Due passi a Sud di San Michele nella Pietra

Due passi a Sud di San Michele nella Pietra
Il sito medievale di Yekka, e altri piu' vasti, trovati grazie ad una mappa medievale, a satelliti e un po'
di camminate tra gli eucalipti sopra Addis Ababa, capitale dell'Africa di Fra Mauro.
Di due civilta' a confronto, Abissinia Cristiana e Adal Musulmano di Harar
Introduzione. Di ricchezze, e di una grande guerra.
Tra i monti verdi d'Abissinia, nemmeno tanto lontano dalle valli deserte che da qui portavano al mare, la
sorgente della grande ricchezza di queste terre, l'Imperatore aveva la sua residenza principale, a Barara.
Nel cuore del vulcanico, fertile Shoa. Cosi' annota Fra Mauro, Camaldolense, gia' commerciante, grande
viaggiatore, poi cartografo a Venezia, poco dopo il 1450.
Qui el Presto Janne fa Ressidentia Principal. Un omino vestito d'oro occupa la fortezza a Barara, presso un passo e l'Amba dei Re.
Splendida era l'Abissinia del medioevo.
Nel 1402 l'Imperatore Davide, Dawit I mando' una ventina di delegati almeno a Venezia, e verificata la
presenza di artisti e architetti, fabbricanti di fortezze e manodopera qualificata anche a Roma, non solo, ma
che le ambite reliquie Cristiane, strumento di convinzione e potere qui in Etiopia certo la' dovevano essere in
quantita', dopo un anno, nel 1403, invio' una missione ancora piu' forte, di nuovo verso il porto di Aquileia,
per proseguire per la Capitale Cristiana1. Nel 1480 un buon pittore Veneziano, Niccolo' Brancaleone, viveva
a Barara e dipingeva per la Corte2. Non era certo il primo e non fu l'ultimo. Wedem Arad Imperatore nel 1306
aveva inviato trenta legati in Spagna. Questi, rientrando via l'Italia permisero a Giovanni da Carignano a
Genova di iniziare, prima di Fra Mauro a dettagliare la mappa d'Etiopia. Verena Krebs a Costanza ha da
poco consegnato un malloppo di seicentoventi pagine di tesi dottorale, che dimostra con dovizia di
particolari, e i nomi tratti dalle bolle di Roma e dai registri Veneziani, Genovesi, Abissini e altri di molte decine
di commercianti, cacciatori di reliquie, artisti ed altro, il fatto chiaro che era l'Etiopia la parte attiva nei contatti
col l'Europa. I loro e i loro contatti regolarmente viaggiavano lungo mediteraneo, Nilo, mar Rosso e
marciavano nelle valli tra Sudan ed Eritrea, tra Shoa Etiope ed Europa 3. I nomi dei soli Italiani, prima del
1520, sono almeno venti, Pietro Rombulo fu ambasciatore di Zer'a Yaqob, e Andrea Corsali ambasciatore
dei Medici di Firenze a Barara.
Non e' difficile capire che queste decine di spedizioni e scambi di materiale e di persone portarono alla
crescita del mito del Prete Gianni, figura di difensore della fede Cristiana assediato da Islamici potenti, e
presto, nel 1441 a Firenze, alla sua identificazione ufficiale con l'Imperatore Abissino.
Il nome Janni o Janne, veniva da un legato di Goa in India, con ogni probabilita', e la lettera del XIV secolo in
cui “Janni”, o Gianni avrebbe chiesto aiuto ai Cristiani era solo un falso dei guelfi Tedeschi, pronti a cercare
ogni scusa fabbricata per mostrare la prevalenza della loro parte e del loro Papa su Imperatore e ghibellini,
da loro in Germania4.
Ma dal tardo XIV secolo le visite di Etiopi si intensificavano, non solo a Venezia e Roma, ma alle corti di
Castilla e Leon, in Turchia e altrove in Europa, cosi' fini' che dopo averlo cercato in vano, si dichiaro' Etiope e
Imperatore il Prete Gianni5, un vero motore di quel buio periodo dell'umana storia in cui bianchi indoeuropei
imposero la loro legge, le loro ruberie e la distruzione di vaste culture in genere piu' antiche: l'espansione
coloniale, soprattutto marina, che loro continuano a chiamare “era delle scoperte”.
Cosi' fu che Zer'a Yaqob “seme di Giacobbe”, potente e spietato Imperatore, si vide affibbiato il ben strano
titolo di “Preste Janni”, senza che l'Ichege, priore di Debre Libanos e sommo vescovo Etiope, e nemmeno il
Vicario del Patriarca di Alessandria, a Sadai presso Barara, capo della chiesa Copta Abissina, si curassero
apparentemente di tanta diffusa europea ignoranza.
A Firenze nel 1441 un anziano Cardinal Branda Castiglioni, delegato del Papa all'organizzazione del
Concilio, dovette dunque ricevere una delegazione di Abissini recuperati al Cairo proprio allo scopo:
comunicare la “scoperta” del Prete Gianni e intavolare un'alleanza anti islamica.
Di questa, poco importava agli Abissini, che come sempre, cercavano invece scambi di cultura e l'acquisto di
tecnologie.
Difficolta' e guerre con quei vicini musulmani con cui in genere invero ben commerciavano, la sorgente del
loro potere e delle ricchezze che stavano nei commerci lungo l'oceano Indiano, gia' ne avevano.
Davvero postmodernamente, da saggi diplomatici gli Abissini quella e altre volte non mostrarono alcun
interesse per guerre provocate dall'esterno da potenze distanti, fossero Papi o Re a cercare trucchi per
spendere e distruggere risorse per farsi ricchi, in guerre di religione 6. Noi, nel 2015 siamo ancora schiavi
ovunque di quell'imperialismo di pochissimi. Che inventa volentieri, per perpetrarsi, false guerre di religione.
Fu comunque che Zer'a Yaqob, chi lo precedette e fra i suoi successori, Dawit II, la facevano da padroni in
quei commerci, troppo di sovente, e un ventiduenne Iman, Ahmed Ibn Ibrahim Al Ghazi, “il Conquistatore”,
detto dai Cristiani il Mancino, sorse da Hubat presso Harar e per un ventennio, intorno ad una inattesa
grande vittoria nello Shoa, a Shimbra Kure “stagno dei ceci”, mise a ferro e fuoco fortezze, citta' e chiese 7.
L'imperatore Yagbea Sion da' battaglia al Sultano dell'Adal, rappresentazione settecentesca europea
Ne venne una guerra mondiale in Africa, la Abissino-Adal, in cui dal 1524 al 1553 il Sultanato di Ahmed il
Conquistatore in genere, dal 1529 in poi, dalla battaglia di Shimbra Kure, fu netto vincitore.
Da una parte erano gli Hararis, Harla e Somali, con gli Ottomani Turchi, dall'altra le etnie di altopiano
Cristiane con quattrocento militari Portoghesi, strapreparati, ai comandi del figlio di Vasco da Gama,
Cristovao.
Fini' solo male per la civilta' Etiope, quando il secondo Imperatore ingaggiatosi in guerra dopo Dawit II,
Claudio o Gelawdos, vide il luogotenente del da Gama -morto torturato dopo una battaglia precedentegettarsi solo contro l'Iman e ucciderlo, pur nel mezzo dell'ennesima battaglia ormai quasi persa per i
Cristiani, a Weyna Dega, “terra medio alta”, in una vendetta perfettamente riuscita del suo comandante.
Morto il leader, nel giro della stessa giornata le sue truppe decisero di rientrare verso Harar 8.
Abbandonando per sempre il nord Cristiano depredato e distrutto, per richiudersi nelle loro terre, indeboliti e
costretti a murare Harar per non essere annientati dai migranti seminomadi Oromo, che intanto invadevano
da parte delle terre Somale ora Etiopi Hararge e Shoa, per arrivare poi fino al Tigray al nord.
La guerra non era finita del tutto, restavano le vedove di Dawit e dell'Iman, Seble Wongel e Bati del
Wombara. Alleatasi a Claudio la prima, apparentemente vincitrice a Weyna Dega e risposatasi all'Amir Nur la
seconda, riusci' Bati a far uccidere in una spedizione da Harar Gelawdos Imperatore, senza che nulla
cambiasse il fatto: l'Abissinia era in macerie, fisiche ed economiche.
Si dimenticarono persino i nomi di quelle citta' vaste e ricche, perdute le loro chiese bruciate per rubare
ricchezze accumulate nei secoli fortunati, si dispersero nel nord, presso il Lago Tana anche i Birtukan, i
meticci Portoghesi, i Genovesi, i Veneziani ed Aragonesi ed altri, che formavano la popolazione straniera di
Barara9. Un ricco sensale Fiorentino, Andrea Corsali, per esempio, li' aveva grandi magazzini, e tutti
preferivano restare in Barara, che pure per l'Imperatore era si' la principale, ma solo una delle residenze, per
via del clima fresco. Di questo, e della distruzione, delle uccisioni di sconfitti e dei continui furti d'oro fa
ripetuta litania il libro di Sid ad Din ibn Abdel Kadir ibn Mohamed bin Utman, uomo dal nome non breve, detto
per far prima “arabi Feqih”, l'agiografo dell'Iman Ahmed il Conquistatore 10.
L'Iman Ahmed conquistatore, in una rappresentazione Abissina Cristiana su tela. Collezione dell'IES, Addis.
Dawit II o Lebna Dengel Imperatore nel 1532 “vulgo preteianes”, Cristofano dell'Altissimo, Uffizi, Firenze
1- San Michele nella Pietra, Washa Mikael
“Ma quando l'hanno fatta?
Ma perche' sono venuti i Ferenji e scavano, scavare, ti dice chi ha fatto la Chiesa, che c'entra, me lo dici?”
“Senti, qui si dice da sempre che la ha fatta Zerayaccu, se lo sapevano i padri qualcuno lo avra' pur saputo o
visto, a quei tempi”. Una conversazione raccolta per strada da qualcuno legato alla missione Belga che
scavo' a San Michele nel 195011. Saggezza e tradizione.
Gli scavi attribuirono il sito al XIV-XV secolo: il tempo dei Davidi, della grande Etiopia pre e rinascimentale
dei costruttori di fortezze e citta', proprio quelle della mappa.
Washa Mikael, la chiesa nella roccia, ha un fronte di 19.38 metri, e' alta circa sei, ha nove navate.
Ma non fu mai completata. E' caduta in buona parte gia' in corso di scavo, molto probabilmente 12.
Il mio amico Bruce da Nairobi, che anni prima di appassionarsi a qui e a San Michele, di cui e' lo storico e
promotore, faceva ritratti ai ricchi a Nuova York, la ha capita prima e meglio di altri.
Qui la sua ricostruzione:
Bruce Strachan, 2009-10, ricostruzione assiale e della facciata di Washa Mikael
Mentre non abbiamo affatto chiarito tutti i crimini compiuti da feccia dello stampo del Graziani, il macellaio di
Addis Abeba, e dai fascisti in Etiopia, questa distruzione, proprio, non e' dei loro. Non furono i fascisti a
“bombardare dal cielo” la chiesa di San Michele, come racconta ora il clero locale. Il Reverendo A.F. Matthew
intorno al 1930 la vide caduta. Similmente la videro caduta Rochet d'Hericourt nel 1848, anche se parte del
tetto delle navate centrali reggeva ancora, du Bourg de Bozas -da vero colono si invento' fosse opera dei
Portoghesi- e il medico Italiano Lincoln de Castro. Moneret de Villard fece scavi in epoca fascista, nel 1938,
liberando gli accessi e scoprendo la tomba con grande stele a sinistra della facciata 13.
La facciata di San Michele nel 2009, prima dei crolli recenti. Foto Strachan
Non fosse che qualcuno del settore della conservazione dei beni
storici ha costruito intorno l'anno scorso una struttura affine ad
una fabbrica che, avesse una volta un tetto, proteggerebbe la
struttura scavata dagli accumuli di pioggia, sarebbe forse ora
uguale ad allora. Quelli hanno impastato il cemento, tanto, sul
monolite, e chissa' come, non so chi sia stato, ma la facciata per
un terzo e' caduta proprio l'anno scorso.
I responsabili, comunque, si sono affrettati a nascondere o tritare
i pezzi caduti, sapran pur loro il perche'.
Peccato, per la Chiesa medievale tanto speciale, e per loro.
Sono Etiopi, cultura loro era. Di quella che fa orgoglio, e produce
soldi. Ci sono quasi seicentomila, non poveri, che passano da
Addis e vengono classificati come turisti. Anche se quelli che
fanno i tours, e al 90% quasi passano per Lalibela son solo circa
centoventimila14.
Di quelli, i seicentomila e in rapida crescita, basterebbero il dieci
per cento a fare cinque dozzine di migliaia di visitatori l'anno a
San Michele, che dentro Addis Abeba sta, ed e' ora facile da
trovare e raggiungere.
E introiti per alcuni milioni di birr per Chiesa e Stato. Peccato
disfarla cosi', quella Chiesa senza tabernacoli, ma unica.
Quanto ai crimini del maresciallo Rodolfo Graziani, che, colpito di
striscio da una granata lanciatagli contro da irredentisti Eritrei,
uccise chiunque intorno, monaco o laico Etiope, sembrasse aver
studiato, i Signori grandi Imperialisti, allora Inglesi, preferirono
non fosse processato affatto. Se la cavo' con una condanna a
diciannove anni15, solo degli Italiani e scontata solo per poco piu'
di un anno, non si aprisse un pericoloso precedente: i criminali
coloniali, una volta processati gettano luride ombre sui paesi che
li avevano inviati ed usati, facendo della loro pazzia omicida
strumento di controllo delle sudatamente conquistate e tanto utili
colonie.
Washa Mikael si chiama cosi forse perche' nei dipressi stava un secolo fa una chiesetta di San Michele, in
legno e palta, ora perduta o rifatta nella nuova San Tekle Haymanot. O, comunque, il nome non predata la
costruzione del nuovo Entoto da parte di Minilik, che le aveva prestato attenzione. Pankhurst cita funzioni
religiose qui, condotte per la Regina Taitu16.
In zona Sauter, autore degli scavi belgi e Strachan segnalano la presenza delle rovine di una chiesa o di altri
edifici antichi. A quattrocento metri a Sud della chiesa si trova un muro di megaliti, appena sopra la vasta
roccia fuoriuscente, visibile da grandi distanze e chiamata “monte pelato”, Melata tarara.
Talian meda a sinistra, la fortezza sta sotto gli alti eucalipti, Melata tarara a destra, Washa Mikael sta dietro. Vista da Angurcha.
2- I nomi perduti, la mappa salvata
“Valerio, ma io, non me la sento, la Titti da sola per questo caos dedalico di calle, di canali, in mezzo a
centinaia di migliaia di turisti, no!”. “Marco, ha sedici anni, ho preparato per lei mappa e percorsi, godiamoci
la mostra, ora.”. Valerio, il mio amico colto, mi aveva visitato due volte qui ad Addis, e, meticoloso come
sempre, aveva gia' tutto organizzato.
La mostra era a Ca' Foscari, a Venezia, era il 2008. Si chiamava “Nigra sum sed formosa”, era sull'arte
Etiope e sui rapporti con Venezia, toccava dunque quel periodo, quello dei legati Imperiali, della tentata
alleanza militare, solo da parte europea e dei tanti viaggi Abissini 17.
La curava Gianfranco Fiaccadori, un professore di Milano con cui poi a lungo tenni corrispondenza.
Valerio fini' col tirarmi via a forza dalla Mappa. Io trovavo che, grazie alla resistenza dei religiosi e aI poco
tempo speso dai fascisti in Etiopia, al turismo molto limitato fino a pochissimi anni fa, c'era arte migliore e piu'
varia qui ad Addis, in particolare al museo dell'Institute of Ethiopian Studies.
Diversamente dalle classiche colonie d'Africa, gli Abissini avevano saputo tenersi il loro patrimonio culturale.
Fiaccadori era incorso nelle ire per scritto espresse di una caterva intera di colleghi: ma che ci azzeccava la
mappa di Frate Mauro, Camaldolense a Burano, con l'arte etiope e l'Abissinia? Ma che rischio, trasportarla
Poster della mostra, Venezia, 2009
Il curatore, il geniale erudito Fiaccadori
per larghi corridoi, senza nemmeno vedere calli e canali, per lo sfizio di un Bizantinista che credeva di
sapere d'Etiopia, no? Bravo professor Gianfranco, hai tenuto duro, l'hai piazzata li', in alto, nemmeno ben
vicina, davanti al pubblico, ma aperta e senza protezioni. Certo, nulla e' successo.
Forse salvo che io ci ho lasciato gli occhi, fissati ai nomi lassu' sulla mappa, finche' Valerio, scocciato, mi ha
portato via dal braccio sinistro. Mi hai cambiato la vita, professore. Tu sei morto mentre scrivevo dei nomi
persi che avevo per la prima volta letti sulla mappa, il mese scorso. Io posso solo ringraziarti. Tardi.
Mi hai cambiato del tutto un pezzo di vita.
Avevano ragione loro, non c'entrava la mappa con l'arte etiope, ma tu, due volte: li' era una chiave dei
contatti con l'Abissinia, solo nella mappa la possibilita' di recuperare nomi e siti e con loro un passato
d'Africa vitale e grande. I nomi perduti sulla mappa erano quelli di Barara capitale, Ambanegest sito delle
incoronazioni, Sadai del Patriarca, Badabedi e I palazzi reali di Badeqqe, quelli dei fiumi e le traccie delle
catene dello Shoa centrale. Masin Il passo e pure Vuicie, Tich e Amagie, che ancora non abbiamo trovato.
Ora, pero', grazie alla mappa, sappiamo dove trovarle 18.
Un confronto fatto dalla NASA tra la strafamosa foto dall'Apollo 17, “la biglia blu” e la mappa mundi di Fra Mauro
2.1 I luoghi coincidono, i nomi si svelano. Arrivano i cacciatori da satellite
Uso la mappa disegnata da Francis Anfray per pubblicizzare la Zuqwala turistica in un libretto dell'ETTC,
l'allora ministero del Turismo di Hapte Selassie. Due veri personaggi, un lavoro di alta qualita'. Perdute sono
le rovine del monastero della Zuqwala, sotto le fondamenta in cemento della Chiesa dell'epoca di Haile
Selassie, secondo Strachan19. Ma non le rovine delle citta' indicate sulla mappa.
Iniziamo confrontando queste due immagini, una da satellite e la mappa, ridisegnata da Anfray per l'ETTC:
Sono riconoscibili subito il passo del Gojjam, la Zuqwala e i fiumi Awash e Akaki, il Doco da Fra Mauro. Cosi'
come la catena del monte Entoto a Nord di Addis e la catena che indirizza il fiume Awash da ovest.
Dagli anni cinquanta del secolo scorso con Osbert Crawford, l'inventore della ricognizione archeologica dagli
aerei, ex pilota della RAF nella prima guerra mondiale e grande appassionato di mappe antiche, la ricerca di
Barara imperverso' sotto il monte Yerer, fino al Wechacha, ben a sud di Addis.
Per colpa di una erronea interpretazione di un nome, quello del fiume Doco della mappa.
Credo che, mentre la mappa rende chiaro che il Doco deve essere l'Akaki, che si avvicina al passo del
Gojjam dentro la Addis Abeba attuale, per nascere dalle pendici est del monte Entoto, lo stesso sia stato per
un tratto iniziale confuso col minore Dukem di oggi dagli stessi monaci, o abbia avuto il corso semplificato
sulla mappa di Fra Mauro. Una volta che si elimini la confusione tra il Dukem e l'Akaki, quale che sia l'origine
dell'errore, si deve cercare il trittico toponomastico centrale del potere del “Preste Janni”, Barara,
Ambanegest e Sadai piu' a nord del monte Yerer, dove, in qualunque modo le si misuri, stanno le rovine
vaste ed importanti da poco ritrovate.
Va considerato poi, come seconda causa della mancata valutazione delle masse di rovine a Nord e ad Ovest
di Addis, il fatto che Minilik, dopo aver dichiarato di aver trovato la citta' dell'Imperatore Davide 20, di cui ben
conosciamo il nome, Barara, pianto' molti eucalipti tutto intorno Entoto 21.
Dovette, perche' aveva pelato del tutto i monti e divelto ogni ceppo intorno. Si stava trasferendo a Addis
Alem dove alberi erano ancora, ma la tosta Taitu non voleva allontanare la reggia dalle acque termali di
Filwuha al Nuovo Fiore, Addis Abeba, da poco fondata.
A malincuore provo' la ricetta di Cheney e Chenisseau, due suoi consiglieri Francesi. Funziono': il legno
arrivato dal mare, l'eucalipto, cresceva in sei anni abbastanza da dare legname per usi vari.
Salvando Addis Abeba dalla demolizione, unito all'artrite di Taitu e alle proteste dei numerosi diplomatici
arrivati dopo Adua a negoziare il nuovo inusitato: dover trattare da pari con un Re Africano!
Come dice il suo nome in greco, eu-calipto nascose bene -all'aereo di Crawford- tutte quelle masse di rovine
che Minilik ben conosceva, ma che nessun archeologo aveva mai verificato.
La parte focale della Cittadella di Entoto, il “Pentagono”, cinquecentoventi metri di mura con dodici torri e una zona trincerata.
OGS Crawford mette in salvo mappe dai razzi Nazisti, ca. 1942 . Una foto dal suo classico “Wessex from the Air”, prime foto aree per I'archeologia
Il Doco e' l'Akaki di oggi. Lo si vede una volta intuito che il passo del Gojjam, unica apertura su oltre
cinquanta chilometri di catena, che fa da spartiacque tra Nilo ed Awash, fra Mediterraneo e Oceano Indiano,
sta ben chiaro sulla mappa, attraversato dalla Via Imperiale, la sola possibile per il Nord del lago Tana ed
Axum. La catena e' quella che oggi chiamiamo monte Entoto.
E allora il mons Anachabei, degli “anachabei”, una gente mai esistita in zona, probabilmente e' la risposta
giusta alla domanda sbagliata degli interpreti di Fra Mauro, visto che significa “ha una punta”, non e' un
nome, credo. Il monte e' lo Yerer, dalle varie cime, una decisamente a punta. Le distanze dalla Zuqwala e dal
passo lo confermano, perfettamente in accordo a quella sul planisfero di Venezia 22.
Lo studio della mappa implica come condizione accettata che i monaci dello Zuqwala e o di Barara che
informarono Mauro conoscevano le distanze e le sapevano rapportare in giornate o ore di cammino.
E, facile supporre, ben valutavano le distanze nel loro territorio perche', provenendo da cime elevate, lo
potevano vedere ogni giorno, dall'alto. Gli storici danno infatti dei nomi e delle provenienze ai visitatori del
Concilio di Firenze nel 1441, tra di loro sono Monaci della Zuqwala, e probabilmente di Barara.
Una prima lista di punti coincidenti, tra mappa e realta' geografica ricostruita dal satellite e da visite in situ.
Ed una piu' completa, dal satellite. Notate che qui pero' il Nord e' in alto.
Da questo consegue che ben diciotto punti, luoghi, fiumi, catene montuose, sorgenti, citta' e forti perduti
coincidono ragionevolmente bene, nella realta' e sulla mappa 23.
E i siti archeologici ritrovati, compresa Barara, prendono un nome. Caso unico al mondo, nomi perduti.
3- Barara ritrovata?!
Affermare di aver ritrovato Barara, citta' semimitica ma molto reale, capitale e sede Imperiale farebbe
immediatamente sollevare un'intera schiera di soppracciglia molto qualificate: quelle dell'intera comunita'
degli Etiopisti accademici. In effetti, le mie ricerche hanno sollevato della polvere antica.
Chi selezionava i documenti da presentare alla diciannovesima Conferenza di Studi Etiopici a Varsavia,
questa primavera tarda ventura, ha rifiutato il mio abstract. Immagino sconvolto o lasciato del tutto incredulo
dal suo breve e preciso contenuto: la mappa e il telerilevamento ci hanno permesso di identificare solo in
Addis ed intorno quaranta siti medievali, di cui il principale -di lunga- apparrebbe coincidere con la Capitale,
Barara.
Abbastanza da farsi, credo, deridere dall'establishment. Una mappa di quelle piene di draghi e leoni e
satelliti per trovare la capitale del “Prete Gianni”? Da sbellicarcisi per un bel po'!
Ma non da chi, ora almeno una decina di veri professionisti, ha visto anche uno solo dei siti appena scoperti.
Un tratto delle mura Est del Pentagono. Le meglio difese, con varie strutture interne e torri protundenti.
Il sito non e' stato valutato, e' particolarmente vasto. Occupa quaranta ettari almeno sulla sola cresta del
monte Entoto, presso Beta Eliyas, chiesa del 1885, di fianco ad una chiesa scavata nella roccia, che le guide
attribuiscno all'Imperatore Dawit, quale dei vari, e' cosa poco chiara, ma certo e' medievale, e per la facciata,
di stile del tutto affine a Washa Mikael. Due cimiteri stanno uno presso il passo del Gojjam, a oltre due
chilometri dal Pentagono, e uno sotto le strutture Reali principali, sulle pendici Sud.
Una grande forgia e' stata di recente ritrovata nelle parti nord di Kolfe Keranio 24. Non poteva essere sulla
cima di Entoto, per la necessita' di acqua in abbondanza. Cio' a prova che mentre i Signori occupavano la
cresta, la gente comune abitava sotto, nelle parti piu' a Nord e Nordovest della presente Addis Abeba.
In zone ancora poco intensamente costruite, dove credo si situeranno una maggioranza dei ritrovamenti a
venire. Quanto unico e' il nominare le rovine da una mappa antica e non da memoria o scritti, raro e' il
trovare rovine cosi' importanti intonse.
Comune, purtroppo, il saperle minacciate e vederle rapidamente distrutte da “sviluppi” e da inconsci
contadini alla ricerca di pietre da costruzione. Spesso, per le fortezze montane, dai funzionari del ministero
dell'Agricoltura alla ricerca di sassi per evitare l'erosione intorno agli alberi ripiantumati.
La chiesa di fronte a Beta Eliyas, facciata ed interni. Tre sono le stanze, con sotto a sinistra un vasto battesimale ipogeo.
La torre Nordest, Pentagono. Fiorita, nel mese di Meskerem, la primavera di qua.
Un tratto a Nordest dei 520 metri di mura del Pentagono, dodici torri protundenti, meraviglia Abissina pre 1529.
Una delle tre torri a Sud
Un tratto di muro elitario della “Struttura Reale”, con diverse stanze e triple mura protettive, molte pietre ornate.
Due di numerose pietre ornate o lavorate presso la “Struttura Reale”.
L'ipogeo “di Barara”, fatto di tre stanze limitate poste come un reliquario, a vista da una cappella esterna di 12x6 m.
Lo stesso, dall'interno, in una foto artisticamente ritoccata di Bruce Strachan, mostra il sepolcro a reliquario.
4- Di altri siti nel verde
Alcuni dei siti principali dentro ed intorno ad Addis Abeba. Tutti pre-1530 AD.
4.1 Il forte sul Wechacha
Quella mattina, i colleghi della scuola di Varese dove ho insegnato molti anni, mi presero con fastidio. A parte
l'amico Enrico, gran tifoso del Genoa, che mi stimava non fosse perche' da ragazzo avevo tenuto a quella
squadra. Avevo fatto moderato rumore, trovati quei chilometri di muri appena sopra, ad Est di Addis Abeba.
Ecco perche' stavo delle ore su quelle antiche macchine con un lento cuore pensante, e antiquati schermi
dalla resa dei colori molto ingiallita, avranno pensato, ma nessuno davvero era interessato alla scoperta.
Enrico a parte. Gia', usando googleearth, i siti soprattutto medievali d'Etiopia li scopre, con pazienza, anche
da molto lontano, chiunque abbia voglia di dedicarcisi, e sa piu' o meno dove e come cercare. Non importa
in che Paese sia.
Era l'Aprile del 2009. Poco dopo Hartwig e Richard lo avrebbero pubblicato, con una quindicina di siti, di cui
solo uno dichiaratamente piu' recente della battaglia di Shimbra Kure 25.
Lo visitai quell'estate, due o tre volte, salendo nel verde e scivolando sull'argilla, anche con Tecle Hagos,
l'amico archeologo di esperienza e il geologo Asfawossen Asrat, autore di un libro sui geoparchi in Etiopia.
Di piuttosto fuori dall'ordinario, notammo che la carta geologica ufficiale riportava le mura come “roccia
affiorante”. Di certo, geologi di norma stranieri presero un pur buon binocolo e decretarono muri per roccie,
ignorando la Storia locale, mai e poi mai immaginando di venir sbugiardati perche' signori Africani avevano
proprio su una sperduta, ma dominante cima piatta a 3200m fatto un forte colossale.
Il muro del forte sul Wechacha in un tratto doppio
Una vista satellitare del complesso su una cima piatta del monte Wechacha, a 3200 m slm.
4.2 I granai reali, di una grande chiesa perduta e del sito di Wodela
Vedemmo da sopra, in visita al forte sul Wechacha, come una spirale di arbusti e cardi, che celavano
necessariamente dei muri. Il geologo della visita, Asfawossen, troppo presto decise si trattasse di “un
villaggio Oromo”. Le viste da satellite rivelavano invece che per molto intorno, non vi era nulla di simile.
I granai di Sahle Selassie da googleearth, un video rivela la loro recente distruzione
Alla visita si scorgeva che era una collinetta fatta dall'uomo, con residui di muri bassi e spessi, ellittica, con
strutture interne ed una larga colonna centrale aperta. Aveva un tetto di quasi cento metri di asse maggiore,
con due sbalzi almeno, come fosse un Indiana barn, i bellissimi fienili o stalle dei Quackers.
Ora, non piu'. Una nuova piccola chiesa e le sue baracche annesse hanno praticamente distrutto il sito 26.
Sotto i granai, di cui ora non molto rimane, sta con ogni probabilita' una importante chiesa medievale.
Sul posto sanno bene che Sahle Selassie intorno al 1830 fece costruire un enorme granaio qui.
Da ventimila tonnellate almeno. Nell'Europa contemporanea ho potuto verificare che solo Kaiser Frederick il
grande di Prussia aveva granai tanto grandi. Alla faccia della misera Etiopia delle fami.
Invero Sahle Selassie, Re dello Shoa, aveva visto una fame terribile nel 1829, e costitui' un sistema di
raccolta dai contadini per distribuzione gratuita in tempo di crisi. Ho valutato che sarebbero bastati quattro
granai di queste dimensioni per nutrire completamente 3.5 milioni dei suoi sudditi, tutti, per oltre un mese fino
ai nuovi raccolti.
Sahle Selassie e il suo quasi contemporaneo Kaiser Frederick il grande, due Sovrani che tenevano alle loro scorte alimentari.
Al nostro chiedere perche' avessero fatto la chiesa sopra quegli storici granai, un amministratore
presbiteriale locale ha detto a me e all'archeologo Tecle Hagos, preoccupati della distruzione conseguente
degli stessi, che li' c'era il tabot della chiesa medievale. Ecco il perche' della collinetta artificiale. Qui dunque
sta un sito da scavare in priorita'.
Francis Anfray aveva scavato il campo al lato della scarpata della collina di Wodela, ben in vista ad un
chilometro e mezzo dalla chiesa antica distrutta -ancora da scoprire- e dal granaio fattoci sopra.
Li' ti indicano che Sahle Selassie aveva il suo palazzo. Una costruzione rettangolare ampia e altre strutture
circolari, che potrebbero corrispondere ai disegni contemporanei di J. Bernatz. Il campo usato deve essere
stato riutilizzato da Minilik per le sue tende, qui su Wedela sa il primo Entoto, quello che viene chiamato
come Andutna nel Futh al Habasha. E ha visibilmente mura e resti piu' antichi.
Anfray ha dimostrato che le rovine sono medievali, e distinto il vecchio Entoto, su Wodela e il nuovo sopra le
pendici Nord di Addis, presso il passo del Gojjam 27.
J. Bernatz, Scenes in Aethiopia, Londra, 1852: Sahle Selassie da' Giudizio. Dietro, la sommita' del Wechacha con la fortezza.
Il compound di Wodela, medievale, poi di Sahle e di Minilik da satellite e alcuni dei suoi tratti essenziali in inserto.
4.3 Ginbi
Erano arrivati dall'Italia, dovevano iniziare quelli che sarebbero poi stati quaranta anni di scavi ad Axum, li
guidava Lanfranco Ricci, il maestro di Rodolfo Fattovich, il professore degli scavi nel Tigray. Non avevano
molto tempo, come spesso, anzi, di solito succede. Niente da fare, il Ministro Tecle Tzadik Mekuria aveva
altro in mente. Molto prima di noialtri pazzi per lo Shoa medievale incompreso, il Ministro della Cultura Tecle
Tzadik voleva che si capisse che era quell'edificio sullo Yerer, gia' scavato alla ricerca d'oro e argento da
Taitu Bitul, la potente moglie di Minilik, quando le antichita' erano di moda qui.
Il Ricci pubblico' una ventina di pagine dense, trovo' persino dei cubetti d'oro di 5.5mm di lato, un centinaio di
euro d'oro l'uno ai prezzi di oggi, conterie di vetro e una palla giocattolo fatta con delle uova.
Molto belli gli ornamenti, di recente in parte riusati per la chiesa attuale. Trovo' tracce di un incendio.
Forse, quello che la distrusse, sara' stato l'Iman Ahmed ibn Ibrahim al Ghazi, il Conquistatore 28.
Ginbi, fondazioni, verde e decorazioni. Foto di Bruce Strachan.
4.4 Sire
Dal satellite e' un intricato spettacolo di muri. Confesso, questo sito importante, ancora solo lo ho visto dalla
collina di fronte. Ci sono stati Bruce e Hartwig, e hanno fatto foto di attrezzi in pietra, Hartwig e Richard
Pankhurst lo descrivono bene.
Sire dal satellite, la Masin della mappa deve essere in zona, e questo e' il sito migliore ritrovato fin qui.
Una stazione per tre molitori ed una pietra mole in basalto, suppongo con Bruce Strachan, autore della foto, Sire.
Sito di Sire, una lastra di copertura riusata da qualcuno per giocare a “gebeta”.
4.5 Altre chiese di pietra nello Shoa
Adadi Mariam, Abba Nebero, Kistina e molte altre.
Una grande quantita' di santuari, chiese, monasteri ricavati nel tufo abbonda in particolare una cinquantina di
chilometri a Sud di Addis nella regione intorno a Melka Kunture, sito invece paletnologico lungo l'Awash.
Abba Nebero, decine di strutture nella roccia, dalla cappella alla chiesa all'abitazione.
Il santuario mariano di Adadi
L'ingresso ad Adadi Mariam
Kistina e' una cappelletta di due stanze, la maggiore ha una grande croce sulla volta e la porta ha due
semisfere, o orbi che secondo Bruce Strachan sostenevano delle lampade, secondo Claudio Pierobon -un
archeologo appassionato tra i primissimi a scavare il sito di Castelseprio coevo a queste chiese- sosteneva
invece il velo divisorio del Sancta Sactorum. Io posso sostenere solo che ha ragione o l'uno o l'altro, data
l'incompatibilita' delle lampade a olio con i veli di tessuto 29!
Ad Abba Nebero ancora vivono monaci e laici. Serena gente che ama gli altri -come succede in Etiopia e
meno spesso nel resto del mondo oggi- al di la' di differenze di credo. Non sono, in effetti, trogloditi molto
tecnologici, come quelli che vivendo in grotte in Pakistan, avrebbero ordito la distruzione di un lato del
Pentagono, quello USA, e di due torri imponenti, sui quattrocento metri di altezza, pilotandovi grandi aerei
contro e facendo in modo che almeno due aerei megagalattici sparissero misteriosamente, inclusi corpi e
sedili e tutti i detriti che si trovano sempre in modo del tutto inevitabile dopo la caduta di un aereo.
Bisogna mettere il puntino sulla i di Kistina, la grotta dei Talibani in Pakistan si chiama Kistana:
incidentalmente nessuno delle persone intelligenti che frequento ha mai creduto a quella panzana ben
orchestrata e criminale, riguardo alle distruzioni che gli uomini delle grotte avrebbero preparato e condotto a
perfetto compimento tanto lontano, contro ogni legge della fisica e della logica, mentre le prove testimoniano
scenari locali, tutt'altro che trogloditici e ben diversi, senza che alcuno nulla avesse potuto per “fermarli”.
La cappella di Kistina
5-Tre gruppi di siti intorno e dentro Addis Abeba
Una vista da Googleearth con un tentativo di distinguere i siti presso e dentro Addis in gruppi
Quaranta siti trovati fin qui presso Addis Abeba, quasi tutti usando google earth e un po' di esperienza, sono
divisibili in quattro gruppi per un totale di trentaquattro siti, e sei altri, in genere chiese, isolate dai gruppi 30.
Un gruppo di sei siti, sottogruppo del complesso Imperiale sul monte Entoto ha suscitato il mio interesse
ultimamente, il grande sito articolato del monte Yekka, presso, anzi a Sud di San Michele nella pietra.
6- Due passi a Sud di San Michele
6.1 Breve riassunto di una ricerca prolungata
Gia' le critiche si facevano pesanti. Yves stava per scrivere dandomi, simpaticamente e in modo da
permettermi di meglio capire io stesso la cosa, dello scopritore di “castelli in aria” 31. Di tanti etiopisti che mi
corrispondevano non mi rimaneva neppure tanto. Mi sapevo colpevole di averla sparata davvero grossa.
Io imperterrito continuavo a voler capire la massa indescrivibile -se non dopo anni di studio- di rovine trovate
e che trovavo senza smettere.
Sulla mappa Barara era al lato est dell'Amba dei Re. Che era come un cono vulcanico, una cima, dunque,
per quanto il Pentagono e quei quaranta ettari di rovine elitiste stessero piuttosto su una cresta, non su un
conetto, era necessario escludere fossero loro l'Ambanegest.
Bisognava cercare, dunque ad Est di Entoto.
Lo ho fatto per giorni, presso San Michele nella pietra, ma tutto quello che iniziai a trovare fu un villaggetto,
un paio di ettari piu' o meno, una quindicina di case, alcune con solidi muri ad angolo, di nuovo fatti di pietre
piuttosto grandi.
Nulla da condividere con le costruzioni Oromo, dunque precedente alla battaglia di Shimbra Kure, e del
grande rinascimento Etiopie, ne dedussi. Ma nulla di grandioso. Non potevano essere Barara, ma una parte
del complesso di Yekka.
Il villaggio dei “costruttori di San Michele” sta a novecento metri a sud della Chiesa nella pietra.
Fu per me un momento critico, mi convinsi che la Barara della mappa, la capitale, era proprio dove fu
disegnata per Fra Mauro dai suoi informatori Etiopi, presso il passo del Gojjam.
Cioe' era la massa di rovine elitarie su Entoto, unita a quanto trovato verso le parti Nord di Addis Abeba.
L'Amba dei Re non poteva essere che il gia' riconosciuto sito di incoronazione di Menaghesha Mariam, e
Sadai o Saba della mappa, sito del Patriarca designato e proveniente da Alessandria, Wodela o i siti sulle
pendici Est del monte Wechacha, di cui discuto nel capitolo precedente.
Barara, Ambanegest e Sadai occupano lo spazio di tre paesi, tipo Uganda e altri due dei laghi sulla mappa.
Il trittico dei siti del potere medievale Abissino, sotto l'ambanegest, crediamo, il cono del monte Menaghesha Mariam.
6.2 Di una fortezza rettangolare e del Campo degli Italiani, forte ampio e complesso, a
parallelogramma.
Altri giorni esplorando tra gli eucalipti e su googleearth, e spuntano prima due fortezze, non da poco.
6.2.1 Qwass Meda
Una stava poco sopra un muro corto, basso di pietre grandi, che incontrai sulla salita verso il forte che
chiamano degli Italiani. Il muro era di quelli che sanno di antico, non era importante, ma importante il posto
dove stava. Doveva essere un punto vedetta, piu' che una prima difesa, dove qualcuno verificava chi si
avvicinasse, perche' poco sopra stava la cimetta che ora si chiama “kwass meda”, il campo di calcio.
Gia' salendo si incontrano pietre grandi, alcune molto grandi, ben foggiate. Le porte sono fatte di architravi
pesanti o di pietre d'angolo. Le porte da calcio, ovviamente, chi gioca qui, non spesso, finisce col rimetterle
nei mucchi di detriti costruttivi tutto intorno.
Qwass meda da google earth, ben visibili i muri a cortina, le torri d'angolo e la porta principale.
Qwass meda e' una fortezza di sessanta per cinquanta metri, perfettamente rettangolare con quattro torri
d'angolo. La maggior parte, circa due terzi del cortile interno e' stato minuziosamente spianato.
Era pavimentato?
Ci sono nel muro a cortina, doppio dei quattro lati una quantita' di stanze le cui porte di accesso restano
visibili. La fortezza appare essere stata distrutta, molte pietre cadute e asportate denunciano piu' del
degrado del tempo.
La porta principale ha a fianco una stanza di guardia, che io chiamavo armeria, nelle mie visite precedenti,
mentre Wensuo Liu, uno dei tre cattedratici Cinesi in visita per un convegno internazionale che avevamo
organizzato lo scorso Ottobre, con una risata, indico' subito come “la stanza delle guardie!” 32. Lo stesso,
mentre io facevo vedere uno dei corti tronconi di torre ad altri accademici, scopri' quelli che paiono essere le
fondamenta di una grande porta. Proprio li', smuovendo poca polvere, piu' che terra.
La porta da' a est, verso il “Campo degli Italiani”, Talian meda. Un sentiero, battuto dai non pochi atleti anche
di classe mondiale che si allenano ogni giorno sulle porpaggini del monte Entoto, li' conduce.
I due forti, Qwass meda e Talian meda sono prossimi, su due testate di collina.
Nel “campo di calcio”, invero, non si trovano scarpe coi tacchetti abbandonate, ma piuttosto a volte scarpe
da corsa finite, gettate da chi, volendo, sa correre come Abebe Bikila l'eroe della maratona olimpica di
Roma: scalzo. Tra litica, pietre lavorate e ceramiche antiche che certo meritano di essere studiate.
Pali da calcio di... grandi dimensioni e altra litica sorprendente
Un muro distingue circa due terzi del “campo di calcio” dal resto della fortezza
Parete di una delle stanze interne, Qwass meda, “campo di calcio”.
6.2.2 Talian Meda
Il “campo degli Italiani” e' una fortezza ben conservata.
La forma e' a parallelogramma perfetto, ancora con quattro torri ben costruite, e lati di settanta per cinquanta
metri approssimativamente.
Il nome deriva dal fatto che dodici cannoni da ottanta e sessantacinque stavano presso i lati est e sud, a
guardia della citta' durante una parte, probabilmente l'ultima, del quinquennio di occupazione fascista qui.
Due sono stati salvati dalla fusione da parte di ignoti cacciatori di metalli grazie agli abitanti di una delle
pochissime case di quassu', cosi', per conservare il patrimonio culturale, mi dice in un Amarico come colto un
ragazzo del cortile dove si trovano i cannoni ora.
Proiettili da ottanta millimetri. Questi possono davvero essere Italiani.
Uno dei due pezzi da sessantacinque salvati, leggono 1917 e 1925 come anno di fusione, e date non in Italiano: questo, “Oct”.
Molti proiettili da ottanta stanno sul lato est della fortezza. Andrebbero bonificati. Devono essere quelli
abbandonati dai nostri nonni e bisnonni quando le truppe indopachistane agli ordini di Orde Wingate e di sua
maesta' re Giorgio d'Inghilterra cacciarono le camice nere, senza sparare loro un colpo, ad Addis Abeba.
Una pietra intagliata che legge “II gruppo carrellato” ricorda chi lascio' la postazione, gli storici del periodo
conoscono, e possono verificare le postazioni in base a coordinate ed altezza s.l.m.
Ma le date sui due cannoni da 65mm superstiti al recente furto di metalli leggono date, presumo, in Inglese.
Quello che so di certo e' che non furono gli Italiani a divertirsi a costruire una fortezza medievale gia'
abbandonata, non aveva non solo un senso economico qui in montagna, ma neppure pratico.
Non sono tre metri di torre di grosse pietre sciolte che proteggono dei cannoni da altri cannoni simili, ma il
volume di fuoco, e il sostegno della contraerea, da almeno cento anni. Queste tutte, come visto sono
fortezze precedenti all'epoca delle armi pesanti, precedenti al disegno stellare che almeno poteva loro
resistere.
Precedenti dunque al 1530, data dei primi forti stellari, e alla coeva battaglia di Shimbra Kure.
La torre angolare Nordovest, Talian meda.
Masse considerevoli di detriti costruttivi antichi, altro che fortezza dei fascisti.
La fortezza “degli Italiani”, davvero aliena al costrutto Fascista, dunque e' un parallelogramma, con diverse
strutture interne da valutare, ed un casermone, esterno, decisamente recente: ha il pavimento di cemento
armato...
La fortezza appare avere un sistema idrico ipogeo, e altre strutture seminterrate da studiare.
Mancavano poche delle classiche figure geometriche che ogni giovane studia alle scuole primarie.
I cerchi ci sono eccome, si chiamano torri di guardia, diverse stanno sulle colline piu' basse ad Est di Talian
meda. I triangoli, le punte delle fortezze stellari, non erano stati “inventati”, e come fortezze singole, offrono il
serio problema di racchiudere poco spazio con lunghi muri attaccabili. Abbiamo il Pentagono ad Entoto, il
preciso rettangolo di Qwass meda e il parallelogramma regolare di Talian meda.
Forse, cercando molto bene, doveva trovarsi una fortezza a trapezio? Ci mancava. Solo quella.
Si trovasse, avremmo modo di illustrare un libro di geometria ai nostri figli camminando sulle colline di Addis.
6.3 Angurcha, l'ultimo baluardo ad Est del complesso Imperiale.
Era del tutto probabile che ci fossero fortificazioni sulla collinetta degli straricchi, quella che chiamano
“Meganagna hill”, la parte piu' ad Est di Yekka. Perche' da' sul lato da cui attaccavano i nemici di diverso
credo, ed e' appunto l'ultima collina in quella direzione.
Dal satellite avevo visto solo una struttura circolare, ma la visita dovevo pur farla.
Salito dal tratto ripido a Nordovest, devo negoziare un muro, molto ben fatto di casa di contadini. Di grandi
pietre, troppo grandi, ma non me ne accorgo subito. Pero' un tratto appare tondo, cosa non normale, decido
di scalarlo ed entrare: ecco, e' una torre, giro intorno, ce ne sono tre, una quarta sta in casa di qualcuno che,
proprio, non conosco. La gente qui mi dice che i loro nonni, insediatisi ai tempi dell'Imperatore, la trovarono
li', la chiamano Angurcha, come la zona. Ovvero, foresta 32.
Sanno che e' una fortezza, la chiamano anche Kebi: forte.
Come forse potevo aspettare, ma francamente non immaginavo, tornato a casa mi rendo conto da viste
satellitari che Angurcha e' un trapezio. Con basi di poco superiori a quaranta metri. La torre NW pure sta a
delimitare dove il muro, assai piu' basso e peggio costruito, racchiude la casa di chi ora la occupa.
Ha dei muri a cortina, un tratto con stanze esterne al trapezio, e strutture interne da valutare.
Una leggenda locale associa Angurcha ad una donna, che preparava cibo per i militare del forte. Questi
partirono un giorno alla guerra, e mai piu' ritornarono. La donna si ritrovo' signora del trapezio, e della cima
verde. Un mito che richiama la Storia, di guerra, sconfitta e conseguente abbandono.
Angurcha, un tratto del muro Ovest.
Torre e lato Sudovest
Oltre ai cerchi trovati prima da satellite, i ragazzi mi indicano una struttura ipogea dimenticata, che loro stessi
ritrovano dopo un paio di tentativi. Tiene Solomon, uno dei due che mi ci accompagnano, a farmi sapere che
“menghist ayawkin”, il Governo non la conosce.
Per loro ragazzi, un pezzo del territorio di casa, per me, un ultimo rifugio in caso di attacco: due ingressi,
come per avere una seconda via d'uscita, interrati e stretti, in modo da essere entrambi facilmente celabili,
uno dei due da poco, mi si dice occluso da una microfrana.
Ci sono anche tre o quattro buchi nascondiglio, per cose preziose immagino, nella volta scavata nel tufo.
“Castelli” molto recenti, le ville piu' ricche del Paese, in stile Hollywoodiano, stanno direttamente sotto Angurcha.
Due ragazzi mi conducono alla struttura ipogea.
6.4 Whirlwind village, il paese a girandola
Una figura geometrica curiosa non sfugge, tra Talian meda e Angurcha, nel fondovalle dal lato Ovest, a chi
sa scegliere le immagini prese dai sensori di quickbird nei primi mesi dopo il taglio degli eucalipti.
Il “villaggio girandola”
E' come una girandola a raggi, di diametro di quasi duecentoventi metri. Nel suo interno, e nei dintorni, si
distinguono, con occhio esperto, una decina di case quadrate. E un paio di basi di torri, o di case tonde piu'
elevate. In agglomerati simili abitava il grosso dei cittadini di Yekka, fosse o non fosse la Badeqqe storica.
La forma raggiata vista dallo spazio puo' essere o non essere correlata al sito, mentre i muri perimetrali
esterni appaiono antichi. Quelli interni potrebbero essere benissimo confini di proprieta'.
Un cippo presso un tratto di antico muro cita Effort, la parastatale dello sviluppo del Tigray, e la data del
2012. Forse questa zona e' destinata ad un progetto di cui non conosco.
Certo, vale la pena di capire il “paese girandola” prima che venga distrutto.
Perche' le zone di valle a lungo abitate, per loro natura piu' intensamente delle fortezze montane, danno piu'
reperti e permettono molto meglio la ricostruzione delle vite di chi abitava qui.
Tratto di muro megalitico, villaggio whirlwind, nella valle tra Talian meda e Angurcha.
Completano l'articolato sito di Yekka, per quanto abbiamo potuto ritrovare, due chiese moderne, poco sotto i
piedi della collina, a Sud Est, quelle di Sahlite Meheret e di Yerer Medhanie Alem, chiesa mariana la prima
dedicata al Cristo salvatore la seconda. Nel costruirla, riportano Breternitz a Pankhurst, si ritrovarono …
Devo verificare una notizia sentita alla radio alcuni anni fa, che pure nel recinto della prima, la chiesa
mariana, ci sono antiche rovine. Di nuovo, facile presumere siano medievali.
Le due Chiese si trovano la prima ad un chilometro dalla base della “Maganagna hill”, la seconda a cinque.
Ci sono dunque due rovine antiche presso chiese moderne, San Michele e le poche strutture trovate in zona,
tre fortezze di forma geometrica e due villaggi. Credo il tutto possa rivelarsi collegato dopo le necessarie
ricostruzioni storiche e geografiche, figlie degli scavi archeologici e di studi piu' approfonditi.
Due passi a Sud di San Michele ci fanno conoscere un pezzo importante della grande Abissinia del
medioevo, perduta dopo la grande guerra con l'Adal. Vicino a quella che crediamo fosse Barara, da quanto
sta sulla Mappa, e da quanto ci riportarono i viaggiatori, dati da soli insufficienti a tentare un'identificazione,
ma sommati alla massa di rovine trovate ad ovest di Yekka su Entoto e sotto, a Sudovest, sufficienti a far
partire una nuova ricerca del “prete Gianni”: la ricostruzione storica dello Shoa centrale degli Imperatori del
medioevo.
Una di quattro iscrizioni di Fra Mauro che menzionano l'Imperatore di Abissinia, ai suoi tempi, Zer'a Yaqob:
“Se dice che Presto Jane ha più de 120 regni soto el suo dominio, di qual più de 60
sono de differente lengue. E de tuto questo numero, zoè 120, se dice che 72 sono potenti
signori, el resto non è da far conto”32
Il complesso sito di Yekka suddiviso nei sei elementi principali ritrovati finora: tre fortezze, due villaggi, San Michele.
6.6 Yekka sulla mappa di Fra Mauro
Fra Mauro di suo pugno scrive dentro le terre d'“Etyiopia” un “disclaimer” contro i molti che pensava
potessero criticare la sua Africa, improvvisamente riempita, rispetto alle mappe precedenti:
“Perche' ad alcuni par ben strano che io parli di questa parte meridionale incognita quasi del tutto agli
antichi, percio' rispondo che da sotto in su' ho avuto il disegno fatto di mano propria da nativi delle zone, che
sono questi religiosi, che mi hanno disegnato tutte queste provincie e citta' e fiumi con i loro nomi, io non ho
potuto mettere tutte quelle cose col debito ordine, perche' non ve ne era lo spazio.
“Perché ad
alguni par da nuovo che io parli de questa parte meridional, la qual quasi està
incognita a li antichi, perhò io respondo che tuto questo desegno da sayto in suso io l’ò habuto da
queli proprij che sono nasudi qui, che sono stà religiosi, i qual cum le suo man me hano desegnato
tute queste provincie e citade e fiumi e monti cum li suo nomi, le qual tute cosse non le ho possudo
meter cum el debito ordine per non esservi logo”33
Sulla mappa appare vicinissima a Barara una cittadella. Non ha nome, non c'era alcuno spazio li'.
La cittadella a Sudest di Barara sulla mappa corrisponde al sito di Yekka-Washa Mikael geograficamente,
ma non ha un nome.
Due nomi importanti mancano alla mappa, Badeqqe e Debre Libanos.
Ho dibattuto della mancanza, notevole, di Debre Libanos, sede del maggior canonico Etiope, il superiore di
piu' alto grado degli informatori di fra Mauro34. Sono solo congetture, ma o per rivalita' o per segretezza, e'
possibile che sia stata omessa da chi lo ha aiutato a disegnare la mappa, e non dal frate camaldolense.
E' invece possibile che Yekka sia Badeqqe, sito Reale descritto dal Futuh al Habasha, “l'apertura
dell'Abissinia”? E Badeqqe, sta o non sta sul mappa mundi di Fra Mauro?
Le strutture elitistiche, le tre fortezze, l'assonanza nel nome e la sua prossimita' a Barara suggeriscono di
verificare la falsificabilita' della prima ipotesi: il sito di Yekka e' Badeqqe. Le indicazioni sulla posizione di
Badeqqe sono tre nel Futuh, si trova a Nord del fiume Awash, a due giorni di cammino, non e' lontano da
Barara, e' a circa un giorno di cammino da Masin. Da un campo sul fiume “Doco” si vedeva distintamente
bruciare la casa di un dignitario che, dopo Shimbra Kure, appreso del ritorno dei Musulmani, preferi' dar
fuoco a tutto, in obbedienza al comando dell'Imperatore Lebna Dengel, che farsi attaccare. Storicamente
risulta che il signore del posto e luogotenente dell'Imperatore, Wossen Seged preferi' invece temporeggiare,
tentare di difendersi e non abbandono' Baddeqqe.
Sia io che Bruce35 e Hartwig36, insomma, tutti e tre su tre che hanno in questi anni studiato la materia
pensiamo che Masin sia il sito di Sire visto nel capitolo sei.
Si deve verificare dunque se le distanze di marcia sono compatibili, per escludere che il vasto sito di Yekka
possa essere Badeqqe. Lo faccio con questa immagine da satellite:
Distanze in chilometri dal miglior passaggio dell'Awash prossimo a “Barara”, da Sire “Masin” e da un guado dell'Akaki verso Sire.
Ne risulta che il sito di Yekka si trova ad una giornata di cammino -non molto gravati da armi e bagagli- da
Sire ed esattamente il doppio, dunque, due giorni dal passaggio dell'Awash sotto Mojo: rispettivamente
trenta e sessanta chilometri, misura praticamente esatta, a volo d'uccello.
A undici chilometri dalla base della collina di Yekka sta un guado molto buono dell'Akaki. Ho discusso come
sia io convinto che il “Doco” della mappa sia, assolutamente e senza dubbio, il fiume Akaki. E come il
malinteso con l'altro simile nome geografico dell'attuale cittadina di Dukem abbia portato, e per anni, diversi
a cercare le vestigia principali dell'Abissinia Imperiale di quel periodo di splendore sotto lo Yerer. Mentre la
mappa di Fra Mauro le colloca decisamente sopra.
La somma dunque di tre indicazioni geografiche dedotte dal Futuh al Habesha, il valore, elitista e complesso
del sito di Yekka, la sua piccola distanza da Barara mi spingono a formulare l'ipotesi che Yekka e' la
Badeqqe storica, e che stia sulla mappa di Fra Mauro come la cittadella fortificata, esattamente come nella
realta' geografica, a sudovest di Barara.
La presenza delle due masse di rovine, Barara piu' estesa, e Yekka assai ben differenziata e con piu'
fortezze, in effetti rafforza le mie supposizioni, nel contesto dei siti medievali ora ritrovati, in genere
ottimamente corrispondenti alle indicazioni di quella mappa.
Il sito di Yekka, e il principale tra Entoto e le parti Nordovest di Addis.
7- Del Sultanato di Adal, di certe monete Cinesi del mille e di cento siti Islamici
Il “Regno Adel”, ad Est dell'Abassia, da' sull'Oceano Indiano, Mappa di Fra Mauro.
Se grande era l'Abissinia di quei due secoli magici, a cavallo tra il tredicesimo ed il sedicesimo, la terra del
“Preste Janni”, il loro rivale, pure in genere e in vario modo necessariamente alleato nei commerci lungo
l'Oceano Indiano, non era da meno. Il sultanato Adal elenca decine di Amir, da prima dell'anno mille 37.
Le loro fortezze coeve non erano dissimili. Seppi dall'amico Teshager Habtie, ora alla Gondar University,
degli scavi dell'Anfray a Derbiga al Agemsa38, mai pubblicati come, purtroppo, molti dei suoi lavori in campo.
Curiosando, come conseguenza anche dei continui contatti con Meftuh Shash Abubakar, formidabile
scopritore di siti da satellite39, piu' di me, tutti nella zona intorno al “Suo” monte Kundudo, e per la stragrande
maggioranza appartenuti agli Harla e dunque al Sultanato Adal, ho dato anch'io una buona scorsa attorno,
trovando presto questo forte montano a Kocher, chiamato in zona “Kocher Derbuga”: il forte di grandi pietre,
Derbuga in lingua Harari, di Kocher.
Il forte Kocher Derbuga, Oromia, tra Jijiga ed il monte Kundudo
Non e' stata una giornata facile ne' fortunata, io e due colleghi di missione, Andrea e Umberto, siamo stati
controllati per sedici volte, verso la tredicesima, arrestati e trattenuti senza documenti, chiusi a chiave nel
pullman che ci portava, o tentava di riportarci a Jijiga. Quaranta giorni dopo ci sarebbe stato un incontro
politico cola', e dato anche che Inglese e bianca sarebbe una delle leaders di Al Shabab, certo quei tre
bianchi nelle campagne perse dovevano essere terroristi molto pericolosi.
Cosi' fu che arrivammo all'imbrunire, non capimmo molto del sito, ci precipitammo, inutilmente, a rientrare
correndo per evitare ulteriori rogne con le milizie locali.
Rivedendo le foto, pero', abbiamo elementi per giudicare le mura come antiche, dunque il forte come
probabilmente medievale, anche se non vi e stato, qui, un equivalente della totale distruzione verificatasi
nello Shoa centrale, seguito dall'arrivo degli Oromo che escluderebbe la fabbricazione di simili forti.
Antiche mura di prima difesa sotto il forte Derbuga a Kosher.
7.1 Afeyzero, la scoperta e le visite
Una delle scoperte piu' spettacolari di Meftuh Shash e' senz'altro la cittadina di Afeyzero 40. Nella visita di
Novembre 2014 abbiamo potuto trovare la tomba di Afeyzero, poco a Sud del Paese. Aw Afeyzero era uno
dei Santi giunti da paesi Islamici con Abadir Umar ar Rida per aiutare la crescita della Religione in Etiopia.
Si dice fossero oltre quattrocento, e' probabile che siano stati un centinaio. Le tombe santuario sono 102 in
Harar e altre trenta circa sono nei dintorni immediati. Non tutti vennero con Abadir dall'Arabia, sia chiaro.
Sheick Abadir sposo' una Harari e si considera il fondatore di Harar e di un clan Somalo.
Afeyzero veniva dall'Iran, contrariamente alla maggioranza Araba e Irachena dei Santi fondatori.
La presa da satellite della scoperta di Meftuh Shash.
Parte del sito vista da Nordovest, foto Dr. Munib Wober.
La costruzione principale ad Afeyzero
7.2 Genda Harla, i primi sondaggi
Credo per merito di Meftuh Shash, il mio caro amico e collega cacciatore di rovine dallo spazio, da Toronto,
nativo di Gursum sotto il mitico monte Kundudo, per la prima volta dai tempi dell'Anfray, degli scavi sono
finalmente iniziati, per ora solo con una prima ricognizione del sito di Genda Harla presso Harar, da parte
dell'archeologo Inglese Tim Insoll, con l'organismo di Stato per le antichita', ARCCH.
Meftuh ha saputo aiutare il Governo dello Stato federale Harari, non solo con le sue scoperte da satellite, ma
con dell'attivismo per la messa in valore del patrimonio culturale, sapendo coinvolgere influenti Harari che
vivono tra gli USA ed il Canada. Il sito della sua associazione, FBGCA, e' una miniera, assai sfruttata per
fortuna dagli Harari e dai residenti di Gursum, di siti e studi informativi in materia.
Genda Harla, il “quartiere Harla” e' un ampio villaggio fortificato, con muri megalitici di grande interesse, di
stile singolare rispetto ad ogni tipo di costruzione visto fin qui in Etiopia.
Durante una visita lo scorso Novembre con Mohamed Rabi del Ministero della Cultura di Harar, chi scrive ed
il Dr. Munib Wober, da Harvard, hanno potuto identificare il cimitero, fuori dalle mura, crediamo sfuggito per
ora agli Inglesi, oltre a poter.. ammirare il muro megalitico.
Mohammed ci mostra una zona verificata dalla Missione da Manchester, e il cimitero ritrovato .
Munib Wober e Marco Vigano' davanti ad un tratto delle mura megalitiche di Genda Harla.
7.3 La moschea sul Kundudo, di cavalli liberi e nuove grotte, nuove specie.
L'elegante monte Kundudo, dalla forma di una doppia cima piatta con una W da un lato, viene indicato in
Harari come Shedda wa Medda, perche' la sua forma richiama due lettere Arabe.
Fino a circa dieci anni fa, anche dopo la distruzione di oltre novemila ettari di foresta intonsa, primaria sulle
sue pendici, ospitava una popolazione unica, di circa ottanta cavalli liberi 41. Il monte ospita una delle piu'
belle grotte speleologiche del continente42. Nei pressi ho dato il nome ad una specie di granchio d'acqua
dolce43.
Meftuh Shash mi ha comunicato che il Futh Medinat Harar, il testo del XIII secolo sulla fondazione di Harar
da parte di Aw Abadir menziona l'erezione di una tomba sul Kundudo per Waliy Nasir, generale di Abadir
nelle lotte contro il Re Jurnial ibn Karnial, potente locale alleato dei Portoghesi, alle pagine otto e nove.
Mentre la sorgente e' da considerarsi di valore, associare il locale Re Karnial e suo figlio Jurnial con i
Portoghesi appare essere una confusione di periodi. I Portoghesi la saccheggiarono nel 1517, e distrussero
Zeyla nel 1528, erano presenti nello Shoa Cristiano e gia' nel XV secolo esistevano i “Burtukan”, avventurieri
Portoghesi ed i loro figli etio-portoghesi, ma non certo come potenza militare nelle questioni tra locali. Il loro
peso nella storia Abissina non era maggiore di quello degli artisti Veneziani, dei commercianti Fiorentini e
Genovesi che vivevano a Barara e altrove nell'Impero Amhara e Solomonico.
Quella e' semmai la storia, posteriore, della guerra Etio-Adal dibattuta nei due primi capitoli qui sopra.
La Parete Nord del Kundudo, foto Laura Rodolfi per la Mostra fotografica di AD 1000, convegno internazionale a Finale Ligure.
Tirare una linea dal sito alla Kabbah o Qibla, per lontana possa essere, aiuta ad identificarlo come una Moschea.
Se il muro che da' all'apparente Mihrab punta alla Mecca, pare difficile sia un forte o altro che un edificio di culto.
La Moschea sul Kundudo. Nei pressi stanno tombe antiche. Profanate da poco, per evitare che qui nasca un parco.
7.4 Harla, dove tutto comincio'. Di due monete molto speciali.
Per due anni, almeno, avevo tormentato Ahmed Zakaria con le mie teorie sull'importanza dei commerci
oceanici nei cicli di potenza e decadenza d'Etiopia: facile da spiegare, le vie commerciali oceaniche sono
aperte e frequentate, l'Etiopia cresce, sono chiuse da guerre, colonizzazioni, “esplorazioni” europee, l'Etiopia
cade nella fame.
Lui, uno dei piu' noti accademici del paese, mi ascoltava nelle mie elucubrazioni, da vero amico qual e',
finche' si ricordo' di quel disegno di moneta, quello fatto da Cherinnet Tilahun ai tempi della “fame di Bob
Gheldof”, quella, terribile, del 1984.
Il disegno di Cherinnet Tilahun confrontato con un originale dello stesso conio, Yuan Feng Tong Bao, AD 1080.
Passo' ancora del tempo, e un pomeriggio, mentre lui era, come spesso gli capitava, preso a condurre un
incontro di una comunita' di mutuo soccorso, mi chiamo' ad un hotel. Lo attesi, usci' solo un attimo, per
mostrarmi la fotocopia di un disegno. “Ahmed, e' Cinese, e antica, ne sono sicuro, ma non vedi, e' Cinese!”.
Ero molto eccitato, e peggio il giorno dopo. In forse meno di un'ora un vero esperto l'aveva riconosciuta,
Dashu Qin dell'Universita' di Beijing, con cui corrispondevo per via dei suoi scavi a Mambrui, Malindi,
Kenya44. Lui era alla ricerca dei segni dei viaggi dell'Ammiraglio Zheng He in Africa, io, dei commerci antichi
tra Cina e tutto il Corno d'Africa, Etiopia in particolare. Il disegno corrispondeva ad una moneta di un certo
valore numismatico, ora venduta o persa, della Cina orientale interna, del 1080 circa. Un Yuang Feng Tong
Bao del 1080 circa, dalla ben distante Kaifeng. Coniata a nome di ShenZong, riformatore, amato e famoso
piu' di altri Imperatori dell'Epoca Nord Song, cosa che fa lievitare il valore numismatico della moneta 45.
Come fosse arrivata dentro l'Etiopia, a circa trecento chilometri a volo d'uccello dalla costa, un bel mistero.
Tanto strano o forse sconveniente, in un'epoca di rinnovata espansione Cinese in zona che il corrispondente
residente della Voice of America prese insieme me, poca cosa, ma anche Ahmed e il Cherinnet, scholars di
peso qui, per una banda di falsari.
Anche noi la prendemmo male, per fortuna, visto che io decisi di indagare sul posto, trovando presto un'altra
moneta in mano ad Ibrahim, contadino, sempre di Kaifeng, Cina interna, e del 1040 46.
Lo stesso giorno del ritrovamento, con me c'era un responsabile di ricerca alla British Gaz. Visitava le grotte
con me.
Vedemmo dei tratti di quarzo, che lui identifico' immediatamente come potenzialmente aurifero. Chiesto in
giro, ecco, ci si riporta che dovevano esserci nell'antichita' medievale miniere d'oro in zona, ora perdute, ma
di cui si parla ancora. E che una ricerca potrebbe facilmente ritrovare, con i segni delle tecniche di
sfruttamento di allora, e il marchio, forse, di chi erano veramente: da dove venivano gli Harla.
Insieme, in una mezza giornata avemmo la moneta, la sua origine, e il motivo probabile del fiorire e sfiorire
degli otto centri che formano Harla, in una zona semidesertica.
Da quella scoperta, che io ritengo minore, ho ricevuto la sbugiardata dei dubbi del corrispondente USA, e un
interesse del Governo Cinese, sufficiente ad organizzare qui ad Addis Abeba un incontro internazionale47.
La seconda moneta riconosciuta, Huang Song Tong Bao, ca 1040, Imperatore RenZong del Song
Ci sono un buon numero di case abbandonate nel centro principale di Harla, purtroppo di recente riutilizzate
come cave di pietra: occorre molto ridurre le dimensioni delle pietre tagliate dagli Harla molti secoli fa, forse
mille anni fa -l'eta' delle monete- per fare una casa Oromo di oggi. Restano alcuni pozzi, ora tutti seccatisi.
La prima moneta Cinese fu trovata durante quella grande fame perche' nella semidisperata opera di ricerca
dell'acqua, fu riaperto, inutilmente un pozzo ricoperto da immemorabile per evitare che vi cadesse
qualcuno46.
Un pozzo degli Harla, secco
7.5 Aw Berkhadle, gli Harla rurali identificati.
Case Rurali Harla in Aw Berkadhle, una cinquantina. Ordinata agricoltura.
Il santuario di Aw (Saggio) Berkadhle
Ad Aw Berkhadle si incontra, oltre al Santuario, una cosa nuova ed inattesa. Le viste da satellite mostravano
una serie di case coloniche ordinate, apparentemente con campi ben divisi. E' quasi immediato, sia dal
satellite che in campo distinguerle dalle case Oromo antiche, di struttura circolare.
Aw Berkhadle, parte del villaggetto murato del Santuario
Abbiamo trovate qui le fattorie degli Harla, gli antichi Harari.
Il motore di ogni battaglia possibile, il cibo per la gente stanziale.
La sorgente dei cereali per nutrire le missioni di conquista verso l'Etiopia cristiana.
Muro perimetrale residuo di una di circa cinquanta case rurali rettangolari ritrovate, a distanza regolare fra loro
Divisorio tra campi, nello stile megalitico degli Harla
7.6 Aw Sofi, il bello di un Santuario medievale.
L'ingresso. Benvenuti nell'anno milletrecento.
Aw Sofi e' un santuario murato poco a Sudest di Harar, nei pressi di Genda Harla. Pochi vivono tra le mura
antiche, dove stanno Moschea e tombe, comprese quelle di Sofi e dei suoi primi seguaci e familiari.
La scuola Coranica e' ancora attiva, gli insegnamenti come gli ambienti sono ora gli stessi di allora.
La vita scorre tra le antiche mura in modo non diverso da settecento anni fa.
Tomba detta del figlio di Aw Sofi
La tomba di Aw Sofi
7.7 Aw Hakim, sul monte Sacro.
Domina Harar. Presto, gli Hararini tagliarono la sua vegetazione originale, lasciandolo spoglio, come e' ora.
Presso la tomba di Aw Hakim, uno dei fondatori di Harar, nella tradizione, dei primi Santi giunti qui con Aw
Abadir, il fondatore di Harar, dall'Arabia.
Una volta all'anno, per la nascita del Profeta si prepara il principale dei siti per nutrire le iene, con un ricco
pasto a base di burro, polenta e carne.
Qui passeggiano gli Harari. Diverse cave di pietra, antiche come la citta' e del tutto recenti espongono gli
strati di calcare. Alcune piccole grotte testimoniano la sua lunga erosione, pochi, troppo pochi pezzettini
risultano riafforestati di recente. A volte, camminando, si rischia di cadere, perche' il carsismo ha tappezzato
di piccole buche dei tratti, sono le strutture dette Kamenize, dalla lingua del Carso Italo-slavo.
Harar, la murata, vista dal monte Hakim
Sotto il monte, nel quartiere di Dakkar, che porta forse casualmente, o forse perche' qui era, il nome della
capitale della zona prima della fondazione di Harar, una grotta abbandonata da secoli ospita oggi una
famiglia, presso una cascatella.
L'ingresso. Una carina ragazza 'troglodita' ti offre ottimo caffe' di Harar, il preferito dei Nonni Italiani, per tre birr.
Due stanze ampie
Per provar ad essere enciclopedico, e amando un po' il ridicolo, ricordo a chiosa che Hakim Stout e' la prima
ed unica birra scura in Etiopia, e Harar Sofi la prima analcolica, prodotte dalla Harar birra, appena rilevata
dal colosso Heineken. La quarta citta' sacra dell'Islam produce fino a 400.000 bottiglie di birra, alcolica,
giornalmente48.
7.8 La tomba della Signora della Guerra, ritrovata
Il Dr. Munib Wober ed io, nella visita della prima parte del Novembre scorso abbiamo visitato un certo
numero di tombe di Santi entro la citta' murata di Harar, e appena intorno all cinta costruita dall'Emiro Nur.
La visita alla tomba di Nur re, stessa, aveva un senso aggiunto per il fatto che Meftuh Shash Abubakar, lo
storico appassionato di telerilevamento per l'archeologia qui necessariamente spesso nominato, ci aveva
indicato che la tomba di Bati, moglie prima dell'Iman Ahmed Il Conquistatore, poi di Nur, poteva essere nei
pressi. In effetti, una ed una sola tomba di donna, riconoscibile dalla pietra dalla punta a triangolo ritta,
rappresentante utero e fertilita', sta nel santuario di Nur di fianco alla sua tomba.
La probabilita', gia' alta per la sua collocazione, che sia la tomba di Batial detta Bati del Wombara “La vittoria
e' il suo seggio”, la potente Somala di origine che per tutta la vita fu rivale di Seble Wengel, la ricchissima
Imperatrice cristiana, aumenta osservando che la tomba di una sua figlia con Nur sta immediatamente di
fronte all'ingresso.
La tomba che presumo essere di Bati del Wombara, presso quella del marito Emiro Nur e quella di una figlia, davanti
Come nessuno ha mai identificato questa tomba importante, che saggiamente indicata muoverebbe turismo,
reddito, orgoglio, e marca un momento fondamentale della storia medievale d'Etiopia, Harar stessa non e'
mai stata scavata. La sua struttura al tempo della costruzione delle mura, da parte dell'uomo che giacie di
fianco a Bati, Nur, potrebbe credo essere ricostruita storicamente con alcuni sondaggi.
Rita Pankhurst ha scritto della rivalita' e del valore fondamentale delle due sovrane rivali, Bati e Seble, nel
grande conflitto Etio-Adal49. La tomba di Seble Wongel non e' stata, a quanto io conosca, mai ritrovata.
Non escludo, visto che e' bastato camminare per Harar per trovare la sepoltura non marcata di cotanto
personaggio, che una camminata ed un paio di interviste con i preti locali, credo ad Atronsa Mariam, ritrovata
da Minilik nell'Amhara50, potrebbe rapidamente portarci a trovare la tomba della grande rivale Cristiana.
7.9 Non solo Harar e dintorni
Due missioni Francesi intorno al 2006 hanno potuto scavare tre siti Islamici dell'Ifat, Nora, Asberi e Mesal.
Erano i centri commerciali di cui Enrico Cerulli, diplomatico e storico Italiano di straordinarie competenze,
lesse una volta in pergamene usate come involti al mercato di Harar. “Dove le merci venivano trasbordate
dai cammelli agli asini51 dove salite e sentieri rendevano la soma piu' agile, e carico, e cultura, si adattavano
al nuovo ambiente gegrafico e religioso. Sono tre cittadine non diverse da quelle che noi ora stiamo
ritrovando nell'Hararge. Nora ha una moschea grande. Asberi, strade fra i lati delle case, tutte e tre cimiteri 52.
Nora, anche chiamata Gendabelo, la moschea. Foto Yves Stranger.
A Tilcho, ai piedi delle pendici est del massiccio del Galema, il monte piu' alto dell'Arsi, una moschea simile
per stile sarebbe in uso, e vecchia di ottocento anni circa a quanto dichiarato dai locali, secondo il riportato
dall'autore della solo foto disponibile, che ho recuperato su panoramio.com 53.
Un cacciatore Italiano di varieta' spontanee di caffe', attivita' quantomeno di dubbia legalita', insomma, un
cacciatore di altrui genoma per incroci e uso in genetica vegetale. A motivo credo dell'illegalita' della cosa,
non ho potuto contattarlo attraverso la sua organizzazione. Non faccio che pubblicare qui la Moschea,
possibilmente tra le piu' antiche d'Africa, e del mondo, ancora in uso nello stato originale.
Come la sua coeva Moschea di Goze, ben piu' a Nord, oggetto di un progetto per la digitalizzazione in 3D
con tecnologia LiDAR, il primo del Paese, dell'ONLUS Etiopica per la difesa del patrimonio culturale e
naturale Misrak Kirs. Quella ha ancora le sue coperture originali, farne la copia digitale serve, per poterla
restaurare se si deteriora, e far conoscere al mondo queste nostre ricchezze speciali 54.
Chiedo scusa a chi tra i miei dieci lettori e' un accademico serio, per il tono volutamente conversazionale di
questo scritto. E per qualche inserto fuori tema.
Ho pensato che almeno sei di voi si sarebbero ben annoiati, data la lunghissima lista di rovine che
menziono.
La moschea di Tilcho, Monte Galema. La porta con uno sbalzo sopra l'architrave e' tipica del Sultanato dell'Ifat.
Dedicato al Dottor Alemseged Beldados: te l'ho fatta, capo. Ora tu e i tuoi avrete da fare per anni,
tanti dopo che io avro' finito del tutto di potervi aiutare come semplice tecnico pasticcione, nel Vostro lavoro.
Controdedicato al Suo maestro, Rodolfo, Il Fattovich. Ci vuol poco a scommettere che Tu sarai di aiuto, ben
piu' di me qui in giro Professore, con i tanti Tuoi competenti, per quanto dica di essere andato in pensione.
Marco Vigano', Entoto Observatory, 4 Marzo 2015
Riferimenti
1. Verena Krebs, Hebrew University di Tel Aviv, comunicazione personale
2. Munro Hay, Harold Marcus, Richard Pankhurst, Fiaccadori e altri menzionano la presenza
di Brancaleone, e le sue influenze sull'arte Etiope, in particolare, l'introduzione del figurato
moderno in disegno. Scelgo la voce dell'Encyclopedia Aethiopica, scritta da Gianfranco
Fiaccadori: Italy, relations with, p. 236-239, He-N, Enc. Aeth.
3. Krebs, Verena, Windows onto the world: Culture Contacts and Western Christian Art, 14001550, forthcoming. Abstract:
https://www.academia.edu/3683786/Windows_onto_the_World_Culture_Contact_and_Western_Chri
stian_Art_in_Ethiopia_1400-1550
4. Morris Rossabi ha scritto sulla lettera, che, come falso, circolava molto in Europa dalla
meta' del dodicesimo secolo, esattamente, dal 1165 AD. Alla corte pontificia in Viterbo, nel
1145 notizie sparse circolavano sull'Imperatore Cristiano d'Etiopia, gia' indicato come “Prete
Gianni”. In quegli anni Papa Eugenio III invio' il suo medico personale, Filippo, in Etiopia,
secondo Fiaccadori, vedi voce dell' Encyclopedia Aethiopica alla nota 2, p. 236.
5. Diverse fonti citano la presenza di Monaci, ed altri Abissini raccolti al Cairo da certo Matteo
per conto degli organizzatori del Concilio Ecumenico a Firenze. Notificati di “provenire dal
Regno del Prete Gianni”, espressero che nessuno di loro conosceva tale epiteto Imperiale.
Pankhurst riporta che ancora nel 1751, quando il Prelato Ceco Prutzki chiese a Iyasu II del
titolo, l'Imperatore rimase stupito, negando aver mai sentito un simile nome alla sua corte.
Arrowsmith-Brown, J. H. (traduttore), Prutky's travels to Ethiopia and other countries.
London: Hakluyt Society, 1991. ISBN 0904180301
6. Non c'e' storico che abbia trattato il tema dei contatti e delle Missioni Abissine in Europa, a
Roma in particolare, che non chiarisca questo punto se era l'Etiopia la parte attiva nei
contatti, non lo era certo nell'accettare alleanze militari, e.g. Pankhurst, Fiaccadori, Krebs.
Trovo ora online Matteo Salvadore:
http://www.academia.edu/354590/The_Ethiopian_Age_of_Exploration_Prester_John_s_Dis
covery_of_Europe_1306-1458.
7. Sihab ad-Din Ahmad bin Abd al-Qader bin Salem bin Utman, The Conquest of Abyssinia
(Futuh Al-Habasa), trad. di Cesare Nerazzini, La Conquista mussulmana dell’Etiopia nel
secolo XVI, Roma, Forzani e C., 1891.
8. R.S. Whiteway, editor and translator, The Portuguese Expedition to Abyssinia in 1441–1543,
1902. (Nendeln, Liechtenstein: Kraus Reprint, 1967), p. 81; vedi anche C.F. Beckingham,
"A Note on the topography of Ahmad Gragn's campaigns in 1542", Journal of Semitic
Studies, 4 (1959). Whiteway da' una completa narrativa della battaglia di Weyna Dega,
compreso il nome del vendicatore di Cristovao da Gama, Gonçalo Fernandes, e descrive il
rapido abbandono del Nord da parte delle truppe Adal.
9. Alvarez, F., Verdadeira Informacam das Terras do Preste Joam das Indias, segundo vio e
escreueu ho padre Francisco Alvarez capella el Rey nosso senhor. Lisboa, Casa de Luis
Rodriguez, 1540.
10. Sihab ad-Din, Futh al Habesha, ibidem
11. Sauter, R., L'Eglise monolitique de Yekka Mikael, Annales d'Ethiopie, 1957, II, pp. 15-36.
Online su Persee.fr,
http://www.persee.fr/web/revues/home/prescript/article/ethio_00662127_1957_num_2_1_1256
12. Strachan, B., http://www.washamikael.wordpress.com
13. Strachan, Ibidem
14. Rowan McIntosh, responsabile, progetto USAid per lo sviluppo turistico dell'Etiopia,
comunicazione personale, 2010.
15. Angelo Del Boca, Graziani, Rodolfo,Dizionario Biografico degli Italiani, volume 58
(2002), Istituto dell'Enciclopedia italiana Treccani.
Richard Pankhurst ha fornito una fitta serie di elementi storici provati sui crimini di Graziani
e dei fascisti in Etiopia. "il ministero Etiopico degli affari esteri ha fornito alla Lega delle
Nazioni informazioni inconfutabili, sui crimini Fascisti, incluso l'uso di gas velenoso ed il
bombardamento di ospedali ed ambulanze della Croce Rossa, sin dalle prime ore
dell'invasione Italiana del 3 ottobre 1935, fino al 10 aprile dell'anno dopo" (Pankhurst,
Richard "Italian Fascist War Crimes in Ethiopia: A History of Their Discussion, from the
League of Nations to the United Nations (1936–1949)", Northeast African Studies, Volume
6, Number 1-2,1999). Riguardo al Maresciallo in persona, ancora il Pankhurst, riporta fra
l'altro questo telegramma al generale Nasi: «Keep in mind also that I have already aimed at
the total destruction of Abyssinian chiefs and notables and that this should be carried out
completely in your territories» (Tenga a mente, anche, che ho già mirato alla totale
distruzione dei capi e notabili abissini e che questa azione dovrebbe essere compiuta fino in
fondo nei territori sotto il vostro controllo). In: Pankhurst, Richard ibid.: "Italian Fascist War
Crimes... p. 127.
16. Strachan, B, https://washamikael.wordpress.com/, ibidem.
17. La mostra Nigra Sum sed Formosa, sito: http://www.aethiopiaportafidei.com/
18. Vigano, M., The Names Lost, the Map Grasped. Central Shoa on the Fra Mauro map,
Academia.edu, 2015, ch- 7, p. 36
https://www.academia.edu/10408583/The_Names_Lost_the_Map_Grasped._Central_Shoa_
on_the_Fra_Mauro_map
19. Strachan, B. Ibidem.
20.
Tzaf T'zaz Gebre Selasie, Tarika Zemen Ze dagmawi Menelik Neguse Negest Ze Yitiopia,
traduzione in francese di Blatta Merse Hazen Wolde Qirqos, Artistic P. Press, A.A., 1959.
21. Richard Pankhurst riprende in vari articoli la storia di Entoto, qui, e.g.:
http://www.capitalethiopia.com/index.php?
option=com_content&view=article&id=2203:the-drama-of-addis-ababas-history-part-1-themountain-of-entoto&catid=46:pankhursts-corner&Itemid=58
22. Vigano, M., The Names Lost.. Ch. 9, p. 39
23. Ibidem Ch. 8, p. 38
24. Habtamu Tesfaye, archeologo, ARCCH, autorita' per le antichita', Addis Ababa, comm. pers.
25. Breternitz, H. and Pankhurst, R., Barara, the royal city of 15th and early 16th century
(Ethiopia): medieval and other early settlements between Wechecha Range and Mt Yerer:
results from a recent survey, Annales d'Ethiopie,Volume 24. p. 209-249, 2009.
26. Vigano, M., Ethiopia had huge granaries to win famines, 200 years ago.
A first one found had a 100m wide roof.
http://www.academia.edu/8175380/Ethiopia_had_huge_granaries_to_win_famines_200_yea
rs_ago._A_first_one_found_had_a_100m_wide_roof
27. Anfray, F., Autour du vieil Entotto, Annales d'Ethiopie, 1987, XIV, pp. 7-12. Online at
Persee.fr, http://www.persee.fr/web/revues/home/prescript/article/ethio_00662127_1987_num_14_1_929
28.
Ricci, L., Resti di antico edificio in Ginbi (Scioa) Annales d'Ethiopie, Année 1976, Volume
10 Numero10, pp. 177-210 http://www.persee.fr/web/revues/home/prescript/article/ethio_00662127_1976_num_10_1_1169
29. Strachan, B. Ibidem.
30. Un mio scritto sui siti scoperti di recente dentro e nelle vicinanze di Addis Ababa,
https://www.academia.edu/8300662/Thirty_two_archaeological_sites_in_the_vicinity_of_A
ddis_Ababa_are_set_to_prove_its_medieval_not_recent_origin Prego il lettore di notare che
i siti non sono piu' trentadue, ma quaranta, dopo la mia ricerca “a sud di Washa Mikael”, sito
di Yekka, e il ritrovamento di almeno due altri siti in citta' ad Addis Abeba.
31. Stranger, Y., Entoto is Barara is Entoto?, articolo in What's out Addis, rivista diffusa nella
capitale Etiope e sul suo blog, http://uthiopia.com/?p=1774
32. Vigano, M., The Names Lost.. Ch. 4, p. 28
33. Samuel e Tadesse, residenti, comunicazione personale, febbraio 2015.
34. Vigano, M., The Names Lost.. Ch. 4, p. 24
35. Strachan, B. www.barara.wordpress.com
36. Breternitz-Pankhurst, ibidem
37. Un elenco degli Amir di Adal e di Harar sta qui: http://www.royalark.net/Ethiopia/harrar.htm
e alla voce wiki “Adal Sultanate“ per il periodo 1415-1577, Sultanato di Adal,
http://en.wikipedia.org/wiki/Adal_Sultanate
38. Joussaume, R. e H., Anciennes villes dans le Chercher (Harrar), Ann. d'Ethiopie, vol 9 n. 9,
1972, pp. 21-44. http://www.persee.fr/web/revues/home/prescript/article/ethio_00662127_1972_num_9_1_891
39. Meftuh Shash Abubakar,
https://www.academia.edu/7196326/NEW_ARCHAEOLOGICAL_FIND_IN_SOUTHEAS
T_ETHIOPIA_Southeast_of_Harar_and_the_ruins_of_Harla_By_Meftuh_S._Abubaker_Ma
y_16_2014 Un lavoro essenziale del tutto, il suo, per il presente rilancio dell'Archeologia
nell'Est Etiope.
40. Ibidem, paragrafo su Afeyzero, e:
http://www.academia.edu/3768679/MEDIEVAL_RUINS_FIND_SOUTH_EAST_OF_HAR
AR_EASTERN_ETHIOPIA
41. Vigano, M. Rapporto della terza missione Internazionale al Monte Kundudo (Inglese),
https://www.academia.edu/11105517/The_third_International_mission_to_the_Kundudo_re
port
42. Vigano, M.
43. Cumberlidge N., Clarck P., tipizzazione della nouva specie Potamonautes kundudo,
https://www.academia.edu/2569871/New_species_given_the_name_proposed_by_Prof._Ma
rco_Vigano_discoverer._Link_on_Gursum.com_takes_to_the_original_article_by_Paul_Cla
rck_and_Neil_Cumberlidge
44. Lo strafamoso Peter Greste, ora finalmente libero, lavorava per la BBC nel 2010, e per
primo diede la notizia al mondo degli scavi di Dashu Qin a Mambrui, presso Malindi Kenya,
in questo articolo: http://www.bbc.com/news/world-africa-11531398
45. https://www.academia.edu/2566503/Identification_of_two_Chinese_coins_found_in_Ethiop
ia_ca_1040_and_1080_AD_Inner_China
46. Ibidem.
47. Programma e primi abstract della conferenza mondiale ad Addisa Abeba ed un articolo del
New Scientist/New African sulla stessa:
https://www.academia.edu/8947747/Exploring_Chinas_Ancient_Links_to_Africa_World_C
onference_Addis_Ababa_29-31_Oct._2014._Programme_and_Details ;
https://www.academia.edu/11265269/Exploring_Chinas_Early_Links_to_Africa_world_Co
nference._A_review.
48. Juneiddin Basha, General Manager, Harar Birra, comunicazione personale, 2011.
49. Rita Pnkhurst scrive delle due regine rivali, un vero motore del continuare della Guerra, su
One World Magazine: http://www.oneworldmagazine.org/focus/etiopia/women2.html
50. Su Atronsa Mariam, per quanto si tratti di una Chiesa fondamentale nella storia Solomonica
del periodo, praticamente non esistono pubblicazioni. Propongo qui sotto la wiki Baeda
Mariam I, il costruttore che fa un riferimento. Qualcuno, finalmente, da almeno uno degli
oltre sessanta dipartimenti di Storia e/o Archeologia delle ora circa quaranta Universita'
Etiopi, forse, potrebbe fare una visita? http://en.wikipedia.org/wiki/Baeda_Maryam_I
51. Fauvelle Aymar, F.X, et al., Reconaissaince de trois villes musulmanes de l'epoque
medievale dans l'Ifat,
http://www.academia.edu/1645735/RECONNAISSANCE_DE_TROIS_VILLES_MUSUL
MANES_DE_L%C3%89POQUE_M%C3%89DI%C3%89VALE_DANS_LIFAT .
52. Ibidem
53. panoramio.com: la foto che ha rivelato la presenza e il commento che vede in uso oggi la
moschea di Tilcho e' stata Ritirata dal suo autore, tale Giorgio, che non da' altre generalita'.
Troppo tardi per impedirci di capire che valore ha il sito e la Moschea in particolare, mari
tardi per farci apprezzare quanto chi gira in Africa per rubacchiare geni, batteri, varieta'
capiti su vere meraviglie di ogni genere, pure apprezzando, ma senza poterle divulgare!
Bibliografia
1. Almagia', R., “I mappamondi di Enrico Martellus,” La Bibliofilia 42 (Firenze, 1940) pp. 289-311.
2. Almagia', R. (ed.), Monumenta cartographica Vaticana, Citta del Vaticano, 1944, I, 32ff.
3. Almagià, Roberto, Il mappamondo di Fra Mauro, facsimile ed. (Rome, 1956).
4. Alvarez, F., Verdadeira Informacam das Terras do Preste Joam das Indias, segundo vio e escreueu
ho padre Francisco Alvarez capella el Rey nosso senhor. Lisboa, Casa de Luis Rodriguez, 1540.
5. Anfray, F., Autour du vieil Entotto, Annales d'Ethiopie, 1987, XIV, pp. 7-12. Online at Persee.fr,
http://www.persee.fr/web/revues/home/prescript/article/ethio_0066-2127_1987_num_14_1_929
6. Anfray, F., Enselale, avec d’autres sites du Choa, de l’Arsi, et un ilot du lac Tana, Annales
d’Ethiopie, Vol. XI, 1978.
7. Borelli, J., Ethiopie meridionale, Journal de Mon Voyage Aux Pays Amhara, Oromo et Sidama,
(Ed.1890).
8. Breternitz, H. and Pankhurst, R., Barara, the royal city of 15th and early 16th century (Ethiopia):
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