Sezione giurisdizionale per la Regione Piemonte

REPUBBLICA ITALIANA
SENT.N.113/14
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE
PER LA REGIONE PIEMONTE
composta dai seguenti Sigg. Magistrati:
Dott.
Giovanni COPPOLA
Presidente
Dott.
Walter BERRUTI
Giudice relatore
Dott.sa Ilaria Annamaria CHESTA
Giudice
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel
giudizio
di
responsabilità
iscritto
al
n.
19369/R
instaurato con atto di citazione del Procuratore regionale del
24 gennaio 2014, depositato il 10 febbraio 2014, nei confronti
di
Gianna Savina DAMONTE (c.f. DMN GNS 57P68 D969A),
nata a Genova il 28.09.1957, residente in Novi Ligure (AL),
Via Gramsci n. 10, rappresentata e difesa dall’Avv. Francesco
DAL PIAZ, presso il cui Studio in Torino, Via S. Agostino n.
12, è elettivamente domiciliata, giusta procura a margine
dell’atto di costituzione depositato in data 18 giugno 2014.
Uditi alla pubblica udienza del giorno 9 luglio 2014, con
l’assistenza del Segretario Sig. Renzo PIASCO, il Magistrato
1
relatore, Dott. Walter BERRUTI, il Pubblico Ministero, nella
persona
del
Vice
Procuratore
Generale
Dott.
Giancarlo
ASTEGIANO, e l’Avv. Francesco DAL PIAZ per la convenuta.
Esaminati gli atti.
Rilevato in
FATTO
Con atto di citazione depositato il 10 febbraio 2014, la
Procura Regionale ha convenuto in giudizio l’arch. DAMONTE
Gianna Savina, quale dipendente dell’Agenzia territoriale per
la casa (ATC) della Provincia di Alessandria con funzioni di
responsabile
del
servizio
progettazione,
chiedendone
la
condanna al risarcimento del danno, in favore della stessa
Agenzia, per euro 175.000, oltre accessori, in dipendenza dei
seguenti fatti.
Il Consiglio comunale di Alessandria, con deliberazione nr. 2
del 06.01.1996, approvava il Programma di riqualificazione
urbana
(PRIU)
denominato “Borgo Rovereto
–
i
cortili
ritrovati”; per la realizzazione del suddetto Programma e la
suddivisione dei relativi finanziamenti veniva siglato un
protocollo d’intesa tra il Ministero dei Lavori Pubblici, il
Comune di Alessandria e l’Agenzia Territoriale per la Casa
(A.T.C.) della Provincia di Alessandria, nonché un accordo di
programma tra le stesse Amministrazioni per l’attuazione del
PRIU in questione e, in data 10.06.2002, il suddetto Comune
rilasciava,
per
l’esecuzione
2
delle
opere
contemplate
nell’accordo, la concessione edilizia n. 269/2002 a favore
della detta A.T.C., ente proprietario degli immobili oggetto
dell’intervento.
I
lavori
contemplati
dalla
concessione
consistevano nella demolizione di una serie di edifici ad uso
promiscuo residenziale-commerciale-artigianale prospicienti la
centrale Piazza Santa Maria di Castello in Alessandria e
nell’edificazione di due nuovi fabbricati a destinazione mista
residenziale-commerciale. I lavori venivano appaltati dalla
A.T.C. di Alessandria all’impresa Romano Costruzioni. Sin dal
2003 venivano presentati alla Procura della Repubblica di
Alessandria, da parte di associazioni e privati cittadini,
numerosi esposti riguardanti danni all’ambiente e a singoli
proprietari che sarebbero derivati dalle costruende opere, cui
seguiva l’apertura di un procedimento penale per abusi edilizi.
Nell’ambito di tale procedimento il G.I.P. presso il Tribunale di
Alessandria
in
data
07.07.2003
disponeva
il
sequestro
preventivo del cantiere ai sensi dell’articolo 321 c.p.p.;
l’esecuzione della misura cautelare comportava l’interruzione
dei
lavori
e
la
conseguente
iscrizione
a
riserva
nella
contabilità dell’appalto, da parte all’impresa aggiudicataria,
dei maggiori costi derivanti dalla conseguente sospensione.
Le impugnazioni contro il decreto di sequestro preventivo
venivano respinte sia dal Tribunale di Alessandria, in funzione
di Giudice del riesame, sia dalla Corte di Cassazione.
3
L’arch. Gianna Savina DAMONTE, responsabile del Servizio di
Progettazione della suddetta Agenzia, progettista e direttore
dei
lavori,
unitamente
all’ing.
Riccardo
Sansebastiano,
Dirigente del Settore Servizi Tecnici dell’A.T.C. di Alessandria,
titolare della concessione edilizia, e al legale rappresentante
della società appaltatrice, venivano citati direttamente a
giudizio con decreto ex art. 550 c.p.p. del 25.03.2004.
Veniva loro contestata l’esecuzione di opere difformi dalla
concessione edilizia n. 269/2002 e dalle norme urbanistiche
vigenti in materia, tra cui quelle del Piano regolatore generale
(P.R.G.C.) di Alessandria, adottato nel 2000, dunque prima
della
concessione
Programma
di
edilizia,
e
più
riqualificazione
restrittivo
urbana
del
rispetto
al
1996.
Il
15.12.2004, a dibattimento iniziato, l’A.T.C. di Alessandria
chiedeva al Comune il rilascio di permesso di costruire in
sanatoria; il Comune revocava, quindi, la concessione edilizia
n. 269/2002 ed emetteva in data 04.04.2005 il richiesto titolo
in sanatoria ai sensi dell’articolo 36 del D.P.R. n. 380/2001,
per il quale, tuttavia, mancava il presupposto della c.d.
doppia
conformità
dell’intervento
alla
disciplina
vigente
(conformità da valutarsi sia al momento della realizzazione,
che
quello
dissequestro
della
richiesta
avanzata
di
dagli
sanatoria).
imputati
veniva
L’istanza
di
pertanto
respinta dal giudice penale con decisione poi confermata dalla
Suprema Corte. Con sentenza n. 1057 del 5 gennaio 2006 il
4
Tribunale di Alessandria condannava gli imputati ravvisando
un comportamento connotato da colpa gravissima in relazione
agli acclarati abusi edilizi.
Con successiva sentenza n. 321
del 24 gennaio 2008 la Corte di Appello di Torino riformava
parzialmente la pronuncia di primo grado, confermando la
penale responsabilità e la condanna per la DAMONTE, nonché
per il Sansebastiano, con la sola esclusione del reato ex
articolo 44, lettera a) del D.P.R. n. 380/2001, in merito alla
mancata acquisizione del parere della Commissione regionale
per i beni culturali, dichiarato estinto per prescrizione;
riduceva le pene per i due dipendenti pubblici ed assolveva il
costruttore per difetto dell’elemento soggettivo. Con sentenza
n. 14504 del 2 aprile 2009, infine, la Corte di Cassazione
annullava senza rinvio la pronuncia di secondo grado per
essere i reati estinti per intervenuta prescrizione; confermava
esplicitamente in motivazione le valutazioni dei giudici di
merito in ordine alla sussistenza dei reati ed al fatto che gli
imputati li avessero commessi e manteneva le decisioni del
Tribunale di Alessandria e della Corte di Appello di Torino in
punto di condanna al risarcimento a favore delle parti civili.
Quanto alle riserve iscritte nella contabilità dell’appalto per il
fermo del cantiere conseguente al sequestro preventivo del
sito, protrattosi dal 07.07.2003 al 09.02.2006, l’A.T.C. di
Alessandria in data 08.07.2008 addiveniva ad un accordo
bonario con la Romano Costruzioni, ai sensi dell’articolo 31
5
bis della L. n. 109/1994 e s.m.i., con cui riconosceva
all’impresa, a fronte dei maggiori costi sostenuti dalla stessa
a causa della sospensione dei lavori, l’importo di euro
350.000.
Ravvisata in relazione a tali fatti l’esistenza di profili di
responsabilità amministrativa a carico dell’arch. DAMONTE e
dell’ing. Sansebastiano, la Procura Regionale presso questa
Sezione agiva per il ristoro del danno patrimoniale indiretto
subito dall’A.T.C. di Alessandria in corrispondenza della
somma versata per effetto del citato accordo bonario.
Con sentenza del 16 maggio 2013 n. 87, questa Sezione
dichiarava inammissibile l’azione di responsabilità contro la
DAMONTE a causa della nullità della notificazione dell’invito a
dedurre e condannava l’altro convenuto.
La
domanda
nei
confronti
della
DAMONTE
viene
ora
riproposta emendata del detto vizio processuale.
La convenuta si è costituita con memoria depositata il 18
giugno 2014, nella quale chiede, in via preliminare, che sia
dichiarata l’inammissibilità della citazione ritenendo invalida la
propria audizione personale in fase preprocessuale in quanto
delegata alla Guardia di Finanza.
Evidenzia in particolare di avere richiesto nella c.d. fase
preprocessuale
di
contraddittorio
preliminare,
nell’atto
contenente le deduzioni depositato in data 2 ottobre 2013, di
essere sentita personalmente ai sensi dell’art. 5 comma 1 del
6
D.L. n. 453/1993 conv. in L. n. 19/1994.
A seguito di tale
richiesta la medesima veniva convocata dalla Guardia di
Finanza, Nucleo di Polizia Tributaria di Alessandria, delegata
per il suddetto incombente dal PM procedente, e quindi
sentita da un funzionario del detto Corpo in data 23 ottobre
2013.
La convenuta eccepisce che il colloquio svoltosi in tale data
non può essere considerato quale audizione personale ai sensi
del citato art. 5 comma 1 del D.L. n. 453/1993 conv. in L. n.
19/1994. A suo avviso, invero, quest’ultima avrebbe dovuto
svolgersi avanti il Procuratore quale magistrato requirente e
non avanti funzionari di polizia giudiziaria, che neppure fanno
parte dell’organo requirente. Sarebbero i caratteri e le finalità
proprie della fase preprocessuale e dell’audizione personale
prevista in tale contesto, diretti all’instaurazione di un
contraddittorio tra il PM contabile e l’interessato sui fatti
oggetto dell’invito a dedurre, ad imporre che l’incombente in
discorso avvenga in contraddittorio tra i soggetti partecipanti
alla
fase
preprocessuale,
che
sono
esclusivamente
il
Procuratore regionale e l’invitato.
Rileva poi la DAMONTE che manca agli atti il provvedimento
di delega dell’audizione in parola, essendo stata prodotta
dalla Procura solo la nota con cui la Guardia di Finanza ha
trasmesso il verbale conclusivo.
Tale nota, poi, richiama una serie di norme (art. 2, comma 4
7
e art. 5, comma 6 lett. c) della L. n. 19/1994, art. 16, comma
3 del D.L. n. 152/1991 conv. in L. n. 203/1991) che,
afferendo propriamente alla fase istruttoria, non potrebbero
essere applicate alla successiva fase preprocessuale nella
quale è compresa l’audizione prevista dall’art. 5 comma 1 L.
n. 19/1994 cit.
Nessuna norma quindi consentirebbe la
delega di quest’ultima. Le disposizioni citate non potrebbero
nemmeno
essere
estese
analogicamente
in
quanto
disciplinanti la fase istruttoria che, volta ad acquisire gli
elementi per configurare una responsabilità amministrativa,
precede la notificazione dell’invito a dedurre e si distingue
nettamente
dall’attività
che
segue
l’invito,
rivestente
carattere para-giudiziale e natura propedeutica al processo.
La peculiarità di tale duplicità di fasi nel processo contabile,
renderebbe altresì impossibile mutuare norme in merito dal
processo civile (mercé il rinvio dinamico ex art. 26 R.D. n.
1038/1933) ovvero da quello penale (per il quale peraltro
manca nel diritto processuale contabile una disposizione
generale di rinvio).
La difesa sottolinea infine la complessità della vicenda per cui
è causa, quale ulteriore ragione per ritenere inammissibile la
delega alla Guardia di Finanza dell’audizione dell’invitato, e
rammenta che nel primo giudizio, analogo al presente e che,
come ricordato, aveva coinvolto anche il dirigente dei servizi
tecnici dell’ATC di Alessandria, l’audizione di questi si era
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effettivamente svolta avanti il PM procedente.
Nel merito la difesa chiede, in via pregiudiziale, l’integrazione
del contraddittorio con altri soggetti, sia interni che esterni
all’A.T.C. di Alessandria, i quali avrebbero concorso in materia
determinante nella causazione del danno contestato da parte
pubblica. Quindi, richiamate le funzioni dell’ATC in materia di
progettazione
esecutiva
urbanistico-edilizia
(quali
si
desumono dall’art. 3 comma 2 e dall’art. 4 della L. n.
11/1993, nonché dallo Statuto dell’ATC di Alessandria) e
quelle
della
convenuta,
responsabile
del
servizio
di
progettazione dell’ATC di Alessandria dal 1998 (previste in via
generale dall’art. 23 del Regolamento sull’ordinamento degli
uffici e dei servizi della stessa ATC), la difesa si appunta sulla
correttezza della condotta di quest’ultima, in quanto conforme
alle prescrizioni urbanistiche vigenti all’epoca dei fatti, sul
difetto di colpa grave, sulla carenza di nesso causale tra
condotta
e
evento
dannoso,
sull’assenza
di
pregiudizio
erariale, nonché sui vantaggi ottenuti dall’Amministrazione e
dalla comunità amministrata. La convenuta ha chiesto, in
subordine, la riduzione dell’addebito. In via istruttoria ha fatto
istanza di C.T.U. al fine di: accertare l’erronea valutazione
dello stato delle opere oggetto di giudizio esistenti nel luglio
del 2003, come effettuata nella perizia predisposta prima del
sequestro, dalla quale è conseguita la misura cautelare
disposta dal G.I.P. di Alessandria il 7 luglio 2003; accertare
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l’ammontare di quanto eventualmente l’A.T.C. di Alessandria
avrebbe dovuto corrispondere all’impresa Romano Costruzioni
nella vertenza in oggetto, viste le riserve iscritte ed anche in
ipotesi di risoluzione del contratto di appalto e di conseguente
contenzioso, nonché i benefici ricavati dall’Amministrazione e
l’eventuale risparmio conseguito; rapportare tali risultanze
con quanto versato a seguito dell’accordo bonario.
Nella discussione orale la
Procura ha chiesto di poter
depositare copia della delega alla Guardia di Finanza, non
ancora agli atti.
Il Presidente, a nome del Collegio, stante
l’opposizione di controparte, non ha autorizzato il deposito.
Le parti, pubblica e privata, hanno quindi ampiamente
illustrato e richiamato le conclusioni contenute nei rispettivi
atti scritti.
La difesa, in particolare, ha insistito sull’eccezione preliminare
di inammissibilità sollevata in sede di costituzione.
La causa è stata quindi trattenuta a decisione.
Considerato in
DIRITTO
1. In via preliminare deve essere esaminata l’eccezione di
inammissibilità della citazione per mancanza di una valida
audizione personale dell’invitato, così come prevista dall’art.
5, comma 1, secondo periodo del D.L. 15 novembre 1993 n.
453 conv. nella L. 14 gennaio 1994 n. 19, proposta da parte
convenuta nella memoria di costituzione tempestivamente e
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ritualmente depositata e ribadita in udienza.
Al riguardo, il Collegio rileva che non è la prima volta che, nel
corso di giudizi in materia di responsabilità amministrativocontabile, si imbatte in ipotesi di audizioni personali, richieste
a seguito di inviti a dedurre, che la Procura Regionale esegue
con
delega
alla
Guardia
di Finanza
anziché
effettuarle
direttamente tramite il PM titolare del fascicolo. Tale modo di
procedere non è stato mai oggetto di valutazione in quanto
mai, in precedenza, il convenuto o i convenuti hanno
sollevato eccezioni in merito e questo Collegio ha opinato di
non potersene occupare non ritenendo di poter sollevare
“d’ufficio” la relativa eccezione.
Nel caso in esame, invece, parte convenuta solleva esplicita
eccezione al riguardo e questo Collegio non può esimersi
dall’esaminarla.
Ciò premesso, ad avviso del Collegio l’eccezione è fondata e
va accolta.
1.1. E’ pacifico che la convenuta, a seguito dell’invito a
dedurre notificatole in data 5 settembre 2013, ha depositato
(in data 2 ottobre 2013) le proprie deduzioni nel termine di
trenta giorni assegnatole, chiedendo contestualmente
di
essere sentita personalmente ai sensi dell’art. 5 comma 1 del
D.L. n. 453/1993 conv. in L. n. 19/1994 (cfr. doc. 19 prod.
Proc.).
E’ altresì pacifico che, a seguito di tale richiesta, la medesima
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veniva convocata dalla Guardia di Finanza, Nucleo di Polizia
Tributaria di Alessandria, delegata per il suddetto incombente
dal PM procedente, e quindi sentita da funzionari del detto
Corpo in data 23 ottobre 2013 (cfr. doc. 20 prod. Proc.).
1. 2. La questione che viene posta all’attenzione del Collegio
è, innanzitutto, se tale incombente procedurale, l’audizione
personale dell’invitato a dedurre, debba essere eseguito, con
competenza esclusiva, dall’organo requirente titolare del
potere di azione ovvero possa essere delegato alla stregua di
ogni altro adempimento istruttorio.
L’audizione personale di cui si discute nel presente processo è
quella prevista dal 1° comma dell’art. 5 del D.L. n. 453/1993
cit., a mente del quale: “Prima
citazione
presunto
in
di
emettere
l'atto
di
giudizio, il procuratore regionale invita il
responsabile
termine non
inferiore
del
a
danno
trenta
a depositare, entro un
giorni
dalla notifica della
comunicazione dell'invito, le proprie deduzioni ed eventuali
documenti.
Nello
stesso
responsabile può
personalmente. Il
citazione
in
termine
chiedere
di
il
presunto
essere
sentito
procuratore regionale emette l'atto di
giudizio
entro
centoventi giorni
dalla
scadenza del termine per la presentazione delle deduzioni
da parte del presunto
proroghe di
responsabile
quest'ultimo
termine
del
sono
danno.
Eventuali
autorizzate
dalla
sezione giurisdizionale competente, nella camera di consiglio
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a tal fine convocata; la mancata autorizzazione obbliga il
procuratore ad emettere l'atto di citazione ovvero a disporre
l'archiviazione entro i successivi quarantacinque giorni.”
Come sottolineato in dottrina, con la disposizione in oggetto
il legislatore ha voluto garantire all’invitato
esercitare concretamente
la possibilità di
il proprio diritto di difesa in un
momento antecedente rispetto all’esercizio dell’azione da
parte del pubblico ministero.
Infatti, l’invitato viene posto
nella condizione di approntare una difesa tecnica e personale
prima che il Pubblico Ministero si determini definitivamente in
ordine all’esercizio dell’azione, con ciò salvaguardando anche
esigenze di economia processuale.
La giurisprudenza di questa Corte si è prevalentemente
orientata nel senso della duplicità di funzioni dell’invito a
dedurre: favorire ed ampliare le possibilità di difesa del
convenuto e fornire al PM uno strumento per un più corretto e
mirato esercizio dell’azione di responsabilità. Esso è stato
definito “istituto a garanzia del presunto responsabile, il quale
può introdurre anteriormente all’inizio del giudizio elementi,
fatti e documenti idonei ad indurre il Procuratore regionale a
non emettere l’atto di citazione, a dimensionare diversamente
la responsabilità, a chiamare in giudizio altri corresponsabili”
(cfr.
SS.RR.
procedimentale
n.
1/2005/QM).
preprocessuale
E
che
ancora
come
assolve
alla
“atto
duplice
funzione di consentire all’invitato di svolgere le proprie
13
argomentazioni al fine di evitare la citazione in giudizio e di
garantire nel contempo la massima possibile completezza
istruttoria.
Entrambe
queste
funzioni
confluiscono
nell’ulteriore scopo finale che è quello del perseguimento della
giustizia ed anche non disgiunto da esigenze di economia
processuale” (cfr. SS.RR. n. 7/1998/QM). Si vedano altresì,
sulla
stessa
linea,
SS.RR.
n.1/2007/QM;
SS.RR.
n.
27/1999/QM; SS.RR. n. 14/1998/QM. La Corte costituzionale
(cfr. sent. n. 163/1997) ha avvalorato tale orientamento
ravvisando la funzione dell’invito a dedurre “essenzialmente
nella
preliminare
contestazione
di
fatti
specifici
ad
un
soggetto già indagato, che viene così messo in grado di
rappresentare tempestivamente le sue ragioni all’organo
inquirente, consentendo, al tempo stesso, al procuratore
regionale lo sviluppo di più adeguate indagini”.
Alla luce di tali premesse, sulle quali non è qui il caso di
dilungarsi oltre, va inquadrata l’audizione personale prevista
dalla norma sopra citata.
Le SS.RR. (n.7/1998/QM cit.) hanno ricondotto tale istituto al
diritto a controdedurre in sede preprocessuale e alle connesse
finalità di difesa per l’invitato e di una più consapevole e
approfondita istruttoria per il PM, non disgiunte da esigenze di
economia processuale, tutte funzionali agli obiettivi della
giustizia contabile.
Ciò porta, come messo in luce da attenta dottrina, a
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distinguere nettamente l’audizione in discorso, prevista dal
comma 1 dell’art. 5 cit., dalle “audizioni personali” istruttorie
contemplate dal successivo comma 6, lett. c). La prima
invero, a differenza delle seconde, riguarda esclusivamente
chi è stato già individuato dal requirente quale possibile
responsabile e destinatario della notificazione dell’invito a
dedurre e non è impedita dall’eventualità che l’interessato sia
stato previamente sentito in sede istruttoria.
Tanto si spiega evidentemente con il fatto che detta audizione
si colloca in una fase successiva alla individuazione del
presunto
responsabile
e
alla
formulazione
dell’invito
a
dedurre, dalla cui notificazione prende il via la scansione
temporale entro la quale deve essere emesso l’atto di
citazione, ed è strumentale anche ad un più ampio e mirato
esercizio del diritto di difesa, anticipato rispetto al processo.
Diversamente, l’audizione in parola risulterebbe una mera
duplicazione di quella istruttoria già prevista.
Venendo
al
profilo
che
qui
più
interessa,
ovvero
se
l’espletamento dell’audizione personale ex art. 5, comma 1
del D.L. n. 453/1993 cit. sia atto proprio e diretto del PM,
riservato
alla
sua
competenza
esclusiva,
ovvero
atto
delegabile, il Collegio ritiene innanzitutto di non poter fare
ricorso alle norme del c.p.c. mediante rinvio ex art. 26 R.D. n.
1038/1933, mancando in tale processo un istituto assimilabile
a
quello
di
specie.
Neppure
15
appaiono
invocabili
analogicamente disposizioni del c.p.p. (in disparte le possibili
somiglianze dell’invito a dedurre con l’avviso all’indagato della
conclusione delle indagini preliminari di cui all’art. 415 bis,
introdotto
dalla
L.
n.
479/1999),
stante
la
reciproca
peculiarità dei due processi, penale e contabile.
A parere del Collegio appare invece necessario partire dal
dato di fondo, sul quale non vi è discordanza, che l’invito a
dedurre è atto proprio del Pubblico Ministero procedente,
riservato alla sua competenza esclusiva e pertanto non
suscettibile di delega in quanto rientrante nell'ambito delle
attività riservate al diretto esclusivo espletamento del PM, che
è, invero, l’unico legittimato a sottoscriverlo.
Come sopra evidenziato (cfr. SS.RR. n.7/1998/QM cit.), è
proprio alla luce di tale istituto, l’invito a dedurre, con le
connesse esigenze, per l’invitato, di esercitare il proprio
diritto di difesa in via anticipata rispetto al processo, e, per il
PM, di una più consapevole e approfondita istruttoria al fine di
una più avveduta decisione in ordine all’esercizio dell’azione
giudiziale, esigenze entrambe funzionali agli obiettivi della
giustizia contabile, che va inquadrata, a parere del Collegio,
l’audizione personale ex art. 5, comma 1 del D.L. n.
453/1993 di cui trattasi.
Quest’ultima non può quindi che partecipare della stessa
natura, così come delle stesse finalità dell’invito a dedurre.
Ne consegue che, come quest’ultimo, anche l’audizione
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dell’invitato, da questi specificamente richiesta nel termine
assegnato per le deduzioni, deve essere considerato atto
proprio del Pubblico Ministero requirente, riservato alla sua
competenza esclusiva e pertanto non delegabile.
Non a caso nella norma vi è la dizione “essere sentito
personalmente”,
laddove
l’avverbio
“personalmente”
va
evidentemente riferito, alla luce di quanto osservato e del
principio di parità delle parti, non solo all’invitato, ma anche
alla controparte, ancorché pubblica.
Del resto, non può non evidenziarsi che, attraverso la
richiesta di “essere sentito personalmente”, l’invitato ha la
facoltà di interloquire col PM che sta procedendo contro di lui
ed ha la possibilità, attraverso il confronto de visu ed in
contraddittorio con lo stesso, di cercare di convincere l’organo
requirente ad esaminare fatti e circostanze che reputa
rilevanti ai fini della decisione finale circa l’emissione o meno
dell’atto di citazione a giudizio.
Ad avviso del Collegio, trasferire tale contradittorio davanti ad
altri soggetti, attraverso lo strumento della delega, tradirebbe
sia la lettera che la ratio della norma. Avrebbe poco senso,
infatti, che l’audizione si svolgesse davanti a soggetto che
non ha piena conoscenza del fascicolo istruttorio e non ha la
possibilità di interloquire concretamente con l’invitato. E’ il PM
procedente che conosce a fondo i fatti contestati ed è solo il
PM che può dare sostanza ad un’audizione che non a caso è
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definita personale e che, altrimenti, si tramuterebbe in un
mero ed asettico adempimento formale.
L’audizione delegata, mancando un vero contraddittorio tra le
parti, finisce di fatto col risolversi nella raccolta delle
dichiarazioni dell’invitato. In pratica si avrebbe lo stesso
risultato se, a fronte della richiesta di audizione personale, il
PM
si
limitasse
ad
invitare
”dichiarazioni
spontanee”
necessaria
la
loro
ufficiale):
non
spontanee”
per
iscritto
verbalizzazione
sembra
siano
l’interessato
equiparabili
o
rendere
(non
davanti
al Collegio che
a
le
essendo
un
pubblico
“dichiarazioni
sostituibili
all’audizione
personale.
Parimenti, ad avviso del Collegio, l’audizione personale, per la
sua particolare funzione e finalità, è cosa ben diversa
dall’audizione delegata la quale non soddisfa i requisiti
richiesti dalla normativa precitata e, per l’effetto, è da
ritenersi, ai fini che qui interessano, tamquam non esset.
Tale conclusione appare al Collegio la più rispondente alle
finalità sopra evidenziate e ai caratteri propri del giudizio di
responsabilità amministrativa.
1.3. Sulla obbligatorietà o meno dell’audizione personale
richiesta dall’invitato al Procuratore contabile si sono espresse
le SS.RR. con la già citata sentenza n. 7/1998/QM, adottando
soluzione
analoga
all’obbligatorietà
a
quella
dell’invito
a
18
relativa
dedurre,
alla
stante
funzione
la
e
stretta
connessione delle questioni.
Le SS.RR. hanno concluso per l’obbligatorietà anche della
detta
audizione
personale
osservando
che
“la
mancata
audizione personale violerebbe il diritto a controdedurre in
sede
pre-processuale
che
la
normativa
sopra
riportata
riconosce ampiamente all’invitato” e che “la violazione di
questo diritto che, si ripete, la legge pone sullo stesso piano
di
quello
di
controdedurre
per
iscritto,
non
può
che
comportare sul piano procedimentale la stessa conseguenza
già individuata per la mancata emanazione dell’invito a
dedurre, e cioè la inammissibilità della citazione”.
1.4. Nella
specie l’audizione personale tempestivamente
richiesta della DAMONTE non è stata effettuata dal PM.
Pertanto, alla luce di quanto sopra, nella fattispecie in esame
è mancata un’audizione personale dell’invitato a dedurre
valida ad integrare l’adempimento previsto dall’art. 5, comma
1 del D.L. n. 453/1993 cit.
Le conseguenze non possono che essere quelle individuate
dalle SS.RR. con la pronuncia citata per il caso di omissione di
audizione personale, cui va evidentemente ricondotto il caso,
ricorrente nella specie, di mancanza di audizione valida ad
integrare l’adempimento previsto dall’art. 5, comma 1 del
D.L. n. 453/1993 cit., adempimento che rappresenta una
condizione
di
ammissibilità
della
responsabilità.
19
successiva
azione
di
2.
Va
quindi
dichiarata
l’inammissibilità
dell’azione
di
responsabilità nei confronti della convenuta Gianna Savina
DAMONTE.
3. Nulla va statuito sulle spese in considerazione del tipo di
pronuncia adottato.
P.Q.M.
la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la regione
Piemonte, definitivamente pronunciando,
DICHIARA
inammissibile, in rito, l’azione di responsabilità promossa
dalla Procura Regionale nei confronti della convenuta Gianna
Savina DAMONTE.
Nulla per le spese.
Così deciso in Torino, nella camera di consiglio del 9 luglio
2014.
Manda alla Segreteria per gli adempimenti di competenza.
Il Giudice estensore
(F.to Dott. Walter BERRUTI)
Il Presidente
(F.to Dott. Giovanni COPPOLA)
Depositata in Segreteria il 24 Settembre 2014
Il Direttore della Segreteria
(F.to Antonio CINQUE)
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