Attivo RLS FISAC Torino e Piemonte 28 maggio 2014

Attivo RLS FISAC Torino e Piemonte 28 maggio 2014 L’attivo si è aperto ringraziando tutti/e gli/le RLS della Fisac Piemonte. Grazie alla loro partecipazione e al loro spirito di iniziativa, la Cgil confederale di Torino e del Piemonte riconosce alla nostra categoria una buona sensibilità in materia di Salute e Sicurezza sul lavoro. Lo dimostra – anche -­‐ la partecipazione di un compagno della Fisac Piemonte, Tommaso Del Tito, nella delegazione della Cgil Torino che si è recata a Roma per la sentenza di Cassazione sulla Thyssen. Si è ritenuto necessario un attivo degli RLS per fare il punto della situazione, soprattutto per raccontarci cosa succede nelle aziende bancarie alla luce della disdetta dell’Accordo Abi e, possibilmente, trovare una linea d’azione comune. Non solo per le banche ma per tutti i nostri settori, ci sarà poi da valutare l’impatto del Decreto del FARE. ::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::: DISDETTA ACCORDO ABI SU SALUTE E SICUREZZA Al momento la situazione è in sospeso. La disdetta non è stata ritirata, neanche nella forma blanda con cui è stata ritirata la disdetta del CCNL del Credito. Ci sono stati due interpelli (uno di parte sindacale e uno congiunto con Abi) alla Commissione Nazionale prevista dall’art. 12 del Decreto 81 (Commissione che è preposta a dirimere controversie in merito all’applicazione della normativa). La risposta tarda ad arrivare e, nel frattempo, Abi ha diramato una circolare alle sue associate, ribadendo la disdetta sia dell’Accordo Nazionale del 1997 sia degli Accordi Aziendali. Tuttavia, da parte delle banche non sembrerebbero esserci grandi pressioni tese a limitare l’operatività degli/delle RLS. Le aziende stesse sono piuttosto consapevoli di essere in una situazione delicata: se dovesse succedere qualcosa (scongiuri!) in presenza di disdetta o di azioni di contrasto agli/alle RLS, potrebbero trovarsi nei guai. Quindi, quasi tutte usano il guanto di velluto. PANORAMICA DELLE AZIENDE (senza fare nomi) Alcune aziende avrebbero addirittura detto alle OO.SS., senza metterlo per iscritto, che per loro è tutto come prima….. Altre non l’hanno detto ma lo praticano….. Altre sono un po’ più rigidine, ma con episodi che parrebbero circoscritti. Ad esempio alcune pretendono che, nella segnalazione del permesso, l’RLS indichi il motivo della missione. Irritante, ma se per il resto lasciano vivere…. Ci sono anche esempi di elevata sensibilità ai temi di Salute e Sicurezza, con tanto di certificazione di qualità Iso, diritto alla visita psicologica post-­‐rapina, ergonomia delle postazioni di lavoro, accordi con le Prefetture per Protocolli antirapina, questionari sullo stress lavoro correlato….si tratta in genere di felici esempi molto legati alla lungimiranza di alcuni responsabili del personale: infatti in queste aziende i giorni di malattia diminuiscono…. In alcune situazioni i nostri RLS di riferimento sono andati in pensione o in Fondo Esuberi e non siamo più coperti. In realtà dove ci siamo insediati da poco, abbiamo riscontrato cose ‘amene’, tipo una RLS che era la Segretaria della Direzione… In alcune aziende esterne, a cui le banche avevano appaltato lavorazioni, c’erano lavoratori chiusi dentro gli stabilimenti. Sì avete letto bene, grazie all’intervento dei nostri RSA questa follia ottocentesca è cessata! ….TORNIAMO ALLA DISDETTA ABI? Ricordiamo che, in assenza di accordi di categoria, il Decreto 81/2008 dice che l’RLS deve disporre del tempo necessario per lo svolgimento della propria mansione. Con una interpretazione estensiva della norma, si potrebbe addirittura affermare che, in assenza di accordo, l’RLS è titolato ad usare tutte le ore che ritiene, anche oltre le 50 previste dall’accordo disdettato. Sappiamo però che il Decreto 81 rimanda la quantificazione del tempo necessario ad un accordo. E’ ragionevole ipotizzare che un Giudice, se fosse chiamato ad esprimersi, finirebbe per cercare comunque un qualche accordo a cui riferirsi, per quantificare il ‘tempo necessario’. A tal proposito, esiste un accordo interconfederale del Maggio 1996 che regolava e normava le ore di permesso RLS nelle pubbliche amministrazioni. Per la sua natura interconfederale, può ben essere applicato a tutte le categorie. Detto accordo regola le ore a disposizione dell’RLS in 40 annue. Come Dipartimento suggeriamo la logica del buon senso, cercando di rimanere entro tali limiti finché lo scenario nazionale sarà meno nebuloso. Riepiloghiamo velocemente i principali nodi del contendere con Abi: • la parte datoriale vorrebbe modificare il modo di conteggiare gli RLS, usando come riferimento l’ambito regionale, il che si tradurrebbe in una loro diminuzione: inaccettabile • la parte datoriale vorrebbe anche superare il concetto di RLS aziendale per passare all’RLS interaziendale su base territoriale (nelle loro intenzioni, su base provinciale), un po’ sul modello dell’RLST (Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza Territoriale), figura presente nell’artigianato. Su questo le OO.SS. sono disponibili a confrontarsi, ma in un’ottica di razionalizzazione e non di riduzione dei costi, e fermo restando il diritto degli RLS e dei lavoratori ad essere pienamente garantiti. E, come base territoriale di riferimento, preferiremmo comunque l’ambito comunale. Tra l’altro, questa questione era uno dei quesiti posti alla Commissione Nazionale a cui, più sopra, si faceva riferimento • Abi vorrebbe limitare il numero degli RLS che partecipano agli incontri annuali, creando delle delegazioni ad hoc: impossibile, il diritto dell’RLS a partecipare all’incontro è sancito dalla legge, non sarebbe neanche potestà delle OO.SS. limitarlo (facciamo finta che non esista il maledetto art. 8 di Sacconi che permette le deroghe in pejus…) A livello di Fisac Nazionale, la delega in materia risulta assegnata al compagno Fabio Alfieri (Segreteria Nazionale, provenienza Montepaschi, Fisac Toscana) con il quale abbiamo già avuto i primi contatti. ::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::: DECRETO DEL FARE ovvero LEGGE 9 agosto 2013, n. 98 Conversione, con modificazioni, del decreto-­‐legge 21 giugno 2013, n. 69 “Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia” Tale Legge ha di fatto depotenziato il Decreto 81/2008, in nome del dogma della semplificazione. Per i nostri settori (tutti quanti: banche, assicurazioni, esattorie…) il punto che rischia di avere maggiori conseguenze è quello in cui, all’art. 29 del Decreto del FARE, si prevede che le aziende considerate a basso rischio possano essere esentate dalla presentazione del DVR (Documento Valutazione Rischi), potendosi regolarizzare con una semplice autocertificazione. Una pura sciocchezza, che dimostra il cedimento dei nostri parlamentari alle lobbies datoriali. Dovranno essere predisposte apposite tabelle per individuare le aziende a basso rischio, ma sappiamo che il criterio sarà quello del numero di infortuni. E noi siamo fregati, perché l’infortunio tipico del nostro lavoro consiste nell’evento rapina, ma non siamo mai riusciti a convincere i colleghi a recarsi al pronto soccorso per la verifica degli esiti post-­‐traumatici. Quindi i nostri settori sono ufficialmente a infortuni zero (escludendo l’evento estemporaneo possibile dappertutto) e noi saremo sicuramente classificati come lavoratori a basso rischio. ……a proposito di rapine…… L’ABI si sta vantando di un calo vertiginoso nel numero di rapine (addirittura si parla di meno 80%). Ma nutriamo forti dubbi che vengano conteggiate solo le rapine riuscite e non quelle tentate. Quelle solo tentate sono certo ininfluenti dal punto di vista del danno economico, non lo sono affatto per quanto riguarda la sfera psicofisica dei lavoratori coinvolti, e anche della clientela. Invitiamo tutti/e gli/le RLS a verificare con le proprie aziende affinché, nelle comunicazioni dei dati delle rapine, vengano inserite anche quelle tentate. Se non lo fanno bisogna chiederlo. Comunque, un calo di tali eventi parrebbe esserci, anche se forse non così eclatante come vantato da Abi. Abbiamo fatto alcune riflessioni in merito: questo calo è dovuto alle nuove tecnologie e all’utilizzo di mezzi che non permettono l’immediata disponibilità del contante? Secondo alcune scuole di pensiero, la non disponibilità di contante potrebbe addirittura aumentare la pericolosità della rapina, soprattutto in presenza di rapinatori improvvisati. Sarebbe interessante conoscere cosa ne pensate al riguardo. ::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::: Gli/le RLS devono essere rappresentanti sindacali? Su tale quesito, c’è sempre stata una discussione aperta. Certo l’RLS non può fare a meno di una buona preparazione tecnica, di una specializzazione. Ma si tratta di un ruolo anche sindacale, che richiede capacità di contrattazione. In Fisac Piemonte abbiamo sempre praticato e caldeggiato che gli RLS fossero anche RSA, quindi figure sindacali a tutto tondo. Adesso parrebbe che questa sia l’indicazione ufficiale della Cgil Confederale Nazionale per tutte le categorie. Si giudica in tal modo che l’RLS sia meglio tutelato, meglio corazzato a resistere ad eventuali attacchi padronali e comunque possa svolgere meglio la sua funzione. Non solo, gli interventi in materia di salute e sicurezza sono anche un ottimo argomento di proselitismo e di rafforzamento della nostra organizzazione, e anche per questo è bene ‘sindacalizzare’ queste materie. Secondo le indicazioni della Cgil Confederale di Torino, l’RLS può anche non essere direttamente RSU, ma deve essere comunque una figura sindacale (Comitato Iscritti aziendale, Direttivo Territoriale ecc.ecc.). Nei nostri settori non abbiamo RSU ma solo RSA, e quindi per noi le indicazioni sono più chiare: i due ruoli coesistono nella stessa persona. ::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::: INIDONEITA’ ALLA MANSIONE: pericoli Su questo tema abbiamo lungamente discusso, perché è un dubbio esistenziale che prima o poi si presenta nell’attività di un/una RLS. Ipotizziamo che si riesca a far certificare l’inidoneità di un/una collega a svolgere una determinata mansione: per problemi di vista, di udito (call center), di stress lavoro-­‐correlato se riusciremo ad aggredire questa patologia, ecc. Stiamo mettendo questa persona in pericolo per quando riguarda il mantenimento del posto di lavoro? La conclusione cui siamo giunti, anche analizzando le leggi vigenti, è che questo rischio è assolutamente remoto nelle aziende dei nostri settori: sono aziende grandi, con elevato numero di mansioni, è praticamente impossibile che riescano a dimostrare in Tribunale che non hanno alcuna possibilità di diversa collocazione. Altro è il discorso sulle ripercussioni che una diversa collocazione può comportare nella qualità di vita di una persona: per esempio, se la nuova mansione comporta necessariamente un trasferimento in sede molto distante dalla propria abitazione. In tali casi, occorre aiutare a bilanciare bene i pro e i contro. E’ capitato anche che qualcuno avanzi preoccupazioni per un percorso professionale che potrebbe essere danneggiato: in questo caso, l’RLS ha fatto il suo dovere e adesso il collega veda un po’ cosa vuol fare… ::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::: RESOCONTO INIZIATIVA CGIL NAZIONALE SALUTE E SICUREZZA DELL’11 FEBBRAIO 2014 a cui hanno partecipato -­‐ per la Fisac del Piemonte -­‐ i compagni Del Tito e Rostagno All’iniziativa hanno portato il loro contributo figure istituzionali di rilievo, quali Sebastiano Calleri (Responsabile Nazionale della Cgil su Salute e Sicurezza), che ha illustrato il depotenziamento dell’ottimo Decreto 81/2008 tramite il Decreto del FARE, usando la crisi come pretesto. Le nostre norme sulla salute e sicurezza vengono considerate tra le migliori al mondo ma mancano di applicazione nella quotidianità, e di conoscenza e rispetto nella cultura del nostro paese. Non esiste la consapevolezza che spendere a breve periodo porta a risparmiare nel lungo periodo, fornendo con ciò una prospettiva di sviluppo generale. Gli investimenti sulla sicurezza, dove vengono fatti, portano a risparmi ed a un aumento della produttività con un’organizzazione del lavoro differente e più efficiente. Invece i costi riparatori sono molto più alti delle spese fatte in prevenzione, su base continentale si parla del 3,5 % del Pil europeo destinato a spese connesse a incidenti e malattie sul lavoro. La direzione che si sta prendendo è pericolosa. E' assurdo che l'81/2008 non sia applicato e depotenziato. E' un costo per la società. Dove dovrebbe puntare la Cgil? Interventi sul quadro normativo che correggano fortemente le distorsioni del Decreto del FARE e delle misure legislative introdotte da Sacconi. Agire sulle funzioni dell'INAIL. Tale ente viene descritto e percepito come ente pubblico più o meno come l'Inps. Quindi con funzioni meramente assicurative (risarcimenti) mentre potrebbe e dovrebbe fare prevenzione. E’ fortemente in attivo, e si potrebbero utilizzare i fondi di cui dispone per investimenti sulla sicurezza. Aumento del personale negli organi di vigilanza, finanziato attraverso un aumento dei fondi obbligatori a favore dello Spresal fino al 5%. Revisione delle malattie riconosciute dall’Inail, con definizione di una norma che consenta l’inserimento di nuove malattie professionali, quando venga accertato il nesso causale tra lavoro e malattia (elenco aperto). E comunque maggiore elasticità nel revisionare l’elenco delle malattie professionali. Stress lavoro-­‐ correlato: in tale materia le aziende dovrebbero avvalersi di uno psicologo del lavoro. A tal proposito, si distingue come al solito positivamente la Procura di Torino, nella persona del dott. Guariniello, che ritiene valido l’analisi dello stress nel Dvr quando discenda da un questionario soggettivo, quindi somministrato a ciascun lavoratore e non a campione. In tal caso viene considerato nullo, così come le valutazioni che discendano da focus group. In tal caso l’azienda è passibile di sanzione. Oggi questa è solo la virtuosa prassi di una procura, dovrebbe diventare prescrizione legislativa. Si segnale inoltre che, nell’ambito dei questionari somministrati per la valutazione dello stress lavoro –correlato, quello proposto dall’ISPESL, fatto proprio dall’ ASL di Verona, viene considerato come parametro riferimento quasi esclusivo, nonostante i limiti e le critiche che vengono mosse. Potenziamento di un piano per l’amianto e relativa prevenzione. Formazione e prevenzione: renderle erogabili e fruibili come prevede la legge. Nuova definizione del rischio basso. Ad oggi l’unico criterio è dello del numero di infortuni (denunciati). Bisogna rivedere i criteri di definizione del rischio, considerando a tal fine anche le malattie professionali. Si stanno verificando molti problemi in seguito al depotenziamento dell’art.18 dello Statuto dei Lavoratori, come da Legge Fornero, anche per quanto riguarda la salute e la sicurezza. Licenziamenti più facili inducono ad accettare pericoli o a non denunciare malattie. La precarietà sempre più diffusa rende difficile una vera formazione, con conseguente aumento dei pericoli. Evidenziamo l’intervento della Presidente dell'Inca Franca Gasparri a proposito dei medici di famiglia. Sono molto restii a denunciare le malattie professionali e gli infortuni, e questo tra l’altro sfalsa il dato complessivo. L'Inca ha somministrato, con la collaborazione di esperti, un questionario per lo studio sanitario preventivo sugli effetti prodotti sull’intero corpo umano dalle lavorazioni. E’ bastato questo perché aumentassero del 30% le malattie professionali denunciate. C’è una enorme sottostima delle malattie professionali (tutte), a maggior ragione in un sistema come il nostro in cui inserire le nuove malattie è più complicato. Inoltre, i Medici competenti del lavoro dovrebbero essere dei funzionari pubblici indipendenti e non pagati dalle aziende. Leonelli (Direttore Generale del Ministero del Lavoro) ovviamente ha respinto le critiche al Decreto del Fare facendo un discorso su tematiche generali. Il costo del lavoro è troppo alto perciò è necessario attivare politiche che snelliscano i costi, il Decreto del Fare si propone la semplificazione, la legge va applicata ma la si è depurata dei costi aggiuntivi che potevano essere tranquillamente tolti. Il Ministero del Lavoro ha emanato un modello di Dvr semplificato che serve per ottemperare agli obblighi di legge. Sarà da attivare soprattutto nei cantieri mobili. Bisogna coinvolgere in questo gli organismi paritetici (bilateralità) affinché il decreto attuativo del FARE non diventi lettera morta. Un esempio di indagine da prendere ad esempio è stato quello effettuato dalla Cgil Friuli Venezia Giulia: nell’analizzare l’impatto degli infortuni in itinere, hanno rilevato che erano proporzionalmente più coinvolte le lavoratrici. E’ stato possibile stabilire un nesso con il maggior carico di lavoro che le lavoratrici sopportano in conseguenza delle attività di cura, e conseguente carico di ansia e stress. Da un’analisi così accurata, si possono prendere le mosse per proporre soluzioni. A cura del Dipartimento Salute e Sicurezza FISAC TORINO E PIEMONTE