LE CLASSI IN DIRETTA - ICS Via della Commenda

LE CLASSI IN DIRETTA
GENNAIO-FEBBRAIO
NUMERO XXIV
“Non c’è nessuna
strada facile per la
libertà”
Quasi perfetta
Le nuove tecnologie
Attenti ai mass media
A pagina 7
A pagina 8
A pagina 9
A pagina 2 e 3
La giornata della
memoria
Una ricerca
interessante
Rubrica di libri letti: Il
Principe Felice
Resta dove sei e
poi vai
A pagina 10 e 11
A pagina 12
A pagina 13
I viaggi: Amsterdam
New York
Gita scolastica sugli
sci
A pagina 14
A pagina 15 e 16
A pagina 4
A pagina 17
Cara Kitty
A pagina 5
La storia delle auto
Racconti: Blu e il
fantasma
Racconto
inverosimile
A pagina 20
A pagina 21 e 22
A pagina 18 e 19
A teatro con la 3C
A pagina 6
Ricordate l'indirizzo della redazione!
Inviate i vostri articoli a:
[email protected]
Relazione “Volevo
nascere vento”
Il d
LE CLASSI IN DIRETTA
GENNAIO- FEBBRAIO 2014
R
« Non c'è nessuna strada facile per la libertà. »
In ricordo di Nelson Mandela (Mvezo, 18 luglio 1918 – Johannesburg, 5 dicembre 2013)
In questi giorni è morto Nelson Mandela, forse uno dei personaggi più importanti di questo secolo. Ma non
tutti sanno che il nome “Nelson” gli è stato dato solo alla scuola elementare. Infatti, il suo vero nome è
“Rolihlalha” che, in lingua africana, significa “colui che provoca guai” . E di guai (se così si possono
definire) ne ha procurati molti ai razzisti bianchi che sostenevano l’ Apartheid in Sudafrica.
Cos’era l’Apartheid? L'apartheid (lingua afrikaans, letteralmente "separazione") era la politica di
segregazione razziale istituita dal governo di etnia bianca (Afrikans) del Sudafrica a partire dalla seconda
guerra mondiale e rimasta in vigore fino al 1993. L'apartheid fu applicato dal governo sudafricano anche
alla Namibia, fino al 1990 amministrata dal Sudafrica. L'apartheid fu dichiarato crimine internazionale da
una convenzione delle Nazioni Unite e quindi successivamente inserito nella lista dei crimini contro
l'umanità
Come vivevano i neri sudafricani durante l’ Apartheid? L'apartheid prese definitivamente forma nel 1948.
* Erano vietati i matrimoni interrazziali;
* Essere fidanzati o avere rapporti sessuali con una persona di razza diversa costituiva un reato;
* I cittadini venivano registrati in base alle loro caratteristiche razziali (Population Registration Act);
* Era vietata ogni opposizione etichettata dal governo come "comunista" . Questa legge fu usata per mettere
fuorilegge nel 1960 l'African National Congress (ANC), la più grande organizzazione politica che includeva
i neri, di stampo socialista, ma non comunista;
* I neri non potevano entrare in alcune aree urbane;
* I neri non potevano utilizzare le stesse strutture pubbliche dei bianchi (fontane, sale d'attesa, marciapiedi,
etc.);
* Una serie di provvedimenti rendevano più difficile per i neri l'accesso all'istruzione. Potevano frequentare
solo scuole agricole e commerciali speciali.
* Una legge sanciva la discriminazione razziale in ambito lavorativo; * Per legge, i neri dovevano vivere
nei bantustan, dei ghetti per la popolazione nera, sottoposti al controllo del governo sudafricano;
* Ai neri erano negati diritti civili e politici. Non avevano diritto di voto.
* Una legge costringeva la popolazione nera a poter frequentare i quartieri della gente "bianca" solo con
degli speciali passaporti, pena l’arresto.
* I negozi dovevano servire tutti i clienti bianchi prima dei neri.
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GENNAIO- FEBBRAIO 2014
Cosa ha fatto Nelson Mandela? La costituzione dell’African National Congress. Nel 1944 contribuisce alla
nascita dell’African National Congress (Anc), il più importante partito sudafricano con l’obiettivo di porre
fine alle ingiustizie e alle sofferenze dei neri perpetrate dal Partito nazionale, espressione della popolazione
bianca: gli afrikaner. Le azioni di resistenza contro l’apartheid cominciano nel 1948 e nel 1952 Mandela
viene arrestato per la prima volta. Tra il 1956 e il 1961 Mandela è portato a giudizio per tradimento, accusa
da cui viene successivamente assolto. Il 1960 è l’anno del massacro di Sharpeville (21 marzo, oggi giornata
dedicata all’eliminazione della discriminazione razziale) quando 69 persone che stavano manifestando
contro la politica segregazionista vengono uccise dalla polizia. A questo episodio tragico fa seguito la
decisione del governo di dichiarare l’Anc fuorilegge. Mandela pensa che sia giunto il momento di creare
un’ala militare all’interno del partito. Così il 16 dicembre del 1961 nasce la Umkhonto we sizwe (“Lancia
della nazione”, abbreviato Mk).
Gli anni di prigionia: Nel 1962 Mandela è arrestato per la seconda volta per aver abbandonato il paese senza
autorizzazione e per aver organizzato alcune manifestazioni di protesta. La sentenza lo condanna a cinque
anni di reclusione e ai lavori forzati. L’anno successivo altri membri della Mk vengono arrestati e processati
per alto tradimento. Mandela, coinvolto in questo processo con l’accusa di aver complottato per rovesciare il
governo con la forza, viene condannato all’ergastolo il 12 giugno 1964 e rinchiuso nel carcere di massima
sicurezza sull’isola di Robben Island, al largo di Città del Capo.
L’abolizione dell’Apartheid. Mandela Presidente del Sudafrica. Fu a lungo uno dei leader del movimento
anti-apartheid ed ebbe un ruolo determinante nella caduta di tale regime, pur passando in carcere gran parte
degli anni dell'attivismo anti-segregazionista. Protagonista insieme al presidente Frederik Willem de Klerk
dell'abolizione dell'apartheid all'inizio degli anni Novanta, venne eletto Presidente nel 1994, nelle prime
elezioni multirazziali del Sudafrica, rimanendo in carica fino al 1999. Il suo partito, l'African National
Congress, è rimasto da allora ininterrottamente al governo del paese. Mandela ottenne il premio Nobel per la
pace nel 1993.
ALCUNE FRASI CELEBRI
* I veri leader devono essere in grado di sacrificare tutto per il bene della loro gente.
* Tutti possono migliorare a dispetto delle circostanze e raggiungere il successo se si dedicano con passione
a ciò che fanno.
* L’educazione è l’arma più potente che si può usare per cambiare il mondo.
* Le difficoltà piegano alcuni uomini ma ne rafforzano altri.
* Esseri liberi non significa semplicemente rompere le catene ma vivere in modo tale da rispettare e
accentuare la libertà altrui.
* Sembra sempre impossibile finché non viene realizzato.
* Ho imparato che il coraggio non è la mancanza di paura, ma la vittoria sulla paura. L’uomo coraggioso
non è colui che non prova paura ma colui che riesce a controllarla.
* Odio intensamente le discriminazioni razziali, in ogni loro manifestazione. Le ho combattute tutta la mia
vita, le continuo a combattere e lo farò fino alla fine dei miei giorni.
Grazie Mandela. Molto altro c’è ancora da fare, e adesso tocca a noi giovani!
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Giona B.
IIIC
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La Giornata della Memoria
Incontro con ex deportati
“Le vittime ricordate nel Giorno della Memoria e il luogo del loro martirio sono l’aspetto finale di un fitto intreccio nel quale
legge, propaganda, interesse e ignavia fecero sì che quasi 11 milioni di persone morissero nei campi di concentramento, tra il
disinteresse di molti. Il crimine contro l’umanità scaturito dalla volontà della Germania nazionalsocialista, e dalla corresponsabilità
dei suoi alleati, rappresenta un “unicum” per lo sforzo di razionalizzazione compiuto dai suoi realizzatori.”
Andrea Bienati
Ogni anno la scuola organizza delle uscite per le classi terze per celebrare il giorno della memoria (27 Gennaio, giornata della
liberazione del campo di sterminio di Auschwitz). La 3F con la 3A è andata a incontrare due ex deportati italiani nei campi di
concentramento nazisti, i Signori Donato Esposito e Angelo Ratti, e uno storico e criminologo, il Dottor Andrea Bienati. Durante
l’incontro, i due deportati hanno raccontato la loro esperienza e alla fine hanno risposto alle domande poste dal pubblico.
Donato Esposito fu deportato come internato militare nel 1943 a seguito dell’armistizio italiano. Esposito, un ufficiale
dell’esercito, si trovava alla difesa di Roma, quando fu catturato dai tedeschi; questi gli proposero di passare dalla loro parte, ma
lui preferì rimanere fedele al re, perciò fu deportato ad Auschwitz. Ebbe in ogni momento la possibilità di firmare la fedeltà a
Hitler, ma rifiutò sempre, rimanendo così per due anni, fino all’arrivo degli Alleati, all’interno del Lager. Per Esposito la
situazione era relativamente accettabile perché, essendo un prigioniero militare non doveva lavorare, ma anche questo non era
piacevole: era giovane e per lui la sensazione del tempo che scorreva inutilmente, senza poter essere impiegato utilmente, era
terribile.
Le condizioni di vita erano tremende perché avevano poco o niente da mangiare e le baracche erano fredde e sporche.
Angelo Ratti fu invece arrestato come avversario politico e deportato a Mauthausen. Da sempre contrario al nazismo e al
fascismo, fu condannato per aver strappato un manifesto fascista contro i ribelli e gli ebrei. Ratti fu costretto a durissimi lavori
forzati all’interno di una cava di pietra. Come per tutti, il suo lavoro era semplice nel gesto e ripetitivo, ma terribilmente faticoso e
da svolgere in condizioni impossibili. Veniva spesso frustato dai Kapò del suo settore, che erano essi stessi deportati, ma erano
scelti dai nazisti per la loro brutalità, alimentata dai premi che guadagnavano proprio nell’esercitarla.
Bienati è laureato in Giurisprudenza e collabora insieme a case editrici, emittenti televisive e ai musei di Auschwitz e Birkenau per
studiare il crimine nazionalsocialista. Per introdurci al contesto storico, ci ha spiegato, in modo semplice e talvolta ironico, ma
completo, che cosa stesse accadendo in quel periodo. Ha anche criticato apertamente l’ideologia fascista, e soprattutto quegli
italiani che non conservano i ricordi completi, ma soltanto i crimini di Hitler dimenticando le azioni di Mussolini. Per questo
ripeteva spesso che per ricordare correttamente bisogna avere “Memoria di chi, memoria di cosa, memoria come”.
Noi con la classe avevamo già iniziato a discutere dell’Olocausto (il genocidio degli ebrei perpetrato da parte dei nazisti), e
avevamo visto qualche film riguardo a questo argomento. Eravamo rimasti esterrefatti, ma con questo incontro, attraverso le
testimonianze dirette di due uomini che vissero durante quel periodo nei campi abbiamo capito maggiormente quanto furono
terribili quegli anni e quanto questi eventi abbiano segnato per sempre la vita di tante persone. A quel tempo era impensabile che
una persona umana facesse ciò che ha fatto Hitler, e anche adesso è difficile crederci.
È per questo necessario ricordare, per evitare che si ripeta qualcosa di simile a causa del sopraggiungere di una nuova incoscienza,
ed è compito nostro fare in modo che ciò non si verifichi mai più.
Alessandro M.
Giacomo G. IIIF
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Cara Kitty…
Il giorno della memoria: il 27 gennaio è una ricorrenza internazionale che ogni anno, dal 2005, commemora
le vittime dell’ Olocausto. In questo giorno del 1945, infatti, le truppe sovietiche dell’ Armata Rossa,
raggiunsero la città polacca di Auschwitz rivelando per la prima volta al mondo l’orrore del genocidio
nazista.
Per questo il 27 Gennaio la classe 2c si è recata al teatro Litta dove veniva rappresentato lo spettacolo
intitolato “Cara Kitty…”, che parla degli anni trascorsi da Anne Frank nel “rifugio segreto”.
LA SUA STORIA
Anne Frank è una ragazza ebrea la quale, durante la Seconda Guerra Mondiale, è costretta a nascondersi dai
nazisti che perseguitavano gli ebrei con l’obiettivo di sterminare l’intera razza, considerandola inferiore.
Anne è una ragazza molto matura: lo si capisce dalle tante riflessioni che scrive nel suo diario, chiamato da
lei Kitty, che considera come se fosse un’amica alla quale confidare i suoi segreti.
Lo spettacolo
Lo spettacolo è un monologo in cui l’attrice Alessia Vicardi, che interpreta Anne Frank, mostra il rapporto
molto stretto che la ragazza, costretta con la famiglia a nascondersi in un rifugio segreto, stringe con il suo
diario. Questa rappresentazione teatrale ci insegna che anche un adolescente come noi, grazie alla sua gioia
di vivere e alla sua forza d’ animo, può vincere la tristezza che lo opprime di giorno in giorno e ci aiuta a
ridimensionare i nostri problemi quotidiani che qualche volta ci sembrano insuperabili.
La pubblicazione
Purtroppo, dopo circa due anni di isolamento, le otto persone che occupavano l’alloggio segreto furono
arrestate e la famiglia di Anne fu deportata in un lager. Solo il padre riuscì a sopravvivere e furono molte le
sue indecisioni sul pubblicare il diario segreto della figlia. Infine si ricordò che il sogno di Anne era sempre
stato quello di diventare una scrittrice e così decise di pubblicarlo. Ora il suo libro è diventato uno dei più
letti al mondo ed è tradotto in molte lingue.
Anche noi abbiamo letto il libro prima di vedere lo spettacolo. Naturalmente per il teatro sono state scelte
solo alcune pagine, le più significative. Ne riportiamo una:
“E’ un gran miracolo che io non abbia rinunciato a tutti i miei sogni perché sembrano assurdi e irrealizzabili.
Li conservo ancora, nonostante tutto, perché continuo a credere nell’intima bontà dell’uomo. Mi è
impossibile costruire tutto sulla base della morte, della miseria, della confusione. Vedo il mondo mutarsi
lentamente in un deserto, sento sempre più forte l’avvicinarsi del rombo che ucciderà anche noi, partecipo al
dolore di milioni di uomini, eppure, quando guardo il cielo, penso che tutto si volgerà nuovamente al bene,
che anche questa spietata durezza e giorcesserà, che nel mondo torneranno la pace e la serenità.
Intanto devo conservare intatti i miei ideali; verrà un tempo in cui saranno forse ancora attuali.”
Chiara M.
IIIC
Orestano M.
e Giulio C. IIC
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A teatro con la 3C!
Il 20 gennaio la mia classe ed io abbiamo assistito, al teatro Carcano, allo spettacolo “Grease” realizzato
dalla compagnia inglese “Palkettostage”. Ma prima di raccontavi tutto…
…un po’ di storia Grease è un musical scritto nel 1971 da Jim Jacobs e Warren Casey, che debuttò a
Chicago, dove venne visto dai produttori Ken Waissman e Maxine Fox, i quali decisero di allestirne una
versione a Broadway con la regia di Tom Moore e le coreografie di Patricia Birch. Dal debutto del 14
febbraio 1972, lo show, passando in teatri via via più importanti, rimase in cartellone fino al 13 aprile 1980.
3388 repliche: una tenitura da record, superata in seguito solo da “A Chorus Line” e “Cats”! Nel 1972
ricevette sette nomination ai Tony Awards. Nel 1974 al New London Theatre venne allestita la versione
londinese del musical con Richard Gere nel ruolo di Danny Zuko. Nel 1978 venne prodotto il film omonimo
che ebbe un successo planetario. John Travolta, che nel film ottenne la parte di Zuko, faceva già parte del
cast di Broadway, dove interpretava un ruolo minore. Da allora la fama di questo musical aumentò e venne
realizzato in tutti i paesi del mondo!
La trama Grease è una favola contemporanea, ambientata nell’America degli anni ‘50, che racconta la
vita di un gruppo di greaser (giovani che si riconoscono nell’emergente cultura americana, simboleggiata
dalla brillantina, motori rombanti, fast food e dal rock and roll). Danny e Sandy si conoscono in vacanza e si
innamorano; finita l’estate si separano per tornare nelle rispettive città, ma per caso si ritrovano a
frequentare la stessa scuola. E qui iniziano i problemi, perché Danny deve mantenere nel suo gruppo di
amici, i T-Birds, la sua reputazione di duro e di “latin lover”, e non può mostrare i suoi sentimenti per
l’ingenua Sandy, la quale a deve superare la diffidenza che le sue compagne, le Pink Ladies, mostrano per i
suoi modi da ragazza acqua e sapone. Alle incomprensioni fra i due protagonisti si affiancano le avventure
sentimentali degli altri componenti del gruppo, che affrontano al ritmo del rock and roll, il passaggio
dall’adolescenza all’età adulta.
Note di regia Il regista Daryl Branch ha inserito degli elementi inediti e personali, che hanno reso lo
spettacolo fresco e nuovo. Per realizzare molti dei costumi, ad esempio, si sono ispirati allo stile della serie
televisiva “Glee” (non solo alla versione cinematografica del musical) e hanno un look moderno. Come
anche le coreografie di danza moderna e jazz, che sono state eseguite da performer preparati da una
coreografa specializzata (Sophie Emma Bastock), mescolano elementi dei musical attuali al rock’n’roll anni
Cinquanta. La scenografia era costituita da parti fisse ed elementi mobili, oggetti e accessori che
completavano ogni ambiente. Al termine dello spettacolo abbiamo avuto anche la possibilità di rivolgere
anche alcune domande agli attori(tutti molto giovani, con un’età compresa tra i 20 e i 24 anni), svelandoci
alcuni segreti della loro vita sul palcoscenico. Secondo me loro hanno recitato talmente bene da permettere
al pubblico di identificarsi nei personaggi, e di provare gli stessi sentimenti, le paure e i sogni d’amore da
loro vissuti nello spettacolo. Questo musical, inoltre, permette di conoscere la vita degli adolescenti negli
anni ’50 ed è stato anche un bel modo per approfondire la conoscenza del dialogo in inglese!
Camilla S.
IIIF
Federica G. IIIC
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Quasi perfetta
Spettacolo che ha fatto emozionare gli alunni della 2°G, dell’Istituto comprensivo Luigi
Majno, Milano.
Il 23 Gennaio 2014, la classe 2°G si è recata al teatro Leonardo da Vinci per assistere a questo
emozionante spettacolo. In scena una sola attrice, racconta la storia di Alice, una ragazza un
tempo anoressica ora guarita. La sua è una storia come tante altre che si trasforma pian
piano in una patologia. A fianco ad Alice ci sono alcune figure significative come: una
mamma competitiva, un padre assente, un amore non corrisposto…
Alice racconta la sua storia attraverso vari flashback di ricordi e pian piano il suo disagio
diventa sempre più grande che Alice decide di chiedere aiuto.
Alla fine l’attrice ha tenuto un dibattito con gli alunni. Questo spettacolo induce molti ragazzi
a riflettere sull’anoressia.
È stato anche molto toccante come una sola attrice è riuscita a raccontare la storia di Alice e
a farci capire come è importante cercare di affrontare i problemi quando si manifestano
senza darsi per vinti.
La classe IIG
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Le nuove tecnologie
Computer, smartphone, tablet… Ormai siamo sommersi dai prodotti più avanzati della tecnologia. Il telefono
cellulare è ormai un ricordo: ora la maggior parte delle persone e soprattutto giovani e giovanissimi usa uno
smartphone. Ma che cos’è questo prodotto tanto usato e diffuso? Uno smartphone è un telefono cellulare, senza
tastiera e solo con qualche pulsante per le funzioni più importanti, come per esempio accensione e spegnimento,
perché è touch-screen, ossia possiede uno schermo che si può toccare con le dita. Ma a parte nuove caratteristiche, i
cellulari di oggi sono in grado di svolgere moltissime funzioni in più, dal navigare su internet al mandare messaggi
di posta elettronica, dall’ascoltare la musica a giocare come se fosse un vero e proprio videogioco, dal guardare il
calendario al controllare le previsioni metereologiche e moltissime altre funzioni. Oltre a nuovi telefoni, oggi anche
per quanto riguarda i videogiochi sono stati fatti passi da gigante, infatti sono diventati sempre più realistici.
Se consideriamo i progressi della tecnologia da questo punto di vista, sembra avere tutto quanto una nota positiva,
ma purtroppo non è sempre così. I nostri genitori o i nostri nonni, da bambini uscivano e si divertivano giocando
con gli amici, praticavano attività sportive, ritornando a casa stanchi e contenti; i ragazzi di oggi invece passano
molto tempo libero davanti a un computer, oppure imbambolati davanti alla televisione e hanno sostituito i giochi
con gli amici con videochiamate via internet, perdendo in questo modo il piacere di stare a contatto con le persone.
I genitori pensano di riuscire a tenere a casa e sotto controllo i propri figli, ma siamo sicuri che sia sempre così? I
videogiochi sempre più realistici sì, ma, quando si tratta di giochi con mostri o di guerra, allo stesso tempo sempre
più violenti e pericolosi. E inoltre il troppo tempo passato davanti ad uno schermo può provocare gravi danni agli
occhi, e non è certo bello dover andare da un dottore per aver giocato troppo.
Un altro pericolo per i ragazzi è rappresentato dalla rete: non si può mai sapere chi si nasconde dietro un computer,
certi profili sui social network sono falsi, e di conseguenza non si possono mai sapere le intenzioni di quelle
persone. Sempre meglio quindi non essere mai superficiali in rete, non comunicare mai con persone che non si
conoscono e non accettare mai inviti e/o amicizie da estranei: sempre meglio conoscere prima la persona e poi
scambiarsi numeri e contatti.
La tecnologia può essere molto utile, per tanti scopi, ma è sempre meglio prestare attenzione quando si naviga in
rete, per non andare incontro a gravi rischi.
Camilla S.
IIIF
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Attenti ai mass media
Un mezzo di comunicazione di massa è un mezzo di diffusione per diffondere un messaggio ad una
pluralità di indistinti e diffusi destinatari, senza che sia necessaria l’interazione personale.
Rappresentano di fatto i mezzi attraverso i quali ha preso forma e si manifesta l’attuale società
dell’informazione: radio, televisione, internet, manifesti pubblicitari, depliants…
Ma oltre che a informare, i produttori li usano per convincere: psicologi e mentalisti studiano i
comportamenti e i consumi per guadagnare con le vendite. Basti pensare che nessun mass media
avrebbe i fondi per diffondersi senza lo sponsor, cioè il finanziamento della PUBBLICITA’ che vi è
inserita. Belle ragazze, famiglie felici, cieli azzurri e auto di lusso, cellulari che squillano per feste
allegre…. Creme per signore eternamente ventenni, tutto questo è il mondo ideale che ci viene
presentato, raggiungibile con dei semplici acquisti, a volte incoraggiati da rate, o da supermercati dove,
accompagnati da musiche e sconti, ci avviamo ignari alle casse piene di altri dolcetti per un’ultima
tentazione.
Ma come difendersi e distinguere l’informazione dalla tentazione, per un consumo consapevole e una
vita dove possiamo fare scelte nostre e non pilotate? Per esempio conoscendo alcune o tutte le tecniche
utilizzate dagli specialisti. Sapete che abbiamo un occhi dominante e uno più remissivo? Quindi se le
persone che ci osservano dai manifesti hanno un occhio più in vista, per esempio il destro forse
possiamo attenderci che vogliano dominarci nel proporre il prodotto. Come si evidenzia un occhio? Con
un aciocca di capelli, con il volto semi girato, con una lente d?ingrandimento che lo copre….
I colori non sono affatto casuali. Il nero ci trasmetterà un senso di trasgressione e unicità, il bianco di
sincerità e tecnologia (come i camici dei medici), il giallo ci invita all’azione, il blu risolve i problemi
(spesso ritroviamo frasi in blu come “in comode rate” o “non provoca dolore”…)
Inutile dire i numerosi riferimenti alla passione e all’amore, più evidenti nei profumi e più nascosti ma
comunque presenti in altri prodotti come un peluche o una coperta rossa…
Molti sono anche i riferimenti alla tradizione, alla solidità: colori marroni, legno, scritte “fin dal 18”…
A volte frasi senza senso ci fanno sognare come se un prodotto potesse per esempio essere amichevole o
provare sentimenti. Oppure leggendole suonano come canzoni d’infanzia, con la rima.
In questi esempi troviamo nelle foto presenti una reclam di una bibita in cui si da importanza all’amore
e alla condivisione, con la cornice rossa. La pubblicità del profumo invece punta tutto sulla donna bella
e ricca e con i colori oro e con la rima doppio senso: j’adore (lo adoro, si legge senza la E finale) e Dior.
Se chi leggendo non conosce il francese sa però che la Francia sia importante nel Mondo per i profumi e
che quindi sarà sicuramente buono. Un occhio poi evidenziato (ovviamente destro).
Altre informazioni si possono trovare sul web.
Vittoria C.
Carolina
A voi difendervi usando il meglio dei mezzi di comunicazione di massa per informarvi
senzaP.
lasciarvi
Federica
G.
Camilla
S.
IIIC
manipolare!!!
IIIC
IIIF
La II B-C-F-N
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Una ricerca interessante
La Perugina è un marchio storico dei prodotti dolciari italiani. L’azienda alimentare è specializzata nel
settore della produzione di cioccolato e di prodotti dolciari; essa venne fondata a Perugia il 30 novembre
1907 e solo nel 1988 entra far parte del gruppo svizzero Nestlè.
La Perugina nasce all’inizio del secolo scorso come laboratorio artigianale di confetti in un piccolo
seminterrato del centro storico di Perugia il cui nome è” Società Perugina per la fabbricazione di
confetti”. Tra i suoi soci fondatori si ricorda Francesco Buitoni e Luisa Spagnoli.
Nel 1915, quando l’Italia si apprestava ad entrare in guerra, da piccola realtà artigianale essa si trasforma
in piccola azienda manifatturiera dotata già dei primi impianti industriali, e, alla produzione di confetti, si
aggiunge anche quella di cacao in polvere, dolci e cioccolato. E’ in questo anno che la produzione viene
trasferita nel nuovo stabilimento di Fontivegge, vicino alla stazione ferroviaria di Perugia.
Il suo cioccolatino più famoso è il Bacio Perugina, un guscio di cioccolato fondente con un ripieno
morbido di gianduia e granella croccante di nocciole. All’inizio esso aveva una forma irregolare che
ricordava quello di una nocca di una mano e venne battezzato “cazzotto”. Fu Giovanni Buitoni a
ribattezzarlo Bacio e ad aggiungere la carta argentata che lo renderà
unico ed inconfondibile nel corso degli anni. Un altro prodotto inconfondibile è la caramella Rossana,
creata in memoria di Roxanne la donna amata da Cyrano De Bergerac, caratterizzata dal suo incarto rosso
che è rimasto inalterato nel tempo.
Orestano M. e Giulio C.
IIC
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Negli anni venti la Buitoni e la Perugina si alleano: Giovanni Buitoni è contemporaneamente
amministratore delegato della Perugina e presidente della Buitoni. La "Società Perugina per la
Fabbricazione dei Confetti" cambia ragione sociale in "La Perugina - Cioccolato e Confetture”.
Negli anni trenta la nuova tassa sullo zucchero crea non pochi problemi all'azienda. Per aumentare le
vendite, Giovanni Buitoni e Aldo Spagnoli (allora direttore della pubblicità) inventano un concorso di
figurine legato al programma radiofonico I Quattro Moschettieri, con un montepremi. In palio c'è anche la
"Topolino", un'automobile della FIAT.
A partire dal 1935 i prodotti Perugina vengono lanciati in tutto il mondo; sbarcano anche in America dove
viene aperto un prestigioso negozio sulla Fifth Avenue e per l’occasione viene promosso il lancio di un
nuovo prodotto: un sacchetto di gianduiotti. Tutto il mondo conosce e apprezza la bontà del cioccolato
made in Italy.
Dal 1954 in poi la produzione del cioccolato si diversifica verso prodotti maggiormente di massa. Questi
sono gli anni del boom economico, nascono nuovi stabilimenti produttivi ed inizia la vendita di cioccolatini
sciolti, di tavolette e di confezioni più economiche.
Negli anni sessanta si aprono filiali nelle più importanti città del mondo e la Perugina trasloca da
Fontivegge al nuovo stabilimento di San Sisto.
L’azienda attraversa diversi periodi di difficoltà fino a quando viene venduta al gruppo svizzero Nestlè, la
cui sede legale italiana è a Milano: a Perugia rimangono solo gli stabilimenti produttivi.
La storia della società, attraverso le sue diverse fasi, è raccolta ora presso la Casa del Cioccolato Perugina,
situata nello stabilimento di Perugia. Al suo interno, il museo storico propone un viaggio tra incarti,
confezioni, filmati e Caroselli.
Alessandro S. Sumire B.
IH
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Rubrica di libri letti
Il èrincipèe felice
Il principe felice
Il romanzo “il Principe Felice” di Oscar Wilde, pubblicato dalla casa editrice oscar classici
Mondadori nel 2011, è un insieme di narrazioni che l’autore dedica ai propri figli, per dare a
ciascuno di loro un insegnamento morale. Tra i vari racconti presenti nel romanzo ce n’è uno che
mi ha particolarmente colpito, “l’Usignolo e la rosa”. Narra la storia di uno studente molto preso
dai suoi studi a dai suoi libri, che desidera avere una rosa rossa, poiché sarebbe stato l’unico modo
per avere la possibilità di ballare con la ragazza dei suoi sogni, di cui è molto innamorato.
Sfortunatamente nel suo immenso giardino non se ne trova nemmeno una e questo porta al ragazzo
a una completa disperazione, che non trova alcuna soluzione. Nel suo giardino si trova un usignolo
che ascolta ogni giorno i desideri del ragazzo, così decide di aiutarlo per renderlo felice, ma
soprattutto perché crede che il ragazzo sia davvero innamorato. L’usignolo si reca in un rosaio che
cresce poco distante dal giardino del fanciullo. Andò da vari roseti, ma nessuno di essi aveva una
rosa rossa. Fortunatamente più lontano si trovava il roseto con le rose rosse. L’uccellino gliene
chies una , ma l’albero scosse il capo e disse: “le mie rose sono rosse, ma l’inverno mi ha gelato le
vene e la neve mi ha distrutto i germogli, e la tepesta mi ha spezzato i rami, quindi quest’anno non
avrò neanche una rosa” (pag.49). l’usignolo rimase molto deluso e fu in quell’istante che l’albero gli
disse: “una maniera c’è, per aver una rosa rossa, ma è coì terribile che non ho il coraggio di
dirtela”, “io sono coraggioso dimmi pure, farò di tutto”, “se vuoi una rosa rossa, devi costruirla con
la musica alla luce della luna e tingerla col sangue del tuo cuore. Devi cantare per me col petto
contro una spina. Tutta la notte devi cantare per me, e la spina deve trafiggerti il cuore, e il tuo
sangue vitale deve scorrere nelle mie vene, per diventare mio, ma in questo modo tu morirai”.
L’uccellino fece proprio come gli era stato detto dall’albero, il ragazzo riuscì ad avere la rosa, che
tanto attendeva, successivamente la portò alla ragazza.
Quest’ultima la rifiutò, perché disse che i gioeielli avevano un valore molto più grande rispetto ad
una semplice rosa rossa.
I personaggi principali sono: il ragazzo, la ragazza e l’usignolo. L’usignolo è un uccelino davvero
grazioso, con un grande cuore. Esso crede davvero nell’amore profondo, pensa che l’amore sia una
delle cose che non si potrà mai comprare, neanche con la cosa più preziosa al mondo. La vicenda
narrata si svolge nel giardino e l’epoca storica è reale. la narrazione procede secondo un ordine
cronologico.
I luoghi assumono un luogo abbastanza importante nell’ambito della narrazione in quanto
interpretano ed esprimono i sentimenti dwel protagonista. Il narratore è esterno, poiché è estraneo
alla vicenda che narra in terza persona. L’autore ha utilizzato un linguaggio semplice, ma alla
stesso tempo ricercato.
L’autore attraverso questo racconto secondo me voleva farci riflettere sul vero senso dell’amore,
perché forse ognuno di noi non conosce il vero significato della parola, ma soprattutto l’uomo la
pronuncia con troppa facilità.
Un altro insegnamento che questo racconto evidenzia è che tutti noi spesso diamo troppa
importanza all’apparenza.
Come la ragazza che ha dato un immenso valore ai gioielli
Questo romanzo adatto ad un pubblico di qualsiasi età mi è piaciuto molto.
Se fosse per me lo rileggerei altre mille volte.
Altre letture molto interessanti sono state: Il Gigante egoista e l’Amico devoto.
Elena D.
IIIC
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Resta dove sei e poi vai
Resta dove sei e poi vai è un bellissimo romanzo di John Boyne che tratta della
1° guerra mondiale, ma non le trincee o i combattimenti, solo le scene della vita
quotidiana delle persone rimaste a casa.
Il protagonista è Alfie un ragazzino di 10 anni che per aiutare la madre lavora di
nascosto come lustrascarpe alla stazione ferroviaria di Londra. Il padre di Alfie
è partito per la guerra e la madre dice che è in missione speciale e quindi non
può più scrivere a casa. Il ragazzino, però, non crede alle parole della madre e
sospetta che il padre sia morto. Ma, un giorno un giovane soldato che vuole
lucidarsi le scarpe lo aiuterà a scoprire dov’è suo padre.
Un romanzo avvincente e a portata di tutti in una storia appassionante ed
emozionante che fa capire al lettore i sentimenti dei personaggi d’altro tempo.
Io leggendo questo libro ho imparato il valore dell’amicizia, della bontà
d’animo ma soprattutto il valore di un amore che non può essere spezzato
neanche dalla lontananza.
Eleonora M.
IH
Carolina P. IIIC
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I viaggi
Amsterdam
Anne Frank
Durante le vacanza di Natale io e la mia famiglia ci siamo recati, nei pressi di Amsterdam, a visitare la casa di Anne
Frank: un museo diverso dagli altri. È infatti il nascondiglio in cui Anne scrisse il suo diario durante la Seconda
Guerra Mondiale. Anne Frank è una delle vittime della persecuzione antisemitica. Nasce il 12 giugno 1929 a
Francoforte. Nel 1933, con l’ascesa di Hitler al potere e l’instaurazione di un regime antisemitico, i Frank, una
famiglia ebrea, emigrano in Olanda e si stabiliscono ad Amsterdam dove il padre, Otto, avvia un’impresa. Nel
maggio del 1940 l’esercito tedesco occupa l’Olanda. Il 6 luglio 1942 Otto e Edith Frank assieme alle figlie Margot e
Anne entrano in clandestinità. I Frank si nascondo nell’edificio in Pinsengracht 263, che è la sede dell’impresa di
Otto Frank. Successivamente si uniscono a loro Herman Von Pels con la moglie e il figlio Peter. L’edificio è
composto da due sezioni, una casa si affaccia sul canale e una sul retro. Anne riceve per il suo tredicesimo
compleanno un diario dai suoi genitori. Quando i Frank sono costretti a nascondersi Anne porta con sé il diario.
L’edificio è composto da:
·
un magazzino, Otto Frank è il responsabile di due imprese che hanno entrambe sede nell’edificio.
·
gli uffici, gli impiegati e benefattori Victor Kugler, Bep Voskuijl, Johannes Kleiman e Miep GiesSantrouschitz continuano a lavorare durante la guerra. Essi dividono lo stesso ufficio e i benefattori
producono cibo agli inquilini dell’alloggio segreto.
Le stanze dell’alloggio segreto sono vuote. Nel 1961 Otto Frank fece costruire dei modelli in scala, che mostrano
come fosse arredato il nascondiglio in clandestinità. La libreria girevole del museo è quella originale ed era stata
costruita con lo scopo di entrare in modo segreto nel nascondiglio. Le finestre del pianerottolo sono coperte da
una carta opaca attaccata ai vetri. Infatti, da nessun punto della casa sul canale si può vedere l’alloggio segreto.
Il museo mi è piaciuto molto; è stato toccante e mi ha fatto capire come viveva Anne Frank e il resto degli ebrei
durante la Seconda Guerra Mondiale. Vedere tutte quelle stanze chiuse, serrate mi ha fatto un po’ di tristezza
perché secondo me non è giusto tutto quello che gli ebrei hanno passato nei campi di concentramento. È stata
un’esperienza molto bella e interessante che vivrei di nuovo.
La classe IIG
Agata V.
IIB
Chiara M. IIIC
La IIB-C-F-N
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New York
New York è una delle città più ambite, molti sognano di poter un giorno mettere piede nella “Grande
Mela”. I ragazzi la considerano come l’emblema del futuro. Per noi è stato molto emozionante sorvolare
l’Oceano Atlantico per raggiungere un continente del quale conoscevamo poco.
Le cose che non si possono assolutamente perdere visitando New York sono:
·
Prendere il traghetto per visitare la Statua della Libertà e successivamente Ellis Island. Il primo
per poter ammirare uno dei simboli più importante di New York, il secondo perché è indescrivibile
l’emozione di trovare sugli antichi registri il cognome della propria famiglia e poter immaginare
l’insieme di emozioni che gli emmigrati sbarcati hanno provato.
·
Attraversare il ponte di Brooklyn, possibilmente al tramonto, in direzione di Manhattan.
·
Salire sull’Empire State Building per ammirare la città dall’alto.
·
Central Park facendo una passeggiata per i sentieri trafficati passando anche per i negozi vicini fra
cui l’Apple store e FAO schwarz.
·
Musei come il Metropolitan munito di qualunque cosa possa interessare dall’arte egizia all’arte
contemporanea, il MoMA per l’arte moderna, il museo di storia naturale (Film: una Notte al Museo)
e per finire la meravigliosa struttura del Guggenheim.
·
Time Square per vedere delle luci talmente abbaglianti da sembrare il flash di una macchina
fotografica, ma appena riacquistata la vista si riuscirà a vedere una di quelle scene uscite da uno
dei tanti film visti.
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Altre cose da fare non proprio indispensabili sono:
·
Little Italy e China Town, i quartieri in cui vivono rispettivamente gli italiani e i cinesi immigrati
che però si stanno moltiplicando fondendo i due quartieri.
·
5° Avenue, ovviamente, per lo shopping e i souvenir.
·
Quartieri come Soho, Chelsea e Greenwich village. È molto tradizionale, anche, la messa gospel
nel quartiere di Harlem.
·
La Broadway road che divide a metà Manhattan.
·
Uno dei famosi musical di Broadway.
·
Lo street food, cioè dei baracchini ambulanti che vendono cibo per strada.
·
Rockefeller center caratterizzato dai multipli edifici donati al Comune dal deceduto signor
Rockefeller.
·
Imperdibili (ma non troppo) sono il negozio MeM’s e toys r us. Due negozi molto belli e forniti.
In conclusione New York è considerata una delle città più belle del mondo; crediamo però che il
sogno americano vada un po’ revisionato dalle persone facilmente illudibili perché New York non è
l’America!
Vittoria C.
Carolina P. IIIC
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Gita scolastica sugli sci
Il 5 Febbraio la nostra scuola ha organizzato una gara di sci ai Piani di Bobbio sopra Lecco.
Siamo partiti dal Mec Donald di Corso Lodi alle ore 7:15, e arrivati a destinazione abbiamo constatato che
il tempo non era stato clemente con noi.
A valle piovigginava mentre a monte nevicava! Dopo una lunga preparazione, finalmente siamo saliti sulle
ovovie per arrivare in cima, dove avremmo dovuto affrontare la gara.
Dopo aver fatto qualche pista di allenamento ci hanno distribuito i pettorali; io ero la numero 32 quindi non
ero tesa perché sapevo che avrei dovuto aspettare almeno mezz'ora. Alla gara si erano inscritti molti ragazzi
che praticano lo sci in modo agonistico, e quindi sapevo fin dall'inizio che non avrei mai potuto vincere, l'
importante però, era divertirsi. La pista era poco ripida e i paletti disposti in modo poco angolato.
C'era un punto in cui la pista non era in pendenza e quindi bisognava pattinare e racchettare!
Credo che molti non abbiano partecipato all’iniziativa perchè l'unico scopo di questa gita era la gara.
Sarebbe bello il prossimo anno coinvolgere anche tutti coloro che vogliono fare sport in montagna ma che
non abbiano necessariamente intenzione di gareggiare.
Mi sono divertita ed è stato molto bello trascorrere una giornata con degli amici in un luogo che non fosse
la scuola.
Sumire B.
IN
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La storia delle auto
La storia delle automobili Emiliane è principalmente fondata su Modena, terra che ha visto nascere importanti
costruttori, quali Ferrari, Lamborghini, Maserati.
Fu il 1929 l’anno della svolta per Modena, destinata a diventare la capitale dell’Emilia automobilistica: fu in
quell’anno, infatti, che iniziarono la loro attività in campo strettamente tecnico sia Vittorio Stanguellini, che Enzo
Ferrari. Il primo come elaboratore e, inseguito, anche come costruttore di vetture sportive; il secondo come titolare
della Scuderia Ferrari, con lo scopo di fornire assistenza tecnica alla clientela che correva privatamente con vetture
Alfa Romeo.
Nel 1937 gli artigiani della Scuderia Ferrari costruirono una eccezionale monoposto, la famosa Alfa Romeo
“Alfetta 158” che, dopo l’acquisizione da parte di Enzo Ferrari di tutto il materiale sportivo dell’Alfa Romeo che ne
aveva finanziato il progetto, avrebbe dominato tutte le scene sportive del dopoguerra vincendo i primi due titoli
mondiali (con Giuseppe Farina nel 1950 e con Juan Manuel Fangio nel 1951).
Nello stesso 1937 l’industriale modenese Adolfo Orsi acquistò la Maserati, fino ad allora di proprietà dei fratelli
Maserati, e, nel 1940, la trasferì a Modena. Nel 1939 Enzo Ferrari, il consistente ricavato della liquidazione della
propria Scuderia, diede vita ad una nuova società, l’Auto Avio Costruzioni con l’intento, neppure mascherato, di
proseguire per conto proprio l’attività di costruzione di vetture sportive. La prima vettura che portò il suo nome, la
prima Ferrari vera e propria, fu costruita nel 1947 a Maranello, dove egli aveva trasferito la sua attività industriale.
Alfetta 158 (1937)
LA FERRARI
La Ferrari nasce a Modena nel 1929 (Scuderia Ferrari). La Ferrari non produceva proprie auto, era solamente la
responsabile della messa a punto di quelle dell’Alfa Romeo. La casa costruttrice a Modena con la fondazione di
Enzo Ferrari. A partire dal 1947 l’attività principale divenne quella di costruzione di auto. La prima autovettura
costruita fu la Auto Avio Costruzioni 815 datata 1940, mentre la seconda fu la Ferrari 125s, costruita nel 1947 e
guidata da Franco Cortese. Quest’auto fu costruita dall’Alfa Romeo e la chiamarono Ferrari perché delle clausole
impedivano ad Enzo Ferrari di dare il suo nome alle proprie auto. Nel 1957 la Auto Avio Costruzioni cambiò nome
in Auto Costruzione Ferrari.
La Ferrari e SPA nel 1969 entrò a far parte dl gruppo FIAT. Nel 2006 il 5% delle azioni fu acquistato dagli Emirati
Arabi Uniti. Il marchio Ferrari, il cavallino rampante, è simbolo di coraggio e nasce dopo il dopo il primo Gran
Premio vinto nel 1923. Nel 1945 fece, la Ferrari, ridisegnare un nuovo cavallino rampante da Eligio Gerosa,
aggiungendo il giallo canarino, uno dei colori di Modena. L’ingegnere Fabio Taglioni lo applicò sulle motociclette
Ducati tra il1950 e il 1960. La scuderia aderì al campionato del mondo di F1. Nel 1986 Enzo Ferrari ordinò la
costruzione di un’autovettura per la partecipazione al campionato di Formula Indy e alla 500 miglia di Indianapolis.
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Ferrari 125s (1947)
LA MASERATI
L’azienda fu fondata il 1° Dicembre 1914 a Bologna da Alfieri Maserati. All’inizio sviluppava auto per gare su
strada “Isotta Fraschini”. La fabbrica era formata da solamente 5 dipendenti (di cui 2 erano i fratelli Maserati, Ettore
ed Ernesto). Nel1919 la sede si trasferisce fuori dalle mura della città, da vicolo Popoli a via Emilia Levanta.
Successivamente, nel 1° dopoguerra, Alfieri Maserati diede inizio alla sua attività corridore agonistico: inizio a
correre con le vetture “Isotta Fraschini” e ottenne numerosi titoli di notevole importanza per l’epoca, come il circuito
del Mugello, l’Aosta-Gran San Bernardo e la Susa Moncenisio, non lontano da Torino. Nel 1924 dopo un Gran
Premio venne squalificato per 5 anni , e così poté dedicarsi alla sua industria . il fatto risale alla corsa in salita della
Rabassada, nei pressi di Barcellona. La prima automobile interamente Maserati fu fabbricata nel 1926 e prese il
nome di “Tipo 26”. La Maserati non partecipa alle gare ufficiali, ma viene utilizzata dalle scuderie più prestigiose,
riportando importanti vittorie. La Maserati, inoltre, fornirà per qualche anno i suoi motori alle vetture Cooper.
LA LAMBORGHINI
La Lamborghini è un gruppo industriale italiano attivo nel comparto automobilistico, costituito nel 1963, la sede
attuale è situata a Sant’Agata Bolognese, in un piccolo triangolo tra bologna e Modena, in Emilia Romagna, quindi,
in quella definita la “terra dei motori”. Deve il proprio nome a Ferruccio Lamborghini, che rifiuta di proseguire
l’attività di famiglia per gettarsi nel mondo della meccanica applicata coltivazione nei campi. Dal 1946 inizia ad
acquistare residuati bellici li converte in trattori economici. Fonda così la Trattori Lamborghini. Dopo un viaggio
negli Stati Uniti da vita alla Lamborghini Calor e alla Lamborghini Oleodinamica. Ferruccio autorizza la costruzione
di uno stabilimento vicino a Sant’Agata e ingaggia Giampaolo Dallara, per la realizzazione della prima automobile,
subito affiancato da personalità come Giampaolo, Giotto Bizzannini e Franco Scaglione. Nel 1964 debutta invece la
1° Lamborghini che assume il nome di 350 GT e riscuote subito un ottimo successone. L’anno della svolta sarà il
1966. Lo straordinario team e tecnici dà origine alla Minura, vettura dalle prestazioni elevatissime e primo modello
battezzato come rozza di toni. Nel 1968 viene lanciata la Espada S3, seguita dalle Islero, Jarama ed Urraco. La
Countach risale al 1973 ed è fra le automobili più significative mai prodotte. Nel 1987 l’azienda passa però nelle
mani del gruppo Chrysler e nel 1994 viene rilevata da un gruppo di investitori indonesiani per poi venire, l’anno
seguente, assorbita dal gruppo Volkswagen.
Lamborghini Countach (1973)
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Francesco I, Manuel M, Mazen
G. e Davide O. IH
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Racconti
Blu e il fantasma
In Sicilia, affacciato sul Golfo di Castellammare, circondato da campagne, uliveti e campi gialli d’erba secca, sta un
paesino: Balestrate. È un paesino tranquillo, calmo, con gli anziani signori che giocano a carte sul tavolino, davanti a
casa, e i bambini che scorrazzano in bicicletta lungo le strade in discesa. E poi c’è il sole; un porticciolo; e mare,
tanto mare. Qualche anno fa, a Balestrate abitava una bambina che si chiamava Blu. Viveva in una casa bianca
affacciata sul porto con sua mamma, un donnone dalla pelle abbronzata e gli occhi nerissimi, e suo padre, un uomo
mingherlino, basso e moro, che faceva il pescatore. Tutte le mattine Blu si svegliava presto e scendeva in spiaggia per
salutare suo padre che partiva con la barchetta bianca e blu; poi correva a scuola con i piedi ancora pieni di sabbia. Al
pomeriggio Blu tornava in spiaggia, perché il mare era come la sua anima, e non si stancava mai di guardarlo. Si
sedeva vicino all’acqua e cominciava a giocherellare con la sabbia, a cercare le conchiglie, ad ascoltare le grida dei
gabbiani, allungando i piedi sempre più giù, verso l’acqua chiara. Blu aveva nove anni; possedeva corti riccioli neri
come sua madre, e grandi occhi blu, come suo padre. “Chissà quando tornerai, papà…” si diceva sempre lasciandosi
accarezzare le gambe dal mare, con un’antica paura nel cuore, annidata lì dentro, la paura che risaliva a quando aveva
capito cos’era il mare fino in fondo. Quando Blu era più piccola, aveva un amico. Era il suo amico del cuore. Si
chiamava Antonino, per tutti Nino. Anche il padre di Nino faceva il pescatore, e per questo loro due aspettavano
sempre insieme, la sera, là in spiaggia, il ritorno dei loro genitori. Poi, un giorno, il padre di Nino aveva detto al
figlio: - Oggi tu vieni con me, piccolo, ad imparare a pescare. Erano saliti tutti e due sulla barchetta e si erano
allontanati. Quella sera Blu aveva aspettato tanto. Ma non erano tornati più. Papà aveva detto che li aveva persi di
vista… il mare era burrascoso… Nino e suo padre erano annegati. “Speriamo che non succeda un’altra volta…”
pensava Blu. E quando il papà si avvicinava alla riva con la sua barchetta, Blu tirava un sospiro di sollievo. “E’
andato tutto bene!” diceva tra sé e sé vedendo il padre sorridere e tirare giù il secchio con i pesci. Ma quella volta
papà non sorrise; non tirò giù il secchio; era segno che non aveva preso un bel niente. Gaetano, così si chiamava, non
si fermò neanche a salutare la figlia: corse fino a casa senza fermarsi, e Blu gli arrancava dietro, ansiosa di capire. La
sera, a tavola, papà raccontò ciò che aveva visto: - Io… io non ho pescato pesci perché… non so… un’ombra nera,
nell’acqua… e poi il cielo si è scurito e non ci ho più visto dalla paura, sono venuto fino a riva… e… - ma la moglie
lo interruppe, ordinandogli di andare a dormire: aveva bisogno di riposare un po’. Quando anche Blu spense la luce
nella sua cameretta, la paura le attanagliò lo stomaco. Sbirciò dalle imposte: la spiaggia era calma, la luna splendeva.
“Devo scendere a vedere” si disse, balzando giù dal letto. “Tanto non riesco a dormire…”. Così Blu si infilò la felpa
sul pigiama a righe e scese, scalza, fino al mare. La luna piena si rifletteva come una grossa palla argentata nell’acqua
buia; il mare era smosso da leggere ondine che andavano ad adagiarsi sulla riva, lentamente, come un respiro lieve.
Blu si accovacciò vicino all’acqua. Si sentiva inquieta. “Chissà cos’era l’ombra scura… forse un grosso pesce…” Era
così stanca che si sdraiò sulla sabbia morbida, e dopo neanche un minuto stava dormendo. Ci fu un tintinnìo lieve. Si
alzò una brezza leggera. Poi, con un cupo soffio, il mare s’illuminò. Solo allora Blu spalancò gli occhi. Davanti a lei
stava l’ombra. Era nera ma anche chiara. Sembrava densa, ma era trasparente. Fluttuava leggera sul mare. Sembrava
fatta d’acqua. “ … Nino?” sussurrò Blu quasi tra sé e sé. Tutto riluceva intorno a lui. Aveva gli occhi bianchi e
lattiginosi. Ondeggiava nel vento. Pareva aria e acqua insieme. “ E’ un fantasma… è Nino… è tornato…” si disse Blu
strabuzzando gli occhi. Nino non parlava. Poi dagli occhi bianchi scesero due lacrime argentate, che scivolarono
silenziose nell’acqua. Il fantasma tese la mano verso Blu. Poi cominciò ad allontanarsi, sempre più veloce. E sparì tra
i flutti. Adesso Blu è una ragazza. Vive al Nord, in una città senza mare. A volte si ricorda di Nino e diventa triste.
Piange calde lacrime argentate. Piange calde lacrime di mare, perché il mare è come la sua anima. Ma Blu odia il
mare.
Agata V. IIB
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LE CLASSI IN DIRETTA
GENNAIO- FEBBRAIO 2014
Racconto inverosimile
Ricordo tutto di quel giorno. Stavo tornando a casa dal lavoro. Ero una manager. Dal finestrino della
mia lussuosa auto vedevo bambini sorridenti abbracciati alle loro famiglie. Io odiavo le famiglie. E
odiavo i bambini.
Arrivai a casa mia e vidi, sullo zerbino della porta, una bambola astronauta.
Aveva un qualcosa di familiare, quella bambola. La sollevai e la osservai attentamente: era una
bambola di pezza, ne avevo una così, da bambina. “L’ avrà dimenticata qualcuno” pensai ”Meglio
lasciarla qui”.
Il mio ragionamento mi stupì, ero stata stranamente dolce.
Andai a dormire e sognai milioni e milioni di bambole- astronauta che mi dicevano: “Elettra, Elettra,
hai dimenticato il giuramento?!
Mi svegliai tutta sudata e corsi in salotto: sulla poltrona, lì davanti a me, era la bambola. Svenni.
Quando tornai in me la bambola era scomparsa. Convinta di aver sognato tutto andai in cucina. Lì
trovai la bambola . E non solo. Trovai anche una bambina.
Appena mi vide, si mise a urlare. Urlai anch’ io, allora. Smise. Feci lo stesso. Iniziò a correre. La
inseguì. Corremmo in giro per tutta la casa e poi, ella cadde davanti a una fotografia. Da piccola. La
mia fotografia era identica alla misteriosa bambina.
La afferrai per un braccio.
“Come ti chiami?” chiesi.
“Elettra” rispose la bambina.
“Non può essere” pensai nervosamente “eppure la somiglianza, il nome…” Per provare la mia
supposizione, feci un’ ultima, fatidica, domanda.
“Data di nascita?”
“7 giugno 1967” rispose bambina.
“Cosa vuole da me?” mi chiesi.
“Tu, tu, tu sei me da bambina” sbraitai “Vattene. Sto impazzendo!”
“Non posso andarmene da sola. Sei tu che mi hai chiamata. Solo tu puoi farmi tornare nel passato.”
Rispose Elettra.
“Domani mattina, alcuni amici ed io, giureremo fedeltà all’ astronomia” continuò “ed è proprio
grazie a questo giuramento che tu sei diventata astronauta!” concluse fieramente.
Mi imbarazzai e arrossii ”Non sono astronauta, sono una manager”.
Elettra si mise a piangere.
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LE CLASSI IN DIRETTA
GENNAIO- FEBBRAIO 2014
A un tratto capii tutto: “Non feci il giuramento perché non arrivai in tempo e i miei amici lo fecero senza
di me!”
Subito entrai in macchina con Elettra e, durante il tragitto, le spiegai tutto.
Raggiunsi la mia vecchia scuola. Feci scendere Elettra e aspettai. Mentre Elettra attraversava il portone, la
realtà intorno a me, cambiava, ormai era il 1975.
Dopo circa trenta minuti vedi uscire dalla scuola un’ Elettra raggiante. Aveva giurato. Le venni incontro e
la presi per mano. Lei indicò dietro di me. Io mi girai. Una navicella spaziale era parcheggiata accanto alla
mia auto. Una donna di età avanzata vi stava salendo. Aveva la mia stessa espressione negli occhi. Era
Elettra. Ero io. Mi girai verso Elettra. I miei occhi, però, incontrarono
solo il vuoto. Mi girai verso la navicella spaziale. Ma era scomparsa. Mi guardai attorno, era il 2014.
Salii in macchina. Stavo tornando a casa. Dal finestrino della mia auto, vedevo bambini sorridenti
abbracciati alle loro famiglie. Io amo le famiglie. E io amo i bambini. Sono una manager, ma diventerò
astronauta.
Ludovica Z. IIB
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GENNAIO- FEBBRAIO 2014
Le poesie del mese
Il vento
Mi piacerebbe
Essere vento
Per liberare la mia energia
Per spingermi al di là dell'orizzonte
Per cancellare la malinconia
E volare come un uccello
Irene P. IIIC
L'aquila
Mi piacerebbe essere un'aquila
per sorvolare i territori del mondo
per essere il padrone dei cieli
per volare liberamente come un aeroplano
per andare sempre piu su', fino a toccare le stelle
Francesco Z. IIIC
La pioggia
La senti cadere
Ti bagna le dita
non ne sei sicura
ti sembra pulita
Ti scosti l’ombrello
ti lasci battezzare
La pioggia gli occhi ti
fa illuminare. Le lasci
godere un po’ del tuo calore.
Poi ti metti il cappuccio
o ti copri con l’ombrello
e ricordi come è stato bello
Ergo N. IH
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