CARLO GOLDONI pdf free

Lo scavo archeologico
di Santa Mustiola
Ghizzano - Peccioli (PI)
Storia di un sito abitato in età romana,
longobarda e medievale.
Per tutte le informazioni e le curiosità sulle attività svolte in Valdera dal Gruppo Archeologico Tectiana, visitate il sito www.tectiana.org o chiamate al 347 9924571.
Dal 16 al 31 agosto 2013, in occasione della nuova campagna di scavo, è possibile
visitare il sito e parlare con gli archeologi impegnati nei lavori.
Realizzato da:
Gruppo Archeologico Tectiana
Palazzo Bientinesi, via Corsica 3
56030 Santo Pietro Belvedere, Capannoli (PI)
C.F. 90024640501 - P.IVA 01562420503
Stampato in proprio nel mese di luglio 2013.
Distribuzione gratuita.
Il Gruppo Archeologico Tectiana, appartenente all’Associazione Nazionale dei Gruppi Archeologici d’Italia, è un’associazione di volontariato che si occupa
della tutela, valorizzazione e salvaguardia del patrimonio storico, archeologico e
culturale del nostro Paese, collaborando con la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana e, in generale, con tutte le Istituzioni preposte.
Siamo attivi da oltre quindici anni in quasi tutti i comuni della Valdera e, grazie
all’impegno dei soci, siamo riusciti ad ottenere importanti risultati dal punto di
vista scientifico e culturale.
Questo opuscolo che avete tra le mani è nato proprio per divulgare alla cittadinanza i dati raccolti in dieci anni di ricerche sul sito di Colle Mustarola a Ghizzano
di Peccioli. Sono stati anni emozionanti, condivisi con tante persone che hanno
dedicato il loro tempo e le loro competenze alla ricostruzione della storia di un
territorio che ebbe, a partire dall’età romana, un importante ruolo dal punto di
vista strategico e commerciale.
Dopo dieci anni siamo ancora qui, pronti per un’altra campagna di scavo che si
terrà nel prossimo mese di agosto e alla quale parteciperanno archeologi, studenti universitari e volontari. La speranza è quella di incrementare le importanti
scoperte finora effettuate e di continuare ancora per molti anni.
Non mi rimane che ringraziare di cuore tutte le persone che hanno reso possibile
tutto questo, ed in particolare il dott. Giulio Ciampoltrini, Archeologo Responsabile del Territorio presso la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana,
il sig. Sandro Cioni, proprietario del terreno in cui è ubicato il sito di Santa Mustiola, l’Amministrazione Comunale di Peccioli per il costante supporto economico
e logistico, gli abitanti del paese di Ghizzano, che ci hanno accolti e aiutati in
ogni momento, e tutti i soci che hanno collaborato con noi in questi anni.
Vi aspettiamo per una visita allo scavo!
Elisa Piludu
Direttore Gruppo Archeologico Tectiana
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LA SCOPERTA DEL SITO
Lo scavo di Santa Mustiola, in località Colle Mustarola nel territorio del
Comune di Peccioli (fig. 1), si colloca in un progetto di ricerca svolto dal
Gruppo Archeologico Tectiana lungo le valli dell’Era, con lo scopo di documentare le trasformazioni del tessuto insediativo attraverso le fasi storiche che hanno caratterizzato quest’area. In particolare, nel territorio
pecciolese la sezione locale del G.A.T. ha intrapreso una serie di ricerche
per incrementare le conoscenze e i dati sul popolamento antico, ben accertato per quanto riguarda l’età etrusca grazie allo scavo di Ortaglia, ma
poco delineato per le epoche successive. Pochi sono i dati archeologici
disponibili per la Valdera volterrana in età romana, con sporadici rinvenimenti, tra i quali quello nei pressi del Podere Olmo, lungo la Strada Provinciale della Fila, scoperto nel 2003, probabilmente traccia degli interventi di bonifica effettuati a partire dall’età augustea fino a gran parte del
II secolo d.C. Il passato medievale di Peccioli è invece l’aspetto più conosciuto, con le sue vicende di castello posto in posizione strategica di confine tra le diocesi di Lucca e di Volterra. Un territorio potenzialmente ricco di documenti storici e archeologici interessanti finora inesplorati e sepolti, se non per scoperte fortuite e casuali.
Fig. 1. L’area di Santa Mustiola a Ghizzano di Peccioli (dalla Carta Tecnica Regionale Toscana).
Il progetto di ricerca ha preso il via nel 2004, con una serie di ricognizioni nelle campagne pecciolesi, affiancate da un’attenta raccolta di fonti
orali provenienti dagli abitanti locali, spesso riguardanti località e edifici
oggi non più visibili o rintracciabili. Durante queste fasi, gli abitanti della
frazione di Ghizzano indicarono un piccolo colle in località Mustarola, come luogo ricco di materiali da costruzione, e per questo interessato da
spoliazioni ripetute nel tempo, e da ritrovamenti ossei anche a poca profondità.
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Alla base del colle sorgeva una fornace di laterizi, attiva fino alla metà
dello scorso secolo, le cui rovine sono tuttora visibili.
Con il permesso dell’attuale proprietario del terreno, il signor Sandro
Cioni, la direzione scientifica della Soprintendenza per i Beni Archeologici
della Toscana e il supporto dell’Amministrazione Comunale di Peccioli,
l’indagine è iniziata sistematicamente nel giugno 2004, con l’intento di
scoprire le strutture edificate che avevano lasciato tracce così consistenti
nel sito.
Il sito di Colle o Podere Mustarola si trova al confine tra le due province di Pisa e Firenze, lungo la direttrice per Castelfalfi, storicamente molto
importante perché era l’asse principale che collegava la Valdera volterrana a Siena, Chiusi e Roma. Le fonti storiche, soprattutto lucchesi, riportano il toponimo Mustarola, sebbene alterato in numerose varianti, per la
prima volta in un atto dei primi dell'XI secolo, in cui l'abate di Sesto allivella a più riprese una cassina in un luogo detto Santa Mustiola. Successivamente, in un documento del 1127 viene nominata una cappella dedicata a Santa Mustiola.
Due documenti lucchesi del 1212 attestano una contesa per la cappella di
Santa Mustiola fra il monastero lucchese di Santa Giustina – che dichiara
di aver contribuito al suo rifacimento - e il pievano di Castelfalfi; la cappella passò poi nel piviere di Montefoscoli e da lì, nel corso del XV secolo,
alla pieve di Ghizzano. Infine venne soppressa nel 1512 da papa Giulio II
e passata al Capitolo della Collegiata di San Lorenzo a Firenze, diventando oratorio. Un'ulteriore attestazione si evince anche dalla cartografia
allegata alle Rationes Decimarum Italiae (fig. 2), in cui compaiono gli edifici sacri presenti nel territorio nel Duecento compresa la chiesa di Santa
Mustiola, ubicata proprio dove sorge il piccolo colle. Mustiola, mai attestata in altre dedicazioni della zona, è
una martire del III secolo, santa protettrice della città di Chiusi.
Fig. 2. Cartografia dalle Rationes Decimarum Italiae,
in cui compare la chiesa di S. Mustiola.
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LE PRIME FASI INSEDIATIVE: ROMANI E LONGOBARDI
Le fonti scritte recuperate indicano con certezza la frequentazione del
sito in epoca medievale, quindi le prime indagini si sono rivolte
all’individuazione dei resti della piccola chiesa. Dopo una prima ricognizione dell’area le ricerche si sono concentrate su due aree: sul pendio del
colle, dal quale emergevano alcuni tratti di una muratura, e sulla sua
sommità, luogo evidentemente più adatto per la costruzione dell’edificio
sacro.
Nell’area situata sul pendio del colle lo scavo ha portato alla luce buona parte del tratto di un muro (fig. 3), che per tecnica muraria sembra
riferirsi all’epoca romana, visti i confronti puntuali con strutture murarie
rinvenute a Volterra.
Fig. 3. Tratto di muro romano sul pendio del colle.
Nella parte superiore della muratura si osservano frequenti restauri e
tamponamenti recenti, a testimonianza del fatto che almeno una porzione del muro fuoriusciva dalla terra fino a una ventina di anni fa, così come si tramandava dalle fonti orali raccolte.
Sempre in quest’area è venuta in luce una lastra pavimentale in cocciopesto, obliterata da strati di colluvio formati da pietre miste a laterizi e
tegole rotte, insieme ad una grande quantità di ceramica grezza e depurata, sia acroma che dipinta, vetri e ossa animali. Questo deposito si era
formato in breve tempo, per scivolamento verso il basso dall’apice del
colle.
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L’ampliamento dei limiti di scavo ha permesso di individuare
l’andamento del muro e portare in luce il pavimento. Il muro termina sul
lato ovest, conservando nell’ultima parte solo l’ultimo filare di pietre, sul
lato est sembra proseguire al di sotto di alcuni alberi, mentre è stato scavato tutto il pavimento in cocciopesto, del quale sono emersi anche tre
muri perimetrali. Questa struttura si è rivelata essere una cisterna di età
romana (fig. 4).
Fig. 4. La cisterna romana in cocciopesto.
Il perimetrale a nord è conservato in tutta la sua lunghezza (m 4,84, corrispondenti a poco più di 16 piedi romani) e per un altezza massima di
circa m 1,5; il perimetrale ovest è quasi del tutto sparito, se ne conserva
l’angolo e un breve tratto per pochi cm di altezza; il perimetrale est è
conservato per un paio di metri in lunghezza e 1,5 m in altezza.
Il muro sud invece manca del tutto e non sono emersi resti pavimentali o
paramentali consistenti ad esso relativi in fase di scavo, forse a causa di
interventi di spoliazione avvenuti dopo l’abbandono della struttura o ad
eventuali sfruttamenti dell’area in età successive. Tutti i muri sono costruiti con una tecnica edilizia raffinata, con pietre di piccole e medie dimensioni legate con abbondante e tenace malta, mentre il loro lato interno è rivestito con un paramento di composizione simile al cocciopesto
pavimentale, a grana però più fine ed omogenea.
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Lo stato di conservazione della cisterna non è molto buono, il paramento in cocciopesto risulta in diversi punti fessurato a causa delle radici
degli alberi di alto fusto che hanno gravato sulla struttura. Per tale motivo si è reso indispensabile un intervento di consolidamento temporaneo
per evitarne il collasso strutturale.
La presenza della cisterna ha fatto ipotizzare che il primo muro individuato all’inizio dello scavo (quello di fig. 3), situato al di sotto di essa,
potesse essere parte dei resti di una facciata monumentale.
Le strutture rinvenute erano quindi parte di una cisterna databile per tipologia al I secolo d.C., un unicum nel territorio rurale della Valdera, e di
cui si hanno confronti con una cisterna, molto più grande, rinvenuta a
Volterra durante gli scavi dell’ex ospedale di Santa Maria Maddalena nel
2002. La sua costruzione implica necessariamente la presenza di una villa
o serie di abitazioni situate ai piedi del colle, che venivano riforniti
d’acqua per caduta. I materiali ceramici appartengono quasi esclusivamente al periodo che va dalla fine del VI secolo al VII secolo.
Oltre alla ceramica sono stati rinvenuti frammenti di vetro, chiodi e un
medaglione in osso con incisione. Numerosi sono poi i resti di ossa animali, da interpretare con tutta probabilità come un immondezzaio scivolato verso valle, formatosi nel VI-VII secolo da un piccolo insediamento
posto sull’apice del colle. Di tale nucleo abitativo abbiamo attualmente
solo resti indiretti, poiché l'area di sommità su cui presumibilmente si trovava è attualmente occupata da strutture di epoca successiva.
Alcuni materiali ceramici rinvenuti all’interno della cisterna romana.
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L'interpretazione storica dell'abitato tardoantico, alla luce dellla cronologia e della tipologia ceramica, ha attinto alle fonti scritte e archeologiche disponibili suggerendo l'ipotesi di una possibile fortificazione sulla
sommità della collina, in posizione strategica dominante. Ci troviamo infatti in una zona che nei secoli VI e VII possiamo definire “di confine” tra
il territorio bizantino di Volterra e il ducato longobardo di Lucca. In particolare l'esistenza di questo piccolo avamposto è ricollegabile alla presenza longobarda in Valdera grazie alla toponomastica. Esempio emblematico è il toponimo Castelfalfi, centro a pochi chilometri di distanza da Colle
Mustarola, che se da un lato conferma la vocazione di confine dell'area,
dall'altro anticipa la situazione che si verificherà dopo il Mille, quando la
chiesa di Santa Mustiola entrerà a far parte di questo piviere.
Il toponimo Castellum Faolfi, nonostante la diffusione di tale nome, potrebbe sottolineare la relazione tra il Faolfus chiusino, vissuto nei decenni
a cavallo tra il VI e VII secolo, e l’omonimo che ha lasciato il proprio nome proprio in questo piccolo insediamento ancora oggi esistente, la cui
prima attestazione storica risale all’VIII secolo.
Il nome Castellum Faolfi è incluso in una serie tipologica che consiste
in un nomen loci – vicus o castellum – ed un antroponimo longobardo.
Questa consuetudine toponomastica, in particolar modo per designare
dei castella, è totalmente estranea sia alla tradizione romana sia a quella
bizantina. Tutto ciò sembra ricondurre quindi ad una sua fondazione longobarda, e seppure questi castella così designati non influiscano
nell’ordinamento territoriale (al contrario di quanto succedeva per i castella bizantini), ci troviamo molto vicini al confine tra Volterra e Lucca,
per cui con la conquista longobarda della civitas bizantina, avvenuta tra il
594 e il 607, la località da noi indagata potrebbe essere stata teatro degli
scontri che ne derivarono. Probabilmente la fondazione di Castelfalfi risale a qualche decennio prima (attorno al 570-580), momento in cui Volterra non è ancora assediata dai longobardi, i quali creano appunto questa
struttura di confine per il controllo del territorio e in particolare della direttrice Lucca-Siena-Chiusi, che sarà poi della Via Francigena.
L’ipotesi longobarda può trovare ulteriore conferma nel fatto che la
santa a cui è dedicata la chiesa, Mustiola, è, come già accennato sopra,
venerata a Chiusi (uno dei due ducati longobardi della Tuscia, insieme a
Lucca, fondati negli ultimi decenni del VI secolo), forse solo una coincidenza oppure un forte segnale della sicura presenza dei Longobardi nella
zona visto che anche Colle Mustarola si trova sulla direttrice che porta a
Chiusi.
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A contributo di questa interpretazione storica occorre menzionare lo
studio preliminare della ceramica accumulatasi all'interno della cisterna. Il
lotto rinvenuto dà infatti un significativo contributo alla definizione dei tipi
ceramici della Toscana centrale tra VI e VII secolo. La presenza di varie
forme chiuse decorate con incisioni e colature in rosso, gli orcioli, attestati nei complessi tombali di età longobarda di Fiesole, Chiusi e Lucca, nonché in livelli d'uso del pozzo del palazzo vescovile di Pistoia e Massaciuccoli, mostra come i contatti con queste popolazioni fossero attivi, grazie
ad un asse commerciale che permetteva la ridistribuzione dei materiali
nell'entroterra.
Per portare in luce le strutture pertinenti alla cisterna romana che dovevano servirsi della stessa per il rifornimento di acqua, nel corso della
campagna di scavo 2012 è stata allargata l’area di scavo (fig. 5). Le indagini hanno portato alla luce crolli di tegole e mattoni, una superficie pavimentale e varie tracce di focolari. Dal punto di vista materiale sono state
rinvenute ceramiche medievali e rinascimentali negli strati più superficiali,
misti a ceramiche di età precedente, accomunabili con quelle presenti
all’interno della cisterna e che da lì sono scivolate verso il basso. Sono
stati rinvenuti anche frammenti di vetro, chiodi e un piccolo dado da gioco in avorio.
Fig. 5. Ampliamento dell’area di scavo sul pendio del colle.
A destra, il dado da gioco rinvenuto nei pressi del muro.
Le indagini in quest’area proseguiranno nel corso della prossima campagna di scavo.
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I RESTI DELLA CHIESA MEDIEVALE
Al fine di rintracciare le strutture superstiti della chiesa di Santa Mustiola, si è deciso di indagare tutta l'area sommitale del colle, provvedendo ad un parziale e contenuto disboscamento (fig. 6). La nuova area di
scavo si è subito presentata fortemente compromessa da numerose tracce di scavi, tagli e trincee per l'asportazione del materiale lapideo. Poco
al di sotto dello strato di humus superficiale sono emersi materiali da costruzione, chiodi, frammenti di ceramiche tardomedievali, attribuibili a
fasi seicentesche, ovvero sia agli ultimi periodi di vita della chiesa, ma
stratigraficamente poco attendibili visti i ripetuti interventi di spoliazione.
A poche decine di centimetri di profondità sono stati rinvenuti alcuni lacerti strutturali, presumibilmente pertinenti alla chiesa, e numerosi crolli
collocati lungo i bordi del colle. Nel settore nord/ovest dell'area sono emerse alcune strutture murarie forse tra loro collegate e relative all'edificio sacro. Si tratta di pietre di medie dimensioni legate da terra e poca
malta, appena sbozzate, con l'eccezione di alcuni blocchi finemente squadrati che sembrano essere riutilizzi di età romana, e di una lastra di pietra fessurata. Tali unità stratigrafiche potrebbero definire il perimetro
nord/ovest dell'edificio, al di fuori del quale si troverebbe un’area caratterizzata da una forte concentrazione di ossa umane frammentate e senza
alcuna connessione anatomica, e piccoli frammenti di ceramica acroma,
terra sigillata, una moneta di rame in pessime condizioni di conservazione e una medaglietta devozionale seicentesca in bronzo (fig. 7).
Fig. 7.
Medaglietta devozionale in bronzo.
Fig. 6.
Veduta dall’alto
dell’area sommitale
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Nell'altro settore indagato, ubicato a sud/est dell'area di scavo, è emersa una poderosa fossa di spoliazione (fig. 8), ancora in fase di scavo,
che presumibilmente aveva interessato il perimetrale sud della chiesa, di
cui rimane visibile un crollo lungo il margine della collina, caratterizzato
da bozze scanalate e lavorate, tra cui si riconosce una chiave di volta.
Dalla fossa si dirama in direzione nord una seconda trincea spoliativa,
che prosegue oltre i limiti di scavo. Il riempimento di queste due fosse
era caratterizzato da un terreno a matrice sabbiosa molto friabile (a differenza del terreno circostante, compatto e a matrice argillosa), ricco di
frammenti lapidei, forse scarti di una lavorazione in situ del materiale
spoliato.
Fig. 8. La trincea di spoliazione.
Fig. 9. Struttura muraria o sepoltura in pietra?
Sul limite est dell'area, a contatto con il crollo, è emersa poi una struttura muraria conservatasi per un tratto di circa 1 metro, costituita da pietre sbozzate di medio-grandi dimensioni legate da malta. La struttura è
caratterizzata da paramenti esterni su tutti i tre lati conservati, mentre
l'interno è vuoto (fig. 9). Potrebbe trattarsi, quindi, di una sepoltura in
pietra oppure di una lacerto murario a sacco, svuotato dal suo riempimento. Attorno alla struttura, che al momento dello scavo era ricoperta
solo da uno strato di humus superficiale, rimangono alcune lastre di pietra ben lavorate, forse resti di una soglia.
Tutte le scoperte effettuate sull’apice del colle hanno confermato
l’ubicazione della chiesa di Santa Mustiola, e i lavori sono continuati in
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maniera sistematica ed uniforme su tutta la superficie scavabile.
Un dato che si rileva in maniera omogenea è la presenza massiccia di
resti ossei umani, anche a poca profondità, isolati dai loro contesti originari e privi di connessioni, spesso raggruppati in piccoli mucchi. Probabilmente sono un residuo dei lavori di spoglio strutturale dell'edificio e, a
loro volta, sembrano segnalare la presenza di una zona adibita a cimitero
ubicata attorno alla chiesa.
Nel settore nord-nord/est dell'area, lo scavo ha portato in luce un lungo tratto di muro interpretabile come perimetrale nord della chiesa conservatosi per oltre 5 metri di lunghezza e di cui, al momento attuale, non
è ancora stata trovata la fossa di fondazione (figg. 10, 11, 12). Il muro è
costituito da blocchi di pietra di medio-grandi dimensioni legate da terra
e malta disposti in filari regolari, ed in più punti mostra segni di spoglio,
soprattutto nella parte terminale occidentale. La muratura potrebbe essere in continuità con le altre strutture trovate nel settore nord/est, definendo tutto il perimetrale nord dell'edificio.
Figg. 10, 11, 12. Muro perimetrale della
chiesa nelle varie fasi di scavo.
A sud della struttura muraria, direttamente a contatto con essa, in quello
che doveva essere il lato interno della chiesa, sono emerse varie deposizioni in fossa terragna, con i defunti sistemati in posizione parallela al
muro (fig. 13). Le inumazioni appartengono sia ad adulti sia a bambini,
talvolta neonati, posizionati in alcuni casi uno sopra all’altro.
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La disposizione sovrapposta dei morti fa pensare ad un utilizzo ripetuto di
questo spazio, con riaperture frequenti delle fosse di inumazione, che
molte volte hanno intaccato, se non addirittura asportato, le sepolture
precedenti (fig. 14).
Fig. 13. Una delle sepolture in fossa terragna parallele al muro della chiesa.
Fig. 14. Sepoltura di bambino deposto su un fianco, nel piccolo spazio rimasto tra il muro
della chiesa e un’altra sepoltura.
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Le sepolture posizionate lungo il
perimetrale della chiesa si contrappongono per ubicazione e quindi per significato alle altre sepolture rinvenute
nel settore est dell'area, adibito a cimitero. Forse si tratta di deposizioni
privilegiate, oppure sono da attribuire
ad un periodo diverso di inumazione.
Le sepolture del cimitero per ora scavate, tutte in terra, risultano più o meno tutte allineate con la testa verso
ovest e i piedi verso est (fig. 15). La
posizione del defunto varia, a volte è
supina mentre in due casi è rannicchiata su un fianco. Dato comune a
tutte le deposizioni è la mancanza degli arti inferiori, tranne una dove i femori risultano rotti e ripiegati all'interno della fossa, quasi come a voler far
entrare il defunto in uno spazio troppo
piccolo per contenerlo. Due di queste
sepolture supine, inoltre, presentavano due pietre ai lati della testa per
evitare la dislocazione del collo. È probabile che la mancanza degli arti sia
da attribuire anche alla posizione scelta per il cimitero: siamo sul margine
est del colle, sottoposto a continuo
dilavamento per le piogge che può
aver trascinato a valle parti degli scheletri.
I materiali rinvenuti nel cimitero
sono per lo più frammenti di maiolica
arcaica e acroma depurata, con l'eccezione di una moneta in rame lucchese
interpretabile come denaro enriciano
di fine XII – inizi XIII secolo.
Fig. 15. L’area del cimitero di Santa Mustiola.
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Anche nelle sepolture interne alla chiesa non sono emersi corredi funerari, ma solo in pochi casi sono stati rinvenuti tra le ossa oggetti in ferro, rame o bronzo riconducibili a spille. Reperti degni di nota sono invece
stati trovati negli strati di tutta l’area di scavo sommitale. Purtroppo, come già accennato, i continui rimaneggiamenti e spoliazioni che si sono
susseguiti nell’area fino al secondo dopoguerra hanno fortemente compromesso la stratigrafia archeologica originaria, impedendo la ricostruzione cronologica delle fasi di frequentazione del sito. La maggior parte dei
materiali costruttivi della chiesa sono infatti stati asportati, non solo quelli
che erano visibili negli alzati dell’edificio, ma anche quelli sepolti. È infatti
frequente trovare reperti di età molto diverse a contatto l’uno con l’altro
(per esempio frammenti di terra sigillata romana insieme a maioliche e
monete medievali).
Alcuni reperti rinvenuti durante gli scavi. Dall’alto: quattro monete coniate tra XI e XIII secolo, una chiave in metallo, due fuseruole e sette perline da collana di età longobarda.
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Per capire meglio la distribuzione e il significato delle scoperte effettutate sull’apice della collina è utile rifarsi alla seguente planimetria:
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PRIMI DATI E PROSPETTIVE FUTURE
Alla luce dei risultati ottenuti e dei dati preliminari provenienti dallo
studio della ceramica rinvenuta in fase di scavo, è evidente che in età
tardoantica il sito di Colle Mustarola doveva rappresentare un contesto
privilegiato, con un’economia equiparabile a contesti di tipo urbano quali
Fiesole, Siena, Lucca e Pistoia.
L’esame delle evidenze materiali attualmente disponibili apre infatti
una nuova problematica nella comprensione di come si sia evoluto
l’insediamento sul colle. La presenza di ceramiche che testimoniano attività umane a partire dal I secolo a.C. (rinvenuti come elementi residuali
nelle stratificazioni della cisterna romana, che testimoniano come la formazione del riempimento si sia formata per scivolamento verso il basso
degli strati accumulatisi sull’apice della collina), proseguono fino alla fine
dell’antichità, con un picco nel VI secolo d.C., ma improvvisamente, nel
corso del VII secolo la presenza umana, così viva nel secolo precedente,
sembra interrompersi. Non ci sono infatti documenti archeologici riconducibili ai secoli centrali del Medioevo, cesura che termina con il XII secolo,
quando il colle riprende ad essere frequentato, con la costruzione della
chiesa e le conseguenti evidenze archeologiche che tali interventi hanno
conservato fino ai nostri giorni. Sarebbe di estremo interesse, quindi, trovare l'anello mancante fra i dati archeologici della frequentazione di VIVII secolo, e i dati documentari dell'XI secolo. Forse il complesso di Santa
Mustiola era già in rovina quando una piccola comunità si insediò sulla
sommità della collina, generando l'accumulo all'interno della cisterna. Ma
i materiali di media e tarda età imperiale rinvenuti lasciano supporre una
continuità insediativa, anche se con finalità e ruoli diversi.
Le future indagini continueranno nella ricerca sia delle fasi romane del
sito, sia di quelle medievali, con la prosecuzione dello scavo delle sepolture rinvenute, la cui scoperta ha dato la certezza di trovare, almeno in
quelle zone, una sequenza stratigrafica ancora intatta e quindi più facilmente interpretabile e databile.
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