società pubbliche - i dipendenti nei C.d.A.

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Con nota del 3 febbraio scorso avevamo sostenuto l’illegalità del consiglio di amministrazione di B.O.F. (Bergamo Onoranze Funebri s.r.l.); consiglio di amministrazione rinnovato per ben due volte dopo l’entrata il vigore del decreto legge sulla spending review, senza che si fosse tenuto conto dell’obbligo, ivi contenuto, di nominare due dipendenti su tre
componenti del C.d.A., ai fini di risparmiare i soldi dei cittadini.
Con una dichiarazione riportata da “L’Eco di Bergamo” del 4 febbraio 2014 l’assessore ai
servizi cimiteriali Leonio Callioni dichiarò che non c’era motivo di non rispettare le leggi: “ ma se il legislatore ci mettesse nelle condizioni di applicarle sarebbe meglio”, come
dire la legge è così ma il legislatore non ci mette in condizione di darvi applicazione.
Inoltre l’assessore Callioni concludeva la sua dichiarazione affermando che:” Prima di fare
altre modifiche è opportuno chiedere all’avvocatura e ai tecnici comunali di fare delle
verifiche perché non siamo sicuri che l’interpretazione della Cgil sia quella corretta”.
In attesa che l’avvocatura e i tecnici comunali si esprimano su cosa prevede la legge (ed il
comune di Bergamo ha numerosi tecnici cominciando dal Segretario comunale) ci sentiamo di dare una mano al nostro assessore, fornendogli in allegato uno specifico commento
del magistrato della sezione lombarda della Corte dei Conti, Donato Centrone.
Il commento apparso sullo speciale di febbraio di “Diritto e Pratica Amministrativa” conferma integralmente quanto da noi sostenuto in merito alla composizione dei consigli di
amministrazione delle società pubbliche.
A ben vedere, già in precedenza diverse sezioni, non solo quella Lombarda, della Corte dei
Conti, si erano espresse in proposito, a seguito dei numerosi quesiti posti dai sindaci. Non
vorremmo che questa inerzia potesse ingenerare il sospetto che, con le nomine del
C.d.A., si siano voluti favorire gli amici o gli amici degli amici, ai danni di chi la pensava diversamente.
Bergamo, 5 marzo 2014
Per la FP-CGIL di Bergamo
F.to Gian Marco Brumana
I limiti alla composizione degli organi di
amministrazione di società pubbliche
di DONATO CENTRONE Magistrato della Corte dei conti
I limi previgen al decreto spending review
L’art. 1 comma 729 legge n. 296/2006 ha disposto che il numero complessivo dei componen‐
dei consigli d’amministrazione delle società partecipate totalmente, anche in via indire a, da en locali, non può essere superiore a 3, ovvero a 5 per le sole società con capitale su‐
periore a 2 milioni di euro (Dpcm 26 luglio 2007). Nelle società miste, il numero massimo di componen designa dai soci pubblici non può essere superiore a 5. Si rimanda alle deliberazioni della Corte dei con , Scr Lombardia n. 265/2012/Par, n. 437/2012/Prse, n. 530/2012/Prse e n. 34/2013/Comp). L’art. 3, comma 12, della Lf n. 244/2007 (modificato dall’art. 19 del Dl n. 78/2009 e dall’art. 1, comma 71, del Dl n. 69/2009) ha imposto agli statu delle società non quotate, dire a‐
mente o indire amente controllate dallo Stato, di adeguarsi ad alcuni principi, fra i quali la riduzione del numero massimo dei componen degli organi di amministrazione a 5 o a 7 (il comma 14 disciplina le società in cui lo Stato de ene il controllo indire o; il comma 16 esclu‐
de dall’ambito prece vo le società quotate in merca regolamenta ). L’art. 6, comma 5, Dl n. 78/2010, conv. con legge n. 122/2012, ha rafforzato i prece indica‐
, imponendo a tu gli organismi pubblici, anche con personalità giuridica di diri o privato, di adeguare i rispe vi statu al fine di assicurare che gli organi di amministrazione e di con‐
trollo siano cos tui da un numero non superiore, rispe vamente, a cinque e a tre compo‐
nen . Il mancato adeguamento determina responsabilità erariale e la sanzione della nullità per gli a ado a dagli organi degli organismi pubblici interessa . Pare infine opportuno ricordare un vincolo di cara ere generale, valevole per le società par‐
tecipate da PA (art. 1, comma 734, legge n. 296/2006), precludente la nomina ad ammini‐
stratore di chi, avendo ricoperto nei 5 anni preceden incarichi analoghi, abbia chiuso in per‐
dita 3 esercizi consecu vi (prece o edulcorato dall’art. 71, comma 1, della legge n. 69/2009, come progressivo peggioramento dei con per ragioni riferibili a non necessitate scelte ge‐
s onali). La composizione quan ta va e qualita va dopo il Dl n. 95/2012
Società “strumentali”. L’art. 4, comma 4, del Dl n. 95/2012, conv. con legge n. 135/2012, di‐
spone che i consigli d’amministrazione delle società controllate dire amente o indire a‐
mente da PA che abbiano conseguito nel 2011 un fa urato da prestazione di servizi a favore di pubbliche amministrazioni superiore al 90%: 1) devono essere compos da non più di 3 membri; 2) è consen ta la nomina di un amministratore unico; 3) in caso di partecipazione dire a, due dei tre membri devono essere dipenden dell’amministrazione; 4) in caso di par‐
tecipazione indire a, due dei tre membri devono essere dipenden dell’amministrazione o o della società controllante; 5) il terzo membro svolge le funzioni di amministratore delega‐
to. Circa l’ambito di applicazione della disposizione va segnalato come le novità apportate dalla legge di stabilità n. 147/2013 (cfr. art. 1, comma 562) abbiano confermato l’orientamento manifestato dalla Corte dei con (Scr Lombardia, del. n. 233/2013/Par), che aveva applicato i limi previs del citato art. 4, comma 4, anche alle società partecipate dalle regioni (a pre‐
scindere dal fa o che fossero eventualmente esentate dagli obblighi di dismissione). Altre società a totale partecipazione pubblica, dire a o indire a. Per questa pologia (che abbraccia le società che ges scono servizi pubblici locali), l’art. 4, comma 5, del Dl n. 95/2012 dispone che i consigli di amministrazione: 1) devono essere compos da 3 o 5
membri (tenendo conto della rilevanza e complessità delle a vità); 2) nel caso di Cda a 3
membri, la composizione segue i criteri vis per le “società strumentali”; 3) nel caso di Cda a 5 membri, almeno 3 sono dipenden dell’amministrazione socia ovvero della società
controllante (in caso di società a partecipazione indire a); 4) nel caso di Cda a 5 membri, le
cariche di presidente e amministratore delegato devono essere disgiunte (al primo posso‐
no essere a ribuite deleghe nelle aree delle relazioni esterne, is tuzionali e controllo); 5) i
dipenden della PA socia devono riversare i compensi percepi (come per le società stru‐
mentali), con possibilità di riassegnazione nei limi del Ccnl. Le disposizioni si applicano con decorrenza dal primo rinnovo Cda, successivo alla data di entrata in vigore del decreto. L’art. 4, comma 5, del Dl n. 95/2012, sulla scorta delle pregresse norme che, già da tempo, hanno previsto un numero massimo di componen per i Cda di società pubbliche, fa salvo “quanto diversamente previsto da specifiche disposizioni di legge”. In proposito, in materia di società partecipate da en locali, occorre richiamare il citato art. 1, comma 729 della Lf n. 296/2006, che vincola il numero massimo di componen il Cda (3 o a 5 membri) in funzione dell’importo del capitale sociale. La Corte dei con , Src Lombardia n. 186/2013, si è soffermata sulla possibile individuazione di un amministratore unico, sia nelle società strumentali che in quelle erogan servizi pubbli‐
ci locali o, comunque, interamente partecipate da pubbliche amministrazioni (art. 4, comma 5). Alla luce del tenore le erale della disposizione (che man ene fermi eventuali differen limi pos da pregresse disposizioni di legge), nonché della ra o complessiva dell’impianto norma vo (volto alla razionalizzazione dei cos amministra vi), è stato affermato che, per le società partecipate da en locali, per quanto non incompa bile con i commi 4 e 5 dell’art. 4 del Dl n. 95/2012, con nuino a trovare applicazione le per nen discipline. Nello specifico, alla luce dell’art. 1, comma 729, della Lf n. 296/2006, appare ammissibile la
nomina di un amministratore unico, in luogo di un consiglio, sia per le società strumentali (per le quali il comma 4 con ene una previsione espressa), che per quelle erogan servizi pubblici locali (in virtù della salvezza, da parte del comma 5, delle pregresse previsioni di leg‐
ge). Tale conclusione, oltre che coerente alla logica di risparmio so ostante il decreto, appa‐
re confortata, nel caso di società a responsabilità limitata, anche dal codice civile che, all’art. 2475, dispone che l’amministrazione possa essere affidata a uno o più soci. Per quanto ri‐
guarda le società per azioni, gli ar . 2380 bis e seguen non precludono, nel sistema di go‐
vernance ordinaria, pur esprimendosi costantemente al plurale, la nomina di un amministra‐
tore unico. Al contrario, nei sistemi di governance “dualis co” e “monis co”, il coordinamento fra codice civile e Dl n. 95/2012 sembra imporre la nomina di un consiglio di ges one (cfr. art. 2409nonies) e di amministrazione (art. 2409sep esdecies). L’impa o del Dlgs n. 39/2013 (Inconferibilità e incompa bilità di incarichi presso PA ed
en priva in controllo pubblico)
Sulla materia della composizione e nomina dei consigli d’amministrazione di società parteci‐
pate da en pubblici è intervenuto il Dlgs n. 39/2013, del quale saranno richiama i soli pre‐
ce rilevan . Va preliminarmente ricordato l’apparato sanzionatorio di cui la disciplina è munita. L’art. 17 dispone che gli a di conferimento di incarichi, ado a in violazione delle norme del decreto, e i rela vi contra sono nulli. L’art. 18 dichiara responsabili per le con‐
seguenze economiche degli a ado a coloro che abbiano conferito incarichi nulli. L’art. 19, infine, prevede che lo svolgimento di incarichi in situazioni di incompa bilità comporta la
decadenza e la risoluzione del rela vo contra o, decorso il termine perentorio di 15 giorni
dalla contestazione, da parte del responsabile an corruzione, dell’insorgere della causa di incompa bilità (sul punto va ricordato l’art. 29ter del Dl n. 69/2013, conv. con legge n. 98/2013, in base al quale gli incarichi conferi e i contra s pula prima della data di entra‐
ta in vigore del decreto, in conformità alla norma va previgente, non hanno effe o come causa di incompa bilità fino alla scadenza stabilita). L’art. 7 disciplina le cause di inconferibilità con riguardo a coloro che, antecedentemente all’incarico, siano sta componen di un organo poli co a livello regionale o locale. La ra o è quella di evitare che gli incarichi siano a ribui proprio a causa della fine di de o manda‐
to, piu osto che su criteri di professionalità. La legge inserisce, pertanto, dei periodi di a esa tra la fine della carica poli ca e la possibilità di assumere incarichi, che abbraccia anche quelli di “amministratore di ente di diri o privato in controllo pubblico di livello regionale” (comma 1) e di “amministratore di ente di diri o privato in controllo pubblico da parte di provincia o comune con popolazione superiore a 15.000 abitan ” (comma 2). Le prede e inconferibilità non si applicano ai dipenden della stessa amministrazione o
ente di diri o privato in controllo pubblico che, all’a o di assunzione della carica poli ca, erano tolari di incarichi (art. 7, comma 3), limitando di fa o l’inconferibilità ai soli incarichi esterni (nel caso di interni sca a però il regime di incompa bilità, ex art. 12). Le a in combinato disposto con le definizioni poste dall’art. 1 ci si chiede se un sogge o, già amministratore delegato o presidente di una società, possa essere rinominato. A eso che la norma pare limitata a circoscrivere l’ambito di applicabilità delle ipotesi di inconferibilità agli incarichi con deleghe di ges one dire a, risulta pacifico che possa assumere incarichi privi di delega. Data poi la finalità del prece o, che mira a evitare l’a ribuzione di un incarico
(diverso) come “premio di consolazione”, sembra che la norma non si a agli al caso del
rinnovo. La deliberazione Anac n. 48/2013 ha ritenuto che il divieto operi soltanto per quan‐
to riguarda l’incarico di amministratore presso una diversa società, non impedendo invece la conferma di uno già ricoperto. Infa , quella in esame è una disciplina del potere di nomina,
non della durata della carica.
La ra o consiste nell’evitare che un sogge o usi un potere per o enere un’altra carica, non nell’escludere che un amministratore meritevole possa essere confermato. La circostanza che il divieto operi per la durata di uno o due anni dalla cessazione della carica trova gius ficazione nel caso di conferimento dell’incarico di presidente o di amministratore dele‐
gato presso un diverso ente, non nel caso di conferma, perché la necessaria sos tuzione
alla scadenza del mandato impedirebbe la reiterazione della nomina di chi abbia ben svol‐
to il proprio compito, per un periodo maggiore di quello previsto dalla legge. L’art. 9 disciplina le incompa bilità disponendo che gli incarichi amministra vi di ver ce e gli incarichi dirigenziali nelle PA, che comportano poteri di vigilanza o controllo sulle a vità svolte da en di diri o privato regola o finanzia dall’amministrazione conferente sono in‐
compa bili con l’assunzione e il mantenimento di cariche in en di diri o privato regola o
finanzia dall’amministrazione che conferisce l’incarico. Inoltre (comma 2), gli incarichi am‐
ministra vi di ver ce e gli incarichi dirigenziali nelle PA e di presidente o amministratore de‐
legato negli en di diri o privato in controllo pubblico sono incompa bili con lo svolgimento in proprio di un’a vità professionale, se questa è regolata o comunque retribuita dall’ammi‐
nistrazione che conferisce l’incarico. L’art. 12, comma 1, dispone che gli incarichi dirigenziali nelle pubbliche amministrazioni e
negli en di diri o privato in controllo pubblico sono incompa bili con l’assunzione e il
mantenimento, nel corso dell’incarico, della carica di componente dell’organo di indirizzo
nella stessa amministrazione che ha conferito l’incarico, ovvero di presidente e amministra‐
tore delegato nello stesso ente di diri o privato in controllo pubblico che ha conferito l’inca‐
rico. Al comma 3, poi, dispone che gli incarichi dirigenziali nelle pubbliche amministrazioni e negli en di diri o privato in controllo pubblico di livello regionale sono incompa bili, fra gli altri, con la carica di presidente e amministratore delegato di en di diri o privato control‐
la dalla regione. Infine, al comma 4, dispone che gli incarichi dirigenziali nelle pubbliche amministrazioni e negli en di diri o privato in controllo pubblico di livello provinciale o co‐
munale sono incompa bili, fra gli altri, con la carica di componente di organi di indirizzo
negli en di diri o privato in controllo pubblico regionale, provinciale o comunale. Si ricor‐
da, a questo proposito, che, per “componen di organi di indirizzo poli co”, l’art. 1, comma 1, le . f), del decreto individua “le persone che partecipano, in via ele va o di nomina, a organi di indirizzo poli co delle amministrazioni statali, regionali e locali” oppure di en di di‐
ri o privato in controllo pubblico. Appare, pertanto, di difficile individuazione, in una società partecipata da en pubblici, l’organo i cui componen sarebbero espressione, in via ele va o di nomina, di indirizzo poli co, a meno di non voler considerare, fra ques , tu i compo‐
nen del Cda, in quanto, e solo, perché nomina da organi espressione di indirizzo poli co del sogge o controllante (sindaco o presidente della provincia). In tale prospe va, come già esposto, non si spiega il regime di maggior favore, concesso dall’art. 12, comma 3, agli incari‐
chi dirigenziali nelle PA e negli en di diri o privato in controllo regionale, che sarebbero in‐
vece incompa bili con le sole cariche di presidente e amministratore delegato di en di di‐
ri o privato in controllo regionale (cioè con le sole cariche espressione di poteri ges onali dire ). Un’opzione interpreta va conduce a ritenere che la locuzione “organi di indirizzo”,
di cui al comma 4, le . c), si riferisca ai sogge con delega di ges one. In tal modo verreb‐
be garan ta, altresì, la compa bilità con le previsioni dell’art. 4, commi 4 e 5, del Dl n. 95/2012, a mente della quale i Cda delle società controllate da PA devono essere compos , in parte, da dipenden dell’amministrazione socia (il coordinamento fa ritenere che ai prede dipenden possano essere a ribui esclusivamente gli incarichi di consigliere senza deleghe). L’Anac (deliberazione n. 47/2013) ha precisato che l’art. 4 del Dl n. 95/2012 e gli ar . 9 e
12 del Dlgs n. 39/2013, non si pongono in necessario contrasto. Il primo, infa , prevede l’obbligo di nomina, nei Cda di società partecipate, di “dipenden ”, senza specificarne la
qualifica, mentre il secondo si occupa, con riferimento alle amministrazioni centrali, esclusi‐
vamente di dirigen e, solo con riferimento agli en locali, anche di incarichi affida a perso‐
nale non dirigente (art. 2, comma 2). La disciplina sopravvenuta (Dlgs n. 39/2013) non fa che delimitare ulteriormente l’ambito degli obblighi di nomina. Nel caso dell’art. 4, comma 4, del Dl n. 95/2012, i due membri del Cda potranno anche essere dirigen , purché non inves
della carica di “presidente con deleghe ges onali dire e” o di “amministratore delegato”.
Per l’art. 4, comma 5, del Dl n. 95/2012, si giunge a conclusioni analoghe (nel caso di cinque componen , i tre dipenden della PA socia non potranno rives re le summenzionate funzio‐
ni). L’art. 9, comma 1, del Dlgs n. 39/2013 si applica, infa , a “incarichi e cariche in en di diri o privato regola o finanzia ” e, ai sensi dell’art. 1, comma 2, le . e), l’incompa bilità prevista riguarda esclusivamente le cariche di “presidente con deleghe ges onali dire e” e “amministratore delegato”. Pertanto, non è preclusa la nomina di dipenden a componen del Cda di società partecipate purché non inves di tali funzioni. In una prospe va solo in parte diversa si pone l’incompa bilità prevista dall’art. 12 del Dlgs n. 39/2013, con riferimento alle cariche negli en di diri o privato in controllo pubblico, limi‐
tate, infa , a quelle di presidente e amministratore delegato, tenendo presente che il gene‐
rico riferimento al “presidente” deve essere integrato con la tolarità di “deleghe ges onali dire e” (art. 1, comma 2, le . e), come si può desumere dal costante abbinamento della ca‐
rica in ogge o con quella di amministratore delegato. Residua il problema dell’interpretazio‐
ne della le . c) del comma 4 dell’art. 12 del Dlgs n. 39/2013. Anche in questo caso, l’Anac ri ene che la carica di “componente di organi di indirizzo negli en di diri o privato in controllo pubblico” coincida con quelle di presidente con delega o di amministratore delegato. In conclusione, le soluzioni sopra indicate consentono di realizzare un adeguato contempera‐
mento tra l’esigenza di contenimento della spesa, posta dall’art. 4 del Dl n. 95/2012 (nomina di due o tre componen del Cda seleziona tra dipenden interni) e quella, perseguita dal Dlgs
n. 39/2013, di prevenire possibili casi di corruzione, favori dal protrarsi nel tempo, in capo alle medesime persone, di incarichi sia presso l’ente conferente che presso quello so oposto a controllo o finanziato. L’art. 11, comma 2, dispone che gli incarichi amministra vi di ver ce nelle amministrazioni regionali sono incompa bili, fra gli altri, con la carica di presidente e amministratore delega‐
to di un ente di diri o privato controllato dalla regione. In virtù del comma 3, poi, gli incari‐
chi amministra vi di ver ce in provincia, comune con popolazione superiore ai 15.000 abi‐
tan o forma associa va tra comuni avente la medesima popolazione sono incompa bili, fra gli altri, con la carica di componente di organi di indirizzo negli en di diri o privato control‐
la da regione, province o comuni aven medesima popolazione. In relazione a tale comma ges one dire a. Tu avia tale interpretazione non convince alla luce della differente formu‐
lazione della le . c) del comma precedente, riferita all’analoga ipotesi di incarichi in ente di diri o privato a controllo regionale. Se in quest’ul ma si è fa o esplicito riferimento alle ca‐
riche di presidente e amministratore delegato, non appare corre o, in presenza di un diffe‐
rente de ato le erale, giungere invece a iden che conclusioni. In a esa di chiarimen , pare opportuno ritenere che la le . c) del comma 3 sia applicabile ai soli incarichi in “organi di indirizzo” negli en di diri o privato in controllo pubblico locale. Nello specifico, ques ul mi, nel caso di società di capitali, alla luce dei sistemi di governance previs dal codice civile, non paiono facilmente individuabili (mentre la norma potrà applicarsi in caso di consorzi, fonda‐
zioni di partecipazione ecc.).