Ideaitalia Notizie e comunicazioni dall’Alleanza Evangelica Italiana Anno XVIII • n. 2 • sett. 2014 Poste Italiane S.p.A. • Spedizione in abbonamento postale • D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2 • DCB Caserta Sì, sì e no, no Non càpita tutti i giorni che l’Evangelismo italiano faccia notizia all’estero e catalizzi l’attenzione internazionale, suscitando interesse e dibattiti. E non per uno scandalo o per qualche inutile quisquilia, ma per aver affermato l’esigenza della fede evangelica di dire “sì” all’Evangelo e “no” a tutto ciò che si oppone alla conoscenza di Dio. Il comunicato che è stato sottoscritto il 19 luglio 2014 da importanti sigle della famiglia evangelica italiana ha avuto questa duplice funzione: da un lato ribadire l’impegno evangelico a onorare, ubbidire, testimoniare e vivere tutto l’Evangelo. Un “sì” incondizionato all’Evangelo biblico. Dall’altro, dire con fermezza che nel Cattolicesimo romano contemporaneo permangono dei “no” strutturali all’Evangelo, che non possono essere sottaciuti in ragione della diplomazia ecumenica, ma vanno denunciati con profetica lucidità. Prendendo a prestito il linguaggio della 2 Corinzi 1, si può dire che il Cattolicesimo sia la religione del contestuale “sì” e “no” alla verità di Dio, della compresenza dell'affermazione e della negazione del messaggio biblico, della coabitazione dell'adesione e del rigetto della Parola di Dio. Il “sì” viene giustapposto al “no” così da produrre un effetto di elisione, di controbilanciamento o di reciproco annullamento. In che modo ciò si verifica? Per esempio, a Cristo viene detto “sì” ma anche “no” perché, nella visione cattolica, le prerogative della chiesa finiscono per usurpare ciò che spetta in modo esclusivo a Gesù Cristo in quanto Signore e Salvatore. Alla grazia viene detto “sì” ma anche “no” in quanto, per il Cattolicesimo, la natura ha in sé stessa le capacità per elevarsi, e il peccato non le ha inficiate del tutto. Alla fede viene detto “sì” ma anche “no” perché, secondo il Cattolicesimo, c'è la necessità di fruire della grazia di Dio attraverso l'impianto sacramentale della chiesa senza che la fede sia sufficiente. Alla Parola di Dio viene detto “sì” ma anche “no” in quanto alla Scrittura Cattolicesimo “ Nel si verifica, non tanto un rinnegamento della verità, quanto piuttosto un’aggiunta alla verità, che diventa di fatto un allontanamento da essa ” vengono affiancati la tradizione della chiesa cattolica e il magistero, che finiscono per primeggiare sulla Bibbia. Al culto reso a Dio viene detto “sì” ma anche “no” perché si incoraggia la venerazione di Maria e di un universo di altre figure che distolgono dal culto dell'unico e vero Dio. Ciò determina la coesistenza nel Cattolicesimo di motivi biblici e di motivi non biblici. Come disse il grande predicatore gallese del XX secolo, Martyn Lloyd-Jones, “nel Cattolicesimo si verifica, non tanto un rinnegamento della verità, quanto piuttosto un’aggiunta alla verità, che diventa di fatto un allontanamento da essa”. Il sistema così congegnato è in continua oscillazione, in continuo sviluppo, si fa forte della possibilità continua di fluttuazione tra questi due poli e di spostamenti di accenti. La fede evangelica è, invece, la fede del “sì” deciso, convinto, inequivocabile, esclusivo, chiaro, alla verità di Dio; è “l’amen alla gloria di Dio”, il riconoscimento, l’adesione, la conformazione a essa. In continuità con il messaggio biblico e con l'insegnamento della Riforma protestante, la fede evangelica proclama i famosi sola che affermano una verità, ma, allo stesso tempo, ne riconoscono l’esclusività: solo Cristo, sola Scrittura, sola grazia, sola fede, al solo Dio la gloria. La differenza tra fede evangelica e Cattolicesimo sta tutta qui. Il Cattolicesimo può essere pensato come una superba “sapienza carnale”, una maestosa cattedrale del pensiero umano, un grandioso e affascinante impianto ideologicoreligioso in continua espansione; la fede evangelica aspira invece a rimanere un semplice e sincero “amen” alla Parola di Dio. Papa Francesco può suscitare umana simpatia e finanche ammirazione. Ma resta al vertice di un’istituzione che ha teologizzato, anzi dogmatizzato, un sistema religioso strutturalmente fondato sul “sì” e sul “no” all’Evangelo. Fintantoché non ci sia una riforma nel senso biblico, che rompa questo sistema spurio, Sommario Dall'Italia 2Evangelici Italiani sul Cattolicesimo contemporaneo Scuse papali: per cosa e per chi? Inserto Appuntamenti istituzionali 3La Domenica della Memoria 4La Giornata Internazionale di Preghiera per la Chiesa Perseguitata (IDOP) 5La Settimana di Preghiera dell'Alleanza Evangelica Appuntamenti In vista della prossima Assemblea federale che si terrà il prossimo aprile 2015, a Roma, si ricorda a tutti i soci di rinnovare le proprie quote associative al c/c Banco Poste avente IBAN: IT 64 N 07601 03200 000046728002. la fede evangelica non potrà che dire e ridire le esigenze dell’Evangelo: sì alla verità di Dio, no all’arroganza umana. Come ha fatto il 19 luglio 2014. L.D.C. Ideaitalia 2 Dall'Italia Evangelici Italiani sul Cattolicesimo contemporaneo A seguito della tavola rotonda promossa da Alleanza Evangelica Italiana, Federazione delle Chiese Pentecostali, Assemblee di Dio in Italia, Chiesa Apostolica in Italia e Congregazioni Cristiane Pentecostali, e svoltasi il 19 luglio 2014 ad Aversa, presso la Facoltà Pentecostale di Scienze Religiose, sul tema “Il Cattolicesimo contemporaneo: una prospettiva evangelica”, le organizzazioni sopra citate, a seguito di aperture ecumeniche da parte di ambienti evangelici e pentecostali internazionali e nazionali nei confronti della Chiesa cattolica romana e del suo attuale pontefice, senza esprimere un giudizio sulla fede dei singoli fedeli, ritengono incompatibile con l’insegnamento della Scrittura una chiesa che si sente mediatrice di salvezza e che presenta altre figure come mediatrici di grazia, dal momento che la grazia di Dio viene a noi soltanto per mezzo della fede in Cristo Gesù senza le opere (Efesini 2:8) e senza l’intervento di altri mediatori (1 Timoteo 2:5). assunta la responsabilità di aggiungere dogmi (come quelli mariani) alla fede una volta e per sempre trasmessa ai santi (Giuda 3; Apocalisse 22:18). Infine, ritengono incompatibile con l’insegnamento della Scrittura una chiesa che ha il suo cuore in uno stato politico, retaggio di una chiesa “imperiale” da cui ha assunto titoli e prerogative. Le chiese cristiane devono infatti guardarsi dall’imitare i “principi delle nazioni” e seguire l’esempio di Gesù, che è venuto per servire e non per essere servito (Marco 10:42-45). Inoltre, ritengono incompatibile con l’insegnamento della Scrittura una chiesa che si è Pertanto, ritengono che le apparenti somiglianze con la fede e la spiritualità evangeliche di A proposito della richiesta di perdono di papa Bergoglio ai pentecostali mere i pentecostali non avesse riguardato anche i vertici. Quale che sia il nostro punto di osservazione, la questione imprescindibile per una valutazione è stabilire se scuse poste seriamente possono omettere oppure no le responsabilità dell’ufficio che si rappresenta, per stigmatizzare i soli comportamenti di altri - indicati come “i colpevoli” - e conseguentemente chiedere scusa per loro soltanto. Una richiesta di perdono secondo i dettami di Cristo partirebbe proprio dalle proprie responsabilità (Luca 6:42), per coinvolgere eventualmente altri solo in seguito, seppure appartenenti alla medesima famiglia religiosa. L’essenza di tutta la Scrittura ci spinge a un ampio e aperto atteggiamento di perdono, ma verso coloro che manifestano un serio ravvedimento per le proprie responsabilità. Ma come vedremo in questo caso le responsabilità sono ap- Scuse papali: per cosa e per chi? Sono passate già diverse settimane dall’incontro di Caserta del 28 luglio 2014 che è stato presentato all’attenzione dell’opinione pubblica come un’occasione di storica riconciliazione. Infatti i media nazionali e internazionali hanno dato particolare risalto alle “scuse” che il papa ha pronunciato nei confronti dei pentecostali. A tal proposito il passaggio interessante del discorso di Caserta è quello in cui, riferendosi indirettamente alla circolare Buffarini Guidi, il pontefice romano afferma che “alcuni di quelli che hanno fatto questa legge e alcuni di quelli che hanno perseguitato, denunciato i fratelli pentecostali perché erano ‘entusiasti’, quasi ‘pazzi’, che rovinavano la razza, alcuni erano cattolici”. Subito dopo ha aggiunto: “Io sono il pastore dei cattolici: io vi chiedo perdono per questo! Io vi chiedo perdono per quei fratelli e sorelle cattolici che non hanno capito e che sono stati tentati dal diavolo e hanno fatto la stessa cosa dei fratelli di Giuseppe”. In sostanza, quindi, papa Bergoglio chiede scusa per i cattolici che hanno promulgato quella “legge” (intendendo la circolare dell’aprile 1935) e per quei singoli cattolici che hanno perseguitato o denunciato i pentecostali perché non hanno capito e sono stati tentati dal diavolo. Il papa ha taciuto sulle responsabilità dirette del Vaticano del tempo. Come se il peccato di “alcuni” cattolici non avesse sfiorato le gerarchie della Chiesa di Roma e come se la “tentazione del diavolo” nel voler repri- settembre ’14 settori del Cattolicesimo non siano di per sé motivi di speranza di un vero cambiamento. Considerato che permangono tuttora differenze teologiche ed etiche inconciliabili e assolutamente divergenti, non ritengono di poter dare inizio e corso ad alcuna iniziativa o apertura ecumenica nei confronti della Chiesa cattolica romana invitando tutti gli evangelici a livello nazionale e internazionale a esercitare un sano discernimento biblico (1 Giovanni 4:1), senza cedere ad ansie unioniste contrarie alla Scrittura, ma anzi rinnovando l’impegno a portare l’Evangelo di Gesù Cristo in tutto il mondo (Matteo 28:18-20). Aversa (CE), 19 luglio 2014 paltate all’esterno! È vero: José Bergoglio nacque solo un anno dopo la circolare e fu partorito - come direbbe lui - “quasi alla fine del mondo” rispetto alla Roma del fascismo. Egli dunque non ha responsabilità personali sui fatti in questione. Certo che no! Ma l’ufficio che ha assunto, per come è congegnato, per quello che rappresenta, per la continuità che rivendica attraverso l'idea della successione apostolica, assolutamente sì. Qualcuno obietterà: “Ma chi ci dice che ci siano state precise responsabilità della Chiesa cattolica sulle persecuzioni degli anni ’30 e ’40?”. Brevemente, quindi, credo sia utile per la nostra piena comprensione rammentare alcuni fatti storici che aiutano a fare piena luce sulla vicenda. Faremo riferimento solo a quattro accadimenti accertati, tralasciando gli elementi di ordine indiziario. (continua a pagina 12) Domenica della Memoria Inserto a cura dell’IFED 26 ottobre 2014 Il 31 ottobre 1517 Lutero affisse le 95 tesi a Wittenberg. Questa data ha un forte valore simbolico, perché ritenuta, se non proprio l’inizio della Riforma protestante, almeno un suo passaggio fondamentale. Sta di fatto che, dopo l’affissione delle 95 tesi, la Riforma assunse un profilo pubblico e di popolo. La Domenica della Memoria (in molti Paesi chiamata “Domenica della Riforma”) è dunque un’occasione per ricordare la riscoperta dell’Evangelo imperniata sul riconoscimento dell’autorità della Scrittura, la centralità di Gesù Cristo, la gratuità della salvezza, l’esigenza che tutta la vita sia vissuta per la gloria di Dio. Oltre a sentirsi erede spirituale della Riforma protestante, l’Alleanza Evangelica è consapevole del fatto che l’identità evangelica possa e debba collegarsi a tutte le epoche della storia del popolo di Dio che hanno contribuito alla testimonianza fedele all’Evangelo, partendo dall’età dei Padri della chiesa sino ai Risvegli dell’età moderna e contemporanea. Domenica 26 ottobre 2014, la Domenica della Memoria sarà incentrata sul ricordo di George Whitefield (1714-1770) e sul Patto di Losanna (1974). George Whitefield (1714-1770) Nel 1964, in occasione del 250° anniversario della nascita di George Whitefield, Martin Lloyd-Jones lo definì “il più grande predicatore inglese mai esistito e, allo stesso tempo – paradossalmente – quello più negletto”. Per gli evangelici italiani, però, permane una generalizzata ignoranza, non solo nei riguardi di una figura che ha letteralmente segnato una delle epoche più gloriose dell’Evangelicalismo “risvegliato”, ma anche verso un uomo di grande caratura spirituale che, ancora oggi, avreb- mente devoti o religiosi. Quindi, benché la madre si fosse scrupolosamente occupata della sua istruzione, George da ragazzo non ricevette dalla famiglia una precoce formazione spirituale né un sano modello cui fare riferimento. Suo padre morì quando egli aveva solo due anni e la sua infanzia fu contrassegnata da una condotta da discolo, ribelle e dall’assenza del timore di Dio. Ciononostante, George mostrò di avere un carattere sensibile e, pur non essendo ancora convertito, fin da piccolo vagheggiava di divenire un ministro della Chiesa anglicana. La sua formazione si volse dunque in questo senso. Giunto a Oxford nel 1732, l’anno dopo cominciò a frequentare le riunioni di un gruppo di studenti cui era stato affibbiato il nome di “The Holy Club” (Il club dei santi), perché i partecipanti erano tacciati di essere bigotti e legalisti. A causa della severa disciplina spirituale alla quale erano dediti e al rigido metodo cui si attenevano per regolare il proprio servizio, furono chiamati anche “metodisti”. Fu lì che Whitefield conobbe i fratelli John e Charles Wesley, con cui stabilì un’amicizia che, seppure tra alterne vicende, sarebbe durata tutta la vita. Sempre in quel periodo, all’età di 19 anni, George ebbe un’intensa crisi spirituale in cui, alla profonda convinzione di peccato, seguì la consapevolezza che, per essere salvati, sia necessario sperimentare la rigenerazione (la “nuova nascita”), che introduce l’anima del credente all’unione con Cri- be moltissimo da insegnare a gran parte di noi. George Whitefield era l’ultimo dei sette figli di Thomas ed Elizabeth, proprietari e gestori della Bell Inn, una locanda di Gloucester (G.B.), che costituiva la fonte del loro reddito. Sebbene fossero membri della chiesa d’Inghilterra e avessero battezzato anche il loro ultimogenito nella locale cappella – la stessa dove, ventunenne, George avrebbe predicato il suo primo sermone – non erano particolar- 3 sto e a una comunione intimamente provata e consapevolmente goduta. Whitefield predicherà molto spesso della realtà e della potenza del “peccato originale”, della necessità della nuova nascita, della giustificazione mediante la sola fede. Sottolineerà quanto sia necessario che un autentico predicatore parli di un felt Christ, ovvero abbia l’esperienza del Salvatore, non solo come “realtà oggettiva”, ma come una persona la cui presenza sia avvertita e goduta da parte di chi Lo annuncia. Questi insegnamenti, su cui insisteva con grande serietà e diligenza, gli procurarono purtroppo l’inimicizia di molti ministri anglicani, che gli chiusero le porte delle loro parrocchie. Anche per questa ragione, ma soprattutto per suggerimento ed emulazione di Howell Harris, uno straordinario predicatore gallese con cui George intrattenne una copiosa corrispondenza, Whitefield cominciò a predicare all’aperto e non smise più di farlo, fino al giorno della propria morte, che lo colse all’eta di 55 anni, il 30 settembre 1770. Nel corso del suo ministero, Whitefield, oltre a vere e proprie persecuzioni fisiche, dovette sostenere molti attacchi personali. A parte coloro che lo criticavano per la sua convinta ed esplicita predicazione della grazia sovrana di Dio (celebre, al riguardo, la sua controversia con John Wesley), vi erano quelli che sospettavano un suo interesse personale nell’attività di evangelizzazione, poiché, alla fine delle INSERTO Domenica della Memoria 2014 INSERTO sue predicazioni, venivano raccolte delle collette che confluivano in un fondo per la costruzione di un orfanotrofio in Georgia e in favore di altre “opere di misericordia”. Altre critiche vennero suscitate dalla pubblicazione di un suo diario da parte di persone che lo consideravano un fanatico e un orgoglioso. Altri ancora pare non gradissero lo stile delle sue predicazioni, perché lo consideravano eccessivamente teatrale e “affettatamente drammatico”. Eppure, benché rattristato da queste e altre prove, Whitefield perseverò indefessamente e con grande successo nella sua attività di evangelista e predicatore itinerante; mostrò pure di essere dotato di una straordinaria abilità ed eloquenza e di una grande efficacia. I suoi contemporanei, appartenenti alla chiesa e no, non poterono che riconoscerne le doti e, soprattutto, una forza straordinaria nella predicazione del Vangelo di Cristo. La celebre tesi di Martin Lloyd-Jones, secondo cui il messaggio sta alla predicazione come il contenuto [ciò che si dice] sta allo stile dell’esposizione [come lo si dice], è particolarmente evidente nella predicazione di Whitefield che, a volte, poteva essere un po’ difettosa nel contenuto, ma era pur sempre eccezionale e straordinariamente efficace per il modo in cui veniva porta. Si consideri che, mediamente, Whitefield predicava 10 sermoni a settimana, e non è raro trovare nel suo diario l’annotazione di quattro o cinque occasioni di predicazioni in luoghi diversi nello stesso giorno. Pare che, nei 34 anni di servizio attivo, egli abbia predicato circa 18.000 sermoni (e chi ha fatto questi calcoli, assicura che la cifra è approssimata per difetto)! Altro tratto caratteristico di George Whitefield fu la trasversalità intraevangelica del suo servizio. In un’epoca caratterizzata da un numero assai limitato di denominazioni evangeliche, ma anche da animose polemiche e fiere controversie, la personalità irenica e la semplice e fervente predicazione evangelica di Whitefield giovarono a tutti e conquistarono il cuore di pastori e credenti di ogni denominazione. Luterani, episcopali, riformati, congregazionalisti, battisti, e perfino Moravi e Quaccheri gli furono amici e collaborarono con lui, rallegrandosi quando a migliaia (e, spesso, a decine di migliaia!) accorrevano ad ascoltarlo, e raccogliendone i frutti. Infine, sarà bene ricordare (con buona pace dei suoi delatori) che, anche se non privo di criticità e di debolezze, il suo ministero fu contraddistinto dall’umiltà. A un suo amico che gli chiedeva quale frase volesse come epitaffio, rispose: “Scrivete così: «Qui giace G.W. Che genere di uomo sia stato, lo si saprà nel giorno del giudizio»”. E a un altro, che lo esortava a fondare una denominazione, come aveva fatto il suo amico John Wesley, rifiutandosi, Whitefield rispose: “Lasciate che il nome di Whitefield perisca e che il solo nome di Cristo sia glorificato”. Giustamente, J.C. Ryle scrive a tal proposito: “Whitefield non fondò alcuna nuova denominazione la cui fede fosse fondata sui suoi scritti o coltivasse attentamente solamente la memoria dei Patto di Losanna (1974) Ci sono eventi che, nel tempo, si caricano di uno spessore simbolico maggiore del loro mero dato storico. Per la Chiesa cattolica, ad esempio, il Concilio Vaticano II (1962-1965) è il riferimento in assoluto più importante del XX secolo, e non solo. Per il movimento ecumenico, la costituzione del Consiglio Ecumenico delle Chiese ad Amsterdam (1948) è un passaggio miliare nell’istituzionalizzazione dell’ideale conciliare. Per il mondo evangelico, il Congresso di Losanna per l’evangelizzazione del mondo (1974) e il Patto di Losanna, venuto fuori da quell’assise, sono come stelle polari nel firmamento evangelicale. Questa galassia di chiese, agenzie missionarie, opere diaconali, ecc., che risponde al nome di Evangelicalismo, pur essendo fortemente convergente sulla sostanza della visione teologica, a causa della sua stessa conformazione movimentista e na unitaria nel popolo evangelicale. Da un lato, l’Alleanza Evangelica (nata nel 1846) è un’istituzione “leggera” che è diventata un riferimento spirituale di importanti settori dell’Evangelicalismo. Dall’altro, Losanna è un richiamo alla visione evangelica comune: una visione fortemente ancorata all’eredità biblica della Riforma protestante (autorità della Scrittura, unicità di Cristo), alle enfasi dei Risvegli evangelici (necessità della conversione e opera dello Spirito Santo), posta di fronte alle sfide della contemporaneità (pluralismo, globalizzazione, ingiustizia sistemica), in una combinazione missionaria e collaborativa. Nel linguaggio evangelico, Losanna evoca un congresso per l’evangelizzazione (1974) che ha dato una svolta nella vita dell’Evangelismo contemporaneo. Evoca anche un movimento che si è sviluppato ed è proseguito in numerosi convegni, documenti e in due (continua a pagina 11) trasversale, non possiede molti riferimenti simbolici comuni nel proprio immaginario. Così, l’idea che spesso se ne ricava all’esterno è quella di un coacervo molto frastagliato e frammentato di chiese, gruppi, individualità, tutti procedenti in ordine prevalentemente sparso. La medesima percezione è molto spesso interiorizzata dagli stessi evangelicali, che non riescono ad aprire la propria visuale alla realtà storica e globale della Chiesa, e coltivano un’identità micro-tribale più che nutrita dall’appartenenza al popolo di Dio. Questa rappresentazione delle cose è però solo in parte rispondente alla realtà. È vero che l’Evangelicalismo, per certi versi, è sfuggente e fluido. Tuttavia, oltre all’unità sostanziale nell’Evangelo, vi sono per lo meno due poli aggreganti che hanno storicamente provato a intessere una filigra- 4 suoi atti migliori e dei suoi pregi. Oggi ci sono luterani e wesleyani, ma non ci sono whitefieldiani”. Il più grande evangelista del XVIII secolo era una persona semplice, estremamente sincera, che viveva con il solo scopo di predicare il Cristo crocifisso. Sicuramente, a 300 anni dalla sua nascita, il suo esempio potrebbe essere ottimo sotto molti aspetti, ma in special modo lo è come rimedio al culto della personalità, così diffuso nella nostra epoca! Per approfondire G. Whitefield, Una raccolta di sermoni predicati da George Whitefield, Caltanissetta, Alfa & Omega 1997; J.H. Armstrong, Cinque grandi evangelisti, Aversa (CE), EPA Media 2004; “Metodismo calvinista” in Dizionario di Teologia Evangelica, a cura di P. Bolognesi, L. De Chirico, A. Ferrari, Marchirolo (VA), EUN 2007, pp. 442-443. Come usare il materiale di questo inserto Il seguente è un modo in cui può essere organizzato l'incontro o il culto della Domenica della Memoria. Si tratta evidentemente di un suggerimento che può essere utilizzato con una certa elasticità. Benvenuto. Si rievoca il senso dell'incontro, che mira a sottolineare il valore della fedeltà di Dio nel tempo. Canto Lettura biblica Preghiera Rievocazione storica di George Whitefield e del congresso di Losanna Canto Alla presentazione storica può seguire una riflessione biblica sulla fedeltà di Dio nella storia Preghiera Inno di consacrazione Benedizione - Domenica 9 o 16 novembre Nella prima metà di novembre, l’Alleanza Evangelica sponsorizza la Giornata internazionale di preghiera per la chiesa perseguitata (International Day of Prayer for the Persecuted Church: www.idop.org). Una parte consistente della famiglia evangelicale si trova a fronteggiare situazioni di privazione della libertà religiosa in zone diverse del mondo. La persecuzione, nelle sue molteplici forme, è la realtà entro la quale molti cristiani devono sopravvivere e avanzare. La Giornata di Preghiera per la Chiesa Perseguitata è promossa in collaborazione con agenzie evangeliche che si occupano in modo specifico di sostenere la chiesa perseguitata (per esempio, Porte Aperte). Insieme alla preghiera per bisogni specifici, sono incoraggiate azioni di appoggio alla causa della libertà religiosa tramite l’invio di petizioni e appelli alle autorità che la negano. La Giornata di Preghiera viene organizzata in numerose città all’interno di una cornice di collaborazione tra le chiese locali. La World Watch List La World Watch List elenca 50 Paesi secondo l’intensità della persecuzione che i cristiani affrontano per il solo fatto di confessare e praticare attivamente la propria fede. La “lista” è compilata da analisti di Porte Aperte, specialisti della persecuzione, ricercatori ed esperti sul campo operativo e indipendenti, all’interno dei vari Paesi. I livelli assegnati sono basati su vari aspetti della libertà religiosa; nella fattispecie, viene identifica- • La Corea del Nord è al 1° posto per il 12° anno consecutivo. Si stima che tra 50.000 e 70.000 cristiani soffrano negli orribili campi di prigionia nord-coreani. Coloro che sono trovati in possesso di una Bibbia affrontano lunghe detenzioni o addirittura la morte. • Nella Top 10 della Lista, oltre alla Corea del Nord, troviamo la Somalia, la Siria, l'Iraq, l'Afghanistan, l'Arabia Saudita, le Maldive, il Pakistan, l'Iran e lo Yemen: 9 di queste 10 nazioni sono a maggioranza islamica. L’estremismo islamico è il motore della persecuzione in 36 dei 50 stati della WWList. Tutto ciò riflette un’intensificazione del trend, che negli ultimi 15 anni ha reso l’estremismo islamico la fonte principale di persecuzione dei cristiani. • Per la prima volta la Siria (dall’11° al 3° posto) e il Pakistan (dalla 14° all’8°) entrano nella Top 10. La terribile guerra civile in atto in Siria è un’ovvia ragione di questa scalata. Il Pakistan, invece, diventa sempre di più per i cristiani un posto dove è difficile vivere. Gli islamici più radicali hanno ampio margine di manovra e spesso commettono crimini e discriminazioni contro i cristiani, rimanendo impuniti; il governo non sembra in grado di garantire la sicurezza della minoranza cristiana. to principalmente il grado di libertà dei cristiani nel vivere apertamente la propria fede in 5 aree della vita quotidiana: il privato, la famiglia, la comunità in cui risiedono, la chiesa che frequentano e la vita pubblica del Paese in cui vivono, cui si aggiunge una sesta area, che serve a misurare l’e- ventuale grado di violenze subite. Vi proponiamo una sintesi dei cambiamenti avvenuti nella WWList 2014 rispetto a quella dell’anno precedente, ricordandovi che il periodo coperto dalla WWList va dal 1° Novembre 2012 al 31 Ottobre 2013. • La Colombia fa un enorme salto nella WWList: dal 46° al 25° posto, dimostrando come sia possibile in una nazione cristiana parlare in molte aree di persecuzione dei cristiani. • Per la prima volta una nazione sub-sahariana, la Somalia, raggiunge la seconda posizione. Sempre in Africa, il Sudan è all’11°. I paesi africani assumono un ruolo determinante nella WWList. La Repubblica Centrafricana è la nuova new entry, direttamente al 16° posto: violenze orribili sono state dirette contro i cristiani dai ribelli Seleka nel periodo preso in esame. • I paesi con il più elevato numero di violenze contro i cristiani (assassinî, rapimenti, stupri, distruzioni di chiese) sono: la Repubblica Centrafricana, la Siria, il Pakistan, l'Egitto, l'Iraq, il Myanmar, la Nigeria, la Colombia, l'Eritrea e il Sudan. • La violenza contro i cristiani è stata più visibile nei cosiddetti Paesi “in crisi” o in via di dissoluzione. Basti pensare a stati come la Somalia, la Siria, l'Iraq, l'Afghanistan, il Pakistan, lo Yemen e la Repubblica Centrafricana, per capire di che cosa si tratta, senza dimenticare la Libia e la Nigeria. • In ben 34 nazioni la persecuzione è aumentata rispetto all’anno precedente (64%). In 5 nazioni la persecuzione è diminuita, ossia la situazione per i cristiani è migliorata (10%). Nel resto delle nazioni la situazione è rimasta più o meno la stessa (26%). 5 • Le nazioni uscite dai primi 50 Stati dove esiste la persecuzione, e quindi dalla WWList 2014, sono l’Azerbaigian (al 38° posto l’anno scorso), il Kirghizistan (49°) e l’Uganda (47°), che rimangono “sorvegliati speciali”. Oltre alla Repubblica Centrafricana, entrano lo Sri Lanka, direttamente al 29° posto, e il Bangladesh, al 48°. Da www.porteaperteitalia.org (continua a pag. 11) INSERTO IDOP INSERTO Settimana di Preghiera dell'Alleanza Evangelica 2015 A partire dal 1861, l’Alleanza promuove la Settimana di Preghiera (SP) a metà del mese di gennaio. All’inizio fu qualcosa di rivoluzionario, perché i suoi ideatori erano convinti che, senza dover rinunciare alla propria specifica identità, fosse possibile a credenti di diverse chiese, uniti dalla stessa fede nel Gesù presentato nelle Scritture, fraternizzare attraverso la preghiera. Si trattava, non di pregare per ritrovare un’unità perduta, ma piuttosto di rallegrarsi perché si era uniti in Cristo, nonostante diversità secondarie. L’Alleanza non nacque sotto la spinta di sollecitazioni burocratiche o del bisogno di visibilità, o della possibilità di sentirsi più forti. Prese origine, invece, da un autentico fervore spirituale e dottrinale. Fin dal suo sorgere, l’Alleanza ha sostenuto la necessità del reciproco riconoscimento tra credenti sulla base di una comune piattaforma dottrinale. Essa non ha mai dato per acquisito il consenso né ha fatto conto che esso esista, ma ha piuttosto cercato di testimoniarlo1. In genere, ogni anno un’Alleanza Evangelica di un Paese diverso provvede a fornire i materiali per la preghiera. Sono incoraggiati incontri tra credenti di chiese diverse e momenti speciali di preghiera all’interno delle singole chiese. Il Padre nostro Introduzione alla Settimana di Preghiera 2015 Cari fratelli e sorelle in Cristo, rendiamo grazie a Dio che ci ispira ad adempiere il Suo comandamento di pregare, come mezzo per godere della Sua bontà paterna e delle Sue benedizioni. La preghiera è il comandamento di Dio al Suo popolo perché tutte le suppliche siano portate a Lui (2 Cr 7,14). Gesù ha seguito Lui stesso e insegnato la pratica della preghiera (Mc 6,46, Lc 6,12; Lc 11,1). La preghiera è una delle pratiche cui la Chiesa primitiva si dedicò con fervore (At 2,42). Per vivere e agire secondo la volontà di Dio, dobbiamo comunicare con il nostro Padre celeste. Gli eventi degli ultimi tempi ci spingono a mettere in pratica questo insegnamento, come il Signore stesso ha detto: “Vegliate dunque, pregando in ogni momento, affinché siate in grado di scampare a tutte queste cose che stanno per venire, e di comparire davanti al Figlio dell’uomo” (Lc 21,36). Il Padre nostro è un esempio di preghiera ‘a tutto tondo’, perché abbraccia tutti i nostri desideri, e noi siamo lieti di usarlo come ispirazione per questi giorni di preghiera. Giovanni Calvino, uno dei Riformatori, ha descritto la preghiera come il mezzo primario di fede grazie a cui un cristiano riceve quotidianamente la benedizione di Dio. Con la preghiera noi cerchiamo la grazia di Dio per tutta l’umanità (1 Ts 5,17; Col 1,9; Gc 4,2; Gc 5,16) e il Suo intervento nelle circostanze che affliggono la nostra vita, la nostra famiglia, la nostra nazione, il nostro mondo. Questo grido proveniente dal cuore di Dio e trasmesso da Ezechiele, vale oggi più che mai: “Io ho cercato fra loro qualcuno che riparasse il muro e stesse sulla breccia davanti a me in favore del paese, perché io non lo distruggessi; ma non l’ho trovato” (Ez 22,30). La Chiesa e il mondo hanno bisogno di persone come Abraamo, Mosè, Daniele, Neemia ecc., che si mettano davanti a Dio per supplicarLo in favore del popolo. Impegnandoci in questa Settimana di Preghiera, noi ci offriamo a Dio come guardiani, per cercare il bene dell’intera umanità, nella nostra città, nei vari continenti e in tutto il mondo. Che l’unico vero Dio (Gv 17,3), l’onnipotente Signore, porga orecchio e guardi con favore a tutto ciò che diciamo e facciamo in questi momenti in cui cerchiamo la Sua presenza e il Suo intervento! Past. Samuel Yameogo Presidente dell’African Evangelical Alliance Temi per la giornata - Avere uno spirito diverso Testi biblici 1o giorno Padre nostro che sei nei cieli... Giovanni 17,1-26, 1 Giovanni 3,1-24 2 giorno Sia santificato il tuo nome... Salmo 8,1-1, Salmo 19,1-14 3 giorno Venga il tuo regno... Geremia 33,14-26, Matteo 22,1-14 4 giorno Sia fatta la tua volontà, come in cielo, anche in terra... Matteo 26,36-46 5o giorno Dacci oggi il nostro pane quotidiano... Deuteronomio 8,6-1, Matteo 6,25-34 6 giorno Rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori... Matteo 18,21-35, Luca 15,11-32 7 giorno Non ci esporre alla tentazione... Genesi 39,1-23, Matteo 4,1-10 8o giorno Ma liberaci dal maligno! 1 Timoteo 6,1-21 o o o o o I passi citati sono tratti dalla Bibbia versione Nuova Riveduta 1 La «Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani», patrocinata dal CEC e dalla Chiesa cattolica romana, è nata molto più tardi (1958) per iniziativa del «Centro ecumenico per l’unità cristiana» di Lione. Le due iniziative hanno visioni dell’unità cristiana profondamente diverse e non devono essere confuse. La Settimana dell’Alleanza Evangelica si basa sull’unità tra i nati di nuovi, quella ecumenica sull’unità tra i battezzati delle chiese. 6 Settimana di Preghiera dell'Alleanza Evangelica – 11-18 gennaio 2015 do le Scritture, Dio è anche il Padre dei non credenti, ma solamente nel senso che Egli è loro creatore. Spiritualmente, i non credenti hanno un padre diverso, e Gesù Cristo disse chiaramente che tale padre è il diavolo (Gv 8,44). Chiamare Dio ‘Padre nostro’ significa dunque affermare che accettiamo la Sua autorità assoluta sulla nostra vita. Di conseguenza, Gli dobbiamo obbedienza assoluta, onore e timore (Mal 1,6). Pertanto, quando preghiamo, Gesù Cristo ci insegna a riconoscere che Dio è nostro Padre. Egli è il Creatore sovrano della nostra vita. Egli è esaltato e il Suo nome è al di sopra di ogni altro nome. Egli è degno della nostra adorazione, del nostro rispetto, del nostro amore e della nostra fiducia. ‘Padre nostro’, infine, significa anche che, oltre al nostro rapporto verso il cielo, dobbiamo tener conto delle nostre relazioni terrene. Siamo tutti figli appartenenti allo stesso Padre, anche se siamo diversi per colore, sesso, stato sociale, ecc. “Padre Nostro che sei nei cieli...” (Mt 6,9 b) Letture bibliche: Gv 7,1-26; 1 Gv 3,1-24 Con queste brevi parole di apertura Gesù ci insegna che la nostra preghiera dev’essere focalizzata su Dio e cominciare sempre dal riconoscimento che Egli è il ‘Padre nostro’ che è nei cieli. Il termine ‘padre’ è espresso anche come ‘abbà’ nella Parola (Mc 14,36, Rm 8,15, Gal 4,6), cioè ‘papà’ nel linguaggio comune. Nel contesto africano, i bambini non sono autorizzati a chiamare il loro papà con il nome proprio. Propendono per chiamarlo ‘papà’, che è l’equivalente di ‘padre’ e che sta a indicare l’esistenza di un rapporto profondo e unico tra di loro. Dalla nostra esperienza in Africa, rivolgersi a Dio come ‘Padre’ o ‘Papà’ significa che, fin da subito, affermiamo la nostra fiducia in Lui, la quale, in quanto figli Suoi, è un nostro diritto. Alcuni padri terreni trascurano, respingono, o addirittura dimenticano i propri figli – non è questo il caso del nostro Padre celeste. Anche se è in cielo, Egli è sempre presente e disponibile per noi Suoi figli. Si occupa di ogni dettaglio della nostra vita. Conosce molto bene i nostri bisogni quotidiani e se ne prende cura. Rivolgersi a Dio come ‘Padre nostro’ significa anche riconoscerLo come sorgente fisica e spirituale della nostra vita. Egli è il nostro Creatore (Gn 1,26-27; Mal 2,10); ma anche, e soprattutto, noi siamo Suoi figli (Gv 1,12-13): è per mezzo della fede in Cristo Gesù che diventiamo Suoi figli e figlie. Ed è questo che ci dà il coraggio e l’audacia, non soltanto di avvicinarci a Lui come figli diletti, ma anche di vivere la nostra vita in maniera piena e con un senso di fiducia. Secon- Versetto del giorno: Infatti tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito di servitù per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito di adozione, mediante il quale gridiamo: «Abbà! Padre!» Lo Spirito stesso attesta insieme con il nostro spirito che siamo figli di Dio. Se siamo figli, siamo anche eredi; eredi di Dio e coeredi di Cristo ... (Rm 8,14-17) Spunti per la preghiera: •Prega che la tua conoscenza di Dio come Padre possa fare la differenza nella tua vita. Lunedì 12 gennaio 2015 ogni parte della nostra vita, pubblica o privata, e di chiedere la Sua grazia per riuscire a glorificarLo in tutti i modi. A questo punto, per onestà dovremmo esaminare le nostre motivazioni nella vita e chiederci perché facciamo quello che facciamo. È nostro crescente desiderio dare a Lui la gloria in ogni cosa, senza eccezioni? In caso contrario, vorrebbe dire che il nome del Padre nostro non è santificato, ma è disonorato. Questa era, fra l’altro, la preoccupazione di Daniele. Egli confessò i peccati di tutto il popolo e implorò Dio di perdonare e di ristabilire, in quanto l’onore del Suo nome era a rischio (Dan 9,17-19). In pratica, ‘santificare’ il nome di Dio significa dare testimonianza di ciò che Egli ha fatto, e glorificarLo, in segno di profonda gratitudine e sincero apprezzamento (Sal 34:1-3). Ciò significa attribuire a Dio quello che Egli merita, sia direttamente (esprimendoGli le nostre lodi e adorandoLo) sia indirettamente (annunciando ad altri ciò che Egli ha fatto per noi). Ma si può santificare il nome di Dio anche con un cammino fatto secondo la Sua volontà. Per noi credenti, vivere disubbidendo a Dio significa usare invano il Suo nome e pretendere di chiamare ‘Signore’ qualcuno che non stiamo seguendo come degno di tale nome (Mt 7,21). Infine, santificare il nome di Dio significa attirare altre persone a Lui, impegnandoci a vivere in modo che la ‘[nostra] luce’ risplenda davanti agli altri, perché ‘vedano le [nostre] opere buone e glorifichino il Padre [nostro] che è nei cieli’ (Mt 5,16). “Sia santificato il tuo nome..” (Mt 6,9b) Letture bibliche: Sal 8,1-10; Sal 19,1-14 Quando preghiamo, Gesù ci insegna a glorificare Dio. Egli solo, in tutto l’universo, è degno di essere glorificato. Dio deve avere la priorità in ogni aspetto della nostra vita, e sicuramente durante i nostri momenti di profonda comunione con Lui. Come ha osservato un teologo contemporaneo, ‘la preghiera non dev’essere un’abitudine che offre un riconoscimento casuale di Dio, ma dovrebbe aprire la strada a vaste dimensioni di riverenza, ammirazione, apprezzamento, onore e adorazione’. Il Padre ha creato il mondo proprio a questo scopo. Allo stesso modo, l’intero piano di salvezza è progettato per essere a lode della Sua gloria (Rm 11,33-36; Ef 1,4-6). Se la gloria viene data a qualche altra persona o cosa, ciò rovina quello che è dovuto a Dio solo. Santificare il nome di Dio significa ‘distinguerlo come santo e speciale’. Ricordiamo che in tutto l’Antico Testamento il nome di Dio è infinitamente superiore ai Suoi titoli o appellativi. Il Suo nome rappresenta tutto ciò che Egli è: riflette il Suo carattere, il Suo piano, la Sua volontà, la Sua autorità. Prendiamo, ad esempio, l’esperienza di Mosè: “Il Signore discese nella nuvola, si fermò con lui e proclamò il nome del Signore. Il Signore passò davanti a lui, e gridò: «Il Signore! Il Signore! Il Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira, ricco in bontà e fedeltà, che conserva la sua bontà fino alla millesima generazione, che perdona l’iniquità, la trasgressione e il peccato ma non terrà il colpevole per innocente; che punisce l’iniquità dei padri sopra i figli e sopra i figli dei figli, fino alla terza e alla quarta generazione!” (Es 34,5-7). Le caratteristiche di Padre nei versetti 6-7 sono uguali al ‘nome del Signore’ del versetto 5. Il ‘nome’ di Dio può essere inteso come equivalente della Sua ‘reputazione’ (Sal 23,3; Is 48,9). Così, all’inizio di questa preghiera, Gesù Cristo ci insegna a lodare Dio per quello che Egli è. Tale lode dovrebbe esprimere la nostra convinzione che questo nostro Padre è diverso da tutti gli altri nella Sua eccellenza e santità, nel Suo amore e nella Sua grazia. Il che dà a noi, in quanto credenti, l’opportunità di esaminare Versetto del giorno: Io mi glorierò nel SIGNORE; gli umili l'udranno e si rallegreranno. Celebrate con me il SIGNORE, esaltiamo il suo nome tutti insieme. Ho cercato il SIGNORE, ed egli m'ha risposto; m'ha liberato da tutto ciò che m'incuteva terrore. (Sal 34,2-4) Spunti per la preghiera: •Preghiamo che il nome del ‘Padre nostro’ che è nei cieli sia santificato dovunque sulla terra. •Prega che il Suo nome sia santificato in particolare nella tua vita, così che tu sia uno strumento della Sua santità. 7 INSERTO Domenica 11 gennaio 2015 Settimana di Preghiera dell'Alleanza Evangelica – 11-18 gennaio 2015 INSERTO Martedì 13 gennaio 2015 zione nel mondo in cui viviamo, un mondo dominato dal regno di Satana, la cui caratteristica principale è l’opposizione al Regno di Dio e al Suo popolo. Pregare ‘Venga il Tuo Regno!’ significa pregare che la presenza del Signore Gesù Cristo si riveli nella vita di ognuno dei Suoi figli. Questo ha inizio alla conversione, quando essi diventano nuovi cittadini del Regno. La conversione richiede che vi sia un invito (Mt 22,1-14), seguito dal pentimento (Mc 1,14-15) e da una risposta affermativa (Mc 12,28-34). Al momento, questo Regno sulla terra esiste ‘interiormente’; in altre parole, si trova nel cuore e nei pensieri di tutti coloro che appartengono a Gesù Cristo, il Re. Dobbiamo pregare che il loro numero aumenti. Il Regno per il quale preghiamo oggi, e che stiamo già pregustando, è di immenso valore (Mt 13,44-46). L’uomo della parabola vendette tutto ciò che aveva per comprare la salvezza. Questo Regno spirituale, che inizialmente è stato annunciato ad Abraamo (Lc 8,11; 13,28), sarà completo solo quando il male sarà distrutto e Dio avrà stabilito un nuovo cielo e una nuova terra (Ap 21,1). Così, pregando ‘Venga il Tuo Regno!’, si fa anche un riferimento alla seconda venuta del Signore, come conferma l’apostolo Giovanni in Apocalisse 22,20: ‘Colui che attesta queste cose dice: «Sì, vengo presto». Amen! Vieni, Signore Gesù’. Soltanto allora le nostre preghiere saranno finalmente e completamente esaudite. “Venga il tuo regno...” (Mt 6,10a) Letture bibliche: Geremia 33,14-26; Mt 22,1-14 Nel corso delle prime due giornate della nostra Settimana di Preghiera, ci siamo concentrati sulla persona del ‘Padre nostro’ che è nei cieli. Nell’avvicinarci a Dio, Gesù ci insegna a riconoscere che Egli è il Padre ‘nostro’ e che dobbiamo ‘santificare’ il Suo nome con la nostra lode e adorazione ogni volta che preghiamo. Queste affermazioni sono seguite da ciò che il Padre vorrebbe che Gli dicessimo: ‘Venga il Tuo Regno!’. Pregando in questo modo, si prega per il Regno di Dio, un Regno di cui Lui e Lui solo è Signore e Re. Si tratta di un Regno che è sulla terra (Mt 6,10 a), ma non è di questo mondo con tutti i suoi sistemi. Gesù Cristo stesso lo ha affermato davanti a Pilato (Gv 18,36). Pregare ‘Venga il Tuo Regno!’ significa pregare affinché i piani del nostro Padre celeste si realizzino. Il Suo proposito è che Gesù Cristo venga a regnare come Re dei re e Signore dei signori. I Suoi piani dovrebbero essere la preoccupazione di tutta la nostra vita e delle nostre preghiere. Ma le nostre preghiere sono spesso egocentriche. Si concentrano sui nostri bisogni, sui nostri progetti, sulle nostre aspirazioni. Spesso non siamo molto diversi dai bambini, che non conoscono altro modo che i propri sentimenti e le proprie esigenze. Nella vita cristiana, è una vera sfida quella di lottare contro vecchie abitudini peccaminose che nascono dal nostro profondo egoismo. Perciò, quando preghiamo per noi stessi o per gli altri, preghiamo perché sia fatta la volontà di Dio. Qualcuno disse una volta che la preghiera non è preghiera se non menziona il Regno di Dio. Il Suo nome è glorificato quando il Suo Regno viene. E il Suo Regno viene quando Egli prende a regnare nel cuore di uomini e donne, e questo regno ha inizio quando essi sentono il Vangelo e ricevono personalmente Gesù Cristo come loro Salvatore e Signore. È per questo che possiamo dire che il Regno è presente nel cuore dei credenti (Lc 17,21). Dobbiamo però essere coscienti del fatto che il Regno di Dio e la vita cristiana affrontano l’opposi- Versetto del giorno: Perché il regno di Dio non consiste in vivanda né in bevanda, ma è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo. (Rm 14,17) Spunti per la preghiera: •Prega che il Regno di Dio sia stabilito oggi nel cuore e nella vita di coloro che non Lo conoscono ancora. •Preghiamo che il Suo Regno venga nei nostri cuori, secondo quanto Egli merita. •Preghiamo anche che un giorno Egli venga a rompere la tirannia del peccato e a ristabilire questo mondo. Mercoledì 14 gennaio 2015 comunità del ‘popolo del cielo’ sulla terra. Questo è ciò che possiamo descrivere come prova tangibile del lavoro dello Spirito Santo nel cuore delle persone. Quando preghiamo ‘sia fatta la tua volontà, come in cielo, anche in terra’, stiamo innanzi tutto pregando che la volontà del Padre nostro che è nei cieli possa diventare la nostra volontà. Non il contrario. Poi, preghiamo anche che la Sua volontà conquisti e si realizzi nel Suo mondo, così come in tutto il mondo a venire. Quando preghiamo, dobbiamo riconoscere che Dio sa ciò che è buono, e dobbiamo sempre sottomettere la nostra volontà alla Sua. La Parola di Dio ci ricorda che la volontà di Dio è buona, gradevole e perfetta (Rm 12,2). Quando preghiamo che sia fatta la volontà di Dio, dobbiamo però essere consapevoli che l’orgoglio è il grande nemico di questa volontà. L’orgoglio incitò Satana a ribellarsi contro Dio, e oggi l’orgoglio conduce i non credenti a rifiutare Dio e i credenti a disubbidirGli. Per accettare la volontà di Dio (sempre che siamo sinceri in questo tipo di preghiera), l’egocentrismo ovviamente deve sparire. Il che non è facile, umanamente parlando; tuttavia, è possibile, per grazia dello Spirito Santo. Il nostro Signore e Salvatore ci ha dato l’esempio quando, in una notte buia, pregò nel giardino del Getsemani. E questo, poco prima del Suo arresto! Per ben tre volte chiese che la volontà di Suo (e nostro) Padre fosse fatta nei cieli (Mt 26,39-44). “Sia fatta la tua volontà come in cielo, anche in terra... ” (Mt 6,10b) Letture bibliche: Mt 26,36-46 Finora, Gesù Cristo ci ha insegnato che il punto focale di ogni preghiera dovrebbe essere ‘il Tuo nome... il Tuo regno... la Tua volontà...’; il che ci fa capire cos’è che dovrebbe avere la priorità nella nostra vita di preghiera. Oggi, quando ci avvicineremo a nostro Padre in preghiera, cerchiamo di essere consapevoli del fatto che stiamo entrando alla presenza di un Padre che è sovrano. Eppure questa Sua sovranità solleva una serie di interrogativi. Ad esempio, come facciamo a collegare la sovranità di Dio alla preghiera: ‘Sia fatta la tua volontà, come in cielo, anche in terra’? O ancora: se il Padre nostro è sovrano, ciò significa che la Sua volontà venga comunque fatta inevitabilmente? Potrebbe la nostra volontà annullare quella del Padre nostro che è nei cieli, quando preghiamo con serietà e sincerità? Ecco uno dei paradossi della Bibbia. Dobbiamo ricordare che il nostro Padre nei cieli è sovrano, ma permette alle persone di agire secondo la propria volontà in determinate circostanze. Dio non è un Padre-dittatore. Il contesto africano è pieno di esempi di padri che impongono la propria volontà ai figli. Il fatto che Gesù Cristo ci insegni a pregare: ‘Sia fatta la tua volontà, come in cielo, anche in terra’, indica che la volontà di Dio, nostro Padre, non sempre è fatta sulla terra. La nostra preghiera a Dio dev’essere che ogni persona e ogni cosa sulla terra si pongano in allineamento con la Sua perfetta volontà. Pregare ‘sia fatta la tua volontà, come in cielo, anche in terra’ è una sorta di protesta contro le idee e i sistemi del nostro tempo, caratterizzato dal regno del diavolo. Si tratta di pregare affinché la volontà di Satana sia totalmente sconfitta. Si tratta anche di pregare perché ciò che sta a cuore al Padre sia prioritario anche nella nostra mente. E ciò può verificarsi solamente quando il Vangelo comincia a fare effetto nella vita delle persone. Infatti, seguirà il desiderio di fare la Sua volontà, e si arriverà quindi a essere una Versetto del giorno: Or sappiamo che tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio, i quali sono chiamati secondo il suo disegno. (Rm 8,28) Spunti per la preghiera: •Prega che Dio ti dia saggezza spirituale per imparare la Sua volontà (Sal 119,27, 33). •Prega di avere una propensione spirituale verso la Sua volontà (Sal 119,32; 36). •Prega perché la volontà di Dio vinca sempre là dove ci sono conflitti d’interesse. 8 Settimana di Preghiera dell'Alleanza Evangelica – 11-18 gennaio 2015 doni della vita, quando preghiamo, dovremmo riconoscere che tutto ciò che abbiamo viene da Dio e che dipendiamo da Lui per tutto ciò che ci necessita. Nella Sua generosità, Dio provvede ai bisogni dei Suoi figli, e lo ha fatto fin dall’inizio del mondo. Dopo aver benedetto Adamo ed Eva, Dio disse: ‘Ecco, io vi do ogni erba che fa seme sulla superficie di tutta la terra, e ogni albero fruttifero che fa seme; questo vi servirà di nutrimento’ (Gn 1,29). Ricordiamo, inoltre, che questa richiesta al Padre nostro per i nostri bisogni personali ci coinvolge anche nei bisogni degli altri. Cioè, quando preghiamo: ‘Dacci oggi il nostro pane quotidiano’, la nostra richiesta deve comprendere anche le necessità materiali, fisiche e spirituali dei nostri amici e, soprattutto, di tutti i bisognosi in tutto il mondo. ‘Dacci oggi il nostro pane quotidiano’ significa riconoscere che Dio è la nostra fonte di approvvigionamento. Dobbiamo sbarazzarci dell’idea che siamo noi a provvedere a tutti i nostri bisogni. Dobbiamo affidare i nostri bisogni al Padre nostro, che sa benissimo ciò di cui abbiamo bisogno e non mancherà di provvedercelo. Letture bibliche: Dt 8,6-18; Mt 6,25-34 Dopo esserci concentrati sulla persona di Dio, il ‘Padre nostro che [è] nei cieli’, e sull’adempimento della Sua volontà ‘come in cielo, anche in terra’, veniamo alla richiesta: ‘Dacci oggi il nostro pane quotidiano’. Durante il mio ministero con un’organizzazione missionaria in Africa, ho avuto occasione di visitare molte chiese in città europee, soprattutto in Germania. Era il 2000. Una domenica, dopo il culto, sono stato invitato a pranzo presso una famiglia. Seduti intorno al tavolo, abbiamo parlato delle nostre opinioni su vari argomenti. A un certo punto, ho fatto una domanda per sapere quale fosse il parere degli occidentali sulla frase di Gesù: ‘Dacci oggi il nostro pane quotidiano’. La risposta del mio ospite mi ha scioccato: ‘Questa preghiera non ha posto nella vita quotidiana degli occidentali di oggi. Perché chiedere a Dio ciò che già abbiamo in abbondanza? Penso che la richiesta avrebbe più senso in Africa e in altri Paesi in via di sviluppo, dove è difficile trovare un pasto al giorno. Penso che lei abbia già notato, durante il suo soggiorno qui, che ciò che le sto dicendo è vero’. E tuttavia, dopotutto, non è Dio la fonte di tutto quello che abbiamo (Dt 8,18)? Cosa significa ‘il nostro pane quotidiano’? Certo, rappresenta il pane di cui abbiamo bisogno per vivere. Potrebbe indicare il pane per oggi, ma anche il pane per il giorno a venire. Entrambe le possibilità sottolineano il fatto che, ogni giorno, dipendiamo dal nostro Padre celeste per soddisfare tutti i nostri bisogni fondamentali, siano essi materiali o spirituali. Naturalmente, ciò include le necessità quotidiane. Certo, possiamo desiderare molte altre cose, ma, se siamo onesti, i nostri bisogni reali sono pochi. Gesù Cristo ci insegna a concentrarci su ciò di cui abbiamo veramente bisogno, e ad affidarci poi a Dio, che nella Sua onniscienza conosce tutti i nostri bisogni prima ancora che Glieli sottoponiamo. A differenza di coloro che non sono figli di Dio e che danno per scontati i Versetto del giorno: Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto; perché chiunque chiede riceve; chi cerca trova, e sarà aperto a chi bussa. Qual è l'uomo tra di voi, il quale, se il figlio gli chiede un pane, gli dia una pietra? Oppure se gli chiede un pesce, gli dia un serpente? Se dunque voi, che siete malvagi, sapete dare buoni doni ai vostri figli, quanto più il Padre vostro, che è nei cieli, darà cose buone a quelli che gliele domandano! (Mt 7,7-11) Spunti per la preghiera: •Esprimi la tua gratitudine a Dio perché si prende cura delle tue necessità fisiche, e ringraziaLo perché continui a far sì che il Suo nome sia glorificato. •Prenditi del tempo per pregare per le necessità altrui come per le tue. Venerdì 16 gennaio 2015 le o azioni, con l’atteggiamento o il pensiero. Quindi, sapendo come dobbiamo mantenere il nostro rapporto con il Padre, questa richiesta (‘Rimetti a noi i nostri debiti’) è di vitale importanza. L'invocazione del perdono implica che dobbiamo confessare al Padre tutti i nostri peccati, sia quelli conosciuti sia quelli sconosciuti. Secondo la Sua Parola, ‘Egli è fedele e giusto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità’ (1 Gv 1,9). Ma ricordiamoci che Gesù Cristo non ci insegna solamente a chiedere al Padre nostro di perdonare noi; ma aggiunge che anche noi dobbiamo perdonare chi ci ha offesi. ‘Perdonare’ significa semplicemente ‘lasciar andare’, ‘sciogliere’ o ‘liberare’. Il perdono, per il figlio di Dio, non è un’opzione: è un comandamento nella Parola di Dio (Ef 4,32). Se perdoniamo chi ci ha offesi, quanto più il Padre celeste ci perdonerà quando chiederemo il Suo perdono! Ora, il canto del re Davide diventa una realtà nella nostra vita: ‘Beato l’uomo a cui la trasgressione è perdonata,e il cui peccato è coperto! Beato l’uomo a cui il Signore non imputa l’iniquità e nel cui spirito non c’è inganno!’ (Sal 32,1-2). “Rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori…” (Mt 6,12) Letture bibliche: Mt 18,21-35; Lc 15,11-32 Oggi ci concentreremo sui bisogni spirituali. Posso immaginare quanto si sia desiderosi di entrare alla presenza di un Padre che è santo. Senza voler frenare il tuo entusiasmo, mi permetto di chiedere un momento di silenzio e d’introspezione. Una verità inevitabile è che l’ingresso alla presenza del Padre celeste è bloccato, perché c’è un problema grave che deve essere risolto: il problema del peccato. Questo è ciò che ci separa dal Padre nostro e rende qualsiasi comunicazione con Lui impossibile. Siamo tutti contaminati dal peccato e privi della gloria di Dio (Rm 3,23). Non solo contaminati, ma anche, e soprattutto, condannati a morte eterna. Abbiamo ereditato questo peccato dai nostri progenitori (Rm 5,12). Questa è la cattiva notizia. Tuttavia, questa cattiva notizia è seguita da una buona notizia... e c’è speranza! Dal momento che il grande problema dell’umanità è quello del peccato, il bisogno maggiore è quello del perdono. Ed è questo ciò che il Padre nostro che è nei cieli offre a chi Glielo chiede. La Parola di Dio ci ricorda che, per tutti coloro che sono in Cristo, i loro peccati commessi da credenti non potranno in alcun modo farli sprofondare nuovamente nella condanna e nel giudizio eterni (Rm 8,1). Ma attenzione! Mentre ci rallegriamo per questa buona notizia, cerchiamo di non perdere di vista il fatto che dovremmo sempre essere consapevoli delle nostre mancanze e debolezze quotidiane, in quanto che esse influiscono sul nostro rapporto con il Padre nostro che è nei cieli. Abbiamo sempre bisogno di chiedere al nostro Padre celeste il perdono dei peccati che continuiamo a commettere, consciamente o inconsciamente, in paro- Versetti del giorno: Perché se voi perdonate agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonate agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe. (Mt 6,14-15) Spunti per la preghiera: •Dedica del tempo a confessare i tuoi peccati al tuo Padre celeste. •Pensa alle persone che non hai ancora perdonato, e chiedi a Dio di darti la grazia di perdonarle, liberandole così dalla schiavitù del peccato. •Prega per avere luce, perché tu sia in grado di smascherare le macchinazioni di Satana (2 Cor 2,11) e di potergli resistere (1 Pt 5,8,9). 9 INSERTO Giovedì 15 gennaio 2015 “Dacci oggi il nostro pane quotidiano... ” (Mt 6,11) Settimana di Preghiera dell'Alleanza Evangelica – 11-18 gennaio 2015 INSERTO Sabato 17 gennaio 2015 eseguire altri compiti altrove. Questa strategia era stata attentamente calcolata dalla moglie del suo padrone per intrappolarlo. Lei lo voleva nel suo letto, a qualunque costo. Il diavolo è astuto: sa come impostare la sua trappola e catturare la preda. Giuseppe, un giovane fisicamente di bell’aspetto, dovette confrontarsi con questa trappola. Anche Gesù Cristo, molto vulnerabile dopo quaranta giorni di digiuno nel deserto, combatté le tentazioni volte ai Suoi bisogni della carne, degli occhi e del Suo amor proprio. Di nuovo, la stessa domanda sorge spontanea: perché Dio permette che i Suoi cari figli siano tentati? Dio, nel permettere tali esperienze nella vita dei suoi figli, ha una buona ragione (Gc 1,2-3). Questo non significa che Dio sia assente e inattivo. Egli è onnipresente ed è anche onnisciente. Nulla sfugge alla Sua attenzione. Inoltre, Egli è più grande di tutte le circostanze e ha promesso che non ci permetterà di essere tentati oltre il limite che possiamo sopportare (1 Cor 10,13). Quando preghiamo ‘non ci indurre in tentazione’, dobbiamo semplicemente riconoscere la nostra debolezza e vulnerabilità e affermare la nostra totale dipendenza da Lui per la nostra salvaguardia da qualsiasi peccato, quando siamo tentati. “Non ci esporre alla tentazione...” (Mt 6,13a) Letture bibliche: Gn 39,1-23; Mt 4,1-10 Oggi affronteremo un aspetto spirituale molto importante dei nostri bisogni: la preghiera per la nostra protezione spirituale. Come esseri umani, tutti i giorni affrontiamo svariate situazioni che ci mettono alla prova e ci tentano, e che sono a volte molto difficili. I figli di Dio non ne sono esenti. La Parola di Dio contiene molti esempi al riguardo. I nostri antenati, Adamo ed Eva, furono tentati nel giardino dell’Eden. Il giovane Giuseppe, schiavo in Egitto, fu tentato più volte dalla moglie del suo padrone, Potifar. Giobbe, descritto come ‘integro e retto; temeva Dio e fuggiva il male’ (Gb 1,1), fisicamente soffrì terribili prove per mano del diavolo. Il nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo, Dio incarnato, fu tentato dal diavolo nel deserto per quaranta giorni. Siamo circondati da situazioni che ci espongono alla tentazione. Potremmo chiederci perché il nostro Padre celeste permetta ai Suoi figli di affrontare tali circostanze, o perché alcuni di loro finiscano effettivamente per cadere in tentazione. Ricordiamoci che il nostro Padre celeste non tenta nessuno (Gc 1,13); eppure Egli permette ai Suoi figli di attraversare prove e difficoltà spesso molto difficili, come abbiamo visto negli esempi precedenti. A volte, queste tentazioni ci affliggono quando siamo soli e molto vulnerabili. Giuseppe, nell'Antico Testamento, è un buon esempio di questo: fu tentato quando era stato lasciato solo a lavorare in casa, mentre altri lavoratori erano stati mandati a Versetti del giorno: Nessuno, quand'è tentato, dica: “Sono tentato da Dio”; perché Dio non può essere tentato dal male, ed egli stesso non tenta nessuno; invece ognuno è tentato dalla propria concupiscenza che lo attrae e lo seduce. Poi la concupiscenza, quando ha concepito, partorisce il peccato; e il peccato, quando è compiuto, produce la morte... (Gc 1,13-15) Domenica 19 gennaio 2014 mostrazione di coraggio e di saggezza. E, soprattutto, è un atteggiamento biblico (2 Tm 2,22). La nostra parte è quella di resistere al diavolo. E per farlo al meglio, occorre che ci sottomettiamo a Dio. Sottometterci a Dio significa sottometterci alla Sua Parola, come fece Gesù, ogni volta che il diavolo lo tentò nel deserto. La risposta di Gesù a ogni tentazione fu: ‘Sta scritto...’. Noi dobbiamo sapere che cosa è scritto nella Parola di Dio, per attingere da essa nel momento del bisogno (Sal 119,11). Una cosa interessante del diavolo è che egli ama una discussione accanita, come con Gesù Cristo, ma ciò che non tollera è la resistenza. Quando gli resisti, egli fuggirà (Mt 4,10; Gc 4,7). Lui, però, non demorde. Può travestirsi e tornare sotto altre forme. Ecco perché, ogni giorno e in ogni occasione, dobbiamo fare questa richiesta prima che l’evento si presenti. Quando siamo assaliti da tentazioni e da altri momenti di avversità, è difficile pensare obiettivamente. Quindi, è bene pregare così continuamente, prima che sopraggiunga la tentazione. Questa preghiera è, naturalmente, la nostra preghiera di santificazione, ed è perciò gradita al Padre (1 Ts 4,3-4). Possa il nostro uso di ‘noi’ e ‘nostro’ nella preghiera ricordarci spesso che tutto ciò che chiediamo per noi stessi in preghiera dovrebbe anche includere i nostri fratelli e sorelle in Cristo, dovunque siano. Questo è ciò che dava peso alle preghiere dell’apostolo Paolo (Ef 3,14-21; Col 1,9-14). “Ma liberaci dal maligno …” (Mt 6,13b) Letture bibliche: Gios 14,6-15; Sal 91; Eb 12,12-15 Oggi, quando parliamo al Padre nostro, vogliamo chiederGli di proteggerci dal male. Il diavolo è un angelo caduto. È una persona reale. Non è un simbolo, come molte persone (e addirittura anche alcuni cristiani) credono. Come se non bastasse, egli viene minimizzato, e la sua esistenza è semplicemente ignorata. Tutto, invece, indica che il diavolo è molto attivo, in particolare in questi ultimi giorni! È furioso e alimentato da una rabbia profonda. Sapendo di essere condannato a morte, e intuendo di avere ancora poco tempo a disposizione, deve agire in fretta. Questo è il motivo per cui la Parola di Dio ci mette in guardia: ‘Siate sobri, vegliate; il vostro avversario, il diavolo, gira come un leone ruggente cercando chi possa divorare’. (1 Pt 5,8). Il suo unico scopo è quello di rubare, uccidere e distruggere (Gv 10,10). Vorrebbe essere sicuro, quando andrà nel luogo del suo giudizio, di portare con sé quante più persone possibile. Fa quindi di tutto per farci inciampare e distruggere la nostra vita cristiana. E noi abbiamo un disperato bisogno della forza e della protezione del nostro Padre celeste. A volte, quando inciampiamo, pensiamo che il diavolo abbia ottenuto una grande vittoria, ma sappiamo che il Padre nostro è in grado di liberarci. Quando preghiamo ‘... ma liberaci dal maligno’, non significa che ce ne restiamo passivi ad aspettare che la liberazione ci arrivi servita su un piatto. No! Dio ci chiede di collaborare con Lui nel processo di liberazione. La nostra cooperazione comincia già nel fare tutto il possibile per evitare di cadere in tentazione. Il diavolo può spingerci fino al punto di farci inciampare, ma non può costringerci a peccare: la decisione finale è nostra! La vicenda di Giuseppe in Egitto ci dimostra che è possibile, anche se difficile, non cadere. Giuseppe non guardò la bellezza fisica della moglie del suo padrone. Invece di cedere alla tentazione, scappò, letteralmente. Fuggire, come fece Giuseppe, di fronte alla tentazione potrebbe essere considerato un'azione da codardi. In realtà, non è affatto così. È di- Versetti del giorno: Nessuna tentazione vi ha còlti, che non sia stata umana; però Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze; ma con la tentazione vi darà anche la via di uscirne, affinché la possiate sopportare. (1 Cor 10,13) Spunti per la preghiera: •Prega che Dio ti dia la grazia di resistere alla tentazione di Satana. •Prega per la liberazione di quelli che sono caduti nella tentazione di Satana. •Loda e ringrazia Dio per una vita trasformata, quando preghiamo come Gesù Cristo ci ha insegnato. 10 Ideaitalia 11 IDOP e Domenica della Memoria settembre ’14 Sua Eccellenza Lettera al Prefetto Iraq I cristiani in Iraq stanno affrontando una dura persecuzione, alla quale si aggiungono le migrazioni di massa che stanno avvenendo in tutte quelle città dove l’ISIS sta aumentando il proprio controllo, in special modo nel Nord e nel Nordovest del Paese. L’obiettivo di questo gruppo è molto chiaro: rendere l’Iraq uno stato islamico governato dalla Sharia. Non ci sono più cristiani a Mossul, al momento; le case dei cristiani sono marcate con il simbolo ( نche sta per “Nasrani”, che significa appunto cristiano in arabo). È stato detto ai cristiani di partire, o di convertirsi all’Islam, o di pagare una tassa per ricevere protezione, oppure di essere uccisi. L’8 agosto, Qaraqosh, la città irachena con il più alto numero di abitanti cristiani, è caduta sotto il controllo dell’ISIS e moltissimi cristiani hanno dovuto abbandonare le proprie case e fuggire. Adesso, in queste intense ore di bisogno, vogliamo continuare a pregare e a stare dalla parte dei nostri fratelli iracheni e mediorientali. L’Alleanza Evangelica Italiana, in collaborazione con Porte Aperte, ha organizzato varie iniziative di preghiera pubblica per le minoranze perseguitate. A seguito del sit-in di preghiera tenuto a Roma il 23 agosto 2014, è stata inviata la seguente lettera al Prefetto di Roma. Simili iniziative possono essere svolte in altre città, in modo da sensibilizzare le Autorità a prendere iniziative a sostegno di chi è minacciato. (segue da pagina 3) successivi Congressi (Manila 1989 e Città del Capo 2010). Evoca uno spirito contrassegnato da una visione della missione olistica e collaborativa. Di fatto, dopo Losanna, “l’Evangelicalismo non è stato più come prima”. Quindi, siamo in presenza di una “eredità” di grande rilievo. Infatti, il “secolo breve” dell’Evangelicalismo si era aperto con il Risveglio pentecostale (1904) e il Fondamentalismo (1909-1915) e si è chiuso con l’inizio del Movimento di Losanna (1974sino ai nostri giorni). I primi due eventi hanno provato ad animare il movimento evangelico secondo la guida dello Spirito Santo (contro l’antisoprannaturalismo e il razionalismo) e a incardinarlo sulla fedeltà alla Parola di Dio scritta (contro il liberalismo). Questi due binari, Spirito e Parola biblica, hanno avuto talvolta la tendenza a essere vissuti in modo divaricato o tangente. Losanna li ha riuniti, fecondati e fatti germogliare, riuscendo a costruire una piattaforma tanto biblicamente fondata quanto pneumatologicamente dinamica. Interrogarsi sull’eredità di Losanna a quarant’anni dal Congresso e dal Patto significa, dunque, fare i conti con uno dei pochi eventi e simboli che hanno coagulato e compattato il movimento evangelicale sulla base di un’identità teologica votata a una visione missionaria locale e globale. Cosa fare di una simile “eredità”? La Parabola dei talenti (Matteo 25,14-29) ci ricorda che, nei confronti dei doni di Dio (qual è Losanna), ci sono due possibilità: sotterrarli per nasconderli o investirli per farli frutta- Le milizie islamiste dell’ISIS seminano terrore e morte segnando le case dei cristiani di Mosul, Karkakosh e di altre città dell’Iraq del nord con la lettera ن, iniziale della parola Nasrani (seguaci del Nazareno) che è il modo per chiamare i cristiani. L’obiettivo dell’ISIS è molto chiaro: rendere l’Iraq uno stato islamico governato dalla Sharia. Per questo i cristiani e le altre minoranze religiose hanno davanti tre possibilità: convertirsi all’Islam, scappare o essere uccisi. Decine di migliaia di persone hanno dovuto abbandonare le loro case. Negli ultimi anni la popolazione cristiana è diminuita della metà. I drammatici sviluppi della situazione irachena impongono di fare qualsiasi sforzo in favore di tutte le vittime di persecuzione. Come Alto Rappresentante del Governo Italiano, Le chiediamo di farsi portavoce presso il Governo stesso affinché ogni possibile sforzo sia fatto per la protezione delle minoranze religiose in Iraq. La ringraziamo per la Sua attenzione e Le assicuriamo le nostre preghiere per l’alto incarico che svolge per il bene della Nazione. Per approfondire “Dichiarazione di Bad Urach (2010). Verso una teologia evangelica della sofferenza, della persecuzione e del martirio per la chiesa globale in missione”, Studi di teologia N. 51 (2014). re. L’impressione è che gran parte del mondo evangelico italiano debba ancora prendere coscienza dell’esistenza di una simile eredità! Per questo, occorre fare un lavoro di capillare “alfabetizzazione” su Losanna. La scoperta di una “ricchezza” straordinaria non potrà che sollevare cuori spenti e incoraggiare chiese appesantite. Bisogna dissotterrare Losanna dall’oblio evangelico, farle posto in mezzo a tanta “chincaglieria evangelica” che luccica assai ed è ingombrante, ma che spesso si rivela essere una misera e deludente patacca. Losanna è un vero “talento”. Bisogna imparare a valorizzarla quale evento Le opinioni espresse su Ideaitalia sono esclusivamente dei loro autori, e non impegnano pertanto necessariamente l’AEI. I testi possono essere ripresi citando la fonte. Un’informazione che forma non può essere un compito di pochi: ha bisogno anche del tuo sostegno. Sottoscrivi un abbonamento a Ideaitalia! Ideaitalia è pubblicata dall’Alleanza Evangelica Italiana (AEI), che è collegata all’Alleanza Evangelica Europea (EEA) e, a livello internazionale, all’Alleanza Evangelica Mondiale (WEA), la quale raggruppa circa 420 milioni di evangelici. topico, forse il più alto, della storia evangelica contemporanea, familiarizzarsi con la sua visione, impratichirsi con i suoi documenti, assimilarne lo spirito e viverlo con coraggio e umiltà. Solo facendo così, si potrà far fruttare questa eredità preziosa vivendola nelle chiese e nella società. Per approfondire Dichiarazioni evangeliche. Il movimento evangelicale 1966-1996, a cura di P. Bolognesi, Bologna, EDB 1997; L’Impegno di Città del Capo, Roma-Chieti, GBU 2010; Av.Vv., “Lo spirito di Losanna quarant’anni dopo”, Certezze 1 (2014); Av.Vv., “L’eredità di Losanna (1974-2014)”, Studi di teologia N. 52 (2014). settembre ’14 (segue da pagina 2) Preliminarmente dobbiamo considerare che prima del regime fascista le condizioni politiche dell’Italia postunitaria e liberale avevano permesso una certa libertà religiosa. Successivamente le esigenze di un regime totalitario come quello di Mussolini, che si accingeva ad eseguire politiche di aggressione in Africa, richiesero quanto più ampio consenso da parte dei maggiori attori sociali, compresa la chiesa cattolica. A tal fine il regime fascista utilizzò il disgelo e i Patti Lateranensi dell’11 febbraio del 1929 per aumentare il consenso in un momento cruciale. Ne fu principale protagonista da parte cattolica, il cardinale Pietro Gasparri, Segretario di Stato vaticano, che solo due anni prima nella sua lettera ai vescovi invitava a “sorvegliare e contenere la presenza protestante con i più solleciti ed efficaci rimedi per allontanare la minaccia di una tanto grave e dolorosa iattura”. Colui che apporrà la firma insieme a Mussolini nel palazzo laterano riferendosi alla “propaganda protestante promossa da varie sette, sotto diversi titoli e speciosi pretesti” la considerava una “offesa al più sacro patrimonio del nostro popolo, quello delle tradizioni religiose” e foriera di “gravissimo pericolo che ne deriva per le anime”. Pertanto sollecitava all’azione “la Signoria Vostra Illustrissima e Reverendissima […] partecipe del ministero augusteo del Capo della Chiesa e pastore universale dei fedeli, che è difendere ad ogni costo e a prezzo di qualsiasi sacrificio il gregge”. Dopo i patti del 1929, e la susseguente Legge sui Culti Ammessi (sempre del 1929, a noi evangelici molto nota nostro malgrado), nel 1930 l’ambasciatore italiano presso la Santa Sede trasmetteva al governo una “Situazione degli enti di culto evangelici” con una dovizie di particolari allarmistici. In essa si affermava che “la Santa Sede va manifestando […] serie appren- Ideaitalia sioni sulla ripresa del movimento protestante in Italia” e “preoccupata della situazione che in base a ciò va creandosi, studia attivamente i mezzi per opporsi a questa rinnovata attività protestante, e va raccogliendo anche elementi che comproverebbero come tale propaganda viene alimentata ora, più che per il passato, da fonti estere di equivoca finalità, in quanto che sotto la propaganda religiosa si nasconderebbero scopi politici non certamente in armonia con lo spirito del Regime”. L’ambasciatore in conclusione indicava che gli interessi della Chiesa e quelli del Regime fossero convergenti. Il solo incontro che ebbe con Mussolini il predecessore di Bergoglio - papa Pio XI - fu quello tenuto in occasione del terzo anniversario dei patti Lateranensi (febbraio 1932). Nonostante l’eccezionalità dell’incontro la discussione non poté non toccare anche la questione protestante. Mussolini rendiconta del compiacimento per la condanna inflitta a un protestante, della preoccupazione del papa per la crescente propaganda protestante e la sua espressa richiesta di vigilare. Alla domanda del duce su quali fossero i punti più dolenti della situazione papa Ratti citò Firenze, La Spezia, Piazza Armerina, e consegnò un apposito memoriale dettagliato. Nel 1934 - siamo ormai a pochi mesi dalla famigerata circolare - il Vaticano tornò letteralmente alla carica trasmettendo al governo italiano il fascicolo “Il proselitismo dei protestanti in Italia” che conteneva un esplicito riferimento alla repressione per i pericoli rappresentato dal protestantesimo. Tra questi pericoli si annoverava che “il loro principio è che ogni individuo è interprete della rivelazione divina e quindi è libero di formarsi un suo credo con la sola lettura della Bibbia. Questo principio è la base di ogni errore democratico”. Ma poi il rapporto della Santa Sede si concentrava proprio sui pentecostali: “Particolare segnalazione meritano i pen- Dall'Italia 12 tecostali o tremolanti. Nelle loro adunanze gli adepti sono eccitati fino al parossismo, con grande pericolo per le donne e i bambini. Per accertarsi basterà inviare un medico psichiatra a fare, senza preavviso e cautamente, un sopralluogo nella loro sede di Via Adige 20 in Roma” e si concludeva affermando in modo lapidario che “non si comprende come il culto pentecostale continui ad essere ammesso in Italia”. Questi quattro semplici casi interrogano se sulle scuse si volesse essere seri. Se il papa ha chiesto scusa per le persone cattoliche che sotto il regime fascista perseguitarono gli evangelici pentecostali, è stato reticente sulle scelte della chiesa romana che - come abbiamo visto - resero possibili proprio quegli atteggiamenti. La chiesa cattolica deve sapere che i pentecostali italiani che hanno patito la circolare Buffarini Guidi del 1935 conoscono a memoria come quella violenta persecuzione fu cagionata. Il papa dovrebbe riferirsi alle azioni che riguardano il suo predecessore e il suo ufficio. A differenza di quanto ha affermato a Caserta, purtroppo quei cattolici che perseguitarono, avevano capito - anzi avevano capito molto bene - quali fossero le indicazioni che arrivavano dall’alto. Infine se Bergoglio volesse fare seriamente autocritica per il ruolo oggi da lui rappresentato dovrebbe approfittare del 150° anniversario dell’enciclica Quanta Cura e del Syllabus (1864) per disapprovare pronunciamenti che sono ingiusti nella sostanza e contrari all’amore espresso dal Vangelo di Cristo. In ultima analisi dovrebbe, in favore di Cristo e come si chiede indistintamente a ciascuno di noi, essere capace di riesaminare alla luce della Parola di Dio le proprie convinzioni dottrinali, sapendo quindi rinunciare alle pretese che il Vaticano ha costruito attraverso dogmi come quelli mariani e dell’infallibilità. In questo modo, anziché scuse ecume- niche di circostanza potrebbe indicare la strada di una sana riconciliazione evangelica. G.C. Per approfondire: G. Rochat, Regime fascista e chiese evangeliche, Torino 1990 R. De Felice, Mussolini il duce. Gli anni del consenso 19291935, Torino 1974 G. Peyrot, La circolare Buffarini-Guidi e i pentecostali, Roma 1955 G. Rosapepe, Inquisizione addomesticata, Bari 1960 R. Bracco, Persecuzione in Italia, Roma 1960 U. Delle Donne, Verso la libertà …, Altamura 1978 M. Piacentini, I culti ammessi nello Stato italiano, Milano 1934 Ideaitalia Notiziario trimestrale della Direttore responsabile: Leonardo De Chirico Direttore: Pietro Bolognesi Redattori e collaboratori: Stefano Bogliolo, Sergio De Blasi, Roberto Mazzeschi, Gianfranco Piccirillo, Gianluca Piccirillo, Giuseppe Rizza Amministrazione: Ettore Calanchi, Gian Piero Marussich Tel. amministrazione: (+39) 059 556496 E-mail: [email protected] Internet: www.alleanzaevangelica.org Ufficio abbonamenti: aei Vicolo Sant’Agata, 20 00153 Roma Tel. redazione (+39) 333 8558174 Abbon. annuale: Euro 10,00 Abbon. sostenitore: Euro 15,00 c/c postale n. 46728002 intestato a: aei... 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