Spaccio di coca fra tredicenni sesso in cambio di una dose

ROSA
E
CACTUS
OFFERTI DA
Piazza Muraccio, Locarno
Tel. 091 751 72 31
Fax 091 751 15 73
una rosa a...
un cactus a...
Luca Merlini
Stefano Gilardi
Doppia soddisfazione per il
direttore dell’ospedale La Carità
di Locarno: premio europeo per
l’eccellenza 5 stelle e premio per
la qualità nazionale. Ad assegnarli
l’European Foundation for Quality
Management.
Non è certo un momento
esaltante per il presidente del
Locarno e ideatore del Fc Ticino.
I “bianchi” vivono un momento
difficile in campo e si leva qualche
mugugno sugli stipendi. La
squadra unica, poi, non decolla.
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attualità
IL SOSPETTO
A bazzicare da tempo
il piazzale della
stazione di Muralto
durante tutte le ore
della giornata, e della
notte, un gruppetto
di ragazzine
adolescenti.
LA SCUOLA
Allarmata dalle
continue assenze di
un’allieva, la direzione
di una scuola media
ha avvisato la polizia.
Immediati i controlli
che hanno svelato
l’inquietante vicenda.
I SOLDI
Non tutte le ragazzine
hanno sempre in
tasca i soldi per
pagarsi la cocaina.
Perciò, in cambio
delle dosi fanno
anche sesso
con i pusher.
IL “GIRO”
Il caso ha risvolti
allarmanti. Ad
indagare, oltre alla
Polcom di Locarno,
la Tutoria, il giudice
dei minorenni,
l’Antenna Icaro e
l’operatore di strada.
I CORRIERI
I controlli hanno
scoperto che le
ragazzine non solo
fanno rifornimento di
dosi di coca per uso
personale, fungono
pure da corriere per
i compagni di scuola.
LE FAMIGLIE
Alcuni genitori sono
disperati, non sanno
più cosa fare coi figli
e collaborano con la
polizia e la scuola.
Altri fanno resistenza,
inconsapevoli
dei rischi.
La vicenda
UNA “PIAZZA”
DI GIRO
Il giro gravita
soprattutto attorno
alla stazione
di Locarno
PATRIZIA GUENZI
Un gruppetto di ragazzine, tra i
13 e i 15 anni appena, che frequentano le scuole del Sopraceneri e che sniffano abitualmente
cocaina. E sullo sfondo la terribile certezza che alcune di loro
facciano anche sesso in cambio
di una dose di droga. In allarme
la polizia comunale di Locarno
che sta lavorando col giudice dei
minorenni, l’Arp, Autorità regionale di protezione (ex Commissione tutoria), l’Antenna Icaro e
l’operatore di strada della città.
Una storia molto delicata, per il
comandante della polcomunale
locarnese, Silvano Stern: “Siamo
seriamente preoccupati. Oltre a
fare i poliziotti dobbiamo anche
fare gli assistenti sociali. Ecco
perché abbiamo creato un gruppo operativo particolare per
questo caso”.
Un caso nato circa un anno fa,
dopo l’allarmata segnalazione di
una scuola media. Una ragazzina, anziché frequentare le lezioni, trascorreva tutto il giorno sul
piazzale della stazione ferroviaria di Muralto, peraltro già sotto
osservazione della polizia. Ma in
poco tempo si è scoperta una realtà ancora più squallida: un
vero e proprio giro di adolescen-
Spaccio di coca fra tredicenni
sesso in cambio di una dose
Allarme per i baby sniffatori, ragazzine delle scuole medie consumano droga
ti, un consistente gruppetto di
minorenni, provenienti un po’
da tutto il Sopraceneri, che bazzicavano la stazione per rifornir-
La segnalazione di
un istituto scolastico
del Locarnese,
dopo le ripetute
assenze di un’allieva
si di cocaina. Si è scoperto non
solo che le ragazzine sniffavano
coca, ma che facevano pure da
corrieri per i coetanei a scuola.
Sin troppo disinibite per la loro
età, alcune pagano i pusher con
prestazioni sessuali. Quello che
prima era solo un atroce sospetto delle direzioni delle scuole e
della stessa polizia, si è confermato nel corso delle osservazioni: “Purtroppo è così”, afferma
Stern.
Certo il prezzo della cocaina non
è più quello di una volta, quando
era una sostanza solo per ricchi,
oggi una dose si porta via anche
con soli 20-30 franchi. “Cocaina
a buon mercato, sì, ma di pessima qualità, tagliata con le anfetamine che costano pochissimo”,
avverte il criminologo Michel
Venturelli. Le principali “re-
sponsabili” di questa devastante
deriva giovanile sembrerebbero
le famiglie. Alcune di quelle
coinvolte nella vicenda collaborano attivamente con la polizia e
le scuole, altre fanno resistenza,
non rendendosi nemmeno conto dei pericoli cui vanno incontro i loro figli. “Alla loro età il rischio è che questi ragazzini diventino più facilmente e più velocemente dipendenti, dalla
cocaina e da altre droghe man
mano più pesanti - sottolinea il
dottor Giovanni Rossetti specialista in pediatria e medicina generale -. Nell’immediato, invece,
il danno avviene a livello cele-
brale, con la distruzione di cellule. La cocaina provoca pure disturbi del ritmo cardiaco, aumentando il rischio di infarto
“Comprare una bolas
è più facile e sempre
meno costoso.
Bastano a volte solo
20-30 franchi”
anche tra i giovani”.
E Stern avverte: “Purtroppo alcune famiglie non sanno più
come gestire la situazione”. Famiglie monoparentali soprattut-
to, sfilacciate, inadatte a ricoprire un ruolo educativo, spiegano
alcuni educatori che conoscono
molto bene la realtà di questi
adolescenti. “Adulti senza il tempo, le capacità e gli strumenti per
seguire i figli, alcuni addirittura
non concepiscono il fatto che un
ragazzino debba frequentare
una scuola tutto il giorno e tutti i
giorni”, racconta un educatore.
Spesso sono persone cresciute a
loro volta con la chiave al collo,
senza una guida, abituate ad arrangiarsi presto e ad affrontare
da sole la realtà.
La vicenda locarnese ha segnato
un’inquietante soglia d’allarme,
vista l’età dei ragazzini, baby
consumatori di coca, appena
adolescenti. “Le ragioni sono
più di una - osserva Venturelli-,
la cocaina oggi costa sempre
meno, è facilissimo procurarsela
perché ce n’è in giro a iosa e il
controllo delle famiglie è pressoché nullo. È davvero impressionante il numero di ragazzini che
vivono con un solo genitore che,
ovviamente, non può arrivare
dappertutto, fatica sempre di più
a vigilare sul figlio ed è completamente tagliato fuori dal suo
giro di amicizie”.
[email protected]
Q@PatriziaGuenzi
L’inchiesta
Così i soldi sporchi di un boss calabrese venivano riciclati a Lugano
LA “BANCA”
Lo scantinato di Desio
che smistava i capitali
illeciti da riciclare con
investimenti in Svizzera
I milioni della ‘ndrangheta
nella Bmw targata Ticino
DARIO CAMPIONE
Due gli “svizzeri” tra i fermati dalla Procura milanese
Sono le 9.48 del 2 dicembre 2011,
uno di quei venerdì neri che gli italiani non dimenticano facilmente,
soprattutto per gli scioperi che paralizzano le grandi città. Emanuele
Sangiovanni, detto “l’avvocato”, entra nel “tugurio”, l’ufficio di via Isonzo 20 a Seveso in cui “lavora” il boss
Giuseppe Pensabene, capo della
‘ndrangheta di Desio, in provincia
di Monza. Sul tavolo 200mila euro,
che lo stesso Pensabene e un altro
picciotto, Maurizio Morabito, contano come scrupolosi ragionieri. “Il
buongiorno si vede dal mattino”,
dice l’avvocato, mentre Pensabene
gli mette nelle mani la mazzetta
chiedendogli di portarla in Ticino.
“So come non farmi fermare”, rassicura Sangiovanni. Quei soldi serviranno a comprare oro in Senegal.
Intanto, finiranno a Lugano.
Questo è solo uno dei molti episodi
ricostruiti in anni di indagini dell’
lefoniche svizzere da usare per le
conversazioni riservate” e procura a
Pensabene e alla moglie di quest’ultimo, Maria Marano,” carte di credito appoggiate su conti bancari elvetici”. È lui che accorda “all’associazione mafiosa la sua esperienza
professionale di consulente societario” offrendosi, secondo gli inquirenti, di “acquisire e di creare un sistema di scatole cinesi per tutelare
maggiormente i capitali illecitamente acquisiti”. Mette così a disposizione della ‘ndrina “le sue società
svizzere (G.A. Commerzial Suisse
Sa, G.H. International Sa e Ananda
Sa, oltre all’italiana G.H. Real Estate
Italy Srl)”, con l’obiettivo di “schermare” i soldi sporchi.
Non è che fino a quel momento il
capomafia non avesse avuto rapporti con la Svizzera. Tutt’altro. Pensabene può infatti contare su una
società di Viganello amministrata
Antimafia di Milano e descritti nelle
705 pagine dell’ordinanza di custodia con cui il giudice Simone Luerti
ha disposto, qualche giorno fa, l’arresto di 40 persone. Tra i fermati ci
sono anche due “svizzeri”. Uno è
Sangiovanni, 37enne romano a lungo domiciliato a Savosa e - la conferma è giunta giovedì scorso con un
comunicato ufficiale - “oggetto di
un procedimento penale presso il
Ministero Pubblico del Canton Ticino per i reati di appropriazione indebita, truffa, abuso di un impianto
per l’elaborazione di dati, falsità in
documenti e infrazione alla Legge
Federale sugli stranieri”. L’altro è
Fausto Giordano, 44enne imprenditore edile nato in Svizzera. Entrambi
hanno ruoli chiave nell’organizzazione mafiosa del boss calabrese.
Sangiovanni, in particolare, stando
ai risultati dell’inchiesta coordinata
da Ilda Boccassini, è la “lavatrice”
della ‘ndrina di Desio. Dal novembre 2011, infatti, l’avvocato partecipa alle riunioni “negli uffici” di Seveso, “fornisce cellulari e schede te-
da una persona estranea all’indagine e di cui però il boss “non si è più
fidato”. Meglio l’avvocato, dunque.
Che oltre ad assicurare “servizi” finanziari provvede ad altre esigenze.
Tiene “i rapporti con alcuni periti
svizzeri” ai quali fa redigere stime
“di beni immobili” di proprietà dei
mafiosi “transitati sulle sue società
elvetiche”, allo scopo di ottenere
dalle banche mutui e leasing, “con
conseguente immediata disponibilità di denaro contante”. Apre, sempre in Svizzera, un conto corrente
intestato a Giuseppe Buda, nipote
di Pensabene, e crea “un’apposita
documentazione falsa per giustificare i versamenti ingenti di somme
di denaro operati su questo conto”.
Sangiovanni fa anche da “spallone”.
Porta contanti extrafrontiera con
una certa facilità a bordo della sua
Bmw X6 targata “Ti”.
A Giordano, già impigliato nelle ma-
glie dell’inchiesta “Infinito” per i
rapporti con il capo della “Locale”
di Seveso, Giuseppe Alampi, è affidata invece “la parte tecnica della
gestione dei cantieri della ‘ndrina,
per cui mette a disposizione due società edili: la Dieci mattoni Srl e la
Metro quadro Srl”. La sua è una strana storia. Fino al gennaio 2012 ricopre un “ruolo esterno all’associazione mafiosa”. Beneficia di prestiti di
Pensabene “tanto da maturare un
debito di circa 200mila euro”.
Nell’impossibilità di saldarlo cede
al boss due appartamenti a Desio e
a Seveso. Subito dopo aver pagato,
però, entra a fare parte della cosca.
“La sua presenza negli ‘uffici’ di
Pensabene diventa assidua”. Il capomafia “lo informa sistematicamente
degli affari “mettendolo in contatto
diretto con l’“avvocato” Sangiovanni. E così si chiude il cerchio svizzero della cosca di Desio .