REDDITI DI LAVORO DIPENDENTE Somministrazioni di vitto, mense e ticket restaurant (art. 51, c. 2, lett. c, Tuir) Non concorrono a formare il reddito le somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro, nonché quelle in mense organizzate direttamente dal datore di lavoro o gestite da terzi o, fino all’importo complessivo giornaliero di euro 5,29, le prestazioni e le indennità sostitutive corrisposte agli addetti ai cantieri edili, ad altre strutture lavorative a carattere temporaneo o a unità produttive ubicate in zone dove manchino strutture o servizi di ristorazione. Il regime di favore previsto dalla lett. c) del comma 2 dell’art. 51 Tuir è volto ad agevolare fiscalmente: a) somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro: senza limite; b) somministrazioni di vitto in mense organizzate dal datore di lavoro: senza limite; c) somministrazioni di vitto in mense organizzate da terzi: senza limite; d) buoni pasto: nel limite di euro 5,29 al giorno; e) indennità sostitutive: nel limite di euro 5,29 al giorno se corrisposte a: addetti a cantieri edili; addetti ad altre strutture lavorative a carattere temporaneo (per esempio, cantieri per riparazioni stradali o particolari strutture dello spettacolo); addetti a unità produttive ubicate in zone dove manchino strutture o servi zi di ristorazione. Unità produttive ubicate in zone dove manchino strutture o servizi di ristora zione In merito l’amministrazione finanziaria, con ris. n. 41/E del 30 marzo 2000, ha affermato che: a) è necessario verificare i singoli casi concreti; b) per l’applicazione dell’agevolazione fiscale devono essere rispettati i seguenti requisiti: l’orario di lavoro comprende la pausa pranzo; l’unità produttiva si trovi in un luogo che, in relazione al periodo di pausa concesso per il pranzo, non consenta, senza l’ausilio di mezzi di trasporto, di recarsi al più vicino luogo di ristorazione nel quale è possibile utilizzare i buoni pasto. La circolare del Ministero delle finanze n. 326/E/1997 ha precisato che: non costituiscono compensi in natura i pasti consumati dai camerieri o dal cuoco di un ristorante; non costituiscono compensi in natura i pasti consumati dai collaboratori domestici; concorrono a formare il reddito solo per la parte che eccede euro 5,29 le N. 7 luglio 2014 IL SOLE 24 ORE 45 REDDITI DI LAVORO DIPENDENTE indennità di mensa corrisposte, ad esempio, ai lavoratori delle imprese edili o la panatica dei marittimi a terra; tra le prestazioni di vitto e le somministrazioni in mense aziendali, anche gestite da terzi, sono comprese le convenzioni con i ristoranti e la fornitura di cestini preconfezionati contenenti il pasto dei dipendenti; la prestazione in questione debba comunque interessare la generalità dei dipendenti o intere categorie omogenee di essi (condizione non rinvenibile tuttavia nella norma); il datore di lavoro è libero di scegliere la modalità che ritiene più facilmente adottabile in funzione delle proprie esigenze organizzative e dell’attività svolta e può anche prevedere più sistemi contemporaneamente. Per esempio, può istituire il servizio di mensa per una categoria di dipenden ti, il sistema dei ticket restaurant per un’altra categoria e provvedere all’ero gazione di una indennità sostitutiva per un’altra ancora, oppure può istituire il servizio di mensa e nello stesso tempo corrispondere un’indennità sostitu tiva o i ticket restaurant ai dipendenti che per esigenze di servizio non possono usufruire del servizio mensa. Le prestazioni di mense aziendali rese con badge elettronico per permettere l’ingresso ai locali della mensa aziendale e ai relativi servizi non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente a prescindere dall’importo (in sostanza tale fattispecie è stata ricondotta alla disciplina delle mense aziendali e non a quella meno favorevole del buono pasto). Altre indennità sostitutive di mensa dovranno essere assoggettate totalmente a prelievo fiscale (R.M. n. 63/E/2005). BUONI PASTO L’art. 2, D.P.C.M. 18 novembre 2005, al comma 1, lett. c), definisce buono pasto come «il documento di legittimazione, anche in forma elettronica, avente le caratteristiche di cui al successivo art. 5, che attribuisce al possessore, ai sensi dell’art. 2002 c.c., il diritto a ottenere dagli esercizi convenzionati la sommini strazione di alimenti e bevande e la cessione di prodotti di gastronomia pronti per il consumo, con esclusione di qualsiasi prestazione in denaro». Il buono pasto, ai sensi dell’art. 5, c. 2, del citato decreto deve riportare: Check list Elementi e contenuti del buono pasto q il codice fiscale o la ragione sociale del datore di lavoro; q la ragione sociale e il codice fiscale della società di emissione; q il valore facciale espresso in valuta corrente; q il termine temporale di utilizzo; q uno spazio riservato alla apposizione della data di utilizzo, della firma dell’utilizzatore e del timbro dell’esercizio convenzionato presso il quale il buono pasto viene utilizzato; q la dicitura «Il buono pasto non è cumulabile, né cedibile, né commerciabile, né convertibile in denaro; può essere utilizzato solo se datato e sottoscritto dall’utilizzatore». Inoltre il comma 1 dell’art. 5 prevede che i buoni pasto: consentono all’utilizzatore di ricevere un servizio sostitutivo di mensa di importo pari al valore facciale del buono pasto (per valore facciale si intende il valore della prestazione inclusivo dell’imposta sul valore aggiunto prevista per la somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, indicato sul buono pasto); 46 IL SOLE 24 ORE N. 7 luglio 2014 REDDITI DI LAVORO DIPENDENTE costituiscono il documento che consente all’esercizio convenzionato di provare l’avvenuta prestazione nei confronti delle società di emissione; sono utilizzati, durante la giornata lavorativa anche se domenicale o festiva, esclusivamente dai prestatori di lavoro subordinato, a tempo pieno e parziale, anche qualora l’orario di lavoro non prevede una pausa per il pasto, nonché dai soggetti che hanno instaurato con il cliente un rapporto di collaborazione anche non subordinato; non sono cedibili, commercializzabili, cumulabili o convertibili in denaro; sono utilizzabili esclusivamente per l’intero valore facciale. L’art. 51, comma 2, lett. c) Tuir disciplina l’esclusione dalla formazione Disciplina fiscale del reddito di lavoro dipendente del servizio di mensa o di prestazioni e previdenziale sostitutive fornite alla generalità o a categorie di dipendenti. La norma citata prende in considerazione le seguente ipotesi: - non concorrono a formare reddito per il dipendente senza limiti d’importo le somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro (ad esempio, pasti consumati dal personale dei ristoranti e dai collaboratori domestici), nonché quelle in mense organizzate direttamente dal datore di lavoro o gestite da terzi (mediante contratto d’appalto) - non concorrono a formare reddito per il dipendente fino all’importo complessivo giornaliero di euro 5,29 le prestazioni di servizi sostitutivi di mense aziendali (buono pasto); la corresponsione di una somma corrisposta a titolo di indennità sostitutiva della mensa agli addetti ai cantieri edili, ad altre strutture lavorative a carattere temporaneo o a unità produttive ubicate in zone dove manchino strutture o servizi di ristorazione - concorrono a formare reddito per il dipendente le somme concesse a titolo di indennità sostitutiva della mensa a lavoratori non rientranti nel punto precedente Soffermandoci sulla gestione fiscale e previdenziale dei buoni pasto (i criteri sono analoghi in virtù del principio di armonizzazione delle basi imponibili fiscali e contributive) è utile effettuare le seguenti precisazioni anche alla luce delle interpretazioni ministeriali che si sono succedute nel corso del tempo: la circolare del Ministero delle finanze n. 326/E/1997, pur nel silenzio della norma, prevede che i buoni pasto debbano essere concessi alla generalità dei dipendenti ovvero a intere categorie omogenee di essi per fruire del regime di favore; i buoni pasto dovranno riportare gli elementi e i contenuti previsti dall’art. 5, comma 2, D.P.C.M. 18 novembre 2005 (detti contenuti erano richiesti anche dalla circ. Min. fin. n. 326/E/1997); la circolare del Ministero delle finanze n. 29/E/1997 ha specificato che, ai fini della determinazione del valore di esenzione di euro 5,29, il valore del buono pasto dovrà esse inteso al netto dei contributi obbligatori versati in conformità a disposizioni di legge e delle somme eventualmen te trattenute al dipendente a concorrenza delle spese di mensa. N. 7 luglio 2014 IL SOLE 24 ORE 47 REDDITI DI LAVORO DIPENDENTE Elementi I II III IV V VI Elementi I II III IV V VI VII Elementi I II III IV V VI VII ESEMPIO 1 Determinazione della quota imponibile del buon pasto Valore nominale giornaliero del buono pasto Imponibile previdenziale (6,00 5,29 con arr.to all’unità di euro) Contributi previdenziali c/dipe. Valore al netto dei contributi Valore giornaliero esente fiscale Imponibile fiscale giornaliero (5,91 5,29) ESEMPIO 2 Determinazione della quota imponibile del buon pasto Valore nominale giornaliero del buono pasto Valore trattenuto al dipendente per concorso spese Imponibile previdenziale (5,00 5,29 < 0) Contributi previdenziali c/dipe. Valore al netto dei contributi e trattenuta Valore giornaliero esente fiscale Imponibile fiscale giornaliero (5,00 5,29 < 0) ESEMPIO 3 Determinazione della quota imponibile del buon pasto Valore nominale giornaliero del buono pasto Valore trattenuto al dipendente per concorso spese Imponibile previdenziale (5,29 5,29) Contributi previdenziali c/dipe. Valore al netto dei contributi e trattenuta Valore giornaliero esente fiscale Imponibile fiscale giornaliero (5,29 5,29) 9,19% Importo 6,00 1,00 0,09 5,91 5,29 0,62 9,19% 9,19% Importo 6,00 1,00 0,00 0 5,00 5,29 0 Importo 5,29 0 0,00 0 5,29 5,29 0 l’eventuale concessione di buoni pasto per giorni non lavorativi (per esempio, domeniche, permessi, ferie ecc.), anche per cause di sospensione del rapporto di lavoro ex art. 2110 c.c. (malattia, infortunio, maternità), non permette alcuna agevolazione fiscale; pertanto, detti importi saranno totalmente assoggettati a contribuzione e a ritenuta fiscale; sempre la circ. n. 326/E/1997 prevede una sorta di non cumulabilità delle agevolazioni; difatti, se un lavoratore, per la medesima giornata lavora tiva, usufruisce contemporaneamente sia del servizio mensa sia del servizio sostitutivo (buono pasto o indennità sostitutiva della mensa), il beneficio fiscale verrà applicato a solo una modalità impiegata mentre la seconda sarà tassata senza alcuna agevolazione; l’art. 5, c. 1, lett. c), D.P.C.M. 18.11.2005, confermando quanto indicato dalla circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 207/E/2000, prevede che il buono pasto, oltre che dai dipendenti, può essere utilizzato da «soggetti che hanno instaurato con il cliente un rapporto di collaborazione anche non subordina to». Pertanto anche i collaboratori a progetto potranno sfruttare il particolare regime fiscale e contributivo di favore in relazione all’utilizzo dei buoni pasto. Buono pasto e part time La ris. min. n. 153/E/2004 (e ancor prima per l’assoggettamento previ denziale la circ. Inps n. 84/2000) ha precisato che ove l’orario di lavoro non consenta la fruizione della pausa pranzo (ad esempio per un lavoratore part time) il valore dei ticket restaurant eventualmente conces 48 IL SOLE 24 ORE N. 7 luglio 2014 REDDITI DI LAVORO DIPENDENTE si concorrerà integralmente alla formazione del reddito di lavoro dipendente al pari di tutti gli altri fringe benefit. Tale interpretazione tuttavia si scontrava con quanto previsto dall’art. 5, D.P.C.M. laddove al comma 1, lett. c) recita che i buoni pasto «sono utilizzati, durante la giornata lavorativa anche se domenicale o festiva, esclusivamente dai prestatori di lavoro subordinato, a tempo pieno e parziale, anche qualora l’orario di lavoro non prevede una pausa per il pasto». Sollecitata da più parti, pertanto, è intervenuta l’Agenzia delle Entrate (ris. n. 118, 30.10.2006,) la quale ha chiarito che, in virtù di quanto stabilito dal D.P.C.M. 18 novembre 2005, i lavoratori subordinati a tempo parziale, la cui articolazione dell’orario di lavoro non preveda il diritto alla pausa per il pranzo, ove fruiscano di buoni pasto, sono ammessi a benificiare della previsione agevolativa prevista dall’art. 51, comma 2, lett. c) Tuir (vedi anche Inps, circ. n. 1, 3.1.2007). Buono pasto e fringe Come visto in precedenza, l’art. 51, c. 2, lett. c) del Tuir prevede che i buoni benefit pasto non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente. Ai sensi della predetta norma, pertanto, i buoni pasto concessi ai dipendenti (cosiddetti ticket restaurant) non generano imponibile fiscale (e di conse guenza contributivo) entro il limite massimo di euro 5,29; l’eventuale maggiore valore sarà pertanto assoggettato a tassazione. In merito alla gestione dei cosiddetti fringe benefit (compensi in natura) la norma di riferimento si rinviene nei commi 3 e 4 dell’art. 51 Tuir. In detta disposizio ne (comma 3) è fissata una soglia, superata la quale l’intero importo sarà assoggettato a prelievo fiscale e contributivo, di euro 258,23 entro la quale il valore normale dei compensi in natura non concorre a formare il reddito di lavoro dipendente. Il comma 4 del medesimo articolo, inoltre, afferma che sono gestiti, con particolari regole di determinazione del valore imponibile fiscale, e ai fini del comma 3 le auto aziendali a uso promiscuo, i prestiti, gli alloggi, i servizi di trasporto ferroviario concessi ai dipendenti. Il caso risolto Il ticket restaurant è considerabile un fringe benefit? Il valore del ticket restaurant eccedente euro 5,29 può rientrare nella soglia di euro 258,23? In sostanza, il ticket restaurant è considerabile un fringe benefit? Sotto tale aspetto la risposta dell’Agenzia delle Entrate sembra in linea con una lettura sistematica dell’art. 51 (comma 2, lett. c) e non comma 3 e comma 4) e nel rispetto di precedenti interpretazioni secondo le quali il ticket restaurant è considerabile secondo il valore cosiddetto nominale. A tale riguardo, difatti, la circ. min. n. 326/E/1997, par. 2.2.3. aveva precisato che: «Relativamente ai ticket restaurant (per i quali ai fini dell’esclusione si fa riferimento al valore nominale) va precisato che negli stessi deve essere individuabile un collegamento fra i tagliandi e il tipo di prestazione cui danno diritto; i tagliandi devono recare sul retro la precisazione che non possono essere cedibili, né cumulabili, né commerciabili e né convertibili in denaro; gli stessi, quindi, dovranno consentire soltanto l’espletamento della prestazione sostitutiva nei confronti dei dipendenti che ne hanno diritto, ed essere debitamente datati e sottoscritti». In tale senso il D.P.C.M. 18 novembre 2005, all’art. 5 ha precisato che i buoni pasto: «d. non sono cedibili, commercializzabili, cumulabili o convertibili in denaro; e. sono utilizzabili esclusivamente per l’intero valore facciale». Nella scienza economicafinan ziaria per valore nominale di un bene si intende il valore «teorico» (o «cartaceo») del medesimo bene, titolo o valuta; a tale tipologia di valore si contrappone il cosiddetto valore reale (o «di mercato») che risente dell’influenza della domanda e dell’offerta del bene e che nel diritto tributario, generalmente, è meglio identificato come «valore normale». Propria la natura nominale del predetto valore esclude il ticket restaurant dall’elenco dei cosiddetti fringe benefit. In sostanza, conclude la risoluzione, «L’importo del loro valore nominale che eccede il limite di euro 5,29 non può, pertanto, essere considerato assorbibile dalla franchigia di esenzione prevista dal comma 3 dell’art. 51 e, quindi, concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente». Sotto l’aspetto meramente certificativo, se ce ne fosse mai stato il dubbio, si evidenza pertanto che il ticket restaurant non può essere un valore da indicare nella seguente annotazione CUD: AH Valore delle erogazioni liberali in natura e dei compensi in natura comunque erogati (...) L’esposizione di tale valore è sempre obbligatoria indipendentemente dall’ammontare erogato. N. 7 luglio 2014 IL SOLE 24 ORE 49 REDDITI DI LAVORO DIPENDENTE IN BREVE Servizi di trasporto (art. 51, c. 2, lett. d, Tuir) La lett. d) del comma 2 dell’art. 51 Tuir dispone che non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente «le prestazioni di servizi di trasporto collettivo alla generalità o a categorie di dipendenti, anche se affidate a terzi ivi compresi gli esercenti servizi pubblici». Come indicato anche dalla circolare del Ministero delle finanze n. 326/E/1997 le condizioni di applicabilità della predetta disposizione sono: il servizio di trasporto deve essere rivolto alla generalità ovvero a categorie di dipendenti; il servizio collettivo può essere prestato direttamente dal datore di lavoro, ovvero attraverso l’utilizzo di mezzi di proprietà dell’azienda o da essa noleggiati; il servizio collettivo può essere fornito da terzi sulla base di apposita convenzione o accordo stipulato dal datore di lavoro; il dipendente deve essere estraneo al rapporto con il vettore in caso di convenzione e/o accordo (anche se non sembrerebbe escludibile una eventuale partecipazione al costo da parte del dipendente); il servizio collettivo può essere fornito anche da esercenti pubblici servizi. A tal fine la circolare del Ministero delle finanze n. 326/E/1997 precisa che: «tra i soggetti terzi che possono fornire la prestazione di trasporto sono compresi anche gli esercenti servizi pubblici allo scopo evidentemente di chiarire che il datore di lavoro può stipulare apposita convenzione anche con esercenti servizi pubblici, per esempio, con la società che gestisce il servizio pubblico urbano o extraurbano del luogo in cui si trova l’azienda oppure con il servizio taxi, rimanendo comunque fermo il principio che la prestazione, ai fini della non concorrenza al reddito di lavoro dipendente, deve essere resa in modo collettivo». Sotto l’aspetto prettamente oggettivo si deve ritenere che, alle condizioni sopra riportate, devono intendersi agevolabili gli spostamenti: 1. casalavoro (e viceversa); 2. centro di raccolta alla sede di lavoro (e viceversa); 3. sede di lavoromensa aziendale (e viceversa). La predetta disposizione non è invece applicabile: al rimborso chilometrico (ovvero del carburante) per l’utilizzo dell’auto del dipendente per il tragitto casalavoro ovvero dal centro di raccolta alla sede di lavoro (A.E., ris. n. 191/E/2000); alle indennità sostitutive del servizio di trasporto (Min. fin., circ. n. 326/E/1997); al rimborso al lavoratore di biglietti o di tessere di abbonamento per il trasporto (Min. fin., circ. n. 326/E/1997 e ris. n. 54/E/1999); alle agevolazioni sui prezzi dei biglietti di viaggio o di trasporto (a titolo di esempio tramite ticket di trasporto) offerte ai dipendenti, per se stessi e per i familiari, da parte di imprese esercenti pubblici servizi di trasporto o di viaggio (Min. fin., circ. n. 326/E/1997 e A.E., ris. n. 126/E/2007); al rimborso delle spese relative al servizio di taxi sostenute per recarsi alla propria abitazione (Min. fin., circ. n. 101/E). IN BREVE Compensi reversibili (art. 51, c. 2, lett. e, Tuir) I compensi reversibili di cui alle lett. b) ed f) del comma 1 dell’art. 50 Tuir non devono essere compresi nelle somme da assoggettare a tassazione. A tale riguardo è bene evidenziare che: la lett. b) qualifica reddito assimilato a quello di lavoro dipendente le indennità e i compensi percepiti a carico di terzi dai prestatori di lavoro dipendente per incarichi svolti in relazione a tale qualità e precisa espressamente che sono esclusi quelli che per clausola contrattuale devono essere riversati al datore di lavoro e quelli che per legge devono essere riversati allo Stato; la lett. f) qualifica redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente le indennità, i gettoni di presenza e gli altri compensi corrisposti dallo Stato, dalle Regioni, dalle Province e dai Comuni per l’esercizio di pubbliche funzioni ed esclude espressamente quelli che per legge devono essere riversati allo Stato. Lo scopo della predetta esenzione è quella di non assoggettare a tassazione i predetti compensi reversibili sia in qualità di redditi di lavoro dipendente sia in qualità di redditi a essi assimilati «in quanto sono imputati direttamente al soggetto al quale, per legge o clausola contrattuale (per quelli della lett. b) o soltanto per legge (per quelli della lett. f), devono essere riversati. È appena il caso di precisare, pertanto, che detti compensi devono essere esclusi anche dall’applicazione della ritenuta a titolo di acconto» (Min. fin., circ. n. 326/E/1997). 50 IL SOLE 24 ORE N. 7 luglio 2014
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