Anno XXVII - Numero 252 - Febbraio 2014 Viale Cesare Pavese 180 / Via Rocco Scotellaro 11 - Tel. 06-5015591 Fax. 06-5003394 Sito Web : hp://www.parrocchiaspiritosanto.org - Newsleer e arretra% : hp://infospiritosanto.altervista.org - Email: [email protected] Cari parrocchiani, ogni anno il tempo liturgico della Quaresima ci introduce in un cammino nuovo in cui è possibile mettersi in discussione davanti all’Amore che Dio ci propone con la Sua Croce e Risurrezione. La Quaresima non è un tempo di rigore in cui ci si priva di alcune cose per poi riprendere il cammino di sempre, ma è un tempo di Grazia dove mediane la preghiera ci si pone in ascolto della Parola. Mettersi in ascolto della Parola e lasciarsi muovere da essa non è facile, ma bisogna fidarsi del Signore; forse allora con sincerità bisogna che ciascuno in libertà si domandi: << io mi fido del Signore? >>. La risposta non è facile trovarla, forse ci vorrà tutta la vita, ma mettersi in ricerca di Dio della Sua Volontà è l’atteggiamento particolare che serve per dialogare con il Signore e comprendere che il nostro Dio nel Rivelarsi ci mostra nella via della debolezza e della povertà l’Amore. La Quaresima è perciò il tempo liturgico dove il cristiano ricerca la via dell’Amore che in Cristo Gesù è segnata dalla Sua Passione, morte e Risurrezione. La proposta della Quaresima è perciò la via della sequela e della Gioia. Con rinnovato slancio perciò la Chiesa ci ricorda che la via della conversione non è solo un dialogo intimo e personale che viviamo con Dio, ma è un cammino che rimodula i rapporti tra gli uomini secondo l’amore ricevuto da Dio. All’inizio della Quaresima perciò, non possiamo che gioire di questa opportunità: rimuovere i pesi e le zavorre che appesantiscono il passo potrebbe essere si un lavoro difficile ma virtuoso. Papa Francesco nel messaggio per la Quaresima così scrive:<<La Quaresima è un tempo adatto per la spogliazione; e ci farà bene domandarci di quale cose possiamo privarci al fine di aiutare e arricchire altri con la nostra povertà. Non dimentichiamo che la vera povertà duole: non sarebbe valida una spogliazione senza questa dimensione penitenziale>>. Il tempo penitenziale della Quaresima ci pone perciò si davanti a un percorso in salita ma nello stesso tempo allettante perché si tratta della Vita che si apre ogni giorno davanti a quella personale di ciascuno. Gesù nel Vangelo ebbe a dire di se stesso: <<Io sono la Via la Verità e la Vita>>, seguire le sue orme non significa forse tentare di realizzare il progetto che custodiamo nell’intimo del nostro cuore? È vero c’è tutta la nostra umanità che fino all’ultimo giorno ci appartiene, ma questa non è in opposizione con l’anima, anzi più alimentiamo la vita dello spirito, più tutta la persona ne riceve luce, gioia che armonizzano le azioni. Il cammino di conversione è si una lotta, un duello, ma ne vale la pena prenderlo in considerazione, perché rimette in evidenza ciò che è l’uomo: creatura creata per amore e con amore da Dio che nella libertà può scegliere la via del peccato che lo separa da Lui. La quaresima è perciò anche il tempo che ci permette di conoscere le molteplici forme di peccato per incontrare lo sguardo di Dio, che nella Sua misericordia sollecita il nostro pentimento e vivere per Grazia il Suo Amore. Con la speranza che questo tempo liturgico ci propone, auguro a ciascuno un buon cammino quaresimale, certi che non siamo soli, ma abbiamo al nostro fianco sempre la presenza di Cristo che ci accompagna nel viaggio che possiamo definire il Viaggio dell’Amore. Il vostro Parroco don Michele Palermo E' CON NOI LUDOVICO Abbiamo in parrocchia un nuovo confratello. Si chiama Ludovico Gadaleta. E' nato a Milano nel 1982, da famiglia cattolica che lo ha educato alla fede. Ha frequentato la scuola materna ed elementare presso le suore Apostole del S. Cuore di Gesù, dove apprende la devozione al S. Cuore, che ha sempre coltivato. A otto anni comincia, per proseguire sempre, a fare il chierichetto nella sua parrocchia di Santa Giustina. Frequenta le medie all'istituto Faes, che si ispira alla spiritualità dell'Opus Dei. Frequenta il liceo classico in una scuola pubblica. Superata la maturità, si iscrive alla facoltà di lettere, corso di Storia contemporanea dell'Università cattolica del Sacro Cuore, dove si laurea (di 1 livello) nel 2005 con una tesi su “Il card. Schuster e il problema comunista 1948-1953”. Nel novembre 2006, quasi al termine della redazione della sua seconda tesi, per ottenere la laurea magistrale, ascolta per caso una trasmissione di Radio Maria dove un padre rosminiano, don Umberto Muratore, all'epoca provinciale italiano, parla della vocazione. Gli scrive chiedendogli un colloquio chiarificatore sulla propria vocazione, giunta ormai alla maturazione. Dall'incontro, Ludovico ne esce con la ferma persuasione di essere chiamato a farsi religioso nella congregazione fondata da Rosmini. Il 19.4.2007 all'Università Cattolica discute la sua seconda tesi su “Mons. Marcel Lefebvre e il problema della libertà religiosa durante il concilio vaticano II”, prima tesi su tale argomento negli archivi dell'università. A 25 anni ottiene il titolo di dottore magistrale. Il 1 maggio successivo lascia la famiglia, che l'aveva sempre incoraggiato a seguire la vocazione, e si reca al S. Monte Calvario di Domodossola chiedendo di esse- — COMUNITA’ VIVA — re ammesso come postulante. Lo accoglie il rettore e maestro dei novizi Padre V. Nardin. Il postulantato, sotto la guida di p. Luigi Cerana, dura tre mesi. Il 15.8.2007 entra in noviziato, Vi resterà tale per due anni, sotto la guida di don Vito, dedicandosi allo studio della storia e del carisma della congregazione, alla vita del P. Fondatore e all'acquisizione della sua spiritualità, nonché alla pratica di vita religiosa. Per alcuni mesi soggiorna nella rosminiana parrocchia di San Giuseppe (Trapani), per apprendere il ministero pastorale. Il 16.8.2009 emette i suoi primi voti, temporanei, nelle mani del provinciale P, Claudio Papa e viene inviato a Roma per completare gli studi richiesti per l'ammissione agli ordini sacri. Risiede tra S. Giovanni a Porta Latina e San Carlo al Corso, espletando vari incarichi. Dall'ottobre 2010 si stabilisce definitivamente a Porta Latina, si iscrive direttamente al II anno di filosofia, superando in un anno i 16 esami previsti per il biennio. Ottenuto il baccellierato in filosofia, passa al triennio in Teologia, sempre presso la pontificia Università Lateranense. Ormai prossimo a terminare gli studi, dal 23.1.2014, su invito del Provinciale, è assegnato alla nostra parrocchia per coadiuvare i confratelli don Michele e don Jose. Vi rimarrà sicuramente almeno – ma speriamo oltre - fino al giugno prossimo, data per la quale terminerà gli studi richiesti per accedere al sacerdozio. Attualmente è Accolito e attende di poter emettere la professione religiosa perpetua nella congregazione. E' cultore di Storia, moderna e contemporanea, della Chiesa, della liturgia. Ha frequentato presso l'Archivio Segreto Vaticano un corso di archivistica ed ha collaborato col riordino dell'archivio storico rosminiano di Stresa. Si dedica altresì a ricerche sulla storia della congregazione rosminiana; sulla Rivista di filosofia rosminiana sono apparsi suoi lavori sui rapporti tra Rosmini e due mistiche trentine del suo tempo. Sulla medesima Rivista sono state anche pubblicate sue recensione librarie e un profilo biografico dello scomparso P. Mariani. Sul bollettino online “Speranze” è comparsa una breve biografia di P. V. Nardin, scritta al momento della sua elezione a Preposito dal Nostro. Noi diamo il benvenuto a Ludovico, che ha mostrato tanta voglia di fare ed imparare, e siamo lieti di essere strumento della sua formazione, alla quale non ci sottrarremo, nel mentre gli auguriamo una felice e feconda permanenza tra di noi, onorati di far corona alla sua professione religiosa ed ordinazione sacerdotale, accomunati dalla stessa fede e dall'identico carisma del “nostro” P. Fondatore, nella certezza che resteremo sempre uniti nelle preghiere. 36.ma GIORNATA PER LA VITA Domenica 2 febbraio siamo giunti al tradizionale appuntamento della “Giornata per la Vita. Il tema scelto dai vescovi per quest'anno è “Generare Futuro”. Chi può generare futuro se non la famiglia? E' da questa certezza che tutti i ragazzi che frequentano la Catechesi dal primo al quinto anno sono stati coinvolti nella realizzazione di un grande quadro, dove ognuno di loro ha potuto lasciare una traccia, stampando l'impronta della sua mano. Il significato del quadro è leggibile da tutti, è semplice, ma non per questo scontato. Si tratta di una famiglia in cammino, che va incontro alla vita, protetta da un arcobaleno e da una colomba simbolo dello Spirito Santo. Ognuno si è potuto identificare nella figura della mamma, del papà o dei figli; poiché fedele a Dio e a suo Figlio, sa che lo Spirito Santo vigila sulla propria vita presente e futura. Tutti i ragazzi della Catechesi hanno partecipato con vero divertimento alla realizzazione del quadro. Questo è stato un momento di letizia, di compartecipazione e di condivisione anche per i catechisti. A partire dalla scelta del colore come elemento emozionale, l'uso della digito- Pagina 2 pittura ha permesso ai ragazzi di sentirsi parte attiva del progetto, che non è solo imprimere la propria mano su un semplice foglio bianco, ma evidenziare di far parte di un progetto ben più prezioso e grande, il progetto di vita: “ci sono anch'io perchè la mia famiglia ha generato futuro, ci sono anch'io perchè Dio lo ha voluto”. La gioia non finisce qui perchè oggi è la festa della Luce, la Presentazione di Gesù al Tempio. La celebrazione della S. messa delle ore 10,30 ha inizio sul piazzale dell'oratorio con la benedizione delle candele e poi in processione tutti i fedeli si dirigono in chiesa. I bambini e i ragazzi sono intenti a custodire la fiamma delle candele resa tremolante dal vento. Al termine il Parroco don Michele benedice l'assemblea sul sagrato e tutti i messaggi scritti dai ragazzi, inviati al cielo con l'aiuto di una mongolfiera bianca. Nonostante la pioggia, grandi e piccoli si sono ritrovati con lo sguardo rivolto all'insù, a seguire il volo del pallone che si nasconde tra le nuvole di un cielo plumbeo, con una preghiera personale e silenziosa rivolta al Creatore per il gran dono ricevuto: la Vita. An. Bi. — ANNO XXVII - NUMERO 252 - FEBBRAIO 2014 — 60 ANNI DI TV Il 3 gennaio 1954 vennero inaugurati i centri di trasmissione RAI di Milano, Torino e Roma. La prima edizione del telegiornale è interamente dedicata all'evento. Il telegiornale è “letto” in maniera impeccabile da due “speacker”, Furio Caccia (da Milano) e Riccardo Paladini (da Roma), dotati di ottimo timbro di voce, perfetta dizione, di elegante portamento. Parlavano seduti, e presto furono soprannominati “mezzobusto”. Nessuno prevedeva la rivoluzione che sarebbe derivata. Chi non era ancora nato, non può sapere tante cose al riguardo. Già sembrava un miracolo ascoltare la radio, che catalizzava la domenica tutta l'Italia sportiva. Poche le famiglie che avevano un televisore. I primi a dotarsene furono, oltre ai benestanti, i pubblici locali, che organizzavano la visione in cambio della consumazione. Poi qualche famiglia iniziò a dotarsi di televisore: un catorcio, a valvole, in bianco e nero. Unico era il “canale”, pochi i programmi (telegiornale, La domenica sportiva, con Enzo Tortora) e le ore di trasmissione. Man mano, i vicini dei fortunati possessori di apparecchi tv, presero il coraggio a quattro mani e chiesero di poter accedere in casa per vedere qualche programma. Ma dopo alcune richieste, peraltro accolte, si videro costretti a comperare il proprio televisore. Man mano, aumentarono le rubriche, i canali (dalle discussioni relative alla scelta del canale si passò man mano all'acquisto di più apparecchi) , le ore di trasmissione. Tra i più singolari, ricordo le lezioni per gli analfabeti, i quiz (quali Lascia o raddoppia con Mike), valorizzazione del campanilismo (con Campanile sera), musica (col Festival di Sanremo), spiritualità (La posta di Padre Mariano), Carosello (spazio pubblicitario), estrazioni del lotto, varietà, sceneggiati (memorabile “Il mulino del Po” di Riccardo Bacchelli, che incontrai da Mondadori e mi regalò un suo libro autografato)... Ricordo che il sapere che in serata ci sarebbe stato un bel programma, riempiva di gioia e dava una sferzata per fare i compiti per tempo. Beppe Grillo è chiamato “il comico” perchè lo faceva in TV; per una battuta di politica fu estromesso. Essendo la TV pubblica, ospitò “Tribuna politica” in occasione di elezioni. Più in particolare, ricordo che fui incaricato di accompagnare un bambino della mia scuola ad effettuare l'estrazione del lotto. Potei vedere da dentro uno studio televisivo, con fiume di fili per terra, luci abbaglianti, caldo... Al liceo avevo come professore di matematica Attilio Frajese, docente di storia della matematica e direttore generale al Ministero della P.I. Candidatosi in politica, si assentò per la campa- gna elettorale e ci inviò in sostituzione il figlio Paolo, allora studente di ingegneria, poi noto annunciatore del telegiornale, ricordato per aver strattonato un disturbatore. Un istitutore della mia scuola fu assunto in RAI e devolveva a vantaggio degli studenti eventuali – ma tanti – dischi che la RAI dismetteva per timore che gracchiassero. Mia figlia fu compagna di elementari della nipote di Edmondo Bernacca, nonno amorevole e “padre” delle previsioni del tempo. Un altro meteorologo, Giancarlo Bonelli, è venuto in parrocchia due volte a parlarci di cambiamenti climatici. Il cammino della RAI si può delineare mediante due linee o rotaie divergenti: una, in crescita, con l'allargamento di rubriche, servizi, “speciali”. Il fatto che ogni italiano vedesse e sapesse le stesse cose, contribuì a “fare gli italiani”. La cultura e la conoscenza si allargò notevolmente e largamente. I maggiori nomi di questa buona TV sono Baudo e Bongiorno. L'apice più esaltante del servizio televisivo fu lo sbarco sulla luna: comodamente da casa, abbiamo assistito in diretta, alla realizzazione concreta di un sogno accarezzato da secoli dall'umanità. Il servizio di televideo può configurarsi antesignano di internet. L'altra, in discesa: già alcune delle precedenti scelte comportavano il rovescio della medaglia, come la scomparsa dei dialetti, il facile invaghimento di bellezza e fortuna offerto a tutti. Si aprì e si dette maggior spazio a violenza, sesso, urla, parolacce. La televisione, comunque praticata ( da valletta o velina o letterina; da annunciatore/annunciatrice della programmazione, del tempo, del traffico...) divenne “trampolino” di notorietà per accedere, sfoderando tutte le grazie, per attrarre al successo; molti giornalisti e corrispondenti sono approdati alla politica. Chi non ricorda la “guerra dei foulard” delle corrispondenti di guerra mediorientale? Una scelta commerciale che infastidisce è l'interruzione della pubblicità nei programmi e momenti anche di peso, perchè fonte di guadagno. Tutta questa mole di informazioni, parole, immagini... riversate in casa, se da una parte giova, se veritiera, alla conoscenza, d'altro canto pesa sulle famiglie e le coscienze di ognuno, che vengono a conoscenza di orrori, scempi, ruberie, diffamazioni... La potenza della televisione richiede un forte e fermo senso critico. Ad essa si può adattare quanto dice Chomsky sulle tecnologie e sui nuovi strumenti del comunicare: “questi hanno portato ad una maggior vivacità... ma per effetto negativo hanno provocato la tendenza a sospingere gli utenti verso una visione molto più restrittiva, perchè quasi automaticamente le persone sono attratte ver- Pagina 3 — COMUNITA’ VIVA — so quei nuovi media che fanno eco alle loro stesse vedute”. E' indubbio che la TV ha fatto un'enorme azione informativa, ha aperto porte riservate a pochi e serrate da tempo, ha portato chiunque nei posti più belli e sconosciuti della terra, ha abbattuto municipalità e provincialismi rendendo tutti capaci di conoscere e giudicare le stesse cose, ha alzato il velo su fenomeni occulti, quali il trattamento carcerario, la scomparsa di persone, ha scoperto e lanciato talenti, ha fatto compagnia a malati, disabili, anziani, persone sole... Ha ecceduto nel presenzialismo e nell'opportunismo dei protagonisti, nello scadimento di stile nel vestiario (dal smoking ai piedi nudi ai blu jeans a Sanremo...), nel linguaggio (abuso di espressioni di gergo, quali “ci racconta”, “ci spiega tutto...”, basito...) , nel modo di parlare (il tono o galoppante o decisionista o cantilenoso o oratorico, con troppe intromissioni di eh...), nel discutibile accoppiamento di immagini (talora di repertorio) ai testi, nella declamazione dei titoli, la cui eclatanza è spesso smentita dagli accertamenti dei fatti o ingenera “equivoci” (come i “matrimoni gay”, in realtà riconoscimento giuridico di stabili unioni gay...), nel metodo (interviste per e di strada...), nella spettacolarizzazione di tutto (dal parlare – talk show – alla culinaria, al traffico, al ricorso al giudice..., con conseguente “sfida”, “lotta” tra concorrenti, uomini e donne..., inflazionando il titolo di “campione”) nel portamento...; e nel giudicare e sentenziare “presunte” illegalità, nel buttarsi tutti assieme negli stessi giorni sullo stesso fenomeno per sviscerarne le più recondite pieghe senza peraltro nulla o poco ottenere in termini di risposta e risultati, per poi lasciarlo all'oblio... E' addirittura nata ed è stata osannata la figura e la tecnica del comunicatore! Chi aiuta gli ascoltatori? Come all'inizio vigeva la brutta - ma allora perdonabile – abitudine di entrare in casa ed accendere il televisore, oggi capita di trovare la forza di spegnerla con “basta!” La TV è un potente e possente mezzo di trasmissione di informazioni e opinioni che richiede forte personalità e acuta criticità. Oh, fosse la comunicazione una espressione di "carità della verità" (G. Alberione)! Antonio Pillucci IMMIGRATI E ROSMINIANI Uno tra i tanti problemi dell'attuale momento e spina al fianco e al cuore per gli uomini di buona volontà è quello dell'invasione di immigrati sul nostro territorio. Questo fenomeno è “frutto” della globalizzazione, è dolora “risposta” alle condizioni di vita in essere in vari Stati a noi vicini, specie africani, assume aspetti raccapriccianti quando il viaggio è pericoloso o si trasforma in morte o la speranza di un lavoro si tramuta in compravendita di persone; è particolarmente impegnativo per l'Italia, che si trova protesa nel Mediterraneo. Il problema è complesso, dovendosi conciliare accoglienza e legalità, tutela degli ospiti e dei cittadini italiani, cooperazione dell'intera Europa nella gestione dell'emergenza. In questo quadro, i rosminiani danno un fattivo esempio. Dal 1976 è affidata ai Rosminiani la parrocchia di Isola Capo Rizzuto, in provincia di Crotone. Essa, docile al suggerimento del Padre Fondatore di espletare le tre forme della carità (spirituale, intellettuale, materiale), esplica una importante attività pastorale nella assistenza agli immigrati giunti clandestinamente da ogni parte del mondo. Nel 1986 istituì la Fraternità di Misericordia. Di notte e di giorno si verificavano sbarchi di Albanesi, di fuggitivi dala guerra del Kossovo, soccorsi e accolti, in alloggi inizialmente improvvisati. Dal 1999 l'accoglienza è stata concentrata nei Campi di Sant'Anna, spazi lasciati liberi dall'Aeronautica Militare, in tende, roulettes, contaniners. Il “S. Anna” è costituito da tre corpi: il Centro Accoglienza e Identificazione (CDA, il più grande d'Europa), il Centro Identificazione ed Pagina 4 Espulsione (CIE), il Centro Accoglienza Richiedenti Asilo (CARA). Dal 2007 la gestione è affidata alle Misericordie d'Italia, che si sono aggiudicate per due volte consecutive le gare d'appalto indette dal Ministero dell'Interno, alle quali hanno partecipato molti altri enti anche internazionali. I compiti esplicati sono accoglienza, distribuzione di vestiario, pasti tre volte al giorno mediante catering, servizi legale, sanitario, socio-pscicologico, mediazione linguistica, ludoteca per bambini, pocket money, servizio navetta per Crotone e Isola Capo Rizzuto, servizio religioso cattolico e islamico, laboratorio donne, iniziative varie culturali e sportive... Vi sono impegnati 300 operatori, con contratti sindacali, alle dipendenze della Misericordia. Ne è attuale parroco don Edoardo Scordio. Le Cronache si occupano del Centro solo in occasione di qualche sommossa (causata spesso dagli ospiti, sotto il centinaio, clandestini con reati a carico, del CIE, attualmente chiuso perchè distrutto), Dell'opera altamente umanitaria si ricorderanno i beneficiati che, giunti con gli occhi sbarrati dal terrore, potranno sperare di vedere un futuro più umano. E serberanno imperituro ricordo e riconoscenza per la “buona Italia” e i “Padri rosminiani”. Il Centro è un mirabile esempio di fattiva attuazione e concreta modalità di conciliare legalità e accoglienza. a.p. — ANNO XXVII - NUMERO 252 - FEBBRAIO 2014 — STORMI DI STORNI SULLA FERRATELLA Lo scorso mese di novembre 2013 “Comunità viva” diede un bell'esempio di fattiva collaborazione con le Autorità municipali ai fini della cura degli interessi pubblici della Ferratella. La nostra segnalazione sulle necessità di urgenti provvedimenti a favore del verde di pertinenza della Scuola “P. Sarro” è stata la buona semente sul terreno fertile della sensibilità del Servizio Giardini. Lo sfalcio del prato e la presa d'atto dell'opportunità di liberare l'intera area dalla non gradevole invasione dell'Aliantus, specie arborea infestante, dannosa e ... maleodorante, sono state infatti disposizioni amministrativamente tempestive. Il nostro mensile ha così rinnovato un ulteriore proprio ruolo informativo sulle occorrenze del Quartiere, allo scopo di sopperire all'assenza di tale funzione, non più esercitata dall'apposito Comitato, ormai da diverso tempo inattivo. Nel solco di tale fruttuosa esperienza, cogliamo l'occasione per prospettare una valutazione su recenti accadimenti ambientali che, detto con un bisticcio di parole, riguardano gli enormi stormi di storni che stanno via via assumendo l'abitudine di stazionare da noi, invadendo in forza le chiome degli alberi d'alto fusto sia del verde pubblico che privato. Per il momento lo stazionamento è limitato al solo tempo necessario per una sosta di riposo, prima di riprendere, con fantastici volteggi, il volo verso le aziende agricole, obbiettivo prediletto degli storni che intendono soddisfare i loro insaziabili appetiti. Puntuali come esattori delle tasse partono infatti per tempo al mattino, verosimilmente dall'area del laghetto dell'EUR, per dare l'assolto agi oliveti, frutteti, vigneti e campi seminati, depredandoli dei frutti pendenti e della semente. Tanto per fare un esempio dell'entità del danno arrecato, si pensi che, nel caso degli oliveti, ogni stono divora ben nove olive al giorno. Provino i miei ventiquattro lettori a moltiplicare tale quantità per le centinaia di soggetti componenti la colonia di appartenenza e di rapportare il risultato a tutti i giorni della durata del periodo di progressiva maturazione delle olive. Un danno che meriterebbe norme che tutelano simile flagello! La puntualità che detti volatili dimostrano nel recarsi al “lavoro” è confermata anche dallo scrupoloso rispetto per l'orario di ritorno, al tramonto, nei loro “dormitori” cittadini. A chi suo malgrado transita sotto le querce di Piazza dei Cinquecento potrebbe infatti capitare di scivolare sulle abbondanti deiezioni accumulatesi sui marciapiedi e finire magari al CTO. E non solo! Oltre al potere ustionante dovuto alla loro composizione chimica, detti escrementi sono anche vettori di batteri e virus infettivi, non escluso, forse, quello della temibile aviaria. “Che fare?” ripeterebbe ancora una volta Ignazio Silone, intestatario della Via ove ha sede il nostro Municipio. La Ferratella invero non versa nelle condizioni in cui si trovano i Lungo Tevere, Termini e lo stesso verde circostante il laghetto, ma una raccomandazione alle nostre sensibili Autorità la rivolgiamo ugualmente. Riteniamo infatti che le accennate, occasionali apparizioni ornitologiche debbano essere monitorate per valutare un'eventuale progressiva tendenza degli stormi di stormi ad adibire anche il nostro verde a loro indesiderabile “dormitorio”. In tale evenienza occorrerà installare anche da noi le apparecchiature foniche già funzionanti a Termini, riproducenti il verso del loro temuto nemico, il falco pellegrino, peraltro fisicamente presente nei parchi del Quartiere. Per nostra fortuna! Pietro Corona DOPO L'ANNO DELLA FEDE Vagavo, il solito tram tram della vita, erravo. Impervio il cammino spirituale era. Peccavo, mi sentivo un non peccatore. Mi sono convertito però per merito della Grazia. Scura la notte era ed ancor più scuro il muro della confusione. Poi ritrovai il percorso della fede superando l'irto cammino della vita. Non riconoscevo il sito, neppure il fine. Ma andavo, ascendevo, miglioravo. Poco alla volta. Pallida si intravedeva la luce. Il buio era superato. S'intravedeva l'aurora celestiale. Ero forte, sicuro, spiritualmente temprato. Ero nello sbocco della fede, sempre l'Onnipotente invocavo e ringraziavo per la luce, il seguito di Cristo, per, rosminianamente, “conversar con Dio... viver e morire e star con Dio...” nella potenza e nella sapienza della Croce. Giuseppe Crifò Pagina 5 — COMUNITA’ VIVA — DON GIUSEPPE MOROSINI “SANTO” Di recente, il nostro parrocchiano Dott. Antonio Molfese, ha ricevuto a Ferentino dalla nipote dell'eroico sacerdote, il “Premio Morosini”. Detto riconoscimento è conferito a studiosi che hanno mostrato interesse ed effettuato studi e pubblicazioni su don Giuseppe e il suo sacrificio. Tale è stato riconosciuto il nostro Molfese il quale, in segno di ringraziamento, ha assunto iniziative per far conoscere la figura e l'opera di don Morosini e avviare l'iter della causa di sua beatificazione e canonizzazione, diffondendo “santini” dello stesso (presenti anche nella nostra parrocchia), realizzando un filmato per illustrarne la vicenda umana e pubblicato su “Sette” del “Corriere della sera” del 20/12/2013 l'articolo di seguito riprodotto, proprio nel 70.mo di tale immane tragedia di popoli e civiltà intere. Merita di essere santo…don Giuseppe Morosini :storia di un prete soldato. di Antonio Molfese . Trasformate le vostre asce in spade e le vostre falci in lance. Anche i deboli abbiano il coraggio di combattere (Gioele,4,10). Tra le figure eroiche del martirologio italiano, che nella resistenza seppero dare alto esempio di cristianità e italica virtù, quella di Don Giuseppe Morosini, nato a Ferentino, è certamente una delle più nobili, forse la più commovente; balza nitida nel suo carattere sacerdotale e nel suo indomito amor di patria. Medaglia d’oro al valor militare, gli è stata eretta a Roma una stele a Forte Bravetta, e nella città natale gli è stato dedicato un monumento a ricordo del sacrificio. Frequentò le scuole elementari e mostrò una predilezione per la musica, in particolare amava suonare un mandolino. Dopo la permanenza in seminario, nel suo paese natale, dette l’addio alla libertà, al comodo proprio e ai capricci, ma quando durante le vacanza tornava a casa pareva un ciclone, specie quando giocava nel suo orticello tra gli alberi da frutta.Passò due anni come novizio al Collegio Leoniano di Roma; si trasferì a Piacenza al collegio Alberoni, dove ebbe compagno di studi Don Casaroli, poi divenuto cardinale. A Piacenza frequentò il conservatorio Niccolini, dove studiò pianoforte. Ordinato presbitero il Sabato Santo del 1937 da Monsignor Luigi Traglia in San Giovanni in Laterano, cantò la prima messa il giorno della Pagina 6 resurrezione nella chiesa del Collegio Leoniano. Il giorno dopo a Ferentino celebrò messa all’ altare maggiore nella chiesa madre della città, assistito dal vescovo Monsignor Alessandro Fontana. Chiamato Don Peppino dai compaesani, iniziò la sua carriera di sacerdote a tempo pieno, con i ragazzi trascorreva molto tempo in quanto egli si trovava a suo agio, e non senza motivo egli era chiamato il “sacerdote fanciullo”. Dopo lo scoppio della guerra, fu arruolato come tenente cappellano e inviato in Dalmazia. Nel 1942 fu richiamato a Roma e inviato in missione nei paesi di Abruzzo e della Sabina e lì cominciò ad aiutare i partigiani, fornendo loro aiuto materiale e spirituale. Assistette anche una banda di partigiani, Banda Fulvi, dislocata a Monte Mario, dove nelle caverne e nei nascondigli celebrava messa. Don Morosini, sempre più impegnato nella lotta partigiana, procurava armi, munizioni, false identità e carte topografiche del territorio relative alla linea di fortificazione GUSTAV,- dal fiume Garigliano al Sangro passando per Cassino-, organizzata per contrastare l’esercito alleato che avanzava dal meridione. Dopo alterne e drammatiche vicende, in seguito a delazione, fu arrestato dalla Gestapo di Herbert Kappler e rinchiuso a Regina Coeli nel braccio militare tedesco. Durante la prigionia un ufficiale della Guardia Nobile di Sua Santità, Principe Enzo di Napoli Rampolla, si prodigò per farlo rilasciare, ma il tentativo fu vano. Per evitargli la fucilazione fu coinvolto inutilmente Il Professor Francesco Bonfiglio, direttore dell'ospedale psichiatrico provinciale di Roma. Nonostante l’intervento del Papa Pio XII presso Hitler, tramite l’ambasciatore tedesco presso la Santa Sede, il tribunale germanico e Albert Kesserling, comandate militare della zona , non concessero la grazia. A forte Bravetta il 3 Aprile 1944 fu fucilato alle spalle, e Monsignor Traglia, in seguito nominato Cardinale, lo assistette amorevolmente durante il triste evento. Il plotone di esecuzione unanimemente ritenne di non colpire il condannato, per cui l’ufficiale responsabile, dovette provvedere di persona con un colpo di pistola a porre fine alla vita del condannato, con lo sconforto dei bambini dell’oratorio, unici spettatori. La salma fu tumulata in incognito al Verano e ritrovata grazie ad uno stratagemma dello stesso Cardinale Traglia, che accompagnò il feretro nel 1954 per la tumulazione nella Cappella del Sacrario delle vittime militari nella chiesa di Sant’Ippolito in Ferentino. Lunedi santo 3 Aprile 1944 “ l’aurora che sorge sui colli di Roma appare più rossa, perché tinta del sangue di un martire in più”. Don Giuseppe Morosini, luminosa figura di soldato di Cristo e della Patria, merita di DIVENTARE SANTO. Antonio Molfese Medico giornalista [email protected] Ricordo in occasione dei cento anni dalla nascita. — ANNO XXVII - NUMERO 252 - FEBBRAIO 2014 — 710° della nascita e 640° della morte di F. Petrarca Arqua’ Petrarca : tra natura e poesia. Le nebbie non sono ancora svanite completamente anche se il sole è già alto. Il tergicristallo cigola ritmicamente sul parabrezza, l'umidità di questa valle è proverbiale, favorita peraltro dal sobbollire del terreno di tutta la zona termale. In un gioco di marce, l'auto percorre la lieve salita del colle, 5 km. sono sufficienti a far sì che, raggiunto il poggio, la coltre di bianca nebbia si dissolva, ed Arquà Petrarca ti appaia in tutta la sua straordinaria oasi di pace. Il piccolo borgo di case chiare è ancora intatto, fermo nel tempo e con un lentissimo ritmo di vita che desta nel visitatore un ricordo di terre lontane, reminiscenze di giovanili letture. L'abitato si raccoglie intorno ad una erta via fatta di mattoni rossi, quasi un pavé ove le fessure tra sasso e sasso testimoniano quanto il tempo e lo scorrere delle acque piovane abbiano lavorato per separare le une dalle altre. Lasciata l'auto presso la piccola piazza, con naturalezza inspiri profondamente quasi ad immagazzinare nei polmoni ossigeno per il proseguo della salita. Un paio di case contadinesche occhieggiano mimetizzate tra muri e cancellate, il verde non è molto, qualche macchia, e cosa che sorprende, qualche castagno che si erge più in alto di tutti gli altri alberi. Uno scompaginato nucleo bandistico, in piazza, suona una marcetta militare, è giorno di festa. Un trombone, un tamburo, un clarino, una trombetta, è tutto. Le divise pur pulite denunciano gli anni, i bottoni trovano asilo nelle asole con facilità, i fiocchi e le trine dorate hanno perduto in lucentezza. Comunque si avverte, senza retorica alcuna ed in ogni momento, quello spirito di solidarietà che anima le piccole comunità non ancora contagiate dagli egoismi della società consumistica dei giorni d'oggi. Tra questi colli si sente in modo tangibile che ciascuno è sempre pronto ad aiutare gli altri: e ciò è molto importante. Ed in aiuto ci viene subito e spontaneamente la custode della casa-museo ove Petrarca visse gli ultimi suoi anni: si ritirò infatti in Arquà nel 1370, dopo una vita intensa, fatta di viaggi, studi, lavori letterari, politici, e mondani. Attraverso un piccolo giardino, il cui sentiero porta alla loggia che immette all'ingresso della casetta entriamo per visitare il piano terra dell'abitazione. E' la parte dove il poeta passava ben poco tempo trattandosi di una ampia cucina ed ove avvenivano gli incontri con i contadini che discutevano sui raccolti dei terreni adiacenti. Al centro è disposto un grande tavolo a vetrina ove sono raccolte le prime ristampe delle sue epistole metriche, un'antica edizione del poema latino: l'Africa, che celebra le gesta di Scipione durante la seconda guerra punica, ed opere di rara erudizione, di alta meditazione e morale, oltre che scritti sulla politica di quel tempo cui partecipava col cuore e con il pensiero. Si scorge una copia riprodotta del “Secretum” ove dialoga con S.Agostino alla presenza di una donna muta che raffigura la Verità. Quei 3 libri scritti tra il 1347 e il 1353, che trattano nel primo il “male” in generale ed ove figura la sua malattia come la “voluptas dolendi.” Nel secondo le sue passioni, ovvero l'accidia che lo tormenta. Nel terzo l'amore per Laura e la gloria considerata la colpa che gli impedisce di raggiungere l'equilibrio spirituale. Laura è paragonata al lauro, simbolo di vittoria poetica e gioca sul nome Laura scambiandolo con l'aura nel sonetto:”Erano i capei d'oro e l'aura sparsi.” Varie sono comunque le edizioni del “Canzoniere”, le liriche che cantano l'amore per Laura e ne narrano la sua splendente ed incorruttibile bellezza. Conobbe questa dama ad Avignone, allora sposa di Ugo de Sade, e ne seppe apprezzare gli ardori, le speranze, i sorrisi, i rotti sospiri, le dolci lacrime e gli scoraggiati abbandoni. Nella sua poesia c'è un'arte di rara potenza che però fece dell'irrequieto Petrarca un insoddisfatto della vita, combattuto tra le abitudini mondane ed il desiderio di solitudine. Quella solitudine che lui cercò e trovò in questo borgo padovano e che scopriamo ancor più quando saliamo al piano superiore di questa villetta ove è visitabile la sua camera, oggi disadorna, anche se una pregevole trifora che guarda il giardino sottostante basta a rendere ricco questo ambiente, e dove una sala rettangolare, con un soffitto a cassettoni, rifatto dopo la morte del poeta, si apre ad una finestra con vetri cattedrali, spessissimi, congiunti tra loro in lega di piombo, di un intenso color blue, e che fanno intravedere i filari di viti lungo le fascie collinari sottostanti. Nell'adiacente studio è esposta una stampa della Valchiuse ove egli visse anni da eremita, e che oggi ha stretto un gemellaggio con Arquà. Non accessibile è un piccolo verone ove è custodita la poltroncina sulla quale Petrarca reclinò il capo alla vigilia del suo settantesimo compleanno, intento a leggere un'ode di Virgilio, ed ove in una piccola libreria traforata, sistemata al lato della stessa, la tradizione vuole che sia stata trovata, in una scatolina, “ senza essere stata mostrata da lui a Pagina 7 — COMUNITA’ VIVA — persona” la canzone alla Vergine che fu poi posta quasi a chiusura del “Canzoniere”. “ Vergine bella, che di Sol vestita, coronata di stelle, al Sommo Sole piacesti sì, che in te sua luce ascose, amor mi spinge a dir di te parole: ma non so 'incominciar senza tu 'aita, e di Colui, ch'amando in te si pose.” Con questa preghiera Petrarca descrive tutta la sua fede ed ammirazione per la Madre celeste che definisce ad ogni capoverso: bella, saggia, pura, benedetta,santa,gloriosa,sola al mondo,dolce e pia, chiara, sacra et alma, tale terra, d'alti sensi, tutta speranza, di sante lacrime, umana, unica e sola, e chiude con l'invocazione...”raccomandami al tuo figliol che accolga il mio spirito ultimo in pace.” E quanto è scritto,in latino, sul sarcofago che conserva le sue spoglie ci lascia ancor più intimiditi. “Questa pietra ricopre le fredde ossa di Francesco Petrarca, accogli o Vergine Madre, l'anima sua, e tu figlio della Vergine perdona. Possa essa, stanca della terra, riposare nella rocca celeste,” Un sommesso chiacchierio, fa sì che l'orologio attiri la nostra attenzione: le dodici e trenta. La S. Messa è finita, la gente torna a casa. Un chierichetto con ancora la cotta indossata, corre a perdifiato lungo la discesa. Lontano, la banda strimpella le ultime note, l'auto, a motore spento, scende veloce lungo la via percorsa in precedenza, le parole non le trovi né le vuoi cercare, pochi attimi ancora e tutt'intorno sarà nuovamente un silenzio pastorale. Sanguineti Maria Teresa. POESIE ANIMALI DA CIRCO Animali da spettacolo, addomesticati a dovere per la gioia del pubblico, per la gioia degl'incassi. Tenuti a dieta bilanciata devono guadagnarsi il pasto! Animali in divisa per divertire chi spesso è più animale di loro. Che bravi animali, così agili, dentro la gabbia d'un circo! Ah, se potessero parlare, sarebbe davvero un comizio. Allo schioccare di una frusta il cucciolo di leone salta nel cerchio di fuoco. La folla divertita applaude e tra un numero e l'altro gli animali del circo sfilano danzando e fischiando un sonetto, poi s'incamminano sul filo d'acciaio mostrando i denti. Ma tutto questo non basterà! C'è sempre l'esigenza di novità, un numero ancora più strabiliante: ecco il salto dell'elefante trapezista, che senza rete e senza lodi, vola giù! Intanto, la gente applaude entusiasta e ignara che il circo sia come lo zoo: una gabbia dove gli animali sanno solo che la libertà è un sogno dietro le sbarre. CACCIATORE DEL NORD La notte è cupa e sembra di essere ai confini del mondo dove c'è solo il ghiaccio, di rado s'intravede qualche orso polare, una foca o un pinguino, e non si vedono predatori. L'inverno sembra eterno, così, anche la notte a malapena vede la luna; qui regna il grande silenzio, solo il vento sibila e il freddo ti accarezza cercando di prenderti l'anima. Non ho scelto di essere cacciatore però non voglio essere una preda, la notte è lunga, sono solo e non so cosa accadrà. Uccido per sopravvivere, anche se so che il cibo e il gelo sono la mia vita e la mia morte, prima o poi la notte giungerà. Io sono qui tra i ghiacciai dei nord sempre pronto a cacciare un futuro ancora buio. "Intanto seguo le orme di un orso, dimenticandomi l'esistenza del sole". Maurizio Lai Notiziario della Parrocchia Spirito Santo alla Ferratella - Padri Rosminiani Direttore Responsabile: Don Vito Nar din Direttore editoriale: Don Michele Paler mo Redazione: C.Fucelli Pessot del Bò - A.Pillucci Progetto grafico: A.Cerroni Reg. Tribunale di Roma: n°565 del 03.10.1990 - Stampa in proprio - Distribuzione gratuita
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