CHIMICA DEL GRAFENE E DEI NANOTUBI DI CARBONIO Maurizio Culiolo - STMI Corso di materiali nanostrutturati a base di carbonio Università degli Studi di Parma a.a. 2010/2011 SOMMARIO CHIMICA DEL GRAFENE: -Introduzione (propositi, struttura, proprietà, strutture supramolecolari); -Reattività (cambiamenti nella struttura elettronica, regioselettività, bordi a zig-zag/armchair); -Funzionalizzazione (band-gap opening, grafano, drogaggio); -Composti funzionali e chimica associata (solubilizzazione, interazioni covalenti e non covalenti). SOMMARIO CHIMICA DEI NANOTUBI DI CARBONIO: -Introduzione (solubilizzazione, proprietà elettriche); -Struttura elettronica e reattività (piramidalizzazione e disallineamento π, differenze con il fullerene, attacco da agenti ossidanti); -Dissoluzione (aggregati, attacco di HNO3); -Chimica da difetti (accorciamento, funzionalizzazione covalente e ionica, anelli e stelle di nanotubi, interazione con Bacillus anthracis, altri esempi); -Funzionalizzazione della parete (esempi: fluorurazione, alchilazione/dealchilazione, idrogenazione, cicloaddizione, funzionalizzazione con polimeri); -Compositi con polimeri (esempi); -Gabbie di nanotubi. CHIMICA DEL GRAFENE INTRODUZIONE La scoperta del grafene avviene nel 2004 strappando un pezzo di scotch dalla superficie della grafite. Esso presenta delle caratteristiche estremamente interessanti (elevata mobilità dei portatori, buona trasparenza ottica, trasporto tramite fermioni di Dirac, elevate conducibilità termica ed elettrica, ecc.) ma ovviamente il “metodo scotch” non è indicato se si vuole cercare di utilizzarlo per applicazioni tecnologiche: è qui che entra in gioco la chimica. Il grafene consiste in un singolo strato atomico di carbonio con ibridazione sp2, mostrando quindi due larghe superfici che possono interagire chimicamente con un vastissimo numero di tipologie di molecole. Per i chimici è come un’enorme “polimolecola” con ottime proprietà elettriche, ottiche e meccaniche. Inoltre può essere inglobato a diversi sistemi (polimerici, inorganici, ecc.) per migliorarne le proprietà. Una soluzione di grafene dimensionato ben disperso è la base di partenza perfetta per la sintesi bottom-up di grandi molecole policicliche aromatiche, con queste differenze: 1. i piani di grafene sono sistemi coniugati estesi grandi da 100 a 1000 volte le comuni molecole organiche, con possibilità di un gran numero di nuovi ibridi organico-grafene; 2. non è un idrocarburo poliaromatico, ma un sistema puro di carbonio aromatico, e la conduttività è più elevata di diversi ordini di grandezza rispetto ai polimeri conduttori; 3. avendo due superfici utili, permette doppia funzionalizzazione (fig. a), con possibilità di assemblaggio di strutture supramolecolari (fig. b). REATTIVITA’ DEL GRAFENE La reattività dettagliata del grafene, in termini di dimensioni, forma e controllo stechiometrico, non è ancora ben compresa. Ci si aspetta però una regioselettività basata sui bordi a zigzag o ad armchair che questa struttura può presentare. La formazione di un legame covalente nel piano di grafene necessita la rottura di legami sp2 con la formazione di legami sp3. L’elettrone spaiato creatosi aumenta la reattività nel sito adiacente al punto del legame covalente, portando ad una reazione a catena dal punto di attacco iniziale. Vi è inoltre il principio di minimizzazione dell’energia di strain, rappresentato nelle figure con l’esempio di un attacco di atomi di H. Il piano si piega nella direzione da cui provengono i primi atomi, e lo strain può essere minimizzato tramite un attacco di ulteriori atomi di H dall’altro lato. Zone di elevata (azzurro) e limitata distorsione (giallo) dovute agli atomi di H. Zone sottoposte a strain sono regioni in cui la reattività aumenta, a causa dello spostamento della densità elettronica oltre il piano degli anelli. Rendere periodico lo strain in maniera controllata per dirigere la reattività sarebbe una potenzialità per ottenere una funzionalizzazione stechiometrica del grafene. Tramite sospensione o stress termico si sviluppano ripples, le cui ampiezza e lunghezza d’onda possono essere controllate. L’ampiezza delle fluttuazioni è molto minore rispetto alla dimensione del piano, quindi l’ordine a lungo range è preservato. Data la natura bidimensionale del grafene, acquisisce particolare importanza la tipologia dei bordi. Dallo studio della densità elettronica (tight binding, HartreeFock, metodo di Hückel) risulta che i bordi a zig-zag sono più reattivi. FUNZIONALIZZAZIONE DEL GRAFENE – BAND-GAP OPENING La struttura a bande del grafene non presenta band-gap, ma un modo per generarlo è creare nanoribbons con bordi ad armchair. Nella maggior parte dei casi i nanoribbons adottano una conformazione disordinata. FUNZIONALIZZAZIONE IDROGENAZIONE L’idrogenazione del grafene (sp2 sp3) lo converte da comportamento metallico a isolante, e viene chiamato grafano, che è essenzialmente un idrocarburo bidimensionale, la cui struttura è ancora un mistero. E’ stato creato anche l’analogo completamente fluorurato, ma la sostituzione di F con H produce solo grafite e HF. L’idrogenazione diretta con H2 è difficile a causa dell’elevata energia di legame richiesta (circa 2.4 eV/atomo, mentre per la fluorurazione con F2 si ha un’energia di circa 1.5 eV/atomo). Il segreto è sottoporre il grafene ad H atomico prodotto da plasma a bassa pressione con H e Ar. Con due ore di trattamento si ottiene la saturazione. Problema: H atomico in eccesso oltre la saturazione produce idrocarburi volatili e difetti, quindi occorre un attento controllo dei parametri. FUNZIONALIZZAZIONE DROGAGGIO Legando covalentemente il grafene a specie elettronattrattrici (specie ossigenate) o elettrondonatrici (specie azotate) si induce rispettivamente un drogaggio di tipo p o di tipo n. Con preciso controllo delle interfacce tra regioni drogate in maniera diversa è possibile creare giunzioni p-n di grafene. Esso può anche essere drogato di tipo p adsorbendo metalli con elevata affinità elettronica (Au), o di tipo n tramite metalli alcalini, che rilasciano facilmente i propri elettroni di valenza nella banda di conduzione del grafene. COMPOSTI FUNZIONALI E CHIMICA ASSOCIATA La chimica del grafene concerne principalmente la sua solubilizzazione, poiché il grafene puro è totalmente idrofobico e presenta una bassissima solubilità in molti solventi. Il grafene può essere funzionalizzato tramite stacking π-π non covalente o reazioni di accoppiamento C-C covalenti. La funzionalizzazione può migliorare le proprietà ottiche, elettriche, meccaniche, termiche, fotovoltaiche, di viscosità, ecc., dei complessi ottenuti. INTERAZIONI COVALENTI Il metodo più conveniente, in termini di processazione della soluzione, coinvolge l’ossidazione acida di grafite. Ciò crea gruppi ossigenati (carbossilici, epossidici, ossidrilici) con la formazione di ossido di grafite. Questi gruppi, carichi negativamente, aiutano a disperdere in soluzione un singolo piano di ossido di grafite, chiamato necessariamente ossido di grafene (GO), attraverso repulsioni elettrostatiche e solvatazione. Gli effetti negativi della presenza di gruppi ossigenati è che 1. viene distrutta la coniugazione π, quindi GO è isolante; 2. non vi è stechiometria per l’impossibilità di controllare la densità di gruppi ossigenati. DEIDRATAZIONE TERMICA La deidratazione, con conseguente asportazione dei gruppi ossigenati, può essere effettuata tramite idrazina, che però è una molecola altamente instabile, tossica, cancerogena e pericolosa per l’ambiente. Per questo si è cercato un modo “pulito” di ridurre GO, e lo si è trovato nel trattamento termico con acqua supercritica. Questa tecnica ha i seguenti vantaggi: 1. semplice setup; 2. buona riproducibilità; 3. è pura, in quanto si utilizza fondamentalmente solo acqua; 4. viene recuperata la coniugazione π, con conseguente riduzione dei difetti; 5. facile controllo dei parametri di T e P per la riduzione. SPERIMENTALMENTE: 25 mL di una soluzione acquosa di GO (0.5mg/mL) in autoclave per 6 ore a 180°C e raffreddamento a temperatura ambiente. Il pH viene aggiustato con acido cloridrico e ammoniaca. Il grafene viene trovato sotto forma di polvere nera sul fondo dell’autoclave. Modificando il livello di riduzione si ha un cambiamento nello spettro PL di GO. Ciò significa che controllando il processo si possono pilotare le proprietà ottiche del GO per diverse applicazioni tecnologiche. L’acqua sovrariscaldata promuove reazioni di composti organici catalizzate da acido, grazie ad un’elevata concentrazione di H+ rispetto all’acqua in fase liquida. Il processo dovrebbe essere analogo alla deidratazione di alcoli catalizzate da acido. Possono avvenire deidratazioni intramolecolari (a) o intermolecolari (b). Nel primo caso si ha il recupero della coniugazione π. Si verifica però anche il meccanismo inverso: l’idratazione catalizzata da acido. In questo caso non tutti i gruppi ossigenati vengono rimossi alla fine della reazione, e ne risulta una miglior dispersione del grafene nella soluzione acquosa. Quindi il ruolo del pH è fondamentale nella dispersione: • in soluzioni fortemente acide la maggior parte dei gruppi ossigenati viene protonata e la repulsione non è abbastanza forte da impedire l’aggregazione per interazioni non covalenti; ciò aumenta la deidratazione intermolecolare, con formazione di ponti etere. • in soluzioni molto basiche la repulsione risulta sufficiente e si ha deidratazione intramolecolare. ACILAZIONE Le acilazioni sono fra le reazioni più comuni utilizzate per legare molecole con gruppi funzionali ai gruppi ossigenati di GO. Es. 1: l’acilazione tra i gruppi carbossilici di GO e ottadecilammina (con l’attivazione dei COOH da parte di cloruro di tionile) può essere usata per legare lunghe catene alchiliche. ACILAZIONE Es. 2: Attraverso l’acilazione si può funzionalizzare nano-GO con polietilenglicole (PEG) per ottenere coniugati biocompatibili, sfruttabili come sostegno per il trasporto di farmaci idrofobici come la camptotecina, utilizzata per il trattamento del cancro al colon. Essa si lega al GO-PEG tramite stacking π-π, mostrando un’eccellente solubilità in acqua (fattore spesso problematico per i farmaci) e mantenendo la propria efficienza. ALTRI ESEMPI Apertura nucleofilica degli anelli epossidici: dato che GO contiene gruppi epossidici, quando un gruppo amminico di una molecola organica reagisce con gli anelli epossidici di GO se ne ha l’apertura. GO su SiO2: reagendo con azoturo di sodio (NaN3) si formano gruppi amminici su entrambe le superfici; questi reagiscono con lo strato di isotiocianato del SiO2 prefunzionalizzato, formando legami covalenti. Tramite ultrasonificazione si riesce ad avere un singolo strato di grafene sul SiO2. INTERAZIONI NON COVALENTI Le interazioni non covalenti sono basate su forze di van del Waals o stacking π-π di molecole aromatiche sul grafene. Al contrario dell’interazione di tipo covalente non vi è distruzione della coniugazione π. Si possono far interagire specie donori e accettori per modificare la densità elettronica del grafene. ESEMPIO I derivati del pirene hanno una forte affinità con il grafene tramite interazione π-π e ciò aiuta a stabilizzare il grafene in soluzione acquosa. L’estere di acido succidimidilbutanoico-pirene (PBASE) si comporta proprio in questo modo. COMPOSITI GRAFENE-POLIMERI Probabilmente il più vasto campo di funzionalizzazione del grafene è quello che riguarda i polimeri. Si possono avere miglioramenti di performance in imballaggi flessibili, vernici elettroniche, termoplastiche, dielettrici interlayer, ecc. In generale si sfrutta questa composizione soprattutto per il rinforzo meccanico che apporta in una matrice. ESEMPI Grafene funzionalizzato con polianilina solfonata (SPANI) è solubile in acqua, ha una buona stabilità all’aria e buone proprietà elettrochimiche. Si possono anche funzionalizzare copolimeri a blocchi, come polietilenossido-polipropilenossido-polietilenossido (PEO-PPO-PEO) per formare idrogel supramolecolari e per migliorare la solubilizzazione. Quest’ultima possibilità è offerta dal fatto che i segmenti idrofobici del PPO interagiscono con il grafene, mentre quelli idrofilici del PEO si estendono nell’acqua. IMPIEGHI FOTOVOLTAICI Con la CVD si riescono ad ottenere films di pochi strati di grafene continui, a grande area, trasparenti e altamente conduttivi per applicazioni fotovoltaiche. Una particolare cella solare a colorante utilizza poli(3,4-etilendiossitiofene)/poli(acido solfonico di stirene), chiamato PEDOT:PSS, come polimero conduttore trasparente al posto dell’ITO (indium-tin oxide), che presenta vari problemi: oltre al prezzo elevato è fragile e necessita alte temperature di annealing per aumentare la conduttività, fattori critici in caso di substrati flessibili e in plastica. Rispetto al solo PEDOT:PSS, la funzionalizzazione di grafene con PEDOT:PSS migliora l’efficienza della cella da 0.21% a 1.71%, che corrisponde al 55.2% dell’efficienza della stessa cella con ITO. Questo fa ben sperare per l’utilizzo di questa innovazione per la produzione di celle solari flessibili a basso costo. CHIMICA DEI NANOTUBI DI CARBONIO - INTRODUZIONE Anche i nanotubi, come il grafene, presentano notevoli proprietà elettroniche, meccaniche e strutturali, volte ad interessanti applicazioni nelle scienze dei materiali. Essi consistono in piani di grafite avvolti in forma cilindrica. Le lunghezze arrivano a qualche micron e i diametri a circa 100 nm. Solitamente formano complessi aggregati solidi. A seconda del diametro e dell’arrangiamento degli esagoni possono assumere carattere metallico o semiconduttore. Anche in questo caso la scarsissima solubilità in solventi organici e soluzioni acquose ne limita l’utilizzazione; ma per ovviare a questo inconveniente sono state dimostrate interazioni con diversi composti. STRUTTURA ELETTRONICA E REATTIVITA’ SWNTs non funzionalizzati sono macro-molecole inerti. Tuttavia la piramidalizzazione e il disallineamento degli orbitali π inducono uno strain locale, che si riflette in una maggior reattività. Dal punto di vista chimico è utile suddividere il nanotubo in due regioni: la parete e la testa. Quest’ultima può essere associata ad una mezza sfera di fullerene, ed è sempre più reattiva della parete, indipendentemente dal diametro. STRAIN IN NANOTUBI E FULLERENI Nei fullereni il disallineamento π è di lieve entità. Il parametro fondamentale nella reattività di queste strutture è la piramidalizzazione. Nei nanotubi la situazione è opposta, ma piramidalizzazione e disallineamento π sono inversamente proporzionali al diamentro: nanotubi con diametri maggiori sono meno reattivi. ROTTURA DELL’AROMATICITA’ Il sistema di anelli aromatici può essere distrutto tramite reagenti aggressivi: i nanotubi vengono funzionalizzati con gruppi carbossilici grazie ad agenti ossidanti quali HNO3, H2SO4 o una miscela dei due. La sonificazione, invece, genera dangling bonds aumentando la probabilità di reazioni. DISSOLUZIONE I processi chimici e biologici avvengono spessissimo in soluzione. Da qui nasce la necessità di sviluppare metodi per solubilizzare i nanotubi. Essi infatti hanno una bassissima solubilità e tendono a formare grovigli di 10-25 nm di diametro e lunghi qualche micron, organizzandosi in un denso network solido. E’ possibile però rendere solubili i nanotubi riflussando acido nitrico, in quanto le teste si ossidano con gruppi carbossilici ed altri gruppi funzionali. Questo trattamento ha anche l’effetto di liberare i nanotubi da residui di catalizzatori e carbonio amorfo prodotti nella sintesi. I SWNTs “purificati con acido” possono così essere dispersi in solventi ammidici con l’ausilio dell’ultrasonificazione. Il problema del trattamento con acido è che introduce difetti, ossida la superficie (drogaggio p) e genera stati di impurezze. Si parla infatti di chimica da difetti. I difetti però possono essere sfruttati per distruggere o accorciare i nanotubi. La funzionalizzazione dei SWNT accorciati, ad esempio con lunghe catene idrocarburiche, può renderli solubili in solventi organici. I primi nanotubi accorciati solubili sono stati funzionalizzati con ODA. La reazione diretta dei SWNT con lunghe catene amminiche porta invece alla formazione di zwitterioni. La funzionalizzazione con 4-tetradecilammina rende i SWNT solubili in THF, CS2 e solventi aromatici, mentre quelli funzionalizzati con anilina sono solubili solo in anilina. Questo è dovuto al fatto che le lunghe catene idrocar-buriche giocano un ruolo impotante tramite forze attrattive di van der Waals. FUNZIONALIZZAZIONE IONICA Questo tipo di funzionalizzazione ha i seguenti vantaggi: 1. la reazione acido/base rappresenta la via più semplice per solubilizzare SWNTs e può essere facilmente riprodotta a basso costo; 2. al contrario del caso del legame ammidico covalente, le specie ioniche possono essere scambiate facilmente con cationi organici e inorganici; 3. sono possibili interazioni con biomolecole. ANELLI DI NANOTUBI I gruppi ossigenati presenti in entrambe le estremità dei nanotubi, prodotti dal trattamento acido (H2O2/H2SO4), si possono sfruttare per reazioni che portino ad una chiusura ad anello. La figura 1 mostra la quantità di SWNTs dispersi in vari solventi, calcolata come concentrazione di nanotubi nella soluzione supernatante dopo una centrifugazione a 3500 giri. In ogni caso i SWNTs tendono ad aggregarsi in fasci e non si riesce a ridisperderli neanche se messi in un solvente migliore. FIGURA 1 FIGURA 2 In soluzione acquosa i nanotubi trattati con acido possiedono carica anionica; con l’aggiunta di controioni i SWNTs si aggregano accentuatamente in funzione della concentrazione e della valenza dei cationi (regola di Schulze-Hardy, in figura 2). ANELLI DI NANOTUBI La chiusura dell’anello può essere ottenuta accoppiando i gruppi ossigenati del SWNT con 1,3-dicicloesilcarbodiimmide molto diluita in dimetilformammide. La concentrazione di nanotubi deve essere bassa per ridurre la coagulazione. Il fattore determinante nella selezione della lunghezza dei nanotubi che prendono parte alla chiusura ad anello è la rigidità: le catene devono essere abbastanza lunghe da poter fluttuare per effetto termico, in modo da far sì che le estremità vengano a contatto; d’altro canto non devono essere troppo lunghe perché diminuisce la probabilità di avvicinamento delle estremità. STELLE DI NANOTUBI Riflussando SWNTs (lunghezza circa 1μm) in cloruro di tionile si ha la trasformazione dei gruppi carbossilici, per la formazione di cloruro di acile. Questo, reagendo con dendrimeri poliammidoammidi ramificati 10 volte, da luogo a strutture a stella. Se la miscela include nanotubi più corti non si ha evidenza di strutture a stella. Questo è dovuto al fatto che la reattività e la diffusione dei nanotubi più corti è maggiore e viene inibito l’attacco di quelli più lunghi. AGGREGAZIONE DI BACILLUS ANTHRACIS SU SWNTs FUNZIONALIZZATI CON ZUCCHERI La struttura superficiale e le interazioni chimiche delle spore di antrace (Bacillus anthracis) destano particolare interesse per la necessità di rilevamento e decontaminazione di questo pericoloso batterio. SWNTs funzionalizzati con diversi monosaccaridi (mannosio o galattosio) e con l’ausilio di cationi bivalenti, si legano al Bacillus anthracis, con conseguente aggregazione e riduzione della colonia (colony forming units, CFU). Gli zuccheri sono stati attaccati ai nanotubi tramite un gruppo amminico con opportuna reazione di ammidazione. Man-SWNT e Gal-SWNT sono solubili in acqua. Il fattore che determina l’aggregazione istantanea (visibile a occhio nudo) è essenzialmente l’inserimento del Ca2+; infatti aggiungendo EDTA, che funge da chelante per il calcio, le spore e i nanotubi si ridisperdono. La figura sotto mostra che una piccola aggiunta di Man-SWNT riduce la popolazione del 97.7% Questo modo di legarsi al bacillo risulta una peculiarità di questo tipo di sistemi, non ottenibile, ad esempio, con nanoparticelle polimeriche utilizzate solitamente per legami con Escherichia coli. Questo risultato è molto importante perché le spore aggregate di B. anthracis sono meno efficienti per inalazione, la via di trasmissione più letale per l’infezione dell’antrace. FUNZIONALIZZAZIONE DELLA PARETE DEI SWNTs Funzionalizzando la parete si ha una rottura della coniugazione π. Oltre alle interazioni covalenti e ioniche si possono sfruttare quelle non covalenti e l’avvolgimento da parte di polimeri. FUNZIONALIZZAZIONE DELLA PARETE DEI SWNTs - ESEMPI FLUORURAZIONE: tramite F2 a temperatura compresa tra 25 e 600°C, genera caratteristica isolante, il maggior grado di funzionalizzazione è stato C2F. ALCHILAZIONE E DEALCHILAZIONE: a partire dal nanotubo fluorurato si sostituisce il F con alchili grazie a reagenti di Grignard (RMgBr) o litio-organici (RLi). Possibiltà di completa dealchilazione e ritorno al prodotto puro riscaldando a 500°C in atmosfera inerte. IDROGENAZIONE: riduzione con Li metallico e metanolo disciolto in ammoniaca (riduzione di Birch). FUNZIONALIZZAZIONE DELLA PARETE DEI SWNTs - ESEMPI CICLOADDIZIONE: nella cosiddetta [2+1] ciclopropanazione di Bingel il dietilbromomalonato agisce come precursore del carbene (RR'C:). La [2+1] addizione avviene su nanotubi dispersi in 1,8diazobiciclo[5,4,0]-undecene (DBU). Successivamente i SWNTs reagiscono con 2-(metiltio)etanolo dando un materiale tiolato. Ciò può essere usato per unire chimicamente i nanotubi a nanoparticelle d’oro. FUNZIONALIZZAZIONE CON POLIMERI La reazione covalente di SWNTs con polimeri aiuta a dissolvere i nanotubi in una grande varietà di solventi, anche ad un basso livello di funzionalizzazione. Ci sono due metodologie: 1. “grafting to”, ovvero pre-sintesi del polimero ad un determinato peso molecolare e successivo attacco; 2. “grafting from”, che consiste nell’immobilizzazione del precursore sul nanotubo e polimerizzazione in situ in presenza dei monomeri. ALTRE POSSIBILITA’ – INTERAZIONI NON COVALENTI Compositi con polimeri, per migliorare le caratteristiche di ogni tipologia di polimero. Attacco a biomolecole: una classe che spesso si lega particolarmente bene ai nanotubi senza perdere la propria funzione sono le proteine. GABBIE DI NANOTUBI Le forze di van der Waals lungo l’asse dei nanotubi di carbonio sono molto forti, quindi l’aggregazione è termodinamicamente favorita. Se l’affinità fra i fasci di SWNTs e il solvente è debole, la dispersione diventa cineticamente stabile, e ciò viene sfruttato per processi di selfassembly, come quello per la formazione delle cosiddette gabbie di nanotubi. Il processo consiste in adsorbimenti di nanotubi su una base di gel di silicio e stabilizzazione dei SWNTs adsorbiti. L’iniziazione avviene con interazioni ammina-SWNT, quindi occorre un trattamento acido. I tubi molto corti vengono asportati con centrifugazione per evitare adsorbimento nei pori del gel. Centrifuga per sedimentarle. Solo una volta seccate, le sfere sono molto stabili, infatti i nanotubi non si deadsorbono se le sfere vengono ridisperse. Questo perché durante l’evaporazione del solvente i SWNTs si avvicinano, aumentando i contributi di van der Waals del network. L’aggregazione tra i nanotubi avviene ma è molto più lenta, quindi trascurabile. Senza funzionalizzazione amminica (fig. a) non vi è adsorbimento sul gel, quindi i SWNTs vengono adsorbiti solo sulle superfici funzionalizzate o sui nanotubi già adsorbiti. Questo è verificabile osservando che all’aumentare dei cicli aumenta la rugosità (fig. b). Effettuando un processo layerby-layer con un breve tempo di adsorbimento permette di evitare cross-linking fra sfere vicine.
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