Executive Summary - Progetti di Formazione per Docenti

Executive Summary
La scelta di dedicare una parte consistente delle risorse offerte dai Fondi strutturali al
miglioramento delle competenze degli operatori dell’education rispecchia una concezione
sistemica dell’apprendimento. I problemi che interessano il mondo dell’istruzione non possono
essere affrontati senza un intervento che coinvolga in modo trasversale tutti gli attori significativi
all’interno dei processi educativi. Ad esempio, è ampiamente riconosciuto come la dispersione
scolastica sia un fenomeno complesso e multidimensionale, con conseguenze che possono essere
contrastate intervenendo non solo sul fronte della didattica, ma anche del contesto sociale,
culturale ed economico. Il miglioramento delle performance del sistema educativo italiano passa,
quindi, per interventi in grado di sollecitare, con la medesima intensità, tutti gli attori dei processi
educativi.
Un ruolo fondamentale nel processo di sviluppo del sistema educativo è svolto dal personale
docente. Su questo fronte la situazione italiana evidenzia una serie di ritardi. Il progressivo e
costante invecchiamento del personale docente pone, con forza, il problema della formazione
continua. Questa considerazione generale è ancor più valida se si tiene conto dei mutamenti
prodotti nella società, soprattutto dalle tecnologie. L’adeguamento delle competenze professionali
del corpo docente è una priorità, come e quanto la lotta alla dispersione scolastica. È in questo
contesto che nascono i progetti di formazione PON “COMPETENZE PER LO SVILUPPO” per docenti,
inseriti nelle attività previste dal Programma Operativo Nazionale 2007-2013 “Competenze per lo
Sviluppo” (a cofinanziamento FSE) e mirati alla formazione degli insegnanti delle scuole secondarie
del primo e del secondo ciclo. Le azioni hanno riguardato l’aggiornamento e il rafforzamento delle
competenze rispetto alla didattica dell’italiano, della matematica, delle lingue, delle scienze.
L’obiettivo B del PON “Competenze per lo sviluppo” prevede il miglioramento delle competenze
del personale e della scuola. Tra le diverse azioni previste, la B10 “Progetti nazionali con Formazione
a Distanza (FAD)”, è basata sull’adesione degli istituti scolastici a un piano nazionale di formazione
dei docenti sulle competenze di base. Quest'azione mira a favorire lo sviluppo professionale dei
docenti per innovare la didattica e migliorare la qualità dell'offerta di apprendimento per gli allievi.
L’oggetto dell’azione di monitoraggio sono quattro progetti di formazione disciplinare rivolti ai
docenti della scuola secondaria: PON Educazione Linguistica e Letteraria in un’ottica plurilingue [B
– 10-FSE-2010-1], PON Lingua, letteratura e cultura in una dimensione europea [B-10-FSE-2010-2],
PON [email protected] [B-10-FSE-2010-3], PON Educazione Scientifica [B-10-FSE-2010-4].
Lo scenario in cui operano i progetti rimanda ad una situazione di formazione di formatori con
l’aggiunta di alcuni elementi di complessità relativamente alla cornice istituzionale, burocratica e
tecnico-operativa: sotto il profilo istituzionale la presenza di attori ordinati in modo gerarchico
all’interno del sistema scolastico può influire sull’autonomia e le scelte degli attori; dal punto vista
burocratico, il finanziamento dei progetti con risorse del PON “Competenze per lo sviluppo” 20072013 comporta di tener conto nel monitoraggio degli obiettivi del programma ed, in
considerazione del periodo specifico coincidente con il termine della programmazione corrente,
anche di tener conto del dibattito sulla valutazione per il periodo 2014-2020; infine, dal punto di
vista tecnico-operativa la maggior complessità opera in riferimento alle piattaforme e utilities
tecnologiche complesse che accompagnano l’erogazione della formazione. In sintesi, lo scenario
presenta delle particolarità che necessitano una progettazione esecutiva delle azioni di
monitoraggio molto attenta agli elementi di contesto.
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L’obiettivo dei progetti formativi promossi da INDIRE è migliorare il modo di “fare scuola” dei
docenti, in termini di contenuti, metodologie e approcci didattici. Sulla scorta delle precedenti
edizioni del monitoraggio INDIRE ha identificato 5 dimensioni valutative, rispetto alle quali
sollecitare gli stakeholder dei progetti: aspetti organizzativi e gestionali; struttura ed efficacia del
percorso formativo; funzionalità e ricaduta della formazione; ambiente per la collaborazione
digitale; radicamento.
Il monitoraggio dell’annualità 2012/2013 dei corsi PON ha adottato un approccio che, pur essendo
in continuità con le precedenti edizioni, presenta una differenza sostanziale; revisione nella
direzione delle indicazioni prospettate all’interno del dibattito sulla valutazione dei Fondi Strutturali
2014-2020. Il set di indicatori di monitoraggio è stato pensato considerando lo scenario che
caratterizzerà l’impiego dei Fondi strutturali nei prossimi anni. Questa scelta ha avuto delle ricadute
sul modello di monitoraggio poiché, in via preliminare, è stato necessario verificare la coerenza del
modello in uso con le indicazioni espresse in sede istituzionale ed europea.
L’innovazione metodologica e didattica sono stati gli elementi su cui è stato centrato il modello di
monitoraggio. Le indicazioni presenti nella documentazione preparatoria del periodo di
Programmazione 2014-2020 fanno chiaro riferimento alla validità dell’approccio sviluppato con i
PON. Nel prossimo periodo di programmazione, tecnologie e innovazione didattica saranno il
perno attorno al quale far ruotare gli interventi di supporto al sistema dell’education. Il tema della
digital literacy degli operatori scolastici è legato a doppio filo con l’innovazione didattica poiché,
come nei progetti dell’azione B10, le tecnologie non sono solo un mezzo di comunicazione, ma
rappresentano un vero e proprio ambiente di apprendimento, che come tale modifica contenuti,
strumenti e metodologie didattiche. Anche la certificazione delle competenze digitali degli
insegnanti, nonostante le difficoltà tecniche di implementazione e le resistenze di natura culturale,
rappresentano un passaggio obbligato e non si vede il motivo per il quale le tecnologie non
debbano entrare a far parte dei criteri di valutazione del corpo docente.
La mancanza di indicatori attendibili conferma, ancora una volta, come la transizione verso
politiche pubbliche evidence based e data driven non sia più rinviabile. Sotto questo profilo, la
scelta di far dialogare il monitoraggio dei progetti dell’azione B10 con questioni attinenti alla
valutazione, non va intesa come un’invasione di campo, ma come un tentativo di offrire maggiori
evidenze sul funzionamento e la ricaduta dell’investimento.
Combinando le informazioni desunte dalla documentazione tecnica e programmatoria sono stati
definiti una serie di criteri rispetto ai quali è stato articolato il disegno di monitoraggio.
Il criterio dell’accessibilità, inteso sia come accessibilità fisica degli utenti ai corsi, in termini di
facilità e possibilità di partecipazione sia come accessibilità dell’ambiente digitale per la
formazione, inteso come usabilità e intuitività dell’interfaccia informatica usata all’interno dei corsi.
Gli indicatori afferenti al criterio sono: funzionalità del sistema informatico; velocità di gestione della
piattaforma informatica nell’eventuale laboratorio didattico dell’istituto scolastico; possesso di
strumento informatico e da quanto tempo; difficoltà nell’interazione con la formazione online
proposta.
Il criterio della tempestività, riferito alla componente temporale del processo di attuazione, in
termini di tempi, scadenze e scansione in fasi dell’attività formativa. Gli indicatori che si collegano
al criterio sono: arco temporale tra la richiesta (candidatura del docente) e l’avvio del percorso
formativo; Giudizio sulla scansione in fasi dell’attività formativa.
Il criterio dell’adeguatezza al quale si collega la rispondenza della formazione erogata con il
bisogno dell’utenza e che misura l’impatto indiretto del percorso formativo proposto agli allievi. Gli
Indicatori che possono essere fatti rientrare in questo criterio sono: aspettative dei corsisti rispetto
alla formazione; corrispondenza tra fabbisogni in ingresso e offerta formativa.
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Il criterio dell’appropriatezza si riferisce a livello macro alla congruenza tra i percorsi previsti e gli
obiettivi prefissati dal PON, a livello micro alla verifica di quali tra le azioni attuate siano
maggiormente collegate al miglioramento delle competenze dei docenti delle istituzioni
scolastiche. Possibili indicatori afferenti a questo criterio sono: docenti con basse competenze
digitali in entrata che hanno raggiunto un livello sufficiente di digital literacy; opinioni dei DS sulla
competenze dei docenti.
Il criterio dell’efficacia è stato suddiviso in due sotto-criteri. Il criterio di efficacia interna, intesa
come la capacità di raggiungere gli obiettivi ed i risultati attesi fissati nel PON, per quale i possibili
indicatori sono: numero di classi attivate; numero di corsisti iscritti; completamento delle attività
formative. Il criterio di efficacia esterna, intesa come la capacità della formazione erogata di
migliorare le competenze dei docenti e, indirettamente, la conoscenza degli studenti; numero di
sperimentazioni d’aula; giudizio sulle risposte degli studenti alle proposte di didattica sperimentale.
Il criterio dell’efficienza misura il rapporto tra i mezzi impiegati e risultati raggiunti. Nello specifico si è
voluto monitorare l’efficienza di risultato in base ai target prefissati da PON con i mezzi a
disposizione. Inoltre, visti gli strumenti di erogazione della formazione, si è rilevata l’efficienza della
formazione in aula e quella della formazione online, due sotto-criteri che vengono definiti in termini
di “efficienza operativa in aula” e “efficienza operativa online”. I possibili indicatori afferenti a
questo criterio sono: giudizio dei corsisti sull’ambiente digitale di formazione; corrispondenza delle
attività di tutoraggio erogate con le attività previste; giudizio sulla competenza degli esperti
disciplinari.
Il criterio della rilevanza va ad analizzare la capacità di modifica del problema, così come definito
nel PON, in termini corrispondenza tra i risultati degli interventi e i cambiamenti avvenuti nel
contesto territoriale di riferimento. Gli indicatori afferenti a questo criterio possono essere: docenti
che hanno frequentato più annualità dei corsi; presenza di reti di scuole promotrici di innovazione
didattica.
Il criterio della soddisfazione si riferisce alla soddisfazione degli attori impegnati nella formazione
(DS, tutor, docenti-corsisti) sia rispetto alle diverse componenti dell’offerta formativa, sia nel
complesso. A causa della forte soggettività dei livelli di soddisfazione, il criterio va sempre
applicato in combinazione con altri criteri al fine di contenere le potenziali distorsioni. Indicatori che
possono essere ricondotti a questo criterio sono: soddisfazione degli attori della formazione per
singola dimensione del modello formativo; soddisfazione complessiva degli attori della formazione.
Il monitoraggio è stato realizzato adottando un disegno metodologico misto, applicando uno
schema “concorrente” [QUAN+QUAL], all’interno del quale i dati qualitativi e quantitativi sono stati
raccolti e analizzati per rispondere a un solo tipo di domande di ricerca. Diversamente da altri
disegni misti, in questo schema di ricerca i dati quantitativi e qualitativi possono essere raccolti e
analizzati in modo indipendente, è sufficiente che nella progettazione siano operativizzate
dimensioni di analisi complementari.
Le fonti scelte per la realizzazione del monitoraggio quantitativo sono state tre: il DB GPU
contenente dati di origine amministrativa relativi a corsisti, tutor, classi, scuole presidio e di servizio. Il
DB originato dalle attività di corsisti e tutor all’interno dell’ambiente di formazione online, che a
differenza del precedente riguarda dati process produced ovvero risultanti da un processo; fonte
di tipo primario mediante indagine diretta con questionario, realizzata in modalità CAWI.
Nell’analisi delle prime due fonti i risultati sono stati combinati per valutare l’andamento delle
variabili desunte dal tracciamento alla luce delle caratteristiche socio-anagrafiche dei corsisti, col
fine di individuare i profili di corsisti che “reggono” meglio il modello didattico previsto da INDIRE.
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Le indagini CAWI hanno coinvolto tre diverse popolazioni di attori del progetto: i docenti corsisti,
iscritti nell’A.S. 2012/2013, i tutor attivi nell’A.S. 2012/2013 e i corsisti che hanno seguito la formazione
PON negli A.S. 2009/2010 e 2010/2011. La rilevazione è avvenuta nel periodo compreso tra il 10 e il
24 febbraio.
Le azioni di ricerca realizzate con strumenti qualitativi sono stati i focus group organizzati con corsisti
e tutor, e le interviste con i dirigenti scolastici, come evidenziato nella tabella che segue:
FONTE
1
2
3
Focus Group
Interviste focalizzate
in presenza
Interviste focalizzate
a distanza
TIPO di
INFORMAZIONE
Primaria
UNITA’ di
RILEVAZIONE
Corsisti + Tutor
MODALITA’ di
RILEVAZIONE
Face2face
5
Tecniche di
trattamento dati
Analisi tematica
Primaria
DS Sedi presidio
Face2face
8
Analisi tematica
Primaria
DS Sedi di servizio
Telefono/VoIP
12
Analisi tematica
N.
Il segmento qualitativo del monitoraggio presenta alcune caratteristiche metodologiche comuni
alle tre fonti considerate, quali l’impiego di tecniche di campionamento tipologico nella selezione
dei testimoni territoriali e la correzione dei criteri di campionamento al fine di massimizzare la
partecipazione dei beneficiari del progetto. Con riferimento alle tecniche di campionamento
tipologico, le interviste e i focus group, sono state realizzate applicando delle scelte di
campionamento teoricamente orientate; in questo senso l’analisi dei dati GPU ha permesso di
individuare testimoni che, per caratteristiche strutturali, rappresentassero contesto di interesse per il
monitoraggio. Per massimizzare la partecipazione al progetto, la selezione dei soggetti invitati a
partecipare a focus group e interviste è stata effettuata tenendo conto della logistica e delle
opportunità di mobilità delle persone.
Per la composizione dei 5 focus group previsti dal modello di monitoraggio si è deciso di costruire
dei gruppi ad hoc facendo incontrare persone appartenenti a classi differenti, assimilando una
classe a un gruppo naturale. La scelta dei criteri per la composizione dei gruppi ha avuto
l’obiettivo di creare un ambiente favorevole alla discussione considerando che il confronto di punti
di vista ed esperienze differenti è il motore della discussione. Con riferimento alla composizione
interna, si è scelto di realizzare dei gruppi eterogenei composti da tutor e docenti corsisti.
I tutor sono stati individuati secondo l’esperienza pregressa all’interno dei progetti PON e il numero
di classi tutorate a prescindere dal progetto. Con il primo criterio si è inteso ottenere elementi per
confrontare le opinioni di chi ha una esperienza ricorrente con coloro che invece hanno solo un
anno di esperienza. Il secondo criterio è stato invece funzionale a favorire il confronto tra soggetti
che hanno un legame esclusivo con una classe e potrebbero avere la tendenza a esaltare gli
aspetti positivi e coloro che, invece, tutorando più classi hanno un punto di vista più articolato. A
garanzia dell’eterogeneità di punti di vista si è previsto che i tutor provenissero almeno da due
differenti sedi presidio.
Anche nella scelta dei docenti corsisti si è tenuto conto di due criteri, l’età del corsista e gli anni di
esperienza didattica. Il primo criterio individua due diverse generazioni di insegnanti che
presumibilmente differiscono per tipo di percorso formativo, esperienze e anche familiarità nei
confronti delle tecnologie informatiche. Il secondo criterio distingue tra docenti con un’esperienza
più lunga e docenti da pochi anni nel sistema scuola. A garanzia dell’eterogeneità dei punti di
vista dei partecipanti si è previsto che i corsisti provenissero da almeno tre scuole presidio.
Infine, nella localizzazione dei gruppi si è combinato la rilevanza teorica dei criteri prescelti con
l’esigenza di considerare anche una dimensione pratica, favorendo soluzioni che superassero
eventuali condizionamenti relativi alla mobilità e alla facilità di raggiungere la sede del focus
group, mediante l’identificazione di un criterio geografico ed un criterio di “prevalenza
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progettuale”. In questo senso, i gruppi sono stati realizzati nei capoluoghi regionali, o in città facili
da raggiungere, organizzando un focus group per ciascun progetto nella Regione dove si è
riscontrata la partecipazione più elevata relativamente al progetto specifico.
La caratteristica fondamentale dei focus group e la presenza di un gruppo interattivo di pari che
risponde direttamente alle domande dei ricercatori. I focus enfatizzano le competenze e qualità
dei singoli partecipanti su argomenti specifici. Rispetto all’impostazione del modello classico, si è
scelto di introdurre un momento iniziale di icebreaking, finalizzato a indurre nei partecipati un
atteggiamento di condivisione, al lavoro di gruppo, ed altri strumenti sono stati utilizzati nel corso
dell’incontro per accrescere le opportunità di dialogo e confronto tra i partecipanti. I gruppi sono
stati gestiti da un facilitatore e da un collaboratore (con la funzione di assistente). Le aree
tematiche dei focus group sono le medesime adottate per la costruzione dei questionari
standardizzati, in ottica di approccio “concorrente”, nel quale le evidenze raccolte con strumenti
standard sono confrontate con quanto rilevato con strumenti non standard.
Per la realizzazione delle interviste ai dirigenti scolastici delle scuole presidio è stato usato un
campione tipologico, anche detto a disegno fattoriale. La caratteristica fondamentale di questo
disegno di campionamento è che le variabili usate per delle quote di intervistati hanno rilevanza
esplicativa e sono sostenute da ipotesi teoriche che poi si andranno a verificare a livello empirico. I
criteri di stratificazione del campione sono stati due: il numero di classi attivate nella scuola presidio
a prescindere dal progetto e il tasso di abbandono dei corsisti. Accanto a questi, al fine di
assicurare una maggiore eterogeneità del campione sono stati inseriti i criteri aggiuntivi della
regione di provenienza e del progetto a cui si è partecipato; almeno un DS per progetto PON.
Per la realizzazione delle 12 interviste ai Dirigenti Scolastici delle sedi di servizio dei corsisti è stato
usato un campione per quote. Tale disegno di campionamento prevede che la popolazione di
riferimento sia suddivisa in strati all’interno dei quali è individuato un certo numero di unità di
rilevazione da considerare (quote). Gli strati vengono definiti attraverso la scelta di un certo
numero di caratteri ritenuti rilevanti ai fini della selezione delle unità, che nel caso in esame sono
stati: la prevalenza progetto PON come il progetto al quale il direttore scolastico ha iscritto il
maggior numero di corsisti e la percentuale di abbandoni.
Il primo livello di monitoraggio dei progetti disciplinari gestiti da INDIRE è, come affermato nella
definizione del disegno di monitoraggio, di ordine quantitativo. Una prima interessante
osservazione emerge dall’analisi e dal confronto del tasso di grave assenteismo e del tasso di ritiro.
Secondo l’organizzazione didattica prevista da INDIRE, al raggiungimento del 25% di assenze sul
totale delle ore di formazione il corsista è impossibilitato a concludere la formazione. La
scomposizione per regione e progetto del tasso di grave assenteismo e alle sue componenti,
numero di iscritti non ritirati che ha superato il 25% delle assenze e numero di iscritti non ritirati, rileva
una interessante correlazione negativa tra i due indicatori: a fronte di bassi tassi di ritiro si
riscontrano tassi di assenteismo anche molto alti e viceversa. Inoltre da un analisi per progetto e
territorio, i progetti di matematica in Campania e Sicilia sono i due dove le differenze tra gli
indicatori sono più marcate. Le variazioni più forti, in senso negativo, sono comunque in gran parte
ascrivibili ai corsi realizzati nella regione Campania, nella quale a fronte di un tasso di ritiro
generalmente più contenuto si riscontrano tassi di assenteismo più elevati. Sul fronte opposto,
occorre citare i risultati ottenuti in Sicilia dai progetti Ed-Sc e Cult-Eu-IT e il valore del progetto CultEu-IT in Calabria.
I dati relativi ai tassi specifici, calcolato come il rapporto tra i cosiddetti “attestatari” e i
frequentanti, risultano molto alti quasi sempre superiori all’80%, con l’eccezione della Campania
dove rispetto ai progetti di Cultura europea e scienze il tasso di completamento scende sotto la
soglia dell’80%, arrivando nel caso di Cult-Eu-LS al 67,2%.
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L’analisi delle variabili socio-professionali restituisce un’immagine abbastanza omogenea: i
partecipanti ai corsi PON sono docenti di sesso femminile, in età abbastanza matura con
un’esperienza medio-lunga all’interno della scuola. Dall’analisi dei profili dei corsisti si denota una
distribuzione molto sbilanciata in favore delle donne e del titolo di studio terziario: il 90,8% dei
docenti è di sesso femminile e la quasi totalità è in possesso di un titolo di studio terziario (il 93,7% ha
conseguito una laurea prima della riforma degli ordinamenti universitari); anche rispetto all’età
degli iscritti vi è una netta prevalenza di individui in età centrale. Si tratta di un profilo molto
caratterizzato non particolarmente distante dal profilo medio del docente italiano, come si legge,
anche, nella Country Note dell’Ocse, l’Italia dispone del corpo insegnante più anziano dei Paesi
dell’OCSE:
Nel 2011, il 47,6% degli insegnanti della scuola elementare, il 61,0% degli insegnanti della scuola
secondaria di primo grado e il 62,5% degli insegnanti della scuola secondaria di secondo grado aveva
più di 50 anni.
Con riferimento ai corsisti che non riescono a completare la formazione, l’analisi del profilo socio
professionale rileva che l’età e gli anni di esperienza sono variabili che sembrano influenzare
negativamente la frequenza: i corsisti con troppe assenze sono per il 65,5% docenti con più di 15
anni di esperienza. Si potrebbe leggere quest’indicazione in termini di minore motivazione
all’aggiornamento: gli insegnanti a fine carriera sono meno propensi a completare la formazione
perché si vedono prossimi all’uscita dal mondo della scuola. C’è però anche una seconda ipotesi:
un docente con molti anni di servizio sulle spalle ha probabilmente un approccio all’insegnamento
radicato per cui potrebbe mostrarsi più recalcitrante a modificare il proprio modo di insegnare.
Con riferimento alla partecipazione on-line, i dati socio-anagrafici dei corsisti combinati con le
informazioni presenti all’interno del sistema di tracciamento delle attività online evidenziano una
diversa partecipazione in relazione al progetto, imputabile all’organizzazione didattica del corso
piuttosto che ai corsisti, mentre si conferma il ruolo della dimensione territoriale nel differenziare i
risultati dell’analisi dati. La scomposizione delle variabili per provincia della scuola presidio mette in
evidenza una certa eterogeneità dei livelli di partecipazione online.
Per altro anche l’età dei corsisti condiziona la partecipazione online, come è emerso dall’analisi di
un indice di dati appositamente sintetizzato, relativamente alle attività esterne al gruppo classe per
due macro-classi di età (50 anni o meno e più di 50 anni). Se si combina questo risultato con le
difficoltà di completamento dell’attività formativa o con i dati sul grave assenteismo - tutti indicatori
che, come illustrato in precedenza, variano all’aumentare dell’età – si delinea una situazione per la
quale i docenti di età più matura hanno avuto maggiore difficoltà a seguire le attività formative
previste. Tuttavia, ricollegare il tutto al digital divide non appare corretto in quanto dall’analisi
emergono altre due variabili, il territorio e il progetto disciplinare, che seppure in modo non
sistematico influenzano l’andamento dei diversi indicatori considerati. Pertanto i dati delle indagini
CAWI sono stati studiati cercando di rispondere anche al seguente interrogativo: “se
l’organizzazione didattica dei progetti influisce sulla capacità dei corsisti di partecipare
attivamente e portare a termine le attività didattiche”
Un altro degli attori principali dei progetti di formazione disciplinare oltre i corsisti sono i tutor. Il tutor
è una figura centrale nel modello di formazione proposto da INDIRE, in quanto, oltre a gestire la
classe, ha anche una funzione di facilitatore e di trait d’union tra i contenuti tecnico-teorici
proposti dagli esperti e dal Comitato scientifico e l’applicazione in aula. L’esame dei dati relativi al
profilo socio-professionale dei tutor ha fatte emergere similitudini e discordanze con quello dei
corsisti.
Le maggiori similitudini con i corsisti si riscontrano sotto il profilo anagrafico, dove la stragrande
maggioranza dei tutor è di sesso femminile (80,6%) ed un quarto ha meno di 45 anni. Si tratta quindi
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di insegnanti presumibilmente esperti, con alle spalle una carriera abbastanza lunga. Inoltre, la
stragrande maggioranza fa riferimento a individui laureati.
Con riferimento all’attività on line, l’analisi dell’attività, condotta utilizzando 5 indicatori condivisione materiali (upload); messaggi nei forum del gruppo; invio mail al gruppo o ai singoli;
gestione avvisi; condivisione materiali (download) – evidenzia, nel complesso, un uso più intenso tra
i tutor più maturi in termini di età, il che può essere interpretato, anche in relazione col dato
differente relativo ai corsisti, che a prescindere dall’età conti più la familiarità con gli strumenti a
disposizione nell’ambiente online predisposto da INDIRE che la capacità d’uso delle tecnologie
digitali in sé: i tutor con un’esperienza più consolidata potrebbero avere maggiore dimestichezza
con i tool digitali presenti nella piattaforma PON.
L’analisi per singolo progetto non propone indicazioni che possono essere usate per definire in
modo univoco la funzione di tutoring; l’elemento da tenere presente per il monitoraggio è il
delinearsi di una contrapposizione, al momento non particolarmente netta, tra il tutor inteso come
coordinatore/organizzatore della didattica e il tutor che invece assolve una funzione di facilitatore
smistando e proponendo contenuti didattici ai corsisti. Infatti, da un’analisi centrata sulla variabile
territoriale sembrano emergere due approcci al tutoraggio online leggermente differenti tra loro:
da una parte, i tutor che preferiscono sollecitare i corsisti tramite i contenuti; dall’altra i tutor che si
concentrano sulla relazione uno a uno e sulla motivazione del singolo. Nel primo caso, prevale lo
sharing dei materiali; nel secondo il contatto benché attuato con strumenti asincroni. Si tratta di
due strategie ugualmente valide poiché la condivisione di contenuti, in buona parte user
generated, così come la personalizzazione della comunicazione mediata dal computer sono due
elementi preponderanti dell’uso sociale delle tecnologie digitali, così come della formazione
computer mediated.
L’indagine CAWI rivolta a corsisti e tutor che hanno partecipato a corsi di formazione disciplinare
nell’A.S. 2012/2013 rappresenta il terzo strumento dell’indagine quantitativa ed il fulcro centrale di
tutto il monitoraggio. L’indagine è stata indirizzata ad una popolazione di 1099 unità, i corsisti che
avevano concluso il percorso formativo ottenendo una certificazione (a coloro che non avevano
completato la formazione, invece, era rivolta solo una sezione molto limitata del questionario). Nel
complesso, il tasso di partecipazione al monitoraggio è stato del 36,5%, un dato che considerato lo
strumento usato può considerarsi più che soddisfacente.
Un primo dato dell’indagine rileva come nel complesso una larga parte dei corsisti PON era già
inserito nel ciclo della formazione continua, anche attraverso esperienze di formazione a distanza,
un segmento più piccolo aveva già partecipato a iniziative promosse da INDIRE ed un sottogruppo
di una certa consistenza con esperienze formative finanziati con i PON; di contro, il 15,9% dei corsisti
2012/2013 non aveva mai avuto altre esperienze di aggiornamento professionale.
Due elementi sono stati posti in evidenza dall’analisi: Il primo è la capacità dei corsi PON di
intercettare anche i soggetti al di fuori del ciclo della formazione continua; il secondo è quello di
avere al proprio interno una componente “fedele” di corsisti, persone che negli anni hanno scelto
di aggiornarsi e migliorare la propria didattica attraverso le risorse offerte dal Programma
nazionale. L’analisi dei dati inerenti le scelte professionali dei corsisti ha permesso di creare 4
tipologie di docenti in relazione ai percorsi di aggiornamento scelti:
DOCENTI NEL CICLO DELLA FORMAZIONE CONTINUA APPENA ENTRATI NEL PON (38,8%): questi
insegnanti hanno già avuto esperienze formative, ma solo fuori dal PON “COMPETENZE PER LO
SVILUPPO”, il passato anno scolastico hanno scelto di frequentare un corso di formazione
disciplinare offerto nell’ambito del PON “Competenze per lo sviluppo”.
DOCENTI NEL CICLO DELLA FORMAZIONE CONTINUA DENTRO E FUORI IL PON (35,3%): questi
insegnanti hanno un’esperienza di formazione articolata, da anni sono attivi all’interno dei
progetti PON “COMPETENZE PER LO SVILUPPO” così come in altri contesti formativi.
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DOCENTI APPENA ENTRATI NEL CICLO DELLA FORMAZIONE CONTINUA (15,9%): gli insegnanti che
rientrano in questo tipo non hanno alcuna esperienza di aggiornamento professionale, per loro il
2012/2013 ha segnato l’ingresso nel mondo della formazione continua.
DOCENTI NEL CICLO DELLA FORMAZIONE CONTINUA PON (10,0%): l’ultimo tipo è composto da
docenti che non hanno svolto attività formative solo nell’ambito dei progetti PON, se non fosse
stato per quest’opportunità, probabilmente, avrebbero fatto altre esperienze di
aggiornamento.
Tipo di percorso di aggiornamento
40,0
38,8
30,0
35,3
20,0
15,9
10,0
10,0
0,0
Docenti nel ciclo della formazione
continua appena entrati nel PON
Docenti nel ciclo della formazione
continua dentro e fuori il PON
Docenti appena entrati nel ciclo della
formazione continua
Docenti nel ciclo della formazione
continua PON
Nella traduzione operativa del modello di monitoraggio si è scelto di dedicare una parte
consistente del questionario rivolto ai corsisti alla soddisfazione formativa. Questo concetto
generale è stato scomposto in sei dimensioni, per ciascuna delle quali sono stati definiti un insieme
di indicatori.
I dati che emergono dall’analisi qualitativa sono in linea con quanto delineato dall’analisi CAWI. In
particolare un elemento centrale emerso per quanto riguarda le ragioni della partecipazione ai
corsi PON sembra essere la forte motivazione personale dei corsisti vista come necessità di trovare
nuove modalità di insegnamento, metodi capaci di attirare l’attenzione e favorire la
partecipazione degli alunni. È molta diffusa la sensazione che vi sia una distanza tra insegnanti e
studenti: il metodo tradizionale di insegnamento, di tipo frontale, non è in grado di colmare un gap
del genere. Tali elementi operano anche con riferimento ai giudizi positivi emersi in sede di
valutazione della dimensione della soddisfazione, sull’innovazione didattica e sulla percezione
positiva delle ricadute sugli alunni.
Sotto la dimensione organizzativa dei corsi PON, per quanto possa apparire in contraddizione con
le letture motivazionali, la possibilità di raggiungere in modo agevole e veloce il luogo dove si
svolge l’attività formativa è una condizione essenziale per favorire la partecipazione all’attività
formativa stessa. Tale considerazione risulta ancor più valida se si sta considerando una
popolazione corsisti residente nelle regioni del PON “Competenze per lo Sviluppo” dove la mobilità
risulta essere una notevole criticità.
Tale aspetto è stato sottolineato anche nell’analisi qualitativa (focus group e interviste ai dirigenti
scolastici) da cui emergono alcune criticità presenti in quei contesti territoriali più periferici, dove la
mobilità e la logistica degli spostamenti hanno un ruolo fondamentale, soprattutto in termini di
accessibilità. Le difficoltà sono emerse in Campania e Calabria nonché nelle scuole più
periferiche. Su questo fronte la strada da intraprendere è quella di migliorare la conoscenza del
territorio, così da poter moltiplicare o accorpare, laddove possibile e necessario, in modo
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ragionato i centri presidio. Pensare a iniziative focalizzate su luoghi e contesti è d’altronde uno dei
principi ispiratori della nuova politica di coesione.
Un altro aspetto rilevante della dimensione organizzativa è il supporto ricevuto all’interno della
sede di servizio. La possibilità di usufruire di recuperi e agevolazioni orarie, così come di
un’organizzazione degli incarichi extra-didattici, funzionale alla partecipazione al corso è
un’agevolazione importante poiché permette di evitare un sovraccarico di incombenze che
potrebbe influenzare la frequenza.
Infine, oltre al sostegno da parte dei referenti della scuola di servizio, la frequenza a un corso di
formazione, quasi sempre realizzato al di fuori del proprio istituto, necessita anche di facilities da
parte della scuola ospitante.
La seconda dimensione della soddisfazione formativa è la struttura del modello formativo,
soprattutto in termini di scansione oraria, programmazione e durata. La scelta di considerare questi
aspetti è dovuta al fatto che in un’attività formativa rivolta ad adulti occupati il successo formativo
dipende anche dall’impatto che la frequenza al corso ha sulla vita professionale e personale.
Accanto a questa prima declinazione della dimensione, c’è anche un’accezione didattica: la
durata e l’organizzazione temporale delle attività formative devono essere progettate in coerenza
con i contenuti, facendo in modo che le diverse fasi in cui è articolata l’esperienza formativa
abbiano una durata complessiva e interna funzionale.
Sotto questo profilo le indicazioni provenienti dal monitoraggio evidenziano innanzitutto che
l’alternanza tra didattica in presenza e didattica online è andata incontro alle esigenze di una
buona parte degli intervistati, poiché secondo il 56,7% la scansione temporale delle due macro-fasi
del percorso formativo era adeguata.
Passando dai dati sulle singole fasi a quelli generali, si può notare che nel complesso la durata del
corso è considerata adeguata dal 68% degli intervistati, è presente comunque anche un 16,1% di
individui che ha ritenuto la formazione disciplinare troppo concentrata nel tempo. La motivazione
dei giudizi negativi sulla durata del corso può essere quindi ricondotta alle difficoltà di conciliazione
con il lavoro e la vita personale. Soprattutto tra i docenti più giovani, con carichi familiari più
complessi da gestire (figli piccoli), riuscire a incastrare la frequenza con gli impegni di lavoro e
familiari può essere stato problematico.
I progetti di formazione disciplinare prevedono quattro tipi di attività: incontri in presenza, attività
online, lavoro a distanza con i colleghi e sperimentazione in aula con gli studenti. Tra queste la
sperimentazione in aula è, in modo abbastanza trasversale (fatta eccezione per il progetto Ed-Sc;
dove ottiene solo il 23,1% delle preferenze), l’aspetto che ha stimolato maggiormente i corsisti PON.
Il gradimento per la fase di sperimentazione in aula è confermato anche nell’analisi qualitativa da
cui emerge la sentita esigenza dei docenti di superare l’insegnamento di tipo esclusivamente
tradizionale. In questo quadro è doveroso ricordare che l’enfasi sui risultati di apprendimento
dovrebbe andare di pari passo con l’attenzione verso le iniziative anti-dispersione scolastica:
riuscire a tenere assieme, anche se con qualche compromesso, entrambe le cose è un risultato al
quale occorre guardare con attenzione. Tali riscontri sono pienamente coerenti con il ruolo della
fase sperimentale nell’organizzazione didattica dei corsi disciplinari INIDIRE.
Combinando fra loro i dati della soddisfazione e i profili degli insegnanti, vengono fuori due
categorie di docenti differenti tra loro che, con differenti approcci, manifestano entrambi
gradimento per l’attività di sperimentazione. In questo senso, emerge un gruppo di docenti esperti,
che si aggiornano di continuo, interessati all’innovazione didattica, per i quali la sperimentazione in
aula di nuovi metodi e strumenti é il reale banco di prova della strategia di autoformazione. Al lato
opposto, ci sono i docenti che per anni hanno avuto un approccio all’insegnamento
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standardizzato, basato su routine e poco recettivo rispetto all’innovazione didattica: solo di
recente si sono avvicinati ai corsi PON e vi hanno trovato un mondo nuovo e stimolante, per questi
insegnanti la sperimentazione in aula rappresenta la novità maggiore, un approccio al quale non
avevano pensato e che li affascina.
Con riferimento alla qualità dei contenuti il complesso alle valutazioni dei corsisti permette di
rilevare due elementi trasversali ai cinque progetti considerati: la tendenza a preferire i moduli di
contenuto più “convenzionali” e un diffuso giudizio positivo sulla qualità dei contenuti. In modo
trasversale rispetto ai progetti monitorati, i corsisti hanno apprezzato in modo molto positivo i
contenuti loro proposti: le valutazioni comprese tra il buono e l’ottimo raggruppano una larghissima
parte degli intervistati.
All’interno del modello formativo INDIRE il tutor ricopre un ruolo centrale poiché è sia l’interfaccia
diretta dei corsisti, sia l’interlocutore privilegiato per le funzioni organizzative e di programmazione. Il
monitoraggio ha tematizzato la funzione del tutor concentrando l’attenzione sui compiti di
accompagnamento e supporto alla didattica.
Nel complesso, i giudizi sono fortemente positivi anche se si osserva una valutazione meno positiva
rispetto al supporto ricevuto nella fase sperimentale. Si sono riscontrate le valutazioni massime
nella soddisfazione del ruolo del tutor attraverso anche la gestione dei corsisti nell’ambiente
formativo digitale: il tutor, difatti, è chiamato a supportare i corsisti nella comprensione di come
funziona l’ambiente, ad animare e moderare le comunicazioni e ad organizzare le attività e le
scadenze della classe online. Tale dato è coerente anche rispetto all’indagine qualitativa da cui
emerge un apporto fondamentale dei tutor soprattutto nelle fasi iniziali, nella presa di confidenza
con la programmazione del corso, i contenuti didattici e gli strumenti multimediali.
Pur trattandosi di differenze minime, vale la pena commentare che nella percezione degli
intervistati, i tutor si sono dimostrati più efficaci nella gestione della classe online che nel supportare
la sperimentazione in classe. Si tratta di due compiti molto differenti fra loro che, in un contesto di
soddisfazione diffusa, lasciano intravedere una maggiore propensione verso un tutoraggio a
valenza tecnico-organizzativa piuttosto che una metodologica. Al di là della compattezza di
giudizio che emerge nel monitoraggio e che, in relazione alla possibile presenza di dinamiche
interpersonali che si sono instaurate all’interno delle classi, può far pensare alla presenza di
qualche bias relazionale, con opportune tecniche di segmentazione e normalizzazione delle
risposte, di cui si da ampia trattazione al par. 4.3.4.5 del rapporto, si ottengono risultati sempre
molto positivi, ma leggermente più mobili. Senza volere forzare l’interpretazione sembra che, a
parere dei corsisti, le capacità più rilevanti dei tutor fossero competenza e sensibilità.
I progetti di formazione disciplinare si basano sull’uso delle tecnologie della comunicazione
digitale. La fase online è uno snodo cruciale del progetto formativo: tramite il computer si seguono
gli incontri con gli esperti, si condividono materiali con i colleghi di corso, si approfondiscono i
nuclei tematici.
Relativamente a questa dimensione, dai dati di monitoraggio si evince una tendenza abbastanza
diffusa all’uso tradizionale degli strumenti di comunicazione mediata dal computer: e-mail,
messaggi nei forum, scambio di file sono operazioni di base, funzionali a migliorare, velocizzandola,
la comunicazione interpersonale. La logica del web 2.0 sembra trovare poco spazio: si
condividono i materiali didattici, senza che ciò implichi un’adesione allo spirito dell’età
dell’informazione.
Integrando questi dati con le opinioni rispetto all’usabilità dei tool digitali, i giudizio sull’utilizzo degli
strumenti disponibili nell’ambiente digitale, sgombrano il campo dall’idea che alcuni strumenti
siano stati usati meno di altri perché più complessi: i corsisti una volta compreso il funzionamento
hanno scelto deliberatamente di usare uno strumento in luogo di un altro. Le considerazioni fatte
sulla preferenza per strumenti digitali a interazione controllata e differita sembrano dunque più che
plausibili.
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Attraverso una serie di quesiti centrati sui contenuti e sul metodo dei progetti disciplinari si è
cercato di sollecitare nei corsisti una riflessione generale sull’esperienza formativa che hanno
vissuto all’interno dei progetti PON: le opinioni dei corsisti sono più che compatte: non ci sono
dubbi l’offerta formativa ha proposto contenuti utili, stimolanti e all’avanguardia. I metodi applicati
sono stati uno stimolo verso una didattica di tipo laboratoriale per il 70,4% degli intervistati.
Insegnare seguendo la logica della scoperta è uno dei pilastri dell’intera iniziativa, poiché pratiche
come il trial and error, l’induzione e l’abduzione hanno un potenziale didattico veramente elevato, i
docenti sembrano essere consapevoli di ciò per cui le percentuali di risposta agli altri item previsti
dalla domanda sono nettamente inferiori.
Se poi si vanno a confrontare i risultati riscontrati tra i corsisti dei 5 progetti considerati, si riscontra un
dato atteso: sono i docenti dei corsi “scientifici” a mostrare una maggiore propensione verso la
modalità di risposta attinente la didattica laboratoriale: 85,7% all’interno di Mat e 95% in Ed-Sc.
Contenuti e metodi sono dunque elementi che, si conferma, sono stati recepiti in modo
largamente positivo dagli insegnanti.
Tuttavia alla richiesta di una considerazione complessiva dell’esperienza, gli intervistati scelgono un
atteggiamento realistico: benché le innovazioni didattiche sperimentate siano stimolanti e piene di
prospettiva, la traduzione nella pratica didattica, nel modo di fare scuola di tutti i giorni, è un
obiettivo non un risultato acquisito. Dietro, la convergenza sull’accordo moderato sembra esserci
la consapevolezza che il percorso formativo concluso nel 2013 sia l’avvio di una transizione, un
passaggio ancora non definitivo e sul quale c’è ancora da lavorare.
I corsi PON si basano sul presupposto che l’aggiornamento in servizio dei docenti sia una leva, forse
la principale, per migliorare le performance scolastiche degli studenti italiani. La pubblicazione dei
risultati delle indagini PISA, a scadenze regolari e il 2013 non ha fatto eccezione, riaccende il
dibattito sui gap di competenze dei giovani italiani, soprattutto quelli del Mezzogiorno. La
percezione dei docenti rispetto alla propria capacità didattica, o più nello specifico, rispetto al
rendimento dei propri studenti è sicuramente un fattore rilevante.
Ciò premesso, il monitoraggio si sofferma sulle opinioni dei docenti che hanno partecipato alla
formazione PON rispetto alla ricaduta delle sperimentazioni in classe sul rendimento scolastico dei
loro studenti, in termini di nesso causale tra la sperimentazione e il rendimento. I risultati indicano
come due insegnanti su tre siano convinti che la sperimentazione in aula da loro condotta abbia
avuto un impatto positivo sul rendimento dei ragazzi; si tratta di un valore molto alto che cresce se
si considerano i corsisti del progetto di educazione scientifica (73,3%).
Gli insegnanti – pur essendo i primi ad essere consapevoli che le cause di un apprendimento sono
tali e tante da non poter essere ridotte a un unico elemento – ritengono che l’adozione di una
didattica laboratoriale abbia prodotto un miglioramento delle performance scolastiche.
Non avendo elementi di riscontro concreto, è preferibile limitarsi a considerare questi risultati in
termini di convinzioni di efficacia: gli insegnanti che hanno frequentato i corsi PON, una volta
tornati in classe hanno maturato la consapevolezza che il successo formativo passa per
l’innovazione nella didattica. Per altro, rispetto all’atteggiamento degli studenti nei confronti della
materia, la maggioranza degli insegnanti ha riscontrato maggiore partecipazione. Pur rimanendo
nel campo della percezione personale, secondo una parte consistente del campione, in classe
c’è più interesse, partecipazione e coinvolgimento.
In estrema sintesi i dati sulla ricaduta delle sperimentazioni in classe mettono in evidenza un
processo che, benché non possa essere interpretato in termini concreti, lascia intendere un
mutamento forte della percezione dei docenti: gli insegnanti passati per i corsi PON sono persuasi,
14
sia dalle proprie convinzioni di efficacia, sia dall’osservazione delle dinamiche d’aula che la
sperimentazione didattica che hanno avviato, presto o tardi darà i suoi frutti.
L’ultimo segmento di analisi è dedicato a un tema nodale nella prospettiva di un programma
operativo nazionale: il radicamento sul territorio della progettualità sostenuta. Il monitoraggio
mette a disposizione due dati: il consolidamento di una rete di docenti in grado di applicare con
continuità e trasferire la didattica di tipo laboratoriale e la capacità delle scuole presidio di essere
un riferimento per il territorio nella diffusione dell’approccio PON.
Sulla questione della rete di docenti, l’opinione degli intervistati è abbastanza articolata ed
evidenzia la possibilità che il radicamento dell’esperienza PON può essere funzionale a un
trasferimento, da collega a collega, non tanto di metodi e strumenti (cosa che richiederebbe
canali sicuramente più strutturati), quanto di una curiosità, di una visione positiva dell’innovazione
didattica.
Con riferimento, invece, alle scuole presidio come punti di riferimento sul territorio, una sorta di
centri di eccellenza della didattica sperimentale, gli intervistati nel corso del monitoraggio
appaiono divisi: da una parte, il 31,7% di corsisti PON per i quali le sedi presidio già sono dei punti di
riferimento e dall’altra un ampio segmento di rispondenti che pongono il problema di accrescerne
l’influenza. Tra questi ultimi c’è chi afferma che la questione del radicamento passa per un
adeguamento delle infrastrutture (37,7%) e chi, invece, ritiene che l’inversione di rotta passi per un
più deciso impegno dei dirigenti scolastici. Il contrasto di opinioni è evidente e non è necessario
che si risolva poiché una transizione verso lo scenario prefigurato dal quesito può compiersi solo se
si interviene su tutti e tre i fronti: valorizzando le struttura che sono già un punto di riferimento,
supportando l’adeguamento delle strutture tecniche e incentivando i ruoli dirigenziali della scuola
a investire sull’innovazione della didattica.
Il tema del radicamento rispecchia appieno le sfide della programmazione poiché presuppone
che gli attori del territorio si facciano portatori di istanze delle quali, non sempre, possono
percepire la portata. Chiedere ad insegnanti e dirigenti scolastici di farsi promotori di una rete
significa chiedere loro di aggiungere a una vita professionale spesso densa e pressante un ulteriore
carico. Occorre effettivamente trovare degli incentivi che possano far propendere per una scelta
che sulla carta può non apparire premiante.
Infine, appare importante sottolineare alcuni fattori di freno alla diffusione del modello formativo
dei PON. Per quanto riguarda l’attività didattica non sono stati previsti incentivi alla partecipazione
o riconoscimenti all’applicazione delle nuove metodologie apprese nell’attività ordinaria. Tali
elementi possono minare le motivazioni dei corsisti e ciò rischia di innescare un circolo vizioso per
cui la limitata partecipazione del numero di docenti non crea “economie di scala”.
A conclusione del lungo percorso di analisi condotto si è utilizzato il modello Vin.For. per offrire un
quadro più completo all’aspetto della soddisfazione formativa dei corsisti. Tale strumento specifico
è stato progettato appositamente per sistematizzare i dati raccolti nel corso del monitoraggio dei
progetti di formazione docenti INDIRE con riferimento in particolare all’aspetto core della
soddisfazione.
Dall’analisi condotta con questo strumento si è evidenziato che le aree di attività che hanno
raccolto i giudizi più entusiastici sono state in primis l’attività di tutoraggio e a seguire l’area relativa
ai contenuti del corso. Le altre aree sono sostanzialmente allineate.
Dal punto di vista dei progetti, dalla lettura parametrica del dato relativo alla percentuale di
entusiasti, si distinguono positivamente il corso di Cult-Eu-IT ed Edu-Sc, con performance superiori
alla media. Gli altri tre corsi non mostrano variazioni significative e si attestano su livelli di
15
performance relativamente inferiori. Considerando il tipo di scuola, invece, risultano decisamente
più soddisfatti i corsisti degli istituti comprensivi rispetto a quelli provenienti dai licei.
Infine, l’unica variabile demografica ad influenzare i giudizi di soddisfazione sembra essere l’età
con una quota di entusiasti decisamente superiore tra i corsisti più adulti (56+), su tutte le aree di
interesse, con un delta particolarmente alto per l’organizzazione del corso e per gli esperti delle
attività online.
Importanza
I giudizi di soddisfazione sulle aree di interesse sono stati messi in relazione con il giudizio di
soddisfazione complessiva, per misurare quale sia il contributo di ciascuno nella formazione del
giudizio overall sul percorso formativo. Il risultato di quest’analisi porta alla costruzione di una
mappa delle priorità in grado di indicare quali siano le leve sulle quali agire per aumentare la
soddisfazione complessiva dei corsisti.
SWOT Analysis
Dalla mappa emergono in maniera evidente due
INVESTIRE
COMUNICARE
risultati: il primo è che le attività di tutoraggio sono,
senza dubbio, un’area di eccellenza, a forte
impatto
sulla
valutazione
complessiva
+
dell’esperienza formativa. Di conseguenza, è
opportuna che trovino spazio adeguato nelle
attività di comunicazione dei percorsi formativi.
Viceversa, l’analisi indica che gli strumenti didattici
possono rappresentare un’area di criticità, sulla
quale è necessario investire, in quanto, pur avendo
un forte impatto sulla soddisfazione complessiva,
registrano un livello di performance con margini di
miglioramento.
Il modello consente inoltre di segmentare il
Performance
+
campione di corsisti in funzione del livello di
coinvolgimento dell’utenza, combinando gli indicatori di qualità percepita, di propensione a
ripetere l’esperienza e di disponibilità a farsi promotore dell’iniziativa verso terze persone. Il risultato
di questa analisi è illustrato nel grafico che segue.
CONTROLLARE
VALORIZZARE
Individuazione dei segmenti di utenza dei corsi PON “Competenze per lo Sviluppo”
Fonte: elaborazioni Pragma su dati INDIRE 2013
16
Con riferimento a quest’ultimo tipo di elaborazione, nel segmento degli sponsor si evidenziano
coloro che non solo sono soddisfatti del corso frequentato ma si dichiarano propensi a ripetere
l’esperienza ed a sponsorizzare l’iniziativa presso colleghi e conoscenti. Altro segmento degno di
nota è quello dei gregari (19,5%), dove si collocano i corsisti con un livello di soddisfazione
relativamente più basso ma con un livello elevato di coinvolgimento.
È interessante notare che i risultati dell’analisi Vin.For. in tema di sponsor e di gradimento espresso
verso i tutor, risultano coerenti con le opinioni emerse nell’indagine qualitativa: l’opinione di corsisti
e direttori scolastici convergono nell’identificare come elementi centrali di promozione della
partecipazione ai corsi, la testimonianza dei colleghi ex corsisti e l’azione svolta dai tutor nel
coinvolgere e motivare i docenti.
Un'altra sezione dell’indagine CAWI ha riguardato l’indagine sugli ex corsisti che, in gergo tecnico,
è definita “indagini di ritorno” in quanto ha l’obiettivo di sollecitare una popolazione di soggetti già
contattata in passato su temi uguali o molto simili a quelli della prima rilevazione. Tale indagine è
stata pianificata con l’obiettivo di raccogliere il punto di vista dei corsisti a distanza di qualche
anno dal completamento dell’attività formativa.
Ad uno sguardo d’assieme le caratteristiche demografiche e professionali dei partecipanti
all’indagine di ritorno sono abbastanza omogenee, rispetto a quelle dei corsisti 2012/2013. Si tratta
di personale strutturato del sistema scuola, per la quasi totalità di sesso femminile, con un’età
matura e con un elevatissima percentuale di laureati.
Uno degli obiettivi principali dell’indagine di ritorno sugli ex corsisti era verificare la soddisfazione
formativa. Dalla lettura incrociata delle domande sulla disponibilità a frequentare nuovamente un
corso ed a consigliare la partecipazione a un collega si conferma il dato positivo già descritto in
merito al campione di corsisti 2012/2013, con una percentuale di soggetti positivi in termini di
propensione e sponsorship dell’iniziativa pari a più di due terzi del campione (76,8% nel caso dei
corsisti 2010/2011 e 78,5% per i corsisti 2011/2012).
Con riferimento alla soddisfazione e alle ricadute didattiche dell’esperienza formativa vale la pena
riportare un dato significativo: secondo il 77,5% degli intervistati, la formazione disciplinare gestita
da INDIRE ha fornito stimoli verso una didattica di tipo laboratoriale. La parola chiave è dunque
stimolo, stimolo ad approfondire, provare, confrontarsi con i colleghi alla ricerca di una personale
formula didattica, adatta alla scuola dove si insegna, ai ragazzi che si incontrano in classe, alle
proprie inclinazioni professionali.
Infine è interessante far emergere la sistematizzazione dei punti di forza e di debolezza riscontrati
nel corso dell’azione di monitoraggio dal Gruppo di Lavoro attraverso l’analisi SWOT, combinando
un livello di analisi interno all’azione con uno proiettato verso l’esterno, offrendo anche un quadro
delle opportunità e dei rischi. Nella definizione dei contenuti della SWOT per l’azione B10 del PON
“Competenze per lo Sviluppo” si sono fatte delle scelte, che come tali sono parziali. Un’avvertenza
del genere è ancor più valida per i quadranti di proiettivi (Opportunità e Rischi) nei quali si
prefigurano alcuni scenari per forza di cose semplificati e privi della complessità che caratterizza
politiche pubbliche come la formazione in servizio degli insegnanti.
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Prospetto - Analisi SWOT dell’azione B10 del PON “Competenze per lo sviluppo”
Fattori interni
Strength
(punti di forza)
 Motivazione dei partecipanti
 Ampia convergenza degli attori di progetto sulla
definizione istituzionale della situazione
 Disponibilità di una rete territoriale di strutture
scolastiche adeguate
 Presenza di un nucleo di tutor motivati e
competenti
 Un’ampia biblioteca di contenuti formativi
multimediali
 Disponibilità di una piattaforma online bisognosa
solo di un restyling
 Alti livelli di soddisfazione formativa
 Disponibilità da parte degli ex corsisti a fare da
sponsor
 Marcato effetto positivo sulle convinzioni di
efficacia dei docenti
Opportunities
(opportunità)









Threats
(rischi)
 Esaurimento dell’esperienza a causa delle
difficoltà tecniche e logistiche delle scuole
 Fuga dalla formazione PON per assenza di
incentivi e meccanismi premianti
 Crescita della frammentazione nei flussi di
iscrizione (pochi corsisti provenienti da troppe
scuole)
 Scollamento
tra
pratiche
d’insegnamento
percezione sociale dell’innovazione didattica
(famiglie)
 Deriva burocratizzante di procedure e processi
 In assenza di valutazione e modellizzazione,
tendenza a un uso episodico e non organico
degli strumenti didattici innovativi
Fattori esterni
 Allargamento della platea di corsisti grazie
all’effetto trascinamento attivato dagli sponsor
del progetto
 Maturazione
dell’innovazione
didattica
e
maggiore consistenza degli effetti positivi sul
rendimento scolastico
 Consolidamento del modello didattico attraverso
sperimentazioni focalizzate e intensive
Weaknesses
(punti di debolezza)
Bassa razionalizzazione delle procedure di
accesso/avvio della formazione
Livello elevato di mancato completamento della
formazione
Tasso di assenteismo significativo
Eccessiva enfasi sugli aspetti procedurali della
formazione
Mancata condivisione tra gli attori del progetto
dei meccanismi di valutazione dell’efficacia
Scarsa ricaduta in termini di sistemi scolastici
territoriali
Basso numero di corsisti provenienti dalla stessa
struttura scolastica
Assenza di meccanismi di compensazione per i
corsisti con competenze informatiche basse
Mancanza di incentivi alla partecipazione
Strength
Il quadrante in alto a sinistra riporta i punti di forza dell’azione B10, scorrendo le indicazioni
selezionate si nota innanzitutto un nucleo di risorse originatosi nel corso dell’attuazione delle
precedenti annualità di progetto: una rete di scuole con dotazioni infrastrutturali adeguate, una
piattaforma informatica rodata, una raccolta di contenuti validati e funzionali alla fruizione via
web. A ciò occorre aggiungere un gruppo di tutor ormai esperto e capace. L’azione B10 ha negli
anni della sua applicazione messo a valore gli investimenti creando un ritorno di risorse che
possono essere re-impiegate. Un secondo aspetto riguarda i beneficiari dell’azione: si tratta in molti
casi di persone che hanno avuto un’esperienza positiva, soddisfatti del percorso fatto che
sarebbero disponibili a fare da sponsor per eventuali attività future. La terza area che si può isolare
all’interno del quadrante Strength riguarda il potenziale di consenso e supporto offerto da corsisti
ed ex corsisti. Chi è passato dentro la formazione PON ha fatto propria una definizione della
situazione per la quale la scuola così come era pensata anche solo dieci anni fa è superata: oggi
se non si punta sull’innovazione didattica si perde la sfida educativa. Sono tante le persone che la
pensano così, si tratta di un puntello importantissimo per rilanciare il discorso su metodologie
dell’insegnamento e tecnologie dell’apprendimento.
Weaknesses
Nel quadrante alto di destra sono collocati i punti di debolezza. A uno sguardo d’assieme ci sono
due ordini di problemi. Da una parte, i fenomeni di abbandono formativo e grave assenteismo;
dall’altra, lo stress da burocrazia e le sfasature temporali nelle procedure di avvio attività che
fanno slittare le attività formative in un periodo dell’anno nel quale gli insegnanti hanno carichi
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professionali più consistenti. Il primo elemento citato, peraltro, appare chiaramente collegato
all’assenza di meccanismi incentivo e premio, nonché con il basso numero di corsisti provenienti
dalla stessa scuola: prevedendo forme, anche blande, di incentivo e favorendo la partecipazione
di micro-gruppi con provenienza geografica simile si potrebbe porre un qualche argine ad
abbandoni e assenze. Il secondo elemento presenta invece un legame con la questione degli
strumenti di valutazione dell’efficacia e, in parte, anche con la burocrazia di progetto: si può
suggerire che una più larga condivisione con i beneficiari dei meccanismi di ispezione e controllo
della formazione possa mitigare i problemi connessi a questo aspetto. Infine, un elemento cruciale,
la mancanza di forme strutturate di compensazione delle competenze digitali: non c’è neanche
da rimarcare che in un progetto di blended learning sia un aspetto fondamentale. A riguardo
andrebbero esplorate le sinergie esistenti o da creare con altre iniziative PON, come ad esempio, il
progetto Didatec.
Threaths
Nel quadrante in basso a destra si propongono alcuni scenari negativi originati dall’interazione tra
le debolezze dell’azione e fattori esterni che potrebbero radicalizzare alcune situazioni.
Innanzitutto, occorre avvertire che senza un intervento in termini di risorse sulle scuole l’esperienza
PON potrebbe andare rapidamente in esaurimento. Un discorso simile può essere fatto anche per
gli insegnanti, tuttavia la fuga dalla formazione continua può essere contrastata, come già detto,
prevedendo forme di incentivazione non necessariamente sostanziose, secondo gli attori del
progetto, potrebbe essere sufficiente un piccolo riconoscimento (il riferimento ricorrente è ai
punteggi nelle graduatorie) per motivare maggiormente alla partecipazione. Un altro rischio in
parte collegato alle dinamiche di abbandono e fuga è la frammentazione dell’utenza: lo scenario
“pochi corsisti, da troppe scuole” è pericoloso poiché mette a rischio la transizione del sistema e
lascia isolati gli insegnanti che invece dimostrano di credere nell’innovazione didattica.
L’isolamento, peraltro, è una categoria che sembra adattarsi anche alla prospettiva di un
crescente scollamento tra percezione sociale della didattica e pratiche innovative. Un insegnante
che senza un supporto da parte dei colleghi e della scuola decide di intraprendere la via della
laboratorialità si espone al rischio di fraintendimenti e critiche immotivate. In una situazione del
genere un ruolo importante può essere ricoperto anche da iniziative di comunicazione pubblica
volte a spiegare il valore e la necessità delle nuove forme di didattica.
Opportunities
Infine, in basso a sinistra, le opportunità. Gli scenari rispetto ai quali si intende sollecitare una
riflessione sono solo due perché la seconda e la terza opportunità vanno colte assieme.
Il primo scenario prevede che si crei un effetto di trascinamento sfruttando i corsisti che nel corso
del monitoraggio sono stati definiti sponsor. Si tratta di insegnanti motivati, rimasti positivamente
impressionati dalle innovazioni didattiche; sono persone che peraltro condividono un modo di
pensare la scuola diverso, aperto e non ripiegato sull’ordinaria amministrazione. Questi docenti
rappresentano una risorsa su diversi fronti: possono sostenere la diffusione di una cultura
dell’innovazione educativa tra le famiglie; possono diventare dei portavoce territoriali per allargare
la partecipazione alle attività formative; possono interagire i dirigenti scolastici per trovare soluzioni
organizzative migliori.
Il secondo scenario è il più promettente perché se ne vedono i segnali sin da oggi. I risultati dei
cambiamenti nelle modalità d’insegnamento non sono di breve periodo. Come riferiscono gli ex
corsisti la didattica laboratoriale arriva a maturazione tardi. In un prossimo futuro potrebbero essere
finalmente apprezzabili risultati che, fino a oggi, non si immaginavano. Chiaramente in questo
scenario è necessaria una continua azione di follow-up della formazione. L’indagine di ritorno sugli
ex corsisti è, in questo senso, solo un primo passo. All’interno di questo scenario si potrebbe avere
elementi utili per quel consolidamento del modello didattico che non rappresenta un’opportunità
separata. Attraverso sperimentazioni focalizzate e intensive, basate sulle lezioni apprese nel medio
periodo potrebbe essere possibile pervenire a un modello didattico sempre più articolato, flessibile
e, cosa più importante, dall’efficacia verificata.
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