieri (da 22 a 44 mila), che il numero di italiani (da 40 a 82 mila). Nel 2013 la destinazione estera favorita dagli italiani è il Regno Unito, con circa 13 mila trasferimenti, segue la Germania con 11 mila 600. Gli stranieri, invece, emigrano prevalentemente in Romania, oltre 10 mila trasferimenti nel 2013 (+21% sul 2012) e Albania, oltre 2 mila trasferimenti (+23%). Calano gli ingressi dei cittadini stranieri, 279 mila nel 2013 contro i 321 mila del 2012. I rimpatri di italiani sono 28 mila. Con 60 mila immigrati arrivati nel 2013 la Romania si conferma il principale Paese di provenienza, davanti a Marocco (19 mila) e Cina (18 mila). Tuttavia, gli arrivi dalla Romania crollano sensibilmente (-25% sul 2012), così come quelli dalla Cina (-12%). Stabili i flussi in arrivo dal Marocco (-0,8%), mentre aumentano quelli da Egitto (+15%) e Ucraina (+10%). Gli italiani che tornano nel Paese provengono, prevalentemente, dalla Germania (4 mila 100 rimpatri) e dalla Svizzera (2 mila 700). Nel decennio 1993-2012 ben 2 milioni 388 mila individui hanno spostato la residenza dal Mezzogiorno al Centro-nord, mentre poco più della metà, 1 milione 275 mila, ha effettuato il tragitto inverso. La migrazione di capitale umano dal Mezzogiorno al Centro-nord prosegue anche nel 2013. Sono 116 mila gli individui che hanno trasferito la residenza da una regione del Mezzogiorno a una del Centro-nord, mentre soltanto in 65 mila hanno fatto il contrario. Aumenta la speranza di vita alla nascita, giunta nel 2013 a 79,8 anni per gli uomini e a 84,6 anni per le donne. A fine 2013, gli individui di 65 anni e oltre rappresentano il 21,4% del totale (21,2% nel 2012), risultando in ulteriore aumento, mentre i giovani fino a 14 anni di età scendono al 13,9% (dal 14% del 2012). www.istat.it/it/archivio/126878 comunicato stampa 26 giugno 2014 per il testo integrale cliccare nel centro-destra a metà dello schermo. ▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬ OMOFILIA Il Pd e le unioni civili gay. ''Così non facciamo finti matrimoni ma vera solidarietà'' La senatrice Pd Emma Fattorini, prima firmataria del testo depositato al Senato: ''Il concetto di 'unione civile' non va confuso con le 'coppie di fatto' etero, che hanno dei diritti molto più limitati rispetto al matrimonio. Queste coppie, se vogliono, possono sposarsi acquisendo i relativi diritti''. Una legge che i cattolici dovrebbero votare perché ''è quella che difende di più il matrimonio'. Nei giorni scorsi “L’Unità”, quotidiano del Partito Democratico, ha pubblicato in prima pagina con grande evidenza la notizia del varo, entro settembre, della legge sulle unioni gay. Esse avranno gli stessi diritti del matrimonio, esclusa l’adozione. I partner della nuova “unione civile”, che verrà registrata, potranno scegliere il regime patrimoniale comune, avranno il dovere di reciproca solidarietà, godranno dei 14 diritti in campo sanitario, assistenziale, di successione, di reversibilità pensionistica. Per comprendere meglio i contenuti di questo disegno di legge, il Sir ha intervistato la senatrice Pd Emma Fattorini, prima firmataria del testo depositato al Senato. Quali sono gli elementi qualificanti della vostra iniziativa legislativa? “Il primo è che si determina una distinzione netta tra coppie eterosessuali e coppie omosessuali, e quindi per queste ultime non si parla di matrimonio. La ratio giuridica di queste unioni è che si fondano su una stabilità che non discende dal matrimonio e non sono al tempo stesso un ‘simil-matrimonio’. Infatti, vengono attribuiti tutti i diritti civili eccetto quello dell’adozione dei figli. Il concetto di ‘unione civile’ non va confuso con le ‘coppie di fatto’ etero, che hanno dei diritti molto più limitati rispetto al matrimonio. Queste coppie, se vogliono, possono sposarsi acquisendo i relativi diritti”. Perché l’Italia dovrebbe arrivare al riconoscimento delle coppie gay? “Intanto perché è un discorso di fondo per la società: credo che noi tutti, laici e cattolici, dobbiamo incoraggiare le unioni stabili, impostate sulla solidarietà e la protezione dei deboli, rispetto a condizioni di precarietà esistenziale o non riconosciute. Le coppie gay ci sono, non è lassismo riconoscerle”. Rispetto all’impalcatura dei diritti civili attualmente riconosciuti in ambito privato, cosa cambia con la nuova configurazione giuridica da voi ipotizzata? “Il vero salto nel dibattito giuridico in questi ultimi tempi si è avuto con le due sentenze, una della Corte Costituzionale del 2010 e l’altra della Cassazione del 2012, che ci indicano, su questo tema, la via maestra. Queste sentenze, infatti, dicono che, riguardo alle unioni omosessuali, i diritti non sono da intendere solo come diritti individuali ma come diritti di coppia. Aggiungono che però tali diritti di coppia non significano equiparazione al matrimonio. Direi che la cultura giuridica italiana ha cominciato ad affermare la necessità della tutela giuridica della coppia omosessuale, asserendo come essa sia titolare, oltreché del diritto individuale, riconosciuto all’art. 2 della Costituzione, anche del diritto di vivere liberamente una condizione di coppia”. Non teme che una parte consistente dei cattolici italiani possa esprimere contrarietà alla proposta del Pd di legalizzare le unioni omosessuali? “Ci sono indagini, sondaggi, studi recenti che ci dicono come gli italiani, e tra di essi i cattolici, non sono contrari a unioni riconosciute che abbiano diritti. Invece sono contrari al matrimonio omosessuale. Noi da qui siamo partiti per elaborare la nostra proposta, tenendo presente l’aspetto dei figli per i quali prevediamo la non possibilità di adozione, escluso quando uno dei soggetti della coppia gay possa adottare il figlio, anche adottivo, dell’altra parte della nuova unione. Ciò nello spirito della difesa dei diritti della parte debole, in questo caso rappresentata dal figlio che rimarrebbe, senza tale adozione, isolato e senza riferimenti”. Ritenete vi sia il rischio di “finte unioni civili” tra omosessuali più o meno “veri” per lucrare la pensione di reversibilità o l’eredità? “La nostra proposta prevede dei ‘paletti’ così che le persone non se ne approfittino. Il disegno di legge è volto a promuovere la responsabilità interpersonale e a vincere la solitudine. Per la reversibilità bisogna ricordare che essa è messa in discussione comunque e per tutti in quanto tale, alla luce della situazione finanziaria attuale. Teniamo inoltre conto che dall’ultimo censimento Istat emerge che, rispetto al 2001, calano le coppie con figli e crescono quelle senza figli e le famiglie monogenitoriali che oggi sono il 34% del totale. Mentre la famiglia nucleare classica si attesta al 32%, quindi scavalcata dalle altre. Se aggiungiamo che sono 7,5 milioni le persone che vivono sole, il quadro è completo ed è molto allarmante”. Ultima domanda: perché i parlamentari cattolici, anche degli altri schieramenti, dovrebbero votare la vostra proposta di “unioni civili”? “Perché è quella che difende di più il matrimonio. Non fa pasticci, non fa finti matrimoni. Inoltre perché garantisce i diritti civili ma non prevede l’adozione. In terzo luogo perché se non approvassimo questa nostra legge ne passerebbe un’altra più radicale sul vero ‘matrimonio gay’. Sembra una scelta fuori dalla nostra cultura cattolica, ma vista in quest’ottica è una conquista per venire incontro a persone che altrimenti sarebbero in condizione di disagio. In sostanza, vogliamo tenere fermo il matrimonio e razionalizzare le coppie omosessuali, aiutando tutte le forme di solidarietà”. Luigi Crimella agenziasir 23 giugno 2014 www.agensir.it/sir/documenti/2014/06/00289640_cosi_non_facciamo_finti_matrimoni_ma_vera.html ▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬ OSSERVATORIO NAZIONALE PER L’INFANZIA L’Osservatorio Nazionale per l’Infanzia e l’Adolescenza rinasce dopo due anni di attesa. 15 La decisione è stata ufficializzata martedì 17 giugno 2014 con un decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Giuliano Poletti, che riveste anche il ruolo di presidente dell’Osservatorio. Quest’ultimo è costituito da una sessantina di componenti, tra cui rappresentanti di ministeri e pubbliche amministrazioni nazionali e locali, enti e associazioni di categoria, esperti in materia di minori ed esponenti di sindacati e organizzazioni del Terzo Settore. Tra gli esperti di infanzia e adolescenza che andranno a comporre il nuovo Osservatorio c’è anche Marco Griffini, fondatore e presidente di Amici dei Bambini. “Alla grande soddisfazione per questa nomina – commenta Griffini, che come gli altri componenti dell’Osservatorio resterà in carica per 2 anni – si aggiunge il piacere di riprendere il lavoro con tanti vecchi e preziosi amici con i quali abbiamo condiviso, negli anni passati, importanti vittorie per l’infanzia in difficoltà familiare: una su tutte, la legge sulla chiusura degli istituti, i cui principi sono il frutto proprio dell’appassionato lavoro dei membri dell’Osservatorio. Ora ci aspettano nuove sfide – annuncia il presidente di Ai.Bi. –: innanzitutto il grande problema dei minori stranieri non accompagnati, da affrontare in un’ottica assolutamente europea, come suggerito dallo stesso premier Renzi. Poi i troppi minori fuori famiglia, ospiti tutt’ora delle comunità educative. E ancora i 1900 minori dichiarati adottabili che, come denunciato in questi giorni dal Crc (Gruppo di lavoro per la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, ndr), non trovano una famiglia per mancanza di un’apposita banca dati. Infine, un grandissimo problema, che coinvolge centinaia di migliaia di minori: i bambini ‘abbandonati’ davanti alla tv o internet, che una famiglia ce l’hanno ma è come se non l’avessero”. “Collaborare con il ministro Poletti – continua Griffini –, uomo che proviene dal ‘nostro’ mondo del non profit, costituirà un’importante opportunità di lavoro per lasciare un segno indelebile, concreto e fecondo, sul fronte italiano dei diritti dei minori”. Ai. Bi. 26 giugno 2014 www.aibi.it/ita/category/archivio-news ▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬ PARLAMENTO Camera Deputati Assemblea. Ratifica della Convenzione dell’Aja del 1996. A.C. 1589 Ratifica ed esecuzione della Convenzione sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l'esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori, fatta all'Aja il 19 ottobre 1996, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno. www.camera.it/_dati/leg17/lavori/schedela/apriTelecomando_wai.asp?codice=17PDL0022170 Seduta n. 249 di giovedì 19 giugno 2014 Discussione del disegno di legge: estratti passim Michele Nicoletti, relatore per la III Commissione (Affari esteri). Signor Presidente, il disegno di legge in esame si propone la ratifica della Convenzione dell'Aja del 1996. La Convenzione dell'Aja è stata firmata dall'Italia il 10 aprile 2003, ossia più di undici anni fa. Mentre apprezziamo vivamente l'impegno del Governo in questa legislatura affinché il Parlamento proceda al più presto alla sua ratifica, non possiamo non rilevare ancora una volta l'inaccettabilità di tempi così lunghi per l'adeguamento del nostro ordinamento interno ai principi del diritto internazionale ed europeo. Tanto più quando sono in gioco i diritti delle persone e in particolare di quelle più deboli e, dunque, maggiormente degne di tutela, come i minori, di cui si occupa la Convenzione. Di fronte a quanti in questi giorni esprimono preoccupazioni sui rischi che un'eventuale riforma delle nostre istituzioni parlamentari potrebbe comportare in ordine alla garanzia dei diritti fondamentali, sarebbe forse opportuno ricordare che il sistema delle garanzie oggi, sia per le persone che per le minoranze, riposa in larga parte, più che sulla farraginosità dei meccanismi interni, su quel diritto internazionale e sulle istituzioni internazionali a cui noi stessi, a partire dagli articoli 10 e 11 della nostra Costituzione, abbiamo dato vita. (…) La Convenzione dell'Aja del 1996 mira esattamente a introdurre elementi di maggiore certezza e definizione nel campo della tutela dei minori rispetto alla precedente Convenzione del 1961, che, se da un lato aveva chiaramente individuato i principi fondamentali dei diritti dei minori e gli obblighi degli Stati nei loro confronti, dall'altro lato aveva lasciato margini di incertezza nella definizione univoca dell'autorità competente a provvedere alla protezione della persona e dei beni del minore nel caso in cui quest'ultimo si trovasse in un Paese diverso dal proprio. Poteva così accadere, ed è di fatto accaduto, che la responsabilità della tutela del minore venisse di volta in volta addossata allo Stato di provenienza piuttosto che allo Stato di 16 residenza, lasciando il minore in una condizione di incertezza e di esposizione al rischio. È noto, infatti, che nel corso degli ultimi decenni la condizione di molti minori nel mondo si è trovata sempre più esposta a possibilità di sfruttamento, violenza e abusi e che l'imponente crescita del fenomeno migratorio, connessa a guerre civili, oppressioni, carestie, persecuzioni, ha visto coinvolto in prima fila un grandissimo numero di bambini e minori. Una chiara definizione dei soggetti a cui la tutela dei minori è in carico è dunque fondamentale per evitare il più possibile violenze e abusi e per consentire anche a quanti – famiglie, associazioni o Stati – si fanno carico della loro accoglienza di operare in un quadro chiaro e trasparente. (…) Il principio fondamentale che regge la Convenzione è quello chiaramente enunciato dal diritto internazionale in materia di infanzia, ossia quello del best interest del minore, che deve sempre prevalere sia rispetto alla sua appartenenza a una determinata nazionalità, sia rispetto alla rigida applicazione della legislazione nazionale del Paese ospitante. In questo senso, la Convenzione stabilisce con chiarezza che l'autorità competente in materia di tutela è quella dello Stato in cui concretamente si svolge la vita del minore, ossia dove si trovano i suoi interessi e i suoi legami familiari, indipendentemente dalla sua nazionalità. È evidente, in questo caso di tutela di un soggetto debole, rispetto al quale il fattore tempestività ed efficacia rileva in modo singolare, l'importanza che la responsabilità di proteggere sia in capo all'autorità più vicina al soggetto interessato, secondo quel principio di prossimità che ha radici antiche sul piano dei principi morali e che trova sempre maggiore accoglienza nel diritto europeo e secondo quell'attenzione al radicamento del minore nel suo ambito vitale. Sull'altro fronte, la ricerca del best interest del minore, nonché la natura pattizia della Convenzione, basata sul reciproco riconoscimento dei soggetti contraenti, impone ad ogni Stato di riconoscere le misure di protezione adottate dalle autorità di uno Stato contraente – salvo eccezioni dettagliatamente indicate – come se fossero state adottate dalle proprie autorità. Questo riconoscimento dell'ordinamento straniero, dell'ordinamento «altro da sé» è espressione concreta di quella visione del pluralismo degli ordinamenti giuridici che è alla base del diritto internazionale e dello stesso diritto europeo e che si rende particolarmente significativo in materia di diritto di famiglia, ossia di quel diritto che regolamenta le relazioni più intime tra le persone e che, dunque, più di ogni altro ha a che fare con la sfera delle convinzioni soggettive in ambito morale e religioso, delle tradizioni, dei costumi degli individui e dei popoli. (…) In quest'ottica, la Convenzione dell'Aja prevede il riconoscimento non solo di quelle forme di responsabilità genitoriale codificate negli istituti dell'adozione o dell'affido tipici dei nostri ordinamenti, ma anche di quelle forme di tutela dei minori in stato di difficoltà o di abbandono previsti da altre tradizioni come, nel caso dei Paesi islamici, la kafala. Nei Paesi che ispirano la propria legislazione ai precetti coranici non esiste rapporto di filiazione diverso dal legame biologico di discendenza che derivi da un'unione lecita. La legge islamica, dunque, non ammette in senso stretto l'istituto dell'adozione. Tuttavia, per evitare che figli senza genitori restino del tutto sprovvisti di tutela, il diritto islamico prevede lo specifico istituto della kafala, per effetto del quale un adulto musulmano (o una coppia di coniugi) ottiene la custodia del minorenne, in stato di abbandono, che non sia stato possibile affidare alle cure di parenti, nell'ambito della famiglia. La disciplina dell'istituto assume connotazioni specifiche nei diversi ordinamenti islamici; è, però, possibile individuare i tratti essenziali e comuni di questa particolare forma di affidamento. Il rapporto che si instaura tra affidatario e minore non crea vincoli ulteriori rispetto all'obbligo del primo di provvedere al mantenimento e all'educazione del secondo, fino a quando questi raggiunga la maggiore età. La ratifica della Convenzione, che riconosce esplicitamente la kafala, impone quindi di trovare figure giuridiche capaci di contenere in sé la tipicità di questo istituto e per questo il disegno di legge in esame ha formulato la proposta di inserire questo riconoscimento all'interno della forma giuridica dell'assistenza legale al minore, intendendo con questa espressione l'assistenza giuridica, morale e materiale, nonché la cura affettiva di un minore, secondo quanto fanno altri ordinamenti, dove si parla di accoglienza o di «permanent care». In questo modo si apre la possibilità di riconoscere all'interno del nostro ordinamento giuridico forme di protezione dei minori, in stato di abbandono o meno, che siano debitamente prospettate dalle competenti autorità straniere e accuratamente vagliate dalle autorità italiane, secondo i criteri più oltre descritti. (…) Donatella Ferranti, relatore per la II Commissione (Giustizia). (…). La kafala è un istituto antico del diritto di famiglia della tradizione islamica che disciplina l'assunzione da parte del kafil di obblighi di nutrimento, educazione, cura e crescita propri dei genitori. È temporanea per natura e, quindi, senza effetti ereditari, senza modificazioni dello status civile. E si basa su un principio solidaristico, quello di assicurare un supporto sociale al minore che necessiti appunto di protezione. È riconosciuta dal diritto internazionale, 17 dall'articolo 20 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 1989 e dalla Convenzione, appunto, dell'Aja del 1996 di cui stiamo parlando e che stiamo cercando di ratificare dandole attuazione attraverso questo disegno di legge. Ma già nell'orientamento giurisprudenziale in tutti questi anni in cui appunto non vi è stato il perfezionamento di questa ratifica, la kafala è stata sostanzialmente assimilata dalla giurisprudenza all'affidamento eterofamiliare e la giurisprudenza ha operato, come spesso accade, purtroppo, in assenza di un intervento del legislatore, in via di supplenza e in via ermeneutica cercando, nei casi dove fosse particolare interesse preminente del minore e non ci fosse la possibilità di un riconoscimento dell'atto dello Stato straniero, di aggirare l'ostacolo attraverso le norme sul ricongiungimento familiare. Ma qui, invece, c’è la necessità di mettere a punto una normativa che disciplini il riconoscimento del provvedimento di uno Stato estero nel diritto interno. E questa Convenzione introduce il principio generale del riconoscimento automatico della misura di protezione adottata dall'autorità in uno Stato appunto contraente. Per la kafala vi è un necessario vaglio dell'autorità centrale, dell'autorità competente dello Stato che deve ricevere il minore. Di qui le norme di adeguamento contenute in questo disegno di legge. In particolare, io credo – e questa è stata la linea tenuta dai relatori e dalle Commissioni – che, sia pur tenendo conto di quella che è stata l'impostazione del disegno di legge, che si fonda soprattutto sugli articoli 4 e 5 del testo, si è voluto cercare di mantenere e riconoscere la natura, l'origine appunto, della kafala senza snaturare l'istituto e cercando di adattarlo alla normativa e ai principi del nostro ordinamento. Ecco, quindi, che è importante avere individuato all'articolo 3 gli organi di riferimento, cioè il Ministero della giustizia – Dipartimento per la giustizia minorile come autorità centrale incaricata di adempiere agli obblighi derivanti dalla Convenzione, e la Commissione per le adozioni internazionali come autorità competente italiana. Gli articoli 4 e 5, poi, individuano quali sono le situazioni in cui dovrà procedersi al riconoscimento del provvedimento dello Stato estero, in particolare appunto per ciò che attiene alla kafala. E, quindi, all'articolo 4 si disciplina la procedura da seguire quando è collocato in Italia un minore straniero che non si trovi in stato di abbandono. Il disegno di legge, quindi, delinea il percorso specifico. C’è un provvedimento dell'autorità straniera che lo propone all'autorità centrale italiana; poi, vi è il Ministero della giustizia che trasmette gli atti al tribunale per i minorenni e l'autorità giudiziaria competente è individuata in base alla residenza della famiglia o della struttura di accoglienza. Ci sono anche degli approfondimenti che il tribunale per i minorenni potrà chiedere, proprio sul minore, sulle persone e la struttura individuata per l'assistenza, tramite i servizi sociali e le ASL. Si è anche introdotto, rispetto al disegno di legge, su indicazione pure del Governo, il fatto che si possa e si debba procedere all'ascolto del minore laddove appunto è compatibile con le normative anche del Paese di origine. Ecco che, poi, all'articolo 5, invece, si disciplina l'altro istituto, quello che attiene sempre al riconoscimento di un provvedimento di uno Stato estero nel caso in cui c’è un minore in stato di abbandono. E anche qui vi è il compito, da parte della Commissione per le adozioni internazionali, appunto l'autorità competente italiana, di approvare la proposta di assistenza legale e, nel caso in cui un minore è in stato di abbandono, verificare la documentazione trasmessa e che, tenuto conto del superiore interesse del minore, risultino tutte le circostanze espressamente richieste dalla norma. E sono previsti requisiti dettagliati, un sistema di garanzie analogo a quello che in linea di principio è richiesto per le adozioni internazionali, ma tutti finalizzati ad evitare che proprio queste normative, questi casi si tramutino in una via che possa consentire di aggirare le disposizioni in materia di adozione. E l'intera procedura deve essere realizzata con l'intermediazione degli enti autorizzati e del servizio pubblico proprio per evitare rapporti diretti tra il minore e i potenziali kafil. (…) www.camera.it/leg17/410?idSeduta=0249&tipo=stenografico Seduta n. 252 del 25 giugno 2014 Approvazione del disegno di legge: http://www.camera.it/leg17/410?idSeduta=0252&tipo=alfabetico_stenografico Ora passerà all’esame del Senato e, se approvato, diventerà legge. In caso di modifica, dovuta all’approvazione di eventuali emendamenti, dovrà invece tornare a Montecitorio. La proposta di legge era stata elaborata dagli ex ministri Bonino, Cancellieri e Kyenge durante il Governo Letta ed era stata approvata dalle Commissioni competenti della Camera dei Deputati il 12 giugno scorso. Il ddl, oltre alla ratifica della Convenzione firmata all’Aja nel 1996, contiene anche alcune norme di adeguamento dell’ordinamento interno. L’eventuale approvazione della legge rappresenterebbe un passo decisivo in materia di accoglienza dei minori, in quanto coinvolge anche provvedimenti stranieri di kafala, la misura di protezione dell’infanzia disposta all’estero nei Paesi islamici e che si colloca in posizione intermedia tra affidamento e adozione. 18 2° Comm. Giustizia -Disposizioni in materia di attribuzione del cognome ai figli, in esecuzione della sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo 7 gennaio 2014. C. 360 Garavini, C. 1943 Nicchi, C. 2123 Governo, C. 2407 Gebhard e C. 2044 Carfagna. 26 giugno 2014- Prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 19 giugno 2014. vedi pag. 20 www.ucipem.it/sito/attach/00423.pdf Donatella Ferranti, presidente, ricorda come sia stata presentata dalla relatrice, onorevole Michela Marzano, nel corso della precedente seduta, una proposta di testo unificato che la Commissione si riserva di adottare a seguito delle risultanze che emergeranno dall'audizione del Direttore della Direzione centrale per i servizi demografici presso il Ministero dell'Interno, prevista per la prossima settimana. www.camera.it/leg17/1008?sezione=documenti&idlegislatura=17&tipoDoc=bollettino_comunic ato&anno=2014&mese=06&giorno=26&idcommissione=02&back_to=4 il testo unificato in www.camera.it/leg17/824?tipo=A&anno=2014&mese=06&giorno=19&view=&commissione=02#data.2 0140619.com02.allegati.all00010 Senato Comm. Giustizia. Disciplina delle coppie di fatto e delle unioni civili (sede referente) 24 giugno 2014. Prosegue l'esame congiunto, sospeso nella seduta del 6 maggio 2014. vedi pag. 17 di www.ucipem.it/sito/attach/00411.pdf La senatrice Monica Cirinnà (PD) illustra il disegno di legge n. 1316 che, come si evince dalla relazione d'accompagnamento, offre una visione della famiglia quale formazione sociale il cui rapporto con la società è tale per cui nella vita delle persone vi deve essere il minimo impatto di regolazione. Il disegno di legge fa espresso riferimento alla sentenza n. 166 del 1998 citandone il passaggio in cui viene affermato, dalla Corte costituzionale, che la convivenza more uxorio rappresenta l'espressione di una scelta di libertà dalle regole che il legislatore ha sancito in dipendenza dal matrimonio: ne deriverebbe che l'estensione automatica di tali regole alla famiglia di fatto può essere intesa come violazione dei principi di libera determinazione tra le parti. Conseguentemente, l'articolo 1, del disegno di legge, che reca come rubrica la tutela della famiglia, ribadisce il legame tra matrimonio e formazione sociale familiare, richiamando espressamente gli articoli 29 e 31 della Costituzione. Alla famiglia vengono riservate in via esclusiva le provvidenze, le agevolazioni sociali e quelle economiche. L'articolo 2 disciplina invece i diritti individuali dei conviventi e i doveri da assolvere quando la convivenza ha luogo tra due maggiorenni, non legati da rapporti di parentela né coniugati, a condizione che la convivenza duri stabilmente da almeno tre anni, in assenza di figli comuni. Qualora, viceversa, vi siano figli, la convivenza cui si riferisce la disciplina del disegno di legge è di un anno. Il comma 2 regola l'obbligo alimentare, qualora cessi la convivenza e una delle due parti versi in stato di bisogno. Il comma 3 stabilisce il cumulo dei redditi ai fini del calcolo dell'ISEE. Il comma 4 prevede il diritto di abitazione nell'immobile di comune residenza in favore del convivente superstite: il diritto cessa in caso di matrimonio o di successiva convivenza. Il comma 5 stabilisce la successione nel contratto di locazione del convivente, dopo che vi sia stata revoca da parte dell'altro. Sul comma 6, una certa vaghezza nella formulazione sembra alludere al diritto di visita nei luoghi di cura a favore del convivente. Il comma 7, inoltre, garantisce la fruizione dei permessi retribuiti ai sensi della legge n. 53 del 2000 in favore del convivente che debba assistere l'altro o i familiari a suo carico. L'articolo 8 attribuisce al convivente il potere di disporre il trattamento del corpo e la celebrazione delle esequie, a meno di disposizioni contrarie effettuate in forma scritta o autografa. Il comma 9, infine, reca una disposizione attributiva di un legato in favore del convivente, ma proporzionato al suo stato di bisogno e finalizzato al suo mantenimento, nei limiti della quota ereditaria disponibile. Su proposta della relatrice, che precisa di aver ampiamente tenuto conto delle disposizioni recate dal disegno di legge n. 1316 ai fini della redazione di una proposta di testo unificato, la Commissione conviene che l'esame del citato disegno di legge venga congiunto al seguito dell'esame dei disegni di legge nn. 14 e connessi. La relatrice Monica Cirinnà deposita quindi la proposta di testo unificato www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=SommComm&leg=17&id=777449 Senato 2° Comm. Giustizia -Divorzio breve Disegno di legge approvato dalla Camera dei deputati il 29 maggio 2014, trasmesso il 30 maggio 2014: S 1504 «Disposizioni in materia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché di comunione tra i coniugi». in sede referente 24 giugno 2014. Prosegue l'esame congiunto, sospeso nella seduta del 19 giugno 2014. 19 pag. 21 di www.ucipem.it/sito/attach/00423.pdf Interviene il senatore Ciro Falanga (FI-PdL XVII) (…) si continua a ingenerare una certa confusione tra separazione giudiziale e consensuale. (…) Secondo il presidente Nitto Francesco Palma occorre tenere nel debito conto quanto è emerso in questa prima fase della discussione generale e conviene, al riguardo elencare gli snodi problematici che caratterizzano il disegno di legge n. 1504. Prima di tutto occorre chiedersi se la separazione possa ancora costituire un elemento pregiudiziale per la cessazione degli effetti civili del matrimonio; poi vi è da riflettere sul momento da cui decorre il termine annuale e semestrale previsto dall'articolo 1 del disegno di legge; vi è, infine, da determinare un eventuale regime transitorio in vista dell'entrata in vigore della riforma, nonché verificare se sia congruo discernere i casi di separazione che vedono coinvolti gli interessi della prole e i casi in cui questi non vengano in rilievo, disponendo una distinzione normativa fondata sul termine necessario di separazione. Il senatore Enrico Buemi (Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE) chiede che le relatrici valutino le ragioni attuali che sottenderebbero la necessità di mantenere un termine dilatorio necessario prima di poter pervenire alla cessazione degli effetti del vincolo matrimoniale. Salvo voler conferire rilievo a questioni ideologiche, ritiene che questa scelta debba fondarsi esclusivamente sull'esigenza dell'ordinamento di dare certezza ai rapporti patrimoniali tra i coniugi in seguito alla separazione e all’evidente necessità di tutelare gli interessi, anche affettivi, dei figli nati nel matrimonio in via di dissoluzione. Dopo un breve intervento del senatore Giuseppe Luigi Salvatore Cucca (PD), volto a ribadire i termini del rapporto tra i procedimenti di separazione tra i coniugi e gli effetti della separazione stessa sulle convenzioni patrimoniali prescelte, il presidente Palma invita i senatori che intendano intervenire a segnalarlo alla Presidenza per poter poi chiudere la discussione generale, procedere con l'individuazione del testo base e con la fissazione di un termine per la presentazione degli emendamenti. www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=SommComm&leg=17&id=00777449&part =doc_dc&parse=no&stampa=si&toc=no 25 giugno 2014. Prosegue l'esame congiunto, sospeso nella seduta del 24 giugno 2014. Il senatore Giuseppe Lumia (PD) rileva che il testo pervenuto dalla Camera dei deputati costituisce un equilibrato punto di mediazione e se è vero che occorre porre rimedio ad alcune incertezze nella redazione dell'articolato già poste in evidenza dalle relatrici, occorre anche concentrare l'attenzione sugli elementi salienti connessi con la disciplina tendente ad accelerare l'accesso allo scioglimento e alla cessazione degli effetti civili del matrimonio. Vi è innanzitutto da chiarire se vi sia ancora effettiva necessità di mantenere il procedimento di separazione quale presupposto per pervenire al divorzio. (…) Il senatore Alberto Airola (M5S) si limita a rilevare quanto sia anacronistico l'istituto che condiziona l'accesso al divorzio al previo esperimento del procedimento di separazione tra i coniugi. Non si vede come si possa sperare che un termine di decantazione possa far desistere la coppia dal proposito di risolvere il vincolo matrimoniale, il che, peraltro, tradisce una venatura ideologica sottesa al tentativo di preservare sempre e comunque la stabilità degli effetti dello stesso istituto del matrimonio. Il senatore Giacomo Caliendo (FI-PdL XVII) precisa che il divorzio non ha affatto la natura di una sanzione morale, giuridica o sociale, ma è soltanto un istituto della legislazione speciale che presuppone il previo esperimento di un ulteriore procedimento che ne integra, al momento, una vera e propria condizione di procedibilità. L'alterazione di questo schema giuridico, per quanto lo si possa ritenere discutibile, deve essere presa in attenta considerazione per non generare incertezze procedimentali e incongruenze che potrebbero riflettersi sull'intero novero dei rapporti regolati dal diritto di famiglia. www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=SommComm&leg=17&id=00777674&part=doc_d c&parse=no&stampa=si&toc=no ▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬ REGIONE LAZIO Funzioni e delle attività dei Consultori Familiari regionali. Decreto n. U00152, 12 maggio 2014. Il presidente Nicola Zingaretti in qualità di commissario ad acta ha decretato: «Rete per la Salute della Donna, della Coppia e del Bambino: ridefinizione e riordino delle funzioni e delle attività dei Consultori Familiari regionali. Tariffa per il rimborso del Parto a domicilio, ad integrazione del Decreto del Presidente in qualità di Commissario ad Acta n. U0029 del 01/04/2011» www.regione.lazio.it/rl_sanita/?vw=normativa&pg=11 L’allegato 1 “Linee di indirizzo regionali per le attività dei Consultori Familiari” passim estratti 20 tra altro reca a pag. 6: In merito all'esercizio dell'obiezione di coscienza fra i medici ginecologi, che dati recenti pongono a 69,3% in Italia (Relazione Ministeriale sullo Stato di attuazione della Legge 194/78 ; anni 2011–2012 e Commissione Affari Sociali - XVII Legislatura - Esame della Relazione sullo stato di attuazione della "Legge 194/78 2011-2012), si ribadisce come questa riguardi l'attività degli operatori impegnati esclusivamente nel trattamento dell'interruzione volontaria di gravidanza, di seguito denominata IVG. Al riguardo, si sottolinea che il personale operante nel Consultorio Familiare non è coinvolto direttamente nell’effettuazione di tale pratica, bensì solo in attività di attestazione dello stato di gravidanza e certificazione attestante la richiesta inoltrata dalla donna di effettuare IVG. Per analogo motivo, il personale operante nel Consultorio è tenuto alla prescrizione di contraccettivi ormonali, sia routinaria che in fase post-coitale, nonché all'applicazione di sistemi contraccettivi meccanici, vedi I.U.D. (lntra Uterine Devices). Rispetto al fabbisogno, per i Consultori familiari (CF) è stato definito uno standard di I CF:20.000 abitanti per le aree urbane, e di 1 CF: 10.000 per le aree extraurbane, necessari all’effettiva ottemperanza alla mission stabilita dal mandato legislativo. La situazione nel Lazio è di 0,57 CF:20.000 abitanti. (…) I percorsi socio assistenziali che devono essere garantiti all'interno dei Consultori familiari sono riferibili ai seguenti ambiti: 1. Salute sessuale e riproduttiva; 2. Nascita; 3. Assistenza per la donna che richiede Interruzione Volontaria di Gravidanza (IVG); 4. Screening oncologico del cervico-carcinoma; 5. Interventi di contrasto alla Violenza di Genere; 6. Giovani; 7. Salute Psico-fisica del bambino O-I anno; 8. G.I.L. Adozione. www.regione.lazio.it/binary/rl_sanita/tbl_normativa/Decr_U00152_12_05_14_Riordino_Consultori_e_ Tariffa_parto_a_domicilio.pdf {Osservazioni in merito: Obiezione di coscienza fra i medici ginecologi. Senza alcun riferimento esplicito, ci si rifà all’art. 9, terzo comma della L. 194\1978 www.salute.gov.it/imgs/c_17_normativa_845_allegato.pdf come è stato fatto in passato già nel 1978 dalla Regione Veneto con la circolare 54 e dal Tar Puglia, sentenza n. 3477, 14 settembre 2010 www.giustiziaamministrativa.it/DocumentiGA/Bari/Sezione%202/2010/201000962/Provvedimenti/201003477_20.X ML vedi a pag. 7 di www.ucipem.it/sito/attach/00062.pdf Contraccettivi. La Legge sui consultori familiari n. 405\29 luglio 1975 dà indicazioni generali in merito nell’art. 1 http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_normativa_1545_allegato.pdf Il servizio di assistenza alla famiglia e alla maternità ha come scopi: a) l'assistenza psicologica e sociale per la preparazione alla maternità ed alla paternità responsabile e per i problemi della coppia e della famiglia, anche in ordine alla problematica minorile; b) la somministrazione dei mezzi necessari per conseguire le finalità liberamente scelte dalla coppia e da singolo in ordine alla procreazione responsabile nel rispetto delle convinzioni etiche e dell'integrità fisica degli utenti; c) la tutela della salute della donna e del prodotto del concepimento; d) la divulgazione delle informazioni idonee a promuovere ovvero a prevenire la gravidanza consigliando i metodi ed i farmaci adatti a ciascun caso. La voce c) esclude quindi la cosiddetta pillola dei 5 giorni EllaOne che contiene 30 mg di ulipristal acetato ed ha anche o esclusivamente un’azione anti-annidamento dell’embrione vivo nell’utero. http://giulianoguzzo.wordpress.com/2013/02/19/ellaone-labortivo-che-non-ci-raccontano L’azione della pillola del giorno dopo Norlevo (1, 5 mg di Levonorgestrel, un ormone progestinico, è controversa rispetto al suo effetto abortivo. Non è sempre efficace nel prevenire la gravidanza, specialmente se vi è incertezza su quando è avvenuto il rapporto non protetto. Le spirali in rame o ormonali, IUD (dall'inglese Intra Uterine Device) sono uno strumento contraccettivo e intercettivo; esso impedisce la fecondazione oppure, laddove questa sia eventualmente avvenuta, ostacola secondariamente l'annidamento dell'embrione nell'utero. Quindi è abortivo, Di fatto, per l’obiezione di coscienza si deve far riferimento alla Legge 405\1975. ndr} 21 In argomento cfr. Bruno Mozzanega, università di Padova: Due temi cruciali: l’ambito dell’obiezione di coscienza rispetto alla 194 e la non prescrizione dei contraccettivi di emergenza. pag.109 di (seguire l’iter indicato) www.scienzaevita.org/quaderni_registrazione.php?quaderno=21 ▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬ SESSUOLOGIA Fertilità addio? E’in calo il numero medio degli spermatozoi. Se ne discute poco, soprattutto tra uomini. Eppure i dati parlano chiaro: è crisi dello sperma, la fertilità maschile è in declino e gli scienziati lanciano l'allarme. L'ultimo studio, condotto poco più di un anno fa in Francia dall'Istituto di Veille Sanitaire di Saint Maurice, ha scoperto che la concentrazione di spermatozoi tra il 1989 e il 2005 è diminuita di un terzo negli uomini giovani e in salute. Vuol dire che in un maschio 35enne in media il numero di spermatozoi si è ridotto da 73,6 milioni per ogni millimetro di seme a 50. Altri Paesi europei, con grandi database sanitari disponibili, hanno confermato che negli ultimi 15 anni la fertilità maschile è in calo inesorabile. Le cause? Le ipotesi sono tante: sovrappeso, inquinamento, pesticidi, fumo, scarsa attività fisica. Ma soprattutto alcune sostanze chimiche contenute in oggetti di uso quotidiano. Il Copenaghen University Hospital è appena riuscito a dimostrare un legame tra queste sostanze, gli ftalati, e lo sperma. I nemici si trovano ovunque: nella plastica, nei dentifrici, nei saponi, nelle creme solari. Ogni giorno li respiriamo o li assorbiamo tramite la pelle. E nonostante le concentrazioni di ftalati siano bassissime e considerate non dannose dalle regole Ue, il loro impatto sulla fertilità è devastante, sostiene il professor Niels Skakkebaek, che ha condotto lo studio danese. E invita i governi a trovare un nuovo modo di calcolare la tossicità delle sostanze chimiche. Perché alcuni ftalati si comportano come se mimassero gli estrogeni (gli ormoni sessuali femminili) o gli androgeni (maschili), costringendo gli spermatozoi a rilasciare prematuramente gli enzimi necessari a penetrare e fertilizzare gli ovuli. Rendendo lo sperma sterile. Deborah Ameri D la Repubblica 21 giugno 2014. pag. 66 http://periodici.repubblica.it/d/ ▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬ SCIENZA & VITA Nei consultori del Lazio si tuteli la maternità e la libertà di coscienza dei medici. “Il provvedimento contenuto nelle linee guida per i consultori emanato dal Governatore del Lazio Nicola Zingaretti travalica la Legge 194\1978, ponendo un limite illegittimo al diritto all’obiezione di coscienza del personale e, allo stesso tempo, bypassando la prima parte della legge”, commentano Paola Ricci Sindoni e Domenico Coviello, presidente e copresidente nazionali dell’Associazione Scienza & Vita. “A norma di legge, il colloquio nei consultori con gli operatori non si deve ridurre a una mera certificazione abortiva, ma ha la finalità di contribuire ‘a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza’. Snaturare la valenza e l’importanza di questo colloquio per convertirlo in attestazione e ‘autorizzazione’ per procedere all’aborto rende vana ogni possibile forma di tutela e di prevenzione, capovolgendo la funzione stessa dei presidi consultoriali e sminuendo la professionalità di chi vi opera”. “Per quanto riguarda l’obbligatorietà delle prescrizioni della pillola del giorno dopo e il coinvolgimento forzato del personale nelle procedure di certificazione, sottolineiamo che la legge 194 esime gli obiettori non solo dai gesti d’aborto ma anche dalle procedure dell’art. 5 (certificazione di preludio). Imporre per decreto la forzatura di una legge nazionale si configura come un’inaccettabile prevaricazione del diritto all’obiezione di coscienza che giova ricordarlo, è e rimane un diritto costituzionalmente garantito”. comunicato stampa 26 giugno 2014 www.scienzaevita.org/comunicato.php ▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬ SINODO DEI VESCOVI La Chiesa verso il Sinodo sulla Famiglia Il titolo del Sinodo ordinario del 2015 sarà "Gesù Cristo rivela il mistero e la vocazione della famiglia" la ha anticipato il card. Baldisseri durante la presentazione dell'Instrumentum laboris del sinodo straordinario dell'ottobre prossimo pure dedicato alla famiglia. Lo strumento è frutto di una consultazione che, nella sola Italia, ha coinvolto 160 diocesi ed una ventina di aggregazioni diverse, come spiega il direttore dell'ufficio famiglia della Cei, don Paolo Gentili. "Una consultazione capillare e amplissima come non ricordo ci sia mai stata finora. Anche solo per questo il documento rappresenta un testo storico 22 Instrumentum Laboris: serve una pastorale sensibile per situazioni irregolari La famiglia di fronte al Vangelo, alle difficoltà ed alla trasmissione della vita e della fede: sono i tre ambiti in cui si sviluppa l’Instrumentum Laboris, il documento di lavoro del Sinodo straordinario sulla famiglia, in programma in Vaticano dal 5 al 19 ottobre prossimi. Presentato in conferenza stampa, l’Instrumentum Laboris sintetizza le risposte delle Chiese locali al questionario su matrimonio e famiglia, proposto nel novembre scorso dal Documento preparatorio al Sinodo. Famiglia, cellula fondamentale della società. Ma famiglia in crisi. Ruota su questi due assi il documento di lavoro del prossimo Sinodo. Un ritratto analitico delle principali sfide e difficoltà che i nuclei familiari devono affrontare oggi, con una riflessione costante sull’aiuto offerto dalla Chiesa, già in atto, o da attuare. Disgregata, scoraggiata, confusa, poco preparata: la famiglia di oggi viene presentata così. Ma non mancano segnali positivi di speranza, soprattutto fra i giovani e là dove l’approccio della Chiesa non è visto come “esclusivo”, bensì “inclusivo” nei riguardi di chi vive situazioni irregolari. L’Instrumentum Laboris è suddiviso in tre parti. 1. La prima, dedicata alla comunicazione del Vangelo della famiglia, si concentra su due aspetti: la difficoltà di comprendere il valore della “legge naturale”, posta alla base della dimensione sponsale tra uomo e donna, e la privatizzazione della famiglia. Il primo aspetto apre il rischio della teoria del gender, mina l’idea del “per sempre” per l’unione coniugale, porta ad accettare la poligamia o il ripudio del coniuge, favorisce divorzio, convivenza e contraccezione. La privatizzazione della famiglia, invece, ne azzera il ruolo di cellula fondamentale della società. Per questo, si richiede che i nuclei familiari siano tutelati dallo Stato e recuperino il loro ruolo di soggetti sociali in tutti i contesti. Vera “Chiesa domestica”, la famiglia deve avere legame costante anche con la parrocchia, “famiglia di famiglie”. 2. La seconda parte dell’Instrumentum si concentra, invece, sulle situazioni critiche che la famiglia deve affrontare oggi: la debolezza della figura paterna, la frammentazione dovuta a divorzi e separazioni, la tratta dei minori, le droghe, l’alcolismo, la ludopatia, la dipendenza da social network che impedisce il dialogo e ruba il tempo alle relazioni interpersonali. Il documento sinodale mette in evidenza anche l’incidenza del lavoro sulla vita familiare: orari estenuanti, precarietà, lunghi spostamenti, assenza del riposo domenicale ostacolano la possibilità di stare in famiglia. Altri fattori di criticità sono le migrazioni, la povertà, il consumismo, le guerre, l’approccio alla malattia, soprattutto all’Aids, e la diversità di culto tra i coniugi da cui deriva la difficoltà di educare i figli. Ma l’Instrumentum non nasconde le “contro-testimonianze nella Chiesa” come gli scandali sessuali, la pedofilia, l’incoerenza di quei presbiteri con uno stile di vita “vistosamente agiato”. Tutto questo – spiega il documento sinodale – porta ad una “rilevante perdita di credibilità morale” da parte della Chiesa. Ancora: il documento dedica un’ampia parte alle “situazioni di irregolarità canonica”, poiché le risposte pervenute si concentrano soprattutto sui divorziati risposati. In generale, si mette in risalto il numero consistente di chi vive con “noncuranza” tale condizione e non richiede, quindi, di potersi accostare ai Sacramenti. Tanti, invece, si sentono emarginati, avvertono il divieto di accedere ai Sacramenti come una punizione ed aprono la via ad una “mentalità rivendicativa” nei confronti dei Sacramenti stessi. Alcune Conferenze episcopali chiedono quindi nuovi strumenti per aprire la possibilità di esercitare “misericordia, clemenza ed indulgenza” nei confronti delle nuove unioni. Altre soluzioni – come il guardare alle Chiese ortodosse che, in determinate circostanze, ammettono le seconde nozze – non eliminano il problema dei divorzi. Quanto alla proposta di semplificare le cause matrimoniali – ad esempio, riconsiderando se sia davvero necessaria la doppia sentenza conforme quando non c’è richiesta d’appello - il documento sinodale invita alla prudenza, per evitare ingiustizie ed errori e per non alimentare l’idea di un “divorzio cattolico”. Al contrario, si suggerisce una preparazione adeguata di persone qualificate per seguire tali casi. Ad ogni modo - si legge nel testo - snellire il processo canonico è utile solo se si affronta la pastorale familiare in modo integrale. L’Instrumentum evidenzia, in sostanza, che per le situazioni difficili la Chiesa non debba assumere un atteggiamento di giudice che condanna, ma quello di una madre che sempre accoglie i suoi figli, sottolineando che “il non poter accedere ai Sacramenti non significa essere esclusi dalla vita cristiana e dal rapporto con Dio”. In quest’ottica, massima accoglienza e disponibilità viene richiesta ai parroci nel caso in cui non praticanti e non credenti chiedano il matrimonio, poiché ciò può essere un’occasione propizia per evangelizzare la coppia. Imprescindibile rimane, inoltre, la necessità che la Chiesa accompagni i coniugi anche dopo le nozze. 23 Circa le unioni omosessuali, tutte le Conferenze episcopali si dicono contrarie all’introduzione di una legislazione che permetta tali unioni, ridefinendo il matrimonio tra uomo e donna e consentendo l’adozione di bambini. Viene comunque richiesto un atteggiamento rispettoso e non giudicante nei confronti di queste persone. 3. Nella terza parte, dedicata alla responsabilità educativa, l’Instrumentum constata come la dottrina della Chiesa sull’apertura alla vita da parte degli sposi sia poco conosciuta e quindi considerata un’ingerenza nella coppia. Di qui, ad esempio, la confusione che si crea tra i contraccettivi ed i metodi naturali di regolazione della fertilità: erroneamente ritenuti inefficaci, essi andrebbero, invece, spiegati, anche in collaborazione con centri universitari appositi. Necessario, inoltre, dare più spazio a tale tematica nella formazione dei presbiteri, poiché spesso i sacerdoti risultano impreparati sull’argomento. Spiegazioni da parte della Chiesa che siano chiare e che vadano oltre la condanna generica, vengono richieste anche per affrontare l’ideologia del gender, “sempre più pervasiva”, e la profilassi contro l’Aids, così da rispondere ad alcune “riduzioni caricaturali” dei media e per evitare di racchiudere il problema in una mera questione “tecnica”. Riguardo, infine, alla trasmissione della fede all’interno della famiglia - soprattutto quando genitori in situazione irregolare chiedono i Sacramenti per i propri figli – l’approccio più richiesto è l’accoglienza senza pregiudizio, perché “molte volte sono i figli ad evangelizzare i genitori” ed affinché i ragazzi comprendano che “irregolari sono le situazioni, non le persone”. “Appare sempre più necessaria – si legge nel documento – una pastorale sensibile, guidata dal rispetto di queste situazioni irregolari, capace di offrire un fattivo sostegno all’educazione dei figli”. L’Instrumentum Laboris si conclude, quindi, con la preghiera scritta da Papa Francesco e recitata all’Angelus del 29 dicembre 2013, nella Festa della Santa Famiglia di Nazareth. Isabella Piro Bollettino radiogiornale radio vaticana 26 giugno 2014 http://it.radiovaticana.va/radiogiornale il testo integrale è in www.vatican.va/roman_curia/synod/documents/rc_synod_doc_20140626_instrumentum-laborisfamilia_it.html ▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬ UNIONI CIVILI ''Sì ai diritti individuali delle persone conviventi in ambito privatistico'' Dal senatore Maurizio Sacconi del Nuovo Centro Destra, primo firmatario del disegno di legge dal titolo 'Disposizioni in materia di unioni civili', il riconoscimento di una serie di diritti, ad esclusione della pensione di reversibilità. I cattolici dovrebbero votare questa proposta perché ''riconosce la famiglia come società naturale antecedente allo Stato'' e non traccia un ''percorso ideologico'' Da una parte la proposta legislativa del Partito Democratico sulle “unioni civili”, che apre esplicitamente al riconoscimento delle coppie gay, seppure escludendo il matrimonio e l’adozione. Dall’altra una proposta di segno del tutto diverso e che esclude il riconoscimento delle coppie omosessuali. Per capire i contenuti di questa iniziativa alternativa a quella Pd, il Sir ha intervistato il senatore Maurizio Sacconi del Nuovo Centro Destra, primo firmatario del disegno di legge. Quali sono gli elementi qualificanti della vostra iniziativa legislativa? “Il suo titolo è ‘Disposizioni in materia di unioni civili’ e parte dal presupposto che la famiglia sia il cuore di ogni società umana, imprescindibile per lo sviluppo dei popoli. Una società dove la famiglia e le reti familiari sono solide è una società robusta. Quindi è interesse primario di ogni società quello di tutelare la famiglia e sostenerla nel prezioso compito di cura ed educazione dei figli”. Il concetto stesso di “unione civile”, come viene inteso da parte di coloro che puntano a vedervi ricomprese principalmente le unioni gay a voi non va bene? “A nostro avviso la tutela della famiglia basata sul matrimonio, come la intende la Costituzione agli articoli 29 e 31, si pone su un piano del tutto differente dal doveroso riconoscimento dei diritti individuali delle persone conviventi, che restano in un ambito strettamente di tipo privatistico”. Quali specifici diritti prevede il vostro disegno di legge in favore dei conviventi? “Stabilito che per famiglia intendiamo quella fondata sul matrimonio, e solo quella, noi affrontiamo i diritti dei conviventi partendo dal dato che per convivenza si intende un rapporto stabile tra due persone maggiorenni, non legate da vincoli di parentela né coniugate, che duri da almeno tre anni nel caso non vi siano figli comuni, e da un anno quando vi siano figli comuni. Prevediamo il dovere di sostenere l’altro, il calcolo dell’Isee cumulando i redditi dei conviventi. In caso di morte il diritto di continuare ad abitare nella casa di comune residenza se di proprietà del defunto. Il diritto a succedere in un contratto di locazione, 24 all’assistenza in caso di malattia e ricovero, ai permessi retribuiti per gravi malattie, come pure alla successione ereditaria secondo la quota disponibile”. Perché il vostro disegno di legge “non comporta oneri per la finanza pubblica”? “Ci sembra un dato qualificante. Basta pensare ad altre proposte che parlano di pensione di reversibilità al convivente. Questo istituto, a dati 2010, costa alle finanze pubbliche 41 miliardi di euro l’anno e rappresenta il 2,6% del Pil, vale a dire la più alta percentuale al mondo per istituti di questo tipo. Pertanto, se noi immaginassimo l’estensione di questo istituto ad altri beneficiari, lo metteremmo definitivamente in discussione”. Su cosa dissentite soprattutto rispetto alla proposta di unioni civili gay? “Il nostro dissenso comincia già quando si parla di un registro nazionale per queste unioni. Già questa idea dà rilevanza pubblica a tali unioni determinandone la caratteristica di un simil-matrimonio e quindi costituendo il presupposto per le provvidenze”. Perché i politici cattolici presenti in Parlamento dovrebbero votare per la vostra proposta? “Premesso che la nostra proposta è sostenuta da credenti e non credenti che riconoscono la famiglia come società naturale antecedente allo Stato, credo che non sia necessario il presupposto della fede per riconoscere la vocazione alla procreazione e alla continuità della specie per l’unione di un uomo e di una donna”. Ma come se ne uscirà? Con un muro contro muro? “Io mi auguro che ci possa essere disponibilità all’ascolto reciproco e al dialogo, soprattutto non ci sia un modo ideologico di affrontare problemi che possono essere riconosciuti in quanto ‘pratici’. A noi sta a cuore risolvere i problemi pratici di due persone conviventi. Se invece si vuole un percorso ideologico che vuole estendere il concetto di famiglia, che vuole quindi relativizzare quella naturale, che vuole consentire poi l’adozione anche da parte della coppia omosessuale; oppure peggio ancora, se si vuole consentire la fabbricazione di figli selezionati attraverso l’utero in affitto, se si vuole questo percorso tutto ideologico, la nostra battaglia sarà ferma e determinata”. Luigi Crimella agenzia SIR 23 giugno 2014 www.agensir.it/sir/documenti/2014/06/00289641_si_ai_diritti_individuali_delle_persone_c.html ▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬ INFORMATIVA in materia di protezione dei dati personali Siamo consapevoli che e-mail indesiderate possono essere oggetto di disturbo, quindi La preghiamo di accettare le nostre più sincere scuse se la presente non dovesse essere di Suo interesse. In conformità con le nuove disposizioni italiane in materia d’invii telematici in vigore dal 1° gennaio 2004 (Testo Unico sulla tutela della privacy emanato con D. Lgs 196/2003 pubblicato sulla G.U. n. 174), con la presente chiediamo l'autorizzazione a spedirLe via posta elettronica ucipem news. La vostra autorizzazione s’intende approvata tramite silenzio assenso, al contrario, se vorrete essere cancellati dal nostro sistema informativo vogliate gentilmente inviarci un messaggio con oggetto "cancellazione nominativo". Le comunichiamo che i suoi dati personali sono trattati per le finalità connesse alle attività di comunicazione di newsUCIPEM. I trattamenti sono effettuati manualmente e/o attraverso strumenti automatizzati. Il titolare dei trattamenti è unione consultori italiani prematrimoniali e matrimoniali onlusUCIPEM ONLUS - 20135 Milano-via Serviliano Lattuada, 14. Il responsabile dei trattamenti è il dr Giancarlo Marcone. via Favero 3-10015-Ivrea 25
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