Perdonami, Leonard Peacock

Heidegger: termini-chiave di Essere e Tempo
Ente (Seiendes). Tutto ciò che è e con cui entriamo in rapporto: «Ente è tutto ciò di cui parliamo, ciò a
cui pensiamo, ciò nei cui riguardi ci comportiamo in un modo o nell'altro; ente è anche ciò che noi siamo
e come noi siamo» (Essere e tempo, par. 2).
Essere (Sein). Ciò che entifica l'ente e lo rende accessibile, pur non riducendosi ad esso. In Essere e tempo l'essere si configura come una x enigmatica che si sottrae ad ogni definizione tradizionale e stimola
alla ricerca: «L'indefinibilità dell'essere non dispensa dal problema del suo senso, ma, al contrario, lo
rende necessario» (ivi, par. 1).
Esserci (Dasein). L'ente-uomo, ossia quell'ente che ha, come modo d'essere specifico, l'esistenza. Il ci
(Da) dell'Esserci esprime i due caratteri originari di quest'ente, ovvero la sua esistenza situata e spaziotemporalmente individuata (il suo «esser-qui-ora») e la sua apertura estatica all'essere: il suo «in» e il
suo «ex».
Esistenza (Existenz). Modo di essere dell'Esserci , qualificato, innanzitutto, dalla comprensione dell'essere, cioè dal fatto che l'uomo non può rapportarsi agli enti e a se stesso se non sulla base di una sia pur
vaga nozione dell'essere in generale: «La comprensione dell'essere è anche una determinazione d'essere dell'Esserci. La peculiarità ontica dell'Esserci sta nel suo esser-ontologico» (ivi, par. 4). Oltre che dalla
comprensione dell'essere, l'esistenza risulta qualificata dalla possibilità, in quanto essa non è una realtà
fissa e predeterminata, ma un insieme di possibilità fra cui l'uomo deve scegliere: «l'Esserci è sempre la
sua possibilità» (ivi, par. 9). Per queste caratteristiche, l'esistenza è costitutivamente progetto e trascendenza. Ne segue che l'Esserci non ha un'essenza (cioè una natura data) in quanto la sua essenza è la
sua esistenza. N.B. A differenza dell'ontologia tradizionale, che parlava di esistenza (existentia) a proposito di qualsiasi realtà di fatto, Heidegger usa il termine solo in riferimento all'uomo. Per indicare gli altri
enti usa l'espressione semplice-presenza.
Semplice-presenza (Vorhandenheit). È il modo di essere degli enti difformi dall'Esserci, cioè quegli enti
intramondani che l'uomo incontra nel suo prendersi-cura di essi. Enti che, in relazione all'Esserci, presentano il carattere dell'utilizzabilità.
Progetto. Modo di essere dell'uomo, che, in quanto esistenza, pro-getta o anticipa le proprie possibilità.
Infatti, mentre le cose sono ciò che sono (ossia delle semplici-presenze), l'uomo è ciò che «ha da essere», ovvero l'ente a cui «nel suo essere, ne va di questo essere stesso» (ivi, par. 4).
Trascendenza. È il modo di essere proprio dell'uomo che, in quanto esistenza, trascende l'ente in direzione dell'essere e la realtà in direzione della possibilità: «la trascendenza è qualcosa di appartenente
all'Esserci dell'uomo; non però come suo comportamento possibile fra altri [...] ma come la costituzione
fondamentale di questo ente, precedente ogni altro comportamento possibile» (L'essenza del fondamento, trad. it. in Essere e tempo, cit., par. 2).
Esistentivo. Designa la comprensione che ogni singolo uomo ha di sé e dei problemi che lo riguardano:
«L'esistenza è decisa [...] da ogni singolo Esserci [...] La comprensione di se stesso che fa da guida in questo caso noi la chiamiamo esistentiva» (Essere e tempo, cit., par. 4).
Esistenziale. Designa una determinazione costitutiva (o strutturale) dell'esistenza, cioè un tratto o un
carattere essenziale di essa, che è compito della considerazione ontologica portare alla luce.
Categoria. Si oppone a esistenziale e designa il modo di essere delle cose, in quanto semplici-presenze
intramondane.
Ontico-ontologico. Coppia di concetti parallela alla coppia esistentivo-esistenziale. Ontica è ogni proprietà e ogni considerazione empirico-immediata dell'ente. Ontologica è ogni proprietà strutturale e
ogni considerazione riflessa (o filosofica) dell'ente.
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Essere-nel-mondo (in-der-Welt-sein). È ìl modo di essere dell'uomo, che è «nel» mondo in
maniera costitutiva e del tutto peculiare: ossia in modo tale da progettare il mondo e da sottometterlo
alle proprie esigenze e alle proprie finalità. N.B. 1) II «nel-mondo» non va interpretato nel senso spaziale
di contenuto e contenente. In quanto Esserci l'uomo non è nel mondo come l'acqua nel bicchiere o la
chiave dentro la serratura. 2) II rapporto dell'uomo con il mondo non è assimilabile al tradizionale rapporto soggetto-oggetto. Infatti l'uomo non è assimilabile ad una sorta di soggetto cartesiano chiuso nel
giro delle proprie rappresentazioni e virtualmente «senza mondo», poiché esso esiste solo come apertura al mondo. Tant'è vero che per Heidegger lo «scandalo della filosofia» non consiste nella mancata dimostrazione dell'esistenza del mondo esterno, ma «nel fatto che tale dimostrazione continui ad essere
richiesta e tentata» (ivi, par. 43). L'Esserci non si identifica con uno dei due poli del rapporto con il mondo, ma con la globalità di questo rapporto medesimo. Con il concetto di essere-nel-mondo Heidegger intende quindi superare la scissione moderna tra res cogitans e res extensa.
Mondo. Non è la somma degli oggetti esistenti, ma il piano globale di utilizzabilità delle cose. Essendo la
totalità dei rimandi e dei significati che mettono capo all'uomo, il mondo non è una realtà, ma un esistenziale: «Ontologicamente il "mondo" non è affatto una determinazione dell'ente difforme dall'Esserci, ma è, al contrario, un carattere dell'Esserci stesso» (ivi, par. 14).
Utilizzabilità (Zuhandenheit). È il modo di essere delle cose, che, in rapporto all'Esserci, assumono le caratteristiche di mezzi o strumenti del suo agire: «Il modo di essere del mezzo, in cui questo si manifesta
da se stesso, lo chiamiamo utilizzabilità. Solo perché il mezzo possiede questo "essere in sé" e non è
qualcosa di semplicemente presente, esso è maneggiabile e disponibile nel senso più largo» (ivi, par.
15).
Visione ambientale preveggente (Umsicht). È la visione circospetta del mondo-ambiente e del complesso dei rimandi fra gli utilizzabili.
Comprensione (Verstehen). Heidegger afferma che i due modi originariamente costitutivi in cui l'Esserci
ha da essere il suo ci sono la situazione emotiva e la comprensione. Quest'ultima è la comprensione che
l'uomo ha di se stesso in quanto poter-essere, cioè in quanto possibilità e progetto di possibilità: «Nel
discorso ontico, usiamo sovente l'espressione "comprendere qualcosa" nel senso di "essere in grado di
affrontare qualcosa", di "esser capace di", di "saperci fare", di potere [...] Della comprensione fa parte,
in linea essenziale, il modo di essere dell'Esserci in quanto poter-essere» (ivi, par. 31). Heidegger afferma che noi possediamo una precomprensione del mondo e che la stessa conoscenza è nient'altro che
un'articolazione del precompreso. Questo circolo della comprensione o circolo ermeneutico sarà approfondito in seguito da Gadamer, che ne farà uno dei pilastri della propria ermeneutica.
Con-essere (Mitsein). È il modo di essere dell'Esserci in quanto con-Esserci, ossia in quanto esistenza fra
le altre esistenze: «L'Esserci è in se stesso essenzialmente con-essere» (ivi, par. 26). Mentre la relazione
con gli utilizzabili prende la forma del prendersi-cura ambientale, la relazione con gli Altri prende la forma dell'aver-cura degli Altri.
Autenticità, inautenticità (Eigentlichkeit, Uneigentlichkeit). Sono le due possibilità fondamentali dell'esistenza. L'esistenza autentica è quella che si comprende a partire dalla possibilità più propria (= la morte). L'esistenza inautentica è quella che si comprende a partire dal mondo e dagli altri.
Esistenza anonima. È l'esistenza inautentica del Si (Man), cioè quella in cui il «si dice» o il «si fa» dominano inconstrastati e in cui campeggiano la chiacchiera, la curiosità e l'equivoco.
Deiezione (Verfallen). È la caduta dell'Esserci nella quotidianità banale e inautentica che caratterizza i
suoi commerci con il mondo.
Situazione emotiva. È lo stato in cui l'Esserci esperimenta, a livello emotivo, il proprio esser-gettato nel
mondo: «la situazione emotiva apre l'Esserci nel suo esser-gettato e, innanzitutto e per lo più, nella forma della diversione evasiva» (ivi, par. 29).
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Esser-gettato (Geworfenheit). È il carattere per cui l'esistenza risulta gettata nel mondo, a titolo di progetto gettato: «Questo carattere dell'essere dell'Esserci, di esser nascosto nel suo donde e nel suo dove
[...] questo "che c'è" noi lo chiamiamo l'esser-gettato di questo ente nel suo Ci [...] L'espressione essergettato sta a significare l'effettività dell'essere consegnato» (ivi, par. 29).
Cura (Sorge). È la totalità delle strutture dell'Esserci, sia autentiche sia inautentiche, ed è costituita
dall'unione di esistenzialità (progetto), effettività (l'esser-gettati) e deiezione: «La Cura non caratterizza
[...] la sola esistenzialità, separata dall'effettività e dalla deiezione, ma abbraccia l'unità di queste determinazioni d'essere» (ivi, par. 41). Il senso della cura è dato dalla temporalità.
Morte. La possibilità «più propria», incondizionata e certa dell'Esserci, scegliendo la quale l'uomo si appropria del suo essere autentico: «La morte è la possibilità della pura e semplice impossibilità dell'Esserci. Così [...] si rivela come la possibilità più propria, incondizionata e insuperabile» (ivi, par. 50; cfr. anche
par. 52).
Angoscia. La situazione emotiva in virtù della quale l'uomo si trova di fronte al nulla, ovvero a quella
possibile impossibilità della propria esistenza che è rappresentata dalla morte: «la situazione emotiva
che può tener aperta la costante e radicale minaccia incombente sul se Stesso — minaccia che proviene
dal più proprio e isolato essere dell'Esserci — è l'angoscia. In essa l'Esserci si trova di fronte al nulla della
possibile impossibilità della propria esistenza. L'angoscia si angoscia per il poter-essere dell'ente così costituito e ne apre in tal modo la possibilità estrema» (ivi, par. 53); «L'angoscia non dev'essere confusa
con la paura davanti al decesso. Essa non è affatto una tonalità emotiva di "depressione", contingente,
casuale, alla mercé dell'individuo; in quanto situazione emotiva fondamentale dell'Esserci, essa costituisce l'apertura dell'Esserci al suo esistere, come esser-gettato per la propria fine» (ivi, par. 50).
L'essere-per-la-morte. È l'esistenza autentica, in quanto decisione anticipatrice della morte: «L'anticipazione svela all'Esserci la dispersione nel Si-stesso e, sottraendolo fino in fondo al prendente cura aver
cura, lo pone innanzi alla possibilità di essere stesso, in una libertà appassionata, affrancata dalle illusioni del Si, effettiva, certa di se stessa e piena d'angoscia: la libertà per la morte» (ivi, par. 53).
Voce della coscienza. Il richiamo dell'esistenza a se stessa, cioè al proprio nulla di fondo. Nulla consistente: 1) nel fatto che l'uomo, pur trovandosi ad essere il fondamento di se stesso (cioè l'autore delle
proprie scelte), in quanto progetto-gettato, non risulta il fondamento del proprio fondamento, ossia del
proprio essere; 2) nel fatto che l'uomo, nella sua finitudine, può progettare determinate possibilità soltanto escludendo o negando altre possibilità. Tale richiamo, che coincide con un sentimento di «colpevolezza», si concretizza in una decisione per il nulla, che fa tutt'uno con la decisione anticipatrice della
morte: «La coscienza si rivela quindi come un'attestazione dell'essere dell'Esserci, in cui l'Esserci è chiamato innanzi al suo poter-essere più originario» (ivi, par. 58); «La nullità, che domina originariamente
l'essere dell'Esserci, gli si svela nell'essere-per-la-morte autentico» (ivi, par. 62).
Temporalità. Rappresenta il senso unitario della struttura della Cura, in quanto è «essere-avanti-a-sé»
(progetto), «essere-già-in» (gettatezza) ed «essere-presso» (deiezione): «La temporalità rende possibile
l'unità di esistenza, effettività e deiezione, e costituisce così la totalità originaria della struttura della Cura» (ivi, par 65).
Storicità autentica. È la scelta, per l'avvenire, delle possibilità che sono già state, ovvero un tramandarsi
di tali possibilità, una loro ripresa decisa, che Heidegger chiama anche destino (in senso attivo e non
passivo).
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