Due passi a Sud di San Michele nella Pietra Il sito medievale di Yekka, e altri piu' vasti, trovati grazie ad una mappa medievale, a satelliti e un po' di camminate tra gli eucalipti sopra Addis Ababa, capitale dell'Africa di Fra Mauro. Di due civilta' a confronto, Abissinia Cristiana e Adal Musulmano di Harar Introduzione. Di ricchezze, e di una grande guerra. Tra i monti verdi d'Abissinia, nemmeno tanto lontano dalle valli deserte che da qui portavano al mare, la sorgente della grande ricchezza di queste terre, l'Imperatore aveva la sua residenza principale, a Barara. Nel cuore del vulcanico, fertile Shoa. Cosi' annota Fra Mauro, Camaldolense, gia' commerciante, grande viaggiatore, poi cartografo a Venezia, poco dopo il 1450. Qui el Presto Janne fa Ressidentia Principal. Un omino vestito d'oro occupa la fortezza a Barara, presso un passo e l'Amba dei Re. Splendida era l'Abissinia del medioevo. Nel 1402 l'Imperatore Davide, Dawit I mando' una ventina di delegati almeno a Venezia, e verificata la presenza di artisti e architetti, fabbricanti di fortezze e manodopera qualificata anche a Roma, non solo, ma che le ambite reliquie Cristiane, strumento di convinzione e potere qui in Etiopia certo la' dovevano essere in quantita', dopo un anno, nel 1403, invio' una missione ancora piu' forte, di nuovo verso il porto di Aquileia, per proseguire per la Capitale Cristiana1. Nel 1480 un buon pittore Veneziano, Niccolo' Brancaleone, viveva a Barara e dipingeva per la Corte2. Non era certo il primo e non fu l'ultimo. Wedem Arad Imperatore nel 1306 aveva inviato trenta legati in Spagna. Questi, rientrando via l'Italia permisero a Giovanni da Carignano a Genova di iniziare, prima di Fra Mauro a dettagliare la mappa d'Etiopia. Verena Krebs a Costanza ha da poco consegnato un malloppo di seicentoventi pagine di tesi dottorale, che dimostra con dovizia di particolari, e i nomi tratti dalle bolle di Roma e dai registri Veneziani, Genovesi, Abissini e altri di molte decine di commercianti, cacciatori di reliquie, artisti ed altro, il fatto chiaro che era l'Etiopia la parte attiva nei contatti col l'Europa. I loro e i loro contatti regolarmente viaggiavano lungo mediteraneo, Nilo, mar Rosso e marciavano nelle valli tra Sudan ed Eritrea, tra Shoa Etiope ed Europa 3. I nomi dei soli Italiani, prima del 1520, sono almeno venti, Pietro Rombulo fu ambasciatore di Zer'a Yaqob, e Andrea Corsali ambasciatore dei Medici di Firenze a Barara. Non e' difficile capire che queste decine di spedizioni e scambi di materiale e di persone portarono alla crescita del mito del Prete Gianni, figura di difensore della fede Cristiana assediato da Islamici potenti, e presto, nel 1441 a Firenze, alla sua identificazione ufficiale con l'Imperatore Abissino. Il nome Janni o Janne, veniva da un legato di Goa in India, con ogni probabilita', e la lettera del XIV secolo in cui “Janni”, o Gianni avrebbe chiesto aiuto ai Cristiani era solo un falso dei guelfi Tedeschi, pronti a cercare ogni scusa fabbricata per mostrare la prevalenza della loro parte e del loro Papa su Imperatore e ghibellini, da loro in Germania4. Ma dal tardo XIV secolo le visite di Etiopi si intensificavano, non solo a Venezia e Roma, ma alle corti di Castilla e Leon, in Turchia e altrove in Europa, cosi' fini' che dopo averlo cercato in vano, si dichiaro' Etiope e Imperatore il Prete Gianni5, un vero motore di quel buio periodo dell'umana storia in cui bianchi indoeuropei imposero la loro legge, le loro ruberie e la distruzione di vaste culture in genere piu' antiche: l'espansione coloniale, soprattutto marina, che loro continuano a chiamare “era delle scoperte”. Cosi' fu che Zer'a Yaqob “seme di Giacobbe”, potente e spietato Imperatore, si vide affibbiato il ben strano titolo di “Preste Janni”, senza che l'Ichege, priore di Debre Libanos e sommo vescovo Etiope, e nemmeno il Vicario del Patriarca di Alessandria, a Sadai presso Barara, capo della chiesa Copta Abissina, si curassero apparentemente di tanta diffusa europea ignoranza. A Firenze nel 1441 un anziano Cardinal Branda Castiglioni, delegato del Papa all'organizzazione del Concilio, dovette dunque ricevere una delegazione di Abissini recuperati al Cairo proprio allo scopo: comunicare la “scoperta” del Prete Gianni e intavolare un'alleanza anti islamica. Di questa, poco importava agli Abissini, che come sempre, cercavano invece scambi di cultura e l'acquisto di tecnologie. Difficolta' e guerre con quei vicini musulmani con cui in genere invero ben commerciavano, la sorgente del loro potere e delle ricchezze che stavano nei commerci lungo l'oceano Indiano, gia' ne avevano. Davvero postmodernamente, da saggi diplomatici gli Abissini quella e altre volte non mostrarono alcun interesse per guerre provocate dall'esterno da potenze distanti, fossero Papi o Re a cercare trucchi per spendere e distruggere risorse per farsi ricchi, in guerre di religione 6. Noi, nel 2015 siamo ancora schiavi ovunque di quell'imperialismo di pochissimi. Che inventa volentieri, per perpetrarsi, false guerre di religione. Fu comunque che Zer'a Yaqob, chi lo precedette e fra i suoi successori, Dawit II, la facevano da padroni in quei commerci, troppo di sovente, e un ventiduenne Iman, Ahmed Ibn Ibrahim Al Ghazi, “il Conquistatore”, detto dai Cristiani il Mancino, sorse da Hubat presso Harar e per un ventennio, intorno ad una inattesa grande vittoria nello Shoa, a Shimbra Kure “stagno dei ceci”, mise a ferro e fuoco fortezze, citta' e chiese 7. L'imperatore Yagbea Sion da' battaglia al Sultano dell'Adal, rappresentazione settecentesca europea Ne venne una guerra mondiale in Africa, la Abissino-Adal, in cui dal 1524 al 1553 il Sultanato di Ahmed il Conquistatore in genere, dal 1529 in poi, dalla battaglia di Shimbra Kure, fu netto vincitore. Da una parte erano gli Hararis, Harla e Somali, con gli Ottomani Turchi, dall'altra le etnie di altopiano Cristiane con quattrocento militari Portoghesi, strapreparati, ai comandi del figlio di Vasco da Gama, Cristovao. Fini' solo male per la civilta' Etiope, quando il secondo Imperatore ingaggiatosi in guerra dopo Dawit II, Claudio o Gelawdos, vide il luogotenente del da Gama -morto torturato dopo una battaglia precedentegettarsi solo contro l'Iman e ucciderlo, pur nel mezzo dell'ennesima battaglia ormai quasi persa per i Cristiani, a Weyna Dega, “terra medio alta”, in una vendetta perfettamente riuscita del suo comandante. Morto il leader, nel giro della stessa giornata le sue truppe decisero di rientrare verso Harar 8. Abbandonando per sempre il nord Cristiano depredato e distrutto, per richiudersi nelle loro terre, indeboliti e costretti a murare Harar per non essere annientati dai migranti seminomadi Oromo, che intanto invadevano da parte delle terre Somale ora Etiopi Hararge e Shoa, per arrivare poi fino al Tigray al nord. La guerra non era finita del tutto, restavano le vedove di Dawit e dell'Iman, Seble Wongel e Bati del Wombara. Alleatasi a Claudio la prima, apparentemente vincitrice a Weyna Dega e risposatasi all'Amir Nur la seconda, riusci' Bati a far uccidere in una spedizione da Harar Gelawdos Imperatore, senza che nulla cambiasse il fatto: l'Abissinia era in macerie, fisiche ed economiche. Si dimenticarono persino i nomi di quelle citta' vaste e ricche, perdute le loro chiese bruciate per rubare ricchezze accumulate nei secoli fortunati, si dispersero nel nord, presso il Lago Tana anche i Birtukan, i meticci Portoghesi, i Genovesi, i Veneziani ed Aragonesi ed altri, che formavano la popolazione straniera di Barara9. Un ricco sensale Fiorentino, Andrea Corsali, per esempio, li' aveva grandi magazzini, e tutti preferivano restare in Barara, che pure per l'Imperatore era si' la principale, ma solo una delle residenze, per via del clima fresco. Di questo, e della distruzione, delle uccisioni di sconfitti e dei continui furti d'oro fa ripetuta litania il libro di Sid ad Din ibn Abdel Kadir ibn Mohamed bin Utman, uomo dal nome non breve, detto per far prima “arabi Feqih”, l'agiografo dell'Iman Ahmed il Conquistatore 10. L'Iman Ahmed conquistatore, in una rappresentazione Abissina Cristiana su tela. Collezione dell'IES, Addis. Dawit II o Lebna Dengel Imperatore nel 1532 “vulgo preteianes”, Cristofano dell'Altissimo, Uffizi, Firenze 1- San Michele nella Pietra, Washa Mikael “Ma quando l'hanno fatta? Ma perche' sono venuti i Ferenji e scavano, scavare, ti dice chi ha fatto la Chiesa, che c'entra, me lo dici?” “Senti, qui si dice da sempre che la ha fatta Zerayaccu, se lo sapevano i padri qualcuno lo avra' pur saputo o visto, a quei tempi”. Una conversazione raccolta per strada da qualcuno legato alla missione Belga che scavo' a San Michele nel 195011. Saggezza e tradizione. Gli scavi attribuirono il sito al XIV-XV secolo: il tempo dei Davidi, della grande Etiopia pre e rinascimentale dei costruttori di fortezze e citta', proprio quelle della mappa. Washa Mikael, la chiesa nella roccia, ha un fronte di 19.38 metri, e' alta circa sei, ha nove navate. Ma non fu mai completata. E' caduta in buona parte gia' in corso di scavo, molto probabilmente 12. Il mio amico Bruce da Nairobi, che anni prima di appassionarsi a qui e a San Michele, di cui e' lo storico e promotore, faceva ritratti ai ricchi a Nuova York, la ha capita prima e meglio di altri. Qui la sua ricostruzione: Bruce Strachan, 2009-10, ricostruzione assiale e della facciata di Washa Mikael Mentre non abbiamo affatto chiarito tutti i crimini compiuti da feccia dello stampo del Graziani, il macellaio di Addis Abeba, e dai fascisti in Etiopia, questa distruzione, proprio, non e' dei loro. Non furono i fascisti a “bombardare dal cielo” la chiesa di San Michele, come racconta ora il clero locale. Il Reverendo A.F. Matthew intorno al 1930 la vide caduta. Similmente la videro caduta Rochet d'Hericourt nel 1848, anche se parte del tetto delle navate centrali reggeva ancora, du Bourg de Bozas -da vero colono si invento' fosse opera dei Portoghesi- e il medico Italiano Lincoln de Castro. Moneret de Villard fece scavi in epoca fascista, nel 1938, liberando gli accessi e scoprendo la tomba con grande stele a sinistra della facciata 13. La facciata di San Michele nel 2009, prima dei crolli recenti. Foto Strachan Non fosse che qualcuno del settore della conservazione dei beni storici ha costruito intorno l'anno scorso una struttura affine ad una fabbrica che, avesse una volta un tetto, proteggerebbe la struttura scavata dagli accumuli di pioggia, sarebbe forse ora uguale ad allora. Quelli hanno impastato il cemento, tanto, sul monolite, e chissa' come, non so chi sia stato, ma la facciata per un terzo e' caduta proprio l'anno scorso. I responsabili, comunque, si sono affrettati a nascondere o tritare i pezzi caduti, sapran pur loro il perche'. Peccato, per la Chiesa medievale tanto speciale, e per loro. Sono Etiopi, cultura loro era. Di quella che fa orgoglio, e produce soldi. Ci sono quasi seicentomila, non poveri, che passano da Addis e vengono classificati come turisti. Anche se quelli che fanno i tours, e al 90% quasi passano per Lalibela son solo circa centoventimila14. Di quelli, i seicentomila e in rapida crescita, basterebbero il dieci per cento a fare cinque dozzine di migliaia di visitatori l'anno a San Michele, che dentro Addis Abeba sta, ed e' ora facile da trovare e raggiungere. E introiti per alcuni milioni di birr per Chiesa e Stato. Peccato disfarla cosi', quella Chiesa senza tabernacoli, ma unica. Quanto ai crimini del maresciallo Rodolfo Graziani, che, colpito di striscio da una granata lanciatagli contro da irredentisti Eritrei, uccise chiunque intorno, monaco o laico Etiope, sembrasse aver studiato, i Signori grandi Imperialisti, allora Inglesi, preferirono non fosse processato affatto. Se la cavo' con una condanna a diciannove anni15, solo degli Italiani e scontata solo per poco piu' di un anno, non si aprisse un pericoloso precedente: i criminali coloniali, una volta processati gettano luride ombre sui paesi che li avevano inviati ed usati, facendo della loro pazzia omicida strumento di controllo delle sudatamente conquistate e tanto utili colonie. Washa Mikael si chiama cosi forse perche' nei dipressi stava un secolo fa una chiesetta di San Michele, in legno e palta, ora perduta o rifatta nella nuova San Tekle Haymanot. O, comunque, il nome non predata la costruzione del nuovo Entoto da parte di Minilik, che le aveva prestato attenzione. Pankhurst cita funzioni religiose qui, condotte per la Regina Taitu16. In zona Sauter, autore degli scavi belgi e Strachan segnalano la presenza delle rovine di una chiesa o di altri edifici antichi. A quattrocento metri a Sud della chiesa si trova un muro di megaliti, appena sopra la vasta roccia fuoriuscente, visibile da grandi distanze e chiamata “monte pelato”, Melata tarara. Talian meda a sinistra, la fortezza sta sotto gli alti eucalipti, Melata tarara a destra, Washa Mikael sta dietro. Vista da Angurcha. 2- I nomi perduti, la mappa salvata “Valerio, ma io, non me la sento, la Titti da sola per questo caos dedalico di calle, di canali, in mezzo a centinaia di migliaia di turisti, no!”. “Marco, ha sedici anni, ho preparato per lei mappa e percorsi, godiamoci la mostra, ora.”. Valerio, il mio amico colto, mi aveva visitato due volte qui ad Addis, e, meticoloso come sempre, aveva gia' tutto organizzato. La mostra era a Ca' Foscari, a Venezia, era il 2008. Si chiamava “Nigra sum sed formosa”, era sull'arte Etiope e sui rapporti con Venezia, toccava dunque quel periodo, quello dei legati Imperiali, della tentata alleanza militare, solo da parte europea e dei tanti viaggi Abissini 17. La curava Gianfranco Fiaccadori, un professore di Milano con cui poi a lungo tenni corrispondenza. Valerio fini' col tirarmi via a forza dalla Mappa. Io trovavo che, grazie alla resistenza dei religiosi e aI poco tempo speso dai fascisti in Etiopia, al turismo molto limitato fino a pochissimi anni fa, c'era arte migliore e piu' varia qui ad Addis, in particolare al museo dell'Institute of Ethiopian Studies. Diversamente dalle classiche colonie d'Africa, gli Abissini avevano saputo tenersi il loro patrimonio culturale. Fiaccadori era incorso nelle ire per scritto espresse di una caterva intera di colleghi: ma che ci azzeccava la mappa di Frate Mauro, Camaldolense a Burano, con l'arte etiope e l'Abissinia? Ma che rischio, trasportarla Poster della mostra, Venezia, 2009 Il curatore, il geniale erudito Fiaccadori per larghi corridoi, senza nemmeno vedere calli e canali, per lo sfizio di un Bizantinista che credeva di sapere d'Etiopia, no? Bravo professor Gianfranco, hai tenuto duro, l'hai piazzata li', in alto, nemmeno ben vicina, davanti al pubblico, ma aperta e senza protezioni. Certo, nulla e' successo. Forse salvo che io ci ho lasciato gli occhi, fissati ai nomi lassu' sulla mappa, finche' Valerio, scocciato, mi ha portato via dal braccio sinistro. Mi hai cambiato la vita, professore. Tu sei morto mentre scrivevo dei nomi persi che avevo per la prima volta letti sulla mappa, il mese scorso. Io posso solo ringraziarti. Tardi. Mi hai cambiato del tutto un pezzo di vita. Avevano ragione loro, non c'entrava la mappa con l'arte etiope, ma tu, due volte: li' era una chiave dei contatti con l'Abissinia, solo nella mappa la possibilita' di recuperare nomi e siti e con loro un passato d'Africa vitale e grande. I nomi perduti sulla mappa erano quelli di Barara capitale, Ambanegest sito delle incoronazioni, Sadai del Patriarca, Badabedi e I palazzi reali di Badeqqe, quelli dei fiumi e le traccie delle catene dello Shoa centrale. Masin Il passo e pure Vuicie, Tich e Amagie, che ancora non abbiamo trovato. Ora, pero', grazie alla mappa, sappiamo dove trovarle 18. Un confronto fatto dalla NASA tra la strafamosa foto dall'Apollo 17, “la biglia blu” e la mappa mundi di Fra Mauro 2.1 I luoghi coincidono, i nomi si svelano. Arrivano i cacciatori da satellite Uso la mappa disegnata da Francis Anfray per pubblicizzare la Zuqwala turistica in un libretto dell'ETTC, l'allora ministero del Turismo di Hapte Selassie. Due veri personaggi, un lavoro di alta qualita'. Perdute sono le rovine del monastero della Zuqwala, sotto le fondamenta in cemento della Chiesa dell'epoca di Haile Selassie, secondo Strachan19. Ma non le rovine delle citta' indicate sulla mappa. Iniziamo confrontando queste due immagini, una da satellite e la mappa, ridisegnata da Anfray per l'ETTC: Sono riconoscibili subito il passo del Gojjam, la Zuqwala e i fiumi Awash e Akaki, il Doco da Fra Mauro. Cosi' come la catena del monte Entoto a Nord di Addis e la catena che indirizza il fiume Awash da ovest. Dagli anni cinquanta del secolo scorso con Osbert Crawford, l'inventore della ricognizione archeologica dagli aerei, ex pilota della RAF nella prima guerra mondiale e grande appassionato di mappe antiche, la ricerca di Barara imperverso' sotto il monte Yerer, fino al Wechacha, ben a sud di Addis. Per colpa di una erronea interpretazione di un nome, quello del fiume Doco della mappa. Credo che, mentre la mappa rende chiaro che il Doco deve essere l'Akaki, che si avvicina al passo del Gojjam dentro la Addis Abeba attuale, per nascere dalle pendici est del monte Entoto, lo stesso sia stato per un tratto iniziale confuso col minore Dukem di oggi dagli stessi monaci, o abbia avuto il corso semplificato sulla mappa di Fra Mauro. Una volta che si elimini la confusione tra il Dukem e l'Akaki, quale che sia l'origine dell'errore, si deve cercare il trittico toponomastico centrale del potere del “Preste Janni”, Barara, Ambanegest e Sadai piu' a nord del monte Yerer, dove, in qualunque modo le si misuri, stanno le rovine vaste ed importanti da poco ritrovate. Va considerato poi, come seconda causa della mancata valutazione delle masse di rovine a Nord e ad Ovest di Addis, il fatto che Minilik, dopo aver dichiarato di aver trovato la citta' dell'Imperatore Davide 20, di cui ben conosciamo il nome, Barara, pianto' molti eucalipti tutto intorno Entoto 21. Dovette, perche' aveva pelato del tutto i monti e divelto ogni ceppo intorno. Si stava trasferendo a Addis Alem dove alberi erano ancora, ma la tosta Taitu non voleva allontanare la reggia dalle acque termali di Filwuha al Nuovo Fiore, Addis Abeba, da poco fondata. A malincuore provo' la ricetta di Cheney e Chenisseau, due suoi consiglieri Francesi. Funziono': il legno arrivato dal mare, l'eucalipto, cresceva in sei anni abbastanza da dare legname per usi vari. Salvando Addis Abeba dalla demolizione, unito all'artrite di Taitu e alle proteste dei numerosi diplomatici arrivati dopo Adua a negoziare il nuovo inusitato: dover trattare da pari con un Re Africano! Come dice il suo nome in greco, eu-calipto nascose bene -all'aereo di Crawford- tutte quelle masse di rovine che Minilik ben conosceva, ma che nessun archeologo aveva mai verificato. La parte focale della Cittadella di Entoto, il “Pentagono”, cinquecentoventi metri di mura con dodici torri e una zona trincerata. OGS Crawford mette in salvo mappe dai razzi Nazisti, ca. 1942 . Una foto dal suo classico “Wessex from the Air”, prime foto aree per I'archeologia Il Doco e' l'Akaki di oggi. Lo si vede una volta intuito che il passo del Gojjam, unica apertura su oltre cinquanta chilometri di catena, che fa da spartiacque tra Nilo ed Awash, fra Mediterraneo e Oceano Indiano, sta ben chiaro sulla mappa, attraversato dalla Via Imperiale, la sola possibile per il Nord del lago Tana ed Axum. La catena e' quella che oggi chiamiamo monte Entoto. E allora il mons Anachabei, degli “anachabei”, una gente mai esistita in zona, probabilmente e' la risposta giusta alla domanda sbagliata degli interpreti di Fra Mauro, visto che significa “ha una punta”, non e' un nome, credo. Il monte e' lo Yerer, dalle varie cime, una decisamente a punta. Le distanze dalla Zuqwala e dal passo lo confermano, perfettamente in accordo a quella sul planisfero di Venezia 22. Lo studio della mappa implica come condizione accettata che i monaci dello Zuqwala e o di Barara che informarono Mauro conoscevano le distanze e le sapevano rapportare in giornate o ore di cammino. E, facile supporre, ben valutavano le distanze nel loro territorio perche', provenendo da cime elevate, lo potevano vedere ogni giorno, dall'alto. Gli storici danno infatti dei nomi e delle provenienze ai visitatori del Concilio di Firenze nel 1441, tra di loro sono Monaci della Zuqwala, e probabilmente di Barara. Una prima lista di punti coincidenti, tra mappa e realta' geografica ricostruita dal satellite e da visite in situ. Ed una piu' completa, dal satellite. Notate che qui pero' il Nord e' in alto. Da questo consegue che ben diciotto punti, luoghi, fiumi, catene montuose, sorgenti, citta' e forti perduti coincidono ragionevolmente bene, nella realta' e sulla mappa 23. E i siti archeologici ritrovati, compresa Barara, prendono un nome. Caso unico al mondo, nomi perduti. 3- Barara ritrovata?! Affermare di aver ritrovato Barara, citta' semimitica ma molto reale, capitale e sede Imperiale farebbe immediatamente sollevare un'intera schiera di soppracciglia molto qualificate: quelle dell'intera comunita' degli Etiopisti accademici. In effetti, le mie ricerche hanno sollevato della polvere antica. Chi selezionava i documenti da presentare alla diciannovesima Conferenza di Studi Etiopici a Varsavia, questa primavera tarda ventura, ha rifiutato il mio abstract. Immagino sconvolto o lasciato del tutto incredulo dal suo breve e preciso contenuto: la mappa e il telerilevamento ci hanno permesso di identificare solo in Addis ed intorno quaranta siti medievali, di cui il principale -di lunga- apparrebbe coincidere con la Capitale, Barara. Abbastanza da farsi, credo, deridere dall'establishment. Una mappa di quelle piene di draghi e leoni e satelliti per trovare la capitale del “Prete Gianni”? Da sbellicarcisi per un bel po'! Ma non da chi, ora almeno una decina di veri professionisti, ha visto anche uno solo dei siti appena scoperti. Un tratto delle mura Est del Pentagono. Le meglio difese, con varie strutture interne e torri protundenti. Il sito non e' stato valutato, e' particolarmente vasto. Occupa quaranta ettari almeno sulla sola cresta del monte Entoto, presso Beta Eliyas, chiesa del 1885, di fianco ad una chiesa scavata nella roccia, che le guide attribuiscno all'Imperatore Dawit, quale dei vari, e' cosa poco chiara, ma certo e' medievale, e per la facciata, di stile del tutto affine a Washa Mikael. Due cimiteri stanno uno presso il passo del Gojjam, a oltre due chilometri dal Pentagono, e uno sotto le strutture Reali principali, sulle pendici Sud. Una grande forgia e' stata di recente ritrovata nelle parti nord di Kolfe Keranio 24. Non poteva essere sulla cima di Entoto, per la necessita' di acqua in abbondanza. Cio' a prova che mentre i Signori occupavano la cresta, la gente comune abitava sotto, nelle parti piu' a Nord e Nordovest della presente Addis Abeba. In zone ancora poco intensamente costruite, dove credo si situeranno una maggioranza dei ritrovamenti a venire. Quanto unico e' il nominare le rovine da una mappa antica e non da memoria o scritti, raro e' il trovare rovine cosi' importanti intonse. Comune, purtroppo, il saperle minacciate e vederle rapidamente distrutte da “sviluppi” e da inconsci contadini alla ricerca di pietre da costruzione. Spesso, per le fortezze montane, dai funzionari del ministero dell'Agricoltura alla ricerca di sassi per evitare l'erosione intorno agli alberi ripiantumati. La chiesa di fronte a Beta Eliyas, facciata ed interni. Tre sono le stanze, con sotto a sinistra un vasto battesimale ipogeo. La torre Nordest, Pentagono. Fiorita, nel mese di Meskerem, la primavera di qua. Un tratto a Nordest dei 520 metri di mura del Pentagono, dodici torri protundenti, meraviglia Abissina pre 1529. Una delle tre torri a Sud Un tratto di muro elitario della “Struttura Reale”, con diverse stanze e triple mura protettive, molte pietre ornate. Due di numerose pietre ornate o lavorate presso la “Struttura Reale”. L'ipogeo “di Barara”, fatto di tre stanze limitate poste come un reliquario, a vista da una cappella esterna di 12x6 m. Lo stesso, dall'interno, in una foto artisticamente ritoccata di Bruce Strachan, mostra il sepolcro a reliquario. 4- Di altri siti nel verde Alcuni dei siti principali dentro ed intorno ad Addis Abeba. Tutti pre-1530 AD. 4.1 Il forte sul Wechacha Quella mattina, i colleghi della scuola di Varese dove ho insegnato molti anni, mi presero con fastidio. A parte l'amico Enrico, gran tifoso del Genoa, che mi stimava non fosse perche' da ragazzo avevo tenuto a quella squadra. Avevo fatto moderato rumore, trovati quei chilometri di muri appena sopra, ad Est di Addis Abeba. Ecco perche' stavo delle ore su quelle antiche macchine con un lento cuore pensante, e antiquati schermi dalla resa dei colori molto ingiallita, avranno pensato, ma nessuno davvero era interessato alla scoperta. Enrico a parte. Gia', usando googleearth, i siti soprattutto medievali d'Etiopia li scopre, con pazienza, anche da molto lontano, chiunque abbia voglia di dedicarcisi, e sa piu' o meno dove e come cercare. Non importa in che Paese sia. Era l'Aprile del 2009. Poco dopo Hartwig e Richard lo avrebbero pubblicato, con una quindicina di siti, di cui solo uno dichiaratamente piu' recente della battaglia di Shimbra Kure 25. Lo visitai quell'estate, due o tre volte, salendo nel verde e scivolando sull'argilla, anche con Tecle Hagos, l'amico archeologo di esperienza e il geologo Asfawossen Asrat, autore di un libro sui geoparchi in Etiopia. Di piuttosto fuori dall'ordinario, notammo che la carta geologica ufficiale riportava le mura come “roccia affiorante”. Di certo, geologi di norma stranieri presero un pur buon binocolo e decretarono muri per roccie, ignorando la Storia locale, mai e poi mai immaginando di venir sbugiardati perche' signori Africani avevano proprio su una sperduta, ma dominante cima piatta a 3200m fatto un forte colossale. Il muro del forte sul Wechacha in un tratto doppio Una vista satellitare del complesso su una cima piatta del monte Wechacha, a 3200 m slm. 4.2 I granai reali, di una grande chiesa perduta e del sito di Wodela Vedemmo da sopra, in visita al forte sul Wechacha, come una spirale di arbusti e cardi, che celavano necessariamente dei muri. Il geologo della visita, Asfawossen, troppo presto decise si trattasse di “un villaggio Oromo”. Le viste da satellite rivelavano invece che per molto intorno, non vi era nulla di simile. I granai di Sahle Selassie da googleearth, un video rivela la loro recente distruzione Alla visita si scorgeva che era una collinetta fatta dall'uomo, con residui di muri bassi e spessi, ellittica, con strutture interne ed una larga colonna centrale aperta. Aveva un tetto di quasi cento metri di asse maggiore, con due sbalzi almeno, come fosse un Indiana barn, i bellissimi fienili o stalle dei Quackers. Ora, non piu'. Una nuova piccola chiesa e le sue baracche annesse hanno praticamente distrutto il sito 26. Sotto i granai, di cui ora non molto rimane, sta con ogni probabilita' una importante chiesa medievale. Sul posto sanno bene che Sahle Selassie intorno al 1830 fece costruire un enorme granaio qui. Da ventimila tonnellate almeno. Nell'Europa contemporanea ho potuto verificare che solo Kaiser Frederick il grande di Prussia aveva granai tanto grandi. Alla faccia della misera Etiopia delle fami. Invero Sahle Selassie, Re dello Shoa, aveva visto una fame terribile nel 1829, e costitui' un sistema di raccolta dai contadini per distribuzione gratuita in tempo di crisi. Ho valutato che sarebbero bastati quattro granai di queste dimensioni per nutrire completamente 3.5 milioni dei suoi sudditi, tutti, per oltre un mese fino ai nuovi raccolti. Sahle Selassie e il suo quasi contemporaneo Kaiser Frederick il grande, due Sovrani che tenevano alle loro scorte alimentari. Al nostro chiedere perche' avessero fatto la chiesa sopra quegli storici granai, un amministratore presbiteriale locale ha detto a me e all'archeologo Tecle Hagos, preoccupati della distruzione conseguente degli stessi, che li' c'era il tabot della chiesa medievale. Ecco il perche' della collinetta artificiale. Qui dunque sta un sito da scavare in priorita'. Francis Anfray aveva scavato il campo al lato della scarpata della collina di Wodela, ben in vista ad un chilometro e mezzo dalla chiesa antica distrutta -ancora da scoprire- e dal granaio fattoci sopra. Li' ti indicano che Sahle Selassie aveva il suo palazzo. Una costruzione rettangolare ampia e altre strutture circolari, che potrebbero corrispondere ai disegni contemporanei di J. Bernatz. Il campo usato deve essere stato riutilizzato da Minilik per le sue tende, qui su Wedela sa il primo Entoto, quello che viene chiamato come Andutna nel Futh al Habasha. E ha visibilmente mura e resti piu' antichi. Anfray ha dimostrato che le rovine sono medievali, e distinto il vecchio Entoto, su Wodela e il nuovo sopra le pendici Nord di Addis, presso il passo del Gojjam 27. J. Bernatz, Scenes in Aethiopia, Londra, 1852: Sahle Selassie da' Giudizio. Dietro, la sommita' del Wechacha con la fortezza. Il compound di Wodela, medievale, poi di Sahle e di Minilik da satellite e alcuni dei suoi tratti essenziali in inserto. 4.3 Ginbi Erano arrivati dall'Italia, dovevano iniziare quelli che sarebbero poi stati quaranta anni di scavi ad Axum, li guidava Lanfranco Ricci, il maestro di Rodolfo Fattovich, il professore degli scavi nel Tigray. Non avevano molto tempo, come spesso, anzi, di solito succede. Niente da fare, il Ministro Tecle Tzadik Mekuria aveva altro in mente. Molto prima di noialtri pazzi per lo Shoa medievale incompreso, il Ministro della Cultura Tecle Tzadik voleva che si capisse che era quell'edificio sullo Yerer, gia' scavato alla ricerca d'oro e argento da Taitu Bitul, la potente moglie di Minilik, quando le antichita' erano di moda qui. Il Ricci pubblico' una ventina di pagine dense, trovo' persino dei cubetti d'oro di 5.5mm di lato, un centinaio di euro d'oro l'uno ai prezzi di oggi, conterie di vetro e una palla giocattolo fatta con delle uova. Molto belli gli ornamenti, di recente in parte riusati per la chiesa attuale. Trovo' tracce di un incendio. Forse, quello che la distrusse, sara' stato l'Iman Ahmed ibn Ibrahim al Ghazi, il Conquistatore 28. Ginbi, fondazioni, verde e decorazioni. Foto di Bruce Strachan. 4.4 Sire Dal satellite e' un intricato spettacolo di muri. Confesso, questo sito importante, ancora solo lo ho visto dalla collina di fronte. Ci sono stati Bruce e Hartwig, e hanno fatto foto di attrezzi in pietra, Hartwig e Richard Pankhurst lo descrivono bene. Sire dal satellite, la Masin della mappa deve essere in zona, e questo e' il sito migliore ritrovato fin qui. Una stazione per tre molitori ed una pietra mole in basalto, suppongo con Bruce Strachan, autore della foto, Sire. Sito di Sire, una lastra di copertura riusata da qualcuno per giocare a “gebeta”. 4.5 Altre chiese di pietra nello Shoa Adadi Mariam, Abba Nebero, Kistina e molte altre. Una grande quantita' di santuari, chiese, monasteri ricavati nel tufo abbonda in particolare una cinquantina di chilometri a Sud di Addis nella regione intorno a Melka Kunture, sito invece paletnologico lungo l'Awash. Abba Nebero, decine di strutture nella roccia, dalla cappella alla chiesa all'abitazione. Il santuario mariano di Adadi L'ingresso ad Adadi Mariam Kistina e' una cappelletta di due stanze, la maggiore ha una grande croce sulla volta e la porta ha due semisfere, o orbi che secondo Bruce Strachan sostenevano delle lampade, secondo Claudio Pierobon -un archeologo appassionato tra i primissimi a scavare il sito di Castelseprio coevo a queste chiese- sosteneva invece il velo divisorio del Sancta Sactorum. Io posso sostenere solo che ha ragione o l'uno o l'altro, data l'incompatibilita' delle lampade a olio con i veli di tessuto 29! Ad Abba Nebero ancora vivono monaci e laici. Serena gente che ama gli altri -come succede in Etiopia e meno spesso nel resto del mondo oggi- al di la' di differenze di credo. Non sono, in effetti, trogloditi molto tecnologici, come quelli che vivendo in grotte in Pakistan, avrebbero ordito la distruzione di un lato del Pentagono, quello USA, e di due torri imponenti, sui quattrocento metri di altezza, pilotandovi grandi aerei contro e facendo in modo che almeno due aerei megagalattici sparissero misteriosamente, inclusi corpi e sedili e tutti i detriti che si trovano sempre in modo del tutto inevitabile dopo la caduta di un aereo. Bisogna mettere il puntino sulla i di Kistina, la grotta dei Talibani in Pakistan si chiama Kistana: incidentalmente nessuno delle persone intelligenti che frequento ha mai creduto a quella panzana ben orchestrata e criminale, riguardo alle distruzioni che gli uomini delle grotte avrebbero preparato e condotto a perfetto compimento tanto lontano, contro ogni legge della fisica e della logica, mentre le prove testimoniano scenari locali, tutt'altro che trogloditici e ben diversi, senza che alcuno nulla avesse potuto per “fermarli”. La cappella di Kistina 5-Tre gruppi di siti intorno e dentro Addis Abeba Una vista da Googleearth con un tentativo di distinguere i siti presso e dentro Addis in gruppi Quaranta siti trovati fin qui presso Addis Abeba, quasi tutti usando google earth e un po' di esperienza, sono divisibili in quattro gruppi per un totale di trentaquattro siti, e sei altri, in genere chiese, isolate dai gruppi 30. Un gruppo di sei siti, sottogruppo del complesso Imperiale sul monte Entoto ha suscitato il mio interesse ultimamente, il grande sito articolato del monte Yekka, presso, anzi a Sud di San Michele nella pietra. 6- Due passi a Sud di San Michele 6.1 Breve riassunto di una ricerca prolungata Gia' le critiche si facevano pesanti. Yves stava per scrivere dandomi, simpaticamente e in modo da permettermi di meglio capire io stesso la cosa, dello scopritore di “castelli in aria” 31. Di tanti etiopisti che mi corrispondevano non mi rimaneva neppure tanto. Mi sapevo colpevole di averla sparata davvero grossa. Io imperterrito continuavo a voler capire la massa indescrivibile -se non dopo anni di studio- di rovine trovate e che trovavo senza smettere. Sulla mappa Barara era al lato est dell'Amba dei Re. Che era come un cono vulcanico, una cima, dunque, per quanto il Pentagono e quei quaranta ettari di rovine elitiste stessero piuttosto su una cresta, non su un conetto, era necessario escludere fossero loro l'Ambanegest. Bisognava cercare, dunque ad Est di Entoto. Lo ho fatto per giorni, presso San Michele nella pietra, ma tutto quello che iniziai a trovare fu un villaggetto, un paio di ettari piu' o meno, una quindicina di case, alcune con solidi muri ad angolo, di nuovo fatti di pietre piuttosto grandi. Nulla da condividere con le costruzioni Oromo, dunque precedente alla battaglia di Shimbra Kure, e del grande rinascimento Etiopie, ne dedussi. Ma nulla di grandioso. Non potevano essere Barara, ma una parte del complesso di Yekka. Il villaggio dei “costruttori di San Michele” sta a novecento metri a sud della Chiesa nella pietra. Fu per me un momento critico, mi convinsi che la Barara della mappa, la capitale, era proprio dove fu disegnata per Fra Mauro dai suoi informatori Etiopi, presso il passo del Gojjam. Cioe' era la massa di rovine elitarie su Entoto, unita a quanto trovato verso le parti Nord di Addis Abeba. L'Amba dei Re non poteva essere che il gia' riconosciuto sito di incoronazione di Menaghesha Mariam, e Sadai o Saba della mappa, sito del Patriarca designato e proveniente da Alessandria, Wodela o i siti sulle pendici Est del monte Wechacha, di cui discuto nel capitolo precedente. Barara, Ambanegest e Sadai occupano lo spazio di tre paesi, tipo Uganda e altri due dei laghi sulla mappa. Il trittico dei siti del potere medievale Abissino, sotto l'ambanegest, crediamo, il cono del monte Menaghesha Mariam. 6.2 Di una fortezza rettangolare e del Campo degli Italiani, forte ampio e complesso, a parallelogramma. Altri giorni esplorando tra gli eucalipti e su googleearth, e spuntano prima due fortezze, non da poco. 6.2.1 Qwass Meda Una stava poco sopra un muro corto, basso di pietre grandi, che incontrai sulla salita verso il forte che chiamano degli Italiani. Il muro era di quelli che sanno di antico, non era importante, ma importante il posto dove stava. Doveva essere un punto vedetta, piu' che una prima difesa, dove qualcuno verificava chi si avvicinasse, perche' poco sopra stava la cimetta che ora si chiama “kwass meda”, il campo di calcio. Gia' salendo si incontrano pietre grandi, alcune molto grandi, ben foggiate. Le porte sono fatte di architravi pesanti o di pietre d'angolo. Le porte da calcio, ovviamente, chi gioca qui, non spesso, finisce col rimetterle nei mucchi di detriti costruttivi tutto intorno. Qwass meda da google earth, ben visibili i muri a cortina, le torri d'angolo e la porta principale. Qwass meda e' una fortezza di sessanta per cinquanta metri, perfettamente rettangolare con quattro torri d'angolo. La maggior parte, circa due terzi del cortile interno e' stato minuziosamente spianato. Era pavimentato? Ci sono nel muro a cortina, doppio dei quattro lati una quantita' di stanze le cui porte di accesso restano visibili. La fortezza appare essere stata distrutta, molte pietre cadute e asportate denunciano piu' del degrado del tempo. La porta principale ha a fianco una stanza di guardia, che io chiamavo armeria, nelle mie visite precedenti, mentre Wensuo Liu, uno dei tre cattedratici Cinesi in visita per un convegno internazionale che avevamo organizzato lo scorso Ottobre, con una risata, indico' subito come “la stanza delle guardie!” 32. Lo stesso, mentre io facevo vedere uno dei corti tronconi di torre ad altri accademici, scopri' quelli che paiono essere le fondamenta di una grande porta. Proprio li', smuovendo poca polvere, piu' che terra. La porta da' a est, verso il “Campo degli Italiani”, Talian meda. Un sentiero, battuto dai non pochi atleti anche di classe mondiale che si allenano ogni giorno sulle porpaggini del monte Entoto, li' conduce. I due forti, Qwass meda e Talian meda sono prossimi, su due testate di collina. Nel “campo di calcio”, invero, non si trovano scarpe coi tacchetti abbandonate, ma piuttosto a volte scarpe da corsa finite, gettate da chi, volendo, sa correre come Abebe Bikila l'eroe della maratona olimpica di Roma: scalzo. Tra litica, pietre lavorate e ceramiche antiche che certo meritano di essere studiate. Pali da calcio di... grandi dimensioni e altra litica sorprendente Un muro distingue circa due terzi del “campo di calcio” dal resto della fortezza Parete di una delle stanze interne, Qwass meda, “campo di calcio”. 6.2.2 Talian Meda Il “campo degli Italiani” e' una fortezza ben conservata. La forma e' a parallelogramma perfetto, ancora con quattro torri ben costruite, e lati di settanta per cinquanta metri approssimativamente. Il nome deriva dal fatto che dodici cannoni da ottanta e sessantacinque stavano presso i lati est e sud, a guardia della citta' durante una parte, probabilmente l'ultima, del quinquennio di occupazione fascista qui. Due sono stati salvati dalla fusione da parte di ignoti cacciatori di metalli grazie agli abitanti di una delle pochissime case di quassu', cosi', per conservare il patrimonio culturale, mi dice in un Amarico come colto un ragazzo del cortile dove si trovano i cannoni ora. Proiettili da ottanta millimetri. Questi possono davvero essere Italiani. Uno dei due pezzi da sessantacinque salvati, leggono 1917 e 1925 come anno di fusione, e date non in Italiano: questo, “Oct”. Molti proiettili da ottanta stanno sul lato est della fortezza. Andrebbero bonificati. Devono essere quelli abbandonati dai nostri nonni e bisnonni quando le truppe indopachistane agli ordini di Orde Wingate e di sua maesta' re Giorgio d'Inghilterra cacciarono le camice nere, senza sparare loro un colpo, ad Addis Abeba. Una pietra intagliata che legge “II gruppo carrellato” ricorda chi lascio' la postazione, gli storici del periodo conoscono, e possono verificare le postazioni in base a coordinate ed altezza s.l.m. Ma le date sui due cannoni da 65mm superstiti al recente furto di metalli leggono date, presumo, in Inglese. Quello che so di certo e' che non furono gli Italiani a divertirsi a costruire una fortezza medievale gia' abbandonata, non aveva non solo un senso economico qui in montagna, ma neppure pratico. Non sono tre metri di torre di grosse pietre sciolte che proteggono dei cannoni da altri cannoni simili, ma il volume di fuoco, e il sostegno della contraerea, da almeno cento anni. Queste tutte, come visto sono fortezze precedenti all'epoca delle armi pesanti, precedenti al disegno stellare che almeno poteva loro resistere. Precedenti dunque al 1530, data dei primi forti stellari, e alla coeva battaglia di Shimbra Kure. La torre angolare Nordovest, Talian meda. Masse considerevoli di detriti costruttivi antichi, altro che fortezza dei fascisti. La fortezza “degli Italiani”, davvero aliena al costrutto Fascista, dunque e' un parallelogramma, con diverse strutture interne da valutare, ed un casermone, esterno, decisamente recente: ha il pavimento di cemento armato... La fortezza appare avere un sistema idrico ipogeo, e altre strutture seminterrate da studiare. Mancavano poche delle classiche figure geometriche che ogni giovane studia alle scuole primarie. I cerchi ci sono eccome, si chiamano torri di guardia, diverse stanno sulle colline piu' basse ad Est di Talian meda. I triangoli, le punte delle fortezze stellari, non erano stati “inventati”, e come fortezze singole, offrono il serio problema di racchiudere poco spazio con lunghi muri attaccabili. Abbiamo il Pentagono ad Entoto, il preciso rettangolo di Qwass meda e il parallelogramma regolare di Talian meda. Forse, cercando molto bene, doveva trovarsi una fortezza a trapezio? Ci mancava. Solo quella. Si trovasse, avremmo modo di illustrare un libro di geometria ai nostri figli camminando sulle colline di Addis. 6.3 Angurcha, l'ultimo baluardo ad Est del complesso Imperiale. Era del tutto probabile che ci fossero fortificazioni sulla collinetta degli straricchi, quella che chiamano “Meganagna hill”, la parte piu' ad Est di Yekka. Perche' da' sul lato da cui attaccavano i nemici di diverso credo, ed e' appunto l'ultima collina in quella direzione. Dal satellite avevo visto solo una struttura circolare, ma la visita dovevo pur farla. Salito dal tratto ripido a Nordovest, devo negoziare un muro, molto ben fatto di casa di contadini. Di grandi pietre, troppo grandi, ma non me ne accorgo subito. Pero' un tratto appare tondo, cosa non normale, decido di scalarlo ed entrare: ecco, e' una torre, giro intorno, ce ne sono tre, una quarta sta in casa di qualcuno che, proprio, non conosco. La gente qui mi dice che i loro nonni, insediatisi ai tempi dell'Imperatore, la trovarono li', la chiamano Angurcha, come la zona. Ovvero, foresta 32. Sanno che e' una fortezza, la chiamano anche Kebi: forte. Come forse potevo aspettare, ma francamente non immaginavo, tornato a casa mi rendo conto da viste satellitari che Angurcha e' un trapezio. Con basi di poco superiori a quaranta metri. La torre NW pure sta a delimitare dove il muro, assai piu' basso e peggio costruito, racchiude la casa di chi ora la occupa. Ha dei muri a cortina, un tratto con stanze esterne al trapezio, e strutture interne da valutare. Una leggenda locale associa Angurcha ad una donna, che preparava cibo per i militare del forte. Questi partirono un giorno alla guerra, e mai piu' ritornarono. La donna si ritrovo' signora del trapezio, e della cima verde. Un mito che richiama la Storia, di guerra, sconfitta e conseguente abbandono. Angurcha, un tratto del muro Ovest. Torre e lato Sudovest Oltre ai cerchi trovati prima da satellite, i ragazzi mi indicano una struttura ipogea dimenticata, che loro stessi ritrovano dopo un paio di tentativi. Tiene Solomon, uno dei due che mi ci accompagnano, a farmi sapere che “menghist ayawkin”, il Governo non la conosce. Per loro ragazzi, un pezzo del territorio di casa, per me, un ultimo rifugio in caso di attacco: due ingressi, come per avere una seconda via d'uscita, interrati e stretti, in modo da essere entrambi facilmente celabili, uno dei due da poco, mi si dice occluso da una microfrana. Ci sono anche tre o quattro buchi nascondiglio, per cose preziose immagino, nella volta scavata nel tufo. “Castelli” molto recenti, le ville piu' ricche del Paese, in stile Hollywoodiano, stanno direttamente sotto Angurcha. Due ragazzi mi conducono alla struttura ipogea. 6.4 Whirlwind village, il paese a girandola Una figura geometrica curiosa non sfugge, tra Talian meda e Angurcha, nel fondovalle dal lato Ovest, a chi sa scegliere le immagini prese dai sensori di quickbird nei primi mesi dopo il taglio degli eucalipti. Il “villaggio girandola” E' come una girandola a raggi, di diametro di quasi duecentoventi metri. Nel suo interno, e nei dintorni, si distinguono, con occhio esperto, una decina di case quadrate. E un paio di basi di torri, o di case tonde piu' elevate. In agglomerati simili abitava il grosso dei cittadini di Yekka, fosse o non fosse la Badeqqe storica. La forma raggiata vista dallo spazio puo' essere o non essere correlata al sito, mentre i muri perimetrali esterni appaiono antichi. Quelli interni potrebbero essere benissimo confini di proprieta'. Un cippo presso un tratto di antico muro cita Effort, la parastatale dello sviluppo del Tigray, e la data del 2012. Forse questa zona e' destinata ad un progetto di cui non conosco. Certo, vale la pena di capire il “paese girandola” prima che venga distrutto. Perche' le zone di valle a lungo abitate, per loro natura piu' intensamente delle fortezze montane, danno piu' reperti e permettono molto meglio la ricostruzione delle vite di chi abitava qui. Tratto di muro megalitico, villaggio whirlwind, nella valle tra Talian meda e Angurcha. Completano l'articolato sito di Yekka, per quanto abbiamo potuto ritrovare, due chiese moderne, poco sotto i piedi della collina, a Sud Est, quelle di Sahlite Meheret e di Yerer Medhanie Alem, chiesa mariana la prima dedicata al Cristo salvatore la seconda. Nel costruirla, riportano Breternitz a Pankhurst, si ritrovarono … Devo verificare una notizia sentita alla radio alcuni anni fa, che pure nel recinto della prima, la chiesa mariana, ci sono antiche rovine. Di nuovo, facile presumere siano medievali. Le due Chiese si trovano la prima ad un chilometro dalla base della “Maganagna hill”, la seconda a cinque. Ci sono dunque due rovine antiche presso chiese moderne, San Michele e le poche strutture trovate in zona, tre fortezze di forma geometrica e due villaggi. Credo il tutto possa rivelarsi collegato dopo le necessarie ricostruzioni storiche e geografiche, figlie degli scavi archeologici e di studi piu' approfonditi. Due passi a Sud di San Michele ci fanno conoscere un pezzo importante della grande Abissinia del medioevo, perduta dopo la grande guerra con l'Adal. Vicino a quella che crediamo fosse Barara, da quanto sta sulla Mappa, e da quanto ci riportarono i viaggiatori, dati da soli insufficienti a tentare un'identificazione, ma sommati alla massa di rovine trovate ad ovest di Yekka su Entoto e sotto, a Sudovest, sufficienti a far partire una nuova ricerca del “prete Gianni”: la ricostruzione storica dello Shoa centrale degli Imperatori del medioevo. Una di quattro iscrizioni di Fra Mauro che menzionano l'Imperatore di Abissinia, ai suoi tempi, Zer'a Yaqob: “Se dice che Presto Jane ha più de 120 regni soto el suo dominio, di qual più de 60 sono de differente lengue. E de tuto questo numero, zoè 120, se dice che 72 sono potenti signori, el resto non è da far conto”32 Il complesso sito di Yekka suddiviso nei sei elementi principali ritrovati finora: tre fortezze, due villaggi, San Michele. 6.6 Yekka sulla mappa di Fra Mauro Fra Mauro di suo pugno scrive dentro le terre d'“Etyiopia” un “disclaimer” contro i molti che pensava potessero criticare la sua Africa, improvvisamente riempita, rispetto alle mappe precedenti: “Perche' ad alcuni par ben strano che io parli di questa parte meridionale incognita quasi del tutto agli antichi, percio' rispondo che da sotto in su' ho avuto il disegno fatto di mano propria da nativi delle zone, che sono questi religiosi, che mi hanno disegnato tutte queste provincie e citta' e fiumi con i loro nomi, io non ho potuto mettere tutte quelle cose col debito ordine, perche' non ve ne era lo spazio. “Perché ad alguni par da nuovo che io parli de questa parte meridional, la qual quasi està incognita a li antichi, perhò io respondo che tuto questo desegno da sayto in suso io l’ò habuto da queli proprij che sono nasudi qui, che sono stà religiosi, i qual cum le suo man me hano desegnato tute queste provincie e citade e fiumi e monti cum li suo nomi, le qual tute cosse non le ho possudo meter cum el debito ordine per non esservi logo”33 Sulla mappa appare vicinissima a Barara una cittadella. Non ha nome, non c'era alcuno spazio li'. La cittadella a Sudest di Barara sulla mappa corrisponde al sito di Yekka-Washa Mikael geograficamente, ma non ha un nome. Due nomi importanti mancano alla mappa, Badeqqe e Debre Libanos. Ho dibattuto della mancanza, notevole, di Debre Libanos, sede del maggior canonico Etiope, il superiore di piu' alto grado degli informatori di fra Mauro34. Sono solo congetture, ma o per rivalita' o per segretezza, e' possibile che sia stata omessa da chi lo ha aiutato a disegnare la mappa, e non dal frate camaldolense. E' invece possibile che Yekka sia Badeqqe, sito Reale descritto dal Futuh al Habasha, “l'apertura dell'Abissinia”? E Badeqqe, sta o non sta sul mappa mundi di Fra Mauro? Le strutture elitistiche, le tre fortezze, l'assonanza nel nome e la sua prossimita' a Barara suggeriscono di verificare la falsificabilita' della prima ipotesi: il sito di Yekka e' Badeqqe. Le indicazioni sulla posizione di Badeqqe sono tre nel Futuh, si trova a Nord del fiume Awash, a due giorni di cammino, non e' lontano da Barara, e' a circa un giorno di cammino da Masin. Da un campo sul fiume “Doco” si vedeva distintamente bruciare la casa di un dignitario che, dopo Shimbra Kure, appreso del ritorno dei Musulmani, preferi' dar fuoco a tutto, in obbedienza al comando dell'Imperatore Lebna Dengel, che farsi attaccare. Storicamente risulta che il signore del posto e luogotenente dell'Imperatore, Wossen Seged preferi' invece temporeggiare, tentare di difendersi e non abbandono' Baddeqqe. Sia io che Bruce35 e Hartwig36, insomma, tutti e tre su tre che hanno in questi anni studiato la materia pensiamo che Masin sia il sito di Sire visto nel capitolo sei. Si deve verificare dunque se le distanze di marcia sono compatibili, per escludere che il vasto sito di Yekka possa essere Badeqqe. Lo faccio con questa immagine da satellite: Distanze in chilometri dal miglior passaggio dell'Awash prossimo a “Barara”, da Sire “Masin” e da un guado dell'Akaki verso Sire. Ne risulta che il sito di Yekka si trova ad una giornata di cammino -non molto gravati da armi e bagagli- da Sire ed esattamente il doppio, dunque, due giorni dal passaggio dell'Awash sotto Mojo: rispettivamente trenta e sessanta chilometri, misura praticamente esatta, a volo d'uccello. A undici chilometri dalla base della collina di Yekka sta un guado molto buono dell'Akaki. Ho discusso come sia io convinto che il “Doco” della mappa sia, assolutamente e senza dubbio, il fiume Akaki. E come il malinteso con l'altro simile nome geografico dell'attuale cittadina di Dukem abbia portato, e per anni, diversi a cercare le vestigia principali dell'Abissinia Imperiale di quel periodo di splendore sotto lo Yerer. Mentre la mappa di Fra Mauro le colloca decisamente sopra. La somma dunque di tre indicazioni geografiche dedotte dal Futuh al Habesha, il valore, elitista e complesso del sito di Yekka, la sua piccola distanza da Barara mi spingono a formulare l'ipotesi che Yekka e' la Badeqqe storica, e che stia sulla mappa di Fra Mauro come la cittadella fortificata, esattamente come nella realta' geografica, a sudovest di Barara. La presenza delle due masse di rovine, Barara piu' estesa, e Yekka assai ben differenziata e con piu' fortezze, in effetti rafforza le mie supposizioni, nel contesto dei siti medievali ora ritrovati, in genere ottimamente corrispondenti alle indicazioni di quella mappa. Il sito di Yekka, e il principale tra Entoto e le parti Nordovest di Addis. 7- Del Sultanato di Adal, di certe monete Cinesi del mille e di cento siti Islamici Il “Regno Adel”, ad Est dell'Abassia, da' sull'Oceano Indiano, Mappa di Fra Mauro. Se grande era l'Abissinia di quei due secoli magici, a cavallo tra il tredicesimo ed il sedicesimo, la terra del “Preste Janni”, il loro rivale, pure in genere e in vario modo necessariamente alleato nei commerci lungo l'Oceano Indiano, non era da meno. Il sultanato Adal elenca decine di Amir, da prima dell'anno mille 37. Le loro fortezze coeve non erano dissimili. Seppi dall'amico Teshager Habtie, ora alla Gondar University, degli scavi dell'Anfray a Derbiga al Agemsa38, mai pubblicati come, purtroppo, molti dei suoi lavori in campo. Curiosando, come conseguenza anche dei continui contatti con Meftuh Shash Abubakar, formidabile scopritore di siti da satellite39, piu' di me, tutti nella zona intorno al “Suo” monte Kundudo, e per la stragrande maggioranza appartenuti agli Harla e dunque al Sultanato Adal, ho dato anch'io una buona scorsa attorno, trovando presto questo forte montano a Kocher, chiamato in zona “Kocher Derbuga”: il forte di grandi pietre, Derbuga in lingua Harari, di Kocher. Il forte Kocher Derbuga, Oromia, tra Jijiga ed il monte Kundudo Non e' stata una giornata facile ne' fortunata, io e due colleghi di missione, Andrea e Umberto, siamo stati controllati per sedici volte, verso la tredicesima, arrestati e trattenuti senza documenti, chiusi a chiave nel pullman che ci portava, o tentava di riportarci a Jijiga. Quaranta giorni dopo ci sarebbe stato un incontro politico cola', e dato anche che Inglese e bianca sarebbe una delle leaders di Al Shabab, certo quei tre bianchi nelle campagne perse dovevano essere terroristi molto pericolosi. Cosi' fu che arrivammo all'imbrunire, non capimmo molto del sito, ci precipitammo, inutilmente, a rientrare correndo per evitare ulteriori rogne con le milizie locali. Rivedendo le foto, pero', abbiamo elementi per giudicare le mura come antiche, dunque il forte come probabilmente medievale, anche se non vi e stato, qui, un equivalente della totale distruzione verificatasi nello Shoa centrale, seguito dall'arrivo degli Oromo che escluderebbe la fabbricazione di simili forti. Antiche mura di prima difesa sotto il forte Derbuga a Kosher. 7.1 Afeyzero, la scoperta e le visite Una delle scoperte piu' spettacolari di Meftuh Shash e' senz'altro la cittadina di Afeyzero 40. Nella visita di Novembre 2014 abbiamo potuto trovare la tomba di Afeyzero, poco a Sud del Paese. Aw Afeyzero era uno dei Santi giunti da paesi Islamici con Abadir Umar ar Rida per aiutare la crescita della Religione in Etiopia. Si dice fossero oltre quattrocento, e' probabile che siano stati un centinaio. Le tombe santuario sono 102 in Harar e altre trenta circa sono nei dintorni immediati. Non tutti vennero con Abadir dall'Arabia, sia chiaro. Sheick Abadir sposo' una Harari e si considera il fondatore di Harar e di un clan Somalo. Afeyzero veniva dall'Iran, contrariamente alla maggioranza Araba e Irachena dei Santi fondatori. La presa da satellite della scoperta di Meftuh Shash. Parte del sito vista da Nordovest, foto Dr. Munib Wober. La costruzione principale ad Afeyzero 7.2 Genda Harla, i primi sondaggi Credo per merito di Meftuh Shash, il mio caro amico e collega cacciatore di rovine dallo spazio, da Toronto, nativo di Gursum sotto il mitico monte Kundudo, per la prima volta dai tempi dell'Anfray, degli scavi sono finalmente iniziati, per ora solo con una prima ricognizione del sito di Genda Harla presso Harar, da parte dell'archeologo Inglese Tim Insoll, con l'organismo di Stato per le antichita', ARCCH. Meftuh ha saputo aiutare il Governo dello Stato federale Harari, non solo con le sue scoperte da satellite, ma con dell'attivismo per la messa in valore del patrimonio culturale, sapendo coinvolgere influenti Harari che vivono tra gli USA ed il Canada. Il sito della sua associazione, FBGCA, e' una miniera, assai sfruttata per fortuna dagli Harari e dai residenti di Gursum, di siti e studi informativi in materia. Genda Harla, il “quartiere Harla” e' un ampio villaggio fortificato, con muri megalitici di grande interesse, di stile singolare rispetto ad ogni tipo di costruzione visto fin qui in Etiopia. Durante una visita lo scorso Novembre con Mohamed Rabi del Ministero della Cultura di Harar, chi scrive ed il Dr. Munib Wober, da Harvard, hanno potuto identificare il cimitero, fuori dalle mura, crediamo sfuggito per ora agli Inglesi, oltre a poter.. ammirare il muro megalitico. Mohammed ci mostra una zona verificata dalla Missione da Manchester, e il cimitero ritrovato . Munib Wober e Marco Vigano' davanti ad un tratto delle mura megalitiche di Genda Harla. 7.3 La moschea sul Kundudo, di cavalli liberi e nuove grotte, nuove specie. L'elegante monte Kundudo, dalla forma di una doppia cima piatta con una W da un lato, viene indicato in Harari come Shedda wa Medda, perche' la sua forma richiama due lettere Arabe. Fino a circa dieci anni fa, anche dopo la distruzione di oltre novemila ettari di foresta intonsa, primaria sulle sue pendici, ospitava una popolazione unica, di circa ottanta cavalli liberi 41. Il monte ospita una delle piu' belle grotte speleologiche del continente42. Nei pressi ho dato il nome ad una specie di granchio d'acqua dolce43. Meftuh Shash mi ha comunicato che il Futh Medinat Harar, il testo del XIII secolo sulla fondazione di Harar da parte di Aw Abadir menziona l'erezione di una tomba sul Kundudo per Waliy Nasir, generale di Abadir nelle lotte contro il Re Jurnial ibn Karnial, potente locale alleato dei Portoghesi, alle pagine otto e nove. Mentre la sorgente e' da considerarsi di valore, associare il locale Re Karnial e suo figlio Jurnial con i Portoghesi appare essere una confusione di periodi. I Portoghesi la saccheggiarono nel 1517, e distrussero Zeyla nel 1528, erano presenti nello Shoa Cristiano e gia' nel XV secolo esistevano i “Burtukan”, avventurieri Portoghesi ed i loro figli etio-portoghesi, ma non certo come potenza militare nelle questioni tra locali. Il loro peso nella storia Abissina non era maggiore di quello degli artisti Veneziani, dei commercianti Fiorentini e Genovesi che vivevano a Barara e altrove nell'Impero Amhara e Solomonico. Quella e' semmai la storia, posteriore, della guerra Etio-Adal dibattuta nei due primi capitoli qui sopra. La Parete Nord del Kundudo, foto Laura Rodolfi per la Mostra fotografica di AD 1000, convegno internazionale a Finale Ligure. Tirare una linea dal sito alla Kabbah o Qibla, per lontana possa essere, aiuta ad identificarlo come una Moschea. Se il muro che da' all'apparente Mihrab punta alla Mecca, pare difficile sia un forte o altro che un edificio di culto. La Moschea sul Kundudo. Nei pressi stanno tombe antiche. Profanate da poco, per evitare che qui nasca un parco. 7.4 Harla, dove tutto comincio'. Di due monete molto speciali. Per due anni, almeno, avevo tormentato Ahmed Zakaria con le mie teorie sull'importanza dei commerci oceanici nei cicli di potenza e decadenza d'Etiopia: facile da spiegare, le vie commerciali oceaniche sono aperte e frequentate, l'Etiopia cresce, sono chiuse da guerre, colonizzazioni, “esplorazioni” europee, l'Etiopia cade nella fame. Lui, uno dei piu' noti accademici del paese, mi ascoltava nelle mie elucubrazioni, da vero amico qual e', finche' si ricordo' di quel disegno di moneta, quello fatto da Cherinnet Tilahun ai tempi della “fame di Bob Gheldof”, quella, terribile, del 1984. Il disegno di Cherinnet Tilahun confrontato con un originale dello stesso conio, Yuan Feng Tong Bao, AD 1080. Passo' ancora del tempo, e un pomeriggio, mentre lui era, come spesso gli capitava, preso a condurre un incontro di una comunita' di mutuo soccorso, mi chiamo' ad un hotel. Lo attesi, usci' solo un attimo, per mostrarmi la fotocopia di un disegno. “Ahmed, e' Cinese, e antica, ne sono sicuro, ma non vedi, e' Cinese!”. Ero molto eccitato, e peggio il giorno dopo. In forse meno di un'ora un vero esperto l'aveva riconosciuta, Dashu Qin dell'Universita' di Beijing, con cui corrispondevo per via dei suoi scavi a Mambrui, Malindi, Kenya44. Lui era alla ricerca dei segni dei viaggi dell'Ammiraglio Zheng He in Africa, io, dei commerci antichi tra Cina e tutto il Corno d'Africa, Etiopia in particolare. Il disegno corrispondeva ad una moneta di un certo valore numismatico, ora venduta o persa, della Cina orientale interna, del 1080 circa. Un Yuang Feng Tong Bao del 1080 circa, dalla ben distante Kaifeng. Coniata a nome di ShenZong, riformatore, amato e famoso piu' di altri Imperatori dell'Epoca Nord Song, cosa che fa lievitare il valore numismatico della moneta 45. Come fosse arrivata dentro l'Etiopia, a circa trecento chilometri a volo d'uccello dalla costa, un bel mistero. Tanto strano o forse sconveniente, in un'epoca di rinnovata espansione Cinese in zona che il corrispondente residente della Voice of America prese insieme me, poca cosa, ma anche Ahmed e il Cherinnet, scholars di peso qui, per una banda di falsari. Anche noi la prendemmo male, per fortuna, visto che io decisi di indagare sul posto, trovando presto un'altra moneta in mano ad Ibrahim, contadino, sempre di Kaifeng, Cina interna, e del 1040 46. Lo stesso giorno del ritrovamento, con me c'era un responsabile di ricerca alla British Gaz. Visitava le grotte con me. Vedemmo dei tratti di quarzo, che lui identifico' immediatamente come potenzialmente aurifero. Chiesto in giro, ecco, ci si riporta che dovevano esserci nell'antichita' medievale miniere d'oro in zona, ora perdute, ma di cui si parla ancora. E che una ricerca potrebbe facilmente ritrovare, con i segni delle tecniche di sfruttamento di allora, e il marchio, forse, di chi erano veramente: da dove venivano gli Harla. Insieme, in una mezza giornata avemmo la moneta, la sua origine, e il motivo probabile del fiorire e sfiorire degli otto centri che formano Harla, in una zona semidesertica. Da quella scoperta, che io ritengo minore, ho ricevuto la sbugiardata dei dubbi del corrispondente USA, e un interesse del Governo Cinese, sufficiente ad organizzare qui ad Addis Abeba un incontro internazionale47. La seconda moneta riconosciuta, Huang Song Tong Bao, ca 1040, Imperatore RenZong del Song Ci sono un buon numero di case abbandonate nel centro principale di Harla, purtroppo di recente riutilizzate come cave di pietra: occorre molto ridurre le dimensioni delle pietre tagliate dagli Harla molti secoli fa, forse mille anni fa -l'eta' delle monete- per fare una casa Oromo di oggi. Restano alcuni pozzi, ora tutti seccatisi. La prima moneta Cinese fu trovata durante quella grande fame perche' nella semidisperata opera di ricerca dell'acqua, fu riaperto, inutilmente un pozzo ricoperto da immemorabile per evitare che vi cadesse qualcuno46. Un pozzo degli Harla, secco 7.5 Aw Berkhadle, gli Harla rurali identificati. Case Rurali Harla in Aw Berkadhle, una cinquantina. Ordinata agricoltura. Il santuario di Aw (Saggio) Berkadhle Ad Aw Berkhadle si incontra, oltre al Santuario, una cosa nuova ed inattesa. Le viste da satellite mostravano una serie di case coloniche ordinate, apparentemente con campi ben divisi. E' quasi immediato, sia dal satellite che in campo distinguerle dalle case Oromo antiche, di struttura circolare. Aw Berkhadle, parte del villaggetto murato del Santuario Abbiamo trovate qui le fattorie degli Harla, gli antichi Harari. Il motore di ogni battaglia possibile, il cibo per la gente stanziale. La sorgente dei cereali per nutrire le missioni di conquista verso l'Etiopia cristiana. Muro perimetrale residuo di una di circa cinquanta case rurali rettangolari ritrovate, a distanza regolare fra loro Divisorio tra campi, nello stile megalitico degli Harla 7.6 Aw Sofi, il bello di un Santuario medievale. L'ingresso. Benvenuti nell'anno milletrecento. Aw Sofi e' un santuario murato poco a Sudest di Harar, nei pressi di Genda Harla. Pochi vivono tra le mura antiche, dove stanno Moschea e tombe, comprese quelle di Sofi e dei suoi primi seguaci e familiari. La scuola Coranica e' ancora attiva, gli insegnamenti come gli ambienti sono ora gli stessi di allora. La vita scorre tra le antiche mura in modo non diverso da settecento anni fa. Tomba detta del figlio di Aw Sofi La tomba di Aw Sofi 7.7 Aw Hakim, sul monte Sacro. Domina Harar. Presto, gli Hararini tagliarono la sua vegetazione originale, lasciandolo spoglio, come e' ora. Presso la tomba di Aw Hakim, uno dei fondatori di Harar, nella tradizione, dei primi Santi giunti qui con Aw Abadir, il fondatore di Harar, dall'Arabia. Una volta all'anno, per la nascita del Profeta si prepara il principale dei siti per nutrire le iene, con un ricco pasto a base di burro, polenta e carne. Qui passeggiano gli Harari. Diverse cave di pietra, antiche come la citta' e del tutto recenti espongono gli strati di calcare. Alcune piccole grotte testimoniano la sua lunga erosione, pochi, troppo pochi pezzettini risultano riafforestati di recente. A volte, camminando, si rischia di cadere, perche' il carsismo ha tappezzato di piccole buche dei tratti, sono le strutture dette Kamenize, dalla lingua del Carso Italo-slavo. Harar, la murata, vista dal monte Hakim Sotto il monte, nel quartiere di Dakkar, che porta forse casualmente, o forse perche' qui era, il nome della capitale della zona prima della fondazione di Harar, una grotta abbandonata da secoli ospita oggi una famiglia, presso una cascatella. L'ingresso. Una carina ragazza 'troglodita' ti offre ottimo caffe' di Harar, il preferito dei Nonni Italiani, per tre birr. Due stanze ampie Per provar ad essere enciclopedico, e amando un po' il ridicolo, ricordo a chiosa che Hakim Stout e' la prima ed unica birra scura in Etiopia, e Harar Sofi la prima analcolica, prodotte dalla Harar birra, appena rilevata dal colosso Heineken. La quarta citta' sacra dell'Islam produce fino a 400.000 bottiglie di birra, alcolica, giornalmente48. 7.8 La tomba della Signora della Guerra, ritrovata Il Dr. Munib Wober ed io, nella visita della prima parte del Novembre scorso abbiamo visitato un certo numero di tombe di Santi entro la citta' murata di Harar, e appena intorno all cinta costruita dall'Emiro Nur. La visita alla tomba di Nur re, stessa, aveva un senso aggiunto per il fatto che Meftuh Shash Abubakar, lo storico appassionato di telerilevamento per l'archeologia qui necessariamente spesso nominato, ci aveva indicato che la tomba di Bati, moglie prima dell'Iman Ahmed Il Conquistatore, poi di Nur, poteva essere nei pressi. In effetti, una ed una sola tomba di donna, riconoscibile dalla pietra dalla punta a triangolo ritta, rappresentante utero e fertilita', sta nel santuario di Nur di fianco alla sua tomba. La probabilita', gia' alta per la sua collocazione, che sia la tomba di Batial detta Bati del Wombara “La vittoria e' il suo seggio”, la potente Somala di origine che per tutta la vita fu rivale di Seble Wengel, la ricchissima Imperatrice cristiana, aumenta osservando che la tomba di una sua figlia con Nur sta immediatamente di fronte all'ingresso. La tomba che presumo essere di Bati del Wombara, presso quella del marito Emiro Nur e quella di una figlia, davanti Come nessuno ha mai identificato questa tomba importante, che saggiamente indicata muoverebbe turismo, reddito, orgoglio, e marca un momento fondamentale della storia medievale d'Etiopia, Harar stessa non e' mai stata scavata. La sua struttura al tempo della costruzione delle mura, da parte dell'uomo che giacie di fianco a Bati, Nur, potrebbe credo essere ricostruita storicamente con alcuni sondaggi. Rita Pankhurst ha scritto della rivalita' e del valore fondamentale delle due sovrane rivali, Bati e Seble, nel grande conflitto Etio-Adal49. La tomba di Seble Wongel non e' stata, a quanto io conosca, mai ritrovata. Non escludo, visto che e' bastato camminare per Harar per trovare la sepoltura non marcata di cotanto personaggio, che una camminata ed un paio di interviste con i preti locali, credo ad Atronsa Mariam, ritrovata da Minilik nell'Amhara50, potrebbe rapidamente portarci a trovare la tomba della grande rivale Cristiana. 7.9 Non solo Harar e dintorni Due missioni Francesi intorno al 2006 hanno potuto scavare tre siti Islamici dell'Ifat, Nora, Asberi e Mesal. Erano i centri commerciali di cui Enrico Cerulli, diplomatico e storico Italiano di straordinarie competenze, lesse una volta in pergamene usate come involti al mercato di Harar. “Dove le merci venivano trasbordate dai cammelli agli asini51 dove salite e sentieri rendevano la soma piu' agile, e carico, e cultura, si adattavano al nuovo ambiente gegrafico e religioso. Sono tre cittadine non diverse da quelle che noi ora stiamo ritrovando nell'Hararge. Nora ha una moschea grande. Asberi, strade fra i lati delle case, tutte e tre cimiteri 52. Nora, anche chiamata Gendabelo, la moschea. Foto Yves Stranger. A Tilcho, ai piedi delle pendici est del massiccio del Galema, il monte piu' alto dell'Arsi, una moschea simile per stile sarebbe in uso, e vecchia di ottocento anni circa a quanto dichiarato dai locali, secondo il riportato dall'autore della solo foto disponibile, che ho recuperato su panoramio.com 53. Un cacciatore Italiano di varieta' spontanee di caffe', attivita' quantomeno di dubbia legalita', insomma, un cacciatore di altrui genoma per incroci e uso in genetica vegetale. A motivo credo dell'illegalita' della cosa, non ho potuto contattarlo attraverso la sua organizzazione. Non faccio che pubblicare qui la Moschea, possibilmente tra le piu' antiche d'Africa, e del mondo, ancora in uso nello stato originale. Come la sua coeva Moschea di Goze, ben piu' a Nord, oggetto di un progetto per la digitalizzazione in 3D con tecnologia LiDAR, il primo del Paese, dell'ONLUS Etiopica per la difesa del patrimonio culturale e naturale Misrak Kirs. Quella ha ancora le sue coperture originali, farne la copia digitale serve, per poterla restaurare se si deteriora, e far conoscere al mondo queste nostre ricchezze speciali 54. Chiedo scusa a chi tra i miei dieci lettori e' un accademico serio, per il tono volutamente conversazionale di questo scritto. E per qualche inserto fuori tema. Ho pensato che almeno sei di voi si sarebbero ben annoiati, data la lunghissima lista di rovine che menziono. La moschea di Tilcho, Monte Galema. La porta con uno sbalzo sopra l'architrave e' tipica del Sultanato dell'Ifat. Dedicato al Dottor Alemseged Beldados: te l'ho fatta, capo. Ora tu e i tuoi avrete da fare per anni, tanti dopo che io avro' finito del tutto di potervi aiutare come semplice tecnico pasticcione, nel Vostro lavoro. Controdedicato al Suo maestro, Rodolfo, Il Fattovich. Ci vuol poco a scommettere che Tu sarai di aiuto, ben piu' di me qui in giro Professore, con i tanti Tuoi competenti, per quanto dica di essere andato in pensione. Marco Vigano', Entoto Observatory, 4 Marzo 2015 Riferimenti 1. Verena Krebs, Hebrew University di Tel Aviv, comunicazione personale 2. Munro Hay, Harold Marcus, Richard Pankhurst, Fiaccadori e altri menzionano la presenza di Brancaleone, e le sue influenze sull'arte Etiope, in particolare, l'introduzione del figurato moderno in disegno. Scelgo la voce dell'Encyclopedia Aethiopica, scritta da Gianfranco Fiaccadori: Italy, relations with, p. 236-239, He-N, Enc. Aeth. 3. Krebs, Verena, Windows onto the world: Culture Contacts and Western Christian Art, 14001550, forthcoming. Abstract: https://www.academia.edu/3683786/Windows_onto_the_World_Culture_Contact_and_Western_Chri stian_Art_in_Ethiopia_1400-1550 4. Morris Rossabi ha scritto sulla lettera, che, come falso, circolava molto in Europa dalla meta' del dodicesimo secolo, esattamente, dal 1165 AD. Alla corte pontificia in Viterbo, nel 1145 notizie sparse circolavano sull'Imperatore Cristiano d'Etiopia, gia' indicato come “Prete Gianni”. In quegli anni Papa Eugenio III invio' il suo medico personale, Filippo, in Etiopia, secondo Fiaccadori, vedi voce dell' Encyclopedia Aethiopica alla nota 2, p. 236. 5. Diverse fonti citano la presenza di Monaci, ed altri Abissini raccolti al Cairo da certo Matteo per conto degli organizzatori del Concilio Ecumenico a Firenze. Notificati di “provenire dal Regno del Prete Gianni”, espressero che nessuno di loro conosceva tale epiteto Imperiale. Pankhurst riporta che ancora nel 1751, quando il Prelato Ceco Prutzki chiese a Iyasu II del titolo, l'Imperatore rimase stupito, negando aver mai sentito un simile nome alla sua corte. Arrowsmith-Brown, J. H. (traduttore), Prutky's travels to Ethiopia and other countries. London: Hakluyt Society, 1991. ISBN 0904180301 6. Non c'e' storico che abbia trattato il tema dei contatti e delle Missioni Abissine in Europa, a Roma in particolare, che non chiarisca questo punto se era l'Etiopia la parte attiva nei contatti, non lo era certo nell'accettare alleanze militari, e.g. Pankhurst, Fiaccadori, Krebs. Trovo ora online Matteo Salvadore: http://www.academia.edu/354590/The_Ethiopian_Age_of_Exploration_Prester_John_s_Dis covery_of_Europe_1306-1458. 7. Sihab ad-Din Ahmad bin Abd al-Qader bin Salem bin Utman, The Conquest of Abyssinia (Futuh Al-Habasa), trad. di Cesare Nerazzini, La Conquista mussulmana dell’Etiopia nel secolo XVI, Roma, Forzani e C., 1891. 8. R.S. Whiteway, editor and translator, The Portuguese Expedition to Abyssinia in 1441–1543, 1902. (Nendeln, Liechtenstein: Kraus Reprint, 1967), p. 81; vedi anche C.F. Beckingham, "A Note on the topography of Ahmad Gragn's campaigns in 1542", Journal of Semitic Studies, 4 (1959). Whiteway da' una completa narrativa della battaglia di Weyna Dega, compreso il nome del vendicatore di Cristovao da Gama, Gonçalo Fernandes, e descrive il rapido abbandono del Nord da parte delle truppe Adal. 9. Alvarez, F., Verdadeira Informacam das Terras do Preste Joam das Indias, segundo vio e escreueu ho padre Francisco Alvarez capella el Rey nosso senhor. Lisboa, Casa de Luis Rodriguez, 1540. 10. Sihab ad-Din, Futh al Habesha, ibidem 11. Sauter, R., L'Eglise monolitique de Yekka Mikael, Annales d'Ethiopie, 1957, II, pp. 15-36. Online su Persee.fr, http://www.persee.fr/web/revues/home/prescript/article/ethio_00662127_1957_num_2_1_1256 12. Strachan, B., http://www.washamikael.wordpress.com 13. Strachan, Ibidem 14. Rowan McIntosh, responsabile, progetto USAid per lo sviluppo turistico dell'Etiopia, comunicazione personale, 2010. 15. Angelo Del Boca, Graziani, Rodolfo,Dizionario Biografico degli Italiani, volume 58 (2002), Istituto dell'Enciclopedia italiana Treccani. Richard Pankhurst ha fornito una fitta serie di elementi storici provati sui crimini di Graziani e dei fascisti in Etiopia. "il ministero Etiopico degli affari esteri ha fornito alla Lega delle Nazioni informazioni inconfutabili, sui crimini Fascisti, incluso l'uso di gas velenoso ed il bombardamento di ospedali ed ambulanze della Croce Rossa, sin dalle prime ore dell'invasione Italiana del 3 ottobre 1935, fino al 10 aprile dell'anno dopo" (Pankhurst, Richard "Italian Fascist War Crimes in Ethiopia: A History of Their Discussion, from the League of Nations to the United Nations (1936–1949)", Northeast African Studies, Volume 6, Number 1-2,1999). Riguardo al Maresciallo in persona, ancora il Pankhurst, riporta fra l'altro questo telegramma al generale Nasi: «Keep in mind also that I have already aimed at the total destruction of Abyssinian chiefs and notables and that this should be carried out completely in your territories» (Tenga a mente, anche, che ho già mirato alla totale distruzione dei capi e notabili abissini e che questa azione dovrebbe essere compiuta fino in fondo nei territori sotto il vostro controllo). In: Pankhurst, Richard ibid.: "Italian Fascist War Crimes... p. 127. 16. Strachan, B, https://washamikael.wordpress.com/, ibidem. 17. La mostra Nigra Sum sed Formosa, sito: http://www.aethiopiaportafidei.com/ 18. Vigano, M., The Names Lost, the Map Grasped. Central Shoa on the Fra Mauro map, Academia.edu, 2015, ch- 7, p. 36 https://www.academia.edu/10408583/The_Names_Lost_the_Map_Grasped._Central_Shoa_ on_the_Fra_Mauro_map 19. Strachan, B. Ibidem. 20. Tzaf T'zaz Gebre Selasie, Tarika Zemen Ze dagmawi Menelik Neguse Negest Ze Yitiopia, traduzione in francese di Blatta Merse Hazen Wolde Qirqos, Artistic P. Press, A.A., 1959. 21. Richard Pankhurst riprende in vari articoli la storia di Entoto, qui, e.g.: http://www.capitalethiopia.com/index.php? option=com_content&view=article&id=2203:the-drama-of-addis-ababas-history-part-1-themountain-of-entoto&catid=46:pankhursts-corner&Itemid=58 22. Vigano, M., The Names Lost.. Ch. 9, p. 39 23. Ibidem Ch. 8, p. 38 24. Habtamu Tesfaye, archeologo, ARCCH, autorita' per le antichita', Addis Ababa, comm. pers. 25. Breternitz, H. and Pankhurst, R., Barara, the royal city of 15th and early 16th century (Ethiopia): medieval and other early settlements between Wechecha Range and Mt Yerer: results from a recent survey, Annales d'Ethiopie,Volume 24. p. 209-249, 2009. 26. Vigano, M., Ethiopia had huge granaries to win famines, 200 years ago. A first one found had a 100m wide roof. http://www.academia.edu/8175380/Ethiopia_had_huge_granaries_to_win_famines_200_yea rs_ago._A_first_one_found_had_a_100m_wide_roof 27. Anfray, F., Autour du vieil Entotto, Annales d'Ethiopie, 1987, XIV, pp. 7-12. Online at Persee.fr, http://www.persee.fr/web/revues/home/prescript/article/ethio_00662127_1987_num_14_1_929 28. Ricci, L., Resti di antico edificio in Ginbi (Scioa) Annales d'Ethiopie, Année 1976, Volume 10 Numero10, pp. 177-210 http://www.persee.fr/web/revues/home/prescript/article/ethio_00662127_1976_num_10_1_1169 29. Strachan, B. Ibidem. 30. Un mio scritto sui siti scoperti di recente dentro e nelle vicinanze di Addis Ababa, https://www.academia.edu/8300662/Thirty_two_archaeological_sites_in_the_vicinity_of_A ddis_Ababa_are_set_to_prove_its_medieval_not_recent_origin Prego il lettore di notare che i siti non sono piu' trentadue, ma quaranta, dopo la mia ricerca “a sud di Washa Mikael”, sito di Yekka, e il ritrovamento di almeno due altri siti in citta' ad Addis Abeba. 31. Stranger, Y., Entoto is Barara is Entoto?, articolo in What's out Addis, rivista diffusa nella capitale Etiope e sul suo blog, http://uthiopia.com/?p=1774 32. Vigano, M., The Names Lost.. Ch. 4, p. 28 33. Samuel e Tadesse, residenti, comunicazione personale, febbraio 2015. 34. Vigano, M., The Names Lost.. Ch. 4, p. 24 35. Strachan, B. www.barara.wordpress.com 36. Breternitz-Pankhurst, ibidem 37. Un elenco degli Amir di Adal e di Harar sta qui: http://www.royalark.net/Ethiopia/harrar.htm e alla voce wiki “Adal Sultanate“ per il periodo 1415-1577, Sultanato di Adal, http://en.wikipedia.org/wiki/Adal_Sultanate 38. Joussaume, R. e H., Anciennes villes dans le Chercher (Harrar), Ann. d'Ethiopie, vol 9 n. 9, 1972, pp. 21-44. http://www.persee.fr/web/revues/home/prescript/article/ethio_00662127_1972_num_9_1_891 39. Meftuh Shash Abubakar, https://www.academia.edu/7196326/NEW_ARCHAEOLOGICAL_FIND_IN_SOUTHEAS T_ETHIOPIA_Southeast_of_Harar_and_the_ruins_of_Harla_By_Meftuh_S._Abubaker_Ma y_16_2014 Un lavoro essenziale del tutto, il suo, per il presente rilancio dell'Archeologia nell'Est Etiope. 40. Ibidem, paragrafo su Afeyzero, e: http://www.academia.edu/3768679/MEDIEVAL_RUINS_FIND_SOUTH_EAST_OF_HAR AR_EASTERN_ETHIOPIA 41. Vigano, M. Rapporto della terza missione Internazionale al Monte Kundudo (Inglese), https://www.academia.edu/11105517/The_third_International_mission_to_the_Kundudo_re port 42. Vigano, M. 43. Cumberlidge N., Clarck P., tipizzazione della nouva specie Potamonautes kundudo, https://www.academia.edu/2569871/New_species_given_the_name_proposed_by_Prof._Ma rco_Vigano_discoverer._Link_on_Gursum.com_takes_to_the_original_article_by_Paul_Cla rck_and_Neil_Cumberlidge 44. Lo strafamoso Peter Greste, ora finalmente libero, lavorava per la BBC nel 2010, e per primo diede la notizia al mondo degli scavi di Dashu Qin a Mambrui, presso Malindi Kenya, in questo articolo: http://www.bbc.com/news/world-africa-11531398 45. https://www.academia.edu/2566503/Identification_of_two_Chinese_coins_found_in_Ethiop ia_ca_1040_and_1080_AD_Inner_China 46. Ibidem. 47. Programma e primi abstract della conferenza mondiale ad Addisa Abeba ed un articolo del New Scientist/New African sulla stessa: https://www.academia.edu/8947747/Exploring_Chinas_Ancient_Links_to_Africa_World_C onference_Addis_Ababa_29-31_Oct._2014._Programme_and_Details ; https://www.academia.edu/11265269/Exploring_Chinas_Early_Links_to_Africa_world_Co nference._A_review. 48. Juneiddin Basha, General Manager, Harar Birra, comunicazione personale, 2011. 49. Rita Pnkhurst scrive delle due regine rivali, un vero motore del continuare della Guerra, su One World Magazine: http://www.oneworldmagazine.org/focus/etiopia/women2.html 50. Su Atronsa Mariam, per quanto si tratti di una Chiesa fondamentale nella storia Solomonica del periodo, praticamente non esistono pubblicazioni. Propongo qui sotto la wiki Baeda Mariam I, il costruttore che fa un riferimento. Qualcuno, finalmente, da almeno uno degli oltre sessanta dipartimenti di Storia e/o Archeologia delle ora circa quaranta Universita' Etiopi, forse, potrebbe fare una visita? http://en.wikipedia.org/wiki/Baeda_Maryam_I 51. Fauvelle Aymar, F.X, et al., Reconaissaince de trois villes musulmanes de l'epoque medievale dans l'Ifat, http://www.academia.edu/1645735/RECONNAISSANCE_DE_TROIS_VILLES_MUSUL MANES_DE_L%C3%89POQUE_M%C3%89DI%C3%89VALE_DANS_LIFAT . 52. Ibidem 53. panoramio.com: la foto che ha rivelato la presenza e il commento che vede in uso oggi la moschea di Tilcho e' stata Ritirata dal suo autore, tale Giorgio, che non da' altre generalita'. Troppo tardi per impedirci di capire che valore ha il sito e la Moschea in particolare, mari tardi per farci apprezzare quanto chi gira in Africa per rubacchiare geni, batteri, varieta' capiti su vere meraviglie di ogni genere, pure apprezzando, ma senza poterle divulgare! Bibliografia 1. Almagia', R., “I mappamondi di Enrico Martellus,” La Bibliofilia 42 (Firenze, 1940) pp. 289-311. 2. Almagia', R. (ed.), Monumenta cartographica Vaticana, Citta del Vaticano, 1944, I, 32ff. 3. Almagià, Roberto, Il mappamondo di Fra Mauro, facsimile ed. (Rome, 1956). 4. Alvarez, F., Verdadeira Informacam das Terras do Preste Joam das Indias, segundo vio e escreueu ho padre Francisco Alvarez capella el Rey nosso senhor. Lisboa, Casa de Luis Rodriguez, 1540. 5. Anfray, F., Autour du vieil Entotto, Annales d'Ethiopie, 1987, XIV, pp. 7-12. Online at Persee.fr, http://www.persee.fr/web/revues/home/prescript/article/ethio_0066-2127_1987_num_14_1_929 6. Anfray, F., Enselale, avec d’autres sites du Choa, de l’Arsi, et un ilot du lac Tana, Annales d’Ethiopie, Vol. XI, 1978. 7. Borelli, J., Ethiopie meridionale, Journal de Mon Voyage Aux Pays Amhara, Oromo et Sidama, (Ed.1890). 8. 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