Si apre un anno di Grazia

N.
60
Settembre-Ottobre 2014
PERI ODICO DELLA PARR OCCHI A DI SA N NICOLA VE SCO VO IN DER GA NO
Si apre
un anno
di Grazia
Le campane
di Dergano
Ricordando
un padre nella Fede
Parrocchia di San Nicola Vescovo in Dergano
via Livigno 21, 20158 Milano,
tel. 026884282, fax 02680621
www.dergano.org; [email protected].
Sacerdoti
Don Gerolamo Castiglioni, parroco, tel. 026884282.
Il parroco riceve tutti i giorni, dalle ore 16.30 alle
ore 19.00, nell’ufficio parrocchiale, in chiesa.
Uno sguardo
in Dergano
periodico della
Parrocchia
di San Nicola
Vescovo in Dergano
N. 60
Settembre-Ottobre 2014
Direttore responsabile:
Gerolamo Castiglioni
Redazione:
Arcangelo Berra
Claudio Brusati
Raffaella Galliani
Elena Orioles
Marco Porzio
Luigi Tardini
Don Giorgio Brianza, vicario parrocchiale,
tel. 0266807434, cell. 3386703292
Don Stefano Conti, coadiutore,
tel. 02603371, cell. 3407621384
Orari delle Sante Messe:
Domenica e festività
8.00; 10.00; 11.15; 18.00
Sabato e prefestivi
8.30; 18.00
Giorni feriali
8.30; 16.30; 18.30
Per far celebrare le Sante Messe con intenzioni
particolari, si prega di rivolgersi in Segreteria.
Segreteria parrocchiale:
tel. 026884282; fax 02680621
Orari
da lunedì a giovedì 9.10 - 11.15 / 15.30 - 18.15
venerdì
15.30 - 18.15
Sommario
Direzione e Redazione:
via Livigno 21,
20158 Milano
Stampa:
Ingraf
via Monte San Genesio 7,
20158 Milano
Editore:
Parrocchia
di San Nicola
Vescovo in Dergano
via Livigno 21,
20158 Milano
Registrazione:
Tribunale di Milano
n. 37
del 25 Gennaio 2010
Così parlò papa Francesco
I passi guidati verso il Destino in un anno di grazia
Un Battesimo inaspettato
Ricordando un padre nella fede
Punto di riferimento
Educare i ragazzi a iniziare un cammino
I Martedì di Luglio
Il mundialito dell’amicizia
Inserto da staccare
Le campane di Dergano
Finiti una parte dei lavori
“Che cosa cercate?”
Edolo 2014: vacanzina con delitto
Finalmente arriva il campo sintetico
La festa
Libri
La comunità ricorda
Anagrafe parrocchiale
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In copertina: particolare della statua di san Nicola
che si trovava sulla facciata della vecchia chiesa di Dergano
Editoriale
Così parlò papa Francesco
C
ome è bella
la facciata,
rinnovata,
della nostra chiesa
parrocchiale!
Ora bisogna convertire
l’interno del nostro
cuore. In questo
ci aiutano le parole
di papa Francesco
pronunciate a metà
agosto mentre noi
eravamo in ferie.
“Assieme a un chiaro
senso della nostra
propria identità
di cristiani, il dialogo
autentico richiede
anche una capacità
di empatia. Perché
ci sia dialogo, deve
esserci questa empatia.
La sfida che ci si pone
è quella di non
limitarci ad ascoltare
le parole che gli altri
pronunciano,
ma di cogliere la comunicazione
non detta delle loro esperienze, delle
loro speranze, delle loro aspirazioni,
delle loro difficoltà e di ciò che sta
loro più a cuore.
Tale empatia deve essere frutto
del nostro sguardo spirituale
e dell’esperienza personale che
ci porta a vedere gli altri come fratelli
e sorelle, ad ‘ascoltare’ attraverso e al
di là delle loro parole e azioni, ciò che
i loro cuori desiderano comunicare.
In questo senso, il dialogo richiede
da noi un autentico spirito
‘contemplativo’: spirito contemplativo
di apertura e di accoglienza dell’altro.
Io non posso dialogare se sono chiuso
all’altro. Apertura?
Di più: accoglienza!
Vieni a casa mia, tu, nel mio cuore.
Il mio cuore ti accoglie. Vuole
ascoltarti. Questa capacità di empatia
ci rende capaci di un vero dialogo
umano, nel quale parole, idee
e domande scaturiscono
da un’esperienza di fraternità
e di umanità condivisa”.
Queste parole di papa Francesco
vanno unite a quelle del nostro
arcivescovo che ci invita a costituire
esperienze di “comunità educanti”
nelle quali apprendere “un nuovo
umanesimo”.
Imparare a essere uomini
in un mondo violento e animalesco.
“Non lamentarti del buio, ma accendi
un fiammifero”.
Don Gerolamo
3
Santa Liturgia
I passi guidati verso il Destino
in un anno di Grazia
Tante le grazie in questo anno 2014 per la nostra parrocchia,
a cominciare dalla visita pastorale dello scorso 15 marzo
A
nno di Grazia, questo 2014 per la nostra parrocchia di San Nicola in Dergano, nella città di Milano, città di
sant’Ambrogio e di san Carlo e di una innumerevole schiera di santi che ancora oggi
illustrano la città e la diocesi.
Percorriamo con estrema sintesi quanto il
Signore ci ha concesso di beni materiali e
spirituali per la nostra conversione del
cuore e per una vita degna di essere vissuta
con letizia.
Grazia senza alcun dubbio è stata la visita
di padre Pietro Gheddo in preparazione dell’Avvento. Fedele figlio della Chiesa, l’ha
sempre servita con amore e profondità nel
leggere la realtà del mondo che ha visitato
più e più volte come missionario del Pime.
Grande Grazia la festa patronale, celebrata
secondo la tradizione più che centenaria
con una commossa partecipazione di fedeli
e non. Si sono ricordati anche 160 anni
della Banda di Affori.
Due grazie in due date importanti: il 24 novembre con la pubblicazione di Evangelii
Gaudium, in cui papa Francesco rende pubblico il programma del suo pontificato, e il
6 dicembre, vigilia di sant’Ambrogio, in cui
il cardinale Angelo Scola parla degli orizzonti che si aprono davanti all’uomo, fedele ambrosiano, in vista dell’Expo 2015.
Preziosa, poi, è stata la benedizione natalizia, portata di casa in casa dai nostri sacerdoti, e altrettanto di valore sono le diverse
testimonianze che i nostri amici missionari
inviano di tanto in tanto da diverse parti
del mondo.
Continuando questo elenco di grazie celesti, ricordiamo la Cresima di 26 adulti e la
giornata del malato, “il cuore della Chiesa”,
come ha detto don Gerolamo.
Per concludere, Grazia grande è stata la vi-
4
sita pastorale del nostro cardinale sabato
15 marzo. Visita che è stata illustrata con
dovizia di particolari nel numero 58 di Uno
sguardo in Dergano.
Da non dimenticare come aiuto alla crescita nella fede le quattro pagine interne
del giornale parrocchiale curate dai ragazzi
e dagli adulti che stanno con loro.
Ora torniamo al discorso sulla liturgia di
questo tempo. Questo periodo liturgico è
contrasseganto dal martirio di san Giovanni Battista che introduce le ultime settimane prima del nuovo anno che inizia
con l’Avvento (16 novembre). Il papa emerito Benedetto XVI nell’Udienza generale
del Mercoledì, 29 agosto 2012 a Castel Gandolfo ha parlato del martirio di san Giovanni Battista. Vale la pena di leggerne il
testo.
“Cari fratelli e sorelle, in quest’ultimo mercoledì del mese di agosto, ricorre la memoria liturgica del martirio di san Giovanni
Battista, il precursore di Gesù. Nel Calendario Romano, è l’unico santo del quale si celebra sia la nascita, il 24 giugno, sia la
morte avvenuta attraverso il martirio.
Quella odierna è una memoria che risale
alla dedicazione di una cripta di Sebaste, in
Samaria, dove, già a metà del secolo IV, si
venerava il suo capo. Il culto si estese poi a
Gerusalemme, nelle Chiese d’Oriente e a
Roma, col titolo di Decollazione di san Giovanni Battista. Nel Martirologio Romano, si
fa riferimento a un secondo ritrovamento
della preziosa reliquia, trasportata, per l’occasione, nella chiesa di San Silvestro a
Campo Marzio, in Roma.
Questi piccoli riferimenti storici ci aiutano
a capire quanto antica e profonda sia la venerazione di san Giovanni Battista. Nei
Vangeli risalta molto bene il suo ruolo in ri-
ferimento a Gesù. In particolare,
san Luca ne racconta la nascita,
la vita nel deserto, la predicazione, e san Marco ci parla della
sua drammatica morte. Giovanni
Battista inizia la sua predicazione sotto l’imperatore Tiberio,
nel 27-28 d.C., e il chiaro invito
che rivolge alla gente accorsa per
ascoltarlo, è quello a preparare la
via per accogliere il Signore, a
raddrizzare le strade storte della
propria vita attraverso una radicale conversione del cuore. Però
il Battista non si limita a predicare la penitenza, la conversione,
ma, riconoscendo Gesù come
“l’Agnello di Dio” venuto a togliere il peccato del mondo, ha la
profonda umiltà di mostrare in
Gesù il vero Inviato di Dio, facendosi da parte perché Cristo possa
crescere, essere ascoltato e seguito. Come ultimo atto, il Battista testimonia con il sangue la
sua fedeltà ai comandamenti di
Dio, senza cedere o indietreggiare, compiendo fino in fondo la
sua missione...
Decollazione di san Giovanni Battista. Santuario della Madonna
Noi vediamo questa grande fi- Addolorata, Santa Brigida (BG), parrocchia di rito ambrosiano
gura, questa forza nella passione,
nella resistenza contro i potenti. Domandel Battista è segnata dalla preghiera: il
diamo: da dove nasce questa vita, questa incanto di gioia, di lode e di ringraziamento
teriorità così forte, così retta, così coerente,
che Zaccaria eleva al Signore e che recispesa in modo così totale per Dio e prepatiamo ogni mattina nelle Lodi, il Benedictus,
rare la strada a Gesù? La risposta è semesalta l’azione di Dio nella storia e indica
plice: dal rapporto con Dio, dalla preghiera,
profeticamente la missione del figlio Gioche è il filo conduttore di tutta la sua esivanni: precedere il Figlio di Dio fattosi
stenza. Giovanni è il dono divino lungacarne per preparargli le strade...
mente invocato dai suoi genitori, Zaccaria
Cari fratelli e sorelle, celebrare il martirio
ed Elisabetta; un dono grande, umanadi san Giovanni Battista ricorda anche a
mente insperabile, perché entrambi erano
noi, cristiani di questo nostro tempo, che
avanti negli anni ed Elisabetta era sterile;
non si può scendere a compromessi con
ma nulla è impossibile a Dio. L’annuncio di
l’amore a Cristo, alla sua Parola, alla Verità.
questa nascita avviene proprio nel luogo
La Verità è Verità, non ci sono comprodella preghiera, al tempio di Gerusamessi. La vita cristiana esige, per così dire,
lemme, anzi avviene quando a Zaccaria
il “martirio” della fedeltà quotidiana al
tocca il grande privilegio di entrare nel
Vangelo, il coraggio cioè di lasciare che Criluogo più sacro del tempio per fare l’offerta
sto cresca in noi e sia Cristo ad orientare il
dell’incenso al Signore. Anche la nascita
nostro pensiero e le nostre azioni”.
5
Papa Francesco
Un Battesimo
inaspettato
Nel suo viaggio in Corea del Sud papa Francesco ha accettato
di compiere un gesto imprevisto per un fedele speciale
D
omenica 18 agosto 2014. Da quel
giorno Lee Ho Jin si chiama Francesco. Ha cinquantasei anni, gli
occhi a mandorla neri, pochi capelli in
testa. Il volto appare provato dal dolore
nonostante che abbia appena ricevuto la
grazia del Battesimo. Papa Francesco
mantiene la promessa che aveva fatto a
Daejeon a questo padre che ha perso un
figlio non ancora sedicenne nella tragedia del traghetto “Se Wol”, affondato il
16 aprile al largo delle coste meridionali
della Corea del Sud. E lo ha battezzato
nella cappella della nunziatura. Lee Ho
Jin è venuto senza padrino. Ad assumerne questo compito si presta un dipendente della nunziatura. Il rito si
svolge in coreano. Pensa a tutto padre
John, l’interprete del papa. Il pontefice
interviene al momento di versare l’acqua benedetta sul capo dell’uomo e di
ungerlo con il crisma. Lee Ho Jin sceglie
di chiamarsi d’ora in poi Francesco.
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Francesco Lee Ho Jin è un padre sommerso dal dolore per quel figlio Lee
Seng Hyum per il quale desiderava una
vita migliore della sua. Gli è stata sempre vicina la figlia Lee A-yeun che lo
anche accompagnato nella processione
fino in riva al mare portando una pesante croce.
Quando ha saputo della visita del papa
in Corea si è proposto di incontrarlo e di
chiedergli di battezzarlo. Nello stadio di
Daejeon papa Francesco incontra alcuni
genitori dei ragazzi morti nel naufragio
e Lee Ho Jin riesce ad abbracciare il papa
e a chiedergli il Battesimo: “Quando ho
sentito la sua mano stringermi la mia,
ho trovato il coraggio necessario di fare
il passo che poi ha cambiato la mia vita.
Ho chiesto al papa il Battesimo”.
Così la domenica mattina, alle 7, papa
Francesco gli impartisce il Battesimo e
Lee Ho Jin diventa Francesco e inizia
una nuova vita.
Chiesa di Dergano
Ricordando
un padre
nella fede
Il 28 agosto Dergano ha celebrato in
parrocchia la memoria dei dieci anni
dalla morte di don Bruno
G
iovedì 28 agosto, ore 18.30, una
nutrita presenza di parrocchiani
partecipa alla santa Messa, nonostante molti siano ancora in vacanza o al
Meeting di Rimini. La ragione di una così
numerosa partecipazione è che ricorre il
decimo anniversario della morte dell’indimenticato don Bruno De-Biasio, parroco per 36 anni e presente a Dergano per
quasi quaranta.
La mente è tornata al 28 Agosto del 2004
quando molti parrocchiani erano al Meeting di Rimini con la famiglia ed era
corsa la voce che don Bruno era morto.
Molti ricordano la velocissima corsa in
macchina per il ritorno, il rosario e la veglia serale in chiesa. La santa Messa di
suffragio, concelebrata dai nostri sacerdoti don Gerolamo, don Giorgio e don
Stefano, era presieduta da monsignor Angelo Mascheroni, vecchio amico di Dergano, che aveva celebrato i funerali di
don Bruno. Il vescovo ha avuto parole toccanti nell’omelia ricordandoci l’uomo e
il prete.
Monsignor Mascheroni ha paragonato
don Bruno a san Giovanni Battista che
come lui fu annunciatore di un Altro, di
Gesù, il Figlio di Dio. Il prelato ha ringraziato il Signore per avere dato alla Chiesa
ambrosiana un santo prete che ha inciso
profondamente sulla vita e sulla spiritualità della stessa. Monsignor Mascheroni
ha ricordato poi la sua grande obbedienza e il rispetto che ha sempre avuto
per ilvicari di Cristo a Roma e per i suoi
superiori della Chiesa milanese: i cardinali Ildefonso Schuster, che lo ha ordinato sacerdote, Giovanni Battista
Montini, divenuto papa, Giovanni Colombo, che fu anche suo professore in seminario, Carlo Maria Martini, che ne
accettò le dimissioni, quando fu il momento giusto, e Dionigi Tettamanzi, che
era andato trovarlo a pochi giorni dalla
morte.
Ritorniamo alla bella omelia di monsignor Mascheroni e riprendiamone alcuni
spunti.
“Siamo riuniti in questa chiesa nel ricordo di don Bruno a dieci anni dalla sua
morte... Di questa vostra parrocchia don
Bruno non fu solo responsabile, ma fu soprattutto promotore di crescita, umana
e cristiana, secondo due grandi dinamiche: la prima, quella della comunione,
con Dio e con i fratelli... la seconda dinamica, quella della liberazione.
Non solo la fondamentale liberazione dal
peccato, ma pure da tutti quei vincoli
che in primis provengono dalla nostra limitatezza di creature, e anche peccaminose; liberazione dai criteri mondani,
dalle logiche di questo mondo.... Noi celebriamo l’Eucaristia per dire al Signore:
‘Grazie, Signore, per tutti i doni che ci ha
fatto in Cristo Gesù; e oggi, grazie per
averci donato don Bruno!’.
Altro motivo del nostro riunirci in questa chiesa è per fare memoria, per raccogliere un’eredità che don Bruno ci ha
segue a pag. 9
7
Chiesa di Dergano
La biografia
Come ha ricordato don Gerolamo alla fine della santa Messa di
commemorazione, chi vuole approfondire la conoscenza e rinnovare il suo ricordo, nella sala stampa è in vendita il volume “La
vita è solo obbedienza”, una biografia scritta dal comparrocchiano Arcangelo Berra. Questo stesso libro (lo ricordate?) fu portato all’offertorio al cardinale Angelo Scola durante la sua breve
visita pastorale a Dergano lo scorso 15 marzo.
A San Quirino
Un miracolo don Bruno l’ha fatto: mi ha concesso un viaggio leggero, quasi senza code, quando sono andato assieme a Camillo Bertacchi a San Quirino, lo scorso 6 giugno, a presentare il libro ai suoi
compaesani. Don Aniceto Cesarin, il parroco, aveva accolto con gioia
la mia proposta di andare nel paese friulano per una serata dedicata
a don Bruno. Aveva scelto una data importante, il 6 giugno, perché
cade nella settimana del 4 giugno quando si festeggia san Quirino
patrono e titolare della chiesa. In quella data è consuetudine premiare cittadini sanquirinesi che si sono distinti in patria e nel
mondo (nel 2004 anche a don Bruno era stato dato il premio).
L’evento è avvenuto alla sera alla presenza del sindaco e dell’assessore alla Cultura. La sede è stata la chiesa parrocchiale perché il salone era troppo piccolo per il numero dei parrocchiani presenti. (A.B.)
La testimonianza
31 agosto 2014
Un amico di ritorno dal Meeting mi ha regalato il libro “La vita è
solo obbedienza” dedicato al caro don Bruno.
Ho conosciuto don Bruno quando avevo 16 anni e l’ho frequentato
fino alla sua morte. Non sono di Dergano e la mia Comunità di CL
era quella di San Lorenzo. Quando frequentavo don Bruno? Ho lavorato alla Carlo Erba di via Imbonati (ora è rimasta solo la gloriosa
ciminiera) per quasi 30 anni. Dai primi anni ’70 tentavo con un altro
amico una pubblica presenza cristiana all’interno dell’azienda e
don Bruno, per moltissimi anni alle 17.30 di ogni Mercoledì partecipava all’incontro che tenevamo per uno sparuto gruppetto di cristiani (3-4 al massimo 6-7 persone) ma lui c’era sempre. Il momento
forte era la Santa Messa di Natale quando don Bruno compariva all’orizzonte, nella nebbia, con la
sua tonaca e il colbacco per celebrarla nella cappellina dell’Istituto Artigianelli. Del nostro gruppetto diceva: “Quelli lì, divente no pussé de quindes”, ma lui c’era sempre.
Nel gruppetto noi proponevamo di leggere “Il senso Religioso” ma siccome era troppo “targato”
CL alcuni proponevano la liturgia della domenica successiva. A don
Bruno non interessava. L’unico interesse era annunciare Cristo e far
capire la sua contemporaneità di cui si poteva fare esperienza.
CI PIACE ANDARE
Un altro ricordo, sempre legato alla sua attenzione per il mondo del
lavoro, era il “pranzo dei lavoratori” che ogni 15 giorni si teneva a
casa sua, preparato da alcune donne. Queste signore lo chiamavano
CI PIACE STARE
“il capo” e ne avevano un certo timore. Questo pranzo è stato per
me
l’occasione di invito a tanti lavoratori.
Panificio
Un
altro
aspetto che vorrei ricordare è che in occasione di una crisi
Pasticceria
o sbandamento di un nostro sacerdote, don Bruno si faceva accomCaffetteria
pagnare, alla sera dopo il lavoro (e io ne ho avuta l’occasione), in un
paese del Varesotto a trovarlo e mentre io aspettavo fuori lui si inpiazza Dergano 3
tratteneva con l’amico sacerdote. Ecco un altro tratto fondamentale
20158 Milano
di don Bruno: la fedeltà alle persone vissuta con discrezione.
Tel. 02603417
Perdoni l’approssimazione di queste note.
Giovanni Claudio Carniel
DA :) CRI
8
lasciato: come vivere e perché vivere,
come donarsi e perché donarsi e infine
come morire e perché morire. Nel tentativo di formulare una risposta, mi auguro
che
abbiate
capito
gli
insegnamenti più alti che don Bruno
ha impartito negli anni in cui fu vostro
parroco e vostro maestro di vita. Mutuo
questo ricordo da san Paolo: ‘Mi sono
fatto tutto a tutti per guadagnarne almeno qualcuno’.
Guadagnarne, non certo per sé, ma per
Gesù. Tutto a tutti, senza riserve, né di
tempo né di spazio; senza esclusioni o
pregiudizi, che magari poteva suggerirgli
il nemico del bene; senza limiti, che eventualmente salute o soldi potevano imporgli...
Questo farsi tutto a tutti non ha impedito
a don Bruno di esprimere con convinzione le esigenze evangeliche, dirle con
verità e con sincertà, sempre nel rispetto
che le proposte cristiane esigono: mai imporre, sempre e instancabilmente proporre, nel rispetto della libertà...
La testimonianza non è solo buon esempio, ma tendere a manifestare, attraverso
ciò che siamo, quello che diciamo e le
scelte che compiamo, i lineamenti del
volto benedetto di Cristo Signore, e
quando non è possibile domandare perdono. Pensate a don Bruno, quando, non
più parroco, era una presenza costante
nel confessionale per togliere il nostro
peccato…”.
Il vescovo ha anche ricordato il grande
dono che il Signore ha fatto alla nostra
Parrocchia costruendo, negli anni della
sua presenza, la nostra grande comunità.
Prima della bendizione, don Gerolamo ha
preso la parola per ringraziare monsignor Angelo Mascheroni: “Certamente
tra gli amici della nostra parrocchia c’è
don Angelo Mascheroni. Se ricordate è lui
che ha celebrato il funerale di don Bruno,
è lui che viene da molti anni a impartire
la Cresima ai nostri ragazzi…”. Ed è sempre lui che in certe occasioni sa dire la parola giusta, dare il suggerimento
opportuno a favore della nostra parrocchia.
Concludendo don Gerolamo richiama
alla mente di tutti come la testimonianza
di don Bruno vada ben oltre i confini di
Dergano.
Claudio Brusati
e Peppino Lazzaroni
9
Chiesa di Milano
Educare i ragazzi a
iniziare il cammino
della vita cristiana
8 settembre, festa di Maria Nascente, patrona del nostro Duomo:
è il giorno in cui per tradizione l’arcivescovo inizia il nuovo anno
È
il pianeta. Energia per la vita’, muove la nostata un’omelia decisamente mastra libertà a prendere sul serio la proposta
riana, quella con cui il cardinale Anpastorale ‘Il campo è il mondo’ per percorgelo Scola ha aperto l’anno pastorale.
rere, da testimoni, tutte le vie calcate dalDel resto non poteva essere diversamente,
l’uomo di oggi. I cristiani, vivendo in
nella festa di Maria Nascente, patrona della
pienezza la loro appartenenza a Cristo, inCattedrale, che per tradizione segna l’initendono offrire il loro contributo all’edifizio dell’attività diocesana.
cazione del nuovo umanesimo in Milano e
Dalla madre di Gesù l’arcivescovo ha preso
nelle terre lombarde, vivendo e propole mosse nel tracciare i compiti che attennendo, come ancora ci ricorda San Paolo,
dono la Chiesa ambrosiana. Maria, che la
‘una vita per la giustizia’”.
prima Lettura diel giorno, composta da verA questo “nuovo umanesimo” sarà dedisetti del Cantico dei Cantici e del Siracide, decata una seconda Nota Pastorale (dopo “La
finisce “Madre del bell’amore e del timore,
comunità educante”), in occasione della sodella conoscenza e della santa speranza, in
lennità di Sant’Ambrogio.
me ogni dono di vita e verità, in me ogni
La nota, di cui parliamo in questo numero
speranza di vita e di virtù”. Ha sottolineato
di Uno sguardo in Dergano, è dedicata all’edul’arcivescovo: “Sono queste dimensioni ircazione. Ha detto il cardinale: “ Non è posrinunciabili di quel ‘nuovo umanesimo’
sibile accogliere un ministero nella Chiesa
così necessario alla nostra società plurale”.
– nessuno si invia da sé, tutti siamo presi a
Il cardinale nell’omelia del pontificale ha
servizio – senza la disponibilità cordiale e
parlato di Expo 2015, occasione nella quale
permanente a lasciarsi educare”. E ha coni cristiani non possono non riconoscere la
tinuato: “Perché questa insistenza sull’edumano provvicazione? Perché è l’unica strada che
dente
del
conduce la donna e l’uomo alla riuscita,
Padre: “Il conalla pienezza di vita, in una parola alla sanvenire a Mitità cristiana”.
lano
di
Ecco allora il libretto (guardate la foto nella
centinaia di
pagina accanto): è piccolo, appena 32 pamigliaia di
gine dedicata all’iniziazione cristiana dei
donne e uoragazzi. Si legge in meno di un’ora, ma in
mini,
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La “comunità educante” ha il compito
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dell’iniziazione
cristiana. Ma chi ne fa
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parte? “La ‘comunità educante’ vuol essere
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un’espressione specifica della Chiesa-comu!!
tema!!‘Nutrire
10
Chiesa di Milano
nione, così come essa vive nella nostra diocesi attraverso le diverse comunità cristiane”. A queste comunità il cardinale
indica un percorso.
L’Arcivescovo parte dalla constatazione che
le “oggettive difficoltà” che incontra la
Chiesa nel suo compito di evangelizzazione
dipendono dal “contesto di frammentazione in cui viviamo”. Pensando in particolare ai più piccoli impegnati nel percorso
di iniziazione cristiana, il cardinale Scola
osserva che “i nostri ragazzi passano ogni
giorno dalla famiglia alla scuola, allo sport,
alla musica, all’oratorio, al catechismo, attraversano comparti stagni senza potersi
ancorare a un filo rosso che unifichi la loro
giornata. Al di là della dedizione encomiabile di decine di migliaia di educatori il ragazzo sente il catechismo come una sorta
di doposcuola che lo porterà al traguardo
della Confermazione, giocoforza inteso
dalla maggioranza con il termine di un percorso. Da qui l’emorragia che è sotto i nostri occhi. In questo modo, si fa sempre più
forte la tentazione di rinunciare a educare
e di abbandonarsi all’individualismo”.
Il cardinale Scola spiega che “la proposta
educativa consiste dunque nell’offrire un
incontro effettivo con Gesù, per imparare
a seguirLo. Nel mondo odierno, in cui la società non offre un orizzonte unitario, è la
Chiesa stessa che si deve far carico di proporre questo vitale principio sintetico”.
Come fare? Non certo delegando l’educazione dei ragazzi agli specialisti, ma attraverso “la creazione di comunità educanti”
in cui “l’incontro con Gesù venga vissuto e
praticato effettivamente come principio
d’unità dell’io e della realtà”.
“La ‘comunità educante’, aggiunge il cardinale, emerge, starei per dire ‘naturalmente’, dal vissuto reale dei ragazzi, cioè
da quelle figure educative che di fatto già
sono in rapporto con loro. Vogliamo aiutarle a riconoscere più consapevolmente
questo loro compito educativo dentro la
vita di comunità. Sacerdoti e diaconi, religiosi/e e consacrati/e, genitori e nonni, insegnanti, educatori e animatori, allenatori
sportivi, direttori di coro… Ogni ragazzo è
già, di fatto, in rapporto con tutte queste figure, ma assai di rado esse si presentano
come portatrici di una proposta unitaria e
non vengono quindi percepite come parte
di una stessa comunità. Invece una comunità viva e consapevole è la condizione imprescindibile perché i ragazzi incontrino
personalmente Gesù come ‘centro affettivo’, cioè punto di riferimento stabile per
la loro vita”.
L’arcivescovo immagina che gli adulti che
formano la comunità educante “non si incontrano solo per organizzare cosa fare con
i ragazzi/e, ma per vivere in prima persona
l’esperienza di fede e della comunione in
funzione dello specifico compito educativo
dell’iniziazione”, coinvolgendo le famiglie,
genitori e nonni, con uno stile dove “si vive
la carità fraterna”.
11
Vita comunitaria
I Martedì
di Luglio
Rispettata la bella tradizione
di trovarsi a cena con dopo cena
I
l titolo che è stato dato alle tradizionali serate dei martedì di luglio 2014,
le sere del 8, del 15 e del 22 diceva
così: Periferie esistenziali – Periferie del
Mondo. Il momento forte è la cena: ma
sono state invitate tre persone che dopo
cena ci hanno condotto in modo magistrale al tema.
8 Luglio: il titolo era “Roba minima”, serata
dedicata a Enzo Jannacci, noto cantautore,
cabarettista e medico. Maurizio Vitali, milanese autentico, ha perfettamente presentato il personaggio e la sua umanità,
interpretando molto bene le sue canzoni
(grazie anche all’accompagnamento di un
validissimo pianista) dalle più celebri alle
meno famose, ma tutte con l’originalità
che lo contraddistingue. Le canzoni di Enzo
narrano di gente comune coi suoi problemi, di varie situazioni spesso piene di
metafore e satira. La serata si è conclusa
con la richiesta di molti bis e canzoni particolari che Vitali ha eseguito dopo avere
letto un piccolo brano tratto dalla biografia
di don Luigi Giussani che ha dato la dritta
per comprendere il significato al tutto.
Una nota particolare va spesa per Gigi che,
dopo il suo speciale risotto al rosmarino
mantecato alla provola delle Langhe, una
vera delizia, ha sorpreso tutti portando in
tavola uno “spiedone” lungo 2 metri con
infilati ben 10 pezzi di carne, Picanhas brasiliano (per chi se ne intende, si tratta di un
taglio di carne tipico della cucina brasiliana), cotta al punto giusto che tutti hanno
apprezzato. Grazie Gigi!
15 Luglio: “Il Mondo Piccolo di Giovannino
Guareschi” è stato brillantemente presentato da Paolo Gulisano, medico e profondo
conoscitore di Giovanni Guareschi, uno dei
12
più celebri intellettuali italiani del ’900.
Guareschi si è contraddistinto come uomo,
come scrittore e giornalista satirico e graffiante; uomo tutto d’un pezzo, il suo linguaggio era semplice e immediato e i
personaggi dei suoi libri erano spesso riferiti, pur con nomi e luoghi diversi, a situazioni familiari vissute nel quotidiano. Ha
fondato giornali satirici come “Candido” e,
da famoso anticomunista, fu l’ideatore di
“Don Camillo e Peppone” (che tutti conosciamo). Siamo negli anni Cinquanta e la
contrapposizione politico-ideologica del
tempo è raccontata in modo reale, e nello
stesso tempo ironico, dai due protagonisti
rendendo tutto molto piacevole. Malgrado
le differenze dei due personaggi, sostanzialmente buoni, emerge un desiderio di bene
e di speranza da entrambi. Gulisano, con
simpatica cadenza emiliana, che hanno
reso gradevole l’ascolto, ci ha letto alcuni
brani di Guareschi.
22 Luglio: la terza serata aveva come titolo
“Quando tutto sembra perduto” ed è stata
dedicata alla testimonianza di don Emilio
Bellani, missionario in Brasile a Salvador de
Bahia, nella favela Novos Algados. Don Emilio per quasi due anni ha dimorato a Dergano e il Natale scorso i bambini
dell’oratorio, durante la preparazione
dell’Avvento, gli hanno donato liberamente i loro risparmi.
È stata una serata intensa e partecipata. Nel
dopocena si sono aggiunti in tanti e credo
che in totale ben 300 persone fossero presenti. Nel silenzio don Emilio ha raccontato
come si vive in favela, come è la gente,
come vive lui, le sue fatiche e tutto il suo
impegno appassionato nella ricerca di
un’amicizia con loro per trovare la strada
per annunciare Cristo. Questo ha reso evi-
dente che la risposta al bisogno dell’uomo
è Gesù. Ha mostrato diapositive della favela
e ha parlato per circa un’ora.
Ma leggiamo qui sotto la sua testimonianza
diretta.
Peppino Lazzaroni
Il mundialito dell’amicizia
Il canto dà il via alla testimonianza di don Emilio: Sou feliz e Canzone degli occhi e del cuore. Andrea
Rizzi introduce raccontando come ha incontrato don Emilio nella Favela di Bahia: come gli apostoli
Andrea e Giovanni hanno seguito Gesù la prima volta, Don Emilio ha risposto a lui e a sua moglie:
“Il modo migliore per farvi conoscere che cosa faccio è di venire con me”. “Siamo tornati con nel
cuore e negli occhi l’esperienza di quel giorno che oggi in maniera più dettagliata don Emilio ci
racconterà. L’incontro con Cristo è stato un innamoramento e quando noi siamo entrati nella
favela con don Emilio abbiamo proprio visto un uomo che dà la vita per Cristo, che dà la vita per
quell’incontro fatto”.
Don Emilio.
Mi hanno sempre colpito le parole di don Giussani del 1993 che abbiamo riletto: “Allora per che
cosa siamo qui? Per che cosa siamo al mondo? Per gridare al mondo che tra di noi c’è una Presenza
strana: Colui che ha fatto il cielo e le stelle è Lui che porta alla fine, porta al compimento il nostro
desiderio”. Solo un uomo certo di questa cosa può accettare, stare davanti a tutte le sfide che accade
di incontrare nella nostra esperienza. Questa sera vi racconto di qualche sfida che ho incontrato
quest’anno. Vi mostro un filmato che di tanto in tanto commento.
Parto con questa immagine di bambini, bellissima, sono miei amici, sono volti molto belli. Mi trovo
a celebrare la Messa, che per me è stata la Messa più bella della mia vita: è accaduto nel giorno
della Pasqua di quest’anno. Don Ignacio celebrava in parrocchia e invece di concelebrare con lui
sono andato a celebrare la Messa in un posto dove me l’hanno chiesto. E sono andato in una piazzetta in questa parte della favela: è un insieme di baracche per lo più in legno, mezze marce, che
contengono molti nuclei familiari (dico subito che la parola famiglia è una parola un po’ esagerata,
sono tutti nuclei destrutturati), sono centinaia e centinaia di persone che vivono in queste baracche
dove manca tutto l’essenziale. Le frequento, perché ci sono persone della nostra parrocchia e a
volte perché un’amica, dona Alda, mi introduce di baracca in baracca, senza di lei non potrei entrare perché sono comunque luoghi pericolosi. La polizia sta ai bordi di questo insediamento che
è il centro di smistamento della droga dove i banditi si rifugiano e trovano complicità, dove ci sono
molte persone fuggite dalle prigioni. Per Pasqua dona Alda si è fatta portavoce di queste persone
e mi ha chiesto di celebrare la Messa. Io sapevo dell’esistenza di questa baraccopoli e di un pastore
protestante che con il Vangelo sotto braccio gira baracca per baracca. Ho chiesto se c’è qualche cattolico perché si percepisce una radice cattolica che però si mescola con altre manifestazioni o africane (molta parte di questa gente ha radici africane) o con varie sette religiose. Dona Alda mi dice
che vale la pena perché ci sono dei cattolici. Inizio a celebrare la Messa e mi trovo solo quattro o
cinque bambini davanti a me, mi dico che non mi importa del numero delle persone. Iniziata la
13
Vita comunitaria
Messa, sono cominciati a spuntare a uno a uno i farabutti
che abitano qua (dico farabutti a ragion veduta, li conosco
abbastanza bene). Un po’ nascosti, non troppo in vista davanti alle proprie baracche, magari perché ognuno ha un po’
vergogna a mostrarsi all’altro, hanno incominciato a riempire questa piazzettina, piena di immondizia. Io mi sono sentito felice perché quando vedi le persone con le quali stai
insieme che aderiscono alla Messa è una cosa bellissima: è lo
scopo per cui sono lì, stare vicino al Signore soprattutto attraverso questa forma. Ho incominciato a gioire e al Vangelo
mi sono fermato sulla persona che mi colpisce ogni volta, la persona di Maria Maddalena. Ho raccontato un po’ della storia di lei e anche di altri peccatori del Vangelo, ma mi sono bloccato con il
singhiozzo in gola quando vidi che tutti piangevano. Ho capito che Cristo riaccade, Cristo riaccade
qui. E che non c’è nessun peccato al mondo, non c’è nessuna condizione di vita, non c’è nessuna
circostanza che possa separarci dall’amore di Dio: è una Presenza viva, che si tocca adesso. E allora
ho chiesto al Signore se potesse toccare il mio cuore come stava toccando il cuore di loro perché
anche l’ultimo può essere davanti al Signore, può avere l’incontro vivo con Cristo, anche il delinquente fuggito dalla prigione può essere il primo davanti al Signore. Allora io ho chiesto che non
diventasse mai una consuetudine, una cosa ovvia, una routine celebrare la Messa o parlare di Gesù
o sfogliare certe pagine del Vangelo. Che questi incontri potessero riaccadere ogni volta anche per
me. Ho imparato in questa circostanza: poveracci, veramente dei poveracci, ma niente gli impedisce
di incontrarsi con Gesù. Altre immagini di questa Messa di Pasqua: questa è una prostituta, che,
alla fine della Messa, mi ha consegnato le sue due figlie che adesso fanno parte del nostro gruppo
di ragazzi che si chiama gruppo di Edimar, sono una sessantina di ragazzi.
Altre fotografie: il panorama dal campanile, la chiesa parrocchiale con l’arcobaleno, il mare...
Vi racconto un’altra sfida. Alla fine dei mondiali abbiamo rifatto un torneo nella favela con lo
schema del mondiale ricordando un ragazzo morto che si allenava e che abitava nella nostra parrocchia. Nella favela ci sono 4 campi di calcio e allora abbiamo fatto il mundialito: ogni campo è
stato ribattezzato con il nome di un campo del mondiale. Ci sono state le eliminatorie con le 16
squadre. Da questo torneo è nata un’unità a partire dal calcio, a partire dal mundial. Se io voltavo
la faccia da un’altra parte, non guardavo le persone e i loro interessi, non nasceva questa unità.
Questo è vero ecumenismo: non è una cosa da tavolino, ma va sostenuto da gesti, dalla nostra amicizia. L’ecumenismo nei quartieri nasce così attraverso un’amicizia seria che partendo da qualsiasi
punto arriva fino a una felicità buona che dà il senso della vita.
Io sto imparando questo che voi sapete già: non esiste il desiderio puro di Dio, un bambino non desidera Dio, desidera chi gli fa scuola, chi gli dà il buono. Come ci ha insegnato don Giussani, la
pietà per la loro fame è la stessa cosa della pietà per il loro destino. Come nel Vangelo, Gesù era seguito da tre giorni dalla folla immensa ed ebbe compassione di loro. Come per Gesù deve avvenire
lo stesso per noi. È così anche oggi: lo stare insieme, il parlarmi, il cercarmi anche per l’esperienza
che vivo non è solo per l’apparenza, ma devi dare una lettura più profonda di questo fenomeno,
l’abitante dalla favela, come tutti, cerca un’altra cosa, forse non lo sa, in fondo alla bottiglia di alcool o di birra, è un’altra cosa che cerca. Ha fatto così il Signore con la Samaritana.
Alcuni momenti sono stati pericolosi, abbiamo dovuto chiamare anche la polizia: perché il tentativo è stato di mettere insieme ragazzi per la prima volta appartenenti a zone differenti del quartiere in lotta tra loro (c’era il rischio di coltellate) per via della droga. Non è facile. Sono veramente
toccati in modo straordinario dalla Grazia del Signore. Quello che vivono in casa e quello che vivono
nella strada li porterebbero a tutto tranne che a partecipare a un evento cristiano. Mostriamo che
Gesù è una cosa bella, che è una notizia bella, per esempio fermarsi davanti al mare alla sera alle
11 e sentire il rumore delle onde e guardare le stelle e fare un canto. Non so fino a che punto questa
cosa li tocchi, a che livello arrivi Gesù tramite queste cose, non lo so, ma certamente è una cosa
che si porteranno per tutta la vita. Questo è il nostro compito, è la nostra educazione.
Altre sfide: stiamo iniziando un’attività con una multinazionale di informatica, poi c’è il balletto
con 150 ragazze iscritte che frequentano settimanalmente i corsi di ballo classico. È uno spettacolo
nello spettacolo. C’è un corso celere di informatica per adulti in cui si insegna solo l’ABC. Se tutto
va bene, accosteremo 600 persone ogni anno. Ci impegniamo molto nella salute: ci sono dei camper
che girano in vari quartieri e si fermano tre giorni nei vari posti dove fanno la”fiera della salute”.
E questo ancora una volta avviene per mezzo della Chiesa cattolica. Le ragazze alla scuola di danza
sono 150 bambine che escono da certi tuguri e sperimentano la bellezza di ambienti, trovano l’amicizia tra di loro, provano a realizzare un sogno. È bello vederle in questo contesto. Tre di loro quest’anno mi hanno chiesto la Cresima. Altre chiedono anche la Prima Comunione.
14
Supplemento al n. 60
Storia
Le campane
di Dergano
Una storia di cose, ma soprattutto
l’incontro con un popolo
N
on si può non rimanere commossi
dalla storia scritta sulle nostre
campane fatta e stampata il 21
marzo 1933 e presentata “All’Eminentissimo Principe” cardinale Ildefonso Schuster, fatta da Don Achille Veronelli già
coadiutore a Dergano dal 20 gennaio
1902 e parroco sempre qui dal 1 settembre 1917. Il racconto delle campane non
è storia di cose anche se religiose, ma è
storia di un popolo, è uno
spaccato della vita di Der-
Nel 1992
le vecchie
campane
restaurate
furono
collocate
sul
campanile
della
chiesa
attuale
gano di 100 anni fa; è uno scritto che racconta la fede dei Derganesi di allora che
erano già 3.000 persone. Il parroco don
Achille Veronelli, l’autore di questo
scritto, è stato qui a Dergano più di cinquant’anni fino al 1963. Sentiremo ancora raccontare dal nostro Sguardo le
testimonianze di quegli anni.
Il racconto di don Achille Veronelli
D
alle notizie, purtroppo frammentarie,
e
spesso
indecifrabili, contenute nei vecchi registri
custoditi nel nostro Archivio Parrocchiale,
rileviamo, che già anteriormente all’anno
1500 ancor prima cioè che Dergano fosse
staccata da Bruzzano ed elevata a Parrocchia autonoma, il nostro Campanile portava due campane. Più tardi, come leggesi
nelle vecchie cronache, si aggiunse un
“campanino” che aveva una sua speciale
mansione, squillare cioè ogni sera dolce invito a ricordare i nostri morti. Ed è questo
piccolo concerto che avrà salutato San Carlo
Borromeo quando nel 1564 venne a visitare
la nostra Chiesa (la data è sbagliata perché
San Carlo è entrato a Milano nel 1565
N.d.R.), ed a insediarvi il primo Parroco.
Quarant’anni più tardi, e cioè nel 1604 i derganesi pongono sulla loro torre una terza
campana, più grossa delle già esistenti. Questa viene consacrata e benedetta il 28 gennaio di quell’anno, da Sua Eminenza il
Cardinale Federico Borromeo nostro Arcivescovo, e cugino di San Carlo. La nuova cam-
pana fu fatta a spese della Scuola del Corpus
Domini, (così chiamavansi allora le Confraternite del SS. Sacramento) aiutata da un
certo sig. Hieronimo Mauro; costò lire milanesi 336 e fu posta sul campanile il 12
aprile.
Dobbiamo credere che i nostri vecchi, per
provare la bontà della nuova campana, abbiano abusato delle vecchie, perché una di
queste, dopo alcuni mesi; diventò, come indicato nelle cronache, “tutta creppa”.
Ma non si perdettero d’animo gli avi; calatala da campanile, e coll’aggiunta del famoso “campanino” sopra ricordato, nonché
di altro metallo, fecero fondere una nuova
campana, chiamata “la mezzana”.
Si sa che questa fu benedetta dal Padre
Abate di San Pietro in Gessate di Milano, e
dedicata al Patrono nostro, San Nicola da
Bari. La spesa relativa venne sostenuta ancora dalla Scuola del Corpus Domini e dai
parrocchiani poveri. Il cronista ci ricorda
che, anche in questa occasione “li signori né
altri gentiluomini di Dergheno, non hanno
tratto fuori un solo quattrino, et questo,
dico in vergogna et vituperio suo”. In con-
19
Storia
trapposto alla tirchieria dei derganesi signori di quel tempo, il cronista vuole additato ai posteri un certo signor Hieronimo
Lonati non di Dergano, il quale, prosegue
il racconto “... ha fatto assai doni et ellemosine, et merita gli sia usata ogni sorta di
cortesia ed appiaceri”.
Nel 1605 il nostro Campanile dispone
quindi di tre campane, e debbono essere
state ben “in gamba”, e di ottima fattura,
perché durarono circa un secolo e mezzo.
È solo verso il 1750 che si decide il loro collocamento a riposo, sostituendovi un concerto pure di 3 campane che, si dice, destò
l’invidia dei paesi circonvicini, di Affori in
modo speciale. Peccato davvero che notizie
scritte in merito alle nuove campane non
si abbiano. Quello che si sa, lo è per tradizione, e cioè che durarono sino verso il
1884, ma in uno stato compassionevole,
perché, come avrebbe detto l’antico storiografo, erano diventate “tutte creppate”. Si
capisce però che i derganesi in quel tempo
dovevano essere ben “in bolletta” perché è
solo nel 1885 che si decidono a cambiarle.
Si forma in quell’anno l’immancabile Comitato presieduto dalla Veneranda Fabbriceria, e dopo sedute, sedute e sedute,
finalmente si delibera di ordinare alla Casa
Barigozzi di Milano (l’antica ed apprezzata
fonderia), un concerto, e questa volta di
ben cinque campane, in tono di “fa”.
Nella primavera del 1886 le campane sono
pronte, ed una domenica mattina, tre carri
infiorati ed inghirlandati, trascinati da
bianchi cavalli, preceduti da un battistrada
in costume, trasportano dalla fonderia al
cortile parrocchiale il concerto.
Il popolo tutto ne è entusiasta. Padrini
Francesca Nelli
Direttore Tecnico
02.365.953.12
24h su 24
FNP
Servizi Funebri
Via Livigno 18 - Milano
20
sono i maggiori offerenti del paese.
Facciamo un po’ di descrizione:
Come detto, le campane sono cinque. “Questo lo sappiamo da un pezzo!” mi sembra di
udire. Vi posso assicurare invece, che fino a
questo momento erano moltissimi quelli
che lo ignoravano, e lo sapete il perché? Perché non si erano mai presi la briga di contarle.
Pesano complessivamente quintali diciassette e costarono lire italiane (d’ante guerra
s’intende) settemilaseicentodieci.
Ecco le iscrizioni che trovansi sulle campane. Per subito intenderci le trascrivo addirittura in italiano, benché sulle campane
figurino, come d’uso, in lingua latina.
Sulla prima: “Regina del Sacratissimo Rosario, prega per noi”.
Sulla seconda: “Dal fulmine e dalla tempesta liberaci o Signore”.
Sulla terza (certo in omaggio a chi la donò,
il parroco di quel tempo, Sacerd. Antonio
Schwarzbach): “S. Antonio ci ottenga il distacco dalle cose terrene”.
Sulla quarta: “Onoriamo San Giorgio Martire, nostro Patrono”.
Sulla quinta: “Invochiamo San Nicola Vescovo, nostro Patrono”.
Sulle due più grosse poi (la quarta e la
quinta) vi si trovano scolpite anche due lucertole. “Cosa ci stanno a fare?” mi direte
voi. Veramente, soggiungo io, quelle lucertole non fanno nulla, perché poverine essendo di bronzo come le campane, non
possono muoversi, e neppure possiamo
farle scappare anche se ci mettessimo tutta
la nostra buona volontà.
“E allora?”. Ed allora vogliono essere un simbolo, dirò meglio, un monito per noi.
La lucertola è il primo degli animali, che ancora nel cuore dell’inverno lascia la sua
tana, ed esce al sole a preannunciarci la primavera imminente, quella primavera che è
poi rinascita di tutta la natura.
“A Sant’Agnesa, cur la luserta per la scesa”.
Non dice così un vecchio nostro proverbio?
E le campane non sono esse le solerti preannunziatrici di ogni santo evento? Non ci
portano forse il quotidiano invito di ricordarci di Dio, di Gesù che ci attende alla sua
Chiesa per farci rinascere alla grazia coi tesori della Santa Messa, dei Santi Sacramenti? Non è così? Vedete, che in fin dei
conti le povere bestiole stanno a far qualche
cosa? Come già dissi, le campane costarono
lire settemilaseicentodieci.
Certo tale cifra, oggigiorno, anche in piena
crisi, non avrebbe spaventato i cittadini derganesi. Ma dobbiamo tenere presente che
Dergano, nel 1886, contava sì e no cinquecento abitanti, tutti poveri contadini o modestissimi materassai. Gli abbienti, certo
per non far sfigurare i loro antenati, sono rimasti come al solito, assenti. Fatto si è che
tutta la spesa piombò sulle spalle dei poveri,
i quali a malapena e dopo tanti sforzi, riescirono a raggranellare per la fornitrice,
solo un buon acconto. Col passare anzi del
primo entusiasmo, erano cessate anche le
offerte. Ci fu un tempo, che la Ditta Barigozzi minacciò persino di porre le campane
(vittime innocenti), sotto sequestro.
Accadde però nel 1893 un fatto straordinario, il più impensato, e che liberò i derganesi dall’incubo di dover rimanere ... senza
campane.
In detto anno, e precisamente in una brutta
notte di gennaio, alcuni malandrini, passando per la porticina che dal cortile Parrocchiale conduce in Sagrestia, penetrarono in
Chiesa, e quivi misero tutto a soqquadro.
Violarono il Sacro Tabernacolo, involando i
Sacri Vasi, e disperdendo sacrilegamente le
Sacre Particole sul pavimento dell’Altare:
asportarono tutti i doni d’argento e d’oro
che per decine di anni
erano stati
offerti dalla
pietà dei fedeli, alla nos t r a
Madonna
del S. Rosario, svuotarono
le
cassette
delle elemosine, ecc.,
ecc. Non è a
dire il dolore provato
dai derganesi per tanto sacrilegio, e subito
indissero speciali funzioni riparatrici.
La nuova del furto patito era giunta alla Presidenza del benefico Circolo di Maria Immacolata di Milano, la quale (la Presidenza si
capisce) ben sapendo la povertà in cui versavano e Chiesa e fedeli derganesi, volle venire in aiuto.
La domenica susseguente il furto, una
lunga processione parte dalla Parrocchiale
e si porta al “Doss de Derghen”, ad incontrare i benefici soci del Circolo di Milano, i
quali, pure processionalmente, si dirigevano alla nostra Chiesa portando seco doni
in quantità: Vasi Sacri, altre suppellettili,
monili d’oro per la Madonna, ed ancora
una grossa borsa ricolma di lucenti monete
d’argento, e di carte da cinquanta e da
cento. L’offerta in danaro fu così abbondante, che non solo si poté sopperire ai
danni portati dai ladri sacrileghi, ma anche
... guarda un po’!... a saldare finalmente,
l’ormai famoso debito campanario.
Le campane in quel giorno suonarono...
suonarono... suonarono... che sembrò volessero impazzire. Ritengo anzi, che anche.
senza la spinta del campanaro, si sarebbero
mosse per far udire i loro allegri rintocchi,
ed avevano non una, ma cento ragioni, perché finalmente, dopo anni di trepida ansia,
si vedevano liberati dall’incubo di dover
fare da un momento all’altro una bruttissima figura.
a cura di don Giorgio Brianza
21
Chiesa parrocchiale
La facciata della nostra chiesa tutta coperta con teloni durante i lavori di restauro
Finiti una parte dei lavori
di restauro della nostra chiesa
Un grande lavoro di certosina pazienza per ridare l’aspetto originale
alla facciata in mattoni del nostro edificio sacro
I
l gioco “del prima del dopo” può facilamente applicarsi al restauro della nostra chiesa parrocchiale. Nel numero
scorso di Uno Sguardo in Dergano avevamo
ampliamente illustrato le condizioni dei
muri esterni che hanno la caratteristica
architettonica tipica del periodo di costruzione, gli anni a cavallo della Seconda
guerra mondiale. Tutte le chiese di Milano
22
di quel periodo (un esempio per tutti, San
Nereo e Achilleo, in viale Argonne) hanno
la cartteristica dei mattoni a vista. Nel numero scorso avevamo visto quanto questi
mattoni fossero mal messi (sporchi, rovinati, in parte disconnessi), ora nella foto
della pagina accanto, e soprattutto nella
realtà, possiamo osservare il risultato del
lavoro fatto dai restauratori: colore bril-
La facciata della nostra chiesa con colori vivi e fughe in cemento restaurate dopo i lavori
lante, pulizia, fughe in cemento precise e
ordinate, riparazione dei punti mancanti.
Certo non è ancora la facciata progettata
in origine e non conclusa per l’infuriare
della guerra che prevedeva anche un pronao con delle colonne all’ingresso, ma la
pulizia e l’ordine sono un ottimo biglietto
da visita e un grande passo all’accoglienza dei fedeli e anche dei semplici curiosi.
Questa prima parte dei lavori non sono finiti: vediamo nella foto qui a sinistra i
ponteggi sul fianco destro dell’edificio ecclesiastico con qualche piccolo disagio
per i pedoni. Ancora un poco di tempo e
l’impresa incaricata dei restauri avrà concluso e darà alla comunità parrocchiale
una chiesa tutta quanta in ordine.
Nel numero scorso abbiamo parlato
anche di costi: dal Comune di Milano è
previsto un contributo, che però non
basta a coprire il costo dell’intervento.
Come in tutti i secoli sarà la comunità cristiana ad accollarsi quanto manca.
23
Vacanze comunitarie
“Che cosa
cercate?”
Alcune istantanee dalla vacanza
della comunità a Sankt Moritz
A
nche quest’anno un nutrito numero di famiglie della comunità di
Dergano ha condiviso qualche
giorno di vacanza a Sankt Moritz. Il tema
proposto per quest’anno era “Che cosa
cercate?” (Gv 1,38) e nell’augurio iniziale
Andrea Rizzi ci ha esortato a conservare
queste parole nel cuore in modo da essere
aiutati nella convivenza e nell’approfondire l’affezione a Cristo e l'amicizia fra
noi.
La vacanza è stata varia e articolata, e il
tempo tutto sommato clemente.
Nei giorni di convivenza si sono susseguiti
momenti strutturati quali gite, giochi,
canti, testimonianze (di Laura Patanella,
di Gabriella Sommacal e di Pier Alberto
Bertazzi), e la Messa quotidiana (quest’anno i preti erano addirittura quattro,
tra cui don Savino!), ma tanti sono stati i
momenti in cui ciascuno poteva liberamente e secondo le sue possibilità mettersi in gioco in un rapporto o per
contribuire alla realizzazione di un gesto,
qualunque esso fosse.
La compagnia era molto ben assortita e ai
pargoletti ancora in fasce facevano da contraltare i nonni con pluriennale esperienza di nipoti, segno di un popolo che si
apre anche alle nuove giovani famiglie.
Si è respirata un’aria di condivisione in
cui si vedeva davvero la fraternità nei rapporti: era bello vedere come gli adulti a
cena si facessero le loro tavolate con gli
amici e i bambini potessero fare altrettanto (bisogna dire a onor del vero con
qualche bicchiere rotto…), oppure come si
era solleciti nel prestare ascolto a un
amico in difficoltà o a tenere a bada il figlio di un altro che magari era impegnato
a preparare la serata…
Era proprio come se ci si trovasse in una
24
famiglia allargata e come in una famiglia
ci si stima così la proposta dei gesti era rivolta a tutti (era lasciata poi alla discrezione del singolo la decisione se portare il
figlio piccolo a una testimonianza o fargli
vedere un cartone animato insieme ai
suoi amici).
Il giorno che il meteo lo ha permesso
siamo riusciti a fare una gita a un lago, ac-
compagnata dai canti alpini fatti tutti insieme, e seguita il giorno successivo da
una passeggiatina intorno al lago di Sankt
Moritz e non sono certo mancati i momenti esilaranti nelle serate (indimenticabile e iscrivibile negli annali della
parrocchia è stata la performance del parroco don Gerolamo allorché nei giochi è
stato invitato a impersonare il papa Benedetto XVI… si è calato perfettamente nel
ruolo – sarà un segno premonitore? – e
ha iniziato a benedire tutti i presenti con
molto entusiasmo).
Infine un plauso particolare agli ideatori
dei giochi: quest’anno nella consueta
mattinata dedicata ai gioconi all’aperto si
è addirittura assistito a una sfida di calcio
femminile con un mega pallone e a delle
manches di calcio balilla umano!
Barbara Leoni
Edolo 2014: vacanzina con delitto
L
a tenuta del barone Ingannamorte è
stata teatro di un misterioso delitto e
l’ispettore Morris The Fox è sulle
tracce del colpevole... quando la situazione si fa complicata: i parenti del barone si accusano l’un l’altro, l’eccentrico
nipote, il signor Nerdone, accusa i fantasmi, il reverendo Stephan Counts denuncia la sparizione di una boccetta di
cianuro e al castello compare il nuovo
cuoco Enzo che assomiglia in modo eccezionale allo scomparso Barone. Per fortuna l’ispettore, può contare sull’aiuto di
60 piccoli detective che, raccogliendo le
prove nei numerosi giochi, dovranno risolvere il mistero entro la fine della vacanza. Ed è proprio qui che accade il
miracolo!
Il miracolo quotidiano che nella vacanza
della quarta e quinta elementare è solo
più evidente: quando ci riconosciamo in
ciò che è indifeso e bisognoso di tutto, innegabile nei piccoli ma vero anche per i
fantastici Colo, Chiara, Andrea, Simone e
Vladi, animatori di 15 e 18 anni, per i cuochi, gli educatori sotto la guida di don Stefano e le catechiste che accompagnavano
questa piccola Chiesa.
È il miracolo dell’abbandono di cui questi
piccoli sono capaci: la vista dal rifugio
Malga Stain, seppur così imponente, diventa un segno misero confronto alla
mano tesa che cerca quella dei ragazzi
grandi lungo il sentiero, per poter arrivare
tutti insieme in cima.
Il miracolo della bambina che sente la
mancanza di casa e cerca nella notte l’Antonella e si addormenta subito vicino alla
presenza della sua catechista. E un’altra:
“Mi manca la mamma ma voglio rimanere fino alla fine della vacanza per risolvere il mistero”!
Il miracolo nello scoprire quanto Andrea
fosse bravo a gestire i giochi e guardalo
aiutare i più piccoli, quasi nella vita non
avesse atteso altro che sorprendersi capace di tanto, lui che non pensava nemmeno di fare l’animatore all’oratorio.
Tanti miracoli che si concentrano in una
settimana sono più facili da cogliere
anche per i grandi che hanno dimenticato
la capacità di vederli nel tempo ordinario
della città. Almeno però torniamo a Milano grati di quello stupore che accomunava noi adulti: grati dell’attenzione che
tutti mettevamo nei particolari. Con que-
sta certezza, di aver trovato dei compagni
di cammino, affrontiamo le cime del
nuovo anno scolastico uniti, come se fossimo ancora là: a cercare le stelle insieme
dopo aver messo a nanna i piccoli.
Antonella e Maurice
Vincenzo
Ingannamorte
Rifiniture ambienti
Imbiancature
Verniciature
Ristrutturazioni
Pagamenti anche a rate
via Caianello 2, Milano
Tel. 02680262
cell. 3356718235
25
Comunità parrocchiale
Finalmente
arriva
il campo
sintetico
Ruspe e tecnici al lavoro:
novità in oratorio
D
alla prima settimana di settembre,
vi sarete sicuramente accorti, che
sono iniziati i lavori per la realizzazione del nuovo campo sintetico. All’interno dell’ associazione sportiva, l’idea di
poter realizzare questo “sogno” è iniziata
qualche anno fa quando, in accordo con
la parrocchia, abbiamo risposto a un
bando regionale che destinava dei finanziamenti agli oratori della Lombardia. Abbiamo presentato il progetto di
rifacimento del campo, ma non siamo
stati premiati. Non ci siamo demoralizzati
e abbiamo cercato di capire se potevamo
raggiungere l obiettivo con le nostre forze
per permettere ai nostri ragazzi di poter
giocare ed esprimere tutte le loro potenzialità, la loro passione per il calcio e il
loro entusiasmo su un campo più bello e
attraente: il cosiddetto “campo sintetico”
che negli ultimi anni abbiamo trovato in
quasi tutti gli oratori dove siamo andati a
giocare.
Partendo da questo presupposto e soprattutto dal fatto che crediamo profondamente che l’attività sportiva abbia una
grande valenza educativa che sperimentiamo costantemente, abbiamo iniziato a
fare un vero e proprio piano di sostenibilità tenendo conto dell’attuale situazione
economica della parrocchia e confrontandoci da subito con don Stefano e don Gerolamo prima di prendere qualsiasi
26
decisione definitiva.
I risparmi accantonati nell’arco degli anni
però non ci consentivano di concretizzare
appieno il nostro intento. Mancava ancora
la metà dell’importo (circa 45.000 euro) e
dopo accurate valutazioni abbiamo deciso
di richiedere un finanziamento bancario
confidenti che le attività da noi proposte
continuino a essere sempre un punto di
riferimento nel quartiere e, perché no?, fiduciosi che anche i genitori dei nostri ragazzi si sentano coinvolti in questa
iniziativa.
Una volta definito l’aspetto economico e
condivisa la responsabilità all’interno dell’associazione sportiva c’è stato anche un
serio confronto, soprattutto con don Stefano, sull’utilizzo del campo; l’associazione sportiva non si sente proprietaria
del campo, anche se per il tipo di attività
che svolge lo utilizza per la maggior parte
del tempo, ma lo considera una risorsa
della comunità.
Avremo sicuramente un campo più bello,
e per preservarlo e conservarlo nel tempo
sarà necessario recintarlo rispettando alcune semplici regole: divieto di entrare in
bici, obbligo di avere scarpe adeguate,
apertura solo a certe condizioni; questo
non ci limiterà, ma anzi ritengo che sia
una bella occasione per riproporre in oratorio dei momenti di gioco indirizzati a
tutti i nostri bambini e ragazzi con il coin-
volgimento di adulti
responsabili.
È proprio perché ci
sentiamo parte di una
realtà più grande
della nostra associazione sportiva che
pensiamo valga la
pena affrontare questa avventura e assumerci
la
responsabilità economica, certi che sia veramente un’occasione
per tutti grandi e piccoli della nostra comunità.
In ultimo vorrei ringraziare Daniele Piccoli che è stata la
persona che ha dedicato più tempo ed
energie per rendere fattibile questo nostro progetto.
Entro fine mese (pioggia permettendo) i
lavori dovrebbero terminare e quindi vi
aspettiamo tutti per l’inaugurazione del
campo.
Stefano Cristiani
La Festa
(28 settembre - 13 ottobre 2014)
450 anni della storia di un popolo (1564 – 2014 )
“Siamo come nani sulle spalle dei giganti, così che possiamo vedere
più cose di loro e più lontane, non certo per l’altezza del nostro
corpo, ma perché siamo sollevati e portati in alto dalla statura dei
giganti” (Bernardo di Chartres, filosofo francese del XII secolo).
A Dergano, al posto dei giganti abbiamo avuto grandi querce,
più alte dei giganti.
Dergano etimo gallo-latino dervulu(m), da dervos = quercia
Programma
Domenica 28/09
Ore 16.00 Incontro pubblico al Centro Socio Ricreativo culturale del comune di Milano
di via Brivio 4: “Nani su rami di querce” e apertura mostra con il curatore Eugenio Bollani.
Accompagnano 4 tenori: Rodolfo Gemio Fernandes, Giuseppe Bellanca, Silvio Scarpolini
e Massimiliano Italiani in un concerto di Serenate e canzoni.
Venerdì 03/10
Ore 17.30 “I Ragazzi della via Paal”, spettacolo teatrale messo in scena dai ragazzi della
Scuola Media Mandelli, nella sede della scuola Media in via Bonomi.
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Comunità parrocchiale
Sabato 4/10
Ore 15.00 Nel Bar parrocchiale I Torneo di Scopa d’assi
a coppie – eliminatorie.
Ore 15.30 Inaugurazione nuovo campo di calcio con
Associazione Sportiva Dergano, a seguire VI Memorial
Franco Fierotti: torneo di calcio per ragazzi dalla III
elementare alla III media.
Ore 16.00 L'angolo del Cantastorie: canti e racconti insieme alla scuola dell’Infanzia Antonio Rodari in Oratorio.
Ore 19.30 Cena open: apertura delle cucine, cena insieme self-service, con salamella e piadina romagnola.
Ore 21.00 Derganino d'Oro, gara di canto per i bambini dai 7 ai 12 anni.
Domenica 5/10
Ore 10.00 S. Messa per bambini e ragazzi con accoglienza Bambini III elementare.
Apertura mostra: “La nostra Storia: fede, umanità, bellezza” nella sala grande in Chiesa.
Ore 15.00 Nel Bar Parrocchiale I Torneo di Scopa d’assi a coppie – finalissima.
Ore 16.00 Apertura pesca.
Ore 16.30 Il Baule Magico con Mastro Meli.
Ore 17.00 Memorial Cucciolo, torneo di calcio e cena insieme ad opera dell'Associazione Poltronieri.
Giovedì 09/10
Nel pomeriggio apertura mostra “La società dell’allegria”. L’oratorio di don Bosco:
“Questa è la mia casa!”. “Noi facciamo consistere la santità nello stare molto allegri”.
Questo motto di don Bosco è il cuore pulsante della vita che animerà lo spazio del
“suo” oratorio.
Venerdì 10/10
Ore 21.00 in Chiesa, Monologo teatrale “Seguimi”, con l’attore Pietro Sarubbi: riflessione dell’apostolo a partire dall’incontro con Gesù che con una frase “D’ora in poi ti
chiamerai Pietro” lo chiama a una vita nuova, organizzato dal CDS, Centro di Solidarietà Don Bruno De-Biasio & Mary D’Amelio per il decimo anniversario della morte di
Don Bruno.
Sabato 11/10
Ore 15.00 Incontro con Franco Ferrazza promosso dal Centro di Solidarietà nel Bar parrocchiale: Il mestiere di cercare lavoro.
Ore 15.00 Apertura Stand.
Ore 15.30 in Oratorio: Caccia al Tesoro nel quartiere per i bambini del catechismo.
Ore 19.30 Cena open.
Ore 21.00 Spettacolo musicale con le nostre band.
Domenica 12/10
Ore 9.00 Apertura Stand
Ore 11.15 S. Messa con monsignor Carlo Faccendini, Vicario Episcopale di Milano, e
mandato alla Comunità Educante.
Ore 16.00 ci si ritrova insieme in Oratorio per un pomeriggio di giochi, musiche e
danze popolari e folcloristiche con i Cann Cord & Pell.
Ore 18.00 Incontro pubblico, “Nani su Rami di Querce”, testimonianze sulle Querce
della storia della Parrocchia.
Estrazione dei premi della Sottoscrizione a Premi.
Lunedì 13/10
Ore 10.30 Santa Messa e Ufficio per tutti i defunti celebrati dai sacerdoti derganesi.
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Buone letture
Libri
ARTEMIO VÍTORES
GONZÁLEZ
Francesco d’Assisi
e la Terra Santa
EDIZIONI OFM
L’autore, padre
Artemio, frate
della custodia di Terra Santa
alla quale la Santa Sede ha
ufficialmente affidato la
custodia dei luoghi santi
cristiani fin dal 1342, vuole
fare chiarezza sul viaggio,
spesso raccontato con
eccessiva fantasia, del santo
di Assisi in Terra Santa
(avvenuto negli anni 12191220). Il pellegrinaggio di san
Francesco va collocato
all’interno del movimento
delle crociate e in secondo
luogo l’autore si prefigge di
far vedere come fin dalle
origini la presenza
francescana in quelle terre ha
saputo incarnare nel vissuto
di tanti frati quanto stava a
cuore al loro fondatore:
incontrare il mondo
musulmano in modo non
violento, attraverso il dialogo
e il rispetto reciproco.
E questo lo si vede proprio
nell’incontro con il sultano
d’Egitto Al- Malik al Kamil.
Spinto dal suo profondo
amore verso il Crocifisso e
desideroso di approdare
anche al martirio pur di
testimoniare con la propria
vita la sua adesione a Cristo,
san Francesco non vuole
‘‘imporre’’ una dottrina di
salvezza per gli uomini. È un
povero e umile messaggero di
Cristo, di colui che ama gli
uomini fino a dare la sua vita
per loro, sulla croce.
Non tutto è chiaro sul come si
sono svolti i fatti che hanno
condotto Francesco e il
sultano a incontrarsi, e padre
Artemio lo mette bene in
rilievo. È innegabile tuttavia
storicita` dell’evento e il fatto
che «da allora» i frati
francescani sono stati per
lungo tempo l’unica presenza
cristiana in Terra Santa.
a cura di Laura Berra
CRISTIANA
PICCARDO
La storia. Maestra
di fede, di
speranza, di carità
LINDAU
Da Vitorchiano a
tutto il mondo: madre
Cristiana Piccardo, monaca
cistercense della stretta
osservanza, è l’autrice del libro
che presentiamo. Racconta in
soli quattro capitoli tutto
quanto ha visto e vissuto
quando era badessa a
Vitorchiano, monastero
trappista in Lazio, e in seguito
a Humocaro in Venezuela,
partendo dagli anni che
precedono il Concilio Vaticano
II. Il libro è un racconto di
madre Cristiana alle novizie.
La monaca parla del cammino
di Vitorchiano, monastero dal
quale sono partite in diversi
tempi monache che hanno
fondato altri monasteri nel
mondo: in Venezuela, in Perù,
in Argentina, nelle Filippine
(da cui è sorto un monastero a
Macao, in Cina). Il libro può
essere letto tenendo conto di
alcune parole che ne
rappresentano la chiave di
lettura. La prima parola è
esperienza, perché il rapporto
con Cristo di queste monache
è un’esperienza reale. La
seconda è tradizione, anzi
“tradizione viva”. Madre
Cristiana racconta il suo primo
incontro con madre Pia, la
badessa di allora, monaca
fedele alle regole e
appassionata a Cristo. È stata
lei a insegnarle che la vita
religiosa è una vita a due, la
monaca e Gesù Cristo,
contraria in radice alla
solitudine. La monaca nel suo
racconto rievoca i tempi
precedenti al Concilio Vaticano
II, in cui la vita monastica era
silenzio, preghiera, digiuno,
ma anche individualismo. Il
Concilio ha fatto irruzione
segnando un passaggio da
un’osservanza delle regole a
una vita di comunione.
VITTORIA MAIOLI
SANESE
Ho sete, per piacere
Padre, madre, figli
MARIETTI
“Ho sete, per
piacere” torna in
libreria a dieci anni dalla
prima edizione con
aggiornamenti e aggiunte
importanti. Il libro continua il
dialogo dell’autrice per mezzo
della parola scritta sui grandi
temi della nostra persona e
della nostra vita. Infatti il
problema dell’essere genitori è
il problema dell’essere
persona. Oggi più che mai
l’identità genitoriale rivela la
ferita, la confusione, la crisi in
cui la persona è immersa. Nel
libro non ci sono risposte
preconfezionate, ma 43 anni di
esperienza a contatto con le
famiglie del consultorio di
Rimini”. Un libro ben scritto,
con l’animo e la competenza
della scrittrice oltre che della
specialista. Infatti l’autrice
nell’introduzione dichiara: “Ho
vissuto scrivendo”.
L’autrice spiega il titolo: “Il
figlio esprime il bisogno con
decisione, ‘Ho sete’, ma in
seguito il rapporto educativo
fa aggiungere ‘per piacere’, che
indica una richiesta di
tenerezza, di un rapporto
d’amore e di rispetto”. Nel
libro si snocciolano temi
problematici, per esempio al
giorno d’oggi un figlio non
esiste come figlio, e quindi
anzitutto come persona con
cui entrare in relazione, ma è
diventato un lavoro, un
compito impegnativo da
sbrigare. Altro punto cruciale
della famiglia di oggi è il ruolo
del padre. La madre porta in sé
e fa nascere il figlio e, quando
questo si stacca dalla madre, il
padre lo accoglie e lo definisce.
La lettura di “Ho sete, per
piacere” aiuta anche alla
riscoperta del padre, perché la
famiglia di oggi è troppo
femminile e questo fatto è
fonte di tante dipendenze e
fragilità.
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Eventi
La comunità ricorda
“I
o sono pronto” all’abbraccio con Gesù Cristo, diceva
negli ultimi giorni ai suoi familiari. Martedì 9 settembre ci ha lasciati chiamato dal Padre Celeste
Giancarlo Piccoli (era nato il 4 agosto 1938). Venuto a Dergano giovane sposo, è sempre stato un amico e un sostegno per tutta la comunità parrocchiale.
Assieme ai figli Daniele e Francesco, alla figlia Donata e
alla moglie Franca la chiesa di Dergano lo piange e lo affida alla misericordia del Padre.
Le suore uccise
T
re suore italiane sono state uccise il 7 settembre
in un convento a Bujumbura, in Burundi. Le tre
religiose, missionarie saveriane, erano suor Lucia
Pulici, 75 anni, suor Olga Raschietti, 82 anni, e suor
Bernadetta Boggian, 79 anni. La presenza delle saveriane a Kamenge, riunite nella parrocchia san Guido
Conforti, era cominciata nel 2000.
Al termine del pontificale in Duomo nella festa di
Santa Maria Nascente, il cardinale Angelo Scola ha voluto ricordare e pregare per i cristiani perseguitati e
per le tre religiose uccise in Burundi (di cui una nata
a Desio).
“Dobbiamo dire la nostra vicinanza del tutto particolare ai nostri fratelli cristiani che sono esposti a particolare pericolo di vita per la loro fede e che hanno
perso tutti i loro beni e sono sfollati in altre parti del mondo. A questa si aggiunge
una dolorosissima notizia che perviene dal Burundi, dove ieri pomeriggio due sorelle
sono state uccise. Una è di Desio: siamo particolarmente vicini alla sua famiglia. Non
si conosce ancora bene la modalità di questo efferato episodio avvenuto a Bujumbura,
nel quale questa mattina sembra essere stata coinvolta una terza sorella morta”. E ha
concluso: “Affidiamo al Signore questi cristiani decisi e cerchiamo di imparare da
loro, imparare dal sangue dei martiri l’offerta del martirio e della sapienza che è la
nostra vita”.
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Vita comunitaria
Anagrafe parrocchiale
NATI IN CRISTO:
Esaltazione della Croce
Djimi Patrick Junior
Pizzolante Nicole
Barbieri Filippo
Diaz Valentina Noemi
Fajardo Palacios Jacob
Ludovico Bianca
Merotta Gabriele
Raffaglio Elisa Maria
Vigliotti Samuele
Guazha Heliana Francesca
Manfrin Beatrice Vittoria
Martini Alessandro
Rossetti Ginevra
Collantez Lopez Filippo Francesco
Panetta Sofia
Lampugnani Elisabetta
UNITI IN MATRIMONIO:
Foti Antonino e Lanza Francesca
Chierici Mario Andrea e Marni Nadia
Lupi Luca e Lucchini Maristella
RITORNATI ALLA CASA
DEL PADRE:
Conca Ebe
Calà Giuseppe
Amerighi Franco
Lesmo Alessandro
Trovaini Luisa
Sala Giuditta Fernanda
Bosè Angelo
Castiello Gaetano Enrico
Oneta Piera
Perticaroli Lina ved. Giambelli
Nei
Vesperi
della vigilia
dell’Esaltazione della Croce
(14 settembre)
l’arcivescovo
ha presieduto
il rito della
Nivola,
un
marchingegno,
decorato come una nuvola, che porta il cardinale
fino a 80 metri nell’abside del Duomo dove è
custodito il Santo Chiodo: “In questo tempo di
travaglio, dobbiamo essere lampade accese di
speranza, di coraggio, di voglia di vivere”. Qui a
Milano, dal tempo di sant’Ambrogio, un Chiodo è
la testimonianza della Crocifissione di Gesù.
Ruberto Carmela Edda
Marinoni Giovanna Angela
Guidi Natalina ved. Noè
Lanzo Lucia Maria
Domaschio Elvira
Bonsi Paolo Carlo
Brioschi Elda ved. Lazzari
Colombini Fiorenza ved. Motta
Marangon Tullio
Borchetto Marcella Antonia
Piccoli Giancarlo
Aiuto economico
CHI VOLESSE CONTRIBUIRE alle spese ordinarie
e straordinarie che la Parrocchia sostiene per tutta
la comunità, può usare le seguenti forme:
- offerta domenicale durante la Santa Messa;
- offerta mensile tramite la busta che si trova in chiesa
nella prima domenica di ogni mese;
- impegno mensile da concordare con il parroco;
- offerta tramite Bonifico bancario alla Banca Prossima:
Iban IT27A0335901600100000066416, intestato
alla Parrocchia di San Nicola, Milano.
Le liberalità, effettuate a favore della parrocchia da parte di tutti
i soggetti titolari di Reddito d’impresa, consentono di ottenere
un beneficio fiscale. Sono infatti riconosciuti oneri deducibili dal
reddito d’impresa nel limite del 2% dello stesso.
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La visita del cardinale Angelo Scola
alla parrocchia di San Nicola in Dergano