qui - Extramagazine

Storia e storie
Come gli uomini,
meglio degli uomini
Fatali, viziate, talentuose ma anche umili,
intraprendenti e disposte a grandi sacrifici.
Le donne del Tarantino durante la Grande Guerra
Settimanale di attualità, politica, cultura ed eventi ANNO VIX - N° 10 - 6 marzo 2015 - € 0,50
Almo Bibolotti,
39 anni di Bari,
ex tenente dei
Carabinieri,
è il titolare
del Biborani
Dog Hotel,
un albergo
per cani che
gestisce da anni
con la moglie
Giovanna
nel capoluogo
pugliese.
Chef BIBOLOTTI
ALMO(MENTO) GIUSTO
Dalla passione per i suoi cani al successo con il secondo posto a MasterChef 3,
l’“ufficiale gentilcuoco” si racconta ai nostri lettori mentre
è al lavoro per i suoi imminenti progetti di home restaurant e social eating
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Editoriale 3
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controcorrente
AFFETTI DA INSANA UMANITA’
Voi sporcate, noi puliamo
Pulire insieme, sindaco e bambini, quanto sporcato dai vandali. A
Barletta il primo cittadino Pasquale Cascella è stato impegnato con
docenti e alunni nella pulizia della
facciata esterna della “Massimo
D’Azeglio”, più volte nel mirino
dei writer negli ultimi mesi e imbrattata da scritte e disegni.
di Vito Pietro Corrente
È
invero molto spiacevole constatare che,
sempre più spesso,
facciamo un uso improprio delle parole
per indicare situazioni, eventi,
calamità o comportamenti anomali. L’associazione che più mi
infastidisce, tra queste impro-
prietà, è quella che lega
ai barbari comportamenti
propri dell’uomo l’aggettivo “bestiale” o il sostantivo “bestialità”. I delittuosi fatti di Ninive, di cui
nei giorni scorsi abbiamo
avuto la raccapricciante
testimonianza televisiva,
sono stati definiti come la
prova della bestialità degli
uomini. L’errore non è solo
semantico ma sostanziale
perché nulla di ciò che contraddistingue le azioni degli
uomini può essere mutuato
dal mondo animale. È pur
vero che l’uomo è anch’esso una specie animale, la
più evoluta in teoria, ma
con una differenziazione
macroscopica: il libero arbitrio che gli deriva dalle
capacità più raffinate del
proprio intelletto. Non vedremo mai un animale che
scientemente distrugge il
proprio habitat naturale,
cosa che l’uomo persegue
pervicacemente fin dalla
sua comparsa sulla terra.
Un animale, qualunque esso
sia, uccide per cibarsi o per
la propria sopravvivenza,
per istinto di conservazione
propria e della sua specie,
mentre l’uomo uccide per
libera scelta, per precisa
determinazione, per odio,
per vendetta, addirittura
molti pensano che si possa
impunemente uccidere per
giustizia. Allora prendiamo
coscienza finalmente della
nostra volontaria crudeltà
e sostituiamo l’improprio
concetto associativo di
“bestialità” con una più appropriata “insana umanità”.
La criminale distruzione
delle vestigia di una delle
più grandi civiltà mesopotamiche bagnate dal Tigri
e dall’Eufrate, gli Assiri,
patrimonio artistico e culturale a cui tanto deve anche la cultura occidentale,
perpetrata dai fondamentalisti islamici è solo l’ultima
barbarie che ha attraversato
la storia dell’Uomo. Ricordo a me stesso la “delenda
Carthago” e la distruzione
del Tempio di Gerusalemme di romana memoria, le
orrende mutilazioni subite
dalla stessa Roma nel corso dei vari “sacchi” che si
sono succeduti nei secoli,
la furia iconoclasta degli
Ottomani ai danni dei capolavori sacri custoditi
nelle chiese ortodosse della
Grecia, la spoliazione dei
templi delle grandi civiltà
precolombiane da parte dei
Conquistadores, per finire,
solo pochi anni fa, con la
distruzione dei giganteschi
Budda del nord dell’Afganistan da parte dei Talebani. Ma nella ”insana umanità” hanno titolo anche i
delitti contro il patrimonio
intellettuale. Emblematico l’incendio della torre
del convento Benedettino
richiamato da “Il nome
Extra Magazine Piazza Vittorio Veneto n. 2 - 74015 Martina Franca (TA)
della rosa”, l’indice dei libri
maledetti dalla Santa Inquisizione, il rogo dei libri scomodi perpetrato con lucida follia
a Berlino dal regime nazista.
Impossibile pertanto che le
bestie, anche quelle considerate feroci, possano imitare il
comportamento dell’uomo ed
ancor meno esserne gli ispiratori. Rimane lo sgomento al
pensiero che quanto è stato distrutto è perso definitivamente
per noi e per tutte le generazioni che verranno da qui alla
fine dei tempi. Purtroppo vedo
solo rassegnazione ed accettazione quiescente di quanto sta
accadendo, segno tragico della
decadenza di tutti i valori etici ed estetici che pensavamo
fossero parte ormai del nostro
patrimonio genetico. L’immobilismo dei governi e delle popolazioni riguardo agli orrori
di Ninive, e di quanto altro di
infame abbiamo visto e stiamo vedendo accadere accanto
al nostro uscio di casa, ci rende complici e conniventi. La
pandemia ormai è diffusa e si
chiama “insana umanità”.
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Attualità 5
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Caparezza è figlio di un operaio e di una maestra, nonno
paterno falegname, materno
contadino, nato nel 1973, precisamente il 9 ottobre, come John
Lennon con il quale, dice lui,
«ha in comune solo la data».
Museica maestro!
Il rap riccio
di Caparezza
Non perde l’occasione per la critica alla società
che ci circonda e ai nostri governanti, Michele Salvemini
(è il suo vero nome!) a Taranto, in un tour
all’insegna del divertimento e dei ritmi incalzanti
di Fabiana Spoda
H
a coinvolto come è per lui
consuetudine tutto il pubblico
del Palamazzola di Taranto,
lo scorso sabato Caparezza,
il cantante rapper di Molfetta
che si contraddistingue per i suoi capelloni
ricci neri e voluminosi. Sicuramente i suoi
fan sono prettamente i “teenegers” che con
la maglietta e la sciarpa dall’icona del rapper pugliese hanno cantato a ritmo tutte le
canzoni esibite sul palco, ma non manca
l’utenza adulta che probabilmente, oltre ad
apprezzare il ritmo battente delle canzoni
di Michele Salvemini in arte Caparezza,
riscoprono certi valori e alcuni concetti
presenti in ogni sua canzone. Il suo nuovo tour si svolge nei palazzetti italiani, il
Museica Tour, anche dopo il successo delle date estive e dalla trasferta negli States:
dopo Taranto, a Firenze (6 marzo), Perugia (7 marzo), Rimini (14 marzo), Napoli
(20 marzo), Torino (28 marzo), Milano (31
marzo), Roma (2 aprile), Bari (4 aprile) e
Modena (10 aprile).
Il rapper è reduce dal successo di pubbli-
co e critica per il suo ultimo
album Museica, appunto, che si è aggiudicato la Targa Tenco come miglior album
del 2014. Questo è il disco della svolta secondo lo stesso Caparezza: «Lo considero
come un nuovo “primo” disco, essendone
per la prima volta produttore artistico. È
un album ispirato al mondo dell’arte, l’audioguida delle mie visioni messe in mostra:
ogni brano prende spunto da un’opera pittorica che diventa pretesto per sviluppare
un concetto». Ed è proprio così, il suo concerto, un po’ spettacolo, rappresenta l’arte
da quella egizia a quella neorealista e dadaista, non perdendo di vista la letteratura,
ma soprattutto lo spunto per dire “la sua”
sulla società e i nostri governanti. All’insegna del divertimento e della critica satirica,
non perdetevi le prossime tappe!
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6 Taranto
E tra
Mario Pazzaglia,
sposato, quattro figli e sei nipoti.
Laureato in legge e in scienze politiche;
ex Segretario Generale a Venezia,
Direttore Generale a Roma,
La Spezia e ultimamente a Foggia e
centri minori. Uomo dinamico, colto
e preparatissimo, con un’esperienza
tecnico – amministrativa, acquisita sul
campo, in oltre quarant’anni di
attività svolta al servizio dello Stato.
In foto, Pazzaglia nel suo ufficio,
il Palazzo di Città e Francesco Boccia,
che eletto al Parlamento italiano,
lasciò la presidenza dell’O.S.L.
nelle mani dello
stesso Pazzaglia.
Mario Pazzaglia
«Ancora meno
12 (milioni)»
Intervista al Presidente dell’Organo
Straordinario di Liquidazione, dopo nove anni
dall’annunciato dissesto del Comune di Taranto:
se i 12 milioni di euro che restano da saldare
vi sembrano una cifra esorbitante, pensate
che il debito originario era di 920 milioni
di Oscar Nardelli
U
no dei più
grandi dissesti comunali
ufficialmente
conosciuti è
quello del Comune di Taranto, dichiarato nel 2006,
con un debito che supera i
900 milioni di euro. Era il
20 novembre 2006, quando il Ministero dell’Interno,
per fronteggiare il dissesto
dichiarato il mese precedente
dal commissario prefettizio
Tommaso Blonda, dopo le
dimissioni del sindaco Rossana Di Bello, inviò a Taranto
la Commissione presieduta dal
professor Francesco Boccia e
dai dottori Mario Pazzaglia e
Giuseppe Caricati.
Nel 2008, a distanza di due anni,
il professor Francesco Boccia
venne eletto al Parlamento italia- n o ,
lasciò così la presidenza dell’O.S.L. nelle
mani di Pazzaglia.
Alle 17,30, del 27 febbraio, dopo 9 anni
dall’annunciato dissesto del Comune di Taranto, il Presidente dell’Organo Straordinario di Liquidazione (O.S.L.) Mario Pazzaglia
accompagnato dall’avvocato Flora Saltalamacchia e dalla dottoressa Laura Baccaro,
sue collaboratrici sin dal 2006, sono ancora
a colloquio a palazzo di città, con il Direttore Generale del Comune, Giuseppe Mele,
per definire gli ultimi adempimenti per poter
dichiarare, entro l’anno, la fine dello stato di
dissesto del Comune
di Taranto.
Rientrato in sede verso le 18,30, il presidente Pazzaglia scusandosi mi informa che
può dedicare solo pochi minuti alla nostra
intervista. Ha da definire con le sue collaboratrici determinate urgenze e poi cercare
di prendere l’ultimo volo utile per rientrare
a Roma. Non si toglie nemmeno il cappotto
e dando le ultime disposizioni alle collaboratrici, si siede di fronte a me e dice: «Bene,
incominciamo».
Passiamo subito alle domande, dunque, tralasciando i preamboli e convenevoli.
Dottore a che punto siamo con
questo benedetto e interminabile stato di dissesto del comune?
«Il computo finale dei debiti del comune di Taranto, nei confronti di
banche e creditori, alla fine del 2006,
risultò di circa 920 milioni di euro.
Una cifra esorbitante per un comune
con meno di 200 mila abitanti. Di
questi 920 milioni, 610 risultarono
di tipo commerciale, dovuti soprattutto per il mancato pagamento dei
fornitori, imprenditori, artigiani,
trasportatori e aziende che avevano operato per conto del comune;
26 milioni erano rivenienti dai
derivati; 250 dal prestito BOC e
altri 25 milioni per debiti di cassa. Poi si
devono aggiungere anche le richieste transattive giunte in tempi diversi e successivi al 2006. Comunque, come ho detto, il
computo finale si aggira intorno ai 920 milioni di euro».
Ma con questo debito astronomico,
l’O.S.L. quanti creditori è riuscita a
soddisfare? E con quali mezzi?
«Abbiamo iniziato le transazioni con la
somma di circa 150 milioni di euro, che
il Governo Prodi, grazie alle sollecitazioni
dell’Onorevole Boccia all’epoca Presidente dell’O.S.L.; aveva messo a disposizione
dei Comuni che si trovavano in tali circo-
stanze. Ora, dopo nove anni, di attività, abbiamo pagato quasi tutti i creditori aventi
diritto. Con la formula transattiva del 60%
per i creditori che attendevano da più tempo (come ad esempio la vecchia azienda
tranviaria che da più di 30 anni attendeva
quanto pattuito con il comune). Il 50% per
i creditori a medio termine e il 40% per i
creditori più recenti. Ultimamente abbiamo riscontrato anche la volontà, da parte
di vecchi creditori, che precedentemente
avevano rifiutato l’offerta, di chiudere la
partita con una transazione. Avendo già
ammortizzate in precedenza tali somme,
siamo in grado di soddisfare anche queste
ultime richieste».
Allora siamo quasi in dirittura d’arrivo Dottore. Quanto ammonta il residuo da soddisfare?
«Attualmente il residuo del debito è di circa 30 milioni di euro che in fase transattiva
si ridurrà a circa 12 milioni. Cifra che il
Comune si è impegnato ha mettere a disposizione entro l’anno».
Azzerati questi contenziosi, il Comune di Taranto potrà definirsi finalmente risanato e riprendere l’attività amministrativa senza dover
sottostare alle rigide regole imposte dal Ministero dell’Interno?
«Oltre alle ultime transazioni, attualmente restano ancora sospesi dei debiti che i
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DON GIUSSANI
Innovatore di fede
Nel decennale dalla morte, ricordiamo il fondatore
del Movimento Comunione e Liberazione
di Oscar Nardelli
creditori ritengono di vantare ma
che il Comune
non riconosce e
contesta. Per questi contenziosi si
dovrà attendere il
pronunciamento
della Magistratura
Ordinaria.
Pronunciamento
che però potrà
avvenire anche
successivamente alla cessazione dell’operato
dell’O.S.L., perché le competenze, se i contenziosi vedranno il
Comune soccombente, saranno assunti dall’Ente».
E per quel grosso debito di
250 milioni di
euro, contratto
dall’amministrazione comunale prima
del dissesto,
come andrà a finire? Tre persone
sono state condannate dal Tribunale di Taranto per l’operazione finanziaria dei prestiti ‘Boc (Buoni obbligazionari comunali) da 250 milioni
di euro, avviata nel marzo 2004. Si
trattava di un prestito che il Comune si impegnava a restituire in 25
anni, per finanziare opere pubbliche
e rinegoziare i debiti dell’ente e che,
secondo l’accusa, non andava sottoscritto sia per la mancanza di convenienza economica per il Comune sia
per la mancanza dei presupposti di
legge.
«Sì, se si riferisce al prestito di 250 milioni, rivenienti dai Boc, in sede civile, sia in
primo che in secondo grado le banche sono
risultate soccombenti».
Vuol dire condannate? Il prestito le
banche lo hanno erogato e il comune lo ha percepito e anche speso.
Ricorderà l’intervento della Magistratura riguardante gli illeciti amministrativi perpetrati da dipendenti,
che attualmente sono ancora sotto
processo?
«Quello è un altro filone e riguarda gli illeciti commessi da dipendenti infedeli. Il
mutuo contratto con le banche invece, in
sede di giudizio è stato giudicato insostenibile per il Comune. Questo ha contribuito
inevitabilmente a creare il collasso finan-
ziario e di conseguenza il dissesto. Ora,
per conoscere l’esito finale di questa controversia giudiziaria, si dovrà attendere la
sentenza definitiva della Suprema Corte di
Cassazione».
I rapporti con il Comune, Amministratori e funzionari?
«Sono sempre stati di reciproco rispetto
e collaborazione. Anche se ultimamente
devo rilevare che sono molto migliorati.
Con l’arrivo al Comune del nuovo Direttore Generale, Dott. Giuseppe Mele, la
nostra attività ha preso decisamente nuovo
slancio e vigore. Perché siamo tutti consapevoli, noi e l’Amministrazione Comunale
che prima usciamo da questo stato di crisi,
meglio sarà per l’Amministrazione e per
l’intera città».
Secondo lei, dopo il disastroso dissesto, sarà possibile per l’amministrazione comunale riprendere il
cammino interrotto nel 2006?
«Le dico che il dissesto è anche un’opportunità di rinascita. Uscire dalla crisi è
un’operazione che consente all’Ente Locale di riformarsi, di cambiare marcia, rinnovarsi e ripartire con vigore verso nuove
opportunità».
Non vedo qui con lei gli altri due commissari: il Dottor Caricati e il Dott.
Gaudiano, che ha preso il posto del
Professor Boccia, eletto onorevole.
«La commissione si riunisce circa una
volta al mese. Io sono più presente e il più
assiduo perché ho l’onere della firma e responsabilità oggettive verso il Ministero
dell’Interno, l’O.S.L. e L’Ente Comune».
Posso chiederle…?
«No Nardelli. Sia gentile, la prego, si accontenti. Come vede mi stanno aspettando
per firmare una marea di mandati di pagamento e nuove transazioni. E’ già tardi e
sto rischiando di perdere l’ultimo volo».
La ringrazio dottore. Allora chiuso
con Taranto, per poterla rivedere e
fare ancora due chiacchiere con lei
dove dovrò venirla a trovare? A Padova dove risiede o nel verde di Città
di Castello, dove di tanto in tanto si
rifugia per riprendere fiato e riposare?
«A Taranto ci tornerò sempre volentieri,
per quanto riguarda il dissesto non abbiamo ancora chiuso, ma siamo in dirittura
d’arrivo».
La ringrazio della disponibilità dottore. Le assicuro che è stato un piacere poterla rivedere.
«Grazie a lei Nardelli. Ha fatto piacere anche a me rincontrarla».
«Tutto per me si è svolto
nella più assoluta normalità,
e solo le cose che accadevano,
mentre accadevano, suscitavano
stupore, tanto era Dio a operarle
facendo di esse la trama di una
storia
che mi accadeva e mi accade
davanti agli occhi.»
(Luigi Giussani)
I
n ricordo di Monsignor Luigi
Giovanni Giussani, morto il 22
febbraio del 2005, il 7 marzo, in
piazza San Pietro a Roma, Papa
Francesco darà udienza a tutti i
componenti di Comunione e Liberazione, movimento fondato sessant’anni fa
proprio da Don Giussani, chiamandolo
inizialmente
Gioventù Studentesca.
Don Luigi Giovanni Giussani
nasce a Desio
in Brianza il
15 ottobre 1922
dove ricevette i
primi insegnamenti religiosi
dalla madre Angelina Gelosa
mentre dal padre
Beniamino, socialista e anarchico, apprese la
passione per la
musica e l’insegnamento politico.
Nel 1945, l’incontro casuale con alcuni adolescenti, gli
fece lasciare il seminario, perché stupito che i ragazzi non conoscessero i
fondamentali insegnamenti del cattolicesimo. Lasciato il Seminario insegnò religione, sino al 1964, al Liceo
Berchet di Milano.
Negli anni 1969-1970 il movimento
giovanile da lui creato prese il nome
di Comunione e Liberazione e Don
Luigi Giussani ne assunse direttamente la guida.
Fu nominato Monsignore da Papa
Giovanni Paolo II nel 1983, nonché
Prelato d’onore di Sua Santità. Sei
anni dopo, nel 1989, contribuì in
maniera determinante alla costituzione
del Banco Alimentare, iniziativa di assistenza ai più bisognosi. L’11 dicembre
1997 il suo testo fondamentale, Il senso
religioso, venne presentato nell’edizione inglese al Palazzo dell’ONU di New
York.
Don Giussani morì a Milano il 22 febbraio del 2005 e fu sepolto nel Famedio
del Cimitero monumentale di Milano.
Migliaia di persone gli resero omaggio
nella camera ardente e il suo funerale fu
celebrato dall’inviato di Giovanni Paolo
II, l’allora cardinale Joseph Ratzinger,
che a distanza di poche settimane sarebbe stato scelto come suo successore alla
guida del Movimento di Comunione e
Liberazione.
Il nome attuale, Comunione e Liberazione (CL), compare per la prima volta nel
1969. Esso sintetizza la convinzione che
l’avvenimento cristiano, vissuto nella
comunione, sia il fondamento dell’autentica liberazione dell’uomo. Come ha
affermato Benedetto XVI: “Comunione
e Liberazione oggi si offre come una
possibilità di vivere in modo profondo la
fede cristiana, da una parte con una totale fedeltà e comunione con il Successore
di Pietro e con la Chiesa; dall’altra, con
una spontaneità e una libertà che permettono nuove e profonde realizzazioni
apostoliche e missionarie”.
Comunione e Liberazione, guidata da
don Julián Carrón, attualmente è presente in circa ottanta Paesi nel mondo e si
occupa di comunità, liturgia, preghiera,
cooperazione, cultura, insegnamento,
carità e sostegno ai più bisognosi.
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Speciale 8 marzo
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Storia e storie
Come gli uomini,
meglio degli uomini
Fatali, viziate, talentuose ma anche
umili, intraprendenti e disposte a grandi
sacrifici. Le donne del Tarantino
durante la Grande Guerra
di Titty Battista
D
omenica, 8 marzo, come è
noto, ricorre “La Festa della
Donna”, un momento di riflessione a tutto campo sulle
conquiste fatte e su quelle ancora oggi negate.
Quest’anno è altrettanto noto che ricorre il
primo centenario della “Grande Guerra”;
pertanto, abbiamo pensato di offrire ai lettori una pagina storica sulle donne del Tarantino nel corso del I conflitto mondiale.
Ci è stato di aiuto e guida lo storico tarantino prof. Antonio Fornaro che lunedì 9
marzo al “Pacinotti” nel corso del Premio “La Mimosa d’Argento”, a cura del
Comitato per la Qualità della Vita, tratterà
l’argomento del quale ci ha tracciato ampia sintesi che ben volentieri presentiamo
all’attenzione delle nostre lettrici e dei nostri elettori.
La dichiarazione di guerra trovò Taranto
pronta a combattere il secolare nemico.
Nel corso del confitto ci fu l’oscuramento,
benché per tutta la durata dello stesso non
apparvero aerei nemici. Dal 1915 al 1918 il
Ponte Girevole restò aperto e si transitava
soltanto su barche di pescatori adattate al
traghetto e su grandi zattere. Non si svolsero nemmeno le processioni della Settimana
Santa. Ci fu il razionamento dei viveri di
prima necessità, mancava quasi tutto il resto, e ci fu il coprifuoco per cui bisognava
rincasare in tempo per non essere fermati
dalle ronde con gravi conseguenze.
Gli operai dell’Arsenale, dei Cantieri e delle Ferraie erano militarizzati e dovevano
portare al braccio una fascia con una stelletta per avere accesso al posto di lavoro.
In questo contesto non certamente felice la
donna del Tarantino dovette affrontare un
lavoro immane dovendosi sostituire al ma-
rito che era impegnato sul fronte bellico.
Soltanto le donne del Centro-Nord d’Italia
e anche quelle di Martina Franca sostituirono “in toto” i rispettivi mariti assumendo
funzioni che non pensavano mai di poter
ricoprire; per esempio, le donne martinesi
dovettero interessarsi anche dal punto di
vista amministrativo della conduzione di
fabbriche di cappotti e di abbigliamento
e anche delle non poche, già fin da allora,
grandi aziende agricole e zootecniche.
Tutto ciò non lo fece la donna tarantina
perché non aveva le stesse opportunità delle categorie sopra analizzate, e anche perché le mancava la necessaria cultura; infatti
anche nel 1915 restava alto il tasso di analfabetismo tra le donne tarantine tanto che
dovevano far ricorso al lavoro degli scrivani per inviare lettere ai mariti che combattevano al fronte. Inviavano anche pacchi
viveri e sigarette ma non sempre arrivavano a destinazione o venivano nascosti dai
“soliti ignoti”.
Così, la donna tarantina, che doveva badare a una famiglia numerosa, talvolta anche
con 15 figli, era costretta a fare la lavandaia
nelle case della ricca borghesia; svuotava,
dietro misero compenso, i vasi da notte dei
ricchi in riva al Mar Piccolo.
Se avevano in famiglia un’attività commerciale, si sostituivano al marito in guerra, diversamente si arrangiavano a fare servizi presso altre famiglie, si industriavano
a vendere ceci e fave arrostite agli angoli
delle strade. Se avevano dimestichezza con
i pettini e i capelli svolgevano il mestiere
“d’a capère”, la parrucchiera di ieri, pettinando giovani e anziane clienti nei vicoli.
Era lei che in casa preparava il pane e lo
mandava al forno, faceva la spesa, curava
la preparazione delle provviste stagionali.
Se aveva cognizioni di sartoria adattava gli abiti usati sotto compenso oppure
faceva la tessitrice, la filatrice, talvolta
si improvvisava anche carbonaia vendendo su un carrettino il carbone che
serviva per la cucina e la carbonella che
serviva per il braciere.
Le nubili, invece, si improvvisavano
“maestre” raccogliendo in uno stanzone
bambini che stavano seduti sullo sgabellino dalla mattina alla sera attendendo il
ritorno delle madri impegnate in altri
servizi. C’era chi vendeva i ferri per
lavorare la lana o faceva lavori all’uncinetto.
C’era chi si procacciava un po’ di denaro facendo le iniezioni a domicilio
e c’erano tante altre che stendevano
la mano per chiedere l’elemosina che,
molto spesso, veniva negata. C’era anche chi si inventava il mestiere di sacrestano pur di ottenere un pasto caldo per
la famiglia dal parroco.
C’era anche chi prestava il suo seno, ricco di latte, facendo la nutrice; c’era chi
si trasformava in prefica strappandosi i
capelli e facendo piangere davanti al cadavere dell’estinto previa ricompensa.
La donna tarantina preparava le nasse
e rattoppava le reti dei pescatori
e vendeva anche il pane duro agli
stessi pescatori che lo acquistavano
come esca per la pesca dei cefali.
C’era, infine, chi purtroppo, mercanteggiava il proprio corpo.
In questo contesto la donna tarantina trovava anche il tempo per rivolgersi così alla Madonna:
“O Madonne, de grazzie sì chiene
(O Madonna di grazie sei piena)
fa’ cu nno’ sone maje ‘a serene.
(Fa’ che non suoni mai la sirena)
Famme durmè ‘nzigne a dumane,
(Fammi dormire sino a domani)
no’ fa passà l’arioplane.
(Non far passare gli aeroplani)
Quanne‘na bomme cade abbasce,
(Quando una bomba cade giù)
‘a Madonne cu’ m’ abbrazze. (La Madonna che mi possa abbracciare)
Gesù, Giuseppe e Maria,
(Gesù, Giuseppe e Maria)
fa’ ca le nemice sbagliene a mire”.
(Fa’ che i nemici sbaglino la mira).
In questo contesto contesto drammatico spiccano figure di alto profilo come:
Italia Almirante Manzini, grande attrice
cinematografica, nata a Taranto vicino
E tra
6 marzo 2015 / n.10
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Nelle foto, donne di un tempo,
contadine, riparatrici di reti, panificatrici,
nutrici, Luigia Quintieri,
Italia Almirante Manzini,
Filomena Martellotta, Anna Fougez
alla Chiesa di San Michele, che fece parlare
la critica cinematografica durante la Grande
Guerra. Scomparve a soli 51 anni per la puntura di un insetto velenoso. Non ebbe mai
alcun riconoscimento dai tarantini.
Anna Fougez, fu la grande attrice, cantante e soubrette a livello nazionale e internazionale, nata a Taranto, in vico Innocentini.
Il suo nome era Maria Annita Pappacena
Laganà. Fu la più grande attrice italiana e
internazionale. Morì a Santa Marinella nel
1966, e spesso veniva a Taranto. Lasciò come
testamento il desiderio di essere sepolta nel
cimitero tarantino, dove oggi riposano le sue
spoglie mortali. Nel libro dal lei scritto: “Il
mondo parla e io passo” non ci sono soltanto
le sue memorie ma anche uno spaccato della
storia d’Italia del suo tempo.
Grande fu Delia Jannelli, crocerossina che
lavorò all’interno dell’Ospedale della Marina Militare. Scrisse un libro di ricordi delle sue missioni di guerra dal titolo: “Per la
Patria, 24 maggio 1915-24 maggio 1919”.
Il ricavato della vendita andò a beneficio dei
bimbi poveri e delle madri vedove di guerra
di Taranto.
Filomena Martellotta fu una grande operatrice scolastica che fondò a Taranto la prima
Scuola Industriale Femminile.
Anche Maria Luigia Quintieri fu operatrice scolastica e ricoprì la carica di prima
ispettrice scolastica delle scuole primarie di
Taranto.
Questa la bella realtà fino a oggi sconosciuta.
Ebbene una riflessione conclusiva ci sia consentita e riguarda le donne di oggi, perché
possano apprezzare da un lato i progressi
fatti nel corso dei secoli, ma al tempo stesso,
possa essere motivo di riflessione per scoprire anche oggi le mille e una risorse che ogni
donna conserva in sé e che è giusto che metta
fuori al momento opportuno, soprattutto in
questo periodo in cui la crisi occupazionale
non risparmia nessuno.
Auguri, pertanto, a tutte le donne della nostra
bella Terra Ionica.
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Speciale 8 marzo
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Femminicidi
Pensavano
fosse amore
La cultura maschilista, i media morbosi, la legislazione che tenta di far fronte
all’emergenza. Una libera riflessione sulla fragilità delle donne e nel rispetto
di quelle tante vite spezzate che riempiono le pagine di cronaca nera
di Oscar Nardelli
D
i solito, mentre si pranza o si
cena con la televisione accesa,
un telegiornale lo si becca di
sicuro. Finita la sigla, l’annunciatrice, truccata ed elegante
come una modella, e seduta dietro un tavolo
grande come un eliporto, incomincia a snocciolare la scaletta del TG con le notizie più
importanti. Immancabilmente, quasi come
una atroce cadenza fissa, arriva la notizia
dell’uccisione di un’altra donna, dell’ennesima donna. L’annunciatrice allora passa la
parola all’inviata, che nel frattempo è corsa
sul posto, per informare dal luogo dove è
stato commesso il delitto, chi sia la vittima,
quanti anni avesse, quanti figli in tenera età
abbia lasciato e chi sia il presunto responsabile dell’omicidio. (Presunto, anche se magari l’assassino ha confessato ed è già stato
arrestato. Ma per la consueta abitudine del
garantismo assoluto, che stabilisce “Tutti
gli imputati sono innocenti sino a sentenza
definitiva”, la giornalista lo definisce sempre e comunque presunto). Dopo qualche
altra informazione sui dettagli dell’episodio e delle motivazioni che hanno portato
all’assassinio, l’inviata chiude con la solita frase: «Da…….. (e indica la località), è
tutto, vi restituisco la linea». Il telegiornale
prosegue con le immagini tornate in studio
e l’annunciatrice che impassibile passa ad
altra notizia.
Quello che cerco di evidenziare è la quasi
quotidianità di queste notizie. Da una statistica è risultato, ad esempio, che nell’anno
2011, sono state uccise, in Italia, 127 donne,
con un’età che andava dai 15 anni ai 70 e
oltre, e che la violenza più diffusa le donne
la subiscono proprio negli ambienti domestici o comunque da mariti, compagni, ex
mariti, ex compagni, conviventi, spasimanti
respinti, fidanzati gelosi, ecc.. Le statistiche
degli anni successivi non sono migliori e dimostrano che il fenomeno è costante, se non
gna, Lazio, Campagna e Puglia, lo Stivale
sarebbe ricoperto da un susseguirsi di bandierine colorate.
La violenza subita dalle donne, inizialmente, risulta quasi sempre di tipo verbale: minacce, offese, maltrattamenti psicologici,
umiliazioni. Poco interessano però, a noi, le
motivazioni che spingono questi uomini a
offendere le proprie mogli, fidanzate o ex.
Quello che deprime maggiormente è che
queste umiliazioni spesso vengano accettate
Ma in generale, della piaga
che affligge centinaia di possibili vittime,
chi se ne occupa? Come viene affrontato
il problema? Cosa si sta facendo
per non far diventare
delle martiri sacrificali quelle donne
che si trovando sull’orlo dell’abisso?
in crescita. Ed è anche impossibile cercare
di circoscrivere il fenomeno in una particolare zona del Paese. Se si appuntassero delle
bandierine colorato nei posti dove si sono
verificati questi delitti, o meglio, femminicidi, ci si accorgerebbe che dal Piemonte alla
Sicilia, passando dal Veneto, dalla Roma-
e subite dalle stesse come normale ménage
domestico, e raramente vengono percepite come vere violenze. La sottomissione a
questo tipo di maltrattamento può essere di
diversa natura, e anche giustificata: paura di
reazioni spropositate da parte del partner;
mancanza di indipendenza economica; la
preoccupazione di perdere i
figli o la loro fiducia. E quasi sempre evitano di
confidarsi con qualcuno per il timore di coinvolgere in litigi i familiari o, comunque, per paura
di non essere capite o peggio, di essere fraintese. Spesso hanno il timore di sentirsi rispondere
che sono esageratamente angosciate e preoccupate per dei semplici battibecchi coniugali. Perciò preferiscono tacere, continuando a subire
quotidianamente maltrattamenti e umiliazioni.
Quando poi arrivano le violenze vere e proprie:
da prima sotto forma di semplici strattonate, tirate di capelli e successivamente con percosse,
schiaffi, calci e pugni, che a volte fanno ricorrere
alle cure dei sanitari, allora si rendono conto, ma
è ormai troppo tardi, che la situazione sta degenerando ed è diventata ormai insostenibile. Nella
maggioranza dei casi è quasi sempre troppo tardi
quando si arriva a questo punto. Ormai l’uomo
ha preso il sopravvento o crede di averlo preso. E
quando la donna, finalmente, prende coscienza e
si ribella a questo stato di inferiorità e cerca una
soluzione, magari andando via da casa, lasciando
il marito, il compagno, per cercare di rifarsi una
vita più serena, lontana e da sola. Allora, per lei,
incomincia il vero inferno. Certe volte, purtroppo, succede che dopo le violenze resista ancora
alla tentazione di denunciare alle Autorità preposte tali comportamenti, simili abusi, e continui a
subire minacce e violenze, sino alla stretta finale.
Quando ormai non c’è più niente da fare. Sino a
quando, in una normale giornata di follia, si trova
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davanti il marito, il fidanzato, il compagno, l’ex convivente con un’arma in mano,
che le lascia solo il tempo di inorridire nel vedere tra le mani dell’uomo che aveva amato,
la fine dei propri giorni.
Ma a pensarci bene, non è solo la vita della
povera vittima innocente ad essere distrutta.
Pensiamoci: ci sono quasi sempre i figli, il
più delle volte in tenera età che verranno affidati a nonni o a parenti più o meno prossimi,
perché la mamma non c’è più e il padre lo
rivedranno, se va bene, e se lo vorranno, forse
tra una trentina d’anni.
Rimedi ce ne sono? Non lo so. Ma si pos-
sono cercare, studiare e
trovare. Magari, perché
no, cominciando a parlarne agli studenti delle
scuole superiori. Parlare
loro, naturalmente con cautela del fenomeno, facendo
supportare gli insegnanti da
psicologi che spieghino con
parole semplici ma chiare,
che non è solo la donna violentata, minacciata, uccisa, la
vittima. Certo tutta l’attenzione e il rispetto va e deve andare sempre alla vittima della
violenza. Ma spiegare agli studenti che il Codice Penale esiste e che punisce severamente chi commette
tali reati, forse servirebbe a taluni ragazzi,
trovandosi un domani in circostanze analoghe, a pensarci due, forse tre volte, prima di
commettere un tale delitto sulla donna che
amerà, sposerà o contro colei che avrà scelto
di convivere con lui. Sì, credo proprio che bisognerebbe iniziare nelle scuole a insegnare e
inculcare ai ragazzi i primi elementi di diritto
civile e penale. Fargli prendere coscienza che
nella vita non ci sono solo diritti, ma anche
doveri. Doveri verso se stessi, ma soprattutto
verso gli altri e la società che li circonda. E
che gli errori criminali possono costare molto
caro, soprattutto dopo una certa età e che, per
reati come la sopraffazione, violenza, stupro
e omicidio, il Codice Penale ha previsto pene
severissime.
Gli articoli del C.P. ed altri, naturalmente, che
comprendono tali reati, agli studenti glieli
farei scrivere su un quaderno e poi imparare
a memoria, facendo sottolineare le conseguenze, altrettanto devastanti, a cui andrebbe
in contro chi dovesse violarli. E poi ne farei
anche materia d’esame. E lo Stato cosa fa per
fronteggiare il fenomeno? Lo Stato sino ad
ora si è limitato a demandare alla Magistratura e alle Forze dell’Ordine l’onere di assicurare alla Giustizia i responsabili dei crimini.
E’ questo, a mio avviso, è poco, troppo poco.
Esiste nel Codice Penale il delitto di Femminicidio? Io non l’ho trovato.
Esiste una cultura civica? Si insegna nelle
scuole italiane? A me non risulta.
C’è un’attenzione particolare verso coloro
che risultano violenti, particolarmente pericolosi e già segnalati? Forse sì, ma di sicuro
quando questi individui decidono di agire e
compiere le loro malefatte criminali sulle
donne, ci riescono sempre.
Cosa ci resta, in conclusione, di quanto sopra esposto? Resta che i media si appropriano della notizia e la sfruttano per farne una
trasmissioni ad hoc. Dilatandone l’evento e
descrivendo dettagliatamente, se necessario
anche con plastici e ricostruzioni, i particolari
più agghiaccianti. Con parenti e conoscenti
della vittima in studio (subito pronti ad accettare l’invito), assistiti dai soliti criminologi,
avvocati e psicologi, cercano di scavare nel
passato della vittima e dell’aggressore. Tutti
solleciti e pronti a parlare di quello che in definitiva non sanno: colpe, cause, motivazioni
e colpevolezze. Arrivando, a volte, a sbandierare la scoperta di nuovi testimoni, nuovi
indizi e nuove prove.
Tutto questo però, e dovrebbero saperlo, e
forse lo sanno ma vanno avanti ugualmente per la loro strada lastricata con il grafico
dell’audience, sposta l’attenzione degli ascoltatori e dell’opinione pubblica sul fatto in se
stesso, sul singolo accaduto.
Persistono per giorni e settimane sull’argomento, senza spiegarne i motivi, ma forse
sono solo in attesa che un episodio analogo
possa prendere il posto di quello diventato ormai stantio, e così ricominciare da capo. Ma
sempre in attesa dell’immancabile prossimo
scoop criminale.
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12 Speciale 8 marzo
E tra
sita nel Borgo antico della città di Taranto.
Ottiene notevoli consensi di pubblico
e critica con gli eventi artistici personali dedicati a Giacomo Puccini e alle
sue opere con la personale a lui dedicata “Recondite armonie”. Ultimo
successo personale al Castello Aragonese di Taranto con la mostra dal titolo “Shakespeare l’amore oltre la vita”
omaggia l’opera “Giulietta e Romeo”
e il cinema di Franco Zeffirelli tramutando l’opera letteraria in pittura.
Nel 2012 viene ricevuta da sua eccellenza Arcivescovo di Taranto, Filippo
Santoro, a cui la pittrice fa dono di un
ritratto olio su tela che ora è custodito
nel Museo Diocesano di Taranto. Partecipa con un’opera scenografica al
concerto per Claude Debussy tenuto
al palazzo di Città di Taranto esponendo l’opera “La fanciulla dai capelli di
lino”.
Lina Mannara
Donne e colori
sulle mie tele
La pittrice del mondo femminile
e dell’introspezione si racconta
nelle sue opere e in quest’intervista, dai dubbi
degli esordi fino ai riconoscimenti attuali
di Titti Battista
L’
arte pittorica, soprattutto quella al femminile, in terra ionica
si sta dimostrando molto efficace sia per le proposte delle
nuove leve della pittura sia
per la qualità pittorica che viene prodotta.
Vero è che non sempre ciò si può riscontrare in qualsiasi artista che, pur di mettere
forma e colore sulla tela, pensa di realizzare
un lavoro d’arte.
Le regole dell’arte valgono sempre e in ogni
settore e, in maniera ancora più precisa, in
quello pittorico. Il successo al femminile
nell’arte pittorica ha bisogno di fasi importanti dalle quali non si può prescindere, come quella della pubblicizzazione dei
propri lavori nel corso di mostre collettive
e personali. Insomma, io posso anche essere una brava pittrice, ma devo necessariamente portare a conoscenza del mondo
esterno e circostante il frutto del mio lavoro perché lo stesso possa essere prima
osservato e criticato e poi valorizzato ed
esaltato.
E’ difficile per un giornalista comprendere
fino a che punto l’artista che ti trovi davanti ad intervistare faccia parte della prima o
della seconda categoria sopra ricordate.
Per Lina Mannara, artista residente a
Montemesola, non è stato per me difficile
l’approccio all’intervista perché avevo già
avuto modo di conoscerla e di apprezzarla
nel corso di importanti mostre collettive e
personali che aveva tenuto presso il Circolo “Rosselli” nella Città Antica di Taranto.
Ebbi come quasi una “folgorazione” perché i suoi colori e le sue forme si impressero in maniera veramente speciale nei miei
occhi e nella mia mente, tanto che mi riproposi nell’esternarle questi miei sentimenti
che non potevo assolutamente continuare a
mantenere nascosti.
Appresi, così, che l’artista era ancora, nonostante il successo già registrato, sulla strada
del perfezionamento attraverso tecniche più
puntuali nell’arte pittorica e attraverso uno
studio di classici della letteratura internazionale e nazionale che le suggerivano spunti
per tradurre sulla tela ciò che il letterato o
il drammaturgo aveva già espresso in forma
di prosa o di poesia.
Le è già accaduto con Shakespeare e Rossini, ma mi risulta che lo studio continua perché attrae molto l’artista. Non mi restava,
allora, altro che decidermi di fissarle un
appuntamento per conoscerla più da vicino come espressione artistico-pittorica
della provincia ionica.
Prima di entrare nel merito dell’intervista, ho ritenuto opportuno proporre ai
lettori un nutrito curriculum dell’artista
per comprendere ancora meglio il significato delle risposte che la stessa ci ha
rilasciato nel corso della nostra intervista.
Lina Mannara nasce nel 1972 a Grottaglie. Intraprende studi inerenti all’arte
grafica ma come pittrice si perfeziona
da autodidatta appassionandosi, con
l’avanzare degli anni, all’arte del ritratto
con la tecnica olio su tela. Nel 2007 realizza la sua prima personale dal nome:
“Amor sacro amor profano”, l’inaspettato successo di pubblico la incoraggia
ad intraprendere il cammino artistico
definitivamente lasciandosi travolgere
dagli emozionanti eventi che le vengono proposti, come il fatale incontro con
il maestro storico dei vicoli di Taranto,
Nicola Giudetti.
Nel 2009 partecipa al primo premio d’arte “Etichett’ art”, organizzato a Roma,
classificandosi seconda. Con l’opera “Il
silenzio di Madame Butterfly” nel 2010
viene premiata al primo trofeo città di
New York. Seguono il concorso internazionale di pittura a Bruxelles e la nomina al premio “L’ercole di Brindisi”
come ambasciatore dell’arte nel Mediterraneo.
E’ autrice dell’opera “Santa Maria della
Scala” custodita nell’omonima chiesa
E adesso veniamo all’intervista.
Quando, come e perché nasce in
te la passione per la pittura?
«Esattamente dalla scuola elementare.
A 9 anni aiutavo la maestra a comporre scenografie delle recite. Ho, poi,
frequentato un anno di scuola d’arte
a Grottaglie come grafica pubblicitaria e ho poi abbandonato. Solo verso i
30 anni, dopo aver fatto la moglie e la
mamma, ho ripreso a dipingere».
Quali sono stati i tuoi primi lavori?
«I primi lavori sono quelli che si conservano nel cassetto come il bimbo
che incomincia a scrivere sul quaderno le sue prime parole. Non pensavo,
sinceramente, che questi lavori così
semplici potessero e dovessero suscitare in me un tale senso di affetto da
farmeli tenere gelosamente custoditi
come un tesoro o una guida a cui fare
riferimento in seguito. Sono queste
le opere che non si vendono e non si
regalano a nessuno. Indubbiamente,
oggi, a distanza di anni, guardando
questi miei primi lavori, mi accoro che
di strada ne ho fatta, ma suscitano in
me gli stessi sentimenti che nell’animo umano suscita il primo amore».
Quali sono state le prime mostre?
«Ho iniziato piuttosto tardi proprio a
causa del mio carattere che mi porta a
una certa insicurezza. Poi, finalmente,
nel 2007, facendo leva sul desiderio
di abbattere questa mia barriera caratteriale, partecipai con una personale
alla festa patronale di Montemesola.
Non credevo a me stessa che avrebbe
suscitato tanto interesse. Volli, in questa circostanza, ridimensionare quanto mi era stato tributato. Sì, lo ritenni
un successo, ma non fu tale da farmi
‘montare la testa’».
Quali sono stati i tuoi primi successi?
«A Roma, in occasione della manifestazione “Etichett art”. Si trattava di
eseguire una etichetta per una bottiglia di vino. Mi fu attribuito il secondo premio e contemporaneamente
ricevetti un riconoscimento dalla Regione Puglia. Anche questa volta, per
non smentire il mio carattere, restai
sulle mie e pensai… è stato il vino a
fare il suo effetto».
Quali, invece, gli ulteriori riconoscimenti?
«Certamente la mostra dedicata alle
liriche pucciniane dove interpreto le
donne delle opere del musicista dando
alle stesse un significato molto vicino,
eppur tanto diverso, rispetto a quanto
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si può leggere nell’opera musicale. Iniziai, poi, a dipingere volti della Vergine Santa nel 2010, a Montemesola, ma
la Madonna che più ha appagato il mio
modo di vederla artisticamente è stata
la tela realizzata per la Chiesa Madonna
della Scala di Taranto. Grande è stato il
successo della mostra incentrata sul film
di Zeffirelli “Giulietta e Romeo” intitolata “Shakespeare: l’amore oltre la vita”.
Ricordo ancora gli interventi critici del
prof. Antonio Fornaro e del caro amico
prof. Angelo Scialpi, prematuramente
scomparso».
Qual è il dipinto dal quale non vorresti mai staccarti?
«Si tratta dell’opera intitolata ‘Fuga dal
giardino degli Inferi’, un dipinto che raffigura un angelo che tiene in braccio una
donna sullo sfondo di un incendio. Lo realizzai in un momento poco bello della
mia vita».
di ieri e quelle di oggi. Questa scelta del
rosso per me rappresenta la rinascita e
l’essenza della stessa vita».
La critica d’arte come si esprime
nei tuoi confronti?
«Fino a oggi i commenti di critici, a vario
livello, sono stati tutti positivi, ma quelli
che mi vado a rileggere spesso sono quelli in cui vengo invitata a restare sempre
me stessa e a valutare con oculatezza
ogni innovazione da apportare».
A quale maestro ti ispiri?
«Fra i classici di ieri certamente al grande
Caravaggio per i suoi straordinari chiaroscuri. Fra i contemporanei certamente il
maestro tarantino Nicola Giudetti per il
fascino che sa imprimere sulla tela facendo risplendere di bellezza anche le pietre
più antiche del Borgo di Taranto».
Cosa bolle in pentola?
«Proprio sulla scorta di quanto suggeritomi da una certa critica, da alcuni mesi
sono al lavoro per mettere su una mostra
che intitolerò ‘Rosso Passione’. Sarebbe
mia intenzione poterla realizzare in estate impaginando in sale diverse le opere
Nel figurativo quali sono le tue preferenze?
«Certamente la figura umana e, in particolare, la donna che a me piace anche
rappresentare nel nudo del suo corpo ma
senza mai sfiorare la volgarità, giocando
sui chiaroscuri».
E per concludere, un consiglio a chi
si avvicina al mondo dell’arte.
«Non è facile avvicinarsi all’arte perché
questa va vissuta prima nel cuore e poi
esternata sulla tela. Certamente l’arte
vera ti fa sentire meglio, ti rende appagata, ma attente giovani promesse della pittura, abbiate l’umiltà di sapere attendere e di far tesoro anche e soprattutto dei
giudizi non del tutto positivi che possono
essere espressi su di voi».
Come si evince dalle risposte forniteci
dalla Mannara certamente ci troviamo di
fronte a una artista unica e molto professionale. Lina è certamente un esempio da
additare alle giovani generazioni che credono nell’arte pittorica.
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Chef BIBOLOTTI
ALMO(MENTO) GIUSTO
Dalla passione per i suoi cani al successo con il secondo posto
a MasterChef 3, l’”ufficiale gentilcuoco” si racconta ai nostri lettori mentre
è al lavoro per i suoi imminenti progetti di home restaurant e social eating
di Mauro Guitto
A
più di un anno dal secondo posto
nella finale della terza edizione
di MasterChef Italia Almo Bibolotti, 39 anni di Bari, ex tenente
dei Carabinieri, ex assicuratore
ed ex promotore finanziario si racconta ai
lettori in un momento pieno di impegni tra
showcooking e la sua pluriennale attività di
albergatore del Biborani Dog Hotel di Bari,
un albergo per cani che gestisce da anni con
la moglie Giovanna.
Su SkyUno è stato ospite a metà gennaio
2015 della quindicesima puntata del magazine della nuova edizione di MasterChef 4
nella rubrica “In cucina con l’ex” dove ha
preparato un merluzzo con crema di bietole
e crema di carote.
Almo ha le idee chiare sul suo futuro per il
quale sta già lavorando da tempo. Lo abbiamo intervistato in esclusiva per Extra.
Ciao Almo, è ormai alle spalle la delusione della mancata vittoria di MasterChef al rush finale?
«Abbondantemente smaltita e metabolizzata visti anche i grandi successi che sto
raccogliendo non solo in Italia ma anche
all’estero, Europa, Stati Uniti, adesso anche in Asia. Quindi meglio non poteva andare».
Cosa è piaciuto e cosa piace di te
alla gente?
«Io credo che di me piaccia la semplicità.
Quache volta è stata confusa con la presunzione ma non sono affatto presuntuoso.
Sono una persona consapevole dei propri
mezzi e delle proprie capacità perché ho
studiato tanto e credo di aver dimostrato
sul campo quelli che sono stati i miei meriti
pubblicamente riconosciuti dai fan da nord
a sud Italia».
Chef Bruno Barbieri nell’annunciarti
di essere il primo finalista, ti ha definito nell’ultima puntata “L’uomo
da battere”. Federico Ferrero poi ti
ha battuto vincendo MasterChef. E’
davvero lui il più bravo?
«Mah .. mi auguro di poter tornare a MasterChef in una delle prossime edizioni in
una maxi sfida ai fornelli tra i più forti delle
varie edizioni per stabilire chi sia il MasterChef dei MasterChef».
Credi che Federico abbia quindi vinto davvero grazie al suo dolce?
«Da quello che ho visto il dolce non è opera
sua. Evidentemente ha vinto l’idea di Federico più che le sue capacità».
A parte l’esito, c’è un piatto che avre-
sti preparato
diversamente in finale?
«Probabilmente il
budino. Se avessi
giocato con più
astuzia anzicchè
d’impulso me la
sarei giocata con
un dolce al cucchiaio perché lavorare sulle consistenze in una finale
effettivamente può
essere una mossa
azzardata».
Dopo la finale hai più fatto un budino?
«Certo, ne ho fatti tanti di budini proprio
perché è un piatto che a me piace e mi è
sempre riuscito. Stranamente proprio in finale c’è stato qualcosa che non è andato per
il verso giusto».
Cracco, Barbieri e Bastianich: tre
mostri di bravura... cosa ti ha colpito
di loro?
«Sicuramente tutti e tre mi hanno lasciato
qualcosa. Chef Cracco grandissimo talento
della cucina, avanguardista, quindi acco-
stamenti molto azzardati ma sempre molto
efficaci. Barbieri più ancorato alle tradizioni e altrettanto efficace. Bastianich grandissimo imprenditore, “uomo di business”
come dico sempre io, c’è tanto da imparare
anche da lui. Questa splendida esperienza
mi è servita molto a maturare».
La gente ti riconosce per strada, che
effetto ti fa?
«La cosa bella è che continuano a riconoscermi per strada nonostante sia passato un
anno. Fa sempre un certo effetto perché mi
piace essere riconosciuto e mi piace ancora
di più quando mi fermano e mi dicono “dovevi essere tu il vincitore di MasterChef”».
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Almo Bibolotti
nasce a Bari il 19 aprile 1974.
Si laurea in Giurisprudenza
nel 1998 e nello stesso anno diventa
Ufficiale dell’Arma dei Carabinieri fino al
2002 quando decide di lasciare l’Arma per
svolgere l’attività di assicuratore e promotore
finanziario nell’agenzia di famiglia.Con la moglie Giovanna Ranieri condivide da sempre la
passione per i cani e nel 2005 dà vita insieme a
lei al Biborani Dog’s Hotel, un albergo di lusso
per cani, realtà imprenditoriale innovativa nel
settore in Italia, grazie alla quale mantengono
oltre 50 cani adottati dai canili e dalla strada.
Ma la vera grande passione di Almo,
che coltiva da quando aveva 10 anni, è la cucina.Nel 2006 comincia a perfezionare le tecniche di cucina frequentando workshop e corsi
di cucina con famosissimi chef internazionali
(Igles Corelli, Maurizio Santin, Gabriele Bonci, Jean Lee)Nel 2013 partecipa alla trasmissione televisiva MasterChef Italia arrivando
secondo su 15.500 candidati. Eletto da gran
parte del pubblico quale vincitore morale,
oggi Almo é uno tra gli chef più richiesti per
la partecipazione ad eventi pubblici e privati,
esibizioni in show cooking e partecipazioni
in trasmissioni televisive.La sua cucina, che
si ispira alla tradizione regionale italiana é
semplice, tecnica e creativa. Aperta anche ai
profumi ai sapori ed ai colori che lo chef ha
fatto propri grazie alle numerose esperienze di
viaggio all’estero, in particolare in Sri Lanka
e Kenya.Tante le soddisfazioni di Almo sia a
livello nazionale sia internazionale.L’assessore
al marketing della sua città lo premia con un
prestigiosissimo riconoscimento per avere
rilanciato a livello nazionale ed internazionale
l’immagine di Bari, della Puglia e dell’ Italia
per eleganza, stile e capacità culinarie.
A luglio, a New York, in occasione del Fancy
Food è il protagonista di un grande evento,
dove lo chef in un hotel di Manatthan (Hotel Americano) prepara un buffet per oltre
200 persone a base di piatti della tradizione
pugliese. Ad ottobre partecipa all’asta di
beneficenza del London Pratham galà svoltosi
al British historical Museum dove lo chef fa
la sua offerta con una sua sessione di cucina
che viene battuta all’asta per 12.000 sterline
e successivamente nello stesso mese è consulente gastronomico di una famiglia indiana in
occasione delle nozze della figlia di un importantissimo magnate della finanza mondiale,
celebrate a Perugia.Scrive un libro “Morso
e Mangiato” edito da Mondadori, di ricette
gourmet per cani.Prossimamente in uscita in
Italia un altro libro “Ufficiale gentilcuoco”,
questa volta di ricette per tutti.
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saper gestire molto
bene la materia».
L’elemento più importante per cucinare in modo salutare?
«Sicuramente
non
eccedere con i grassi.
Evitare tutto ciò che
può essere di più in
un piatto tipo la panna perché ci sono tecniche che ci consentono di avere lo stesso risultato eliminando i
grassi aggiunti».
Il tuo piatto forte?
«Il polpo con il gazpacho e spaghetti di
zucchina marinati all’orientale con la stracciatella che è il piatto che mi ha permesso
di arrivare in finale. Un altro che amo particolarmente è il risotto con la cipolla rossa
di Acquaviva, il gorgonzola e la gelatina di
moscato di Trani con gherilli di noce».
Il tuo piatto preferito?
«La pasta al pomodoro, genuinità e semplicità, che è quella che mi ha fatto arrivare di
diritto nella classe di MasterChef».
L’utensile da cucina cui non rinunceresti mai?
«Il frullatore a immersione».
C’è uno chef al quale ti ispiri?
«Igles Corelli, grandissimo maestro, grande amico, è il mio guru».
Uno chef che sfideresti in uno show
cooking?
«Federico Ferrero… anche se non è uno
chef!».
Gli ingredienti per te indispensabili
in cucina?
«Tutti quelli di primissima qualità, la materia prima fondamentale di qualità e le giuste
tecniche».
Un aggettivo per definire il tuo modo
di cucinare?
«Semplice perché credo che nella semplicità ci siano bontà e capacità. Fare un buon
piatto di spaghetti al pomodoro significa
Quando fai la spesa su cosa concentri maggiormente le tue attenzioni?
«I prodotti di stagione, in particolar modo
adoro il pesce e ultimamente sto scoprendo
molto le verdure».
C’è un programma di cucina che segui?
«MasterChef, naturalmente, e
altri sulle tv a pagamento».
Tua moglie Giovanna è
spesso presente nei tuoi
impegni. Quanto è importante nel tuo successo?
«Giovanna è fondamentale, è una persona
splendida. Tutti i miei successi sono legati
chiaramente a lei perché abbiamo sempre
fortemente creduto nei nostri sogni, abbiamo sempre lavorato con umiltà, ci siamo
sorretti reciprocamente, ci siamo dati fiducia e poi sono arrivati i risultati».
A casa chi comanda in cucina?
«Giovanna è una donna molto forte. Se non
fosse stata lei la mia donna probabilmente
oggi avrei avuto difficoltà a trovare moglie,
quando sono in giro c’è lei che si occupa
del Biborani Dog’s Hotel, dei cani e ovviamente anche dei bambini, ma la cucina è
territorio mio».
Vieni invitato a pranzo o a cena. Cosa
non vorresti mai vedere o mangiare a
tavola ?
«Capita spesso. Io sono una buona forchetta, mangio tutto e non mi spaventa nulla.
Qualche reticenza l’avrei per gli insetti anche se oggi fa gran figo far mangiare gli insetti perché dicono sia la cucina del futuro.
Francamente ho qualche perplessità».
I tuoi hobby?
«I cani principalmente. Prima il mio hobby
era la pesca ma adesso non c’è più tempo
per dedicarmi agli hobby, resta solo quello
per le passioni: la cucina e i cani».
Parlaci del tuo libro “Morso e mangiato”.
«E’ un libro di ricette gourmet per cani nato
dall’incrocio della passione per i quattro
zampe con quella per la cucina. Non le solite ricette a base di carne e di pesce ma ricette anche vegetariane e vegane legate quindi
al rispetto delle ricette etiche, ricette ipoallergeniche quindi finalizzate alla desensibilizzazione dei prodotti che creano intol-
leranze alimentari. Per
me questo libro è molto importante
perché io devo tanto ai miei cani
che hanno rappresentato un punto di
svolta nella mia vita e in questa maniera voglio ripagarli di tutto ciò che loro mi
hanno dato in termini di affetto. Parte del
ricavato di questo libro infatti sarà donato
ad associazioni e rifugio enti che versano in
situazioni non favorevoli».
Com’è nato l’amore per i 4 zampe e
l’idea di un hotel per loro ?
«Certi amori non nascono, evidentemente sono insiti nel dna. L’idea del Biborani
dog hotel nasce dal fatto che essendo stato
con mia moglie proprietario di cani e avendo sempre riscontrato grosse difficoltà nel
lasciare i nostri cani per inadeguatezza e
incapacità del personale che gestisce i vari
canili e i vari rifugi, è nata in noi la voglia di
creare qualcosa di innovativo e di diverso.
Credo con grande soddisfazione di esserci
riuscito».
Il tuo piatto che piace di più ai cani?
«Anche loro amano la semplicità. Qualcosa
che sia sempre a base di riso soffiato oppure la quinoa, oppure l’avena con carota,
zucchina e carne bianca o rossa. Un suggerimento importante: molti commettono
l’errore di dare sempre carne magra ai cani,
non va bene perché i cani hanno bisogno
anche di carne grassa».
Progetti per il futuro ?
«Un ritorno in televisione per un format
molto importante. Attualmente sto lavorando anche per la Rai nel programma “Cronache animali” in onda su Rai2. E oltre agli
eventi che faccio in Italia e all’estero, sto
lavorando anche per la prossima apertura di
alcuni ristoranti non solo come chef ma anche e soprattutto come imprenditore».
Grazie Almo per la disponibilità.
«Io ringrazio voi per l’intervista e saluto
tutti i lettori di Extra e rivolgo a loro un appello: credete sempre nei vostri sogni anche
quando sembrano irraggiungibili. Ci vuole
sempre convinzione, capacità e determinazione e spesso i sogni si possono realizzare».
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Tendenze
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CELESTE MANIA
La primavera è
troppo azzurra
Nulla sarà come prima dopo questa primavera
estate 2015. Fiumi di azzurro, in tutte le sue
sfumature, invaderanno i guardaroba di tutte
le pulzelle d’Italia. Qualche consiglio per arginare
i danni, buona fortuna a tutte e si salvi chi può
di Serena Mellone
S
arà un lunga primavera. Avremo da ciarlare
tantissimo tra amiche,
vista la confusione e la
profusione di tendenze
moda lanciate dal fashion system.
Ultima sentenziata “l’uso inconsulto di celeste”, non si vedeva da
circa 20 anni. Sono terrorizzata al
sol pensiero dell’abuso cromatico, eye-liner compreso delineato
dalla fronte e fino alle orecchie.
Un bel respiro e cerchiamo di
analizzare con razionale goliardia qualcosa di buono da indossare. Salvati tutti gli indumenti in
jeans, a dare dignità al pantone
ceruleo è Valentino con una sottoveste azzurro-celeste glitterata
con tulle ampio sopra (1).
Azzurro “mar di Sardegna” l’abito di Blumarine, leggero con onde
di ruches e intagli di stoffa che
donano dinamicità all’orizzonte (2).A trapezio e super corto il
modello “figlie dei fiori” di Fendi
che punta a un tipino tutto pepe
(3), per ambienti bonton. Super
casual la donna Coconuda che
scegliere di vivere con praticità
la quotidianità con un giobottino
in ecopelle, jeans e sneakers all
blue sky (4). Jumpsuit blu cobalto Zara, che abbina scintinllanti
sandali dorati (5) e desta la mia
attenzione destabilizzando il mio
“no celeste e affini”. Stuzzicante
al palato la Pinko Bag tutta plastica e tappezzeria (6) e la borsa a
secchiello di Moschino (7, a volte
ritonano).
Piumato e ingabbiato, l’abito midi
di Fendi (8), per la via di fuga da
questo strazio celestiali sneaker
da tennis New Balance (9). Da
amare in maniera incondizionata
le Adidas by Raf Simons (10), e
ho detto tutto.
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Di amore, scarpe e altre (dis)avventure
Madonna, che caduta!
Ovvero come riuscire a salvare la dignità
e il femore dopo un capitombolo
di Marta Coccoluto
A
mo i saggi e i filosofi da tastiera, quelli che sui
Social
postano
quanto
“dentro
un ring o fuori non c’è niente
di male a cadere. È sbagliato
rimanere a terra” citando Muhammad Ali, o cinguettando
che “la felicità più grande non
sta nel non cadere mai, ma nel
risollevarsi sempre dopo una
ne urgente “su cosa può fare
e cosa non dovrebbe più fare
una donna della sua età onde
evitare il rischio di risultare
ridicola”. Intanto, a onor del
vero, a Madonna non ha ceduto il femore, ma il ballerino incaricato di tirale via il
pesante e strettamente allacciato mantello Armani non è
riuscito nell’impresa e l’ha tirata giù da tacchi e scale. Provate a volare quattro gradini,
7
10
caduta”, tirando in ballo
Confucio. Poi Madonna cappotta all’indietro sul palco dei
Brit Awards e si scatena l’ironia più feroce. Il capitombolo
come segnale inconfutabile di
fine della carriera, di un’epoca
a essere molto buoni. Gente,
uomini e donne, a cui magari
viene il fiatone a fare due rampe di scale, ridacchia che alla
sua età (56 anni) Madonna dovrebbe appendere il reggiseno
appuntito di Gaultier al chiodo e mettersi in poltrona a fare
la maglia (come pare faccia la
Capotondi…). Altri che al posto di Lady Ciccone si sarebbero sbriciolati a terra come
un wafer, fanno battute sullo
scampato pericolo di rottura
dell’anca. Naturalmente non
mancano neppure i complottisti: secondo loro Madonna di
sarebbe lanciata all’indietro
tipo sub dal gommone, sbattendo schiena e testa e facendo una figuraccia imperiale,
per farsi un po’ di pubblicità
gratuita ed elemosinare simpatie prima dell’inevitabile
capolinea. Altri ancora, critici
musicali che sul disco hanno
speso poco più che una riga,
hanno invocato una riflessio-
atterrare di schiena, rialzarvi,
finire l’esibizione live e ironizzarci su. Provateci anche
se non siete una star internazionale e non finirete trend
topic su Twitter e immortalata sui quotidiani e tabloid di
mezzo mondo mentre siete
a terra gambe all’aria, ma al
massimo vi ha visto cadere
qualche passante o vicino che
non ha trattenuto le risa. Poi
non ho capito, a una certa età
bisogna togliersi di mezzo?
Smettere di essere ciò che si
è sempre state per non urtare
l’altrui verecondia? E chi la
stabilisce l’età? Inoltre, Madonna è meglio si dia ai tornei di burraco e invece che so,
Mick Jagger può continuare
a inguainarsi nei pantaloni di
pelle e spaccare chitarre sui
palchi? Un pregiudizio d’età
a cui si somma un pregiudizio
di genere: oltre un’età, certe donne sono imbarazzanti,
certi uomini ancora grintosi.
Un ragionamento che magari
domani sarà (malamente) nascosto da un mazzetto spelacchiato di mimosa, grottesco
e rasoterra. E non è neanche
colpa di un ballerino.
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Salento/Talento
La copertina del libro (https://www.facebook.com/pages/Caro-Ulivo-ti-scrivo/157
3980682813932?sk=timeline).
Foto di Angela Franchini
Voce verde
«Caro ulivo
ti scrivo»
Un volume edito da Il Raggio Verde
raccoglie suggestioni e riflessioni
di otto autori pugliesi sul tema dell’identità:
«Siamo fratelli. Figli della stessa terra»
Nelle foto, da sinistra verso destra
tre degli autori di Caro Ulivo,
ti scrivo: Giuseppe Pascali,
Lucia Accoto e Maria Pia Romano.
di Francesca Garrisi
«
Non ricordo più quanti anni ho.
Forse cento, chissà. Ho smesso
da tempo di contarli, ma se mi
guardo bene mi accorgo che ne
dimostro anche di più. Molti di
più. D’altronde non mi meraviglio, perché mi hanno sempre detto che quelli
come me possono vivere a lungo. Non
sono nato in questi luoghi, mi ci hanno
portato quando ero piccolo, ma ormai
sono affezionato a tal punto che sento
questa terra mia». Parole che evocano
una saggezza antica. Quella della terra.
Così Giuseppe Pascali omaggia l’ulivo,
elemento centrale dell’ultimo lembo di
Puglia. A quest’albero è dedicato un libro dal titolo emblematico Caro Ulivo, ti
scrivo, edito da Il Raggio Verde.
«Il volume nasce dal desiderio di rivelare il paesaggio attraverso brevi racconti
a firma di autori pugliesi che in queste
pagine ci hanno affidato i loro pensieri:
emozioni e visioni su una pianta millenaria, venuta dall’antico Oriente, con il
suo olio, autentica ricchezza del nostro
territorio, da sempre simbolo di pace».
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Giusy Petracca sceglie queste parole
per presentare Caro Ulivo, ti scrivo nella
prefazione.
Lucia Accoto, Grazia Barba, Luigi Caricato, Pino De Luca, Antonio Errico,
Giuseppe Pascali, Maria Pia Romano
e Massimo Quarta. Sette scrittori e un
artista. Lettera, lirica, giallo, prosa …
Una pluralità (e coralità) di generi per altrettanti sguardi, peculiari e complementari. Ciascuno “disegna” in modo unico
il tema dell’identità.
Caro Ulivo, ti scrivo non è però “solo”
una narrazione completa e conclusa al
suo interno. È anche e soprattutto l’inizio di qualcosa di più vasto. Il volume
infatti apre la collana “Storie e Natura”,
ideale anello di congiunzione e ponte
tra arte e letteratura. Così, i dipinti rappresentati in copertina s’innestano nella
storia dipanata attraverso il testo. E perdono di senso steccati e divisioni tra forme espressive.
«Caro Ulivo, mi sarebbe piaciuto scriverti di quando mi perdevo nei tuoi fianchi nodosi e ci affondavo le mie malinconie precoci di bambina cresciuta in
fretta, tra libri e disegni, con grovigli
di sogni nella testa, che diventavano
mondi interi tra le mani. Da sospingere per aria ogni giorno, con la leggera
incoscienza di chi crede di possedere la
follia giusta per salvare il mondo dalla
banalità». Maria Pia Romano ci ricorda che il verde degli ulivi è la salvezza
dal grigiore di un quotidiano monotono.
Un cordone ombelicale che non soffoca,
ma alimenta il nostro stupore vitale.
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Incontri
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comincia a leggere il diario di Maddalena,
e strani sogni la conducono in un lontano
passato, all’epoca del ritiro dell’imperatore Federico II di Svevia a Castel del Monte. I sogni diventano sempre più frequenti
e la ragazza, sottoponendosi a ipnoterapia,
cerca di capire il senso di ciò che accade. Scopre così, con meraviglia, curiosità e timore, che ha vissuto altre vite, e
tra queste anche quella di Maddalena nel
Medioevo. Per Maia diventa tutto chiaro.
È certa che il puzzle sia completo, e dal
momento che ha vissuto la morte di Maddalena, non ha più paura di nulla, perché
sa che la sua anima continuerà a vivere in
eterno. L’opera potrebbe considerarsi un
saggio sotto forma di romanzo, nel quale i
protagonisti affrontano la loro vita e “creano” le loro esperienze perché sono alla
ricerca del vero significato dell’esistenza
e dell’amore.
Angelica Laterza
Tutte le vite
di Maia
Questo romanzo parla di amore universale, spiritualità, reincarnazione,
ipnosi, morte, vita, angeli e Dio, ambientato nella
Martina Franca del presente e nel passato di Federico II
di Cosima Borrelli
L
a voce di Maia”, è un romanzo
che richiama il senso del mistero e dell’onirico, conducendo
il lettore negli abissi insondabili dell’esistenza individuale
e universale alla ricerca del vero senso
della vita e dell’amore.
Racconta la storia di Maia, proprietaria di
un negozio di libri, che conosce Saverio,
insegnante di storia e giornalista nel tem-
po libero.Questi, entrato in possesso della copia di un diario scritto da una giovane donna, Maddalena, vissuta tra il 1234
e il 1251, che tanto assomiglia a Maia,
decide di sottoporla a quest’ultima. Maia
Partiamo con una domanda che ravviva il fondo dell’anima di ogni scrittore: cos’è l’esperienza della scrittura per te, come si estrinseca l’atto
creativo e cosa significa essere uno
scrittore oggi?
«La scrittura fa parte di me. Non potrei vivere senza leggere e scrivere. L’atto dello
scrivere ha per me un’importantissima funzione catartica. E, tuttavia, questa è solo
una parte di qualcosa di più vasto. Il mio
intento, come, credo, quello di qualsiasi
altro artista, è quello di raccontare e di
comunicare, donando qualcosa di me agli
altri. E, nello stesso tempo, di suscitare nei
lettori emozioni, riflessioni e interrogativi.
Questo atto creativo parte dalla mia immaginazione. E la mia immaginazione si
nutre di quello che ho sperimentato, dei ricordi che affiorano improvvisi, del mondo
intero, delle persone che conosco e anche
della voce che mi porto dentro e che mi
aiuta nel meraviglioso viaggio della vita e
della scrittura. Qualcuno mi ha detto una
volta che lo spazio è affollato di presenze, di quello che è stato, di ciò che è, e
di ciò che sarà. In questo spazio invisibile
vivono tutti i miei personaggi. Ma posso
sentirli solo se faccio silenzio. Quando comincio a scrivere una storia, e mi immergo in quel mondo parallelo, posso vederli.
Emergono dal nulla e appaiono alla mia
vista interiore completamente, con le loro
voci, i loro colori e i loro odori. Invadono i
miei sogni, occupano le mie giornate e mi
seguono persino nella vita reale».
Quando è nata in te l’esigenza di affidare alla scrittura il tuo sentire più
profondo?
«L’esigenza di scrivere è nata quando ero
ancora una bambina. Il giorno del mio undicesimo compleanno mi venne regalato
un libro da un’amica di mia madre (che
ringrazio): “Anna di Green Gables” di L.
M. Montgomery. Rimasi estasiata e cominciai a pensare di scrivere qualche racconto. Ma, in realtà, non credevo che ne
E
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sarei mai stata capace».
di Lei. In una parte del romanzo,
l’interesse è in particolar modo
rivolto alle donne di quel tempo, un tempo terrificante dove il
sospetto senza alcuna prova diveniva punizione incondizionata
e martirio deliberato. La Chiesa
puntava il dito sulle donne semplici che curavano con le erbe
giudicandole Streghe diaboliche
per le quali non vi poteva essere
altra punizione che il rogo. Dunque, Maddalena diviene emblema
di una condizione femminile sottomessa unicamente alle decisioni
di un assurdo potere religioso.
In realtà, considerando i tempi in
cui viviamo, non credo qui si tratti
di riscattare la mia città. Il problema oggi, ritengo che sia del mondo
intero, e non è di natura politica, né
economica, e di certo non di natura militare. Credo sia un problema
spirituale. Ha a che fare con quello che l’umanità crede di se stessa,
della vita e di Dio. E fino a che non
cambieranno queste convinzioni
fondamentali non cambieranno mai
nemmeno i comportamenti».
C’è uno scrittore, un libro , una
corrente che ha agito in te come
via maestra verso il mondo della
scrittura? Quali sono state le letture più significative nel tuo percorso di vita?
«Mi sono immersa nella lettura abbastanza tardi (intorno ai 19 anni). Leggevo romanzi e saggi. Cercavo di trovare
delle risposte al senso della vita, della
mia vita. Il primo saggio che ho letto
è stato “Vivere, amare, capirsi” di Leo
Buscaglia; che ho ripreso varie volte nel
corso degli anni. Il primo vero romanzo
“Poveri e semplici” di Anna Maria Ortese. I miei autori preferiti sono: Paulo
Coelho, Isabelle Allende, Alessandro
Baricco, Carlos Ruiz Zafon. Le letture più significative nel mio percorso di
vita sono state e sono soprattutto quelle di N. D. Walsch, Osho, Antony de
Mello, Brian Weiss e Gregg Braden
perché mi hanno insegnato a guardare
la vita con occhi diversi».
Ci parli della tua ultima pubblicazione. “La Voce di Maia”, un
libro che conduce il lettore negli abissi insondabili dell’esistenza individuale e universale, alla ricerca del vero senso
della vita e dell’amore. Per lei
come si può estrinsecare il senso ultimo di una vita all’insegna
dell’amore?
«Il senso ultimo di una vita all’insegna dell’amore posso estrinsecarlo
con due citazioni. La prima è di Osho:
“Tutto ciò che è malato nell’uomo
nasce dalla mancanza d’amore. Tutto ciò che non va nell’uomo è in
qualche maniera collegato all’amore: (l’uomo) o non è stato capace
di amare oppure non è stato capace
di ricevere amore. Non è riuscito a
condividere il suo essere. Da qui l’infelicità che crea complessi di ogni genere.
Queste ferite interiori possono venire a
galla in molti modi: possono diventare
disturbi fisici o malattie mentali; in ogni
caso, in profondità, ciò di cui l’uomo
soffre è la mancanza d’amore. Proprio
come il cibo è necessario per il corpo,
l’amore lo è per l’anima. Il corpo non
può vivere senza nutrimento e l’anima
non può vivere senza amore. In realtà,
senza amore l’anima non nasce nemmeno.Se non hai amato, non hai mai conosciuto la tua anima. Solo nell’amore arrivi a comprendere che sei più del corpo,
più della mente”. La seconda citazione è
tratta dal Vangelo di Gv 4,34; Gesù disse loro: “Mio cibo è fare la volontà di
Colui che mi ha mandato e compiere la
Sua opera”. Più di duemila anni fa, qualcuno ci ha dato un meraviglioso consiglio: “Amatevi l’un l’altro”. Ma per
quanto potentissime siano queste parole,
molti di noi sono riusciti a ignorarle per
secoli. Se ne parla di continuo, tuttavia
pochi si aspettano che qualcuno le metta
veramente in pratica. Se uno lo fa, viene
considerato un santo o un pazzo!
Purtroppo la nostra società non comprende il vero Potere dell’amore. Pensa
ancora che la gente del mondo potrebbe
essere unita con la paura, ma non con un
profondo rispetto per la vita, vita intesa
nel senso più ampio del termine. La paura tiene costretti, l’amore ci tiene stretti.
La paura afferra, l’amore lascia liberi.
La paura affligge, l’amore consola. La
paura distrugge, l’amore rende migliori.
L’amore è l’energia che allarga, apre,
comunica, sostiene, svela, condivide,
guarisce.
Solamente quando avremo sperimentato questo tipo di Amore ci accorgeremo
che esso ha il potere di farci dimenticare quelle diversità insignificanti che
ci separano gli uni dagli altri, per dimostrarci che quello che abbiamo fino
a ora considerato un nostro nemico ha
una faccia e soprattutto un cuore. E a
questo punto, niente sarà più impossibile».
Le vicende che si intrecciano nella narrazione percorrono parallelamente fantasia e verità storica e si svolgono tra presente e
passato, in particolare partendo
dalla tua cittadina: Martina Franca. Racconti così quella parte dimenticata della storia pugliese,
riscattandola dall’oblio. Secondo
te da cosa dovrebbe ripartire il
vero riscatto della tua città?
«Sì, infatti la vicenda parte dalla mia
città, Martina Franca, dove in una libreria colloco i personaggi del presente: Maia, Flora, Saverio, Alessandro
in un alternarsi tra il mondo di oggi e
quello di ieri, indago e racconto quella
parte dimenticata della storia pugliese,
riscattandola dall’oblio per riportarla
alla sua meritevole grandezza; quella
grandezza che illuminò l’imperatore
Federico II, uomo aperto alla conoscenza, dedito all’arte, allo studio delle scienze e soprattutto libero da ogni
condizionamento religioso tanto da
combattere quella “Santa ignoranza”
che infine lo travolse. Le Vicende dunque che racconto tra fantasia e verità
storica si svolgono tra presente e passato, in particolare in quel tempo buio
della storia pugliese e della storia europea che conobbe la ignobile brutalità di
una Chiesa, la quale nel vecchio come
nel nuovo continente puniva e sterminava chiunque operasse fuori e contro
Il tuo interesse è rivolto alle
donne di un tempo oscuro che
ha visto perpetrarsi la terribile caccia alle streghe, segnata
da 500 anni di torture e stragi,
tanto che Maddalena diviene
emblema di una condizione femminile sottomessa unicamente
alle decisioni di un totalitario
e assurdo potere religioso che
trasformava il sospetto senza
alcuna prova in terribile punizione incondizionata e martirio
deliberato. Secondo te oggi sono
ancora in atto forme di “caccia
alle streghe”? Se sì, quali?
«Sì, ho rivolto il mio interesse anche
alle donne. In effetti ancora oggi, in
alcuni Paesi si può ancora parlare di
“caccia alle streghe”. Donne e bambine sospettate di essere streghe. Vi
sono credenze diffuse nella stregoneria nell’arcipelago, specie nelle regioni
più remote, dove molti non accettano
cause naturali per malattie, incidenti o
morte. In un episodio, esattamente due
anni fa, sei donne accusate di praticare
la stregoneria sono state torturate con
ferri roventi durante un “sacrificio di
Pasqua” nella provincia degli altipiani meridionali. Poche settimane prima
una giovane madre, anch’essa accusata
di stregoneria e della morte di un bambino di 6 anni, era stata bruciata viva
dopo essere stata denudata, legata e torturata con un ferro da marchio. Il tutto
davanti a una folla di curiosi, alcuni dei
quali fotografavano la scena con i telefoni cellulari.
In zone come il Medio Oriente, l’Africa ed il subcontinente indiano la condizione delle donne è ancora difficile e la
parità è un sogno. In certi paesi come
l’Afghanistan e l’Iran i loro diritti erano
maggiormente tutelati nei decenni passati. Poi le cose sono cambiate. Alcuni
posti di bellezza e turismo sono diventati improvvisamente luoghi di terrore.
Tantissime scuole sono state distrutte.
Alle ragazze è stato impedito di andare
a scuola. Le donne sono state picchiate. L’istruzione da diritto e diventato
crimine. Molte bambine a 12 anni in
Africa sono costrette a sposarsi. l’India
e alcuni Paesi vicini del mondo islamico, regolarmente sostengono l’idea
di sottomissione della donna. Ancora
oggi la maggioranza delle donne vede
continuamente calpestati i propri diritti
o, ancor peggio, non ha mai sospettato
di averne».
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6 marzo 2015 / n.10
Nuvolette
E tra
L’OROSCOPO
dal 6 al 13 marzo 2015
MOSTRA A MESAGNE
Gulp! I fumetti di Piero Conforti
Visitabile sino a domenica 8 marzo, nella storica sede
dell’associazione “La Manovella”. Al termine, un corso
di grafica pubblicitaria e fumetto tenuto dall’artista
di Pierluigi Rota
tecnica e sono volti alla ricerca di una
naturalezza espressiva.
«Siamo felicissimi di aprire il nostro
nuovo anno con questa mostra - dichiara il presidente Giuseppe Aresta - La
Manovella ha voluto celebrare un’arte considerata minore dando a tutti la
possibilità di conoscere Piero Conforti
che offrirà anche la possibilità di seguire un corso di grafica e fumetto».
La mostra è visitabile sino a domenica
8 marzo. Al termine è previsto l’avvio
di un corso di grafica pubblicitaria e
fumetto tenuto da Piero Conforti.
Per iscrizioni e informazioni è possibile telefonare al 347 6169824 o inviare
una mail a associazionelamanovella@
gmail.com
La sede dell’associazione in Piazza
Criscuolo, 5 (nel centro storico di Mesagne nei pressi della chiesa matrice)
è a disposizione di soci e non soci, per
la mostra scambio di fumetti e libri
come incentivo alla lettura.
diVERSI
di Cataldo Basile
UN POSTO MAI VISTO
G
ulp,
mostra
fumetto
con
illustrazioni di
Piero Conforti
a cura dell’associazione “La Manovella”
di Mesagne. In attesa del
termine dei lavori della nuova sede, nella sua vecchia casa in
piazza Criscuolo 5, si può visitare
la mostra con le illustrazioni e i
fumetti di Piero Conforti, inaugu-
rata sabato 28 febbraio.
Le opere esposte rappresentano un breve excursus della
trentennale carriera di Piero
Conforti, fumettista e grafico pubblicitario, che con la
sua arte ha conquistato l’attenzione di grandi e bambini.
I lavori sono eterogenei per stile e
V
Vado per una strada antica
che va alla grande città
ricca di musei e di posti storici
molto antichi.
Mi avvicino sempre di più,
alle rovine della grande città
a quello che si vedeva da lontano,
prende il posto
una figura e un disegno diverso;
si può notare
la bellezza e la storia
di un posto mai visto,
e molto antico
per poter dire o pensare qualcosa.
Una parola non può spiegare
quello che ho visto;
e che potrò raccontare,
sicuro di essere capito.
ARIETE
21.03 - 20.04
Marte alimenta i confronti, anche
litigiosi, con il partner. L’oroscopo
vi suggerisce una pausa di riflessione. Sul lavoro la fine di un tunnel è vicina e si intravede la luce.
TORO
21.04 - 20.05
L’oroscopo di marzo non potrà
essere all’altezza delle previsioni
del mese appena conclusosi.
GEMELLI
21.05 - 21.06
Mercurio favorisce i progetti
di coppia quindi non esitate a
mettere le fondamenta. Sul lavoro periodo molto creativo e
produttivo.
CANCRO
22.06 - 22.07
Giove stimola le coppie a fare
progetti anche a lungo termine.
Sul lavoro tutto fila liscio ma
senza alti e bassi. Riguardatevi
se non volete ammalarvi.
LEONE
23.07 - 23.08
Anche se sarete carichi di impegni non vi mancherà energia positiva. Qualche problemino per le finanze ma sarete
cauti nelle spese.
VERGINE
24.08 - 22.09
Sarà una settimana stressante ma per fortuna sei troppo
impegnato per pensarci. La
tua mente corre come un treno dietro a progetti stimolanti
che coinvolgono anche il partner.
BILANCIA
23.09 - 22.10
Chi ha ritrovato l’amore dopo
una delusione vivrà una settimana particolarmente leggera e serena. Attenzione alle
spese.
SCORPIONE
23.10- 22.11
Va bene tenere sotto controllo
le finanze ma non privatevi di
un piccolo sfizio di cui avete
veramente bisogno per rigenerarvi. Non cadete nell’invidia.
SAGITTARIO
23.11 - 21.12
L’oroscopo prevede una settimana un po’ piatta, senza picchi né abissi. Sfruttatela per
ricaricare le energie.
CAPRICORNO
22.12-20.01
Un profumo o un luogo vi riporteranno con la mente al passato e sarete colti da un po’ di
nostalgia. Guardate avanti senza rimpianti e rimorsi: è inutile
piangere sul latte versato.
AQUARIO
21.01 - 19.02
La stanchezza fisica vi porta
ad essere nervosetti e rischiate di non godere di momenti
speciali che vi si presentano e
che non torneranno. Pensateci
prima di lamentarvi.
PESCI
20.02 - 20.03
Siete nei pensieri di qualcuno
anche se, distrattamente, rischiate di non accorgervi. La
settimana prevede qualche
strappo alimentare ma fate attenzione a non esagerare.
E
tra
6 marzo 2015 / n.10
Fitness&Benessere
ottantenni. Questo studio di lungo termine stato condotto su un
campione di ben 6.936 persone di
et compresa fra i 35 e i 74 anni
nellarco di 15 anni.
L’ESERCIZIO FISICO
UN FARMACO MOLTO EFFICACE,
MA POCO USATO!
La strada verso il benessere e la salute passa necessariamente
attraverso la lotta alla sedentariet con conseguente incremento
individuale dellattivit fisica. E la conclusione, ormai innegabile,
alla quale sono giunti medici e scienziati di tutto il mondo.
G
di Paolo Carrieri *
ià dal 2000, in
una pubblicazione americana, The
Healing Power of
Exercise (Il potere
terapeutico dellesercizio fisico)
furono raccolti oltre cinquanta studi che, ancora una volta,
dimostravano come il regolare
esercizio fisico aiuti a combattere diverse patologie, migliori
la qualit della vita e contrasti
gli effetti negativi dellinvecchiamento. LO.M.S (Organizzazione Mondiale della Sanità),
invece stima che ogni anno 17
milioni di persone muoiano
prematuramente a causa di unepidemia di malattie croniche.
Oltre alla morte prematura bisogna considerare i disagi e la
cattiva qualit della vita, oltre ai
costi della spesa sanitaria divenuti ormai insostenibili. Tra le
malattie cronico-degenerative
pi rilevanti si annoverano le
cardiopatie, gli ictus, i tumori,
il diabete, i disturbi respiratori
e le malattie osteoarticolari.
Mentre la speranza di vita alla
nascita ha superato per le donne
gli 84 anni e i 79 per gli uomini,
la stessa O.M.S. ha pubblicato
un rapporto nel quale si sostiene che un’azione globale di
prevenzione delle malattie croniche potrebbe salvare la vita
a quasi 40 milioni di persone
che altrimenti rischierebbero la
morte entro il 2025, prima ancora di avere compiuto 70 anni.
Il potere terapeutico dellesercizio fisico, prima citata, riporta
numerose evidenze scientifiche, le quali tutte si riferiscono
a studi su campioni di popolazione statisticamente significativi e, in molti casi, condotti per
50-70 anni e anche oltre. Nella
ricerca sono stati inclusi anche
studi molto prestigiosi come
l’Harvard Alumni o il Framingham Heart e tanti altri pubblicati sulle pi prestigiose riviste
mediche del mondo.
In realtà non dice niente di nuovo ma ha valore estremo per la
scientificità, l’analisi del rapporto tra la mancanza di attività
fisica e molte delle più comuni malattie croniche. Ecco una
breve sintesi di quanto riportato
nella pubblicazione.
INVECCHIAMENTO E AUTONOMIA FISICO-MOTORIA
Non si può allungare la vita
fino all’eternità, ma certamente
si pu vivere meglio mantenendo a lungo una buona funzionalità motoria, riducendo i dolori
artrosici, conservando la mobilità, prevenendo le malattie
degenerative e minimizzando
i danni dovuti all’invecchiamento. Lesercizio fisico fondamentale per ottenere tutto ci ed
particolarmente importante nei
paesi (soprattutto in Italia) nei
quali si registra un progressivo
innalzamento dellet media della popolazione.
L’ESERCIZIO FISICO REGOLARE RIDUCE I DEFICIT MOTORI
Un’indagine condotta suun
campione di 3.554 soggetti di
et compresa fra i 53 e i 64 anni
ha messo in evidenza che la
regolare attivit fisica riduce la
probabilità di sviluppare handicap funzionali anche in chi
soffre di artrite o di artrosi nella
misura del 10 per cento. Inoltre,
coloro che praticavano almeno
30 minuti al giorno di moderato
esercizio fisico, hanno riportato
un netto miglioramento della
mobilità articolare. Risultati
più significativi sono stati ottenuti in coloro i quali svolgevano l’attività fisica secondo i
protocolli specifici.
AUMENTO DELLA QUALITà E
DELLASPETTATIVA DI VITA
Molte ricerche mostrano che
coloro che si mantengono attivi
sono caratterizzati da un tasso
di mortalità più basso rispetto
ai sedentari e hanno una maggiore efficienza fisica che porta
ad una migliorata qualità della
vita.Questo incremento della
spettativa di vita legato al fatto che l’esercizio limita i danni
delle patologie croniche e aiuta
a prevenire l’insorgerne di nuove. I risultati delle ricerche indicano che una regolare attivit
fisica riduce il tasso di mortalità
del 25-33 per cento e aumenta
laspettativa di vita negli ultra-
PREVENZIONE E TRATTAMENTO DEL DIABETE
Secondo i dati in possesso del National Center for Health Statistics,
il diabete, insieme al cancro e alle
patologie cardiovascolari e respiratorie, tra le principali cause di
morte precoce nella popolazione
statunitense. Tuttavia, come sostiene anche lInternational Diabetes Federation, fino all80 per
cento dei casi di diabete di tipo 2
pu essere evitato grazie all’attività fisica e a un regime alimentare
più sano. Le ricerche dicono che
significativi cambiamenti nello
stile di vita (soprattutto attività fisica) sono pi efficaci dei farmaci
nel ridurre il rischio di contrarre
il diabete di tipo 2. Un importante
studio, compiuto in un periodo di
tre anni su un campione di 3.234
cinquantenni, ha rivelato che adeguati cambiamenti nello stile di
vita (compresa lintroduzione di
150 minuti alla settimana di esercizio fisico) possono ridurre la
probabilit di sviluppare il diabete di tipo 2 del 58 per cento, un
valore nettamente superiore al 31
per cento registrato con il farmaco
Metformina.
PREVENZIONE
DELL’IPERTENSIONE, DELLE PATOLOGIE
CARDIOVASCOLARI,
DEGLI
ATTACCHI CARDIACI E DELLE
ISCHEMIE
L’attacco ischemico ecardiaco al
terzo posto tra le principali cause
di decesso negli Stati Uniti.
Anche se i fattori ereditari giocano un ruolo non trascurabile, opportuni cambiamenti nello stile di
vita possono ridurre in modo significativo il rischio di essere colpiti da queste patologie. I risultati
delle ricerche indicano che lunghe
camminate ed esercizi specifici riducono di molto lincidenza di attacchi cardiaci e di altre patologie
cardiovascolari (soprattutto l’ipertensione). A prescindere da sesso,
et e persino massa corporea, le
73.743 donne in menopausa (tra i
50 e i 79 anni), facenti parte del
campione, hanno beneficiato in
modo significativo di un regolare
esercizio
fisico.
Se avete uno stile di vita sedentario, se siete pigri pensate a ci che
disse un grande fisiologo svedese,
Olaf Astrand: Chi vuole tenere
una vita sedentaria si faccia prima
vedere da un medico, per sapere
se il proprio cuore pu reggerla.
Non chiaro se sia pi una battuta o
una minaccia perci ricordatevi di
allenare almeno lunico muscolo
che più conta: il cuore!
Nel prossimo numero di EXTRA
MAGAZINE vedremo come lesercizio fisico possa migliorare la
qualit della vita nel suo complesso
e attuare la prevenzione di importanti patologie come nel caso dei
tumori e dellosteoporosi, fino a
costituire, per questultima, il più
importante trattamento.
* Dottore in Scienze Motorie, Specialista in
Chinesiologia Correttiva e Rieducativa, Educatore Fisico, ISEF, Preparatore Atletico e
Sportivo, Personal Trainer, Direttore Tecnico
del MOVING CLUB.
25
PSYCHE
di Alessandro Montrone*
Voglio fare
il giornalista!
Indro Montanelli seduto con la sua
macchina da scrivere sulle gambe.
Buongiorno. Mio figlio si sta appassionando al
giornalismo. Gli piace molto e ha pensato che
possa diventare il suo lavoro quando diventa
grande. Io da madre e da donna che conosce la
realtà del mondo lavorativo sono un po’ impensierita. Lui è bravo sì ma non so se questo lavoro può fare per lui. Temo che puntando a questa
cosa si perda delle opportunità più concrete. Ma
poi penso che la sua strada è magari proprio questa e cerco di pensare a cosa deve saper fare per
potersi affermare in questo campo. Le confesso
che sono un po’ confusa… Mi dica lei qualcosa.
Mina
Capita sovente che un giovane, magari suggestionato
dalla rappresentazione massmediatica di una determinata professione, se ne invaghisca, spesso fantasticando
qualcosa che attiene maggiormente alla trasposizione
scenica e allo stereotipo. Capita, inoltre, che la scuola
per sua stessa costituzione incentivi l’interesse per alcune professioni a scapito di altre: le attività scolastiche,
infatti, spesso comprendono, tra le tante cose, proprio lo
studio del linguaggio giornalistico, nonché addirittura la
costituzione di laboratori in cui si fa appunto pratica di
tale professione.
Fatto sta che il lavoro concreto del giornalista differisce da tutto ciò, dacché sussistono altre variabili ancora,
assolutamente non contemplate dai succitati approcci.
Quindi, in fase di orientamento preme innanzitutto colmare questa lacuna presentando un’immagine realistica
della professione, che ne descriva le effettive possibilità
occupazionali, e che soprattutto fornisca un quadro chiaro del profilo attitudinale, delle abilità e delle competenze
effettivamente richieste dal mercato del lavoro.
All’orientatore non spetta – come molti ancora suppongono – imporre una decisione dall’alto, ma fornire quegli
strumenti cognitivi che possano consentire all’orientando di formulare in autonomia una scelta consapevole fondata appunto sulla valutazione della compatibilità tra il
proprio profilo e quello richiesto. È necessario, pertanto,
che l’aspirante giornalista, prima di avviare un eventuale
discorso di progettualità a lungo termine, venga innanzitutto messo nella condizione di potersi autovalutare in
merito ai requisiti di questa specifica professione, incentrata – come largamente risaputo – sulla comunicazione:
sulla capacità di comprendere i fenomeni attraverso la
ricerca; di esporli con un linguaggio appropriato e intelligibile; infine, sulla capacità, anch’essa indubbiamente
comunicativa, di sapersi relazionare proficuamente con i
vari interlocutori del proprio contesto sociale.
Benché la padronanza della comunicazione nelle sue varie sfaccettature possa costituire già di per sé una competenza, si consiglia sempre a tutti coloro che ad essa aspirano di cimentarsi anche nello studio di un altro settore
dello scibile (umanistico o scientifico) a loro piacimento,
di crearsi, insomma, un bagaglio culturale ancora più solido, con l’evidente scopo di poter davvero comunicare
dei contenuti.
*Psicologo e Psicoterapeuta
Scrivete a
Alessandro Montrone
e-mail: [email protected]
26
6 marzo 2015 / n.10
As Martina
brevi
Nel bunker è dura per tutti
Ventidue punti su trentuno in classifica totalizzati al “Tursi”,
tra quelle mura solo qualche mese fa, non così amiche
di Mauro Mari - Foto di Lino Cassano
L
a vittoria contro la Lupa Roma
è di quelle pesanti, quelle dove
i tre punti sembrano valere
molto di più. In un solo colpo
il Martina scavalca Lupa, Paganese e Cosenza, e si porta all’undicesimo posto, il primo della colonnina di destra della classifica, a sole due lunghezze
da quella di sinistra. Posizione che vale
come un primato vero per una squadra
partita per salvarsi ad inizio campionato, specie se occupato nel momento topico della stagione, quando si decidono
i campionati, come vuole la tradizione
pallonara.
Significa tanto per Ciullo e i suoi poter
andare a giocare nel caldo “Bisceglia” di
Aversa, consapevoli che sono gli altri a
dover tentare il tutto per tutto, per avere
ancora speranze di salvarsi. E lo stesso
dicasi per le ravvicinate sfide contro Savoia in casa e Melfi fuori. Saranno sfide
dure, molto maschie, ma la componente
psicologica è un fattore decisivo che il
Martina avrà a proprio favore. Avere la
possibilità di sbagliare sapendo che non
è affatto l’ultima spiaggia. E poterlo fare
con la propria tattica preferita: aspettando l’avversario per poi sorprenderlo a
tutta velocità.
Il suo splendido campionato i biancoazzurri lo hanno costruito al “Tursi”. Ven-
tidue punti su trentanove a disposizione
sono tantissimi per una squadra che punta alla salvezza. E difatti in questa speciale classifica il Martina è dietro solo
alle migliori del torneo. Ventidue punti
su trentuno totali in classifica raccolti in
casa sono la risposta di Ciullo alle feroci contestazioni di inizio campionato,
quando il pubblico chiedeva a gran voce
il suo scalpo, negato più volte saggia-
E tra
mente e bisogna dirlo, con coraggio, dalla società. Non era da tutti non cambiare
allenatore dopo tre punti in otto partite.
E chi mai avrebbe potuto pensare ai trentuno punti di oggi, specie dopo l’addio
di Amodio e visti i limiti della squadra
biancoazzurra. Parliamo di un miracolo
sportivo, che ha sorpreso tutti, forse anche i più navigati addetti ai lavori.
Basket School
in trasferta
a Conversano
Con la netta vittoria interna sull’Acquaviva per 71 a
49 la Basket School Martina
raggiunge il Montedoro San
Giorgio al terzo posto in classifica. Una striscia positiva
quella degli amaranto, che
dura ormai da otto giornate,
interrotta solo dalla sconfitta
di Massafra, nel recupero contro lo Young. Nel prossimo
turno martinesi in trasferta a
Conversano; poi sarà la volta
del match più atteso, quello
tra le mura amiche contro la
capolista Virtus Taranto.
M.M.
Calcio giovanile,
ultima giornata
dei tornei
regionali
Si giocano domenica prossima le ultime giornate dei
campionati di calcio giovanile regionale. Chiuderanno in
casa i giovanissimi regionali
della Red Boys, impegnati
al Pergolo contro l’Olimpia
Francavilla. Gli allievi invece andranno a far visita al
fanalino di coda Carosino. In
trasferta anche i giovanissimi
regionali del Cristo Re, ad
Alberobello contro il Valley.
Le tre compagini impegnate
nei tornei regionali hanno già
in tasca la permanenza per il
prossimo anno in questa categoria giovanile.
M.M.
E tra
6 marzo 2015 / n.10
Sport
futsal femminile
Di ritorno nell’Olimpo
L’Italcave Real Statte porta a casa la Coppa Italia dopo la Final Eight di Pescara,
disputatasi lo scorso week-end. Battuti Ita Salandra, Kick Off Milano e Montesilvano.
Anche un’eccellenza tutta martinese nello staff rossoblù.
di Gisberto Muraglia
L
azio o Montesilvano? No,
Italcave Real Statte. Un po’
a sorpresa, ma non troppo,
è la formazione tarantina a
portare a casa la Coppa Italia
dopo la tre giorni abruzzese. Ha vinto
il pragmatismo di Tony Marzella, dote
che ha consentito alla plurititolata formazione rossoblù di scrivere finalmente il suo nome nell’albo d’oro dei trofei
nell’era dei campionati nazionali. Eppure l’avventura in Coppa dell’Italcave
non era iniziata brillantemente, perché
contro l’ottimo Salandra è arrivata una
vittoria un po’ a fatica, seppur mai in
discussione. Poi la travolgente risposta
al malcapitato Kick Off (9-3) e il cinico 3-0 rifilato dal trio delle meraviglie
lì davanti: Sanchez – Azevedo – Dalla
Villa in finale contro un Montesilvano
dapprima meravigliosamente brillante
contro la Lazio e poi ben imbrigliato
dallo stesso Statte. In mezzo l’affermazione in semifinale contro un ottimo
L’Acquedotto (3-2). Ma la granitica
prova difensiva, il cinismo dell’Italcave e un po’ di sfortuna hanno fatto
sì che il Montesilvano si fermasse alla
medaglia d’argento. E tanti cari saluti
dalla Puglia a tinte rossoblù.
L’ECCELLENZA TUTTA MARTINESE
Ma al di là dei gol del trio delle meraviglie, Sanchez – Azevedo – Dalla Villa, che ha mattato il Montesilvano, lo
Statte annovera nel proprio staff anche
una figura di spicco tutta martinese, la
chiave della perfetta forma fisica delle tarantine in quel di Pescara: il preparatore atletico Antonio Giunto. Una
condizione fisica, quella della società
rossoblù, rivelatasi l’arma
letale da opporre a uno
stremato Kick Off
Milano in semifinale e al Montesilvano poco brillante
nell’atto finale.
Aspetto di importanza prioritaria, quella
della condizione atletica, se si
considera
che in una
Final Eight
si disputano (per chi
arriva fino
in fondo) tre
partite in tre
giorni. “Devo ringraziare il gruppo
delle ragazze, delle professioniste che
mai hanno dato problemi, allenandosi sempre con il massimo impegno –
spiega in breve Giunto – e alla fine i
risultati si sono visti”. Identico punto
di vista sul feeling con il tecnico Tony
Marzella: “Sì, con il mister siamo entrati subito in sintonia, lavorando con
sinergia e unione d’intenti. Anche questo è stato un aspetto fondamentale. Siamo felici
di poterci godere questa Coppa Italia”.
Antonio Giunto
è docente universitario presso la
Facoltà di medicina e chirurgia - corso di laurea
in scienze
motorie - di
Bari, materia di insegnamento
“teoria e
metodi di
valutazione
motoria ed
27
attitudinale”. Inoltre da quest’anno, il professore Giunto è docente
al master universitario di I livello “posturologia e biomeccanica”,
stessa facoltà.
LA RIVINCITA DEL GIRONE C.
Ma la Final Eight 2015 è stata anche la grande rivalsa del tanto maltrattato girone C. E non tanto per
l’Italcave Real Statte, che nel suo
organico ha in essere campionesse
internazionali, ma anche grazie al
“piccolo” Salinis del tecnico Vito
D’Ambrosio. Nei quarti, infatti, le
pugliesi hanno stoicamente tenuto testa a una formazione che, secondo pronostici, aveva tutto per
dilagare. Ma i fatti narrano di una
Salinis in partita fino all’ultimo secondo, sconfitto per 2-1. E alla luce
di questo, l’impressione è che ora il
girone C si sia ritagliato una diversa
e più confacente considerazione negli ambienti degli addetti ai lavori.
Ci si aspettava di più dall’Isolotto
Firenze, che però nei quarti contro
L’Acquedotto ha mostrato qualche
pecca dovuta forse all’inesperienza
di alcuni elementi. In questo caso,
considerando la bontà tecnica degli
elementi a disposizione di Colella,
l’impressione è che le gigliate abbiano pagato in termini di approccio mentale, a favore della spietata
formazione romana trascinata da
Rebeca Hermida Montoro, giocatrice di notevolissima caratura e tra le
migliori giocatrici del torneo. Male
anche la Lazio detentrice della Coppa, tornata subito a casa per mano
di Amparo e socie. Senza idee e con
una squadra spesso nervosa. Per
Luciléia e socie c’è tanto da lavorare (per modo di dire) per cercare
di ritornare a essere la macchina da
gol dello scorso anno.
28
6 marzo 2015 / n.10
Sport
TRASFERTA A POMIGLIANO
IL TARANTO
CERCA PUNTI
Dopo il deludente stop interno col
Monopoli la squadra di Battistini chiede strada
ai campani per recuperare terreno nei confronti
di Andria e Potenza. Juniores ospita
di Gabriele Russano
D
opo l’1-1 incassato nei minuti finali
nel derby col Monopoli,
l’amaro
in bocca è tanto
in casa Taranto. La squadra di
Battistini ha perso terreno dalla
capolista Fidelis Andria e dalla
vicecapolista Potenza, distanti
rispettivamente 11 e 5 punti.
Gli ionici sono anche stati avvicinati dal Brindisi, portatosi
ora a una sola lunghezza di distacco da Prosperi e compagni.
La settimana è servita al tecnico
rossoblù per lavorare tanto sul
piano fisico quanto su quello
psicologico, per evitare contraccolpi e concentrarsi sulla
rincorsa al secondo posto. La
prestazione con la squadra
guidata dall’ex Passiatore, in
effetti, non è stata delle migliori poiché il Taranto dopo
un buon avvio è andato in
confusione, rinunciando praticamente a giocare nella seconda parte di gara. Tanto che
il Monopoli ne ha approfittato
affondando il colpo e strappando un punto a pochi minuti dal termine. Domenica sul
cammino della squadra del
presidente Campitiello c’è il
Pomigliano. Trasferta difficile in terra campana, visto
che la formazione allenata da
Biagio Seno è in piena corsa
salvezza e punta a tirarsi fuori
dalla zona play-out.
BORSINO A Pomigliano
d’Arco Battistini dovrebbe
ITRIA SCACCHI
UNIVERSITA’, AMORE E…SCACCHI!
(Seconda parte)
Sul tema di “Piccoli e grandi scacchisti crescono” incontriamo il ventenne
Maurizio Carrieri dell’ASD Scacchi Martina. Prima Nazionale, ragazzo
poliedrico, si divide in modo eccellente tra università, fidanzata e “Nobil Gioco”.
di Marika Chirulli
(Continuazione intervista del 27 Febbraio)
C
redi che
lo stile
di gioco
di
uno
scacchista rispecchi la
sua personalità?
Secondo me non sempre, così come accade
nel mio caso. Sono,
di fatto, una persona
calma e tranquilla, ma
quando combatto su
una scacchiera, sono
sicuramente aggressivo.
Quale tra le tue
competizioni, più
di tutte, ti ha reso
orgoglioso di te
stesso e perché?
Le mie più grandi
soddisfazioni
scac-
chistiche sono riferite
a due eventi in particolare. Il primo coincide con la conquista
della Terza Nazionale, nel mio esordio
in un torneo a tempo
lungo. Ottenni il podio senza sconfitte e
conquistando 60 punti
Elo. Il secondo con la
promozione in serie
B, che ho conquistato l’anno scorso con
la squadra dell’ASD
Scacchi Martina.
A che punto della
tua carriera scacchistica sei giunto?
Attualmente
sono Prima
Nazionale, ho un
Elo Fide di
1884.
Hai studiato molto
per diventare Prima Nazionale?
Per avere successo in
qualsiasi cosa bisogna
sempre lavorare duramente, con costanza e
con impegno.
Come hai conciliato una passione
così impegnativa,
come quella per
gli scacchi, con lo
studio?
Quando si ha davvero voglia di coltivare
un interesse, nulla ti
può fermare; dedico
un’ora e mezzo circa
al giorno allo studio
degli
scacc h i .
L’ u n i co limite è
avere tutto l’organico a disposizione, eccezion fatta
per l’attaccante Gaeta che in
settimana ha lavorato ancora
a parte e difficilmente recupererà in tempo per la gara di
domenica. Al contrario, potrebbero rientrare Mignogna
e Oretti, che sono tornati in
gruppo nella giornata di mercoledì.
SETTORE
GIOVANILE
Dopo il derby disputato sabato scorso in casa del Brindisi,
la Juniores allenata da Michele Cazzarò (che nel frattempo
in settimana è stato nominato
anche allenatore in seconda
della prima squadra al posto
di Michele Califano) sarà di
scena al “Comunale” di Statte
per la sfida interna contro il
Comprensorio Montalto Uffugo.
che spesso i tornei coincidono con le sessioni di esami, quindi sono costretto,
mio malgrado, a saltarli.
Qual è la tua condizione emotiva prima di
ogni competizione?
Non sono mai particolarmente turbato, anzi non
vedo l’ora di iniziare a giocare!
L’aver imparato a controllare le tue emozioni
disputando
i
vari tornei ai quali hai
partecipato, ti è stato
d’aiuto nell’affrontare
gli impegni scolastici,
ad esempio gli esami?
Gli scacchi non aiutano
solo a controllare le emozioni, ma anche ad essere
metodici in qualsiasi impegno, soprattutto quello
scolastico.
L’approccio
mentale nella soluzione
dei problemi è più lucido
e razionale, e si riesce ad
ottenere risultati soddisfacenti.
Cosa si prova ad aver
raggiunto un traguardo
così importante? Quali
sono i tuoi progetti?
Provo molta soddisfazione
e motivazione ad andare
avanti e, soprattutto, miro
al raggiungimento di altri
importantissimi obiettivi.
In più di dieci anni di attività non mi sono mai sentito arrivato!
Lo hai dedicato a qualcuno in particolare?
Ogni mio successo lo dedico alla mia ragazza, Deborah.
Come vive Deborah,
la tua ragazza, questa
passione? La condivide?
All’inizio c’è stata qualche
difficoltà perché, essere la
ragazza di uno scacchista,
non è molto facile. Di recente ha imparato a condividere questa passione e
viviamo insieme successi
e insuccessi. Non nascondo che ciò mi rende molto
felice.
Qual è il tuo obiettivo futuro
come scacchista?
Gli scacchi sono uno sport
infinito, non esiste un punto di arrivo c’è solo l’ambizione di andare sempre
più in alto!
Maurizio è un “piccolo
grande campione”, una
rarità in questo sport così
complesso ed articolato.
Ciò che si auspica è che,
dalla conoscenza di questa personalità così decisa e dalla volontà ferrea,
tutti i giovani traggano un
esempio di vita. Nessun
traguardo è irraggiungibile quando si procede con
costanza ed abnegazione.
A Maurizio i nostri auguri
più affettosi!
Problema numero 324
Muove il Bianco
Matto in due mosse
E tra
E tra
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n. 14/07 del 26 settembre 2007
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Art Director
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Diffusione
Extra Magazine è un settimanale
distribuito nelle province di Taranto,
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s’intendono ceduti a titolo gratuito. Scritti e
è stampato su carta riciclata.
Chiuso in redazione il
5 marzo 2015
Itria Scacchi
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di Montepulciano n°1
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Telefono: 339-2695756
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A.D. Taranto Scacchi
Risultato dell’Es.324
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In copertina
almo bibolotti
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6 marzo 2015 / n.10
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