Storia e storie Come gli uomini, meglio degli uomini Fatali, viziate, talentuose ma anche umili, intraprendenti e disposte a grandi sacrifici. Le donne del Tarantino durante la Grande Guerra Settimanale di attualità, politica, cultura ed eventi ANNO VIX - N° 10 - 6 marzo 2015 - € 0,50 Almo Bibolotti, 39 anni di Bari, ex tenente dei Carabinieri, è il titolare del Biborani Dog Hotel, un albergo per cani che gestisce da anni con la moglie Giovanna nel capoluogo pugliese. Chef BIBOLOTTI ALMO(MENTO) GIUSTO Dalla passione per i suoi cani al successo con il secondo posto a MasterChef 3, l’“ufficiale gentilcuoco” si racconta ai nostri lettori mentre è al lavoro per i suoi imminenti progetti di home restaurant e social eating 2 6 marzo 2015 / n.10 E tra E tra Editoriale 3 6 marzo 2015 / n.10 controcorrente AFFETTI DA INSANA UMANITA’ Voi sporcate, noi puliamo Pulire insieme, sindaco e bambini, quanto sporcato dai vandali. A Barletta il primo cittadino Pasquale Cascella è stato impegnato con docenti e alunni nella pulizia della facciata esterna della “Massimo D’Azeglio”, più volte nel mirino dei writer negli ultimi mesi e imbrattata da scritte e disegni. di Vito Pietro Corrente È invero molto spiacevole constatare che, sempre più spesso, facciamo un uso improprio delle parole per indicare situazioni, eventi, calamità o comportamenti anomali. L’associazione che più mi infastidisce, tra queste impro- prietà, è quella che lega ai barbari comportamenti propri dell’uomo l’aggettivo “bestiale” o il sostantivo “bestialità”. I delittuosi fatti di Ninive, di cui nei giorni scorsi abbiamo avuto la raccapricciante testimonianza televisiva, sono stati definiti come la prova della bestialità degli uomini. L’errore non è solo semantico ma sostanziale perché nulla di ciò che contraddistingue le azioni degli uomini può essere mutuato dal mondo animale. È pur vero che l’uomo è anch’esso una specie animale, la più evoluta in teoria, ma con una differenziazione macroscopica: il libero arbitrio che gli deriva dalle capacità più raffinate del proprio intelletto. Non vedremo mai un animale che scientemente distrugge il proprio habitat naturale, cosa che l’uomo persegue pervicacemente fin dalla sua comparsa sulla terra. Un animale, qualunque esso sia, uccide per cibarsi o per la propria sopravvivenza, per istinto di conservazione propria e della sua specie, mentre l’uomo uccide per libera scelta, per precisa determinazione, per odio, per vendetta, addirittura molti pensano che si possa impunemente uccidere per giustizia. Allora prendiamo coscienza finalmente della nostra volontaria crudeltà e sostituiamo l’improprio concetto associativo di “bestialità” con una più appropriata “insana umanità”. La criminale distruzione delle vestigia di una delle più grandi civiltà mesopotamiche bagnate dal Tigri e dall’Eufrate, gli Assiri, patrimonio artistico e culturale a cui tanto deve anche la cultura occidentale, perpetrata dai fondamentalisti islamici è solo l’ultima barbarie che ha attraversato la storia dell’Uomo. Ricordo a me stesso la “delenda Carthago” e la distruzione del Tempio di Gerusalemme di romana memoria, le orrende mutilazioni subite dalla stessa Roma nel corso dei vari “sacchi” che si sono succeduti nei secoli, la furia iconoclasta degli Ottomani ai danni dei capolavori sacri custoditi nelle chiese ortodosse della Grecia, la spoliazione dei templi delle grandi civiltà precolombiane da parte dei Conquistadores, per finire, solo pochi anni fa, con la distruzione dei giganteschi Budda del nord dell’Afganistan da parte dei Talebani. Ma nella ”insana umanità” hanno titolo anche i delitti contro il patrimonio intellettuale. Emblematico l’incendio della torre del convento Benedettino richiamato da “Il nome Extra Magazine Piazza Vittorio Veneto n. 2 - 74015 Martina Franca (TA) della rosa”, l’indice dei libri maledetti dalla Santa Inquisizione, il rogo dei libri scomodi perpetrato con lucida follia a Berlino dal regime nazista. Impossibile pertanto che le bestie, anche quelle considerate feroci, possano imitare il comportamento dell’uomo ed ancor meno esserne gli ispiratori. Rimane lo sgomento al pensiero che quanto è stato distrutto è perso definitivamente per noi e per tutte le generazioni che verranno da qui alla fine dei tempi. Purtroppo vedo solo rassegnazione ed accettazione quiescente di quanto sta accadendo, segno tragico della decadenza di tutti i valori etici ed estetici che pensavamo fossero parte ormai del nostro patrimonio genetico. L’immobilismo dei governi e delle popolazioni riguardo agli orrori di Ninive, e di quanto altro di infame abbiamo visto e stiamo vedendo accadere accanto al nostro uscio di casa, ci rende complici e conniventi. La pandemia ormai è diffusa e si chiama “insana umanità”. 4 6 marzo 2015 / n.10 E tra E tra Attualità 5 6 marzo 2015 / n.10 Caparezza è figlio di un operaio e di una maestra, nonno paterno falegname, materno contadino, nato nel 1973, precisamente il 9 ottobre, come John Lennon con il quale, dice lui, «ha in comune solo la data». Museica maestro! Il rap riccio di Caparezza Non perde l’occasione per la critica alla società che ci circonda e ai nostri governanti, Michele Salvemini (è il suo vero nome!) a Taranto, in un tour all’insegna del divertimento e dei ritmi incalzanti di Fabiana Spoda H a coinvolto come è per lui consuetudine tutto il pubblico del Palamazzola di Taranto, lo scorso sabato Caparezza, il cantante rapper di Molfetta che si contraddistingue per i suoi capelloni ricci neri e voluminosi. Sicuramente i suoi fan sono prettamente i “teenegers” che con la maglietta e la sciarpa dall’icona del rapper pugliese hanno cantato a ritmo tutte le canzoni esibite sul palco, ma non manca l’utenza adulta che probabilmente, oltre ad apprezzare il ritmo battente delle canzoni di Michele Salvemini in arte Caparezza, riscoprono certi valori e alcuni concetti presenti in ogni sua canzone. Il suo nuovo tour si svolge nei palazzetti italiani, il Museica Tour, anche dopo il successo delle date estive e dalla trasferta negli States: dopo Taranto, a Firenze (6 marzo), Perugia (7 marzo), Rimini (14 marzo), Napoli (20 marzo), Torino (28 marzo), Milano (31 marzo), Roma (2 aprile), Bari (4 aprile) e Modena (10 aprile). Il rapper è reduce dal successo di pubbli- co e critica per il suo ultimo album Museica, appunto, che si è aggiudicato la Targa Tenco come miglior album del 2014. Questo è il disco della svolta secondo lo stesso Caparezza: «Lo considero come un nuovo “primo” disco, essendone per la prima volta produttore artistico. È un album ispirato al mondo dell’arte, l’audioguida delle mie visioni messe in mostra: ogni brano prende spunto da un’opera pittorica che diventa pretesto per sviluppare un concetto». Ed è proprio così, il suo concerto, un po’ spettacolo, rappresenta l’arte da quella egizia a quella neorealista e dadaista, non perdendo di vista la letteratura, ma soprattutto lo spunto per dire “la sua” sulla società e i nostri governanti. All’insegna del divertimento e della critica satirica, non perdetevi le prossime tappe! 6 marzo 2015 / n.10 6 Taranto E tra Mario Pazzaglia, sposato, quattro figli e sei nipoti. Laureato in legge e in scienze politiche; ex Segretario Generale a Venezia, Direttore Generale a Roma, La Spezia e ultimamente a Foggia e centri minori. Uomo dinamico, colto e preparatissimo, con un’esperienza tecnico – amministrativa, acquisita sul campo, in oltre quarant’anni di attività svolta al servizio dello Stato. In foto, Pazzaglia nel suo ufficio, il Palazzo di Città e Francesco Boccia, che eletto al Parlamento italiano, lasciò la presidenza dell’O.S.L. nelle mani dello stesso Pazzaglia. Mario Pazzaglia «Ancora meno 12 (milioni)» Intervista al Presidente dell’Organo Straordinario di Liquidazione, dopo nove anni dall’annunciato dissesto del Comune di Taranto: se i 12 milioni di euro che restano da saldare vi sembrano una cifra esorbitante, pensate che il debito originario era di 920 milioni di Oscar Nardelli U no dei più grandi dissesti comunali ufficialmente conosciuti è quello del Comune di Taranto, dichiarato nel 2006, con un debito che supera i 900 milioni di euro. Era il 20 novembre 2006, quando il Ministero dell’Interno, per fronteggiare il dissesto dichiarato il mese precedente dal commissario prefettizio Tommaso Blonda, dopo le dimissioni del sindaco Rossana Di Bello, inviò a Taranto la Commissione presieduta dal professor Francesco Boccia e dai dottori Mario Pazzaglia e Giuseppe Caricati. Nel 2008, a distanza di due anni, il professor Francesco Boccia venne eletto al Parlamento italia- n o , lasciò così la presidenza dell’O.S.L. nelle mani di Pazzaglia. Alle 17,30, del 27 febbraio, dopo 9 anni dall’annunciato dissesto del Comune di Taranto, il Presidente dell’Organo Straordinario di Liquidazione (O.S.L.) Mario Pazzaglia accompagnato dall’avvocato Flora Saltalamacchia e dalla dottoressa Laura Baccaro, sue collaboratrici sin dal 2006, sono ancora a colloquio a palazzo di città, con il Direttore Generale del Comune, Giuseppe Mele, per definire gli ultimi adempimenti per poter dichiarare, entro l’anno, la fine dello stato di dissesto del Comune di Taranto. Rientrato in sede verso le 18,30, il presidente Pazzaglia scusandosi mi informa che può dedicare solo pochi minuti alla nostra intervista. Ha da definire con le sue collaboratrici determinate urgenze e poi cercare di prendere l’ultimo volo utile per rientrare a Roma. Non si toglie nemmeno il cappotto e dando le ultime disposizioni alle collaboratrici, si siede di fronte a me e dice: «Bene, incominciamo». Passiamo subito alle domande, dunque, tralasciando i preamboli e convenevoli. Dottore a che punto siamo con questo benedetto e interminabile stato di dissesto del comune? «Il computo finale dei debiti del comune di Taranto, nei confronti di banche e creditori, alla fine del 2006, risultò di circa 920 milioni di euro. Una cifra esorbitante per un comune con meno di 200 mila abitanti. Di questi 920 milioni, 610 risultarono di tipo commerciale, dovuti soprattutto per il mancato pagamento dei fornitori, imprenditori, artigiani, trasportatori e aziende che avevano operato per conto del comune; 26 milioni erano rivenienti dai derivati; 250 dal prestito BOC e altri 25 milioni per debiti di cassa. Poi si devono aggiungere anche le richieste transattive giunte in tempi diversi e successivi al 2006. Comunque, come ho detto, il computo finale si aggira intorno ai 920 milioni di euro». Ma con questo debito astronomico, l’O.S.L. quanti creditori è riuscita a soddisfare? E con quali mezzi? «Abbiamo iniziato le transazioni con la somma di circa 150 milioni di euro, che il Governo Prodi, grazie alle sollecitazioni dell’Onorevole Boccia all’epoca Presidente dell’O.S.L.; aveva messo a disposizione dei Comuni che si trovavano in tali circo- stanze. Ora, dopo nove anni, di attività, abbiamo pagato quasi tutti i creditori aventi diritto. Con la formula transattiva del 60% per i creditori che attendevano da più tempo (come ad esempio la vecchia azienda tranviaria che da più di 30 anni attendeva quanto pattuito con il comune). Il 50% per i creditori a medio termine e il 40% per i creditori più recenti. Ultimamente abbiamo riscontrato anche la volontà, da parte di vecchi creditori, che precedentemente avevano rifiutato l’offerta, di chiudere la partita con una transazione. Avendo già ammortizzate in precedenza tali somme, siamo in grado di soddisfare anche queste ultime richieste». Allora siamo quasi in dirittura d’arrivo Dottore. Quanto ammonta il residuo da soddisfare? «Attualmente il residuo del debito è di circa 30 milioni di euro che in fase transattiva si ridurrà a circa 12 milioni. Cifra che il Comune si è impegnato ha mettere a disposizione entro l’anno». Azzerati questi contenziosi, il Comune di Taranto potrà definirsi finalmente risanato e riprendere l’attività amministrativa senza dover sottostare alle rigide regole imposte dal Ministero dell’Interno? «Oltre alle ultime transazioni, attualmente restano ancora sospesi dei debiti che i E tra 6 marzo 2015 / n.10 7 DON GIUSSANI Innovatore di fede Nel decennale dalla morte, ricordiamo il fondatore del Movimento Comunione e Liberazione di Oscar Nardelli creditori ritengono di vantare ma che il Comune non riconosce e contesta. Per questi contenziosi si dovrà attendere il pronunciamento della Magistratura Ordinaria. Pronunciamento che però potrà avvenire anche successivamente alla cessazione dell’operato dell’O.S.L., perché le competenze, se i contenziosi vedranno il Comune soccombente, saranno assunti dall’Ente». E per quel grosso debito di 250 milioni di euro, contratto dall’amministrazione comunale prima del dissesto, come andrà a finire? Tre persone sono state condannate dal Tribunale di Taranto per l’operazione finanziaria dei prestiti ‘Boc (Buoni obbligazionari comunali) da 250 milioni di euro, avviata nel marzo 2004. Si trattava di un prestito che il Comune si impegnava a restituire in 25 anni, per finanziare opere pubbliche e rinegoziare i debiti dell’ente e che, secondo l’accusa, non andava sottoscritto sia per la mancanza di convenienza economica per il Comune sia per la mancanza dei presupposti di legge. «Sì, se si riferisce al prestito di 250 milioni, rivenienti dai Boc, in sede civile, sia in primo che in secondo grado le banche sono risultate soccombenti». Vuol dire condannate? Il prestito le banche lo hanno erogato e il comune lo ha percepito e anche speso. Ricorderà l’intervento della Magistratura riguardante gli illeciti amministrativi perpetrati da dipendenti, che attualmente sono ancora sotto processo? «Quello è un altro filone e riguarda gli illeciti commessi da dipendenti infedeli. Il mutuo contratto con le banche invece, in sede di giudizio è stato giudicato insostenibile per il Comune. Questo ha contribuito inevitabilmente a creare il collasso finan- ziario e di conseguenza il dissesto. Ora, per conoscere l’esito finale di questa controversia giudiziaria, si dovrà attendere la sentenza definitiva della Suprema Corte di Cassazione». I rapporti con il Comune, Amministratori e funzionari? «Sono sempre stati di reciproco rispetto e collaborazione. Anche se ultimamente devo rilevare che sono molto migliorati. Con l’arrivo al Comune del nuovo Direttore Generale, Dott. Giuseppe Mele, la nostra attività ha preso decisamente nuovo slancio e vigore. Perché siamo tutti consapevoli, noi e l’Amministrazione Comunale che prima usciamo da questo stato di crisi, meglio sarà per l’Amministrazione e per l’intera città». Secondo lei, dopo il disastroso dissesto, sarà possibile per l’amministrazione comunale riprendere il cammino interrotto nel 2006? «Le dico che il dissesto è anche un’opportunità di rinascita. Uscire dalla crisi è un’operazione che consente all’Ente Locale di riformarsi, di cambiare marcia, rinnovarsi e ripartire con vigore verso nuove opportunità». Non vedo qui con lei gli altri due commissari: il Dottor Caricati e il Dott. Gaudiano, che ha preso il posto del Professor Boccia, eletto onorevole. «La commissione si riunisce circa una volta al mese. Io sono più presente e il più assiduo perché ho l’onere della firma e responsabilità oggettive verso il Ministero dell’Interno, l’O.S.L. e L’Ente Comune». Posso chiederle…? «No Nardelli. Sia gentile, la prego, si accontenti. Come vede mi stanno aspettando per firmare una marea di mandati di pagamento e nuove transazioni. E’ già tardi e sto rischiando di perdere l’ultimo volo». La ringrazio dottore. Allora chiuso con Taranto, per poterla rivedere e fare ancora due chiacchiere con lei dove dovrò venirla a trovare? A Padova dove risiede o nel verde di Città di Castello, dove di tanto in tanto si rifugia per riprendere fiato e riposare? «A Taranto ci tornerò sempre volentieri, per quanto riguarda il dissesto non abbiamo ancora chiuso, ma siamo in dirittura d’arrivo». La ringrazio della disponibilità dottore. Le assicuro che è stato un piacere poterla rivedere. «Grazie a lei Nardelli. Ha fatto piacere anche a me rincontrarla». «Tutto per me si è svolto nella più assoluta normalità, e solo le cose che accadevano, mentre accadevano, suscitavano stupore, tanto era Dio a operarle facendo di esse la trama di una storia che mi accadeva e mi accade davanti agli occhi.» (Luigi Giussani) I n ricordo di Monsignor Luigi Giovanni Giussani, morto il 22 febbraio del 2005, il 7 marzo, in piazza San Pietro a Roma, Papa Francesco darà udienza a tutti i componenti di Comunione e Liberazione, movimento fondato sessant’anni fa proprio da Don Giussani, chiamandolo inizialmente Gioventù Studentesca. Don Luigi Giovanni Giussani nasce a Desio in Brianza il 15 ottobre 1922 dove ricevette i primi insegnamenti religiosi dalla madre Angelina Gelosa mentre dal padre Beniamino, socialista e anarchico, apprese la passione per la musica e l’insegnamento politico. Nel 1945, l’incontro casuale con alcuni adolescenti, gli fece lasciare il seminario, perché stupito che i ragazzi non conoscessero i fondamentali insegnamenti del cattolicesimo. Lasciato il Seminario insegnò religione, sino al 1964, al Liceo Berchet di Milano. Negli anni 1969-1970 il movimento giovanile da lui creato prese il nome di Comunione e Liberazione e Don Luigi Giussani ne assunse direttamente la guida. Fu nominato Monsignore da Papa Giovanni Paolo II nel 1983, nonché Prelato d’onore di Sua Santità. Sei anni dopo, nel 1989, contribuì in maniera determinante alla costituzione del Banco Alimentare, iniziativa di assistenza ai più bisognosi. L’11 dicembre 1997 il suo testo fondamentale, Il senso religioso, venne presentato nell’edizione inglese al Palazzo dell’ONU di New York. Don Giussani morì a Milano il 22 febbraio del 2005 e fu sepolto nel Famedio del Cimitero monumentale di Milano. Migliaia di persone gli resero omaggio nella camera ardente e il suo funerale fu celebrato dall’inviato di Giovanni Paolo II, l’allora cardinale Joseph Ratzinger, che a distanza di poche settimane sarebbe stato scelto come suo successore alla guida del Movimento di Comunione e Liberazione. Il nome attuale, Comunione e Liberazione (CL), compare per la prima volta nel 1969. Esso sintetizza la convinzione che l’avvenimento cristiano, vissuto nella comunione, sia il fondamento dell’autentica liberazione dell’uomo. Come ha affermato Benedetto XVI: “Comunione e Liberazione oggi si offre come una possibilità di vivere in modo profondo la fede cristiana, da una parte con una totale fedeltà e comunione con il Successore di Pietro e con la Chiesa; dall’altra, con una spontaneità e una libertà che permettono nuove e profonde realizzazioni apostoliche e missionarie”. Comunione e Liberazione, guidata da don Julián Carrón, attualmente è presente in circa ottanta Paesi nel mondo e si occupa di comunità, liturgia, preghiera, cooperazione, cultura, insegnamento, carità e sostegno ai più bisognosi. 8 6 marzo 2015 / n.10 Speciale 8 marzo E tra Storia e storie Come gli uomini, meglio degli uomini Fatali, viziate, talentuose ma anche umili, intraprendenti e disposte a grandi sacrifici. Le donne del Tarantino durante la Grande Guerra di Titty Battista D omenica, 8 marzo, come è noto, ricorre “La Festa della Donna”, un momento di riflessione a tutto campo sulle conquiste fatte e su quelle ancora oggi negate. Quest’anno è altrettanto noto che ricorre il primo centenario della “Grande Guerra”; pertanto, abbiamo pensato di offrire ai lettori una pagina storica sulle donne del Tarantino nel corso del I conflitto mondiale. Ci è stato di aiuto e guida lo storico tarantino prof. Antonio Fornaro che lunedì 9 marzo al “Pacinotti” nel corso del Premio “La Mimosa d’Argento”, a cura del Comitato per la Qualità della Vita, tratterà l’argomento del quale ci ha tracciato ampia sintesi che ben volentieri presentiamo all’attenzione delle nostre lettrici e dei nostri elettori. La dichiarazione di guerra trovò Taranto pronta a combattere il secolare nemico. Nel corso del confitto ci fu l’oscuramento, benché per tutta la durata dello stesso non apparvero aerei nemici. Dal 1915 al 1918 il Ponte Girevole restò aperto e si transitava soltanto su barche di pescatori adattate al traghetto e su grandi zattere. Non si svolsero nemmeno le processioni della Settimana Santa. Ci fu il razionamento dei viveri di prima necessità, mancava quasi tutto il resto, e ci fu il coprifuoco per cui bisognava rincasare in tempo per non essere fermati dalle ronde con gravi conseguenze. Gli operai dell’Arsenale, dei Cantieri e delle Ferraie erano militarizzati e dovevano portare al braccio una fascia con una stelletta per avere accesso al posto di lavoro. In questo contesto non certamente felice la donna del Tarantino dovette affrontare un lavoro immane dovendosi sostituire al ma- rito che era impegnato sul fronte bellico. Soltanto le donne del Centro-Nord d’Italia e anche quelle di Martina Franca sostituirono “in toto” i rispettivi mariti assumendo funzioni che non pensavano mai di poter ricoprire; per esempio, le donne martinesi dovettero interessarsi anche dal punto di vista amministrativo della conduzione di fabbriche di cappotti e di abbigliamento e anche delle non poche, già fin da allora, grandi aziende agricole e zootecniche. Tutto ciò non lo fece la donna tarantina perché non aveva le stesse opportunità delle categorie sopra analizzate, e anche perché le mancava la necessaria cultura; infatti anche nel 1915 restava alto il tasso di analfabetismo tra le donne tarantine tanto che dovevano far ricorso al lavoro degli scrivani per inviare lettere ai mariti che combattevano al fronte. Inviavano anche pacchi viveri e sigarette ma non sempre arrivavano a destinazione o venivano nascosti dai “soliti ignoti”. Così, la donna tarantina, che doveva badare a una famiglia numerosa, talvolta anche con 15 figli, era costretta a fare la lavandaia nelle case della ricca borghesia; svuotava, dietro misero compenso, i vasi da notte dei ricchi in riva al Mar Piccolo. Se avevano in famiglia un’attività commerciale, si sostituivano al marito in guerra, diversamente si arrangiavano a fare servizi presso altre famiglie, si industriavano a vendere ceci e fave arrostite agli angoli delle strade. Se avevano dimestichezza con i pettini e i capelli svolgevano il mestiere “d’a capère”, la parrucchiera di ieri, pettinando giovani e anziane clienti nei vicoli. Era lei che in casa preparava il pane e lo mandava al forno, faceva la spesa, curava la preparazione delle provviste stagionali. Se aveva cognizioni di sartoria adattava gli abiti usati sotto compenso oppure faceva la tessitrice, la filatrice, talvolta si improvvisava anche carbonaia vendendo su un carrettino il carbone che serviva per la cucina e la carbonella che serviva per il braciere. Le nubili, invece, si improvvisavano “maestre” raccogliendo in uno stanzone bambini che stavano seduti sullo sgabellino dalla mattina alla sera attendendo il ritorno delle madri impegnate in altri servizi. C’era chi vendeva i ferri per lavorare la lana o faceva lavori all’uncinetto. C’era chi si procacciava un po’ di denaro facendo le iniezioni a domicilio e c’erano tante altre che stendevano la mano per chiedere l’elemosina che, molto spesso, veniva negata. C’era anche chi si inventava il mestiere di sacrestano pur di ottenere un pasto caldo per la famiglia dal parroco. C’era anche chi prestava il suo seno, ricco di latte, facendo la nutrice; c’era chi si trasformava in prefica strappandosi i capelli e facendo piangere davanti al cadavere dell’estinto previa ricompensa. La donna tarantina preparava le nasse e rattoppava le reti dei pescatori e vendeva anche il pane duro agli stessi pescatori che lo acquistavano come esca per la pesca dei cefali. C’era, infine, chi purtroppo, mercanteggiava il proprio corpo. In questo contesto la donna tarantina trovava anche il tempo per rivolgersi così alla Madonna: “O Madonne, de grazzie sì chiene (O Madonna di grazie sei piena) fa’ cu nno’ sone maje ‘a serene. (Fa’ che non suoni mai la sirena) Famme durmè ‘nzigne a dumane, (Fammi dormire sino a domani) no’ fa passà l’arioplane. (Non far passare gli aeroplani) Quanne‘na bomme cade abbasce, (Quando una bomba cade giù) ‘a Madonne cu’ m’ abbrazze. (La Madonna che mi possa abbracciare) Gesù, Giuseppe e Maria, (Gesù, Giuseppe e Maria) fa’ ca le nemice sbagliene a mire”. (Fa’ che i nemici sbaglino la mira). In questo contesto contesto drammatico spiccano figure di alto profilo come: Italia Almirante Manzini, grande attrice cinematografica, nata a Taranto vicino E tra 6 marzo 2015 / n.10 9 Nelle foto, donne di un tempo, contadine, riparatrici di reti, panificatrici, nutrici, Luigia Quintieri, Italia Almirante Manzini, Filomena Martellotta, Anna Fougez alla Chiesa di San Michele, che fece parlare la critica cinematografica durante la Grande Guerra. Scomparve a soli 51 anni per la puntura di un insetto velenoso. Non ebbe mai alcun riconoscimento dai tarantini. Anna Fougez, fu la grande attrice, cantante e soubrette a livello nazionale e internazionale, nata a Taranto, in vico Innocentini. Il suo nome era Maria Annita Pappacena Laganà. Fu la più grande attrice italiana e internazionale. Morì a Santa Marinella nel 1966, e spesso veniva a Taranto. Lasciò come testamento il desiderio di essere sepolta nel cimitero tarantino, dove oggi riposano le sue spoglie mortali. Nel libro dal lei scritto: “Il mondo parla e io passo” non ci sono soltanto le sue memorie ma anche uno spaccato della storia d’Italia del suo tempo. Grande fu Delia Jannelli, crocerossina che lavorò all’interno dell’Ospedale della Marina Militare. Scrisse un libro di ricordi delle sue missioni di guerra dal titolo: “Per la Patria, 24 maggio 1915-24 maggio 1919”. Il ricavato della vendita andò a beneficio dei bimbi poveri e delle madri vedove di guerra di Taranto. Filomena Martellotta fu una grande operatrice scolastica che fondò a Taranto la prima Scuola Industriale Femminile. Anche Maria Luigia Quintieri fu operatrice scolastica e ricoprì la carica di prima ispettrice scolastica delle scuole primarie di Taranto. Questa la bella realtà fino a oggi sconosciuta. Ebbene una riflessione conclusiva ci sia consentita e riguarda le donne di oggi, perché possano apprezzare da un lato i progressi fatti nel corso dei secoli, ma al tempo stesso, possa essere motivo di riflessione per scoprire anche oggi le mille e una risorse che ogni donna conserva in sé e che è giusto che metta fuori al momento opportuno, soprattutto in questo periodo in cui la crisi occupazionale non risparmia nessuno. Auguri, pertanto, a tutte le donne della nostra bella Terra Ionica. 10 6 marzo 2015 / n.10 Speciale 8 marzo E tra Femminicidi Pensavano fosse amore La cultura maschilista, i media morbosi, la legislazione che tenta di far fronte all’emergenza. Una libera riflessione sulla fragilità delle donne e nel rispetto di quelle tante vite spezzate che riempiono le pagine di cronaca nera di Oscar Nardelli D i solito, mentre si pranza o si cena con la televisione accesa, un telegiornale lo si becca di sicuro. Finita la sigla, l’annunciatrice, truccata ed elegante come una modella, e seduta dietro un tavolo grande come un eliporto, incomincia a snocciolare la scaletta del TG con le notizie più importanti. Immancabilmente, quasi come una atroce cadenza fissa, arriva la notizia dell’uccisione di un’altra donna, dell’ennesima donna. L’annunciatrice allora passa la parola all’inviata, che nel frattempo è corsa sul posto, per informare dal luogo dove è stato commesso il delitto, chi sia la vittima, quanti anni avesse, quanti figli in tenera età abbia lasciato e chi sia il presunto responsabile dell’omicidio. (Presunto, anche se magari l’assassino ha confessato ed è già stato arrestato. Ma per la consueta abitudine del garantismo assoluto, che stabilisce “Tutti gli imputati sono innocenti sino a sentenza definitiva”, la giornalista lo definisce sempre e comunque presunto). Dopo qualche altra informazione sui dettagli dell’episodio e delle motivazioni che hanno portato all’assassinio, l’inviata chiude con la solita frase: «Da…….. (e indica la località), è tutto, vi restituisco la linea». Il telegiornale prosegue con le immagini tornate in studio e l’annunciatrice che impassibile passa ad altra notizia. Quello che cerco di evidenziare è la quasi quotidianità di queste notizie. Da una statistica è risultato, ad esempio, che nell’anno 2011, sono state uccise, in Italia, 127 donne, con un’età che andava dai 15 anni ai 70 e oltre, e che la violenza più diffusa le donne la subiscono proprio negli ambienti domestici o comunque da mariti, compagni, ex mariti, ex compagni, conviventi, spasimanti respinti, fidanzati gelosi, ecc.. Le statistiche degli anni successivi non sono migliori e dimostrano che il fenomeno è costante, se non gna, Lazio, Campagna e Puglia, lo Stivale sarebbe ricoperto da un susseguirsi di bandierine colorate. La violenza subita dalle donne, inizialmente, risulta quasi sempre di tipo verbale: minacce, offese, maltrattamenti psicologici, umiliazioni. Poco interessano però, a noi, le motivazioni che spingono questi uomini a offendere le proprie mogli, fidanzate o ex. Quello che deprime maggiormente è che queste umiliazioni spesso vengano accettate Ma in generale, della piaga che affligge centinaia di possibili vittime, chi se ne occupa? Come viene affrontato il problema? Cosa si sta facendo per non far diventare delle martiri sacrificali quelle donne che si trovando sull’orlo dell’abisso? in crescita. Ed è anche impossibile cercare di circoscrivere il fenomeno in una particolare zona del Paese. Se si appuntassero delle bandierine colorato nei posti dove si sono verificati questi delitti, o meglio, femminicidi, ci si accorgerebbe che dal Piemonte alla Sicilia, passando dal Veneto, dalla Roma- e subite dalle stesse come normale ménage domestico, e raramente vengono percepite come vere violenze. La sottomissione a questo tipo di maltrattamento può essere di diversa natura, e anche giustificata: paura di reazioni spropositate da parte del partner; mancanza di indipendenza economica; la preoccupazione di perdere i figli o la loro fiducia. E quasi sempre evitano di confidarsi con qualcuno per il timore di coinvolgere in litigi i familiari o, comunque, per paura di non essere capite o peggio, di essere fraintese. Spesso hanno il timore di sentirsi rispondere che sono esageratamente angosciate e preoccupate per dei semplici battibecchi coniugali. Perciò preferiscono tacere, continuando a subire quotidianamente maltrattamenti e umiliazioni. Quando poi arrivano le violenze vere e proprie: da prima sotto forma di semplici strattonate, tirate di capelli e successivamente con percosse, schiaffi, calci e pugni, che a volte fanno ricorrere alle cure dei sanitari, allora si rendono conto, ma è ormai troppo tardi, che la situazione sta degenerando ed è diventata ormai insostenibile. Nella maggioranza dei casi è quasi sempre troppo tardi quando si arriva a questo punto. Ormai l’uomo ha preso il sopravvento o crede di averlo preso. E quando la donna, finalmente, prende coscienza e si ribella a questo stato di inferiorità e cerca una soluzione, magari andando via da casa, lasciando il marito, il compagno, per cercare di rifarsi una vita più serena, lontana e da sola. Allora, per lei, incomincia il vero inferno. Certe volte, purtroppo, succede che dopo le violenze resista ancora alla tentazione di denunciare alle Autorità preposte tali comportamenti, simili abusi, e continui a subire minacce e violenze, sino alla stretta finale. Quando ormai non c’è più niente da fare. Sino a quando, in una normale giornata di follia, si trova E tra 11 6 marzo 2015 / n.10 davanti il marito, il fidanzato, il compagno, l’ex convivente con un’arma in mano, che le lascia solo il tempo di inorridire nel vedere tra le mani dell’uomo che aveva amato, la fine dei propri giorni. Ma a pensarci bene, non è solo la vita della povera vittima innocente ad essere distrutta. Pensiamoci: ci sono quasi sempre i figli, il più delle volte in tenera età che verranno affidati a nonni o a parenti più o meno prossimi, perché la mamma non c’è più e il padre lo rivedranno, se va bene, e se lo vorranno, forse tra una trentina d’anni. Rimedi ce ne sono? Non lo so. Ma si pos- sono cercare, studiare e trovare. Magari, perché no, cominciando a parlarne agli studenti delle scuole superiori. Parlare loro, naturalmente con cautela del fenomeno, facendo supportare gli insegnanti da psicologi che spieghino con parole semplici ma chiare, che non è solo la donna violentata, minacciata, uccisa, la vittima. Certo tutta l’attenzione e il rispetto va e deve andare sempre alla vittima della violenza. Ma spiegare agli studenti che il Codice Penale esiste e che punisce severamente chi commette tali reati, forse servirebbe a taluni ragazzi, trovandosi un domani in circostanze analoghe, a pensarci due, forse tre volte, prima di commettere un tale delitto sulla donna che amerà, sposerà o contro colei che avrà scelto di convivere con lui. Sì, credo proprio che bisognerebbe iniziare nelle scuole a insegnare e inculcare ai ragazzi i primi elementi di diritto civile e penale. Fargli prendere coscienza che nella vita non ci sono solo diritti, ma anche doveri. Doveri verso se stessi, ma soprattutto verso gli altri e la società che li circonda. E che gli errori criminali possono costare molto caro, soprattutto dopo una certa età e che, per reati come la sopraffazione, violenza, stupro e omicidio, il Codice Penale ha previsto pene severissime. Gli articoli del C.P. ed altri, naturalmente, che comprendono tali reati, agli studenti glieli farei scrivere su un quaderno e poi imparare a memoria, facendo sottolineare le conseguenze, altrettanto devastanti, a cui andrebbe in contro chi dovesse violarli. E poi ne farei anche materia d’esame. E lo Stato cosa fa per fronteggiare il fenomeno? Lo Stato sino ad ora si è limitato a demandare alla Magistratura e alle Forze dell’Ordine l’onere di assicurare alla Giustizia i responsabili dei crimini. E’ questo, a mio avviso, è poco, troppo poco. Esiste nel Codice Penale il delitto di Femminicidio? Io non l’ho trovato. Esiste una cultura civica? Si insegna nelle scuole italiane? A me non risulta. C’è un’attenzione particolare verso coloro che risultano violenti, particolarmente pericolosi e già segnalati? Forse sì, ma di sicuro quando questi individui decidono di agire e compiere le loro malefatte criminali sulle donne, ci riescono sempre. Cosa ci resta, in conclusione, di quanto sopra esposto? Resta che i media si appropriano della notizia e la sfruttano per farne una trasmissioni ad hoc. Dilatandone l’evento e descrivendo dettagliatamente, se necessario anche con plastici e ricostruzioni, i particolari più agghiaccianti. Con parenti e conoscenti della vittima in studio (subito pronti ad accettare l’invito), assistiti dai soliti criminologi, avvocati e psicologi, cercano di scavare nel passato della vittima e dell’aggressore. Tutti solleciti e pronti a parlare di quello che in definitiva non sanno: colpe, cause, motivazioni e colpevolezze. Arrivando, a volte, a sbandierare la scoperta di nuovi testimoni, nuovi indizi e nuove prove. Tutto questo però, e dovrebbero saperlo, e forse lo sanno ma vanno avanti ugualmente per la loro strada lastricata con il grafico dell’audience, sposta l’attenzione degli ascoltatori e dell’opinione pubblica sul fatto in se stesso, sul singolo accaduto. Persistono per giorni e settimane sull’argomento, senza spiegarne i motivi, ma forse sono solo in attesa che un episodio analogo possa prendere il posto di quello diventato ormai stantio, e così ricominciare da capo. Ma sempre in attesa dell’immancabile prossimo scoop criminale. 6 marzo 2015 / n.10 12 Speciale 8 marzo E tra sita nel Borgo antico della città di Taranto. Ottiene notevoli consensi di pubblico e critica con gli eventi artistici personali dedicati a Giacomo Puccini e alle sue opere con la personale a lui dedicata “Recondite armonie”. Ultimo successo personale al Castello Aragonese di Taranto con la mostra dal titolo “Shakespeare l’amore oltre la vita” omaggia l’opera “Giulietta e Romeo” e il cinema di Franco Zeffirelli tramutando l’opera letteraria in pittura. Nel 2012 viene ricevuta da sua eccellenza Arcivescovo di Taranto, Filippo Santoro, a cui la pittrice fa dono di un ritratto olio su tela che ora è custodito nel Museo Diocesano di Taranto. Partecipa con un’opera scenografica al concerto per Claude Debussy tenuto al palazzo di Città di Taranto esponendo l’opera “La fanciulla dai capelli di lino”. Lina Mannara Donne e colori sulle mie tele La pittrice del mondo femminile e dell’introspezione si racconta nelle sue opere e in quest’intervista, dai dubbi degli esordi fino ai riconoscimenti attuali di Titti Battista L’ arte pittorica, soprattutto quella al femminile, in terra ionica si sta dimostrando molto efficace sia per le proposte delle nuove leve della pittura sia per la qualità pittorica che viene prodotta. Vero è che non sempre ciò si può riscontrare in qualsiasi artista che, pur di mettere forma e colore sulla tela, pensa di realizzare un lavoro d’arte. Le regole dell’arte valgono sempre e in ogni settore e, in maniera ancora più precisa, in quello pittorico. Il successo al femminile nell’arte pittorica ha bisogno di fasi importanti dalle quali non si può prescindere, come quella della pubblicizzazione dei propri lavori nel corso di mostre collettive e personali. Insomma, io posso anche essere una brava pittrice, ma devo necessariamente portare a conoscenza del mondo esterno e circostante il frutto del mio lavoro perché lo stesso possa essere prima osservato e criticato e poi valorizzato ed esaltato. E’ difficile per un giornalista comprendere fino a che punto l’artista che ti trovi davanti ad intervistare faccia parte della prima o della seconda categoria sopra ricordate. Per Lina Mannara, artista residente a Montemesola, non è stato per me difficile l’approccio all’intervista perché avevo già avuto modo di conoscerla e di apprezzarla nel corso di importanti mostre collettive e personali che aveva tenuto presso il Circolo “Rosselli” nella Città Antica di Taranto. Ebbi come quasi una “folgorazione” perché i suoi colori e le sue forme si impressero in maniera veramente speciale nei miei occhi e nella mia mente, tanto che mi riproposi nell’esternarle questi miei sentimenti che non potevo assolutamente continuare a mantenere nascosti. Appresi, così, che l’artista era ancora, nonostante il successo già registrato, sulla strada del perfezionamento attraverso tecniche più puntuali nell’arte pittorica e attraverso uno studio di classici della letteratura internazionale e nazionale che le suggerivano spunti per tradurre sulla tela ciò che il letterato o il drammaturgo aveva già espresso in forma di prosa o di poesia. Le è già accaduto con Shakespeare e Rossini, ma mi risulta che lo studio continua perché attrae molto l’artista. Non mi restava, allora, altro che decidermi di fissarle un appuntamento per conoscerla più da vicino come espressione artistico-pittorica della provincia ionica. Prima di entrare nel merito dell’intervista, ho ritenuto opportuno proporre ai lettori un nutrito curriculum dell’artista per comprendere ancora meglio il significato delle risposte che la stessa ci ha rilasciato nel corso della nostra intervista. Lina Mannara nasce nel 1972 a Grottaglie. Intraprende studi inerenti all’arte grafica ma come pittrice si perfeziona da autodidatta appassionandosi, con l’avanzare degli anni, all’arte del ritratto con la tecnica olio su tela. Nel 2007 realizza la sua prima personale dal nome: “Amor sacro amor profano”, l’inaspettato successo di pubblico la incoraggia ad intraprendere il cammino artistico definitivamente lasciandosi travolgere dagli emozionanti eventi che le vengono proposti, come il fatale incontro con il maestro storico dei vicoli di Taranto, Nicola Giudetti. Nel 2009 partecipa al primo premio d’arte “Etichett’ art”, organizzato a Roma, classificandosi seconda. Con l’opera “Il silenzio di Madame Butterfly” nel 2010 viene premiata al primo trofeo città di New York. Seguono il concorso internazionale di pittura a Bruxelles e la nomina al premio “L’ercole di Brindisi” come ambasciatore dell’arte nel Mediterraneo. E’ autrice dell’opera “Santa Maria della Scala” custodita nell’omonima chiesa E adesso veniamo all’intervista. Quando, come e perché nasce in te la passione per la pittura? «Esattamente dalla scuola elementare. A 9 anni aiutavo la maestra a comporre scenografie delle recite. Ho, poi, frequentato un anno di scuola d’arte a Grottaglie come grafica pubblicitaria e ho poi abbandonato. Solo verso i 30 anni, dopo aver fatto la moglie e la mamma, ho ripreso a dipingere». Quali sono stati i tuoi primi lavori? «I primi lavori sono quelli che si conservano nel cassetto come il bimbo che incomincia a scrivere sul quaderno le sue prime parole. Non pensavo, sinceramente, che questi lavori così semplici potessero e dovessero suscitare in me un tale senso di affetto da farmeli tenere gelosamente custoditi come un tesoro o una guida a cui fare riferimento in seguito. Sono queste le opere che non si vendono e non si regalano a nessuno. Indubbiamente, oggi, a distanza di anni, guardando questi miei primi lavori, mi accoro che di strada ne ho fatta, ma suscitano in me gli stessi sentimenti che nell’animo umano suscita il primo amore». Quali sono state le prime mostre? «Ho iniziato piuttosto tardi proprio a causa del mio carattere che mi porta a una certa insicurezza. Poi, finalmente, nel 2007, facendo leva sul desiderio di abbattere questa mia barriera caratteriale, partecipai con una personale alla festa patronale di Montemesola. Non credevo a me stessa che avrebbe suscitato tanto interesse. Volli, in questa circostanza, ridimensionare quanto mi era stato tributato. Sì, lo ritenni un successo, ma non fu tale da farmi ‘montare la testa’». Quali sono stati i tuoi primi successi? «A Roma, in occasione della manifestazione “Etichett art”. Si trattava di eseguire una etichetta per una bottiglia di vino. Mi fu attribuito il secondo premio e contemporaneamente ricevetti un riconoscimento dalla Regione Puglia. Anche questa volta, per non smentire il mio carattere, restai sulle mie e pensai… è stato il vino a fare il suo effetto». Quali, invece, gli ulteriori riconoscimenti? «Certamente la mostra dedicata alle liriche pucciniane dove interpreto le donne delle opere del musicista dando alle stesse un significato molto vicino, eppur tanto diverso, rispetto a quanto E tra 13 6 marzo 2015 / n.10 si può leggere nell’opera musicale. Iniziai, poi, a dipingere volti della Vergine Santa nel 2010, a Montemesola, ma la Madonna che più ha appagato il mio modo di vederla artisticamente è stata la tela realizzata per la Chiesa Madonna della Scala di Taranto. Grande è stato il successo della mostra incentrata sul film di Zeffirelli “Giulietta e Romeo” intitolata “Shakespeare: l’amore oltre la vita”. Ricordo ancora gli interventi critici del prof. Antonio Fornaro e del caro amico prof. Angelo Scialpi, prematuramente scomparso». Qual è il dipinto dal quale non vorresti mai staccarti? «Si tratta dell’opera intitolata ‘Fuga dal giardino degli Inferi’, un dipinto che raffigura un angelo che tiene in braccio una donna sullo sfondo di un incendio. Lo realizzai in un momento poco bello della mia vita». di ieri e quelle di oggi. Questa scelta del rosso per me rappresenta la rinascita e l’essenza della stessa vita». La critica d’arte come si esprime nei tuoi confronti? «Fino a oggi i commenti di critici, a vario livello, sono stati tutti positivi, ma quelli che mi vado a rileggere spesso sono quelli in cui vengo invitata a restare sempre me stessa e a valutare con oculatezza ogni innovazione da apportare». A quale maestro ti ispiri? «Fra i classici di ieri certamente al grande Caravaggio per i suoi straordinari chiaroscuri. Fra i contemporanei certamente il maestro tarantino Nicola Giudetti per il fascino che sa imprimere sulla tela facendo risplendere di bellezza anche le pietre più antiche del Borgo di Taranto». Cosa bolle in pentola? «Proprio sulla scorta di quanto suggeritomi da una certa critica, da alcuni mesi sono al lavoro per mettere su una mostra che intitolerò ‘Rosso Passione’. Sarebbe mia intenzione poterla realizzare in estate impaginando in sale diverse le opere Nel figurativo quali sono le tue preferenze? «Certamente la figura umana e, in particolare, la donna che a me piace anche rappresentare nel nudo del suo corpo ma senza mai sfiorare la volgarità, giocando sui chiaroscuri». E per concludere, un consiglio a chi si avvicina al mondo dell’arte. «Non è facile avvicinarsi all’arte perché questa va vissuta prima nel cuore e poi esternata sulla tela. Certamente l’arte vera ti fa sentire meglio, ti rende appagata, ma attente giovani promesse della pittura, abbiate l’umiltà di sapere attendere e di far tesoro anche e soprattutto dei giudizi non del tutto positivi che possono essere espressi su di voi». Come si evince dalle risposte forniteci dalla Mannara certamente ci troviamo di fronte a una artista unica e molto professionale. Lina è certamente un esempio da additare alle giovani generazioni che credono nell’arte pittorica. 14 6 marzo 2015 / n.10 E tra E tra 6 marzo 2015 / n.10 15 6 marzo 2015 / n.10 16 Copertina E tra Chef BIBOLOTTI ALMO(MENTO) GIUSTO Dalla passione per i suoi cani al successo con il secondo posto a MasterChef 3, l’”ufficiale gentilcuoco” si racconta ai nostri lettori mentre è al lavoro per i suoi imminenti progetti di home restaurant e social eating di Mauro Guitto A più di un anno dal secondo posto nella finale della terza edizione di MasterChef Italia Almo Bibolotti, 39 anni di Bari, ex tenente dei Carabinieri, ex assicuratore ed ex promotore finanziario si racconta ai lettori in un momento pieno di impegni tra showcooking e la sua pluriennale attività di albergatore del Biborani Dog Hotel di Bari, un albergo per cani che gestisce da anni con la moglie Giovanna. Su SkyUno è stato ospite a metà gennaio 2015 della quindicesima puntata del magazine della nuova edizione di MasterChef 4 nella rubrica “In cucina con l’ex” dove ha preparato un merluzzo con crema di bietole e crema di carote. Almo ha le idee chiare sul suo futuro per il quale sta già lavorando da tempo. Lo abbiamo intervistato in esclusiva per Extra. Ciao Almo, è ormai alle spalle la delusione della mancata vittoria di MasterChef al rush finale? «Abbondantemente smaltita e metabolizzata visti anche i grandi successi che sto raccogliendo non solo in Italia ma anche all’estero, Europa, Stati Uniti, adesso anche in Asia. Quindi meglio non poteva andare». Cosa è piaciuto e cosa piace di te alla gente? «Io credo che di me piaccia la semplicità. Quache volta è stata confusa con la presunzione ma non sono affatto presuntuoso. Sono una persona consapevole dei propri mezzi e delle proprie capacità perché ho studiato tanto e credo di aver dimostrato sul campo quelli che sono stati i miei meriti pubblicamente riconosciuti dai fan da nord a sud Italia». Chef Bruno Barbieri nell’annunciarti di essere il primo finalista, ti ha definito nell’ultima puntata “L’uomo da battere”. Federico Ferrero poi ti ha battuto vincendo MasterChef. E’ davvero lui il più bravo? «Mah .. mi auguro di poter tornare a MasterChef in una delle prossime edizioni in una maxi sfida ai fornelli tra i più forti delle varie edizioni per stabilire chi sia il MasterChef dei MasterChef». Credi che Federico abbia quindi vinto davvero grazie al suo dolce? «Da quello che ho visto il dolce non è opera sua. Evidentemente ha vinto l’idea di Federico più che le sue capacità». A parte l’esito, c’è un piatto che avre- sti preparato diversamente in finale? «Probabilmente il budino. Se avessi giocato con più astuzia anzicchè d’impulso me la sarei giocata con un dolce al cucchiaio perché lavorare sulle consistenze in una finale effettivamente può essere una mossa azzardata». Dopo la finale hai più fatto un budino? «Certo, ne ho fatti tanti di budini proprio perché è un piatto che a me piace e mi è sempre riuscito. Stranamente proprio in finale c’è stato qualcosa che non è andato per il verso giusto». Cracco, Barbieri e Bastianich: tre mostri di bravura... cosa ti ha colpito di loro? «Sicuramente tutti e tre mi hanno lasciato qualcosa. Chef Cracco grandissimo talento della cucina, avanguardista, quindi acco- stamenti molto azzardati ma sempre molto efficaci. Barbieri più ancorato alle tradizioni e altrettanto efficace. Bastianich grandissimo imprenditore, “uomo di business” come dico sempre io, c’è tanto da imparare anche da lui. Questa splendida esperienza mi è servita molto a maturare». La gente ti riconosce per strada, che effetto ti fa? «La cosa bella è che continuano a riconoscermi per strada nonostante sia passato un anno. Fa sempre un certo effetto perché mi piace essere riconosciuto e mi piace ancora di più quando mi fermano e mi dicono “dovevi essere tu il vincitore di MasterChef”». E tra 6 marzo 2015 / n.10 Almo Bibolotti nasce a Bari il 19 aprile 1974. Si laurea in Giurisprudenza nel 1998 e nello stesso anno diventa Ufficiale dell’Arma dei Carabinieri fino al 2002 quando decide di lasciare l’Arma per svolgere l’attività di assicuratore e promotore finanziario nell’agenzia di famiglia.Con la moglie Giovanna Ranieri condivide da sempre la passione per i cani e nel 2005 dà vita insieme a lei al Biborani Dog’s Hotel, un albergo di lusso per cani, realtà imprenditoriale innovativa nel settore in Italia, grazie alla quale mantengono oltre 50 cani adottati dai canili e dalla strada. Ma la vera grande passione di Almo, che coltiva da quando aveva 10 anni, è la cucina.Nel 2006 comincia a perfezionare le tecniche di cucina frequentando workshop e corsi di cucina con famosissimi chef internazionali (Igles Corelli, Maurizio Santin, Gabriele Bonci, Jean Lee)Nel 2013 partecipa alla trasmissione televisiva MasterChef Italia arrivando secondo su 15.500 candidati. Eletto da gran parte del pubblico quale vincitore morale, oggi Almo é uno tra gli chef più richiesti per la partecipazione ad eventi pubblici e privati, esibizioni in show cooking e partecipazioni in trasmissioni televisive.La sua cucina, che si ispira alla tradizione regionale italiana é semplice, tecnica e creativa. Aperta anche ai profumi ai sapori ed ai colori che lo chef ha fatto propri grazie alle numerose esperienze di viaggio all’estero, in particolare in Sri Lanka e Kenya.Tante le soddisfazioni di Almo sia a livello nazionale sia internazionale.L’assessore al marketing della sua città lo premia con un prestigiosissimo riconoscimento per avere rilanciato a livello nazionale ed internazionale l’immagine di Bari, della Puglia e dell’ Italia per eleganza, stile e capacità culinarie. A luglio, a New York, in occasione del Fancy Food è il protagonista di un grande evento, dove lo chef in un hotel di Manatthan (Hotel Americano) prepara un buffet per oltre 200 persone a base di piatti della tradizione pugliese. Ad ottobre partecipa all’asta di beneficenza del London Pratham galà svoltosi al British historical Museum dove lo chef fa la sua offerta con una sua sessione di cucina che viene battuta all’asta per 12.000 sterline e successivamente nello stesso mese è consulente gastronomico di una famiglia indiana in occasione delle nozze della figlia di un importantissimo magnate della finanza mondiale, celebrate a Perugia.Scrive un libro “Morso e Mangiato” edito da Mondadori, di ricette gourmet per cani.Prossimamente in uscita in Italia un altro libro “Ufficiale gentilcuoco”, questa volta di ricette per tutti. 17 saper gestire molto bene la materia». L’elemento più importante per cucinare in modo salutare? «Sicuramente non eccedere con i grassi. Evitare tutto ciò che può essere di più in un piatto tipo la panna perché ci sono tecniche che ci consentono di avere lo stesso risultato eliminando i grassi aggiunti». Il tuo piatto forte? «Il polpo con il gazpacho e spaghetti di zucchina marinati all’orientale con la stracciatella che è il piatto che mi ha permesso di arrivare in finale. Un altro che amo particolarmente è il risotto con la cipolla rossa di Acquaviva, il gorgonzola e la gelatina di moscato di Trani con gherilli di noce». Il tuo piatto preferito? «La pasta al pomodoro, genuinità e semplicità, che è quella che mi ha fatto arrivare di diritto nella classe di MasterChef». L’utensile da cucina cui non rinunceresti mai? «Il frullatore a immersione». C’è uno chef al quale ti ispiri? «Igles Corelli, grandissimo maestro, grande amico, è il mio guru». Uno chef che sfideresti in uno show cooking? «Federico Ferrero… anche se non è uno chef!». Gli ingredienti per te indispensabili in cucina? «Tutti quelli di primissima qualità, la materia prima fondamentale di qualità e le giuste tecniche». Un aggettivo per definire il tuo modo di cucinare? «Semplice perché credo che nella semplicità ci siano bontà e capacità. Fare un buon piatto di spaghetti al pomodoro significa Quando fai la spesa su cosa concentri maggiormente le tue attenzioni? «I prodotti di stagione, in particolar modo adoro il pesce e ultimamente sto scoprendo molto le verdure». C’è un programma di cucina che segui? «MasterChef, naturalmente, e altri sulle tv a pagamento». Tua moglie Giovanna è spesso presente nei tuoi impegni. Quanto è importante nel tuo successo? «Giovanna è fondamentale, è una persona splendida. Tutti i miei successi sono legati chiaramente a lei perché abbiamo sempre fortemente creduto nei nostri sogni, abbiamo sempre lavorato con umiltà, ci siamo sorretti reciprocamente, ci siamo dati fiducia e poi sono arrivati i risultati». A casa chi comanda in cucina? «Giovanna è una donna molto forte. Se non fosse stata lei la mia donna probabilmente oggi avrei avuto difficoltà a trovare moglie, quando sono in giro c’è lei che si occupa del Biborani Dog’s Hotel, dei cani e ovviamente anche dei bambini, ma la cucina è territorio mio». Vieni invitato a pranzo o a cena. Cosa non vorresti mai vedere o mangiare a tavola ? «Capita spesso. Io sono una buona forchetta, mangio tutto e non mi spaventa nulla. Qualche reticenza l’avrei per gli insetti anche se oggi fa gran figo far mangiare gli insetti perché dicono sia la cucina del futuro. Francamente ho qualche perplessità». I tuoi hobby? «I cani principalmente. Prima il mio hobby era la pesca ma adesso non c’è più tempo per dedicarmi agli hobby, resta solo quello per le passioni: la cucina e i cani». Parlaci del tuo libro “Morso e mangiato”. «E’ un libro di ricette gourmet per cani nato dall’incrocio della passione per i quattro zampe con quella per la cucina. Non le solite ricette a base di carne e di pesce ma ricette anche vegetariane e vegane legate quindi al rispetto delle ricette etiche, ricette ipoallergeniche quindi finalizzate alla desensibilizzazione dei prodotti che creano intol- leranze alimentari. Per me questo libro è molto importante perché io devo tanto ai miei cani che hanno rappresentato un punto di svolta nella mia vita e in questa maniera voglio ripagarli di tutto ciò che loro mi hanno dato in termini di affetto. Parte del ricavato di questo libro infatti sarà donato ad associazioni e rifugio enti che versano in situazioni non favorevoli». Com’è nato l’amore per i 4 zampe e l’idea di un hotel per loro ? «Certi amori non nascono, evidentemente sono insiti nel dna. L’idea del Biborani dog hotel nasce dal fatto che essendo stato con mia moglie proprietario di cani e avendo sempre riscontrato grosse difficoltà nel lasciare i nostri cani per inadeguatezza e incapacità del personale che gestisce i vari canili e i vari rifugi, è nata in noi la voglia di creare qualcosa di innovativo e di diverso. Credo con grande soddisfazione di esserci riuscito». Il tuo piatto che piace di più ai cani? «Anche loro amano la semplicità. Qualcosa che sia sempre a base di riso soffiato oppure la quinoa, oppure l’avena con carota, zucchina e carne bianca o rossa. Un suggerimento importante: molti commettono l’errore di dare sempre carne magra ai cani, non va bene perché i cani hanno bisogno anche di carne grassa». Progetti per il futuro ? «Un ritorno in televisione per un format molto importante. Attualmente sto lavorando anche per la Rai nel programma “Cronache animali” in onda su Rai2. E oltre agli eventi che faccio in Italia e all’estero, sto lavorando anche per la prossima apertura di alcuni ristoranti non solo come chef ma anche e soprattutto come imprenditore». Grazie Almo per la disponibilità. «Io ringrazio voi per l’intervista e saluto tutti i lettori di Extra e rivolgo a loro un appello: credete sempre nei vostri sogni anche quando sembrano irraggiungibili. Ci vuole sempre convinzione, capacità e determinazione e spesso i sogni si possono realizzare». 18 6 marzo 2015 / n.10 Tendenze 1 E tra 3 2 5 CELESTE MANIA La primavera è troppo azzurra Nulla sarà come prima dopo questa primavera estate 2015. Fiumi di azzurro, in tutte le sue sfumature, invaderanno i guardaroba di tutte le pulzelle d’Italia. Qualche consiglio per arginare i danni, buona fortuna a tutte e si salvi chi può di Serena Mellone S arà un lunga primavera. Avremo da ciarlare tantissimo tra amiche, vista la confusione e la profusione di tendenze moda lanciate dal fashion system. Ultima sentenziata “l’uso inconsulto di celeste”, non si vedeva da circa 20 anni. Sono terrorizzata al sol pensiero dell’abuso cromatico, eye-liner compreso delineato dalla fronte e fino alle orecchie. Un bel respiro e cerchiamo di analizzare con razionale goliardia qualcosa di buono da indossare. Salvati tutti gli indumenti in jeans, a dare dignità al pantone ceruleo è Valentino con una sottoveste azzurro-celeste glitterata con tulle ampio sopra (1). Azzurro “mar di Sardegna” l’abito di Blumarine, leggero con onde di ruches e intagli di stoffa che donano dinamicità all’orizzonte (2).A trapezio e super corto il modello “figlie dei fiori” di Fendi che punta a un tipino tutto pepe (3), per ambienti bonton. Super casual la donna Coconuda che scegliere di vivere con praticità la quotidianità con un giobottino in ecopelle, jeans e sneakers all blue sky (4). Jumpsuit blu cobalto Zara, che abbina scintinllanti sandali dorati (5) e desta la mia attenzione destabilizzando il mio “no celeste e affini”. Stuzzicante al palato la Pinko Bag tutta plastica e tappezzeria (6) e la borsa a secchiello di Moschino (7, a volte ritonano). Piumato e ingabbiato, l’abito midi di Fendi (8), per la via di fuga da questo strazio celestiali sneaker da tennis New Balance (9). Da amare in maniera incondizionata le Adidas by Raf Simons (10), e ho detto tutto. 6 9 8 E tra 19 6 marzo 2015 / n.10 4 Di amore, scarpe e altre (dis)avventure Madonna, che caduta! Ovvero come riuscire a salvare la dignità e il femore dopo un capitombolo di Marta Coccoluto A mo i saggi e i filosofi da tastiera, quelli che sui Social postano quanto “dentro un ring o fuori non c’è niente di male a cadere. È sbagliato rimanere a terra” citando Muhammad Ali, o cinguettando che “la felicità più grande non sta nel non cadere mai, ma nel risollevarsi sempre dopo una ne urgente “su cosa può fare e cosa non dovrebbe più fare una donna della sua età onde evitare il rischio di risultare ridicola”. Intanto, a onor del vero, a Madonna non ha ceduto il femore, ma il ballerino incaricato di tirale via il pesante e strettamente allacciato mantello Armani non è riuscito nell’impresa e l’ha tirata giù da tacchi e scale. Provate a volare quattro gradini, 7 10 caduta”, tirando in ballo Confucio. Poi Madonna cappotta all’indietro sul palco dei Brit Awards e si scatena l’ironia più feroce. Il capitombolo come segnale inconfutabile di fine della carriera, di un’epoca a essere molto buoni. Gente, uomini e donne, a cui magari viene il fiatone a fare due rampe di scale, ridacchia che alla sua età (56 anni) Madonna dovrebbe appendere il reggiseno appuntito di Gaultier al chiodo e mettersi in poltrona a fare la maglia (come pare faccia la Capotondi…). Altri che al posto di Lady Ciccone si sarebbero sbriciolati a terra come un wafer, fanno battute sullo scampato pericolo di rottura dell’anca. Naturalmente non mancano neppure i complottisti: secondo loro Madonna di sarebbe lanciata all’indietro tipo sub dal gommone, sbattendo schiena e testa e facendo una figuraccia imperiale, per farsi un po’ di pubblicità gratuita ed elemosinare simpatie prima dell’inevitabile capolinea. Altri ancora, critici musicali che sul disco hanno speso poco più che una riga, hanno invocato una riflessio- atterrare di schiena, rialzarvi, finire l’esibizione live e ironizzarci su. Provateci anche se non siete una star internazionale e non finirete trend topic su Twitter e immortalata sui quotidiani e tabloid di mezzo mondo mentre siete a terra gambe all’aria, ma al massimo vi ha visto cadere qualche passante o vicino che non ha trattenuto le risa. Poi non ho capito, a una certa età bisogna togliersi di mezzo? Smettere di essere ciò che si è sempre state per non urtare l’altrui verecondia? E chi la stabilisce l’età? Inoltre, Madonna è meglio si dia ai tornei di burraco e invece che so, Mick Jagger può continuare a inguainarsi nei pantaloni di pelle e spaccare chitarre sui palchi? Un pregiudizio d’età a cui si somma un pregiudizio di genere: oltre un’età, certe donne sono imbarazzanti, certi uomini ancora grintosi. Un ragionamento che magari domani sarà (malamente) nascosto da un mazzetto spelacchiato di mimosa, grottesco e rasoterra. E non è neanche colpa di un ballerino. 20 6 marzo 2015 / n.10 E tra E tra 6 marzo 2015 / n.10 Salento/Talento La copertina del libro (https://www.facebook.com/pages/Caro-Ulivo-ti-scrivo/157 3980682813932?sk=timeline). Foto di Angela Franchini Voce verde «Caro ulivo ti scrivo» Un volume edito da Il Raggio Verde raccoglie suggestioni e riflessioni di otto autori pugliesi sul tema dell’identità: «Siamo fratelli. Figli della stessa terra» Nelle foto, da sinistra verso destra tre degli autori di Caro Ulivo, ti scrivo: Giuseppe Pascali, Lucia Accoto e Maria Pia Romano. di Francesca Garrisi « Non ricordo più quanti anni ho. Forse cento, chissà. Ho smesso da tempo di contarli, ma se mi guardo bene mi accorgo che ne dimostro anche di più. Molti di più. D’altronde non mi meraviglio, perché mi hanno sempre detto che quelli come me possono vivere a lungo. Non sono nato in questi luoghi, mi ci hanno portato quando ero piccolo, ma ormai sono affezionato a tal punto che sento questa terra mia». Parole che evocano una saggezza antica. Quella della terra. Così Giuseppe Pascali omaggia l’ulivo, elemento centrale dell’ultimo lembo di Puglia. A quest’albero è dedicato un libro dal titolo emblematico Caro Ulivo, ti scrivo, edito da Il Raggio Verde. «Il volume nasce dal desiderio di rivelare il paesaggio attraverso brevi racconti a firma di autori pugliesi che in queste pagine ci hanno affidato i loro pensieri: emozioni e visioni su una pianta millenaria, venuta dall’antico Oriente, con il suo olio, autentica ricchezza del nostro territorio, da sempre simbolo di pace». 21 Giusy Petracca sceglie queste parole per presentare Caro Ulivo, ti scrivo nella prefazione. Lucia Accoto, Grazia Barba, Luigi Caricato, Pino De Luca, Antonio Errico, Giuseppe Pascali, Maria Pia Romano e Massimo Quarta. Sette scrittori e un artista. Lettera, lirica, giallo, prosa … Una pluralità (e coralità) di generi per altrettanti sguardi, peculiari e complementari. Ciascuno “disegna” in modo unico il tema dell’identità. Caro Ulivo, ti scrivo non è però “solo” una narrazione completa e conclusa al suo interno. È anche e soprattutto l’inizio di qualcosa di più vasto. Il volume infatti apre la collana “Storie e Natura”, ideale anello di congiunzione e ponte tra arte e letteratura. Così, i dipinti rappresentati in copertina s’innestano nella storia dipanata attraverso il testo. E perdono di senso steccati e divisioni tra forme espressive. «Caro Ulivo, mi sarebbe piaciuto scriverti di quando mi perdevo nei tuoi fianchi nodosi e ci affondavo le mie malinconie precoci di bambina cresciuta in fretta, tra libri e disegni, con grovigli di sogni nella testa, che diventavano mondi interi tra le mani. Da sospingere per aria ogni giorno, con la leggera incoscienza di chi crede di possedere la follia giusta per salvare il mondo dalla banalità». Maria Pia Romano ci ricorda che il verde degli ulivi è la salvezza dal grigiore di un quotidiano monotono. Un cordone ombelicale che non soffoca, ma alimenta il nostro stupore vitale. 22 6 marzo 2015 / n.10 Incontri E tra comincia a leggere il diario di Maddalena, e strani sogni la conducono in un lontano passato, all’epoca del ritiro dell’imperatore Federico II di Svevia a Castel del Monte. I sogni diventano sempre più frequenti e la ragazza, sottoponendosi a ipnoterapia, cerca di capire il senso di ciò che accade. Scopre così, con meraviglia, curiosità e timore, che ha vissuto altre vite, e tra queste anche quella di Maddalena nel Medioevo. Per Maia diventa tutto chiaro. È certa che il puzzle sia completo, e dal momento che ha vissuto la morte di Maddalena, non ha più paura di nulla, perché sa che la sua anima continuerà a vivere in eterno. L’opera potrebbe considerarsi un saggio sotto forma di romanzo, nel quale i protagonisti affrontano la loro vita e “creano” le loro esperienze perché sono alla ricerca del vero significato dell’esistenza e dell’amore. Angelica Laterza Tutte le vite di Maia Questo romanzo parla di amore universale, spiritualità, reincarnazione, ipnosi, morte, vita, angeli e Dio, ambientato nella Martina Franca del presente e nel passato di Federico II di Cosima Borrelli L a voce di Maia”, è un romanzo che richiama il senso del mistero e dell’onirico, conducendo il lettore negli abissi insondabili dell’esistenza individuale e universale alla ricerca del vero senso della vita e dell’amore. Racconta la storia di Maia, proprietaria di un negozio di libri, che conosce Saverio, insegnante di storia e giornalista nel tem- po libero.Questi, entrato in possesso della copia di un diario scritto da una giovane donna, Maddalena, vissuta tra il 1234 e il 1251, che tanto assomiglia a Maia, decide di sottoporla a quest’ultima. Maia Partiamo con una domanda che ravviva il fondo dell’anima di ogni scrittore: cos’è l’esperienza della scrittura per te, come si estrinseca l’atto creativo e cosa significa essere uno scrittore oggi? «La scrittura fa parte di me. Non potrei vivere senza leggere e scrivere. L’atto dello scrivere ha per me un’importantissima funzione catartica. E, tuttavia, questa è solo una parte di qualcosa di più vasto. Il mio intento, come, credo, quello di qualsiasi altro artista, è quello di raccontare e di comunicare, donando qualcosa di me agli altri. E, nello stesso tempo, di suscitare nei lettori emozioni, riflessioni e interrogativi. Questo atto creativo parte dalla mia immaginazione. E la mia immaginazione si nutre di quello che ho sperimentato, dei ricordi che affiorano improvvisi, del mondo intero, delle persone che conosco e anche della voce che mi porto dentro e che mi aiuta nel meraviglioso viaggio della vita e della scrittura. Qualcuno mi ha detto una volta che lo spazio è affollato di presenze, di quello che è stato, di ciò che è, e di ciò che sarà. In questo spazio invisibile vivono tutti i miei personaggi. Ma posso sentirli solo se faccio silenzio. Quando comincio a scrivere una storia, e mi immergo in quel mondo parallelo, posso vederli. Emergono dal nulla e appaiono alla mia vista interiore completamente, con le loro voci, i loro colori e i loro odori. Invadono i miei sogni, occupano le mie giornate e mi seguono persino nella vita reale». Quando è nata in te l’esigenza di affidare alla scrittura il tuo sentire più profondo? «L’esigenza di scrivere è nata quando ero ancora una bambina. Il giorno del mio undicesimo compleanno mi venne regalato un libro da un’amica di mia madre (che ringrazio): “Anna di Green Gables” di L. M. Montgomery. Rimasi estasiata e cominciai a pensare di scrivere qualche racconto. Ma, in realtà, non credevo che ne E tra 6 marzo 2015 / n.10 23 sarei mai stata capace». di Lei. In una parte del romanzo, l’interesse è in particolar modo rivolto alle donne di quel tempo, un tempo terrificante dove il sospetto senza alcuna prova diveniva punizione incondizionata e martirio deliberato. La Chiesa puntava il dito sulle donne semplici che curavano con le erbe giudicandole Streghe diaboliche per le quali non vi poteva essere altra punizione che il rogo. Dunque, Maddalena diviene emblema di una condizione femminile sottomessa unicamente alle decisioni di un assurdo potere religioso. In realtà, considerando i tempi in cui viviamo, non credo qui si tratti di riscattare la mia città. Il problema oggi, ritengo che sia del mondo intero, e non è di natura politica, né economica, e di certo non di natura militare. Credo sia un problema spirituale. Ha a che fare con quello che l’umanità crede di se stessa, della vita e di Dio. E fino a che non cambieranno queste convinzioni fondamentali non cambieranno mai nemmeno i comportamenti». C’è uno scrittore, un libro , una corrente che ha agito in te come via maestra verso il mondo della scrittura? Quali sono state le letture più significative nel tuo percorso di vita? «Mi sono immersa nella lettura abbastanza tardi (intorno ai 19 anni). Leggevo romanzi e saggi. Cercavo di trovare delle risposte al senso della vita, della mia vita. Il primo saggio che ho letto è stato “Vivere, amare, capirsi” di Leo Buscaglia; che ho ripreso varie volte nel corso degli anni. Il primo vero romanzo “Poveri e semplici” di Anna Maria Ortese. I miei autori preferiti sono: Paulo Coelho, Isabelle Allende, Alessandro Baricco, Carlos Ruiz Zafon. Le letture più significative nel mio percorso di vita sono state e sono soprattutto quelle di N. D. Walsch, Osho, Antony de Mello, Brian Weiss e Gregg Braden perché mi hanno insegnato a guardare la vita con occhi diversi». Ci parli della tua ultima pubblicazione. “La Voce di Maia”, un libro che conduce il lettore negli abissi insondabili dell’esistenza individuale e universale, alla ricerca del vero senso della vita e dell’amore. Per lei come si può estrinsecare il senso ultimo di una vita all’insegna dell’amore? «Il senso ultimo di una vita all’insegna dell’amore posso estrinsecarlo con due citazioni. La prima è di Osho: “Tutto ciò che è malato nell’uomo nasce dalla mancanza d’amore. Tutto ciò che non va nell’uomo è in qualche maniera collegato all’amore: (l’uomo) o non è stato capace di amare oppure non è stato capace di ricevere amore. Non è riuscito a condividere il suo essere. Da qui l’infelicità che crea complessi di ogni genere. Queste ferite interiori possono venire a galla in molti modi: possono diventare disturbi fisici o malattie mentali; in ogni caso, in profondità, ciò di cui l’uomo soffre è la mancanza d’amore. Proprio come il cibo è necessario per il corpo, l’amore lo è per l’anima. Il corpo non può vivere senza nutrimento e l’anima non può vivere senza amore. In realtà, senza amore l’anima non nasce nemmeno.Se non hai amato, non hai mai conosciuto la tua anima. Solo nell’amore arrivi a comprendere che sei più del corpo, più della mente”. La seconda citazione è tratta dal Vangelo di Gv 4,34; Gesù disse loro: “Mio cibo è fare la volontà di Colui che mi ha mandato e compiere la Sua opera”. Più di duemila anni fa, qualcuno ci ha dato un meraviglioso consiglio: “Amatevi l’un l’altro”. Ma per quanto potentissime siano queste parole, molti di noi sono riusciti a ignorarle per secoli. Se ne parla di continuo, tuttavia pochi si aspettano che qualcuno le metta veramente in pratica. Se uno lo fa, viene considerato un santo o un pazzo! Purtroppo la nostra società non comprende il vero Potere dell’amore. Pensa ancora che la gente del mondo potrebbe essere unita con la paura, ma non con un profondo rispetto per la vita, vita intesa nel senso più ampio del termine. La paura tiene costretti, l’amore ci tiene stretti. La paura afferra, l’amore lascia liberi. La paura affligge, l’amore consola. La paura distrugge, l’amore rende migliori. L’amore è l’energia che allarga, apre, comunica, sostiene, svela, condivide, guarisce. Solamente quando avremo sperimentato questo tipo di Amore ci accorgeremo che esso ha il potere di farci dimenticare quelle diversità insignificanti che ci separano gli uni dagli altri, per dimostrarci che quello che abbiamo fino a ora considerato un nostro nemico ha una faccia e soprattutto un cuore. E a questo punto, niente sarà più impossibile». Le vicende che si intrecciano nella narrazione percorrono parallelamente fantasia e verità storica e si svolgono tra presente e passato, in particolare partendo dalla tua cittadina: Martina Franca. Racconti così quella parte dimenticata della storia pugliese, riscattandola dall’oblio. Secondo te da cosa dovrebbe ripartire il vero riscatto della tua città? «Sì, infatti la vicenda parte dalla mia città, Martina Franca, dove in una libreria colloco i personaggi del presente: Maia, Flora, Saverio, Alessandro in un alternarsi tra il mondo di oggi e quello di ieri, indago e racconto quella parte dimenticata della storia pugliese, riscattandola dall’oblio per riportarla alla sua meritevole grandezza; quella grandezza che illuminò l’imperatore Federico II, uomo aperto alla conoscenza, dedito all’arte, allo studio delle scienze e soprattutto libero da ogni condizionamento religioso tanto da combattere quella “Santa ignoranza” che infine lo travolse. Le Vicende dunque che racconto tra fantasia e verità storica si svolgono tra presente e passato, in particolare in quel tempo buio della storia pugliese e della storia europea che conobbe la ignobile brutalità di una Chiesa, la quale nel vecchio come nel nuovo continente puniva e sterminava chiunque operasse fuori e contro Il tuo interesse è rivolto alle donne di un tempo oscuro che ha visto perpetrarsi la terribile caccia alle streghe, segnata da 500 anni di torture e stragi, tanto che Maddalena diviene emblema di una condizione femminile sottomessa unicamente alle decisioni di un totalitario e assurdo potere religioso che trasformava il sospetto senza alcuna prova in terribile punizione incondizionata e martirio deliberato. Secondo te oggi sono ancora in atto forme di “caccia alle streghe”? Se sì, quali? «Sì, ho rivolto il mio interesse anche alle donne. In effetti ancora oggi, in alcuni Paesi si può ancora parlare di “caccia alle streghe”. Donne e bambine sospettate di essere streghe. Vi sono credenze diffuse nella stregoneria nell’arcipelago, specie nelle regioni più remote, dove molti non accettano cause naturali per malattie, incidenti o morte. In un episodio, esattamente due anni fa, sei donne accusate di praticare la stregoneria sono state torturate con ferri roventi durante un “sacrificio di Pasqua” nella provincia degli altipiani meridionali. Poche settimane prima una giovane madre, anch’essa accusata di stregoneria e della morte di un bambino di 6 anni, era stata bruciata viva dopo essere stata denudata, legata e torturata con un ferro da marchio. Il tutto davanti a una folla di curiosi, alcuni dei quali fotografavano la scena con i telefoni cellulari. In zone come il Medio Oriente, l’Africa ed il subcontinente indiano la condizione delle donne è ancora difficile e la parità è un sogno. In certi paesi come l’Afghanistan e l’Iran i loro diritti erano maggiormente tutelati nei decenni passati. Poi le cose sono cambiate. Alcuni posti di bellezza e turismo sono diventati improvvisamente luoghi di terrore. Tantissime scuole sono state distrutte. Alle ragazze è stato impedito di andare a scuola. Le donne sono state picchiate. L’istruzione da diritto e diventato crimine. Molte bambine a 12 anni in Africa sono costrette a sposarsi. l’India e alcuni Paesi vicini del mondo islamico, regolarmente sostengono l’idea di sottomissione della donna. Ancora oggi la maggioranza delle donne vede continuamente calpestati i propri diritti o, ancor peggio, non ha mai sospettato di averne». 24 6 marzo 2015 / n.10 Nuvolette E tra L’OROSCOPO dal 6 al 13 marzo 2015 MOSTRA A MESAGNE Gulp! I fumetti di Piero Conforti Visitabile sino a domenica 8 marzo, nella storica sede dell’associazione “La Manovella”. Al termine, un corso di grafica pubblicitaria e fumetto tenuto dall’artista di Pierluigi Rota tecnica e sono volti alla ricerca di una naturalezza espressiva. «Siamo felicissimi di aprire il nostro nuovo anno con questa mostra - dichiara il presidente Giuseppe Aresta - La Manovella ha voluto celebrare un’arte considerata minore dando a tutti la possibilità di conoscere Piero Conforti che offrirà anche la possibilità di seguire un corso di grafica e fumetto». La mostra è visitabile sino a domenica 8 marzo. Al termine è previsto l’avvio di un corso di grafica pubblicitaria e fumetto tenuto da Piero Conforti. Per iscrizioni e informazioni è possibile telefonare al 347 6169824 o inviare una mail a associazionelamanovella@ gmail.com La sede dell’associazione in Piazza Criscuolo, 5 (nel centro storico di Mesagne nei pressi della chiesa matrice) è a disposizione di soci e non soci, per la mostra scambio di fumetti e libri come incentivo alla lettura. diVERSI di Cataldo Basile UN POSTO MAI VISTO G ulp, mostra fumetto con illustrazioni di Piero Conforti a cura dell’associazione “La Manovella” di Mesagne. In attesa del termine dei lavori della nuova sede, nella sua vecchia casa in piazza Criscuolo 5, si può visitare la mostra con le illustrazioni e i fumetti di Piero Conforti, inaugu- rata sabato 28 febbraio. Le opere esposte rappresentano un breve excursus della trentennale carriera di Piero Conforti, fumettista e grafico pubblicitario, che con la sua arte ha conquistato l’attenzione di grandi e bambini. I lavori sono eterogenei per stile e V Vado per una strada antica che va alla grande città ricca di musei e di posti storici molto antichi. Mi avvicino sempre di più, alle rovine della grande città a quello che si vedeva da lontano, prende il posto una figura e un disegno diverso; si può notare la bellezza e la storia di un posto mai visto, e molto antico per poter dire o pensare qualcosa. Una parola non può spiegare quello che ho visto; e che potrò raccontare, sicuro di essere capito. ARIETE 21.03 - 20.04 Marte alimenta i confronti, anche litigiosi, con il partner. L’oroscopo vi suggerisce una pausa di riflessione. Sul lavoro la fine di un tunnel è vicina e si intravede la luce. TORO 21.04 - 20.05 L’oroscopo di marzo non potrà essere all’altezza delle previsioni del mese appena conclusosi. GEMELLI 21.05 - 21.06 Mercurio favorisce i progetti di coppia quindi non esitate a mettere le fondamenta. Sul lavoro periodo molto creativo e produttivo. CANCRO 22.06 - 22.07 Giove stimola le coppie a fare progetti anche a lungo termine. Sul lavoro tutto fila liscio ma senza alti e bassi. Riguardatevi se non volete ammalarvi. LEONE 23.07 - 23.08 Anche se sarete carichi di impegni non vi mancherà energia positiva. Qualche problemino per le finanze ma sarete cauti nelle spese. VERGINE 24.08 - 22.09 Sarà una settimana stressante ma per fortuna sei troppo impegnato per pensarci. La tua mente corre come un treno dietro a progetti stimolanti che coinvolgono anche il partner. BILANCIA 23.09 - 22.10 Chi ha ritrovato l’amore dopo una delusione vivrà una settimana particolarmente leggera e serena. Attenzione alle spese. SCORPIONE 23.10- 22.11 Va bene tenere sotto controllo le finanze ma non privatevi di un piccolo sfizio di cui avete veramente bisogno per rigenerarvi. Non cadete nell’invidia. SAGITTARIO 23.11 - 21.12 L’oroscopo prevede una settimana un po’ piatta, senza picchi né abissi. Sfruttatela per ricaricare le energie. CAPRICORNO 22.12-20.01 Un profumo o un luogo vi riporteranno con la mente al passato e sarete colti da un po’ di nostalgia. Guardate avanti senza rimpianti e rimorsi: è inutile piangere sul latte versato. AQUARIO 21.01 - 19.02 La stanchezza fisica vi porta ad essere nervosetti e rischiate di non godere di momenti speciali che vi si presentano e che non torneranno. Pensateci prima di lamentarvi. PESCI 20.02 - 20.03 Siete nei pensieri di qualcuno anche se, distrattamente, rischiate di non accorgervi. La settimana prevede qualche strappo alimentare ma fate attenzione a non esagerare. E tra 6 marzo 2015 / n.10 Fitness&Benessere ottantenni. Questo studio di lungo termine stato condotto su un campione di ben 6.936 persone di et compresa fra i 35 e i 74 anni nellarco di 15 anni. L’ESERCIZIO FISICO UN FARMACO MOLTO EFFICACE, MA POCO USATO! La strada verso il benessere e la salute passa necessariamente attraverso la lotta alla sedentariet con conseguente incremento individuale dellattivit fisica. E la conclusione, ormai innegabile, alla quale sono giunti medici e scienziati di tutto il mondo. G di Paolo Carrieri * ià dal 2000, in una pubblicazione americana, The Healing Power of Exercise (Il potere terapeutico dellesercizio fisico) furono raccolti oltre cinquanta studi che, ancora una volta, dimostravano come il regolare esercizio fisico aiuti a combattere diverse patologie, migliori la qualit della vita e contrasti gli effetti negativi dellinvecchiamento. LO.M.S (Organizzazione Mondiale della Sanità), invece stima che ogni anno 17 milioni di persone muoiano prematuramente a causa di unepidemia di malattie croniche. Oltre alla morte prematura bisogna considerare i disagi e la cattiva qualit della vita, oltre ai costi della spesa sanitaria divenuti ormai insostenibili. Tra le malattie cronico-degenerative pi rilevanti si annoverano le cardiopatie, gli ictus, i tumori, il diabete, i disturbi respiratori e le malattie osteoarticolari. Mentre la speranza di vita alla nascita ha superato per le donne gli 84 anni e i 79 per gli uomini, la stessa O.M.S. ha pubblicato un rapporto nel quale si sostiene che un’azione globale di prevenzione delle malattie croniche potrebbe salvare la vita a quasi 40 milioni di persone che altrimenti rischierebbero la morte entro il 2025, prima ancora di avere compiuto 70 anni. Il potere terapeutico dellesercizio fisico, prima citata, riporta numerose evidenze scientifiche, le quali tutte si riferiscono a studi su campioni di popolazione statisticamente significativi e, in molti casi, condotti per 50-70 anni e anche oltre. Nella ricerca sono stati inclusi anche studi molto prestigiosi come l’Harvard Alumni o il Framingham Heart e tanti altri pubblicati sulle pi prestigiose riviste mediche del mondo. In realtà non dice niente di nuovo ma ha valore estremo per la scientificità, l’analisi del rapporto tra la mancanza di attività fisica e molte delle più comuni malattie croniche. Ecco una breve sintesi di quanto riportato nella pubblicazione. INVECCHIAMENTO E AUTONOMIA FISICO-MOTORIA Non si può allungare la vita fino all’eternità, ma certamente si pu vivere meglio mantenendo a lungo una buona funzionalità motoria, riducendo i dolori artrosici, conservando la mobilità, prevenendo le malattie degenerative e minimizzando i danni dovuti all’invecchiamento. Lesercizio fisico fondamentale per ottenere tutto ci ed particolarmente importante nei paesi (soprattutto in Italia) nei quali si registra un progressivo innalzamento dellet media della popolazione. L’ESERCIZIO FISICO REGOLARE RIDUCE I DEFICIT MOTORI Un’indagine condotta suun campione di 3.554 soggetti di et compresa fra i 53 e i 64 anni ha messo in evidenza che la regolare attivit fisica riduce la probabilità di sviluppare handicap funzionali anche in chi soffre di artrite o di artrosi nella misura del 10 per cento. Inoltre, coloro che praticavano almeno 30 minuti al giorno di moderato esercizio fisico, hanno riportato un netto miglioramento della mobilità articolare. Risultati più significativi sono stati ottenuti in coloro i quali svolgevano l’attività fisica secondo i protocolli specifici. AUMENTO DELLA QUALITà E DELLASPETTATIVA DI VITA Molte ricerche mostrano che coloro che si mantengono attivi sono caratterizzati da un tasso di mortalità più basso rispetto ai sedentari e hanno una maggiore efficienza fisica che porta ad una migliorata qualità della vita.Questo incremento della spettativa di vita legato al fatto che l’esercizio limita i danni delle patologie croniche e aiuta a prevenire l’insorgerne di nuove. I risultati delle ricerche indicano che una regolare attivit fisica riduce il tasso di mortalità del 25-33 per cento e aumenta laspettativa di vita negli ultra- PREVENZIONE E TRATTAMENTO DEL DIABETE Secondo i dati in possesso del National Center for Health Statistics, il diabete, insieme al cancro e alle patologie cardiovascolari e respiratorie, tra le principali cause di morte precoce nella popolazione statunitense. Tuttavia, come sostiene anche lInternational Diabetes Federation, fino all80 per cento dei casi di diabete di tipo 2 pu essere evitato grazie all’attività fisica e a un regime alimentare più sano. Le ricerche dicono che significativi cambiamenti nello stile di vita (soprattutto attività fisica) sono pi efficaci dei farmaci nel ridurre il rischio di contrarre il diabete di tipo 2. Un importante studio, compiuto in un periodo di tre anni su un campione di 3.234 cinquantenni, ha rivelato che adeguati cambiamenti nello stile di vita (compresa lintroduzione di 150 minuti alla settimana di esercizio fisico) possono ridurre la probabilit di sviluppare il diabete di tipo 2 del 58 per cento, un valore nettamente superiore al 31 per cento registrato con il farmaco Metformina. PREVENZIONE DELL’IPERTENSIONE, DELLE PATOLOGIE CARDIOVASCOLARI, DEGLI ATTACCHI CARDIACI E DELLE ISCHEMIE L’attacco ischemico ecardiaco al terzo posto tra le principali cause di decesso negli Stati Uniti. Anche se i fattori ereditari giocano un ruolo non trascurabile, opportuni cambiamenti nello stile di vita possono ridurre in modo significativo il rischio di essere colpiti da queste patologie. I risultati delle ricerche indicano che lunghe camminate ed esercizi specifici riducono di molto lincidenza di attacchi cardiaci e di altre patologie cardiovascolari (soprattutto l’ipertensione). A prescindere da sesso, et e persino massa corporea, le 73.743 donne in menopausa (tra i 50 e i 79 anni), facenti parte del campione, hanno beneficiato in modo significativo di un regolare esercizio fisico. Se avete uno stile di vita sedentario, se siete pigri pensate a ci che disse un grande fisiologo svedese, Olaf Astrand: Chi vuole tenere una vita sedentaria si faccia prima vedere da un medico, per sapere se il proprio cuore pu reggerla. Non chiaro se sia pi una battuta o una minaccia perci ricordatevi di allenare almeno lunico muscolo che più conta: il cuore! Nel prossimo numero di EXTRA MAGAZINE vedremo come lesercizio fisico possa migliorare la qualit della vita nel suo complesso e attuare la prevenzione di importanti patologie come nel caso dei tumori e dellosteoporosi, fino a costituire, per questultima, il più importante trattamento. * Dottore in Scienze Motorie, Specialista in Chinesiologia Correttiva e Rieducativa, Educatore Fisico, ISEF, Preparatore Atletico e Sportivo, Personal Trainer, Direttore Tecnico del MOVING CLUB. 25 PSYCHE di Alessandro Montrone* Voglio fare il giornalista! Indro Montanelli seduto con la sua macchina da scrivere sulle gambe. Buongiorno. Mio figlio si sta appassionando al giornalismo. Gli piace molto e ha pensato che possa diventare il suo lavoro quando diventa grande. Io da madre e da donna che conosce la realtà del mondo lavorativo sono un po’ impensierita. Lui è bravo sì ma non so se questo lavoro può fare per lui. Temo che puntando a questa cosa si perda delle opportunità più concrete. Ma poi penso che la sua strada è magari proprio questa e cerco di pensare a cosa deve saper fare per potersi affermare in questo campo. Le confesso che sono un po’ confusa… Mi dica lei qualcosa. Mina Capita sovente che un giovane, magari suggestionato dalla rappresentazione massmediatica di una determinata professione, se ne invaghisca, spesso fantasticando qualcosa che attiene maggiormente alla trasposizione scenica e allo stereotipo. Capita, inoltre, che la scuola per sua stessa costituzione incentivi l’interesse per alcune professioni a scapito di altre: le attività scolastiche, infatti, spesso comprendono, tra le tante cose, proprio lo studio del linguaggio giornalistico, nonché addirittura la costituzione di laboratori in cui si fa appunto pratica di tale professione. Fatto sta che il lavoro concreto del giornalista differisce da tutto ciò, dacché sussistono altre variabili ancora, assolutamente non contemplate dai succitati approcci. Quindi, in fase di orientamento preme innanzitutto colmare questa lacuna presentando un’immagine realistica della professione, che ne descriva le effettive possibilità occupazionali, e che soprattutto fornisca un quadro chiaro del profilo attitudinale, delle abilità e delle competenze effettivamente richieste dal mercato del lavoro. All’orientatore non spetta – come molti ancora suppongono – imporre una decisione dall’alto, ma fornire quegli strumenti cognitivi che possano consentire all’orientando di formulare in autonomia una scelta consapevole fondata appunto sulla valutazione della compatibilità tra il proprio profilo e quello richiesto. È necessario, pertanto, che l’aspirante giornalista, prima di avviare un eventuale discorso di progettualità a lungo termine, venga innanzitutto messo nella condizione di potersi autovalutare in merito ai requisiti di questa specifica professione, incentrata – come largamente risaputo – sulla comunicazione: sulla capacità di comprendere i fenomeni attraverso la ricerca; di esporli con un linguaggio appropriato e intelligibile; infine, sulla capacità, anch’essa indubbiamente comunicativa, di sapersi relazionare proficuamente con i vari interlocutori del proprio contesto sociale. Benché la padronanza della comunicazione nelle sue varie sfaccettature possa costituire già di per sé una competenza, si consiglia sempre a tutti coloro che ad essa aspirano di cimentarsi anche nello studio di un altro settore dello scibile (umanistico o scientifico) a loro piacimento, di crearsi, insomma, un bagaglio culturale ancora più solido, con l’evidente scopo di poter davvero comunicare dei contenuti. *Psicologo e Psicoterapeuta Scrivete a Alessandro Montrone e-mail: [email protected] 26 6 marzo 2015 / n.10 As Martina brevi Nel bunker è dura per tutti Ventidue punti su trentuno in classifica totalizzati al “Tursi”, tra quelle mura solo qualche mese fa, non così amiche di Mauro Mari - Foto di Lino Cassano L a vittoria contro la Lupa Roma è di quelle pesanti, quelle dove i tre punti sembrano valere molto di più. In un solo colpo il Martina scavalca Lupa, Paganese e Cosenza, e si porta all’undicesimo posto, il primo della colonnina di destra della classifica, a sole due lunghezze da quella di sinistra. Posizione che vale come un primato vero per una squadra partita per salvarsi ad inizio campionato, specie se occupato nel momento topico della stagione, quando si decidono i campionati, come vuole la tradizione pallonara. Significa tanto per Ciullo e i suoi poter andare a giocare nel caldo “Bisceglia” di Aversa, consapevoli che sono gli altri a dover tentare il tutto per tutto, per avere ancora speranze di salvarsi. E lo stesso dicasi per le ravvicinate sfide contro Savoia in casa e Melfi fuori. Saranno sfide dure, molto maschie, ma la componente psicologica è un fattore decisivo che il Martina avrà a proprio favore. Avere la possibilità di sbagliare sapendo che non è affatto l’ultima spiaggia. E poterlo fare con la propria tattica preferita: aspettando l’avversario per poi sorprenderlo a tutta velocità. Il suo splendido campionato i biancoazzurri lo hanno costruito al “Tursi”. Ven- tidue punti su trentanove a disposizione sono tantissimi per una squadra che punta alla salvezza. E difatti in questa speciale classifica il Martina è dietro solo alle migliori del torneo. Ventidue punti su trentuno totali in classifica raccolti in casa sono la risposta di Ciullo alle feroci contestazioni di inizio campionato, quando il pubblico chiedeva a gran voce il suo scalpo, negato più volte saggia- E tra mente e bisogna dirlo, con coraggio, dalla società. Non era da tutti non cambiare allenatore dopo tre punti in otto partite. E chi mai avrebbe potuto pensare ai trentuno punti di oggi, specie dopo l’addio di Amodio e visti i limiti della squadra biancoazzurra. Parliamo di un miracolo sportivo, che ha sorpreso tutti, forse anche i più navigati addetti ai lavori. Basket School in trasferta a Conversano Con la netta vittoria interna sull’Acquaviva per 71 a 49 la Basket School Martina raggiunge il Montedoro San Giorgio al terzo posto in classifica. Una striscia positiva quella degli amaranto, che dura ormai da otto giornate, interrotta solo dalla sconfitta di Massafra, nel recupero contro lo Young. Nel prossimo turno martinesi in trasferta a Conversano; poi sarà la volta del match più atteso, quello tra le mura amiche contro la capolista Virtus Taranto. M.M. Calcio giovanile, ultima giornata dei tornei regionali Si giocano domenica prossima le ultime giornate dei campionati di calcio giovanile regionale. Chiuderanno in casa i giovanissimi regionali della Red Boys, impegnati al Pergolo contro l’Olimpia Francavilla. Gli allievi invece andranno a far visita al fanalino di coda Carosino. In trasferta anche i giovanissimi regionali del Cristo Re, ad Alberobello contro il Valley. Le tre compagini impegnate nei tornei regionali hanno già in tasca la permanenza per il prossimo anno in questa categoria giovanile. M.M. E tra 6 marzo 2015 / n.10 Sport futsal femminile Di ritorno nell’Olimpo L’Italcave Real Statte porta a casa la Coppa Italia dopo la Final Eight di Pescara, disputatasi lo scorso week-end. Battuti Ita Salandra, Kick Off Milano e Montesilvano. Anche un’eccellenza tutta martinese nello staff rossoblù. di Gisberto Muraglia L azio o Montesilvano? No, Italcave Real Statte. Un po’ a sorpresa, ma non troppo, è la formazione tarantina a portare a casa la Coppa Italia dopo la tre giorni abruzzese. Ha vinto il pragmatismo di Tony Marzella, dote che ha consentito alla plurititolata formazione rossoblù di scrivere finalmente il suo nome nell’albo d’oro dei trofei nell’era dei campionati nazionali. Eppure l’avventura in Coppa dell’Italcave non era iniziata brillantemente, perché contro l’ottimo Salandra è arrivata una vittoria un po’ a fatica, seppur mai in discussione. Poi la travolgente risposta al malcapitato Kick Off (9-3) e il cinico 3-0 rifilato dal trio delle meraviglie lì davanti: Sanchez – Azevedo – Dalla Villa in finale contro un Montesilvano dapprima meravigliosamente brillante contro la Lazio e poi ben imbrigliato dallo stesso Statte. In mezzo l’affermazione in semifinale contro un ottimo L’Acquedotto (3-2). Ma la granitica prova difensiva, il cinismo dell’Italcave e un po’ di sfortuna hanno fatto sì che il Montesilvano si fermasse alla medaglia d’argento. E tanti cari saluti dalla Puglia a tinte rossoblù. L’ECCELLENZA TUTTA MARTINESE Ma al di là dei gol del trio delle meraviglie, Sanchez – Azevedo – Dalla Villa, che ha mattato il Montesilvano, lo Statte annovera nel proprio staff anche una figura di spicco tutta martinese, la chiave della perfetta forma fisica delle tarantine in quel di Pescara: il preparatore atletico Antonio Giunto. Una condizione fisica, quella della società rossoblù, rivelatasi l’arma letale da opporre a uno stremato Kick Off Milano in semifinale e al Montesilvano poco brillante nell’atto finale. Aspetto di importanza prioritaria, quella della condizione atletica, se si considera che in una Final Eight si disputano (per chi arriva fino in fondo) tre partite in tre giorni. “Devo ringraziare il gruppo delle ragazze, delle professioniste che mai hanno dato problemi, allenandosi sempre con il massimo impegno – spiega in breve Giunto – e alla fine i risultati si sono visti”. Identico punto di vista sul feeling con il tecnico Tony Marzella: “Sì, con il mister siamo entrati subito in sintonia, lavorando con sinergia e unione d’intenti. Anche questo è stato un aspetto fondamentale. Siamo felici di poterci godere questa Coppa Italia”. Antonio Giunto è docente universitario presso la Facoltà di medicina e chirurgia - corso di laurea in scienze motorie - di Bari, materia di insegnamento “teoria e metodi di valutazione motoria ed 27 attitudinale”. Inoltre da quest’anno, il professore Giunto è docente al master universitario di I livello “posturologia e biomeccanica”, stessa facoltà. LA RIVINCITA DEL GIRONE C. Ma la Final Eight 2015 è stata anche la grande rivalsa del tanto maltrattato girone C. E non tanto per l’Italcave Real Statte, che nel suo organico ha in essere campionesse internazionali, ma anche grazie al “piccolo” Salinis del tecnico Vito D’Ambrosio. Nei quarti, infatti, le pugliesi hanno stoicamente tenuto testa a una formazione che, secondo pronostici, aveva tutto per dilagare. Ma i fatti narrano di una Salinis in partita fino all’ultimo secondo, sconfitto per 2-1. E alla luce di questo, l’impressione è che ora il girone C si sia ritagliato una diversa e più confacente considerazione negli ambienti degli addetti ai lavori. Ci si aspettava di più dall’Isolotto Firenze, che però nei quarti contro L’Acquedotto ha mostrato qualche pecca dovuta forse all’inesperienza di alcuni elementi. In questo caso, considerando la bontà tecnica degli elementi a disposizione di Colella, l’impressione è che le gigliate abbiano pagato in termini di approccio mentale, a favore della spietata formazione romana trascinata da Rebeca Hermida Montoro, giocatrice di notevolissima caratura e tra le migliori giocatrici del torneo. Male anche la Lazio detentrice della Coppa, tornata subito a casa per mano di Amparo e socie. Senza idee e con una squadra spesso nervosa. Per Luciléia e socie c’è tanto da lavorare (per modo di dire) per cercare di ritornare a essere la macchina da gol dello scorso anno. 28 6 marzo 2015 / n.10 Sport TRASFERTA A POMIGLIANO IL TARANTO CERCA PUNTI Dopo il deludente stop interno col Monopoli la squadra di Battistini chiede strada ai campani per recuperare terreno nei confronti di Andria e Potenza. Juniores ospita di Gabriele Russano D opo l’1-1 incassato nei minuti finali nel derby col Monopoli, l’amaro in bocca è tanto in casa Taranto. La squadra di Battistini ha perso terreno dalla capolista Fidelis Andria e dalla vicecapolista Potenza, distanti rispettivamente 11 e 5 punti. Gli ionici sono anche stati avvicinati dal Brindisi, portatosi ora a una sola lunghezza di distacco da Prosperi e compagni. La settimana è servita al tecnico rossoblù per lavorare tanto sul piano fisico quanto su quello psicologico, per evitare contraccolpi e concentrarsi sulla rincorsa al secondo posto. La prestazione con la squadra guidata dall’ex Passiatore, in effetti, non è stata delle migliori poiché il Taranto dopo un buon avvio è andato in confusione, rinunciando praticamente a giocare nella seconda parte di gara. Tanto che il Monopoli ne ha approfittato affondando il colpo e strappando un punto a pochi minuti dal termine. Domenica sul cammino della squadra del presidente Campitiello c’è il Pomigliano. Trasferta difficile in terra campana, visto che la formazione allenata da Biagio Seno è in piena corsa salvezza e punta a tirarsi fuori dalla zona play-out. BORSINO A Pomigliano d’Arco Battistini dovrebbe ITRIA SCACCHI UNIVERSITA’, AMORE E…SCACCHI! (Seconda parte) Sul tema di “Piccoli e grandi scacchisti crescono” incontriamo il ventenne Maurizio Carrieri dell’ASD Scacchi Martina. Prima Nazionale, ragazzo poliedrico, si divide in modo eccellente tra università, fidanzata e “Nobil Gioco”. di Marika Chirulli (Continuazione intervista del 27 Febbraio) C redi che lo stile di gioco di uno scacchista rispecchi la sua personalità? Secondo me non sempre, così come accade nel mio caso. Sono, di fatto, una persona calma e tranquilla, ma quando combatto su una scacchiera, sono sicuramente aggressivo. Quale tra le tue competizioni, più di tutte, ti ha reso orgoglioso di te stesso e perché? Le mie più grandi soddisfazioni scac- chistiche sono riferite a due eventi in particolare. Il primo coincide con la conquista della Terza Nazionale, nel mio esordio in un torneo a tempo lungo. Ottenni il podio senza sconfitte e conquistando 60 punti Elo. Il secondo con la promozione in serie B, che ho conquistato l’anno scorso con la squadra dell’ASD Scacchi Martina. A che punto della tua carriera scacchistica sei giunto? Attualmente sono Prima Nazionale, ho un Elo Fide di 1884. Hai studiato molto per diventare Prima Nazionale? Per avere successo in qualsiasi cosa bisogna sempre lavorare duramente, con costanza e con impegno. Come hai conciliato una passione così impegnativa, come quella per gli scacchi, con lo studio? Quando si ha davvero voglia di coltivare un interesse, nulla ti può fermare; dedico un’ora e mezzo circa al giorno allo studio degli scacc h i . L’ u n i co limite è avere tutto l’organico a disposizione, eccezion fatta per l’attaccante Gaeta che in settimana ha lavorato ancora a parte e difficilmente recupererà in tempo per la gara di domenica. Al contrario, potrebbero rientrare Mignogna e Oretti, che sono tornati in gruppo nella giornata di mercoledì. SETTORE GIOVANILE Dopo il derby disputato sabato scorso in casa del Brindisi, la Juniores allenata da Michele Cazzarò (che nel frattempo in settimana è stato nominato anche allenatore in seconda della prima squadra al posto di Michele Califano) sarà di scena al “Comunale” di Statte per la sfida interna contro il Comprensorio Montalto Uffugo. che spesso i tornei coincidono con le sessioni di esami, quindi sono costretto, mio malgrado, a saltarli. Qual è la tua condizione emotiva prima di ogni competizione? Non sono mai particolarmente turbato, anzi non vedo l’ora di iniziare a giocare! L’aver imparato a controllare le tue emozioni disputando i vari tornei ai quali hai partecipato, ti è stato d’aiuto nell’affrontare gli impegni scolastici, ad esempio gli esami? Gli scacchi non aiutano solo a controllare le emozioni, ma anche ad essere metodici in qualsiasi impegno, soprattutto quello scolastico. L’approccio mentale nella soluzione dei problemi è più lucido e razionale, e si riesce ad ottenere risultati soddisfacenti. Cosa si prova ad aver raggiunto un traguardo così importante? Quali sono i tuoi progetti? Provo molta soddisfazione e motivazione ad andare avanti e, soprattutto, miro al raggiungimento di altri importantissimi obiettivi. In più di dieci anni di attività non mi sono mai sentito arrivato! Lo hai dedicato a qualcuno in particolare? Ogni mio successo lo dedico alla mia ragazza, Deborah. Come vive Deborah, la tua ragazza, questa passione? La condivide? All’inizio c’è stata qualche difficoltà perché, essere la ragazza di uno scacchista, non è molto facile. Di recente ha imparato a condividere questa passione e viviamo insieme successi e insuccessi. Non nascondo che ciò mi rende molto felice. Qual è il tuo obiettivo futuro come scacchista? Gli scacchi sono uno sport infinito, non esiste un punto di arrivo c’è solo l’ambizione di andare sempre più in alto! Maurizio è un “piccolo grande campione”, una rarità in questo sport così complesso ed articolato. Ciò che si auspica è che, dalla conoscenza di questa personalità così decisa e dalla volontà ferrea, tutti i giovani traggano un esempio di vita. Nessun traguardo è irraggiungibile quando si procede con costanza ed abnegazione. A Maurizio i nostri auguri più affettosi! Problema numero 324 Muove il Bianco Matto in due mosse E tra E tra Registrazione Tribunale di Taranto n. 14/07 del 26 settembre 2007 Direttore Responsabile Rosa Colucci Art Director Carmela Marangella Assistente grafica Elena Colucci Contributor Titty Battista Cosima Borrelli Paolo Carrieri Maria Rosaria Chirulli Salvino Chetta Donatello Cito Vito Pietro Corrente Roberta Criscio Marta Coccoluto Francesca Garrisi Mauro Guitto Antonio Lucarelli Mauro Mari Serena Mellone Alessandro Montrone Oscar Nardelli Pierluigi Rota Gabriele Russano Fabiana Spada Fotografie Donato Ancona Webmaster Francesco Cervino (ATTIVA WEB) Special Guest Benvenuto Messia Diffusione Extra Magazine è un settimanale distribuito nelle province di Taranto, Bari e Brindisi Stampa Martano Editrice s.r.l. Via delle Magnolie Zona industriale, Bari Editore Soc. Coop. Extramœnia Edizioni Direttore Amministrativo Francesco Mastrovito Dove giocare a scacchi A Martina Franca A.D. Scacchi Martinese Redazione Piazza Vittorio Veneto 2 - 74015 Martina Franca Tel.: 080.4859850 Fax: 080.4833679 E-mail: [email protected] Web site: www.extramagazine.eu Sede: Via La San Felice n°36 presso il Villaggio di S.Agostino Telefono: 334-6951781 Gli articoli pubblicati, salvo accordo scritto, e-mail:[email protected] disegni, anche se non pubblicati, non si restitui- www.scacchimartina.com scono. Questo giornale rispetta l’ambiente, Circolo Scacchi Martina A.D. Itria Scacchi Sede: Viale della Stazione n°9 Presso SERMARTINA Telefono: 392-1605018 e 329-0839659 (ore pasti) e-mail: [email protected] s’intendono ceduti a titolo gratuito. Scritti e è stampato su carta riciclata. Chiuso in redazione il 5 marzo 2015 Itria Scacchi A Taranto A.D. Taranto Scacchi Sede: Via Lago di Montepulciano n°1 presso A.B.F.O. Telefono: 339-2695756 Sito:www.tarantoscacchi.it A.D. Taranto Scacchi Risultato dell’Es.324 1.e8=C+ Rf5 2. Tg5 # In copertina almo bibolotti E tra 6 marzo 2015 / n.10 29 30 6 marzo 2015 / n.10 E tra E tra 6 marzo 2015 / n.10 31 32 6 marzo 2015 / n.10 E tra
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