CONFIMI Rassegna Stampa del 14/11/2014 La proprietà intellettuale degli articoli è delle fonti (quotidiani o altro) specificate all'inizio degli stessi; ogni riproduzione totale o parziale del loro contenuto per fini che esulano da un utilizzo di Rassegna Stampa è compiuta sotto la responsabilità di chi la esegue; MIMESI s.r.l. declina ogni responsabilità derivante da un uso improprio dello strumento o comunque non conforme a quanto specificato nei contratti di adesione al servizio. INDICE CONFIMI 14/11/2014 Corriere di Verona - Verona La cava, la frana e i terreni del leghista Report torna a occuparsi di Verona 7 14/11/2014 Eco di Bergamo La politica del rigore ci fa andare fuoristrada 8 14/11/2014 Gazzetta di Modena - Nazionale Sindaco: «Lieto fine importante pure per l'azienda» 9 14/11/2014 Il Giornale di Vicenza Apindustria, missione a Camera e Senato 10 14/11/2014 Prima Pagina - Modena '«Grande sollievo, eravamo tutti col fiato sospeso» 14 CONFIMI WEB 13/11/2014 www.informazione.it 17:05 Grande successo per la Festa dell'Imprenditoria, la serata dedicata al business aziendale firmata Apindustria 16 13/11/2014 www.bologna2000.com 11:43 Gorzanelli (Apmi): soddisfazione e sollievo per la liberazione di Marco Vallisa 17 13/11/2014 www.modena2000.it Gorzanelli (Apmi): soddisfazione e sollievo per la liberazione di Marco Vallisa 18 13/11/2014 www.reggio2000.it 11:43 Gorzanelli (Apmi): soddisfazione e sollievo per la liberazione di Marco Vallisa 19 13/11/2014 www.sassuoloonline.it 11:43 Gorzanelli (Apmi): soddisfazione e sollievo per la liberazione di Marco Vallisa 20 13/11/2014 www.sat8.tv 16:49 Grande successo per la Festa dell'Imprenditoria, la serata dedicata al business aziendale firmata Apindustria 21 13/11/2014 7grammilavoro.com 17:31 Interpello n. 27/2014: somministrazione irregolare, distacco illecito e "lavoro nero" 22 13/11/2014 www.a-zeta.it 19:09 Grande successo per la Festa dell'Imprenditoria, la serata dedicata al business aziendale firmata Apindustria 23 13/11/2014 www.comunicati-stampa.com 18:03 Grande successo per la Festa dell'Imprenditoria, la serata dedicata al business aziendale firmata Apindustria 24 SCENARIO ECONOMIA 14/11/2014 Corriere della Sera - Nazionale Bce taglia la crescita di Eurolandia Bankitalia: «Mutui in ripresa» 26 14/11/2014 Corriere della Sera - Nazionale Alitalia-Etihad, più vicino il via libera Ue 28 14/11/2014 Corriere della Sera - Nazionale Maxi-assegno Ferrari per Fca Da Maranello 2,2 miliardi di euro 29 14/11/2014 Corriere della Sera - Nazionale Per Mediaset Premium il giorno di Telefonica Porte aperte a nuovi soci 31 14/11/2014 Il Sole 24 Ore «Nuove regole da gennaio» 32 14/11/2014 Il Sole 24 Ore Né stop né retromarce 34 14/11/2014 Il Sole 24 Ore Recessione, Europa svegliati dal torpore 35 14/11/2014 Il Sole 24 Ore È l'eurozona l'anello debole 37 14/11/2014 Il Sole 24 Ore «Dalla riforma una spinta per il rilancio» 38 14/11/2014 Il Sole 24 Ore È il momento per le ragioni dell'industria 40 14/11/2014 Il Sole 24 Ore Ferrari verserà a Fca cedola da 2,25 miliardi# 41 14/11/2014 Il Sole 24 Ore Le Borse europee tentano il rimbalzo 43 14/11/2014 Il Sole 24 Ore Industria europea e italiana ancora in partita, l'eccellenza traina l'export 45 14/11/2014 Il Sole 24 Ore Il capitalismo familiare ha un volto giovane 48 14/11/2014 Il Sole 24 Ore Patto della finanza per la ripresa 49 14/11/2014 La Repubblica - Nazionale Il re dei fondi "Punto sull'Italia" 50 14/11/2014 La Repubblica - Nazionale Bankitalia: "Ora è a rischio la stabilità dell'Eurozona" S&P: verso la terza recessione 52 14/11/2014 La Repubblica - Nazionale "Nuova Sky punta sulle serie Tv Italia sarà Hollywood europea Più abbonati in banda larga" 53 14/11/2014 La Repubblica - Nazionale Saipem in vendita tra Fsi e soci stranieri 55 14/11/2014 La Repubblica - Nazionale Amazon-Hachette la guerra dei libri adesso è finita 56 14/11/2014 La Stampa - Nazionale "Jobs Act, pronti alla fiducia" 58 14/11/2014 La Stampa - Nazionale Bankitalia lancia l'allarme Credito giù anche nel 2015 60 14/11/2014 La Stampa - Nazionale Banche, la Borsa scommette sul risiko 61 14/11/2014 MF - Nazionale Rai Way rompe il tabù delle ipo Va in borsa con offerta coperta per 2,1 volte 63 14/11/2014 MF - Nazionale Contratto dei bancari, la pregiudiziale dell'Abi gela la trattativa 64 14/11/2014 MF - Nazionale Della Valle: ipo del Cavallino per salvare bidone Fca 65 14/11/2014 MF - Nazionale Chi contesta Draghi ha ragione, ma sbaglia modi e bersagli 66 14/11/2014 MF - Nazionale Class Editori, ebitda in recupero del 38,8% nei 9 mesi 68 14/11/2014 MF - Nazionale I profitti della Caltagirone spa balzano a 73 milioni 69 SCENARIO PMI 14/11/2014 Il Sole 24 Ore Fondi e manager rilevano Agrimaster 71 14/11/2014 Il Sole 24 Ore Il «back to Italy» stenta a decollare 72 14/11/2014 MF - Nazionale Aqr, il credito svalutato dieci volte più dei derivati 75 14/11/2014 MF - Nazionale Le pmi strizzano l'occhio al fenomeno del back to Italy 77 14/11/2014 La Repubblica - Album - 14 novembre 2014 "La Regione punta su green e giovani" 78 CONFIMI articoli 14/11/2014 Corriere di Verona Verona Pag. 3 Domenica un servizio su Alcenago (Grezzana), dove la procura indaga sul crollo della strada provinciale Alessio Corazza VERONA Le immagini aeree, riprese con un drone, sono spettacolari e allo stesso tempo spaventose: si vede il fianco sventrata della collina di Alcenago, sopra Grezzana, con la strada provinciale crollata e altre voragini attorno. Verranno trasmesse domenica, in un servizio che andrà in onda all'interno del programma di Rai 3 Report, che torna quindi ad occuparsi di Verona (in questo caso, della sua provincia) a sette mesi dal famigerato servizio su Flavio Tosi. I primi crolli ad Alcenago risalgono al 2011 e secondo alcuni esperti, tra cui il geologo dell'Università di Firenze Stefano Casagli (anche consulente della procura di Verona, che sul caso ha aperto un'inchiesta), la responsabilità è da ascriversi alle attività di scavo della cava sottostante. «La coincidenza spaziale e temporale fra i crolli in profondità e i dissesti in superficie è, a parere dello scrivente, diretta ed evidente», scriveva il geologo in una relazione per la Provincia di Verona. La stessa giunta provinciale, il 13 agosto scorso, ha dato parere favorevole all'ampliamento della cava (la cui ultima parola spetta alla Regione). Per ottenere l'ampliamento, la ditta Micromarmo, che detiene i diritti di sfruttamento della cava, ha dovuto pagare un indennizzo ai proprietari dei terreni in superficie. Giulio Valesini di Report ha scoperto che circa un quarto dei terreni dell'area di ampliamento sono di proprietà di un politico leghista, Adelino Brunelli, consigliere comunale a Grezzana ma anche consigliere proprio in Provincia, fino alla scorsa primavera. «Li ho ereditati da mio padre nell'83, l'ho appreso da quelli di Report che stavano nella zona di ampliamento della cava - sostiene lui - ma dov'è finita la privacy?». Brunelli assicura in ogni caso di non aver preso niente «per adesso», ma nell'atto notarile recuperato da Report sta scritto che il politico, nel 2007, ha incassato 40mila euro dai cavatori. «Ci sono stati contratti di sfruttamento nel 2007 con lui e con gli altri proprietari dei terreni, che sono circa 500, pagati due o tre volte il valore delle aree agricole», conferma il presidente della Micromarmo, Arturo Alberti , anche presidente dell'Associazione Piccoli Industriali (Api) di Verona. Sulla vicenda della frana, Alberti si dice assolutamente «sereno»: precisa che nessuna contestazione diretta è arrivata alla ditta e che la collaborazione con le istituzioni (Provincia e Regione) è massima. Non solo: Micromarmo ha una controperizia di un altro geologo, il professor Rinaldo Genovais dell'Università di Padova, per cui i crolli in superficie non sono collegati alle attività di scavo in profondità, ma sono da avvenuti per cause naturali. «La strada non avrebbe dovuto trovarsi lì - secondo Alberti - era una zona franosa già nel Paleolitico». Un dirigente della Provincia spiega a Report che l'ultimo controllo «visivo» prima dei crolli, nel 2010, non aveva rilevato rischi. Ma oggi, i residenti di Alcenago, in particolare dell'abitato di Senge, spiegano di non riuscire nemmeno ad assicurare le proprie case. A Senge abita anche lo stesso Adelino Brunelli che, a scanso di equivoci, di dice contrario all'ampliamento della cava: «Il vero problema sostiene - è l'uso dell'esplosivo. Oggi volta che in cava scoppia una mina, le nostre case tremano». CONFIMI - Rassegna Stampa 14/11/2014 7 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato La cava, la frana e i terreni del leghista Report torna a occuparsi di Verona 14/11/2014 Eco di Bergamo (diffusione:54521, tiratura:63295) Le politiche restrittive e anti-crescita della finanza nordeuropea condannano il nostro Paese ad una deindustrializzazione irreversibile. I parametri delle istituzioni sovranazionali sono la continuazione della politica di austerità che ha distrutto il nostro mercato interno negli ultimi anni, portando una perdita del 25% alla nostra produzione industriale. Non è concepibile che uno Stato accetti regole che riducano la propria economia al limite di una crisi sociale. L'Italia viene così condannata ad un collasso collettivo con una ulteriore perdita di migliaia di piccole e medie imprese, favorendo, non a caso, l'acquisizione delle nostre eccellenze industriali da parte di competitors europei, depotenziando il nostro sistema industriale. L'ulteriore irrigidimento delle condizioni pretese dalla Bce sulla concessione del credito, insieme agli stress test e ai parametri di Basilea, aggraverà in via definitiva il credit crunch alle aziende di piccola dimensione non quotate in Borsa, togliendo quel poco credito a loro concesso. Si tratta di parametri tarati sui meccanismi speculativi globali - proprio quelli che hanno provocato la crisi piuttosto che mirati a favorire una crescita sana dell'economia produttiva. Gli appelli ad adeguarci alla nuova realtà troppo spesso nascondono la volontà di rendere egemoni i mercati finanziari globali, in contrasto con il modello delle Pmi che affondano le loro radici nel territorio e nel lavoro onesto. Non è una questione di chiusura o di resistenza all'innovazione, ma di modello economico e di concezione della società. Rendiamoci conto che ciò che ci viene richiesto è di impossibile realizzazione se non con l'annientamento del nostro sistema produttivo. C'è chi pensa di approfittare della subalternità della politica italiana per conquistare ulteriori segmenti di mercato, ma a lungo termine non c'è scampo: la politica europea del rigore farà affondare tutti, rendendo il continente sempre meno importante in un mondo dove si affacciano nuovi autori orientati al progresso. O l'Italia o l'Europa: non esistono soluzioni a queste condizioni. Usciamo dai parametri, rilanciamo la nostra economia, facciamoci pure multare dalla Ue, sarà il male minore pagare 5 miliardi di euro in caso di sforamento dell'1%. Non è possibile che una economia in depressione possa produrre risorse per diminuire il debito pubblico . Salviamo le imprese e il posto di lavoro degli italiani, tratteniamo in Italia le nostre industrie. Se non esiste una politica solidale europea verso i paesi più in difficoltà, tutti gli appelli ai nobili valori dei fondatori dell'Europa si rivelano vuoti e strumentali, atti solo a dividerci ancora di più. Non fingiamo di credere che potendo licenziare si risolvano i problemi della crescita di questo Paese. Verremo comunque tutti "licenziati" senza reintegra dal curatore fallimentare. Paolo Agnelli presidente di Confimi Impresa - Confederazione dell'industria manifatturiera italiana e dell'impresa privata CONFIMI - Rassegna Stampa 14/11/2014 8 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato La politica del rigore ci fa andare fuoristrada 14/11/2014 Gazzetta di Modena - Ed. nazionale Pag. 9 (diffusione:10626, tiratura:14183) Sindaco: «Lieto fine importante pure per l'azienda» Sindaco: «Lieto fine importante pure per l'azienda» Soddisfazione in città per la liberazione di Vallisa. «La famiglia del tecnico di Piacenza può finalmente ritrovare la serenità - afferma il sindaco Muzzarelli - ma la conclusione della vicenda e' importante anche per l'azienda e per tutto il sistema economico locale». Giovanni Gorzanelli, presidente di Apmi Confimi Modena: «Salutiamo il rilascio e il rientro in patria di Marco Vallisa. Esprimiamo la nostra grande soddisfazione per la conclusione di una vicenda che ci aveva tenuti tutti con il fiato sospeso, e soprattutto il grande sollievo per la ritrovata serenità di una famiglia così pesantemente segnata». La presidente del consiglio comunale Francesca Maletti, aprendo ieri la seduta, ha espresso a nome di tutta l'assemblea soddisfazione per la liberazione di Marco Vallisa: «Un grazie va all'impegno delle forze dell'ordine libiche, del ministero degli Esteri italiano e della stessa Piacentini . La liberazione del nostro tecnico, oltre a darci serenità, permette anche alle imprese in Libia di riprendere il lavoro». Il ministro Gentiloni: «Desidero ringraziare calorosamente tutti coloro che hanno lavorato per il felice esito della vicenda. Tale risultato è il frutto di un gioco di squadra dell'Unità di crisi del ministero degli Esteri, dei nostri servizi d'informazione e dell'ambasciata d'Italia a Tripoli. Un particolare ringraziamento va alla famiglia Vallisa per la fiducia nel lavoro delle istituzioni». CONFIMI - Rassegna Stampa 14/11/2014 9 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Sindaco: «Lieto fine importante pure per l'azienda» 14/11/2014 Il Giornale di Vicenza Pag. 10 (diffusione:41821, tiratura:51628) Apindustria, missione a Camera e Senato Apindustria in Parlamento Missione in Parlamento per Apindustria Vicenza: «Una visita al Senato, una alla Camera durante un "question time", ma soprattutto l´incontro con i parlamentari per spiegare - spiega una nota - quello che non va delle leggi attuali, le lacune che frenano lo sviluppo delle imprese, le normative che servirebbero per facilitarne la crescita. Apindustria Vicenza ha deciso di scendere a Roma, per parlare con chi queste norme le propone, le decide, indirizzando così il futuro dell´economia del Paese. Una ventina di industriali dell´associazione vicentina, guidati dal presidente Flavio Lorenzin, sono entrati in Parlamento, per avere un dialogo diretto con i deputati. L´incontro è stato organizzato dal parlamentare veronese Mattia Fantinati del Movimento Cinque Stelle. «Gli imprenditori vicentini mi hanno illustrato le loro perplessità sulla Legge di stabilità - spiega Fantinati -. Ho avuto il loro appoggio per il mio emendamento sulla compensazione delle cartelle esattoriali a favore delle imprese titolari di crediti nei confronti della pubblica amministrazione. Mi hanno ringraziato per l´emendamento anti delocalizzazione, in base al quale i contributi pubblici in conto capitale erogati da gennaio 2014 decadono se l´impresa delocalizza la produzione in uno Stato non appartenente all´Unione Europea. C´è una delocalizzazione scorretta, che uccide le imprese del Nordest. CONFIMI - Rassegna Stampa 14/11/2014 10 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato CONFRONTO SULLE LEGGI. Su invito del M5S 14/11/2014 Prima Pagina - Modena Pag. 3 '«Grande sollievo, eravamo tutti col fiato sospeso» I vertici di Aniem e Apmi: «Felici per i familiari e partecipi della gioia di Dino Piacentini » «Salutiamo il rilascio e il rientro in patria di Marco Vallisa, il tecnico della "Pia centini costruzioni" r i m as t o per oltre 4 lunghi mesi nelle mani dei rapitori in Libia, dove si trovava per conto dell'im presa che fa capo al nostro past president Dino Piacentini». Così Giovanni Gorzanelli, presidente di Apmi Confimi Modena, commenta la notizia della liberazione di Vallisa data nella notte dal ministro degli Esteri Gentiloni. «Esprimiamo la nostra grande soddisfazione per la conclusione di una vicenda che ci aveva tenuti tutti con il fiato sospeso e, soprattutto, il grande sollievo per la ritrovata serenità di una famiglia così pesantemente segnata». Dello stesso tenore le parole il direttore generale di Aniem Federico Ruta: «Siamo partecipi alla gioia del nostro presidente Dino Piacentini per la liberazione, dopo 4 mesi, di Vallisa - ha dichiarato -. Rompiamo il nostro tradizionale riserbo su questa situazione per gioire insieme al nostro presidente e per unirci ai r i n g r a z i amenti alle autorità italiane e quelle lib i c h e p e r quanto fatto in questi mesi per la liberazione di Vallisa. Finalmente tiriamo tutti un sospiro di s o l l i evo » . Le istituzioni si sono accodate alla gioia delle associazioni imprenditoriali. «Esprimo la soddisfazione mia personale e dell'amministrazione comunale per la liberazione del dipendente della ditta modenese "Piacentini costruzioni", rapito in Libia - ha affermato il sindaco di Modena Gian Carlo Muzzarelli -. La famiglia del tecnico di Piacenza può finalmente ritrovare la serenità ma la conclusione della vicenda è importante anche per l'a zienda e per l'i nte ro sistema economico locale». Al primo cittadino si allinea il presidente del Consiglio comunale, Francesca Maletti, aprendo la seduta di ieri: «Un grazie va all'impe gno delle forze dell'ordine libiche, del ministero degli Esteri italiano e della stessa Piacentini - ha osservato -. La liberazione, oltre a darci serenità, permette alle imprese in Libia di riprendere il lavoro». «Per noi è la fine di un incubo - ha fatto sapere Marco Bricconi, sindaco di Cadeo, comune di 6mila abitanti della Bassa piacentina nel quale vive la famiglia Vallisa -. Questa sera stessa (ieri per chi legge, nd r ) abbiamo organizzato un momento di preghiera nel nostro santuario di Roveleto, in attesa di riabbracciare e festeggiare Marco». Nel frattempo la moglie Silvia si è portata a Roma per riabbracciare il marito. «E' stata lei ad avvisarmi della liberazione - ha concluso il sindaco, che è amico d'infanzia di Vallisa - con un sms, poi ci siamo sentiti più volte al telefono. Ripeto: è la fine di un incubo, anche se noi non abbiamo mai ceduto allo sconforto e siamo rimasti sempre speranzosi di un esito favorevole della vicenda». Nel paese di Marco Il primo cittadino: «Avvisati dalla moglie Silvia». Campane a festa e preghiera in chies CHI E Marco Vallisa ha 53 anni ed è originario di Cadeo, in provincia di Piacenza; è un tecnico specializzato nel settore costruzioni e perforazioni, che spesso lavora con grandi aziende anche all'estero. Sin da luglio il suo paese si è stretto intorno alla sua famiglia: la moglie Silvia Bolzoni, farmacista del paese e consigliere comunale nel gruppo di maggioranza, e tre figli. E ieri alle 8.30, alla diffusione della notizia della libera, le campane della chiesa di Roveleto di Cadeo hanno suonato a festa. CONFIMI - Rassegna Stampa 14/11/2014 11 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato I COMMENTI Mentre il sindaco di Modena parla di «conclusione positiva per l'intero sistema economico locale» CONFIMI WEB articoli 13/11/2014 17:05 www.informazione.it Sito Web pagerank: 5 Verona, 10 novembre 2014 - Sono stati circa 250 gli imprenditori che hanno partecipato venerdì 7 novembre alla Festa dell'Imprenditoria, organizzata dal Gruppo Apigiovani e Apidonne di Verona e Vicenza. Verona, 13/11/2014 (informazione.it - comunicati stampa - fiere ed eventi) - Sono stati circa 250 gli imprenditori che hanno partecipato venerdì 7 novembre alla Festa dell'Imprenditoria, organizzata dal Gruppo Apigiovani e Apidonne di Verona e Vicenza. 'La Festa dell'Imprenditoria è stata un'occasione perfetta per sviluppare rapporti con le realtà associative territoriali più vicine in un'ottica di networking' ha dichiarato il Presidente di Apindustria Arturo Alberti. 'Apindustria Verona e Vicenza hanno dimostrato che fra associazioni è possibile, e deve esserci, il dialogo. La promozione dell'extraterritorialità è avvenuta anche grazie al prezioso sostegno di Confimi, Confederazione dell'Industria Manifatturiera Italiana e dell'Impresa Privata, alla quale aderiscono 20.000 imprese con 330.000 addetti per un fatturato aggregato pari a 70 miliardi di euro'. Oltre ad imprenditori veronesi, hanno partecipato all'evento anche esponenti di altre associazioni imprenditoriali di Vicenza e Mantova. La Festa dell'Imprenditoria vuole essere il primo di una serie continuativa di numerosi incontri, inseriti all'interno di un progetto volto a favorire la creazione di rapporti sempre più stabili e profondi tra le associazioni, occasioni di networking imprenditoriali extraterritoriali. Apindustria Verona Via Albere 21, Verona [email protected] T. 045 810 2001 CONFIMI WEB - Rassegna Stampa 14/11/2014 16 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Grande successo per la Festa dell'Imprenditoria, la serata dedicata al business aziendale firmata Apindustria 13/11/2014 11:43 www.bologna2000.com Sito Web pagerank: 4 "Salutiamo il rilascio e il rientro in patria di Marco Vallisa, il tecnico della Piacentini Costruzioni rimasto per oltre 4 lunghi mesi nelle mani dei rapitori in Libia, dove si trovava per conto dell'impresa che fa capo al nostro past president Dino Piacentini". Così Giovanni Gorzanelli, presidente di Apmi Confimi Modena nel commentare la notizia della liberazione di Vallisa data nella notte dal Ministro degli Esteri Gentiloni. 'Esprimiamo la nostra grande soddisfazione per la conclusione di una vicenda che ci aveva tenuti tutti con il fiato sospeso, e soprattutto il grande sollievo per la ritrovata serenità di una famiglia così pesantemente segnata". CONFIMI WEB - Rassegna Stampa 14/11/2014 17 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Gorzanelli (Apmi): soddisfazione e sollievo per la liberazione di Marco Vallisa 13/11/2014 www.modena2000.it Sito Web pagerank: 4 "Salutiamo il rilascio e il rientro in patria di Marco Vallisa, il tecnico della Piacentini Costruzioni rimasto per oltre 4 lunghi mesi nelle mani dei rapitori in Libia, dove si trovava per conto dell'impresa che fa capo al nostro past president Dino Piacentini". Così Giovanni Gorzanelli, presidente di Apmi Confimi Modena nel commentare la notizia della liberazione di Vallisa data nella notte dal Ministro degli Esteri Gentiloni. "Esprimiamo la nostra grande soddisfazione per la conclusione di una vicenda che ci aveva tenuti tutti con il fiato sospeso, e soprattutto il grande sollievo per la ritrovata serenità di una famiglia così pesantemente segnata". CONFIMI WEB - Rassegna Stampa 14/11/2014 18 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Gorzanelli (Apmi): soddisfazione e sollievo per la liberazione di Marco Vallisa 13/11/2014 11:43 www.reggio2000.it Sito Web pagerank: 4 "Salutiamo il rilascio e il rientro in patria di Marco Vallisa, il tecnico della Piacentini Costruzioni rimasto per oltre 4 lunghi mesi nelle mani dei rapitori in Libia, dove si trovava per conto dell'impresa che fa capo al nostro past president Dino Piacentini". Così Giovanni Gorzanelli, presidente di Apmi Confimi Modena nel commentare la notizia della liberazione di Vallisa data nella notte dal Ministro degli Esteri Gentiloni. 'Esprimiamo la nostra grande soddisfazione per la conclusione di una vicenda che ci aveva tenuti tutti con il fiato sospeso, e soprattutto il grande sollievo per la ritrovata serenità di una famiglia così pesantemente segnata". CONFIMI WEB - Rassegna Stampa 14/11/2014 19 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Gorzanelli (Apmi): soddisfazione e sollievo per la liberazione di Marco Vallisa 13/11/2014 11:43 www.sassuoloonline.it Sito Web pagerank: 3 "Salutiamo il rilascio e il rientro in patria di Marco Vallisa, il tecnico della Piacentini Costruzioni rimasto per oltre 4 lunghi mesi nelle mani dei rapitori in Libia, dove si trovava per conto dell'impresa che fa capo al nostro past president Dino Piacentini". Così Giovanni Gorzanelli, presidente di Apmi Confimi Modena nel commentare la notizia della liberazione di Vallisa data nella notte dal Ministro degli Esteri Gentiloni. 'Esprimiamo la nostra grande soddisfazione per la conclusione di una vicenda che ci aveva tenuti tutti con il fiato sospeso, e soprattutto il grande sollievo per la ritrovata serenità di una famiglia così pesantemente segnata". CONFIMI WEB - Rassegna Stampa 14/11/2014 20 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Gorzanelli (Apmi): soddisfazione e sollievo per la liberazione di Marco Vallisa 13/11/2014 16:49 www.sat8.tv Sito Web pagerank: 3 Verona, 10 novembre 2014 - Sono stati circa 250 gli imprenditori che hanno partecipato venerdì 7 novembre alla Festa dell'Imprenditoria, organizzata dal Gruppo Apigiovani e Apidonne di Verona e Vicenza. 'La Festa dell'Imprenditoria è stata un'occasione perfetta per sviluppare rapporti con le realtà associative territoriali più vicine in un'ottica di networking' ha dichiarato il Presidente di Apindustria Arturo Alberti. 'Apindustria Verona e Vicenza hanno dimostrato che fra associazioni è possibile, e deve esserci, il dialogo. La promozione dell'extraterritorialità è avvenuta anche grazie al prezioso sostegno di Confimi, Confederazione dell'Industria Manifatturiera Italiana e dell'Impresa Privata, alla quale aderiscono 20.000 imprese con 330.000 addetti per un fatturato aggregato pari a 70 miliardi di euro'. Oltre ad imprenditori veronesi, hanno partecipato all'evento anche esponenti di altre associazioni imprenditoriali di Vicenza e Mantova. La Festa dell'Imprenditoria vuole essere il primo di una serie continuativa di numerosi incontri, inseriti all'interno di un progetto volto a favorire la creazione di rapporti sempre più stabili e profondi tra le associazioni, occasioni di networking imprenditoriali extraterritoriali. Apindustria Verona Via Albere 21, Verona [email protected] T. 045 810 2001 Press office Terzomillennium: Elisa Andreatta [email protected] T.045 6050601image CONFIMI WEB - Rassegna Stampa 14/11/2014 21 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Grande successo per la Festa dell'Imprenditoria, la serata dedicata al business aziendale firmata Apindustria 13/11/2014 17:31 7grammilavoro.com Sito Web La Confimi Impresa ha avanzato istanza di interpello al fine di conoscere il parere del Ministero del Lavoro in ordine alla corretta interpretazione degli artt. 27, comma 2, e 30, comma 4 bis, D.Lgs. n. 276/2003, riguardanti le ipotesi di somministrazione irregolare e di distacco illecito.Nello specifico, l'istante chiede se nei suddetti casi possa essere riscontrata anche la fattispecie del "lavoro nero" ai fini dell'applicazione del regime sanzionatorio della maxisanzione di cui alla Legge n. 183/2010, nonché per l'adozione del provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale di cui all'art. 14 del D.Lgs. n. 81/2008.Rispondendo al quesito, il Ministero del Lavoro, ha anzitutto ricordato che in caso di somministrazione irregolare o distacco illecito, l'effettivo utilizzatore potrebbe essere considerato a tutti gli effetti il datore di lavoro del personale utilizzato.Di conseguenza, afferma il Ministero, nelle suddette ipotesi l'applicabilità di tale disposizione esclude "in radice" la possibile applicazione delle sanzioni per lavoro "nero" e delle altre sanzioni amministrative legate agli adempimenti di costituzione e gestione del rapporto di lavoro.Infatti, come affermato dal Ministero del Lavoro, si tratta di fattispecie autonome del tutto distinte e peculiari, in quanto presuppongono che l'utilizzazione dei lavoratori sia avvenuta in forza di un accordo tra somministrante/distaccante e utilizzatore. Tale elemento, peraltro verificabile in ragione della esistenza di adempimenti retributivi e contributivi in capo al somministratore/distaccante, determina una peculiarità della fattispecie, dalla quale deriva l'inapplicabilità delle sanzioni amministrative per lavoro "nero" o legate agli adempimenti di costituzione e gestione del rapporto di lavoro o del provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale. Si applicheranno, invece, le sanzioni specifiche previste per le fattispecie in oggetto.Fonte: Ministero del Lavoro CONFIMI WEB - Rassegna Stampa 14/11/2014 22 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Interpello n. 27/2014: somministrazione irregolare, distacco illecito e "lavoro nero" 13/11/2014 19:09 www.a-zeta.it Sito Web Verona, 10 novembre 2014 - Sono stati circa 250 gli imprenditori che hanno partecipato venerdì 7 novembre alla Festa dell'Imprenditoria, organizzata dal Gruppo Apigiovani e Apidonne di Verona e Vicenza. "La Festa dell'Imprenditoria è stata un'occasione perfetta per sviluppare rapporti con le realtà associative territoriali più vicine in un'ottica di networking" ha dichiarato il Presidente di Apindustria Arturo Alberti. "Apindustria Verona e Vicenza hanno dimostrato che fra associazioni è possibile, e deve esserci, il dialogo. La promozione dell'extraterritorialità è avvenuta anche grazie al prezioso sostegno di Confimi, Confederazione dell'Industria Manifatturiera Italiana e dell'Impresa Privata, alla quale aderiscono 20.000 imprese con 330.000 addetti per un fatturato aggregato pari a 70 miliardi di euro". Oltre ad imprenditori veronesi, hanno partecipato all'evento anche esponenti di altre associazioni imprenditoriali di Vicenza e Mantova. La Festa dell'Imprenditoria vuole essere il primo di una serie continuativa di numerosi incontri, inseriti all'interno di un progetto volto a favorire la creazione di rapporti sempre più stabili e profondi tra le associazioni, occasioni di networking imprenditoriali extraterritoriali. Apindustria Verona Via Albere 21, Verona [email protected] T. 045 810 2001 Press office Terzomillennium: Elisa Andreatta [email protected] T.045 6050601 CONFIMI WEB - Rassegna Stampa 14/11/2014 23 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Grande successo per la Festa dell'Imprenditoria, la serata dedicata al business aziendale firmata Apindustria 13/11/2014 18:03 www.comunicati-stampa.com Sito Web Verona, 10 novembre 2014 - Sono stati circa 250 gli imprenditori che hanno partecipato venerdì 7 novembre alla Festa dell'Imprenditoria, organizzata dal Gruppo Apigiovani e Apidonne di Verona e Vicenza. 'La Festa dell'Imprenditoria è stata un'occasione perfetta per sviluppare rapporti con le realtà associative territoriali più vicine in un'ottica di networking' ha dichiarato il Presidente di Apindustria Arturo Alberti. 'Apindustria Verona e Vicenza hanno dimostrato che fra associazioni è possibile, e deve esserci, il dialogo. La promozione dell'extraterritorialità è avvenuta anche grazie al prezioso sostegno di Confimi, Confederazione dell'Industria Manifatturiera Italiana e dell'Impresa Privata, alla quale aderiscono 20.000 imprese con 330.000 addetti per un fatturato aggregato pari a 70 miliardi di euro'. Oltre ad imprenditori veronesi, hanno partecipato all'evento anche esponenti di altre associazioni imprenditoriali di Vicenza e Mantova. La Festa dell'Imprenditoria vuole essere il primo di una serie continuativa di numerosi incontri, inseriti all'interno di un progetto volto a favorire la creazione di rapporti sempre più stabili e profondi tra le associazioni, occasioni di networking imprenditoriali extraterritoriali. Apindustria Verona Via Albere 21, Verona [email protected] T. 045 810 2001 Press office Terzomillennium: Elisa Andreatta [email protected] T.045 6050601 CONFIMI WEB - Rassegna Stampa 14/11/2014 24 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Grande successo per la Festa dell'Imprenditoria, la serata dedicata al business aziendale firmata Apindustria SCENARIO ECONOMIA 29 articoli 14/11/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 12 (diffusione:619980, tiratura:779916) Il monito di Francoforte: senza riforme disoccupati sotto il 10% solo dal 2019 Il debito italiano La quota di debito italiano in mano agli investitori esteri ora è al 29,4% Stefania Tamburello Roma L'economia è debole, in Europa e ancora di più in Italia. Ieri lo hanno ribadito nell'ordine la Bce, che nel suo bollettino mensile ha rivisto al ribasso le stime di crescita dei paesi dell'Eurozona; la Banca d'Italia che nel suo rapporto sulla stabilità finanziaria ha misurato i rischi sul credito e sull'impiego del risparmio; Standard & Poor's che ha detto di vedere rischi crescenti per l'Europa di cadere in una terza recessione ( triple dip ). Unica notizia in controtendenza, l'inflazione che a ottobre torna col segno più: l'indice dei prezzi al consumo è salito dello 0,1% sia rispetto a settembre sia rispetto a ottobre 2013. A Francoforte gli analisti della Banca centrale europea hanno tagliato le stime di crescita per l'Eurozona dall'1% allo 0,8% per quest'anno, dall'1,5% all'1,2% per il 2015 e dall'1,7% all'1,5% per il 2016. In ribasso anche le previsioni per l'inflazione che dovrebbe aumentare solo dello 0,5% quest'anno e dell'1% il prossimo mentre a restare alte sono solo stime per la disoccupazione che si manterrà sopra l'11% nel 2014 e nel 2015 e tornerà a scendere sotto il 10% solo nel 2019. Gli economisti della Banca d'Italia si soffermano sugli effetti finanziari di tale debolezza economica, in Italia più accentuata, su famiglie e imprese. Le prime devono far fronte ad un reddito che non aumenta, ma hanno ripreso seppure di poco a consumare riducendo il risparmio e soprattutto, grazie ai bassi tassi di interesse, hanno ricominciato a chiedere i mutui. Quanto ai prestiti per l'acquisto di una casa, le previsioni parlano di un'inversione di tendenza, con un aumento già nei primi mesi del prossimo anno. Diversamente, proseguirà anche nel 2015 il calo dei finanziamenti bancari alle imprese, «seppure con intensità progressivamente decrescente», e con un doppio binario che penalizza soprattutto le piccole, «in media meno patrimonializzate e più esposte ai rischi della congiuntura». E non si tratta di mancanza di liquidità. Le banche ne hanno in abbondanza anche grazie ai prestiti della Bce. E ne hanno pure le imprese, perlomeno quelle di media e grande dimensione: le loro disponibilità liquide hanno raggiunto il 7,6% sul totale del passivo, oltre un punto in più della media del periodo 2004-2008. Mancano però i progetti, gli investimenti. È, insomma, un problema di domanda. Quanto alle piccole imprese, la questione è invece anche di offerta perché le banche con esse sono molto prudenti, visto che temono, a causa delle deboli prospettive di ripresa, di non vedersi rimborsare i finanziamenti. Il debito pubblico, infine, che ha beneficiato del calo dello spread e dei tassi di interesse. L'investimento in titoli di Stato italiani, dice la Banca d'Italia, «è elevato». Anche da parte degli investitori esteri, che alla fine di giugno detenevano una quota del 29,4%, 2,4 punti percentuali in più rispetto alla fine dello scorso anno; nello stesso periodo la quota detenuta dalle banche italiane è passata dal 21,7 al 20,1%. In estate però gli investitori esteri hanno disinvestito, soprattutto a seguito del rinnovo solo parziale da parte del Tesoro dei titoli in scadenza. Nel 2015 i titoli a medio e lunga scadenza saranno pari a 205 miliardi, 15 in più di quest'ano, ma il Tesoro potrebbe continuare a non rinnovarli completamente, vista l'attesa diminuzione del fabbisogno da finanziarie. In generale, dice Bankitalia, nell'area dell'euro «aumentano i rischi per la stabilità finanziaria derivanti dalla perdita di vigore della crescita e dai persistenti bassi livelli di inflazione». © RIPRODUZIONE RISERVATA 0,8 per cento la crescita del Pil europeo stimata dalla Bce per il 2014 0,4 per cento SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/11/2014 26 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Bce taglia la crescita di Eurolandia Bankitalia: «Mutui in ripresa» 14/11/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 12 (diffusione:619980, tiratura:779916) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/11/2014 27 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Il tasso di inflazione della zona euro a ottobre 23,3 per cento la disoccupazione giovanile nell'area euro a settembre (11,5% totale) Il rapporto La Banca d'Italia ha presentato ieri il rapporto sulla stabilità finanziaria (nella foto il governatore Ignazio Visco). Il rapporto spiega che anche nel 2015 proseguirà il calo dei finanziamenti bancari alle imprese 14/11/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 41 (diffusione:619980, tiratura:779916) Il probabile «sì» al passaggio di mano e il negoziato sui conti pubblici Le regole Le valutazioni sul ruolo di Poste Italiane, alla luce delle norme sugli aiuti di Stato Luigi Offeddu DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BRUXELLES Un mese fa, erano solo un sussurro. Ma adesso, le voci sul prossimo via libera dell'Unione Europea alla fusione fra Alitalia ed Etihad, la compagnia degli Emirati Arabi Uniti, si moltiplicano e si rafforzano. La sentenza - o almeno il suo nucleo principale - dovrebbe arrivare entro il 17 novembre, e le voci dicono: la Commissione Europea è orientata verso il "sì". Ma trattandosi di indiscrezioni quasi sempre di fonte italiana, anche se provenienti dall'interno dei palazzi Ue, nel valutarle è forse necessario mantenere ancora un po' di prudenza. La decisione finale spetta all'Antitrust europeo, cioè alla commissaria Ue alla Concorrenza, la danese Margrethe Vestager, politicamente proveniente dalla sinistra radicale e non certo ideologicamente favorevole ai "cartelli". Il primo dubbio di Bruxelles è che, insieme, le due compagnie possano occupare una posizione predominante sul mercato, e abusarne: ma sembra che Alitalia ed Etihad abbiano ora offerto di cedere alcuni "slot" ("finestre" di orari e di voli) sulla direttrice Roma-Belgrado, proprio per evitare le accuse di concorrenza sleale. Il secondo dubbio, o secondo dossier aperto sulla vicenda, è che l'Alitalia, alla conclusione dei negoziati, finisca sotto il controllo di una compagnia extra-europea, appunto Etihad, cosa che è espressamente vietata dalle norme comunitarie. E poi c'è da valutare il ruolo nell'operazione di Poste italiane, alla luce delle norme sugli aiuti di Stato. Il presunto atteggiamento "comprensivo" della Commissione Europea avrebbe anche una motivazione politica di fondo: sull'Italia sono già aperti dossier ben più pesanti, a cominciare da quello sul piano di Stabilità, che si porta con sé anche l'ombra di una possibile procedura di infrazione; e nella nuova Commissione ci si chiederebbe se valga la pena aggiungere peso a peso, tensione a tensione. [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/11/2014 28 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Alitalia-Etihad, più vicino il via libera Ue 14/11/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 41 (diffusione:619980, tiratura:779916) Balzo del 4,7% in Borsa. Goldman: c'è ancora valore da estrarre dal nuovo gruppo Diego Della Valle L'imprenditore all'attacco: quotazione per salvare il bidone Fiat Raffaella Polato milano Punto primo: Fiat Chrysler Automobiles scorporerà la Ferrari e distribuirà gratis i relativi titoli ai propri soci, portando in parallelo il 10% a Wall Street, ma il «regalo rosso» agli azionisti non sarà quello che i critici dell'operazione (pochi, per la verità) definiscono «un costo secco» per l'azienda Fca. Al contrario. Si era già parlato di un possibile dividendo straordinario. La forma sarà diversa, la sostanza dell'assegno la stessa: Maranello trasferirà alle casse della holding liquidità per 2,25 miliardi di euro. Numero ancora preliminare, come preliminare è il documento inviato alla Sec con questo e altri dettagli del piano di rafforzamento patrimoniale made in Usa , e tuttavia abbastanza preciso da lasciar immaginare che la «cifra attualmente stimata» non si discosterà poi molto da quella definitiva. Punto secondo. La Ferrari è lo snodo-chiave del pacchetto varato da Sergio Marchionne con il duplice obiettivo di portare a Fca mezzi freschi per almeno 4 miliardi di euro ( cash del Cavallino escluso) e insieme allargare, consolidandolo, il lato americano dell'azionariato. È dall'abbinamento della «rossa» sia ai titoli del gruppo sia al prestito convertendo in preparazione che nascono le scommesse sul successo del piano, confermate dalla continua corsa di Fca tanto a Piazza Affari (+4,76% ieri) quanto a Wall Street (rialzi in linea con Milano). Ma scorporo e quotazione di Maranello sono in agenda per il 2015, tra il secondo e il terzo trimestre. «Prima di Natale», conferma Marchionne, andranno invece in porto le altre due «operazioni a stelle&strisce». E anche su queste - il collocamento negli Usa di cento milioni di titoli Fca e, appunto, il convertendo da 2,5 miliardi di dollari - il filing Sec aggiunge dettagli. Sul bond, soprattutto. Dovrebbe avere scadenza nel 2016. Ma con possibilità di conversione anticipata (magari subito dopo lo spin off del Cavallino). È evidente quanto tutto ruoti intorno all'oggetto del desiderio Ferrari, cui gli analisti attribuiscono un valore fino a 9-10 miliardi (sui poco più di 11 di capitalizzazione attuale Fca). Quella stessa Ferrari è però pure la base del nuovo attacco di Diego Della Valle a Torino. Per Mr. Tod's Maranello «ha salvato quel bidone che è Fiat», e il suo scorporo «depaupera l'azienda: usava il denaro per finanziare lo sviluppo, ora quotano un pezzetto per ripianare i debiti e il resto se lo prendono gli azionisti. È vergognoso». Non la pensano così i mercati, all'inseguimento di Fca «anche» per garantirsi il Cavallino. E perché, secondo Goldman Sachs che lunedì ha inserito il titolo nella lista « convinction buys » dell'automotive (avvertenza: Goldman gestirà con JP Morgan, Barclays e Ubs l'offerta di azioni e il convertendo Fca), «l'annuncio dell'Ipo Ferrari segna l'inizio, non la fine, di una storia di creazione di valore che proseguirà fino al 2018». L'anno del completamento del piano Marchionne. © RIPRODUZIONE RISERVATA Il gruppo FCA in Borsa Fonte: Borsa Italiana d'Arco Ieri 9,795 euro (+4,76) 6,751 7,205 7,659 8,112 8,566 9,020 14 Ottobre 20 Ottobre 26 Ottobre 30 Ottobre 5 Novembre 11 Novembre La vicenda Fiat Chrysler Automobiles (nella foto il ceo Sergio Marchionne ) scorporerà la Ferrari e distribuirà gratis i relativi titoli ai propri azionisti, portando in parallelo il 10% a Wall Street La casa di Maranello dovrebbe trasferire alle casse della holding un assegno di circa 2,25 miliardi di euro Scorporo e quotazione del Cavallino sono in agenda per l'anno prossimo, SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/11/2014 29 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Maxi-assegno Ferrari per Fca Da Maranello 2,2 miliardi di euro 14/11/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 41 (diffusione:619980, tiratura:779916) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato tra il secondo e il terzo trimestre 10 per cento la quota di Ferrari che verrà collocata a Wall Street 9-10 miliardi di euro il valore che gli analisti attribuiscono al Cavallino 4 miliardi di euro l'obiettivo di nuove risorse per Fiat Chrysler SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/11/2014 30 14/11/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 43 (diffusione:619980, tiratura:779916) Telecom e Canal Plus i candidati. I conti Mondadori Paola Pica La pay tv di Mediaset, Premium, si stacca dalla casa madre, diventa una società per azioni e una piattaforma aperta a nuovi soci industriali, oltre agli spagnoli di Telefonica, partner storici in procinto di acquisire l'11,11%. Mentre, non da oggi, si ipotizza l'ingresso nella nuova struttura di Telecom Italia e della tv francese Canal Plus, due gruppi che hanno in comune l'azionista Vivendi, gruppo che fa capo a Vincent Bollorè. Il passaggio è di rilievo nel gruppo guidato da Pier Silvio Berlusconi che da mesi prepara il riassetto che porta dal prossimo primo dicembre al trasferimento in Mediaset Premium di giornalisti, tecnici, competenze. Lo scorporo è stato annunciato ieri, preceduto da un rialzo in Borsa di poco superiore al 2% dopo una fiammata del 6% messa in mostra mercoledì. Entro il prossimo mese, spiega una nota, Telefonica (tramite la controllata Telefonica de Contenidos) acquisirà la quota dell'11,11% come annunciato in luglio. Il restante 88,89% rimarrà al momento in capo a Rti che ribadisce «la disponibilità a esaminare eventuali ingressi di partner industriali di rilievo per rafforzare la dimensione tecnologica e internazionale». A Mediaset Premium spa vengono conferiti 267 dipendenti tra dirigenti, impiegati, tecnici e giornalisti già in forza a Mediaset. L'assemblea è convocata il 26 novembre per eleggere il nuovo consiglio. Per il ruolo di di amministratore delegato è stato designato Franco Ricci, già responsabile delle attività nella pay tv. A lui riporteranno il direttore contenuti Yves Confalonieri, il direttore commerciale Marco Rosini, il direttore tecnologie Eugenio Pettazzi e il direttore sistemi informativi Domenico Alessio Mediaset Premium, possiede già i diritti pr la prossima Champions League e quelli della Serie A dei prossimi quattro anni e prevede « un generale innalzamento qualitativo del prodotto Premium che si svilupperà anche sulle nuove piattaforme di distribuzione», con l'offerta di «servizi innovativi a valore aggiunto, compresi abbonamenti integrati di nuova generazione». La giornata di ieri ha portato poi altre novità nel mondo delle controllate Fininvest. Mondadori prevede di chiudere in pareggio l'esercizio 2014, dopo il ritorno all'utile per 3,5 milioni nel terzo trimestre. E la vicenda Mediolanum, la società controllata con la famiglia Doris nella quale Silvio Berlusconi deve cedere il 20% in seguito alla perdita dei requisiti di onorabilità, va verso una definizione. «Siamo pronti a rilevare qualche punto percentuale», il 2-3%, della quota Fininvest che sarà conferita a un trust, ha annunciato Massimo Doris, figlio del fondatore Ennio. © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/11/2014 31 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Per Mediaset Premium il giorno di Telefonica Porte aperte a nuovi soci 14/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) «Nuove regole da gennaio» Giorgio Pogliotti di Giorgio Pogliotti «È stato raggiunto un accordo che spiana la strada all'approvazione del Jobs Act entro l'anno» spiega il ministro Giuliano Poletti. «Decisivo il fattore tempo per far partire a gennaio il contratto a tutele crescenti con gli incentivi della stabilità». Intervista u pagina 2 ROMA «Alla Camera è stato raggiunto un accordo importante che spiana la strada all'approvazione del Jobs act entro l'anno. Per noi è decisivo il fattore tempo, dobbiamo partire a inizio di gennaio con i decreti delegati per dare attuazione al contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, affinchè gli imprenditori possano assumere beneficiando degli incentivi previsti dalla legge di stabilità. Se ci fosse uno slittamento dei tempi, questi stessi imprenditori potrebbero rinviare le assunzioni». A parlare è il ministro del lavoro, Giuliano Poletti, che è stato impegnato nel lavoro di mediazione con il gruppo Pd della commissione lavoro della Camera, che ha portato all'accordo sulle modifiche al testo del Ddl delega che era stato approvato dal Senato. Ministro Poletti, avete raggiunto un accordo che ha ricompattato il Pd alla Camera, ma che è stato contestato dal Nuovo centro destra che invoca un chiarimento con il Governo. Cosa farete, si riapre la partita? Nella maggioranza le discussioni si risolvono a livello parlamentare, confrontandoci sul merito delle tematiche sollevate. Il Senato quando ha esaminato il Ddl delega ha modificato il testo del Governo, ed io stesso espressi parole di apprezzamento per il lavoro della Commissione, dando atto che erano stati fatti interventi migliorativi. Analogamente adesso è ragionevole che la Camera, in modo misurato, possa svolgere il proprio ruolo. Con il voto in Aula dovrà essere confermata la data finale del 26 novembre per l'esame. Penso che i malumori del Ncd possano rientrare, non sono accettabili aut aut da parte di nessuno. Tuttavia Ncd lamenta il fatto che sui licenziamenti si sia preso come riferimento il testo dell'ordine del giorno votato dalla direzione nazionale del Pd, che è l'azionista di maggioranza, ma non l'unico azionista di questo Esecutivo. L'accordo fa riferimento alle dichiarazioni fatte dal sottoscritto, depositate in Senato quando venne posta la fiducia. Ci sono 550 emendamenti in commissione, c'è un lavoro parlamentare da completare. È un problema di responsabilità che riguarda tutti, visto che siamo nella sessione di bilancio, e che subito dopo il Jobs act c'è da approvare la legge di stabilità. Bisogna fare bene e velocemente. Con le modifiche oggetto dell'accordo resta confermato l'impianto del testo, si tratta di esplicitazioni di contenuti già noti. Veniamo al merito delle modifiche rispetto al testo del Senato: quali sono le principali? Sui licenziamenti verranno ribaditi i contenuti della dichiarazione che ho depositato al Senato, ovvero che per le nuove assunzioni con i contratti a tutele crescenti in caso di licenziamenti economici non è più prevista la reintegra, che resta confermata per i licenziamenti discriminatori e per quelli disciplinari, se rappresentano dei casi particolarmente gravi che saranno specificati e puntualmente definiti nel decreto di attuazione. Quali sono gli altri punti principali del testo del Senato che saranno modificati? Per i controlli a distanza si definisce che riguardano gli impianti tecnologici e gli strumenti di lavoro, non le persone. Ripeto siamo di fronte ad esplicitazioni di concetti già noti, non c'è nessuna grossa modifica di merito. Una delle deleghe del Jobs act riguarda l'estensione degli ammortizzatori sociali. Mi spiega come pensate di ampliare la copertura se con la legge di stabilità per il 2015 confermate sostanzialmente le risorse del 2014, mettendo sul piatto 2 miliardi (quest'anno si sono spesi 1,7 miliardi per la sola cassa integrazione in deroga)? SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/11/2014 32 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Intervista PARLA GIULIANO POLETTI 14/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/11/2014 33 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Per gli ammortizzatori sociali possiamo contare anche sulle risorse del fondo occupazione, pari a 1,4 miliardi, di questi circa 700 milioni vanno alla cassa in deroga. Bisogna considerare che ci sarà un ridimensionamento dell'utilizzo della Cigd, a seguito del decreto già approvato che introduce criteri più rigidi per evitare utilizzi distorti che si sono verificati negli anni passati. Inoltre finora una parte dei costi di un anno ricadevano su quello successivo, nel 2014 ad esempio abbiamo dovuto coprire una parte del 2013. Questo non dovrà più accadere. Infine c'è l'impegno nella legge di stabilità a prevedere risorse ulteriori, che ancora non sono state quantificate. Il Jobs act contiene almeno 5 deleghe al Governo. Quali intendete esercitare prima e in che tempi? Ad inizio anno, come ho già detto, sarà operativo il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti. Insieme alla delega che riorganizza le tipologie contrattuali, il nuovo codice dei contratti, sarà operativa la delega sul riordino degli ammortizzatori sociali. Si tratta di provvedimenti che hanno un collegamento con la legge di stabilità. Ha destato allarme la fine della cassa integrazione in caso di cessazioni d'attività di un ramo aziendale, che rischia di ostacolare processi di riconversione professionale. Interverrete su questo punto? Con i decreti delegati gestiremo la fase di passaggio ed eviteremo di provocare vuoti normativi, e quindi interverremo sulle cessazioni di attività di un ramo aziendale, e introdurremo elementi di transizione per evitare un passaggio secco da un regime all'altro. Avete messo in conto che restringendo il ricorso alla cassa integrazione in deroga, che assicura la costanza del rapporto di lavoro, molti che oggi sono formalmente ancora occupati avranno lo status di disoccupati? Per gli ammortizzatori sociali vi saranno passaggi graduali per gestire la transizione. Il tema è come garantire il massimo della continuità se l'impresa ha prospettive di ripartire. In situazioni in cui le imprese hanno cessato l'attività da anni, non è ragionevole proseguire con le integrazioni salariali. E quindi si passerà all'Aspi. Una volta concluso il periodo di copertura degli ammortizzatori sociali, bisogna prendere atto e mettere in piedi politiche di ricollocamento, i servizi per l'impiego, attraverso una maggiore collaborazione tra pubblico e privato Intanto però il Regolamento del fondo per le politiche attive del lavoro che aveva annunciato per luglio non è ancora operativo. Il Regolamento è pronto, come ministero abbiamo fatto la nostra parte, ha avuto parere favorevole dalla Conferenza Stato Regioni ed è alla Corte dei Conti per la registrazione. © RIPRODUZIONE RISERVATA Occupati per tipologia di orario, posizione e carattere dell'occupazione. Anno2013,datiinmigliaia A tempo pieno 18.407 A tempo parziale 4.013 - di cui involontari 2.470 Totale 22.420 Dipendenti 16.878 Permanenti 14.649 - a tempo pieno 12.093 - a tempo parziale 2.556 A termine 2.230 - a tempo pieno 1.592 - a tempo parziale 638 Indipendenti 5.542 - a tempo pieno 4.722 - a tempo parziale 820 Indipendenti, di cui: collaboratori 382 Fonte: elaborazioni Ref Ricerche su dati Istat OCCUPATI Indice I 2008=100 05 06 07 08 09 10 11 12 13 14 Fonte: elaborazioni Ref ricerche su dati Eurostat Foto: L'andamento Occupati per tipologia di orario, posizione e carattere dell'occupazione. Anno 2013, dati in migliaia 14/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) Né stop né retromarce Fabrizio Forquet C ome una coperta corta il Jobs Act scopre le contraddizioni della maggioranza sul tema del lavoro. Mettere d'accordo Maurizio Sacconi, da una parte, e Cesare Damiano, dall'altra, su un tema ostico come l'articolo 18 è impresa difficile anche per un tessitore abile come Matteo Renzi. Non c'è da sorprendersi, quindi, se al momento di tirare le somme emergano quelle divergenze. Il tema della riforma del lavoro, come ribadito tra gli altri in queste ore dal presidente della Bce Mario Draghi, è però troppo importante per restare ostaggio delle divisioni. È sulla capacità di portare a termine entro la fine dell'anno le nuove regole dell'impiego, infatti, che si gioca la credibilità della capacità riformista non tanto di questo governo, ma dell'Italia nel suo complesso. Tanto più che dal 1° gennaio entrerà in vigore la decontribuzione per chi assume a tempo indeterminato e saranno disponibili nuove risorse per chi perde il posto di lavoro, così come è previsto nella Legge di stabilità. Non è il momento perciò di stop o di inciampi. Nello stesso tempo va ribadito che non è una riforma purchessia quella che serve. Già ai tempi del governo Monti si è sacrificata l'efficacia della riforma del lavoro sull'altare della mediazione politica. La conseguenza sono stati tre anni di regole che hanno penalizzato e non favorito la creazione di posti di lavoro. Rifare lo stesso errore sarebbe un delitto. È presto per dire se l'accordo interno al Pd configuri appunto un passo indietro. Il testo sull'articolo 18 uscito dalla direzione del Partito democratico, che riapriva al reintegro nel caso dei licenziamenti disciplinari, lo era certamente rispetto all'impostazione originaria di Renzi. Ma la materia si presta a molte sfumature e a molte interpretazioni. Perciò bisognerà aspettare la formulazione degli emendamenti del governo per capire quanto l'esigenza di mediare con la sinistra del Pd possa comportare un effettivo indebolimento della riforma. Le rassicurazioni che ieri sono arrivate dal premier, e dal suo delegato alla trattativa Filippo Taddei, fanno ben sperare sulle reali intenzioni del governo. Nessuno dalle parti di Palazzo Chigi sembra intenzionato a riallargare in modo ampio e pericoloso le tipologie per le quali ritorna il reintegro in caso di licenziamento. Tanto che anche la posizione del Nuovo centrodestra, dopo il primo allarme, si è fatta in serata più prudente e più ottimista sull'esito finale della trattativa. Il Jobs act ha un suo equilibrio che non va snaturato. Poi toccherà ai decreti attuativi, che saranno il vero cuore della riforma. E su questi il governo potrà avere le mani più libere. Purché, appunto, il Parlamento non introduca in extremis vincoli in una direzione conservatrice. © RIPRODUZIONE RISERVATA IN CIFRE 42,9% La disoccupazione giovanile Il tasso registrato dall'Istat a settembre, in aumento dell'1,9% rispetto a un anno prima. In tutto i disoccupati tra i 15 e i 24 anni sono 698mila 3,2 milioni I disoccupati Il numero rilevato a settembre è aumenato dell'1,8% su base annua. Il tasso di disoccupazione, pari al 12,6% è rimasto sostanzialmente stabile con un incremento dello 0,1% nei 12 mesi SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/11/2014 34 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'URGENZA DELLA RIFORMA 14/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) Recessione, Europa svegliati dal torpore Adriana Cerretelli L'eurozona rischia la terza recessione nel breve spazio di cinque anni, accompagnata questa volta dalla deflazione. Nella migliore delle ipotesi l'economia nel prossimo biennio registrerà una crescita compresa tra lo 0,5% e l'1%, mentre gli Stati Uniti correranno a un ritmo superiore al 3%. L'avvertimento arriva dagli analisti di Standard & Poor's. Ma è solo la prima delle docce fredde regalate dalla giornata di ieri. La Bce non vede altrettanto nero ma condivide l'analisi secondo cui la bilancia dei rischi pende verso il basso, che si parli di inflazione o di crescita, corretta all'1,2% (dall'1,5%) per l'anno prossimo. Grosso modo in linea (1,1%) con le ultime previsioni di Bruxelles che hanno dato una netta sforbiciata alle cifre di sei mesi fa, senza escludere nuove correzioni all'ingiù e riconoscendo candidamente che l'area euro è la zona del mondo che cresce meno di tutte. In vista del G-20 che si riunisce domani a Brisbane, in Australia, si è fatto sentire anche l'Fmi parlando di crescita graduale ma squilibrata, con la Spagna in ripresa ma Italia, Germania e Francia, le tre maggiori economie dell'euro, in arretramento. Sullo sfondo, uno scenario dai rischi elevati: il calo dei prezzi fa lievitare i tassi reali minacciando uno sviluppo già debole e insieme la sostenibilità del debito. Evidentemente né la politica monetaria sempre più accomodante della Bce di Mario Draghi, né la previsione di un prezzo del petrolio stabile intorno ai 90 dollari al barile, né la svalutazione dell'euro rispetto al dollaro, che sostiene l'export, sono stimoli sufficienti a scuotere l'eurozona dal torpore in cui è caduta e dal quale non riesce a uscire. Ancora più delle cifre deprimenti che non cessano di susseguirsi giorno dopo giorno, allarma la beata indifferenza, meglio, la placida inedia con cui l'Europa vive le proprie disgrazie economiche come se non fossero le sue ma quelle di qualcun altro. Certo, si insiste di continuo e a ragione sulle riforme strutturali, che sono l'arma vincente per aumentare il potenziale di crescita. Peccato che richiedano tempo non solo per essere attuate ma anche e soprattutto per dare frutti. Certo, si parla e straparla anche dell'ormai famosissimo piano Juncker da 300 miliardi in tre anni per dare una decisa spinta agli investimenti, soprattutto privati. La proposta arriverà prima di Natale. Poi però andrà discussa e negoziata dai ministri finanziari, approvata e chissà quando sarà pronta all'uso. Scetticismo eccessivo? Speriamo. Purtroppo di piani Ue per la crescita pieni di parole ma vuoti di risorse e alla fine incapaci di volare fuori dalla retorica se ne sono visti troppi. Certo, anche il rigore diventa un po' più flessibile ma sempre senza esagerare per non indurre i governi riluttanti a staccare la spina dimenticando gli impegni europei assunti. I fatti e le cifre però hanno ampiamente dimostrato che si questo passo l'eurozona non va da nessuna parte: vivacchia, sopravvive ma non ritrova dinamismo, non si mette al passo con i suoi grandi concorrenti globali. Semplicemente li subisce. Anche la Germania, la superpotenza economica dell'eurozona, è in affanno con il fiato sempre più corto. Fuori nel mondo globale la Cina stringe accordi con Russia, Giappone e SudCorea, sbriciola inimicizie secolari per farsi baricentro del nuovo potere economico e geo-strategico dell'Asia che contende la supremazia all'Occidente. Ma la stessa Cina non esita poi a stringere patti tecnologici con l'America di Barack Obama, da sempre attratta dalla frontiera del Pacifico, dalle sue complementarietà potenziali. L'Europa invece appare del tutto assente dal grande gioco globale, addirittura incerta sulle promesse del Ttip, il grande accordo economico transatlantico che pure, attraverso una maggiore integrazione e complementarietà con l'economia Usa, potrebbe dare una sferzata salutare alle sue anemiche potenzialità di crescita. Per il momento preferisce trastullarsi appagata dal suo vecchio mondo: non importa se è ormai un cantiere in fase di smobilitazione e di desertificazione industriale. Non importa se può permettersi soltanto uno stato SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/11/2014 35 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato SCELTE PER CRESCERE 14/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/11/2014 36 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato sociale a pezzi e assediato da 26 milioni di disoccupati, una tragedia umana e insieme uno scandaloso sperpero di risorse. Non importa se le care regole di Maastricht sono nate e avevano un senso in un'altra Europa, quella che 30 anni fa correva al ritmo medio del 3-4% annuo... Quella di oggi è fatta da un club di Paesi sfiduciati e stanchi di stare insieme. Che pensano di potersi concedere impunemente il lusso di flirtare con la recessione o di vivere a lungo con una crescita media sotto l'1% nel prossimo decennio. Senza accorgersi che, così, lentamente organizzano il proprio suicidio politico, economico e finanziario. Svegliati Europa, è ora di trovare il coraggio di cambiare strada. Altrimenti di questo passo, senza crescita, si rischia di morire risanati. A che pro? © RIPRODUZIONE RISERVATA 14/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) È l'eurozona l'anello debole Alessandro Merli Nel periodo di relativa calma dell'eurozona nell'ultimo anno e mezzo, ai rappresentanti europei negli incontri internazionali piaceva ripetere: «Questa volta il problema non siamo noi». Al vertice del G-20 che inizia domani a Brisbane, l'Europa riesce nell'impresa non facile di essere per l'economia mondiale al tempo stesso problematica e irrilevante. Non c'è dubbio che, guardando al quadro macroeconomico globale, il vero punto oscuro, e quindi la fonte di maggior preoccupazione per i leader del G-20, sia l'Eurozona. Alla vigilia degli incontri, il segretario al Tesoro americano, Jacob Lew, ha sollevato il rischio di un «decennio perduto» per il vecchio continente in termini di crescita. Un'immagine forte, che evoca il Giappone, altro anello debole, che però negli ultimi tempi ha mostrato di voler reagire vigorosamente, anche se non è chiaro con quanta efficacia. L'Fmi, nella sua nota preparatoria dei lavori, ha rilevato che la ripresa dell'area euro sarà più lenta del previsto e chiede per l'ennesima volta alla Bce, se necessario, un'azione di stimolo, anche con l'acquisto di titoli di Stato. Nell'intervista che pubblichiamo a pagina 3, il segretario generale dell'Ocse, Angel Gurria, sostiene che c'è il pericolo che la stagnazione europea pesi sulla crescita del resto del mondo, il vero problema per i partner del G-20, e sollecita riforme strutturali. Nelle discussioni preliminari fra gli sherpa, anche il solo inserimento della parola «domanda» nel comunicato finale, ha incontrato obiezioni da parte della Germania e nella discussione macroeconomica gli altri europei si sono schierati più spesso con gli Stati Uniti che con il proprio partner continentale. Una situazione, quindi, fra le più difficili e una risposta di politica economica giudicata dagli altri insufficiente. I giorni precedenti al vertice sono stati però anche costellati da una serie di accordi che hanno sistematicamente, anche se per ragioni decisamente diverse, tagliato fuori dal gioco l'Europa, mostrandone, in un numero crescente di campi vitali anche per gli interessi europei, la progressiva perdita di rilevanza. Costretta dalle sanzioni a cercarsi mercati alternativi all'Europa per il proprio gas, la Russia di Putin si è rivolta alla Cina. La stessa Cina ha firmato con gli Stati Uniti di Obama due accordi a loro modo storici, sui cambiamenti climatici e sulla fornitura di tecnologie. E, in una sorta di catena, l'America di Obama ha trovato, dopo anni di dissensi, un'intesa con l'India di Modi, che ha il potenziale di sbloccare il negoziato di Bali per la liberalizzazione del commercio internazionale. Tutto questo mentre al vertice Apec di Pechino l'atmosfera su un patto commerciale attraverso il Pacifico è migliorata e mentre il clima del patto analogo fra le due sponde dell'Atlantico resta tempestoso. Tutte questioni di lunga data, alle quale gli altri hanno iniziato a dare una risposta senza l'Europa. Non sarà facile imbarcarsi sul lungo volo di rientro da Brisbane dicendoci che il problema non siamo noi. © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/11/2014 37 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'ANALISI 14/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) «Dalla riforma una spinta per il rilancio» Alessandro Merli Alessandro Merli u pagina 3 BRISBANE. Dal nostro inviato La riforma del mercato del lavoro e «un po' di flessibilità» da parte dell'Europa sui conti pubblici possono far ritrovare la crescita all'Italia. Angel Gurria, segretario generale dell'Ocse, non è pessimista sull'Italia, a patto che il Governo confermi la determinazione a fare le riforme, e nonostante la settimana scorsa gli economisti dell'organizzazione parigina dei Paesi industriali abbiano previsto che l'economia italiana continuerà a contrarsi dello 0,4% nel 2014 e crescerà solo dello 0,2% nel 2015. «Nel Jobs Act - dice Gurria in un'intervista al Sole 24 Ore alla vigilia del vertice del G-20 a Brisbane, in Australia - il primo ministro Matteo Renzi ha impegnato un notevole capitale politico. Questo, al di là del contenuto della legge, è un messaggio, un segnale forte. Senza la sua approvazione, tutta la spinta riformista del Governo avrebbe perso credibilità. Invece, si è dimostrato che qualcosa si muove in Italia. La riforma del mercato del lavoro e un po' di flessibilità da parte dell'Europa sui conti pubblici possono far ritrovare la crescita». La flessibilità del mercato del lavoro, secondo Gurria, è molto importante. «Guardiamo la Spagna - dice il capo dell'Ocse - tre anni dopo l'avvio di riforme coerenti sta creando posti di lavoro anche in presenza di una crescita modesta». Il Jobs Act, a suo avviso, non può però restare un episodio isolato. «Gli altri elementi decisivi di un piano di riforme sono la maggior flessibilità del mercato dei prodotti e la riforma fiscale. Bisogna scegliere se si vuole avere un sistema impositivo che incoraggia investimenti e lavoro, o un sistema che li punisce». Gurria è consapevole che la strada delle riforme strutturali, quando la politica monetaria ha portato i tassi d'interesse a zero e non c'è spazio per uno stimolo fiscale, è «più difficile, più lenta», ma è convinto che in Europa possa essere abituata dall'utilizzo dei margini già presenti nelle norme vigenti in materia di conti pubblici. «Non dico di tornare indietro sulle regole - afferma - ma che, soprattutto in mondo a crescita modesta un po' ovunque, diventa difficile raggiungere gli obiettivi». Le riforme, comunque, sostiene il segretario generale dell'Ocse, danno risultati: «In Europa, i Paesi che hanno fatto i compiti a casa, come Irlanda, Spagna, Portogallo, sono quelli che crescono di più e ricominciano a produrre occupazione. E questo dipende dai tempi e dalla profondità delle riforme, dalla qualità delle politiche pubbliche. Queste non sono parole, all'Ocse lo abbiamo misurato». La crescita mondiale, dice Gurria, «ha bisogno di un'Europa forte. È chiaro che non sono problemi che si risolvono da un giorno all'altro e l'Europa spesso assomiglia a un cantiere, con lavori in corso permanenti. Magari alla fine i progressi arrivano, ma è importante che venga spiegato bene all'opinione pubblica cosa si sta facendo, i risultati che si possono ottenere con le riforme. C'è bisogno di leadership». Il riferimento trasparente è alla Germania. «Il Governo ha annunciato un aumento degli investimenti pubblici da 10 miliardi di euro. Non sappiamo se sia sufficiente. C'è da un lato il vincolo della legge sul pareggio di bilancio, ma dall'altro la necessità di spingere la crescita. Un Paese che ha un surplus dei conti con l'estero che si espande dal 6 al 7% del prodotto interno lordo, invece di restringersi, può aumentare la spesa pubblica, spingere la domanda interna e quindi anche le importazioni, aiutando gli altri». L'ultima parola è per il ministro dell'Economia italiano, Pier Carlo Padoan, fino a pochi mesi fa suo vice all'Ocse. «L'ho fatto anch'io il ministro delle Finanze in Messico - scherza - so attraverso cosa si deve passare». © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/11/2014 38 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Intervista ANGEL GURRIA (OCSE) 14/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Foto: IMAGOECONOMICA Segretario generale. Angel Gurria SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/11/2014 39 14/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) È il momento per le ragioni dell'industria Carmine Fotina Se l'economia reale si ferma davanti a concetti come «immobiliarità» degli impianti industriali o «medie incrementali» degli investimenti in innovazione non è un buon segnale. S e ad obiettivi ambiziosi e programmi in grande stile - come la redazione di un «Industrial compact» europeo con genesi e firma italiana - si fanno seguire scelte fiscali e mancate coperture dal sapore antiindustrialista è evidente che qualcosa nelle priorità di politica economica non è ancora del tutto chiaro. A questi legittimi quesiti si arriva ragionando su alcuni punti tuttora irrisolti della Legge di stabilità. Considerare ai fini del calcolo della rendita catastale i cosiddetti "macchinari imbullonati", così come limitare la deducibilità dell'Imu alle sole imposte dirette (peraltro solo al 20%) e non anche all'Irap, rischia di trasformarsi in un accanimento fiscale su beni che vanno fatti rientrare a tutti gli effetti e tutelati come veri fattori produttivi. L'iniquità della "patrimoniale sui macchinari" è una delle più evidenti anomalie da sanare nel percorso parlamentare. Ma anche altro necessita di un intervento urgente perché ci si possa mostrare davvero coerenti con l'obiettivo di portare il peso della manifattura sul Pil italiano dal 16 al 20% entro il 2020 e di presentare al prossimo Consiglio competitività Ue un piano per l'"Industrial compact". A questo documento lavora una task force che ha già preparato le prime stime: investimenti industriali per 15 miliardi l'anno creerebbero, da qui al 2020, 900mila nuovi posti di lavoro. Ecco, di fronte a queste incoraggianti proiezioni ci si può attendere che anche le prossime scelte siano "manufacturing oriented". Delle risorse promesse ma non inserite per la "nuova Sabatini" (acquisto di beni strumentali) e per il piano made in Italy si è discusso anche mercoledì nel vertice Renzi-Padoan e ci sono buone speranze di trovare adeguata copertura a misure che rappresentano due moltiplicatori di investimenti interni e vendite all'estero. Altri aspetti critici meriteranno forse un ulteriore approfondimento. Il credito d'imposta per la ricerca, ad esempio, rischia di penalizzare chi ha investito di più in piena recessione se non verrà premiato l'intero investimento (almeno nel caso di contratti con università ed enti di ricerca). E servirà coraggio anche su alcuni temi finora lasciati ai margini. Si pensi alla riduzione del perimetro d'azione delle società partecipate dagli enti territoriali e da un allargamento, dal costo contenuto, anche ai lavoratori stagionali della deducibilità dall'Irap della componente lavoro. A conti fatti un ventaglio di poche misure potrà rivelarsi un endorsement per l'industria senza impatti dirompenti sulla finanza pubblica e con risultati sicuri. La posta in palio è altissima come dimostra una quota di almeno l'80% di export ancora espresso dall'industria, sebbene un decennio di scarsa attenzione alla manifattura abbia prodotto un calo di quasi 100mila unità produttive e un milione di addetti. Precedenti esperienze di governo, si pensi all'esecutivo Monti, nell'urgenza del rigore hanno progressivamente deviato la marcia rispetto alle esigenze del mondo produttivo per rianimare i consumi interni, supportare l'export, in altre parole aiutare la ripresa. La Legge di stabilità in discussione in Parlamento rappresenta un nuovo decisivo bivio per non sbagliare direzione. © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/11/2014 40 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato LEGGE DI STABILITÀ 14/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) Ferrari verserà a Fca cedola da 2,25 miliardi# Andrea Malan Andrea Malan u pagine 33 e 34 Fiat Chrysler Automobiles (Fca) vola in Borsa (+4,7%) sulla maxicedola in arrivo da Ferrari: secondo un documento depositato dalla stessa Fca presso la Sec (l'autorità Usa di controllo sui mercati) in vista del collocamento di azioni Fca a Wall Street, Fca riceverà dalla Ferrari 2,25 miliardi di euro fra dividendi e trasferimenti di liquidità. «Prima della separazione da Ferrari intendiamo entrare in certe altre transazioni, comprese distribuzioni e trasferimenti di fondi da Ferrari, attualmente stimati a 2,25 miliardi di euro», è scritto nel Form F-1/A. Lo stesso documento contiene una serie di altre informazioni sul collocamento e sul prestito convertendo. Ecco le principali. Fiat Chrysler ha nominato JPMorgan Chase, Goldman Sachs, Barclays e Ubs come joint book-running manager dell'offerta di titoli Fca e come underwriters del prestito convertendo da 2,5 miliardi di dollari (circa 2 miliardi di euro). Quest'ultimo avrà scadenza 2016, ovvero biennale, e pagherà cedole semestrali; l'ultima di queste potrà essere pagata, a discrezione della società, anche in azioni. La conferma della maxicedola da Ferrari - già preannunciata a fine ottobre da Sergio Marchionne, ad di Fiat e presidente di Ferrari - ha fornito ulteriore benzina agli acquisti sul titolo Fca, già vivaci nelle sedute precedenti. Le azioni hanno chiuso a Piazza Affari a 9,795 euro, con un balzo del 4,76 per cento. Continua da pagina 33 Il rialzo di ieri di Fca ha portatoaoltreuneuroilguadagno della settimana; dall'annuncio dello scorporo Ferrari, lo scorso 29 ottobre, il rialzo è stato del 28%. Per quanto riguardailcollocamentodiazionidella stessaFca,ilnumerodi titolicheverràoffertononèancorastatodeterminato ; secondoquantoannunciatoafineottobre, dovrebbetrattarsidi«finoa 100 milioni di azioni Fca». L'offertadelprestitoconvertendo è condizionata al closing del collocamento di titoli Fca. I sottoscrittori riceveranno alla conversione azioni Fiat, in base a un rapporto di conversione ancora da stabilire, e anche azioni Ferrari. A questo proposito il prospetto depositato ieri contiene anche un'importante precisazione: nelmomentoincuiFerrariverrà scorporata da Fca (attualmente previsto «nel secondo o terzo trimestre del 2015»), una quota dei bond verrà immediatamenteconvertitaintitoli Ferrari.Laquotarispettiva di titoli Ferrari e Fiat che ogni obbligazionista riceverà, sarà calcolata in base al rapporto tra lequotazionideititoliFcae Ferrari nei primi dieci giorni diquotazione di quest'ultima. Perquantoriguardalamaxicedola, ilpagamentodi2,25miliardi di euro a Fiat dovrebbe corrispondereper Ferrari aun esborso complessivo di 2,5 miliardi, tenuto conto che Fca controlla il 90% del Cavallino e che al vicepresidente Piero Ferrari, proprietario del restante 10%, dovrebbero andare250milioni. Tempiemodalità dell'operazione - fanno sapere fonti vicine al Lingotto - non sono ancora stati definiti. In parte dipenderanno anche dalla rapidità con cui le altre due mosse (collocamento Fca econvertendo)potrannoessere finalizzate; l'obiettivo di Marchionne è di concluderle «entro Natale», con un road show americano di circa una settimana ilmeseprossimo. La manovra su Ferrari ha l'obiettivodi trasferirela liquiditàdalbusinesscheèingrado di generarne (la Ferrari) e che haunaposizionefinanziariaattiva, a quello che attualmente ne brucia - ovvero il resto delle attività Fiat; una strategia non diversa da quella attuata inoccasionedelloscorporoda Fiat di Fiat Industrial. Dopo il collocamento di azioni Fca e del prestito convertendo, la maxicedola e la vendita sul mercato del 10% di Ferrari, Fca dovrebbe essere alleggerita di circa4miliardi di euro di debiti. L'azienda di Maranello - che a fine giugno aveva una posizione finanziaria attiva per 1,6 miliardi di euro - dovrebbe invece ritrovarsi con un debito netto di 900 milioni. Tenuto conto cheilMolèstimatodaMediobanca a 650 milioni per il 2014 e a 750 l'anno prossimo, il mantenimentodelrating i n v e s t m e n t g r a d e a s s i c u r a t o da M a r c h i o n n e n o n d o v r e b b e e s s e r e un p r o b l e m a . L'annoprossimovedràilcollocamento da parte di Fca del 10% del capitale Ferrari, mentre il restante80%verrà distribuito gratuitamente ai soci Fiat (compresi quelli nuovi che acquisiranno titoli Fca in occasionedelsuocollocamento e convertendo i bond del convertendo). Alla fine del processo Fca e Ferrari saranno due aziende separate con un unico azionistadicontrollo, laExordellafamiglia Agnelli. Exor, che SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/11/2014 41 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato FINANZA 14/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/11/2014 42 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato controlla il 30% del capitale Fca, ha intanto annunciato la cancellazioneparziale, perunammontare nozionale di 250 milioni di euro, della propria emissione obbligazionaria con cedola 5,375% e scadenza nel 2017. In seguito a questa cancellazione (ed alla precedente, perfezionata in data 17 Dicembre2013perunammontare nozionale pari a 60 milioni di euro) l'importo nominale incircolazione di taleemissioneè ora di440milioni di euro. IL TERZO TRIMESTRE DI FERRARI 90% EBIT Milioni di euro Ricavi netti Milioni di euro Consegne In unità 1.499 1.612 2013 2014 0 1.700 534 662 2013 2014 0 700 88 89 Mercato Exor Piero Ferrari 69% 31% 10% ORA Exor Piero Ferrari Mercato Mercato 69% 31% 24% 10% 66% Foto: Lo scorporo di Ferrari 14/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 7 (diffusione:334076, tiratura:405061) Le Borse europee tentano il rimbalzo Seduta in altalena, Milano +0,4% - A segno l'asta dei BTp: quasi completata l'intera raccolta 2014 Maximilian Cellino Andrea Franceschi Sui mercati azionari europei l'incertezza continua a condizionare le contrattazioni. Quella di ieri è stata una seduta in cui i listini continentali hanno faticato a prendere una direzione chiara. Dopo un avvio in cui sembravano ben orientati a recuperare le perdite della vigilia (Piazza Affari era reduce da un calo del 2,87%) gli indici hanno invertito la rotta a metà seduta per poi concludere gli scambi in leggero rialzo. Milano ha guadagnato lo 0,43%, Francoforte lo 0,41%, Parigi lo 0,19% e Londra lo 0,37 per cento. Un po' più indietro Madrid (-0,17%), frenata dal calo dei titoli legati alle materie prime. Vendite su energia e utility In mancanza di dati macroeconomici di rilievo (dagli aggiornamenti sull'inflazione di ottobre non sono arrivate grosse novità) le attenzioni degli operatori si sono concentrate sui risultati societari. Le notizie negative sono arrivate dai settori energia e utilities. Ieri l'indice Stoxx Energia ha perso l'1,6%. Una performance segnata in parte dalla debolezza del petrolio (ieri il Brent ha toccato un nuovo minimo da 4 anni) e in parte dal tracollo della spagnola Abengoa che ieri ha perso il 18% a Madrid dopo aver tagliato le proprie stime sui ricavi 2014. Il comparto utilities invece ha sofferto i conti peggiori del previsto di Gdf Suez ed Rwe. La spinta al ribasso di questi settori, che ha portato gli indici europei in rosso a metà seduta, è stata tuttavia controbilanciata dai segnali positivi in arrivo da oltreoceano. A Wall Street infatti sono prevalsi gli acquisti. Anche in questo caso sulla scia di notizie in arrivo dal fronte societario: la trimestrale oltre le attese del colosso della grande distribuzione Wall-Mart e l'accordo da 4,7 miliardi di dollari tra il finanziere Warren Buffett e la Procter & Gamble per la cessione del business delle batterie Duracell. Piazza Affari, dal canto suo, è stata sostenuta anche da alcuni bilanci societari oltre le attese: il titolo Salini Impregilo, per esempio, ha guadagnato quasi il 12% dopo aver conseguito nei primi 9 mesi dell'anno un utile netto di 3,6 milioni e ricavi in crescita del 7% a 3,1 miliardi A segno l'asta BTp Quella di ieri è stata tutto sommato una giornata tranquilla anche per i titoli di Stato: il rendimento del BTp decennale si è confermato al 2,36% e anche la distanza nei confronti del Bund è rimasta più o meno sugli stessi livelli della vigilia (157 punti base). In un clima del genere l'asta del Tesoro è filata via liscia senza eccessivi intoppi come del resto era nelle attese. Sul mercato sono stati collocati titoli a 3, 7 e 15 anni per un valore complessivo di 6 miliardi di euro a tassi sostanzialmente invariati rispetto alle emissioni precedenti. L'attenzione degli operatori si è rivolta soprattutto alle scadenze più lunghe: un riflesso della maggiore appetibilità dei rendimenti, ma anche della volontà di molti investitori di allungare la durata media dei portafogli con l'approssimarsi della chiusura dell'anno. Sotto questo aspetto, il BTp a 15 anni dal rendimento lordo del 2,97% è stato il titolo più gettonato con un rapporto «bid-to-cover» pari a 1,54 anche perché per questa emissione si trattava dell'ultimo appuntamento del 2014 (se ne riparlerà probabilmente a febbraio). Il Tesoro «vede» il traguardo Buono anche l'interesse per il settennale che, come ha sottolineato un trader all'agenzia Radiocor «si trovava in una posizione che rendeva vantaggioso uno "switch" rispetto ad altri titoli vicini sulla curva italiana» e che quindi è stato assegnato all'1,74%, mentre il BTp a 3 anni è stato collocato allo 0,77 per cento. Con l'asta di ieri il Tesoro ha quasi completato la provvista annuale a medio lungo termine, avendo raccolto in totale 272 sui 283 miliardi stimati dagli analisti (ovvero il 96%). Anche per questo motivo è possibile che il Tesoro decida di tagliare l'asta BTp prevista per metà dicembre. © RIPRODUZIONE RISERVATA LA PAROLA CHIAVE Bid to cover Bid to cover è un termine inglese che indica il «tasso di copertura» di un'asta di titoli di Stato. In pratica è il rapporto tra domanda e offerta: più la domanda degli investitori per un titolo è abbondante, più sale il bid to cover. Nell'asta di ieri dei BTp triennali SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/11/2014 43 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato La lunga crisi LA GIORNATA DEI MERCATI 14/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 7 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/11/2014 44 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato gli investitori hanno chiesto titoli per 3,82 miliardi a fronte di un'offerta da 2,5 miliardi: il bid to cover è stato dunque di 1,53 volte. Questo indicatore mostra l'appetito per un titolo. LE ULTIME ASTE Dati in milioni di euro Importo richiesto Importo assegnato Rendimento Ottobre 3 anni 0,70% 5.345 3.500 7 anni 1,71% 2.984 2.000 30 anni 3,66% 1.810 1.250 9/11/2011 LO SPREAD Differenziale dei rendimenti dei titoli di Stato decennali rispetto al Bund. In punti base 2012 2013 2014 Ieri 100 200 300 400 500 600 700 23 Italia Spagna 157 134 167 Italia 575 Spagna 408 Ieri 3 anni 0,77% 3.824 2.500 7 anni 1,74% 3.027 2.000 15 anni 2,97% 2.319 1.500 Settembre 3 anni 0,52% 4.078 2.457 7 anni 1,71% 3.659 2.500 15 anni 3,03% 3.284 2.000 14/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 10 (diffusione:334076, tiratura:405061) Industria europea e italiana ancora in partita, l'eccellenza traina l'export CLASSIFICHE DIVERSE Utilizzando parametri più legati al mercato tutti i Paesi europei mostrano risultati tra i migliori di quelli delle economie avanzate Marco Fortis Il grande errore concettuale che sta all'origine del fallimento della politica economica europea ispirata dalla Germania e dai Paesi del Nord Europa sta nel falso mito della competitività perduta. Se l'Europa non cresce questo è il dogma - non è perché essa sta distruggendo masochisticamente il proprio mercato interno con una esasperata politica di rigore fiscale senza sviluppo, come dimostra ogni giorno con sempre maggiore evidenza la realtà. La bassa crescita economica dipenderebbe invece principalmente da una inarrestabile perdita di competitività delle nazioni europee, in particolare di quelle del Sud Europa, sui mercati internazionali. Secondo i sostenitori di questa tesi, l'erosione di quote di mercato nell'export di molti Paesi Ue, tra cui l'Italia, ne sarebbe la prova più evidente. Con ciò ignorando un fatto fondamentale: e cioè che da quando è entrata in scena la Cina sullo scenario globale sono calate le quote di mercato di tutti i Paesi avanzati. Ma le quote della Ue (incluse quelle dell'Italia e della Spagna) sono comunque scese meno di quelle di Stati Uniti, Canada e Giappone. In particolare, ciò è stato vero per l'export di manufatti dalla nascita dell'euro fino al 2013. Gli errori di prospettiva La Commissione europea e i dogmatici del rigore e della competitività (ma non della crescita, la "grande dimenticata" nell'attuazione del Patto di stabilità e crescita) non sembrano essere sufficientemente consapevoli di altri tre punti fondamentali. Il primo è che storicamente la dinamica del Pil dei Paesi Ue è stata determinata negli ultimi 20 anni quasi totalmente, nel bene e nel male, dalla domanda interna e non dall'export, fatta eccezione per la Germania. Quindi ciò che conta per far ripartire il Pil oggi è rilanciare investimenti e consumi nell'Eurozona piuttosto che illudersi che se il Portogallo, la Spagna, la Grecia o l'Italia esporteranno un po' di più tornerà per incanto la crescita nell'Eurozona. Il secondo punto è che la competitività delle nazioni europee nel commercio internazionale andrebbe misurata soprattutto sugli scambi extra-Ue. Si scoprirebbe allora che ben 21 Paesi Ue su 28 hanno presentato nel 2013 un surplus commerciale manifatturiero con i Paesi extra-Ue. Infatti, lo scorso anno la Germania ha fatto registrare un attivo manifatturiero extracomunitario di 229 miliardi di euro, l'Italia di 70, la Francia di 44. Persino Spagna e Portogallo vantano surplus manifatturieri extra-Ue, rispettivamente di 16 e 5 miliardi. I deficit commerciali esistenti del Sud Europa sono casomai intra-Ue e quasi tutti con la Germania. Proprio per questa ragione è ingeneroso e poco costruttivo che Berlino catechizzi continuamente sulla competitività i Paesi partner nell'Uem che acquistano i prodotti tedeschi: è il risultato del mercato unico, lo abbiamo costruito apposta. Ed i tedeschi sono quelli che ne hanno beneficiato di più trasformando il superapprezzabile marco nel tasso di cambio fisso dell'euro. Non è facendo ora diventare la Grecia una improbabile esportatrice di Mercedes che si risolveranno i problemi dell'euro e della sua governance. Il terzo punto è che la Commissione Ue dovrebbe aggiornare i suoi indicatori di competitività. Non bastano più le tabelline scolastiche della Macroeconomic imbalance procedure sulle quote di mercato (dati sui quali l'Italia viene regolarmente "bacchettata" ingiustamente). Né può essere sufficiente, per impostare un'oculata strategia di politica industriale europea, il continuo riferimento ad indici di competitività essenzialmente qualitativi e basati su interviste, come quelli del World Economic Forum (Wef) o dell'Imd di Losanna, che rischiano di fornire immagini fuorvianti della competitività del nostro continente e delle sue nazioni. Soprattutto perché sono indici che si riferiscono principalmente ai fattori di efficienza dei sistemi-Paese, che in un'economia come l'Italia sono indubbiamente carenti (da qui l'importanza delle riforme), ma che sono quasi sempre ribaltati nei fatti dalla competitività delle imprese che operano in concreto sui mercati. SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/11/2014 45 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Politica economica. Secondo l'indice di competitività dell'International Trade Centre solo la Germania ha fatto meglio negli scambi internazionali 14/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 10 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/11/2014 46 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Indici di competitività reale Come la Fondazione Edison illustrerà nell'imminente summit dell'Aspen Institute Italia di Torino su "Manifatturiero e società nel XXI secolo", esistono indicatori di competitività dei sistemi industriali molto più sofisticati, autorevoli e aderenti alla realtà che l'Ue dovrebbe utilizzare. Innanzitutto, c'è il Competitive industrial performance index dell'Unido che, rispetto al Wef, posiziona nella classifica mondiale la Germania prima e non quinta, l'Italia nona e non quarantanovesima (!), la Francia undicesima e non ventitreesima. Ma, soprattutto, esiste un'agenzia dell'Unctad e dell'Organizzazione mondiale del commercio, l'International Trade Centre, che elabora da alcuni anni un dettagliato quadro di indicatori di competitività di 189 Paesi nel commercio mondiale in 14 settori: è il Trade performance index (Tpi), di cui anticipiamo qui i risultati appena messi in rete riguardanti il 2013. Si tratta di dati che ribaltano qualunque idea fuorviante ed autoflagellatoria di un'Europa e di un Italia poco competitive sui mercati internazionali. Infatti, nel "medagliere" di primi, secondi e terzi posti per competitività internazionale nei 14 settori analizzati, il Tpi assegna ben 30 medaglie sulle 42 disponibili a differenti Paesi dell'Ue-28. Magro è invece il bottino degli altri maggiori competitor, con soltanto 3 medaglie alla Cina, una alla Corea del Sud e nessuna a Stati Uniti e Giappone. Mentre Russia e Algeria primeggiano isolatamente nei minerali e la Malaysia nell'elettronica di consumo. In particolare, la Germania si è confermata nel 2013 prima per competitività nel commercio internazionale in otto settori e seconda in un altro. Ma l'Italia viene subito dopo i tedeschi con tre primi posti in altrettanti settori (tessile, cuoio-calzature, abbigliamento) e cinque secondi posti (manufatti di base tra cui metalli e ceramiche, meccanica non elettronica, apparecchi elettrici, mezzi di trasporto e manufatti diversi tra cui articoli in plastica e occhiali). In più, il nostro Paese presenta anche un significativo settimo posto (negli alimentari trasformati). Nessun'altra nazione al mondo dopo la Germania può vantare una serie di posizionamenti di eccellenza analoghi a quelli dell'Italia nelle graduatorie di competitività dell'International Trade Centre. I nove settori di eccellenza in cui il made in Italy si colloca ai vertici mondiali nel 2013 hanno esportato beni per 376 miliardi di dollari con un surplus verso l'estero gigantesco, pari a 152 miliardi di dollari. L'Ue-28 presenta poi altri piazzamenti rilevanti di sue altre nazioni nelle graduatorie del Tpi. A parte i buoni posizionamenti dell'Olanda, che mascherano per lo più attività di re-export di beni semplicemente transitati nei suoi porti, spiccano il primo posto della Spagna negli alimentari freschi, il secondo della Finlandia nel legno e carta, il terzo della Francia negli alimentari trasformati, i terzi posti della Svezia nella meccanica non elettronica e nel legno e carta. In definitiva, tutto si può dire da queste classifiche tranne che l'Ue e l'Italia non siano competitive sui mercati mondiali. Forse più che della competitività delle imprese a Bruxelles e a Berlino farebbero meglio ad occuparsi della "perdita di competitività" dei consumatori e dei risparmiatori europei, che le politiche di austerità e le continue incertezze sulla governance dell'euro (su cui pesano i diktat della Bundesbank) hanno fatto scendere ai minimi storici. Esportare un po' di più ed attrarre più investitori esteri non può che fare del bene a tutti, nel Nord come nel Sud Europa e in Italia: quindi sono indispensabili le riforme su burocrazia, mercato del lavoro, giustizia civile, concorrenza nei servizi. Ma la vita degli europei e degli italiani cambierà davvero solo quando ripartiranno investimenti e consumi interni. Il film dell'economia reale che scorre sugli schermi è questo, non quello della Macroeconomic imbalance procedure e del Fiscal compact. © RIPRODUZIONE RISERVATA LE AREE/NAZIONI PIÙ COMPETITIVE NEL COMMERCIO INTERNAZIONALE Trade Performance Index Unctad/Wto 2013. Numero di migliori piazzamenti TOTALE TOTALE UE-28 GERMANIA ITALIA CINA COREA DEL SUD GIAPPONE STATI UNITI 30 9 8 3 1 0 12 8 3 11 1 5 2 7 1 1 0 I PAESI PIÙ COMPETITIVI IN 13 DIFFERENTI SETTORI DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE Trade Performance Index Unctad/Wto 2013 Russia Algeria Malaysia Energia e minerali non energetici Spagna Olanda Danimarca Alimentari freschi Germania Olanda Francia Alimentari trasformati Germania Finlandia Svezia Legno e carta ITALIA Germania Cina Tessile ITALIA Cina VIetnam Pelli e calzature ITALIA Cina Turchia Abbigliamento Germania ITALIA Taiwan Manufatti di base Germania ITALIA 14/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 10 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/11/2014 47 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Svezia Meccanica non elettronica Germania ITALIA Olanda Apparecchi elettrici ed elettronici Germania ITALIA Corea del Sud Mezzi di trasporto Malaysia Olanda Singapore IT ed elettronica di consumo Germania ITALIA Olanda Altri manufatti diversi Primi posti Secondi posti Terzi posti I SETTORI PIÙ COMPETITIVI DELL'ITALIA Posizione dell'Italia nelle classifiche mondiali secondo il Trade Performance Index Unctad/Wto; Export e bilacia commerciale (in miliardi di dollari) Settore /Posizione Export Bilancia comm. Abbigliamento 1 23,7 8,0 Prodotti in pelle e cuoio 1 24,2 12,3 Tessili 1 13,5 4,9 Meccanica non elettrica 2 104,2 70,2 Mezzi di trasporto 2 44,5 8,2 Manufatti di base 2 62,0 18,6 Altri manufatti base 2 49,1 21,3 Apparecchi elettrici ed elettronici 2 23,2 2,7 Alimenti trasformati e bevande 7 32,0 5,5 Foto: - Fonte: elaborazioni Fondazione Edison su dati International Trade Centre e UNCTAD/WTO 14/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 30 (diffusione:334076, tiratura:405061) Il capitalismo familiare ha un volto giovane Bernardo Bertoldi In Italia ci capita di essere affetti da un particolare provincialismo: siamo così smaniosi nel voler applicare le mode degli altri paesi che ogni tanto riusciamo a reimportare ciò che noi stessi abbiamo inventato, esportato e insegnato. Esempi: le banche, il cinema e gli acceleratori di start up (oggi si chiamano così, sono i nostri distretti industriali nella loro infanzia). Ci critichiamo l'ombelico, mentre il mondo ci guarda con ammirazione, solo non capisce perché abbiamo sempre la testa bassa. La scorsa settimana The Economist, sobrio, ultraliberale e noto per il suo sottile piacere a fustigare l'Italia, ha scritto nei leaders un elogio alle imprese familiari: «Ci sono importanti lezioni da imparare dalla sorprendente forza delle imprese familiari». Certo non manca una stoccata a Luxottica, ma nella sostanza viene riconosciuto che il capitalismo familiare, su cui si basa il nostro sistema industriale, ha parecchio da insegnare a un mondo «finanziarizzato». Il fatto che le grandi economie emergenti, Cina, Asia, Sud America, siano permeate dello stesso tipo di capitalismo ne ha aiutato il prepotente ritorno nelle discussioni. Forse in quei paesi c'è meno interesse per il proprio ombelico. In Italia il 60% delle imprese quotate e il 50% di quelle con più di 50 milioni di fatturato sono possedute da famiglie imprenditoriali; questo è il nostro capitalismo. Nei primi mesi di governo, Matteo Renzi non ha mancato di criticare una parte del nostro capitalismo erigendosi a rottamatore del capitalismo di relazione. È possibile che un pezzo marcio di capitalismo abbia fossilizzato alcuni settori, ma è il mutato contesto macroeconomico che lo spazzerà via: dall'euro alla vigilanza bancaria europea. Intanto gli imprenditori che hanno portato i loro prodotti all'estero quando le svalutazioni della lira li aiutavano, continuano a farlo in un «mondo piatto» dove i vantaggi li hanno altri. Il capitalismo familiare ha già i suoi rottamatori: sono le nuove generazioni che si fanno spazio in azienda, che adattano prodotti e organizzazioni al mutato contesto, che lottano per rompere con il passato e andare in giro per il mondo a confrontarsi con i concorrenti. Sono processi lenti e silenziosi, ma fanno crescere gli alberi che formano la foresta del nostro sistema industriale: certo fanno più rumore quei pochi alberi che cadono, ma sarebbe sbagliato concentrarsi su ciò che fa più rumore. Il nostro Pil è formato da migliaia di imprese familiari e le nuove generazioni che lottano per svilupparle sono la miglior garanzia del benessere futuro. La sfida della continuità in queste imprese è la chiave per il futuro. La crescita nelle aziende di famiglia avviene attraverso l'evoluzione dell'esistente, i prodotti che hanno avuto successo sono adattati ai mutati gusti del consumatore e ai cambiamenti dell'arena competitiva. La Nutella è nata dalla Supercrema con cui il papà di Michele Ferrero aveva costruito il successo dell'azienda; ci volle coraggio per «rottamare» la Supercrema. Credo che qualcosa mancherebbe al nostro Paese se il signor Michele, invece di investire i denari della sua famiglia e la sua vita in azienda, avesse chiesto a qualche investitore straniero di farlo. Oggi tanti giovani hanno questo coraggio nelle loro aziende. Come Renzi ha rottamato e avviato il cambiamento da dentro il suo partito così queste nuove generazioni di imprenditori lavorano dentro le loro aziende di famiglia con passione e rispetto per l'esistente ma con la voglia di cambiare, adattare, crescere. In entrambi i casi la forza dei principianti è chiave per il successo; perché i principianti riescono a realizzare cose impossibili, perché non hanno ancora imparato che «sono impossibili». Guardando solo agli alberi che cadono, si può marchiare la colonna vertebrale del nostro sistema industriale come vecchia ed asfittica. La realtà è che quando andiamo all'estero siamo l'Italia e i nostri imprenditori, anche (se non soprattutto) i giovani, sono rispettati dai concorrenti e dai mercati finanziari. Il bello del capitalismo è che, se queste nuove generazioni non saranno all'altezza, non ci sarà bisogno della rottamazione: la Distruzione Creatrice opera da prima che Schumpeter la scoprisse. A noi resta di decidere se vogliamo affrontarla a testa alta o guardandoci l'ombelico. © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/11/2014 48 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IL SISTEMA ITALIA 14/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 31 (diffusione:334076, tiratura:405061) Patto della finanza per la ripresa Missione in Europa per indirizzare le politiche a favore dello sviluppo Rossella Bocciarelli Investimenti, crescita e lavoro: sono la priorità del governo italiano, il cuore della riflessione della nuova commissione europea diretta da Jean-Claude Juncker, l'oggetto delle conversazioni fra capi di Stato e di governo al vertice del G20 di Brisbane. Mai come in questo momento il tema dello sviluppo viene evocato a tutti i livelli istituzionali. Di crescita l'Europa e l'Italia in modo particolare hanno un bisogno drammatico: non è un mistero infatti che l'economia italiana, oppressa dal macigno del debito pubblico, deve cercare di ritrovare al più presto il percorso dello sviluppo. Per questo motivo lo stato maggiore dell'industria finanziaria italiana si è mobilitato per stabilire un dialogo diretto, proprio sui temi del rilancio dell'economia attraverso un accesso migliore al credito e al mercato dei capitali, con gli esponenti del nuovo Parlamento e della nuova Commissione europea. Nei giorni scorsi, infatti, Luigi Abete, presidente della Febaf, l'associazione che riunisce banche e assicurazioni insieme ai suoi colleghi Antonio Patuelli, presidente dell'Abi e Aldo Minucci, alla guida dell'Ania, hanno discusso a Bruxelles un corposo dossier dedicato ai temi finanziari, visti in funzione dell'obiettivo di indirizzare l'intera politica economica continentale verso gli investimenti, attraverso strumenti finanziari efficaci e finalizzati a far affluire le risorse private in direzione degli investimenti di lungo termine. Soprattutto, è stato sottolineato dai rappresentati dell'industria finanziaria, è vitale in questo momento facilitare i finanziamenti verso le piccole e medie imprese, che sono tuttora la colonna portante dell'economia continentale e contribuiscono alla creazione dell'85 per cento dei nuovi posti di lavoro. Abbiamo chiesto loro di spiegare come pensano di promuovere gli interessi nazionali. © RIPRODUZIONE RISERVATA Unione Germania Spagna Grecia Francia Italia Croazia Cipro Slovenia Europea 3,1 2,4 1,3 1,3 1,2 0,6 0,3 -0,4 -0,7 -2,8 Foto: La Commissione Europea ha pubblicato l'outlook di autunno sui Paesi dell'Unione, ritoccando ancora una volta le sue previsioni sul Pil reale. Variazione percentuale annua stimata nel 2014 Foto: - Fonte: Commissione Europea SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/11/2014 49 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Bruxelles, Italia RICETTE PER L'ECONOMIA 14/11/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:556325, tiratura:710716) Il re dei fondi "Punto sull'Italia" FEDERICO FUBINI ANDREW Balls, londinese di 40 anni, si è appena seduto su una delle poltrone più scomode e ambite nei mercati globali: a Pimco ha preso il posto del fondatore Bill Gross come capo degli investimenti. Per lui non sarà una passeggiata, in un fondo che gestisce quasi 2 mila miliardi di dollari in titoli a reddito fisso. A PAGINA 10 ROMA. Andrew Balls, londinese di 40 anni, si è appena seduto su una delle poltrone più scomode e ambite nei mercati globali: a Pimco ha preso il posto del mitico fondatore Bill Gross come chief investment officer, capo degli investimenti. Per lui non sarà una passeggiata, in un fondo che gestisce quasi duemila miliardi di dollari in titoli a reddito fisso. Lo potrà aiutare la passata esperienza come corrispondente del Financial Times dagli Stati Uniti, non però l'attenzione che la stampa britannica gli riserva per una parentela illustre: è fratello di Ed Balls, futuro ministro del Tesoro se il Labour vincerà le elezioni a primavera. Nell'incertezza, almeno per ora, Andrew Balls sta puntando molto sull'Italia. I mercati dei bond nei Paesi più indebitati vanno bene da anni. Non teme un'inversione di tendenza? «Dipende dall'arco di tempo. Per il prossimo anno prevediamo che la stabilità continui e stiamo investendo in bond sovrani italiani e spagnoli. Questi due Paesi negli ultimi anni hanno superato una serie di prove di stress. Prevediamo un buon andamento dei mercati nel 2015. Tuttavia, se tra circa un anno gli investitori vedono che l'Europa non riesce a crescere, inizieranno a mettere in dubbio la sostenibilità del debito». Cosa si aspetta che farà la Banca centrale europea nel 2015? «È improbabile che resti ferma. Prevediamo che lancerà il quantitative easing, l'acquisto massiccio di titoli di Stato, tra sei mesi circa. Mario Draghi, il presidente della Bce, ha già gettato le basi. Alla Bundesbank non piacerà, ma che io sappia non ha un diritto di veto». Eppure, nella Bce Draghi incontra molte resistenze. Davvero può superarle? «L'opposizione al quantitative easing non mi sorprende. Ma dobbiamo renderci conto che la Bce può sempre agire come prestatore di ultima istanza, e lo farà. È una banca centrale che ha già dimostrato di saper essere di sostegno ai mercati. Immagino che l'Italia e la Spagna continueranno ad andare bene, in termini di spread, e mi sento tranquillo a investire dei loro titoli di Stato. Quelli sono mercati liquidi e questo per noi conta molto. Se cambiamo idea, possiamo sempre uscire in fretta. Pensiamo che i tassi spagnoli convergeranno su livelli quasi da nucleo duro d'Europa, tipo Francia o Belgio. Probabilmente lo spread fra Spagna e Italia si allargherà, ma ugualmente troviamo i titoli di Stato italiani attraenti per prendere rischio di credito». In sostanza, lei punta su Italia e Spagna perché si aspetta che la Bce presto compri i loro bond. «Non solo per quello, ma è un motivo in più di aver fiducia». Non teme che la deflazione o un'inflazione bassissima rendano il debito troppo alto per poter essere sopportato? «In deflazione c'è sempre un rischio di eventi catastrofici a bassa probabilità. La Bce dev'essere incredibilmente distratta per permettere, senza far nulla, che l'inflazione sia allo 0,3% come oggi. Il punto è: l'Eurotower prende sul serio il suo obiettivo d'inflazione vicino al 2% nel medio periodo? Capisco che possa essere lenta nei movimenti. I Paesi del Sud devono riconquistare competitività grazie a dinamiche di prezzie costi inferiori al Nord. Ma dato che l'inflazione in Germania è zero, sono costretti alla deflazione. È dura. In Europa manca la domanda e le politiche economiche sono troppo restrittive. In un quadro del genere, l'acquisto di bond privati annunciato per ora dalla Bce non è una cosa seria. È troppo poco». Le banche tedesche non la pensano come lei. La loro esposizione su Italiao Spagna è sotto i minimi toccati all'apice della crisi, nel 2012. «Ci sono vari modi di interpretare il loro conservatorismo. In termini di capitale, probabilmente non sono in condizioni buone come le francesi. Nel complesso, gli stress test della Bce sono stati credibili. Ma quando SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/11/2014 50 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'INTERVISTA 14/11/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:556325, tiratura:710716) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/11/2014 51 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato vediamo che tutte le banche tedesche li hanno superati, si può essere tentati di pensare che lì c'è un patto implicito: un buon trattamento per le banche tedesche da parte della Bce, in cambio di più libertà di agire contro la deflazione. Draghi fa un gran lavoro per tenere tutti a bordo, rappresenta un miglioramento rispetto ai passati presidenti della Bce. Capisce sia i mercati che la diplomazia». Foto: PROVE DI STRESS Roma e Madrid negli ultimi anni hanno superato una serie di prove di stress, abbiamo fiducia in loro A CAPO DI PIMCO Andrew Balls, inglese, dirige gli investimenti di Pimco, il più grande fondo al mondo con oltre 2 mila miliardi 14/11/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 10 (diffusione:556325, tiratura:710716) Via Nazionale preoccupata per la frenata del Pil e dei prezzi Inflazione allo 0,1% in Italia. Germania in deflazione a ottobre ELENA POLIDORI ROMA. Aumentano i rischi per la stabilità finanziaria dell'Eurozona. Colpa della minor crescita e del pericolodeflazione, avverte la Banca d'Italia. E in qualche maniera i suoi timori fanno da sfondo all'analisi di S&P che non esclude una terza recessione - "triple dip", in gergo - dopo quella del 2009 e del 2011. É un pericolo che «non va sottovalutato» e che avrebbe conseguenze «deleterie» anche dal punto di vista socio-politico, se mai si concretizzasse. Eurolandia non riesce a crescere , l'inflazione continua a scendere, con il rischio di avvitarsi, appunto, in una deflazione. Gli ultimi dati parlano per l'Italia di prezzi gelati, cresciuti ad ottobre dello 0,1% sia su base mensile che annuale. La Francia è ferma a quota 0,5%. La Germaniaèa 0,8 ma rispettoa settembre registra un meno 0,3%. Ed è proprio questo segno meno che fa paura. La Bce, nel suo Bollettino, riduce ancora le stime per l'inflazione di quest'anno (0,5% in calo dello 0,7% di tre mesi fa) e taglia quelle sul Pil (0,8 da più 1%). Ribadisce che il consiglio è «unanime» nell'impegno a varare ulteriori misure non convenzionali, se necessarie. Annuncia che uno staff ad hoc è già al lavoro. E come sempre chiede ai governi di «imprimere slancio» alle riforme del mercato del lavoro e alle liberalizzazioni perché «progressi insufficienti» su questo fronte rappresentano «un forte rischio al ribasso per le prospettive economiche". Ed ecco riemergere di nuovo tutti i pericoli che minacciano Eurolandia. La Banca d'Italia avverte appunto che «il protrarsi della fase di stagnazione avrebbe ripercussioni negative sul sistema finanziario e sui conti pubblici. Valori eccessivamente ridotti dell'inflazione rendono più difficoltoso il processo di riassorbimento del debito, pubblico e privato, e implicano un inasprimento delle condizioni monetarie, con effetti negativi su investimenti e consumi». I prestiti alle imprese, aggiunge, saranno in calo per tutto il 2015; dovrebbe invece «interrompersi» la contrazione dei mutui alle famiglie già nel primo trimestre del nuovo anno. S&P fa sapere che questo terzo salto nella recessione, il suo scenario base non lo prevede. Ma, «i rischi sono aumentati». «Come diciamo noi francesi», chiosa l'analista Jean-Michel Six, «il peggio nonè mai sicuro». S6P prevede che «entro l'anno» o al massimo «all'inizio del prossimo» la Bce avvierà il suo nuovo pacchetto di misure non convenzionali. Lo stato di salute di Eurolandia preoccupa anche i Grandi del mondo. In un documento scritto per il prossimo vertice del G20 a Brisbane, in Australia, il Fmi definisce debole e squilibrata la crescita Ue e invita la Bce ad essere «pronta ad agire», anche comprando asset sovrani. LE STIME TANDARD & POOR'S L'agenzia di rating americana vede crescere il rischio di una terza recessione nell'Eurozona, dopo quelle del 2009 e del 2011 BANKITALIA L'Istituto di Via Nazionale sostiene che sono cresciuti i rischi per la stabilità finanziaria dell'Eurozona, e ciò a causa della frenata del Pil e del pericolo deflazione BCE Secondo la Banca centrale europea, l'economia dell'Eurozona si sta indebolendo. La Bce è pronta a usare nuovi strumenti monetari, se necessario Foto: L'INCONTRO Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha ricevuto ieri al Quirinale Frans Timmermans, primo vice presidente della Commissione SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/11/2014 52 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Bankitalia: "Ora è a rischio la stabilità dell'Eurozona" S&P: verso la terza recessione 14/11/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 30.31 (diffusione:556325, tiratura:710716) "Nuova Sky punta sulle serie Tv Italia sarà Hollywood europea Più abbonati in banda larga" Parla l'ad Andrea Zappia: con il riassetto voluto da Murdoch 20 milioni di clienti in cinque Paesi e 5,7 miliardi di investimenti Con Telecom porteremo a 8 milioni di famiglie i canali Pay per la prima volta attraverso la fibra GIOVANNI PONS MILANO. Con l'acquisizione da parte di BSkyb del 90% di Sky Deutschland e del 100% di Sky Italia si è completato ieri il riassetto societario voluto da Rupert Murdoch raggruppando sotto un unico cappello le attività televisive europee, con una potenza di fuoco mai vista prima. La supervisione del nuovo gruppo è stata affidata a Jeremy Darroch ma Andrea Zappia continuerà a guidare le attività in Italia. Dottor Zappia, con questo riassetto cosa cambia nel concreto per voi? «Saremo più forti e con maggiore capacità di investimento. Unire le tre Sky significa creare una media company leader in Europa con 20 milioni di clienti, 14 miliardi di ricavi, 31 mila dipendenti e 5,7 miliardi di investimenti in programmazione. Per noi è un'operazione naturale, condividiamo già il marchio, il business model, i contenuti e la cultura e ora possiamo marciare uniti per rendere sempre migliore e più ricca l'esperienza dei clienti». Per Sky Italia quali opportunità si aprono? «Il gruppo Sky agirà da acceleratore per l'innovazione e la produzione di contenuti. L'Italia può diventare la Hollywood europea grazie al capitale creativo e artistico del paese e noi vogliamo avere un ruolo fondamentale. Il recente successo della serie TV Gomorra, venduta in 100 paesi nel mondo, ha permesso di mobilitare risorsea vantaggio di tutta l'industria, dando lavoro a 3000 persone. Ora abbiamo in cantiere Diabolik, già cofinanziato da BSkyb e Sky Deutschland, che si avvale del premio Oscar Dante Ferretti, e The Young Pope da un'idea del regista premio Oscar Paolo Sorrentino, che sta già agendo da catalizzatore per altri nomi importanti». Voi acquistate grandi quantità di diritti tv, dal calcio, alla Moto Gp alla Formula 1. Esistono sinergie su questo fronte tra le tre Sky europee? «Sarà un processo graduale e dipenderà dalla volontà dei venditori. Posso solo dire che rafforzeremo le partnership con i fornitori principali e che ci muoveremo con grande disciplina economica, e questo non varrà solo per lo sport». Nel 2010 avevate raggiunto 5 milioni di clienti, adesso siete scesi a quota 4,7 milioni. Vi accontentate di difendere questa posizione? «Torneremo a crescere. Il ciclo economico recessivo che certo non aiuta. Ma soprattutto in Italia c'è una forte presenza della Tv "free to air", molto più alta che in altri paesi europei. L'elevato numero di canali gratuiti frena non solo il progresso della PayTv ma anche lo sviluppo di piattaforme alternative legate alla banda larga. Noi abbiamo resistito bene alla crisi concentrandoci sui clienti con più capacità di spesae diversificandoci. Cielo e Sky online così come la partnership con Fastweb stanno ottenendo ottimi risultati». Avete anche siglato un accordo con Telecom per vendere pacchetti congiunti di banda larga e PayTv. Quando comincerete e quanti clienti contate di acquisire? «Con Telecom per la prima volta porteremo tutti i canali e le funzioni Sky non attraverso il satellite, ma via internet. L'offerta partirà in primavera e si rivolgerà alle 8 milioni di famiglie che hanno già la banda larga Telecom ma non ancora Sky. In questi anni abbiamo spinto molto per la diffusione e l'uso della banda larga con SkyOnDemand e SkyGo; l'accordo con Telecom darà un importante contributo a questo sviluppo». Avete intenzione di puntare maggiormente sulla Tv "free" per rosicchiare quote di mercato ai concorrenti? «Siamo una media company con la stragrande maggioranza di ricavi che arriva dalla Pay Tv, quindi non avrebbe nessun senso traslocare sul "free". Detto questo siamo già entrati nel business della Tv gratuita con Cielo, il canale che più è cresciuto nel 2014, e potremmo aumentare la nostra presenza, ma senza mettere in dubbio il cuore del nostro business». C'è spazio per due operatori di Pay Tv nel lungo periodo? «Buona domanda. Il mercato oggi sembrerebbe dire di no, visti i risultati economici. O la penetrazione della Pay Tv raggiungerà i livelli di Franciae Inghilterra SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/11/2014 53 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'INTERVISTA 14/11/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 30.31 (diffusione:556325, tiratura:710716) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/11/2014 54 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato o, alla lunga, si arriveràa un cambiamento di scenario com'è avvenuto in altri paesi. In questi 11 anni abbiamo investito 16 miliardi nel sistema economico italiano. Abbiamo un concorrente forte e capace; ci aspettiamo però che Mediaset continui ad aumentare i prezzi a causa dei maggiori costi per i contenuti. Noi possiamo permetterci di non farlo, i nostri listini sono fermi da più di due anni e l'offerta si è allargata». Temete lo sbarco in Italia di Netflix? «Vi sono già una dozzina di Over the top operanti in Italia, tra cui Sky online, Infinity e TimVision. Quando arriverà Netflix sarà quindi l'ultimo della lista e troverà una concorrenza agguerrita in un mercato sovraffollato di Tv gratuita e in un ciclo economico avverso». Sui diritti del calcio di serie A avete battagliato con Mediaset ma poi vi siete seduti al tavolo a trattare. Come mai? «Ho letto molte bugie e stupidaggini a riguardo. Le nostre offerte erano al 100% compatibili con le regole del bando e sono risultate le più elevate nei due pacchetti principali. Ma ci sono volute tre settimane per concludere che non si capiva chi avesse vinto, tant'è che abbiamo dovuto comunque sederci al tavolo». Chi esce sconfitto da questa vicenda? «La credibilità di un Paese in cui ci sono ancora troppi che faticanoa rispettare le regole e fanno male al processo di cambiamento complessivo in atto. Comunque l'offerta sportiva di Sky dal 2015 sarà superiore a quella degli anni precedenti. Avremo tutte le 380 partite di serie A, con 132 match in esclusiva di 12 squadre. Non avremo la Champions ma avremo tutta l'Europa League in esclusiva dove i team italiani sono più numerosi e più competitivi. Avremo la Premier League, la Bundesliga, la MotoGP, la F1, il basket, il golf, il tennis: un'offerta di sport imbattibile». Tratterete con Mediaset anche la spartizione dei diritti della Champions dal 2016? «Non credo che Mediaset voglia farlo. Detto questo, nonostante sia una grande property, non si può aver sempre tutto e noi complessivamente avremo tanto». A volte i concorrenti vi accusano di essere monopolisti della Pay Tv via satellite in Italia. Cosa rispondete? «Che la Pay Tv via satellite non è un mercato.E nemmeno la Pay Tv lo è più. Si tratta di segmenti di un unico mercato molto più ampio che comprende le altre modalità di distribuzione come il digitale terrestre e la rete. Tutti lo sanno, ma alcuni fanno ancora finta di niente». Foto: ANDREA ZAPPIA, AD SKY ITALIA IL MANAGER Foto: LA SFIDA DEL FUTURO Foto: "Nel lungo periodo se la Pay Tv non si diffonderà come in Francia e Germania, non ci sarà spazio per due operatori Foto: L'ASTA DEI DIRITTI Foto: Le nostre offerte per i diritti della serie A erano le più elevate ma abbiamo dovuto comunque sederci al tavolo a trattare 14/11/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 33 (diffusione:556325, tiratura:710716) La controllata dell'Eni avvia l'iter per sciogliere gli intrecci con la casa madre su 5 miliardi di debiti Qualche mese per il nuovo azionariato, il Tesoro pensa a un nocciolo con Cassa depositi, fondi sovrani e industriali Credit Suisse e Lazard sul dossier. Descalzi non ha fretta, ma pesa la scarsità di capitale ANDREA GRECO LUCA PAGNI MILANO. Il tempo non è amico di Saipem. La Borsa punisce senza pietà l'incertezza strategica e l'azione ieri ha perso il 4,32% a 12,3 euro (-35% in sei mesi), limando la capitalizzazione a 5,44 miliardi. Sempre più vicina ai 5,13 miliardi di debiti netti della trimestrale, con un rapporto di leva 1 a 1 non sostenibile a lungo. Serve nuovo capitale per far fronte agli alti rischi e investimenti tipici delle costruzioni petrolifere. Ma il management guidato da Umberto Vergine e l'azionista Eni, che ha il 43% e da fine luglio è ufficialmente venditore, non se la sentono di fare il blitz, magari con un aumento riservato, o comunque non seguito da Eni per diluirla sopra la soglia Opa (30%). Sembra che l'ad tema il veto dei consiglieri di minoranza, espressione del mercato: anche se guardando il grafico è difficile pensare che il mercato gradisca lo status quo. Dal canto suo, il capo dell'Eni Claudio Descalzi il 5 novembre in Parlamento ha detto: «Non abbiamo fretta di vendere Saipem, perché ora il mercato è un po' calante». È un fatto di soldi: oggi il pacchetto dell'Eni vale 2,33 miliardi, due anni e due allarmi utili fa, con l'azionea 39 euro, vendere fruttava almeno 7 miliardi. La ristrutturazione di capitale, debito e azionariato Saipem si farà quindi l'anno prossimo. Solo che gli auspici non sono buoni: come ha detto il management presentando i conti dei nove mesi (chiusi in utile ma riducendo le stime per l'esercizio) «le condizioni avverse di mercato potrebbero continuare nel 2015». Sbrigliare la matassa potrebbe diventare una grana, anche per il Tesoro che tramite Cassa depositi controlla l'Eni. L'ufficializzazione del mandato a Lazard fa capire che dietro le quinte ci si prepara. «Eni non ha dato alcun mandato a Lazard di studiare il debito Saipem: l'ha dato Saipem», così ieri Massimo Mondazzi, cfo di Eni, a margine di un incontro di S&P sulle utilities. La capogruppo aveva già nominato Credit Suisse, per separarsi da Saipem. Ora la banca d'affari francese dovrebbe imbastire il rifinanziamento del debito Saipem, quasi integralmente "girato" da Eni che ha un rating migliore (anche dell'Italia). Rendersi autonoma nei crediti costerà fino a 50 milioni di maggiori oneria Saipem, ma è un passo necessario per poi trovare nuovi soci. Lazard pensa, come già in simili occasioni (Snam, per stare in casa Eni)a un pool nutrito, con una decina di banche tra cui probabilmente Unicredit, Intesa Sanpaolo, Mediobanca, Bnp Paribas, Goldman Sachs. Ma quello del debito è un passaggio più tecnico: la mossa delicata è sul capitale, poiché getta le basi del futuro comando entro una società con connotati strategici e che al Tesoro molti vorrebbero mantenere italiana. Per questo tra Roma e San Donato si prepara una soluzione "domestica", che vedrebbe scendere in campo il Fondo strategico della Cdp. Ma la Cassa non può fare un sol boccone di Saipem, perché a differenza di quanto accaduto con Snam e Terna la sua attività non è regolata ed è anzi rischiosa (vedi le tangenti in Algeria, o il futuro di South Stream) quindi senza remunerazione certa. Per questo il Fondo cerca compagnia: o un partner industriale o qualche fondo sovrano di paesi produttori di idrocarburi. Tipo i fondi del Qatare del Kuwait, già partner di investimenti dell'ad Maurizio Tamagnini. Volgendo gli occhi all'esterno, comunque, i compratori di Saipem non mancano: benché ammaccata, la società resta leader mondiale nella posa dei tubi sottomarini e in altre costruzioni ad alta tecnologia. Il colosso russo Rosneft si è smaccatamente candidato, ma difficilmente con le sanzioni di Usa e Ue contro Mosca in piedi si potrà intavolare un negoziato. Anche la norvegese Subsea7 e operatori cinesi sono alla finestra. PER SAPERNE DI PIÙ www.eni.it www.unipolsai.it Foto: IL FATTORE TEMPO Al gruppo di lavori petroliferi, che in due anni ha ridotto di oltre due terzi la capitalizzazione, serve capitale Ma prima vanno sciolti i legami con l'Eni, socia al 43% e titolare del debito SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/11/2014 55 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Saipem in vendita tra Fsi e soci stranieri 14/11/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 45 (diffusione:556325, tiratura:710716) Amazon-Hachette la guerra dei libri adesso è finita Il colosso online e il più "ribelle" dei grandi editori siglano l'intesa Incentivi per il prezzo degli ebook STEFANIA PARMEGGIANI AMAZON e Hachette hanno deposto le armi, mettendo fine a uno dei più lunghi e aspri conflitti nella storia dell'editoria. Basta con la censura di autori commercialmente scomodi perché pubblicati da un editore ribelle, basta con le lettere di denuncia e con gli appelli sui giornali: dopo sette mesi, il gigante dell'e-commerce e il gruppo editoriale hanno firmato un contratto pluriennale per la vendita di libri ed ebook. La paceè stata sancita ieri mattina con un comunicato stampa a doppia firma che, senza svelare i dettagli, ha ufficializzato "l'accordo di Natale". Michael Pietsch, amministratore delegato di Hachette, ha commentato: «Questa è una grande notizia per gli scrittori. Il nuovo accordo darà benefici agli autori del gruppo negli anni a venire». David Naggar di Amazon ha aggiunto: «Siamo soddisfatti del fatto che il nuovo accordo includa specifici incentivi finanziari per Hachette per spingere al ribassoi prezzi, cosa che riteniamo una vittoria per i lettori e per gli scrittori». Il contratto entrerà in vigore all'inizio del prossimo anno, ma qualcosa è già cambiato. Quello che era stato un vero e proprio boicottaggio del distributore Amazon nei confronti di autori ed editori sembra essere finito. Da ieri è di nuovo possibile fare un pre-ordine, assicurandosi ad esempio una copia dell'autobiografia della superstar mondiale del cricket Kevin Pietersen o la nuova edizione di Cathy del fotografo John Carder Bush. Anche le consegne dovrebbero tornare alla normalità sebbene ieri, qualche ora dopo l'annuncio, continuavano a essere indicati ritardi su The Universal Tone di Carlos Santana, Nine stories di JD Salinger e altre opere. Tutti i libri riappariranno nella lista dei consigli in tempo utile per diventare un regalo di Natale: le vendite nel periodo migliore dell'anno sono assicurate. Una boccata di ossigeno per un settore in crisi, che arriva dopo giorni durissimi. La guerra era cominciata a maggio, in sordina, al chiuso delle stanze in cui i dirigenti delle due società stavano rinegoziando i rapporti. Il punto più delicato della trattativa era quanto dovesse costare un ebook: 9,99 dollari al massimo secondo Amazon. Durante l'estate la situazione è precipitata, il dialogo si è interrotto, l'azienda di Seattle ha reso difficile se non impossibile l'acquisto sul suo sito di molti dei titoli di Hachette. Ad agosto quasi mille scrittori americani hanno pubblicato una lettera aperta sul New York Times invitando i lettori a tempestare Jeff Bezos di email di protesta perché la finisse di prendere in ostaggio i libri. Immediata la reazione delle star del self-publishing: hanno fatto notare come Hachette sia stato uno dei cinque editori citati in giudizio nel 2012 dal Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti con l'accusa di avere fatto cartello sul prezzo degli e-book. Da quel momento i toni si sono fatti più accesi e Hachette ha trovato una sponda non solo in molti scrittori americani, ma anche in tanti intellettuali europei. Un secondo fronte si è infatti aperto in Europa quando i libri pubblicati dalla svedese Bonnier Group hanno cominciato a essere boicottati con tecniche molto simili a quelle già sperimentate in America. In prima linea il premio Nobel Elfriede Jelinek e romanzieri molto popolari nel Nord come gli autori di crime story Ingrid Noll e Nele Neuhaus. La eco degli scontri è poi arrivata in Italia: sebbene nel nostro Paese il mercato degli ebook sia ancora marginale, molti editori sono preoccupati della politica aggressiva di Bezos. E se alcuni scelgono di stringere accordi - in questi giorni parte la collaborazione tra Giunti e Amazon - la maggior parte, da Mondadori a Feltrinelli, dal gruppo Gems a Einaudi, si accontenta di un patto di non belligeranza. Dallo scontro aperto tutti hanno da perdere. Lo si è capito seguendo la disputa americana: gli autori boicottati hanno visto crollare le vendite, gli incassi di Hachette sono calati sensibilmente e nel frattempo l'immagine di Amazon siè molto appannata. Dato che ci stavano perdendo tutti, era evidente che fosse arrivato il momento di deporre le armi. Da settimane era nell'aria un accordo commerciale simile a quello firmato in ottobre da Amazon con Simon & Schuster. Ed effettivamente la lettera che Pietsch ha inviato ai suoi scrittori e che SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/11/2014 56 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato R2 14/11/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 45 (diffusione:556325, tiratura:710716) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/11/2014 57 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato subito è rimbalzata su Twitter contiene rassicurazioni simili a quelle a suo tempo firmate dall'amministratore delegato di Simon & Schuster: gli ebook in teoria potranno costare anche più di 9,99 dollari e Hachette potrà continuare a deciderne il prezzo accettandoo rifiutando di volta in volta gli incentivi economici di Amazon. «Grazie al cielo»- ha commentato Douglas Preston, l'autore che ha guidato la rivolta degli scrittori e che per questo è stato duramente boicottato - «Speriamo che se in futuro sorgeranno altri disaccordi con gli editori, Amazon non faccia più leva sui librie sugli autori». Sollevati anche gli altri editori americani che devono rinegoziare i propri accordi: è probabile che firmata la tregua con Hachette, anche la trattativa di HarperCollins, Macmillan e Penguin Random House possa proseguire e concludersi senza colpi bassi. La guerra del libro, al momento, è finita. 14/11/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:309253, tiratura:418328) "Jobs Act, pronti alla fiducia" Colloquio con Renzi: modifiche solo per ridurre le forme di lavoro precario Ad Alfano dico che il prossimo vertice si farà a fine estate o nell'autunno 2017 Con la nuova legge elettorale smetteremo di pedalare in salita col rapporto sbagliato FEDERICO GEREMICCA Presidente, c'è troppo rumore, si sente poco, dell'ultima frase ho capito soltanto «botta in testa»... Quattro del pomeriggio, prima l'auto, poi la confusione, infine l'aereo: Matteo Renzi sta partendo per Bucarest. «Sì, ha capito bene - dice -. Botta in testa. È quella che qualcuno voleva - anzi, vorrebbe - che io dessi a Berlusconi, a proposito di legge elettorale e magari non solo. Ma onestamente non ne vedo la ragione, perché ormai l'accordo c'è». CONTINUA A PAGINA 3 Il Presidente del Consiglio lascia l'Italia (tappa a Bucarest, poi balzo verso l'Australia) ma ha voglia di mettere un po' di puntini sulle i a proposito di alcune questioni di strettissima attualità. Elenchiamole: legge elettorale, prima di tutto; poi Jobs Act, naturalmente; e infine - ma molto, molto malvolentieri - l'ipotesi di elezioni anticipate e la questione delle questioni ad essa assai legata: la permanenza di Giorgio Napolitano lassù al Quirinale. Nel corso di questi mesi, a dispetto dell'abisso generazionale e perfino di formazione, tra i due presidenti si è creata una corrente di simpatia e di stima che Renzi - oggi - non fa nulla per nascondere. «Mi lasci dire una frase di rito - comincia - che per me, però, è assolutamente vera: nessuno può permettersi di tirare per la giacca Giorgio Napolitano. E dunque - spiega spero che non sia inteso così quello che per me resta un grande sogno: e cioè che possa esser lui ad inaugurare il prossimo Expo. Abbiamo fatto di tutto, come governo, per salvarlo e, con la nomina di Cantone, arrestare i fenomeni di corruzione. È un appuntamento importantissimo per l'Italia e Napolitano sarebbe, se mi si passa il termine, il migliore dei testimonial possibili per il nostro Paese di fronte al mondo». L'Expo, però, prende il via il 1° maggio: forse un po' troppo in là rispetto ai tempi di abbandono che molti attribuiscono al Capo dello Stato. «Io continuo a sperare che il Presidente resti ancora a lungo lì dov'è - dice -. Ma questa è, appunto, una speranza: per il resto, come ha già ribadito, sarà Napolitano a decidere il come e il quando, in assoluta e legittima libertà. Nessuno può aver dubbi che qualunque decisione sarà improntata, come sempre da parte del Presidente, al rispetto delle istituzioni e delle attese del Paese». L'altro giorno Renzi ha chiamato Romano Prodi: era un po' che non si sentivano, telefonata cordiale giusto a chiarire qualcosa (ammesso c h e ci fosse qual cosa da chiarire) intorno alla già avviata gran baruffa sul Quirinale. La questione, per altro, è ineludibilmente legata alle voci che vorrebbero il presidente del Consiglio tentato da elezioni anticipate in primavera. Renzi smentisce, a modo suo, chiacchiere e dicerie. Non smentisce, invece, una mai nascosta e anzi crescente insofferenza verso certi riti e certi andazzi: la minoranza Pd sempre di traverso, gli uomini di Alfano a chiedere altri vertici di maggioranza, i numeri al Senato che sono quel che sono, esposti a dissensi, ripensamenti e trasmigrazioni... Il premier prende queste questioni di petto e rispolvera la nettezza che ne ha fatto, agli occhi di milioni di cittadini, un politico «diverso». Tanto per cominciare, la minoranza Pd minaccia di non votare il Jobs Act e dintorni. Renzi la mette così: «Orfini e Speranza mi hanno chiesto di dare un segnale distensivo, di disponibilità, e io l'ho dato: in commissione si lavorerà sul cosiddetto disboscamento, cioè sulla riduzione delle troppe forme di lavoro a tempo e precario. A me preme che la legge sia in vigore dal 1° gennaio: motivo per il quale - è bene saperlo - se si giocasse ad allungare i tempi, metteremo la fiducia sul testo che uscirà dalla commissione...». L'ipotesi che la minoranza possa non votare o addirittura votare contro non sembra preoccuparlo: «Sono sempre gli stessi, una decina, molto divisi, anzi ulteriormente divisi al loro interno... Io vorrei tenere tutti dentro, naturalmente, e se per questo serve non votare in Direzione perchè altrimenti vanno sotto o fare piccole modifiche al Jobs Act, volentieri. Il punto centrale è che la sinistra italiana diventa democratica all'americana, e questo per me ha un valore storico». E dopo la minoranza Pd, eccolo rispondere agli uomini del Nuovo Centrodestra, che chiedono - appunto sul Jobs Act un nuovo vertice di maggioranza (dizione che a Renzi, lo ha detto più volte, fa addirittura venire l'orticaria). «Agli esponenti del SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/11/2014 58 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Sui licenziamenti trovato l'accordo con la minoranza Pd. Protesta l'Ncd: serve un nuovo vertice. Boschi: no, discutiamone in Parlamento 14/11/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:309253, tiratura:418328) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/11/2014 59 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Nuovo Centrodestra dico che il prossimo vertice di maggioranza si farà nella tarda estate o nell'autunno del 2017... Per loro, del resto, questo non può rappresentare una sorpresa. L'altra sera, quando sono venuti in venti a Palazzo Chigi, gliel'ho detto: ragazzi, non ci prendete gusto, questo è il primo vertice che facciamo in otto mesi, ed è anche il penultimo...». Non nasconde, naturalmente, che i nodi che vengono al pettine (li ha definiti così l'altra sera di fronte alla Direzione Pd) stanno creando una situazione che Giorgio Squinzi ha definito «di quelle tipiche che portano a votare». È così? «È in gioco un'idea di fondo alla quale io credo molto: e cioè che si vota ogni cinque anni. Detto questo - aggiunge - è faticoso: e certe volte la fatica diventa doppia. È come andare in salita in bicicletta con un rapporto sbagliato, poco agile, duro, dispendioso. Ed è proprio per questo che dobbiamo varare la nuova legge elettorale. Se eleggeremo così il nuovo Parlamento, io o chiunque altro ci sarà, potrà governare con più libertà e responsabilità. Non so se tutti lo hanno inteso, ma siamo alla vigilia di una svolta che cambierà il nostro sistema politico-istituzionale, facendone uno tra i più avanzati in Europa». È il prodotto del cosiddetto patto del Nazareno, pure contestato da più parti. E si torna, così, alla «botta in testa» a Berlusconi con la quale, tra un'auto e un aereo, era iniziata questa lunga conversazione. «Sul premio che passa dalla coalizione alla lista e sulla soglia d'ingresso al 3% c'è già l'accordo della maggioranza di governo - dice -. Berlusconi resiste su entrambe le questioni e deciderà cosa fare, ma la riforma noi possiamo approvarla lo stesso. È possibile che alla fine Forza Italia decida di votare no all'emendamento che trasferisce il premio dalla coalizione al partito e che si astenga sulla legge, ma sono dettagli. La svolta è a un passo, e vedrete: cambierà il Paese». L'auto si ferma, si passa all'aereo. Matteo Renzi, ottimista e carico, decolla verso Bucarest, poi Australia, Turkmenistan e martedì di nuovo al lavoro in Italia: un vero tour de force. L'ultimo sms è tutto un programma, rassicurante per chi crede in lui, preoccupante - diremmo - per gli altri: «Io non mi faccio fermare dal pantano». Costi quel che costi non c'è scritto. Magari era solo superfluo... Agli esponenti del Ncd dico che il prossimo vertice di maggioranza si farà nell'autunno del 2017: e sarà l'ultimo Se il Parlamento sarà eletto con la nuova legge elettorale, io o chiunque altro ci sarà potrà governare con più libertà e responsabilità Non mi faccio fermare dal pantano Se qualcuno giocasse ad allungare i tempi sul Jobs Act metteremo la fiducia sul testo della commissione Continuo a sperare che il Presidente resti ancora a lungo lì dov'è Il mio sogno è che possa essere Napolitano a inaugurare l'Expo Matteo Renzi Presidente del Consiglio 14/11/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 5 (diffusione:309253, tiratura:418328) Bankitalia lancia l'allarme Credito giù anche nel 2015 La Bce rivede le aspettative d'inflazione e abbassa le stime di crescita Standard&Poor's teme una terza fase di recessione per l'Eurozona STEFANO LEPRI ROMA I soldi le banche li avrebbero, ma trovano poche buone occasioni per prestarli. Così, prevede il secondo numero del Rapporto sulla stabilità finanziaria, che la Banca d'Italia ha preso a pubblicare ogni sei mesi, i prestiti alle imprese non finanziarie continueranno a diminuire anche nel 2015, «seppur con una intensità progressivamente decrescente». Si spera invece in una ripresa degli acquisti di case: già dal primo trimestre del prossimo anno potrebbe ricominciare a crescere il volume dei mutui concessi alle famiglie. Non c'è nessuna fuga di capitali dall'Italia, al contrario di alcune voci allarmistiche delle settimane scorse; «le condizioni di liquidità delle banche italiane si sono ulteriormente rafforzate», è l'economia a non tirare. Il tempo è poco per trovare rimedi: «Nell'area dell'euro aumentano i rischi per la stabilità finanziaria derivanti dalla perdita di vigore della crescita e dai persistenti bassi livelli di inflazione». Potrebbe danneggiarci ancor più una accresciuta instabilit à d e i m e rc at i f i n a n z i a r i mondiali, se ne è avuta qualche avvisaglia in ottobre. Rassicura un poco che in Italia sia le famiglie sia le imprese siano meno indebitate rispetto agli altri Paesi. Il nostro settore assicurativo (al contrario di quello tedesco) è ben attrezzato per resistere a un prolungato basso livello dei tassi di interesse. Altrove il denaro a basso prezzo sta gonfiando pericolosamente i prezzi delle case; da noi no. Il danno grave per il nostro Paese può venire da un prolungarsi di questa fase di inflazione troppo bassa. Poiché i tassi di interesse non possono scendere sotto zero, aspettative che i prezzi scendano scoraggiano consumi e investimenti, rendono più oneroso ripagare i debiti. Qui la Banca d'Italia non perde l'occasione di distinguersi dalla Bundesbank. Nell'ortodossia tedesca, non c'è bisogno di contrastare la deflazione finché non la si vede nei numeri. Il Rapporto sulla stabilità finanziaria afferma invece che «la formazione delle aspettative (di inflazione, ndr) è un processo non lineare: mutamenti anche forti possono materializzarsi, in modo discontinuo e in tempi brevi, se non contrastati dall'azione della politica monetaria». Occorre fare presto. Per l'appunto il Bollettino mensile della Bce, reso noto ieri a Francoforte, contiene i risultati della periodica indagine tra i centri di previsione privati: le aspettative di inflazione sono ancora scese. La media per l'intera area euro è ora 0,5% di aumento dei prezzi nel 2014 (contro 0,7% precedente), 1% per il 2015 (da 1,2%) e 1,8% (da 1,9%) per il 2016. Poiché il principio -guida della Bce è mantenere l'inflazione annua «sotto il 2%, ma vicina al 2%», si rafforzano i motivi per prendere nuove misure. Tanto più che anche le prospettive di crescita dell'area euro, secondo la stessa indagine, si abbassano: +0,8% quest'anno invece di +1%, +1,2% il prossimo invece di +1,5%, +1,5% nel 2016 al posto di +1,7%. La Bce renderà ufficiali le previsioni proprie alla prossima riunione del consiglio direttivo, il 4 dicembre. Secondo Standard & Poor's, che teme una terza recessione nell'area euro, il momento del tanto atteso «quantitative easing» (acquisto massiccio di titoli sull'esempio americano, britannico e giapponese) verrà all'inizio dell'anno nuovo. +0,5% Inflazione '14 Secondo la nuova stima dell'Eurotower Quella precedente era +0,7% +1% Inflazione '15 Anche la stima per l'anno prossimo è tagliata rispetto alla precedente (+1,2%) +0,8% Pil '14 La crescita stimata dalla Bce per l'Eurozona nel 2014 La stima precedente era +1% +1,2% Pil '15 Foto: Poche richieste Le banche segnalano anche una frenata delle richieste di credito da parte delle imprese SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/11/2014 60 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato LA CRISI LA SFIDA DEL RILANCIO 14/11/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 19 (diffusione:309253, tiratura:418328) Banche, la Borsa scommette sul risiko Volano Carige e Bpm sulle indiscrezioni di un'aggregazione. Montepaschi, partner in primavera SANDRA RICCIO MILANO Il mercato torna a scommettere su possibili aggregazioni e fusioni tra le banche italiane e i titoli si infiammano in Borsa. Ieri tutto il comparto ha vissuto una seduta positiva che ha fatto dimenticare il brutto calo del giorno prima con Piazza Affari che poi ha chiuso in rialzo dello 0,43%. Ad accendersi sono state Banca Popolare di Milano e Carige con le quotazioni che a fine seduta hanno guadagnato quasi il 4%. A tenere banco è stata l'ipotesi di un matrimonio sull'asse Milano-Genova. Le due banche, interpellate in merito, hanno preso le distanze da questo scenario. Sui mercati erano circolate indiscrezioni secondo cui Banca Popolare di Milano potrebbe acquistare una quota di Carige attraverso la sottoscrizione di un aumento di capitale riservato nella seconda metà del 2015. Si tratterebbe di un'operazione successiva all'aumento di capitale già previsto da Carige (500 milioni di euro). L'attenzione si è accesa su questa ipotesi di operazione per una serie di elementi che convergono a favore di un passo verso il matrimonio. Più che altro, in un panorama difficile per il settore, le probabilità che questa partita vada in porta sembrano più concrete. Dalle sale operative spiegano che l'operazione non sarà di dimensioni sproporzionate, l'aumento di capitale è pregarantito e poi Carige sta portando avanti dei piani di ristrutturazione importanti che assegnano più fiducia all'istituto. A muoversi verso un grande processo di consolidamento potrebbero essere però anche le popolari e in particolare quelle medio-piccole. Visto il forte calo dei margini di profitto molti di questi istituti presto o tardi saranno spinti, soprattutto dalle pressioni di Banca d'Italia e della Bce, a fondersi e introdurre importanti piani di cessione di attività non-core. E poi c'è la grande partita Mps. Il titolo si muove con grande fragilità in Borsa. L'appuntamento cruciale su cui si focalizzerà l'attenzione è quello dell'aumento di capitale da 2,5 miliardi. Per Vincenzo Longo, Strategist di Ig, è ancora presto per operazioni di M&A. «Si cercherà prima di tutto di ripianare la situazione di capitale e poi potrebbe arrivare lo spezzatino» dice l'esperto. Insomma per un possibile acquirente un acquisto prima dell'importante operazione sul capitale, che avverrà in Primavera, non avrebbe un grande senso economico perché l'aumento andrà a diluire le quote e poi occorrerà mettere altri soldi. Come finirà? «Probabilmente il piano di aumento di capitale non andrà a buon fine - dice Longo -. Sarà garantito da un pool di banche e non rivolto al pubblico. Le azioni invendute rimarranno alle grandi banche che in un secondo momento cercheranno di collocarle a un investitore secondario, magari a sconto». Sul nome sono circolate voci in questi giorni sui desk. L'ipotesi è che sia un istituto italiano e il ventaglio di possibilità va dai grandi gruppi IntesaSanpaolo e Unicredit fino a Ubi. Poco probabile pare invece il coinvolgimento di Bnp che è già presente in Italia con Bnl e dunque si troverebbe con un peso in eccesso nel nostro Paese. Nei giorni scorsi proprio l'indiscrezione di un arrivo imminente di Bnp aveva fatto volare Mps in Borsa. Dopo la smentita dei francesi, il mercato sembra puntare invece su Ubi, malgrado le prese di distanza del management nei giorni scorsi. Tante sono gli scenari sui futuri passi delle banche. Di concreto non c'è ancora nulla: sui tavoli degli amministratori delegati ci sono sicuramente dossier al vaglio ma è ancora troppo presto perché il tema entri davvero nel vivo dicono gli esperti dalle sale operative. I movimenti dei money maker non mancano ma per ora sembrano ancora distratti. «Il mercato è focalizzato su altre vicende che devono trovare soluzioni come gli aumenti di capitale di Carige e Mps - dice Vincenzo Longo, Strategist di Ig . Non mi aspetto grandi mosse prima di questi eventi». Per l'esperto il tema delle aggregazioni e fusioni tra le banche italiane sarà di sicuro dominante nel 2015. Gli ingredienti perché si vada incontro a un processo di concentramento ci sono tutti. Anche Bankitalia ha di recente sollecitato a scelte in questa direzione e lo stesso in qualche modo ha fatto Mario Draghi, Presidente della Bce, che ha detto che per i nostri istituti è importante allargarsi e diventare più grandi. Per ora sembrano ancora tutti alla finestra a guardare. SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/11/2014 61 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato GENOVA E POPMILANO PRENDONO LE DISTANZE DALLO SCENARIO DI UNA FUSIONE TRA I DUE ISTITUTI 14/11/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 19 (diffusione:309253, tiratura:418328) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato +3,93% Bpm La Popolare di Milano è stata spinta dalle voci su una possibile aggregazione con Carige +3,95% Carige In Italia Euro•Dollaro Petrolio FTSE/MIB CAMBIO FTSEItaliaAllShare dollaro/barile 74,21 All'estero SOro FTSE(Londra) NASDAQ(NewYork) DAX(Francoforte) DOWJONES(NewYork) euro/grammo 30,2447 Foto: LAPRESSE Foto: Palazzo Mezzanotte, sede di Borsa Italiana SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/11/2014 62 14/11/2014 MF - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:104189, tiratura:173386) Rai Way rompe il tabù delle ipo Va in borsa con offerta coperta per 2,1 volte Andrea Montanari (Montanari a pag. 20) Dopo sei rinunce (Sisal, Rottapharm, Intercos, Italiaonline, Fedrigoni e Favini) e tre rinvii a data da destinarsi (Ovs, Sorgente Res e Massimo Zanetti Beverage Group), il listino milanese è pronto ad accogliere l'unica del secondo semestre e ultima matricola del 2014. Toccherà a Rai Way l'onore e l'onere del debutto in borsa: mercoledì 19 novembre è il giorno prefissato. Ieri, infatti, si è alzato il velo sull'offerta di vendita che si è conclusa «con successo» come si legge sul comunicato del gruppo infrastrutturale controllato dalla tv di Stato, presieduto da Camillo Rossotto e guidato dall'ad Stefano Ciccotto. L'offerta è stata coperta 2,1 volte il quantitativo d'azioni (83,3 milioni) oggetto di vendita da parte della Rai. Mentre il prezzo per ogni singolo titolo è stato fissato in 2,95 euro, ossia il minimo della forchetta precedentemente fissata (2,95-3,5 euro). La capitalizzazione di Rai Way sulla base del prezzo di offerta è di 802 milioni. Il flottante che finirà complessivamente sul mercato, dopo l'esercizio della greenshoe da parte delle banche collocatrici sarà del 34,93%. E come già a n n u n c i a t o dai vertici societari durante la conferenza che ha avviato il roadshow saranno quattro i pilastri fondamentali su cui poggerà il futuro della società che gestisce oltre 2.300 torri di trasmissione: espandere la posizione di leadership nei servizi broadband con nuove offerte alla Rai; consolidare i flussi di ricavi nel tower hosting per gli operatori mobile e per i broadcaster; espandere il portafoglio dei servizi, anche all'estero; focalizzarsi sull'efficienza, la redditività e il flusso di cassa. Senza trascurare la possibilità di fare acquisizioni nel settore a partire dagli asset messi in vendita da Wind. Agli investitori fa gola anche l'elevato potenziale di pay out per una azienda che ha un ebitda margin del 51,8%. A gestire l'ipo sono i coordinatori Banca Imi, Credit Suisse e Mediobanca che agiscono anche in qualità di joint bookrunner con Bnp e Citigroup. Imi è anche responsabile dell'offerta pubblica e sponsor. Leonardo&Co è l'advisor. Gli studi legali sono Bonelli Erede Pappalardo, Squire Patton Boogs e Clifford Chance. (riproduzione riservata) Foto: Quotazioni, altre news e analisi su www.milanofinanza.it/raiway SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/11/2014 63 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato A 2,95 EURO 14/11/2014 MF - Ed. nazionale Pag. 2 (diffusione:104189, tiratura:173386) di Antonio Satta Dopo il disgelo, la nuova gelata. La trattativa sul nuovo contratto dei bancari va avanti a singhiozzo. Se nella precedente riunione si erano aperti spiragli su area contrattuale, recupero dell'inflazione e inquadramenti, ieri la porta si è serrata di nuovo, visto che Alessandro Profumo, capo delegazione dell'Abi, ha posto sul tavolo una pregiudiziale. O, meglio, ha ribadito che l'obiettivo irrinunciabile delle banche è la riduzione strutturale della dinamica del costo del lavoro e il rafforzamento del secondo livello rispetto a quello nazionale, di conseguenza solo accettando questi principi si potrà discutere nel merito e nel dettaglio. In altre parole, quello che vogliono le imprese è il blocco strutturale e non temporaneo degli automatismi, degli scatti di anzianità e del Tfr, lasciando tutta la trattativa sui possibili aumenti al rapporto diretto con le aziende nei contratti integrativi. Il no dei sindacati è stato netto e infatti sono tornati a essere agitati i vessilli di un possibile sciopero. Ma forse ieri era difficile per tutti evitare un irrigidimento. Sindacati e banche infatti sono alla vigilia di riunioni importanti. Quasi tutte le organizzazioni sindacali nella prossima settimana riuniranno gli stati generali. La Fabi, il principale sindacato di categoria, ha in programma a Roma per il 18 e il 19 novembre il 120° consiglio nazionale, mentre la Uilca il 17 riunirà l'esecutivo nazionale. E sempre la prossima settimana, il 19 novembre, si riunirà l'esecutivo dell'Abi e successivamente il comitato di presidenza. Appuntamenti che serviranno a ognuna delle parti per fare chiarezza sui possibili punti di caduta di un accordo. L'impressione è che i sindacati siano disponibili a portare a casa un contratto «magro» sulla parte economica, accettando che nei prossimi tre anni la categoria si limiti più o meno a conservare l'attuale potere d'acquisto. Ma non vogliono ipotecare il futuro, rinunciando per sempre ai meccanismi di adeguamento automatico che solo l'attuale struttura del contratto nazionale può garantire. Se la pregiudiziale delle banche non è negoziabile si arriverà probabilmente alla rottura. Altrimenti il ghiaccio tornerà a sciogliersi. L'appuntamento è per il 25 novembre a Milano. Allora ognuno di coloro che si presenteranno avrà già sentito i suoi. A quel punto o partirà la trattativa vera oppure salterà proprio il tavolo. (riproduzione riservata) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/11/2014 64 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Contratto dei bancari, la pregiudiziale dell'Abi gela la trattativa 14/11/2014 MF - Ed. nazionale Pag. 3 (diffusione:104189, tiratura:173386) Luciano Mondellini La quotazione di Ferrari servirà «per salvare il grande bidone che è Fiat». Ne è convinto il patron di Tod's, Diego Della Valle, che ieri a Milano ha spiegato che «se Ferrari fosse stata sul mercato, l'uscita di Luca Cordero di Montezemolo sarebbe stato un errore incredibile». Inoltre, ha continuato il patron di Tod's, il «modo in cui è stato cacciato Montezemolo è vergognoso e il motivo è evidente: Ferrari ha salvato il grande bidone», che è Fiat Chrysler. Secondo l'imprenditore marchigiano, infatti, la decisione di Fca di «quotare Ferrari significa depauperare la Rossa». Della Valle, infatti, ha spiegato che «quando Ferrari sarà quotata in borsa per cifre enormi servirà per ripianare i debiti e magari anche per fare macchine. Prima o poi ne farà una Sergio, no?» ha ironizzato Della Valle, tirando in causa direttamente l'amministratore delegato di Fca Sergio Marchionne. Della Valle ha infatti spiegato che ora Marchionne e il presidente di Fca John Elkann «quotano un pezzettino di Ferrari per ripianare i debiti di Fiat mentre il resto se lo prendono i soci» principali, ovvero l'Exor della famiglia Agnelli. Non bisogna dimenticare che l'affondo di ieri di Della Valle è l'ultimo di una lunga serie. I rapporti tra l'imprenditore marchigiano ed Elkann sono infatti tesi da tempo e la battaglia sull'azionariato Rcs non ha certo appianato i dissidi tra i due. (riproduzione riservata) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/11/2014 65 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Della Valle: ipo del Cavallino per salvare bidone Fca 14/11/2014 MF - Ed. nazionale Pag. 4 (diffusione:104189, tiratura:173386) Angelo De Mattia In questi giorni si cominciano a manifestare nei confronti della Bce quegli atteggiamenti che nella prima parte dello scorso decennio si registrarono nei riguardi di Fmie Banca Mondiale, con durissime contestazioni, allora ad opera dei no-global, espresse in occasione delle riunioni di queste istituzioni. Spesso con gravi manifestazioni violente si contestavano le scelte del Fmi nell'imporre ai Paesi sotto la sua sorveglianza pesanti, ma spesso inefficaci, ricette per il risanamento, mentre alla Banca Mondiale si rimproverava la debolezza delle iniziative per la lotta alla povertà. Le posizioni estreme vedevano in questi deficit la longa manus del capitalismo internazionale con l'assoggettamento degli organismi in questione alle strategie dello stesso. Negli anni successivi molte contestazioni estremistiche si sono ridimensionate, ferma restando la critica, manifestata non più in forme violente, alle politiche, in particolare, del Fondo. Si è fatto strada il convincimento che queste istituzioni finanziarie non possono essere ritenute la sintesi di tutte le colpe e i ritardi, che sono innanzitutto dei governi. In formato ridotto qualcosa che evoca quelle contestazione inizia ora a manifestarsi verso la Bce, attribuendole, con manifestazioni tenute in occasione di riunioni dei propri esponenti, la responsabilità di recessione e disoccupazione, ben al di là delle prerogative dell'Istituto, che semmai potrebbe essere criticato per una certa indeterminatezza con la quale sta affrontando l'argomento del Quantitative easing di titoli pubblici e privati, ma non si può dimenticare che nel 2012, salvando l'euro, la Bce ha salvato dalla tragedia l'Unione Europea; allora i primi a patirne sarebbero stati proprio i lavoratori. L'ultimo caso di contestazione, esterna al luogo (l'Università Roma 3) in cui Mario Draghi pronunciava un discorso, è avvenuto mercoledì scorso. Molto più efficace sarebbe stata un'eventuale analisi critica delle posizioni dell'ex governatore della Banca d'Italia; insomma, una controrelazione anziché una contestazione che poi ha dovuto essere fermata dalla forza pubblica. Vediamo allora i principali temi affrontati. Draghi, parlando in un convegno sui cento anni dalla nascita di Federico Caffè, ha confermato la possibilità dell'espansione del bilancio della Bce fino al livello del 2012 e la disposizione a adottare altre misure non convenzionali se quelle fin qui assunte si rivelassero insufficienti. Parole nette e dure ha avuto poi sulla disoccupazione, tema centrale nell'elaborazione di Caffè, che egli giudica inaccettabile, contraria a ogni forma di equità, un grave sperpero di risorse. Quanto alla politica economica, Draghi ha ripreso il tema dell'urgenza di meno tasse e più investimenti, ma anche delle riforme. Una politica monetaria espansiva e una politica fiscale con maggiori investimenti e minori tasse non genera una crescita solida e sostenibile, egli ha detto, senza riforme del mercato del lavoro e dei prodotti. Bene. I contenuti riguardano in parte ciò che fa e deve fare la Bce e in parte l'analisi economica dell'Istituto. Ma vediamo oggi la situazione concreta, anche perché il presidente Bce ha detto, riferendosi alle riforme, che adesso è il momento in cui dalla riflessione si deve passare all'azione. Sul «quartetto» indicato, espansione monetaria, riduzione fiscale, sviluppo degli investimenti e riforme, si può dire che l'Italia è ancora in mezzo al guado. Nel primo caso, perché ormai si sta logorando la formula del ricorso da parte della Bce alle misure straordinarie «se necessarie» e si avvicina il momento della completa chiarezza sul Quantitative easing. Quanto alla riduzione fiscale, i provvedimenti adottati per ora sono limitati. A proposito dello sviluppo degli investimenti, non si sa nulla di preciso sul piano comunitario di impegni per 300 miliardi, frequentemente strombazzato. Quanto alle riforme, siamo per ora in presenza del disegno di legge sul Jobs act, ma non si è preso per le corna il toro della produttività totale dei fattori. Di un piano per il debito pubblico non si parla più, al di là di qualche vago accenno sulle privatizzazioni, mentre sembra già svanita l'ipotesi, giustamente prospettata da Renzi nonostante le contrarietà della Commissione Ue, dell'introduzione della «golden rule» per gli investimenti. Ma, allora, a quale azione si passerebbe per quel che sarebbe opportuno venisse fatto? Chi mai potrebbe negare la stigmatizzazione della disoccupazione o contestare l'urgenza delle riforme? Chi potrebbe dire che non è fondata la tesi che fondamentale è che le banche passino a famiglie e imprese i rifinanziamenti Bce? Si può essere d'accordo su tutte le dichiarazioni di SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/11/2014 66 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Chi contesta Draghi ha ragione, ma sbaglia modi e bersagli 14/11/2014 MF - Ed. nazionale Pag. 4 (diffusione:104189, tiratura:173386) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/11/2014 67 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato principio, soprattutto se, poi, sono rese nel ricordare il pensiero di quell'indimenticabile personaggio, per cultura, moralità, umanità, che è stato Caffè. Ma la realtà è ben diversa ed è in questa che debbono agire banchieri centrali, policy makers e banche, non in un'accademia. Le manifestazioni di contestazione servono a poco; sono invece le idee e le proposte che debbono essere prodotte. 14/11/2014 MF - Ed. nazionale Pag. 10 (diffusione:104189, tiratura:173386) Class Editori, ebitda in recupero del 38,8% nei 9 mesi Il consiglio di amministrazione di Class Editori, riunitosi ieri, ha approvato i risultati consolidati relativi ai primi nove mesi dell'anno. Il margine operativo lordo (ebitda) della casa editrice nei primi nove mesi del 2014 registra un recupero del 38,8% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso (-6,47 milioni contro i -10,57 milioni del 2013) nonostante una diminuzione dei ricavi del 3,4% (57,69 milioni di euro). I costi operativi dei nove mesi sono diminuiti dell'8,7% (64,16 milioni di euro). Il risultato della gestione straordinaria al 30 settembre 2014 è positivo per 1,04 milioni di euro (-0,57 milioni di euro nel 2013), mentre gli oneri finanziari netti sono saliti a 3,35 milioni (2,27 milioni nel 2013) sia per i maggiori debiti antecedenti l'aumento di capitale di 40 milioni eseguito alla fine di luglio sia per l'aumento dei tassi di interesse bancari. In una logica di prudenza, gli ammortamenti e le svalutazioni sono stati complessivamente pari a 5,94 milioni di euro contro i 2,93 milioni di euro dei primi nove mesi dello scorso esercizio. Per la crescita degli interessi e i maggiori accantonamenti il risultato netto di gruppo dei nove mesi, dopo gli interessi di terzi, è negativo per 15,34 milioni di euro, comunque in miglioramento rispetto ai -16,79 milioni di euro dello stesso periodo dell'anno precedente. Il risultato netto ante-imposte del solo terzo trimestre (-4,56 milioni) è sostanzialmente in linea rispetto al trend registrato nei primi sei mesi, nonostante il terzo trimestre sia il periodo congiunturalmente più negativo dell'anno per i ricavi. La posizione finanziaria netta della casa editrice presenta alla data del 30 settembre 2014 un indebitamento netto pari a 49,3 milioni di euro, contro i 65,6 milioni al 31 dicembre 2013 e i 74,1 dell'ultima situazione contabile al 30 giugno 2014. La raccolta pubblicitaria del gruppo, che ha la quota maggiore nei quotidiani, ha avuto un andamento generalmente migliore di quello del mercato. Per ciò che concerne le diffusioni, MFMilano Finanza ha registrato nel periodo una diffusione media di circa 70 mila copie (76 mila la media del 2013), Class di circa 60 mila copie (78 mila nel 2013), Capital di 60 mila copie (72 mila nel 2013). I cali diffusionali complessivi si accompagnano anche a un mix di produzione e di vendita che si è fortemente spostato dalle copie stampate alle copie digitali, con l'effetto da un lato di avere un prezzo medio di vendita più basso (e di conseguenza minori ricavi diffusionali), ma dall'altro un più che proporzionale risparmio di costi industriali e distributivi, con un effetto positivo sui margini industriali. In crescita invece sono i ricavi ascrivibili alle aree della business information, trading online e all'agenzia di notizie. In merito ai fatti di rilievo del trimestre in corso e alla prevedibile evoluzione della gestione, il gruppo segnala che il 27 ottobre ha preso avvio la fase operativa della piattaforma cinese di e-commerce B2B, CCIGMall, di cui Class Editori e CCeC sono agenti esclusivi e fornitori principali. Il 5 dicembre è prevista la presentazione della piattaforma a Pechino davanti alle maggiori autorità cinesi. Nonostante il perdurare della crisi abbia inciso sulla possibilità di raggiungere sinora i risultati previsti dal piano industriale, ma soprattutto in presenza di un forte e positivo interesse manifestato da alcuni gruppi media internazionali per operazioni congiunte in alcuni campi di attività della casa editrice, e alla luce delle forti potenzialità confermate del nuovo ramo di attività legato all'ecommerce in Cina, il consiglio ha dato mandato al vicepresidente e amministratore delegato e ai consiglieri delegati di operare una revisione del piano industriale. SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/11/2014 68 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Nel periodo la casa editrice ha registrato 57,7 milioni di ricavi. Positivo l'avvio della piattaforma di e-commerce CCIGMall 14/11/2014 MF - Ed. nazionale Pag. 14 (diffusione:104189, tiratura:173386) Francesca Chiarano (MF-DowJones) Guidata dai cinesi di Fosun. Sebbene il prezzo al momento sia a vantaggio di Global Resorts, non è detto che la saga di opa e contro-opa sia arrivata al termine. L'Autorità francese di vigilanza sui mercati finanziari (Amf) ha infatti annunciato ieri che prolungherà al 1° dicembre il calendario di entrambe le offerte, prima in scadenza il 20 novembre. Posticipo necessario per permettere eventualmente a Fosun di lanciare una controfferta. L'Amf ha deciso infatti di applicare, per la prima volta, l'articolo 232-12 del regolamento generale «per accelerare il confronto sulle offerte nel rispetto della loro alternanza». Una frase, però, che non chiude la partita. Secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, infatti, se Fosun rilanciasse di nuovo, allora anche a Global Resorts sarebbe data la possibilità di alzare ulteriormente la propria offerta, a meno di un intervento Fosun già nell'estate 2013 aveva lanciato un'opa a 17,5 euro per azione in cordata con il fondo francese Ardian e con il top management di Club Med, compreso il presidente e direttore generale, Henri Giscard d'Estaing. L'opa era stata poi sospesa per il ricorso legale di alcuni azionisti di minoranza, sbloccata ma poi successivamente superata dalla prima offerta di Bonomi a 21 euro e quindi ritirata. Fosun ha poi proposto una nuova offerta a 22 euro, superata anch'essa dalle ultime mosse di Bonomi. Ieri il titolo a Parigi ha chiuso a 23,56 euro (+0,45%). (riproduzione riservata) Caltagirone spa ha chiuso i nove mesi con un utile pre-tasse di 72,8 milioni in aumento dell'80,9% rispetto ai 40,3 milioni dell'analogo periodo del 2013. I ricavi si sono attestati a 976 milioni, in diminuzione del 4,2% rispetto all'anno scorso; il mol si è attestato a 126,8 milioni, in aumento del 3,5% rispetto ai 122,5 milioni al 30 settembre 2013. La posizione finanziaria netta è passata da 120,4 milioni a -108,5 milioni per effetto della dinamica positiva del flusso di cassa operativo generato nel periodo al netto della distribuzione di dividendi. Per il 2014, nel settore del cemento è attesa la positiva prosecuzione delle attività delle società estere a fronte della debolezza del mercato italiano. Nel settore editoriale proseguirà la politica di controllo dei costi e la strategia di valorizzazione delle versioni multimediali al fine di incrementare nuovi flussi di pubblicità ed acquisire nuovi lettori. (riproduzione riservata) Foto: Quotazioni, altre news e analisi su www.milanofinanza.it/clubmed SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/11/2014 69 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato I profitti della Caltagirone spa balzano a 73 milioni SCENARIO PMI 5 articoli 14/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 17 (diffusione:334076, tiratura:405061) Fondi e manager rilevano Agrimaster IN TARGET L'ad Baroni: l'azienda bolognese è una Pmi , con forte connotazione italiana ed esporta l'80% del suo fatturato Emanuele Scarci MILANO Il fondo di private equity B4 Holding ha rilevato l'80% di Agrimaster, società bolognese specializzata nella progettazione e costruzione di attrezzature agricole (trinciatrici, bracci decespugliatori, atomizzatori ed elevatori a forche). L'offerta della società si rivolge a operatori del settore agricolo e privati/pubblici operanti nella manutenzione di cigli strada, giardini e parchi. «L'azienda bolognese - osserva Fabrizio Baroni, ad di B4 Investimenti che, attraverso B4 Holding e Augeo, controlla Agrimaster - è perfettamente in target con l'obiettivo di investire in Pmi, ha una forte connotazione italiana ed è internazionalizzata». Nelle logiche del private equity rientra anche la possibilità che «Agrimaster - aggiunge Baroni - possa rientrare in qualche processo di aggregazione». Il mercato è molto frammentato. Per il deal Agrimaster sono stati pagati 10 milioni, sei volte l'Ebitda. «Nel settore i multipli correnti - precisa Baroni - arrivano fino a 9 o dieci volte». Tecnicamente l'operazione è stato un buy-out con co-investimento dei soci attuali e di un manager esterno, per esempio il super tecnico Luciano Paiola, nominato presidente. La famiglia fondatrice Martoni rimane però alla guida della società. Nella B4 Investimenti spa figurano Baroni con il 51%, Francesco Schiavinato con il 29% e 21 Partners con il 20 per cento. Il fondo d'investimento è dotato di risorse per 30 milioni provenienti da 40 investitori privati. B4 Holding è arrivato ad Agrimaster dopo una selezione di 250 imprese. Nel 2013 Agrimaster ha realizzato ricavi per 11 milioni (10,2 l'esercizio precedente) con un Ebitda di 1,78 milioni e un utile netto di circa un milione. «La quota export - sottolinea Baroni - quest'anno salirà dal 75 all'80%. In Italia si sente un po' la crisi ma tira il mercato internazionale. Infatti Agrimaster dovrebbe realizzare una crescita importante», forse a due cifre. Il mercato mondiale della produzione di macchinari e attrezzature agricole vale 95 miliardi di euro. Il driver principale è l'andamento della produzione agricola con i grandi player presenti soprattutto nel segmento dei trattori e delle macchine semoventi. Quelli di dimensioni più ridotte sono specializzati nella produzione di attrezzature (soprattutto per trattori) e generalmente sono focalizzati su 1 o 2 prodotti. Nel prossimo futuro la domanda mondiale è prevista in crescita, trainata soprattutto dai mercati emergenti (Cina, India, Indonesia, Thailandia, Brasile e Russia), bisognosi di un processo di meccanizzazione crescente. © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 14/11/2014 71 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Il caso. Il valore d'acquisto è sei volte l'Ebitda 14/11/2014 Il Sole 24 Ore - Moda24 Pag. 22 (diffusione:334076, tiratura:405061) Il «back to Italy» stenta a decollare Ricerca a campione tra le Pmi : rispetto a tre anni fa il numero di capi prodotti in Italia è lo stesso Giulia Crivelli a L'idea è buona e potrebbe essere un volano per l'economia del Paese, su questo sono tutti d'accordo. Ma per ora nel tessile-moda si tratta, come dicono gli inglesi, di wishful thinking: parliamo del reshoring, la tendenza a riportare in Italia produzioni delocalizzate all'estero, tema scelto dall'annuale convegno Pambianco. I dati parlano chiaro: il 27% del campione di Pmi analizzato dalla società di consulenza (45 aziende con un fatturato medio di 102 milioni) dichiara di produrre tutto in Italia, il restante 73% dice di avere un mix Italia-estero. Un risultato che conferma, nella sostanza, l'analisi fatta da Moda24 su dati Hermes Lab e pubblicata venerdì scorso, da cui si evinceva che quattro capi su dieci sono prodotti all'estero. Quasi impercettibile il cambiamento rispetto a tre anni fa: le aziende del campione Pambianco hanno dichiarato che la percentuale di capi prodotti in Italia è passata dal 52% al 53%. Troppo poco per parlare di un'inversione di tendenza rispetto alla delocalizzazione attuata negli scorsi anni. made in italy come leva finanziaria Francesca di Pasquantonio, head of global research di Deutsche Bank, ha parlato della correlazione tra strategie produttive e andamento del mercato, concludendo che il "made in" concorre al posizionamento del brand e alle valutazioni degli analisti, ma non è decisivo. «È interessante però notare come, ancor più del mercato, siano stati i grandi gruppi stranieri che hanno fatto acquisizioni in Italia a considerare il "made in Italy" un valore aggiunto - ha sottolineato Di Pasquantonio -. Le società acquisite hanno mantenuto o addirittura rafforzato le strutture produttive anche dopo il passaggio di proprietà, perché proprio queste strutture sono il grande vantaggio competitivo, insieme al marchio». Franco Valeri, country officer per l'Italia di Deutsche Bank, ha ricordato che «il reshoring è comunque in atto nel manifatturiero italiano, con 90 aziende che negli ultimi 6 anni lo hanno fatto, e che è «auspicabile» che la tendenza di rafforzi anche nel tessilemoda. Uno scenario confermato da David Pambianco, che ha ricordato gli investimenti di Lvmh e Kering in Italia, riassunti dalle parole di Sydney Toledano, ceo di Dior (gruppo Lvmh), che pochi mesi fa aveva detto: «Il vero lusso si fa solo in Italia». «Nell'alto di gamma il made in Italy è strategico e giustificato dai tassi di crescita - ha spiegato Pambianco -. Secondo l'analisi di Bloomberg negli ultimi cinque anni il fatturato del lusso è cresciuto del 30%, passando da 173 miliardi di euro del 2009 a 226 del 2014. Le previsioni per i prossimi quattro anni sono di un ulteriore balzo del 17%, per arrivare, nel 2018, a 265 miliardi». Morale: per le aziende del lusso investire nel made in Italy è una necessità, oltre che una virtù. Il problema sono le piccole e medie aziende, che spesso delocalizzano per sopravvivere, specie se operano nella fascia media. le criticità della filiera Partendo dalla constatazione che «l'Italia è l'unico Paese al mondo ad avere ancora una filiera completa del tessile-moda-abbigliamento», come ha ricordato Claudio Marenzi, presidente di Smi e amministratore delegato di Herno, Erika Andreetta di PwC ha parlato delle criticità di questa ricca filiera, «composta da oltre 50mila imprese, la maggior parte delle quali di piccole o medie dimensioni». Secondo la partner di PwC «la filiera andrebbe intesa come un'unica impresa da rilanciare e occorre un piano strategico fatto di politiche industriali con un respiro di lungo periodo». il parere degli imprenditori Sandro Veronesi, presidente di Calzedonia, ha invitato ad affrontare il tema della delocalizzazione con «maggiore serietà», senza «demonizzare le aziende che producono all'estero». Il gruppo veneto è oggi uno dei protagonisti mondiali del settore della calzetteria-intimo-costumi da bagno, con un fatturato 2013 di oltre 1,6 miliardi, in crescita a due cifre anche per il 2014. Molti stabilimenti si trovano all'estero, ma l'Italia resta centrale: «Diamo lavoro a 3mila persone, soprattutto nel retail, e per certi prodotti, come la maglieria del SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 14/11/2014 72 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato convegno pambianco 14/11/2014 Il Sole 24 Ore - Moda24 Pag. 22 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 14/11/2014 73 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato nostro marchio Falconeri, produciamo in Italia. Quando andiamo all'estero, gli standard sono gli stessi e spesso creiamo filiere locali che migliorano la vita di tante persone - ha detto Veronesi -. Per riportare la produzione in Italia servirebbero incentivi fiscali e un taglio del costo del lavoro, certo. Ma pure un cambiamento culturale: non sento mai dire chiaramente una verità innegabile, che sono le aziende il motore della crescita. In Italia si tende invece a demonizzare gli imprenditori e, in genere, la ricchezza». le ricette per tornare a crescere Adriano Aere di Imperial, azienda emiliana del fast fashion (154 milioni i ricavi 2013, previsti in forte crescita anche per il 2014), ha spiegato che «produrre in Italia si può», ma che è altrettanto legittimo andare all'estero. «Ogni azienda ha il suo modello di business - ha detto Eraldo Poletto, ceo di Furla (228 milioni di ricavi e un export del 78%) -. I nostri fornitori di materie prime per borse e accessori sono italiani, ma parte della produzione è delocalizzata. In Italia abbiamo una cultura del prodotto che nessun altro ha, ma dobbiamo fare passi avanti per quanto riguarda marketing, logistica, retail». Licia Mattioli, presidente di Federorafi e e imprenditrice del settore, si è detta fiduciosa nella possibilità di «ricostruire» minidistretti specializzati, forte dell'esperienza fatta prima con Marchisio (ceduta al gruppo Richemont nel 2013) e poi con la start up Mattioli. «In due anni siamo arrivati a 25 milioni di ricavi e diamo lavoro a cento persone: ripartire dall'Italia si può, aggiungendo know how industriale a quello artigianale». Antonio De Matteis, ceo di Kiton (104 milioni di fatturato e una quota di export dell'84%), è tornato sulle difficoltà culturali che un'azienda ha, specie se opera nel settore del lusso, come Kiton, specializzata in abbigliamento maschile. «Chi fa acquisti di lusso in Italia, si tratti di abiti da migliaia di euro o di barche, deve combattere contro un pregiudizio ancora molto diffuso - ha detto De Matteis -. Questo fa male alle aziende e al Paese in generale». il ruolo della finanza Sulla stessa linea di De Matteis e Veronesi si è espresso Diego Della Valle, che ha inoltre invitato a non demonizzare gli imprenditore che vendono a gruppi stranieri, partendo dal caso Loro Piana (oggi di proprietà di Lvmh). «I francesi si sono dimostrati, nei fatti, i più grandi sostenitori del made in Italy - ha detto il presidente e ceo del gruppo Tod's -. Aziende come Fendi, Pucci o Bulgari non hanno perso un grammo di italianità da quando sono entrate in Lvmh. Anzi, in tutti i casi le strutture produttive sono state rafforzate e l'occupazione è cresciuta». Della Valle ha riconosciuto l'importanza della finanza, ma ha sottolineato che «non bisogna essere schiavi delle reazioni della Borsa e avere sempre un orizzonte di lungo termine». Raffaele Jerusalmi, ad di Borsa Italiana, ha ricordato il successo del progetto Elite, lanciato proprio per aprirsi alle Pmi, e Marco Palmieri di Piquadro ha raccontato che l'attuale espansione all'estero dell'azienda non sarebbe stata possibile senza la quotazione. © RIPRODUZIONE RISERVATA anticipazione La cover di Moda24 di venerdì 7 novembre con l'elaborazione relativa alla produzione di abbigliamento, maglieria e calzetteria attualmente delocalizzata in Paesi a minor costo della manodopera. Ma il reshoring, cioè il rientro in Italia delle produzioni, è ancora agli albori nell'industria della moda 27% AZIENDE CHE FANNO TUTTO IN ITALIA Il restante 73% del campione Pambianco ha un mix produttivo Italia-estero. Diego Della Valle: Tod's e Roger Vivier sono made in Italy al 100%, mentre per il marchio Hogan la percentuale scende al 60% perché il brand ha un diverso posizionamento 90 AZIENDE «RIENTRATE» Il numero citato da Flavio Valeri, country manager per l'Italia di Deutsche Bank, è riferito agli ultimi sei anni e riguarda l'intero settore manifatturiero. Il manager ha auspicato che «la tendenza si estenda anche alle Pmi della filiera della moda-tessile-abbigliamento» 14/11/2014 Il Sole 24 Ore - Moda24 Pag. 22 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 14/11/2014 74 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato +30% CRESCITA DEL MERCATO DEL LUSSO Le aziende che operano nell'alto di gamma producono quasi tutto in Italia, anche se sono francesi, perché considerano il «made in Italy» un valore aggiunto. Il colosso Lvmh, ad esempio, ha potenziato tutte le sue strutture produttive italiane 14/11/2014 MF - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:104189, tiratura:173386) Aqr, il credito svalutato dieci volte più dei derivati Francesco Ninfole Per le sole banche italiane aggiustamenti per 12 miliardi, ecco perché hanno pagato un conto salato (Ninfole a pag. 7) L'asset quality review (Aqr) è stata dieci volte più pesante sul credito che su titoli illiquidi e derivati. Lo dicono i dati pubblicati ieri dalla Banca d'Italia nel rapporto sulla stabilità finanziaria. Gli aggiustamenti di valore per le banche dell'Eurozona a seguito dell'Aqr sono stati pari a 43 miliardi (51 punti base di capitale) sui portafogli creditizi, mentre quelli legati a titoli illiquidi e derivati sono stati pari a 4,6 miliardi (5 punti base). Le maggiori svalutazioni sono motivate soltanto in parte dal maggior peso del credito nei bilanci: i prestiti verso clienti sono pari al 43% del totale attivo delle grandi banche europee, contro il 17% dei derivati (dati R&S Mediobanca). In proporzione l'esame ha colpito di più l'attività creditizia che l'investimento in titoli rischiosi, avvantaggiando le banche orientate alla finanza speculativa (un meccanismo già presente nella regolamentazione finanziaria con le ponderazioni di Basilea). Si tratta peraltro di una linea in contraddizione con la volontà della Bce di fornire alle banche tutta la liquidità necessaria per fare prestiti attraverso i rifinanziamenti a lungo termine (Ltro e Tltro). Per le banche italiane l'impatto dell'Aqr sui portafogli di credito è stato doppio rispetto alla media europea: gli aggiustamenti di valore sono stati di 100 punti base (contro 51). Dei 43 miliardi di correzioni complessive, 11,8 miliardi sono state fatte per i gruppi italiani (27%). Sulla differenza hanno influito i divari di crescita tra le economie: «Gli aggiustamenti di valore sono risultati mediamente più elevati tra le banche dei Paesi che hanno registrato andamenti congiunturali peggiori dall'avvio della crisi economica», ha osservato il rapporto. Una parte degli aggiustamenti di valore deriva dal passaggio di prestiti in bonis alla categoria dei deteriorati. Sia in Italia che nell'Eurozona le riclassificazioni hanno pesato per circa 200 punti base: per gli istituti europei ha pesato per 80 punti la nuova definizione di crediti deteriorati, un fattore vicino allo zero per le banche italiane, che già utilizzavano criteri più stringenti e quasi identici a quelli usati dalla Bce. Per i gruppi italiani ha invece pesato di più l'analisi dei singoli prestiti, anche per effetto di indicatori di bilancio delle imprese più severi di quelli contabili: «L'applicazione di questi criteri ha influenzato soprattutto la valutazione delle esposizioni verso le piccole e medie imprese italiane, i cui bilanci mostrano in media bassa redditività e indebitamento elevato», ha rilevato il rapporto. Nonostante questi fattori tutte le banche italiane hanno superato l'asset quality review con un eccesso di capitale di 28,5 miliardi (si veda anche MF-Milano Finanza del 29 ottobre), mentre Mps e Carige hanno fallito lo stress test. «I dati confermano la complessiva tenuta del sistema bancario italiano, nonostante le forti tensioni a cui è stato sottoposto negli ultimi anni: la crisi finanziaria mondiale, le tensioni sui debiti sovrani, la prolungata fase recessiva dell'economia italiana», ha ribadito ieri Banca d'Italia. Via Nazionale ha ricordato che nello stress test la caduta cumulata del pil ipotizzata tra il 2007 è stata pari in Italia a quasi il 12%, mentre in Germania e Francia questo valore è stato attorno al 2%. Il rapporto ha inoltre sottolineato che in Italia gli indici di capitale a fine 2013 erano inferiori alla media dell'1%, ma questo era dovuto alle ingenti ricapitalizzazioni pubbliche in altri Paesi (250 miliardi in Germania, 60 in Spagna, 50 in Irlanda e Paesi Bassi, 40 in Grecia). Inoltre una buona parte del rafforzamento patrimoniale delle banche italiane è avvenuto nel 2014. Infine Bankitalia ha segnalato che la graduale rimozione del filtro prudenziale sui Btp disponibili per la vendita (Afs), i cui tassi sono stati ipotizzati al 6%, ha determinato un impatto negativo sul capitale delle banche italiane per quasi 4 miliardi (di cui 1 per Mps). Lo scenario per il credito resta difficile, nonostante l'esame Bce sia ora alle spalle. Le proiezioni di Bankitalia dicono che i prestiti alle imprese «continuerebbero a diminuire anche nel 2015, seppure con un'intensità progressivamente decrescente», mentre «la contrazione dei mutui alle famiglie dovrebbe invece interrompersi già nel primo trimestre del prossimo anno». (riproduzione riservata) GLI AGGIUSTAMENTI DI VALORE DELL'ASSET QUALITY REVIEW SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 14/11/2014 75 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato BEN 43 MILIARDI DI CORREZIONI SUGLI AFFIDAMENTI CONTRO I SOLI 4,6 MILIARDI DI WRITE-OFF SUI TITOLI ILLIQUIDI 14/11/2014 MF - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:104189, tiratura:173386) SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 14/11/2014 76 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Aggiustamenti di valore calcolati mediante: esame ispettivo di posizioni individuali proiezione alle posizioni non esaminate challenger model Totale aggiustamenti calcolati con metodi statistici Totale aggiustamenti sui portafogli creditizi Aggiustamenti dovuti esame attivi di livello 3 e Cva* Impatto lordo sul capitale Effetto fiscale e fattori di mitigazione del rischio Impatto netto sul capitale -19 -12 -19 -31 -51 -5 -56 16 -41 -16,4 10,3 -16,2 -26,5 -43,0 -4,6 -47,5 13,7 -33,8 -37 -33 -30 -63 100 -2 102 33 -69 -4,4 -3,8 -3,6 -7,4 -11,8 -0,2 12,0 3,8 -8,2 Fonte: Banca d'Italia e Bce, risultati del comprehensive assessment * Le cifre in punti base sono calcolate rapportando le corrispondenti cifre in miliardi agli attivi ponderati per il rischio rilevati alla fine del 2013. I credit valuation adjustment (CVA) sono aggiustamenti al valore di bilancio dei derivati per tener conto della probabilità di inadempimento delle controparti punti base (Rwa) miliardi di euro punti base (Rwa) miliardi di euro Banche Eurozona Banche italiane Foto: Quotazioni, altre news e analisi su www.milanofinanza.it/bankitalia 14/11/2014 MF - Ed. nazionale - fashion Pag. 6 (diffusione:104189, tiratura:173386) Le pmi strizzano l'occhio al fenomeno del back to Italy Sempre più aziende stanno iniziando ad attuare un piano di rientro della produzione. Per Diego Della Valle, numero uno del gruppo Tod's: «Servirebbe uno sconto fiscale a chi realizza il 100% del prodotto in Italia». Milena Bello Riportare le produzioni in Italia per innalzare l'asticella della qualità a favore di un lusso ancora più coerente dal punto di vista dell'eccellenza manifatturiera. Per i grandi poli della moda, da Kering a Lvmh, è già realtà. Sono loro i testimonial ufficiosi di questa tendenza che però, pur lentamente, si sta estendendo a macchia di leopardo tra le aziende italiane di media grandezza. Secondo un'indagine condotta da Pambianco strategie di impresa tra 45 aziende dal fatturato medio di 100 milioni di euro (che rappresentano un giro d'affari complessivo di 4,5 miliardi di euro) e presentato ieri in apertura del convegno Back to Italy promosso da Pambianco in partnership con Deutsche Bank, i marchi che rientrano in questa categoria realizzano un terzo dei loro prodotti in Italia e due terzi all'estero. «In termini di trend», ha aggiunto David Pambianco, vicepresidente della società organizzatrice dell'incontro, «negli ultimi tre anni queste aziende hanno aumentato la quota di produzione italiana, ma solo leggermente, passando dal 52 al 53%. E per il prossimo triennio le imprese di fascia alta che producono già l'83% nel Belpaese hanno dichiarato che manterranno stabile la loro quota nel 76% dei casi e solo una minoranza, il 24%, ha anticipato che la aumenterà. Per le aziende di fascia media resterà stabile nel 39% dei casi, crescerà nel 35% e calerà nel 26%». Di certo, sbandierare una produzione italiana è però non solo un motivo di vanto per le aziende ma anche una maggior sicurezza di ritorno economico. Lo sostiene Mario Boselli, presidente della Camera nazionale della moda italiana secondo il quale durante la crisi del 2008 le aziende che hanno retto meglio sono state quelle full made in Italy. Lo confermano anche due ricerche condotte da Deutsche Bank e da PwC. E allora perché le imprese del segmento medio sono in ritardo su questo trend? Il motivo è principalmente legato ai costi di produzione, che rimangono molto più alti rispetto ad altri paesi anche dell'area Paneuropea (oltre alla Cina le principali aree produttive sono Romania, Turchia e Tunisia). Proprio su questo fronte Diego Della Valle, patron del gruppo Tod's, ha lanciato la sua proposta: «uno sconto fiscale a tutti quelli che producono il 100% made in Italy. Questo, insieme alla formazione delle giovani leve manifatturiere e a investitori impegnati a restare nel capitale delle imprese almeno tre anni, stimolerebbe sicuramente il back reshoring». (riproduzione riservata) Foto: Il presidente di Tod's Diego Della Valle SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 14/11/2014 77 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Convegni /MF fashion 14/11/2014 La Repubblica - Album - 14 novembre 2014 - terra di sicilia Pag. 2 Caleca e Cartabellotta "L'Expo 2015 occasione irripetibile per l'Isola" La sfida è fare del comparto agricolo uno degli elementi fondamentali di una nuova Sicilia la cui economia sia basata sulle risorse ambientali. Per questo i punti chiave della nostra attività sono l'attenzione al passaggio generazionale nelle imprese e l'aiuto ai giovani che tornano all'agricoltura, la banda larga internet in tutte le zone rurali, massima attenzione alle produzioni biologiche. Il tutto con un imperativo di fondo, quello della legalità». Sono le linee guida che elenca a pochi giorni dal suo insediamento il nuovo assessore regionale all'Agricoltura Nino Caleca che di fronte a sé ha già una scadenza imminente da non sprecare: «La Sicilia conferma Calceca - è stata chiamata a coordinare gli 11 Paesi del cluster biomediterraneo di Expo 2015. Un grande riconoscimento e soprattutto un'occasione irripetibile per mettere in vetrina proprio questo nuovo disegno di Sicilia cui accennavo prima: una regione green attenta al biologico, alle imprese giovanili, al turismo integrato e dove anche l'Eni ha deciso per un futuro "verde" a Gela». Responsabile del cluster è Dario Cartabellotta, dirigente del dipartimento regionale Pesca mediterranea ed anche ex assessore: «Gestiremo un area comune di circa 5 mila metri quadrati con due aree di ristorazione e un wine bar accanto all'arena che ospita gli spettacoli e a due passi da palazzo Italia. Una posizione strategica per l'Expo che prevede 20 milioni di visitatori, due milioni solo al cluster alla media 10 mila persone al giorno». Caleca e Cartabellotta ricordano le dimensioni economiche del comparto: «L'agricoltura siciliana ha un giro d'affari di 4 miliardi di euro l'anno, più 500 milioni di euro della pesca. L'export verso l'estero è di 800 milioni l'anno e da qualche tempo a conquistare nuovi mercati non sono solo le grandi aziende ma decine di piccole e medie imprese agricole». I margini di sviluppo sono molto ampi: «L'esperienza della Toscana - sottolinea Cartabellotta - è esemplare. Attraverso l'export dei vini ha conquistato grandi flussi turistici da Brasile, Stati Uniti, Russia e Cina». Per questo la Regione ha stretto un accordo con il colosso milanese Uvet Viaggi e Turismo per convogliare i visitatori da Expo alla Sicilia. «Una sfida che amo dire nasce da via Notarbartolo, dall'albero Falcone - conclude Caleca - nell'operazione Expo ma in tutta la politica per l'agricoltura i valori fondamentali saranno legalità, prodotti di qualità certificata, una vera "blindatura" etico-legale del settore». g.a. Foto: Nino Caleca. A destra, Dario Cartabellotta SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 14/11/2014 78 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato "La Regione punta su green e giovani"
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