N. 60 Settembre-Ottobre 2014 PERI ODICO DELLA PARR OCCHI A DI SA N NICOLA VE SCO VO IN DER GA NO Si apre un anno di Grazia Le campane di Dergano Ricordando un padre nella Fede Parrocchia di San Nicola Vescovo in Dergano via Livigno 21, 20158 Milano, tel. 026884282, fax 02680621 www.dergano.org; [email protected]. Sacerdoti Don Gerolamo Castiglioni, parroco, tel. 026884282. Il parroco riceve tutti i giorni, dalle ore 16.30 alle ore 19.00, nell’ufficio parrocchiale, in chiesa. Uno sguardo in Dergano periodico della Parrocchia di San Nicola Vescovo in Dergano N. 60 Settembre-Ottobre 2014 Direttore responsabile: Gerolamo Castiglioni Redazione: Arcangelo Berra Claudio Brusati Raffaella Galliani Elena Orioles Marco Porzio Luigi Tardini Don Giorgio Brianza, vicario parrocchiale, tel. 0266807434, cell. 3386703292 Don Stefano Conti, coadiutore, tel. 02603371, cell. 3407621384 Orari delle Sante Messe: Domenica e festività 8.00; 10.00; 11.15; 18.00 Sabato e prefestivi 8.30; 18.00 Giorni feriali 8.30; 16.30; 18.30 Per far celebrare le Sante Messe con intenzioni particolari, si prega di rivolgersi in Segreteria. Segreteria parrocchiale: tel. 026884282; fax 02680621 Orari da lunedì a giovedì 9.10 - 11.15 / 15.30 - 18.15 venerdì 15.30 - 18.15 Sommario Direzione e Redazione: via Livigno 21, 20158 Milano Stampa: Ingraf via Monte San Genesio 7, 20158 Milano Editore: Parrocchia di San Nicola Vescovo in Dergano via Livigno 21, 20158 Milano Registrazione: Tribunale di Milano n. 37 del 25 Gennaio 2010 Così parlò papa Francesco I passi guidati verso il Destino in un anno di grazia Un Battesimo inaspettato Ricordando un padre nella fede Punto di riferimento Educare i ragazzi a iniziare un cammino I Martedì di Luglio Il mundialito dell’amicizia Inserto da staccare Le campane di Dergano Finiti una parte dei lavori “Che cosa cercate?” Edolo 2014: vacanzina con delitto Finalmente arriva il campo sintetico La festa Libri La comunità ricorda Anagrafe parrocchiale 3 4 5 6 8 10 12 13 15 19 23 24 25 26 27 29 30 31 In copertina: particolare della statua di san Nicola che si trovava sulla facciata della vecchia chiesa di Dergano Editoriale Così parlò papa Francesco C ome è bella la facciata, rinnovata, della nostra chiesa parrocchiale! Ora bisogna convertire l’interno del nostro cuore. In questo ci aiutano le parole di papa Francesco pronunciate a metà agosto mentre noi eravamo in ferie. “Assieme a un chiaro senso della nostra propria identità di cristiani, il dialogo autentico richiede anche una capacità di empatia. Perché ci sia dialogo, deve esserci questa empatia. La sfida che ci si pone è quella di non limitarci ad ascoltare le parole che gli altri pronunciano, ma di cogliere la comunicazione non detta delle loro esperienze, delle loro speranze, delle loro aspirazioni, delle loro difficoltà e di ciò che sta loro più a cuore. Tale empatia deve essere frutto del nostro sguardo spirituale e dell’esperienza personale che ci porta a vedere gli altri come fratelli e sorelle, ad ‘ascoltare’ attraverso e al di là delle loro parole e azioni, ciò che i loro cuori desiderano comunicare. In questo senso, il dialogo richiede da noi un autentico spirito ‘contemplativo’: spirito contemplativo di apertura e di accoglienza dell’altro. Io non posso dialogare se sono chiuso all’altro. Apertura? Di più: accoglienza! Vieni a casa mia, tu, nel mio cuore. Il mio cuore ti accoglie. Vuole ascoltarti. Questa capacità di empatia ci rende capaci di un vero dialogo umano, nel quale parole, idee e domande scaturiscono da un’esperienza di fraternità e di umanità condivisa”. Queste parole di papa Francesco vanno unite a quelle del nostro arcivescovo che ci invita a costituire esperienze di “comunità educanti” nelle quali apprendere “un nuovo umanesimo”. Imparare a essere uomini in un mondo violento e animalesco. “Non lamentarti del buio, ma accendi un fiammifero”. Don Gerolamo 3 Santa Liturgia I passi guidati verso il Destino in un anno di Grazia Tante le grazie in questo anno 2014 per la nostra parrocchia, a cominciare dalla visita pastorale dello scorso 15 marzo A nno di Grazia, questo 2014 per la nostra parrocchia di San Nicola in Dergano, nella città di Milano, città di sant’Ambrogio e di san Carlo e di una innumerevole schiera di santi che ancora oggi illustrano la città e la diocesi. Percorriamo con estrema sintesi quanto il Signore ci ha concesso di beni materiali e spirituali per la nostra conversione del cuore e per una vita degna di essere vissuta con letizia. Grazia senza alcun dubbio è stata la visita di padre Pietro Gheddo in preparazione dell’Avvento. Fedele figlio della Chiesa, l’ha sempre servita con amore e profondità nel leggere la realtà del mondo che ha visitato più e più volte come missionario del Pime. Grande Grazia la festa patronale, celebrata secondo la tradizione più che centenaria con una commossa partecipazione di fedeli e non. Si sono ricordati anche 160 anni della Banda di Affori. Due grazie in due date importanti: il 24 novembre con la pubblicazione di Evangelii Gaudium, in cui papa Francesco rende pubblico il programma del suo pontificato, e il 6 dicembre, vigilia di sant’Ambrogio, in cui il cardinale Angelo Scola parla degli orizzonti che si aprono davanti all’uomo, fedele ambrosiano, in vista dell’Expo 2015. Preziosa, poi, è stata la benedizione natalizia, portata di casa in casa dai nostri sacerdoti, e altrettanto di valore sono le diverse testimonianze che i nostri amici missionari inviano di tanto in tanto da diverse parti del mondo. Continuando questo elenco di grazie celesti, ricordiamo la Cresima di 26 adulti e la giornata del malato, “il cuore della Chiesa”, come ha detto don Gerolamo. Per concludere, Grazia grande è stata la vi- 4 sita pastorale del nostro cardinale sabato 15 marzo. Visita che è stata illustrata con dovizia di particolari nel numero 58 di Uno sguardo in Dergano. Da non dimenticare come aiuto alla crescita nella fede le quattro pagine interne del giornale parrocchiale curate dai ragazzi e dagli adulti che stanno con loro. Ora torniamo al discorso sulla liturgia di questo tempo. Questo periodo liturgico è contrasseganto dal martirio di san Giovanni Battista che introduce le ultime settimane prima del nuovo anno che inizia con l’Avvento (16 novembre). Il papa emerito Benedetto XVI nell’Udienza generale del Mercoledì, 29 agosto 2012 a Castel Gandolfo ha parlato del martirio di san Giovanni Battista. Vale la pena di leggerne il testo. “Cari fratelli e sorelle, in quest’ultimo mercoledì del mese di agosto, ricorre la memoria liturgica del martirio di san Giovanni Battista, il precursore di Gesù. Nel Calendario Romano, è l’unico santo del quale si celebra sia la nascita, il 24 giugno, sia la morte avvenuta attraverso il martirio. Quella odierna è una memoria che risale alla dedicazione di una cripta di Sebaste, in Samaria, dove, già a metà del secolo IV, si venerava il suo capo. Il culto si estese poi a Gerusalemme, nelle Chiese d’Oriente e a Roma, col titolo di Decollazione di san Giovanni Battista. Nel Martirologio Romano, si fa riferimento a un secondo ritrovamento della preziosa reliquia, trasportata, per l’occasione, nella chiesa di San Silvestro a Campo Marzio, in Roma. Questi piccoli riferimenti storici ci aiutano a capire quanto antica e profonda sia la venerazione di san Giovanni Battista. Nei Vangeli risalta molto bene il suo ruolo in ri- ferimento a Gesù. In particolare, san Luca ne racconta la nascita, la vita nel deserto, la predicazione, e san Marco ci parla della sua drammatica morte. Giovanni Battista inizia la sua predicazione sotto l’imperatore Tiberio, nel 27-28 d.C., e il chiaro invito che rivolge alla gente accorsa per ascoltarlo, è quello a preparare la via per accogliere il Signore, a raddrizzare le strade storte della propria vita attraverso una radicale conversione del cuore. Però il Battista non si limita a predicare la penitenza, la conversione, ma, riconoscendo Gesù come “l’Agnello di Dio” venuto a togliere il peccato del mondo, ha la profonda umiltà di mostrare in Gesù il vero Inviato di Dio, facendosi da parte perché Cristo possa crescere, essere ascoltato e seguito. Come ultimo atto, il Battista testimonia con il sangue la sua fedeltà ai comandamenti di Dio, senza cedere o indietreggiare, compiendo fino in fondo la sua missione... Decollazione di san Giovanni Battista. Santuario della Madonna Noi vediamo questa grande fi- Addolorata, Santa Brigida (BG), parrocchia di rito ambrosiano gura, questa forza nella passione, nella resistenza contro i potenti. Domandel Battista è segnata dalla preghiera: il diamo: da dove nasce questa vita, questa incanto di gioia, di lode e di ringraziamento teriorità così forte, così retta, così coerente, che Zaccaria eleva al Signore e che recispesa in modo così totale per Dio e prepatiamo ogni mattina nelle Lodi, il Benedictus, rare la strada a Gesù? La risposta è semesalta l’azione di Dio nella storia e indica plice: dal rapporto con Dio, dalla preghiera, profeticamente la missione del figlio Gioche è il filo conduttore di tutta la sua esivanni: precedere il Figlio di Dio fattosi stenza. Giovanni è il dono divino lungacarne per preparargli le strade... mente invocato dai suoi genitori, Zaccaria Cari fratelli e sorelle, celebrare il martirio ed Elisabetta; un dono grande, umanadi san Giovanni Battista ricorda anche a mente insperabile, perché entrambi erano noi, cristiani di questo nostro tempo, che avanti negli anni ed Elisabetta era sterile; non si può scendere a compromessi con ma nulla è impossibile a Dio. L’annuncio di l’amore a Cristo, alla sua Parola, alla Verità. questa nascita avviene proprio nel luogo La Verità è Verità, non ci sono comprodella preghiera, al tempio di Gerusamessi. La vita cristiana esige, per così dire, lemme, anzi avviene quando a Zaccaria il “martirio” della fedeltà quotidiana al tocca il grande privilegio di entrare nel Vangelo, il coraggio cioè di lasciare che Criluogo più sacro del tempio per fare l’offerta sto cresca in noi e sia Cristo ad orientare il dell’incenso al Signore. Anche la nascita nostro pensiero e le nostre azioni”. 5 Papa Francesco Un Battesimo inaspettato Nel suo viaggio in Corea del Sud papa Francesco ha accettato di compiere un gesto imprevisto per un fedele speciale D omenica 18 agosto 2014. Da quel giorno Lee Ho Jin si chiama Francesco. Ha cinquantasei anni, gli occhi a mandorla neri, pochi capelli in testa. Il volto appare provato dal dolore nonostante che abbia appena ricevuto la grazia del Battesimo. Papa Francesco mantiene la promessa che aveva fatto a Daejeon a questo padre che ha perso un figlio non ancora sedicenne nella tragedia del traghetto “Se Wol”, affondato il 16 aprile al largo delle coste meridionali della Corea del Sud. E lo ha battezzato nella cappella della nunziatura. Lee Ho Jin è venuto senza padrino. Ad assumerne questo compito si presta un dipendente della nunziatura. Il rito si svolge in coreano. Pensa a tutto padre John, l’interprete del papa. Il pontefice interviene al momento di versare l’acqua benedetta sul capo dell’uomo e di ungerlo con il crisma. Lee Ho Jin sceglie di chiamarsi d’ora in poi Francesco. 6 Francesco Lee Ho Jin è un padre sommerso dal dolore per quel figlio Lee Seng Hyum per il quale desiderava una vita migliore della sua. Gli è stata sempre vicina la figlia Lee A-yeun che lo anche accompagnato nella processione fino in riva al mare portando una pesante croce. Quando ha saputo della visita del papa in Corea si è proposto di incontrarlo e di chiedergli di battezzarlo. Nello stadio di Daejeon papa Francesco incontra alcuni genitori dei ragazzi morti nel naufragio e Lee Ho Jin riesce ad abbracciare il papa e a chiedergli il Battesimo: “Quando ho sentito la sua mano stringermi la mia, ho trovato il coraggio necessario di fare il passo che poi ha cambiato la mia vita. Ho chiesto al papa il Battesimo”. Così la domenica mattina, alle 7, papa Francesco gli impartisce il Battesimo e Lee Ho Jin diventa Francesco e inizia una nuova vita. Chiesa di Dergano Ricordando un padre nella fede Il 28 agosto Dergano ha celebrato in parrocchia la memoria dei dieci anni dalla morte di don Bruno G iovedì 28 agosto, ore 18.30, una nutrita presenza di parrocchiani partecipa alla santa Messa, nonostante molti siano ancora in vacanza o al Meeting di Rimini. La ragione di una così numerosa partecipazione è che ricorre il decimo anniversario della morte dell’indimenticato don Bruno De-Biasio, parroco per 36 anni e presente a Dergano per quasi quaranta. La mente è tornata al 28 Agosto del 2004 quando molti parrocchiani erano al Meeting di Rimini con la famiglia ed era corsa la voce che don Bruno era morto. Molti ricordano la velocissima corsa in macchina per il ritorno, il rosario e la veglia serale in chiesa. La santa Messa di suffragio, concelebrata dai nostri sacerdoti don Gerolamo, don Giorgio e don Stefano, era presieduta da monsignor Angelo Mascheroni, vecchio amico di Dergano, che aveva celebrato i funerali di don Bruno. Il vescovo ha avuto parole toccanti nell’omelia ricordandoci l’uomo e il prete. Monsignor Mascheroni ha paragonato don Bruno a san Giovanni Battista che come lui fu annunciatore di un Altro, di Gesù, il Figlio di Dio. Il prelato ha ringraziato il Signore per avere dato alla Chiesa ambrosiana un santo prete che ha inciso profondamente sulla vita e sulla spiritualità della stessa. Monsignor Mascheroni ha ricordato poi la sua grande obbedienza e il rispetto che ha sempre avuto per ilvicari di Cristo a Roma e per i suoi superiori della Chiesa milanese: i cardinali Ildefonso Schuster, che lo ha ordinato sacerdote, Giovanni Battista Montini, divenuto papa, Giovanni Colombo, che fu anche suo professore in seminario, Carlo Maria Martini, che ne accettò le dimissioni, quando fu il momento giusto, e Dionigi Tettamanzi, che era andato trovarlo a pochi giorni dalla morte. Ritorniamo alla bella omelia di monsignor Mascheroni e riprendiamone alcuni spunti. “Siamo riuniti in questa chiesa nel ricordo di don Bruno a dieci anni dalla sua morte... Di questa vostra parrocchia don Bruno non fu solo responsabile, ma fu soprattutto promotore di crescita, umana e cristiana, secondo due grandi dinamiche: la prima, quella della comunione, con Dio e con i fratelli... la seconda dinamica, quella della liberazione. Non solo la fondamentale liberazione dal peccato, ma pure da tutti quei vincoli che in primis provengono dalla nostra limitatezza di creature, e anche peccaminose; liberazione dai criteri mondani, dalle logiche di questo mondo.... Noi celebriamo l’Eucaristia per dire al Signore: ‘Grazie, Signore, per tutti i doni che ci ha fatto in Cristo Gesù; e oggi, grazie per averci donato don Bruno!’. Altro motivo del nostro riunirci in questa chiesa è per fare memoria, per raccogliere un’eredità che don Bruno ci ha segue a pag. 9 7 Chiesa di Dergano La biografia Come ha ricordato don Gerolamo alla fine della santa Messa di commemorazione, chi vuole approfondire la conoscenza e rinnovare il suo ricordo, nella sala stampa è in vendita il volume “La vita è solo obbedienza”, una biografia scritta dal comparrocchiano Arcangelo Berra. Questo stesso libro (lo ricordate?) fu portato all’offertorio al cardinale Angelo Scola durante la sua breve visita pastorale a Dergano lo scorso 15 marzo. A San Quirino Un miracolo don Bruno l’ha fatto: mi ha concesso un viaggio leggero, quasi senza code, quando sono andato assieme a Camillo Bertacchi a San Quirino, lo scorso 6 giugno, a presentare il libro ai suoi compaesani. Don Aniceto Cesarin, il parroco, aveva accolto con gioia la mia proposta di andare nel paese friulano per una serata dedicata a don Bruno. Aveva scelto una data importante, il 6 giugno, perché cade nella settimana del 4 giugno quando si festeggia san Quirino patrono e titolare della chiesa. In quella data è consuetudine premiare cittadini sanquirinesi che si sono distinti in patria e nel mondo (nel 2004 anche a don Bruno era stato dato il premio). L’evento è avvenuto alla sera alla presenza del sindaco e dell’assessore alla Cultura. La sede è stata la chiesa parrocchiale perché il salone era troppo piccolo per il numero dei parrocchiani presenti. (A.B.) La testimonianza 31 agosto 2014 Un amico di ritorno dal Meeting mi ha regalato il libro “La vita è solo obbedienza” dedicato al caro don Bruno. Ho conosciuto don Bruno quando avevo 16 anni e l’ho frequentato fino alla sua morte. Non sono di Dergano e la mia Comunità di CL era quella di San Lorenzo. Quando frequentavo don Bruno? Ho lavorato alla Carlo Erba di via Imbonati (ora è rimasta solo la gloriosa ciminiera) per quasi 30 anni. Dai primi anni ’70 tentavo con un altro amico una pubblica presenza cristiana all’interno dell’azienda e don Bruno, per moltissimi anni alle 17.30 di ogni Mercoledì partecipava all’incontro che tenevamo per uno sparuto gruppetto di cristiani (3-4 al massimo 6-7 persone) ma lui c’era sempre. Il momento forte era la Santa Messa di Natale quando don Bruno compariva all’orizzonte, nella nebbia, con la sua tonaca e il colbacco per celebrarla nella cappellina dell’Istituto Artigianelli. Del nostro gruppetto diceva: “Quelli lì, divente no pussé de quindes”, ma lui c’era sempre. Nel gruppetto noi proponevamo di leggere “Il senso Religioso” ma siccome era troppo “targato” CL alcuni proponevano la liturgia della domenica successiva. A don Bruno non interessava. L’unico interesse era annunciare Cristo e far capire la sua contemporaneità di cui si poteva fare esperienza. CI PIACE ANDARE Un altro ricordo, sempre legato alla sua attenzione per il mondo del lavoro, era il “pranzo dei lavoratori” che ogni 15 giorni si teneva a casa sua, preparato da alcune donne. Queste signore lo chiamavano CI PIACE STARE “il capo” e ne avevano un certo timore. Questo pranzo è stato per me l’occasione di invito a tanti lavoratori. Panificio Un altro aspetto che vorrei ricordare è che in occasione di una crisi Pasticceria o sbandamento di un nostro sacerdote, don Bruno si faceva accomCaffetteria pagnare, alla sera dopo il lavoro (e io ne ho avuta l’occasione), in un paese del Varesotto a trovarlo e mentre io aspettavo fuori lui si inpiazza Dergano 3 tratteneva con l’amico sacerdote. Ecco un altro tratto fondamentale 20158 Milano di don Bruno: la fedeltà alle persone vissuta con discrezione. Tel. 02603417 Perdoni l’approssimazione di queste note. Giovanni Claudio Carniel DA :) CRI 8 lasciato: come vivere e perché vivere, come donarsi e perché donarsi e infine come morire e perché morire. Nel tentativo di formulare una risposta, mi auguro che abbiate capito gli insegnamenti più alti che don Bruno ha impartito negli anni in cui fu vostro parroco e vostro maestro di vita. Mutuo questo ricordo da san Paolo: ‘Mi sono fatto tutto a tutti per guadagnarne almeno qualcuno’. Guadagnarne, non certo per sé, ma per Gesù. Tutto a tutti, senza riserve, né di tempo né di spazio; senza esclusioni o pregiudizi, che magari poteva suggerirgli il nemico del bene; senza limiti, che eventualmente salute o soldi potevano imporgli... Questo farsi tutto a tutti non ha impedito a don Bruno di esprimere con convinzione le esigenze evangeliche, dirle con verità e con sincertà, sempre nel rispetto che le proposte cristiane esigono: mai imporre, sempre e instancabilmente proporre, nel rispetto della libertà... La testimonianza non è solo buon esempio, ma tendere a manifestare, attraverso ciò che siamo, quello che diciamo e le scelte che compiamo, i lineamenti del volto benedetto di Cristo Signore, e quando non è possibile domandare perdono. Pensate a don Bruno, quando, non più parroco, era una presenza costante nel confessionale per togliere il nostro peccato…”. Il vescovo ha anche ricordato il grande dono che il Signore ha fatto alla nostra Parrocchia costruendo, negli anni della sua presenza, la nostra grande comunità. Prima della bendizione, don Gerolamo ha preso la parola per ringraziare monsignor Angelo Mascheroni: “Certamente tra gli amici della nostra parrocchia c’è don Angelo Mascheroni. Se ricordate è lui che ha celebrato il funerale di don Bruno, è lui che viene da molti anni a impartire la Cresima ai nostri ragazzi…”. Ed è sempre lui che in certe occasioni sa dire la parola giusta, dare il suggerimento opportuno a favore della nostra parrocchia. Concludendo don Gerolamo richiama alla mente di tutti come la testimonianza di don Bruno vada ben oltre i confini di Dergano. Claudio Brusati e Peppino Lazzaroni 9 Chiesa di Milano Educare i ragazzi a iniziare il cammino della vita cristiana 8 settembre, festa di Maria Nascente, patrona del nostro Duomo: è il giorno in cui per tradizione l’arcivescovo inizia il nuovo anno È il pianeta. Energia per la vita’, muove la nostata un’omelia decisamente mastra libertà a prendere sul serio la proposta riana, quella con cui il cardinale Anpastorale ‘Il campo è il mondo’ per percorgelo Scola ha aperto l’anno pastorale. rere, da testimoni, tutte le vie calcate dalDel resto non poteva essere diversamente, l’uomo di oggi. I cristiani, vivendo in nella festa di Maria Nascente, patrona della pienezza la loro appartenenza a Cristo, inCattedrale, che per tradizione segna l’initendono offrire il loro contributo all’edifizio dell’attività diocesana. cazione del nuovo umanesimo in Milano e Dalla madre di Gesù l’arcivescovo ha preso nelle terre lombarde, vivendo e propole mosse nel tracciare i compiti che attennendo, come ancora ci ricorda San Paolo, dono la Chiesa ambrosiana. Maria, che la ‘una vita per la giustizia’”. prima Lettura diel giorno, composta da verA questo “nuovo umanesimo” sarà dedisetti del Cantico dei Cantici e del Siracide, decata una seconda Nota Pastorale (dopo “La finisce “Madre del bell’amore e del timore, comunità educante”), in occasione della sodella conoscenza e della santa speranza, in lennità di Sant’Ambrogio. me ogni dono di vita e verità, in me ogni La nota, di cui parliamo in questo numero speranza di vita e di virtù”. Ha sottolineato di Uno sguardo in Dergano, è dedicata all’edul’arcivescovo: “Sono queste dimensioni ircazione. Ha detto il cardinale: “ Non è posrinunciabili di quel ‘nuovo umanesimo’ sibile accogliere un ministero nella Chiesa così necessario alla nostra società plurale”. – nessuno si invia da sé, tutti siamo presi a Il cardinale nell’omelia del pontificale ha servizio – senza la disponibilità cordiale e parlato di Expo 2015, occasione nella quale permanente a lasciarsi educare”. E ha coni cristiani non possono non riconoscere la tinuato: “Perché questa insistenza sull’edumano provvicazione? Perché è l’unica strada che dente del conduce la donna e l’uomo alla riuscita, Padre: “Il conalla pienezza di vita, in una parola alla sanvenire a Mitità cristiana”. lano di Ecco allora il libretto (guardate la foto nella centinaia di pagina accanto): è piccolo, appena 32 pamigliaia di gine dedicata all’iniziazione cristiana dei donne e uoragazzi. Si legge in meno di un’ora, ma in mini, prove$#')! #+ & () ( nienti da % & # #( '(& ! seguito va meditato, oserei dire, in ogni sua $#')! #+ & () ( parola che il cardinale scrive. quasi tutti i % & # #( '(& ! ! $# & % & %%)#( " #( La “comunità educante” ha il compito Paesi del ! $# & % & %%)#( " #( dell’iniziazione cristiana. Ma chi ne fa mondo, * * #$per ! #$ parte? “La ‘comunità educante’ vuol essere riflettere sul * * #$ ! #$ un’espressione specifica della Chiesa-comu!! tema!!‘Nutrire 10 Chiesa di Milano nione, così come essa vive nella nostra diocesi attraverso le diverse comunità cristiane”. A queste comunità il cardinale indica un percorso. L’Arcivescovo parte dalla constatazione che le “oggettive difficoltà” che incontra la Chiesa nel suo compito di evangelizzazione dipendono dal “contesto di frammentazione in cui viviamo”. Pensando in particolare ai più piccoli impegnati nel percorso di iniziazione cristiana, il cardinale Scola osserva che “i nostri ragazzi passano ogni giorno dalla famiglia alla scuola, allo sport, alla musica, all’oratorio, al catechismo, attraversano comparti stagni senza potersi ancorare a un filo rosso che unifichi la loro giornata. Al di là della dedizione encomiabile di decine di migliaia di educatori il ragazzo sente il catechismo come una sorta di doposcuola che lo porterà al traguardo della Confermazione, giocoforza inteso dalla maggioranza con il termine di un percorso. Da qui l’emorragia che è sotto i nostri occhi. In questo modo, si fa sempre più forte la tentazione di rinunciare a educare e di abbandonarsi all’individualismo”. Il cardinale Scola spiega che “la proposta educativa consiste dunque nell’offrire un incontro effettivo con Gesù, per imparare a seguirLo. Nel mondo odierno, in cui la società non offre un orizzonte unitario, è la Chiesa stessa che si deve far carico di proporre questo vitale principio sintetico”. Come fare? Non certo delegando l’educazione dei ragazzi agli specialisti, ma attraverso “la creazione di comunità educanti” in cui “l’incontro con Gesù venga vissuto e praticato effettivamente come principio d’unità dell’io e della realtà”. “La ‘comunità educante’, aggiunge il cardinale, emerge, starei per dire ‘naturalmente’, dal vissuto reale dei ragazzi, cioè da quelle figure educative che di fatto già sono in rapporto con loro. Vogliamo aiutarle a riconoscere più consapevolmente questo loro compito educativo dentro la vita di comunità. Sacerdoti e diaconi, religiosi/e e consacrati/e, genitori e nonni, insegnanti, educatori e animatori, allenatori sportivi, direttori di coro… Ogni ragazzo è già, di fatto, in rapporto con tutte queste figure, ma assai di rado esse si presentano come portatrici di una proposta unitaria e non vengono quindi percepite come parte di una stessa comunità. Invece una comunità viva e consapevole è la condizione imprescindibile perché i ragazzi incontrino personalmente Gesù come ‘centro affettivo’, cioè punto di riferimento stabile per la loro vita”. L’arcivescovo immagina che gli adulti che formano la comunità educante “non si incontrano solo per organizzare cosa fare con i ragazzi/e, ma per vivere in prima persona l’esperienza di fede e della comunione in funzione dello specifico compito educativo dell’iniziazione”, coinvolgendo le famiglie, genitori e nonni, con uno stile dove “si vive la carità fraterna”. 11 Vita comunitaria I Martedì di Luglio Rispettata la bella tradizione di trovarsi a cena con dopo cena I l titolo che è stato dato alle tradizionali serate dei martedì di luglio 2014, le sere del 8, del 15 e del 22 diceva così: Periferie esistenziali – Periferie del Mondo. Il momento forte è la cena: ma sono state invitate tre persone che dopo cena ci hanno condotto in modo magistrale al tema. 8 Luglio: il titolo era “Roba minima”, serata dedicata a Enzo Jannacci, noto cantautore, cabarettista e medico. Maurizio Vitali, milanese autentico, ha perfettamente presentato il personaggio e la sua umanità, interpretando molto bene le sue canzoni (grazie anche all’accompagnamento di un validissimo pianista) dalle più celebri alle meno famose, ma tutte con l’originalità che lo contraddistingue. Le canzoni di Enzo narrano di gente comune coi suoi problemi, di varie situazioni spesso piene di metafore e satira. La serata si è conclusa con la richiesta di molti bis e canzoni particolari che Vitali ha eseguito dopo avere letto un piccolo brano tratto dalla biografia di don Luigi Giussani che ha dato la dritta per comprendere il significato al tutto. Una nota particolare va spesa per Gigi che, dopo il suo speciale risotto al rosmarino mantecato alla provola delle Langhe, una vera delizia, ha sorpreso tutti portando in tavola uno “spiedone” lungo 2 metri con infilati ben 10 pezzi di carne, Picanhas brasiliano (per chi se ne intende, si tratta di un taglio di carne tipico della cucina brasiliana), cotta al punto giusto che tutti hanno apprezzato. Grazie Gigi! 15 Luglio: “Il Mondo Piccolo di Giovannino Guareschi” è stato brillantemente presentato da Paolo Gulisano, medico e profondo conoscitore di Giovanni Guareschi, uno dei 12 più celebri intellettuali italiani del ’900. Guareschi si è contraddistinto come uomo, come scrittore e giornalista satirico e graffiante; uomo tutto d’un pezzo, il suo linguaggio era semplice e immediato e i personaggi dei suoi libri erano spesso riferiti, pur con nomi e luoghi diversi, a situazioni familiari vissute nel quotidiano. Ha fondato giornali satirici come “Candido” e, da famoso anticomunista, fu l’ideatore di “Don Camillo e Peppone” (che tutti conosciamo). Siamo negli anni Cinquanta e la contrapposizione politico-ideologica del tempo è raccontata in modo reale, e nello stesso tempo ironico, dai due protagonisti rendendo tutto molto piacevole. Malgrado le differenze dei due personaggi, sostanzialmente buoni, emerge un desiderio di bene e di speranza da entrambi. Gulisano, con simpatica cadenza emiliana, che hanno reso gradevole l’ascolto, ci ha letto alcuni brani di Guareschi. 22 Luglio: la terza serata aveva come titolo “Quando tutto sembra perduto” ed è stata dedicata alla testimonianza di don Emilio Bellani, missionario in Brasile a Salvador de Bahia, nella favela Novos Algados. Don Emilio per quasi due anni ha dimorato a Dergano e il Natale scorso i bambini dell’oratorio, durante la preparazione dell’Avvento, gli hanno donato liberamente i loro risparmi. È stata una serata intensa e partecipata. Nel dopocena si sono aggiunti in tanti e credo che in totale ben 300 persone fossero presenti. Nel silenzio don Emilio ha raccontato come si vive in favela, come è la gente, come vive lui, le sue fatiche e tutto il suo impegno appassionato nella ricerca di un’amicizia con loro per trovare la strada per annunciare Cristo. Questo ha reso evi- dente che la risposta al bisogno dell’uomo è Gesù. Ha mostrato diapositive della favela e ha parlato per circa un’ora. Ma leggiamo qui sotto la sua testimonianza diretta. Peppino Lazzaroni Il mundialito dell’amicizia Il canto dà il via alla testimonianza di don Emilio: Sou feliz e Canzone degli occhi e del cuore. Andrea Rizzi introduce raccontando come ha incontrato don Emilio nella Favela di Bahia: come gli apostoli Andrea e Giovanni hanno seguito Gesù la prima volta, Don Emilio ha risposto a lui e a sua moglie: “Il modo migliore per farvi conoscere che cosa faccio è di venire con me”. “Siamo tornati con nel cuore e negli occhi l’esperienza di quel giorno che oggi in maniera più dettagliata don Emilio ci racconterà. L’incontro con Cristo è stato un innamoramento e quando noi siamo entrati nella favela con don Emilio abbiamo proprio visto un uomo che dà la vita per Cristo, che dà la vita per quell’incontro fatto”. Don Emilio. Mi hanno sempre colpito le parole di don Giussani del 1993 che abbiamo riletto: “Allora per che cosa siamo qui? Per che cosa siamo al mondo? Per gridare al mondo che tra di noi c’è una Presenza strana: Colui che ha fatto il cielo e le stelle è Lui che porta alla fine, porta al compimento il nostro desiderio”. Solo un uomo certo di questa cosa può accettare, stare davanti a tutte le sfide che accade di incontrare nella nostra esperienza. Questa sera vi racconto di qualche sfida che ho incontrato quest’anno. Vi mostro un filmato che di tanto in tanto commento. Parto con questa immagine di bambini, bellissima, sono miei amici, sono volti molto belli. Mi trovo a celebrare la Messa, che per me è stata la Messa più bella della mia vita: è accaduto nel giorno della Pasqua di quest’anno. Don Ignacio celebrava in parrocchia e invece di concelebrare con lui sono andato a celebrare la Messa in un posto dove me l’hanno chiesto. E sono andato in una piazzetta in questa parte della favela: è un insieme di baracche per lo più in legno, mezze marce, che contengono molti nuclei familiari (dico subito che la parola famiglia è una parola un po’ esagerata, sono tutti nuclei destrutturati), sono centinaia e centinaia di persone che vivono in queste baracche dove manca tutto l’essenziale. Le frequento, perché ci sono persone della nostra parrocchia e a volte perché un’amica, dona Alda, mi introduce di baracca in baracca, senza di lei non potrei entrare perché sono comunque luoghi pericolosi. La polizia sta ai bordi di questo insediamento che è il centro di smistamento della droga dove i banditi si rifugiano e trovano complicità, dove ci sono molte persone fuggite dalle prigioni. Per Pasqua dona Alda si è fatta portavoce di queste persone e mi ha chiesto di celebrare la Messa. Io sapevo dell’esistenza di questa baraccopoli e di un pastore protestante che con il Vangelo sotto braccio gira baracca per baracca. Ho chiesto se c’è qualche cattolico perché si percepisce una radice cattolica che però si mescola con altre manifestazioni o africane (molta parte di questa gente ha radici africane) o con varie sette religiose. Dona Alda mi dice che vale la pena perché ci sono dei cattolici. Inizio a celebrare la Messa e mi trovo solo quattro o cinque bambini davanti a me, mi dico che non mi importa del numero delle persone. Iniziata la 13 Vita comunitaria Messa, sono cominciati a spuntare a uno a uno i farabutti che abitano qua (dico farabutti a ragion veduta, li conosco abbastanza bene). Un po’ nascosti, non troppo in vista davanti alle proprie baracche, magari perché ognuno ha un po’ vergogna a mostrarsi all’altro, hanno incominciato a riempire questa piazzettina, piena di immondizia. Io mi sono sentito felice perché quando vedi le persone con le quali stai insieme che aderiscono alla Messa è una cosa bellissima: è lo scopo per cui sono lì, stare vicino al Signore soprattutto attraverso questa forma. Ho incominciato a gioire e al Vangelo mi sono fermato sulla persona che mi colpisce ogni volta, la persona di Maria Maddalena. Ho raccontato un po’ della storia di lei e anche di altri peccatori del Vangelo, ma mi sono bloccato con il singhiozzo in gola quando vidi che tutti piangevano. Ho capito che Cristo riaccade, Cristo riaccade qui. E che non c’è nessun peccato al mondo, non c’è nessuna condizione di vita, non c’è nessuna circostanza che possa separarci dall’amore di Dio: è una Presenza viva, che si tocca adesso. E allora ho chiesto al Signore se potesse toccare il mio cuore come stava toccando il cuore di loro perché anche l’ultimo può essere davanti al Signore, può avere l’incontro vivo con Cristo, anche il delinquente fuggito dalla prigione può essere il primo davanti al Signore. Allora io ho chiesto che non diventasse mai una consuetudine, una cosa ovvia, una routine celebrare la Messa o parlare di Gesù o sfogliare certe pagine del Vangelo. Che questi incontri potessero riaccadere ogni volta anche per me. Ho imparato in questa circostanza: poveracci, veramente dei poveracci, ma niente gli impedisce di incontrarsi con Gesù. Altre immagini di questa Messa di Pasqua: questa è una prostituta, che, alla fine della Messa, mi ha consegnato le sue due figlie che adesso fanno parte del nostro gruppo di ragazzi che si chiama gruppo di Edimar, sono una sessantina di ragazzi. Altre fotografie: il panorama dal campanile, la chiesa parrocchiale con l’arcobaleno, il mare... Vi racconto un’altra sfida. Alla fine dei mondiali abbiamo rifatto un torneo nella favela con lo schema del mondiale ricordando un ragazzo morto che si allenava e che abitava nella nostra parrocchia. Nella favela ci sono 4 campi di calcio e allora abbiamo fatto il mundialito: ogni campo è stato ribattezzato con il nome di un campo del mondiale. Ci sono state le eliminatorie con le 16 squadre. Da questo torneo è nata un’unità a partire dal calcio, a partire dal mundial. Se io voltavo la faccia da un’altra parte, non guardavo le persone e i loro interessi, non nasceva questa unità. Questo è vero ecumenismo: non è una cosa da tavolino, ma va sostenuto da gesti, dalla nostra amicizia. L’ecumenismo nei quartieri nasce così attraverso un’amicizia seria che partendo da qualsiasi punto arriva fino a una felicità buona che dà il senso della vita. Io sto imparando questo che voi sapete già: non esiste il desiderio puro di Dio, un bambino non desidera Dio, desidera chi gli fa scuola, chi gli dà il buono. Come ci ha insegnato don Giussani, la pietà per la loro fame è la stessa cosa della pietà per il loro destino. Come nel Vangelo, Gesù era seguito da tre giorni dalla folla immensa ed ebbe compassione di loro. Come per Gesù deve avvenire lo stesso per noi. È così anche oggi: lo stare insieme, il parlarmi, il cercarmi anche per l’esperienza che vivo non è solo per l’apparenza, ma devi dare una lettura più profonda di questo fenomeno, l’abitante dalla favela, come tutti, cerca un’altra cosa, forse non lo sa, in fondo alla bottiglia di alcool o di birra, è un’altra cosa che cerca. Ha fatto così il Signore con la Samaritana. Alcuni momenti sono stati pericolosi, abbiamo dovuto chiamare anche la polizia: perché il tentativo è stato di mettere insieme ragazzi per la prima volta appartenenti a zone differenti del quartiere in lotta tra loro (c’era il rischio di coltellate) per via della droga. Non è facile. Sono veramente toccati in modo straordinario dalla Grazia del Signore. Quello che vivono in casa e quello che vivono nella strada li porterebbero a tutto tranne che a partecipare a un evento cristiano. Mostriamo che Gesù è una cosa bella, che è una notizia bella, per esempio fermarsi davanti al mare alla sera alle 11 e sentire il rumore delle onde e guardare le stelle e fare un canto. Non so fino a che punto questa cosa li tocchi, a che livello arrivi Gesù tramite queste cose, non lo so, ma certamente è una cosa che si porteranno per tutta la vita. Questo è il nostro compito, è la nostra educazione. Altre sfide: stiamo iniziando un’attività con una multinazionale di informatica, poi c’è il balletto con 150 ragazze iscritte che frequentano settimanalmente i corsi di ballo classico. È uno spettacolo nello spettacolo. C’è un corso celere di informatica per adulti in cui si insegna solo l’ABC. Se tutto va bene, accosteremo 600 persone ogni anno. Ci impegniamo molto nella salute: ci sono dei camper che girano in vari quartieri e si fermano tre giorni nei vari posti dove fanno la”fiera della salute”. E questo ancora una volta avviene per mezzo della Chiesa cattolica. Le ragazze alla scuola di danza sono 150 bambine che escono da certi tuguri e sperimentano la bellezza di ambienti, trovano l’amicizia tra di loro, provano a realizzare un sogno. È bello vederle in questo contesto. Tre di loro quest’anno mi hanno chiesto la Cresima. Altre chiedono anche la Prima Comunione. 14 Supplemento al n. 60 Storia Le campane di Dergano Una storia di cose, ma soprattutto l’incontro con un popolo N on si può non rimanere commossi dalla storia scritta sulle nostre campane fatta e stampata il 21 marzo 1933 e presentata “All’Eminentissimo Principe” cardinale Ildefonso Schuster, fatta da Don Achille Veronelli già coadiutore a Dergano dal 20 gennaio 1902 e parroco sempre qui dal 1 settembre 1917. Il racconto delle campane non è storia di cose anche se religiose, ma è storia di un popolo, è uno spaccato della vita di Der- Nel 1992 le vecchie campane restaurate furono collocate sul campanile della chiesa attuale gano di 100 anni fa; è uno scritto che racconta la fede dei Derganesi di allora che erano già 3.000 persone. Il parroco don Achille Veronelli, l’autore di questo scritto, è stato qui a Dergano più di cinquant’anni fino al 1963. Sentiremo ancora raccontare dal nostro Sguardo le testimonianze di quegli anni. Il racconto di don Achille Veronelli D alle notizie, purtroppo frammentarie, e spesso indecifrabili, contenute nei vecchi registri custoditi nel nostro Archivio Parrocchiale, rileviamo, che già anteriormente all’anno 1500 ancor prima cioè che Dergano fosse staccata da Bruzzano ed elevata a Parrocchia autonoma, il nostro Campanile portava due campane. Più tardi, come leggesi nelle vecchie cronache, si aggiunse un “campanino” che aveva una sua speciale mansione, squillare cioè ogni sera dolce invito a ricordare i nostri morti. Ed è questo piccolo concerto che avrà salutato San Carlo Borromeo quando nel 1564 venne a visitare la nostra Chiesa (la data è sbagliata perché San Carlo è entrato a Milano nel 1565 N.d.R.), ed a insediarvi il primo Parroco. Quarant’anni più tardi, e cioè nel 1604 i derganesi pongono sulla loro torre una terza campana, più grossa delle già esistenti. Questa viene consacrata e benedetta il 28 gennaio di quell’anno, da Sua Eminenza il Cardinale Federico Borromeo nostro Arcivescovo, e cugino di San Carlo. La nuova cam- pana fu fatta a spese della Scuola del Corpus Domini, (così chiamavansi allora le Confraternite del SS. Sacramento) aiutata da un certo sig. Hieronimo Mauro; costò lire milanesi 336 e fu posta sul campanile il 12 aprile. Dobbiamo credere che i nostri vecchi, per provare la bontà della nuova campana, abbiano abusato delle vecchie, perché una di queste, dopo alcuni mesi; diventò, come indicato nelle cronache, “tutta creppa”. Ma non si perdettero d’animo gli avi; calatala da campanile, e coll’aggiunta del famoso “campanino” sopra ricordato, nonché di altro metallo, fecero fondere una nuova campana, chiamata “la mezzana”. Si sa che questa fu benedetta dal Padre Abate di San Pietro in Gessate di Milano, e dedicata al Patrono nostro, San Nicola da Bari. La spesa relativa venne sostenuta ancora dalla Scuola del Corpus Domini e dai parrocchiani poveri. Il cronista ci ricorda che, anche in questa occasione “li signori né altri gentiluomini di Dergheno, non hanno tratto fuori un solo quattrino, et questo, dico in vergogna et vituperio suo”. In con- 19 Storia trapposto alla tirchieria dei derganesi signori di quel tempo, il cronista vuole additato ai posteri un certo signor Hieronimo Lonati non di Dergano, il quale, prosegue il racconto “... ha fatto assai doni et ellemosine, et merita gli sia usata ogni sorta di cortesia ed appiaceri”. Nel 1605 il nostro Campanile dispone quindi di tre campane, e debbono essere state ben “in gamba”, e di ottima fattura, perché durarono circa un secolo e mezzo. È solo verso il 1750 che si decide il loro collocamento a riposo, sostituendovi un concerto pure di 3 campane che, si dice, destò l’invidia dei paesi circonvicini, di Affori in modo speciale. Peccato davvero che notizie scritte in merito alle nuove campane non si abbiano. Quello che si sa, lo è per tradizione, e cioè che durarono sino verso il 1884, ma in uno stato compassionevole, perché, come avrebbe detto l’antico storiografo, erano diventate “tutte creppate”. Si capisce però che i derganesi in quel tempo dovevano essere ben “in bolletta” perché è solo nel 1885 che si decidono a cambiarle. Si forma in quell’anno l’immancabile Comitato presieduto dalla Veneranda Fabbriceria, e dopo sedute, sedute e sedute, finalmente si delibera di ordinare alla Casa Barigozzi di Milano (l’antica ed apprezzata fonderia), un concerto, e questa volta di ben cinque campane, in tono di “fa”. Nella primavera del 1886 le campane sono pronte, ed una domenica mattina, tre carri infiorati ed inghirlandati, trascinati da bianchi cavalli, preceduti da un battistrada in costume, trasportano dalla fonderia al cortile parrocchiale il concerto. Il popolo tutto ne è entusiasta. Padrini Francesca Nelli Direttore Tecnico 02.365.953.12 24h su 24 FNP Servizi Funebri Via Livigno 18 - Milano 20 sono i maggiori offerenti del paese. Facciamo un po’ di descrizione: Come detto, le campane sono cinque. “Questo lo sappiamo da un pezzo!” mi sembra di udire. Vi posso assicurare invece, che fino a questo momento erano moltissimi quelli che lo ignoravano, e lo sapete il perché? Perché non si erano mai presi la briga di contarle. Pesano complessivamente quintali diciassette e costarono lire italiane (d’ante guerra s’intende) settemilaseicentodieci. Ecco le iscrizioni che trovansi sulle campane. Per subito intenderci le trascrivo addirittura in italiano, benché sulle campane figurino, come d’uso, in lingua latina. Sulla prima: “Regina del Sacratissimo Rosario, prega per noi”. Sulla seconda: “Dal fulmine e dalla tempesta liberaci o Signore”. Sulla terza (certo in omaggio a chi la donò, il parroco di quel tempo, Sacerd. Antonio Schwarzbach): “S. Antonio ci ottenga il distacco dalle cose terrene”. Sulla quarta: “Onoriamo San Giorgio Martire, nostro Patrono”. Sulla quinta: “Invochiamo San Nicola Vescovo, nostro Patrono”. Sulle due più grosse poi (la quarta e la quinta) vi si trovano scolpite anche due lucertole. “Cosa ci stanno a fare?” mi direte voi. Veramente, soggiungo io, quelle lucertole non fanno nulla, perché poverine essendo di bronzo come le campane, non possono muoversi, e neppure possiamo farle scappare anche se ci mettessimo tutta la nostra buona volontà. “E allora?”. Ed allora vogliono essere un simbolo, dirò meglio, un monito per noi. La lucertola è il primo degli animali, che ancora nel cuore dell’inverno lascia la sua tana, ed esce al sole a preannunciarci la primavera imminente, quella primavera che è poi rinascita di tutta la natura. “A Sant’Agnesa, cur la luserta per la scesa”. Non dice così un vecchio nostro proverbio? E le campane non sono esse le solerti preannunziatrici di ogni santo evento? Non ci portano forse il quotidiano invito di ricordarci di Dio, di Gesù che ci attende alla sua Chiesa per farci rinascere alla grazia coi tesori della Santa Messa, dei Santi Sacramenti? Non è così? Vedete, che in fin dei conti le povere bestiole stanno a far qualche cosa? Come già dissi, le campane costarono lire settemilaseicentodieci. Certo tale cifra, oggigiorno, anche in piena crisi, non avrebbe spaventato i cittadini derganesi. Ma dobbiamo tenere presente che Dergano, nel 1886, contava sì e no cinquecento abitanti, tutti poveri contadini o modestissimi materassai. Gli abbienti, certo per non far sfigurare i loro antenati, sono rimasti come al solito, assenti. Fatto si è che tutta la spesa piombò sulle spalle dei poveri, i quali a malapena e dopo tanti sforzi, riescirono a raggranellare per la fornitrice, solo un buon acconto. Col passare anzi del primo entusiasmo, erano cessate anche le offerte. Ci fu un tempo, che la Ditta Barigozzi minacciò persino di porre le campane (vittime innocenti), sotto sequestro. Accadde però nel 1893 un fatto straordinario, il più impensato, e che liberò i derganesi dall’incubo di dover rimanere ... senza campane. In detto anno, e precisamente in una brutta notte di gennaio, alcuni malandrini, passando per la porticina che dal cortile Parrocchiale conduce in Sagrestia, penetrarono in Chiesa, e quivi misero tutto a soqquadro. Violarono il Sacro Tabernacolo, involando i Sacri Vasi, e disperdendo sacrilegamente le Sacre Particole sul pavimento dell’Altare: asportarono tutti i doni d’argento e d’oro che per decine di anni erano stati offerti dalla pietà dei fedeli, alla nos t r a Madonna del S. Rosario, svuotarono le cassette delle elemosine, ecc., ecc. Non è a dire il dolore provato dai derganesi per tanto sacrilegio, e subito indissero speciali funzioni riparatrici. La nuova del furto patito era giunta alla Presidenza del benefico Circolo di Maria Immacolata di Milano, la quale (la Presidenza si capisce) ben sapendo la povertà in cui versavano e Chiesa e fedeli derganesi, volle venire in aiuto. La domenica susseguente il furto, una lunga processione parte dalla Parrocchiale e si porta al “Doss de Derghen”, ad incontrare i benefici soci del Circolo di Milano, i quali, pure processionalmente, si dirigevano alla nostra Chiesa portando seco doni in quantità: Vasi Sacri, altre suppellettili, monili d’oro per la Madonna, ed ancora una grossa borsa ricolma di lucenti monete d’argento, e di carte da cinquanta e da cento. L’offerta in danaro fu così abbondante, che non solo si poté sopperire ai danni portati dai ladri sacrileghi, ma anche ... guarda un po’!... a saldare finalmente, l’ormai famoso debito campanario. Le campane in quel giorno suonarono... suonarono... suonarono... che sembrò volessero impazzire. Ritengo anzi, che anche. senza la spinta del campanaro, si sarebbero mosse per far udire i loro allegri rintocchi, ed avevano non una, ma cento ragioni, perché finalmente, dopo anni di trepida ansia, si vedevano liberati dall’incubo di dover fare da un momento all’altro una bruttissima figura. a cura di don Giorgio Brianza 21 Chiesa parrocchiale La facciata della nostra chiesa tutta coperta con teloni durante i lavori di restauro Finiti una parte dei lavori di restauro della nostra chiesa Un grande lavoro di certosina pazienza per ridare l’aspetto originale alla facciata in mattoni del nostro edificio sacro I l gioco “del prima del dopo” può facilamente applicarsi al restauro della nostra chiesa parrocchiale. Nel numero scorso di Uno Sguardo in Dergano avevamo ampliamente illustrato le condizioni dei muri esterni che hanno la caratteristica architettonica tipica del periodo di costruzione, gli anni a cavallo della Seconda guerra mondiale. Tutte le chiese di Milano 22 di quel periodo (un esempio per tutti, San Nereo e Achilleo, in viale Argonne) hanno la cartteristica dei mattoni a vista. Nel numero scorso avevamo visto quanto questi mattoni fossero mal messi (sporchi, rovinati, in parte disconnessi), ora nella foto della pagina accanto, e soprattutto nella realtà, possiamo osservare il risultato del lavoro fatto dai restauratori: colore bril- La facciata della nostra chiesa con colori vivi e fughe in cemento restaurate dopo i lavori lante, pulizia, fughe in cemento precise e ordinate, riparazione dei punti mancanti. Certo non è ancora la facciata progettata in origine e non conclusa per l’infuriare della guerra che prevedeva anche un pronao con delle colonne all’ingresso, ma la pulizia e l’ordine sono un ottimo biglietto da visita e un grande passo all’accoglienza dei fedeli e anche dei semplici curiosi. Questa prima parte dei lavori non sono finiti: vediamo nella foto qui a sinistra i ponteggi sul fianco destro dell’edificio ecclesiastico con qualche piccolo disagio per i pedoni. Ancora un poco di tempo e l’impresa incaricata dei restauri avrà concluso e darà alla comunità parrocchiale una chiesa tutta quanta in ordine. Nel numero scorso abbiamo parlato anche di costi: dal Comune di Milano è previsto un contributo, che però non basta a coprire il costo dell’intervento. Come in tutti i secoli sarà la comunità cristiana ad accollarsi quanto manca. 23 Vacanze comunitarie “Che cosa cercate?” Alcune istantanee dalla vacanza della comunità a Sankt Moritz A nche quest’anno un nutrito numero di famiglie della comunità di Dergano ha condiviso qualche giorno di vacanza a Sankt Moritz. Il tema proposto per quest’anno era “Che cosa cercate?” (Gv 1,38) e nell’augurio iniziale Andrea Rizzi ci ha esortato a conservare queste parole nel cuore in modo da essere aiutati nella convivenza e nell’approfondire l’affezione a Cristo e l'amicizia fra noi. La vacanza è stata varia e articolata, e il tempo tutto sommato clemente. Nei giorni di convivenza si sono susseguiti momenti strutturati quali gite, giochi, canti, testimonianze (di Laura Patanella, di Gabriella Sommacal e di Pier Alberto Bertazzi), e la Messa quotidiana (quest’anno i preti erano addirittura quattro, tra cui don Savino!), ma tanti sono stati i momenti in cui ciascuno poteva liberamente e secondo le sue possibilità mettersi in gioco in un rapporto o per contribuire alla realizzazione di un gesto, qualunque esso fosse. La compagnia era molto ben assortita e ai pargoletti ancora in fasce facevano da contraltare i nonni con pluriennale esperienza di nipoti, segno di un popolo che si apre anche alle nuove giovani famiglie. Si è respirata un’aria di condivisione in cui si vedeva davvero la fraternità nei rapporti: era bello vedere come gli adulti a cena si facessero le loro tavolate con gli amici e i bambini potessero fare altrettanto (bisogna dire a onor del vero con qualche bicchiere rotto…), oppure come si era solleciti nel prestare ascolto a un amico in difficoltà o a tenere a bada il figlio di un altro che magari era impegnato a preparare la serata… Era proprio come se ci si trovasse in una 24 famiglia allargata e come in una famiglia ci si stima così la proposta dei gesti era rivolta a tutti (era lasciata poi alla discrezione del singolo la decisione se portare il figlio piccolo a una testimonianza o fargli vedere un cartone animato insieme ai suoi amici). Il giorno che il meteo lo ha permesso siamo riusciti a fare una gita a un lago, ac- compagnata dai canti alpini fatti tutti insieme, e seguita il giorno successivo da una passeggiatina intorno al lago di Sankt Moritz e non sono certo mancati i momenti esilaranti nelle serate (indimenticabile e iscrivibile negli annali della parrocchia è stata la performance del parroco don Gerolamo allorché nei giochi è stato invitato a impersonare il papa Benedetto XVI… si è calato perfettamente nel ruolo – sarà un segno premonitore? – e ha iniziato a benedire tutti i presenti con molto entusiasmo). Infine un plauso particolare agli ideatori dei giochi: quest’anno nella consueta mattinata dedicata ai gioconi all’aperto si è addirittura assistito a una sfida di calcio femminile con un mega pallone e a delle manches di calcio balilla umano! Barbara Leoni Edolo 2014: vacanzina con delitto L a tenuta del barone Ingannamorte è stata teatro di un misterioso delitto e l’ispettore Morris The Fox è sulle tracce del colpevole... quando la situazione si fa complicata: i parenti del barone si accusano l’un l’altro, l’eccentrico nipote, il signor Nerdone, accusa i fantasmi, il reverendo Stephan Counts denuncia la sparizione di una boccetta di cianuro e al castello compare il nuovo cuoco Enzo che assomiglia in modo eccezionale allo scomparso Barone. Per fortuna l’ispettore, può contare sull’aiuto di 60 piccoli detective che, raccogliendo le prove nei numerosi giochi, dovranno risolvere il mistero entro la fine della vacanza. Ed è proprio qui che accade il miracolo! Il miracolo quotidiano che nella vacanza della quarta e quinta elementare è solo più evidente: quando ci riconosciamo in ciò che è indifeso e bisognoso di tutto, innegabile nei piccoli ma vero anche per i fantastici Colo, Chiara, Andrea, Simone e Vladi, animatori di 15 e 18 anni, per i cuochi, gli educatori sotto la guida di don Stefano e le catechiste che accompagnavano questa piccola Chiesa. È il miracolo dell’abbandono di cui questi piccoli sono capaci: la vista dal rifugio Malga Stain, seppur così imponente, diventa un segno misero confronto alla mano tesa che cerca quella dei ragazzi grandi lungo il sentiero, per poter arrivare tutti insieme in cima. Il miracolo della bambina che sente la mancanza di casa e cerca nella notte l’Antonella e si addormenta subito vicino alla presenza della sua catechista. E un’altra: “Mi manca la mamma ma voglio rimanere fino alla fine della vacanza per risolvere il mistero”! Il miracolo nello scoprire quanto Andrea fosse bravo a gestire i giochi e guardalo aiutare i più piccoli, quasi nella vita non avesse atteso altro che sorprendersi capace di tanto, lui che non pensava nemmeno di fare l’animatore all’oratorio. Tanti miracoli che si concentrano in una settimana sono più facili da cogliere anche per i grandi che hanno dimenticato la capacità di vederli nel tempo ordinario della città. Almeno però torniamo a Milano grati di quello stupore che accomunava noi adulti: grati dell’attenzione che tutti mettevamo nei particolari. Con que- sta certezza, di aver trovato dei compagni di cammino, affrontiamo le cime del nuovo anno scolastico uniti, come se fossimo ancora là: a cercare le stelle insieme dopo aver messo a nanna i piccoli. Antonella e Maurice Vincenzo Ingannamorte Rifiniture ambienti Imbiancature Verniciature Ristrutturazioni Pagamenti anche a rate via Caianello 2, Milano Tel. 02680262 cell. 3356718235 25 Comunità parrocchiale Finalmente arriva il campo sintetico Ruspe e tecnici al lavoro: novità in oratorio D alla prima settimana di settembre, vi sarete sicuramente accorti, che sono iniziati i lavori per la realizzazione del nuovo campo sintetico. All’interno dell’ associazione sportiva, l’idea di poter realizzare questo “sogno” è iniziata qualche anno fa quando, in accordo con la parrocchia, abbiamo risposto a un bando regionale che destinava dei finanziamenti agli oratori della Lombardia. Abbiamo presentato il progetto di rifacimento del campo, ma non siamo stati premiati. Non ci siamo demoralizzati e abbiamo cercato di capire se potevamo raggiungere l obiettivo con le nostre forze per permettere ai nostri ragazzi di poter giocare ed esprimere tutte le loro potenzialità, la loro passione per il calcio e il loro entusiasmo su un campo più bello e attraente: il cosiddetto “campo sintetico” che negli ultimi anni abbiamo trovato in quasi tutti gli oratori dove siamo andati a giocare. Partendo da questo presupposto e soprattutto dal fatto che crediamo profondamente che l’attività sportiva abbia una grande valenza educativa che sperimentiamo costantemente, abbiamo iniziato a fare un vero e proprio piano di sostenibilità tenendo conto dell’attuale situazione economica della parrocchia e confrontandoci da subito con don Stefano e don Gerolamo prima di prendere qualsiasi 26 decisione definitiva. I risparmi accantonati nell’arco degli anni però non ci consentivano di concretizzare appieno il nostro intento. Mancava ancora la metà dell’importo (circa 45.000 euro) e dopo accurate valutazioni abbiamo deciso di richiedere un finanziamento bancario confidenti che le attività da noi proposte continuino a essere sempre un punto di riferimento nel quartiere e, perché no?, fiduciosi che anche i genitori dei nostri ragazzi si sentano coinvolti in questa iniziativa. Una volta definito l’aspetto economico e condivisa la responsabilità all’interno dell’associazione sportiva c’è stato anche un serio confronto, soprattutto con don Stefano, sull’utilizzo del campo; l’associazione sportiva non si sente proprietaria del campo, anche se per il tipo di attività che svolge lo utilizza per la maggior parte del tempo, ma lo considera una risorsa della comunità. Avremo sicuramente un campo più bello, e per preservarlo e conservarlo nel tempo sarà necessario recintarlo rispettando alcune semplici regole: divieto di entrare in bici, obbligo di avere scarpe adeguate, apertura solo a certe condizioni; questo non ci limiterà, ma anzi ritengo che sia una bella occasione per riproporre in oratorio dei momenti di gioco indirizzati a tutti i nostri bambini e ragazzi con il coin- volgimento di adulti responsabili. È proprio perché ci sentiamo parte di una realtà più grande della nostra associazione sportiva che pensiamo valga la pena affrontare questa avventura e assumerci la responsabilità economica, certi che sia veramente un’occasione per tutti grandi e piccoli della nostra comunità. In ultimo vorrei ringraziare Daniele Piccoli che è stata la persona che ha dedicato più tempo ed energie per rendere fattibile questo nostro progetto. Entro fine mese (pioggia permettendo) i lavori dovrebbero terminare e quindi vi aspettiamo tutti per l’inaugurazione del campo. Stefano Cristiani La Festa (28 settembre - 13 ottobre 2014) 450 anni della storia di un popolo (1564 – 2014 ) “Siamo come nani sulle spalle dei giganti, così che possiamo vedere più cose di loro e più lontane, non certo per l’altezza del nostro corpo, ma perché siamo sollevati e portati in alto dalla statura dei giganti” (Bernardo di Chartres, filosofo francese del XII secolo). A Dergano, al posto dei giganti abbiamo avuto grandi querce, più alte dei giganti. Dergano etimo gallo-latino dervulu(m), da dervos = quercia Programma Domenica 28/09 Ore 16.00 Incontro pubblico al Centro Socio Ricreativo culturale del comune di Milano di via Brivio 4: “Nani su rami di querce” e apertura mostra con il curatore Eugenio Bollani. Accompagnano 4 tenori: Rodolfo Gemio Fernandes, Giuseppe Bellanca, Silvio Scarpolini e Massimiliano Italiani in un concerto di Serenate e canzoni. Venerdì 03/10 Ore 17.30 “I Ragazzi della via Paal”, spettacolo teatrale messo in scena dai ragazzi della Scuola Media Mandelli, nella sede della scuola Media in via Bonomi. 27 Comunità parrocchiale Sabato 4/10 Ore 15.00 Nel Bar parrocchiale I Torneo di Scopa d’assi a coppie – eliminatorie. Ore 15.30 Inaugurazione nuovo campo di calcio con Associazione Sportiva Dergano, a seguire VI Memorial Franco Fierotti: torneo di calcio per ragazzi dalla III elementare alla III media. Ore 16.00 L'angolo del Cantastorie: canti e racconti insieme alla scuola dell’Infanzia Antonio Rodari in Oratorio. Ore 19.30 Cena open: apertura delle cucine, cena insieme self-service, con salamella e piadina romagnola. Ore 21.00 Derganino d'Oro, gara di canto per i bambini dai 7 ai 12 anni. Domenica 5/10 Ore 10.00 S. Messa per bambini e ragazzi con accoglienza Bambini III elementare. Apertura mostra: “La nostra Storia: fede, umanità, bellezza” nella sala grande in Chiesa. Ore 15.00 Nel Bar Parrocchiale I Torneo di Scopa d’assi a coppie – finalissima. Ore 16.00 Apertura pesca. Ore 16.30 Il Baule Magico con Mastro Meli. Ore 17.00 Memorial Cucciolo, torneo di calcio e cena insieme ad opera dell'Associazione Poltronieri. Giovedì 09/10 Nel pomeriggio apertura mostra “La società dell’allegria”. L’oratorio di don Bosco: “Questa è la mia casa!”. “Noi facciamo consistere la santità nello stare molto allegri”. Questo motto di don Bosco è il cuore pulsante della vita che animerà lo spazio del “suo” oratorio. Venerdì 10/10 Ore 21.00 in Chiesa, Monologo teatrale “Seguimi”, con l’attore Pietro Sarubbi: riflessione dell’apostolo a partire dall’incontro con Gesù che con una frase “D’ora in poi ti chiamerai Pietro” lo chiama a una vita nuova, organizzato dal CDS, Centro di Solidarietà Don Bruno De-Biasio & Mary D’Amelio per il decimo anniversario della morte di Don Bruno. Sabato 11/10 Ore 15.00 Incontro con Franco Ferrazza promosso dal Centro di Solidarietà nel Bar parrocchiale: Il mestiere di cercare lavoro. Ore 15.00 Apertura Stand. Ore 15.30 in Oratorio: Caccia al Tesoro nel quartiere per i bambini del catechismo. Ore 19.30 Cena open. Ore 21.00 Spettacolo musicale con le nostre band. Domenica 12/10 Ore 9.00 Apertura Stand Ore 11.15 S. Messa con monsignor Carlo Faccendini, Vicario Episcopale di Milano, e mandato alla Comunità Educante. Ore 16.00 ci si ritrova insieme in Oratorio per un pomeriggio di giochi, musiche e danze popolari e folcloristiche con i Cann Cord & Pell. Ore 18.00 Incontro pubblico, “Nani su Rami di Querce”, testimonianze sulle Querce della storia della Parrocchia. Estrazione dei premi della Sottoscrizione a Premi. Lunedì 13/10 Ore 10.30 Santa Messa e Ufficio per tutti i defunti celebrati dai sacerdoti derganesi. 28 Buone letture Libri ARTEMIO VÍTORES GONZÁLEZ Francesco d’Assisi e la Terra Santa EDIZIONI OFM L’autore, padre Artemio, frate della custodia di Terra Santa alla quale la Santa Sede ha ufficialmente affidato la custodia dei luoghi santi cristiani fin dal 1342, vuole fare chiarezza sul viaggio, spesso raccontato con eccessiva fantasia, del santo di Assisi in Terra Santa (avvenuto negli anni 12191220). Il pellegrinaggio di san Francesco va collocato all’interno del movimento delle crociate e in secondo luogo l’autore si prefigge di far vedere come fin dalle origini la presenza francescana in quelle terre ha saputo incarnare nel vissuto di tanti frati quanto stava a cuore al loro fondatore: incontrare il mondo musulmano in modo non violento, attraverso il dialogo e il rispetto reciproco. E questo lo si vede proprio nell’incontro con il sultano d’Egitto Al- Malik al Kamil. Spinto dal suo profondo amore verso il Crocifisso e desideroso di approdare anche al martirio pur di testimoniare con la propria vita la sua adesione a Cristo, san Francesco non vuole ‘‘imporre’’ una dottrina di salvezza per gli uomini. È un povero e umile messaggero di Cristo, di colui che ama gli uomini fino a dare la sua vita per loro, sulla croce. Non tutto è chiaro sul come si sono svolti i fatti che hanno condotto Francesco e il sultano a incontrarsi, e padre Artemio lo mette bene in rilievo. È innegabile tuttavia storicita` dell’evento e il fatto che «da allora» i frati francescani sono stati per lungo tempo l’unica presenza cristiana in Terra Santa. a cura di Laura Berra CRISTIANA PICCARDO La storia. Maestra di fede, di speranza, di carità LINDAU Da Vitorchiano a tutto il mondo: madre Cristiana Piccardo, monaca cistercense della stretta osservanza, è l’autrice del libro che presentiamo. Racconta in soli quattro capitoli tutto quanto ha visto e vissuto quando era badessa a Vitorchiano, monastero trappista in Lazio, e in seguito a Humocaro in Venezuela, partendo dagli anni che precedono il Concilio Vaticano II. Il libro è un racconto di madre Cristiana alle novizie. La monaca parla del cammino di Vitorchiano, monastero dal quale sono partite in diversi tempi monache che hanno fondato altri monasteri nel mondo: in Venezuela, in Perù, in Argentina, nelle Filippine (da cui è sorto un monastero a Macao, in Cina). Il libro può essere letto tenendo conto di alcune parole che ne rappresentano la chiave di lettura. La prima parola è esperienza, perché il rapporto con Cristo di queste monache è un’esperienza reale. La seconda è tradizione, anzi “tradizione viva”. Madre Cristiana racconta il suo primo incontro con madre Pia, la badessa di allora, monaca fedele alle regole e appassionata a Cristo. È stata lei a insegnarle che la vita religiosa è una vita a due, la monaca e Gesù Cristo, contraria in radice alla solitudine. La monaca nel suo racconto rievoca i tempi precedenti al Concilio Vaticano II, in cui la vita monastica era silenzio, preghiera, digiuno, ma anche individualismo. Il Concilio ha fatto irruzione segnando un passaggio da un’osservanza delle regole a una vita di comunione. VITTORIA MAIOLI SANESE Ho sete, per piacere Padre, madre, figli MARIETTI “Ho sete, per piacere” torna in libreria a dieci anni dalla prima edizione con aggiornamenti e aggiunte importanti. Il libro continua il dialogo dell’autrice per mezzo della parola scritta sui grandi temi della nostra persona e della nostra vita. Infatti il problema dell’essere genitori è il problema dell’essere persona. Oggi più che mai l’identità genitoriale rivela la ferita, la confusione, la crisi in cui la persona è immersa. Nel libro non ci sono risposte preconfezionate, ma 43 anni di esperienza a contatto con le famiglie del consultorio di Rimini”. Un libro ben scritto, con l’animo e la competenza della scrittrice oltre che della specialista. Infatti l’autrice nell’introduzione dichiara: “Ho vissuto scrivendo”. L’autrice spiega il titolo: “Il figlio esprime il bisogno con decisione, ‘Ho sete’, ma in seguito il rapporto educativo fa aggiungere ‘per piacere’, che indica una richiesta di tenerezza, di un rapporto d’amore e di rispetto”. Nel libro si snocciolano temi problematici, per esempio al giorno d’oggi un figlio non esiste come figlio, e quindi anzitutto come persona con cui entrare in relazione, ma è diventato un lavoro, un compito impegnativo da sbrigare. Altro punto cruciale della famiglia di oggi è il ruolo del padre. La madre porta in sé e fa nascere il figlio e, quando questo si stacca dalla madre, il padre lo accoglie e lo definisce. La lettura di “Ho sete, per piacere” aiuta anche alla riscoperta del padre, perché la famiglia di oggi è troppo femminile e questo fatto è fonte di tante dipendenze e fragilità. 29 Eventi La comunità ricorda “I o sono pronto” all’abbraccio con Gesù Cristo, diceva negli ultimi giorni ai suoi familiari. Martedì 9 settembre ci ha lasciati chiamato dal Padre Celeste Giancarlo Piccoli (era nato il 4 agosto 1938). Venuto a Dergano giovane sposo, è sempre stato un amico e un sostegno per tutta la comunità parrocchiale. Assieme ai figli Daniele e Francesco, alla figlia Donata e alla moglie Franca la chiesa di Dergano lo piange e lo affida alla misericordia del Padre. Le suore uccise T re suore italiane sono state uccise il 7 settembre in un convento a Bujumbura, in Burundi. Le tre religiose, missionarie saveriane, erano suor Lucia Pulici, 75 anni, suor Olga Raschietti, 82 anni, e suor Bernadetta Boggian, 79 anni. La presenza delle saveriane a Kamenge, riunite nella parrocchia san Guido Conforti, era cominciata nel 2000. Al termine del pontificale in Duomo nella festa di Santa Maria Nascente, il cardinale Angelo Scola ha voluto ricordare e pregare per i cristiani perseguitati e per le tre religiose uccise in Burundi (di cui una nata a Desio). “Dobbiamo dire la nostra vicinanza del tutto particolare ai nostri fratelli cristiani che sono esposti a particolare pericolo di vita per la loro fede e che hanno perso tutti i loro beni e sono sfollati in altre parti del mondo. A questa si aggiunge una dolorosissima notizia che perviene dal Burundi, dove ieri pomeriggio due sorelle sono state uccise. Una è di Desio: siamo particolarmente vicini alla sua famiglia. Non si conosce ancora bene la modalità di questo efferato episodio avvenuto a Bujumbura, nel quale questa mattina sembra essere stata coinvolta una terza sorella morta”. E ha concluso: “Affidiamo al Signore questi cristiani decisi e cerchiamo di imparare da loro, imparare dal sangue dei martiri l’offerta del martirio e della sapienza che è la nostra vita”. 30 Vita comunitaria Anagrafe parrocchiale NATI IN CRISTO: Esaltazione della Croce Djimi Patrick Junior Pizzolante Nicole Barbieri Filippo Diaz Valentina Noemi Fajardo Palacios Jacob Ludovico Bianca Merotta Gabriele Raffaglio Elisa Maria Vigliotti Samuele Guazha Heliana Francesca Manfrin Beatrice Vittoria Martini Alessandro Rossetti Ginevra Collantez Lopez Filippo Francesco Panetta Sofia Lampugnani Elisabetta UNITI IN MATRIMONIO: Foti Antonino e Lanza Francesca Chierici Mario Andrea e Marni Nadia Lupi Luca e Lucchini Maristella RITORNATI ALLA CASA DEL PADRE: Conca Ebe Calà Giuseppe Amerighi Franco Lesmo Alessandro Trovaini Luisa Sala Giuditta Fernanda Bosè Angelo Castiello Gaetano Enrico Oneta Piera Perticaroli Lina ved. Giambelli Nei Vesperi della vigilia dell’Esaltazione della Croce (14 settembre) l’arcivescovo ha presieduto il rito della Nivola, un marchingegno, decorato come una nuvola, che porta il cardinale fino a 80 metri nell’abside del Duomo dove è custodito il Santo Chiodo: “In questo tempo di travaglio, dobbiamo essere lampade accese di speranza, di coraggio, di voglia di vivere”. Qui a Milano, dal tempo di sant’Ambrogio, un Chiodo è la testimonianza della Crocifissione di Gesù. Ruberto Carmela Edda Marinoni Giovanna Angela Guidi Natalina ved. Noè Lanzo Lucia Maria Domaschio Elvira Bonsi Paolo Carlo Brioschi Elda ved. Lazzari Colombini Fiorenza ved. Motta Marangon Tullio Borchetto Marcella Antonia Piccoli Giancarlo Aiuto economico CHI VOLESSE CONTRIBUIRE alle spese ordinarie e straordinarie che la Parrocchia sostiene per tutta la comunità, può usare le seguenti forme: - offerta domenicale durante la Santa Messa; - offerta mensile tramite la busta che si trova in chiesa nella prima domenica di ogni mese; - impegno mensile da concordare con il parroco; - offerta tramite Bonifico bancario alla Banca Prossima: Iban IT27A0335901600100000066416, intestato alla Parrocchia di San Nicola, Milano. Le liberalità, effettuate a favore della parrocchia da parte di tutti i soggetti titolari di Reddito d’impresa, consentono di ottenere un beneficio fiscale. Sono infatti riconosciuti oneri deducibili dal reddito d’impresa nel limite del 2% dello stesso. 31 La visita del cardinale Angelo Scola alla parrocchia di San Nicola in Dergano
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