Conversione delle obbligazioni e clausola di step–up CONVERSIONE DELLE OBBLIGAZIONI E CLAUSOLA DI STEP–UP Avv. Adolfo Tencati PERSONA E DANNO [Indirizzo della società] Conversione delle obbligazioni e clausola di step–up | Avv. Adolfo Tencati Una recente sentenza dei giudici milanesi suggerisce a chi scrive alcune riflessioni sulle obbligazioni convertibili, tenendo altresì conto delle indicazioni provenienti dalla giurisprudenza della Corte UE. pag. 1 Conversione delle obbligazioni e clausola di step–up | Avv. Adolfo Tencati Sommario 1 Tra clausole di step–up e step-down. – 2 Osservazioni sulla clausola di convertibilità delle obbligazioni. – 3 Emissione di obbligazioni convertibili e diritto di opzione. – 3.1 Novità dalla Corte UE. – 3.2 Gli obbligazionisti convertibili esclusi dal diritto di opzione – 4 Bibliografia. 1 Tra clausole di step–up e step-down. Con la recente pronuncia 31 gennaio 2014, n. 1463, www.giurisprudenzadelleimprese.it, il Tribunale di Milano ha affrontato un argomento sul quale non si registra giurisprudenza edita, mentre la dottrina ha considerato la clausola discussa dal giudice milanese soltanto in anni non recenti (Maccabruni 2005, 345). Ne deriva l’interesse per la fattispecie giudicata dalla Magistratura di Milano. Nel regolamento del prestito si prevede che i portatori delle obbligazioni convertibili avranno diritto ad un incremento dell’interesse previsto dal regolamento stesso se, entro una data stabilita, l’emittente sarà quotato od incorporato in società quotata. Nulla di tutto ciò è avvenuto entro il termine previsto, sicché è nata la controversia decisa dall’organo giudicante di Milano. Piuttosto che ripercorrere le argomentazioni del Tribunale milanese (sintetizzate da Dentis 2014, on-line), piace riflettere sulla clausola presa in esame da quel giudice. Grazie ad essa, nota come step-up, la cedola corrisposta agli obbligazionisti si incrementa, fino ad un limite stabilito nel regolamento del prestito obbligazionario (il 5% nel caso ex Trib. Milano 1463/2014). La clausola inversa è detta step-down. Grazie ad essa la cedola spettante agli obbligazionisti si riduce progressivamente, eventualmente sino ad azzerarsi, nel corso del periodo indicato dal regolamento del prestito obbligazionario. La clausola prese in esame dal giudice milanese accede ad un prestito obbligazionario convertibili in azioni. Bisogna dunque spendere alcune considerazioni sulle obbligazioni convertibili. 2 Osservazioni sulla clausola di convertibilità. pag. 2 Conversione delle obbligazioni e clausola di step–up | Avv. Adolfo Tencati Il prestito obbligazionario convertibile è disciplinato dall’art. 2420 bis c.c., sul quale la dottrina raramente si è espressa a livello monografico, preferendo trattare l’argomento nell’ambito dei Commentari alla riforma societaria (ad esempio, Cavallo Borgia 2005, 210; Onza 2010, DVD). Nel caso giudicato da Trib. Milano 1463/2014, il regolamento del prestito obbligazionario considera un’ipotesi di conversione «diretta», ossia nella quale l’obbligazionista è legittimato a convertire i propri titoli in azioni della società debitrice. Anche se l’art. 2420 bis c.c. non disciplina la fattispecie, è tuttavia pacificamente ammessa anche la conversione «in diretta», ossia in azioni (esistenti o «di futura emissione» non importa) di società diverse dalla debitrice [l’applicabilità dell’art. 2420 bis c.c. al «procedimento indiretto» di conversione è concordemente accolta dalla dottrina (Campobasso 1988, 476; De Luca – Stagno D’Alcontres 2002, 822). Peraltro è controversa la parte di disciplina estensibile per analogia a tale procedimento. La bella illustrazione delle opinioni espresse in merito dagli studiosi si trova in Campobasso 1988, 477, nota 4. Per uno studio monografico sul «procedimento indiretto», ancorché anteriore alla riforma societaria, De Castello 1994, 365]. Quando le azioni in cui l’obbligazionista può convertire i sui titoli non esistono ancora, va condivisa l’idea per cui «il meccanismo giuridico attivato dall'esercizio della conversione in azioni sembra delineare una novazione del rapporto di mutuo […] in rapporto sociale (di partecipazione sociale), cosicché alla dichiarazione di conversione (da apprezzare siccome accettazione della simmetrica proposta irrevocabile) segue l'estinzione del rapporto di indebitamento e la costituzione, appunto, del rapporto sociale […]. Da cui, peraltro, segue la possibilità per il debitore — che abbia acquistato obbligazioni convertibili proprie — di conversione in azioni proprie senza incorrere nel divieto di sottoscrizione di azione proprie, non dovendosi eseguire alcun nuovo conferimento» (De Luca – Stagno D’Alcontres 2002, 829). [Queste considerazioni sono brillantemente sviluppate dalla sentenza a termini della quale la delibera di emettere obbligazioni convertibili — «a differenza della ipotesi dell’ordinario aumento di capitale mediante emissione di nuove azioni a pagamento, ex art. 2438 c.c. — implica una proposta irrevocabile della società per la stipula del contratto di sottoscrizione delle nuove azioni, rispetto alla quale la richiesta dell’obbligazionista di conversione delle obbligazioni in azioni assume la funzione di accettazione della proposta stessa, determinando pag. 3 Conversione delle obbligazioni e clausola di step–up | Avv. Adolfo Tencati la immediata conclusione del contratto e, con essa, l’effetto costitutivo del rapporto sociale oggetto del patto di conversione. Ne consegue che ove, al momento della estinzione della società emittente le obbligazioni, la conversione in azioni, in favore della società incorporante, si sia già perfezionata […], deve ritenersene legittima l’imputazione ad incremento del costo della partecipazione della società incorporante in quella incorporata, contribuendo in tal modo a determinare il disavanzo di fusione nella misura indicata nelle scritture contabili» (Cass. , sez. trib., 20 marzo 2006, n. 6204, MFI, 2006, 557)]. . Questa tuttavia non è l’unica possibile lettura della fattispecie obbligazione convertibile. Infatti c’è chi (Campobasso 1988, 473) immagina la compensazione tra il credito dell’obbligazionista alla restituzione delle somme prestate all’emittente e il «debito d’apporto», scaturente dalla sottoscrizione delle azioni risultanti dalla conversione delle obbligazioni. Altra parte della dottrina, invece, configura la casistica ex art. 2420 bis c.c. in termini «meno artificiosi e più aderenti al fenomeno» (Di Sabato – Blandini 2011, 300). In Per questa corrente interpretativa l’art. 2420 bis c.c. costruisce «un’obbligazione alternativa con facoltà di scelta del creditore all'attuazione del regolamento dell'indebitamento od alla sottoscrizione delle azioni» (ancora Di Sabato – Blandini 2011, 300). Poiché dalla sentenza che offre spunto alle attuali riflessioni (Trib. Milano 1463/2014) non emerge con chiarezza se le azioni da quotare fossero già esistenti, oppure ancora da emettere, giova ragionare anche su quest’ultima ipotesi. Essa può vedersi come «delegazione di pagamento» nella quale: (1) l’obbligazionista è il delegante; (2) la società emittente delle obbligazioni è la delegata; (3) la società emittente delle azioni, nelle quali si convertiranno le obbligazioni, è la delegataria. Restituendo il prestito all’obbligazionista, la società emittente automaticamente estingue il «debito d’apporto», contratto dall’obbligazionista medesimo verso la società destinataria della conversione (in tal senso Libonati 1999, 232) L’art. 2420 bis c.c. è tuttavia indifferente alla configurazione teorica della fattispecie. La norma, infatti, regola soltanto il «procedimento diretto» nell’emissione di obbligazioni convertibili. All’interno di questa disciplina, anche per il successivo sviluppo della trattazione, rileva l’obbligo, contestuale all’emissione delle obbligazioni convertibili, di «deliberare l'aumento del pag. 4 Conversione delle obbligazioni e clausola di step–up | Avv. Adolfo Tencati capitale sociale per un ammontare corrispondente alle azioni da attribuire in conversione» (art. 2420 bis, 2º co., I periodo, c.c.). Il II periodo dallo stesso co. prosegue: «sì applicano, in quanto compatibili, le disposizioni del secondo, terzo, quarto e quinto co. dell'art. 2346», relativi: (1) all’alternatività tra valore nominale espressamente od implicitamente indicato su ciascun titolo azionario (art. 2346, 2º e 3º co., c.c.); (2) alla possibile assegnazione delle azioni in misura diversa dalla proporzione ai conferimenti di ogni socio (art. 2346, 4º co., c.c.); (3) alla necessità che, comunque le azioni siano assegnate all’interno della compagine sociale, il capitale indicato nell’atto costitutivo sia completamente coperto (art. 2346, 5º co., c.c.). O Entra, dunque, in campo l’art. 2438 c.c. Il 1º co. della norma dispone che «un aumento di capitale non può essere eseguito fino a che le azioni precedentemente emesse non siano interamente liberate». La disposizione è ribadita dalla parte finale dell’art. 2420 bis, 1º co., c.c., a termini del quale la deliberazione con cui l’assemblea straordinaria (salva la delega agli amministratori art. 2420 per c.c.) dispone l’emissione di obbligazioni convertibili «non può essere adottata se il capitale sociale non sia stato interamente versato». Si ritiene, infine, estensibile all’emissione di obbligazioni convertibili prima di aver completamente liberato il pregresso capitale sociale la disposizione che responsabilizzare gli amministratori dell’emittente, in solido tra loro, «per i danni arrecati ai soci ed ai terzi. Restano in ogni caso salvi gli obblighi assunti con la sottoscrizione delle azioni emesse in violazione» del divieto de quo (art. 2438, 2º co., c.c.). 3 Emissione di obbligazioni convertibili e diritto di opzione. 3.1 Novità dalla Corte UE. Tra le varie operazioni, deliberate dalla società emittente, che influiscono sulla posizione dei portatori di obbligazioni convertibili, particolare rilievo assume l’aumento di capitale a pagamento, diverso da quello previsto dall’art. 2420 bis, 2º co., c.c., precedentemente ricordato. Riguardo al nuovo aumento di capitale va considerata la disposizione per cui, «se vi sono obbligazioni convertibili, il diritto di opzione spetta anche ai possessori di queste, in concorso con i soci, sulla base del rapporto di cambio» (art. 2441, 1º co., II periodo, c.c.). Invece l’art. 33, 1º §, direttiva 2012/30/UE, ripetendo letteralmente l’art. 29, 1º §, direttiva 77/91/CE (2ª direttiva societaria), dispone: «nel caso di aumento di capitale sottoscritto mediante conferimenti in denaro, le azioni devono essere offerte in opzione agli azionisti in proporzione della quota di capitale rappresentata dalle loro azioni». pag. 5 Conversione delle obbligazioni e clausola di step–up | Avv. Adolfo Tencati Il 6º §dello stesso art. 33 (ripetendo letteralmente il 6º paragrafo dell’art. 29, 2ª direttiva societaria), prescrive: il richiamato §1º trova applicazione «all'emissione di tutti i titoli convertibili in azioni o forniti di un diritto di sottoscrizione di azioni ma non alla conversione di tali titoli né all'esercizio del diritto di sottoscrizione». L’entrata in vigore, il 4 dicembre 2012, della direttiva 2012/30/UE, con la conseguente abrogazione (disposta dall’art. 48 d detta direttiva) della direttiva 77/91/CE, dunque non toglie valore alla pronuncia dove la Corte di Giustizia UE così si esprime: «viene meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’art. 29, n. 1 e 6, seconda direttiva 77/91, in materia di diritto societario, uno Stato membro che riconosce un diritto d’opzione, in caso di aumento di capitale sottoscritto mediante conferimenti in denaro, non solo agli azionisti bensì anche ai detentori di obbligazioni convertibili in azioni, e che riconosce un diritto d’opzione per obbligazioni convertibili in azioni non soltanto agli azionisti, bensì anche ai detentori di obbligazioni convertibili in azioni emesse nell’ambito di emissioni precedenti. Infatti, come risulta dal tenore di detto art. 29, n. 1 e 6, l’offerta di nuove azioni e di obbligazioni convertibili in azioni è rivolta non agli azionisti ed ai detentori di obbligazioni simultaneamente, bensì «in opzione” agli azionisti. Pertanto, solamente nella misura in cui gli azionisti non abbiano esercitato il loro diritto di opzione, le azioni ed obbligazioni possono essere offerte agli altri acquirenti, tra i quali figurano segnatamente i detentori di obbligazioni convertibili in azioni» (Corte Giust. UE 18 dicembre 2008, C – 338/06, Racc, 2008, 10139). La Commissione UE (con argomenti, condivisi sul punto dalla Corte di Giustizia), accusava la Spagna di aver violato la normativa comunitaria sull’aumento di capitale. Tuttavia la similitudine tra l’ordinamento spagnolo e quello italiano consente di applicare la sentenza 338/06 della Corte comunitaria anche all’art. 2441, 1º co., II periodo, c.c. italiano. Per interpretarlo in modo conforme alla disciplina comunitaria bisogna allora leggerlo come se attribuisse ai portatori di obbligazioni convertibili il diritto di opzione sulle azioni di nuova emissione solo successivamente (non già contestualmente, come dice la norma), all’esercizio del diritto stesso da parte degli azionisti. Affinché gli obbligazionisti convertibili possano esercitare l’opzione, occorre tuttavia che esistano azioni non optate. Se infatti tutte le azioni di nuova emissione sono acquistate dagli azionisti che esercitano il diritto di opzione, gli obbligazionisti convertibili possono acquistare soltanto le azioni emesse grazie all’aumento di capitale «a servizio del prestito obbligazionario». pag. 6 Conversione delle obbligazioni e clausola di step–up | Avv. Adolfo Tencati Pertanto si verifica, a danno dei predetti obbligazionisti, la «diluizione» della posizione societaria. Tale «diluizione, invece, sarebbe evitata se gli obbligazionisti convertibili esercitassero il diritto di opzione, aderendo al successivo aumento di capitale Malgrado l’importanza (evidente alla stregua delle pregresse osservazioni) pure per l’ordinamento italiano, gli studiosi non hanno dedicato particolare attenzione alla pronuncia della Corte comunitaria 338/06. Non si è infatti trovata nessuna nota sentenza, mentre soltanto 2 autori (Pizolla 2010, 202; Weigmann 2012,339, on-line) hanno svolto argomentazioni relative alla sentenza de qua. Il disinteresse della dottrina verso Corte Giust. UE 338/06 è difficilmente spiegabile, a fronte delle gravose conseguenze derivanti dalla sua applicazione nell’ordinamento italiano. Infatti, «avendo il diritto di opzione concesso agli obbligazionisti con facoltà di conversione il proprio fondamento nella legge nazionale, ma essendo questa in contrasto con un precetto europeo formulato “in termini chiari e precisi ed in modo incondizionato” [Corte Giust. UE 338/06, § 24: n.d.a.], se — in un futuro aumento di capitale o in una nuova emissione di obbligazioni convertibili in azioni — l'assemblea deliberasse riconoscendo il diritto di opzione non solo alle azioni già emesse, ma anche alle obbligazioni convertibili ormai circolanti, i soci potrebbero impugnare e chiedere che la decisione sia dichiarata nulla per illiceità dell'oggetto (art. 2379 c.c.)» (Weigmann 2012, , 339, on-line). La «tutela reale» — derivante dalla pronuncia di nullità, previa disapplicazione dell’art. 2441, 1º co., II periodo, c.c., perché incompatibile con la disciplina comunitaria dell’aumento di capitale —, è però subordinata al rispetto dei termini ex art. 2379 ter c.c., abbreviati rispetto a quelli previsti per l’ordinaria azione di nullità delle delibere assembleari. A giudizio di chi scrive, tuttavia, resta aperta la prospettiva risarcitoria del danno, derivante agli obbligazionisti convertibili dalla «diluizione» della loro posizione post conversione. Accanto al risarcimento del danno, si possono immaginare altre soluzioni (proposte da Weigmann 2012, 339, on-line), peraltro tutte da verificare nella ancora future dialettica giudiziaria. 3.2 Gli obbligazionisti convertibili esclusi dal diritto di opzione La spettanza del diritto di opzione agli obbligazionisti convertibili, a condizione che le nuove azioni (diverse da quelle emesse ex art. 2420 bis può, 2º co., c.c.) restino inoptate non toglie rilevanza al problema: la delibera che dispone l’aumento di capitale può limitare (od addirittura escludere) il residuale diritto di opzione degli obbligazionisti convertibili? pag. 7 Conversione delle obbligazioni e clausola di step–up | Avv. Adolfo Tencati La questione sorge perché l’art. 2415 c.c. non comprende l’attuale casistica tra quelle rientranti nella competenza dell’assemblea degli obbligazionisti. A prima vista, dunque, la delibera ex art. 2441 c.c. è legittimata ad estraniare completamente gli obbligazionisti convertibili. Ciò senza che la mancata audizione della loro assemblea particolare sia motivo di inefficacia (od invalidità) della delibera dell’assemblea generale. La riforma societaria fornisce ulteriori argomenti alla corrente interpretativa (sostenuta, prima della riforma stessa, da Libonati 1999, 232) favorevole a siffatta conclusione. Infatti, ex art. 2443 c.c., l’aumento di capitale (con esclusione ho limitazione del diritto di opzione, perché ci sono conferimenti in natura, oppure lo richiede l’interesse della società) può essere delegato agli amministratori. Pertanto è difficile immaginare che una delibera consiliare sia condizionata dal placet, espresso dall’assemblea degli obbligazionisti. La competenza di tale assemblea può recuperarsi immaginando (con Calvosa 2004, 966) che l’aumento di capitale con esclusione (o limitazione) del diritto di opzione sia assimilabile alle «modificazioni delle condizioni del prestito» obbligazionario, incluse nella competenza dell’assemblea degli obbligazionisti dall’art. 2415, 1º co., n. 2), c.c. Tuttavia alcuni illustri studiosi giustamente osservano: «si tratta di modificazione del prestito sottratta per legge alla competenza degli obbligazionisti, giungendo alla conclusione: (I) dell'applicabilità dei rimedi contrattuali di risoluzione del mutuo e di risarcimento del danno, qualora la decisione di esclusione o limitazione sia adottata in assenza dei presupposti richiesti dalla legge, ovvero (II ) della legittimazione all'azione di nullità della delibera per illiceità dell’oggetto, in caso di esclusione o limitazione, efficace solo per i titolari di obbligazioni convertibili. Si parla, in detta eventualità [n.d.a.], di esclusione discriminatoria, riguardante cioè i soli obbligazionisti e non anche gli azionisti» (Campobasso 1988, 460, il cui pensiero non è sbiadito dalla riforma societaria. Dopo questa, infatti, sulle stesse posizioni si trova Audino 2005,) 1335-1336). pag. 8 Conversione delle obbligazioni e clausola di step–up | Avv. Adolfo Tencati Peraltro chi scrive reputa la delibera di aumento di capitale che esclude (o limita) il diritto di opzione degli obbligazionisti convertibili, anche se subordinatamente all’esistenza di azioni inoptate, compresa tra quelle riguardanti «gli altri oggetti di interesse comune degli obbligazionisti» (art. 2415, 1º co., n. 5), c.c.). Con la cautela suggerita dal non aver trovato giurisprudenza edita sui rapporti tra l’esclusione (o la limitazione) del diritto di opzione e la posizione degli obbligazionisti convertibili, la clausola di step-up (inserita nel regolamento del prestito obbligazionario) è un valido rimedio alla modifica peggiorativa della loro condizione, derivante soprattutto da Corte Giust. 338/06. 4 Bibliografia. Audino A. 2005 Art. 2420 bis c.c.. In Maffei Alberti A. (A cura di), Il nuovo diritto delle società Commentario sistematico al d.lg. 17 gennaio 2003, n. 6 aggiornato al d.lg. 28 dicembre 2004, n. 310. CEDAM, Padova, 1319. Calvosa L. 2004 Art. 2420 bis c.c.. In Niccolini G. – Stagno D’alcontres A. (A cura di), Società di capitali - Il nuovo ordinamento aggiornato al d.lg. 6 febbraio 2004, n. 37. Jovene, Napoli, 962. Visita al conto oggi Campobasso G. F. 1988 Le obbligazioni. Utet, Torino. Cavallo Borgia R. 2005 Art. 2420 bis c.c.. In Comm. Scialoja – Branca – Galgano c.c.. Italiano, Bologna – Roma, 210. Zanichelli – Foro De Castello V. 1994 Il procedimento indiretto nell’emissione delle obbligazioni. In CI, 365. De Luca N. – Stagno D’Alcontres A. pag. 9 Conversione delle obbligazioni e clausola di step–up | Avv. Adolfo Tencati 2002 Obbligazioni di società. In ED, Aggiornamento V, 792. Dentis L. 2014 Prestiti obbligazionari: l'interpretazione della clausola di step up. In QuGi, 11 marzo 2014, on-line. Di Sabato F. – Blandini A. 2011 Diritto delle società. III edizione, Giuffrè, Milano. Libonati B. 1999 Titoli di credito e strumenti finanziari. Giuffrè, Milano. Maccabruni F. 2005 Step-up equity line e disciplina dell’aumento di capitale. In BBTC, I, 345. Digitale che conta oggi Onza M. 2010 Art. 2420 bis c.c.. In Abriani N. – Stella Richter J. M. (A cura di), Codice commentato delle società. Utet giuridica, Torino, DVD. Digitale conto oggi Pizolla A. 2010 Il diritto di opzione su azioni di nuova emissione: il contestato esercizio da parte dei titolari di obbligazioni convertibili. In RDS (1), 202. Weigmann R. 2012 Le obbligazioni convertibili perdono il diritto di opzione. In GCo, I, 339. pag. 10
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