news 500 - 29 giugno 2014

newsUCIPEM n. 500 – 29 giugno 2014
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ADOZIONE E AFFIDO
ADOZIONI INTERNAZIONALI
AFFIDO
ANONIMATO
ASSEGNO DI MANTENIMENTO
Adozioni più facili. La Chiesa in campo.
Benin: temporanea sospensione delle domande.
Osservazioni ANFAA al DL ratifica convenzione dell’Aja 1996.
della donna che non ha riconosciuto il proprio nato. ANFAA.
Si deve tenere conto del contributo fattivo offerto dalla donna.
No a revisione per una successiva un’esposizione debitoria.
CASA FAMILIARE
Assegnazione di casa in comodato per separazione o divorzio.
CHIESA CATTOLICA
Dibattito sulle unioni civili per coppie gay.
DALLA NAVATA
Ss. Pietro e Paolo - anno A – 29 giugno 2014.
DIRITTI
Eurochild. Fissati i cinque obiettivi per il periodo 2014/2018.
FECONDAZIONE ARTIFICIALE Per fare un figlio l'amore conta più della biologia.
FORUM Associazioni FAMILIARI «Ci vogliono politiche di sostegno per le coppie in crisi».
Unioni civili. Ripartiamo dai diritti individuali
ISTAT
La rilevazione sulle separazioni e sui divorzi. Anni 2008-12.
Calo separazioni e divorzi. matrimoni religiosi più stabili.
Triplicate le separazioni dei matrimoni di lunga durata.
Pochi matrimoni? La Chiesa ha tolto semplicità e naturalezza.
Indicatori demografici – riferimento anno 2013.
OMOFILIA
Unioni gay. Non facciamo finti matrimoni ma vera solidarietà.
OSSERVATORIO per L’INFANZIA Rinasce dopo due anni di attesa.
PARLAMENTO
C.Deputati Assemblea. Ratifica della Convenzione dell’Aja 1996.
2° Comm. Giustizia. Attribuzione del cognome ai figli
Senato 2° Comm. Giustizia. Coppie di fatto e delle unioni civili
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REGIONE LAZIO
SCIENZA & VITA
SESSUOLOGIA
SINODO DEI VESCOVI
UNIONI CIVILI
Divorzio breve
Funzioni e delle attività dei Consultori Familiari regionali.
Nel Lazio si tuteli la maternità e la libertà di coscienza.
Fertilità addio? E’in calo il numero medio degli spermatozoi.
La Chiesa verso il Sinodo sulla Famiglia
Diritti individuali delle persone conviventi in ambito privatistico.
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ADOZIONE E AFFIDO
Adozioni più facili. La Chiesa in campo.
«Oggi l’adozione e l’affido sono pratiche troppo complicate e le prime vittime di percorsi tanto
tortuosi sono i bambini senza famiglia, che hanno bisogno di cure più adeguate». Al termine della Settimana
estiva di formazione, che si chiude oggi a San Giovanni Rotondo (Foggia), il direttore dell’Ufficio famiglia
della Cei, don Paolo Gentili, lancia la proposta di una «rinnovata alleanza» tra tutti i soggetti in campo
(famiglie, associazioni, Tribunali dei minori, servizi sociali, psicologi, Governo), per snellire le pratiche e
rendere più facile il percorso verso l’adozione e l’affido.
«Le testimonianze di questi giorni – sottolinea don Gentili – ci hanno mostrato la fatica cui sono
sottoposte le famiglie che vogliono aprire il proprio cuore e la propria casa a piccoli senza mamma e senza
papà e, invece, si scontrano con una burocrazia implacabile che rende tutto molto più complicato e difficile.
Crediamo, allora, che ci sia la necessità di creare un luogo comune di incontro dove tutti gli attori si possano
confrontare e cercare, insieme, di rendere i percorsi più lineari e brevi. L’Ufficio famiglia si offre come
luogo di incontro, per costruire questo sguardo unitario, fare sentire meno sole le famiglie e indicare nuovi
orizzonti di speranza».
Una prima, importante risposta positiva è arrivata direttamente alla Settimana di San Giovanni
Rotondo, a cui ha partecipato, tra gli altri, anche la (vice) presidente della Commissione adozioni
internazionali, Silvia della Monica, che ha manifestato interesse e disponibilità verso la proposta: «È un
progetto che condividiamo, per costruire percorsi di accompagnamento e accoglienza delle coppie che
scelgono di aprirsi all’adozione e all’affido».
Sulle difficoltà, non soltanto burocratiche ma anche relazionali cui vanno incontro le coppie che
scelgono la via dell’adozione, si è soffermata, durante la Settimana, anche Ina Siviglia, docente di
Antropologia teologica a Palermo. «Del figlio, o dei figli adottati, soprattutto se non sono molto piccoli, se
sono stranieri, se parlano un’altra lingua, si conosce molto poco – ha detto –. A volte non si riesce a sapere
nulla della loro storia, dei loro affetti negati, delle loro esperienze negative in istituti per bambini
abbandonati, delle loro relazioni significative lacerate. Tutto rende difficile l’armonizzazione e l’integrazione
in una famiglia e in una rete parentale, completamente diverse dalla realtà vissuta precedentemente».
Di fronte a questi problemi, molto spesso la famiglia (non soltanto quella adottiva o affidataria) non
trova sostegno nelle istituzioni, come ha ricordato il presidente del Comitato scientifico dell’Osservatorio
nazionale sulla famiglia presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, Stefano Zamagni. «Ancora oggi –
ha sottolineato l’economista – l’Italia destina alla spesa per maternità e famiglia poco più dell’1% del Pil, la
quota più bassa tra tutti i Paesi dell’Unione Europea. Come a dire che la famiglia, in quanto tale, non è un
soggetto che è destinatario in via prioritaria di politiche e dunque di risorse nel nostro modello di welfare.
Non solo, ma quasi completamente assente è l’equità orizzontale nei confronti delle famiglie con figli a
carico e ciò nonostante la Costituzione esplicitamente riconosca la rilevanza sociale e economica delle
funzioni svolte dalla famiglia».
Alla luce di queste considerazioni, non stupisce, quindi, il continuo calo delle nascite, anche
recentemente certificato dall’Istat (quasi 20mila nati in meno nel 2013 rispetto al 2012) e ricordato alla
Settimana della Cei dal demografo dell’Università Milano-Bicocca, Gian Carlo Blangiardo. Entro il 2031,
ha anticipato lo studioso, «le coppie senza figli aumenteranno notevolmente fino a raggiungere i 6,4 milioni,
mentre le coppie con figli diminuiranno di 400mila unità».
Tanti buoni motivi in più per preparare strade meno tortuose a quelle che, generosamente, vorranno
aprirsi all’adozione o all’affido di bambini senza genitori.
Paolo Ferrario
avvenire
22 giugno 2014, pag. A12
www.scienzaevita.org/rassegne/9dadf276af3a73c55754b826d8823a4e.pdf
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ADOZIONI INTERNAZIONALI
Benin: temporanea sospensione delle domande di adozione internazionale.
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Stop momentaneo alle nuove domande di adozione internazionale in Benin. Lo comunica il
Dipartimento di Stato Americano che precisa anche che tale sospensione è legata alla prossima attuazione, da
parte del Paese africano, della Convenzione dell’Aja sulla Protezione dei Minori e la Cooperazione in
materia di adozioni. Questo il comunicato pubblicato dall’autorità statunitense.
“Il Benin ha informato il Dipartimento di Stato Americano che, dal 22 maggio 2014, è
temporaneamente sospesa l’accettazione di nuove domande per l’adozione internazionale, mentre il governo
del Benin si prepara ad attuare la Convezione dell’Aja sulla Protezione dei Minori e la Cooperazione in
materia di Adozione Internazionale. La sospensione si applica sia alle adozioni piene che a quelle semplici di
bambini beninesi.
Il 26 febbraio 2014, l’Assemblea Nazionale ha approvato una proposta di legge che ha autorizzato il
Benin ad aderire alla Convenzione. Il Ministro degli Affari Esteri ha annunciato che sono in corso delle
procedure per depositare l’adesione, ma non ha fornito una linea temporale”.
Il Benin, piccolo Stato di 6 milioni e mezzo di abitanti, è uno dei Paesi africani in cui anche le coppie
italiane sono solite adottare. Nel 2013 sono stati 8 i minori beninesi per cui è stata rilasciata l’autorizzazione
all’ingresso nel nostro Paese come figli adottivi: tre in più rispetto al 2012 e uno in meno rispetto al 2011. In
tutto, dal 2000 a oggi, sono 43 i bambini del Benin adottati in Italia, molti di più dei 6 accolti negli Stati
Uniti. L’età media dei piccoli beninesi è tra le più basse per quanto riguarda i minori accolti nel nostro Paese.
Gli 8 bambini adottati nel 2013 non superavano, al loro ingresso in Italia, l’età media di 2,9 anni: solo quelli
provenienti da Etiopia, Vietnam, Armenia, Senegal e Mali erano mediamente più piccoli.
Ai. Bi. 26 giugno 2014
www.aibi.it/ita/category/archivio-news
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AFFIDO
Le osservazioni dell’ANFAA al DL ratifica della convenzione dell’Aja del 1996.
Si è svolto il 6 giugno 2014s. a Firenze, presso l’Auditorium del Consiglio Regionale, il Convegno dal
titolo: “Verso nuove forme di affido. Tra convenzioni internazionali e diritto dei bambini ad avere una famiglia:
il ddl n. 1589, ratifica della convenzione dell’Aja del 1996 sulla responsabilità genitoriale”, organizzato
dall’Istituto degli Innocenti. L’Anfaa è intervenuta all’interno della tavola rotonda, esprimendo le proprie
vivissime preoccupazioni relativamente al contenuto del disegno di legge in oggetto ed esponendone i
principali motivi.
L’Anfaa Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie riconosce l’importanza della
Convenzione firmata all’Aja il 19 ottobre 1996 che regola nei dettagli le modalità di attuazione di ogni
specie di misura da emettersi a protezione dei minori, anche in considerazione della crescente dimensione dei
flussi migratori e dell’evoluzione che caratterizza l’andamento dei cosiddetti matrimoni misti. Le materie di
tali misure sono elencate in maniera minuziosa all’articolo 3 della Convenzione (esercizio della
responsabilità genitoriale, diritto di affidamento e di visita, tutela e curatela, rappresentanza e assistenza,
amministrazione patrimoniale, ivi compreso il collocamento del minore in kafala previsto dagli ordinamenti
statali a matrice islamica, ecc.), con particolare attenzione ai casi in cui il minore destinatario di tali misure
sia cittadino di uno Stato diverso da quello nel quale le stesse devono trovare concreta applicazione. La
Convenzione, all’articolo 4, esclude peraltro in maniera esplicita dal proprio campo di applicazione
l’adozione e le misure che la preparano.
europa.eu/legislation_summaries/justice_freedom_security/judicial_cooperation_in_civil_matters/jl00
46_it.htm
L’Anfaa esprime le proprie vivissime preoccupazioni relativamente al contenuto del disegno di legge in
oggetto, esponendone qui di seguito i principali motivi. estratto
passim
L’A.C. n. 1589 esorbita ingiustificatamente dall’ambito di applicazione della Convenzione. La
Convenzione non prevede due tipi di kafala, ma l’A.C. n. 1589 crea invece due nuovi istituti giuridici:
l’affidamento o assistenza legale del minore non in stato di abbandono e l'assistenza legale del minore in
stato di abbandono) (…)
Conclusioni e proposte. Ad avviso di questa Associazione, il testo dell’A.C. n. 1589 dovrebbe
pertanto essere modificato radicalmente, recependo nel nostro ordinamento i principi di cooperazione e di
trasparenza previsti dalla Convenzione dell’Aja del 1996 e quindi:
• snellire le procedure relative alla gestione infra-Stati delle misure di protezione dell’infanzia e
dell’adolescenza che si rendano di volta in volta necessarie e indifferibili, anche attraverso la
predisposizione di adeguati e specifici modelli decisionali e l’individuazione di precise figure
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istituzionali, rivestite di comprovata competenza ed esperienza, e quindi in grado, come tali, di
interloquire con i corrispondenti organi stranieri;
• inserire i collocamenti minorili che si presentano come difficilmente inquadrabili nel panorama
legislativo nazionale (ivi compresa la kafala) nell’ambito dei provvedimenti relativi agli affidamenti
eterofamiliari, e non in quelli inerenti l’adozione (…)
• prestare una giusta considerazione alle tematiche familiari delle coppie miste con minori in kafala,
anche in vista dei ricongiungimenti familiari;
• potenziare e favorire la stesura di accordi bilaterali o multilaterali con gli Stati di diversa cultura e
legislazione al fine di rimuovere quanto più possibile gli ostacoli che impediscono di procurare una
famiglia ai minori che ne sono privi;
• prevedere le coperture finanziarie necessarie all’attuazione della Convenzione in oggetto da parte
dell’Italia: non è ammissibile che gli interventi previsti possano essere forniti senza costi aggiuntivi,
in un momento in cui i tagli alla spesa sociale sono continui e hanno già provocato la riduzione se
non l’interruzione di molti interventi socio-assistenziali! L’A.C. n.1589 all’art. 12 prevede, infatti:
“Dall’attuazione delle disposizioni contenute nella presente legge non devono derivare nuovi o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le pubbliche amministrazioni interessate
all’attuazione delle disposizioni della presente legge vi provvedono con le risorse umane, strumentali
e finanziarie disponibili a legislazione vigente”.
Segnaliamo che in base agli ultimi dati del Rapporto finale pubblicato nel novembre 2013 dal Ministero
del Lavoro e delle Politiche Sociali relativo agli affidamenti familiari e ai collocamenti in comunità, al 31
dicembre 2011, risulta che il 17,1 % dei minori affidati e il 32,3 % di quelli in comunità sono stranieri.
Non è peraltro prevedibile il numero dei minori che potrebbero arrivare in Italia a seguito
dell’approvazione dell’A.C. in questione, se venisse approvato nell’attuale stesura. L’Anfaa è a disposizione
per ogni ulteriore chiarimento e/o approfondimento in merito a quanto esposto.
Torino, 6 giugno 2014
testo completo e note
www.anfaa.it/wp-content/uploads/2014/06/Anfaa-seminario-6.6.14-Firenze-su-ddl-1589.pdf
http://www.anfaa.it
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ANONIMATO
Anfaa su proposte di legge su accesso identità della donna che non ha riconosciuto il proprio nato.
Si è svolta il 3 giugno 2014 l'audizione dell'Anfaa presso la Commissione Giustizia della Camera in
merito alle proposte di legge sull'accesso all'identità della donna che non ha riconosciuto il proprio nato,
presentate da diversi parlamentari a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 278.
A sostegno e rinforzo delle nostre posizioni, è intervenuta in audizione anche Claudia Roffino,
figlia adottiva e Consigliere Nazionale Anfaa, che ha raccontato la sua storia e, con la grande sensibilità e
capacità narrativa che la contraddistinguono, ha portato una testimonianza emozionante e ricca di preziosi
spunti di riflessione.
vedi pure pag. 6
di
www.ucipem.it/sito/attach/00409.pdf
Da una ricerca condotta dall'Anfaa, risulta che in 60 anni, dal 1951 al 2011, sono quasi novantamila
le donne che si sono avvalse del diritto alla segretezza del parto.
La tabella con i dati suddivisi per anno è disponibile in.
www.anfaa.it/wp-content/uploads/2014/06/Non-riconosciuti-1951_2011.pdf
L’intervento di Claudia Roffino è in
www.anfaa.it/wp-content/uploads/2014/06/Roffino-per-audizone-Anfaa-03062014.pdf
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ASSEGNO DI MANTENIMENTO
Si deve tenere conto del contributo fattivo offerto dalla donna.
Corte di Cassazione, sesta Sezione civile, sentenza n.14128, 20 giugno 2014
Si deve tenere conto del contributo fattivo offerto dalla donna, durante il matrimonio che aveva
determinato i progressi di carriera compiuti dal marito. (…)
Per giurisprudenza ampiamente consolidata, l'assegno per il coniuge deve tendere al mantenimento
del tenore di vita da questo goduto durante la convivenza matrimoniale, e tuttavia indice di tale tenore di vita
può essere l'attuale disparità di posizioni economiche tra i coniugi (Cass. n. 2156 del 2010).
In sostanza, il ricorrente propone profili e situazioni di fatto, insuscettibili di controllo in questa sede,
a fronte di una sentenza caratterizzata da motivazione adeguata e non illogica.
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Va precisato che il regime di separazione non vincola quello di divorzio, trattandosi di rapporti
distinti ed autonomi (Cass. n. 18433 del 2010).
Appare pacifico che sussista una notevole disparità di redditi tra i coniugi, a danno della moglie, né
viene contestato che vi sia stato un sicuro contributo della moglie alla conduzione della vita familiare,
incidente positivamente sull'attività professionale del marito e sul miglioramento della sua posizione di
dirigente presso il CNR, direttamente correlata alla situazione esistente durante la convivenza matrimoniale.
Studio Sugamele –25 giugno 2014 sentenza
www.divorzista.org/sentenza.php?id=8508
L’ex-marito non può chiedere una revisione per una successiva un’esposizione debitoria.
Corte di Cassazione, sesta Sezione civile, sentenza n.14143, 20 giugno 2014
L’ex-marito non può chiedere una revisione dell’importo a favore della moglie, se le circostanze
sopravvenute sono un’esposizione debitoria, nata da un acquisto immobiliare e da un atto di accertamento di
evasione fiscale, che ha comportato l’esborso di una somma di danaro. (…)
Per giurisprudenza ampiamente consolidata, l'assegno per il coniuge deve tendere al mantenimento
del tenore di vita da questo goduto durante la convivenza matrimoniale, e tuttavia indice di tale tenore di vita
può essere l'attuale disparità di posizioni economiche tra i coniugi (Cass. N. 2156 del 2010 ).
In sostanza, il ricorrente propone profili e situazioni di fatto, insuscettibili di controllo in questa sede,
a fronte di un provvedimento caratterizzato da motivazione adeguata e non illogica.
Si può consentire con quanto afferma il ricorrente, pure richiamando la giurisprudenza di questa
Corte, per cui in sede di revisione il giudice non può procedere ad una nuova ed autonoma valutazione dei
presupposti e dell'entità dell'assegno, ma deve limitarsi a verificare se e in che misura le circostanze
sopravvenute abbiano alterato l'equilibrio così raggiunto, e ad adeguare l'importo alla nuova situazione
patrimoniale (tra le altre, Cass. n. 10133 del 2007). Ma è proprio ciò che ha fatto il giudice a quo, con
motivazione adeguata e non illogica. (…) La dedotta esposizione debitoria nasce in realtà da un cospicuo
investimento di capitali e cioè un acquisto immobiliare avente ad oggetto un’abitazione a due livelli, nonché
da un atto di accertamento di evasione fiscale che ha comportato l'esborso di circa euro 5.560,00.
Correttamente il provvedimento impugnato precisa che il marito non può eludere il suo obbligo di
mantenimento della moglie, creando un’esposizione debitoria, e che l'accertamento di un’evasione fiscale
rende incerto l'ammontare dei suoi attuali redditi, comunque evidentemente superiore a quanto dichiarato.
Studio Sugamele –25 giugno 2014 sentenza
www.divorzista.org/sentenza.php?id=8507
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CASA FAMILIARE
Assegnazione di casa in comodato per separazione o divorzio.
Tribunale Roma, Sezione di Ostia, 16 giugno 2014.
Nell’ipotesi di concessione in comodato da parte di un terzo di un bene immobile di sua proprietà
perché sia destinato a casa familiare, il successivo provvedimento di assegnazione in favore del coniuge
affidatario di figli minorenni o convivente con figli maggiorenni non autosufficienti senza loro colpa, emesso
nel giudizio di separazione o di divorzio, non modifica la natura ed il contenuto del titolo di godimento
sull’immobile, ma determina una concentrazione, nella persona dell’assegnatario, di detto titolo di
godimento, che resta regolato dalla disciplina del comodato, con la conseguenza che il comodante è tenuto a
consentire la continuazione del godimento per l’uso previsto nel contratto, salva l’ipotesi di sopravvenienza
di un urgente ed impreveduto bisogno.
Francesco Mainetti Il Caso.it, N. 10664 -25 giugno 2014
www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/10664.pdf
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CHIESA CATTOLICA
La fecondità sta nell’amore. Dibattito sulle unioni civili per coppie gay.
Sembra ormai certo: a settembre comincerà la discussione e l’iter parlamentare della legge per
l’istituzione anche in Italia delle unioni civili per coppie omosessuali. Il modello a cui si ispira il testo targato
Pd – relatrice la senatrice Monica Cirinnà – è la civil partnership inglese, in vigore anche in Germania, che
prevede per i due partner gli stessi diritti e gli stessi doveri delle coppie sposate, dalla reversibilità della
pensione alla reciproca assistenza in ospedale, dai diritti di successione all’eredità (ancora aperta invece la
discussione sulle modalità di eventuali adozioni di bambini). Anche il governo, con il sottosegretario Ivan
Scalfarotto che sta seguendo il lavoro da vicino su incarico del premier Matteo Renzi, potrebbe accodarsi.
Ma non è detto che il progetto abbia vita facile: l’ala cattolica più integralista è sul piede di guerra e annuncia
battaglia.
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Dalle parole del papa ai fatti della Chiesa.
Sul fronte ecclesiale si mobilitano soprattutto, per ora, le associazioni degli omosessuali cattolici, che
invitano la politica ad andare avanti ma soprattutto chiedono alla Chiesa maggior coraggio evangelico.
«La domanda che si è rivolto spontaneamente il vescovo Francesco “chi sono io per giudicare un
gay?” (in un colloquio con i giornalisti sull’aereo di ritorno dalla Giornata mondiale delle gioventù di Rio la
scorsa estate, ndr) è stato un balsamo per molte persone, ma deve ora diventare un cambiamento concreto»,
ha letto dal palco del Gay Pride di Roma dello scorso 7 giugno 2014 Caterina, attivista del gruppo di
omosessuali credenti Nuova proposta. «Quella sospensione di giudizio non basta! Deve evolvere in crescita
delle comunità cristiane nella loro capacità concreta di accogliere, incoraggiare, rispettare le persone
omosessuali e transessuali nel loro desiderio di una vita piena, come tutte le persone che ancora oggi si
trovano emarginate ed escluse a causa dei sistemi di potere. La nostra speranza, per cui continuiamo a
lottare, è quella che di realizzare il progetto di libertà e di umanità proposto da Gesù 2000 anni fa: guardare
ogni persona con gli occhi del cuore e non con quelli della legge, lottare perché chi viene lasciato indietro
dalla società dei potenti possa camminare a testa alta con la propria dignità di essere umano».
«Gli omosessuali cattolici devono capire che bisogna mettersi in gioco, entrare nelle comunità,
confrontarsi e proporre le loro vite come strumento di cambiamento per le comunità stesse», ha spiegato il
presidente di Nuova proposta, Andrea Rubera, durante l’incontro conclusivo dell’anno “sociale” del
gruppo, alla Comunità cristiana di Base di San Paolo a Roma lo scorso 14 giugno 2014. «E a papa Francesco
vorrei direi di impegnarsi a favorire il cambiamento nella Chiesa». «Le aperture del papa, fino ad ora, sono
state fatte a parole. Adesso dovrebbero intervenire anche sulla pastorale, perché la Chiesa potrà diventare
veramente inclusiva ed accogliente quando le persone omosessuali si sentiranno a casa loro». «Se potessi
incontrare papa Francesco – ha aggiunto don Alessandro Santoro, della Comunità delle Piagge di Firenze,
anch’egli presente all’incontro di Nuova proposta – gli direi che quella dell’omosessualità è una questione
sulla quale si gioca molta della credibilità nel tentativo di rendere questa Chiesa più evangelica».
Gesù e le persone omosessuali
Al tema è dedicato anche un libro, appena pubblicato dalla Meridiana, curato dallo psichiatra e
psicoterapeuta Paolo Rigliano: Gesù e le persone omosessuali (pp. 246, è possibile richiederlo ad Adista).
Si tratta di una serie di interviste a «interlocutori con cui approfondire i tanti aspetti di un approccio secondo
Gesù alla diversità omosessuale» e anche «in grado di illuminarmi sui percorsi bloccati dell’autoritarismo
clericale», spiega Rigliano. A partire da una domanda: «Come fare in modo che uno dei più radicali
messaggi di liberazione e di fraternità di tutta la storia non venga più strumentalizzato per giustificare
l’invalidazione delle persone omosessuali o addirittura per restringere la loro possibilità di vita. Mi ha
sempre addolorato il tentativo di stravolgere il messaggio di Gesù, tanto da rendere strumento di esclusione
dei diversi omosessuali il Vangelo che valorizza le diversità e per questo si contrappone ai pregiudizi sociali
dominanti». Inoltre, aggiunge Rigliano, «se il cristianesimo istituzionale non ascolta la Parola di Gesù, non
solo concorre a deumanizzare le persone omosessuali, non solo si rende incapace di celebrarne l’umanità o di
rivendicarne i diritti contro ogni sopraffazione, ma svilisce la testimonianza di Gesù, poiché non si pone più
all’avanguardia nella promozione della dignità e della liberazione dei diversi. Il Vangelo viene vanificato, è
negato in quanto Vangelo: non annuncia più l’amore come senso della vita e delle relazioni, come Gesù ha
proclamato».
A dialogare con Rigliano, otto persone, con storie e provenienze diverse: Franco Barbero («Non
c’è alcun aspetto della condizione omosessuale che, integralmente vissuta, fuoriesca dalla “benedizione” cioè
dalla “compiacenza divina”», «mi auguro che papa Francesco apra una stagione nuova». «Per ora devo
constatare con sofferto realismo che da anni passano tanti “treni della storia” che invitano a salire, ma la
nostra Chiesa cattolica ufficiale li perde tutti. Ha paura del viaggio e gira attorno a se stessa»); il teologo
José Castillo («Se scegliamo un’antropologia che ha il suo centro nella perpetuazione della specie» allora è
vera l’obiezione secondo cui la relazione omosessuale nega il progetto di Dio, ma «se scegliamo
un’antropologia che ha il suo centro ed è fondata sul rapporto umano, allora non vale, perché
nell’antropologia centrata sulla perpetuazione della specie questo è ridurre l’antropologia specificamente
umana all’animalità, alla condizione precedente l’evoluzione umana»); il teologo Matthew Fox («La Bibbia
dice che Dio è amore, non dice che Dio è amore eterosessuale», «l’omofobia è un insegnamento che abbiamo
ereditato» e «non è per niente diverso dal sessismo, dal razzismo e da altri insegnamenti falsi»); la teologa e
pastora battista Elizabeth Green; il biblista p. Alberto Maggi («Io sono in una comunità, vivo con altre
persone e tutti quanti siamo infecondi. Siamo fuori dal consesso umano? Non mi pare proprio», «tutti quelli
che amano e comunicano vita contribuiscono all’azione creatrice. Altrimenti io non credo che il Padreterno
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ci equipari a dei conigli fecondi, no? La fecondità sta nell’amore»); i teologi Vito Mancuso e Joseph
Moingt; la pastora valdese Letizia Tomassone.
«Incontrando i miei interlocutori mi sono accorto che sboccia una nuova speranza: sempre più si
rompe l’unanimismo della linea tradizionale», spiega Rigliano, «sempre più numerose realtà cristiane di
base, molti sacerdoti, frati e suore rifiutano la dottrina ufficiale e offrono una mirabile accoglienza alle
persone omosessuali, dimostrando come sia errato schiacciare semplicisticamente l’intero popolo dei
credenti sui vertici vaticani».
Luca Kocci
Adista Notizie n. 24
28 giugno 214
e-mail: [email protected],
www.adista.it
http://www.adistaonline.it/index.php?op=articolo&id=54041
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DALLA NAVATA
Atti
Salmo
2 Timoteo
Matteo
Ss. Pietro e Paolo - anno A – 29 giugno 2014.
12, 05 «Mentre Pietro dunque era tenuto in carcere, dalla Chiesa saliva
incessantemente a Dio una preghiera per lui».
34, 05 «Ho cercato il Signore: mi ha risposto e da ogni mia paura mi ha liberato».
10, 06 «Io sto per essere versato in offerta ed è giunto il momento che io lasci questa
vita».
16, 17 «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno
rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli».
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DIRITTI
Eurochild. Fissati i cinque obiettivi per il periodo 2014/2018.
Si è chiusa ieri, giovedì 26 giugno 2014, l’annuale assemblea generale di Eurochild con la
presentazione del piano strategico per il quinquennio 2014-2018 e del documento di proposte per l’ormai
imminente semestre di presidenza italiana dell’Unione Europea.
La due giorni di Bruxelles si è rivelata un fecondo scambio di idee, di formazione e informazione
reciproca e di definizione del quadro strategico dei lavori futuri. Eurochild, il network di associazioni e
organizzazioni – tra cui Amici dei Bambini – impegnate nella promozione dei diritti e del benessere dei
minori, ha dato vita a un vero e proprio laboratorio “open mind” [mentalità aperta]. in cui sono state gettate
le basi di una sorta di “quartier generale” nella lotta al fianco dell’infanzia. All’orizzonte un futuro di
profonda collaborazione tra il livello centrale di Eurochild e i livelli locali e di interazioni “orizzontali” tra i
vari membri del network.
La seconda giornata di lavori ha visto il succedersi di tre sessioni dedicate rispettivamente alla
strategia con cui affrontare le tematiche più “calde”, alla comunicazione e alla valutazione dell’impatto delle
azioni messe in atto.
Fissati quindi i 5 obiettivi per il periodo 2014-2018. Innanzitutto, collocare i diritti e il benessere dei
bambini nel cuore delle politiche internazionali. In secondo luogo, costruire una “community” di
professionalità che integrino i diritti dei più piccoli nel loro lavoro quotidiano. Quindi, dare voce ai bambini
e ai giovani e cambiare il modo in cui la società vede e tratta i cittadini più giovani. Infine, sviluppare
ulteriormente Eurochild al fine di rafforzare il cambiamento nella direzione di quella che è la vision del
network: una società in cui bambini e ragazzi possano crescere serenamente, in salute, fiduciosi e rispettati
come individui nei loro diritti.
In vista del semestre di presidenza italiana dell’Ue, le priorità fissate da Eurochild ruotano attorno a
due obiettivi principali: investire sull’infanzia, rompendo il circolo vizioso del disagio e promuovere i diritti
e il benessere dei minori in Europa. Per ottenere questi risultati, Eurochild si propone di rafforzare la
dimensione sociale del semestre europeo attraverso efficienti politiche di welfare, garantire un maggiore
coinvolgimento degli stakeholder, compresa la società civile, supportare l’educazione e l’assistenza della
prima infanzia e promuovere un approccio più integrato per la protezione dei minori in Europa.
Con questo programma Eurochild, che ha di recente spento le sue prime 10 candeline, si affaccia al
secondo decennio della sua storia: e il supporto italiano sarà decisivo in questa prima fase.
Ai. Bi. 27 giugno 2014
www.aibi.it/ita/category/archivio-news
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FECONDAZIONE ARTIFICIALE
Per fare un figlio l'amore conta più della biologia.
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In alcuni rappresentanti della dottrina e, più in generale, della cultura cattolica, c’è una vena di
materialismo ogni volta che ci si affida alla biologia per sostenere un principio morale. Il caso della
fecondazione eterologa è uno dei tanti, come se il desiderio di avere un figlio fosse legittimato dalla
provenienza dei gameti maschili e femminili e non dal desiderio di crescerlo, di educarlo e, come lei dice, di
amarlo. Dove è evidente che, secondo questa concezione, a legittimare una nascita è la “materia” da cui
origina il nascituro e non lo “spirito” che anima la coppia genitoriale costretta a ricorrere a questo tipo di
fecondazione. In questo senso parlo di “materialismo” e aggiungo che così si difende il “principio” che
legittima solo la procreazione naturale, e non la “persona” che non ha la possibilità di accedere a questo tipo
di procreazione. E questo nonostante Papa Francesco abbia spostato l'attenzione dei fedeli dalla difesa dei
“principi” alla difesa delle persone.
A questo proposito, emblematica è stata la sua dichiarazione: «Chi sono io per giudicare i gay?», che
detto dal supremo difensore della dottrina, qualche riflessione dovrebbe pur suscitarla, in chi ha dimenticato
il messaggio evangelico che invita a "non giudicare". Allo stesso modo, visitando una chiesa alla periferia di
Roma, Papa Francesco chiese alla folla che si era adunata: «Perché siete venuti in chiesa così numerosi?
Immagino per incontrare Dio. Ma Dio non abita qui. Abita presso i bisognosi, i poveri, i sofferenti, gli
indigenti». Ecco la grande novità di questa Papa, la cui intenzione, in questo tempo di accentuata
secolarizzazione, non è quella di riaccogliere tutti per ripopolare la Chiesa, ma di aver più cura delle persone
che della dottrina.
E questo in conformità al messaggio evangelico dove leggiamo che, ai Farisei che biasimavano i
discepoli perché, contro la norma, coglievano spighe di sabato, Gesù risponde: «Il sabato è fatto per l'uomo,
non l'uomo per il sabato» (Marco 2, 23-28).
Ritroviamo lo stesso motivo nella morale kantiana costruita sulla sola ragione là dove il filosofo
dice: “La morale è fatta per l’uomo, non l’uomo per la morale”. Infatti, come osservava anche Aristotele, un
conto è la legge che definisce in generale ciò che è giusto, un conto sono le persone i cui comportamenti non
sono deducibili, come i teoremi, dalla loro conformità ai principi, perché i comportamenti umani dipendono
anche dalle "circostanze" che l'universalità della legge non prevede, per cui la rigida applicazione della
legge, che prescinde dalle circostanze, non ottempera alla giustizia. Di qui la necessità di introdurre quella
che Aristotele chiama "equità", da lui considerata un correttivo della giustizia, perché applica la legge
tenendo conto delle circostanze che non sono uguali per tutti gli uomini in ogni tempo e in ogni luogo.
Nel caso di coppie infeconde che desiderano un figlio, è davvero legittimo negarglielo in nome
dell’origine biologica dei gameti? Perché se la materia ha più diritti dello spirito, anche la religione entra in
pesante contraddizione con se stessa. Lo spirito, infatti, non si manifesta nei gameti, ma nell’amore,
nell’educazione, nella cura che si ha per i figli che si è deciso di mettere al mondo, evitando magari
separazioni e divorzi che, contrariamente a quanto si crede, non passano indenni nella vita dei figli, perché
minano in loro quella fiducia di base così decisiva per la loro crescita e integrità psichica.
Umberto Galimberti risponde
D la Repubblica 21 giugno 2014. pag. 138
http://periodici.repubblica.it/d/
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FORUM DELLE ASSOCIAZIONI FAMILIARI
«Ci vogliono politiche di sostegno per le coppie in crisi».
«Dati preoccupanti che mostrano come la fragilità dei legami di coppia sia molto alto e la politica
faccia pochissimo». Questo il commento Francesco Belletti, presidente del Forum delle associazioni
familiari, ai dati Istat su separazioni e divorzi in Italia.
«Siamo di fronte a dati preoccupanti, perché denotano il perdurare di una grave fragilità, molto
diffusa, del legame di coppia. Ma ancora più grave è la pressoché totale assenza di azioni positive, da parte
della società e delle sue articolazioni amministrative, per sostenere le coppie in difficoltà». Questo il
commento di Francesco Belletti, presidente del Forum delle associazioni familiari, sui dati Istat su
“Separazioni e divorzi in Italia - Anno 2012”, diffusi lunedì 23 giugno 2014.
Qual è il dato più interessante che emerge da questo rapporto? L’età media più alta di chi divorzia o
l’aumento di separazioni e divorzi nel Mezzogiorno?
«Prima di tutto il dato che impressiona è il numero assoluto, che sfiora le 90mila separazioni in un
anno, e che diventa un comportamento diffuso ed omogeneo in tutto il Paese. L'innalzamento dell'età media
alla separazione è prevedibile, visto che si innalza sempre di più anche l'età del matrimonio. Ma è tanto più
importante quanto più rimane distribuito in ogni fascia di durata della vita di coppia. Ci si separa dopo pochi
anni di matrimonio, ma in misura significativa dopo 7 anni, dopo 15-20 anni, e persino dopo 25 anni di vita
insieme. Questo dice che per le coppie di oggi, nel nostro Paese, ogni passaggio critico della vita familiare
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(che arriva sempre, non solo nei primi anni di vita) costituisce una sfida spesso insormontabile, nonostante
lunghi anni di provata efficacia del legame (se si è arrivati a 20 anni di vita insieme il più è fatto, verrebbe da
dire). Mi pare prevalga invece sempre più un'idea di “se c'è un problema, più che affrontarlo, evitiamolo,
separandoci”».
Secondo alcuni politici ed esperti, la legge sul “divorzio breve” già approvata alla Camera
faciliterà l’iter giudiziario di chi vuole separarsi e frenerà il “turismo divorzile” di chi va all’estero per
farlo più in fretta. Dal punto di vista culturale, questa legge che segnale dà?
«Di fronte ad una fragilità così grande del legame di coppia, ci si aspetterebbe un segnale di allarme,
e la ricerca di soluzioni per sostenere tale legame, soprattutto se si tiene conto delle fatiche, delle sofferenze
e dell'impoverimento economico che la separazione inevitabilmente porta con sé, sia per i due coniugi, sia
per i figli eventualmente implicati. Invece la società ha abbandonato totalmente la coppia a se stessa, in una
libertà che diventa solitudine e isolamento. Il detto “tra moglie e marito non mettere il dito" è diventato così
non una giusta tutela dell'intimità e della libertà della coppia, ma il brutale messaggio: “Se siete in difficoltà,
arrangiatevi". Piuttosto, la legge sul divorzio breve oggi in discussione sembra proporre la totale
deresponsabilizzazione della società: se siete in difficoltà, come coppia, nessuno vi aiuterà, ma possiamo
aiutarvi a separarvi prima possibile. Come se la tenuta del legame di coppia fosse totalmente privatizzata,
senza valore e rilevanza sociale e per il bene comune. Invece la tenuta della coppia è un bene prezioso di
coesione sociale e di responsabilità pubblica (non solo verso i figli, ma anche verso i coniugi), e servirebbe
un esplicito progetto pubblico di sostegno alle coppie in difficoltà, anziché i pochi tentativi di mediazione
familiare per "aiutare a separarsi bene". Occorre tentare di prevenire la separazione, non limitarsi a
curare le sue conseguenze! Eppure laddove alcuni soggetti (soprattutto in ambito ecclesiale) hanno tentato
di sostenere le coppie in crisi, i risultati sono significativamente positivi: nella maggioranza dei casi si riesce
a superare la crisi, proteggendo così la continuità del progetto di coppia e di famiglia, oppure si introducono
elementi di attenuazione dei conflitti che sono più efficaci della "mediazione ex post". Ad esempio
ipotizzando, per i figli, la costruzione di un "progetto educativo" esplicito e formalizzato, da condividere e
sottoscrivere da parte di entrambi i partner, prima della vita da separati o dell’esasperazione del conflitto».
Il turismo divorzile è dipinto quasi come un’emergenza.
«In realtà, su questo il dato è davvero minimo; solo l'1% è andato in Spagna nel 2012, 500 casi su
oltre 50.000 divorzi, cui aggiungere una cifra analoga in Inghilterra, e poco altro. Eppure viene sbandierato
come un dramma sociale, con un'enfasi degna di miglior causa».
Antonio Sanfrancesco
Famiglia cristiana
24 giugno 2014
www.famigliacristiana.it/articolo/ci-vogliono-politiche-di-sostegno-per-le-coppie-incrisi.aspx?utm_source=newsletter&utm_medium=newsletter%20fc&utm_content=news&utm_campa
ign=fc1426&
Unioni civili. ripartiamo dai diritti individuali e lasciamo in pace la famiglia.
Ieri la senatrice Monica Cirinnà ha presentato al Senato un nuovo testo per la regolamentazione
delle unioni civili che rispetto alla versione precedente, mostra solo piccoli interventi di chirurgia linguistica.
«La proposta della relatrice, nella sostanza, si preoccupa soprattutto di equiparare le convivenze tra persone
dello stesso sesso alla famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna» commenta Francesco Belletti,
presidente del Forum. «Tutto ciò che riguarda famiglia e coniugi risulterebbe esteso alle unioni tra persone
dello stesso sesso, che peraltro potranno godere anche del ‘privilegio’ di una simil cerimonia nuziale davanti
all’ufficiale di stato civile. Una regolamentazione peraltro affidata ad un’inspiegabile delega al governo.
«E questo nonostante appena qualche giorno fa la Corte Costituzionale abbia ripetuto con estrema
chiarezza che il matrimonio e i relativi diritti/doveri sono riservati esclusivamente all’unione tra un uomo ed
una donna, mentre alle altre tipologie di unione deve essere data una disciplina sostanzialmente diversa.
«È evidente la determinazione della sen. Cirinnà di indirizzare il dibattito della commissione
Giustizia del Senato su binari connotati ideologicamente. Ma è anche evidente che il testo proposto è in netto
contrasto con quanto affermato dalla Corte costituzionale e quindi con la lettera della Costituzione.
«È appena il caso di ricordare che non si tratta di difendere privilegi. La specificità e la centralità
della famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna derivano dal suo ruolo insostituibile nella tenuta
sociale ed economica del Paese.
«Così come è appena il caso di ricordare che non si tratta di conculcare i diritti soggettivi delle
persone che formano una coppia di fatto. I diritti individuali potranno avere un pacifico riconoscimento
peraltro già previsti in alcuni disegni di legge apertamente e deliberatamente ignorati dalla relatrice Cirinnà»
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conclude Belletti. «Un atteggiamento che risulta seriamente divisivo nella società. In questo momento di
tutto abbiamo bisogno meno di creare ulteriori conflitti sociali»
comunicato stampa 25 Giugno 2014
www.forumfamiglie.org/comunicati.php?filtro=ultimi_30_giorni&comunicato=685
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ISTAT
La rilevazione sulle separazioni e sui divorzi. Anni 2008-12.
Ogni anno l’Istat diffonde i principali risultati delle rilevazioni sulle separazioni e sui divorzi
condotte presso le cancellerie dei 165 tribunali civili, raccogliendo i dati relativi ad ogni singolo
procedimento concluso dal punto di vista giudiziario nell’anno di riferimento.
Questi dati consentono di aggiornare l’evoluzione temporale dei due fenomeni e di monitorarne le
principali caratteristiche: la durata dei matrimoni e l’età dei coniugi alla separazione, il tipo e la durata dei
procedimenti, il numero di figli coinvolti e l’affidamento di quelli minori.
Negli ultimi decenni profonde trasformazioni hanno investito la sfera delle relazioni familiari e
sociali, i costumi e gli stili di vita nel nostro Paese.
L’istituzione familiare, in particolare, ha subito grandi cambiamenti, in rapporto all’emergere di
nuovi fenomeni demografico-sociali e di nuovi modelli comportamentali, che si presentano con intensità
diversa secondo il territorio, le aree culturali e le fasce sociali. Si sono modificate le forme e le strutture
familiari: crescono le famiglie ricostituite, i genitori soli e i single non vedovi, le unioni libere.
Il percorso evolutivo dei mutamenti avvenuti è stato accompagnato da diversi interventi normativi
succedutisi nel tempo, tra i quali si menzionano la legge sul divorzio, la riforma del diritto di famiglia, la
legge sull’adozione e affidamento dei minori, fino alla disciplina inerente l’affidamento condiviso dei figli
introdotta nel 2006.
Molteplici sono gli elementi che fanno da sfondo al processo di diversificazione delle tipologie
familiari in Italia:
• la diminuzione dei tassi di nuzialità, tendenza alla posticipazione delle nozze e incremento della
quota di matrimoni celebrati con rito civile;
• la scarsa natalità - l’Italia è, infatti, uno dei paesi europei con il più basso tasso di fecondità totale - e
aumento della quota di nascite fuori dal matrimonio;
• il ritardo nel passaggio alla vita adulta, con conseguente rinvio nel tempo delle decisioni di
formazione della famiglia, subordinate alla sicurezza o continuità del lavoro, alla stabilità del
reddito, alla ricerca dell’abitazione;
• l’emancipazione femminile, che ha condotto le donne ad una maggiore presa di coscienza del
proprio status, collocandole anche al di fuori dell’ambito familiare e differenziando il loro ruolo
nella società;
• le maggiori possibilità di spostamenti e di contatti sociali;
• l’affermarsi di una mentalità maggiormente individualistica rispetto al passato, che ha influenzato
aspettative e aspirazioni dei singoli soggetti.
In questo variegato scenario, che caratterizza la dinamica demografica e sociale italiana, si inserisce la
contemporanea crescita dell’instabilità coniugale, misurata attraverso il numero di separazioni e divorzi
concessi. Questi eventi - costituenti in modo diverso l’espressione giuridico-formale della fine del
matrimonio - sono fortemente aumentati nell’ultimo decennio, pur mantenendosi ancora al di sotto della
media europea.
La rottura dell’unione coniugale contribuisce alla diffusione delle seconde nozze e delle famiglie
ricostituite composte da almeno una persona che ha vissuto una precedente esperienza matrimoniale,
generando nuove tipologie familiari. Ne conseguono anche ripercussioni sulla fecondità, da un lato per
l’eventuale mancata realizzazione dei progetti riproduttivi degli ex coniugi, e dall’altra per la riproduttività
associata alle nuove unioni.
La divisione familiare genera potenziali ricadute sul benessere psicofisico degli individui, sul
rapporto genitori-figli e, secondo alcuni studi, anche sulle performance di tali figli nella vita adulta. Mutano
le situazioni residenziali e le strategie lavorative, specialmente per quanto riguarda le donne. In alcuni casi, le
condizioni finanziarie possono peggiorare tanto da far aumentare i rischi di povertà e vulnerabilità
economica dei soggetti interessati.
E’ in questo articolato panorama di mutamenti riguardanti la famiglia e la società che vanno letti ed
interpretati i dati qui presentati.
Seguono le tavole statistiche
23 giugno 2014
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http://demo.istat.it/altridati/separazionidivorzi/index.html
Calo separazioni e divorzi. matrimoni religiosi più stabili
La tendenza all’aumento di separazioni e divorzi sembra registrare una svolta alla fine del 2012. È
quanto riferisce il report “Separazioni e divorzi in Italia - Anno 2012” che l’Istat ha diffuso oggi. In una
complessiva situazione di diminuzione dei matrimoni, nel 2012 si sono registrate 88.288 separazioni, mentre
i divorzi sono stati 51.319; rispetto al 1995 le separazioni sono aumentate del 68,8% e i divorzi quasi
raddoppiati.
Ma nel 2012 le stesse separazioni hanno registrato un calo percentuale (-0,6%) rispetto all’anno
precedente; ugualmente i divorzi stanno diminuendo, in questo caso da alcuni anni (-5,8% in tre anni). A
questa tendenza, segnala ancora l’Istat, va aggiunto il fatto che i cittadini italiani si recano più spesso
all’estero per divorziare, per ridurre tempi e costi; solo in Spagna negli ultimi 5 anni si registrano 2mila
divorzi di coppie italiane.
Sul territorio italiano le separazioni incidono diversamente a secondo delle regioni: si va dal minimo
di 245,8 separazioni per 1.000 matrimoni al sud a un massimo di 371,9 nel nord-ovest. Se si guarda a un
confronto con il 1995, solo la Valle d’Aosta aveva oltre 300 separazioni ogni 1.000 matrimoni, mentre oggi
tutte le regioni del centro-nord, con l’eccezione di Veneto, Trentino-Alto Adige, Marche, sono al di sopra di
questa quota. Gli aumenti più rilevanti sono stati però nel Mezzogiorno, con un raddoppio dei valori per
alcune regioni. La regione con l’incremento maggiore del tasso di separazione è l’Umbria, dove si è
triplicato.
L’istituto nazionale di statistica nel suo report sulle situazioni matrimoniali in Italia specifica che in
genere i matrimoni religiosi tendono a essere più stabili di quelli celebrati civilmente. Al contempo Istat
sottolinea che la separazione tra coniugi interviene mediamente dopo 16 anni di matrimonio. L’età media
alla separazione è di 47 anni per i mariti e 44 per le mogli, mentre nel 2000 l’età era più bassa, nella fascia
35-39 per entrambi i coniugi. Ciò è dovuto, nota l’Istat, alla propensione a sciogliere unioni di lunga durata
ma anche all’età più alta tra i coniugi.
La separazione consensuale è la tipologia più scelta, riguardando, nel 2012, l’85,4% delle
separazioni e il 77,4% dei divorzi. Nella metà delle separazioni e in un terzo dei divorzi sono coinvolti figli
minori; il loro numero nel 2012 è stato 65.064 nelle separazioni e 22.653 nei divorzi. Il tipo di affidamento è
sempre più quello condiviso, grazie alla legge 54/2006 che lo indica come modalità ordinaria.
SIR - Servizio Informazione Religiosa
23 giugno 2014
http://www.agensir.it/pls/sir/v4_s2doc_b.stampa_quotidiani_cons?id_oggetto=289652
Triplicate le separazioni dei matrimoni di lunga durata.
La separazione dopo 16 anni di matrimonio: i matrimoni di lunga durata sono interessati dalle
separazioni, triplicate in valore assoluto rispetto al 1994 per le unioni oltre il 25° anno. Durano sempre meno
i matrimoni più recenti – le separazioni passano dal 4,5% per i matrimoni celebrati nel 1985 al 9,3 per quelli
del 2005 - ma quelli religiosi sono più stabili. Infatti, dopo sette anni i matrimoni religiosi “sopravviventi”
presentano valori uguali sia per quelli celebrati nel 1995 che nel 2005 (rispettivamente, 933 e 935 su
1.000).Più bassi i valori per i matrimoni civili: 897 per quelli celebrati nel 1995 e 880 per quelli del 2005.
D’altra parte aumentano le separazioni per le età più avanzate, quelle in cui uno dei coniugi ha oltre
60 anni, passate da 4.257 del 2000 a 11.265 nel 2012 per gli uomini e da 2.555 del 2000 a 7.569 del 2012 per
le donne.
Se fino al 2005 era prevalente l’affido alla madre, a partire dal 2006 questa quota si è ridotta per
l’affido condiviso, fino ad arrivare al “sorpasso” del 2007, quando il 72,1% di separazioni avvenne con
l’affido condiviso dei figli contro il 25.6% di quelle con i figli affidati solo alla madre, fino ad arrivare al
2012, anno in cui le separazioni con figli in affido condiviso sono state l’89,9% contro l’8,8% di quelle con
figli affidati esclusivamente alla madre.
DR - ilportaledellafamiglia.org
23 giugno 2014
estratti
www.ilportaledellafamiglia.org/pls/famigliapiu/v3_s2ew_consultazione.mostra_paginat?id_pag
ina=870&target=0
Pochi matrimoni in Italia? La Chiesa gli ha tolto semplicità e naturalezza.
Il demografo Roberto Volpi: "La responsabilità della Chiesa è molto forte: dà del matrimonio una
visione molto severa, difficile, pesante, lo carica di una complessità tale...". Idem per la vita di famiglia e il
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mestiere di genitore. In compenso, però, il matrimonio religioso è più stabile e duraturo. È dal 1975 che i
matrimoni sono "in caduta libera". E il problema non è economico, ma culturale
In Italia i tassi di separazione e di divorzio, in continua crescita dal 1995, hanno registrato per la
prima volta una battuta d’arresto nel 2012. A rilevarlo è l’Istat, che segnala un altro dato: le nozze più stabili
e durature sono quelle religiose, con 933 matrimoni su 1.000 che “resistono”, contro gli 880 su 1.000
celebrati con rito civile. Un’inversione di tendenza? Ne abbiamo parlato con il demografo Roberto Volpi.
In Italia diminuiscono, per la prima volta, separazioni e divorzi. Si può parlare di un’inversione di
tendenza?
“Ancora non è chiaro. Le separazioni e i divorzi comportano un costo anche economico, tanto che in
America vengono utilizzati come indicatori economici di prosperità. La prima valutazione dei dati Istat è che
la diminuzione delle separazioni e dei divorzi sia un riflesso della crisi economica: tra l’altro, in termini di
percentuali, stiamo parlando di una flessione lievissima, dello 0.6-0.7%. È davvero presto per capire se si
tratta davvero di un’inversione di tendenza, o quantomeno di una stabilizzazione di alcuni livelli più
fisiologici. Si arriva ad una certa stabilità dopo anni di crescita ininterrotta: se si tratterà davvero di
un’inversione di tendenza, lo vedremo tra tre o quattro aumenti consecutivi negli anni”.
Per l’Istat, i più stabili sono i matrimoni religiosi, che durano più a lungo.
“Quello che oggi rileva l’Istat è un fenomeno che io stesso ho più volte segnalato. Indubbiamente c’è
una tenuta superiore del matrimonio religioso, che si può calcolare nei termini addirittura del doppio rispetto
al matrimonio civile. Un margine ancora più ampio di quello evidenziato dall’Istat, che calcola la crisi media
dei matrimoni intorno al settimo anno. Si tratta di un indicatore blando: la durata media è di quindici-sedici
anni. È senz’altro vero che il matrimonio religioso dura di più, soprattutto se paragoniamo il primo
matrimonio religioso con il primo matrimonio civile. Nel numero dei matrimoni civili, infatti, è incluso
spesso un secondo matrimonio, dopo il divorzio: se depuriamo il confronto tra matrimonio civile e
matrimonio religioso da quest’ultimo dato, il ‘successo’ dei matrimoni religiosi risulta ancora più netto”.
Matrimoni religiosi più duraturi, meno separazioni e divorzi: vuol dire che i “profeti di sventura”,
quelli che dicono che ormai non ci si sposa più, vengono sonoramente smentiti?
“Si tratta di due fenomeni diversi. Il fatto che ci siano meno separazioni e divorzi e che il matrimonio
religioso sia più stabile e duraturo non mette minimamente in discussione il dato principale: dati alla mano,
in Italia il matrimonio è in crisi gravissima, e ancora di più il matrimonio religioso. Anche se ne viene
contratto qualcuno in più, 210mila invece che 204mila, si tratta di un dato bassissimo. Il nostro tasso di
nuzialità è pari al 3,3-3,4 ogni mille abitanti. Anche nell’Unione europea i matrimoni continuano a
diminuire, ma l’Italia è la Cenerentola da tanti anni. Quella del matrimonio è una crisi che non si ferma dal
giorno del referendum sul divorzio: la prima caduta si è registrata nel 1975, un anno dopo”.
Perché in Italia il matrimonio è in caduta libera?
“Molti osservatori pensano che sia per la questione economica, la crisi, la difficoltà a trovare lavoro.
Sicuramente questi fattori c’entrano, ma non sono fattori decisivi: il tasso di nuzialità più basso, infatti, lo
troviamo in Lombardia - e nemmeno da oggi - che di certo non è la Regione d’Italia in cui manca di più il
lavoro o c’è maggiore disoccupazione. Il matrimonio in Italia è in crisi indiscutibilmente per fattori culturali,
e lo dimostrano molti indicatori, primo tra tutti la permanenza dei giovani nelle famiglie d’origine; un tratto
comune ai Paesi di area mediterranea, ma in Italia è un fenomeno cominciato prima, che è durato più lungo e
ancora dura. C’è poi un tipico costume italiano: si fa famiglia solo quando ci sono condizioni particolari
molto solide, quando ‘si ha tutto’. Si vuole evitare qualsiasi rischio, e questo rallenta di molto i nostri ritmi.
La responsabilità della Chiesa è molto forte: dà del matrimonio una visione molto severa, difficile, pesante,
lo carica di una complessità tale, per cui non c’è più la semplicità e la naturalezza. Fare famiglia è naturale:
non c’è più questa idea, e la Chiesa ha contribuito fortemente a farla scomparire, dando un’idea ‘grave’ del
matrimonio, della famiglia, del mestiere di genitori”.
Il fatto che i matrimoni religiosi “tengano di più” non può invece prefigurare uno scenario di
un’Italia in cui, magari, ci si sposa di meno, però più “convinti”?
“Il ‘però’ mi sembra troppo consolatorio, considerando la vertigine della caduta dei matrimoni e il
tasso di fecondità delle donne italiane, spaventosamente basso. Nel mio ultimo libro, che verrà pubblicato a
settembre da ‘Vita e Pensiero’, cerco di rispondere a un interrogativo: le società post-moderne hanno ancora
bisogno di famiglia?”.
E come risponde?
Bisogna ‘riattivare’ i matrimoni, che sono troppo pochi - come i figli - se vogliamo riattivare il Paese
e uscire dalla crisi. Non ci si impegna più sulla formazione delle coppie: c’è una scarsa educazione ai
sentimenti e una scarsa educazione al rischio”.
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Anche in Italia c’è la tendenza al “divorzio breve”, dice l’Istat, che gli italiani corrono a fare negli
altri Paesi. Quali le conseguenze?
“Sicuramente il divorzio breve non aiuterà l’Italia. È tipico di quei Paesi dove la famiglia si consuma
e si cambia come un’auto. Ha funzionato in America, dove da sempre il divorzio si accompagna a un alto
tasso di nuzialità e di natalità. In Italia, con il bassissimo dinamismo che ci caratterizza, non funzionerà, ma
aggraverà la situazione. Il rischio è che il divorzio breve sia un’ulteriore banalizzazione del matrimonio e
della famiglia, la dimostrazione che di famiglia c’è sempre meno bisogno”.
Intervista di Maria Michela Nicolais
Agensir
24 giugno 2014
www.agensir.it/sir/documenti/2014/06/00289738_pochi_matrimoni_in_italia_la_chiesa_gli_h.html
Nel 20,3% delle separazioni è previsto un assegno mensile per il coniuge (nel 98,4% dei casi
corrisposto dal marito). Tale quota è più alta al Sud e nelle Isole (rispettivamente 25% e 24%). Nel 58,2%
delle separazioni la casa è assegnata alla moglie, nel 20,4% al marito mentre nel 18,4% dei casi si prevedono
due abitazioni autonome e distinte, ma diverse da quella coniugale.
1 separato su 10 torna a vivere con i genitori
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Indicatori demografici – riferimento anno 2013.
Per il quinto anno consecutivo le nascite diminuiscono, attestandosi a 514 mila nel 2013.
Il numero medio di figli per donna scende da 1,42 nel 2012 a 1,39 nel 2013. L'età media al parto sale
a 31,5 anni.
Circa l'80% delle nascite proviene da donne italiane, il restante 20% da donne straniere. La fecondità
delle prime scende, tra il 2008 e il 2013, da 1,34 a 1,27 figli per donna. Diminuisce anche la
fecondità delle donne immigrate: da 2,65 figli per donna a 2,20 nel medesimo periodo.
Nel 2013 si sono celebrati meno di 200 mila matrimoni, per un quoziente di nuzialità pari al 3,3 per
mille, il più basso nella storia del Paese.
La celebrazione del matrimonio con rito religioso perde ulteriore terreno nei confronti del rito civile.
Tra il 2008 e il 2013 la quota di sposi che sceglie il primo passa, infatti, dal 63% al 57%, mentre la
quota di coloro che optano per il secondo cresce dal 37% al 43%.
Continua il calo dei matrimoni. Continua a ridursi la propensione nei confronti del matrimonio, gravata negli
ultimi anni da una congiuntura economica sfavorevole, che sembra colpire in particolar modo le giovani
generazioni. In Italia, in base ai primi dati provvisori del 2013, si scende sotto la soglia delle 200 mila
celebrazioni. Da quando esistono statistiche sui matrimoni, escludendo il primo conflitto bellico (ma non il
secondo, in quanto anche durante il periodo della seconda guerra mondiale il numero di matrimoni celebrati
fu superiore) bisogna risalire al 1880 per trovare un numero di matrimoni più basso, ma con una popolazione
che all’epoca era meno della metà di quella odierna.
INDICATORI DI
NUZIALITA’.
Anni 2008-2013
Matrimoni
Rito civile (%)
2008
246.611
36,8
2009
230.613
37,2
2010
217.700
36,5
2011
204.830
39,2
2012
207.138
41,0
ANNO 2013 PER REGIONE (Provvisorio)
Piemonte
12.849
54,2
Valle d'Aosta
411
59,9
Lombardia
27.187
55,3
Bolzano
1.842
63,7
Trento
1.563
53,6
Veneto
14 685
50,5
Friuli-Ven. Giulia
3.396
60,7
Liguria
5.102
61,6
Emilia-Romagna
12.096
59,3
Toscana
11.904
59,5
Umbria
2.492
46,1
Marche
4.528
42,3
Lazio
18.119
49,5
Abruzzo
4.448
34,0
Rito religioso
(%)
63,2
62,8
63,5
60,8
59,0
Quoziente di
nuzialità (per
mille)
4,2
3,9
3,7
3,4
3,5
45,8
40,1
44,7
36,3
46,4
49,5
39,3
38,4
40,7
40,5
53,9
57,7
50,5
66,0
2,9
3,2
2,8
3,6
2,9
3,0
2,8
3,2
2,7
3,2
2,8
2,9
3,2
3,4
13
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
ITALIA
Nord
Nord-ovest
Nord-est
Centro
Mezzogiorno
Sud
Isole
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
997
23.607
15.575
2.140
8.164
20.489
5.497
197.091
79.131
45.549
33.582
37.043
80.917
54.931
25.986
26,6
26,2
24,5
14,6
17,5
27,8
46,7
43,1
55,7
55,8
55,6
51,6
26,9
24,6
31,8
73,4
73,8
75,5
85,4
82,5
72,2
53,3
56,9
44,3
44,2
44,4
48,4
73,1
75,4
68,2
3,2
4,1
3,8
3,7
4,1
4,1
3,3
3,3
2,9
2,8
2,9
3,1
3,9
3,9
3,9
Le immigrazioni dall'estero scendono a 307 mila, pari a un tasso del 5,1 per mille, contro le oltre 350
mila del 2012 (5,9 per mille). Aumentano, invece, le emigrazioni, circa 126 mila (2,1 per mille),
contro i 106 mila dell'anno precedente (1,8 per mille). Il saldo migratorio con l'estero è di 182 mila
unità, per un tasso del 3 per mille (4,1 nel 2012).
Nel periodo 2008-2013, tra coloro che abbandonano il Paese per una destinazione estera raddoppia
sia il numero di residenti stranieri (da 22 a 44 mila), che il numero di italiani (da 40 a 82 mila).
Nel 2013 la destinazione estera favorita dagli italiani è il Regno Unito, con circa 13 mila
trasferimenti, segue la Germania con 11 mila 600. Gli stranieri, invece, emigrano prevalentemente in
Romania, oltre 10 mila trasferimenti nel 2013 (+21% sul 2012) e Albania, oltre 2 mila trasferimenti
(+23%).
Calano gli ingressi dei cittadini stranieri, 279 mila nel 2013 contro i 321 mila del 2012. I rimpatri di
italiani sono 28 mila.
Con 60 mila immigrati arrivati nel 2013 la Romania si conferma il principale Paese di provenienza,
davanti a Marocco (19 mila) e Cina (18 mila). Tuttavia, gli arrivi dalla Romania crollano
sensibilmente (-25% sul 2012), così come quelli dalla Cina (-12%). Stabili i flussi in arrivo dal
Marocco (-0,8%), mentre aumentano quelli da Egitto (+15%) e Ucraina (+10%).
Gli italiani che tornano nel Paese provengono, prevalentemente, dalla Germania (4 mila 100
rimpatri) e dalla Svizzera (2 mila 700).
Nel decennio 1993-2012 ben 2 milioni 388 mila individui hanno spostato la residenza dal
Mezzogiorno al Centro-nord, mentre poco più della metà, 1 milione 275 mila, ha effettuato il tragitto
inverso.
La migrazione di capitale umano dal Mezzogiorno al Centro-nord prosegue anche nel 2013. Sono
116 mila gli individui che hanno trasferito la residenza da una regione del Mezzogiorno a una del
Centro-nord, mentre soltanto in 65 mila hanno fatto il contrario.
Aumenta la speranza di vita alla nascita, giunta nel 2013 a 79,8 anni per gli uomini e a 84,6 anni per
le donne.
A fine 2013, gli individui di 65 anni e oltre rappresentano il 21,4% del totale (21,2% nel 2012),
risultando in ulteriore aumento, mentre i giovani fino a 14 anni di età scendono al 13,9% (dal 14%
del 2012).
www.istat.it/it/archivio/126878
comunicato stampa 26 giugno 2014
per il testo integrale cliccare nel centro-destra a metà dello schermo.
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OMOFILIA
Il Pd e le unioni civili gay. ''Così non facciamo finti matrimoni ma vera solidarietà''
La senatrice Pd Emma Fattorini, prima firmataria del testo depositato al Senato: ''Il concetto di
'unione civile' non va confuso con le 'coppie di fatto' etero, che hanno dei diritti molto più limitati rispetto al
matrimonio. Queste coppie, se vogliono, possono sposarsi acquisendo i relativi diritti''. Una legge che i
cattolici dovrebbero votare perché ''è quella che difende di più il matrimonio'.
Nei giorni scorsi “L’Unità”, quotidiano del Partito Democratico, ha pubblicato in prima pagina con
grande evidenza la notizia del varo, entro settembre, della legge sulle unioni gay. Esse avranno gli stessi
diritti del matrimonio, esclusa l’adozione. I partner della nuova “unione civile”, che verrà registrata,
potranno scegliere il regime patrimoniale comune, avranno il dovere di reciproca solidarietà, godranno dei
14
diritti in campo sanitario, assistenziale, di successione, di reversibilità pensionistica. Per comprendere meglio
i contenuti di questo disegno di legge, il Sir ha intervistato la senatrice Pd Emma Fattorini, prima firmataria
del testo depositato al Senato.
Quali sono gli elementi qualificanti della vostra iniziativa legislativa?
“Il primo è che si determina una distinzione netta tra coppie eterosessuali e coppie omosessuali, e
quindi per queste ultime non si parla di matrimonio. La ratio giuridica di queste unioni è che si fondano su
una stabilità che non discende dal matrimonio e non sono al tempo stesso un ‘simil-matrimonio’. Infatti,
vengono attribuiti tutti i diritti civili eccetto quello dell’adozione dei figli. Il concetto di ‘unione civile’ non
va confuso con le ‘coppie di fatto’ etero, che hanno dei diritti molto più limitati rispetto al matrimonio.
Queste coppie, se vogliono, possono sposarsi acquisendo i relativi diritti”.
Perché l’Italia dovrebbe arrivare al riconoscimento delle coppie gay?
“Intanto perché è un discorso di fondo per la società: credo che noi tutti, laici e cattolici, dobbiamo
incoraggiare le unioni stabili, impostate sulla solidarietà e la protezione dei deboli, rispetto a condizioni di
precarietà esistenziale o non riconosciute. Le coppie gay ci sono, non è lassismo riconoscerle”.
Rispetto all’impalcatura dei diritti civili attualmente riconosciuti in ambito privato, cosa cambia con
la nuova configurazione giuridica da voi ipotizzata?
“Il vero salto nel dibattito giuridico in questi ultimi tempi si è avuto con le due sentenze, una della
Corte Costituzionale del 2010 e l’altra della Cassazione del 2012, che ci indicano, su questo tema, la via
maestra. Queste sentenze, infatti, dicono che, riguardo alle unioni omosessuali, i diritti non sono da intendere
solo come diritti individuali ma come diritti di coppia. Aggiungono che però tali diritti di coppia non
significano equiparazione al matrimonio. Direi che la cultura giuridica italiana ha cominciato ad affermare
la necessità della tutela giuridica della coppia omosessuale, asserendo come essa sia titolare, oltreché del
diritto individuale, riconosciuto all’art. 2 della Costituzione, anche del diritto di vivere liberamente una
condizione di coppia”.
Non teme che una parte consistente dei cattolici italiani possa esprimere contrarietà alla proposta
del Pd di legalizzare le unioni omosessuali?
“Ci sono indagini, sondaggi, studi recenti che ci dicono come gli italiani, e tra di essi i cattolici, non
sono contrari a unioni riconosciute che abbiano diritti. Invece sono contrari al matrimonio omosessuale.
Noi da qui siamo partiti per elaborare la nostra proposta, tenendo presente l’aspetto dei figli per i quali
prevediamo la non possibilità di adozione, escluso quando uno dei soggetti della coppia gay possa adottare il
figlio, anche adottivo, dell’altra parte della nuova unione. Ciò nello spirito della difesa dei diritti della parte
debole, in questo caso rappresentata dal figlio che rimarrebbe, senza tale adozione, isolato e senza
riferimenti”.
Ritenete vi sia il rischio di “finte unioni civili” tra omosessuali più o meno “veri” per lucrare la
pensione di reversibilità o l’eredità?
“La nostra proposta prevede dei ‘paletti’ così che le persone non se ne approfittino. Il disegno di
legge è volto a promuovere la responsabilità interpersonale e a vincere la solitudine. Per la reversibilità
bisogna ricordare che essa è messa in discussione comunque e per tutti in quanto tale, alla luce della
situazione finanziaria attuale. Teniamo inoltre conto che dall’ultimo censimento Istat emerge che, rispetto al
2001, calano le coppie con figli e crescono quelle senza figli e le famiglie monogenitoriali che oggi sono il
34% del totale. Mentre la famiglia nucleare classica si attesta al 32%, quindi scavalcata dalle altre. Se
aggiungiamo che sono 7,5 milioni le persone che vivono sole, il quadro è completo ed è molto allarmante”.
Ultima domanda: perché i parlamentari cattolici, anche degli altri schieramenti, dovrebbero votare
la vostra proposta di “unioni civili”?
“Perché è quella che difende di più il matrimonio. Non fa pasticci, non fa finti matrimoni. Inoltre
perché garantisce i diritti civili ma non prevede l’adozione. In terzo luogo perché se non approvassimo
questa nostra legge ne passerebbe un’altra più radicale sul vero ‘matrimonio gay’. Sembra una scelta fuori
dalla nostra cultura cattolica, ma vista in quest’ottica è una conquista per venire incontro a persone che
altrimenti sarebbero in condizione di disagio. In sostanza, vogliamo tenere fermo il matrimonio e
razionalizzare le coppie omosessuali, aiutando tutte le forme di solidarietà”.
Luigi Crimella
agenziasir
23 giugno 2014
www.agensir.it/sir/documenti/2014/06/00289640_cosi_non_facciamo_finti_matrimoni_ma_vera.html
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OSSERVATORIO NAZIONALE PER L’INFANZIA
L’Osservatorio Nazionale per l’Infanzia e l’Adolescenza rinasce dopo due anni di attesa.
15
La decisione è stata ufficializzata martedì 17 giugno 2014 con un decreto del Ministro del Lavoro e
delle Politiche Sociali Giuliano Poletti, che riveste anche il ruolo di presidente dell’Osservatorio.
Quest’ultimo è costituito da una sessantina di componenti, tra cui rappresentanti di ministeri e
pubbliche amministrazioni nazionali e locali, enti e associazioni di categoria, esperti in materia di minori ed
esponenti di sindacati e organizzazioni del Terzo Settore. Tra gli esperti di infanzia e adolescenza che
andranno a comporre il nuovo Osservatorio c’è anche Marco Griffini, fondatore e presidente di Amici dei
Bambini.
“Alla grande soddisfazione per questa nomina – commenta Griffini, che come gli altri componenti
dell’Osservatorio resterà in carica per 2 anni – si aggiunge il piacere di riprendere il lavoro con tanti vecchi e
preziosi amici con i quali abbiamo condiviso, negli anni passati, importanti vittorie per l’infanzia in difficoltà
familiare: una su tutte, la legge sulla chiusura degli istituti, i cui principi sono il frutto proprio
dell’appassionato lavoro dei membri dell’Osservatorio. Ora ci aspettano nuove sfide – annuncia il presidente
di Ai.Bi. –: innanzitutto il grande problema dei minori stranieri non accompagnati, da affrontare in un’ottica
assolutamente europea, come suggerito dallo stesso premier Renzi. Poi i troppi minori fuori famiglia, ospiti
tutt’ora delle comunità educative.
E ancora i 1900 minori dichiarati adottabili che, come denunciato in questi giorni dal Crc (Gruppo di
lavoro per la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, ndr), non trovano una famiglia per
mancanza di un’apposita banca dati. Infine, un grandissimo problema, che coinvolge centinaia di migliaia di
minori: i bambini ‘abbandonati’ davanti alla tv o internet, che una famiglia ce l’hanno ma è come se non
l’avessero”.
“Collaborare con il ministro Poletti – continua Griffini –, uomo che proviene dal ‘nostro’ mondo
del non profit, costituirà un’importante opportunità di lavoro per lasciare un segno indelebile, concreto e
fecondo, sul fronte italiano dei diritti dei minori”.
Ai. Bi. 26 giugno 2014
www.aibi.it/ita/category/archivio-news
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PARLAMENTO
Camera Deputati Assemblea.
Ratifica della Convenzione dell’Aja del 1996.
A.C. 1589 Ratifica ed esecuzione della Convenzione sulla competenza, la legge applicabile, il
riconoscimento, l'esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di
protezione dei minori, fatta all'Aja il 19 ottobre 1996, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento
interno.
www.camera.it/_dati/leg17/lavori/schedela/apriTelecomando_wai.asp?codice=17PDL0022170
Seduta n. 249 di giovedì 19 giugno 2014
Discussione del disegno di legge:
estratti
passim
Michele Nicoletti, relatore per la III Commissione (Affari esteri). Signor Presidente, il disegno di
legge in esame si propone la ratifica della Convenzione dell'Aja del 1996.
La Convenzione dell'Aja è stata firmata dall'Italia il 10 aprile 2003, ossia più di undici anni fa.
Mentre apprezziamo vivamente l'impegno del Governo in questa legislatura affinché il Parlamento proceda
al più presto alla sua ratifica, non possiamo non rilevare ancora una volta l'inaccettabilità di tempi così lunghi
per l'adeguamento del nostro ordinamento interno ai principi del diritto internazionale ed europeo. Tanto più
quando sono in gioco i diritti delle persone e in particolare di quelle più deboli e, dunque, maggiormente
degne di tutela, come i minori, di cui si occupa la Convenzione.
Di fronte a quanti in questi giorni esprimono preoccupazioni sui rischi che un'eventuale riforma delle
nostre istituzioni parlamentari potrebbe comportare in ordine alla garanzia dei diritti fondamentali, sarebbe
forse opportuno ricordare che il sistema delle garanzie oggi, sia per le persone che per le minoranze, riposa
in larga parte, più che sulla farraginosità dei meccanismi interni, su quel diritto internazionale e sulle
istituzioni internazionali a cui noi stessi, a partire dagli articoli 10 e 11 della nostra Costituzione, abbiamo
dato vita. (…)
La Convenzione dell'Aja del 1996 mira esattamente a introdurre elementi di maggiore certezza e
definizione nel campo della tutela dei minori rispetto alla precedente Convenzione del 1961, che, se da un
lato aveva chiaramente individuato i principi fondamentali dei diritti dei minori e gli obblighi degli Stati nei
loro confronti, dall'altro lato aveva lasciato margini di incertezza nella definizione univoca dell'autorità
competente a provvedere alla protezione della persona e dei beni del minore nel caso in cui quest'ultimo si
trovasse in un Paese diverso dal proprio. Poteva così accadere, ed è di fatto accaduto, che la responsabilità
della tutela del minore venisse di volta in volta addossata allo Stato di provenienza piuttosto che allo Stato di
16
residenza, lasciando il minore in una condizione di incertezza e di esposizione al rischio. È noto, infatti, che
nel corso degli ultimi decenni la condizione di molti minori nel mondo si è trovata sempre più esposta a
possibilità di sfruttamento, violenza e abusi e che l'imponente crescita del fenomeno migratorio, connessa a
guerre civili, oppressioni, carestie, persecuzioni, ha visto coinvolto in prima fila un grandissimo numero di
bambini e minori. Una chiara definizione dei soggetti a cui la tutela dei minori è in carico è dunque
fondamentale per evitare il più possibile violenze e abusi e per consentire anche a quanti – famiglie,
associazioni o Stati – si fanno carico della loro accoglienza di operare in un quadro chiaro e trasparente. (…)
Il principio fondamentale che regge la Convenzione è quello chiaramente enunciato dal diritto
internazionale in materia di infanzia, ossia quello del best interest del minore, che deve sempre prevalere sia
rispetto alla sua appartenenza a una determinata nazionalità, sia rispetto alla rigida applicazione della
legislazione nazionale del Paese ospitante. In questo senso, la Convenzione stabilisce con chiarezza che
l'autorità competente in materia di tutela è quella dello Stato in cui concretamente si svolge la vita del
minore, ossia dove si trovano i suoi interessi e i suoi legami familiari, indipendentemente dalla sua
nazionalità. È evidente, in questo caso di tutela di un soggetto debole, rispetto al quale il fattore tempestività
ed efficacia rileva in modo singolare, l'importanza che la responsabilità di proteggere sia in capo all'autorità
più vicina al soggetto interessato, secondo quel principio di prossimità che ha radici antiche sul piano dei
principi morali e che trova sempre maggiore accoglienza nel diritto europeo e secondo quell'attenzione al
radicamento del minore nel suo ambito vitale.
Sull'altro fronte, la ricerca del best interest del minore, nonché la natura pattizia della Convenzione,
basata sul reciproco riconoscimento dei soggetti contraenti, impone ad ogni Stato di riconoscere le misure di
protezione adottate dalle autorità di uno Stato contraente – salvo eccezioni dettagliatamente indicate – come
se fossero state adottate dalle proprie autorità. Questo riconoscimento dell'ordinamento straniero,
dell'ordinamento «altro da sé» è espressione concreta di quella visione del pluralismo degli ordinamenti
giuridici che è alla base del diritto internazionale e dello stesso diritto europeo e che si rende particolarmente
significativo in materia di diritto di famiglia, ossia di quel diritto che regolamenta le relazioni più intime tra
le persone e che, dunque, più di ogni altro ha a che fare con la sfera delle convinzioni soggettive in ambito
morale e religioso, delle tradizioni, dei costumi degli individui e dei popoli. (…)
In quest'ottica, la Convenzione dell'Aja prevede il riconoscimento non solo di quelle forme di
responsabilità genitoriale codificate negli istituti dell'adozione o dell'affido tipici dei nostri ordinamenti, ma
anche di quelle forme di tutela dei minori in stato di difficoltà o di abbandono previsti da altre tradizioni
come, nel caso dei Paesi islamici, la kafala.
Nei Paesi che ispirano la propria legislazione ai precetti coranici non esiste rapporto di filiazione
diverso dal legame biologico di discendenza che derivi da un'unione lecita. La legge islamica, dunque, non
ammette in senso stretto l'istituto dell'adozione. Tuttavia, per evitare che figli senza genitori restino del tutto
sprovvisti di tutela, il diritto islamico prevede lo specifico istituto della kafala, per effetto del quale un adulto
musulmano (o una coppia di coniugi) ottiene la custodia del minorenne, in stato di abbandono, che non sia
stato possibile affidare alle cure di parenti, nell'ambito della famiglia. La disciplina dell'istituto assume
connotazioni specifiche nei diversi ordinamenti islamici; è, però, possibile individuare i tratti essenziali e
comuni di questa particolare forma di affidamento. Il rapporto che si instaura tra affidatario e minore non
crea vincoli ulteriori rispetto all'obbligo del primo di provvedere al mantenimento e all'educazione del
secondo, fino a quando questi raggiunga la maggiore età.
La ratifica della Convenzione, che riconosce esplicitamente la kafala, impone quindi di trovare
figure giuridiche capaci di contenere in sé la tipicità di questo istituto e per questo il disegno di legge in
esame ha formulato la proposta di inserire questo riconoscimento all'interno della forma giuridica
dell'assistenza legale al minore, intendendo con questa espressione l'assistenza giuridica, morale e materiale,
nonché la cura affettiva di un minore, secondo quanto fanno altri ordinamenti, dove si parla di accoglienza o
di «permanent care».
In questo modo si apre la possibilità di riconoscere all'interno del nostro ordinamento giuridico
forme di protezione dei minori, in stato di abbandono o meno, che siano debitamente prospettate dalle
competenti autorità straniere e accuratamente vagliate dalle autorità italiane, secondo i criteri più oltre
descritti. (…)
Donatella Ferranti, relatore per la II Commissione (Giustizia). (…). La kafala è un istituto antico
del diritto di famiglia della tradizione islamica che disciplina l'assunzione da parte del kafil di obblighi di
nutrimento, educazione, cura e crescita propri dei genitori. È temporanea per natura e, quindi, senza effetti
ereditari, senza modificazioni dello status civile. E si basa su un principio solidaristico, quello di assicurare
un supporto sociale al minore che necessiti appunto di protezione. È riconosciuta dal diritto internazionale,
17
dall'articolo 20 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 1989 e dalla Convenzione,
appunto, dell'Aja del 1996 di cui stiamo parlando e che stiamo cercando di ratificare dandole attuazione
attraverso questo disegno di legge. Ma già nell'orientamento giurisprudenziale in tutti questi anni in cui
appunto non vi è stato il perfezionamento di questa ratifica, la kafala è stata sostanzialmente assimilata dalla
giurisprudenza all'affidamento eterofamiliare e la giurisprudenza ha operato, come spesso accade, purtroppo,
in assenza di un intervento del legislatore, in via di supplenza e in via ermeneutica cercando, nei casi dove
fosse particolare interesse preminente del minore e non ci fosse la possibilità di un riconoscimento dell'atto
dello Stato straniero, di aggirare l'ostacolo attraverso le norme sul ricongiungimento familiare.
Ma qui, invece, c’è la necessità di mettere a punto una normativa che disciplini il riconoscimento del
provvedimento di uno Stato estero nel diritto interno. E questa Convenzione introduce il principio generale
del riconoscimento automatico della misura di protezione adottata dall'autorità in uno Stato appunto
contraente. Per la kafala vi è un necessario vaglio dell'autorità centrale, dell'autorità competente dello Stato
che deve ricevere il minore. Di qui le norme di adeguamento contenute in questo disegno di legge.
In particolare, io credo – e questa è stata la linea tenuta dai relatori e dalle Commissioni – che, sia
pur tenendo conto di quella che è stata l'impostazione del disegno di legge, che si fonda soprattutto sugli
articoli 4 e 5 del testo, si è voluto cercare di mantenere e riconoscere la natura, l'origine appunto, della kafala
senza snaturare l'istituto e cercando di adattarlo alla normativa e ai principi del nostro ordinamento. Ecco,
quindi, che è importante avere individuato all'articolo 3 gli organi di riferimento, cioè il Ministero della
giustizia – Dipartimento per la giustizia minorile come autorità centrale incaricata di adempiere agli obblighi
derivanti dalla Convenzione, e la Commissione per le adozioni internazionali come autorità competente
italiana.
Gli articoli 4 e 5, poi, individuano quali sono le situazioni in cui dovrà procedersi al riconoscimento
del provvedimento dello Stato estero, in particolare appunto per ciò che attiene alla kafala. E, quindi,
all'articolo 4 si disciplina la procedura da seguire quando è collocato in Italia un minore straniero che non si
trovi in stato di abbandono. Il disegno di legge, quindi, delinea il percorso specifico. C’è un provvedimento
dell'autorità straniera che lo propone all'autorità centrale italiana; poi, vi è il Ministero della giustizia che
trasmette gli atti al tribunale per i minorenni e l'autorità giudiziaria competente è individuata in base alla
residenza della famiglia o della struttura di accoglienza. Ci sono anche degli approfondimenti che il tribunale
per i minorenni potrà chiedere, proprio sul minore, sulle persone e la struttura individuata per l'assistenza,
tramite i servizi sociali e le ASL. Si è anche introdotto, rispetto al disegno di legge, su indicazione pure del
Governo, il fatto che si possa e si debba procedere all'ascolto del minore laddove appunto è compatibile con
le normative anche del Paese di origine.
Ecco che, poi, all'articolo 5, invece, si disciplina l'altro istituto, quello che attiene sempre al
riconoscimento di un provvedimento di uno Stato estero nel caso in cui c’è un minore in stato di abbandono.
E anche qui vi è il compito, da parte della Commissione per le adozioni internazionali, appunto l'autorità
competente italiana, di approvare la proposta di assistenza legale e, nel caso in cui un minore è in stato di
abbandono, verificare la documentazione trasmessa e che, tenuto conto del superiore interesse del minore,
risultino tutte le circostanze espressamente richieste dalla norma.
E sono previsti requisiti dettagliati, un sistema di garanzie analogo a quello che in linea di principio è
richiesto per le adozioni internazionali, ma tutti finalizzati ad evitare che proprio queste normative, questi
casi si tramutino in una via che possa consentire di aggirare le disposizioni in materia di adozione. E l'intera
procedura deve essere realizzata con l'intermediazione degli enti autorizzati e del servizio pubblico proprio
per evitare rapporti diretti tra il minore e i potenziali kafil. (…)
www.camera.it/leg17/410?idSeduta=0249&tipo=stenografico
Seduta n. 252 del 25 giugno 2014
Approvazione del disegno di legge:
http://www.camera.it/leg17/410?idSeduta=0252&tipo=alfabetico_stenografico
Ora passerà all’esame del Senato e, se approvato, diventerà legge. In caso di modifica, dovuta
all’approvazione di eventuali emendamenti, dovrà invece tornare a Montecitorio.
La proposta di legge era stata elaborata dagli ex ministri Bonino, Cancellieri e Kyenge durante il
Governo Letta ed era stata approvata dalle Commissioni competenti della Camera dei Deputati il 12 giugno
scorso. Il ddl, oltre alla ratifica della Convenzione firmata all’Aja nel 1996, contiene anche alcune norme di
adeguamento dell’ordinamento interno. L’eventuale approvazione della legge rappresenterebbe un passo
decisivo in materia di accoglienza dei minori, in quanto coinvolge anche provvedimenti stranieri di kafala, la
misura di protezione dell’infanzia disposta all’estero nei Paesi islamici e che si colloca in posizione
intermedia tra affidamento e adozione.
18
2° Comm. Giustizia -Disposizioni in materia di attribuzione del cognome ai figli,
in esecuzione della sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo 7 gennaio 2014.
C. 360 Garavini, C. 1943 Nicchi, C. 2123 Governo, C. 2407 Gebhard e C. 2044 Carfagna.
26 giugno 2014- Prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 19 giugno 2014.
vedi pag. 20
www.ucipem.it/sito/attach/00423.pdf
Donatella Ferranti, presidente, ricorda come sia stata presentata dalla relatrice, onorevole Michela
Marzano, nel corso della precedente seduta, una proposta di testo unificato che la Commissione si riserva di
adottare a seguito delle risultanze che emergeranno dall'audizione del Direttore della Direzione centrale per i
servizi demografici presso il Ministero dell'Interno, prevista per la prossima settimana.
www.camera.it/leg17/1008?sezione=documenti&idlegislatura=17&tipoDoc=bollettino_comunic
ato&anno=2014&mese=06&giorno=26&idcommissione=02&back_to=4
il testo unificato in
www.camera.it/leg17/824?tipo=A&anno=2014&mese=06&giorno=19&view=&commissione=02#data.2
0140619.com02.allegati.all00010
Senato Comm. Giustizia. Disciplina delle coppie di fatto e delle unioni civili (sede referente)
24 giugno 2014. Prosegue l'esame congiunto, sospeso nella seduta del 6 maggio 2014.
vedi pag. 17 di
www.ucipem.it/sito/attach/00411.pdf
La senatrice Monica Cirinnà (PD) illustra il disegno di legge n. 1316 che, come si evince dalla
relazione d'accompagnamento, offre una visione della famiglia quale formazione sociale il cui rapporto con
la società è tale per cui nella vita delle persone vi deve essere il minimo impatto di regolazione. Il disegno di
legge fa espresso riferimento alla sentenza n. 166 del 1998 citandone il passaggio in cui viene affermato,
dalla Corte costituzionale, che la convivenza more uxorio rappresenta l'espressione di una scelta di libertà
dalle regole che il legislatore ha sancito in dipendenza dal matrimonio: ne deriverebbe che l'estensione
automatica di tali regole alla famiglia di fatto può essere intesa come violazione dei principi di libera
determinazione tra le parti.
Conseguentemente, l'articolo 1, del disegno di legge, che reca come rubrica la tutela della famiglia,
ribadisce il legame tra matrimonio e formazione sociale familiare, richiamando espressamente gli articoli 29
e 31 della Costituzione. Alla famiglia vengono riservate in via esclusiva le provvidenze, le agevolazioni
sociali e quelle economiche. L'articolo 2 disciplina invece i diritti individuali dei conviventi e i doveri da
assolvere quando la convivenza ha luogo tra due maggiorenni, non legati da rapporti di parentela né
coniugati, a condizione che la convivenza duri stabilmente da almeno tre anni, in assenza di figli comuni.
Qualora, viceversa, vi siano figli, la convivenza cui si riferisce la disciplina del disegno di legge è di un anno.
Il comma 2 regola l'obbligo alimentare, qualora cessi la convivenza e una delle due parti versi in stato di
bisogno. Il comma 3 stabilisce il cumulo dei redditi ai fini del calcolo dell'ISEE. Il comma 4 prevede il diritto
di abitazione nell'immobile di comune residenza in favore del convivente superstite: il diritto cessa in caso di
matrimonio o di successiva convivenza. Il comma 5 stabilisce la successione nel contratto di locazione del
convivente, dopo che vi sia stata revoca da parte dell'altro. Sul comma 6, una certa vaghezza nella
formulazione sembra alludere al diritto di visita nei luoghi di cura a favore del convivente. Il comma 7,
inoltre, garantisce la fruizione dei permessi retribuiti ai sensi della legge n. 53 del 2000 in favore del
convivente che debba assistere l'altro o i familiari a suo carico. L'articolo 8 attribuisce al convivente il potere
di disporre il trattamento del corpo e la celebrazione delle esequie, a meno di disposizioni contrarie effettuate
in forma scritta o autografa. Il comma 9, infine, reca una disposizione attributiva di un legato in favore del
convivente, ma proporzionato al suo stato di bisogno e finalizzato al suo mantenimento, nei limiti della quota
ereditaria disponibile.
Su proposta della relatrice, che precisa di aver ampiamente tenuto conto delle disposizioni recate dal
disegno di legge n. 1316 ai fini della redazione di una proposta di testo unificato, la Commissione conviene
che l'esame del citato disegno di legge venga congiunto al seguito dell'esame dei disegni di legge nn. 14 e
connessi.
La relatrice Monica Cirinnà deposita quindi la proposta di testo unificato
www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=SommComm&leg=17&id=777449
Senato 2° Comm. Giustizia
-Divorzio breve
Disegno di legge approvato dalla Camera dei deputati il 29 maggio 2014, trasmesso il 30 maggio 2014:
S 1504 «Disposizioni in materia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del
matrimonio nonché di comunione tra i coniugi».
in sede referente
24 giugno 2014. Prosegue l'esame congiunto, sospeso nella seduta del 19 giugno 2014.
19
pag. 21 di
www.ucipem.it/sito/attach/00423.pdf
Interviene il senatore Ciro Falanga (FI-PdL XVII) (…) si continua a ingenerare una certa
confusione tra separazione giudiziale e consensuale. (…)
Secondo il presidente Nitto Francesco Palma occorre tenere nel debito conto quanto è emerso in
questa prima fase della discussione generale e conviene, al riguardo elencare gli snodi problematici che
caratterizzano il disegno di legge n. 1504. Prima di tutto occorre chiedersi se la separazione possa ancora
costituire un elemento pregiudiziale per la cessazione degli effetti civili del matrimonio; poi vi è da riflettere
sul momento da cui decorre il termine annuale e semestrale previsto dall'articolo 1 del disegno di legge; vi è,
infine, da determinare un eventuale regime transitorio in vista dell'entrata in vigore della riforma, nonché
verificare se sia congruo discernere i casi di separazione che vedono coinvolti gli interessi della prole e i casi
in cui questi non vengano in rilievo, disponendo una distinzione normativa fondata sul termine necessario di
separazione.
Il senatore Enrico Buemi (Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE) chiede che le relatrici valutino
le ragioni attuali che sottenderebbero la necessità di mantenere un termine dilatorio necessario prima di poter
pervenire alla cessazione degli effetti del vincolo matrimoniale. Salvo voler conferire rilievo a questioni
ideologiche, ritiene che questa scelta debba fondarsi esclusivamente sull'esigenza dell'ordinamento di dare
certezza ai rapporti patrimoniali tra i coniugi in seguito alla separazione e all’evidente necessità di tutelare
gli interessi, anche affettivi, dei figli nati nel matrimonio in via di dissoluzione.
Dopo un breve intervento del senatore Giuseppe Luigi Salvatore Cucca (PD), volto a ribadire i
termini del rapporto tra i procedimenti di separazione tra i coniugi e gli effetti della separazione stessa sulle
convenzioni patrimoniali prescelte, il presidente Palma invita i senatori che intendano intervenire a
segnalarlo alla Presidenza per poter poi chiudere la discussione generale, procedere con l'individuazione del
testo base e con la fissazione di un termine per la presentazione degli emendamenti.
www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=SommComm&leg=17&id=00777449&part
=doc_dc&parse=no&stampa=si&toc=no
25 giugno 2014. Prosegue l'esame congiunto, sospeso nella seduta del 24 giugno 2014.
Il senatore Giuseppe Lumia (PD) rileva che il testo pervenuto dalla Camera dei deputati costituisce
un equilibrato punto di mediazione e se è vero che occorre porre rimedio ad alcune incertezze nella redazione
dell'articolato già poste in evidenza dalle relatrici, occorre anche concentrare l'attenzione sugli elementi
salienti connessi con la disciplina tendente ad accelerare l'accesso allo scioglimento e alla cessazione degli
effetti civili del matrimonio. Vi è innanzitutto da chiarire se vi sia ancora effettiva necessità di mantenere il
procedimento di separazione quale presupposto per pervenire al divorzio. (…)
Il senatore Alberto Airola (M5S) si limita a rilevare quanto sia anacronistico l'istituto che
condiziona l'accesso al divorzio al previo esperimento del procedimento di separazione tra i coniugi. Non si
vede come si possa sperare che un termine di decantazione possa far desistere la coppia dal proposito di
risolvere il vincolo matrimoniale, il che, peraltro, tradisce una venatura ideologica sottesa al tentativo di
preservare sempre e comunque la stabilità degli effetti dello stesso istituto del matrimonio.
Il senatore Giacomo Caliendo (FI-PdL XVII) precisa che il divorzio non ha affatto la natura di una
sanzione morale, giuridica o sociale, ma è soltanto un istituto della legislazione speciale che presuppone il
previo esperimento di un ulteriore procedimento che ne integra, al momento, una vera e propria condizione
di procedibilità. L'alterazione di questo schema giuridico, per quanto lo si possa ritenere discutibile, deve
essere presa in attenta considerazione per non generare incertezze procedimentali e incongruenze che
potrebbero riflettersi sull'intero novero dei rapporti regolati dal diritto di famiglia.
www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=SommComm&leg=17&id=00777674&part=doc_d
c&parse=no&stampa=si&toc=no
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REGIONE LAZIO
Funzioni e delle attività dei Consultori Familiari regionali.
Decreto n. U00152, 12 maggio 2014.
Il presidente Nicola Zingaretti in qualità di commissario ad acta ha decretato: «Rete per la Salute
della Donna, della Coppia e del Bambino: ridefinizione e riordino delle funzioni e delle attività dei
Consultori Familiari regionali. Tariffa per il rimborso del Parto a domicilio, ad integrazione del Decreto
del Presidente in qualità di Commissario ad Acta n. U0029 del 01/04/2011»
www.regione.lazio.it/rl_sanita/?vw=normativa&pg=11
L’allegato 1 “Linee di indirizzo regionali per le attività dei Consultori Familiari”
passim
estratti
20
tra altro reca a pag. 6:
In merito all'esercizio dell'obiezione di coscienza fra i medici ginecologi, che dati recenti pongono a
69,3% in Italia (Relazione Ministeriale sullo Stato di attuazione della Legge 194/78 ; anni 2011–2012 e
Commissione Affari Sociali - XVII Legislatura - Esame della Relazione sullo stato di attuazione della
"Legge 194/78 2011-2012), si ribadisce come questa riguardi l'attività degli operatori impegnati
esclusivamente nel trattamento dell'interruzione volontaria di gravidanza, di seguito denominata IVG. Al
riguardo, si sottolinea che il personale operante nel Consultorio Familiare non è coinvolto direttamente
nell’effettuazione di tale pratica, bensì solo in attività di attestazione dello stato di gravidanza e certificazione
attestante la richiesta inoltrata dalla donna di effettuare IVG.
Per analogo motivo, il personale operante nel Consultorio è tenuto alla prescrizione di contraccettivi
ormonali, sia routinaria che in fase post-coitale, nonché all'applicazione di sistemi contraccettivi meccanici,
vedi I.U.D. (lntra Uterine Devices).
Rispetto al fabbisogno, per i Consultori familiari (CF) è stato definito uno standard di I CF:20.000
abitanti per le aree urbane, e di 1 CF: 10.000 per le aree extraurbane, necessari all’effettiva ottemperanza alla
mission stabilita dal mandato legislativo. La situazione nel Lazio è di 0,57 CF:20.000 abitanti.
(…)
I percorsi socio assistenziali che devono essere garantiti all'interno dei Consultori familiari sono
riferibili ai seguenti ambiti:
1. Salute sessuale e riproduttiva; 2. Nascita; 3. Assistenza per la donna che richiede Interruzione Volontaria
di Gravidanza (IVG); 4. Screening oncologico del cervico-carcinoma; 5. Interventi di contrasto alla Violenza
di Genere; 6. Giovani; 7. Salute Psico-fisica del bambino O-I anno; 8. G.I.L. Adozione.
www.regione.lazio.it/binary/rl_sanita/tbl_normativa/Decr_U00152_12_05_14_Riordino_Consultori_e_
Tariffa_parto_a_domicilio.pdf
{Osservazioni in merito:
Obiezione di coscienza fra i medici ginecologi. Senza alcun riferimento esplicito, ci si rifà all’art.
9, terzo comma della L. 194\1978
www.salute.gov.it/imgs/c_17_normativa_845_allegato.pdf
come è stato fatto in passato già nel 1978 dalla Regione Veneto con la circolare 54 e dal Tar Puglia,
sentenza n. 3477, 14 settembre 2010
www.giustiziaamministrativa.it/DocumentiGA/Bari/Sezione%202/2010/201000962/Provvedimenti/201003477_20.X
ML
vedi a pag. 7 di
www.ucipem.it/sito/attach/00062.pdf
Contraccettivi.
La Legge sui consultori familiari n. 405\29 luglio 1975 dà indicazioni generali in merito nell’art. 1
http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_normativa_1545_allegato.pdf
Il servizio di assistenza alla famiglia e alla maternità ha come scopi:
a) l'assistenza psicologica e sociale per la preparazione alla maternità ed alla paternità responsabile e per i
problemi della coppia e della famiglia, anche in ordine alla problematica minorile;
b) la somministrazione dei mezzi necessari per conseguire le finalità liberamente scelte dalla coppia e da
singolo in ordine alla procreazione responsabile nel rispetto delle convinzioni etiche e dell'integrità fisica
degli utenti;
c) la tutela della salute della donna e del prodotto del concepimento;
d) la divulgazione delle informazioni idonee a promuovere ovvero a prevenire la gravidanza consigliando i
metodi ed i farmaci adatti a ciascun caso.
La voce c) esclude quindi la cosiddetta pillola dei 5 giorni EllaOne che contiene 30 mg di ulipristal
acetato ed ha anche o esclusivamente un’azione anti-annidamento dell’embrione vivo nell’utero.
http://giulianoguzzo.wordpress.com/2013/02/19/ellaone-labortivo-che-non-ci-raccontano
L’azione della pillola del giorno dopo Norlevo (1, 5 mg di Levonorgestrel, un ormone progestinico,
è controversa rispetto al suo effetto abortivo. Non è sempre efficace nel prevenire la gravidanza,
specialmente se vi è incertezza su quando è avvenuto il rapporto non protetto.
Le spirali in rame o ormonali, IUD (dall'inglese Intra Uterine Device) sono uno strumento
contraccettivo e intercettivo; esso impedisce la fecondazione oppure, laddove questa sia eventualmente
avvenuta, ostacola secondariamente l'annidamento dell'embrione nell'utero. Quindi è abortivo,
Di fatto, per l’obiezione di coscienza si deve far riferimento alla Legge 405\1975. ndr}
21
In argomento cfr. Bruno Mozzanega, università di Padova: Due temi cruciali: l’ambito
dell’obiezione di coscienza rispetto alla 194 e la non prescrizione dei contraccettivi di emergenza.
pag.109 di (seguire l’iter indicato)
www.scienzaevita.org/quaderni_registrazione.php?quaderno=21
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SESSUOLOGIA
Fertilità addio? E’in calo il numero medio degli spermatozoi.
Se ne discute poco, soprattutto tra uomini. Eppure i dati parlano chiaro: è crisi dello sperma, la
fertilità maschile è in declino e gli scienziati lanciano l'allarme. L'ultimo studio, condotto poco più di un
anno fa in Francia dall'Istituto di Veille Sanitaire di Saint Maurice, ha scoperto che la concentrazione di
spermatozoi tra il 1989 e il 2005 è diminuita di un terzo negli uomini giovani e in salute. Vuol dire che in un
maschio 35enne in media il numero di spermatozoi si è ridotto da 73,6 milioni per ogni millimetro di seme a
50. Altri Paesi europei, con grandi database sanitari disponibili, hanno confermato che negli ultimi 15 anni la
fertilità maschile è in calo inesorabile.
Le cause? Le ipotesi sono tante: sovrappeso, inquinamento, pesticidi, fumo, scarsa attività fisica. Ma
soprattutto alcune sostanze chimiche contenute in oggetti di uso quotidiano. Il Copenaghen University
Hospital è appena riuscito a dimostrare un legame tra queste sostanze, gli ftalati, e lo sperma. I nemici si
trovano ovunque: nella plastica, nei dentifrici, nei saponi, nelle creme solari. Ogni giorno li respiriamo o li
assorbiamo tramite la pelle. E nonostante le concentrazioni di ftalati siano bassissime e considerate non
dannose dalle regole Ue, il loro impatto sulla fertilità è devastante, sostiene il professor Niels Skakkebaek,
che ha condotto lo studio danese. E invita i governi a trovare un nuovo modo di calcolare la tossicità delle
sostanze chimiche. Perché alcuni ftalati si comportano come se mimassero gli estrogeni (gli ormoni sessuali
femminili) o gli androgeni (maschili), costringendo gli spermatozoi a rilasciare prematuramente gli enzimi
necessari a penetrare e fertilizzare gli ovuli. Rendendo lo sperma sterile.
Deborah Ameri
D la Repubblica 21 giugno 2014. pag. 66
http://periodici.repubblica.it/d/
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SCIENZA & VITA
Nei consultori del Lazio si tuteli la maternità e la libertà di coscienza dei medici.
“Il provvedimento contenuto nelle linee guida per i consultori emanato dal Governatore del Lazio
Nicola Zingaretti travalica la Legge 194\1978, ponendo un limite illegittimo al diritto all’obiezione di
coscienza del personale e, allo stesso tempo, bypassando la prima parte della legge”, commentano Paola
Ricci Sindoni e Domenico Coviello, presidente e copresidente nazionali dell’Associazione Scienza & Vita.
“A norma di legge, il colloquio nei consultori con gli operatori non si deve ridurre a una mera
certificazione abortiva, ma ha la finalità di contribuire ‘a far superare le cause che potrebbero indurre la
donna all’interruzione della gravidanza’. Snaturare la valenza e l’importanza di questo colloquio per
convertirlo in attestazione e ‘autorizzazione’ per procedere all’aborto rende vana ogni possibile forma di
tutela e di prevenzione, capovolgendo la funzione stessa dei presidi consultoriali e sminuendo la
professionalità di chi vi opera”.
“Per quanto riguarda l’obbligatorietà delle prescrizioni della pillola del giorno dopo e il
coinvolgimento forzato del personale nelle procedure di certificazione, sottolineiamo che la legge 194 esime
gli obiettori non solo dai gesti d’aborto ma anche dalle procedure dell’art. 5 (certificazione di preludio).
Imporre per decreto la forzatura di una legge nazionale si configura come un’inaccettabile prevaricazione del
diritto all’obiezione di coscienza che giova ricordarlo, è e rimane un diritto costituzionalmente garantito”.
comunicato stampa 26 giugno 2014
www.scienzaevita.org/comunicato.php
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SINODO DEI VESCOVI
La Chiesa verso il Sinodo sulla Famiglia
Il titolo del Sinodo ordinario del 2015 sarà "Gesù Cristo rivela il mistero e la vocazione della
famiglia" la ha anticipato il card. Baldisseri durante la presentazione dell'Instrumentum laboris del sinodo
straordinario dell'ottobre prossimo pure dedicato alla famiglia.
Lo strumento è frutto di una consultazione che, nella sola Italia, ha coinvolto 160 diocesi ed una
ventina di aggregazioni diverse, come spiega il direttore dell'ufficio famiglia della Cei, don Paolo Gentili.
"Una consultazione capillare e amplissima come non ricordo ci sia mai stata finora. Anche solo per questo il
documento rappresenta un testo storico
22
Instrumentum Laboris: serve una pastorale sensibile per situazioni irregolari
La famiglia di fronte al Vangelo, alle difficoltà ed alla trasmissione della vita e della fede: sono i
tre ambiti in cui si sviluppa l’Instrumentum Laboris, il documento di lavoro del Sinodo straordinario sulla
famiglia, in programma in Vaticano dal 5 al 19 ottobre prossimi.
Presentato in conferenza stampa, l’Instrumentum Laboris sintetizza le risposte delle Chiese locali al
questionario su matrimonio e famiglia, proposto nel novembre scorso dal Documento preparatorio al Sinodo.
Famiglia, cellula fondamentale della società. Ma famiglia in crisi. Ruota su questi due assi il documento di
lavoro del prossimo Sinodo. Un ritratto analitico delle principali sfide e difficoltà che i nuclei familiari
devono affrontare oggi, con una riflessione costante sull’aiuto offerto dalla Chiesa, già in atto, o da attuare.
Disgregata, scoraggiata, confusa, poco preparata: la famiglia di oggi viene presentata così. Ma non mancano
segnali positivi di speranza, soprattutto fra i giovani e là dove l’approccio della Chiesa non è visto come
“esclusivo”, bensì “inclusivo” nei riguardi di chi vive situazioni irregolari.
L’Instrumentum Laboris è suddiviso in tre parti.
1. La prima, dedicata alla comunicazione del Vangelo della famiglia, si concentra su due aspetti: la
difficoltà di comprendere il valore della “legge naturale”, posta alla base della dimensione sponsale
tra uomo e donna, e la privatizzazione della famiglia. Il primo aspetto apre il rischio della teoria del
gender, mina l’idea del “per sempre” per l’unione coniugale, porta ad accettare la poligamia o il
ripudio del coniuge, favorisce divorzio, convivenza e contraccezione. La privatizzazione della
famiglia, invece, ne azzera il ruolo di cellula fondamentale della società. Per questo, si richiede che i
nuclei familiari siano tutelati dallo Stato e recuperino il loro ruolo di soggetti sociali in tutti i
contesti. Vera “Chiesa domestica”, la famiglia deve avere legame costante anche con la parrocchia,
“famiglia di famiglie”.
2. La seconda parte dell’Instrumentum si concentra, invece, sulle situazioni critiche che la famiglia
deve affrontare oggi: la debolezza della figura paterna, la frammentazione dovuta a divorzi e
separazioni, la tratta dei minori, le droghe, l’alcolismo, la ludopatia, la dipendenza da social network
che impedisce il dialogo e ruba il tempo alle relazioni interpersonali. Il documento sinodale mette in
evidenza anche l’incidenza del lavoro sulla vita familiare: orari estenuanti, precarietà, lunghi
spostamenti, assenza del riposo domenicale ostacolano la possibilità di stare in famiglia. Altri fattori
di criticità sono le migrazioni, la povertà, il consumismo, le guerre, l’approccio alla malattia,
soprattutto all’Aids, e la diversità di culto tra i coniugi da cui deriva la difficoltà di educare i figli.
Ma l’Instrumentum non nasconde le “contro-testimonianze nella Chiesa” come gli scandali sessuali,
la pedofilia, l’incoerenza di quei presbiteri con uno stile di vita “vistosamente agiato”. Tutto questo – spiega
il documento sinodale – porta ad una “rilevante perdita di credibilità morale” da parte della Chiesa.
Ancora: il documento dedica un’ampia parte alle “situazioni di irregolarità canonica”, poiché le
risposte pervenute si concentrano soprattutto sui divorziati risposati. In generale, si mette in risalto il numero
consistente di chi vive con “noncuranza” tale condizione e non richiede, quindi, di potersi accostare ai
Sacramenti. Tanti, invece, si sentono emarginati, avvertono il divieto di accedere ai Sacramenti come una
punizione ed aprono la via ad una “mentalità rivendicativa” nei confronti dei Sacramenti stessi. Alcune
Conferenze episcopali chiedono quindi nuovi strumenti per aprire la possibilità di esercitare “misericordia,
clemenza ed indulgenza” nei confronti delle nuove unioni. Altre soluzioni – come il guardare alle Chiese
ortodosse che, in determinate circostanze, ammettono le seconde nozze – non eliminano il problema dei
divorzi.
Quanto alla proposta di semplificare le cause matrimoniali – ad esempio, riconsiderando se sia
davvero necessaria la doppia sentenza conforme quando non c’è richiesta d’appello - il documento sinodale
invita alla prudenza, per evitare ingiustizie ed errori e per non alimentare l’idea di un “divorzio cattolico”. Al
contrario, si suggerisce una preparazione adeguata di persone qualificate per seguire tali casi. Ad ogni modo
- si legge nel testo - snellire il processo canonico è utile solo se si affronta la pastorale familiare in modo
integrale.
L’Instrumentum evidenzia, in sostanza, che per le situazioni difficili la Chiesa non debba assumere
un atteggiamento di giudice che condanna, ma quello di una madre che sempre accoglie i suoi figli,
sottolineando che “il non poter accedere ai Sacramenti non significa essere esclusi dalla vita cristiana e dal
rapporto con Dio”. In quest’ottica, massima accoglienza e disponibilità viene richiesta ai parroci nel caso in
cui non praticanti e non credenti chiedano il matrimonio, poiché ciò può essere un’occasione propizia per
evangelizzare la coppia. Imprescindibile rimane, inoltre, la necessità che la Chiesa accompagni i coniugi
anche dopo le nozze.
23
Circa le unioni omosessuali, tutte le Conferenze episcopali si dicono contrarie all’introduzione di una
legislazione che permetta tali unioni, ridefinendo il matrimonio tra uomo e donna e consentendo l’adozione
di bambini. Viene comunque richiesto un atteggiamento rispettoso e non giudicante nei confronti di queste
persone.
3. Nella terza parte, dedicata alla responsabilità educativa, l’Instrumentum constata come la dottrina
della Chiesa sull’apertura alla vita da parte degli sposi sia poco conosciuta e quindi considerata
un’ingerenza nella coppia. Di qui, ad esempio, la confusione che si crea tra i contraccettivi ed i
metodi naturali di regolazione della fertilità: erroneamente ritenuti inefficaci, essi andrebbero,
invece, spiegati, anche in collaborazione con centri universitari appositi. Necessario, inoltre, dare più
spazio a tale tematica nella formazione dei presbiteri, poiché spesso i sacerdoti risultano impreparati
sull’argomento. Spiegazioni da parte della Chiesa che siano chiare e che vadano oltre la condanna
generica, vengono richieste anche per affrontare l’ideologia del gender, “sempre più pervasiva”, e la
profilassi contro l’Aids, così da rispondere ad alcune “riduzioni caricaturali” dei media e per evitare
di racchiudere il problema in una mera questione “tecnica”.
Riguardo, infine, alla trasmissione della fede all’interno della famiglia - soprattutto quando genitori in
situazione irregolare chiedono i Sacramenti per i propri figli – l’approccio più richiesto è l’accoglienza senza
pregiudizio, perché “molte volte sono i figli ad evangelizzare i genitori” ed affinché i ragazzi comprendano
che “irregolari sono le situazioni, non le persone”.
“Appare sempre più necessaria – si legge nel documento – una pastorale sensibile, guidata dal rispetto di
queste situazioni irregolari, capace di offrire un fattivo sostegno all’educazione dei figli”. L’Instrumentum
Laboris si conclude, quindi, con la preghiera scritta da Papa Francesco e recitata all’Angelus del 29
dicembre 2013, nella Festa della Santa Famiglia di Nazareth.
Isabella Piro
Bollettino radiogiornale radio vaticana
26 giugno 2014
http://it.radiovaticana.va/radiogiornale
il testo integrale è in
www.vatican.va/roman_curia/synod/documents/rc_synod_doc_20140626_instrumentum-laborisfamilia_it.html
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UNIONI CIVILI
''Sì ai diritti individuali delle persone conviventi in ambito privatistico''
Dal senatore Maurizio Sacconi del Nuovo Centro Destra, primo firmatario del disegno di legge dal
titolo 'Disposizioni in materia di unioni civili', il riconoscimento di una serie di diritti, ad esclusione della
pensione di reversibilità. I cattolici dovrebbero votare questa proposta perché ''riconosce la famiglia come
società naturale antecedente allo Stato'' e non traccia un ''percorso ideologico''
Da una parte la proposta legislativa del Partito Democratico sulle “unioni civili”, che apre
esplicitamente al riconoscimento delle coppie gay, seppure escludendo il matrimonio e l’adozione. Dall’altra
una proposta di segno del tutto diverso e che esclude il riconoscimento delle coppie omosessuali. Per capire i
contenuti di questa iniziativa alternativa a quella Pd, il Sir ha intervistato il senatore Maurizio Sacconi del
Nuovo Centro Destra, primo firmatario del disegno di legge.
Quali sono gli elementi qualificanti della vostra iniziativa legislativa?
“Il suo titolo è ‘Disposizioni in materia di unioni civili’ e parte dal presupposto che la famiglia sia il
cuore di ogni società umana, imprescindibile per lo sviluppo dei popoli. Una società dove la famiglia e le reti
familiari sono solide è una società robusta. Quindi è interesse primario di ogni società quello di tutelare la
famiglia e sostenerla nel prezioso compito di cura ed educazione dei figli”.
Il concetto stesso di “unione civile”, come viene inteso da parte di coloro che puntano a vedervi
ricomprese principalmente le unioni gay a voi non va bene?
“A nostro avviso la tutela della famiglia basata sul matrimonio, come la intende la Costituzione agli
articoli 29 e 31, si pone su un piano del tutto differente dal doveroso riconoscimento dei diritti individuali
delle persone conviventi, che restano in un ambito strettamente di tipo privatistico”.
Quali specifici diritti prevede il vostro disegno di legge in favore dei conviventi?
“Stabilito che per famiglia intendiamo quella fondata sul matrimonio, e solo quella, noi affrontiamo i
diritti dei conviventi partendo dal dato che per convivenza si intende un rapporto stabile tra due persone
maggiorenni, non legate da vincoli di parentela né coniugate, che duri da almeno tre anni nel caso non vi
siano figli comuni, e da un anno quando vi siano figli comuni. Prevediamo il dovere di sostenere l’altro, il
calcolo dell’Isee cumulando i redditi dei conviventi. In caso di morte il diritto di continuare ad abitare nella
casa di comune residenza se di proprietà del defunto. Il diritto a succedere in un contratto di locazione,
24
all’assistenza in caso di malattia e ricovero, ai permessi retribuiti per gravi malattie, come pure alla
successione ereditaria secondo la quota disponibile”.
Perché il vostro disegno di legge “non comporta oneri per la finanza pubblica”?
“Ci sembra un dato qualificante. Basta pensare ad altre proposte che parlano di pensione di
reversibilità al convivente. Questo istituto, a dati 2010, costa alle finanze pubbliche 41 miliardi di euro
l’anno e rappresenta il 2,6% del Pil, vale a dire la più alta percentuale al mondo per istituti di questo tipo.
Pertanto, se noi immaginassimo l’estensione di questo istituto ad altri beneficiari, lo metteremmo
definitivamente in discussione”.
Su cosa dissentite soprattutto rispetto alla proposta di unioni civili gay?
“Il nostro dissenso comincia già quando si parla di un registro nazionale per queste unioni. Già
questa idea dà rilevanza pubblica a tali unioni determinandone la caratteristica di un simil-matrimonio e
quindi costituendo il presupposto per le provvidenze”.
Perché i politici cattolici presenti in Parlamento dovrebbero votare per la vostra proposta?
“Premesso che la nostra proposta è sostenuta da credenti e non credenti che riconoscono la famiglia
come società naturale antecedente allo Stato, credo che non sia necessario il presupposto della fede per
riconoscere la vocazione alla procreazione e alla continuità della specie per l’unione di un uomo e di una
donna”.
Ma come se ne uscirà? Con un muro contro muro?
“Io mi auguro che ci possa essere disponibilità all’ascolto reciproco e al dialogo, soprattutto non ci
sia un modo ideologico di affrontare problemi che possono essere riconosciuti in quanto ‘pratici’. A noi sta a
cuore risolvere i problemi pratici di due persone conviventi. Se invece si vuole un percorso ideologico che
vuole estendere il concetto di famiglia, che vuole quindi relativizzare quella naturale, che vuole consentire
poi l’adozione anche da parte della coppia omosessuale; oppure peggio ancora, se si vuole consentire la
fabbricazione di figli selezionati attraverso l’utero in affitto, se si vuole questo percorso tutto ideologico, la
nostra battaglia sarà ferma e determinata”.
Luigi Crimella
agenzia SIR 23 giugno 2014
www.agensir.it/sir/documenti/2014/06/00289641_si_ai_diritti_individuali_delle_persone_c.html
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