I,ABEO A CURA RASSEGNA I)IRIfI'TO 111 I)~:I.T,'IS~.ITU D 1T Ol)I1X11'1'0 ROMANO I > ~ : L L ' c ~ \ ' I \ ' I I I I s ~I>I ' ~ . . ~N.\POLI I:OXI\SO Conlitnlo sc,icv~iti/ico FRANCESCO DE MARTINO - ANTONIO GUARINO - MARIO LAURIA Redazione 1.. BOVE - M . BRETONE - F. CASAVOIAA - F. G U I Z Z I - A. MOZZILI.0 Ltrbro Htrssegnn ( l i riir,itto iaonzc7no si pc~bblicrii n fascicoli q ~ ~ a d r i m r s t r c r l i . Ogiii ter.:o ftrsr~icoloreca il sommrii~ioe gli i n d i c i del u o l i ~ m e Il . prezzo d i r , i o s c l r ~fr:sr,icolo ~ (: [li L. 1.000. L,'(10boiiriii1eiito riiiiiiio <: d i L. 5.000 ( e s l c r o I,. G.I)OO), d(1 pcigcc~'sicottic~i~irel<iinelile relln Cr~srceditrice di.. Eiigc,irio Ioiieii<~. IO!), e~iaJIe:~«c:a~iriorie, A1(lpo1i ( c / c postale n . 6 / 1 1 3 5 2 ) . O g n i co1laDorntoi.r riceilei,ti t'.? rslrcctti gratiiiti. L<c rioistrr segnala trifte le pubblicnziorii clie iiitei.csscoio 111 stor,i(~del diritto ronzalio e (lei d i r i t t i dell'aizticliita: esse clccl~~io ilii~irlfe(11 pro/'. d ~ i t o n i oGierrrino, via Andrea d'lsernia, IG, h'apoli. Antonio Guarii10 responsabile - Pririted iii Italy . Tipografta SAGRAF - S.p.a. - Napoli (t ACTIO SERVI CORRUPTI E ( t ACTIO ARBORUM FURTIM CAESARUM TRA CONDOMINI I. Nel corso di alcune precedenti ricerche in tema di legge Aquilia l , siamo pervenuti alla conclusione per cui, in età classica, non era possibile espenre l'a. legis Aquiliae normale tra condomini, nel caso di danneggiamento operato da uno di essi su una cosa comune. A tale risultato, ci aveva condotto l'esame esegetico di alcuni frammenti - ed in particolare : Coll. 12.7.8 (= D. 9.2.27.10); D. 9.2.27.1; D. 10.3.26; D. 9.4.41. Concludevamo che, in genere, i classici, nell'ipotesi in questione, ammettevano solo l'esperimento del iuàicium communi dividunào; però, a partire. da Proculo - per evitare l'inconveniente dello scioglimento del condominio, cui conduccva inevitabilmerite l'azione divisoria - fu prevista la possibilità che il pretore, in casi del genere. concedesse una a . in factum ad exemplum legis Aquiliae. 3 26 PUNTI D I VISTA Questo risultato, che veniva a confermare e sviluppare un cenno luminoso e brevissimo del Riccobono 2, disatteso dalla dottrina successiva o trascurato, era da noi rafforzato, soprattutto, con l'osservazione che la normale a. legis Aquilzae era impossibile tra condomini, in età classica, per ragioni imprescindibili di tecnica formulare e di dogmatica. Posto che i precetti del plebiscito aquiliano 3 prevedevano contemporaneamente l'esser alienus dell'oggetto del danno e l'agir iniuria da parte dell'autore dell'illecito, noi sostenevamo che i classici non potevano ritener verificati, nel caso di danneggiamento della cosa comune da parte di un condomino, tali presupposti, rispecchiati necessariamente dalla formula. Non l'esser alienus, giacchè tale, a rigore, non poteva essere considerato - massime attesa la concezione caratteristica del condominio classico - l'oggetto comune; non l'agir iniuria, giacchè, a rigore, il condomino che danneggiava la cosa comune agiva iure, essendo tale cosa (almeno potenzialmente) sua. Nel diritto giustinianeo, viceversa - sostenevamo - modificatasi alquanto la struttura del condominio, ed in particolare ricacciate nel nulla quasi ogni traccia del classico dominio plurimo integrale; e, soprattutto, caduta nel nulla la procedura formulare, e, con essa, ogni impaccio di carattere tecnico che aveva condizionato la soluzione classica, fu comunemente ammesso l'esercizio dell'azione aquiliana tra condomini. Le conclusioni giustinianee, peraltro - almeno rispetto a quelle più avanzate dei giuristi classici - non costituivano una sostanziale innovazione; bensì erano soltanto una delle frequenti cemplificazioni giustinianee del complesso regime classico. Che i classici negassero l'a. legis Aquiliae, ed ammettessero l'a. i n factum ad e x e m p l u m legis Aquiliae, era un portato della pluralità degli ordinamenti classici e del processo formulare. Cadute quelle caratteristiche, le distinzioni in parola appaiono inutili, anzi fastidiose, ai bizantini. Essi concedono generalmente l'a. legis Aquiliae tra condomini, ma in ciò non fanno che trascrivere - per dir così - in termini più sbrigativi la sostanza dell'elaborazione classica. La posizione giustinianea era, da noi, accertata con un rapidissimo esame dei numerosi testi compilatoni che, in modo massiccio, si opponevano alle superstiti, rare vestigia della diversa posizione classica 4. La tesi or ora riassunta implica, ovviamente, la conseguenza più generale per cui, tutte le volte che ricorrano analoghe difficoltà formulari e dogmatiche, i giuristi classici, per invincibili ragioni logiche, avran do- Dalla communio del diritto quiritario 21 (1950) 2 9 ss. alla comproprietà moderna, in Essays i n lega1 history ... ed. by P. Vinogra- in Annali Palermo doff (Oxford 1913) 56. Sulla formazione del quale, v., ora, le acute The origin of the lex Aquilia, in Mél. Léuy-Bruhl ipotesi del PRINGSHEIM, (Paris 1959) 233 ss. I risultati or ora riassunti son stati di recente respinti in blocco, e ci pare in modo troppo sommario, dal BRETONE, Seruus communis (Napoli 1958) 167 ss. Oltre a quanto si dice nel presente scritto, si vedano le ragioni della nostra difesa nell'indagine di cui diamo notizia alla nota seguente. PUNTI DI V I S T A 327 vuto assumere analoga posizione. Per cui, anche altri mezzi processuali dovranno, con certezza, esser stati negati dai classici, in analoghe circostanze. Una verifica puntuale di siffatta conseguenza, la quale viene ad assumere, naturalmente, un importante valore di riprova per l'accennata nostra tesi, ci si è offerta nel corso d'una nostra indagine sull'a. servi corrupta 5 . L'editto pretori0 che ha introdotto questa azione penale conteneva - come il testo del plebiscito aquiliano - la specificazione: si quis servum servam alienum alienam ... (cfr. D. 11.3.1 pr.). Orbene, è per noi evidente che, anche in questo caso, è esclusa dai classici l'azione tra condomini, che viene ammessa solo da Giustiniano. E' possibile fornire, di questa affermazione, una prova persuasiva. Riteniamo non inutile riassumere, nella presente nota, gli elementi di quella prova, si da presentare unitariamente e sinteticamente i risultati al riguardo conseguiti nella più ampia ricerca poco più su citata. 2. I1 testo fondamentale è costituito da un tratto ulpianeo, dal quale risulterebbe l'esperibilità dell'a. servi corrupti tra condomini. Noi sosteniamo che tale testimonianza è frutto di interpolazione compilatoria, e che le cose, nell'età classica, stavano ben diversamente. D. 11.3.9 pr. (Ulp, 23 ad E d . ) Si q u f s servum communem m e u m et suum corruperit, apud Zulianum libro nono digestorum quaerituv, an hac actione teneri possit, et azt teneri e u m socio: praeterea poterit et communi dividundo et pro socio, si socii sint, teneri, u t lulianus ait. Sed cur deteriorem facit Zulianus condicionem socii, si cum socio agat, quam si cum extraneo agit? N a m qui cum extraneo agit, sive recepit sive corruperit agere potest, qui c u m socio, sine alternatione, id est si covrupit. Nisi forte non putavit Zulianus hoc cadere in socium: nemo enim suum rekepit. Sed si celandi animo recepit, potest defendi teneri e u m . Per una esegesi compiuta del frammento - che ha una vasta e interessante letteratura - rinviamo alla nostra trattazione in corso di stampa. In questa nota ci limitiamo ad esporre il nostro risultato di fondo, che - sebbene del tutto sfuggito alla dottrina cui accennavamo 6 - non ha, del resto, bisogno di minuziose analisi. E' evidentc una radicale incoerenza del nostro testo. Ulpiano, dopo aver detto che Giuliano, postasi la questione dell'esperibilità tra condomini dell'a. servi corrupti, l'avrebbe risolta affermativamente (concedendo, inoltre, l'a. c o m m u n i dividundo e, ce del caso, anche l'a. pro socio), si sarebbe chiesto perchè mai Giuliano <( facit deteriorem condicionem socii, si c u m socio agat, q u a m si c u m extraneo agi2 N. Di questa difficoltà, poi, Ulpiano darebbe una confusa spiegazione. Actio servi corrupti, in Annali Palermo 27, in corso di stampa. I1 cenno del Riccobono - di cui dicemmo più su (nt, 2 ) - riguarda pure l'a. servi corrupti. Non però al RICCOBONO o.c., 56 nt. 5 (sfuggito all'lndex interp.), il quale, pur dicendo soltanto che il fr. Q pr. è interpolato, pensava con certezza ad una 3z8 PUNTI DI VISTA Nello scritto citato, noi cerchiamo di chiarire analiticamente la formazione, estremamente interessante e complessa, del testo attuale. Qui ci fermeremo su di un solo punto. E' evidente che non si può ascriver ad Ulpiano la domanda cc Sed cur-agit? n. In effetti, a tacer d'ogni rilievo formale, è impensabile, sostanzialmente, che, dopo aver affermato che il condomino ha, contro il condomino, l'a. servi corrupti (ed anche l'a. communi dividuw do, ed, in una ipotesi particolare, pure l'a. pro socio), qualcuno si affanni a cercare la ragione di una pretesa deterior condicio del condomino a paragone dell'estraneo. Altro che deterior condicio! L'estraneo avrebbe solo l'a. servi corrupti; il condomino, oltre ad essa, ha altri rimedi. La dottrina unanime ha espunto, avvertita questa assurdità, come glossema, la domanda Sed cur-agit? n. Ed ha fatto bene, naturalmente. Ragioni formali (la forma interrogativa, la goffaggine del parlar di deteriorem facere proprio in materia di a. servi corrupti, in cui questa espressione ha ben altro valore tecnico: cfr. D. 11.3.1 pr.; la ripetizione del nome di Giuliano) si aggiungono - rilevate o no dalla dottrina - mirabilmente all'incoerenza sostanziale di fondo; e fanno pensare ad un discorso glossematico. Del resto, la parte seguente - con la spiegazione sofistica e dubitosa - conripetiamo - non intendiamo ferma a perfezione la diagnosi, anche se qui fermarci su questi diversi aspetti del testo. Però, la diagnosi del glossema, se spiega formalmente la domanda (( Sed cur-agit? n, e toglie ad Ulpiano l'onta d'una sciocchezza colossale, anzi di una follia (come giudicare, infatti, altrimenti la domanda di chi, dopo aver detto, ad esempio, che un oggetto è stato qualificato bianco da un tale, si chiede perchè mai quel tale l'abbia qualificato nero?), solleva un problema diverso ed altrettanto grave. Problema che la dottrina - pronta, sì, a diagnosticare il glossema - ha avuto il grave torto di non cogliere. Ed il problema - evidentemente - è : come mai un uomo qualsiasi, sia pure un mediocre studioso postclassico e non Ulpiano, ha potuto scrivere la rilevata follia? (L'aver trascurato questa spontanea domanda è, beninteso, frutto dell'atteggiamento - fino a poco tempo fa - dominante nei nostri studi: dire postclassico, dichiarare alterato u n testo era il termine ultimo d'ogni ricerca esegetica; cc postclassico P, cc bizantino n, cc compilatorio erano termini sinonimi di cc assurdo n, cc aberrante n, cc stupido n). Basta riflettere - anche alla luce della più recente impostazione generale dei problemi evolutivi del diritto romano dall'età classica a quella giustinianea - un solo istante, per accorgersi che bisogna spingersi, per dare un senso allo studio del fr. 9 pr., più oltre; e bisogna rispondere alla domanda che facevamo or ora. E cioè: come mai il glossatore si pose quel dubbio (c( Sed cur-agit? n)? Non vi è che una risposta esclusa, naturalmente, la troppo comoda tesi di un glossatore impazzito. La domanda cc Sed cur-agit? n ineriva, quando fu scritta, ad un contesto iniziale ben diverso da quello che noi leggiamo - - 329 P U N T I DI VISTA nel fr. 9.3 attuale. Precisamente - e questa è la sola via per dare un senso al glossema - ad un contesto originario, in cui Ulpiano dava notizia d'una soluzione giulianea del tutto opposta a quella risultante attualmente. Ulpiano diceva, sicuramente, per noi: (( et ait <non> tenert eum socio n . Solo siffatta notizia può aver suscitato la domanda, glossematica, che segue. Ci si consenta, in questa brevissima nota, di non procede oltre nell'analisi di D. 11.3.9 pr.: del resto, in tal modo, risparmio, a me stesso, di ripetere sostanzialmente cose già scritte; ed al lettore, sviluppi non decisivi ai fini del discorso che qui si intende svolgere. 3. Dunque, Giuliano negava l'a. servi cowufiti tra condomini. Noi siamo certi che anche Ulpiano seguiva identica opinione. Se, in effetti, Ulpiano si fosse opposto a Giuliano, il glossatore non avrebbe avuto ragione di porsi la sua sorprendente domanda: avrebbe trovato la confutazione di Giuliano nello stesso contesto ulpianeo 7 . Se i giuristi classici, quindi, negavano la nostra azione tra condomini, la spiegazione dovrà cercarsi nel rilevato contesto edittale : (( servum servam alienum alienam )). Questi termini non convengono al servo comune. La posizione classica è identica a quella dimostrata in ordine all'a. legis Aquiliae. I1 rovesciamento rispecchiato dal testo attuale è compilatono. In effetti, a parte la impossibilità di attribuire ad un glossatore l'autorità di innovazioni sostanziali, il glossatore postclassico, solo per il fatto d'essersi posta la domanda più su analizzata, deve essere scagionato d'ogni responsabilità circa la parte precedente del testo. E la posizione dei compilatori nell'alterare sostanzialmente l'opinione giulianea ben si intende: da un lato, essi non con più vincolati (anzi, disdegnano di considerarle) da esigenze formulari; da un altro lato, la loro concezione del condominio è, ormai, così dominata dal concetto di quota che risulta loro impensabile la soluzione classica, la quale era, sostanzialmente, in fondo, incentrata sull'idea della posizione dominicale integrale d'ogni condomino, idea originaria e remota, come ognuno sa. - - Dal punto alterazione nel senso che noi cercheremo subito di dimostrare. di vista sostanziale (negazione giulianea dell'a. servi corrupti tra condomini), le cose non muterebbero se si ammettesse - cosa, astrattamente, possibile che la domanda Sed cur-agit? sia ulpianea e non glossematica. Si tratterebbe solo, in questo caso, di mettere in luce l'esistenza, e di chiarire le ragioni, e le modalità, d'una divergenza tra posizioni giurisprudenziali meno e più recenti (Giuliano e Ulpiano). Ma non si può concretamente attribuire ad Ulpiano la domanda in questione. E ciò non tanto per i motivi formali accennati più su, quanto piuttosto per motivi sostanziali, che derivano dall'analisi di tutto il fr. g pr. da Sed cur alla fine. Per questo punto, dobbiamo rinviare alla più ampia indagine citata. Merita di esser rilevata l'impossibilità che il tratto Sed cur-agit? », invece che glossematico, sia compilatorio. I compilatori non avrebbero mai perso il loro tempo a far domande, tanto meno domande as- 33O PUNTI DI VISTA Per queste premesse, anche in tema di a. servi corrupti (come già s'è visto per la tutela aquiliana), i compilatori ammettono l'esercizio dell'azione in questione tra condomini. Sopprimono il (( non ulpianeo (e giulianeo). Prendendo, poi, per genuino (e non glossematico) il dubbio: (( Sed curagit? )), sottopongono anche il seguito del testo a piccoli, interessanti ritocchi che qui non è il caso di analizzare 8. Solo che, questa volta, l'innovazione compilatona esiste : all'esclusione classica corrisponde l'ammissione giustinianea; invece, in tema di l . Aquilia, era stata solo questione di nomi: all'a. in factum aquiliana dei classici corrispondeva l'azione normale dei compilatori. 4. I1 risultato desunto da D. 11.3.9 pr. conferma, come dicevamo in principio, il parallelo risultato in tema di a. legis Aquiliae. A sua volta - e questo, per ora, ci interessa di più - quest'ultimo risultato conferma quel che abbiamo ricavato dall'esegesi di D. 11.3.9 pr. Abbiamo, quindi, per provare l'inespenbilità dell'a. servi corrupti tra condomini: a) ragioni formulari e dogmatiche; b) l'esegesi di D. 11.3.9 pr.; C ) il conforto del fenomeno parallelo, in tema di legge Aquilia. A questi elementi - che ci appaiono decisivi - possiamo aggiungerne, rapidissimamente, altri due. E, in primo luogo, la piena conferma che, all'esegesi di D. 11.3.9 pr., viene da un testo paolino di tema affine: D. 11.3.14.2(Paul. 19 ad E d . ) Si servus communis meus et tuus proprium meum servum corruperit, Sabinus non posse agi cum socio, perinde atque si proprius meus servus corrupisset conservum 9 . Anche per molti aspetti di questo testo, rinviamo al nostro scritto sull'a. servi corrupti, dove si svolge di esso un'esegesi più ampia. Qui, 'rileviamo solo che l'esclusione dell'a. servi corrupti noxalis tra condomini, nel caso d'una corruptio operata da un servo comune ai danni d'un servo proprio d'un solo condomino, è, per Sabino, fondata non già - come sostiene il Bretone I o - sulla natura dell'obbligazione ex maleficio, bensì proprio sull'identità giuridica di posizione tra il servo comune ed il servo d'uno solo dei condomini. I1 che va1 quanto dire che per Sabino (e per Paolo, che lo cita adesivamente), il condominio è ancora in larga misura inteso come dominio plurimo integrale, e quindi non si possono applicare, tra condomini, quelle azioni che, formularmente o per necessità sostanziali, implicano la qualità di alienus dell'oggetto. C% è evidente nella sintetica, e lucidissima, Nell'indagine più volte citata, in corso di stampa, cerchiamo di surde. dimostrare : meum et suum è un glossema; il testo originario diceva : et ait tnon>tene G . . . ) ) ; praeterea-Iulianus ait » è probabile rifacimento formale compilatorio; Sed cur-fine è sviluppo glossematico, alterato dai compilatori che mutarono - in armonia all'alterazione sostanziale - l'(( id est si recepit I1 seguito del del glossema originano nell'attuale id est si corrupzt ». frammento qui non interessa. lo O . C . 161 ss. l1 Il fr. 14.2 era posto a (( (( (( PUNTI DI MSTA 33 I motivazione sabiniana: perinde atque si proprius m e u s servus corrupisset conservum. Del resto del framrncnto, e dei dettagli esegetici in ordine alla parte di esso qui utilizzata, si dice nel nostro scritto più volte richiamato. Basti qui aver rilevato la solida conferma che D. 11.3.14.2 dà alle nostre tesi ". I1 secondo elemento che suggella ulteriormente la dimostrazione in questione è costituito da un altro frammento di Paolo, in tema di iudicium c o m m u n i dividundo: D. 10.3.8.2 (Paul. 23 ad E d . ) : Venit in communi dividundo iudicium etiam si quis rem communem deteriorem fecerit, forte servum vulnerando aut animum eius corrumpendo aut arbores ex fundo excidendo. Ancora una volta rinviando all'indagine citata per una più distesa esegesi del passo, è facile coglierne il valore esenziale ai fini della nostra questione. Le tre fattispecie delittuose presupposte dal fr. 8.2 sono, con evidenza, quelle a cui, normalmente, corrispondono l'a. legis Aquiliae ( s e r v u m vulnerando), l'a. servi corrupti ( a n i m u m... corrumpendo), e l'a. arborum furtim caesarum (arbores e x fundo excidendo). Per noi, e specialmente per quanto si è fin qui detto, è certo che l'inclusione delle sostanziali ragioni sorgenti, per uno dei condomini, da ciascuna di queste fattispecie, ove sia posta in essere da un condomino, nel iudicium communi dividundo, è sottolineata da Paolo proprio perchè queste stesse ragioni non possono - per motivi tecnici - esser fatte valere, m a n e i ~ t ecornmunione, con le relative azioni ora accennate. Che questo sia vero per le prime due si è dimostrato; e, quindi, D. 10.3.8 .z rappresenta un'importante conferma della dimostrazione in questione. Che questo, poi, sia vero anche per l'a. arborum furtim caesarum apparirà evidente, sol che si tenga presente - quale posizione si voglia assumere sul complesso problema di questa azione ** - come, in essa, ricorrano presupposti del tutto analoghi alle altre due. La base decemvirale. infatti, da tutti ammessa, per la previsione pretona dell'a. arborum furtim caesarum è costituita d a una famosa norma, riportataci fortunatamente da Plinio il vecchio (nat. hist. 17.1.7): (( Fuit et arborum cura legibus Priscis: cautumque est X I I tabulis u t qui iniuria cecidisset alienas, lueret in singulis aeris X X V n. Ricorrono in questa norma di base, gli stessi presupposti che rendevano impossibile l'esercizio tra condomini dell'a. legis Aquiliae: l'iniuria e la qualità di alienae (delle arbores). Nessuna meraviglia, quindi, che anche l'a. arborum furti caesarum sia improponibile tra condomini. Riguardo a questa azione - è interessante notare - i compilatori non rendono esplicita la loro divergenza dai classici, perchè - forse data la base dell'affcrmazione del R~ccono~o, l. C. l2 Sul problema, v., da ultimo, il nostro studio La nozione del furtum fino a Nerazio, in Ann. Palermo 23 33= PUNTI D I VISTA minore importanza pratica dell'azione, largamente sostituibile con l'a. legis Aquiliae, tra l'altro - più radicalmente hanno provveduto a resecare, dai testi classici al riguardo, ogni cenno al problema stesso della esperibilità tra condomini. I1 silenzio giustinianeo così risultante - e che ha, naturalmente, il valore di ammettere, senz'altro, l'esercizio tra condomini dell'azione in questione - è, per nostra fortuna, tradito da un indizio interessante. Nei resti dell'attuale D. 47.7.5, si può cogliere qualche traccia, che permette di congetturare con fondamento come Paolo si poneva la questione dell'espenbilità, tra condomini, dell'a. arborum furtim caesarum, e la risolveva in senso negativo. L'attuale D. 47.7.5 (Paul 9 ad Sab.) consta di tre paragrafi: il pr., che fornisce notizie sul valore tecnico del verbo caedere, e che qui non interessa direttamente; il $ I, che brevemente ed oscuramente paragona - identifica, anzi - la causa dell'a. arborum furtim caesarum con quella dell'a. legis Aquiliae; ed il $ 2, che nega la legittimazione attiva dell'usufruttuario. E' esperienza comune e frequentissima, nelle opere a carattere sistematico dei giuristi classici, il fenomeno del regolare accostamento dei problemi del condominio a quelli dell'usufrutto. Ciò è stato rilevato con grande acutezza e rigore d'indagine dal compianto Arnbrosino l3, il quale ha addotto moltissimi esempi significativi del fenomeno. Noi stessi, nel lavoro più volte richiamato, abbiamo addotto, in tema di a. servi corrufiti, un esempio interessante (D. 11.3.9 pr. e I), per quanto riguarda la legittimazione attiva. Ora, questa sistematica, frequentissima, dei classici rende verosimile la congettura, per cui - attiguo com'è ad un problema di legittimazione dell'usufruttuario (D. 47.7.5.2) - anche il brevissimo, ed oscuro, D. 47.7.5.1 (Eius actionis eadem causa est, quae est legis Aquiliae), in origine, si riferisse al problema della legittimazione dei condomini all'esercizio reciproco dell'a. arborum furtim caesarum. Se questa congettura è fondata, l'identificazione delle causae dell'a. arborum furtim caesarum e dell'a. legis Aquiliae assume un senso preciso proprio in relazione all'identità di regime nel caso di rapporti tra condomini. I n sostanza, tale identità, così interpretata, verrebbe a confortare mirabilmente le deduzioni che si con tratte da D. 10.3.8.2: come l'a. legis Aquiliae (e l'a. servi corrufiti), anche l'a. arborum furtim caesarum è inesperibile, in diritto classico, tra condomini l 4 . I compilatori - sopprimendo, l3 USUSfructus e communio, in SDHI. 16 (1950) 183 ss. (1953) I5 5x3. li Per l'a. servi corrupti e per l'a. arborum furtim caesarum - a differenza dell'a. legis Aquiliae - non pensiamo che i classici abbian potuto accomodare delle azioni parallele, da servir specialmente nel caso dei rapporti di condominio. Ciò in quanto, innanzi tutto, non abbiamo traccia di simili estensioni, nelle fonti; e poi, in quanto, in linea di principio, siffatte estensioni ben si comprendono in ordine ad un'azione in ius (com'è quella della legge Aquilia), F U N T I DI V I S T A 333 probabilnlente, grari parte dcl testo originario - giungono iniplicitaniente, anche a questo riguardo, a soluzione del tutto opposta. Concludendo, tutti gli elcmeriti qui addotti concorrono a fornire un quadro intercssante, e ben diverso da quello comunemente accettato, dei problemi di esperibilità di determinate azioiii penali tra condomini: il che non è senza rilievo sia in ordine alla storia del condominio romano, sia in ordine alla ricostruzione del regime delle aa. fioenalrs. non in ordine ad azioni già concepite in factum, come sono certamente le due in questionc. Anche su ciò, meglio nel citato lavoro in corso di stampa. SOPiIRIARIO DEL FASCICOLO 'TERZO S ~ t t e m b r ~ - D i c c , m i 195~) ~re REDAZIOXALE MARIO BKETONE I1 ALBERTO BUKDESC Lal~eo, 273 iiaturalismo » del Bonfante e h critica idealistica, (1 Dos patris e t filiae commiinis », ~ / j 284 P U N T I DI V I S T A FRANCO CASAVOLA Cronaca di una Storia del diritto romano, HERKARDO AI-BANESE (( Actio servi corrupti 11 e « aclio arborum furtim caesarum )) t r a condomiiii, Joj 32j PAGINE VIVE Cc~nflitsd r lois dans l(> mondr grvc c t roni;iiii, 334 LETTURE Res mancipi r Tipicità e unità della 1( <( 370 300 307 res nec inaiicipi n, locatio-coriductio n , , I agliacarte, . CRONACHE <:orninc.niorazione di Siro Solazzi (F. CASAVOLA) 405 - L a cc Societb 11 n Friburgo e a Rasilen (F. GUIZZI)406 - I1 « Congress of Classica1 Studies (G. 'f1~1~e.r.r.1) 411 -- Problemi romaiiistici al Congresso di Londrti (G. C R I F ~ I ) 413 - La (< Societt Jean Bodin 1) a Parigi ( J . GAUDEMET) 416 P(.rfc>zio!~:~iiiei~t-oromaiiistico a Napoli (L. ROVE)417. 11 - SCHEDARIO Iii~lice pr.r soggrtti drllcx pul~blicazioiii appari? diirant e l'aiiiio : .l IO INDICI Indice delle fonti, 429 - Iiidice delle voci dello Schedario, 440 - Indice degli Autori citati nello Schedario, 443 - Dettaglio del Tagliacarte, 445 - Indice Sommario, 44h
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