19-06-2009 11:44 Pagina 1 Medicina del Lavoro La Supplemento 1-2009 Volume 100 Issn 0025 - 7818 Rivista fondata nel 1901 da Luigi Devoto Medicina del Lavoro La Rivista Bimestrale di Medicina del Lavoro e Igiene Industriale Italian journal of Occupational Health and Industrial Hygiene VOLUME 100 SUPPLEMENTO 1-2009 Salute e sicurezza al lavoro Health and Safety at work La prevenzione basata sull’evidenza Evidence Based Prevention (EBP) Mattioli 1885 casa editrice Editors: Alberto Baldasseroni Stefano Mattioli Mattioli 1885 casa editrice POSTE ITALIANE S.P.A. - SPED. IN A. P. - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N. 46) ART. 1, COMMA 1, DCB PARMA - FINITO DI STAMPARE NEL MESE DI GIUGNO 2009 00-copertina suppl 1-09 01-board suppl 8-06-2009 8:44 Pagina 1 Supplemento 1-2009 Volume 100 Issn 0025 - 7818 Rivista fondata nel 1901 da Luigi Devoto Medicina del Lavoro La Rivista Bimestrale di Medicina del Lavoro e Igiene Industriale Italian journal of Occupational Health and Industrial Hygiene Già diretta da DIRETTORE REDATTORI CONSIGLIO DI REDAZIONE REVISIONE LINGUISTICA SEGRETERIA INTERNET E-MAIL REDAZIONE CASA EDITRICE Luigi Devoto (1901-1935) Luigi Preti (1936-1941) Enrico C. Vigliani (1942-1991) Vito Foà Lorenzo Alessio, Pier Alberto Bertazzi, Antonio Colombi, Alessandra Forni, Italo Ghezzi, Carlo Zocchetti Pietro Apostoli, Massimo Bovenzi, Pierluigi Cocco, Giovanni Costa, Cristina E. Mapp, Antonio Mutti, Pietro Sartorelli, Leonardo Soleo, Francesco S. Violante Kathleen White Lilly Visintin http://www.lamedicinadellavoro.it [email protected] La Medicina del Lavoro Clinica del Lavoro «L. Devoto» Via San Barnaba, 8 - 20122 Milano (Italy) Tel. 02/50320125 - Fax 02/50320126 Mattioli 1885 spa - Casa Editrice Strada di Lodesana 649/sx, Loc. Vaio - 43036 Fidenza (PR) Tel. 0524/892111 - Fax 0524/892006 e-mail: [email protected] www.mattioli1885.com (CCP N. 11.286.432) Pubblicazione bimestrale Direttore Responsabile Prof. Vito Foà Autorizzazione del Presidente del Tribunale di Milano 10/5/1948 - Reg. al N. 47 La Medicina del Lavoro è recensita su: Index Medicus/MEDLINE; Embase/Excerpta Medica; Abstracts on Hygiene; Industrial Hygiene Digest; Securité et Santé au Travail Bit-CIS; Sociedad Iberoamericana de Informaciòn Cientifica (SIIC); Science Citation Index Expanded (SciSearch®); Journal Citation Report/Science Edition 02-abbonamento suppl 8-06-2009 8:46 Pagina 2 Abbonamenti 2009 Abbonamenti e ordini on line via fax cedola www.mattioli1885.com 0524/892006 - Ufficio abbonamenti compilate ed inviate all’Editore la cedola allegata ☞ ☞ ☞ Prezzi Abbonamenti / Subscription rates Privati/Individual Europe Out of Europe Italy Istituzioni/Institution Italy and Europe Out of Europe Air Mail Air Mail Abbonamento annuo/Annual subscription 65,00 x 83,00 x 95,00 x 90,00 x 101,00 x Arretrati/Back Numbers: Numero singolo/Single Issue Annata completa/Complete Year Numeri speciali/Special Issues 16,00 x 74,00 x 28,00 x 19,00 x 92,00 x 35,00 x 22,00 x 106,00 x 40,00 x 23,00 x 105,00 x 41,00 x 25,00 x 118,00 x 46,00 x I nuovi abbonamenti, anche se contratti durante l’anno, decorrono sempre dal 1° gennaio al 31 dicembre, con diritto per il nuovo abbonato di ricevere i fascicoli arretrati. I fascicoli non pervenuti debbono essere richiesti entro un mese dal ricevimento del fascicolo immediatamente successivo. p Ho pagato l’importo di euro Desidero sottoscrivere l’abbonamento alla tramite: rivista La Medicina del Lavoro per l’anno 2009 p CCP n. 11286432 intestato a: Mattioli 1885 S.p.A. - Strada di Lodesana 649/sx, Loc. Vaio - 43036 Fidenza (PR) inviate le copie al seguente nominativo: Cognome p bonifico bancario (allego fotocopia) intestato a: Nome Mattioli 1885 spa Strada di Lodesana 649/sx, Loc. Vaio, 43036 Fidenza (PR), via N p Visa Città cap presso Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza, Ag. 3 di Fidenza; cod. IBAN IT|39|S|06230|65732|000094186751 cod. BIC CRPPIT2P487 Provincia e-mail p Mastercard N° carta Scadenza firma Tel. p desidero ricevere fattura: Mattioli 1885 Casa Editrice p. Iva Strada di Lodesana 649/sx, Loc. Vaio 43036 Fidenza (Pr) cod. fiscale Mattioli 1885 Casa Editrice - spa - Strada di Lodesana 649/sx, Loc. Vaio - 43036 Fidenza (Pr) tel +39 0524/892111 fax + 39 0524/892006 e-mail [email protected] www . m a t t i o l i 1885 . c o m 03-indice 19-06-2009 La 11:46 Pagina 3 Medicina del Lavoro Med Lav 2009; 100 (Suppl 1): 3-5 I 6 7 Introduzione N D I C E A. Baldasseroni, S. Mattioli RELAZIONI / INVITED PRESENTATIONS La valutazione di efficacia delle attività di vigilanza in regione Piemonte: i progetti “sicurezza nei cantieri edili” anni 2001-2005 e “prevenzione per le grandi opere” (la valutazione di efficacia delle attività di vigilanza) Evaluation of the effectiveness of Occupational Safety and Health inspections of construction sites in the Piedmont Region from 2001 to 2005 Santina Bruno, Antonella Bena, Maria Luisa Debernardi, S. Nava, Raffaella Pastore, C. Proietti, D. Quarta 11 Prevenzione dei disturbi del rachide nei lavoratori di un ospedale: intervento multidisciplinare e valutazione di efficacia A multidisciplinary preventive intervention in a large Italian Hospital S. Porru, Angela Carta, Francesca Parmigiani, Manuela Oppini, G. Parrinello, L. Alessio 16 Efficacia di un intervento ergonomico sulla postura lavorativa e sul mal di schiena nei videoterminalisti Low back pain among video-terminal workers: ergonomic postural interventions P. Pillastrini, R. Mugnai, Lucia Bertozzi, Stefania Curti, F. De Domenico, S. Mattioli, F.S. Violante 20 Ipoacusia da rumore: i programmi di sorveglianza sanitaria sono sempre efficaci? Noise-induced hearing loss: are health service surveillance programs always effective? L. Perbellini, N. Veronese, E. Raineri, Marta Rava, A. Riolfi 24 Esperienze di prevenzione nelle Aziende Sanitarie. Le aggressioni ed i disturbi muscoloscheletrici Experience of prevention activities in local health units. Assaults and musculoskeletal disorders N. Magnavita 29 Valutazione di un programma per la diagnosi precoce di cancro polmonare negli ex esposti ad asbesto Feasibility of a screening programme for lung cancer among workers previously heavily exposed to asbestos G. Mastrangelo, Maria Nicoletta Ballarin, E. Bellini, Margit Eder, Federica Zannol, F. Gioffrè, A. Zedde, Gianna Tessadri, G. Marangi, L. Scoizzato, F. Valentini, U. Fedeli, R. Rylander 33 Gli interventi di promozione della salute nei luoghi di lavoro: progetti in corso e loro valutazione di efficacia Workplace health promotion interventions: ongoing projects and evaluation of their effectiveness G. Gorini 37 La promozione della salute nei luoghi di lavoro: valutazione di evidenze di efficacia e raccomandazioni metodologiche Workplace health promotion: evaluation of evidence of efficacy and methodological recommendations Anna Pavan, Maria Elena Pirola, Marina Bonfanti, Liliana Coppola, L. Macchi 41 Le disuguaglianze nella protezione e promozione della salute di chi lavora Inequalities in protection and promotion of workers’ health C. Mamo 03-indice 19-06-2009 4 45 11:46 Pagina 4 INDICE COMUNICAZIONI / ORAL PRESENTATIONS Ruolo di un osservatorio infortuni per l’azione di prevenzione del servizio di Prevenzione, Igiene e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro (PISLL) Role of a surveillance system developed by the Viareggio Local Health Unit in injury prevention Lucia Bramanti, Paola Lorenzoni, A. Pierotti, G. Angotzi 48 Indagini per infortunio svolte dai servizi di prevenzione delle ASL, una scelta per l’efficacia Workplace accident investigations carried out by local Occupational Health and Safety Units C. Piz 52 Modello semplificato di sistema di gestione della sicurezza sul lavoro per piccole imprese. Primi risultati della sperimentazione A simplified occupational health and safety management system designed for small enterprises. Initial validation results Romana Bacchi, L. Veneri, P. Ghini, Maria Alessandra Caso, Giovanna Baldassarri, F. Renzetti, R. Santarelli 55 La valutazione del rischio Tubercolosi nelle strutture sanitarie Tuberculosis risk assessment in Italian healthcare centres V. Puro, Loredana Bellocchi, Stefania Bertoldo, A. Bressan, Elettra Checchi, D. Chatrian, GiuliaCheraz, Silvana Cinalli, Marinella Daglio, Tiziana Feletti, Federica Ferraro, M. Goletti, Marina Greci, P. Marchese, M. Marchesotti, F. Mineo, Irene Pandiani, R. Polato, Roberta Pussini, Maddalena Quintili, Oriella Renzi, Marina Scarsella, Manuela Serva, G. Simonini, M. Signori, Gabriella Spurio, M. Strosselli, Marta Ursini 59 Applicazioni orientate all’efficacia negli interventi di prevenzione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro realizzate in regione Lombardia nel biennio 2007-2008 Effectiveness of preventive measures for Workplace Health and Safety in Lombardia Region during the period 2007-2008 Nicoletta Cornaggia, G. Saretto, Agostina Panzeri 62 POSTER / POSTERS Studio di efficacia di fattori tecnici e organizzativi nella riduzione degli indici infortunistici nel settore metalmeccanico Efficacy of a training intervention aimed at reducing injuries in the metalworking industry A. Albonetti, L. Veneri, Emanuela Cicognani, V. Poggiolini, M. Rossi, Stefania Canali 64 Rischio di crollo nello scavo di gallerie: monitoraggio tramite indicatori diversi dal numero di infortuni Risk of collapse in the excavation of tunnels: use of monitoring indicators other than number of accidents Filippo Ariani 66 Idonei al lavoro per certificato, ovvero: la prevenzione inefficace delle malattie da lavoro. Misure di tutela del cittadino da prestazioni sanitarie improprie o inappropriate The need for measures to safeguard citizens against inappropriate health service certification of fitness for work Lucia Bramanti, Federica Bertagna, Valeria Ceragioli, G. Angotzi 68 Un osservatorio infortuni sul lavoro (IL) integrato tra INAIL e USL: condizione per l’appropriatezza e la completezza della raccolta dei casi Work injury observatory shared by INAIL (National Insurance Institute against Occupational Accidents and Diseases) and USL(Local Health Unit): an essential condition for the proper collection of all cases Lucia Bramanti, Paola Lorenzoni, A. Pierotti, G. Angotzi, C. Cervo, M. Lucchesi, V. Monti, Rosalba Baldinelli 03-indice 19-06-2009 11:46 Pagina 5 INDICE 5 70 La formazione e l’addestramento all’uso degli ausili per una corretta movimentazione dei pazienti nell’AUSL di Bologna e le richieste del D.Lgs 81/2008 Patient lifting: legal obligations and a training programme experience Elena Cappiello, Loredana.Cecchetti, E. Melecchi, Cinzia Mignani, S. Sassi, D. Tovoli 72 Validità dell’integrazione delle diverse competenze nella gestione delle emergenze di origine biologica Validity of combining different areas of expertise in the management of emergencies of biological origin Maria Concetta D’Ovidio, Nicoletta Vonesch, D. Sbardella, Paola Tomao, Paola Melis, S. Signorini, S. Iavicoli 74 Salute e sicurezza dei lavoratori migranti in agricoltura: progetto di informazione e assistenza nella zona sud est fiorentina Health and safety of migrant agricultural workers: an ongoing training programme Carla Fiumalbi, Maria Rosaria De Monte, P. Borghi, Sara Gatteschi, Valentina Vecci, Sandra Rogialli, M. Giannelli 76 Dalla teoria alla pratica: utilizzo dell’Evidence-based Journal Club per la progettazione di un intervento di prevenzione degli infortuni From theory to practice: use of Evidence-based Journal Club to plan an intervention to prevent work injuries Lidia Fubini, L. Gilardi, Antonella Bena, M.L. Debernardi, O. Pasqualini, D. Quarta 78 Secondo i dati del Registro di Mortalità Regionale toscano le “morti bianche” sono decisamente sottostimate dall’INAIL According to Tuscany Mortality Records, fatal accidents at the workplace are largely underestimated by INAIL (National Insurance Institute against Occupational Accidents and Diseases) Lucia Giovannetti, A. Martini, A. Miglietta, Elisabetta Chellini, A. Baldasseroni 80 Valutazione dell’efficacia di un nuovo strumento nel ridurre il sovraccarico biomeccanico degli arti superiori nelle addette alle pulizie in ambiente ospedaliero. Studio multicentrico toscano Efficacy evaluation of a new tool designed to reduce upper limb biomechanical burden in hospital cleaners. A multicentric study in Tuscany M. Mondelli, A. Baldasseroni, M. Mariani, Franca Luongo, A. Grippo, Rita Ansuini, M. Ballerini, F. Giannini, M. Graziani, Rossana Mancini, P. Manescalchi, Carla Sgarrella 82 Esposizione professionale a campi magnetostatici in risonanza magnetica nucleare: tra obblighi di legge e prove scientifiche Occupational exposure to magnetostatic fields in magnetic resonance imaging: legal obligations and scientific evidence R. Perduri, Anna Murolo, G. Franco 84 Un nuovo modello di vigilanza in azienda sul sistema di gestione della sicurezza sul lavoro A new method for performing health surveillance aimed at improving work safety Manuela Peruzzi, L. Marchiori, Maria Lelli, Cristina Fiorini, Loredana Brunetti, M. Gobbi 86 È utilizzabile il questionario autosomministrato come strumento per la raccolta di informazioni nel corso dell’accertamento preventivo? Un’indagine sul campo Suitability of self-administered questionnaires to collect information in prevention assessment: a field investigation Maria Elena Strozzi, Sara Ricciardi, R. Perduri, G. Franco 04-introduzione La 8-06-2009 8:55 Pagina 6 Medicina del Lavoro Med Lav 2009; 100 (Suppl 1): 6 I N T RO D U Z I O N E In tutti i campi della Sanità l’efficacia del proprio fare professionale è al centro del dibattito tra i professionisti. La Prevenzione, fino a qualche anno fa emarginata da questo dibattito, sta lentamente recuperando il tempo perduto. Le attività di prevenzione dei rischi e dei danni da lavoro sono finalmente oggetto di studio e di sintesi nei loro effetti sulla salute. Per dar conto dello “Stato dell’Arte” in questo nuovo e difficile campo si è ritenuto utile raccogliere in un convegno le principali esperienze e riflessioni sia sul piano delle metodologie di valutazione dell’efficacia, sia su quello dei risultati di studi empirici realizzati,in particolare, da autori italiani. Il filone di studi legato all’esperienza della Sanità Pubblica americana parte sostanzialmente dal presupposto che le decisioni nel campo degli interventi di Sanità Pubblica si basano sempre, al più, sulla “best available evidence”, ossia su quanto c’è, valutato secondo criteri di qualità, ma considerato nel suo insieme, senza escludere a priori nessun tipo di indizio. Le conseguenze sul piano pratico sono che i “criteri d’inclusione” nelle revisioni che vengono adottate da quel gruppo di operatori sono ampi e tengono in conto anche frammenti di “prova”, purchè in grado di influenzare decisioni di politica sanitaria. Naturalmente il grading delle evidenze garantisce sul peso di ciò che è disponibile. Il metodo adottato dalla Cochrane Collaboration prevede invece uno sbarramento in entrata degli studi da valutare, in base al tipo di disegno adottato. Le revisioni Cochrane accettano solamente studi di tipo Trial, dove cioè il ricercatore controlla direttamente la somministrazione del “trattamento/intervento”, meglio se nella forma randomizzata, o, più recentemente, studi di tipo ITS, serie temporali interrotte, che del trial mantengono diverse caratteristiche. Tutti gli studi osservazionali, in generale quelli dove la selezione dei soggetti che afferiscono al trattamento/intervento non è casuale e il trattamento/intervento non viene somministrato dal ricercatore, ma si realizza “spontaneamente”, sono esclusi come fonte di prova. Questo fa si che, per ora, le revisioni Cochrane nel nostro campo d’interesse risultino assai povere di studi considerati e le conclusioni spesso siano quelle di un incitamento a fare studi di qualità tale da poter essere considerati, senza poter dire al momento qualcosa di definito sugli orientamenti da prendere. Il convegno ha segnato anche la conclusione di un progetto di ricerca del Centro per il Controllo delle Malattie del Ministero della Salute dedicato proprio alla valutazione delle prove di efficacia nella prevenzione degli infortuni sul lavoro. Il convegno si è rivolto a tutti gli operatori della prevenzione ed ha trattato sia dell’efficacia degli interventi contro gli infortuni sia dell’efficacia degli interventi contro le patologie da lavoro. In conclusione, il convegno ha mostrato quanto sia necessario ribadire che anche le attività di “Salute e sicurezza del lavoro” possono essere misurate nella loro efficacia, benchè con le peculiarità insite nel problema. Le esperienze presentate hanno mostrato che “si può fare” e che si può togliere in questo modo comodi alibi a chi voglia approfittare dell’equivalenza non-misurabile=inutile, ed a chi, al contrario, pretenda di non dover mai rispondere alla domanda “Fai bene le cose giuste?”. A. Baldasseroni CeRIMP – Regione Toscana Firenze [email protected] S. Mattioli Laboratorio di Epidemiologia UO Medicina del Lavoro Università degli Studi di Bologna [email protected] 05-bruno 8-06-2009 La 8:57 Pagina 7 Medicina del Lavoro Med Lav 2009; 100 (Suppl 1): 7-10 La valutazione di efficacia delle attività di vigilanza in regione Piemonte: i progetti “sicurezza nei cantieri edili” anni 2001-2005 e “prevenzione per le grandi opere” (la valutazione di efficacia delle attività di vigilanza) SANTINA BRUNO, ANTONELLA BENA*, MARIA LUISA DEBERNARDI*, S. NAVA, RAFFAELLA PASTORE, C. PROIETTI**, D. QUARTA* ASL CN2 - Servizio di Prevenzione e Sicurezza in Ambienti di Lavoro (SPreSAL) * ASL TO3 - Servizio Sovrazonale di Epidemiologia ** ASL TO3 - Servizio di Prevenzione e Sicurezza in Ambienti di Lavoro (SPreSAL) KEY WORDS Effectiveness; construction industry; inspection SUMMARY «Evaluation of the effectiveness of Occupational Safety and Health inspections of construction sites in the Piedmont Region from 2001 to 2005». Objectives: To assess the effectiveness of safety inspections in the construction industry in Piedmont in terms of exposure to risk and injuries. Methods: We conducted a retrospective analysis of the surveillance activities carried out in Piedmont between 2001 and 2005: to this purpose, we used a logical framework and we identified indicators to evaluate the process and its impact on exposure and injuries. Results: Process: fixed standards involving the number of safety inspections and the type of constructions under control were respected; there was always sufficient diversity among the public works under control, although local health units used different working methods. Impact on exposure and injuries: injury rates in the construction industry in Piedmont showed a decreasing trend and systematically lower values compared to national rates. Injury rates in the “roads and railways” sector showed an increasing trend owing to the great number of public works under construction. In this case, the effect of preventive measures seems less noticeable, but this mainly depends on methodological limits, such as mismatch between numerator and denominator, difficulties in estimating the number of workers actually present on the sites, underreporting of minor events. Conclusions: Despite the limitations of a retrospective analysis, the Piedmont safety inspection programme for the construction industry showed coherence with the objectives and had a positive impact on injury rates. RIASSUNTO Valutare formalmente le attività di vigilanza condotte in Piemonte nel comparto costruzioni nel periodo 20012005, misurandone l’effetto sulle esposizioni a rischio e sugli infortuni. È stata effettuata un’analisi di tipo retrospettivo-osservazionale delle attività svolte, partendo dalla costruzione di un “Logical framework” e determinando Corrispondenza: Dr. Santina Bruno, Servizio di Prevenzione e Sicurezza in Ambienti di Lavoro (SPreSAL), via Vida 10, 12051 Alba (CN) - Tel. 0173 316604- Fax 0173 316 535 - E-mail: [email protected] Il progetto è stato condotto nell’ambito del Piano di Prevenzione Attiva della Regione Piemonte. 05-bruno 8-06-2009 8:57 8 Pagina 8 BRUNO E COLLABORATORI indicatori per valutare processo e impatto sull’esposizione ai rischi e sugli infortuni. Processo: sono stati rispettati gli standard fissati in termini di numero di interventi e tipologia di opere controllate; oltre il 70% degli interventi sono stati attivati su iniziativa autonoma. Impatto su esposizioni ed infortuni: la frequenza infortunistica in Piemonte nel comparto costruzioni ha mostrato valori sistematicamente inferiori rispetto alla media italiana e un trend complessivamente in discesa. Il trend nel comparto “strade e ferrovie” è in salita a causa della realizzazione di numerose grandi opere pubbliche, ma risulta condizionato da limiti metodologici (disallineamento tra numeratore e denominatore, difficoltà di stima dei lavoratori effettivamente presenti sui cantieri, sottonotifica degli eventi meno gravi). Pur con i limiti di una valutazione di tipo osservazionale condotta a posteriori, i progetti di vigilanza attuati nel comparto delle costruzioni sono risultati coerenti rispetto a quanto programmato e accompagnati da un impatto positivo sulla frequenza infortunistica. INTRODUZIONE Valutare i risultati delle attività di vigilanza in termini d’impatto sulla salute è un obiettivo irrinunciabile per la prevenzione primaria e costituisce probabilmente una curiosità di molti. I pochi lavori reperibili in letteratura portano a risultati contraddittori, mettendo in evidenza effetti a volte modesti, altre volte più importanti. Considerato che gli stili di vigilanza ed i contesti ambientali possono essere molto diversi, si pone anche il problema della generalizzabilità e trasferibilità dei risultati delle valutazioni effettuate. Occorre inoltre tenere in conto l’oggettiva difficoltà a misurare l’efficacia di interventi che agiscono su una catena causale lunga, in cui la forza dell’associazione tra vari fattori non è sempre chiara e prevedibile: è difficile valutare l’effetto specifico della vigilanza rispetto ad altre iniziative di prevenzione che possono essere attive contemporaneamente. È convinzione comune che l’attività di vigilanza sia un fattore indispensabile per la riduzione degli infortuni e che l’aumento del numero di interventi di vigilanza esiti naturalmente in una riduzione degli eventi; conseguentemente, si presume che gli effetti limitati (o mancati) siano attribuibili all’inadeguatezza delle risorse. Sono tuttavia assai rari gli studi a dimostrazione di queste affermazioni. L’avvio di progetti di valutazione dell’impatto sulla salute delle attività di vigilanza possono costituire un importante contributo sia ai fini di una corretta allocazione delle risorse disponibili, sia per migliorare gli interventi in funzione dei risultati misurati. L’obiettivo del presente lavoro è quello di effettuare una valutazione formalizzata delle attività di vigilanza condotte in Piemonte sul comparto delle costruzioni nel periodo 2001-2005. METODI È stata condotta un’analisi di tipo retrospettivoosservazionale delle attività svolte nell’ambito dei progetti regionali “Sicurezza nei cantieri edili” e “Prevenzione per le grandi opere” avviati in Piemonte negli anni 2000 (3). Sulla base di un “Logical framework” sono stati individuati indicatori per la valutazione di processo e d’impatto sull’esposizione e sugli infortuni. Le analisi comprendono le attività svolte tra il 2000 ed il 2005 e sono state stratificate per anno e per ASL. Sono state utilizzate tre fonti informative: -banca dati della Regione Piemonte, comprendente i dati raccolti attraverso le schede di attività compilate dalle ASL; flusso informativo INAIL-ISPESL-Regioni; banca dati dell’Osservatorio Regionale per il Monitoraggio Epidemiologico (Orme-TAV), istituito ad hoc per il monitoraggio degli infortuni accaduti sulla linea ferroviaria ad alta velocità TorinoNovara. RISULTATI E DISCUSSIONE L’elenco completo degli indicatori utilizzati e dei risultati sono raccolti in un volume (2) completo di un CD contenente analisi approfondite a livello di ASL. In questo articolo ci si limita a presentare i risultati più importanti. 05-bruno 8-06-2009 8:57 Pagina 9 LA VALUTAZIONE DI EFFICACIA DELLE ATTIVITÀ DI VIGILANZA Valutazione di processo Pur con i limiti con i quali è stato necessario lavorare, la valutazione di processo realizzata permette di affermare che i progetti regionali di prevenzione sono stati condotti coerentemente rispetto a quanto programmato. Complessivamente, gli standard fissati relativamente al numero di interventi sono stati rispettati e, talvolta, nettamente superati, anche se si osservano disparità tra le ASL e tra i diversi anni (dati non presentati). Il 74% degli interventi è stato attivato su iniziativa autonoma e la tipologia di opere controllate, pur con diversità tra ASL, ha sempre un profilo sufficientemente vario. Anche se non è stato possibile analizzare dati sulla distribuzione temporale e territoriale dei controlli, questi fattori suggeriscono una buona adesione ai criteri di programmazione richiesti al fine di aumentare l’efficacia complessiva della vigilanza. I controlli hanno riguardato solo una parte dei cantieri, corrispondente a circa il 10% del numero delle notifiche ex art 11 D.Lgs. 494/96 ed anche le ipotesi di incremento della vigilanza contenute nel Patto per la Salute portano a coperture inferiori al 20%. E’ quindi necessario che le attività di vigilanza siano programmate in modo da ottenere risultati protratti nel tempo nei cantieri controllati ed effetti di deterrenza e persuasione anche nei cantieri non direttamente interessati dalle ispezioni (effetto alone). Nel 65% dei controlli effettuati è stata trasmessa notizia di reato all’Autorità Giudiziaria. Anche in questo caso vi sono evidenti diversità tra ASL (dati non presentati) ma complessivamente il dato documenta un corretto orientamento della vigilanza verso i cantieri con maggiori criticità. Questi e gli altri risultati di processo sono alla base della riprogettazione del piano per la sicurezza nei cantieri del 2009, che prevede una maggiore integrazione degli interventi di vigilanza con azioni che aumentino l’effetto alone. Impatto sulle esposizioni a rischio e sugli infortuni Tra gli obiettivi della valutazione vi era la misurazione degli effetti sulle esposizioni a rischio pre- 9 senti nei cantieri, risultato che teoricamente può essere correlato all’intervento di vigilanza in modo più semplice rispetto alla riduzione degli infortuni. Le prescrizioni impartite (ottemperate quasi al 100%) potrebbero indicare sia l’entità dei rischi presenti nei cantieri, sia l’entità delle bonifiche effettuate. Il dato però riguarda i soli cantieri controllati e non può essere estrapolato a tutto il comparto; inoltre l’informazione è relativamente aspecifica ed è anche realistico ipotizzare differenze di stili operativi. La misurazione della prevalenza dei rischi nei cantieri quindi non può che derivare da osservazioni pianificate, intervento sicuramente necessario ai fini della valutazione di risultato, ma non programmato in Piemonte negli anni oggetto di questa valutazione. La frequenza infortunistica in Piemonte nel comparto costruzioni ha mostrato nel periodo 2000-04 valori sistematicamente inferiori del 20% rispetto alla media italiana ed un trend complessivamente in discesa. La diminuzione dei tassi è evidente soprattutto nei comparti “costruzioni edili” ed “impianti” (figura 1) nei quali è ricompresa la cantieristica tradizionale, oggetto della maggior parte degli interventi di vigilanza. Il trend è invece in aumento nel comparto “strade e ferrovie”, settore in tumultuoso aumento in Piemonte negli anni 2000 a causa della realizzazione di numerose grandi opere pubbliche. L’analisi dei dati raccolti ad hoc da Orme-TAV segnala in realtà una stabilità dei tassi infortunistici sui cantieri nel 2003-2004 ed una diminuzione nell’anno successivo (1). L’aumento misurato dai sistemi informativi correnti risulta quindi legato a limiti metodologici (disallineamento tra numeratore e denominatore, difficoltà di stima dei lavoratori effettivamente presenti sui cantieri, sottonotifica degli eventi meno gravi). Anche per tale motivo l’analisi del trend è stata effettuata con un indicatore “per ditta”, meno influenzato dall’aumento esponenziale degli infortuni importati sui territori interessati da tali opere. Non è stato possibile effettuare una valutazione più diretta dell’impatto sugli infortuni accaduti specificamente sui cantieri oggetto degli interventi di vigilanza perché le modalità di raccolta dei dati non hanno reso disponibile tale informazione. Non 05-bruno 8-06-2009 8:57 10 Pagina 10 BRUNO E COLLABORATORI Figura 1 - Andamento nel tempo del tasso infortunistico “indice per territorio”- Piemonte - 2000-2004; gruppi di tariffa del comparto costruzioni Figure 1 - Trend of injury rates “territory index”: Piedmont 2004-2004; sub-sectors of construction industry è stato possibile effettuare neanche valutazioni più puntuali su sottoinsiemi infortunistici con particolari modalità di accadimento a causa della scarsa accuratezza delle codifiche ESAW disponibili dal 2000 al 2004. Sarebbe importante sviluppare nel prossimo anno un’ulteriore valutazione su tali punti ed un confronto con altre realtà Regionali. CONCLUSIONI Pur con i limiti di una valutazione di tipo osservazionale condotta a posteriori, i progetti di vigilanza condotti in Piemonte nel comparto delle costruzioni negli anni 2000 sono risultati coerenti rispetto a quanto programmato e sono stati accompagnati da un impatto positivo sulla frequenza infortunistica. L’applicazione del ciclo della sanità pubblica anche nella parte di valutazione, permette di perseguire due importanti obiettivi: individuare elementi di riprogettazione per il prossimo piano cantieri (alcuni potranno essere attivati su tutta la Regione; altri potranno essere avviati a progetto, con affiancamento di un piano di valutazione esplicito, in alcune ASL) e fornire alle ASL uno strumento di autovalutazione e confronto tra pari. Tutti i risultati sono stati discussi con gli operatori all’interno di un percorso che ha permesso anche l’approfondimento di altre esperienze nazionali ed internazionali. Le analisi condotte, talvolta deboli dal punto di vista del rigore scientifico, sono invece risultate un’importante palestra per avviare un confronto ed un dibattito con il Sistema Pubblico di Prevenzione, non solo regionale, al fine di coordinare le attività svolte, mettendone in luce i punti di forza e promuovendo un miglioramento delle azioni di prevenzione rivolte al comparto. Le difficoltà emerse durante il lavoro devono essere tenute in giusta considerazione ma non rappresentano un ostacolo alla realizzazione di ulteriori iniziative di valutazione delle attività di vigilanza svolte dalle ASL. Il prossimo anno ci si propone di continuare la valutazione anche in cooperazione con altre Regioni interessate. NO POTENTIAL CONFLICT OF INTEREST RELEVANT TO THIS ARTICLE WAS REPORTED BIBLIOGRAFIA 1. BENA A, DEBERNARDI ML, PASQUALINI O, et al: Frequenza e gravità infortunistiche nei cantieri dell’Alta Velocità Torino-Novara: qual’è il rischio infortunistico atteso? Med Lav 2008; 99: 177-186 2. PASTORE R, BENA A, BRUNO S, et al: Valutazione di efficacia delle attività di vigilanza. I progetti “Sicurezza nei cantieri edili” e “Prevenzione per le grandi opere”, 2008, available from: http://www.dors.it/cmfocus/alleg/volume_vigilanza.zip 3. REGIONE PIEMONTE: I Progetti “Sicurezza nei cantieri edili” e “Prevenzione per le grandi opere”, 2008, available from: http://www.regione.piemonte.it/sanita/sicuri/ prog_settore/edilizia.htm; http://www.regione.piemonte. it/sanita/sicuri/grandi_opere/grandi_opere.htm 06-porru 19-06-2009 La 11:47 Pagina 11 Medicina del Lavoro Med Lav 2009; 100 (suppl 1): 11-15 Prevenzione dei disturbi del rachide nei lavoratori di un ospedale: intervento multidisciplinare e valutazione di efficacia S. PORRU, ANGELA CARTA, FRANCESCA PARMIGIANI, MANUELA OPPINI, G. PARRINELLO*, L. ALESSIO Sezione di Medicina del Lavoro ed Igiene Industriale - Università di Brescia * Sezione di Statistica – Università di Brescia KEY WORDS Multidisciplinary approach; low back pain; health care workers SUMMARY «A multidisciplinary preventive intervention in a large Italian Hospital». Background: A multidisciplinary intervention is necessary to tackle the occupational risk of low back disorders in manual handling of patients and to evaluate the effectiveness. Methods: An intervention was carried out which included risk assessment, testing and purchasing of patient handling devices, training programmes, health surveillance and collection of quantitative and qualitative outcomes to evaluate effectiveness, in a before-after design. Results: The intervention was effective in reducing exposures, increasing knowledge and skills in patient-handling techniques, decreasing low back pain prevalence and injuries related to patient handling; absenteeism seemed to show a decreasing trend. Conclusions: The multidisciplinary approach was useful in the overall management of low back pain in health care workers performing patient handling. RIASSUNTO In un ospedale è stato condotto un intervento multidisciplinare per la prevenzione/gestione della lombalgia in addetti alla movimentazione manuale di pazienti. L’intervento comprendeva valutazione del rischio, ausiliazione, informazione/formazione, sorveglianza sanitaria e individuazione di indicatori qualitativi e quantitativi per valutazione dell’efficacia, nell’ambito di un disegno pre-post. L’intervento ha consentito di ridurre l’esposizione, migliorare l’informazione e la formazione, ridurre la sintomatologia e gli infortuni, con tendenza alla riduzione dell’assenteismo. L’approccio multidisciplinare si è rivelato efficace per la gestione complessiva della lombalgia negli operatori sanitari che effettuano movimentazione manuale di pazienti. INTRODUZIONE Il “mal di schiena” (LBP, Low Back Pain) è rilevante problematica sanitaria e non sanitaria negli ambienti di vita e lavoro, motivo di frequente con- sultazione di medico curante e medico del lavoro (MdL). Riconosce molteplici fattori di rischio interagenti e comporta varie conseguenze. Numerose attività svolte dagli addetti all’assistenza diretta di pazienti espongono a fattori di rischio specifici tra i Corrispondenza: Prof. Stefano Porru, Sezione di Medicina del Lavoro ed Igiene Industriale, Università di Brescia Piazzale Spedali Civili 1, 25123 Brescia - Tel. 030/3995735 - Fax 030/394902 - E-mail: [email protected] Il lavoro è stato parzialmente finanziato dall’Ente Universitario per la Lombardia Orientale e dall’ISPESL 06-porru 19-06-2009 11:47 Pagina 12 12 PORRU E COLLABORATORI quali: sollevamento/trasferimento manuale di pazienti e carichi, operazioni di traino-spinta, flessioni e torsioni del tronco, lavoro “sotto pressione” (1, 2). Negli operatori sanitari (OS) vengono riportate prevalenze annuali di LBP fino all’85%; dati INAIL riportano (2005) circa 19000 infortuni nei servizi ospedalieri, circa il 30% causati da movimenti sotto sforzo o scoordinati. Ernie/protrusioni come malattie professionali dovute a movimentazione manuale pazienti (MMP) sono inoltre sottostimate. Gli interventi preventivi multidisciplinari appaiono quelli con maggiore efficacia nella prevenzione e gestione del LBP. Scopo dello studio è descrivere un intervento preventivo multidisciplinare per migliorare la gestione complessiva del LBP in OS addetti alla MMP e la verifica di efficacia dell’intervento. In tale sede presentiamo dati parziali; ulteriori elaborazioni sono in corso. SOGGETTI E METODI Lo studio è stato condotto presso il Presidio Spedali Civili di Brescia, in cui si stima che circa 1300 OS siano addetti alla MMP nei reparti di degenza. Nel 2000 è stato costituito un gruppo di lavoro (GdL), composto da medici del lavoro/competenti (ML) (coordinamento), fisiatri, fisioterapisti, assistenti sanitari e capo-sala della Direzione Sanitaria, Servizio di Prevenzione e Protezione. Gli obiettivi comprendevano: sviluppo di metodologia multidisciplinare; scelta priorità interventi (tecnici/organizzativi/procedurali/sanitari/educativi); valutazione del rischio (VdR); sorveglianza sanitaria (SS) finalizzata a diagnosi precoce, riduzione giudizi di idoneità (GI) con prescrizioni/limitazione, miglioramento accesso al servizio sanitario aziendale; formazione per crescita culturale, miglioramento comunicazione tra DS e servizio sanitario aziendale, SPP e lavoratori; riduzione disturbi/patologie alcuni distretti apparato locomotore; riduzione assenteismo, infortuni e malattie professionali; dimostrazione efficacia interventi; valutazioni costo beneficio; rispetto normativa, aspetti gestio- nali (applicazione linee guida specifiche, migliore gestione lavoratore con limitazioni/prescrizioni, migliore compliance con procedure, migliore qualità assistenza pazienti e organizzazione del lavoro. L’intervento era così articolato: 1) VdR da MMP nei reparti di degenza (metodo MAPO) nel 2000 (prima) e nel 2003 e 2004 successivamente agli interventi preventivi. 2) Nel 2001-2002, dopo studio pilota di sperimentazione arredi ergonomici ed ausili per MMP, acquistati e allocati ausili ed arredi e raccolti vari indicatori. 3) Nel 2002-2003, programma di informazione e formazione di addetti a MMP, seguito da corsi per formazione di formatori, corsi con lezioni frontali generali e esercitazioni pratiche in reparto, con raccolta di vari indicatori oggettivi e soggettivi. 4) Programma di SS, che ha coinvolto nel 2000 la totalità degli addetti a MMP nei reparti di degenza a medio-alto rischio, rivalutati nel 2003, 2006, 2008. È stato utilizzato un questionario semistrutturato per raccolta di anzianità lavorativa come OS, anzianità lavorativa specifica di reparto, sintomatologia (lombalgia acuta e cronica), fattori interferenti o modulanti, quali fumo di sigaretta, sport, traumi e patologie colonna vertebrale e spalle, assenteismo LBP-correlato, antropometria. I sintomatici venivano sottoposti ad esame obiettivo. La disabilità è stata raccolta nel 2006 e 2008 mediante questionario ODI (Oswestry Disability Index); i fattori psicosociali sono stati valutati nel 2003, 2006 e 2008 con il Job Content Questionnaire (Karasek). Nel 2003, 2006 e 2008 è stato somministrato un questionario per utilizzo ausili. Per la valutazione dell’efficacia sono stati individuati specifici indicatori qualitativi e quantitativi (tabella 1). RISULTATI Nel 2000 sono stati valutati 51 reparti di degenza, 16 a rischio elevato, 24 medio e 13 a rischio basso e trascurabile. Nel 2004, dopo vari interventi tecnici-organizzativi, procedurali e sanitari, tutti i reparti considerati registravano riduzione dell’indice di rischio (p<0.0001), passando a rischio basso o trascurabile. La sperimentazione di ausili ed arredi 06-porru 19-06-2009 11:47 Pagina 13 PREVENZIONE DEI DISTURBI DEL RACHIDE NEI LAVORATORI DI UN OSPEDALE 13 Tabella 1 - Indicatori di efficacia dell’intervento preventivo multifattoriale Table 1 - Efficacy indicators of a multidimensional preventive intervention Indicatori di sistema/struttura - Impegno della dirigenza nelle tematiche MMP - Investimenti - Sistema di report interni/esterni - Accessibilità e continuità del servizio - Procedure per VdR Indicatori di processo - Protocolli di SS - Accuratezza diagnostica/anamnestica - Gestione idoneità/verifica applicazione - Procedure per I/F - Informatizzazione - Identificazione criticità Indicatori di esito sanitario - Andamento salute generale, giudizi di idoneità, infortuni, disabilità, assenteismo - Identificazione ipersuscettibili - Eventi sentinella - Nuove diagnosi, diagnosi eziologiche, diagnosi precoci - Miglioramento collaborazione con altri specialisti/figure aziendali - Riabilitazione/collocamento di lavoratori disabili/infortunati - Relazione sanitaria Indicatori di esito gestionale/organizzativo - Ore dedicate - Aderenze a procedure per la sicurezza - Conformità alla normativa - Abbandono prassi obsolete - Buone pratiche - Clima aziendale - Valutazioni costo-beneficio Indicatori di esito culturale/formativo - Ore dedicate alla formazione - Verifica programmi di I/F - Didattica - Divulgazione ha permesso di individuare gli ausili più adeguati che comportavano minor numero di sollevamenti, diminuzione trasferimenti sovraccaricanti e operazioni di trasferimento più veloci e di allocarli nei reparti. L’informazione-formazione che aveva coinvolto 140 lavoratori appartenenti a 23 reparti medici e 21 reparti chirurgici ha permesso di aumentare le conoscenze e migliorare le tecniche di movimentazione in modo statisticamente significativo. Il corso di formazione formatori ha coinvolto 49 operatori e ha permesso di aumentare le conoscenze (p< 0.001), ottenere un buono-ottimo livello di apprendimento delle tecniche sia di trasmissione che di esecuzione delle manovre, una discreta capacità di valutazione delle manovre effettuate e diffondere le conoscenze/abilità nei reparti. L’analisi della sintomatologia a carico del rachide evidenzia l’incremento, sia pur non statisticamente significativo, dei soggetti che dichiaravano un miglioramento; è stata riferita buona accettazione dell’ausilio da parte dei pazienti. Le caratteristiche della popolazione sottoposta a SS sono in tabella 2. Nel complesso è stata evidenziata una tendenza alla diminuzione della prevalenza dei lombalgici, soprattutto nei primi anni post intervento (p < 0.01) e tendenza alla diminuzione 06-porru 19-06-2009 11:47 Pagina 14 14 PORRU E COLLABORATORI Tabella 2 - Descrizione della popolazione in studio Table 2 - Study population 2000 2003 770 436 332 275 183 (23,7) 587 (76,3) 89 (20,4) 347 (79,6) 68 (20,5) 264 (79,5) 54 (19,7) 221 (80,3) 24 (5,5) 163 (37,6) 247 (56,9) 21 (6,3) 31 (39,5) 180 (54,5) 13 (4,7) 110 (40) 152 (55,3) 10,2 2-41 11,9 1-34 15,5 4-36 16,9 6-38 374 (48,5) 396 (51,5) 208 (47,7) 228 (52,3) 210 (63,2) 122 (36,8) 205 (61,7) 127 (38,3) 144 (52,3) 131 (47,7) 147 (53,4) 128 (46,6) Assenteismo LBP correlato (giorni) Media Range 16,9 1-110 14,3 1-37 25,5 2-180 12,4 1-50 32,4 4-150 Visite specialistiche (N/% soggetti) 22 (10) 22 (12) 13 (11) 16 (12) 15 (14) Accertamenti (N/% soggetti) 34 (12,6) 18 (5,4) 10 (3) 31 (9,4) 18 (5,8) Terapie (N% soggetti) 63 (28,2) 34 (12,3) 32 (11,6) 59 (21,4) 67 (24,3) Totale soggetti Genere maschi femmine Mansione Capo sala (N/%) Ausiliari/OTA/ASA(N/%) Infermieri Professionali (N/%) Anzianità lavorativa presso il Presidio (anni) Media Range LBP No (N/%) Si (N/%) JDQ (Karasek) Decision Latitude (media) Decision Latitude (range) Job Demand (media) Job Demand (range) Social Support (media) Social Support (range) ODI Classe 1 (N/%) Classe 2 (N/%) Classe 3 (N/%) Classe 4 (N/%) 18 (2,4) 239 (31) 513 (66,6) 66,2 30-90 37,2 17-56 22,1 2-31 2004 2005 2006 2007 64,8 30-126 35,4 10-52 22 3-52 51,5 22-112 34,7 24-48 23,8 14-30 110 (33,1) 161 (48,5) 50 (15) 11 (3,4) 93 (34,1) 139 (50,9) 35 (12,8) 6 (2,2) 06-porru 19-06-2009 11:47 Pagina 15 PREVENZIONE DEI DISTURBI DEL RACHIDE NEI LAVORATORI DI UN OSPEDALE dell’assenteismo con peraltro un’apparente ripresa nel periodo più tardivo. Gli infortuni dell’apparato locomotore causati da MMP sono diminuiti per frequenza e gravità successivamente all’intervento; in particolare l’indice infortunistico/100 lavoratori è passato da 0.9 nel 2001 a 0.2 nel 2003 a 0 nel 2007, valori nettamente inferiori a quelli riportati in altri studi su infermieri italiani. I GI con prescrizioni/limitazioni per MMC formulati nel corso di 10 anni di SS sono risultati pari in media al 14%. In generale, quando il GI è stato applicato, ha determinato miglioramento della sintomatologia e riduzione dell’assenteismo; ciò non è avvenuto se il GI non è stato applicato. DISCUSSIONE Il disegno pre-post senza gruppo di controllo è risultato funzionale alle caratteristiche logistiche/organizzative del contesto lavorativo in cui è stato condotto; ha tenuto conto delle cogenze di legge, rispettando i principi etici che spesso non consentono, in ambiente lavorativo, di randomizzare o selezionare adeguati controlli. Per limitare i problemi di tale disegno, sono stati valutati i possibili ostacoli: eventi storici, tipo di strumentazione/ reporting, regressione verso la media, metodi di misura, effetto maturazione e drop out; le preliminari analisi da noi condotte depongono per un adeguato controllo di tali fattori, risultati nel complesso non particolarmente significativi o improbabili. Tra i possibili limiti vanno segnalati l’utilizzo di indicatori quali sintomatologia, disabilità, assenteismo, influenzati da condizioni anche indipendenti dal lavoro. Tra i punti di forza dello studio: multidisciplinarietà, durata follow-up (8 anni), specificità intervento e conoscenza delle caratteristiche di reparti e mansioni degli OS, possibilità di fornire risposte a problemi concreti, utilizzo di risorse interne, possibilità di valutare risultati a breve e me- 15 dio termine, utilizzo di molteplici indicatori quantitativi-qualitativi, primari e secondari (tabella 1), aver cercato di contrastare i limiti del disegno prepost, coerenza con altri studi di letteratura. CONCLUSIONI Lo studio ha sostanzialmente permesso di evidenziare l’efficacia di un approccio preventivo multifattoriale nella gestione complessiva del LBP negli operatori sanitari che effettuano attività di MMP, contribuendo a migliorare vari indicatori quantitativi e qualitativi, primari e secondari, dimostrando che le aree di intervento sono molteplici. La cultura del pragmatismo e del verificare i risultati attraverso ciò che può essere identificato come buona pratica su base tecnico-scientifica consente di raggiungere benefici per lavoratori, azienda e società e di accrescere la professionalità di coloro che operano per salute e sicurezza dei lavoratori, con particolare riferimento al MdL. Attualmente sono in corso o programmate attività tra cui sperimentazione di nuove metodiche per la VdR e di misure oggettive di carico biomeccanico del rachide, sviluppo di ambulatorio congiunto MdL/fisiatra/fisioterapista, monitoraggio giudizi di idoneità, promozione salute e riabilitazione all’interno dell’azienda. NO POTENTIAL CONFLICT OF INTEREST RELEVANT TO THIS ARTICLE WAS REPORTED BIBLIOGRAFIA 1. LORUSSO A, BRUNO S, L’ABBATE N: A review of low back pain and musculoskeletal disorders among Italian nursing personnel. Ind Health 2007; 45: 637-644 2. MARTIMO KP, VERBEEK J, KARPPINEN J, et al: Manual material handling advice and assistive devices for preventing and treating back pain in workers. Cochrane Database Syst Rev 2007; 18: CD005958 07-pillastrini La 8-06-2009 9:00 Pagina 16 Medicina del Lavoro Med Lav 2009; 100 (Suppl 1): 16-19 Efficacia di un intervento ergonomico sulla postura lavorativa e sul mal di schiena nei videoterminalisti P. PILLASTRINI, R. MUGNAI, LUCIA BERTOZZI, STEFANIA CURTI, F. DE DOMENICO, S. MATTIOLI, F.S. VIOLANTE Unità operativa di Medicina del Lavoro, Ospedale S. Orsola - Alma Mater Studiorum – Università di Bologna KEY WORDS Musculoskeletal disorders; posture; computer terminals SUMMARY «Low back pain among video-terminal workers: ergonomic postural interventions». Background: Several studies report a high prevalence of low back pain (LBP) among video-terminal (VDT) workers. Targeted ergonomic interventions can help reduce the burden. Objectives: We investigated the long-term efficacy of an ergonomic postural intervention to address LBP among VDT workers. Study design: Non-randomized, crossover trial. Population and setting: Four hundred employees working in the administrative offices of the two main buildings of the town hall of Forlì who used VDTs for at least 20 hours a week; we randomly selected 100 participants from each building. Intervention: Ergonomic adjustment of the VDT workstation design. Outcome measures: Changes in prevalence of LBP and work-related posture. Results: The ergonomic adjustment of the workstation improved work-related posture and reduced LBP in VDT operators who benefited from the intervention. Conclusions: A personalized ergonomic prevention intervention can improve work-related posture and LBP for VDT workers. RIASSUNTO Numerosi studi riportano un’alta prevalenza di lombalgia (LBP) nei lavoratori addetti al videoterminale (VDT). È stato dimostrato che un corretto intervento ergonomico può contribuire alla sua riduzione. Si è valutata l’efficacia di un intervento di prevenzione ergonomica nel determinare un miglioramento della postura lavorativa e della prevalenza di LBP nei videoterminalisti. Il disegno dello studio è quello di crossover non randomizzato con follow-up ripetuti a 5, 12 e 30 mesi dalla baseline e a 6 mesi dal crossover. La popolazione dello studio è rappresentata da 400 lavoratori, che svolgono mansioni d’ufficio in 2 edifici amministrativi del comune di Forlì e che trascorrono almeno 20 ore/settimana al VDT. Sono stati selezionati random 100 partecipanti per ciascun edificio. L’intervento oggetto di indagine della presente ricerca è l’aggiustamento ergonomico di ciascuna postazione di lavoro al VDT. Abbiamo valutato la postura lavorativa e la presenza di lombalgia utilizzando rispettivamente il Rapid Entire Body Assessment Method e il Pain Drawing. L’intervento ergonomico si è dimostrato efficace nel determinare un miglioramento della postura lavorativa e la riduzione della prevalenza di LBP, con mantenimento di questi risultati positivi per almeno 30 mesi. Un intervento di prevenzione ergonomica individualizzato può determinare un miglioramento della postura lavorativa e una riduzione della prevalenza di LBP nei videoterminalisti. Corrispondenza: Prof. Paolo Pillastrini, UO Medicina del Lavoro, Università di Bologna, Policlinico Sant’Orsola-Malpighi, via Palagi 9, 40138 Bologna - E-mail: [email protected] 07-pillastrini 8-06-2009 9:00 Pagina 17 EFFICACIA DI UN INTERVENTO ERGONOMICO SULLA POSTURA LAVORATIVA INTRODUZIONE La letteratura scientifica è concorde nell’affermare che un utilizzo prolungato del videoterminale (VDT) comporti un aumentato rischio di insorgenza di disturbi muscoloscheletrici (2). È largamente riconosciuto che una proporzione significativa dei disturbi muscoloscheletrici sia legata alla struttura del luogo di lavoro e della postazione (6). In uno studio italiano condotto su 210 lavoratori al videoterminale è stata stimata una prevalenza di lombalgia (LBP) del 58,4% (1). Demure et al (2) hanno ottenuto, con un intervento di correzione ergonomica della postazione di lavoro di 118 lavoratori al VDT, una riduzione della prevalenza di LBP del 43% ad un follow-up di 1 anno. Risultati simili sono stati ottenuti da Pillastrini et al (8) che ha riportato, ad un follow-up a 5 mesi una riduzione significativa della prevalenza di LBP ed un miglioramento della postura lavorativa nei partecipanti che hanno ricevuto un intervento di correzione ergonomica della postazione di lavoro al VDT rispetto al gruppo di controllo. Obiettivo della presente ricerca è valutare l’efficacia di un intervento ergonomico personalizzato nel determinare un miglioramento della postura lavorativa e della prevalenza di LBP in operatori addetti al VDT. MATERIALI E METODI Il presente studio, della durata complessiva di 36 mesi, è stato condotto secondo le modalità di trial non-randomizzato con crossover. La popolazione dello studio, costituita dal personale amministrativo del Comune di Forlì, è composta da 400 impiegati che svolgono mansioni d’ufficio ed utilizzano il VDT per almeno 20 ore/settimana. I 400 partecipanti svolgevano le medesime tipologie di mansioni ed erano ubicati in 2 edifici distinti. Da ogni edificio sono stati selezionati in modo randomizzato 100 individui, i quali sono andati rispettivamente a costituire il Gruppo 1 (che ha ricevuto l’intervento ergonomico nel primo periodo) e il Gruppo 2 (che ha ricevuto l’intervento ergonomico nel periodo del crossover). Questa procedura è stata preferita ad una randomizzazione individuale dei lavoratori comuna- 17 li per evitare bias di contaminazione. La prima valutazione è stata eseguita due settimane prima dell’intervento e i follow-up sono stati ripetuti a 5 mesi, 12 mesi, 30 mesi e 36 mesi. Alla baseline ad entrambi i gruppi è stata consegnata una brochure informativa coerente con le disposizioni della normativa nazionale italiana in materia per i videoterminalisti. L’intervento oggetto dello studio è costituito dalla correzione ergonomica della postazione di lavoro al VDT, effettuato da un fisioterapista esperto in ergonomia. L’intervento ergonomico è stato somministrato alla baseline a tutti i partecipanti del Gruppo 1, quindi, 2 settimane dopo il trentesimo mese, è stato effettuato il crossover, somministrando lo stesso intervento ai soggetti del Gruppo 2. Il fisioterapista ha eseguito il proprio intervento in base alle indicazioni fornite dalla legislazione italiana ed ai corretti criteri ergonomici presenti in letteratura, correggendo le posture scorrette e modificando il setting lavorativo (3, 7). La postura lavorativa è stata valutata utilizzando il metodo Rapid Entire Body Assessment (REBA), strumento di analisi posturale di tipo quantitativo, che analizza la postura dell’intero corpo ed è ideale per le posture statiche (lavoro al VDT) (9). Questo strumento analizza la postura tramite la misurazione degli angoli articolari e osservando il carico/forza, la ripetitività dei movimenti e la frequenza dei cambi di postura. La postura di collo, rachide dorso-lombare, spalle, gomiti, polsi e ginocchia è raggruppata in ranges. Ogni range posturale, relativo alla regione anatomica in esame, è associato ad uno score, il cui valore cresce progressivamente con l’allontanamento dalla posizione neutra specifica per quel distretto anatomico. Lo score A corrisponde alla somma dei singoli scores riguardanti la postura di collo, rachide dorso-lombare e ginocchia con lo score relativo a carico/forza, mentre lo score B è la somma degli scores riguardanti la postura di spalle, gomiti e polsi con lo score relativo alle condizioni di presa per ciascuna mano. Il valore finale dell’indice deriva da una tabella di correlazione tra i punteggi dello score A e dello score B (score C) a cui viene sommato l’Activity score che considera il tipo di movimenti, le azioni eseguite e la ripetitività (4). La misurazione degli angoli articolari di ciascun distretto anatomico analizzato col metodo REBA è stata ottenuta fotografando ciascun parte- 07-pillastrini 8-06-2009 9:00 Pagina 18 18 PILLASTRINI E COLLABORATORI cipante, durante lo svolgimento delle usuali attività lavorative, sul piano sagittale (destra e sinistra) e coronale (davanti e dietro). Le fotografie sono state effettuate da un terzo professionista sanitario, in cieco rispetto all’assegnazione dei gruppi, posizionando la macchina fotografica ad 1 metro dal livello del suolo e a 3 metri di distanza dal lavoratore. Gli angoli articolari, richiesti dal metodo REBA, sono stati misurati direttamente sulle immagini fotografiche con l’ausilio di un goniometro. La prevalenza di disturbi muscoloscheletrici localizzati a polsi, mani, spalle, collo e rachide lombare è stata valutata utilizzando un pain drawing. Il pain drawing consiste nella raffigurazione di una silhouette corporea associata a 7 simboli che rappresentano le differenti modalità di sintomatologia algica (5). I partecipanti sono stati istruiti a riportare sulla silhouette corporea, nelle aree anatomiche interessate dal dolore, i simboli che corrispondono alla propria intensità e tipologia di sintomatologia percepita. LBP. L’andamento del punteggio REBA e della prevalenza di LBP nei 3 anni è riassunta nella tabella 1. Nel primo periodo l’intervento ergonomico si è dimostrato efficace nel determinare una riduzione del punteggio REBA e della prevalenza di LBP nel Gruppo 1, a differenza del Gruppo 2, dove i punteggi si sono mantenuti sostanzialmente stabili nei 30 mesi iniziali. In particolare, esaminando le differenze rispetto alla baseline, l’intervento ergonomico ha determinato una riduzione significativa nel gruppo 1 rispetto al gruppo 2 riguardo entrambi gli outcomes valutati al follow-up a 5, 12 e 30 mesi (dati non mostrati). L’efficacia dell’intervento ergonomico è stata confermata dai risultati del crossover; infatti il Gruppo 2 ha riportato nel follow-up a 36 mesi, rispetto al follow-up a 30 mesi, un decremento di 1.05±1.07 punti del punteggio REBA e una riduzione del 23% della prevalenza di LBP, che sono risultati significativi rispetto alle variazioni degli score nel Gruppo 1. RISULTATI DISCUSSIONE 153 dei 200 partecipanti iniziali hanno completato lo studio, rispettivamente 80 nel gruppo 1 e 73 nel gruppo 2. I dropouts sono stati causati da malattia/infortunio o maternità e non per ferie. Alla Baseline i due gruppi si sono dimostrati omogenei riguardo le variabili demografiche, caratteristiche dell’attività lavorativa, REBA score e prevalenza di Questo studio ha messo in evidenza come un intervento ergonomico personalizzato possa determinare un miglioramento della postura lavorativa ed una riduzione di LBP in operatori al VDT. Al contrario l’utilizzo della sola brochure informativa si è dimostrato insufficiente, in quanto i lavoratori si sono mostrati reticenti nel modificare le proprie Tabella 1- REBA score e prevalenza di Lombalgia Table 1 - REBA scores and low back pain prevalence Baseline Follow-up 5 mesi Follow-up 12 mesi Follow-up 30 mesi Follow-up 36 mesi Gruppo 1 Gruppo 2 Gruppo 1 Gruppo 2 Gruppo 1 Gruppo 2 Gruppo 1 Gruppo 2 Gruppo 1 Gruppo 2 (N=100) (N=100) (N=99) (N=97) (N=95) (N=90) (N=85) (N=76) (N=80) (N=73) REBA, mean ± SD REBA Score 4,9±1,2 Score A 2,8±1,2 Score B 2,8±1,1 Sintomi, % (n/N) Low back 51,0 (51/100) 4,8±1,1 2,7±1,1 2,6±1,1 3,6±0,9 1,8±0,8 1,7±0,9 4,9±1,3 2,8±1,1 2,8±1,3 3,7±1,0 1,9±1,1 1,7±1,0 4,8±1,3 2,9±1,3 2,4±1,2 4,0±1,2 2,3±1,3 1,5±0,8 5,0±1,2 3,2±1,2 2,0±1,2 4,0±0,9 2,4±1,1 1,3±0,7 4,0±1,0 2,4±1,2 1,3±0,5 42,0 (42/100) 25,3 (25/99) 36,1 (35/97) 31,6 (30/95) 36,7 (33/90) 35,3 (30/85) 47,4) (36/76 30,0 (24/80) 23,3 (17/73) 07-pillastrini 8-06-2009 9:00 Pagina 19 EFFICACIA DI UN INTERVENTO ERGONOMICO SULLA POSTURA LAVORATIVA postazioni di lavoro senza la guida, la supervisione e le spiegazioni del fisioterapista. I punti di forza di questo studio possono essere individuati nel lungo periodo di follow-up e nel disegno dello studio (crossover trial). I punti di debolezza sono dati dal fatto che le fotografie, utilizzate per il metodo REBA, rappresentano l’immagine di un momento e non descrivono l’intero range di posture e movimenti degli operatori addetti al VDT nell’arco della giornata lavorativa. CONCLUSIONI Considerando la continua crescita dell’utilizzo del VDT in ambito lavorativo, questo studio sottolinea l’importanza di una maggior consapevolezza ed attenzione da parte dei datori di lavoro e dei lavoratori stessi riguardo sia i principali fattori di rischio per l’insorgenza di patologie muscoloscheletriche sia le misure finalizzate a prevenirli. Nonostante negli ultimi anni la ricerca nell’ambito della prevenzione dei disturbi muscoloscheletrici legati all’utilizzo del VDT abbia avuto un incremento esponenziale, motivato dall’impatto economico di questa patologia, ulteriori studi sono necessari per definire il modello di intervento più efficiente dal punto di vista del rapporto costi/benefici. NO POTENTIAL CONFLICT OF INTEREST RELEVANT TO THIS ARTICLE WAS REPORTED 19 BIBLIOGRAFIA 1. BRACCI M, CROCE N, BALDASSARI M, et al: Low back pain in VDT operators: importance of sports activities. G Ital Med Lav Ergon 2007; 29: S563-S564 2. DEMURE B, MUNDT KA, BIGELOW C, et al: Video display terminal workstation program, II: baseline associations between musculoskeletal discomfort and ergonomics features of workstations. J Occup Environ Med 2000; 42: 792-797 3. GUIDELINES FOR VDT USE: Decree issued by the Ministry of Labour and Social Policies in concern with the Ministry of Health. Available at: http://www.lavoro.gov.it/NR/ rdonlyres/C09F15DC-5A6A-458F-95B0_D29D13673 A03/0/20001002_DI.pdf 4. HIGNETT S, MCATAMNEY L: Rapid entire body assessment (REBA). Appl Ergon 2000; 31: 201-205 5. MARGOLIS RB, CHIBNALL JT, TAIT RC: Test-retest reliability of the pain drawing instrument. Pain 1988; 33: 49-51 6. NATIONAL RESEARCH COUNCIL: Musculoskeletal disorders and the workplace, low back and upper extremities. National Research Council. Washington: National Academy Press, 2001: 301-329 7. OCCUPATIONAL SAFETY & HEALTH ADMINISTRATION: Working Safely with Video Display Terminals. Available at: http://www.osha.gov/Publications/videoDisplay/ videoDisplay.html 8. PILLASTRINI P, MUGNAI R, FARNETI C, et al: Evaluation of two preventive interventions for reducing musculoskeletal complaints in operators of video display terminals. Phys Ther 2007; 87: 536-544 9. REBA EMPLOYEE WORKSHEET : Available at: http:// personal.health.usf.edu/tbernard/HollowHills/REBA.pdf 08-perbellini La 19-06-2009 11:50 Pagina 20 Medicina del Lavoro Med Lav 2009; 100 (suppl 1): 20-23 Ipoacusia da rumore: i programmi di sorveglianza sanitaria sono sempre efficaci? L. PERBELLINI, N. VERONESE, E. RAINERI, MARTA RAVA*, A. RIOLFI Medicina del Lavoro * Unità di Statistica ed Epidemiologia - Università degli Studi di Verona KEY WORDS Audiometric test; noise exposure SUMMARY «Noise-induced hearing loss: are health service surveillance programs always effective?». Objectives: To evaluate noise-induced hearing loss in a group of workers at a steel engineering works over a 20 year period (19791999). Methods: A total of 2431 audiometric tests were performed in 708 workers (in 1979, 1984, 1989, 1994 and 1999). Audiometric tests were classified so that hearing loss could be assessed over time. Additionally, personal noise exposure was measured for each worker (average, 85 dB(A) in tests carried out in 1992, 1996 and 1999). Results: Over 5 years of noise exposure, mean cumulative incidence of noise-induced hearing loss was 8,2%. Over 10 years of exposure (1979-89 or 1984-94 or 1989-99), the mean incidence was 15,3%. This percentage increased to 22,9% and 25,7% when the exposure lasted 15 or 20 years respectively. Conclusions: The considerable incidence of noise-induced hearing loss within the wide group of steel workers examined greatly exceeds the expected incidence related to the occupational exposure limits. The Evidence Based Occupational Medicine suggests that our health surveillance was not effective enough. RIASSUNTO È stata analizzata l’incidenza delle ipoacusie da rumore in un gruppo di lavoratori di una acciaieria in un periodo di 20 anni. 708 lavoratori si sono sottoposti a 2431 esami audiometrici nei seguenti anni: 1979, 1984, 1989, 1994 e 1999. Le audiometrie sono state classificate in modo da poterne valutare l’evoluzione nel tempo. Nel 1992, 1996 e 1999 è stata anche valutata la loro esposizione individuale a rumore. L’incidenza cumulativa per esposizioni della durata di 5 anni è risultata, in media, paria al 8,2%. Quando l’esposizione perdurava 10 anni (1979-89 o 198494 o 1989-99), l’incidenza media aumentava al 15,3%, per raggiungere valori del 22,9 e del 25,7% quando le esposizioni erano rispettivamente di 15 e 20 anni. Una tale incidenza di ipoacusie supera considerevolmente i valori attesi dai calcoli teorici che considerano l’intensità e la durata delle esposizioni del gruppo di lavoratori. La “Evidence Based Occupational Medicine” suggerisce che la nostra sorveglianza sanitaria non è stata sufficientemente efficace. INTRODUZIONE Spesso gli studi sulle ipoacusie professionali riguardano analisi epidemiologiche ed interventi di prevenzione. I risultati della prevenzione, considerati dal punto di vista delle evidenze, sono oggetto di lavori di grande interesse e talvolta riguardano amplissimi gruppi di lavoratori (3, 8). Altre ricer- Corrispondenza: Prof. Luigi Perbellini, Dipartimento di Medicina e Sanità Pubblica, Università di Verona, Piazzale L.A. Scuro 10, 37134 Verona, Italy - E-mail: [email protected] 08-perbellini 19-06-2009 11:50 Pagina 21 IPOACUSIA DA RUMORE: EFFICACIA DELLA SORVEGLIANZA SANITARIA che analizzano l’efficacia della formazione sull’uso dei dispositivi di protezione individuale (DPI) (1, 4), le norme tecniche nella valutazione del rischio (2), la relazione dose-risposta della patologia (8, 9), l’appropriatezza della diagnosi e della denuncia da parte dei medici competenti (10). Osservazioni di carattere più generale e su ampia scala come quella di Davies et al. (3) e Kurmis e Apps (6), nelle loro revisioni critiche della letteratura internazionale concludono che l’ipoacusia da rumore è una malattia senz’altro prevenibile, ma tuttora incombente laddove il rumore persista. Il presente lavoro descrive l’andamento delle ipoacusie dal 1979 al 1999 in un gruppo di lavoratori metalmeccanici di un’azienda italiana. 21 ratori normoacusici; 2) lavoratori con iniziale innalzamento della soglia uditiva (classe 1 secondo Merluzzi; 3) lavoratori con ipoacusie più gravi appartenenti alle classi 2, 3, 4 e 5 secondo Merluzzi. Il primo gruppo è stato considerato gruppo di controllo e i confronti sono stati condotti rispetto agli altri due gruppi. L’analisi statistica ha utilizzato la regressione logistica multinomiale ed ha considerato tra le caratteristiche predittive individuali abitudini voluttuarie come il fumo e l’introito alcolico, l’età e l’anzianità espositiva all’ultima audiometria. Le analisi sono state eseguite con l’ausilio del software Stata8® (StataCorp 2001, Seattle, USA). RISULTATI MATERIALI E METODI Nel corso di venti anni sono stati esaminati 669 lavoratori di sesso maschile di un’acciaieria, di età media 37,7 anni (SD=9) e anzianità lavorativa media 14,9 anni (SD=7,4). Il numero dei lavoratori esaminati negli anni 1979, 1984, 1989, 1994 e 1999 è stato rispettivamente di 154, 294, 520, 667 e 654. Audiometrie: Le audiometrie tonali venivano eseguite in condizioni di riposo acustico in cabina silente; in particolare venivano testate le frequenze di 250, 500, 1000, 2000, 3000, 4000, 6000, 8000 Hz per via aerea e 500, 1000, 2000, 3000, 4000 Hz per via ossea. Questo studio si è basato su 2284 audiometrie eseguite negli anni 1979, 1984, 1989, 1994 e 1999; alcuni lavoratori (144) sono stati esaminati in tutte le occasioni, altri in 2-4 fasi. I tracciati audiometrici sono stati valutati secondo quanto proposto da Merluzzi et al. (7), in accordo con il metodo di Klockoff et al (5). Esposizione personale a rumore: L’esposizione personale a rumore è stata misurata nel 1992, nel 1996 e nel 1999; i livelli medi sono risultati rispettivamente di 85,2 dB(A), 85,4 dB(A) e 85,0 dB(A). Analisi statistica: I lavoratori sono stati suddivisi per classi di 5 anni di età e anzianità lavorativa. Per le ipoacusie, è stata calcolata l’incidenza cumulativa su periodi di 5, 10, 15 e 20 anni di esposizione. I lavoratori sono stati suddivisi in tre gruppi: 1) lavo- L’incidenza cumulativa di ipoacusia da rumore nel gruppo in esame nei quinquenni 1979-84, 1985-89, 1990-94 e 1995-99 ammonta rispettivamente al 9,7% , 8,2% , 6,3% e 8,7%, mentre nei decenni 1979-89, 1984-94, 1989-99 è stata rispettivamente del 15,7% , 15,9% e 14,2%. Circa il 15% dei lavoratori esposti a rumore per dieci anni ha sviluppato ipoacusia e tale percentuale si è confermata con lievi differenze nelle diverse decadi (1979-89, 1984-94, 1989-99). Un’esposizione a rumore di quindici anni è associata ad una percentuale cumulativa di ipoacusia da rumore del 22,9% con poche differenze nei due periodi considerati (1979-1994 e 1984-1999). L’incidenza cumulativa di ipoacusia da rumore lungo i venti anni considerati ha riguardato il 25,7% dei lavoratori, circa la metà dei quali ha avuto un rilevante peggioramento della sensibilità uditiva. La figura 1 riassume l’incidenza cumulativa di ipoacusie per esposizioni di 5, 10, 15 e 20 anni a rumore: è molto chiaro l’incremento progressivo dell’incidenza delle ipoacusie che passa dal 8,2% dei lavoratori dopo i primi 5 anni, al 25,7% nel periodo di venti anni. Il modello finale di regressione logistica ha stabilito una associazione significativa dell’età con l’ipoacusia da rumore (p<0,001; CI 95%), al netto di possibili fattori di confondimento; lavoratori di età compresa tra i 41 e i 65 anni mostrano una probabilità di peggioramento maggiore più di quindici volte rispetto ai lavoratori di età compresa tra 19 e 30 anni. La proporzione di soggetti con 08-perbellini 22 19-06-2009 11:50 Pagina 22 PERBELLINI E COLLABORATORI Figura 1 - Incidenza media di ipoacusie da rumore a 5, 10, 15 e 20 anni di esposizione al rischio. La colonna in grigio chiaro mostra l’incidenza cumulative delle ipoacusie lievi (classe 1 della classificazione di Merluzzi), mentre la colonna in grigio scuro evidenzia l’incidenza di ipoacusie da rumore di classe superiore a 1 Figure 1 - Mean incidence of noise-induced hearing loss after 5, 10, 15 and 20 years of exposure. The light grey part of the columns shows the cumulative incidence of mild hearing losses (Merluzzi class 1), while the dark grey part of the columns shows the incidence of noise induced hearing loss higher than Merluzzi class 1 ipoacusia da rumore (incidenza cumulativa) aumenta anche con la durata dell’esposizione: lavoratori con esposizione maggiore di 16 anni mostrano incidenza cumulativa quattro volte superiore di quelli con esposizione fino a dieci anni. Nessuna relazione statisticamente significativa è stata trovata tra ipoacusia da rumore e il peso corporeo espresso come indice di massa corporea (kg/m 2). Inoltre, nessuna relazione è stata trovata tra l’ipoacusia e l’abitudine al fumo di sigaretta, mentre è stata individuata una debole e statisticamente non significativa relazione con l’introito alcolico. La prevalenza delle ipoacusie di classe superiore alla 1 della Scala Merluzzi (riguardanti quindi anche le frequenze tra 500 e 3000 Hz) è stata rispettivamente del 3,2-3,7 – 2,7-2,7 e 4,6% negli anni 1979, 1984, 1989, 1994 e 1999. Abbiamo cercato di individuare alcuni elementi che potessero spiegare una così elevata incidenza di ipoacusie da rumore nel gruppo di lavoratori considerati. L’esposizione a rumore era diffusa e interessava una proporzione importante dei lavoratori dell’azienda: 13,5%-10,8% e 7,2% dei lavoratori nel 1992, 1996 e 1999 rispettivamente erano esposti a rumore eccedente i 90 dB(A) (i lavoratori esposti a rumore oltre 88 dB(A) nello stesso periodo erano il 23,1 – 22,6 e 16,4% rispettivamente). Le intensità di rumore maggiori non erano localizzate in poche aree specifiche dello stabilimento, ma riguardavano diverse postazioni di lavoro ampiamente distribuite. Solo una piccola sezione con 16 lavoratori era caratterizzata da rumore costantemente elevato con livello medio di circa 92 dB(A). Nel 1999 il 10,9% dei lavoratori era esposto a rumore ambientale inferiore a 80 dB(A), il 41% a rumore compreso tra 80 e 85 dB(A), il 40,7% a rumore compreso tra 85,1 e 90 dB(A) e il 7,2% a rumore oltre 90 dB(A). L’incidenza delle ipoacusie non percettive non ha ovviamente trovato alcuna associazione con l’intensità dell’esposizione a rumore ed è rimasta sostanzialmente costante nell’ampio periodo di tempo considerato. DISCUSSIONE L’incidenza dell’ipoacusia da rumore nel nostro campione è senz’altro elevata, molto più alta delle stime teoriche che vengono proposte dagli Igienisti Industriali. L’utilizzo dei DPI uditivi (ampiamente disponibili in varie forme) era regolare e supportato dalla formazione (un controllo molto attento e costante del loro uso è tuttavia difficilmente verificabile). Il ciclo lavorativo non prevedeva utilizzo di sostanze ototossiche. Il rumore impulsivo era quello prevalente e non si può escludere un suo coinvolgimento nelle patogenesi delle ipoacusie segnalate. Nonostante l’applicazione delle normative e la formazione, anche sull’impiego degli otoprotettori, alla luce delle evidenze i nostri sforzi nella prevenzione delle ipoacusie da rumore si sono dimostrati insufficienti. Recenti ed interessanti pubblicazioni (3, 6) su gruppi di lavoratori molto ampi confermano quanto da noi segnalato e sottolineano che, in caso di esposizioni a rumore superiori a 80 dB(A), nuovi casi di ipoacusia da rumore continuano a comparire nonostante tutto l’impegno preventivo che si può produrre. Le recenti normative comunitarie e nazionali che hanno ridotto le precedenti soglie di azione e 08-perbellini 19-06-2009 11:50 Pagina 23 IPOACUSIA DA RUMORE: EFFICACIA DELLA SORVEGLIANZA SANITARIA limite per l’esposizione a rumore esprimono l’inadeguata capacità di protezione delle precedenti e la necessità di ulteriori sforzi tecnici e medici per combattere i danni da rumore. NO POTENTIAL CONFLICT OF INTEREST RELEVANT TO THIS ARTICLE WAS REPORTED BIBLIOGRAFIA 1. DANIELL WE, SWAN SS, MCDANIEL MM, et al: Noise exposure and hearing conservation practices in an industry with high inicidence of workers’ compensation claims for hearing loss. Am J Ind Med 2002; 42: 309317 2. DANIELL WE, SWAN SS, MCDANIEL MM, et al: Noise exposure and hearing loss prevention programmes after 20 years of regulations in the United States. Occup Environ Med 2006; 63: 343-351 3. DAVIES H, MARION S, TESCHKE K: The impact of hearing conservation programs on incidence of noise-induced hearing loss in Canadian workers. Am J Ind Med 2008 Aug 25 [Epub ahead of print] 23 4. JOSEPH A, PUNCH J, STEPHENSON M. et al: The effects of training format on earplug performance. Int J Audiol 2007; 46: 609-618 5. KLOCKOFF I, DRETTNER B, SVEDBERG A: Computerized classification of screening audiometry date from noise exposed groups. Audiology 1974; 13: 326-334 6. KURMIS AP, APPS SA: Occupationally-acquired noiseinduced hearing loss: a senseless workplace hazard. Int J Occup Med Environ Health 2007; 20: 127-136 7. MERLUZZI F, CORNACCHIA L, PARIGI G, TERRANA T: Metodologia di esecuzione del controllo dell’udito dei lavoratori esposti a rumore (Method for checking auditory sensitivity in noise-exposed workers). Nuovo Arch Ital Otol 1979; 7: 695-714 8. RABINOWITZ PM, GALUSHA D, DIXON-ERNST C, et al: Do ambient noise exposure levels predict hearing loss in a modern industrial cohort? Occup Environ Med 2007; 64: 53-59 9. RUBAK T, KOCH SA, KOEFOED-NIELSEN B, et al: The risk of noise-induced hearing loss in the Danish workforce. Noise Health 2006; 8: 80-87 10. SPREEUWERS D, DE BOER A, VERBEEK J, et al: Diagnosing and reporting of occupational diseases: a quality improvement study. Occup Med 2008; 58: 115121 09-magnavita La 19-06-2009 11:51 Pagina 24 Medicina del Lavoro Med Lav 2009; 100 (Suppl 1): 24-28 Esperienze di prevenzione nelle Aziende Sanitarie. Le aggressioni ed i disturbi muscoloscheletrici N. MAGNAVITA Istituto di Medicina del Lavoro, Università Cattolica, Roma KEY WORDS Safety management; low back pain SUMMARY «Experience of prevention activities in local health units. Assaults and musculoskeletal disorders». Background: Assaults against health care workers and musculoskeletal disorders are two significant issues for occupational health physicians. Training (the most common form of proposed intervention) by itself is not effective in reducing adverse effects. Case report: Two field studies are reported. The first experience targeted physical violence against nursing assistants in a long-term psychiatric care unit. The basic programme included architectural, organizational, educational, and clinical efforts and led to a significant reduction in aggressive behaviour by patients. The second experience, concerning prevention of musculoskeletal disorders in hospital workers, was based upon participatory ergonomic, educational, and rehabilitation measures. After the intervention, the prevalence of musculoskeletal symptoms decreased moderately, but significantly. Increased fitness for work was observed in workers. Conclusion: Multi-level and multi-purpose prevention programmes can be effective in reducing occupational health problems among health care workers. RIASSUNTO Il medico del lavoro deve fronteggiare un insieme complesso di problemi nei luoghi di lavoro. Nelle attività sanitarie le aggressioni contro il personale e i disturbi muscoloscheletrici sono tra i più rilevanti. La formazione dei lavoratori, che è l’intervento preventivo più comunemente proposto, non si è dimostrato efficace, da solo, nel ridurre gli effetti negativi dei fattori di rischio. Vengono descritte due esperienze. Nella prima si è affrontato il tema della violenza fisica contro gli operatori in una struttura psichiatrica. Il programma di minimizzazione, che comprendeva misure architettoniche, organizzative, educative e cliniche; ha determinato una significativa riduzione delle aggressioni da parte dei pazienti. La seconda esperienza, relativa alla gestione dei disturbi muscolo-scheletrici, ha riguardato due aziende sanitarie, e si è basata su attività di ergonomia partecipativa, misure educative e riabilitative. Alla fine dell’intervento la frequenza dei disturbi muscoloscheletrici è risultata moderatamente, ma significativamente ridotta. I lavoratori hanno trovato un maggiore adattamento al lavoro. Gli sforzi preventivi basati su programmi multi-livello e polivalenti sono efficaci nel ridurre i problemi correlati al lavoro. Corrispondenza: Dr. Nicola Magnavita, Istituto di Medicina del Lavoro, Università Cattolica, Largo Gemelli 8, 00168 Roma, Italy E-mail: [email protected]; [email protected] 09-magnavita 19-06-2009 11:51 Pagina 25 ESPRERIENZE DI PREVENZIONE NELLE AZIENDE SANITARIE INTRODUZIONE 25 La violenza contro gli operatori sanitari è un problema ben noto. Il nostro Ministero della Salute ha recentemente formulato una Raccomandazione che impegna le aziende sanitarie a prevenire il fenomeno (12). Le aggressioni contro il personale da parte dei pazienti sono frequenti soprattutto negli ambienti psichiatrici (5). La tendenza a sottovalutare e non riportare il fenomeno, ritenendolo parte della normale attività assistenziale (6), è uno degli ostacoli per l’azione di prevenzione. lenza e le caratteristiche della violenza contro gli operatori, somministrando il VIF (Violent Incident Form) di Arnetz (1) nel corso delle visite periodiche. La somministrazione dei questionari è stata ripetuta nelle successive visite mediche. Contemporaneamente è stato attuato un programma di minimizzazione della violenza nel quadro del più generale miglioramento della qualità dell’azienda. Tale programma, articolato su più livelli e dilazionato negli anni, ha compreso: a) misure architettoniche, consistenti nell’ampliamento dei laboratori nei quali gli assistiti trascorrono le attività diurne, così da consentire l’assistenza di un maggior numero di soggetti da parte di un team di lavoratori, e nel miglioramento delle caratteristiche generali dei locali (percorsi, illuminazione, segnali di allarme, ecc.); b) misure organizzative, consistenti nella suddivisione degli assistiti in aree di differente gravità clinica, ciascuna assegnata ad una equipe finalizzata al raggiungimento di obiettivi terapeutici specifici; c) educazione dei lavoratori, tramite un programma di formazione suddiviso in differenti moduli riguardanti le competenze generali sulle aggressioni, le procedure di segnalazione degli incidenti, le specifiche strategie di sicurezza, le tecniche di identificazione e gestione dei pazienti agitati e le modalità di comunicazione. Materiale e metodi Risultati L’azienda in esame è un centro di riabilitazione di soggetti affetti da minorazioni fisiche, psichiche e/o sensoriali, sorto inizialmente come opera filantropica per il ricovero di ritardati mentali in un antico convento di frati minori ai quali era stato donato da Innocenzo IV (1243-1254). Come è facile immaginare, la struttura ha posto innumerevoli problemi di adeguamento agli standard igienici, di accesso e movimentazione e di sicurezza generale. La progressiva risoluzione di questi problemi ha consentito al servizio di sorveglianza sanitaria di rivolgere la propria attenzione al fenomeno della violenza contro i lavoratori, che era misconosciuto. Nel 2001 è stata condotta una indagine mediante questionari (10) al fine di determinare la preva- Nel 2001, il personale ha riportato 26 incidenti violenti. Diciannove di queste aggressioni erano occorse negli ultimi 12 mesi. La maggior parte del personale di assistenza (66,7%) aveva subito almeno una aggressione nel corso della vita lavorativa, e il 48,7% nell’ultimo anno. Le aggressioni erano frequentemente scatenate dai comandi del personale, o dai tentativi di controllare comportamenti aggressivi dei pazienti. I lavoratori ritenevano che la maggior parte degli assalti fossero prevedibili, e indicavano la mancanza di formazione specifica del personale come una delle cause determinanti. Esse erano più frequenti verso il personale diurno che verso quello notturno e riguardavano quasi L’insieme complesso e continuamente mutevole dei problemi per la salute e sicurezza dei lavoratori costringe il medico del lavoro ad applicare tecniche diverse, in gran parte mutuate da altre discipline. Il segno distintivo della disciplina non sta nell’originalità delle misure proposte, ma nella capacità di selezionare e integrare i contributi di discipline eterogenee, finalizzandoli ad un miglioramento della salute nel luogo del lavoro misurabile e sostenuta nel tempo. PARTE 1. LE AGGRESSIONI CONTRO IL PERSONALE SANITARIO 09-magnavita 19-06-2009 26 11:51 Pagina 26 MAGNAVITA esclusivamente il personale non qualificato. L’assalto fisico si traduceva in pugni (42%), schiaffi (26%), tirate di capelli (21%), sputi (5%). Erano anche segnalate aggressioni verbali e minacce. Le lesioni fisiche erano trascurabili nella maggior parte dei casi, ma non mancavano conseguenze gravi: in un caso una assistente 53enne colpita con un pugno da una giovane schizofrenica ha riportato una frattura della base cranica, inizialmente non diagnosticata (anche perché l’incidente non era stato riportato), con residua cefalea e liquorrea (erroneamente interpretata come rinorrea). Le conseguenze psicologiche degli assalti comprendevano paura, ansia, umiliazione, sensazione di isolamento, talora reazioni di evitamento. Una assistente 36enne sviluppò una grave sindrome post-traumatica da stress, con persistenti sensazioni di ansia e allarme e perdita di concentrazione, così da risultare temporaneamente non idonea all’assistenza dei malati. Nelle indagini trasversali condotte nel 2004 e nel 2007 la frequenza delle aggressioni nell’ultimo anno risultava sensibilmente ridotta: 6 casi nei 12 mesi precedenti le visite periodiche del 2004, 2 casi nel 2007. Discussione Non è possibile indicare quale, tra i diversi interventi messi in atto, abbia svolto il ruolo principale nel ridurre la frequenza delle aggressioni. Certamente la trasformazione della missione della struttura, da semplice struttura alberghiera e di contenzione a istituto di riabilitazione, ha determinato un atteggiamento più corretto verso il disagio mentale. La riorganizzazione dei lavoratori in squadre, oltre a migliorare il rapporto terapeutico, ha limitato i momenti in cui un lavoratore si trova isolato e quindi più facile bersaglio di aggressioni. La formazione ha indotto i lavoratori a non considerare le aggressioni come una normale parte del lavoro, e ha consentito di sviluppare le capacità necessarie a disinnescare tempestivamente i conflitti e a segnalare ai terapeuti i pazienti agitati prima che si abbia a verificare la perdita di controllo. PARTE 2. GESTIONE PARTECIPATIVA DEI DISTURBI MUSCOLO-SCHELETRICI Le attività ospedaliere espongono i lavoratori ad un insieme di fattori di rischio per l’apparato scheletrico: movimentazione manuale dei carichi (infermieri professionali, ausiliari, operai), posture scorrette (tecnici, infermieri, operai, medici), movimenti ripetitivi degli arti superiori (impiegati addetti a terminale video, operai, tecnici). L’insieme di questi fattori di rischio fisici, con il concorso di fattori psicosociali (stress da lavoro, organizzazione del lavoro, fattori individuali) determina la comparsa di disturbi muscoloscheletrici (DMS). I DMS rappresentano la principale causa di assenza dal lavoro, e la più frequente causa di limitazione della capacità lavorativa nei lavoratori della sanità (2). Gli ospedali italiani sono afflitti da una percentuale di lavoratori con limitazioni che va dal 10% ad oltre il 25%, secondo i dati pubblicati (4, 7, 11, 13). L’elevata prevalenza di lavoratori con limitazione delle attività di movimentazione, in una situazione già caratterizzata da carenza di personale, aggrava oggettivamente i carichi di lavoro e quindi il rischio residuo per i lavoratori “sani”. In assenza di efficaci misure preventive, i lavoratori sono indotti a comportamenti di evasione dalle attività lavorative più rischiose, che abbassano la qualità del servizio sanitario. La letteratura dimostra che l’approccio tradizionale alla gestione dei DMS nei lavoratori della sanità è poco soddisfacente (3, 8). In particolare, sono risultati inefficaci i programmi di formazione, che rappresentano l’intervento più comunemente proposto, i programmi di controllo dello stress e la fornitura di dispositivi di prevenzione al di fuori di un programma di intervento su più livelli. Per questo motivo, nel periodo 2004-2006, abbiamo applicato un programma multidimensionale (educativo, ambientale, riabilitativo) di ergonomia partecipativa in due unità di degenza. L’obiettivo principale della nostra azione era quello di migliorare l’adattamento dei lavoratori alle proprie richieste di lavoro, riducendo sia la frequenza di lavoratori che lamentano disturbi muscoloscheletrici, che la percentuale di lavoratori con limitazione della capacità lavorativa. 09-magnavita 19-06-2009 11:51 Pagina 27 ESPRERIENZE DI PREVENZIONE NELLE AZIENDE SANITARIE Materiale e metodi La metodologia preventiva è stata applicata in due unità assistenziali, che occupano complessivamente 1.770 lavoratori. Il programma di ergonomia partecipativa si compone di quattro fasi: (1) epidemiologica, di raccolta e analisi dei dati relativi ai DMS; (2) educativa, durante la quale i lavoratori vengono informati sui rischi e addestrati alle modalità di prevenzione partecipativa; (3) di intervento ergonomico partecipativo sugli ambienti di lavoro; (4) di assistenza dei lavoratori con DMS di rilevanza clinica, con il recupero e reinserimento dei lavoratori. Come in ogni intervento di ergonomia partecipativa, le varie fasi sono distinte solo in linea teorica; esse, in realtà tendono a decorrere in parallelo e in modo iterativo piuttosto che secondo un meccanismo rigidamente codificato (9). L’intervento educativo ha avuto la funzione di sostituire il modello culturale tuttora predominante, che interpreta i DMS come un evento infortunistico, e conseguentemente impone l’esclusione del rischio e il riposo prolungato, con quello derivante dalle più recenti analisi dell’evidenza scientifica, che indicano come i DMS siano una patologia largamente prevalente, il cui decorso clinico è beneficamente influenzato dalla tempestiva ripresa delle attività lavorativa. I gruppi di ergonomia partecipativa sono stati istituiti in tutti i casi in cui le segnalazioni dei lavoratori indicavano la presenza di un problema ergonomico. I piccoli gruppi partecipativi si sono generalmente concentrati sulla ricerca di misure pratiche, semplici e a basso costo. Le soluzioni a basso costo, spesso immediatamente realizzabili, hanno giustamente la preferenza in un sistema a risorse limitate e decrescenti. Nell’unità di degenza A si è proceduto anche alla riabilitazione dei lavoratori con problemi, facendo ricorso alle risorse interne dell’unità. I casi identificati a seguito dell’indagine epidemiologica e della valutazione obiettiva sono stati sottoposti ad accertamenti diagnostici (esami ecografici, radiografici e di risonanza magnetica) e alla valutazione specialistica fisiatrica. Su indicazione specialistica, si è quindi proceduto ai trattamenti fisioterapici 27 specifici, finalizzati al recupero funzionale del lavoratore. Nell’unità B, non essendo disponibili risorse interne, i casi di DMS sono stati inviati al medico curante e assistiti in regime di servizio sanitario nazionale. In tutti i casi si è proceduto ad una valutazione partecipativa del luogo di lavoro e all’identificazione di soluzioni che consentissero il graduale recupero della capacità lavorativa, consentendo talora brevi periodi durante i quali i compiti lavorativi erano ridimensionati. Risultati Dopo l’intervento, la prevalenza dei DMS è risultata moderatamente ma significativamente ridotta. I lavoratori che hanno usufruito del programma di trattamento interno all’unità assistenziale hanno mostrato una riduzione del 33% delle assenze per malattia rispetto agli altri lavoratori. La prevalenza dei lavoratori con limitazione della idoneità lavorativa si è ridotta in modo significativo in entrambe le unità di degenza, passando dal 12% al 2,5% nella prima unità e dal 14% al 6,6% nella seconda. Le soluzioni ergonomiche implementate hanno riguardato tutte le categorie professionali. Il numero delle soluzioni proposte è in crescita, in relazione all’aumentata consapevolezza dei lavoratori e alle reazioni positive verso gli interventi da parte dei lavoratori. CONCLUSIONI Le due esperienze sinteticamente riportate indicano i benefici che l’opera di medicina del lavoro può ottenere nelle strutture sanitarie. La prima esperienza indica la possibilità di controllare efficacemente un rischio subdolo e trascurato, la violenza contro gli operatori sanitari, attraverso un insieme di interventi architettonici, organizzativi e formativi. La seconda esperienza conferma che l’ergonomia partecipativa è efficace nel ridurre la frequenza dei 09-magnavita 19-06-2009 11:51 Pagina 28 28 MAGNAVITA DMS e nel migliorare l’adattamento dei lavoratori alla propria attività lavorativa. Per risultare efficace la sorveglianza sanitaria deve essere inserita in un sistema di gestione del rischio nel quale siano integrate le diverse attività di valutazione, formazione, progettazione e verifica degli interventi. NO POTENTIAL CONFLICT OF INTEREST RELEVANT TO THIS ARTICLE WAS REPORTED BIBLIOGRAFIA 1. ARNETZ, JE: The Violent Incident Form (VIF): a practical instrument for the registration of violent incidents in the health care workplace. Work & Stress 1998; 12: 1728 2. BUCKLE P: Ergonomics and musculoskeletal disorders: an overview. Occup Med 2005; 55: 164-167 3. DAWSON AP, MC LENNAN SN, SCHILLER SD, et al: Interventions to prevent back pain and back injury in nurses: a systematic review. Occup Environ Med 2007; 64: 642-650 4. DI MARTINO T, VINCI F, BERNARDINI P: La sorveglianza sanitaria degli operatori sanitari: esperienza di un policlinico universitario. G It Med Lav Ergon 2007; 29: 518-519 5. FOSTER C, BOWERS L, NIJMAN H: Aggressive behaviour on acute psychiatric wards: prevalence, severity and management. J Adv Nurs 2007; 58: 140-149 6. GERBERICH SG, CHURCH TR, MCGOVERN PM, et al: An epidemiologic study of the magnitude and consequences of work related violence: the Minnesota Nurses’ Study. Occup Environ Med 2004; 61: 495-503 7. GOLIA G, CAGLIARI A, BERGOMI M, e coll: Patologie del rachide in ambito sanitario. Idoneità difficile! Contributo di un rilevante intervento formativo. http:// www.anmelp.it/eventi/download/cagliari.pdf 8. HIGNETT S: Intervention strategies to reduce musculoskeletal injuries associated with handling patients: a systematic review. Occup Environ Med 2003; 60: e6 9. KUORINKA I. PATRY L: Participation as a means of promoting occupational health. Int J Industrial Ergonomics 1995; 15: 365-370 10. MAGNAVITA N: Workplace violence in female nurses. Paper presented to the 3rd International Congress Women Work & Health. Stockholm 2002, 2-5 June 2002 11. MARGONARI M, NAVA C, BASILICO S, PETRI A: La gestione del rischio da movimentazione manuale dei pazienti in un programma di gestione dei rischi ospedalieri. Med Lav 1999; 90: 351-361 12. MINISTERO DELLA SALUTE: Raccomandazione per prevenire gli atti di violenza a danno degli operatori sanitari. Raccomandazione n. 8, Novembre 2007. http://www. ministerosalute.it/imgs/C_17_pubblicazioni_721_allegato.pdf. 13. ROSATO G, CASTALDO V, MASUCCI A, e coll: Tecnopatie in ambiente ospedaliero. Limitazioni e patologie occupazionali nei dipendenti di un’azienda ospedaliera di rilievo nazionale e alta specializzazione sottoposti a sorveglianza sanitaria ai sensi del D. Lgs n. 626/94 nell’ultimo triennio. Difesa Sociale 2007; 1: 83-88 10-mastrangelo La 19-06-2009 11:52 Pagina 29 Medicina del Lavoro Med Lav 2009; 100 (Suppl 1): 29-32 Valutazione di un programma per la diagnosi precoce di cancro polmonare negli ex esposti ad asbesto G. MASTRANGELO1, MARIA NICOLETTA BALLARIN2, E. BELLINI3, MARGIT EDER4, FEDERICA ZANNOL5, F. GIOFFRÈ6, A. ZEDDE7, GIANNA TESSADRI8, G. MARANGI2, L. SCOIZZATO1, F. VALENTINI9, U. FEDELI10, R. RYLANDER11 Dipartimento di Medicina Ambientale e Sanità Pubblica, Università di Padova SPISAL, ULSS 12, Regione Veneto 3 SPISAL, ULSS 18, Regione Veneto 4 SPISAL, ULSS 15, Regione Veneto 5 SPISAL, ULSS 8, Regione Veneto 6 SPISAL, ULSS 16, Regione Veneto 7 SPISAL, ULSS 20, Regione Veneto 8 SPISAL, ULSS 6, Regione Veneto 9 SPISAL, ULSS 13, Regione Veneto 10 Sistema Epidemiologico Regionale, Regione Veneto 11 BioFact Environmental Health Researc, Lerum, Svezia 1 2 KEY WORDS Lung neoplasms; screening; asbestos SUMMARY «Feasibility of a screening programme for lung cancer among workers previously heavily exposed to asbestos». Background: We evaluated the feasibility and costs of a screening programme with spiral CT for the early diagnosis of lung cancer among workers previously heavily exposed to asbestos. Methods: We invited 2000 workers, 1165 (58%) of whom accepted. Women and individuals with incomplete information were excluded; 1119 subjects (mean age, 57 years) entered the main analysis. Subjects with non-calcified lung nodules and/or dubious pleural plaques (No=338) entered a post-screening diagnostic protocol based on radiological follow-up. Results: Twenty-five biopsies were performed (13 pulmonary, 9 pleural, 3 combined) revealed 5 cases of lung cancer (including 1 in stage IA). The positive predictive value of the screening test was low (31%) despite its known high sensitivity (100%) and specificity (99%). Incidence of lung cancer was similar to that registered among male residents of the Veneto Region aged 55 to 59 years. The cost of the programme was €1,000 per screened subject and €245,000 per diagnosis (total cost, €1,181,310). The total radiation dose administered to healthy subjects was about 1,100 mSv (220 mSv per lung cancer diagnosis). Conclusions: This screening programme was ineffective due to the low participation rate, the small number of diagnoses, low predictive value, and high costs. RIASSUNTO Sono stati valutati fattibilità e costi di un programma di screening con TAC spirale per la diagnosi precoce di cancro polmonare in lavoratori con pregressa elevata esposizione ad asbesto. Di 2000 invitati,1165 (58,3%) hanno accettato di partecipare. Escluse le donne e i soggetti con informazioni incomplete, sono stati inclusi nell’analisi 1119 ex-esposti. 338 soggetti con noduli polmonari non calcifici e/o placche pleuriche sospette sono entrati nel protoCorrispondenza: Prof. Giuseppe Mastrangelo, Dipartimento di Medicina Ambientale e Sanità Pubblica, Università di Padova, Via Giustiniani 2, 35128, Padova, Italy - E-mail: [email protected] 10-mastrangelo 19-06-2009 11:52 30 Pagina 30 MASTRANGELO E COLLABORATORI collo diagnostico (follow-up radiologico) che ha portato a 25 biopsie (13 polmonari, 9 pleuriche, 3 di entrambi) e a 5 casi di cancro polmonare (uno in stadio IA). Nonostante l’elevata sensibilità (100%) e specificità (99%) del test di screening, il valore predittivo (31%) era basso. L’incidenza della patologia era simile a quella della popolazione generale maschile veneta di età 55-59 anni (l’età media coorte: 57 anni). Il costo dell’indagine è stato di 1.000 euro per soggetto esaminato e 245.000 per diagnosi (costo totale: 1.181.310 euro). La dose totale di radiazioni somministrata a soggetti sani è stata di circa 1.100 mSv (220 mSv per caso di cancro polmonare diagnosticato). Concludendo, questo programma di sorveglianza non si è mostrato efficace a causa di: bassa percentuale di partecipazione, basso numero di casi trovati, basso valore predittivo, costi elevati. INTRODUZIONE Un documento di consenso prevedeva un continuo aumento dell’incidenza di cancro polmonare nei lavoratori esposti ad asbesto culminante nel periodo 2010-2020 (2). Pertanto, un programma di diagnosi precoce del cancro polmonare poteva aumentare l’efficacia del trattamento e quindi la sopravvivenza e la qualità di vita negli ex esposti. Quattro grandi studi clinici randomizzati e controllati avevano mostrato che lo screening con radiografia del torace, con o senza esame citologico dell’escreato, non era in grado di ridurre la mortalità per cancro polmonare (1). In uno studio su 1.000 fumatori asintomatici, la TAC spirale aveva trovato più casi di tumore polmonare rispetto alla radiografia del torace (2,7% vs 0,7%) e, in particolare, più casi in stadio IA (2,2% vs 0,4%). L’intervento chirurgico di un cancro di stadio IA porta ad una sopravvivenza di 5 anni in più del 70% dei casi (5). Nel presente studio è stato usato un approccio “one-time screening” per valutare la fattibilità e i costi di un programma di screening con TAC spirale nei lavoratori con pregressa esposizione ad asbesto. SOGGETTI E METODI Si decise di selezionare fra i 20.000 lavoratori residenti in regione Veneto con pregressa esposizione professionale ad asbesto, quelli a massimo rischio: i dipendenti di aziende di fabbricazione e manutenzione di carrozze ferroviarie, di prodotti in cemento-asbesto, i cantieri navali e le aziende di coibentazione e decoibentazione per contro terzi. Queste aziende sono state identificate attraverso le domande che i lavoratori avevano presentato per ottenere i benefici previdenziali previsti dalla legge 257/92. Alle aziende è stata chiesta la lista storica dei dipendenti. È stata così individuata una coorte di 5.378 lavoratori. Dopo aver diffuso l’informazione sul programma di sorveglianza attraverso la stampa locale e i sindacati, è stata inviata una lettera d’invito a 2.000 lavoratori e ai loro medici di famiglia. Ottenuto il consenso informato, ogni soggetto è stato esaminato da un medico del lavoro e sottoposto a TAC spirale. L’indagine è stata condotta da gennaio 2000 a luglio 2003 su 1165 soggetti (36 femmine e 1129 maschi). Il protocollo per l’esecuzione della TAC e per il follow-up radiologico era quello descritto da Henschke (5). Le caratteristiche dei noduli polmonari (dimensione, forma, posizione, margini, e presenza di calcificazioni) venivano registrate. Il nodulo veniva biopsiato ed esaminato istologicamente se aveva un diametro maggiore di 10 mm o se mostrava un aumento delle dimensioni ripetendo la TAC a 3, 6, 12 e 24 mesi (follow-up radiologico). Se il nodulo restava invariato per 24 mesi il soggetto era negativo. Per stimare l’esposizione ad asbesto è stato usato un questionario (6) che indagava i determinanti di esposizione: natura del materiale (asbesto compatto o friabile); modalità di esecuzione del lavoro (entità della sollecitazione meccanica dei materiali durante la lavorazione); disponibilità di mezzi di controllo dell’esposizione (ventilazione, aspirazione localizzata, uso di dispositivi individuali di protezione). Ai determinanti veniva assegnato uno score. Integrando gli score si attribuiva un livello di esposizio- 10-mastrangelo 19-06-2009 11:52 Pagina 31 31 VALUTAZIONE DI UN PROGRAMMA PER LA DIAGNOSI DI CANCRO POLMONARE ne che, moltiplicato per la frequenza e la durata, forniva una stima di esposizione cumulativa. È stata realizzata anche la sorveglianza passiva della coorte: è stato condotto un record-linkage con l’anagrafe sanitaria regionale del Veneto, e i 4367 (su 5.378) lavoratori identificati sono stati seguiti per l’occorrenza di cancro polmonare attraverso l’archivio regionale delle schede di dimissione ospedaliera (SDO). Per gli ex-esposti di cui era rintracciato almeno un ricovero con diagnosi di tumore del polmone nel periodo 1999-2004, la data del primo ricovero è stata assunta come data presunta di incidenza. Il follow-up sullo stato vitale è stato condotto mediante linkage con l’anagrafe sanitaria. La sopravvivenza nei soggetti diagnosticati nell’ambito o fuori dallo screening organizzato è stata confrontata con il log-rank test e graficamente con le curve di sopravvivenza secondo il metodo di KaplanMeyer. Per stimare i costi, il programma di sorveglianza è stato diviso in tre processi: (1) definizione del protocollo e formazione degli intervistatori; (2) preparazione delle liste dei lavoratori e dei programmi di informatizzazione dei dati; e (3) esecuzione dello screenig. Ogni processo è stato disaggregato in attività e di ogni attività è stato stimato il costo unitario (c) e il tempo di esecuzione (t). I costi parziali e totali sono la sommatoria dei prodotti (c x t). La dose di radiazioni è stimata intorno a 0,30,55 mSv per una TAC a basso dosaggio e 3-27 mSv per una TAC convenzionale (3). RISULTATI 1.165 dei 2.000 lavoratori invitati hanno accettato di partecipare (58,3%). Sono state escluse le poche donne e i 10 uomini con dati incompleti. Il gruppo analizzato include dunque 1.119 lavoratori maschi ex-esposti ad asbesto. 338 soggetti con noduli polmonari non calcifici e/o placche pleuriche sospette sono stati inclusi nel protocollo diagnostico (follow-up radiologico) che ha portato a 25 biopsie (13 del polmone, 9 della pleura, 3 di entrambi) e a 5 casi di cancro polmo- nare (4 primario e 1 secondario). Un altro caso di cancro polmonare primario è stato diagnosticato con l’esame citologico dell’escreato. Solo un cancro polmonare era in stadio 1A e gli altri in stadi più avanzati. La sorveglianza passiva attraverso le SDO non ha individuato casi addizionali nei 1119 soggetti screenati, in particolare nessuno entro 12 mesi dall’ultimo controllo radiologico. Pertanto, i falsi negativi erano pari a 0 e i falsi positivi 11 (tabella 1). La sensibilità del test di screening era 100% (=5/5), la specificità 99% (=1103/1114), ma il valore predittivo era 31% (=5/16). Il tasso di incidenza del cancro polmonare era 154 per 100.000 nei 4367 lavoratori della coorte identificati nell’anagrafe sanitaria regionale, e 149 per 100.000 nella sottocorte dei 1119 sottoposti a screening. Questi valori erano molto vicini al tasso di cancro polmonare (149 per 100.000) trovato dal registro Tumori del Veneto nella popolazione generale maschile di età 55-59 anni (l’età media era 57 anni nei 1119 soggetti sottoposti a screening). Oltre ai 5 soggetti diagnosticati nel corso dello screening, altri 40 ex-esposti avevano avuto almeno un ricovero per tumore del polmone. Nel corso del follow-up 31/45 soggetti erano deceduti, mentre per gli altri l’informazione sullo stato vitale era troncata al 01/01/2005. La sopravvivenza dei soggetti diagnosticati nel corso e fuori dallo screening era simile al log-rank test (p=0.80); le curve di Kaplan-Meyer sono mostrate in figura 1. Tutti i 1119 soggetti hanno ricevuto una dose di radiazioni di 0.5 mSv (1119 x 0.5 mSv), 338 lavoratori hanno ripetuto la TAC a basso dosaggio almeno una volta (338 x 0.5 mSv), e almeno 40 soggetti anche una TAC convenzionale (40 x 10 mSv). La dose totale di radiazioni somministrata a sogTabella 1 - Risultati del programma di screening con TAC spirale in 1119 lavoratori ex-esposti ad asbesto Table 1 - Results of the screening program with spiral CT among 1119 workers previously exposed to asbestos Screening Totale + - Casi Non casi Totale 5 0 11 1103 16 1103 5 1114 1119 10-mastrangelo 19-06-2009 11:52 Pagina 32 32 MASTRANGELO E COLLABORATORI Figura 1 - Stime della sopravvivenza secondo KaplanMeier Figure 1 - Kaplan-Meier Survival Analysis getti sani è stata pari a circa 1.100 mSv; cioè circa 1 mSv per soggetto esaminato e circa 220 mSv per caso di cancro polmonare diagnosticato. I costi erano, rispettivamente, 1.276, 42.225, e 1.181.310 euro per il primo, secondo e terzo processo, pari in totale a 1.224.811 euro; cioè circa 1000 euro per soggetto esaminato e circa 250.000 euro per caso di cancro polmonare diagnosticato. Insoddisfacente. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI Il programma di screening con TAC a basso dosaggio per la diagnosi precoce di cancro polmonare nei lavoratori con pregressa esposizione ad asbesto non si è dimostrato fattibile per i seguenti motivi: – bassa percentuale di partecipazione dei soggetti selezionati; – basso numero di casi di cancro polmonare diagnositicati; – sopravvivenza dopo la diagnosi di cancro polmonare diagnosticato durante lo screening non diversa da quella dei casi diagnosticati per i sintomi; – alti costi ed elevata dose di radiazioni somministrata a soggetti sani. Poiché non si è dimostrato un vantaggio di questo programma di sorveglianza, lo screening per la diagnosi precoce di cancro polmonare nei lavoratori ex-esposti ad asbesto è stato interrotto. In un precedente studio, il rischio di cancro polmonare aumentava all’aumentare degli anni trascorsi dalla fine dell’esposizione sino ad un massimo di 12 anni, seguito da una diminuzione del rischio (4). In un altro studio condotto in una coorte italiana di lavoratori del cemento asbesto, il rischio di cancro polmonare mostrava una riduzione dopo 15 anni dalla cessazione dell’esposizione ad asbesto (7). Nel nostro studio, il tempo medio dopo l’ultima esposizione era di 16 anni. Questo fatto potrebbe spiegare perché il rischio di cancro polmonare nella coorte era simile a quello della popolazione generale del Veneto di pari età e sesso, nonostante i lavoratori avessero una esposizione ad asbesto abbastanza elevata e di lunga durata. NO POTENTIAL CONFLICT OF INTEREST RELEVANT TO THIS ARTICLE WAS REPORTED BIBLIOGRAFIA 1. BACH PB, K ELLEY MJ, TATE RC, M C C RORY DC: Screening for lung cancer. A review of the current literature. Chest 2003; 123: 72S-82S 2. CONSENSUS REPORT: International expert meeting on new advances in the radiology and screening of asbestosrelated diseases. Scand J Work Environ Health 2000; 26: 449-454 3. DIEDERICH S, WORMANNS D, LENZEN H, et al: Screening for asymptomatic early bronchogenic carcinoma with low dose CT of the chest. Cancer 2000; 89: 2483S2484S 4. HAUPTMANN M, POHLABELN H, LUBIN JH, et al: The exposure-time-response relationship between occupational asbestos exposure and lung cancer in two German case-control studies. Am J Ind Med 2002; 41: 89-97 5. HENSCHKE CI, MCCAULEY DI, YANKELEVITZ DF, et al: Early lung cancer action project: overall design and findings from baseline screening. Lancet 1999; 354: 99-105 6. MAGNANI C, AGUDO A, GONZALEZ CA, et al: Multicentric study on malignant pleural mesothelioma and non-occupational exposure to asbestos. Br J Cancer 2000; 83: 104-111 7. MAGNANI C, FERRANTE D, BARONE-ADESI F, et al: Cancer risk after cessation of asbestos exposure: a cohort study of Italian asbestos cement workers. Occup Environ Med 2008; 65: 164-170 11-gorini 8-06-2009 La 9:11 Pagina 33 Medicina del Lavoro Med Lav 2009; 100 (Suppl 1): 33-36 Gli interventi di promozione della salute nei luoghi di lavoro: progetti in corso e loro valutazione di efficacia G. GORINI UO Epidemiologia ambientale occupazionale - ISPO - Firenze KEY WORDS Health promotion; smoking ban SUMMARY «Workplace health promotion interventions: ongoing projects and evaluation of their effectiveness». Background: The Italian law of January 2005 that banned smoking in enclosed public places, also banned smoking in the workplace. Results: This law led to the elimination of exposure to passive smoking for non-smokers, more smokers who gave up smoking, and a fall in the number of cigarettes smoked per day among smokers. Enforcement of the ban needs to be strengthened in discotheques and at the workplace and in outdoor smoking premises. In covered outdoor areas set up for smokers in winter, passive smoking exposure is high. Discussion: A Cochrane review conducted in 2005 on workplace smoking bans did not conclude that bans helped employees to quit, while another review found that totally smoke-free workplaces are associated with a 3.8% reduction in smoking prevalence, and 3.1 fewer cigarettes smoked per person per day. Conclusions: Workplaces are ideal settings for health promotion, since it is feasible to organize individual interventions, such as counselling, combined with environmental measures (e.g., smoking bans) in order to support behavioural changes in employees. It is difficult to evaluate these complex interventions using standard evaluation methods such as cluster randomized controlled trials. We describe two workplace interventions conducted in Tuscany based on methods described by Sorensen. RIASSUNTO La Legge 3/2003, entrata in vigore nel Gennaio 2005, ha bandito il fumo anche dai luoghi di lavoro. Tale divieto ha avuto un effetto sia sui non fumatori, eliminando il fumo passivo, che sui fumatori aumentando il numero dei soggetti che cessano tale abitudine ed incidendo sulla riduzione del numero di sigarette/die. Il rispetto di tale legge sembra minore nelle discoteche e nei luoghi di lavoro rispetto ad altri luoghi pubblici. Livelli di esposizione analoghi a quelli registrati prima dell’introduzione del divieto si rilevano negli spazi esterni dei locali pubblici attrezzati in inverno con riscaldamento e coperture. La revisione Cochrane del 2005 non giudica efficace il divieto nei luoghi di lavoro per favorire la cessazione dell’abitudine tabagica nei dipendenti fumatori, mentre un’altra revisione conclude che il bando determina una riduzione di 3,8 punti percentuale nella prevalenza di tale abitudine e 3 sigarette al giorno in meno nei fumatori. L’ambiente di lavoro appare un luogo ideale per interventi di promozione della salute in quanto è possibile promuovere simultaneamente interventi individuali ed ambientali, come appunto il divieto di fumo, che sostiene un cambiamento nei comportamenti del singolo con effetto sul singolo e sull’ambiente in cui esso Corrispondenza: Dr. Giuseppe Gorini, UO Epidemiologia ambientale occupazionale ISPO, via di S.Salvi 12, 50135 Firenze - Tel. 055.6268347 - Fax 055.6268385 - E-mail: [email protected] 11-gorini 8-06-2009 9:11 Pagina 34 34 GORINI opera. Gli studi randomizzati e controllati presentano dei limiti nella valutazione di efficacia per questi interventi complessi. Si riportano i risultati di due interventi nei luoghi di lavoro effettuati in Toscana adattando il modello della prof.ssa Sorensen. IL PRIMO INTERVENTO DI REGOLAMENTAZIONE SUGLI STILI DI VITA NEI LUOGHI DI LAVORO L’entrata in vigore della Legge 3/2003 ha bandito dai luoghi di lavoro il fumo passivo (FP), cancerogeno certo per l’uomo secondo la classificazione IARC. È stato stimato che, prima dell’entrata in vigore della legge, 806.500 lavoratori in Italia erano esposti per almeno il 75% dell’orario di lavoro, a FP, il 36% dei quali nel settore impiegatizio, il 47% nell’industria alberghiera e di ristorazione (9). Dei 31.300 decessi per tumore del polmone in ultra35enni che sono occorsi in Italia nel 2000, 2.164 si sono verificati in non-fumatori. Di questi, 324 decessi sono attribuibili a esposizione a FP nei luoghi di lavoro. Dei 10.700 decessi per malattie ischemiche del cuore in 35-65enni, 4.850 si sono verificati in non-fumatori. Di questi, 235 sono attribuibili a esposizione a FP nei luoghi di lavoro (3). La legge ha determinato una drastica riduzione (dal 60 al 97%) dell’esposizione a FP nei locali di intrattenimento, come testimoniato da diversi studi che hanno misurato la nicotina ambientale o il particolato atmosferico ambientale prima e dopo uno-due anni dalla legge (5, 13). Tra i locali di intrattenimento, quelli che hanno mostrato valori in qualche caso ancora elevati sono le discoteche (5). Dalle indagini DOXA del 2005, 2006, 2007 e 2008 i rispondenti che dichiarano che la legge è rispettata nei locali pubblici sono in percentuale sempre minore (rispettivamente 90%; 88,2%; 83,2%; 81,5%), mentre la percentuale che dichiara che la legge è rispettata nei luoghi di lavoro si è sempre attestata a livelli molto più bassi (70%), senza variazioni (11). A conferma di questo dato, nell’indagine condotta in un campione rappresentativo di non-fumatori (6), circa il 39% a Firenze e il 19% a Belluno dichiara di essere ancora esposto a FP al lavoro. I risultati nei luoghi di lavoro suggeriscono la necessità di sviluppare dei programmi di controllo per il rispetto della legge nelle discoteche e nei posti di lavoro diversi dai locali. Nell’inchiesta condotta in Italia subito dopo l’entrata in vigore della legge tra oltre 1.600 proprietari di locali (8), meno dell’1% ha dichiarato di aver predisposto un’area fumatori all’interno, per il costo elevato. Anche inchieste successive confermano questo dato. Gli spazi all’aperto invece non sono oggetto di regolamentazione: durante l’inverno successivo all’introduzione della legge molti locali hanno dotato gli spazi esterni di tetto, coperture e riscaldamento. Non ci sono dati sul numero di questi spazi in Italia. E’ stata misurata la concentrazione di nicotina in tre di queste aree in inverno a Firenze ed è risultata pari a 8,28 µg/m3 (6), agli stessi livelli degli spazi interni prima della legge. La legge 3/2003 ha avuto un forte impatto tra i fumatori. L’indagine tra i proprietari di locali (8), ha messo in luce che dopo l’entrata in vigore della legge circa il 15% dei fumatori ha smesso e il 61% ha ridotto il numero di sigarette fumate. Sugli effetti per i fumatori di regolamenti o di leggi nazionali nei posti di lavoro sono stati condotti circa 50 studi e sei revisioni, tra cui una effettuata nel 2005 dalla Cochrane nell’ambito delle valutazioni degli interventi nei posti di lavoro per smettere di fumare (10) e una da Fichtenberg nel 2002 (4). Nessuno degli studi nelle due revisioni presenta un disegno di tipo randomizzato e controllato (RC) perché la scelta dell’implementazione di un regolamento sul fumo in un’azienda non può essere randomizzata, come il trial classico richiederebbe. Nella revisione Cochrane sono compresi 14 studi. In 9 il bando determina una riduzione nel numero di sigarette fumate durante l’orario di lavoro; 8 studi riportano una diminuzione nel consumo durante tutto il giorno, mentre tre studi non trovano diminuzioni. Cinque studi non riportano cambiamenti nella prevalenza di fumo tra i dipendenti, mentre 4 riportano lievi diminuzioni, e solo due diminuzioni significative. Quindi gli autori conclu- 11-gorini 8-06-2009 9:11 Pagina 35 GLI INTERVENTI SUGLI STILI DI VITA NEI LUOGHI DI LAVORO dono che il regolamento aziendale determina una diminuzione nel numero di sigarette fumate durante l’orario di lavoro e che non ci sono evidenze consistenti sulla diminuzione del consumo di sigarette nell’arco dell’intera giornata e sulla diminuzione della prevalenza di fumo tra i dipendenti. Nell’aggiornamento del 2008 della stessa revisione Cochrane (2), la parte relativa ai bandi al fumo nei luoghi di lavoro è stata eliminata perchè, così viene riportato, nel luglio 2007 in Gran Bretagna il FP è stato bandito dai luoghi di lavoro con una legge nazionale. Rimarrebbe comunque di interesse, a nostro giudizio, la valutazione degli effetti nei dipendenti fumatori. La revisione di Fichtenberg (4) comprende 24 articoli, di cui 10 in comune con la revisione Cochrane (10). Tra gli studi solo nella revisione di Fichtenberg ci sono 5 inchieste di popolazione che confrontano le prevalenze di fumo di lavoratori in posti di lavoro che hanno adottato differenti regolamenti aziendali sul fumo, dal bando alla possibilità di fumare ovunque. Questi studi di popolazione hanno un peso non trascurabile nella analisi pooled. Gli Autori concludono che l’implementazione di un bando totale determina una riduzione della prevalenza di fumo di 3,8 punti percentuale e una diminuzione del consumo di circa 3 sigarette al giorno. Il posto di lavoro rappresenta una sede ideale per interventi sugli stili di vita perché è possibile raggiungere circa il 60% della popolazione in età lavorativa, e promuovere simultaneamente sia interventi individuali (counseling nutrizionale, corsi per smettere di fumare), sia interventi nell’ambiente di lavoro finalizzati a sostenere un cambiamento comportamentale. Nella revisione Cochrane sugli interventi per smettere di fumare nei luoghi di lavoro (2), i 37 studi su interventi per smettere indirizzati ai singoli lavoratori (counseling individuale, di gruppo; terapia farmacologica), risultano efficaci. Invece i 16 studi con unità di intervento l’intero posto di lavoro (3 studi che valutano il supporto dell’ambiente di lavoro per non fumare; 5 studi sugli incentivi economici per chi smette; 8 studi su interventi comprensivi sul singolo e sull’ambiente di lavoro per il fumo ed altri stili di vita, di cui 4 del gruppo della prof.ssa Sorensen), danno risultati insufficien- 35 ti. D’altro parere è una revisione di Letteratura comprendente 45 studi RC a gruppi su interventi sugli stili di vita nei luoghi di lavoro, che conclude che gli effetti osservati sono positivi, anche se modesti (7). D’altronde il trial si adatta male a valutare questi interventi complessi. Molte critiche sono state mosse ai trial RC a gruppi, utilizzati per la valutazione di interventi comprensivi. Il percorso causale tra gli interventi e il cambiamento comportamentale è molto complesso e lungo, con passaggi dal biologico al comportamentale spesso non del tutto chiariti. Quindi la capacità di supportare un’inferenza causale è minore rispetto agli studi RC classici. La lunga catena causale rende inoltre difficile la generalizzazione dei risultati. Con un percorso causale così lungo si possono verificare più modificazioni di effetto con fattori legati al contesto dello studio. Rispetto ai trial classici, la penetrazione degli interventi e l’intensità di somministrazione sono molto variabili da studio a studio. Spesso poi non sono previste misure per aumentare la partecipazione dei lavoratori. Tutto questo rende questi interventi scarsamente riproducibili e difficilmente sintetizzabili in una meta-analisi. Infine nel corso degli anni ’70-’90 si è assistito nel mondo occidentale ad una tendenza spontanea, “secolare” verso stili di vita sani che ha determinato un’ottima performance anche nei gruppi di controllo, avvicinando più del previsto i risultati nei gruppi di intervento e di controllo (14). Qui di seguito riportiamo due esperienze condotte in alcune aziende in Toscana, seguendo gli studi della prof.ssa Sorensen (12) adattati alla realtà italiana. INTERVENTO PRESSO UNA DITTA METALMECCANICA A MASSA Sono previste 3 fasi: inchiesta pre-intervento, l’intervento vero proprio e l’inchiesta post-intervento. Punti salienti dell’intervento: - Assemblee dei dipendenti con intervento di sensibilizzazione su alcol e rischio infortunistico e presentazione dell’analisi del questionario pre-intervento. 11-gorini 8-06-2009 9:11 Pagina 36 36 GORINI - Tovagliette e brochure informative su dieta sana nella mensa. - Distributori automatici di cibo con frutta o yogurt. - Revisione del regolamento aziendale sul fumo. - Predisposizione di uno stand in azienda per la raccolta dei questionari, l’iscrizione ai corsi e la distribuzione di materiale informativo e di autoaiuto su fumo, esercizio fisico, dieta e alcol. - Corsi di attività fisica in azienda per 6-8 dipendenti al 50% in orario di lavoro, con laureato in scienze motorie, per 30 minuti 3 volte settimanali per 6-8 settimane. - Corsi di counseling nutrizionale, seguito da un medico del servizio di igiene alimenti e nutrizione dell’ASL in 8 sessioni di un’ora e mezzo con cadenza quindicinale e 6-8 partecipanti. - Corsi di gruppo per smettere di fumare, seguito da medico del Centro Anti-fumo dell’ASL, articolato in 8 sedute di due ore con 10-15 fumatori. PROGETTO PRESSO L’AZIENDA USL 10 ZONA FIORENTINA SUD EST In questa zona sono state contattate 33 aziende pubbliche e private per valutare il loro interesse a partecipare a interventi di prevenzione. Le aziende sono state invitate a un seminario di presentazione del progetto e delle esperienze in Toscana e Piemonte (1). Quindi in alcune aziende è iniziato un percorso sul fumo. NO POTENTIAL CONFLICT OF INTEREST RELEVANT TO THIS ARTICLE WAS REPORTED BIBLIOGRAFIA 1. BOSCO G, DOTTI A, MARCOLINA D: Luxottica libera dal fumo. Epidemiol Prev 2006; 30: 321 2. CAHILL K, MOHER M, LANCASTER T: Workplace interventions for smoking cessation. Cochrane Database Syst Rev 2008; 4: CD003440 3. FORASTIERE F, LO PRESTI E, AGABITI N, et al: Health impact of exposure to environmental tobacco smoke in Italy. Epidemiol Prev 2002; 26: 18-29 4. FICHTENBERG CM, GLANTZ SA: Effect of smoke-free workplaces on smoking behaviour: systematic review. BMJ 2002; 325: 188 5. GORINI G, MOSHAMMER H, SBROGIÒ L, et al: Second-hand smoke Exposure in Italian and Austrian Hospitality premises before and after 2 years from the introduction of the Italian smoking ban. Indoor Air 2008; 18: 328-334 6. GORINI G, GASPARRINI A, TAMANG E, et al: Prevalence of Second-hand Smoke Exposure after the introduction of the Italian smoking ban in the Florence & Belluno survey. Tumori 2008; 94: 798-802 7. JANER G, SALA M, KOGEVINAS M: Health promotion trials at worksites and risk factors for cancer. Scand J Work Environ Health 2002; 28: 141-157 8. GORINI G, CHELLINI E, GALEONE D: What happened in Italy? A brief summary of the studies conducted in Italy to evaluate the impact of the Smoking Ban. Ann Oncol 2007; 18: 1620-1622 9. MIRABELLI D, KAUPPINEN T: Occupational exposures to carcinogens in Italy: an update of CAREX database. Int J Occup Environ Health 2005; 11: 53-63 10. MOHER M, HEY K, LANCASTER T: Workplace interventions for smoking cessation. Cochrane Database Syst Rev 2005; 2: CD003440 11. PACIFICI R. Tabagismo e Servizio Sanitario Nazionale: Prospettive e impegni. In Atti del X Convegno Nazionale Tabagismo e Servizio Sanitario Nazionale. ISS, Roma, 30.05.2008 (http://www.iss.it/binary/ofad/cont/Relazione%20Pacifici.1212153977.pdf) 12. SORENSEN G, STODDARD AM, LA MONTAGNE A, et al: A comprehensive worksite cancer prevention intervention: behaviour change results from a randomised controlled trial. Cancer Causes Control 2002; 113: 493502 13. VALENTE P, FORASTIERE F, BACOSI A, et al: Exposure to fine and ultrafine particles from secondhand smoke in public places before and after the smoking ban, Italy 2005. Tob Control 2007; 16: 312 14. VICTORIA CG, HABICHT IP, BRYCE J: Evidence-based public health: moving beyond randomized trials. Am J Public Health 2004; 94: 400-5 12-pavan 8-06-2009 La 9:13 Pagina 37 Medicina del Lavoro Med Lav 2009; 100 (Suppl 1): 37-40 La promozione della salute nei luoghi di lavoro: valutazione di evidenze di efficacia e raccomandazioni metodologiche ANNA PAVAN, MARIA ELENA PIROLA, MARINA BONFANTI, LILIANA COPPOLA, L. MACCHI Direzione Generale Sanità- Regione Lombardia KEY WORDS Health promotion programmes; evidence based prevention SUMMARY «Workplace health promotion: evaluation of evidence of efficacy and methodological recommendations». Objectives: Background: During the period 2004-2007 five Italian regions in cooperation with the Universities of Pavia and Perugia and the Italian Cochrane Centre carried out a research project on health promotion programmes. Objectives: Evaluation of efficacy of health education programmes developed by the Local Health Units from 2000 to 2004. Results: Analysis of 69 of health promotion programmes and 23 Cochrane reviews led to establishing recommendations for health operators; at the workplace the efficacious actions were: to encourage consumption of healthy food (also via automatic distributors of fruit and vegetable snacks) and physical activity, guarantee observance of the smoking ban and/or offer assistance to quit smoking. Conclusion: Health promotion projects involve the use of public resources so it is necessary that the potential impact and efficacy be evaluated in the planning process. In particular, it is advisable to examine the data in the literature and assign preference to projects that have proved efficacious. RIASSUNTO Nel triennio 2004-2007 è stato realizzato un progetto di ricerca, condotto in cinque regioni italiane in collaborazione con le Università di Pavia e Perugia e con il Centro Cochrane Italiano. Effettuare una valutazione di efficacia delle iniziative di promozione della salute svolte dalle Aziende Sanitarie Locali e desumere indicazioni metodologiche sugli interventi da realizzare nei diversi ambiti di popolazione. Per quanto riguarda gli ambienti di lavoro, le raccomandazioni indicano che sono efficaci azioni che favoriscano, durante l’attività lavorativa, l’assunzione di alimentazione adeguata (anche tramite distributori di snack a base di frutta e verdura), lo svolgimento di attività fisica, l’osservanza del divieto del fumo e/o iniziative di disassuefazione. Gli interventi di promozione della salute, anche nei confronti dei lavoratori, comportano l’impiego di risorse da parte dei Servizi Sanitari ed è dunque necessario che, nella loro programmazione, si valuti il potenziale impatto che deriva dalla loro applicazione. In particolare è opportuno che si esaminino i dati di letteratura e si privilegino gli interventi di dimostrata efficacia. Corrispondenza: Dr.ssa Anna Pavan, Direzione generale Sanità, via Pola 9/11, 20124 Milano - Tel. 02 67653033 - Fax 02/3936044 E-mail: [email protected] 12-pavan 8-06-2009 9:13 38 Pagina 38 PAVAN E COLLABORATORI INTRODUZIONE L’esigenza di farsi promotori di un progetto di ricerca, aderendo al bando del Ministero della salute cosiddetto ex-art.12 del 2004, nacque dalla necessità, diffusa tra gli operatori sanitari, di approfondire le conoscenze sull’evidenza di efficacia delle attività di promozione della salute ed educazione sanitaria, condotte nei confronti sia della popolazione generale che di gruppi target. È infatti innegabile che a tali attività si dedichino molte risorse, senza che però sia sempre possibile valutarne la reale efficacia, in termini di cambiamento dei comportamenti fonte di rischio per la salute. Naturalmente è nota la difficoltà di condurre trial clinici randomizzati – e dunque analisi “controllate” – come pure la mutifattorialità all’origine del comportamento o ancora la lunga latenza tra interventi di promozione e loro effetti misurabili: ciononostante si è voluta affrontare questa sfida, da cui sono originate anche utili indicazioni e prospettive future su cui operare. a. presenza di almeno un indicatore, relativo al processo o al risultato; b. indicatore misurabile e rapportato ad un denominatore; c. indicatore misurato almeno una volta sia prima che dopo l’intervento. 2. Selezione e catalogazione dei progetti pervenuti e lettura secondo i criteri Cochrane e loro valutazione. 3. Sintesi delle revisioni sistematiche Cochrane relativamente alle tre aree del progetto. 4. Trasposizione dei dati raccolti sotto forma di Raccomandazioni, ossia di linee guida per la programmazione di progetti di educazione alla salute nei diversi ambiti censiti e per i diversi contenuti considerati, in modo da consentirne una valutazione sotto il profilo dell’efficacia. 5. Realizzazione di un percorso di formazione per il personale sanitario e per le altre agenzie educative e di workshop con tutti i soggetti coinvolti nel progetto di ricerca, integrati da esperti esterni per validare le Raccomandazioni e fornire indicazioni su come trasferire queste raccomandazioni nella pratica. METODI RISULTATI Il Progetto di ricerca, afferente all’area tematica “Sperimentazione di modelli di informazione e comunicazione mirati a promuovere l’uso consapevole e partecipato dei servizi sanitari e l’adozione di stili di vita appropriati” e dal titolo “Valutazione di efficacia e messa a punto di un modello comunicativo integrato di promozione della salute” è stato presentato da regione Lombardia come capofila e con la partecipazione delle Unità Operative: Emilia Romagna, Puglia, Piemonte, Veneto, Centro Cochrane Italia, Università degli studi di Perugia e Pavia, Censis, IULM- Istituto Universitario Lingue Moderne; sponsor del progetto: Fondazione Pfizer. La ricerca (4) si è sviluppata nelle seguenti fasi: 1. Raccolta della documentazione di progetti di promozione della salute nell’area dell’alimentazione, attività fisica, tabagismo, realizzati nel periodo 2000-2004, da ASL, Comuni, Province; requisiti per la selezione dei progetti e loro inclusione nell’analisi erano: Il censimento e la selezione dei progetti ha condotto ad individuare 69 progetti, i cui target erano: - Scuola: 54; - Ambulatorio medico/pediatra di famiglia: 12; - Luoghi di lavoro: 5; - Popolazione generale: 19. Alcuni interventi prevedevano la realizzazione del programma simultaneamente in più luoghi. Le aree tematiche cui si riferivano i progetti erano in 29 casi attinenti a tabagismo, in 13 ad attività motoria, in 11 ad alimentazione; in 16 casi le aree tematiche erano più di una. L’analisi relativa alla metodologia utilizzata ha evidenziato che 33 progetti erano riconducibili ad un disegno dello studio tipo prima-dopo (con valutazione di conoscenze e attitudini) e che 7 progetti hanno utilizzato un gruppo di controllo (prevalentemente sull’area tematica del tabagismo e in ambito scolastico); negli altri casi non era riconoscibile 12-pavan 8-06-2009 9:13 Pagina 39 LA PROMOZIONE DELLA SALUTE NEI LUOGHI DI LAVORO una metodologia utile a valutare l’efficacia del progetto stesso. L’analisi della letteratura ha inoltre consentito di individuare 23 revisioni sistematiche, di cui 19 sul fumo, 1 sulla promozione dell’attività fisica, 1 sulla promozione di una corretta alimentazione, 1 su fumo, promozione attività fisica e corretta alimentazione, 1 su promozione corretta alimentazione e attività fisica. Per quanto riguarda gli interventi effettuati nei luoghi di lavoro per la prevenzione o disassuefazione al fumo (2) i risultati sono assimilabili a quelli rilevati in altri setting: i programmi di gruppo, il counselling individuale e la terapia sostitutiva con nicotina sono efficaci, mentre il materiale di auto aiuto lo è di meno. Ancora: il divieto di fumo riduce il consumo di sigarette durante l’orario di lavoro ma il suo effetto sul consumo totale è meno certo e i programmi basati sugli incentivi aumentano i tentativi di smettere ma non vi è evidenza che aumentino il tasso di soggetti che effettivamente smettono. A partire da quanto rilevato, sia sull’esperienza derivante dai progetti esaminati che sulla letteratura scientifica, sono dunque state redatte raccomandazioni, dirette a professionisti del settore sanitario ed educativo e ai membri della comunità a livello locale, regionale e nazionale. Obiettivo delle raccomandazioni era elaborare indicazioni metodologiche che, sulla scorta delle conoscenze disponibili, consentissero di supportare il disegno, l’implementazione e la valutazione dell’efficacia di programmi integrati per la promozione di stili di vita sani nell’ambito dell’alimentazione, dell’attività fisica e del tabagismo. Relativamente al contesto lavorativo, le raccomandazioni (3), cui si rinvia per una lettura approfondita in relazione alla complessità che le caratterizza, indicano che sono da privilegiare azioni dirette a: – fornire agli addetti possibilità di ottenere un’alimentazione adeguata : ci si riferisce all’attenzione da prestare alla ristorazione aziendale e alla promozione di offerta gratuita o semigratuita di frutta e verdura attraverso appositi distributori in sostituzione dei distributori di snack e bevande dolci; 39 – promuovere lo svolgimento di attività fisica, attraverso la disponibilità, in ambito aziendale, di spazi adeguati, la promozione nell’uso delle scale rispetto agli ascensori, le facilitazioni da offrire rispetto al trasporto verso e dal posto di lavoro, che privilegino l’attività motoria; – garantire il rispetto del divieto di fumo in tutti i luoghi di lavoro chiusi e all’aperto, se ci sono rischi di incendio e/o di esplosione, e offrire percorsi di disassuefazione e interruzione dell’abitudine al fumo di sigaretta. Il 3 aprile 2008 si è tenuto a Milano l’workshop con la sintesi del percorso e presentazione delle Raccomandazioni (1). DISCUSSIONE Il tema della promozione della salute riveste un ruolo centrale nelle attuali politiche preventive, in ragione del peso di patologia che fumo, ridotta attività fisica, scorretta alimentazione hanno nel nostro Paese (5). La necessità di porre in atto interventi che favoriscano l’adozione di comportamenti e stili di vita sani attraversa in modo trasversale tutta la popolazione e quindi anche i soggetti in età lavorativa, nei confronti dei quali le patologie cronico-degenerative vanno assumendo notevole rilevanza, con reciproche influenze con la patologia professionale. Mentre è nota la correlazione tra tali fattori e le ricadute sulla salute della popolazione, non altrettanto chiara è l’efficacia degli interventi che vengono posti in atto dal servizio sanitario nazionale, per le indubbie difficoltà ad applicare i metodi della ricerca scientifica e della valutazione di evidenza di efficacia. Tuttavia è improrogabile che ci si interroghi sull’utilità di interventi che comportano un consistente, benché spesso scoordinato, investimento di risorse. In tale direzione si è posto il progetto di ricerca, finanziato dal Ministero della Salute con i fondi ex-art-12 del 2004, con un duplice obiettivo: da una parte sottoporre al vaglio dell’analisi scientifica le esperienze condotte nel quinquennio precedente e porle a confronto con i dati di letteratura disponi- 12-pavan 8-06-2009 9:13 Pagina 40 40 PAVAN E COLLABORATORI bili; dall’altra mettere a punto uno strumento per la progettazione che, cogliendo gli elementi conoscitivi in materia di efficacia disponibili, consentisse di migliorare la metodologia di intervento dei progetti futuri. Un’attenzione particolare è stata rivolta al setting nel quale vengono implementate le iniziative; tra essi l’ambiente di lavoro si è rivelato uno degli ambiti in cui è opportuno intervenire, benché non presenti differenze significative rispetto ad altri settori o contesti di intervento. Indicazione significativa è però che si debbano privilegiare più che interventi di tipo informativocomunicativo, progetti che, nello specifico contesto, consentano al lavoratore di “agire” comportamenti e abitudini adeguate. NO POTENTIAL CONFLICT OF INTEREST RELEVANT TO THIS ARTICLE WAS REPORTED BIBLIOGRAFIA 1. Atti del Convegno Nazionale Valutazione di efficacia e definizione di un modello integrato di promozione della salute. Milano, 3 aprile 2008. Online www.irefonline.it/websites/ iref/home_sds.nsf/wAll/IDCW-7CHLMW 2. MOHER M, HEY K, LANCASTER T: Workplace interventions for smoking cessation. Cochrane Database Syst Rev 2005; 2: CD003440 3. REGIONE LOMBARDIA: Deliberazione Giunta Regionale Lombardia VIII/6222 del 19.12.2007. Online http:// www.sanita.regione.lombardia.it/delibere/DGR2007_62 22.pdf 4. REGIONE LOMBARDIA: Valutazione di efficacia e definizione di un modello integrato di promozione della salute. Milano, 2008 5. WHO: Prevenire le malattie croniche: un investimento vitale. Rapporto globale dell’Oms. Ginevra, 2005 Online who.int/chp/chronic_disease_report/contents/Italian%20 full%20report.pdf 13-mamo 8-06-2009 La 9:15 Pagina 41 Medicina del Lavoro Med Lav 2009; 100 (suppl 1): 41-44 Le disuguaglianze nella protezione e promozione della salute di chi lavora C. MAMO Servizio Sovrazonale di Epidemiologia ASL TO3, Grugliasco (TO) KEY WORDS Inequalities; occupational risks; health promotion SUMMARY «Inequalities in protection and promotion of workers’ health». Background: Occupational risks contribute to health inequalities, combined with psychosocial, behavioural, and environmental risk factors. Job Strain is a wellknown risk factor for cardio-vascular and psychiatric diseases. Furthermore, stressful conditions at work promote unhealthy life styles. Among workers, sex (female), young age and migration are all causes of health inequalities. Conclusions: Although evidence on the effectiveness of workplace interventions for addressing inequalities is limited, equity audits to support decisions need to be implemented in conjunction with workability and health promotion programmes, and simultaneously with measures of an environmental and social nature. RIASSUNTO I rischi lavorativi contribuiscono alle disuguaglianze sociali di salute, in interazione con rischi psicosociali, comportamentali, ambientali. Sono noti gli effetti del Job Strain nella genesi del danno cardiovascolare e psichico. Condizioni di stress stimolano inoltre stili di vita dannosi per la salute. Tra i lavoratori il sesso (essere donna), la giovane età, la condizione di immigrato sono tutti determinanti di disuguaglianze nella salute. Sebbene l’evidenza di efficacia di interventi sul luogo di lavoro per contrastare le disuguaglianze sia ancora limitata, risultano raccomandabili processi di equity audit e programmi per la promozione della salute e della workability, in sinergia con interventi svolti a livello ambientale e socio-contestuale. IL LAVORO COME DIMENSIONE SOCIALE DELLA SALUTE Nei paesi economicamente sviluppati, pur in un contesto di generale allungamento dell’attesa di vita, le disparità sociali di salute tendono ad accentuarsi (14). Tali disparità risultano evidenti sia utilizzando come indicatore di posizione sociale il grado di istruzione, sia utilizzando la classe lavora- tiva. Tra gli uomini, i lavoratori manuali presentano eccessi di mortalità di intensità accentuatasi nel tempo; tra le donne tali disparità, sebbene di intensità più moderata, tendono ad accentuarsi in misura ancora maggiore. Le disuguaglianze sono conseguenza di diversi tempi e meccanismi di generazione (figura 1): la stratificazione sociale interagisce con le traiettorie di vita personali, dall’infanzia all’età adulta, in- Corrispondenza: Dr. C. Mamo, Servizio Sovrazonale di Epidemiologia ASL TO3, Via Sabaudia 164, 10095 Grugliasco (TO) Tel 011 40188221 - Fax 011 40188201 - E-mail: [email protected] 13-mamo 8-06-2009 9:15 Pagina 42 42 MAMO Figura 1 - Determinanti di disuguaglianze Figure 1 - Social Determinants of inequalities fluenzando le esposizioni a rischi e la capacità di proteggere le proprie risorse di salute. Si determinano condizioni di suscettibilità e fragilità, amplificate dalla mancanza di supporto e aggravate da limitazioni nell’accesso a servizi di diagnosi e a cure appropriate. Che impatto hanno le disuguaglianze di salute? a Torino si stima che il 25% della mortalità generale negli uomini e l’8% nelle donne sia attribuibile a gradienti socioeconomici (16). I fattori comportamentali rivestono un ruolo rilevante nelle disuguaglianze di salute: ad esempio il fumo sembra spiegare fino al 30% degli eccessi di mortalità generale osservati negli uomini meno istruiti (15). Nel contempo, fattori di rischio psicosociali e ambientali, in concorso con fattori biologici, tendono a colpire le fasce di popolazione più deprivate (23). Ma qual’è il peso rivestito dalle condizioni di lavoro? I RISCHI LAVORATIVI COME DETERMINANTI DI DISUGUAGLIANZE È noto come le condizioni di lavoro più rischiose siano concentrate tra le occupazioni manuali e non manuali meno qualificate, determinando diffe- renze professionali in infortuni, problemi muscoloscheletrici, disabilità, malattie croniche: differenze che si ripercuotono sul gradiente sociale di morbilità (8, 9). All’esposizione occupazionale a cancerogeni possono attribuirsi importanti quote di eccessi tumorali in lavoratori manuali, con range che, negli anni settanta-ottanta, variavano dal 20 al 50%, secondo la sede (3). Il peso dei tradizionali rischi lavorativi sulle disuguaglianze tende tuttavia a ridursi, probabilmente per una più efficace prevenzione (16), mentre acquisiscono rilievo fattori di rischio meno conosciuti (e a volte trascurati dalla prevenzione), come quelli psicosociali (18). Condizioni lavorative connotanti rischi psicosociali sembrano giustificare una quota rilevante delle disuguaglianze in salute percepita (4). Il job strain appare in grado di influire su diverse componenti dell’organismo, contribuento alla genesi di disuguaglianze a vari livelli, dalla salute psichica (13) a quella cardiovascolare (21), ad esempio attraverso un aumento del rischio di cardiopatia coronarica nei lavoratori esposti. Le condizioni di stress tendono inoltre a stimolare stili di vita dannosi per la salute (20). Si generano così interazioni tra rischi lavorativi e comportamentali. Interazioni già in passato prese in considerazione per spiegare eccessi 13-mamo 8-06-2009 9:15 Pagina 43 DISUGUAGLIANZE DI SALUTE NEI LAVORATORI di patologie in lavoratori esposti: classica l’esposizione contemporanea a fumo e cancerogeni occupazionali (3). La contestualizzazione dei rischi psicosociali assume rilevanza soprattutto per le donne: si considerino i potenziali effetti derivanti dalla commistione di ruoli e responsabilità lavorative e familiari (2). Si connotano inoltre come problemi di equità le maggiori esposizioni a rischi di categorie lavorative particolarmente vulnerabili: ne sono esempi la maggiore occorrenza di infortuni gravi nei lavoratori più giovani (5) e negli immigrati (6). Specie in questi ultimi, meccanismi auto-segreganti di identificazione sociale conducono all’acquisizione di atteggiamenti comuni, spesso a rischio. Infortuni e malattie portano a una riduzione delle capacità lavorative: anche il concetto di workability va quindi inteso in ottica sociale (1). La stessa disponibilità di lavoro, in quanto fonte di risorse ed identità personale, è rilevante per il problema: ad esempio il lavoro precario, che influenza soprattutto la salute psicologica, tende a polarizzarsi sulle professioni meno qualificate (22), così come le conseguenze sulla salute della disoccupazione sono più gravi nei soggetti socialmente vulnerabili (19). SVILUPPARE EQUITÀ ATTRAVERSO LA PROTEZIONE E PROMOZIONE DELLA SALUTE SUL LAVORO Abbiamo visto come le disuguaglianze possano prodursi attraverso diversi meccanismi, meccanismi che coinvolgono il lavoro e su cui è possibile intervenire. Innanzitutto, tramite politiche del lavoro si possono contrastare meccanismi come l’esclusione dal lavoro o la segregazione nei lavori più pericolosi dei soggetti socialmente fragili, come i meno istruiti, gli immigrati, le donne, i giovani (12). Le politiche sociali possono contrastare gli effetti delle condizioni di vulnerabilità correlate a mancanza di lavoro, ad esempio tramite politiche di sostegno ai disoccupati. Gli interventi sull’ambiente di lavoro, basati sulle normative di sicurezza e igiene, dovrebbero promuovere in modo equo un lavoro sicuro, adatto alle capacità della persona, e indirizzarsi verso priorità a 43 volte trascurate, ad esempio i fattori psicosociali, o verso nuove categorie a rischio, come gli stranieri. Parallelamente alle attività di sorveglianza per ridurre le esposizioni a rischio, il seguire un indirizzo di equity audit nella definizione di priorità e nella programmazione può contribuire a ridurre i danni dei soggetti più esposti, attraverso un monitoraggio più efficiente, l’individuazione precoce di problemi, l’accesso tempestivo a cure ove necessario (10). Le particolari condizioni di alcuni lavoratori vanno prese in considerazione nelle fasi di progettazione di interventi (17). L’inefficacia dei programmi formativi è spesso correlata alla scarsa conoscenza dei fattori sociali, economici, culturali dei lavoratori target: la formazione andrebbe fondata su una accorta valutazione preliminare di metodi, materiali e tecniche di comunicazione, rispettando alcuni criteri basilari, come il tenere conto delle capacità linguistiche dei discenti, utilizzando se possibile trainer della stessa etnia nel caso di lavoratori stranieri, e naturalmente prevedere un processo di valutazione (6). Uno strumento rivelatosi utile per promuovere equità in ambienti di vita e lavoro è la Communitybased participatory research, in cui il coinvolgimento attivo dei lavoratori nel processo di empowerment, dalla segnalazione delle criticità alla definizione degli obiettivi, fino all’attuazione di interventi, rappresenta la chiave per garantirne l’efficacia (7). Le attività mirate al contenimento e controllo dei rischi lavorativi non esauriscono le possibilità di preservare la salute di chi lavora: il luogo di lavoro rappresenta un setting ideale (gruppi concentrati, di pari) per contribuire a sviluppare le capacità delle persone di esercitare un maggior controllo sulla propria salute. In effetti le esperienze di promozione della salute svolte in ambiente lavorativo risultano in progressivo aumento. Partendo dalla constatazione che le malattie prevenibili rappresentano il 70% del burden of disease, influenzando pesantemente la produttività, efficaci programmi di health promotion, riducendo i rischi per la salute dei lavoratori, si traducono in una riduzione delle spese sanitarie e dei costi aziendali (11). Rimane da stabilire quanto si promuova oggi equità in ambiente di lavoro: le istituzioni che si occupano di sicurezza sul lavoro non sembrano in- 13-mamo 8-06-2009 9:15 Pagina 44 44 MAMO cludere le disuguaglianze tra i loro target (12). Contribuisce la ancora limitata evidenza di efficacia di strategie per contrastare le disuguaglianze tramite interventi sul lavoro; limite accentuato dalle continue trasformazioni organizzative e tecnologiche. Tuttavia, l’equità rimane uno dei principi fondamentali su cui basare la promozione di salute dei lavoratori, soprattutto in una economia globale. Ricordando il ruolo centrale dei professionisti della sanità, concludiamo sintetizzando le strategie generali per promuovere equità sul lavoro: sviluppo di processi di equity audit, promozione di workability e comportamenti sicuri, sinergia di azione sui fattori ambientali e socio-contestuali. NO POTENTIAL CONFLICT OF INTEREST RELEVANT TO THIS ARTICLE WAS REPORTED BIBLIOGRAFIA 1. AITTOMÄKI A, LAHELMA E, ROOS E: Work conditions and socioeconomic inequalities in work ability. Scand J Work Environ Health 2003; 29: 159-165 2. ARTAZCOZ L, BORRELL C, BETTACH J: Gender inequalities in health among workers: the relation with family demands. J Epidemiol Community Health 2001; 55: 639-647 3. BOFFETTA P, WESTERHOLM P, KOGEVINAS M, SARACCI R: Exposure to occupational carcinogens and social class: differences in cancer occurrence. In Kogevinas M, Pearce N, Susser M, Boffetta P (eds): Social Inequalities and Cancer. IARC Scientific Publications No. 138, Lyon, 1997 4. BORG V, KRISTENSEN TS: Social class and self-rated health: can the gradient be explained by differences in life style or work environment? Soc Sci Med 2000; 51: 1019-1030 5. B RESLIN FC, S MITH P: Age-Related Differences in Work Injuries: A Multivariate, Population-Based Study. Am J Ind Med 2005; 48: 50-56 6. BRUNETTE MJ: Development of Educational and Training Materials on Safety and Health Targeting Hispanic Workers in the Construction Industry. Fam Community Health 2005; 28: 253-266 7. COOK WK: Integrating research and action: a systematic review of community-based participatory research to address health disparities in environmental and occupational health in the USA. J Epidemiol Community Health 2008; 62: 668-676 8. COSTA G, MAMO C, BENA A. (eds): Differenze nella salute tra le professioni. Med Lav 2005; 96 (suppl) 9. CUBBIN C, SMITH GS: Socioeconomic inequalities in injury: critical issues in design and analysis. Annu Rev Public Health 2002; 23: 349-375 10. DEPARTMENT OF HEALTH: Health Equity Audit. A Guide for the NHS. London: Department of Health, 2003 11. GOETZEL RZ, OZMINKOWSKI RJ: The health and cost benefits of work site health-promotion programs. Annu Rev Public Health 2008; 29: 303-323 12. HOGSTEDT C, LUNDBERG I: Work-related policies and interventions. In Mackenbach JP, Bakker M (eds): Reducing inequalities in health: a European perspective. Routledge, 2002 13. LA MONTAGNE AD, KEEGEL T, VALLANCE D, et al: Job strain - Attributable depression in a sample of working Australians: Assessing the contribution to health inequalities. BMC Public Health 2008; 8: 181 14. MACKENBACH JP, BOS V, ANDERSEN O, et al: Widening socioeconomic inequalities in mortality in six Western European countries. Int J Epidemiol 2003; 32: 830-837 15. MACKENBACH JP, HUISMAN M, ANDERSEN O, et al: Inequalities in lung cancer mortality by the educational level in 10 European populations. Eur J Cancer 2004; 40: 126-135 16. MAMO C, MARINACCI C, DEMARIA M, et al: Factors other than risks in the workplace as determinants of socioeconomic differences in health in Italy. Int J Occ Env Health 2005; 11: 70-76 17. PARK KO, SCHAFFER BS, SHANNON C, et al: Effectiveness of a Healthy Work Organization Intervention: Ethnic Group Differences. J Occup Environ Med 2004; 46: 623-34 18. SCHRIJVERS CTM, VAN DE MHEEN HD, STRONKS K, MACKENBACH JP: Socioeconomic inequalities in health in the working population: the contribution of working conditions. Int J Epidemiol 1998; 27: 1011-1018 19. SEN A: Inequality, unemployment and contemporary Europe. International Labour Review 1997; 136: 1997 20. SIEGRIST J, RÖDEL A: Work stress and health risk behavior. Scand J Work Environ Health 2006; 32: 473-481 21. VIRTANEN SV, NOTKOLA V: Socioeconomic inequalities in cardiovascular mortality and the role of work: a register study of Finnish men. Int J Epidemiol 2002; 31: 614-621 22. VIRTANEN M, KIVIMÄKI M, JOENSUU M, et al: Temporary employment and health: a review. Int J Epidemiol 2005; 34: 610-622 23. WILKINSON R, MARMOT M (eds): Social determinants of health: the solid facts. 2nd edition. WHO Library, 2003 14-bramanti La 8-06-2009 9:16 Pagina 45 Medicina del Lavoro Med Lav 2009; 100 (suppl 1): 45-47 Ruolo di un osservatorio infortuni per l’azione di prevenzione del servizio di Prevenzione, Igiene e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro (PISLL) LUCIA BRAMANTI, PAOLA LORENZONI, A. PIEROTTI, G. ANGOTZI PISLL AUSL Viareggio KEY WORDS Surveillance system; occupational injuries SUMMARY «Role of a surveillance system developed by the Viareggio Local Health Unit in injury prevention». Background: Statistics on occupational injuries published by INAIL (National Insurance Institute for Occupational Accidents and Diseases) are not useful to plan appropriate preventive actions in local manufacturing sectors. Methods: The injury surveillance system, developed by Viareggio Local Health Unit, collects data on all occupational injuries that occurred in the Versilia area, by enterprise, worksite and manufacturing sector. Enterprises operating in particular sectors (e.g. shipyards, construction) are classified differently than in the national injury surveillance system. After trend analysis and interpretation of injury data, the main results are available both in electronic and paper format. Results and conclusions: Surveillance data are used by the Local Health Unit to promote and formulate specific preventive actions, such as: research and development of safer tools, promotion and control of safer use of specific tools, promotion and enforcement of good practices, control programmes in high risk manufacturing sectors and jobs. RIASSUNTO Il servizio di Prevenzione, Igiene e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro di Viareggio dispone di un proprio osservatorio che raccoglie sistematicamente le notizie di infortuni sul lavoro accaduti nei comuni di competenza territoriale integrando fonti diverse e classificando gli accadimenti per azienda/luogo di accadimento, comparto produttivo (comprese attività che con le classificazioni ATECO si disperderebbero come nautica da diporto e altre), per modalità di accadimento. L’elaborazione analitica delle modalità di accadimento permette di predisporre e realizzare interventi di prevenzione mirati nei luoghi di lavoro: azioni di controllo e vigilanza, azioni positive di assistenza e comunicazione del rischio per lavoratori, datori di lavoro e loro referenti. Le informazioni sono utilizzate nelle riunioni con le parti sociali ed in occasione di studio di misure di prevenzione e bonifiche tecniche di sicurezza, come nel settore lapideo ed altri ad elevato rischio di infortunio grave o mortale. INTRODUZIONE Gli infortuni sul lavoro (IL) sono un indicatore affidabile dei livelli di sicurezza raggiunti nei luo- ghi di lavoro e di orientamento per scelte di politica sanitaria in materia di prevenzione (2, 3). Per i servizi di Prevenzione Igiene e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro (PISLL) delle Unità Sanitarie Loca- Corrispondenza: Dr. Lucia Bramanti, UF Prevenzione Igiene e Sicurezza Luoghi di Lavoro, via Martiri di S. Anna 12, 55045 Pietrasanta (LU) - Tel. 0584 6058910 - E-mail: [email protected] 14-bramanti 8-06-2009 9:16 Pagina 46 46 BRAMANTI E COLLABORATORI li, deputati istituzionalmente alla promozione e al controllo della salute e della sicurezza dei lavoratori è necessario disporre di un’analisi epidemiologica locale degli IL con particolare attenzione a comparti prevalenti e lavorazioni più frequenti, per ricavarne indicazioni indispensabili per realizzare iniziative preventive specifiche. MATERIALI E METODI Il servizio PISLL di Viareggio ha attivato un osservatorio sugli infortuni a partire dal 1993, dal 1998 collegato telematicamente con il locale Pronto Soccorso Ospedaliero (PSO). Gli IL (primi certificati medici) accaduti nel territorio USL sono raccolti sistematicamente e in tempo reale integrando varie fonti: PSO, INAIL, medici di famiglia, media, lavoratori). Per ognuno è disponibile: – ragione sociale aziendale; – comune ed indirizzo dell’evento; – descrizione delle modalità di accadimento; – comparto produttivo di accadimento, comprese peculiarità produttive locali. Così, ad esempio, “nautica da diporto” comprende sia aziende di costruzione scafi, che di allestimento, produzione o installazione di arredi e impianti navali, indipendentemente dal codice ATECO aziendale. Grazie all’osservatorio è possibile avere tempestivamente tutte le informazioni utili su singoli casi di infortunio, spesso nell’immediatezza del fatto, e analizzare puntualmente, con cadenze ravvicinate, gli IL nel loro complesso per ogni comparto di produzione di beni e servizi della Versilia, così da evidenziare criticità importanti o nuove. L’elaborazione di indici infortunistici è possibile solo per comparti di cui è nota la forza lavoro locale. I risultati dell’analisi dei dati trimestrale e annuale sono pubblicati in report di cui viene curata ampia diffusione in formato elettronico e cartaceo. RISULTATI E DISCUSSIONE Un osservatorio locale sugli infortuni ha molti vantaggi in termini di qualità e tempestività delle informazioni ricavate (1). La descrizione di ogni caso e del luogo di accadimento consente di predisporre indagini di approfondimento nell’immediatezza dell’evento e di stendere profili di rischio aggiornati per attività, fase o sottofase di lavoro, di norma utilizzati dal servizio PISLL- per la programmazione delle attività istituzionali e predisporre e realizzare interventi di prevenzione mirati in termini di azioni di controllo e vigilanza, e di azioni positive di assistenza e comunicazione del rischio. Le elaborazioni degli IL sono routinariamente utilizzate nelle riunioni con rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS) e parti sociali e in occasione di tavoli tecnici di studio di misure di prevenzione e bonifiche tecniche di sicurezza. Disporre di profili di danno specifico permette di evidenziare infortuni “sentinella” e di agire con iniziative tempestive per eliminare rischi emergenti: anni fa si verificò una pericolosa “epidemia” di infortuni, fortuitamente lievi, da folgorazione in piccoli cantieri edili per contatto di attrezzi o parti di impianti in metallo con conduttori a media tensione. Una lettera circolare del PISLL divulgata attraverso gli ordini professionali ai coordinatori per la progettazione/esecuzione dei lavori in sicurezza e diffusa dagli uffici urbanistici dei comuni ai committenti ha evitato il ripetersi dell’accaduto. Conoscere inoltre il trend degli IL in settori chiave permette di predisporre azioni preventive combinate, con maggiore probabilità di ottenere risultati in prevenzione. E’ accaduto per la trasformazione lapidea: gli IL durante le fasi di movimentazione dei materiali lapidei, attività a maggior rischio di infortunio grave o mortale, sono stati utilizzati per orientare percorsi formativi diretti a lavoratori e preposti in collaborazione con le associazioni datoriali di settore, per produrre, in modo condiviso con le parti sociali, protocolli di comportamento e buone pratiche di lavoro, attualmente in uso presso le imprese lapidee del territorio, e per far adottare alle aziende attrezzature innovative a maggior contenuto intrinseco di sicurezza. Il monitoraggio dei casi dimostra una ridotta incidenza di infortuni da movimentazione dei materiali, in assenza di una riduzione sensibile della forza lavoro. L’Osservatorio infine è utile per evidenziare criticità per la sicurezza in comparti considerati “a basso rischio di infortunio” quali commercio, pub- 14-bramanti 8-06-2009 9:16 Pagina 47 RUOLO DI UN OSSERVATORIO INFORTUNI PER L’AZIONE DI PREVENZIONE DEL PISLL Figura 1 - % infortuni gravi (uguale/maggiore 20 giorni di prima prognosi) Figura 1 - % serious injuries (20 or more days away from work) blici esercizi, ricezione turistica, servizi alla persona. Cadere dall’alto di scale a pioli o scalei non sicuri è un evento più diffuso di quanto ci si potrebbe aspettare e, per diffondere buone pratiche di uso e di acquisto è stato predisposto un pieghevole di semplice lettura attualmente utilizzato per iniziative di comunicazione del PISLL e diffuso anche attraverso associazioni di categoria, consulenti, medici competenti. Il monitoraggio nel tempo degli IL ha permesso inoltre agli operatori di prevenzione di verificare che in Versilia la percentuale dei più gravi (da 20 giorni di prima prognosi in poi) non accenna a ridursi nel corso degli anni (figura 1) nonostante il 47 numero complessivo sia rimasto stabile nell’ultimo decennio (3500-3800 casi) e che un infortunato grave su 5 è imprenditore o libero professionista, lavoratori solo recentemente sottoposti ad obblighi di legge per la propria salute e sicurezza. Saperlo serve per adottare strategie diverse dalle abituali per ridurre gli IL più gravi in queste categorie di lavoratori. Infine, la diffusione periodica dei report a istituzioni, associazioni di cittadini, enti locali e parti sociali determina una immediata conoscenza condivisa dell’andamento infortunistico tra addetti ai lavori e permette l’adozione di azioni preventive su base conoscitiva certa. NO POTENTIAL CONFLICT OF INTEREST RELEVANT TO THIS ARTICLE WAS REPORTED BIBLIOGRAFIA 1. DISCETTI G, BODO A: Infortuni sul lavoro: esperienze e proposte di monitoraggio locale. Ambiente e sicurezza sul lavoro 1990; 7-8: 39-43 2. ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO: Rapporto annuale 2007, Roma luglio 2008 3. MACARTHUR C, PLESS B: Evaluation of the Quality of an Injury Surveillance System. Am J Epidemiol. 1999; 149: 586-592 15-piz 8-06-2009 La 9:18 Pagina 48 Medicina del Lavoro Med Lav 2009; 100 (suppl 1): 48-51 Indagini per infortunio svolte dai servizi di prevenzione delle ASL, una scelta per l’efficacia C. PIZ ULSS n. 6 Vicenza - Dipartimento di Prevenzione. Servizio di Prevenzione Igiene e Sicurezza negli ambienti di lavoro KEY WORDS Injuries at work; primary prevention; EBP SUMMARY «Workplace accident investigations carried out by local Occupational Health and Safety Units». Background: Workplace accident investigations place a heavy, time-consuming load on Italian Occupational Health and Safety Units of the National Health Service. Such investigations entail preventative measures, legal proceedings and likely penalties for enterprises. Staff shortages induce Units to reduce investigations in order to implement other preventive goals. Methods and results: This paper reports the actions that the Veneto Region performed to achieve a uniform treatment by all Units (inter-unit comparison and a new set of guidelines). We also describe a “short questionnaire-based investigation” aimed at encouraging enterprises to make preventive efforts, thereby enabling our staff to manage more events. Conclusions: We suggest and discuss effectiveness indicators for both practices. RIASSUNTO Le attività di indagine relative agli infortuni richiedono un grande impegno da parte dei Servizi di Prevenzione delle ASL e hanno rilevanti implicazioni preventive e legali per le aziende. La scarsità di personale nei Servizi impone di limitare tali indagini per poter svolgere anche le altre attività preventive. Vengono illustrati i risultati raggiunti dalla Regione Veneto con l’intervento svolto allo scopo di rendere omogenea l’attività di indagine dei Servizi (confronto tra SPISAL ed emanazione di una circolare). Viene descritta inoltre l’attività di ”Inchiesta breve con questionario“, proposta per permettere di far fronte ad un maggior numero di casi e per coinvolgere le aziende nell’attuazione delle azioni preventive. Vengono proposti ed analizzati i parametri di efficacia per entrambe le attività. INTRODUZIONE L’attività di indagine per infortunio dei Servizi è un impegno “dovuto”, ma sottovalutato. È infatti: – una priorità etico/professionale (giustizia sociale ed indennizzo dell’infortunato o dei suoi eredi); – motivo di indagine “dovuta” in caso di lesioni, gravi o gravissime, connesse ad inosservanza delle norme motivo di indagine “dovuta” in caso di lesioni, gravi o gravissime, con inosservanza delle norme); – un impegno rilevante per prestazioni e tempi richiesti; Corrispondenza: Dr. Celestino Piz, Azienda Socio Sanitaria Locale n. 6 - Dipartimento di Prevenzione, Servizio Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro, via IV Novembre n. 46 - 36100 Vicenza VI - Tel. 0444-752213 - Fax 0444-752333 - http://www.ulssvicenza.it 15-piz 8-06-2009 9:18 Pagina 49 INDAGINI PER INFORTUNIO SVOLTE DAI SERVIZI DI PREVENZIONE DELLE ASL – inserita nei Livelli Essenziali di Assistenza dei Servizi di Prevenzione; – determinata da scelte organizzative e da richieste esterne (Procura; parti lese ecc); – occasione per far emergere problemi aziendali, specifici o generali (valutazione dei rischi ecc); – fonte informativa per macchine CE fuori norma. Gestire in modo efficiente ed efficace questa attività è quindi una necessità fondamentale e urgente per evitare lavori inutili e per attuare prevenzione nelle aziende. DATI DELLA REGIONE VENETO E ATTIVITÀ DI MIGLIORAMENTO Gli SPISAL (Servizi di Prevenzione, Igiene e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro) della Regione Veneto, sino al 2006, svolgevano mediamente 1800 indagini all’anno riscontrando problemi di prevenzione nel 30-34% dei casi, con variazioni annuali, sia tra Servizi sia all’interno dello stesso Servizio. Nel 2003 la Regione ha istituito un Gruppo di Lavoro per elaborare un “Protocollo operativo per la gestione degli infortuni”. Il gruppo ha organizzato: 1. il censimento delle modalità di gestione degli infortuni, riscontrando buona omogeneità per le fonti informative (SUEM, Pronto Soccorso) e per la scelta degli eventi da indagare; 2. il confronto tra i Servizi (Workshop per condividere un protocollo regionale) Come ulteriori temi di confronto il Gruppo di Lavoro ha proposto di ricercare gli indicatori per verificare l’utilità dei criteri di selezione dei casi da indagare e di continuare il confronto su modalità di conduzione delle indagine, conclusioni dei casi e soluzioni per eliminare i rischi. Per la gestione tempestiva dei casi, il protocollo distribuito ai Servizi (1) suggeriva di: a) istituire la “pronta reperibilità”; b) costruire un sistema informativo basato sui dati provenienti dai Pronto Soccorso (primo certificato medico); c) operare una scelta sui certificati in arrivo usando come criteri di selezione la gravità, le modalità e la frequenza di accadimento); 49 d) gestire gli infortuni anche con altre modalità di lavoro (inchieste brevi, interviste); e) svolgere le indagini utilizzando modalità di intervento standard, indicate nel protocollo. Quanto indicato nei punti c) e d) riduce i tempi di lavoro (efficienza) e permette un miglior controllo dei risultati (maggior garanzia di efficacia), attribuendo i casi a due filoni di attività: 1. casi meritevoli di inchiesta “complessa” (casi gravi in cui è presumibile l’individuazione di responsabilità di terzi); 2. casi per i quali può essere sufficiente un’inchiesta “breve con questionario” (infortuni con modalità di evento e tipo di lesioni che non determinerebbero un “rapporto” in Procura, ma possono richiedere interventi di prevenzione). Il Gruppo di Lavoro non ha individuato indicatori di efficacia: Per entrambe le modalità d’inchiesta, tuttavia potrebbe essere proposto il rapporto: N. casi esaminati/N. di problemi di sicurezza risolti (verbali di prescrizione nel caso 1 e bonifiche ottenute nel caso 2). A seguito di questa iniziativa nel 2007 le indagini per infortunio hanno portato alla redazione di 169 verbali di prescrizioni in più rispetto al 2006 con un incremento dal 34% al 45% della proporzione di indagini sfociate nella redazione di verbali, avendo effettuato 223 inchieste “complesse” in meno, migliorando quindi l’efficienza del sistema. Il cambiamento ha riguardato tutti i Servizi ed è riferibile a fattori che hanno riguardato sia dirigenti che tecnici L’INCHIESTA “BREVE CON QUESTIONARIO” COME ALTRA MODALITÀ DI INDAGINE Immaginare di svolgere inchieste “complesse” per tutti gli eventi con “lesioni gravi” è impossibile, dato l’insostenibile carico di lavoro che ciò comporterebbe (2). È quindi necessario operare una selezione oculata dei casi da trattare con questo tipo d’indagine e trovare altri modi per far eseguire alle ditte gli interventi preventivi per evitare infortuni. Di seguito esponiamo l’esperienza dell’Osservatorio degli infortuni “gravi”, attivata dal 1992 dallo SPISAL di Vicenza che ha anche lo scopo di: 15-piz 8-06-2009 9:18 Pagina 50 50 – descrivere alcune caratteristiche associate agli infortuni; – disporre di elementi conoscitivi sulle cause degli infortuni, anche per orientare le iniziative; – valutare i risultati (misure correttive realizzate, in rapporto alle diverse attività messe in atto); – verificare se gli interventi effettuati (di comparto, su singole macchine, segnalazioni alle aziende e alle parti sociali) possono ricevere ulteriori indirizzi dai dati ricavati. Per gli eventi gravi lo SPISAL riceve notizie nell’immediatezza dell’evento (chiamata del 118); per gli altri casi dopo qualche giorno, tramite copia dei certificati del Pronto Soccorso. La quota d’infortuni non trattata con inchiesta “complessa”, viene seguita mediante l’invio di un “questionario” (lettera protocollata) con cui si chiede all’Azienda, di descrivere nel dettaglio la dinamica dell’evento, analizzarne le cause ed indicare le misure correttive messe in atto, cioè gli stessi elementi richiesti da un sistema di gestione delle sicurezza (SGS). Viene chiesto che il questionario sia firmato da Datore di Lavoro, RSPP, RLS e infortunato. La risposta è esaminata da un tecnico del Servizio, con la supervisione del Responsabile, per ricavare le informazioni sulle cause dell’infortunio e sulle bonifiche attuate, colmando eventuali lacune con ulteriori approfondimenti (lettera, telefonata o sopralluogo). La scelta fatta per l’osservatorio e l’acquisizione dei relativi dati è sostenuta dalle seguenti motivazioni: – l’approfondimento su una parte degli infortuni, con prognosi minima di 20 giorni, stabilito in rapporto alle risorse ed al carico di lavoro previsto dalle diverse azioni, permette di far entrare nell’osservatorio una percentuale di infortuni significativa (il 7- 8% del totale); – il “taglio” a 20 giorni di prognosi iniziale senza altre condizioni rende credibile l’analisi delle cause, contrariamente a quanto accadrebbe con una selezione basata su scelte operative; – per gli infortuni indagati con inchiesta “breve con questionario”, la metodologia adottata permette di raccogliere informazioni e di ottenere l’attuazione della misura di prevenzione appropriata, quando necessaria, perseguendo nel contempo obiettivi di efficacia e di efficienza PIZ VERIFICA DELL’EFFICACIA L’eliminazione della causa dell’infortunio, trova il suo proxy/misura-surrogata nel “verbale di prescrizioni” se si procede ad un’inchiesta “complessa”, nella documentata eliminazione del rischio da parte dell’azienda se si procede ad un’inchiesta “breve con questionario”. L’eliminazione delle cause dell’infortunio può anche essere sollecitata da telefonate e nuove richieste scritte, fino alla documentazione con foto, procedure operative o ordini di servizio. Gli esiti di entrambe le modalità di intervento vengono registrati. RISULTATI Su un totale di 6090 casi trattati dal 1992 al 2007 (1356 inchieste complesse e 4734 inchieste semplici con questionario) si sono ottenute 2486 bonifiche (37% con la modalità dell’inchiesta “breve con questionario” e 54% con le inchieste “complesse”). La percentuale di “soluzioni” sta aumentando sia per le inchieste “complesse”, sia per le inchieste “brevi con questionario”, grazie anche ad una maggior padronanza del metodo e a una miglior risposta delle aziende Il passo successivo è la verifica dell’adempimento. Per le prescrizioni è prevista per legge (Art. 21 D.Lgs758/94) ed è sostanzialmente sempre positiva. Per le “inchieste brevi con questionario”, un sopralluogo a campione in 40 aziende che avevano dichiarato di aver eseguito un intervento di bonifica, ha dato riscontro positivo nel 90%“ dei casi (applicazione delle soluzioni dichiarate e loro mantenimento nel tempo). In merito all’efficienza, l’intervento con inchiesta “breve con questionario” garantisce risparmio di risorse, tempestività e omogeneità se viene condotta in costante confronto tra tutti gli operatori del Servizio. CONCLUSIONI Il confronto tra Servizi della Regione Veneto ha indicato che per gestire in modo efficiente ed effi- 15-piz 8-06-2009 9:18 Pagina 51 INDAGINI PER INFORTUNIO SVOLTE DAI SERVIZI DI PREVENZIONE DELLE ASL cace le indagini relative agli infortuni con lesioni gravi i Servizi devono: – dotarsi di un sistema informativo basato sui dati dei Pronto Soccorso; – usare criteri di selezione dei casi da trattare con indagine “complessa”; – stabilire criteri per svolgere tali indagini (protocollo e flussi decisionali); – gestire gli eventi anche con altre modalità (es. inchieste “brevi con questionario”); – verificare l’efficacia di ogni indagine indipendentemente dalla modalità di intervento scelta. NO POTENTIAL CONFLICT OF INTEREST RELEVANT TO THIS ARTICLE WAS REPORTED 51 BIBLIOGRAFIA 1. DIREZIONE PER LA PREVENZIONE DELLA REGIONE VENETO: Protocollo Operativo per la Gestione degli Infortuni, 2004. Online 2. http://www.prevenzionecantieri.it/attach/content/996/ ProceduraRegionale apr.2004.doc 3. SARTO F, AGNESI R, VERONESE M, MAROSO A: Atlante degli infortuni sul lavoro accaduti nella Regione Veneto (anni 2000-2006). Regione Veneto, C.O.R.E.O. (Centro Operativo Regionale per l’Epidemiologia Occupazionale), Ulss 16 Padova, Settembre 2008 16-bacchi 8-06-2009 La 9:19 Pagina 52 Medicina del Lavoro Med Lav 2009; 100 (suppl 1): 52-54 Modello semplificato di sistema di gestione della sicurezza sul lavoro per piccole imprese. Primi risultati della sperimentazione ROMANA BACCHI, L. VENERI, P. GHINI, MARIA ALESSANDRA CASO, GIOVANNA BALDASSARRI, F. RENZETTI*, R. SANTARELLI* Dipartimento di Sanità Pubblica, A.U.S.L. di Forlì * INAIL, Direzione Regionale Emilia-Romagna, ConTARP, Bologna KEY WORDS OHSMS; small enterprise SUMMARY «A simplified Occupational Health and Safety Management System designed for small enterprises. Initial validation results». Background: Occupational Health and Safety Management Systems (OHSMS) are known to be effective in improving safety at work. Unfortunately they are often too resource-heavy for small businesses. Objectives: The aim of this project was to develop and test a simplified model of OHSMS suitable for small enterprises. Methods: The model consists of 7 procedures and various operating forms and check lists, that guide the enterprise in managing safety at work. The model was tested in 15 volunteer enterprises. Results: In most of the enterprises two audits showed increased awareness and participation of workers; better definition and formalisation of responsibilities in 8 firms; election of Union Safety Representatives in over one quarter of the enterprises; improvement of safety equipment. The study also helped identify areas where the model could be improved by simplification of unnecessarily complex and redundant procedures. RIASSUNTO Obiettivo del progetto è sviluppare un modello di Sistemi di Gestione della Sicurezza sul Lavoro semplificato per Piccole Aziende. Il modello, formato da 7 procedure, diversi moduli e check list di verifica, è stato sperimentato in 15 ditte. La sua applicazione ha migliorato gli aspetti organizzativi della sicurezza: in metà delle aziende sono state formalizzate per la prima volta le responsabilità sulla sicurezza, sono aumentati gli incontri con i lavoratori e in quattro aziende sono stati eletti gli RLS. Nella maggior parte delle aziende è migliorata la partecipazione alla prevenzione di tutti i soggetti. In 14 aziende un campione di lavoratori ha segnalato un aumento della sicurezza. Secondo il parere di esperti, dopo l’intervento c’è stato un miglioramento delle attrezzature in 5 aziende e degli ambienti di lavoro in 2. Tutte le aziende hanno giudicato il modello molto utile, ma da semplificare ulteriormente. INTRODUZIONE Secondo una recente indagine dell’ISPESL (4) la maggior parte degli infortuni gravi e mortali so- no dovuti a carenze organizzative della sicurezza. Queste sono più frequenti di quelle tecniche, in particolare nelle piccole aziende (1). Per migliorare l’organizzazione della sicurezza l’Ufficio Interna- Corrispondenza: Dott. Lamberto Veneri, Dipartimento di Sanità Pubblica, AUSL di Forlì, via Della Rocca n. 19, 47100 Forlì (FC) E-mail: [email protected] 16-bacchi 8-06-2009 9:19 Pagina 53 MODELLO DI SGSL SEMPLIFICATO PER PICCOLE IMPRESE zionale del Lavoro promuove i Sistemi di Gestione della Sicurezza sul Lavoro (SGSL) (3). Una revisione sistematica sull’efficacia dei SGSL, ha evidenziato risultati generalmente positivi (5). L’esperienza dimostra che i modelli esistenti (2, 6) vengono rifiutati dalle piccole imprese perché complessi ed onerosi. L’Unità Operativa Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro (UOPSAL) dell’AUSL di Forlì e la Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione (ConTARP) dell’INAIL Regionale Emilia-Romagna hanno sviluppato un modello semplificato di SGSL per piccole aziende. In questo articolo vengono presentati i risultati della sperimentazione. MATERIALI E METODI Dal 2005 un gruppo tecnico, comprendente anche sindacati e associazioni datoriali, ha sviluppato il modello di SGSL, partendo dalle Linee Guida UNI-ISPESL-INAIL 2001. Nel 2007 è iniziata la sperimentazione volontaria, durata un anno, in 15 aziende, di cui 8 metalmeccaniche, 3 chimiche, 3 impiantistiche e 1 alimentare. La mediana degli addetti era 36, con range da 14 a 67. Tredici erano certificate ISO 9001. Alle aziende è stato offerto un corso di formazione gratuito di 16 ore, assistenza per l’implementazione del modello e lo sconto del 10% sul premio INAIL. Il modello comprende 7 procedure (“Obiettivi, Organizzazione e Riesame”, “Valutazione Rischi”, “Risorse Strumentali”, “Dispositivi di Protezione Individuali”, “Informazione, Formazione, Comunicazione”, “Sorveglianza Sanitaria”, “Appalti”). Ad ogni procedura sono collegati moduli e check list di verifica. All’inizio ed alla fine della sperimentazione personale appositamente formato ha condotto due audit. È stato valutato l’impatto su fattori organizzativi importanti per la sicurezza: formalizzazione delle responsabilità, comunicazione coi lavoratori, programmazione degli obiettivi. I responsabili aziendali dell’applicazione del modello ne hanno valutato l’utilità e la facilità d’implementazione. La partecipazione attiva alla sicurezza di ciascun soggetto della prevenzione (lavoratori, RLS, datore di lavoro e dirigenti, preposti, RSPP, Medico Competente) è stata valu- 53 tata da tutti gli altri con un punteggio da 0 (insufficiente), 1 (sufficiente), 2 (buona). Un campione di lavoratori (minimo 5 per ciascuna azienda) ha valutato la sicurezza prima e dopo l’intervento. Infine ingegneri del ConTARP hanno valutato la conformità delle attrezzature e degli ambienti di lavoro prima e dopo. RISULTATI L’utilità del modello è stata unanimemente giudicata con punteggio molto elevato, mentre la semplicità d’uso, molto buona per i moduli e la check list, è risultata insufficiente per alcune procedure. La formalizzazione delle responsabilità per la sicurezza è decisamente migliorata: dopo la sperimentazione in otto aziende, contro una nel primo audit, è stato formalizzato il ruolo del preposto ed in sei anche altri ruoli non obbligatori per legge; in 7 aziende è stato incrementato il numero degli addetti alle emergenze. È anche migliorata la comunicazione con i lavoratori: in quattro aziende, che ne erano prive, è stato eletto il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) ed il numero medio annuo di incontri sulla sicurezza è salito da 2,9 a 3,4, aumentando in 9 su 15 ditte. Ogni azienda ha pianificato in media 4,7 obiettivi di miglioramento della sicurezza, che sono stati raggiunti nel 50% dei casi. La tabella 1 mostra il punteggio medio attribuito, prima e dopo la sperimentazione, alla partecipazione attiva dei vari soggetti aziendali ed il numero di aziende migliorate (sulle migliorabili) o peggiorate (sulle peggiorabili). Il peggioramento del punteggio viene interpretato come un aumento delle aspettative dei valutatori. Rimane mediamente insufficiente, anche dopo la sperimentazione, il giudizio sulla iniziativa dei lavoratori e la partecipazione del Medico Competente alla valutazione dei rischi ed alla formazione. La situazione globale della sicurezza è stata giudicata dai lavoratori migliorata in 14 aziende e stabile in una. L’audit nei reparti produttivi ha evidenziato che, su 9 aziende in cui la situazione iniziale non era ottimale, in 5 era migliorata la conformità delle attrezzature ed in 2 quella dell’ambiente. 16-bacchi 8-06-2009 9:19 Pagina 54 54 BACCHI E COLLABORATORI Tabella 1 - Valutazione della partecipazione attiva alla prevenzione dei vari soggetti aziendali Table 1 - Evaluation of active participation in safety management of enterprises Punteggio medio Punteggio medio prima dopo Accettazione misure di sicurezza dai lavoratori Partecipazione dei lavoratori Partecipazione del RLS Partecipazione dei dirigenti Partecipazione del RSPP Partecipazione dei preposti Partecipazione del Medico Competente 1,4 0,9 0,9 1,5 1,6 1,3 0,9 1,4 0,9 1,2 1,6 1,8 1,3 0,9 Az .migliorate/ Az peggiorate/ (migliorabili) (peggiorabili) 6 / (11) 9 / (15) 12 / (14) 7 / (9) 6 / (8) 8 / (13) 4 / (7) 4 / (13) 5 / (13) 2 / (11) 4 / (14) 3 / (14) 6 / (15) 6 / (13) DISCUSSIONE BIBLIOGRAFIA Tutte le aziende hanno ritenuto molto utile l’applicazione del modello di SGSL, anche se da semplificare ulteriormente in alcune parti. Un aspetto giudicato unanimemente positivo è l’aumentata sensibilizzazione e partecipazione dei lavoratori. Anche se le aziende partecipanti avevano una cultura organizzativa superiore alla media, riteniamo che si possa affermare che un modello di SGSL semplice, operativo, proposto con una appropriata assistenza possa essere accettato anche da piccole aziende. Pensiamo inoltre di poter affermare che il modello abbia un impatto positivo, almeno nel breve periodo, su alcuni fattori da noi ritenuti correlati con la sicurezza. 1. AAVV: Rapporto conclusivo del progetto di monitoraggio e controllo dell’applicazione del D.Lgs. 626/94. Bologna,: Agenzia Sanitaria Regionale, 2003 2. BSI, OHSAS 18001: 1999, Occupational health and safety management systems - Specification. London, 1999 3. ILO - OSHMS: Guidelines. Ginevra, 2001 4. MARCONI M, CAMPO G, DE MERICH D: Indagine integrata per l'approfondimento dei casi di infortunio mortale - Rapporto nazionale finale. Supplemento ai Fogli d'Informazione ISPESL n. 1, 2006 5. ROBSON LS, CLARKE JA, CULLEN K, et al: The effectiveness of occupational health and safety management system interventions: a systematic review. Safety Science 2007; 45: 329-353 6. UNI: Linee guida per un Sistema di Gestione della Salute e della Sicurezza sul Lavoro (SGSL). Milano, 2001 NO POTENTIAL CONFLICT OF INTEREST RELEVANT TO THIS ARTICLE WAS REPORTED 17-puro 19-06-2009 La 11:56 Pagina 55 Medicina del Lavoro Med Lav 2009; 100 (suppl 1): 55-58 La valutazione del rischio tubercolosi nelle strutture sanitarie V. PURO, LOREDANA BELLOCCHI, STEFANIA BERTOLDO, A. BRESSAN, ELETTRA CHECCHI, D. CHATRIAN, GIULIACHERAZ, SILVANA CINALLI, MARINELLA DAGLIO, TIZIANA FELETTI, FEDERICA FERRARO, M. GOLETTI, MARINA GRECI, P. MARCHESE, M. MARCHESOTTI, F. MINEO, IRENE PANDIANI, R. POLATO, ROBERTA PUSSINI, MADDALENA QUINTILI, ORIELLA RENZI, MARINA SCARSELLA, MANUELA SERVA, G. SIMONINI, M. SIGNORI, GABRIELLA SPURIO, M. STROSSELLI, MARTA URSINI Associazione Italiana Responsabili Servizi Prevenzione e Protezione in Ambiente Sanitario KEY WORDS Tuberculosis; risk assessment; healthcare workers SUMMARY «Tuberculosis risk assessment in Italian healthcare centres». Background: Tuberculosis transmission is a significant hazard in healthcare settings. Methods: Risk factors suggested by CDC guidelines in 1994, which were adopted by the Italian Ministry of Health, were assessed in 29 centres via questionnaires in 2005. Results: Few centers were equipped with negative pressure, respiratory isolation rooms. Half of the centres had high or ongoing risk. Conclusions: The hazard is underestimated mostly because of a high number of initially undiagnosed TB patients. RIASSUNTO Un questionario distribuito nel 2006 ai Responsabili dei Servizi aderenti all’ Associazione Italiana Responsabili Servizi Prevenzione Protezione Ambiente Sanitario, ha evidenziato che la Tubercolosi non sempre è considerata nel Documento di valutazione dei rischi delle strutture sanitarie. Sulla base dei parametri suggeriti dalla letteratura si evidenzia invece che la tubercolosi rappresenta un potenziale e significativo pericolo, sottostimato. In particolare l’esposizione a pazienti bacilliferi inizialmente misconosciuti è frequente. La disponibilità di stanze per l’isolamento respiratorio appare insufficiente. INTRODUZIONE La tubercolosi (TB) rappresenta una importante infezione occupazionale e nosocomiale nel settore dell’assistenza sanitaria potendo verificarsi in tutti gli ambienti assistenziali, reparti ospedalieri, strutture ambulatoriali e residenziali, con significativi tassi di cuticonversione tra gli operatori (OS): 1350%. Il rischio TB rientra pertanto a tra gli obblighi di valutazione imposti dal Decreto Legislativo 626/94 (abrogato dal Decreto Legislativo 81/2008) nell’ambito più generale del rischio biologico. Le “Linee Guida” del Ministero della Sanità (3) forniscono le indicazioni necessarie ad una adeguata valutazione del rischio TB sulla base della quale è possibile classificare le strutture sanitarie in differenti livelli (tabella 1) e attuare specifiche misure di Corrispondenza: Dr. Vincenzo Puro, Istituto Nazionale Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani, via Portuense 292 00149 Roma 17-puro 19-06-2009 56 11:56 Pagina 56 PURO E COLLABORATORI controllo. Esse ricalcano quelle emanate nel 1994 dai Centers for Diseases Control and Prevention (CDC) (1), aggiornate con una nuova classificazione nel 2005 (tabella 1) (2). Si è voluto verificare se e come nel Documento di valutazione dei rischi (DVR) delle strutture sanitarie fosse stato considerato il rischio TB e/o effettuata la classificazione e confrontare quanto riportato sulla base dei parametri previsti. METODI I Responsabili dei Servizi aderenti all’Associazione Italiana Responsabili Servizi Prevenzione e Protezione in Ambiente Sanitario (www.airespsa. org), sono stati invitati a compilare un questionario che comprendeva informazioni sui diversi aspetti strutturali, amministrativi ed organizzativi del centro, informazioni sulla disponibilità di protocolli (p.es. isolamento aereo, triage di pazienti con infezioni respiratorie, sospetta TB) e sull’effettuazione di programmi di formazione ed inoltre: 1. Valutazione del rischio TB e classificazione della struttura esplicitamente riportata nel DVR. 2. Numero e principali caratteristiche dei casi di TB assistiti nella struttura. 3. Casi di trasmissione occupazionale e nosocomiale. 4. Programmi di sorveglianza degli OS (intradermoreazione di Mantoux, PPD) ed eventuali casi o cluster, (>2 casi nella stessa Unità Operativa, nello stesso intervallo di tempo) di cutiversioni tubercoliniche. 5. Esposizione a paziente bacillifero inizialmente misconosciuto. RISULTATI Hanno aderito volontariamente 29 strutture: 13 con meno (gruppo I) e 16 con più di 200 posti letto (gruppo II). Due ospedali (15%) del gruppo I e 14 del gruppo II (87%) avevano stanze a pressione negativa. Nel gruppo I, il 38% delle strutture ha effettuato 1.473 esami diretti per AAR (0.5% positivi) e 1149 colture (0.6% positive per MTB); nel gruppo II 13/16 strutture hanno eseguito circa 21.000 esami diretti (3% positivi) e altrettanti colturali (5%. positivi). La sorveglianza con PPD era disponibile in tutte le strutture. Ventitre (79%) strutture hanno effettuato la valutazione del rischio TB e il 52% l’ha riportata nel DVR; quelle che non hanno effettuato la valutazione sono state classificate a rischio molto basso. Nel gruppo I, 4 strutture (31%) si erano definite a rischio molto basso, 8 (61,5%) basso, una intermedio e nessuna a rischio alto; nel gruppo II, una (6,2%) a rischio molto basso, 4 (25%) basso, 9 (56,2%) intermedio e 2 (12,5%) alto. I dati raccolti hanno evidenziato come 9 strutture (2 a rischio basso e 1 a rischio intermedio nel gruppo I; 1 a rischio molto basso, 2 a rischio basso e 3 a rischio intermedio nel gruppo II) avrebbero dovuto essere classificate ad alto rischio per avvenuta trasmissione interumana (6 strutture), cluster di cutiversione in OS (11 strutture), numero di assistiti con TB (>6 in una struttura). Utilizzando i parametri del 2005, le strutture risulterebbero classificate: gruppo I, 9 (70%) a basso rischio, 2 (15%) a rischio medio e 2 (15%) a rischio ongoing; gruppo II, 2 a basso rischio (12%), 3 (19%) a rischio medio e 11 (69%) a rischio ongoing. DISCUSSIONE L’indagine ha dimostrato una generale attenzione agli aspetti formali del D.Lgs 626/94 (il 79% delle strutture ha effettuato la valutazione del rischio TB e il 96% ha provveduto alla formazione del personale) e una preponderanza dell’uso di misure di protezione individuali rispetto alle collettive (il 96% delle strutture fornisce DPI, il 55% dispone di stanze di isolamento). Riguardo alla valutazione del rischio e alla classificazione è emersa una sottostima legata alla mancata considerazione per alcuni indicatori di rischio segnalati dalle raccomandazioni nazionali quali numero di pazienti ricoverati, casi di cutiversioni e, soprattutto, episodi di esposizione a pazienti con TB misconosciuta (45% delle strutture). La valutazione secondo le lineeguida del 2005 eviden- 17-puro 19-06-2009 11:56 Pagina 57 TUBERCOLOSI NELLE STRUTTURE SANITARIE 57 Tabella 1 - Criteri per la classificazione delle strutture sanitarie in livelli di rischio Table 1 - Tuberculosis risk assessment and classification Guidelines for preventing the transmission of Mycobacterium tuberculosis in health-care facilities, 1994 (1) Rischio minimo: Strutture nelle quali non vengono ammessi né in degenza né in ambulatorio pazienti con TB polmonare Nel territorio di appartenenza non si sono verificati casi di TB nell’ultimo anno. Rischio molto basso: Strutture nelle quali pazienti con TB polmonare attiva non sono stati ricoverati ma hanno ricevuto assistenza iniziale o sono stati diagnosticati. Vengono però immediatamente trasferiti in struttura adeguata. Rischio basso: Aree in cui: a) il tasso di cuticonversione degli OS non è superiore a quello di aree senza esposizione; b) non si sono verificati cluster di cuticonversione; c) non si è rilevata trasmissione di MT da persona a persona; d) sono stati esaminati o trattati meno di 6 pazienti con TB polmonare attiva per anno compresa l’assistenza iniziale prima del trasferimento. Rischio intermedio: Aree in cui: a) b) e c) come sopra ma d) sono stati esaminati o trattati 6 o più pazienti con TB POLMONARE attiva per anno compresa l’assistenza iniziale prima del trasferimento. Rischio alto: Aree o gruppi di lavoro in cui il tasso di cuticonversione è significativamente più alto che in aree o gruppi in cui non c’è probabilità di esposizione a TB oppure si è verificato un cluster di cuticonversione di presumibile origine professionale oppure si è verificato un caso di contagio da persona a persona. Guidelines for preventing the transmission of Mycobacterium tuberculosis in Health-Care Settings 2005 (2) Rischio basso: Strutture nelle quali non è previsto il ricovero di persone affette a TB quando: <3 pazienti/anno Per strutture: < 200 PL ≥ 200 PL <6 pazienti/anno Rischio medio: Strutture nelle quali è possibile l’esposizione di operatori a soggetti con TB o con campioni clinici contenti il M. tuberculosis quando: ≥3 pazienti/anno Per strutture: < 200 PL ≥ 200 PL ≥6 pazienti/anno Rischio “ongoing”: Strutture nelle quali c'è evidenza di trasmissione diretta (paziente-paziente, paziente-OS, OS-paziente o OS-OS) di MT nell'ultimo anno : - cluster o aumento significativo di cutiversioni, - operatori con diagnosi di TB, - diagnosi tardiva di TB in pazienti/operatori, - identità di ceppo alle analisi biomolecolari in operatori e/o pazienti zia un rischio maggiore soprattutto negli ospedali ≥200 PL. I limiti dello studio sono rappresentati dal fatto che l’adesione al progetto era su base volontaria e 17-puro 19-06-2009 58 11:56 Pagina 58 PURO E COLLABORATORI che le strutture, facendo parte dell’AIRESPSA, erano già sensibilizzate al problema. Entrambi questi bias di selezione, lasciano intendere che le reali dimensioni della sottostima nelle strutture sanitarie italiane possa essere maggiore. La principale ricaduta pratica che si rileva è che molte strutture italiane a fronte di una rischio elevato od ongoing dovrebbero dotarsi di stanze di isolamento. L’approccio al problema suggerito dalle lineeguida internazionali è di due tipi. I CDC, maggiormente precauzionali, raccomandano il tempestivo isolamento in stanze a pressione negativa e l’utilizzo di filtranti respiratori nell’assistenza di soggetti con diagnosi di malattia o con TB sospetta. Diversamente le lineeguida britanniche del 2006 (4), rigidamente basate sulle evidenze scientifiche, raccomandano l’isolamento respiratorio solo per pazienti con tubercolosi resistente ai farmaci o in caso di presenza nel medesimo reparto di pazienti immunodepressi. Anche con l’intento di superare tali difficoltà applicative, il Ministero della Salute ha commissionato nel 2007 all’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive, Lazzaro Spallanzani di Roma, un Progetto di aggiornamento delle raccomandazioni nazionali per il controllo della tubercolosi, che sarà diffuso nel corso del 2009. NO POTENTIAL CONFLICT OF INTEREST RELEVANT TO THIS ARTICLE WAS REPORTED BIBLIOGRAFIA 1. CENTERS FOR DISEASE CONTROL AND PREVENTION: Guidelines for Preventing the Transmission of Mycobacterium tuberculosis in Health-Care Facilities, 1994. MMWR 1994 (RR13); 43: 1-132 2. CENTERS FOR DISEASE CONTROL AND PREVENTION: Guidelines for Preventing the Transmission of Mycobacterium tuberculosis in Health-Care Settings, 2005. MMWR 2005 (RR17); 54: 1-141 3. MINISTERO DELLA SANITÀ: Linee Guida per il controllo della malattia tubercolare. http://www.ministerosalute. it/imgs/C_17_pubblicazioni_615_allegato.pdf 4. NATIONAL COLLABORATING C ENTRE FOR C HRONIC CONDITIONS: Tuberculosis: clinical diagnosis and management of tuberculosis, and measures for its prevention and control. London: Royal College of Physicians, 2006 18-cornaggia La 8-06-2009 9:21 Pagina 59 Medicina del Lavoro Med Lav 2009; 100 (suppl 1): 59-61 Applicazioni orientate all’efficacia negli interventi di prevenzione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro realizzate in regione Lombardia nel biennio 2007-2008 NICOLETTA CORNAGGIA, G. SARETTO, AGOSTINA PANZERI Regione Lombardia - Direzione Generale Sanità - Unità Organizzativa Governo della Prevenzione, tutela sanitaria, piano sicurezza luoghi di lavoro e emergenze sanitarie KEY WORDS Workplace; accidents at work; occupational diseases; EBP SUMMARY «Effectiveness of preventive measures for Workplace Health and Safety in Lombardia Region during the period 2007-2008». Background: The Lombardy Region has managed workplace safety prevention projects via evaluation of efficacy indicators since 1998 but is only now measuring the effectiveness of heir application. For the 3-year period 2008-2010 Regional Law 8/2007 made it mandatory for all injury prevention departments to assess effectiveness. A study carried out by the International Labour Organization concluded that investigations carried out to identify the causes and the responsibilities of work accidents or occupational diseases are extremely effective in improving the sureveillance and prevention system. Methods: The ratio between the number of cases in which it was possible to identify an individual who could be charged with penal responsibilities and the number of investigated cases were taken as an efficacy indicator of Health Service investigation procedures. Results and discussion: Analysis revealed that in only 29% of the 5008 industrial injuries investigated and in16% of the 2370 occupational diseases assessed was it possible to identify penal responsibilities. These percentages appear too low and a revision of the investigation protocol is therefore necessary mainly as regards priority criteria for the selection of cases to be investigated. RIASSUNTO Dal 1998 la Regione Lombardia ha realizzato alcuni progetti per la prevenzione nei luoghi di lavoro introducendo l’utilizzo di indicatori per valutare gli effetti della loro applicazione. La l.r. 8/2007 ha introdotto, per il triennio 2008 – 2010, l’obbligo di misurare l’efficacia delle attività svolte dai Servizi dei Dipartimenti di Prevenzione. Di particolare interesse è l’attività relativa alla valutazione della qualità e dell’efficacia delle indagini di polizia giudiziaria, d’iniziativa o su delega delle Procure, che i Servizi Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro delle Aziende Sanitarie Locali (ASL) realizzano al ricevimento di una notizia d’infortunio o di malattia professionale (m.p.). La valutazione di efficacia della capacità dell’indagine nell’individuare le responsabilità penali, ha evidenziato che solamente il 29% delle inchieste per infortunio ed il 16% di quelle per m.p. giunge a definizione di imputazione. La valutazione ha indicato la necessità di una adeguata ed urgente revisione dei protocolli d’inchiesta applicati dalle ASL. Corrispondenza: Dr.ssa Nicoletta Cornaggia, Unità Organizzativa Prevenzione, tutela sanitaria e veterinaria, Direzione Generale Sanità, Regione Lombardia, via Pola 9/11, 20124 Milano - Tel. 02-67653276 - Fax 02-3936044 E-mail: [email protected] 18-cornaggia 8-06-2009 60 9:21 Pagina 60 CORNAGGIA E COLLABORATORI INTRODUZIONE Regione Lombardia, con la l.r. 2 aprile 2007, n. 8 “Disposizioni in materia di attività sanitarie e socio-sanitarie. Collegato”. (B.U.R.L. 1° Suppl. Ordinario al n. 14 del 6 aprile 2007) chiede, attraverso la scelta di opportuni indicatori, di misurare l’efficacia delle attività svolte da tutti i Servizi dei Dipartimenti di Prevenzione. In particolare, è stata valutata la qualità e l’efficacia delle indagini di polizia giudiziaria, d’iniziativa o su delega delle Procure, che i Servizi Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro (SPSAL) delle Aziende Sanitarie Locali (ASL) realizzano al ricevimento di una notizia d’infortunio o di malattia professionale (m.p.). Se da una parte l’attività di indagine per infortunio e m.p. impegna fortemente i Servizi, dall’altra non vi sono evidenze di impatto, in termini di riduzione degli eventi infortunio e di m.p., e di concreto guadagno in termini di sicurezza e salute dei lavoratori. Una reale riconversione dei SPSAL nella direzione di evidenza di efficacia, dunque, non può che passare dall’analisi di questa attività. Valutazioni analoghe sono già state condotte in alcune Regioni, utilizzando, quale indicatore per la misurazione, il rapporto tra le indagini conclusesi con il riscontro di violazioni correlate all’evento rispetto al numero totale delle indagini realizzate (3 ,4): la misura d’efficacia dell’attività è stata, dunque, orientata sulla capacità dei Servizi di accertare responsabilità penali all’origine degli eventi, e di darne comunicazione al Magistrato per l’applicazione della pena. METODI Nel 2006, per comprendere se le prassi adottate fossero efficaci ai fini preventivi, l’U.O. Governo della Prevenzione D.G. Sanità ha realizzato una ricerca documentale finalizzata al confronto con le linee guida di paesi europei ed extra UE. In esito, nelle elaborazioni di esperti indipendenti nel quadro dell’ILO, l’inchiesta per infortuni è definita come una delle attività potenzialmente più efficaci tra quelle che si possono realizzare in ambito di vigilanza e ispezione (2); la “Guìa de introduccion a los Sistemas Nacionales de Seguridad y Salud en el Trabajo” (1) sostiene alcuni importanti principi e fornisce indirizzi d’ordine generale, ma non per questo di scarso rilievo. Altresì, sono state analizzate, con riferimento ad alcuni elementi giudicati rappresentativi (standard), le modalità di trattazione delle segnalazioni d’infortunio praticate dalle ASL e sono stati previsti diversi indicatori, tra cui quello riferito alla capacità dell’indagine d’individuare le responsabilità penali: (N° inchieste positive/ N° inchieste nel biennio 2009- 2010) *100 > 50% RISULTATI Nel 2007 sono state realizzate 5008 inchieste di infortunio, delle quali 1442 concluse con un riscontro di violazioni correlate all’evento (28,9%). Dall’analisi su un campione di 1688 inchieste risulta: – 29% è la quota delle indagini giunte a definizione di imputazione; – 17% è la quota delle indagini concluse con l’emissione di prescrizioni non connesse all’evento; – 53% è la quota delle indagini nelle quali non si rilevano contravvenzioni, né connesse né non connesse all’evento. Sono state, altresì, realizzate 2370 inchieste per m.p., delle quali 190 concluse con un riscontro di violazioni correlate all’evento (13,3%). Dall’analisi su un campione di 986 inchieste risulta: – 16% è la quota delle indagini giunte a definizione di imputazione; – 4% è la quota delle indagini concluse con l’emissione di prescrizioni non connesse all’evento; – 80% è la quota delle indagini nelle quali non si rilevano contravvenzioni, né connesse né non connesse all’evento. Il dati depongono verso un giudizio di relativa inefficacia delle attività. Nel caso delle m.p., si aggiunga che in molti casi, seppure in presenza di una nesso causale positivo, non è stato possibile procedere all’individuazione di un soggetto responsabile trattandosi di fatti indagati troppo remoti. DISCUSSIONE Come già evidenziato, i dibattiti e le esperienze condotte in Europa, ed a livello internazionale, 18-cornaggia 8-06-2009 9:21 Pagina 61 APPLICAZIONI ORIENTATE ALL’EFFICACIA convergono nel ritenere questa attività imprescindibile, oltre che attività di comprovata efficacia: una buona indagine permette di identificare non solo le cause dirette che hanno determinato l’evento, ma altresì le carenze, in forma consequenziale, delle attività preventive, dell’organizzazione e, per ultimo, della gestione della prevenzione all’interno dell’azienda. E, dall’altra parte, quando si verifica un infortunio, in particolare se è grave, si concretizza una speciale presa di coscienza, da parte del datore di lavoro e dei lavoratori, in relazione alla necessità di prevenzione, che facilita considerevolmente la messa in atto delle misure correttive. Per questo, a partire da questo assioma, irrinunciabile, a fronte dei risultati ottenuti, è soprattutto opportuna una revisione dei protocolli d’inchiesta applicati dalle ASL, condivisi con le Autorità Giudiziarie, giacché l’efficacia dei risultati d’indagine deve essere ricercata attraverso l’efficienza nell’organizzazione delle attività. Ciò è in linea anche con le conclusioni al riguardo di molti Magistrati che ravvedono, non tanto nella norma, ma nella applicazione (in particolare nella scarsità dei controlli e nella lentezza dei processi), la principale causa della scarsa incisività ed efficacia di queste attività. Una prima considerazione è che “l’indagine deve effettuarsi il più rapidamente possibile poiché la sua difficoltà cresce proporzionalmente al trascorrere del tempo, si perdono gli elementi propri del caso, e, infine, la “sensibilizzazione” nei confronti del medesimo. Il che significa che la qualità dell’indagine dipende dall’agilità del sistema di notifica dell’infortunio.” Successivamente, circa le competenze e la professionalità del personale di ispezione e controllo, è sempre più necessario che sia personale esperto e continuamente aggiornato a svolgere 61 le inchieste, attività che “non è soltanto repressiva, ma che deve realizzarsi anche in termini di accompagnamento e di formazione, perché le stesse funzioni ispettive appaiono idonee a realizzare una parte dell’attività formativa”. Occorre, comunque, interrogarsi circa la prevenibilità degli eventi infortunistici, riguardo all’ipotesi che vede in basse percentuali degli infortuni e m.p., le quote di eventi che potevano essere evitati qualora la norma fosse stata applicata puntualmente. Si ravvisa l’opportunità di un’approfondita analisi al momento della selezione delle notizie d’infortunio, di un potenziamento dell’adeguatezza dei criteri di cernita, così da escludere quelle notizie che rappresentano eventi a carattere palesemente accidentale o eventi non procedibili. NO POTENTIAL CONFLICT OF INTEREST RELEVANT TO THIS ARTICLE WAS REPORTED BIBLIOGRAFIA 1. CASTELLÀ JL: Guìa de introduccion a los Sistemas Naccionales de Seguridad y Salud en el trabajo. Ginebra/Turin: Oficina International del Trabajo – OIT, 2002 2. CORNAGGIA N, TOZZI GA: Efficacia, infortuni e malattie professionali. Relazione presentata al Convegno Efficacia degli interventi per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, Firenze 5-6 maggio 2007. Sito web della regione Lombardia - Sicurezza: www.regione.sanita.it 3. MARCHIORI L, PERUZZI M, GOBBI M, e coll: Analisi di 1000 casi di infortunio accaduti nella Ulss n. 20 di Verona. Atti 65° Congresso di Medicina del Lavoro, Messina 11-14 settembre 2002 4. MASI M, CAPONETTI A: La prevenzione nelle politiche regionali. G Ital Med Lav Erg 2006; 28: 3 19-albonetti La 8-06-2009 9:23 Pagina 62 Medicina del Lavoro Med Lav 2009; 100 (suppl 1): 62-63 Studio di efficacia di fattori tecnici e organizzativi nella riduzione degli indici infortunistici nel settore metalmeccanico Efficacy of a training intervention aimed at reducing injuries in the metalworking industry A. ALBONETTI, L. VENERI, EMANUELA CICOGNANI, V. POGGIOLINI, M. ROSSI, STEFANIA CANALI AUSL Forlì - Dipartimento Sanità Pubblica- UOPSAL KEY WORDS Accident prevention; EBP; metalworking industry INTRODUZIONE Il settore metalmeccanico nella provincia di Forlì presenta indici infortunistici elevati; di qui la necessità di un intervento mirato (2006-2009). Lo studio ha l’obiettivo di verificare quali carenze siano prevalenti, se organizzative o tecniche, e se un intervento mirato può migliorare i fattori organizzativi ed abbassare il rischio infortunistico. Questo report illustra i primi risultati. MATERIALI E METODI L’intervento ha coinvolto 196 aziende metalmeccaniche con più di 6 dipendenti e Indice di Incidenza infortunistica ≥ 5 o che abbiano avuto infortuni gravi. L’analisi degli infortuni ha individuato, come determinanti principali, carenze di 4 fattori tecnici (attrezzature, movimentazione, ambienti, Dispositivi di Protezione Individuale) e 14 fattori organizzativi, aggregabili in: Valutazione del rischio, Procedure, Istruzioni operative, Formazione. L’intervento di prevenzione ha previsto: incontri informativi; corsi di formazione per Datori di Lavoro, RSPP, consulenti, RLS; assistenza con distribuzione di liste di controllo per autovalutazione. Dopo tali azioni, nel 2006 e nel 2007 sono state fatte ispezioni, utilizzando liste di controllo mirate ai fattori suddetti. Ogni fattore è stato valutato con un punteggio specifico. I dati delle autovalutazioni aziendali sono stati confrontati con quelli delle ispezioni. Sono state confrontate le medie (Test tStudent) e le mediane (Test M-Whitney) dei punteggi delle aziende ispezionate nel 2006 e nel 2007. Sono stati confrontati i punteggi delle aziende che avevano partecipato agli incontri informativi, con quelle che non avevano partecipato. Lo stesso è stato fatto per i corsi di formazione. RISULTATI I fattori tecnici sono risultati conformi agli standard nel 65%-90% dei casi; nelle stesse aziende la percentuale di conformità dei fattori organizzativi varia da 0% al 30%; percentuali intermedie si hanno per valutazione del rischio e formazione generale; una Corrispondenza: Ing. Adriano Albonetti - E-mail: [email protected] 19-albonetti 8-06-2009 9:23 Pagina 63 STUDIO DI EFFICACIA DI FATTORI TECNICI E ORGANIZZATIVI significativa differenza nella percentuale di conformità fra fattori tecnici e fattori organizzativi è confermata nel campione di aziende che si sono volontariamente autovalutate. Il punteggio medio delle aziende soggette a vigilanza nel secondo periodo di attivazione del piano (2007) è significativamente più alto (p< 0.002) rispetto a quelle del primo periodo (2006); la differenza è significativa (p< 0.03) anche per singoli fattori (formazione su manutenzione, valutazione rischio, formazione su movimentazione). Le aziende che hanno partecipato agli incontri informativi hanno mostrato un punteggio medio significativamente maggiore di quello delle aziende “non informate”. Per quanto riguarda la partecipazione ai corsi di formazione, solo il sottogruppo che ha partecipato a tutti i 4 corsi di formazione ha un punteggio medio significativamente maggiore di quello delle aziende che non hanno partecipato. re conclusioni. Tuttavia lo studio conferma quanto segnalato da altre indagini, cioè che le carenze più frequenti riguardano gli aspetti organizzativi della sicurezza; verso questi dovranno essere indirizzati gli interventi di prevenzione. Interessante è che l’autovalutazione delle aziende concorda qualitativamente con quella del Servizio. I miglioramenti osservati nel punteggio medio delle aziende ispezionate nel secondo anno di intervento ed in quelle che hanno partecipato alle iniziative di informazione suggeriscono l’ipotesi che l’intervento abbia effetti positivi anche sulle aziende non ancora direttamente coinvolte e che il coinvolgimento, l’informazione e la distribuzione di materiale di assistenza abbiano un effetto positivo sul miglioramento degli aspetti organizzativi. NO POTENTIAL CONFLICT OF INTEREST RELEVANT TO THIS ARTICLE WAS REPORTED DISCUSSIONE I risultati presentati sono relativi ad un intervento ancora incompleto per cui è prematuro trar- 63 20-ariani 8-06-2009 La 9:24 Pagina 64 Medicina del Lavoro Med Lav 2009; 100 (suppl 1): 64-65 Rischio di crollo nello scavo di gallerie: monitoraggio tramite indicatori diversi dal numero di infortuni Risk of collapse in the excavation of tunnels: use of monitoring indicators other than number of accidents F. ARIANI ASL 10 Firenze, UF TAV KEY WORDS Tunnelling; occupational injuries; collapse risk Le opere infrastrutturali attualmente in costruzione a Firenze comprendono numerose gallerie. In tali realizzazioni, l’instabilità dei fronti di scavo può costituire un importante fattore di rischio infortunistico. In una delle opere si sono rilevati notevoli problemi di tale natura. Complessivamente sono avvenuti 17 cedimenti, di cui quattro con danneggiamenti di attrezzature ed uno con infortunio. La concordanza della distribuzione con le indicazioni di letteratura sulla “piramide degli incidenti” suggerisce che un’eventuale prosecuzione del lavoro non accompagnata da decise riduzioni dei cedimenti è destinata a causare ulteriori danni ed infortuni. La gravità del problema impone un attento monitoraggio dei risultati degli interventi di prevenzione. L’esiguità del numero di infortuni non consente di misurare direttamente il rischio; possiamo però valutare l’esposizione tramite la quantità di cedimenti. Poiché il numero di fronti di scavo contemporaneamente attivi cambia nel corso della realizzazione, i crolli non sono stati rapportati al tempo trascorso bensì alla lunghezza di galleria progressivamente scavata. Nei primi 633 metri sono avvenuti dieci cedimenti. È seguito un periodo più “tranquillo”, con 750 metri scavati fino al successivo crollo. I cedimenti sono poi ripresi, con sei eventi negli 461 ultimi metri. Ci siamo chiesti se, complessivamente, il rischio tende a ridursi o meno. A tale scopo, possiamo suddividere idealmente i 1844 metri realizzati in due metà identiche e confrontarle in base al rapporto cedimenti/metri. Nella prima metà si rilevano dieci cedimenti, nella seconda sette. Il rischio sembra diminuire ma la differenza non è significativa: Relative risk=0.70 (0.27 <RR<1.83) p-Yates=0.63 Nel periodo intermedio è avvenuto un cedimento in 750 metri. Il confronto con i 16 cedimenti avvenuti nei 1094 m corrispondenti al resto del lavoro evidenzia una riduzione significativa: Relative risk=0.09 (0.01<RR<0.69) p-Yates=0.0072 Le cause del miglioramento non sono individuabili con certezza. Sicuramente esso non è dipeso dalla migliore qualità del terreno osservabile in un tratto, peraltro limitato. La variazione del rischio non è significativa (0.20 <RR< 4.02) e ciò collima col fatto che nella zona più stabile i preconsolidamenti sono stati ridotti e la produttività del lavoro è cresciuta del 30%. I miglioramenti del terreno non sono stati utilizzati per ridurre il rischio a parità di Corrispondenza: Dr. Filippo Ariani- E-mail: [email protected] 20-ariani 8-06-2009 9:24 Pagina 65 RISCHIO DI CROLLO NELLO SCAVO DI GALLERIE costi, bensì per ridurre questi ultimi ed accrescere la produttività, lasciando il rischio invariato. Il periodo “tranquillo” è iniziato dopo l’esecuzione di un sequestro giudiziario temporaneo dei fronti di scavo, motivato in relazione al rischio di cedimenti. Possiamo supporre che tale drastico provvedimento abbia aumentato temporaneamente l’attenzione al problema fino a produrre risultati favorevoli, ma l’ipotesi non può essere verificata in base ad una singola osservazione, né risultano indicazioni di letteratura applicabili. Pertanto, non sappiamo se il risultato sia ripetibile. Evidente infine la connessione fra crolli e modalità operative. Lo scavo si è svolto in gran parte preconsolidando un tratto di terreno per prevenirne il crollo, scavando poi un “campo” di lunghezza prefissata e ripetendo quindi la sequenza. I cedi- 65 menti occorsi durante fasi così impostate sono stati 15, e 10 di essi sono avvenuti nel 33% finale del proprio campo. Se i crolli dipendessero da fattori puramente casuali la probabilità dovrebbe essere identica in qualunque parte del campo. Mediante una distribuzione binomiale si rileva però che, nell’ipotesi di localizzazione casuale, la combinazione osser vata aveva una probabilità di verificarsi <0,85%. Concludiamo allora, con i.c.>99%, che i crolli derivano da fattori correlati all’avanzare dello scavo entro ciascun campo, quali il progressivo indebolimento di preconsolidamenti già sottodimensionati all’origine. NO POTENTIAL CONFLICT OF INTEREST RELEVANT TO THIS ARTICLE WAS REPORTED 21-bramanti idonei La 8-06-2009 9:25 Pagina 66 Medicina del Lavoro Med Lav 2009; 100 (suppl 1): 66-67 Idonei al lavoro per certificato, ovvero: la prevenzione inefficace delle malattie da lavoro. Misure di tutela del cittadino da prestazioni sanitarie improprie o inappropriate The need for measures to safeguard citizens against inappropriate health service certification of fitness for work LUCIA BRAMANTI, FEDERICA BERTAGNA, VALERIA CERAGIOLI, G. ANGOTZI Servizio di Prevenzione, Igiene e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro (PISLL) Azienda USL di Viareggio KEY WORDS Occupational diseases; health certification; inappropriate approach INTRODUZIONE Il certificato di Idoneità Fisica all’Impiego (IFI), sostituto del Certificato di Sana e Robusta Costituzione (CSRC) rimane un obbligo per i lavoratori del pubblico impiego nonostante le promesse di abrogazione. MATERIALI E METODI In Versilia le prestazioni per IFI nei soggetti obbligati (vincitori di concorso pubblico e personale della scuola) sono erogate dal servizio di PISLL che dispone di una propria agenda di prenotazione telefonica ambulatoriale con filtro delle richieste. La domanda “non routinaria” viene sospesa in attesa che un medico del servizio verifichi con il committente la sussistenza di requisiti di legge a giustificazione della richiesta. In caso negativo, la richiesta è respinta ed il cittadino viene invitato a comunicare al PISLL eventuali episodi di ritorsione di parte aziendale. Nei casi dovuti, la prestazione viene erogata senza accertamenti integrativi (prove sierologiche per la sifilide quando non un vero e proprio CSRC). RISULTATI E DISCUSSIONE Centralizzare le IFI ha permesso di scoprire l’enorme abuso di questo tipo di certificato medico da parte di datori di lavoro pubblici e privati. Le prestazioni effettivamente erogate dal PISLL sono 170 circa all’anno, con “punte” in anni di assunzione straordinaria nelle scuole, numero contenuto rispetto alla miriade di richieste improprie o inappropriate rigettate. Nei casi di richiesta impropria, entro 24 ore il cittadino è informato della cancellazione della prestazione e non sono mai state osservate ritorsioni da parte aziendale. Nel caso di prestazione “legittima” si ottiene un risparmio economico, di tempo, di nocumento fisico (radiazioni ionizzanti) per l’assenza di accertamenti integrativi. Corrispondenza: Dr.ssa Lucia Bramanti - E-mail: [email protected] 21-bramanti idonei 8-06-2009 9:25 Pagina 67 IDONEI AL LAVORO PER CERTIFICATO In entrambi i casi si liberano risorse del SSN per sedute radiologiche o laboratoristiche. Spesso il committente obietta di ottenere altrove la prestazione negata in Versilia. Può essere vero, certamente, un’attività certificatoria per IFI non accentrata può favorire l’abuso legittimato dal SSN. Al contrario, un’azione informativa puntuale del committente gestita dall’ente pubblico ha prodotto un effetto educativo sui committenti, calmierando le richieste improprie e limitandole al solo dettato di legge, pur essendo necessaria un’attività di vigilanza costante. Sono state comunque impiegate risorse per eseguire oltre 1700 visite mediche inutili in questi anni, con spreco di tempo per infermieri e medici più vantaggiosamente spendibile in altre attività a maggior contenuto di prevenzione. L’accertamento sanitario è soprattutto un’occasione di colloquio su temi di educazione alla salute e di promozione di stili di vita più salubri. Cittadini in soprappeso o fumatori sono indirizzati al centro di educazione nutrizionale e antifumo USL; viene effettuato il counselling alcologico e, alle lavoratrici in età fertile sono fornite informazioni sul diritto ad un lavoro sicuro in gravidanza e suggerita la vaccinazione contro la rosolia, gratuita in Versilia. 67 CONCLUSIONI L’esperienza della Versilia dimostra l’opportunità di un atteggiamento vigile degli operatori di prevenzione per la gestione delle IFI e di altre prestazioni sanitarie di serie B. Davanti a manifesti abusi sui lavoratori dov’è l’equità nell’accesso alle prestazioni? E soprattutto, che fine ha fatto l’appropriatezza delle prestazioni? Come cittadini toscani, oltre che come operatori sanitari pubblici, auspichiamo che la Toscana segua l’esempio di altre regioni cancellando IFI e altre certificazioni sanitarie inutili. Nel frattempo, abbiamo il dovere istituzionale di limitare quantomeno la prestazione ai soli soggetti obbligati e, per farlo, una ricetta collaudata è: - costituire un centro unico di responsabilità in ogni UUSSLL; - formare il personale di sportello e un dirigente medico per gestire la domanda impropria o inappropriata. NO POTENTIAL CONFLICT OF INTEREST RELEVANT TO THIS ARTICLE WAS REPORTED 22-bramanti osservatorio La 8-06-2009 9:26 Pagina 68 Medicina del Lavoro Med Lav 2009; 100 (suppl 1): 68-69 Un osservatorio infortuni sul lavoro (IL) integrato tra INAIL e USL: condizione per l’appropriatezza e la completezza della raccolta dei casi Work injury observatory shared by INAIL (National Insurance Institute against Occupational Accidents and Diseases) and USL (Local Health Unit): an essential condition for the proper collection of all cases LUCIA BRAMANTI, PAOLA LORENZONI, A. PIEROTTI, G. ANGOTZI, C. CERVO*, M. LUCCHESI*, V. MONTI*, ROSALBA BALDINELLI Servizio di Prevenzione, Igiene e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro AUSL di Viareggio (PISLL), * INAIL Lucca/Viareggio KEY WORDS Safety management; occupational accident; information systems INTRODUZIONE INAIL e USL di Viareggio producono in Versilia sugli IL dati coerenti, aggiornati in tempo reale, specifici territorialmente. MATERIALI E METODI Il servizio PISLL della USL dispone di un osservatorio IL informatizzato, con raccolta dei primi certificati IL da fonti varie e, quando conosciuti, anche riguardanti lavoratori irregolari, inoccupati, pensionati, stranieri clandestini. Mensilmente INAIL di Viareggio estrae dalla banca dati nazionale gli IL accaduti nei comuni della Versilia, con accorgimenti per circoscrivere l’osservazione ai soli lavoratori (e non altri assicurati) indipendentemen- te dalla loro residenza. I record dei due archivi sono appaiati e, una volta integrati, costituiscono un unico data base, usato per ogni successiva analisi. I casi, con modalità di accadimento, sono aggregati per settori o comparti produttivi il più possibile omogenei, con particolare attenzione alle “tipicità” versiliesi, come nautica da diporto o estrazione e lavorazione del materiale lapideo e indotto, mal individuabili in ATECO. I dati elaborati sono pubblicati trimestralmente e con riepilogo annuale e inviati a media e soggetti sociali e istituzionali interessati ad un osservatorio stabile sul fenomeno infortunistico locale. L’elaborazione riguarda IL “prevenibili” e “non prevenibili” ai fini di prevenzione nei luoghi di lavoro, per dare massimo risalto ai casi potenzialmente evitabili con interventi tecnici, procedurali, organizzativi (ambito di intervento dei PISLL), monitorando ugualmente sinistri stradali Corrispondenza: Dr.ssa Lucia Bramanti - E-mail: [email protected] 22-bramanti osservatorio 8-06-2009 9:26 Pagina 69 UN OSSERVATORIO INFORTUNI SUL LAVORO e aggressioni sul posto di lavoro (i non prevenibili). Dividerli serve a fare chiarezza sui tipi di IL che accadono in Versilia ed in effetti la distinzione è accettata dai nostri interlocutori privilegiati. RISULTATI E DISCUSSIONE Gli IL raccolti da INAIL e USL non coincidono mai, non per errori ma per il diverso mandato istituzionale. L’INAIL raccoglie ogni notizia di infortunio superiore a 3 giorni compresi itinere, stradali o altri riguardante lavoratori assicurati con l’Ente al fine di fornire ai singoli assistenza economica, sanitaria, riabilitativa e di reinserimento lavorativo, sulla base della residenza dell’infortunato e non del luogo di IL. Il PISLL ha interesse per qualunque notizia di IL indipendentemente dai giorni, accaduto nel territorio di pertinenza a ogni lavoratore, anche irregolare o non assicurato con l’Ente (marittimi, liberi professionisti, o imprenditori) a fini di giustizia penale per l’individuo e di ricerca degli infortuni di tipo “prevenibile”. I casi sono analizzati dal punto di vista dell’applicazione di standard di prevenzione e norme di legge, per programmare interventi di vigilanza e controllo e iniziative di comunicazione su rischi e misure di prevenzione. per costruire e aggiornare profili di rischio di comparto 69 o lavorazione, per monitorare gli IL anche come ricaduta di iniziative preventive. Ovviamente i dati non coincidono e, a fini della divulgazione, il confronto puntuale è l’unico modo per avere dati omogenei e coerenti sugli eventi accaduti in un territorio. Dal 2003 in Versilia con questa base di dati sono elaborabili profili infortunistici aggiornati e dettagliati per lavorazione, comparto,modalità di accadimento ecc. CONCLUSIONI La collaborazione PISLL INAIL è vantaggiosa in quanto: – permette di ottenere il panorama più ampio, più aggiornato e dettagliato degli IL accaduti nel periodo recente sul territorio, compresi gli inferiori a 3 giorni; – consente di mettere in luce casi gravi, gravissimi e mortali di IL in occasione di lavoro irregolare, altrimenti ignoti all’INAIL; – fa emergere eventuali irregolarità, utili per approfondimenti amministrativi INAIL, nei casi di omessa denuncia di infortunio a fronte di 1° certificato medico redatto da sanitario. NO POTENTIAL CONFLICT OF INTEREST RELEVANT TO THIS ARTICLE WAS REPORTED 23-cappiello La 8-06-2009 9:26 Pagina 70 Medicina del Lavoro Med Lav 2009; 100 (suppl 1): 70-71 La formazione e l’addestramento all’uso degli ausili per una corretta movimentazione dei pazienti nell’AUSL di Bologna e le richieste del D.Lgs 81/2008 Patient lifting: legal obligations and a training programme experience ELENA CAPPIELLO, LOREDANA. CECCHETTI, E. MELECCHI, CINZIA MIGNANI, S. SASSI, D. TOVOLI Servizio di Prevenzione e Protezione AzUSL Bologna KEY WORDS Lifting patients; education; legislation INTRODUZIONE Il D.Lgs. 81/2008 definisce la formazione processo educativo coinvolgendo nelle varie fasi non solo gli operatori che effettuano le attività, ma anche i soggetti che svolgono funzioni di decisione e controllo e che operano sul campo a stretto contatto con i lavoratori. L’obiettivo di apprendimento non si esaurisce trasferendo ai partecipanti ai corsi solo conoscenze e procedure, ma richiede che vengano acquisite delle competenze e per raggiungere questo risultato, quando previsto, è richiesto anche l’addestramento effettuato da persona esperta e sul luogo di lavoro. MATERIALI - METODI - RISULTATI Il Servizio di Prevenzione e Protezione dell’AUSL di Bologna, dal 2003 ha intrapreso un percorso di formazione e addestramento per la corretta movimentazione manuale dei carichi e pazienti rivolto al personale infermieristico e di supporto nei 9 Stabilimenti Ospedalieri. L’obiettivo si proponeva di favorire il miglioramento delle conoscenze, abilità tecniche ed operative di movimentazione durante l’attività assistenziale. All’inizio è stata adottata sperimentalmente la metodica FAD mista con addestramento e verifica scritta e pratica. Dal 2005, si è implementata la collaborazione con il Servizio di Recupero e Riabilitazione Fisica e in seguito alla valutazione dei rischi dell’attività assistenziale, i corsi sono stati rivolti alle Unità di Medicina, Chirurgia, Sale operatorie, Ortopedie, e successivamente alle altre. Dal 2007 è stata adottata una metodologia di formazione e addestramento secondo il metodo Paul Dotte modificato, con verifica di efficacia nelle Unità Assistenziali. La realizzazione di ogni corso è stata preceduta da un’accurata analisi dell’attività, con l’ausilio di questionari e riprese video per valutare le esigenze correttive. La verifica sul campo, l’implementazione della fornitura di ausili nelle aree di degenza e il continuo perseguimento della logica partecipativa rivolta all’operatore, ha indotto successivamente il Servizio di Prevenzione e Protezione ad intervenire anche direttamente nei contesti operativi. Da gennaio 2008, sono stati organizzati corsi di addestramento Corrispondenza: Dr.ssa Elena Cappiello - E-mail: [email protected] 23-cappiello 8-06-2009 9:26 Pagina 71 LA FORMAZIONE E L’ADDESTRAMENTO ALL’USO DEGLI AUSILI nelle Unità Assistenziali con personale esperto, per consolidare l’applicazione dei principi di movimentazione e garantire in particolare il corretto utilizzo degli ausili per il trasferimento e/o il posizionamento dei pazienti (telo ad alto scorrimento e rullo). DISCUSSIONE La dimostrazione e l’esercitazione mirata delle manovre di movimentazione effettuate direttamente nei reparti di appartenenza e il limitato impegno orario richiesto, hanno sicuramente contribuito ad aumentare l’interesse e la partecipazione degli operatori. Questi aspetti stimolano a continuare la modalità di formazione nei contesti operativi, non eliminando tuttavia l’attività in ambiente protetto (palestra) anche al fine di favorire l’acquisizione delle competenze per operare in sicurezza. Nel percorso intrapreso tuttavia, emergono costantemente alcune criticità da affrontare quali: l’invecchiamento della forza lavoro e l’elevato turn over degli operatori, che costringono le organizza- 71 zioni ad incrementare di continuo il numero degli operatori addestrati sul campo. Tenendo in giusta considerazione questi due aspetti, che caratterizzano fortemente la realtà operativa sanitaria, per incoraggiare un reale cambiamento nell’approccio culturale alla movimentazione è necessario agire su più fronti, sia favorendo la conoscenza dei rischi che fornendo allo stesso tempo gli strumenti per poterli gestire. Diviene pertanto indispensabile rivolgersi a tutti gli attori coinvolti e in particolare: – coinvolgere e sensibilizzare i Preposti, che in questo contesto rappresentano il primo tramite indispensabile per rendere ricettivi gli operatori; – implementare la formazione e l’addestramento anche nei contesti operativi; – effettuare la verifica periodica degli interventi attraverso l’osservazione diretta, che permette di valutarne l’efficacia e nel contempo di rafforzare negli operatori la fiducia e il sentirsi più vicino il Servizio di Prevenzione e Protezione. NO POTENTIAL CONFLICT OF INTEREST RELEVANT TO THIS ARTICLE WAS REPORTED 24-d'ovidio La 8-06-2009 9:27 Pagina 72 Medicina del Lavoro Med Lav 2009; 100 (suppl 1): 72-73 Validità dell’integrazione delle diverse competenze nella gestione delle emergenze di origine biologica Validity of combining different areas of expertise in the management of emergencies of biological origin MARIA CONCETTA D’OVIDIO, NICOLETTA VONESCH, D. SBARDELLA*, PAOLA TOMAO, PAOLA MELIS, S. SIGNORINI, S. IAVICOLI Dipartimento Medicina del Lavoro - ISPESL - Centro Ricerche Monte Porzio Catone (Roma) * Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile - Ufficio Sanitario - Ministero dell’Interno KEY WORDS Biohazards; emergencies; multidisciplinarity INTRODUZIONE Il D.Lgs. 81/08 individua, nell’ambito del Sistema istituzionale, Informazione e assistenza in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, il Ministero dell’interno tramite le strutture del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, l’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL) a svolgere attività di informazione, assistenza, consulenza, formazione, promozione in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro. Il C.N.VV.F., tradizionalmente identificato quale parte operativa in caso di incendi e di emergenza di varia natura, non sempre prevedibili, dovrebbero essere formati/informati sui rischi non esclusivamente legati alle situazioni di spegnimento incendi, ma anche di contrasto dei rischi di natura biologica. Relativamente all’influenza aviaria l’intervento dei VV.F. è stato previsto dall’Unità di Crisi Influenza Aviaria del Ministero della Salute - Comunicato 12 febbraio 2006 stabilendo, nel caso di rinvenimento di uccelli acquatici selvatici morti o malati, l’intervento dei Servizi Veterinari delle ASL o dei Vigili del Fuoco, così come in linee guida, piani operativi. Il Titolo X del D.Lgs. 81/08 disciplina l’Esposizione ad agenti biologici in tutte le attività lavorative, attraverso misure organizzative, tecniche, procedurali per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori. Nella gestione dei rischi in situazioni di emergenza, si manifesta la necessità di pianificare tutti gli interventi; nelle emergenze di natura biologica bisogna: gestire l’intervento della componente tecnico/operativa; tutelare la salute e sicurezza della popolazione e dei lavoratori esposti; fronteggiare l’emergenza sensazionalistica determinata dal diffondersi di notizie attraverso diversi mezzi di comunicazione. DISCUSSIONE Le emergenze di natura biologica si caratterizzano per la necessità di attuare: procedure tecnico/operative; raccomandazioni e/o rassicurazioni di carattere generale e specifico; misure per fronteggiare il potenziale rischio di esposizione all’agente eziologico responsabile dell’emergenza. Il sistema operativo d’emergenza del C.N.VV.F., esempio quasi unico nel mondo per l’attuale orga- Corrispondenza: Dr.ssa Maria Concetta D’Ovidio - E-mail: [email protected] 24-d'ovidio 8-06-2009 9:27 Pagina 73 VALIDITÀ DELL’INTEGRAZIONE nizzazione a livello nazionale, è spesso chiamato per le proprie competenze ad intervenire in situazioni estremamente diversificate tra di loro che, seppur in grado di fronteggiarle egregiamente dal punto di vista tecnico/operativo, potrebbero non essere valutate appieno nei confronti di altri nuovi rischi di natura biologica emergenti. E’ proprio per contribuire a fronteggiare il rischio di influenza aviaria, che si è sviluppata l’integrazione delle competenze tecnico/operative del C.N.VV.F. e tecnico/scientifiche dell’ISPESL, che ha portato alla stesura di due manuali tecnici/operativi. CONCLUSIONI Negli interventi di contrasto a rischi di natura biologica, bisogna considerare: circoscrizione della zona di pericolo biologico; inertizzazione del pericolo; arresto della diffusione del patogeno; difesa della popolazione civile, dei lavoratori potenzialmente esposti; adozione di misure di prevenzione e/o profilassi; corretta informazione/formazione della popolazione civile, dei lavoratori; comunica- 73 zione attuata da organismi/enti istituzionali con modalità, mezzi idonei. Il C.N.VV.F. dispone di nuclei NBCR (nucleare, biologico, chimico, radiologico) adeguatamente formati, dotati di: procedure operative standard, automezzi, attrezzature, dispositivi di protezione idonei ad interventi di questa natura, in grado di affrontare e risolvere problematiche di vario tipo, ricevendo per questo una preparazione tecnico/professionale, psico-fisica, attitudinale. I VV.F. sia permanenti che volontari possono essere esposti a rischio biologico in diverse situazioni di emergenza (antrace, SARS, influenza aviaria). Nonostante la loro preparazione, i VVF potrebbero essere chiamati a fronteggiare vari altri emergenti agenti biologici, caratterizzati da modalità di trasmissione e di contagio richiedenti misure non convenzionali per evitare e/o limitare l’esposizione. Bisogna promuovere interventi integrati, coordinati di diverse figure istituzionali, per contrastare rischi biologici, in situazioni ordinarie e di emergenza. NO POTENTIAL CONFLICT OF INTEREST RELEVANT TO THIS ARTICLE WAS REPORTED 25-fiumalbi La 8-06-2009 9:28 Pagina 74 Medicina del Lavoro Med Lav 2009; 100 (suppl 1): 74-75 Salute e sicurezza dei lavoratori migranti in agricoltura: progetto di informazione e assistenza nella zona sud est fiorentina Health and safety of migrant agricultural workers: an ongoing training programme CARLA FIUMALBI, MARIA ROSARIA DE MONTE, P. BORGHI, SARA GATTESCHI*, VALENTINA VECCI*, SANDRA ROGIALLI**, M. GIANNELLI* UF di PISLL zona sud est, Azienda Sanitaria di Firenze; * Centro Interculturale di Pontassieve ** Società della Salute zona sud est Fiorentina KEY WORDS Migrant workers; agricultural workers; education INTRODUZIONE L’analisi dei bisogni di salute della zona sud est ha evidenziato come una delle priorità di intervento, la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori migranti in agricoltura, attività economica importante nella zona. L’agricoltura inoltre rappresenta, oltre all’edilizia, il settore della zona sud est in cui sono più frequenti gli infortuni nei migranti (media 2000-2004 dati inail-ispesl elaborazioni ASF: la % di infortuni nei migranti nella zona sud est in agricoltura è il 27%; n. 47/168 vs il 26%; n. 89/345 dell’edilizia). È noto che tra le cause determinanti del diverso andamento infortunistico tra italiani e migranti vi sono i lavori più rischiosi e l’inadeguata formazione professionale. Le evidenze scientifiche riportano che l’adozione di interventi Behaviour-based safety (Bbs) è associata con una riduzione significativa degli incidenti/lesioni sul lavoro. Quindi nel 2007 la UF di PISLL in collaborazione con la SdS, il Centro Interculturale di Pontassieve (CIP) e le aziende agricole del territorio ha promosso uno specifico piano integrato di salute. OBIETTIVO Aumentare la consapevolezza dei rischi e promuovere comportamenti corretti nei lavoratori migranti in agricoltura. METODI È stato progettato un’intervento di informazione e assistenza per i lavoratori agricoli migranti. La UF di PISLL zona sud est ha contribuito a costituire un gruppo di lavoro di zona interdisciplinare con la partecipazione di personale esperto di un centro di riferimento (CIP) per la mediazione culturale della zona, di mediatori culturali delle etnie Corrispondenza: Dr.ssa Carla Fiumalbi - E-mail: carla.fiumalbi@ asf.toscana.it 25-fiumalbi 8-06-2009 9:28 Pagina 75 SALUTE E SICUREZZA DEI LAVORATORI MIGRANTI IN AGRICOLTURA più presenti nelle aziende agricole del territorio e di lavoratori agricoli migranti, addetti nelle aziende partecipanti, con ottima conoscenza della lingua italiana e ben inseriti nel contesto socio-economico di riferimento. L’intervento è stato strutturato per assistere le aziende agricole nell’informazione ai migranti da effettuare in azienda a piccoli gruppi da parte di lavoratori migranti leader adeguatamente formati e per creare una rete di assistenza sul territorio con un centro di riferimento competente. RISULTATI Sono stati formati 6 mediatori culturali (arabo, albanese, romeno, senegalese, polacco, croato) e ad oggi è stato individuato un lavoratore migrante della etnia maggiormente rappresentata al momento in agricoltura nella zona sud est. Con la loro partecipazione è stato elaborato materiale informativo in lingua (8 lingue) e un questionario di valutazione di efficacia dell’intervento. Sono stati individuati indicatori di tipo qualitativo come il miglioramento sia della conoscenza sui rischi che dell’effettuazione di procedure corrette di lavoro e di tipo quantitativo come la riduzione del numero di 75 incidenti e di lesioni (tasso grezzo: prima e dopo) della popolazione di riferimento (lavoratori migranti informati). L’intervento sarà concluso nel 2009 e i primi risultati sull’efficacia saranno disponibili nel 2010. DISCUSSIONE In agricoltura, per le caratteristiche occupazionali, lavoratori migranti spesso stagionali che non si stabilizzano nel paese e talvolta analfabeti, emerge l’importanza di una informazione diretta con il coinvolgimento di lavoratori leader, della stessa etnia e nell’ambito spesso della stessa azienda, formati e dedicati. La nostra esperienza conferma che la cultura della prevenzione e sicurezza è diversa tra le varie etnie e che vi è la necessità di promuovere progetti specifici ed efficaci. I lavoratori agricoli migranti sono una popolazione difficilmente raggiungibile e i risultati del nostro intervento potrebbero fornire informazioni utili a definire una metodologia “esportabile” anche in altri settori. NO POTENTIAL CONFLICT OF INTEREST RELEVANT TO THIS ARTICLE WAS REPORTED 26-fubini 8-06-2009 La 9:29 Pagina 76 Medicina del Lavoro Med Lav 2009; 100 (suppl 1): 76-77 Dalla teoria alla pratica: utilizzo dell’Evidence-based Journal Club per la progettazione di un intervento di prevenzione degli infortuni From theory to practice: use of Evidence-based Journal Club to plan an intervention to prevent work injuries LIDIA F UBINI, L. GILARDI, ANTONELLA BENA*, M.L. DEBERNARDI*, O. PASQUALINI*, D. QUARTA* DoRS, Centro di Documentazione per la Promozione della Salute, Regione Piemonte * Servizio di Epidemiologia ASL TO3 KEY WORDS EBP, occupational accidents, primary prevention INTRODUZIONE MATERIALI E METODI I principi della Evidence-based Medicine possono offrire difficoltà di applicazione nella pratica sia clinica sia preventiva (Evidence-based Prevention, EBP). L’Evidence-based Journal Club (EBJC) è qui proposto come strumento efficace per apprendere sul campo le abilità EBP e per trovare risposte evidence-based a quesiti di primo piano, costituendo un ponte tra la teoria e la pratica. È considerato quindi non solo un metodo di aggiornamento professionale realizzato in gruppo come il Journal Club, ma anche un progetto per la valutazione della letteratura che porta alla risposta alle seguenti domande: i risultati dello studio sono validi? I risultati dello studio sono utili/applicabili? Lo scopo di questo lavoro è stato sperimentare l’EBJC in un gruppo di lavoro multidisciplinare, con il duplice obiettivo di migliorare alcune competenze chiave per la EBP e di arrivare alla progettazione di un intervento per la prevenzione degli infortuni sul lavoro in edilizia basato su prove di efficacia. Il gruppo di lavoro multidisciplinare era formato da 2 esperti in ricerca e valutazione della letteratura scientifica, 4 epidemiologi, 3 medici e 8 tecnici dei Servizi Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro, e 2 rappresentanti di altri enti. I primi hanno effettuato una ricerca bibliografica sistematica sia sulle banche dati del settore, sia su siti web istituzionali, e selezionato, secondo criteri stabiliti, gli studi pubblicati. Tutti gli studi selezionati riguardavano l’efficacia di interventi per la prevenzione degli infortuni nel settore edilizia, già rivisti durante la stesura di una precedente rassegna di letteratura. Questi sono stati poi sottoposti ai partecipanti, suddivisi in piccoli gruppi di studio, con lo scopo di valutare ogni intervento secondo i principi della EBP, e di integrarlo con il giudizio degli esperti sulla fattibilità in territorio piemontese. Il percorso si è svolto in 3 giornate articolate in: presentazione degli studi, esplicitazione dei criteri di inclusione ed esclusione degli stessi, e discussione sull’applicabilità. Corrispondenza: Dr. ssa Lidia Fubini - E-mail: [email protected] 26-fubini 8-06-2009 9:29 Pagina 77 UTILIZZO DELL’EVIDENCE-BASED JOURNAL CLUB Al termine del percorso è stato somministrato ai partecipanti un questionario di valutazione e gradimento del metodo. RISULTATI La ricerca bibliografica, dopo una prima selezione degli articoli meno validi, ha restituito 20 riferimenti a studi di intervento di cui 18 studi primari e 2 revisioni. A seguito delle 3 giornate di discussione sono stati considerati 7 studi, tra i quali 1 è stato giudicato rispondente ai criteri di fattibilità. A partire da quest’ultimo, il gruppo di lavoro è stato in grado di tracciare le linee generali per un intervento, definendone gli obiettivi, il target, la tipologia e il piano di valutazione. Il questionario di valutazione del metodo ha inoltre evidenziato che l’EBJC è stato considerato 77 un’esperienza positiva dalla maggioranza dei partecipanti ai gruppi di studio. Come percorso formativo, l’EBJC è stato sottoposto all’accreditamento per l’Educazione Continua in Medicina (ECM), ricevendo una valutazione di 10 crediti, per tutte le professioni. CONCLUSIONI In questa esperienza l’EBJC si è dimostrato utile sia nel migliorare le competenze EBP dei partecipanti sia nello stimolare la progettazione di interventi di prevenzione basati su prove di efficacia. La messa in opera dell’intervento progettato, costituisce la sfida per il futuro. NO POTENTIAL CONFLICT OF INTEREST RELEVANT TO THIS ARTICLE WAS REPORTED 27-giovannetti La 8-06-2009 9:30 Pagina 78 Medicina del Lavoro Med Lav 2009; 100 (suppl 1): 78-79 Secondo i dati del Registro di Mortalità Regionale toscano le “morti bianche” sono decisamente sottostimate dall’INAIL According to Tuscany Mortality Records, fatal accidents at the workplace are largely underestimated by INAIL (National Insurance Institute against Occupational Accidents and Diseases) LUCIA GIOVANNETTI, A. MARTINI, A. MIGLIETTA, ELISABETTA CHELLINI, A. BALDASSERONI* ISPO – Istituto per lo Studio e la Prevenzione Oncologica, Firenze * CERIMP- Centro Regionale di riferimento Infortuni e Malattie Professionali e da lavoro - Regione Toscana KEY WORDS Information systems; occupational accidents; INAIL Come evidenziato già negli anni ’90 dall’Associazione Ambiente e Lavoro, i dati sugli infortuni mortali lavorativi (IML) che vengono forniti dall’INAIL, benché assai specifici, sottostimano sicuramente il fenomeno. Nella letteratura scientifica internazionale è stata dimostrata l’utilità di affiancare al sistema di registrazione dell’ente assicuratore altre rilevazioni (stampa quotidiana locale, registri delle cause di morte, ecc.) per integrare e completare la conoscenza del fenomeno in aree di lavoro marginale, in possibili zone di evasione dall’obbligo assicurativo e in fasce di lavoratori non coperte. In caso di morte da causa violenta, in Italia, è richiesto al medico, che compila la scheda di decesso ISTAT, di indicare il luogo dove è accaduto l’evento violento che ha provocato il decesso. Il Registro Mortalità Regionale toscano (RMR), basandosi sulle informazioni relative al “luogo del- l’evento” e al codice ICD-9 di causa di morte, pubblica nei propri report annuali i dati elaborati sugli IML non da incidente stradale occorsi a residenti in Toscana. È stata recentemente instaurata una collaborazione tra RMR e CERIMP che prevede un record linkage annuale di tipo deterministico tra i dati INAIL e RMR, con lo scopo di: – integrare i dati INAIL con i dati di mortalità provenienti dalle USL; – fornire una stima più completa degli IML in Toscana; – programmare/monitorare in modo affidabile interventi di prevenzione che si rivolgano a tutti i lavoratori, a prescindere dalla caratteristica di essere o meno assicurati INAIL. Limitatamente ai residenti in Toscana sono stati conteggiati 128 IML non da incidente stradale nell’archivio INAIL 2004-06 e 167 IML non da Corrispondenza: Dr. ssa Lucia Giovannetti - E-mail: [email protected] 27-giovannetti 8-06-2009 9:30 Pagina 79 DATI DEL REGISTRO DI MORTALITÀ REGIONALE TOSCANO incidente stradale nell’archivio RMR 2004-06; dal confronto delle 2 fonti informative indipendenti utilizzate è risultato che 86 casi erano presenti in entrambi gli archivi. Utilizzando metodi di analisi cattura/ricattura è stato stimato il numero complessivo di IML non stradali avvenuti nei tre anni considerati: 249,1 (LC 95%=228,5-269,7), pari a un numero medio annuo di 83 eventi, di cui 13 non conosciuti da nessuna delle 2 fonti. La completezza della fonte informativa INAIL è stata stimata pari al 51% circa (47,5-56,0%) e quella del RMR del 67% circa (61,9-73,1%). Gli IML identificati solo sulla base dell’archivio RMR sono stati 81 nel triennio 2004-06, pari a 27 circa ogni anno. Considerando la variabile “luogo dell’evento” come proxy del settore lavorativo si è notato che molti di questi IML sono avvenuti in settori lavorativi coperti dall’assicurazione INAIL, ad esempio in edilizia (5 casi con luogo dell’evento “cantiere”) e in agricoltura (51 casi con luogo del- 79 l’evento “azienda agricola”). Stratificando per la variabile “fascia di età“ si è visto che, nel caso dell’agricoltura, gli eventi riguardavano più spesso uomini anziani (età > 65 anni per 33 casi su 51 casi agricoli totali), presumibilmente già ritirati dal lavoro, che forse continuavano a lavorare per sé o con contratti irregolari. Si conferma quindi l’importanza, ben nota dalla letteratura scientifica, di affiancare al sistema di registrazione dell’ente assicuratore almeno il sistema dei registri di mortalità per integrare e completare la conoscenza del fenomeno degli infortuni mortali lavorativi. L’apporto dei registri nominativi delle cause di morte si rivela fondamentale per una conoscenza del fenomeno più ampia e più rispondente alle esigenze di sanità pubblica, superando la definizione di IML strettamente assicurativa. NO POTENTIAL CONFLICT OF INTEREST RELEVANT TO THIS ARTICLE WAS REPORTED 28-mondelli La 19-06-2009 11:57 Pagina 80 Medicina del Lavoro Med Lav 2009; 100 (suppl 1): 80-81 Valutazione dell’efficacia di un nuovo strumento nel ridurre il sovraccarico biomeccanico degli arti superiori nelle addette alle pulizie in ambiente ospedaliero. Studio multicentrico toscano Efficacy evaluation of a new tool designed to reduce upper limb biomechanical burden in hospital cleaners. A multicentric study in Tuscany M. MONDELLI, A. BALDASSERONI*, M. MARIANI**, FRANCA LUONGO***, A. GRIPPO****, RITA ANSUINI**, M. BALLERINI*****, F. GIANNINI*****, M. GRAZIANI, ROSSANNA MANCINI******, P. MANESCALCHI*******, CARLA SGARRELLA*** Servizio Territoriale EMG ASL 7, Siena * SA Epidemiologia ASL 10, Firenze ** UF PISLL ASL 12, Viareggio (LU) *** UF PISLL ASL 10, Firenze **** UO Neurofisiopatologia Az. Ospedaliera-Universitaria “Careggi”, Firenze ***** Dip. Neuroscienze, Università di Siena ****** UF PISLL ASL 7, Siena ******* Medico competente Coop-Lat, Siena KEY WORDS Ergonomics; ULMSD; occupational disease INTRODUZIONE Lo scopo dello studio è stato verificare se l’introduzione di uno nuovo attrezzo per la scopatura ad umido fosse in grado di ridurre il rischio di sovraccarico biomeccanico dell’arto superiore e di migliorare la sintomatologia legata alla presenza della sindrome del tunnel carpale (STC) in una popolazione di operaie addette alle pulizie. METODI Sono state contattate tutte le donne dipendenti di un’unica ditta appaltatrice dei lavori di pulizia degli ambienti di 3 ospedali toscani “Careggi” (Firenze), “S. Maria alle Scotte” (Siena) e “Versilia” (Lido di Camaiore–LU). I medici dei Servizi PISLL delle ASL 7, 10 e 12 della Regione Toscana ed il Medico Competente della ditta hanno raccolto l’anamnesi lavorativa e hobbistica ed annotato la presenza dei fattori di rischio della STC o di patologie associate. I neurofisiologi hanno valutato la presenza e la relativa gravità clinica ed elettrofisiologica della STC attraverso l’utilizzo di scale ordinali. La diagnosi di STC si basava sulla coesistenza di sintomi/segni clinici e del rallentamento della velocità di conduzione distale del nervo mediano. La gravità della sintoma- Corrispondenza: Dr. Mauro Mondelli - E-mail: [email protected] 28-mondelli 19-06-2009 11:57 Pagina 81 VALUTAZIONE DELL’EFFICACIA DI UN NUOVO STRUMENTO tologia veniva quantificata tramite il questionario autosomministrato di Boston (QB) relativo alla “severità dei sintomi” e alla “funzione della mano” (BQ-FUNZ). I dettagli dei metodi sono stati già pubblicati. Veniva utilizzata la “Checklist OCRA” per confrontare il rischio di sovraccarico biomeccanico dell’arto superiore tra due differenti strumenti per la scopatura ad umido (uno di nuova progettazione versus uno precedente) valutando un compito specifico (pulizia di uno stesso corridoio dell’Ospedale). Il nuovo attrezzo presentava due innovazioni ergonomiche (struttura svincolata dal manico rigido ruotante al suo interno e snodo terminale) e veniva utilizzato dalle addette alla pulizia degli ospedali “Versilia” e “Careggi”; mentre nell’ospedale “S. Maria alle Scotte” veniva mantenuta la vecchia attrezzatura. In ambedue i gruppi di operaie sono state calcolate le differenze tra la prima osservazione e il follow-up dopo 1 anno relativamente al numero di soggetti affetti da STC e ai punteggi delle scale di gravità clinica ed elettrofisiologica della STC e del BQ utilizzando il χ2 e tests non parametrici per dati appaiati. RISULTATI Su 179 operaie, hanno accettato di partecipare allo studio 145, di queste hanno completato il follow-up 108. 68 operaie (età media 38.9±9.5 anni) hanno usato il nuovo attrezzo e 40 (età media 40.6±11.3 anni) quello vecchio. Le operaie affette da STC erano 34 (50%) nel gruppo che avrebbe adoperato il nuovo strumento e 18 (45%) nel gruppo che avrebbe continuato ad usare quello vecchio. Al momento del reclutamento non c’erano differenze tra i due gruppi di operaie relativamente all’età, al numero di affette da STC, ai fattori di rischio, alle patologie associate e ai valori dei punteggi delle scale di gravità clinica ed elettrofisiologica della STC e del QB eccetto che per un più elevato valore di BMI (25.7vs23.2, p=0.014) e per un mag- 81 gior numero di obese (17/37(27%) vs 6/68(8.8%), χ 2=6.15, p=0.013) nel gruppo delle operaie che continuavano ad utilizzare il vecchio strumento. La valutazione del rischio di sovraccarico biomeccanico dell’arto superiore evidenziava un punteggio della “Checklist OCRA” di 15.5 per il “vecchio” strumento (rischio medio) e di 6.5 per il “nuovo” (rischio accettabile). Dopo un anno, in ambedue i gruppi non si apprezzavano differenze significative per tutte le variabili esaminate eccetto che per un peggioramento del punteggio del BQ-FUNZ della mano dominate nel gruppo che aveva continuato ad usare il vecchio attrezzo (valore basale=1.34 vs follow-up=1.5, p=0.038). CONCLUSIONI Il nuovo strumento per la scopatura ad umido riducendo il punteggio della “checklist OCRA” dovrebbe, teoricamente, ridurre anche il rischio di insorgenza e la sintomatologia delle s. da sovraccarico biomeccanico riconducibili a movimenti ripetitivi di deviazione e flesso-estensione dei polsi nei gradi estremi, in particolare della STC. Tuttavia non era apprezzabile alcun reale beneficio in quanto non emergevano differenze significative tra i valori basali e quelli dopo un anno sia nel gruppo di soggetti che utilizzavano il nuovo attrezzo più ergonomico rispetto a quelli che impiegavano il vecchio. Questi ultimi mostravano un peggioramento del punteggio del BQ relativo alla “funzione della mano”. Questo studio ha alcuni limiti. La mansione studiata (scopatura ad umido) copre solo 1/4 del turno lavorativo e quindi il nuovo strumento ergonomico produrrebbe solo una parziale riduzione del rischio di sovraccarico biomeccanico negli operai addetti alle pulizie. Inoltre il tempo del follow-up potrebbe essere stato insufficiente per valutare i benefici a lungo termine. NO POTENTIAL CONFLICT OF INTEREST RELEVANT TO THIS ARTICLE WAS REPORTED 29-perduri La 8-06-2009 9:34 Pagina 82 Medicina del Lavoro Med Lav 2009; 100 (suppl 1): 82-83 Esposizione professionale a campi magnetostatici in risonanza magnetica nucleare: tra obblighi di legge e prove scientifiche Occupational exposure to magnetostatic fields in magnetic resonance imaging: legal obligations and scientific evidence R. PERDURI, ANNA MUROLO, G. FRANCO Cattedra e Scuola di Specializzazione di Medicina del lavoro dell’Università di Modena e Reggio Emilia KEY WORDS Legislation, MRI, EBP INTRODUZIONE Il titolo VIII capo IV del D.Lgs 81/2008 fa riferimento alla protezione dei lavoratori esposti a campi elettromagnetici. Per quanto riguarda l’esposizione a campi magnetostatici (CMS), la normativa non fornisce l’indicazione di un valore limite, assegna tuttavia un valore d’azione pari a 2x105 µT (pari a 0,2 T). L’imaging a risonanza magnetica nucleare utilizza CMS dell’ordine di 0,5-3 T e rappresenta una fonte di esposizione occupazionale per medici (radiologi, anestesisti, chirurghi), tecnici, addetti alla manutenzione e ricercatori. Il datore di lavoro dovrà quindi assolvere agli obblighi di valutazione del rischio e di informazione e formazione dei lavoratori sul rischio specifico. Il medico competente (MC) si troverà invece a dovere assolvere agli obblighi relativi al controllo sanitario degli esposti. OBIETTIVO Lo scopo del presente lavoro è la revisione degli studi comparsi dopo la pubblicazione della mono- grafia dell’OMS Environmental Health Criteria 232. Static fields per valutare criticamente gli effetti sull’Uomo dei CMS generati dai dispositivi di risonanza magnetica, al fine di fornire un supporto scientifico alle figure preposte agli adempimenti previsti dal titolo VIII, capo IV del D.Lgs 81/2008, soprattutto in merito all’informazione e formazione del personale e al controllo dello stato di salute dei lavoratori esposti. MATERIALI E METODI Per valutare criticamente gli effetti derivanti dall’esposizione a CMS è stata condotta una ricerca sulla base di dati Medline utilizzando specifiche stringhe di ricerca: – Magnetic Resonance Imaging [MeSH] AND Electromagnetic Fields/adverse effects [MeSH] AND (“2004/01/01”[PDAT] : “2008/05/05”[PDAT]). – Static magnetic field [All Fields] AND English[lang] AND humans [MeSH Terms] AND (“2004/01/01”[PDAT] : “2007/02/28”[PDAT]). Sono state prese in considerazione 8 pubblica- Corrispondenza: Dr. Riccardo Perduri - E-mail: [email protected] 29-perduri 8-06-2009 9:34 Pagina 83 CAMPI MAGNETOSTATICI IN RISONANZA MAGNETICA NUCLEARE zioni in base a criteri di selezione (lingua inglese, sperimentazioni cliniche o rassegne, disponibilità del riassunto, studi inerenti gli effetti sull’Uomo). La letteratura precedente al 2004 era già stata presa in considerazione dalla monografia dell’OMS. RISULTATI Non sono stati segnalati indolenzimento muscolare a comparsa ritardata nè alterazioni dei tracciati magnetoencefalografici dell’attività cerebrale, mentre è stato dimostrato l’aumento delle onde theta in tracciati elettroencefalografici. Sono stati segnalati disturbi transitori (nausea, vertigini, sapore metallico) e alterazioni di alcune funzioni neurocomportamentali, non confermate in una successiva pubblicazione. Sono state infine descritte alterazioni della perfusione ematica cutanea ed una riduzione dello stress ossidativo. In considerazione della scarsità di dati e della limitata comparabilità del tipo di esposizione, non è possibile formulare conclusioni certe sugli effetti avversi sulla salute dei CMS. DISCUSSIONE Il titolo VIII, capo IV del D.Lgs 81/2008 mira alla protezione della salute dei lavoratori dagli effetti di tipo deterministico e a breve termine, con 83 esplicita esclusione di quelli a lungo termine (art. 206, commi 1 e 2). Esistono dati controversi sugli effetti derivanti dall’esposizione acuta. Gli adempimenti demandati al datore di lavoro risentono della mancanza di prove scientifiche e richiedono quindi da parte sua l’uso di prudenza, equilibrio e abilità nel comunicare le incertezze esistenti. Il MC potrà inoltre trovare problematica l’attuazione di un programma di controllo che includa accertamenti preventivi e periodici mirati alla prevenzione del rischio, tenendo conto che il titolo VIII, capo IV considera i soli effetti a breve termine. CONCLUSIONI Le prove scientifiche degli effetti dell’esposizione a CMS sono tuttora insufficienti e benché l’entrata in vigore del titolo VIII capo IV del D.Lgs 81/2008 sia stata posticipata al 2012, le figure responsabili del rispetto delle norme dovranno usare prudenza nell’interpretazione delle prove scientifiche. Si attende inoltre che vengano emanate le linee guida del Ministero della Salute per l’applicazione del titolo VIII, capo IV nello specifico settore sanitario delle attrezzature di risonanza magnetica, previste entro due anni dall’entrata in vigore del D.Lgs 81/2008 (art. 212). NO POTENTIAL CONFLICT OF INTEREST RELEVANT TO THIS ARTICLE WAS REPORTED 30-peruzzi La 8-06-2009 9:35 Pagina 84 Medicina del Lavoro Med Lav 2009; 100 (suppl 1): 84-85 Un nuovo modello di vigilanza in azienda sul sistema di gestione della sicurezza sul lavoro A new method for performing health surveillance aimed at improving work safety MANUELA PERUZZI, L. MARCHIORI, MARIA LELLI, CRISTINA FIORINI, LOREDANA BRUNETTI, M. GOBBI SPISAL ULSS 20 Verona KEY WORDS Health surveillance; occupational accidents; work safety È in atto un cambiamento nella natura degli infortuni sul lavoro, sempre meno conseguenti alla pericolosità tecnica delle macchine e dell’ambiente, sempre più legati alla organizzazione del lavoro e alla difficoltà nel mantenimento delle misure di sicurezza nel tempo. La semplice vigilanza “tecnica” risulta quindi non più adeguata ad incidere su queste nuove forme di infortunio e a garantire il mantenimento nel tempo delle condizioni di sicurezza. IL METODO Al fine di mettere a punto nuove forme d’intervento, in un gruppo di 130 aziende, quelle di dimensione maggiore e con numero di infortuni più elevato, complessivamente circa il 50% di quelli accaduti in tutta l’ULSS, si è sperimentata una nuova metodologia di intervento di vigilanza, mirata alla verifica della organizzazione della gestione della sicurezza e della salute dell’azienda. Sono stati considerati i seguenti 6 aspetti: 1) politica aziendale rivolta alla prevenzione della salute e sicurezza e all’organizzazione aziendale, con la verifica dei ruoli e compiti delle diverse figure della sicurezza; 2) valutazione ed l’analisi dell’infortunio e dell’incidente e del fenomeno complessivo; 3) organizzazione e pianificazione dell’informazione e della formazione con particolare attenzione ai flussi di comunicazione interaziendali; 4) processo di manutenzione-monitoraggio permanente dell’ambiente di lavoro (ambiente, macchine, dispositivi di prevenzione e protezione collettivi ed individuali); 5) gestione degli appalti; 6) gestione della sorveglianza sanitaria. Il controllo di questi punti ha previsto una serie di incontri con le figure aziendali: datore di lavoro o legale rappresentante, medico competente, RSPP, RLS. Tali incontri, svoltosi sotto forma di colloquiodiscussione, avevano l’obiettivo di analizzare il sistema di gestione della salute e sicurezza attraverso la verifica degli obblighi del D.Lgs. n. 626/1994 a confronto con le fasi cicliche del processo di gestione previste dalle linee guida dell’ISPESL-UNIINAIL “Per un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro”, richiamate oggi anche dal nuovo Testo Unico, il D. Lgs. 81/2008. Per valutare l‘efficacia dell’intervento si è adottato un sistema di scoring capace di misurare il mi- Corrispondenza: Dr.ssa Manuela Peruzzi - E-mail: [email protected] 30-peruzzi 8-06-2009 9:35 Pagina 85 UN NUOVO MODELLO DI VIGILANZA SUL SISTEMA DI SICUREZZA SUL LAVORO glioramento nella gestione di questi aspetti, classificando le aziende in aree di rischio in base al punteggio raggiunto. È stato assegnato un totale di 18 punti: al primo indicatore, l’organizzazione, sono stati attribuiti da 0 ad un massimo di 8 punti, perché considerato l’elemento fondamentale e trasversale a tutti gli altri indicatori, mentre ad altri quattro, un valore da 0 a 2. RISULTATI È stato evidenziato un significativo miglioramento delle capacità di organizzazione nella maggior parte delle aziende: 37 aziende sono migliorate nell’organizzazione della sicurezza e 3 sono migliorate nella gestione degli infortuni Questo metodo di vigilanza, iniziato nel 2006, ha stimolato l’avvio di un processo di miglioramen- 85 to nelle aziende, nell’ambito della gestione della sicurezza, sia con l’adozione di nuovi strumenti e metodi per contrastare il fenomeno degli infortuni e delle malattie professionali, sia con il monitoraggio costante dei rischi e delle misure di prevenzione tecniche, organizzative, procedurali. Permangono comunque ambiti di miglioramento in ordine decrescente: sull’organizzazione, la gestione degli appalti, gli infortuni e la manutenzione. Il monitoraggio nel tempo degli infortuni di queste aziende ci permetterà di verificarne anche l’efficacia in termini di salute, e di attribuire alle aziende un codice di rischio sul quale indirizzare la priorità dell’azione di vigilanza tecnica. NO POTENTIAL CONFLICT OF INTEREST RELEVANT TO THIS ARTICLE WAS REPORTED 31-strozzi La 8-06-2009 9:36 Pagina 86 Medicina del Lavoro Med Lav 2009; 100 (suppl 1): 86-87 È utilizzabile il questionario autosomministrato come strumento per la raccolta di informazioni nel corso dell’accertamento preventivo? Un’indagine sul campo Suitability of self-administered questionnaires to collect information in prevention assessment: a field investigation MARIA ELENA STROZZI, SARA RICCIARDI, R. PERDURI, G. FRANCO Cattedra e Scuola di Specializzazione di Medicina del lavoro dell’Università di Modena e Reggio Emilia KEY WORDS Questionnaires; efficacy; fitting to work INTRODUZIONE La qualità tecnico-professionale, uno dei determinanti la qualità delle prestazioni, consiste nella disponibilità di personale qualificato, metodi e strumenti adeguati al raggiungimento degli obiettivi. Tra gli strumenti utilizzabili il questionario anamnestico autosomministrato (Q), di frequente impiego in ambito internazionale, non trova larga applicazione da parte del Medico Competente (MC). OBIETTIVO L’indagine è stata condotta allo scopo di verificare l’efficacia e l’efficienza di un Q autosomministrato nella raccolta di informazioni a supporto dell’attività del MC. MATERIALI E METODI La popolazione esaminata, dell’età media di 30 anni (intervallo 23-56 anni) era costituita da 68 operatori sanitari (17 maschi e 51 femmine) sottoposti ad accertamento preventivo da parte del MC in occasione dell’assunzione presso una struttura ospedaliera. Lo studio, del tipo crossover in singolo cieco, prevedeva l’autosomministrazione di un Q, comprendente 20 domande, mirato alla raccolta di informazioni sull’occupazione e sullo stato di salute (Faculty of Occupational Medicine, 2007). Le domande riguardavano ricoveri in ospedale, visite mediche negli ultimi 2 anni, patologie, assunzione di farmaci, infortuni sul lavoro, giudizio sulla propria condizione di salute, disabilità ed un elenco di patologie e sintomi di vari organi e apparati. Trentasei operatori hanno compilato il Q prima dell’accertamento e i restanti 32 dopo l’accertamento da parte del MC. L’autosomministrazione del Q richiedeva un tempo compreso tra 8 e 10 minuti, l’accertamento sanitario da parte del MC tra 25 e 35 minuti. La valutazione delle informazioni è stata effettuata indipendentemente da 2 degli autori (MES e SR), attribuendo alle singole risposte del Q un punteggio da 0 a 1 in base a 5 criteri: chiarezza, appropriatezza, completezza, utilizzabilità e validità. Il punteggio è stato attribuito considerando come Corrispondenza: Dr.ssa Maria Elena Strozzi - E-mail: [email protected] 31-strozzi 8-06-2009 9:36 Pagina 87 QUESTIONARIO AUTOAMMINISTRATIVO E ACCERTAMENTO PREVENTIVO standard di riferimento l’informazione del MC. ll punteggio di ogni risposta e la somma di tutti punteggi sono stati confrontati con l’informazione tratta dalla cartella clinica e di rischio compilata dal MC. I punteggi sono stati confrontati mediante test per il confronto tra medie. RISULTATI Confrontando i risultati del gruppo in cui il Q è stato compilato prima dell’accertamento del MC con quelli del gruppo in cui il Q è stato compilato dopo l’accertamento, è stato possibile escludere differenze legate al momento in cui era somministrato il Q (period effect e treatment-period interaction). Il punteggio totale del Q è significativamente diverso (p<0,001) rispetto al punteggio del MC. Esiste inoltre una variabilità tra le singole risposte: in particolare le risposte del Q a 7 domande (relative a precedenti ricoveri ospedalieri, visite mediche nei 2 anni precedenti, anamnesi farmacologica, disabilità, allergie, patologie cutanee, neoplasie e patologie osteoarticolari) presentano un punteggio più basso 87 in confronto alle informazioni raccolte dal MC. Anche se i punteggi sono stati attribuiti utilizzando l’informazione del MC come standard, in alcuni casi le risposte del Q offrono maggiori informazioni rispetto a quelle raccolte dal MC (visite del medico di medicina generale e visite specialistiche, visite preassuntive, sintomi quali cefalea, gastralgia, disturbi della vista e cistiti). Non è emersa associazione alcuna tra i punteggi delle risposte e genere, età, mansione. CONCLUSIONE Pur esistendo alcune differenze tra le informazioni raccolte dal MC e tramite Q, i risultati dimostrano che, per la maggior parte di esse, il Q permette di raggiungere gli obiettivi prefissati e può costituire uno strumento efficace ed efficiente da utilizzare a supporto dell’attività del MC. NO POTENTIAL CONFLICT OF INTEREST RELEVANT TO THIS ARTICLE WAS REPORTED 32-norme autori 8-06-2009 9:49 Pagina 88 N O R M E P E R «LA MEDICINA DEL LAVORO» pubblica lavori originali, rassegne, brevi note e lettere su argomenti di medicina del lavoro e igiene industriale. I contributi non devono essere già stati pubblicati o presentati ad altre riviste. I dattiloscritti, in lingua italiana o inglese, devono essere inviati in duplice copia alla Redazione de «La Medicina del Lavoro» - Via S. Barnaba, 8 - 20122 Milano. I lavori saranno sottoposti a revisori; sulla base dei loro giudizi la Redazione si riserva la facoltà di suggerire modificazioni o di respingerli. Gli autori verranno informati delle motivazioni che hanno portato la Redazione a formulare suggerimenti o giudizi negativi. Le opinioni espresse dagli autori non impegnano la responsabilità della Rivista. DATTILOSCRITTI - I lavori dovranno essere chiaramente dattiloscritti in doppia spaziatura e con un ampio margine su un lato. Tutte le pagine, compresa la bibliografia, devono essere numerate progressivamente e portare indicato il nome del primo autore e le prime parole del titolo dell’articolo; analoga indicazione deve figurare sulle tabelle e sul retro delle figure. Nella prima pagina del dattiloscritto deve essere indicato il titolo dell’articolo, il cognome e l’iniziale del nome dell’autore o degli autori, il nome per esteso degli autori di sesso femminile, l’istituto di appartenenza di ciascun autore, l’indicazione delle eventuali fonti di finanziamento del lavoro e l’indirizzo completo dell’autore responsabile della corrispondenza. Nella stessa pagina dovrà essere indicato in forma abbreviata il titolo che dovrà figurare in testa a ciascuna pagina dello stampato. Qualora il lavoro sia già stato oggetto di comunicazione orale o poster in sede congressuale, è necessario che in una nota a piè di pagina ne vengano indicate la data, il luogo, la sede. Al momento della accettazione finale del lavoro, per favorire le successive operazioni di stampa agli Autori sarà richiesto di allegare al manoscritto un dischetto per personal computer contenente l’elaborato stesso. TABELLE - Le tabelle dovranno essere battute su carta bianca, in pagine separate dal testo. Ogni tabella deve essere numerata progressivamente in caratteri arabi. La didascalia in entrambe le lingue, italiano ed inglese, deve contenere le informazioni necessarie a interpretare la tabella stessa senza fare riferimento al testo. Nel testo la tabella deve essere citata per esteso (es.: tabella 1). FIGURE – Le figure devono essere numerate in successione con numeri arabi a matita sul retro; le didascalie in entrambe le lingue, italiano ed inglese, devono essere separate dalle figure. Formato cartaceo: fotografie, disegni, grafici, diagrammi devono essere inviati in bianco e nero con dimensioni 10x15 cm. Supporto informatico: i files devono essere salvati su dischetto o CD formattati PC o MAC. Le immagini vanno salvate come singolo file in formato di 10x15 cm e devono avere una risoluzione di 300 dpi ed essere salvate in formato JPEG con compressione media. I disegni, grafici e diagrammi (tratti in bianco e nero) devono avere una risoluzione di 800 dpi ed essere salvati in formato BMP (bit map) o TIFF. Nel testo la figura deve essere citata per esteso (es.: figura 1). Nel caso che gli autori intendano pubblicare figure o grafici tratti da altre riviste o libri, dovranno previamente ottenere il permesso scritto dall’autore e dalla casa editrice, copia del quale deve essere inviata alla redazione della rivista; nell’articolo gli autori dovranno indicare le fonti da cui il materiale stesso è tratto. PRESENTAZIONE DEGLI ARTICOLI - I lavori dovranno in linea di massima, essere suddivisi in: Introduzione, Metodi, Risultati, Discussione, Riassunto, Bibliografia. Dovranno essere dettagliatamente descritti i metodi solo quando siano originali o presentino delle modifiche sostanziali rispetto ai precedenti. Per i metodi già noti e riportati in letteratura è sufficiente citare gli articoli originali. Nella presentazione dei risultati si deve evitare di ripetere nel testo i dati presentati nelle tabelle e nelle figure. LETTERA D’ACCOMPAGNAMENTO – In una lettera di accompagnamento, l’autore responsabile della corrispondenza dovrà dichiarare che tutti gli autori hanno letto e condiviso il contenuto e l’interpretazione del lavoro inviato. La lettera d’accompagnamento dovrà inoltre riportare la dichiarazione firmata da ciascun autore sull’esistenza di rapporti finanziari che configurino un potenziale conflitto d’interesse con le materie trattate nel lavoro stesso. Saranno accettate anche firme individuali su copie della stessa lettera inviate per fax direttamente alla rivista (vedi CONFLITTO D’INTERESSE). RIASSUNTO - Il riassunto in lingua italiana ed inglese deve esporre nella lingua originale del testo in modo conciso ma chiaro e sufficientemente G L I AU T O R I illustrativo i risultati della ricerca. La sua estensione nell’altra lingua potrà essere maggiore al fine di comunicare al maggior numero di lettori i dati sostanziali della ricerca. Il riassunto in lingua inglese dovrà essere strutturato in: background, objectives, methods, results, conclusions, e non dovrà contenere più di 250 parole. BIBLIOGRAFIA - La correttezza e la completezza delle citazioni bibliografiche ricade sotto la responsabilità degli autori. Nella Bibliografia le citazioni vanno elencate in ordine alfabetico e numerate progressivamente. Per la stesura attenersi agli esempi sottoelencati: – KALLIOMAKI PL, KALLIOMAKI K, KORHONEN O, et al: Respiratory status of stainless steel and mild steel welders. Scand J Work Environ Health 1986; 8 (suppl 1): 117-121 – MC MAHON B, PUGH TF: Epidemiology. Principles and methods. Boston (MA): Little Brown and Co, 1970 – FOGARI R, ORLANDI C: Essential hypertension among workers of a metallurgical factory. In Rosenfeld JB, Silverber DS, Viskoper R (eds): Hypertension control in the community. London: Libbey J, 1985: 270-273 – GALLI DA, COLOMBI A, ANTONINI C, CANTONI S: Monitoraggio ambientale e biologico dell’esposizione professionale a pigmenti e coloranti azoici. In Foà V, Antonini C, Galli DA (eds): Atti del convegno Materie coloranti ed ambiente di lavoro. Milano, 14-15 marzo 1984. Fidenza: Tipografia Mattioli, 1985: 129-137 – RANOFSKY AL: Surgical operations in short-stay hospitals: United States 1975. Hyattsville (MA): National Center for Health Statistics, 1978 (DEHW publ no PHS 78-1785; Vital and health statistics, series 13, no 34) – INTERNATIONAL AGENCY FOR RESEARCH ON CANCER: Some chemicals used in plastics and elastomers. Lyon: IARC, 1986 (IARC monographs on the evaluation of the carcinogenic risk of chemicals to humans no 39) Il nome della rivista deve essere abbreviato secondo le norme dell’Index Medicus. Le comunicazioni personali e le comunicazioni a congressi, se non pubblicate, non devono far parte della bibliografia, ma devono essere citate per esteso nel testo. Nel testo i riferimenti bibliografici dovranno essere indicati con numeri arabi tra parentesi corrispondenti al numero della citazioni in Bibliografia. CONFLITTO DI INTERESSE – Un conflitto d’interesse sussiste quando il giudizio professionale su un interesse primario, quale l’interpretazione dei propri risultati o di quelli ottenuti da altri, potrebbe essere influenzato, anche in maniera inconsapevole, da un interesse secondario, quale un tornaconto economico o una rivalità personale. Un conflitto d’interesse non è di per sé antietico. Tuttavia, esso deve essere pubblicamente ed apertamente riconosciuto. Tale riconoscimento non avrà alcun valore ai fini della decisione sulla pubblicazione. Pertanto, in conformità con le indicazioni della “Sesta revisione dei requisiti uniformi per i manoscritti sottoposti per pubblicazione alle riviste biomediche” dell’International Committee of Medical Journal Editors (ICMJE) del Novembre 2003, all’atto dell’invio di un lavoro per pubblicazione su La Medicina del Lavoro, nella lettera d’accompagnamento allegata al manoscritto, ciascun autore dovrà dichiarare l’esistenza o meno di legami finanziari (rapporti di consulenza, proprietà di azioni, brevetti o licenze, etc) che possano configurare un potenziale conflitto d’interesse in relazione alle materie trattate nel lavoro stesso. In caso di sussistenza di tali legami finanziari, gli autori interessati dovranno indicarli con una breve ma esauriente definizione. BOZZE - Gli autori riceveranno le bozze dell’articolo per controllare eventuali errori tipografici. Sulle bozze non potranno essere apportate modifiche sostanziali. La correzione delle bozze solleva la redazione da ogni responsabilità per eventuali errori presenti nel testo. RECENSIONI - I libri e i lavori di medicina del lavoro e di igiene industriale e/o ambientale che gli autori o gli editori desiderano far recensire sulla rivista, devono essere inviati alla Redazione. PUBBLICITÀ, NUMERI ARRETRATI E RICHIESTE DI ESTRATTI - Per inserzioni pubblicitarie, oppure ordini di fascicoli arretrati o estratti, si prega di contattare: Mattioli 1885 SpA - Casa Editrice, Strada di Lodesana 649/sx, Loc. Vaio - 43036 Fidenza (Parma), Tel. 0524/892111, Fax 0524/892006. La rivista è sotto la tutela delle leggi internazionali sulla proprietà letteraria.
© Copyright 2024 Paperzz