Immobili

Mensile di aggiornamento e approfondimento
in materia di
immobili, ambiente, edilizia e urbanistica
Numero 15 - novembre 2014
n. 15 – chiuso in redazione il 31 ottobre 2014
Sommario
Pagina
NEWS
Ambiente, edilizia e urbanistica, immobili
5
RASSEGNA DI NORMATIVA
Leggi, decreti, circolari: sintesi e classificazione
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RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA
Ambiente, edilizia e urbanistica, immobili
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APPROFONDIMENTI
Attestato Prestazione Energetica
PER LA PAGELLA ENERGETICA I CALCOLI SONO PIÙ SEVERI.
L'attestato di prestazione energetica (Ape) resta l'eterno incompiuto. A quasi un anno e
mezzo dalla legge n. 90 del 3 agosto 2013, mancano ancora i decreti di attuazione con i
nuovi limiti da rispettare nel rilascio della targa di efficienza di case, singoli
appartamenti, uffici. Mentre a inizio ottobre è stato aggiornato il metodo di calcolo che
permette di rilevare i diversi parametri di efficienza in un fabbricato.
Silvio Rezzonico, Maria Chiara Voci, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 27 ottobre 2014
27
Attestato Prestazione Energetica
CONTROLLI «RISCRITTI» DAL DECRETO SEMPLIFICAZIONI
A quasi un anno di distanza dal decreto "destinazione Italia", sta per arrivare al
traguardo la norma che corregge i meccanismi di controllo sulla presenza dell'attestato
di prestazione energetica (Ape), così come delineati dalla normativa nazionale.
Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 27 ottobre 2014
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Rent to buy
CONTRATTO
DI
"RENT TO BUY" - DISCIPLINA
AIDC 191
FISCALE
- CHIARIMENTI
DELLA NORMA DI
COMPORTAMENTO
Con l'art. 23, D.L. 12.9.2014, n. 133, pubblicato sulla G.U. 12.9.2014 e in attesa di
conversione, il Legislatore ha dato disciplina al contratto di rent to buy. A mezzo di tale
contratto, soggetto a trascrizione nei pubblici registri, il concedente dà in godimento un
bene immobile al conduttore, il quale ha il diritto di acquistarlo entro un determinato
termine imputando al corrispettivo del trasferimento la quota parte di canone indicata
nel contratto.
Emanuele Rossi, Il Sole 24 ORE – La Settimana Fiscale, 5 novembre 2014
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L’ESPERTO RISPONDE
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Ambiente, edilizia e urbanistica, immobili
FIAIP News24, numero 15 – novembre 2014
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 Mercato immobiliare
 Sondaggio congiunturale sul mercato delle abitazioni in Italia. Luglio 2014
La Banca d'Italia ha pubblicato il Sondaggio congiunturale sul mercato delle abitazioni in Italia
relativo al secondo trimestre del 2014. Il Rapporto evidenzia che nel secondo trimestre del
2014 emergono segnali contrastanti sull’andamento del mercato immobiliare italiano. Da un
lato la quota di agenti che hanno venduto o locato almeno un’abitazione è aumentata;
l’accesso al finanziamento dell’acquisto dell’abitazione mediante mutuo è risultato più agevole;
dall’altro lato i giudizi relativi alle condizioni della domanda sono peggiorati e la quota di agenti
che hanno riportato un calo dei prezzi, pur in leggera diminuzione, rimane largamente
predominante. Le attese degli operatori, valutate rispetto a un anno prima per attenuare
l’impatto della forte stagionalità nel periodo estivo, sono migliorate con riferimento alle
tendenze di breve termine sia del proprio mercato sia di quello nazionale. Nell’orizzonte dei
due anni, tuttavia, al miglioramento rispetto all’estate del 2013 si contrappone la netta
riduzione dell’ottimismo nel confronto con la precedente indagine di aprile.
I principali risultati
Prezzi delle abitazioni – Nel secondo trimestre del 2014 la quota di agenti immobiliari che
riportano una diminuzione dei prezzi di vendita rimane largamente predominante, anche se è
diminuita al 67 per cento mentre è cresciuta l’incidenza dei giudizi di stabilità (al 32,5 per
cento dal 29,7).
Compravendite – La quota di agenti che hanno venduto almeno un’abitazione nel secondo
trimestre del 2014 è salita al 68,1 per cento, soprattutto nel comparto degli edifici preesistenti.
I giudizi relativi alle condizioni della domanda hanno invece registrato un peggioramento: il
saldo tra gli agenti che riportano un aumento e quelli che indicano invece una diminuzione dei
potenziali acquirenti è sceso a – 20,5 punti percentuali da –11,8 della precedente rilevazione.
Incarichi a vendere – Il saldo fra le risposte di aumento e di diminuzione delle giacenze di
incarichi a vendere è aumentato (a 28,4 punti percentuali da 24,8 della precedente rilevazione)
mentre quello riferito ai nuovi mandati è lievemente diminuito (a 18,1 punti percentuali).
Rimane ancora significativo il divario tra i prezzi di domanda e quelli di offerta. Nei giudizi delle
agenzie la cessazione degli incarichi a vendere continua a risentire in misura rilevante sia di
proposte di acquisto a prezzi ritenuti troppo bassi per il venditore (per il 55,1 per cento degli
operatori) sia dell’assenza di proposte a causa di prezzi ritenuti troppo elevati dai potenziali
acquirenti (per il 62,4 per cento). È invece diminuita la quota di agenzie che riconducono la
decadenza dell’incarico alla difficoltà di reperire un mutuo (al 34,2 dal 41,7 per cento).
Trattative e tempi di vendita – Il margine medio di sconto sui prezzi di vendita rispetto alle
richieste iniziali del venditore è rimasto sostanzialmente stabile (16 per cento), al pari del
tempo medio che intercorre tra l’affidamento del mandato e la vendita dell’immobile (9,4
mesi).
Modalità di finanziamento degli acquisti – La quota di acquisti finanziati con un mutuo
ipotecario è rimasta pressoché invariata intorno al 63 per cento. Il rapporto tra prestito e
valore dell’immobile, in graduale aumento nei quattro trimestri precedenti, ha segnato un
nuovo rialzo (al 62,1 per cento, dal 61,5).
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Locazioni – L’83,8 per cento delle agenzie ha dichiarato di avere locato almeno un immobile
nel secondo trimestre del 2014 (81,6 per cento nel trimestre precedente). Tra queste è
lievemente aumentata l’incidenza delle agenzie che hanno segnalato un aumento dei canoni di
locazione (al 2,4 per cento dallo 0,9). Il saldo negativo tra le attese di rialzo e di ribasso dei
canoni nel trimestre in corso si è lievemente attenuato (da 56,6 punti percentuali a 55,3). Il
margine medio di sconto sui canoni rispetto alle richieste iniziali del locatore è rimasto
all’incirca invariato (al 7,7 per cento). I nuovi incarichi a locare vengono segnalati come stabili
dal 61 per cento degli operatori (Tavola 9), mentre il saldo positivo fra le risposte in aumento e
in diminuzione si è pressoché annullato (0,4 punti percentuali da 5 nella precedente
rilevazione).
Le prospettive del mercato in cui operano le agenzie – Le attese degli agenti immobiliari
sulle tendenze a breve termine del proprio mercato di riferimento, pur in peggioramento
rispetto alla precedente rilevazione per la stagionalità che influenza le valutazioni relative al
periodo estivo, risultano assai meno pessimistiche nel confronto con la rilevazione dello stesso
periodo del 2013: il saldo negativo fra aspettative favorevoli e sfavorevoli si è ridimensionato a
–26,9 punti percentuali da –43,5 un anno prima (Tavola 10). Il saldo sulle attese sui nuovi
incarichi a vendere, anch’esso in flessione rispetto alla precedente indagine, si attesta su livelli
comparabili con quelli dello stesso periodo dell’anno scorso (4,2 contro 6,1 punti percentuali).
Continua a prevalere tra gli operatori l’orientamento al ribasso circa le tendenze dei prezzi: la
quota che ne prevede una diminuzione nel trimestre in corso è salita al 55,8 per cento,
compensata dalla riduzione di quella degli agenti che indicano attese di stabilità (al 43,6 dal
46,3 per cento).
Le prospettive del mercato nazionale delle compravendite – I giudizi sulle prospettive a
breve termine nel mercato nazionale, valutati sempre rispetto a un anno prima per rimuovere
gli effetti della stagionalità del periodo estivo, denotano un’attenuazione del pessimismo degli
operatori: il saldo fra attese di miglioramento e peggioramento è sceso a –34,3 punti
percentuali contro il –53,3 della scorsa estate. Le prospettive su un orizzonte di medio termine
(due anni), in miglioramento rispetto a un anno prima, segnalano tuttavia una netta riduzione
dell’ottimismo rispetto a quanto riscontrato in aprile.
(Il Sole 24ORE – Tecnici24, 15 ottobre 2014)
 Mercato immobiliare in calo, ma tengono le grandi città
Nuovo calo del mercato immobiliare italiano: dopo il risultato positivo dei primi tre mesi
dell’anno, dovuto agli effetti del nuovo regime fiscale in materia di imposte di registro,
ipotecaria e catastale, il secondo trimestre del 2014 segna una flessione pari al 3,6% rispetto
allo stesso periodo del 2013. Risalgono, in controtendenza, le compravendite degli immobili
industriali (+10,3%) e delle abitazioni nelle città capoluogo (+1,8%), dove spiccano i rialzi di
Firenze, Bologna, Genova, Palermo, Milano e Roma. In generale, la flessione è contenuta nel
settore residenziale, che perde solo l’1% rispetto al secondo trimestre dell’anno precedente,
mentre si registrano cali superiori al 5% nel settore commerciale (-5,1%), nel terziario (6,9%) e nelle pertinenze (-5,1%). E' il quadro che emerge dall'analisi della Nota trimestrale
pubblicata dall’Osservatorio del mercato immobiliare dell’Agenzia delle Entrate.
(Il Sole 24 ORE – Tecnici24, 23 ottobre 2014)
 Immobili

Fondo di garanzia «prima casa»: disciplina
Il DM 31.7.2014 (G.U. 29.9.2014, n. 226) contiene la disciplina del Fondo di garanzia «prima
casa», ex art. 1, co. 48, lett. c), L. 27.12.2013, n. 147.
FIAIP News24, numero 15 – novembre 2014
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Si precisa che tale Fondo di garanzia è istituito presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze
per la concessione di garanzie, a prima richiesta, nella misura massima del 50% della quota
capitale, tempo per tempo in essere, su mutui ipotecari o su portafogli di mutui connessi
all’acquisto ed agli interventi di ristrutturazione ed accrescimento di efficienza energetica di
unità immobiliari, situate in Italia, da adibire ad abitazione principale del mutuatario, con
priorità per l’accesso al credito da parte delle giovani coppie o dei nuclei familiari
monogenitoriali con figli minori, da parte dei conduttori di alloggi di proprietà degli Istituti
autonomi per le case popolari, comunque denominati, nonché dei giovani di età inferiore a 35
anni titolari di un rapporto di lavoro atipico, ex art. 1, L. 28.6.2012, n. 92.
Nello specifico, il decreto determina: l’attuazione dell’intervento pubblico e la gestione del
Fondo; le operazioni ammissibili alla garanzia del citato Fondo; i soggetti finanziatori; la
natura, la misura e l’intervento della garanzia nonché l’ammissione ad essa; l’obbligo di
restituzione del mutuatario e la sua responsabilità nonché la surrogazione legale; la procedura
per la dichiarazione di inefficacia e di decadenza della garanzia; le risorse finanziarie del
Fondo; l’operatività della garanzia dello Stato; la contribuzione di Regioni e Province autonome
e di altri enti ed organismi pubblici.
(Il Sole 24 ORE – Tecnici24, 22 ottobre 2014)

Sui pannelli solari l'assemblea può solo stabilire le modalità
L'assemblea non può negare l'autorizzazione a un condomino di installare sul tetto comune
dell'edificio i pannelli solari per la produzione di energia a suo uso personale. Può solo limitarsi
a prescrivere adeguate modalità alternative di esecuzione dell'intervento, se questo comporta
la modifica delle parti comuni, o a imporre le opportune cautele a salvaguardia delle stabilità,
della sicurezza o del decoro architettonico dell'edificio: il tutto con una delibera che deve
essere approvata con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti in
assemblea e i due terzi del valore dell'edificio. Con le stesse maggioranze può decidere sulla
ripartizione dell'uso delle parti comuni interessate dalla posa dei pannelli solari, nel caso in cui
più condomini ne facciano contestuale richiesta. Lo ha chiarito il tribunale di Milano che, nella
sentenza 11707 del 7 ottobre scorso, ha applicato le disposizioni dell'articolo 1122-bis del
Codice civile, introdotto dalla riforma del condominio (legge 220/2012).
Il caso è stato sollevato da un condomino, che aveva impugnato la decisione con cui
l'assemblea gli aveva vietato – sulla base di generiche e non provate problematiche inerenti la
lesione del decoro architettonico e della stabilità dell'edificio condominiale – di posizionare sul
tetto comune i pannelli fotovoltaici a proprio uso esclusivo. L'articolo 1122-bis del Codice civile
concede la possibilità al condomino, tra l'altro, di installare pannelli solari senza necessità di
ottenere il preventivo consenso dell'assemblea, sulla falsariga di quanto disposto dall'articolo
1102, comma 1, del Codice civile, di cui l'articolo 1122-bis costituisce ipotesi applicativa.
L'intervento deve però essere eseguito in modo tale da arrecare il minor pregiudizio possibile
sia alle parti comuni dell'edificio, sia alle unità immobiliari di proprietà dei singoli condomini.
Tanto che l'articolo 1122-bis, al comma 3, impone al condomino di interpellare l'assemblea
solo qualora le opere che intende eseguire comportino delle modificazioni delle parti comuni
interessate dai lavori, obbligandolo a indicare all'amministratore il «contenuto specifico» degli
interventi e le «modalità» con cui vuole porli in essere. L'assemblea, pertanto, è chiamata a
intervenire solo quando l'impianto voluto dal condomino renda necessario modificare le parti
comuni condominiali.
In questo caso, si applica l'articolo 1102 del Codice civile, secondo cui ciascun condomino può
servirsi della cosa comune purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri
partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. Senza interpellare l'assemblea, il
condomino è dunque legittimato a installare, in base all'articolo 1122-bis del Codice civile, un
proprio impianto per la produzione di energia da fonti rinnovabili.
Nel caso esaminato, il giudice milanese ha ritenuto che il comportamento dell'assemblea,
negando al condomino il consenso all'installazione dell'impianto fotovoltaico, abbia esercitato
una facoltà non consentita dalla legge e abbia violato il diritto soggettivo di un condomino
all'utilizzo delle parti comuni. Il tribunale ha quindi dichiarato l'invalidità della delibera
dell'assemblea.
(Augusto Cirla, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 27 ottobre 2014)
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 Dal regolamento l'obbligo di pagare tutti gli arretrati
La regola generale stabilita dall'articolo 63, disposizione attuazione Codice civile prevede che
«chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei
contributi relativi all'anno in corso e quello precedente». Ci si può chiedere se il condominio
possa difendersi da eventuali insolvenze prevedendo una diversa e più restrittiva
regolamentazione relativa agli oneri che si possono porre a carico di chi subentra, e se per
converso il subentrante debba prestare particolare attenzione al regolamento contrattuale o
possa, viceversa, limitarsi a fare affidamento sul disposto dell'articolo 63.
Per rispondere al quesito occorre anzitutto ricordare che sia la Cassazione civile (24654/2010)
che più recentemente il Tribunale di Torino (2821/2013) hanno ritenuto che «l'articolo 63,
comma 2, delle Disposizioni di attuazione del Codice civile, non sia norma a garanzia
dell'acquirente atta a limitare un obbligo che in assenza della stessa esisterebbe comunque,
ma una norma posta a tutela del condominio, volta ad attribuire a quest'ultimo un debitore
solidale cui, in forza, dei principi generali che regolano la materia, non avrebbe diversamente
potuto rivolgersi». In sostanza, il condominio può perfettamente (e lecitamente) tutelarsi
prevedendo con regolamento (ovviamente contrattuale, cioè accettato da tutti i condòmini) che
chi subentri nei diritti di un condòmino "uscente" debba farsi carico di tutte le spese
condominiali ancora dovute al momento del subentro dal suo dante causa.
Chi subentra dovrà avere l'accortezza, per evitare di trovarsi esposto ad una azione di
recupero del credito per l'intera morosità da parte del condominio, di verificare quale sia il
debito esatto ancora a carico del venditore, e comunque se di tale debito gli si possa fare
carico (al di là dei limiti previsti dall'articolo 63 delle Disposizioni di attuazione) grazie alla
previsione del regolamento contrattuale.
Il problema, in particolare, si può porre qualora il passaggio di proprietà avvenga in seguito ad
una azione esecutiva immobiliare, ed al successivo decreto di assegnazione giudiziale
dell'immobile. In questo caso, è infatti molto probabile che chi si veda vendere l'alloggio
all'asta abbia trascurato di pagare un importo considerevole di spese condominiali, il cui
pagamento in presenza di una clausola del regolamento contrattuale condominiale potrebbe
essere richiesto proprio all'assegnatario dell'alloggio. È quanto avvenuto nel caso risolto dal
Tribunale di Torino, con la sentenza 2821/2013, ove il condominio si era avvalso della
seguente clausola del regolamento: «In caso di trasferimento di proprietà, al nuovo
proprietario spetterà l'obbligo di pagamento di tutte le spese scoperte e di quelle in corso
relative ai locali acquistati» per ottenere una ingiunzione di considerevole importo nei confronti
dell'assegnatario. A tale ingiunzione aveva proposto opposizione il subentrante, con domanda
che tuttavia era stata respinta, avendo ritenuto il Tribunale la perfetta validità della clausola
del regolamento contrattuale in forza del quale aveva agito il condominio.
In sintesi
LA NORMA
La regola generale
L'articolo 63 del codice civile prevede che «chi subentra nei diritti di un condominio è obbligato
solidamente con questo al pagamento dei contributi relativi all'anno in corso e quello
precedente»
LA TUTELA
Regolamento condominiale
Secondo quanto stabilito dalla Cassazione civile, la norma è a garanzia dell'acquirente ma
anche a tutela del condominio, che con il Regolamento condominiale può difendersi con
esplicito obbligo al pagamento di somme pregresse
(Enrico Morello, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 28 ottobre 2014)

Vendita forzata senza attestato «verde»
L'attestato di prestazione energetica (Ape) non occorre per i trasferimenti immobiliari disposti
con provvedimenti dell'autorità giudiziaria in procedure di vendita forzata: è quanto sostenuto
dal Consiglio nazionale del notariato nello studio 263-2014/C, intitolato «Vendita forzata e
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attestato di prestazione energetica».
Nello studio si osserva che la disciplina della certificazione energetica, contenuta nel Dlgs
192/2005, origina dalla necessità di dare attuazione a quanto prescritto dalla normativa
europea che, perseguendo una maggiore efficienza energetica degli edifici sul territorio degli
Stati membri, è certamente rivolta a disciplinare la circolazione dei beni immobili mediante
un'attività contrattuale, lasciando invece al diritto interno dei singoli Stati la regolamentazione
della materia in termini di procedimenti giudiziari.
Nel nostro ordinamento, la vendita coattiva per l'attuazione di un diritto di credito insoddisfatto
è tradizionalmente regolata da una disciplina speciale: quanto al contenuto, alla forma, ai
mezzi di impugnazione e alla stabilità del provvedimento giudiziale che la attua; pertanto, una
disciplina destinata a regolare una vendita negoziale e a sanzionare una sola o entrambe le
parti di una compravendita consensuale non può considerarsi automaticamente applicabile ad
essa, in assenza di espressi e inequivocabili indici normativi.
Ebbene, né nell'originaria formulazione dell'articolo 6 del Dlgs 192/2005 né nelle riformulazioni
che si sono succedute, fino a quella attualmente vigente sarebbero rinvenibili sicuri indici della
volontà del legislatore nazionale di attrarre e includere nella disciplina prevista (e
adeguatamente sanzionata) anche le vendite forzate attuate a mezzo di decreto di
trasferimento.
La legge in effetti obbliga all'allegazione dell'Ape agli «atti di trasferimento a titolo oneroso» e
quindi utilizza un'espressione che allude ad atti di natura contrattuale. Inoltre, esistono diversi
indizi nel senso della non estensione alle vendite forzate giudiziali degli obblighi e delle
sanzioni previsti Dlgs 192/2005:
a) il riferimento espresso a una «clausola» contenente una certa dichiarazione dell'acquirente;
b) il riferimento espresso al "contratto" a proposito dell'obbligo di allegazione;
c) il principio di legalità e tipicità delle sanzioni amministrative in generale e, quindi, la loro non
estensibilità a soggetti diversi da quelli indicati nella norma di legge (vale a dire le parti
contraenti del contratto di compravendita) le quali, però, nel caso di vendita forzata, non
possono ritenersi in alcun modo responsabili del contenuto del provvedimento del giudice con
cui viene effettuato il trasferimento (in forma di decreto).
(Angelo Busani, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 29 ottobre 2014)

Vendita simulata, le prove difendono dal redditometro
La compravendita simulata di un immobile, se adeguatamente provata dall'acquirente, può
proteggere dal redditometro. Anche se, infatti, la sottoscrizione di un atto pubblico contenente
la dichiarazione di pagamento di una somma di denaro per l'acquisto di un immobile (o di un
altro bene) può costituire per l'ufficio elemento utile a determinare un maggiore reddito
posseduto in capo all'acquirente, quest'ultimo può sempre fornire la prova contraria –
mediante documentazione – in merito alla circostanza che l'atto di vendita stipulato ha in
realtà natura gratuita.
Accade, infatti, spesso, che alcuni contribuenti, soprattutto nell'ambito familiare e per
l'acquisto di immobili, stipulino un contratto di compravendita dissimulando un atto di
donazione per diverse ragioni.
Alcuni, in particolare, scelgono la compravendita simulata di un immobile piuttosto che la
donazione a titolo gratuito a causa della difficoltà di accesso al credito bancario.
Se sotto il profilo civilistico può essere opportuno stipulare una vendita in luogo della
donazione, dal punto di vista tributario ciò potrebbe causare dei problemi giacché per
l'amministrazione finanziaria, nell'ambito dell'accertamento sintetico, sussiste un indice di
capacità contributiva in capo all'acquirente derivante dall'avvenuto acquisto (anche se
apparente) del bene.
In particolare, in base alle vecchie regole applicabili agli accertamenti sintetici fino al 2008,
l'ufficio considerava la spesa come incremento patrimoniale, e lo contestava nella misura di un
quinto nell'anno dell'effettuazione e nei quattro precedenti. Dal periodo di imposta 2009 in poi,
invece, l'ufficio attribuisce l'intero importo versato nell'anno di sostenimento della spesa, al
netto dei disinvestimenti e dei mutui (che, nel caso di compravendita simulata, non ci sono).
Tuttavia, anche alla luce di una pronuncia della Cassazione (sentenza n. 8665/2002), secondo
cui la prova della compravendita simulata non può essere rappresentata dalla mera produzione
dei conti correnti bancari dai quali non emergono versamenti di denaro, l'ufficio tende spesso a
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non riconoscere il carattere simulato dell'atto, procedendo così all'accertamento. Spetta,
infatti, al contribuente accertato l'onere di dimostrare che il dato di fatto sul quale essa si
fonda non corrisponde alla realtà. Pertanto, è fondamentale che il "finto" acquirente possa
dimostrare con prove persuasive il carattere simulato del contratto di compravendita. In
particolare, occorrerà dimostrare che il pagamento non è di fatto avvenuto e che, quindi,
l'acquisizione del bene non denota una reale disponibilità economica, suscettibile di valutazione
a fini fiscali, poiché il contratto stipulato, in ragione della sua natura simulata, ha una causa
gratuita anziché onerosa apparente (Cassazione 5991/2006).
In altri termini, nel caso la compravendita sia stata solo un atto simulato per diverse esigenze
familiari, sarà l'acquirente "simulato" a dover dimostrare la mancanza di esborso finanziario e,
quindi, a dover sconfessare l'atto impositivo.
Tuttavia, se secondo l'orientamento di legittimità la simulazione non può essere dimostrata
mediante produzione della documentazione bancaria dalla quale non emerge alcun
trasferimento, al contrario, però, è pur vero che l'assenza di movimentazioni bancarie, unita ad
altri elementi, è prova della simulazione.
Ciò sussiste quando, oltre all'assenza di movimentazioni bancarie, vi siano indizi che lasciano
supporre la causa gratuita dell'atto quali l'età avanzata del venditore "simulato", il rapporto di
parentela, eventuali procure rilasciate dal venditore "simulato" al figlio in merito a successivi
atti di disposizione dei beni.
Il quadro
LA COMPRAVENDITA SIMULATA
È un contratto di compravendita che dissimula, di fatto, un atto di donazione. In tal caso, due
soggetti (di solito, legati da rapporti di parentela) pongono in essere un contratto di
compravendita di un immobile (simulato) allo scopo di poterlo invocare eventualmente di
fronte a terzi soggetti e con l'accordo interno tra le parti, di solito emergente da una
controdichiarazione scritta, che il prezzo dichiarato nel rogito non verrà riscosso dal dante
causa
LE RAGIONI DELLA SCELTA
Molti contribuenti scelgono la compravendita simulata piuttosto che la donazione a titolo
gratuito a causa della difficoltà di accesso al credito bancario. Se, infatti, l'immobile è stato
acquisito a titolo gratuito, gli istituti di credito non concedono mutui, avendo come garanzia
l'immobile proprio perché esso può dover essere restituito dal terzo acquirente al legittimario
che ha agito in riduzione, entro venti anni dalla trascrizione della donazione
LA POSSIBILE CONTESTAZIONE
La sottoscrizione di un atto pubblico, contenente la dichiarazione di pagamento di una somma
di denaro per l'acquisto di un immobile (o di un altro bene), può costituire elemento utile per
l'amministrazione finanziaria a determinare un maggiore reddito posseduto in capo
all'acquirente. Nell'ambito dell'accertamento redditometrico, infatti, l'ufficio può contestare in
capo all'acquirente un incremento patrimoniale derivante dall'avvenuto acquisto (anche se
apparente) del bene
LA DIFESA
Al fine di contestare le contestazioni del Fisco circa l'incremento patrimoniale e scongiurare gli
effetti pregiudizievoli che ne derivano, è opportuno che i "finti acquirenti e venditori" pongano
in essere una condotta molto cautelativa attraverso la pre-costituzione di dichiarazioni di data
certa anteriore all'atto simulato, spedite tramite pec o tramite posta in plico senza busta, ove
venga attestato il carattere simulato del contratto
(Rosanna Acierno, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 29 ottobre 2014)
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
Immobili e agevolazioni

Acquisto per usucapione e agevolazioni prima casa: i chiarimenti dell'Agenzia
In data 17 ottobre 2014 è stata pubblicata la Risoluzione 90/E, in merito all'applicazione delle
agevolazioni prima casa in caso di acquisto di bene immobile per usucapione. L'istante
interpello chiede se sia possibile usufruire delle agevolazioni previste dalle lettere a) e b)
dell'art.1, Tariffa Parte 1 allegata al DPR 131/1986 (Testo unico Imposta di registro), anche se
nella sentenza di acquisto per usucapione e negli atti del procedimento non siano state rese le
dichiarazioni necessarie per fruire delle agevolazioni in questione.
L'Agenzia ha chiarito che, l'acquisto per usucapione può essere assimilato ai trasferimenti
immobiliari disposti con atti giudiziari, tra cui l'acquisto tramite partecipazione ad un'asta
immobiliare, in merito al quale la Risoluzione 370/2008 aveva disposto che le dichiarazioni di
possesso dei requisiti di accesso alle agevolazioni prima casa potevano essere rese anche nelle
more della registrazione dell'atto di trasferimento della proprietà. Il termine finale, infatti,
entro cui il nuovo proprietario ha diritto a richiedere la fruizione di tali benefici, corrisponde alla
registrazione dell'atto di fronte all'Amministrazione fiscale. In conclusione, le agevolazioni sono
possibili se il contribuente interessato presenta una dichiarazione integrativa dell'atto
giudiziario, autenticata nelle firme anche da un'autorità diversa ed allegata al provvedimento
giudiziario nelle more della sua registrazione.
(Il Sole 24 ORE – Tecnici24, 23 ottobre 2014)
 Condominio
 Rinuncia unilaterale al servizio di riscaldamento centralizzato dopo la riforma
Le questioni relative al riscaldamento hanno da sempre costituito argomento di discussione tra
i condomini e oggetto di molte cause.
Già prima della l. 220/12 la giurisprudenza aveva ritenuto che “Nel condominio negli edifici,
perché il condomino possa staccarsi dall'impianto centralizzato di riscaldamento senza
l'unanimità di consenso degli altri condomini, è necessaria la duplice condizione che dal
distacco non derivino né uno squilibrio termico pregiudizievole all'impianto né un aggravio di
spese per coloro che continuino ad usufruire dell'impianto.” (Cass. 31/07/2012, n. 13718).
Il principio è stato integralmente recepito dal legislatore che, nel modificare l’art. 1118 c.c., al
IV comma ha stabilito che “Il condomino può rinunciare all'utilizzo dell'impianto centralizzato di
riscaldamento o di condizionamento, se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di
funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini. In tal caso il rinunziante resta tenuto
a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell'impianto e
per la sua conservazione e messa a norma.”.
Affinché il distacco del condomino sia consentito sono quindi necessari due elementi che
dovranno essere accertati da un tecnico specializzato:
-
l’assenza di notevoli squilibri di funzionamento;
l’assenza di (notevoli) aggravi di spese.
La questione parrebbe di facile soluzione ma così non è poiché vi sono molti aspetti che
certamente costituiranno motivo di discussione e sui quali si formerà un orientamento
giurisprudenziale.
Il primo motivo di discussione attiene al fatto se l’aggettivo “notevoli” possa essere riferito
solamente agli squilibri di funzionamento o anche agli aggravi di spese.
Più precisamente, il distacco del condomino dall’impianto di riscaldamento centralizzato non
deve comportare notevoli squilibri di funzionamento. Si tratterà di stabilire quando uno
squilibrio sia notevole e quando non lo sia.
FIAIP News24, numero 15 – novembre 2014
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Sicuramente lo sarà quando vengano provocati malfunzionamenti evidenti, come ad esempio
rumorosità, pulsazioni, cavitazioni, surriscaldamenti, instabilità, temperature troppo fredde o
troppo elevate.
Naturalmente occorrerà valutare caso per caso quali siano le conseguenze del distacco in
termini di funzionamento e valutare con un criterio soggettivo (e quindi con un’interpretazione
suscettibile di censura) se vi sia o meno il notevole squilibrio.
Riguardo agli aggravi di spesa prima di tutto è necessario, come detto, stabilire se l’aggettivo
“notevole” sia riferito anche ad essi.
E’ evidente che il distacco comporta inevitabilmente un sia pur minimo aumento delle spese,
poiché sebbene vi sia il minor consumo del condomino distaccato, in ogni caso restano uguali i
consumi per le dispersioni e per il riscaldamento delle parti comuni (si pensi alle tubazioni che
passano nelle scale), che vanno suddivisi per un minor numero di condomini.
Se quindi il distacco del condomino è subordinato al fatto che non vi sia alcun aggravio di
spesa, il distacco non sarà mai possibile: come abbiamo visto un aumento delle spese, anche
di pochi centesimi, vi sarà sempre.
Se viceversa l’aggettivo notevole deve intendersi riferito anche all’aggravio di spese, allora il
distacco sarà possibile anche quando vi sia un aggravio di spese purché non sia notevole.
Anche in questo caso occorrerà valutare quando l’aggravio sia notevole e quando sia invece
contenuto. Nel primo caso il distacco sarà vietato, nel secondo sarà consentito.
Occorrerà poi verificare se potrà sopravvivere il principio giurisprudenziale secondo il quale il
distacco è comunque consentito qualora il condomino distaccato si accolli le maggiori spese
conseguenti al suo distacco.
Infatti il IV comma dell’art. 1118 c.c. si limita a vietare il distacco qualora vi sia un (notevole)
aggravio di spesa. Si tratta quindi di valutare se la disponibilità del condomino ad accollarsi
tale aggravio di spesa possa consentirgli di distaccarsi comunque o se tale aggravio gli
impedisca per ciò solo il distacco. Il tutto ferma restando l’assenza del notevole squilibrio di
funzionamento che comunque è un presupposto indefettibile.
Vi è poi ancora un aspetto da valutare che riguarda il numero dei condomini che intendono
distaccarsi.
Infatti quasi certamente il primo dei condomini che si distacca non supererà alcuno dei due
limiti; ma, a seconda del numero dei condomini allacciati all’impianto di riscaldamento e alle
caratteristiche dell’impianto, vi sarà una soglia, superata la quale il distacco non sarà più
possibile.
Ciò provocherà una disparità di trattamento tra i condomini: sostanzialmente chi si staccherà
per primo sarà avvantaggiato.
Altro aspetto degno di nota riguarda il conflitto delle norme tra la disposizione di cui al citato
articolo 1118 c.c. e alcune normative regionali (ad esempio Regione Piemonte Delibera della
Giunta Regionale 4 agosto 2009, n. 46-11968) che vietano il distacco dall’impianto
centralizzato.
La questione è stata oggetto di una recente pronuncia del Tribunale di Torino (ordinanza del
20/1/2014) che ha autorizzato il distacco del condomino con la seguente motivazione:
“…Rilevato che, ex art. 117 Cost., “lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:
(...) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;
Ritenuto, pertanto, che la normativa regionale invocata dalla parte convenuta non possa
trovare applicazione nel caso di specie, attinente a rapporti civilistici, disciplinati dall’art. 1118
c.c.. sul quale non può dispiegare effetto alcuno la legislazione regionale…”.
Sostanzialmente si potrebbe ritenere che qualora vengano rispettati i due requisiti sopra
esposti il distacco sarebbe autorizzato ma il condomino che si distacca potrebbe essere
soggetto alle sanzioni amministrative che le Regioni che vietano il distacco possono applicare.
(Vincenzo Nasini, Il Sole 24ORE, Tecnici24, 17 ottobre 2014)

Vuoti in anagrafe senza collaborazione
L'amministratore (articolo 1130, comma 6 del Codice civile) ha l'obbligo di tenere il registro
dell'anagrafe condominiale dove riportare i dati dei proprietari, dei titolari di diritti reali e
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personali e dell'immobile. Ma cosa succede a fronte del l'inerzia del condòmino nel fornire
questi dati?
L'amministratore acquisisce le necessarie informazioni addebitandone il costo ai responsabili.
La norma pare fornire un'arma contro i condòmini non collaborativi ma non sempre è adatta a
superare le reali difficoltà.
L'amministratore, inoltrata la richiesta di residenza all'Anagrafe comunale, spesso non riesce
ad accedere alle informazioni in quanto o la domanda viene ritenuta incompleta in quanto priva
di ulteriori elementi (codice fiscale, data di nascita eccetera, che possono non essere noti al
richiedente), oppure l'ufficio non riconosce all'amministratore il diritto di accesso ai dati. A
questo punto si incarica un legale e, reperita la residenza, l'amministratore potrà finalmente
convocare l'assemblea e continuerà a ricercare le ulteriori e necessarie informazioni.
Ma a chi e come imputare il costo? La norma sembrerebbe attribuire all'amministratore il
potere di addebito automatico al condòmino inattivo ma questo percorso pare insidioso.
Quando si tratta di spese sostenute nell'interesse del condominio, anche se conseguenti a
inadempimenti del singolo, l'addebito delle relative spese deve, infatti, seguire unicamente il
criterio legale dell'articolo 1123 del Codice civile, secondo cui le spese condominiali si
ripartiscono, salvo diversa convenzione, su base millesimale, fatto sempre salvo il diritto del
condominio di agire per il risarcimento del danno causato da comportamenti illegittimi del
singolo.
L'eventuale delibera che dovesse porre interamente a carico di quest'ultimo le spese sarebbe,
pertanto, suscettibile di impugnazione. In alternativa si potrebbe utilizzare l'articolo 1123
quando consente all'assemblea, con apposita convenzione, di suddividere le spese con criteri
diversi da quello millesimale? Anche qui forti dubbi: se il costo per assumere le necessarie
informazioni fosse qualificato come spesa condominiale l'assemblea ben potrebbe, con apposita
convenzione, ripartire l'importo con criteri diversi ma l'articolo 1130 pare, invece, attribuire
alla spesa natura risarcitoria: se così fosse l'addebito in capo al condòmino «inerte»
presupporrebbe il preventivo accertamento giudiziale della sua responsabilità e del relativo
obbligo risarcitorio. In attesa di maggiori certezze l'assemblea potrebbe, intanto, inserire nel
proprio regolamento una sanzione per l'inerzia dei condomini.
(Chiara Magnani, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 28 ottobre 2014)
 L'amministratore volontario è tenuto ad avere una polizza
Ma davvero si può fare a meno dell'amministratore se i condòmini sono meno di nove?
L'attuale articolo 1129 del Codice civile adesso prevede che l'amministratore debba essere
nominato dall'assemblea solo quando i condomini sono più di otto ma, nonostante il tenore
letterale della disposizione, l'intero impianto delle norme riformate sembra invece presupporre
in ogni caso la presenza di un amministratore condominiale.
Innanzitutto il comma 5 del l'articolo 1129 prevede l'affissione nel condominio delle generalità,
del domicilio e dei recapiti dell'amministratore oppure, in mancanza, della persona che svolge
funzioni analoghe, che potrebbe quindi essere denominato «amministratore di fatto» e che in
genere potrà essere uno dei condomini (magari a rotazione) oppure un conoscente di qualcuno
di loro disponibile a gestire l'edificio.
È però assai poco verosimile l'ipotesi che qualcuno sia disposto ad occuparsi della gestione del
condominio gratuitamente. Basti pensare al caso, non certo infrequente, della necessità di
deliberare lavori straordinari per la quale il comma 4 dell'articolo 1129 prevede che
l'amministratore è tenuto ad adeguare al costo dei lavori deliberati i massimali della propria
polizza di assicurazione Rc; si potrebbe ritenere che l'obbligo della polizza sussista solo in
presenza di un amministratore nominato dall'assemblea, anche se la lettera della disposizione
non pone distinzioni, ma in questa maniera verrebbe a mancare l'utilità della norma, che è
diretta ad offrire una maggior tutela ai condomini.
La conclusione preferibile allora rimane quella secondo cui, almeno nel caso di lavori
straordinari, anche la «persona che svolge funzioni analoghe a quelle dell'amministratore» sia
obbligata a stipulare la polizza; così però si impone l'assunzione di un costo (magari elevato) in
capo a chi gestisce l'amministrazione a titolo gratuito e che quindi difficilmente sarà pronta ad
accettarlo.
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Inoltre, pure le attribuzioni previste come ulteriori obblighi a carico dell'amministratore
dall'articolo 1130 (come l'esecuzione delle delibere assembleari, degli adempimenti fiscali e
degli atti conservativi, la riscossione dei contributi dovuti dai condomini, la tenuta del registro
di anagrafe condominiale, oltre che dei tre registri dei verbali, di nomina dell'amministratore e
della contabilità, nonché la redazione del rendiconto condominiale) difficilmente possono
trovare una soddisfacente attuazione in mancanza di un amministratore.
Infine, conviene osservare che l'articolo 1129, comma 1, è infatti evidentemente finalizzato a
semplificare la gestione negli edifici condominiali di minori dimensioni, ma continua a fare
inopportunamente riferimento al numero dei condomini e non delle unità immobiliari di cui è
composto l'edificio, con la conseguenza che, nell'ipotesi di due fabbricati identici costituiti
entrambi da nove unità immobiliari – che nel primo edificio siano suddivisi in proprietà fra due
soli condomini, mentre nell'altro siano ciascuna di proprietà di un singolo condomino – la
disposizione finisce per imporre l'obbligo di nominare l'amministratore soltanto nel secondo.
(Ettore Ditta, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 28 ottobre 2014)
 Edilizia e Urbanistica

Sottotetti abitabili: slalom tra i requisiti fissati dalle Regioni
Prosegue l'aggiornamento della normativa regionale che disciplina la trasformazione in
abitazioni dei sottotetti con l'approvazione quest'anno delle leggi di Emilia Romagna e Puglia.
In alcune Regioni (per esempio Piemonte, Valle D'Aosta, Veneto, Emilia Romagna) è stato
possibile realizzare questo tipo di intervento già dalla fine degli anni Novanta del secolo scorso.
Altre (come Calabria e Sardegna) hanno approfittato dell'emanazione della propria legge sul
piano casa – con i premi di volumetria per gli interventi di ampliamento e demolizione e
ricostruzione – per metter mano anche ai sottotetti.
Una normativa specifica per rendere abitabili i sottotetti è necessaria per derogare alle
previsioni degli strumenti urbanistici comunali, ai parametri costruttivi previsti dai regolamenti
edilizi e alle norme sulle altezze e sui requisiti igienici e sanitari stabiliti dal Dm del 5 luglio
1975: quando da un sottotetto si ricavano stanze da letto, cucina e bagno, sono quasi certi un
aumento della superficie utile dell'immobile (oltre i limiti previsti dal progetto iniziale e dal Prg)
e il mancato rispetto dello standard di altezza e di rapporto tra luci e superfici.
Le possibilità, le condizioni, i limiti e la convenienza a trasformare le soffitte in spazi abitabili
stabilite da ogni Regione costituiscono una sorta di caleidoscopio: l'immagine cambia a
seconda del parametro che si sceglie per analizzare l'insieme delle leggi regionali.
Tutte le Regioni richiedono altezze inferiori ai 270 cm regolari, ma con differenze, anche
notevoli, da una all'altra. L'altezza media più prescritta per il locali abitabili è di 240 centimetri
(per esempio Basilicata, Emilia Romagna, Marche, Lombardia, Piemonte, Puglia, Sardegna,
Veneto). In alcuni casi, per i locali di servizio, bagni, corridoi, viene abbassata di 10 cm.
Qualche regione accorda una riduzione dell'altezza (-20 cm, in genere) anche nei Comuni
classificati montani o semimontani, o comunque al di sopra di una certa altitudine: lo fanno,
tra le altre, Calabria, Emilia Romagna e Molise. Le normative laziali, liguri, toscane, pugliesi
prevedono che al di sotto di un'altezza minima gli spazi debbono essere chiusi con muri o
mobili, se non sono in corrispondenza di fonti di luce.
È generalizzata la possibilità di aprire finestre e lucernai per illuminare i locali con luce solare
(in alcuni casi sotto particolari prescrizioni o con l'esclusione di zone del territorio). Nelle
Regioni che lo indicano, il rapporto aero-illuminante (in pratica la superficie delle finestre e
quella del pavimento) è prevalentemente 1/16; è più alto solo in Basilicata, Calabria e Molise.
In quasi la metà delle Regioni (tra le quali Campania, Molise, Toscana, Veneto), per
raggiungere le altezze medie e minime richieste dalle loro normative, non è permesso alzare la
quota del colmo o modificare la pendenza del tetto. Una variabile non indifferente. Altre
consentono questa operazione, ma la sottopongono a condizioni: in Liguria a seguito
dell'innalzamento dei muri, la nuova altezza dell'edificio non deve superare quella prevista dal
piano regolatore; nel Lazio si può cambiare tutto (altezza di colmo e gonda, pendenza della
copertura) purché non comporti un aumento superiore al 20% della volumetria del sottotetto
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esistente. Qualche Regione esclude da questo tipo di intervento particolari aree: in Emilia
Romagna le altezze di colmo e il resto non si possono toccare nei centri storici, in Sardegna
nelle zone B (quelle totalmente o parzialmente edificate non classificate come centri storici).
Per recuperare in altezza non si devono necessariamente alzare i muri: lo stesso risultato può
essere ottenuto abbassando il solaio del sottotetto, se quest'operazione non riduce l'altezza
dell'ultimo piano a meno di quella standard. È permesso, tra l'altro, in Calabria, in Puglia, in
Emilia Romagna e in Molise (in queste due Regioni a condizione che il prospetto del fabbricato
non cambi).
Le normative di alcune Regioni riservano ai Comuni l'ultima parola su ciò che si può fare e su
dove farlo. In Liguria, Piemonte, Sicilia, Sardegna occorre verificare presso i Comuni se hanno
ristretto – entro i termini, ormai scaduti, previsti dalle leggi – le aree o tipologie di immobili nei
quali i sottotetti non possono essere recuperati. In altre regioni (Emilia Romagna, Molise,
Umbria, Veneto) i sindaci possono sempre decidere limitazioni o porre vincoli alla
trasformazione dei sottotetti in abitazioni.
(Raffaele Lungarella, Il Sole 24 ORE, Norme e Tributi, 20 ottobre 2014)
 Oneri concessori alleggeriti in caso di ampliamento
Variano da Regione e Regione i costi da sostenere per trasformare un sottotetto in un alloggio
vivibile, in regola con le norme sull'agibilità. Impossibile, però, fare una graduatoria della
convenienza territoriale per questo tipo di intervento. La spesa per realizzare l'intervento
edilizio dipende dallo stato dell'immobile, dall'estensione della superficie che si vuole (o si può)
rendere abitabile e dalla qualità dei materiali che vengono utilizzati. A questi importi si devono
aggiungere quelli imposti dai vincoli e dalle prescrizioni normative, che non dipendono dalla
volontà del proprietario.
Una voce di spesa che può essere più o meno rilevante è quella per il pagamento degli oneri
concessori, che variano da Regione a Regione. Il recupero dei sottotetti, infatti, è classificato
come ristrutturazione edilizia e si pagano gli oneri nella misura prevista per questa tipologia di
interventi. In Emilia-Romagna si paga solo il contributo relativo al costo di costruzione. In
Abruzzo, oltre a questo contributo, è richiesto il pagamento a tariffa doppia degli oneri di
urbanizzazione: l'importo di questa maggiorazione non finisce nelle casse dei Comuni (che
realizzano strade fognature scuole e palestre), ma in quelle dalla Regione; quest'ultima a sua
volta li userà per finanziare interventi nei Comuni, ma senza garantire che ciascuno di loro
riceverà una somma proporzionata a quanto dato.
Anche in Sicilia queste operazioni possono costare care: oltre agli oneri concessori, il
proprietario deve versare alla Regione il 20% dell'incremento di valore dell'immobile
determinato dalla trasformazione (e valutato in base alla variazione della rendita catastale). I
Comuni marchigiani, invece, su questi interventi incassano un contributo sul costo di
costruzione scontato del 20 per cento. La legge ligure, infine, prevede uno sconto del 50%
degli oneri concessori se l'intervento di recupero non comporta la creazione di una nuova unità
abitativa, ma solo l'ampliamento di una già esistente (per esempio con la creazione di una
scala interna). Lo stesso sconto viene concesso anche se gli immobili interessati sono di edilizia
residenziale pubblica.
La possibilità di creare, dal recupero del sottotetto, nuove unità abitative è un altro elemento
differenziazione tra le Regioni. Il Friuli Venezia Giulia e la Toscana, per esempio, non lo
permettono. Al contrario questa opportunità è offerta nelle Marche e in Emilia-Romagna: in
questo caso chi realizza l'intervento, oltre agli spazi per i parcheggi pertinenziali all'immobile
interessato dal recupero, deve cedere al Comune anche le aree per i parcheggi e il verde
pubblico (in mancanza di spazi, il tutto può essere monetizzato). In alcune Regioni, inoltre, è
richiesto il rispetto di certi standard solo per trasformare il sottotetto in abitazione autonoma
da quella sottostante. In Lazio, Liguria e Puglia solamente in questo caso sono necessari i
parcheggi pertinenziali: un mq di area di sosta ogni 10 mc di volumetria recuperata; se non ci
sono aree si monetizza (in Lazio in base al costo di costruzione di un mq di parcheggio, in
Liguria al prezzo di mercato).
Per calcolare i costi di un recupero, infine, occorre considerare le eventuali prescrizioni
costruttive, che possono cambiare da un Comune all'altro.
(Raffaele Lungarella, Il Sole 24 ORE, Norme e Tributi, 20 ottobre 2014)
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
L'inedificabilità non va «taciuta»
Se il fondo oggetto di compravendita è garantito dal venditore come libero da gravami, e
invece vi sussiste un vincolo di inedificabilità imposto dall'autorità amministrativa in base a una
legge regionale, il venditore è inadempiente all'obbligo (articolo 1489 del Codice civile) di non
vendere cose gravate da vincoli o diritti di terzi che «ne diminuiscono il libero godimento», se
viene dimostrato che il contratto venne stipulato perché l'acquirente potesse poi edificare sul
fondo. Di conseguenza il compratore, non a conoscenza di questi vincoli e diritti, può
domandare la risoluzione del contratto oppure una riduzione del prezzo.
Il venditore, quindi, non può sostenere che un vincolo di inedificabilità (taciuto nel contratto)
imposto in base a una legge regionale, data la sua natura pubblicistica, si presume conosciuto
da chiunque. È quanto deciso dalla Cassazione nella sentenza n. 22343 del 22 ottobre 2014.
Nel caso specifico si trattava di valutare diversi elementi in conflitto: il vincolo urbanistico di
pubblico dominio, un contratto che non menzionava detto vincolo e nel quale il venditore aveva
garantito il bene «libero e disponibile, esente da vincoli, gravami e privilegi» e un'altra clausola
con la quale l'acquirente veniva facoltizzato a presentare una richiesta di concessione edilizia
(dalla quale la Cassazione ha dissento che l'interesse del compratore al contratto era quello di
poter costruire sul fondo).
È vero, secondo la Cassazione, che i vincoli inseriti nel piano regolatore generale, una volta
approvati e pubblicati, hanno valore di prescrizione con efficacia verso chiunque, perché
assistita da una presunzione legale di conoscenza assoluta da parte della collettività, sicché
non possono qualificarsi come oneri non apparenti gravanti sul'immobile. Questa situazione
non è conseguentemente invocabile dal compratore come fonte di responsabilità del venditore
che non li abbia dichiarati nel contratto.
Ma è anche vero che occorre tener conto dello scopo pratico del contratto, che non può essere
interpretato in modo da rendere irrealizzabile il programma contrattuale dei contraenti o di uno
di essi, così falsificando l'interesse che l'operazione contrattuale era propriamente volta a
soddisfare, costituendo la «causa concreta» dell'accordo.
Pertanto, secondo la Cassazione, non solo le espressioni utilizzate nel contratto vanno
interpretate non come elementi a se stanti bensì alla luce dell'intero contesto contrattuale,
ponendo le clausole in correlazione tra loro; ma pure occorre accertare il significato
dell'accordo in coerenza con la relativa ragione pratica o «causa concreta» ed escludere
(dovendosi i contraenti comportare con lealtà) interpretazioni cavillose delle espressioni
letterali contenute nelle clausole contrattuali, non rispondenti alle intese raggiunte e deponenti
per un significato del contratto in contrasto con la sua ragione pratica..
(Il Sole 24 ORE, Norme e Tributi, 28 ottobre 2014)
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Legge e prassi

(G.U. n. 254 del 31 ottobre 2014)
 Economia e fisco
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 24 settembre 2014
Compensazione, nell'anno 2014, delle cartelle esattoriali in favore di imprese e professionisti
titolari di crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, nei confronti della pubblica
amministrazione. 23
(G.U. 10 ottobre 2014, n. 236)
MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
DECRETO 20 giugno 2014
Fondo di solidarieta' per il sostegno dell'occupabilita', dell'occupazione e del reddito del
personale del credito cooperativo, ai sensi dell'articolo 3 della legge 28 giugno 2012, n. 92.
(Decreto n. 82761).
(G.U. 10 ottobre 2014, n. 236)
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
DECRETO 24 luglio 2014, n. 148
Regolamento recante sgravi fiscali e contributivi a favore di imprese che assumono lavoratori
detenuti.
(G.U. 22 ottobre 2014, n.246)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 20 ottobre 2014
Sospensione, ai sensi dell'articolo 9, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, dei termini
per l'adempimento degli obblighi tributari a favore dei contribuenti colpiti dagli eventi
meteorologici del 10 - 14 ottobre 2014 verificatisi nelle regioni: Liguria, Piemonte, Emilia
Romagna, Toscana, Veneto, Friuli-Venezia Giulia.
(G.U. 22 ottobre 2014, n.246)
MINISTERO DELL'ISTRUZIONE, DELL'UNIVERSITA' E DELLA RICERCA
DECRETO 13 ottobre 2014
Bando pubblico per la concessione dei contributi per il funzionamento degli enti privati che
svolgono attività di ricerca.
(G.U. 23 ottobre 2014, n.247)
LEGGE 7 ottobre 2014, n. 154
Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti
dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2013 - secondo semestre.
(G.U. 28 ottobre 2014, n.251)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 21 ottobre 2014
FIAIP News24, numero 15 – novembre 2014
17
Modalità procedurali per l'affidamento all'agente della riscossione territorialmente competente
dell'attività di notifica.
(G.U. 29 ottobre 2014, n.252)

Edilizia
DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 8 luglio 2014
Modalità di attivazione del Fondo per interventi straordinari della Presidenza del Consiglio dei
ministri, istituito ai sensi dell'articolo 32-bis del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269,
convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326 ed incrementato dalla
legge 24 dicembre 2007, n. 244.
(G.U. 16 ottobre 2014, n.241)
 NOTA
Scuole: 40 milioni di euro per l'adeguamento strutturale e antisismico
E’ stato pubblicato, sulla Gazzetta Ufficiale 241 del 16 ottobre 2014, il D.P.C.M. 8 luglio 2014,
che disciplina le modalità di utilizzo del Fondo per interventi straordinari della Presidenza del
Consiglio dei ministri (istituito con l’art. 32- bis del D.L. 269 del 30 settembre 2003, convertito
con modifiche dalla legge 326 del 24 novembre 2003) per l’adeguamento strutturale e
antisismico delle scuole e per la costruzione di nuovi edifici scolastici, qualora sia indispensabile
sostituire quelli ad elevato rischio sismico.
Con il provvedimento viene ripartita tra le regioni e le province autonome italiane la somma di
€ 20 milioni relativa all'annualità 2012 e di € 20 milioni relativa al 2013. Inoltre, il
provvedimento revoca le somme stanziate nel 2011 a favore di quelle regioni che non ne
hanno pianificato l’utilizzo entro i termini indicati e le ripartisce fra quelle che avevano
rispettato i termini.
Per utilizzare le quote assegnate, infatti, ogni regione deve preparare e trasmettere al
Dipartimento della Protezione Civile, entro metà gennaio 2015 un piano di interventi di
adeguamento o di nuova costruzione, nel quale potranno indicare anche ulteriori interventi
eccedenti la quota assegnata, da finanziare con risorse aggiuntive che dovessero
eventualmente rendersi disponibili.
Gli interventi che possono essere finanziati sono definiti dall’Ord.P.C.M. n. 3728 del 29
dicembre 2008 all'art. 1, commi 4, 5, 6 e 7 e devono riguardare:
- l’adeguamento strutturale e antisismico degli edifici scolastici pubblici, se risultano necessari
da verifiche tecniche eseguite coerentemente alle norme;
- l’adeguamento strutturale ed antisismico degli edifici scolastici pubblici che, anche se non
sono state eseguite le verifiche tecniche, si trovano in una reale situazione di grave e attuale
rischio sismico. Devono però essere disponibili studi o documenti che lo certificano;
- la costruzione di nuovi edifici scolastici pubblici, nei casi in cui sia indispensabile sostituire
quelli esistenti ad elevato rischio sismico per i costi eccessivi dell'adeguamento sismico in
relazione al costo per la costruzione di un nuovo edificio.
(Il Sole 24 ORE – Tecnici24, 22 ottobre 2014)
DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 8 luglio 2014
Istituzione del Nucleo Tecnico Nazionale (NTN) per il rilievo del danno e la valutazione di
agibilita' nell'emergenza post-sismica e approvazione dell'aggiornamento del modello per il
rilevamento dei danni, pronto intervento e agibilita' per edifici ordinari nell'emergenza postsismica e del relativo manuale di compilazione.
(G.U. 18 ottobre 2014, n.243)
 NOTA
Post-sisma: istituito il Nucleo tecnico nazionale per rilievo del danno e verifiche
agibilità
FIAIP News24, numero 15 – novembre 2014
18
Con D.P.C.M. 8 luglio 2014 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 243 del 18 ottobre) è stato
istituito il Nucleo tecnico nazionale (NTN) per il rilievo del danno e la valutazione di agibilità
nell'emergenza post-sismica e approvazione dell'aggiornamento del modello per il rilevamento
dei danni, pronto intervento e agibilità per edifici ordinari nell'emergenza post-sismica e del
relativo manuale di compilazione.
Il Nucleo tecnico nazionale – costituito dagli elenchi, di cui all'art. 1, comma 4 del D.P.C.M. 5
maggio 2011, a cui sono iscritti tecnici incaricati di attività connesse alla gestione tecnica
dell'emergenza, con particolare riguardo al rilievo del danno e valutazione dell'agibilità
nell'emergenza post-sisma, in possesso dei requisiti – è articolato in:
- elenchi regionali (NT-REG), istituiti da ciascun regione o provincia autonoma e costituiti da
una sezione 1-regionale e da una sezione 2-nazionale;
- elenco centrale Dipartimento della protezione civile (NT-DPC), istituito dalla protezione civile;
- elenco dei Vigili del fuoco (NY-VVF), istituito direttamente dal Corpo nazionale dei Vigili del
fuoco e costituiti da tecnici esperti compresi nel proprio organico.
All’interno di ciascun elenco puo' essere istituito il sub elenco speciale «Edifici grande luce o
prefabbricati», costituito da tecnici esperti per il rilievo del danno e la valutazione dell’agibilità
di edifici di grande luce o a struttura prefabbricata. Altri sub elenchi speciali possono essere
istituiti, in base a specifiche esigenze che si dovessero evidenziare per il rilievo del danno e la
valutazione dell’agibilità di altri tipologie di manufatti non ordinari.
Requisiti per l’iscrizione negli elenchi
I tecnici iscritti negli elenchi, preposti alle attività di rilevo del danno e dell'agibilità post-sisma,
devono essere abilitati all'esercizio della professione nell'ambito dell'edilizia relativamente a
competenze di tipo tecnico e strutturale. Per i tecnici in organico alle PA è sufficiente il
possesso del titolo di studio relativo a competenze di tipo tecnico strutturale, oltre alla
certificazione rilasciata dall'Amministrazione di appartenenza attestante la consolidata
esperienza in attività di tipo tecnico-strutturale. I tecnici geologi iscritti negli elenchi ,
preposti a integrare, se necessario, le squadre per le attività di rilevo del danno e
dell'agibilità post-sisma, in caso di problematiche di tipo geologico-geotecnico devono essere
abilitati all'esercizio della professione di geologo, per i tecnici geologi in organico alle PA è
sufficiente il possesso
del
titolo
di studio, oltre alla certificazione rilasciata
dall'Amministrazione di appartenenza attestante la consolidata esperienza in attività di
settore coerenti con il profilo tecnico richiesto dalle specifiche attività di che trattasi.
Il requisito base per l'iscrizione negli elenchi consiste nell'aver seguito idonei percorsi formativi
con
verifica finale, concordati con il Dipartimento della protezione civile e le regioni e le
province autonome, che devono avere una durata minima di 60 ore e devono trattare almeno i
seguenti contenuti formativi di base inerenti:
- il modello di protezione civile;
- la gestione dell'emergenza;
- la tutela della salute e sicurezza degli operatori ai sensi del D.Lgs. 81/2008 e succ. mod. e
integr.;
- il comportamento delle strutture sotto sisma;
- le opere provvisionali;
- la valutazione di agibilità-metodologia ed esercitazioni.
Il requisito base per l'iscrizione nei sub elenchi speciali consiste nell'aver seguito idonei
percorsi formativi con verifica finale e aggiornamenti periodici, concordati con il Dipartimento
della protezione civile, le regioni e le province autonome. Il Dipartimento della protezione civile
potrà definire, d'intesa con i propri centri di competenza, modalità formative dedicate per gli
esperti da iscrivere nella sezione «centri di competenza» (NT-DPC - Sez. CC).
È possibile iscriversi sia a uno degli elenchi di tecnici per le attività di rilievo ed agibilità postsisma per edifici ordinari, sia ai sub elenchi speciali, purchè si sia in possesso dei requisiti
richiesti.
Il requisito può essere superato in limitati casi, riferiti a esperti riconosciuti nel settore, in cui
l'iscrizione può avvenire sulla base del curriculum formativo e dell'esperienza tecnico
specialistica. In questi casi, l'iscrizione è sottoposta alla valutazione del soggetto responsabile
dell'elenco, di concerto con il responsabile del NTN.
FIAIP News24, numero 15 – novembre 2014
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Per gli elenchi regionali, è consentito a uno stesso tecnico di potersi iscrivere sia alla sezione 1
regionale (per il coinvolgimento in emergenze di rilievo regionale), sia alla sezione 2nazionale
(per il coinvolgimento in emergenze di rilievo nazionale).
I tecnici degli elenchi regionali iscritti alla sezione 2 nazionale non possono essere
contemporaneamente
iscritti
alle
sezioni dell'elenco centrale del Dipartimento della
protezione civile.
L'iscrizione in un elenco comporta l'accettazione delle condizioni previste dal regolamento.
A
tal fine, all'atto dell'iscrizione il tecnico dovrà sottoscrivere uno specifico modulo di
adesione. L'inosservanza di quanto disposto nel regolamento potrà comportare la cancellazione
dall'elenco, secondo procedure e modalità dallo stesso regolamento definite.
Modalità di attivazione
Il Nucleo tecnico nazionale viene attivato di prassi in occasione di emergenze di carattere
nazionale per la mobilitazione di tecnici incaricati di attività connesse alle gestione tecnica
dell'emergenza, con particolare riguardo al rilievo del danno e alla valutazione dell'agibilità
nell'emergenza post-sisma.
Il Dipartimento della protezione civile, d'intesa con le strutture competenti delle regioni e
province autonome interessate dall'evento, contestualmente alla disposizione di attivazione del
Nucleo tecnico nazionale provvede a definire quali elenchi attivare e i criteri di priorità di
attivazione.
Per emergenze coordinate a livello regionale, le strutture competenti della regione e delle
province autonome interessate provvederanno direttamente all'attivazione
del
proprio
elenco regionale - sezione 1 regionale, secondo modalità e criteri da esse definite. Questa
attivazione deve considerarsi prioritaria rispetto ad altre situazioni emergenziali, che dovessero
contestualmente verificarsi sul territorio nazionale. Per emergenze coordinate a livello
nazionale, invece, salvo diverse disposizioni, potranno essere attivati gli elenchi regionali sezione 2 nazionale, l'elenco centrale del Dipartimento della protezione civile - tutte le sezioni,
secondo le esigenze dettate dalla situazione emergenziale, l'elenco dei Vigili del fuoco.
Modalità di impiego dei tecnici appartenenti agli elenchi
Una volta attivato il Nucleo tecnico nazionale, i responsabili di ciascun elenco provvedono a
gestire le procedure di mobilitazione dei tecnici iscritti, verificandone la disponibilità e
provvedendo a definire turnazioni periodiche fino a copertura esigenze, d'intesa con la
struttura di gestione e coordinamento NTN.
Al fine di assicurare un'efficace gestione delle attività, i responsabili di ciascun elenco e i
referenti di ciascuna sezione, provvedono a fornire liste di tecnici già costituiti in squadre, di
prassi composte da due/tre valutatori individuati secondo un principio di sussidiarietà di
competenze. I responsabili di ciascun elenco e i referenti di ciascuna sezione devono, altresì,
garantire un efficace avvicendamento delle squadre durante l'intero periodo di attivazione.
Per emergenze coordinate a livello nazionale, i tecnici professionisti non possono operare
nell'ambito territoriale della provincia dell'ordine/collegio provinciale di appartenenza.
Il regolamento attuativo di ciascun elenco deve definire, d'intesa con il Dipartimento della
protezione civile, i dispositivi di riconoscimento individuale da indossare e da esibire.
Strumenti di rilievo
Le verifiche di danno ed agibilità sugli edifici ordinari sono effettuate ai sensi D.P.C.M. 5
maggio 2011, attraverso la compilazione della «Scheda AeDES per il rilevamento dei danni,
pronto intervento e agibilità per edifici ordinari nell'emergenza post-sismica», e relativo
manuale, approvati nella loro versione aggiornata e alllegati al presente decreto di cui
costituiscono parte integrante (allegati B e C).
L’allegato C (Manuale per la compilazione della scheda) sarà disponibile sul sito
www.protezionecivile.gov.it
Le Amministrazioni dello Stato, le regioni, le province autonome di Trento e Bolzano e gli enti
locali dotano le proprie strutture della scheda e del manuale aggiornati e li utilizzano in
occasione di eventi sismici per il rilevamento speditivo dei danni, la definizione di
FIAIP News24, numero 15 – novembre 2014
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provvedimenti di pronto intervento e la valutazione dell'agibilità post-sismica degli edifici
ordinari, da intendersi come unità di tipologia strutturale ordinaria (in muratura, in
cemento armato o acciaio o legno, intelaiato o a setti) dell'edilizia per abitazioni e/o servizi.
Ogni riproduzione della scheda e manuale, integrale, parziale o in allegato ad altre
pubblicazioni, deve essere espressamente autorizzata dal Dipartimento della protezione civile.
L’allegato A al decreto riguarda il rimborso delle documentate spese di missione per i tecnici
professionisti del Nucleo. Impegnati nelle attività tecnico-scientifiche in emergenza quali il
rilievo di agibilità, l'affiancamento al coordinamento delle squadre nei centri di coordinamento,
il supporto agli uffici tecnici comunali ecc.) è riconosciuto il rimborso delle spese documentate,
sostenute per viaggio, vitto e alloggio, secondo i criteri di seguito riportati.
(Il Sole 24 ORE – Tecnici24, 20 ottobre 2014)

Energia
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
DECRETO 16 ottobre 2014
Approvazione delle modalita' operative per l'erogazione da parte del Gestore Servizi Energetici
S.p.A. delle tariffe incentivanti per l'energia elettrica prodotta da impianti fotovoltaici, in
attuazione dell'articolo 26, comma 2, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con
modificazione, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116.
(G.U. 24 ottobre 2014, n.248)
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
DECRETO 17 ottobre 2014
Modalita' per la rimodulazione delle tariffe incentivanti per l'energia elettrica prodotta da
impianti fotovoltaici, in attuazione dell'articolo 26, comma 3, lett. b) del decreto-legge 24
giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116
(G.U. 24 ottobre 2014, n.248)
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
DECRETO 10 ottobre 2014
Aggiornamento delle condizioni, dei criteri e delle modalita' di attuazione dell'obbligo di
immissione in consumo di biocarburanti compresi quelli avanzati.
(G.U. 27 ottobre 2014, n.250)
 NOTA
Fotovoltaico, rimodulata la tariffa incentivante
Emanati i decreti attuativi relativi alla rimodulazione della tariffa incentivante per gli impianti di
produzione di energia elettrica da fonti fotovoltaiche. Sulla Gazzetta Ufficiale n. 48 del 24
ottobre sono pubblicati due decreti del ministero dello Sviluppo economico datati 16 e 17
ottobre 2014.
L'articolo 26 del decreto legge n. 91/2014 ha infatti previsto rimodulazioni, riduzioni e
modifiche alle modalità di pagamento delle tariffe incentivanti per l'energia elettrica prodotta
dagli impianti fotovoltaici.
Al riguardo il primo decreto, emanato in data 16 ottobre, detta le modalità operative e di
ricalcolo degli incentivi, in vigore dal 1° luglio 2014, sia in acconto che a conguaglio, a favore
dei titolari degli impianti fotovoltaici che beneficiano dei meccanismi previsti dai Conti energia
I, II, III, IV e V. Il decreto rende operativo il secondo comma dell'articolo 26 del Dl 91/2014,
secondo cui l'erogazione dell'incentivo al produttore avviene mediante un acconto pari al 90%
e la successiva erogazione del saldo.
Il provvedimento prevede che la rata di acconto sia calcolata sulla base delle ore di produzione
del singolo impianto relative all'anno precedente, qualora disponibili, oppure sulla base di una
stima delle ore di produzione regionali (allegate al decreto stesso). Prevede, inoltre che i
pagamenti in acconto siano effettuati con cadenza diversa a seconda della potenza degli
FIAIP News24, numero 15 – novembre 2014
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impianti. In particolare sempreché, in tutti i casi, sia superata una soglia di importo da erogare
pari a 100 euro, l'acconto sarà erogato con cadenza:
- quadrimestrale per gli impianti di potenza fino a 3 kW;
- trimestrale per gli impianti di potenza superiore a 3 kW e fino a 6 kW;
- bimestrale per gli impianti di potenza superiore a 6 kW e fino a 20 kW;
- mensile per gli impianti di potenza superiore a 20 kW.
Il pagamento del conguaglio è, invece, eseguito sulla base delle quantità effettive (misure
valide) comunicate dai beneficiari, entro 60 giorni dal ricevimento delle stesse e comunque
prima del 30 giugno di ogni anno.
Al fine di consentire l'aggiornamento dei sistemi informatici, il decreto consente al Gestore
servizi elettrici (Gse) di adottare tempistiche differenti di pagamento, limitatamente al secondo
semestre del 2014 e comunque entro il 31 dicembre 2014.
Al fine di garantire un adeguato grado di corrispondenza tra la stima della produzione media
annua di ciascun impianto e la sua effettiva produzione, il decreto ha previsto, limitatamente
agli impianti di potenza superiore a 200 kW, che vengano effettuati specifici controlli, con
cadenza quadrimestrale.
Il secondo decreto, emanato in data 17 ottobre, attua il terzo comma dell'articolo 26 del Dl n.
91/2014 che ha previsto la rimodulazione degli incentivi agli impianti fotovoltaici di potenza
superiore a 200 kW. A decorrere dal 1° gennaio 2015 l'operatore può, a questo scopo,
scegliere tra tre opzioni:
- l'estensione da 20 a 24 anni del periodo di incentivazione, a fronte di una riduzione del valore
unitario dell'incentivo di entità dipendente dalla durata del periodo incentivante residuo;
- il mantenimento del periodo di erogazione ventennale, a fronte di una riduzione dell'incentivo
per un primo periodo, e di un corrispondente aumento dello stesso per un secondo periodo,
secondo percentuali definite dal ministero dello Sviluppo economico;
- il mantenimento del periodo di erogazione ventennale, a fronte di una riduzione percentuale
crescente a seconda della taglia degli impianti, pari a: il 6% per impianti da 200 a 500 kW; il
7% per impianti da 500 a 900 kW; l'8% oltre i 900 kW.
Il decreto attuativo interviene sull'opzione di cui alla lettera b, indicando la procedura per
ridurre e poi incrementare l'incentivo. Per ciascun anno, a decorrere dal 2015, il nuovo
incentivo si calcolerà con la seguente formula: Inew=Iold x (1-Xj), dove: Inew è il nuovo
incentivo; Iold è il vecchio incentivo; Xj è il coefficiente percentuale di rimodulazione
(pubblicato sul sito del Gse) che varia per ciascun anno "j" del periodo residuo di
incentivazione.
È inoltre previsto che, al fine di agevolare la visualizzazione delle percentuali di rimodulazioni
spettanti a ciascun impianto, entro 3 giorni dall'entrata in vigore del decreto il Gse pubblichi
sul proprio sito le tabelle dei fattori moltiplicativi da applicare ai previgenti incentivi per il
calcolo dell'incentivo rimodulato.
(Gian Paolo Tosoni, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 28 ottobre 2014)

Immobili
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI
DECRETO 4 settembre 2014
Riparto tra le Regioni della disponibilita' finanziaria pari a 50 milioni di euro, relativa all'anno
2014, assegnata al Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione.
(G.U. 8 ottobre 2014, n. 234)
AGENZIA DEL DEMANIO
DECRETO 14 ottobre 2014
Rettifica del decreto 19 dicembre 2005 di individuazione di alcuni beni immobili di proprietà
dello Stato.
(G.U. 21 ottobre 2014, n.245)
AGENZIA DEL DEMANIO
DECRETO 14 ottobre 2014
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Individuazione di beni immobili di proprietà dello Stato.
(G.U. 21 ottobre 2014, n.245)
AGENZIA DEL DEMANIO
DECRETO 14 ottobre 2014
Individuazione di beni immobili di proprietà dell'INAIL.
(G.U. 21 ottobre 2014, n.245)
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Giurisprudenza

Compravendita immobiliare
Corte di Cassazione, Sezione 2 civile
Sentenza 20 ottobre 2014, n. 22161
Compravendita immobiliare - Preliminare - Art. 2932 c.c. - Esecuzione specifica del preliminare
di compravendita - Nullità del contratto - Indeterminabilità dell'oggetto
Corte di Cassazione, Sezione 6 civile
Ordinanza 20 ottobre 2014, n. 22129
Imposta di registro e ipotecaria - Rettifica dell'imposta - Compravendita immobiliare Edificabilità dell'area - Applicabilità del criterio di determinazione della base imponibile - Valore
venale - Qualificazione attribuita nel piano regolatore adottato dal Comune - Potenzialità
edificatorie
Corte di Cassazione, Sezione 2 civile
Sentenza 9 ottobre 2014, n. 21352
Contratto di compravendita - Immobile - Oggetto del contratto nei negozi formali Determinazione per "relationem" - Documenti materialmente allegati al negozio - Rilevanza
delle altre risultanze del contratto
Corte di Cassazione, Sezione 2 civile
Sentenza 6 ottobre 2014, n. 20981
Vendita immobiliare - Contratto preliminare - Azione di risoluzione del promissario acquirente Frazionamento dell'immobile - Mancanza di rilievo urbanistico - Licenza comunale e
dichiarazione ex lege n. 47/95 - Necessità - Esclusione - Inadempimento del promissario
venditore - Non sussiste
 Condominio
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CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 23 ottobre 2014, n. 22588
Il condomino non paga i lavori se prova il mancato acquisto dell'immobile
Se manca la prova scritta dell’acquisto della proprietà il proprietario non è tenuto a versare
l’importo deliberato in assemblea.
Il caso. Con il ricorso presentato dal condomino contro la sentenza pronunciata dalla Corte
d’appello di Campobasso (sentenza depositata il 15 dicembre 2008), il ricorrente poneva il
seguente quesito: se sia o meno legittimo ed ammissibile decidere in tema di azione
contrattuale, in mancanza di acquisizione del contratto controverso, sulla base di mere
presunzioni, in assenza di risultanze istruttorie comprovanti l’incolpevolezza nella perdita del
documento, ai sensi del combinato disposto degli artt. 2721, 2724 e 2729 c.c.
Il ricorrente contestava anche l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa la
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natura del documento stipulato in data 9 novembre 1979 (per la Corte d’appello trattavasi del
contratto stipulato dal ricorrente per l’acquisto del garage costituente oggetto della
controversia) ed il suo presunto carattere definitivo.
La risoluzione. La Corte di Cassazione ha accolto il primo motivo di ricorso e, come vedremo,
ha cassato con rinvio alla Corte d’appello di Napoli, la pronuncia della Corte d’appello di
Campobasso, ritenendo che questo giudice non avesse tenuto conto del difetto di prova circa
l’incolpevole perdita da parte della società A. della scrittura stipulata il 9 novembre 1979,
prova necessaria per poter ammettere la testimonianza, come indicato dall’art. 2724, n. 3,
c.c.; questa norma, infatti, ammette la prova testimoniale quando il ricorrente, senza sua
colpa, abbia smarrito il documento che gli forniva la prova del fatto affermato (Si vedano,
Cass. Civ., sez. I, 6 dicembre 2006, n. 26155; Cass. Civ., sez. II, 5 gennaio 1998, n. 43; Cass.
Civ., sez. II, 17 novembre 2005, n. 23288; Cass. Civ., sez., II, 3 luglio 1996, n. 6054).
La Corte d’appello, invece, aveva ritenuta raggiunta la prova della conclusione del contratto di
vendita sulla base di elementi presuntivi (transazione e confessione stragiudiziale resa dal
ricorrente innanzi al Tribunale di Larino), mentre aveva trascurato di occuparsi della prova
dello smarrimento dello stesso documento, ritenuta, invece, circostanza fondamentale per
provare il contenuto del documento andato perduto o distrutto.
La Cassazione, con la sentenza in commento, n. 22588 del 23 ottobre 2014, ha, quindi,
precisato che chi invoca il documento a proprio favore deve dimostrare di aver usato, nella
custodia del documento, ogni possibile diligenza (Cass. Civ., sez. II, 25 marzo 1987, n. 2902;
Cass. Civ., sez. II, 17 novembre 2011, n. 24100).
Per poter ammettere la prova testimoniale, in caso di smarrimento del documento che fornisce
la prova, il comportamento del contraente deve presentarsi immune dai caratteri
dell’imprudenza e della negligenza e, ai fini dell’esclusione della colpa rispetto alla perdita del
documento, deve risultare che il contraente abbia usato la diligenza del buon padre di famiglia
(Cass. Civ., sez. III, 1 marzo 1997, n.2017; .Cass. civ., sez. II, 11 marzo 1983, n. 1822,;
Cass. Civ., sez. II, 12 novembre 1981, n. 6001; Cass. Civ., sez. II, 21 luglio 1979, n. 4398).
(Ivan Meo, Il Sole24 ORE - Tecnici24, 27 ottobre 2014)
 Immobili e locazione

Corte di cassazione - Sezione III civile - Sentenza 22 ottobre 2014 n. 22352
Va risarcito l'affare perso per la consegna tardiva dell'immobile locato
Va sempre risarcito il danno provocato dal ritardato rilascio dell'immobile una volta accertato il
nesso causale col pregiudizio economico sofferto dal locatore. E, nel verificare tale nesso, il
giudice deve effettuare una «valutazione prognostica ex ante», valutando cioè se, in mancanza
del ritardo, il proprietario avrebbe potuto secondo la «regolarità causale» concludere l'affare.
Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza 22352/2014, accogliendo il ricorso di una
s.p.a. proprietaria di due palazzi rilasciati da una Asl oltre i termini di legge.
La vicenda - Una volta ricevuta la disdetta, la società proprietaria aveva rapidamente trovato
un acquirente che aveva formulato una proposta irrevocabile efficace fino al 15 gennaio del
2014, 15 giorni dopo la data prevista per il rilascio dei locali. Siccome però gli immobili non
erano stati liberati, il locatore non ha potuto accettare la proposta. Successivamente, avendo
venduto con «tempi più lunghi» e ad un prezzo minore aveva chiesto ed ottenuto dal Tribunale
di Saluzzo 189mila euro a titolo di risarcimento danni.
Decisione ribaltata in appello sulla considerazione che i locali vennero poi effettivamente
liberati il successivo 12 febbraio e dunque in tempo per il rogito, previsto per il 14 del mese.
Sicché, per la Corte territoriale, era mancato il nesso causale tra il ritardo ed il minor ricavo, la
cui responsabilità, dunque, ricadeva unicamente su «una scelta prudente ma poco oculata
della società proprietaria degli immobili».
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Il ricorso - Per il ricorrente il vizio della decisione della Corte d'appello «consiste nell'aver
effettuato il giudizio ipotetico non ex ante ma ex post inserendo in esso un elemento l'avvenuto rilascio dell'immobile da parte della Asl il 12.2.2004 - di cui l'attrice non poteva
disporre nel momento in cui ebbe a decidere se impegnarsi o meno a vendere l'immobile
accettando entro il 15.1.2004 la proposta che le era stata formulata».
Il ragionamento della Cassazione - Giudizio condiviso dalla Suprema corte secondo cui per
valutare l'esistenza o meno del nesso causale tra il ritardo e la perdita di un'opportunità
vantaggiosa «il giudice si deve porre nelle condizioni del danneggiato ex ante ovvero al
momento di compiere la scelta, e non deve inserire quegli elementi di fatto che solo dopo si
sono verificati o di cui solo successivamente il danneggiato ha acquisito conoscenza e che
quindi non possono aver inciso sulla sua scelta». L'opposto dunque della sentenza d'appello
che ha basato la decisione su di un elemento successivo che il proprietario non poteva
conoscere, in quanto nulla assicurava che l'Asl, già in ritardo, avrebbe rilasciato i locali nei
tempi per la conclusione della compravendita.
Da qui l'accoglimento del ricorso ed il rinvio alla Corte d'appello di Torino che dovrà decidere
sulla base del seguente principio di diritto: «In tema di locazione di immobili, la valutazione
relativa alla configurabilità o meno del danno da ritardato rilascio di immobile va effettuata,
una volta che l'attore abbia provato l'esistenza di una favorevole occasione di vendere o di
locare l'immobile, con valutazione prognostica ex ante in cui si consideri se, in mancanza del
ritardo nella riconsegna, il proprietario avrebbe potuto secondo la regolarità causale concludere
l'affare».
(Francesco Machina Grifeo, Il Sole 24 ORE – Guida al Diritto, 23 ottobre 2014)
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Attestato Prestazione
Energetica



Per la pagella energetica i calcoli sono più severi
Silvio Rezzonico, Maria Chiara Voci, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 27 ottobre 2014
L'attestato di prestazione energetica (Ape) resta l'eterno incompiuto. A quasi un anno e mezzo
dalla legge n. 90 del 3 agosto 2013, mancano ancora i decreti di attuazione con i nuovi limiti
da rispettare nel rilascio della targa di efficienza di case, singoli appartamenti, uffici. Mentre a
inizio ottobre è stato aggiornato il metodo di calcolo che permette di rilevare i diversi parametri
di efficienza in un fabbricato.
I criteri attualmente seguiti per stilare un Ape continuano a essere quelli che fanno riferimento
ancora al vecchio attestato di certificazione energetica, che non è più in vigore da metà del
2013. L'emanazione delle norme attuative della legge 90 viene, comunque, indicata come
imminente. Forse già prima della fine del 2014, secondo ciò che segnala il Comitato
termotecnico italiano.
Le nuove norme Uni
Dal 2 ottobre, intanto, sono entrate in vigore le nuove parti 1 e 2 delle norme Uni/Ts 11300,
che si occupano del bilancio energetico dell'immobile e del fabbisogno energetico per la
climatizzazione invernale, la produzione di acqua calda sanitaria, la ventilazione e
l'illuminazione. È cambiato cioè il metodo di calcolo utilizzato per il rilascio della certificazione
energetica su tutto il territorio nazionale, con l'eccezione della Lombardia, della Provincia di
Bolzano e della Valle d'Aosta, territori su cui sono rispettivamente in vigore i sistemi locali del
Cened, dell'Agenzia Casa Clima e di Beauclimat.
««Le novità sono importanti, anche se siamo di fronte tutto sommato a una piccola rivoluzione
– commenta Rossella Esposti, direttore tecnico dell'Anit, l'associazione nazionale per
l'isolamento termico e acustico -. Le regole diventano, in generale, più stringenti rispetto a
prima. Ad esempio, per ciò che riguarda i ponti termici, viene approfondita la metodologia per
calcolarli. Uno sforzo che richiederà a chi opera sul mercato l'acquisizione di competenze e un
necessario aggiornamento».
Per ciò che riguarda la seconda parte, relativa agli impianti, spiega anche Simone Martinelli,
responsabile della materia per Assotermica «la novità più significativa è l'introduzione della
metodologia di calcolo dell'illuminazione, parametro che è previsto dal nuovo Ape e dovrà
essere registrato nella certificazione degli edifici terziari. Prima, questa parte era del tutto
assente». «Inoltre - aggiunge - il calcolo della ventilazione meccanica, che nelle precedenti
norme Uni era trattato in due pagine, è stato notevolmente approfondito, in dieci pagine con
due appendici dedicate. La valutazione è divenuta molto più raffinata».
Per la misurazione dei consumi di acqua sanitaria, sono state rimodulate le tabelle di
riferimento, rese più simili alla realtà. «Un accorgimento - prosegue Martinelli - che riguarda
non tanto gli edifici residenziali, ma più che altro quelli a uso scolastico, ospedaliero o ricettivo,
per cui risultava difficile, fino ad oggi, stimare i consumi secondo valori veritieri».
FIAIP News24, numero 15 – novembre 2014
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Alcune modifiche introdotte derivano dallo spunto offerto dalla Lombardia, che con il proprio
sistema di calcolo si è distinta rispetto al metodo nazionale. «Anche nelle norme Uni prosegue Rossella Esposti - è stata introdotta, ad esempio per ciò che riguarda i guadagni
solari, una modifica che valuta un solo fattore di riduzione, peggiorativo, per l'ombreggiatura
all'esterno tra l'aggetto verticale e orizzontale».
I condizionatori
Se le parti 1 e 2 delle norme Uni/Ts 11300 sono state rinnovate, nessuna novità ha toccato
invece le parti 3 e 4, uscite nel 2010 e nel 2013 e che riguardano, rispettivamente, dati e
metodi per la determinazione dei rendimenti e dei fabbisogni di energia primaria e dei sistemi
di climatizzazione estiva e il calcolo del fabbisogno di energia primaria per la climatizzazione
invernale e la produzione di acqua calda sanitaria nel caso vi siano impianti alimentati da
energie rinnovabili.
In particolare, la terza parte delle norme è in corso di revisione, per una difficoltà che la rende
di fatto inapplicabile.
Al momento però non è richiesto per la certificazione energetica dell'edificio di tenere in
considerazione gli impianti di raffrescamento. Per cui, nei fatti, la parte 3 non ha applicazione
concreta rispetto all'Ape, visto che il parametro richiesto per la prestazione estiva riguarda
unicamente l'involucro.
Sono infine attese le norme Uni/Ts parte 5 e 6. «Le prime - conclude Martinelli - ricalcano la
raccomandazione 14 già emessa dal Cti e serviranno a pesare e fare un bilancio fra i diversi
tipi di energia utilizzati nell'immobile. Le seconde, invece, attengono gli ascensori, il cui
consumo deve essere calcolato obbligatoriamente secondo la legge 90/2013 nella compilazione
dell'Ape per gli edifici terziari».
In sintesi
L'ATTESTATO MISURA-CONSUMI
Cosa manca all'Ape
L'attestato di prestazione energetica degli edifici (Ape), introdotto dalla legge 90/2013, ha
sostituito il vecchio Ace o attestato di prestazione energetica. Il documento è obbligatorio in
caso di nuova costruzione, ristrutturazione o vendita di una casa o un singolo appartamento.
Per la piena operatività del nuovo strumento mancano però le norme attuative
LE REGOLE PER I CALCOLI
Rinnovata la metodologia
Il 2 ottobre sono entrate in vigore le nuove parti 1 e 2 delle norme Uni/Ts 11300, che dettano
il metodo di calcolo per fare il bilancio energetico di un immobile e calcolare il fabbisogno
energetico per: climatizzazione invernale, acqua calda sanitaria, ventilazione e illuminazione.
Fra le novità: un metodo di calcolo dell'illuminazione e regole più stringenti per valutare i ponti
termici
DOVE SI APPLICA LA NORMA UNI
Le eccezioni
Il metodo di calcolo Uni/Ts 11300 è utilizzato in tutte le Regioni italiane, comprese quelle con
un proprio sistema per il rilascio degli Ape. Fanno eccezione, poiché dotate di una propria
metodologia di calcolo, la Lombardia, la Provincia di Bolzano e la Valle d'Aosta. Su questi
territori sono, rispettivamente, in vigore i sistemi locali del Cened, dell'agenzia CasaClima e di
Beauclimat
FIAIP News24, numero 15 – novembre 2014
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Attestato Prestazione
Energetica
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
Controlli «riscritti» dal decreto semplificazioni
Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 27 ottobre 2014
A quasi un anno di distanza dal decreto "destinazione Italia", sta per arrivare al traguardo la
norma che corregge i meccanismi di controllo sulla presenza dell'attestato di prestazione
energetica (Ape), così come delineati dalla normativa nazionale.
Il Dl 145/2013, in vigore dal 24 dicembre scorso, ha sostituito la nullità degli atti privi di Ape
con una sanzione amministrativa pecuniaria a carico delle parti. Inoltre, ha stabilito che
l'accertamento e la contestazione delle violazioni sono svolte dalla Guardia di finanza o, alla
registrazione dell'atto, dall'agenzia delle Entrate, andando a modificare l'articolo 6, comma 3,
del Dlgs 192/2005.
La seconda parte della norma, però, è inapplicabile. Il problema è che, per le Entrate, è
impossibile contestare la violazione «all'atto della registrazione», dal momento che – quando si
utilizza internet, come avviene ormai nella maggior parte dei casi – la registrazione degli atti di
trasferimento di immobili a titolo oneroso e dei contratti di locazione avviene «al momento
della ricezione del file telematico». Senza dimenticare che in alcuni casi la registrazione delle
locazioni (modelli Siria, Iris e Rli) avviene senza che il contribuente debba "caricare" online
l'atto e i suoi allegati. Il che rende impossibile, per i funzionari del Fisco, verificare se la
normativa è stata rispettata.
Da qui la disposizione contenuta del decreto delegato sulle semplificazioni fiscali (Ag 99-bis),
ora all'ultimo passaggio in Consiglio dei ministri prima della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
L'articolo 34 del decreto stabilisce che le Entrate – previa intesa con lo Sviluppo economico –
trasmetteranno in via telematica allo stesso ministero le informazioni necessarie ad accertare e
contestare le eventuali violazioni rispetto all'Ape. Per evitare una sanatoria di fatto, la norma
prevede che siano inviati allo Sviluppo anche i dati dei contratti registrati dal 24 dicembre 2013
a oggi.
Il decreto semplificazioni rimedia anche a un'altra falla del "destinazione Italia", precisando che
chi paga la sanzione amministrativa per regolarizzare spontaneamente il mancato inserimento
della clausola o la mancata allegazione dell'Ape, deve comunque presentare al ministero dello
Sviluppo economico l'Ape entro 45 giorni.
Non cambia invece la portata degli obblighi, che resta quella delineata dal Dl 145 (e contenuta
nell'articolo 6, comma 3, del Dlgs 192). Quindi:
- nei contratti di compravendita immobiliare, negli atti di trasferimento di immobili a titolo
oneroso e nei nuovi contratti di locazione di edifici o di singole unità immobiliari soggetti a
registrazione, va inserita una clausola con cui l'acquirente o il conduttore dichiarano di aver
ricevuto le informazioni e la documentazione sull'efficienza energetica dell'edificio, compreso
l'Ape;
- va allegata al contratto una copia dell'Ape, tranne che nel caso di locazione di singole unità
immobiliari.
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Rent
to buy
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
Contratto di "rent to buy" - Disciplina fiscale - Chiarimenti della norma
di comportamento Aidc 191
Emanuele Rossi, Il Sole 24 ORE – La settimana fiscale, 5 novembre 2014
QUADRO NORMATIVO
Con l'art. 23, D.L. 12.9.2014, n. 133, pubblicato sulla G.U. 12.9.2014 e in attesa di
conversione, il Legislatore ha dato disciplina al contratto di rent to buy. A mezzo di tale
contratto, soggetto a trascrizione nei pubblici registri, il concedente dà in godimento un
bene immobile al conduttore, il quale ha il diritto di acquistarlo entro un determinato
termine imputando al corrispettivo del trasferimento la quota parte di canone indicata nel
contratto. Ciò che è stata introdotta è la sola disciplina civilistica di tali contratti, e non anche
quella fiscale. Numerosi erano gli interrogativi a riguardo, tanto che sia il Consiglio Nazionale
del notariato con il documento "Prime note in tema di rent-to-buy", sia l'Aidc di Milano
con la Norma di comportamento n. 191, hanno cercato di chiarire le ripercussioni fiscali di
questo nuovo istituto.
"RENT to BUY" - ASPETTI CIVILISTICI: complice anche una crisi di liquidità che morde
sempre di più il Legislatore ha introdotto uno strumento giuridico nell'ambito delle
compravendite immobiliari capace di tutelare meglio gli interessi del compratore e del
venditore: il contratto di rent to buy.
Tale novità, contenuta nell'art. 23, D.L. 12.9.2014, n. 133 (G.U. 12.9.2014, n. 212), in attesa
di conversione, disciplina i contratti, diversi da quelli di locazione finanziaria, che prevedono la
concessione del godimento di un immobile, a fronte del diritto per il conduttore di acquisto del
medesimo entro un termine determinato e con imputazione al corrispettivo del
trasferimento della parte di canoni indicata nel contratto. Il contratto di rent to buy,
venendo richiamato il disposto dell'art. 2465-bis, c.c., è soggetto agli obblighi di trascrizione
propri dei preliminari di compravendita.
Come noto l'obbligo di trascrizione serve a garantire il promissario acquirente nei confronti di
eventuali scorrettezze poste in essere da parte del promittente alienante; mentre nelle normali
compravendite gli effetti della trascrizione cessano se entro un anno dalla data convenuta tra
le parti, e in ogni caso entro tre anni dalla trascrizione del preliminare, non viene eseguita la
trascrizione del contratto definitivo, nei contratti di rent to buy gli effetti della trascrizione
coprono tutta la durata del contratto, e comunque un periodo non superiore a dieci anni.
Nel testo di legge è stata prevista una clausola risolutiva espressa del contratto consistente
nel mancato pagamento, anche non consecutivo, di un numero minimo di canoni, che deve
essere determinato dalle parti, ma che non può essere comunque inferiore ad un ventesimo
del loro numero complessivo.
Al di là di tale casistica l'art. 23 testé richiamato regola in maniera puntuale gli effetti di una
eventuale risoluzione contrattuale per inadempimento.
In particolare, in caso di inadempimento del concedente, lo stesso è tenuto a restituire al
conduttore la parte dei canoni imputata al corrispettivo, maggiorata degli interessi legali.
Dall'altra, in caso di inadempimento del conduttore, il concedente ha diritto alla restituzione
dell'immobile ed acquisisce interamente i canoni a titolo di indennità, salvo diversa previsione
contrattuale.
Viene precisato come in caso di fallimento del concedente, il contratto prosegua, fatta salva
l'applicazione degli artt. 67 e 72, Legge fallimentare. Ciò vuol dire che tale contratto potrà
essere soggetto, ricorrendone i presupposti, ad azione revocatoria e che il nominato curatore
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avrà facoltà di sciogliersi dal medesimo. In tale ultimo caso, il fallimento dovrà restituire al
conduttore la parte dei canoni imputata al corrispettivo, maggiorata degli interessi legali.
Da ultimo, i commi 7 e 8, dell'art. 23, D.L. 133/2014, prevedono che le disposizioni del rent to
buy si applicano anche alle convenzioni con diritto di riscatto degli alloggi sociali di cui al
D.L. 28.3.2014, n. 47. Disposizione questa subordinata al placet della Commissione europea.
"RENT to BUY" - ASPETTI FISCALI: il D.L. 133/2014 nulla dice sugli aspetti fiscali. Sul
punto il Consiglio nazionale del Notariato, dapprima con lo studio n. 490-2013/T, poi con il
documento "prime note in tema di rent-to-buy" di settembre 2014 si è preoccupato di
risolvere i profili di possibile doppia imposizione causati da una lettura non coordinata della
norma. Più completa è a riguardo la Norma di comportamento n. 191 dell'Aidc di Milano la
quale, richiamando peraltro lo studio dei notai, prova a dare un quadro generale della
problematica di utile supporto agli operatori.
LOCAZIONE con VINCOLO di TRASFERIMENTO OBBLIGATORIO per ENTRAMBE le
PARTI: la norma di comportamento n. 191/2014 esamina le problematiche fiscali connesse al
rent to buy sia sotto il punto di vista delle imposte dirette, che indirette.
Punto di partenza è la distinzione tra contratto che sancisce l'obbligo di trasferimento entro
una certa data, e contratto che contempla la mera opzione all'acquisto dell'immobile,
esercitabile o meno da parte del conduttore entro un termine prestabilito.
Partendo dalla prima casistica, mentre ai fini civilistici il diritto di proprietà rimane nella sfera
giuridica del locatore fino all'effettivo trasferimento, che si perfeziona col pagamento,
unitamente ai canoni periodici, del corrispettivo finale, ai fini fiscali la clausola di trasferimento
della proprietà vincolante per ambedue le parti fa retroagire gli effetti della vendita all'inizio
della locazione. Ciò sia ai fini delle imposte sui redditi, (1) che per l'Iva (2) e l'imposta di
registro. (3) Gli effetti di tale assunto sono diversi a seconda che il locatore/cedente ed il
locatario/cessionario agiscano o meno in regime d'impresa.
Locatore/cedente che opera nell'ambito dell'attività d'impresa:
• Iva: l'assoggettamento ad Iva dell'intero corrispettivo della cessione (canoni più saldo)
avviene al momento della stipula del contratto, secondo l'aliquota propria applicabile alla
tipologia di bene trasferito. La cessione risulterà quindi imponibile od esente a seconda dei
casi, con l'avvertenza che qualora il cedente sia un'impresa costruttrice, la stipula del contratto
di locazione costituisce anche il momento per il computo del decorso del quinquennio di cui
all'art. 10, co. 1, n. 8-bis), D.P.R. 633/1972;
• Registro e ipo/catastali: in caso di cessione Iva esente, applicazione dell'imposta di
registro proporzionale al momento della stipula del contratto.
Le imposte ipotecarie e catastali si applicano in misura fissa o proporzionale a seconda della
categoria catastale di appartenenza del bene immobile;
• Imposte dirette: imputazione del ricavo o dell'eventuale plus/minusvalenza realizzata nel
momento della stipula del contratto. Ai fini bilancistici, sempre nel medesimo periodo
d'imposta di conclusione del contratto, in virtù del principio di prevalenza della sostanza sulla
forma di cui all'art. 2423, co. 1, n. 1), c.c., eliminazione del bene dall'attivo di bilancio del
venditore.
Locatario/cessionario che opera nell'ambito dell'attività d'impresa:
• Iva: esercizio del diritto alla detrazione dell'Iva eventualmente pagata ai sensi
• Registro e ipo/catastali: come sopra, per cui opera la responsabilità solidale tra
compratore e venditore;
• Imposte dirette: costo iscritto nell'attivo di bilancio nell'esercizio in cui è stato stipulato il
contratto con inizio della deduzione delle quote di ammortamento. (4)
Locatore/cedente che non opera nell'ambito dell'attività d'impresa:
• Imposta di registro: assoggettamento dell'intero corrispettivo al momento della stipula del
contratto;
• Irpef: al ricorrere delle condizioni previste dall'art. 67, co. 1, lett. b), D.P.R. 917/1986,
tassazione della plusvalenza nell'esercizio di stipula del contratto.
Locatario/cessionario che non opera nell'ambito dell'attività d'impresa:
FIAIP News24, numero 15 – novembre 2014
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• Benefici: diritto di richiedere i benefici per l'acquisto prima casa contestualmente alla stipula
del contratto, con ogni conseguente adempimento;
• Irpef: decorrenza del quinquennio di cui all'art. 67, co. 1, lett. b), D.P.R. 917/1986, già dalla
data di stipula del contratto.
LOCAZIONE con PATTO di FUTURA VENDITA NON VINCOLANTE per AMBEDUE le
PARTI: se nel caso della clausola vincolante per ambedue le parti non si evidenziano
problematiche particolari, così non è in presenza di una semplice opzione all'acquisto a
vantaggio del conduttore.
In tali casi, infatti, dove gli effetti civili e fiscali tendono a coincidere, divenendo il
trasferimento rilevante in tutti e due i comparti nel momento in cui l'opzione per l'acquisto
viene esercitata, aumentano le variabili di cui dover tenere conto.
Come nel caso della clausola vincolante per ambo le parti, anche in tali casi il trattamento
fiscale dipende dalla qualifica soggettiva delle parti del contratto, a seconda che queste
agiscano o meno in regime d'impresa. Non solo. Occorre anche indagare se il corrispettivo
pattuito per l'esercizio dell'opzione d'acquisto sia fissato al netto ovvero al lordo dei canoni
pagati in esecuzione del contratto.
Partendo dal caso di un corrispettivo stabilito per il successivo trasferimento determinato al
lordo dei canoni nel frattempo corrisposti - i quali vengono tuttavia scomputati in tutto o in
parte dal pagamento del corrispettivo - anche in questo caso si procederà con l'analisi
distinguendo locatore/cedente e locatario/cessionario esercente o meno attività d'impresa.
Locatore/cedente che opera nell'ambito dell'attività d'impresa:
• Iva: durante il periodo della locazione, a seconda dei casi i canoni verranno fatturati
applicando l'Iva ovvero il regime di esenzione. All'esercizio dell'opzione verrà emessa una
fattura a saldo, riqualificando in tutto o in parti i canoni pagati medio tempore quale acconto
del corrispettivo complessivamente dovuto. Tale riqualifica comporterà se del caso la rettifica
in aumento, ex art. 26, co. 1, ovvero in diminuzione, co. 2, D.P.R. 633/1972, dell'Iva ovvero
del regime esentativo applicato ai canoni, al fine di rendere complessivamente omogenea la
tassazione della vendita dell'immobile;
• Imposte dirette: rilevata contabilmente la cessione dell'immobile, il locatore, al fine di
evitare fenomeni di doppia imposizione, dovuti al concorso alla formazione del reddito
imponibile dei canoni fatturati prima, e del ricavo/plusvalenza (5) poi, dovrà contabilizzare una
sopravvenienza passiva pari ai canoni incassati ed imputati al prezzo. Tale sopravvenienza
risulterà quindi deducibile nell'esercizio in cui avviene il trasferimento dell'immobile.
Locatario/cessionario che opera nell'ambito dell'attività d'impresa:
• Iva: eserciterà il diritto alla detrazione dell'Iva eventualmente pagata sui canoni, annotando
altresì la fattura rettificativa dell'Iva eventualmente emessa dal cedente e rettificando, se del
caso, il credito Iva precedentemente contabilizzato;
• Imposte sui redditi: specularmente a quanto visto per il locatore/cedente, il
locatario/cessionario contabilizzerà l'acquisto dell'immobile, rettificando il costo con un
componente positivo di reddito, una sopravvenienza attiva, in modo da non procedere ad una
doppia deduzione del costo, sotto forma di canoni di locazione prima, e quote di
ammortamento/costo d'esercizio (6) poi.
Locatore/cedente che non opera nell'ambito dell'attività d'impresa:
• Imposta di registro: assoggetterà sia i canoni di locazione che il corrispettivo dovuto per la
cessione ad imposta di registro. Poiché il rent to buy, nelle sue due fasi di locazione e
successiva cessione (laddove venisse esercitata l'opzione da parte del conduttore) deve essere
considerato quale contratto unitario, secondo lo Studio del Consiglio Nazionale del Notariato
25.7.2013, n. 490-2013/T trova applicazione il disposto della nota all'art. 10, della Tariffa
parte prima allegata al D.P.R. 131/1986. I canoni di locazione dovranno quindi essere
considerati quali acconti, con la conseguenza che l'imposta di registro assolta sui medesimi
dovrà essere scomputata dall'imposta principale di registro dovuta sull'atto di cessione;
• Imposte sui redditi: dichiarerà, ricorrendone i presupposti, il reddito diverso ai sensi
dell'art. 67, co. 1, lett. b), D.P.R. 917/1986.
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Locatario/cessionario che non opera nell'ambito dell'attività d'impresa:
• Imposta di registro: le problematiche sono le stesse esaminate per il locatore/cedente.
CORRISPETTIVO STABILITO - DETERMINAZIONE: come è stato anticipato supra, sempre
nell'ambito della mera opzione all'acquisto a vantaggio del conduttore, gli aspetti fiscali sono
diversi nel caso in cui il corrispettivo prestabilito per il successivo trasferimento del bene sia
convenuto, in tutto o in parte, al netto dei canoni di locazione nel frattempo corrisposti. Di
seguito l'esame delle varie casistiche connesse a tale eventualità.
Locatore/cedente che opera in regime d'impresa:
• Iva: emissione della fattura ad un importo pari al prezzo pattuito, senza tener conto dei
canoni pagati. Il regime di imponibilità ovvero di esenzione varierà a seconda della tipologia di
immobile compravenduto;
• Imposta di registro: qualora ne ricorrano i presupposti per l'applicazione in misura
proporzionale, il corrispettivo dovuto per la cessione potrà comunque essere oggetto di
valutazione ai sensi dell'art. 51, D.P.R. 131/1986;
• Imposte sui redditi: l'impresa contabilizzerà un componente reddituale, ricavo ovvero
plus/minusvalenza, che concorrerà alla formazione dell'imponibile secondo le regole ordinarie.
Essendo iscritta la vendita al netto dei canoni, non dovrà essere approntata alcuna rettifica.
Locatario/cessionario che opera in regime d'impresa:
• Iva: in caso di applicazione dell'Iva eserciterà il diritto alla detrazione, nel rispetto del
principio di inerenza di cui all'art. 19, D.P.R. 633/1972;
• Imposte sui redditi: contabilizzerà l'acquisto dell'immobile procedendo poi con la
deduzione delle quote di ammortamento se trattasi di bene strumentale.
Locatore/cedente che non opera nell'ambito dell'attività d'impresa:
• Imposta di registro: assoggetterà ad imposta di registro sia i canoni che il corrispettivo
pattuito per la cessione dell'immobile. Data la visione unitaria del contratto, poiché in caso di
accertamento del valore all'atto della vendita si genera un fenomeno di doppia imposizione,
vale quanto detto in precedenza in merito all'applicazione dell'art. 10 della Tariffa parte prima
allegata al D.P.R. 131/1986, con scomputo quindi dell'imposta pagata sui canoni da quella
richiesta in sede di accertamento;
• Imposte sui redditi: ricorrendone i presupposti, dichiarerà il reddito diverso ai sensi
dell'art. 67, co. 1, lett. b), D.P.R. 917/1986.
Locatario/cessionario che non opera nell'ambito dell'attività d'impresa:
• Imposta di registro: in caso di applicazione proporzionale dell'imposta all'atto del
trasferimento, possibili fenomeni di doppia imposizione che, come più volte evidenziato,
potranno essere evitati facendo leva sul disposto dell'art. 10 della Tariffa parte prima allegata
al D.P.R. 131/1986.
CONSIDERAZIONI FINALI: per concludere, il documento dell'Aidc è da salutare senz'altro
con favore, poiché rende una trattazione organica degli aspetti fiscali del rent to buy, su cui il
Legislatore è stato silente. In attesa di conoscere le eventuali modifiche che verranno
effettuate in sede di conversione del D.L., peraltro, sia gli aspetti civili, che quelli fiscali
connessi al rent to buy si ritiene possano essere estesi, con i dovuti adattamenti, anche a
contratti simili che abbiano per oggetto altri beni diversi dagli immobili.
_____
(1) Art. 109, co. 2, D.P.R. 22.12.1986, n. 917, secondo cui: "(...) non si tiene conto delle
clausole di riserva di proprietà.
La locazione con clausola di trasferimento vincolante per ambedue le parti è assimilata alla
vendita con riserva di proprietà".
(2) Art. 2, co. 2, n. 2), D.P.R. 26.10.1972, n. 633, secondo cui: "Costituiscono inoltre
cessioni di beni: (...) 2) le locazioni con clausola di trasferimento della proprietà vincolante per
entrambe le parti".
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(3) Art. 27, co. 3, D.P.R. 26.4.1986, n. 131, secondo cui: "Non sono considerati sottoposti a
condizione sospensiva le vendite con riserva della proprietà e gli atti sottoposti a condizione
che ne fanno dipendere gli effetti dalla mera volontà dell'acquirente o del creditore".
(4) Se trattasi di bene strumentale. Se l'acquisto invece riguardasse un bene merce,
iscrizione del costo nel conto economico del medesimo esercizio.
(5) A seconda che ciò che viene venduto sia o meno un bene strumentale.
(6) In caso di acquisto di bene merce.
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Casi pratici
 Immobili e agevolazioni
 DA UNA INDICAZIONE OMESSA DERIVA UN ERRORE SCUSABILE
D. Una persona, all'inizio del 2014, ha effettuato lavori di ristrutturazione edile in un
appartamento di sua proprietà. Poi ha anche acquistato dei mobili per quell'appartamento,
seguendo tutta la procedura corretta. Infine, per motivi personali, ha venduto l'appartamento,
ma ha mantenuto i benefici delle detrazioni (edili/mobili), poiché sono stati indicati nel rogito i
riferimenti delle spese e fatture. Purtroppo, nella compilazione del contratto di compravendita,
l'importo di una fattura di mobili è stato sbagliato (essendo stato indicato l'importo senza Iva,
per un errore di copiatura dalla fattura da parte della dipendente del notaio), anche se numero
e data della fattura sono corretti. Il notaio ha detto che l'errore non pregiudica la detrazione,
facendo fede il numero e la data fattura. È vero?
----R. Dal 1° gennaio 2012, l’articolo 16-bis del Tuir, Dpr 917/1986, prevede che, in caso di
vendita dell'unità immobiliare sulla quale sono stati realizzati gli interventi che fruiscono del
36-50 per cento, la detrazione non utilizzata in tutto o in parte è trasferita per i rimanenti
periodi di imposta, salvo diverso accordo delle parti, all'acquirente persona fisica dell'unità
immobiliare. L’opzione per il diritto al mantenimento dei benefici fiscali in capo al venditore va
effettuata direttamente nel rogito di trasferimento del bene. In caso contrario, il diritto si
trasferisce all’acquirente, cui il venditore deve fornire tutta la documentazione. Lo stesso si può
dire a proposito del bonus mobili, per il quale valgono le stesse modalità di applicazione della
detrazione per i lavori edili (articolo 1, comma 139, della legge 147/2013). Effettivamente, con
riferimento al caso descritto dal quesito, l’avere omesso l’indicazione dell’Iva dall’importo
complessivo che concorre alla detrazione è errore scusabile, che non inficia il diritto al
mantenimento della detrazione in capo al venditore.
(Marco Zandonà, Il Sole 24 ORE – Esperto Risponde, 13 ottobre 2014).
 LA REGOLARITÀ URBANISTICA È CONDIZIONE BASILARE
D. Nella risposta al quesito 2864, («Sì al 50% per la nuova cassa wc con cambio delle
tubature») pubblicata sull'Esperto risponde 35/2014, l'intervento descritto sul bagno viene
definito di manutenzione straordinaria e quindi detraibile al 50% senza che sia necessario
alcun titolo abilitativo. Mi risulta, invece, anche da vostre precedenti risposte che, trattandosi
di manutenzione straordinaria occorra almeno una comunicazione al Comune semplice e, in
taluni casi, asseverata. Se capisco bene, bisogna considerare quali abilitazioni prevede il
Comune nel quale sono effettuati i lavori. È così?
----R. La risposta è positiva. Per fruire della detrazione del 50% e del 65% (articolo 16 bis del Tuir
917/86 e articolo 1, comma 139, legge 147/2013) è necessaria la regolarità urbanistica
dell’intervento. Questa dipende dal regolamento urbanistico comunale che prevede la necessità
FIAIP News24, numero 15 – novembre 2014
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di una Scia, Dia o Cil (comunicazione inizio lavori) a seconda della tipologia dell’intervento. Per
interventi minimali può anche non essere necessaria alcuna comunicazione. Nel caso in cui la
normativa non preveda alcun titolo abilitativo per la realizzazione degli interventi, il
contribuente, ai fini del 50% (guida al 50% su www.agenziaentrate.it) deve comunque
predisporre e conservare (senza inviarla all’agenzia delle Entrate, ma esibendola a richiesta
dell’amministrazione) la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, resa ai sensi dell’articolo
47 del Dpr 445/2000, in cui sia indicata la data di inizio dei lavori e attestata la circostanza che
gli interventi rientrano tra quelli agevolabili, pure se i medesimi non necessitano di alcun titolo
abilitativo, ai sensi della normativa edilizia vigente. Per il rifacimento del bagno, a tal
proposito, il Comune può prevedere l’obbligo della Scia o Cil, sempre per il rifacimento
integrale. Solo in tal caso l’intervento è detraibile come manutenzione straordinaria (la
semplice sostituzione dei sanitari, ad esempio, è intervento di manutenzione ordinaria le cui
spese non sono detraibili ai fini del 50%).
(Marco Zandonà, Il Sole 24 ORE – Esperto Risponde, 20 ottobre 2014).

CONVIVENTI UGUALI AI CONIUGI MA NON PER LE ENTRATE
D. Dal 2014 sono proprietaria al 50% di un appartamento e di un garage, acquistati con il mio
convivente. Sono libera professionista con partita Iva, e aderisco al regime dei minimi. Non
avendo la possibilità di fruire delle detrazioni Irpef per l'acquisto del box auto, è possibile che
ne benefici il mio convivente? Il pagamento è stato effettuato con due bonifici (nelle modalità
previste per fruire delle agevolazioni) da un conto corrente cointestato, indicando in entrambi il
codice fiscale del mio convivente.
----R. La Corte di cassazione, sezione tributaria, con la sentenza 5 novembre 2008, n. 26543, ha
equiparato la posizione del convivente "more uxorio" a quella del coniuge convivente. La
pronuncia in questione, tuttavia non recepita dall’agenzia delle Entrate, assume rilevanza in
quanto la Corte di cassazione perviene all’espressa assimilazione del rapporto di convivenza
"more uxorio" a quella di coniugio ai fini della detrazione del 50 per cento (articolo 16-bis del
Tuir, Dpr 917/1986, e articolo 1, comma 139, della legge 147/2013). Pertanto, nel caso di
specie, potrebbe essere possibile riconoscere il diritto alla detrazione interamente in capo al
convivente comproprietario al 50% del box pertinenziale, acquistato fruendo delle agevolazioni
(l’acquisto è avvenuto nel 2014; quindi, il diritto alla detrazione scatta a partire dalla
dichiarazione da presentare nel 2015). In sostanza, il convivente/comproprietario fruirebbe
della detrazione in parte come proprietario e in parte come convivente (risoluzione 184/E 12
giugno 2002). In sede di verifica, però, come detto, potrebbe essere contestata l’assenza del
rapporto di coniugio, non avendo l’agenzia delle Entrate recepito l’orientamento della
Cassazione. In alternativa, sarebbe stato possibile effettuare il pagamento con bonifico
interamente intestato al convivente, ferma restando l’intestazione al 50% del box.
(Marco Zandonà, Il Sole 24 ORE – Esperto Risponde, 27 ottobre 2014).
 Immobili e locazioni
 LA LOCAZIONE DELLA CASA CON DIRITTO DI ABITAZIONE
D. Alla morte di Mario, l'immobile adibito ad abitazione familiare si devolve ai figli e alla moglie
Anna, che detiene il diritto di abitazione. Poichè l'immobile è molto grande, Anna, con il
consenso dei figli, decide di affittare alcune stanze a studenti per far fronte alle tasse e alle
spese. Si chiede se il contratto di affitto deve essere sottoscritto da Anna o anche dai fi
----R. Il diritto di abitazione attribuisce la facoltà di uso dell'immobile solo allo scopo di abitarvi. Il
diritto è incedibile e il titolare può far godere dell'abitazione solo i membri della sua famiglia.
Poiché però il divieto di cessione del diritto di abitazione non ha natura pubblicistica, è privo
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del carattere di inderogabilità nei confronti del nudo proprietario in quanto attiene ai diritti
patrimoniali di carattere disponibile. Ciò comporta che il nudo proprietario possa convenire con
il titolare del diritto di abitazione di derogare al divieto di cessione e il relativo accordo è valido
ed operante in quanto riflette un diritto di cui i titolari possono liberamente disporre. Il
contratto di locazione potrà quindi essere sottoscritto dalla madre, ma sarà opportuno far
precedere detto contratto da accordi tra nudi proprietari e titolare del diritto di abitazione ove
si consenta espressamente detta facoltà. Il reddito andrà poi dichiarato dal soggetto locatore.
(Luca Stendardi, Il Sole 24 ORE – Esperto Risponde, 13 ottobre 2014).

L'INQUILINO CHE LASCIA PRIMA PAGA LO STESSO IL CANONE
D. Un inquilino, con contratto di locazione a uso transitorio di durata annuale senza esplicito
rinnovo, disdice il contratto e lascia libera l'abitazione circa sei mesi prima della scadenza. Il
locatore ha diritto al pagamento dei mesi che ancora mancano alla scadenza del contratto?
---R. Ove nel contratto non sia prevista, per il conduttore, la possibilità del rilascio dei locali
prima della scadenza, è obbligo del conduttore stesso pagare canoni e spese fino al termine
pattuito del rapporto. Ciò a meno che il locatore non riesca, in tale periodo, ad affittare a un
altro soggetto l'unità immobiliare. In questo secondo caso il risarcimento del danno
conseguente all'anticipata risoluzione unilaterale del contratto si commisura sul periodo in cui
l'immobile é rimasto sfitto prima della scadenza originariamente prevista.
(Luca Stendardi, Il Sole 24 ORE – Esperto Risponde, 13 ottobre 2014).

SULL'AFFITTO TURISTICO COMPETENZA ALLE REGIONI
D. Il Dlgs 79/2011 - Codice del turismo - all'articolo 12, comma 5, punto b), prevedeva la
possibilità di affittare ad uso turistico fino a 4 unità abitative, in forma non imprenditoriale; ora
che quell'articolo, insieme ad altri, è stato "cassato", a quale norma bisogna far riferimento per
sapere fino a quante unità abitative si possono gestire in forma non imprenditoriale?
---R. A seguito della sentenza della Corte costituzionale, 5 aprile 2012, numero 80 - che ha
dichiarato l'illegittimità costituzionale dell’articolo 12, del Dlgs 23 maggio 2011, numero 79,
per eccesso di delega – occorre fare riferimento alla normativa regionale. Si legge, nella
richiamata sentenza della Corte costituzionale n. 80/2012 che «…l’articolo 12 contiene una
classificazione e una disciplina delle strutture extralberghiere. Tale disposizione accentra in
capo allo Stato compiti e funzioni la cui disciplina era stata rimessa alle Regioni e alla Province
autonome dall’articolo 1 dell’accordo tra lo Stato, le Regioni e le Province recepito dal Dpcm 13
settembre 2002».
(Matteo Rezzonico, Il Sole 24 ORE – Esperto Risponde, 13 ottobre 2014).
 Condominio
 I LAVORI ALLA SCALA PER IL NUOVO ASCENSORE
D. Stiamo per installare un ascensore in un condominio di 4 piani, in cui sono comproprietaria
del primo piano. Per permettere lo sbarco a tale piano si rende necessaria la modifica della
scala condominiale tra il 1° e il 2° piano, con un notevole lavoro di ristrutturazione dei gradini
e conseguente spesa. Mi viene detto che la spesa è totalmente a carico dei proprietari del 1°
piano, poiché lo sbarco dell'ascensore è a beneficio loro. Non sono convinta di tale
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affermazione, visto che l'ascensore è condominiale come pure la scala. Come posso sostenere
la mia tesi e richiedere la suddivisione della spesa?
---R. Si tratta di un impianto di ascensore installato ex novo, la cui realizzazione comporta una
modifica della scala comune. Si ritiene che il lavoro di modifica della scala condominiale per
consentire l’installazione dell’ascensore debba essere a carico di tutti condomini in quanto
trattasi, sia per la scala che per l’ascensore, di beni comuni, le cui relative opere sono ripartite
tra tutti i condomini in ragione dei millesimi di proprietà, e non regolata dall’articolo 1124 del
Codice civile, che riguarda il caso in cui l’ascensore sia già installato nel condominio.
(Cesarina Vittoria Vegni, Il Sole 24 ORE – Esperto Risponde, 27 ottobre 2014)
 LA MANCATA ESECUZIONE DEI LAVORI URGENTI
D. L'assemblea di un condominio ha deliberato da diversi mesi l'esecuzione di urgenti lavori di
ristrutturazione dell'edificio che, tuttavia, non sono ancora iniziati. Se prima dell'inizio dei
lavori dovesse verificarsi un danno a terzi, indotto dal distacco di una parte del prospetto, o
per via dei balconi pericolanti, in che modo può cautelarsi ciascun condomino dall'eventuale
responsabilità? Se provvedesse in autonomia alla riparazione del proprio balcone e della parte
di prospetto di sua competenza sarebbe esonerato dalla responsabilità o ne risponderebbe
ugualmente anche nell'ipotesi in cui il danno fosse causato da altre parti del prospetto?
---R. A nostro giudizio, l’esonero da responsabilità per i sinistri occorsi a terzi - a causa della
mancata esecuzione di lavori già deliberati dall’assemblea - può conseguire solo
all’esperimento della procedura di cui all’articolo 1105, ultimo comma, Codice civile, per il
quale «se non si prendono i provvedimenti necessari per l’amministrazione della cosa comune
o non si forma una maggioranza, ovvero se la deliberazione adottata non viene eseguita,
ciascun partecipante può ricorrere all’autorità giudiziaria. Questa provvede in camera di
consiglio e può anche nominare un amministratore». Si veda, Cassazione Sezioni Unite, 19
luglio 1982, n. 4213, per la quale non sono proponibili azioni giudiziarie relativamente alle
spese ed amministrazione delle cose comuni prima che venga sollecitata e provocata una
delibera dall’assemblea dei condomini, alla quale spetta ogni determinazione al riguardo, fatta
salva la possibilità, una volta convocata l’assemblea, in caso di omessa iniziativa della
medesima e di mancata formazione di una volontà della maggioranza o di omessa esecuzione
della delibera, di rivolgersi al Giudice a norma dell’articolo 1105, ultimo comma. Per l’esonero
da responsabilità, non può invece soccorrere la disposizione di cui all’articolo 1134, per il quale
il condomino che ha assunto la gestione delle parti comuni senza autorizzazione
dell’amministratore o dell’assemblea, non ha diritto al rimborso, salvo che si tratti di spesa
urgente. Nella specie, non sembrano infatti individuate le opere urgenti, legate causalmente
alla dinamica del sinistro.
(Silvio Rezzonico, Il Sole 24 ORE – Esperto Risponde, 20 ottobre 2014)
 I DANNI AL MURO VANNO DIVISI PER MILLESIMI
D. In un condominio, al piano terra, si trova un giardino di proprietà privata. Adiacente a
questo giardino, partendo dalle fondamenta interrate, si trova il muro perimetrale
condominiale che, nell'interrato, costituisce la parete interna delle cantine. A causa della
mancanza di una guaina isolante tra terreno di proprietà privata e muro perimetrale
condominiale, la parete delle cantine viene deteriorata dall'umidità, proveniente dall'adiacente
e sovrastante terreno privato, che si forma specialmente quando piove. Si chiede se la spesa di
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sistemazione del danno alla parete della cantina deve essere a carico del solo proprietario del
terreno, o di tutti i condomini, e in quale misura.
----R. Le spese per l'impermeabilizzazione del muro perimetrale, anche nella parte interrata, si
ripartiscono tra tutti i condomini in ragione del valore proporzionale delle unità immobiliari
comprese nell'edificio (millesimi di proprietà). Nella stessa misura si ripartiscono le somme
dovute a titolo di risarcimento per gli eventuali danni da infiltrazione subiti dal condomino
proprietario delle cantine a causa della difettosa impermeabilizzazione del muro perimetrale.
(Pierantonio Lisi, Il Sole 24 ORE – Esperto Risponde, 20 ottobre 2014).
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