!$!"! $ &$!"& $!"% $!"! ( "" !$!" $!" $ ,1,2-+,/ # !% !! " )#(!!'0 % # ""% # """% # (" )" & 09:00-10:00 - Registrazione dei partecipanti 10:00-10:10 - Saluti del Direttore del Dipartimento (B. Baldaro) 10:10-10:20 - Introduzione al Convegno (M.C. Levorato e A. Sansavini) 10:20-10:35 - Ricordo di una studiosa di Psicolinguistica: Niccoletta Caramelli (S. Stame) 10:35-11:30 - La biografia scientifica di una studiosa di Psicologia dello Sviluppo: Laura D’Odorico (M. Fasolo, N. Salerni, C. Suttora, L. Zampini, P. Zanchi) 11:30-13:30 Simposio A: Abilità comprensione del testo orale e scritto Chairperson: R. Salvadorini Introduzione alla Batteria per la Valutazione del Linguaggio in bambini dai 4 ai 12 anni (BVL 4-12) (A. Marini) • La valutazione delle abilità narrative tramite Frog Story. Dati evolutivi e clinici per una nuova codifica psicolinguistica complessa (C. Mastucci, R. Padovani, P. Stagni) • La competenza narrativa in età prescolare come predittore degli apprendimenti scolastici: uno studio esplorativo (P. Zanchi, L. Zampini, M. Fasolo) • Abilità di definire il significato delle parole e comprendere testi orali in bambini dai 4 agli 8 anni: quale rapporto? (C. Belacchi, E. Torelli) • Il modello Simple View of Reading: uno studio longitudinale su bambini italiani di prima elementare (E. Florit, M. Roch, C. Levorato) n 15:15-16:35 - Simposio B: Profili linguistici di popolazioni con sviluppo atipico Chairperson: V. Volterra • Le produzioni spontanee dei pretermine tra i 12 e i 188 i, mesi: percorso atipico o ritardo di sviluppo? (N. Salerni, C. Suttora) • • • • Esercitare la scrittura di parole in un bambino con disgrafia e ADHD: uno studio di caso (B. Arfè, L. Brajato) L’uso di una scrittura ‘autentica’ per sviluppare il linguaggio accademico in L2: esempi di ricerca negli Stati Uniti, Messico e Italia (R. L. Danzak ) Lo sviluppo della lettura e scrittura in bambini con Italiano L2 provenienti da un contesto di deprivazione linguistica (M. Vernice, M.T. Guasti) Studio pilota sull’apprendimento della lettura e della scrittura di bambini sordi nella scuola bilingue Centre Effatà di Saaba/Ouagadougou (P. Celo) • e: Competenze linguistiche in bambini nati pretermine: difficoltà specifiche o generalizzate? (A. Guarini, A. 18:00-19:00 - Assemblea dei soci: RIPLA (M.A. Pinto), Marini, S. Savini, A. Sansavini) bilancio, premiazione della Tesi di Laurea in Logopedia • oApplicazione del Questionario per le Abilità SocioConversazionali del Bambino in un campione di bambini con DSL (R. Salvadorini) • Profili cognitivi in bambini con Disprassia Verbale e con Disturbo Specifico del Linguaggio di tipoo Fonologico: uno studio preliminare (C. Casalini, A. Comparini, D. Brizzolara, A. Chilosi) 16:40-17:10 - Poster workshop 1: Lo sviluppo del lessico Chairperson: B. Benelli • La comprensione di parole e frasi attraverso il paradigma del Looking While Listening. Studio su bambini tra i 12 e 36 mesi di età (S. Moniga, B. Bertelli, I. Muraro, P. Pettenati) • Comprensione lessicale ed input linguistico materno: uno studio con bambini di 15 mesi di età (C. Suttora, N. Salerni) Analisi della gestualità co-verbale in un compito di naming in bambini con dislessia evolutiva: uno studio pilota (M. Nardoni, O. Capirci) • Decodifica, comprensione orale e comprensione scritta: una discussione del modello Simple View of Reading in lingua italiana (V. Tobia, P. Bonifacci, L. Lami) 13:30-14:30 - Pausa Pranzo - e • • narrative 14:30-15:15 - Lezione magistrale: Musilanguage in the cradle: e: Language and music in the development of communication F. Franco, Middlesex University, UK Presentazione: C. Levorato 17:10-18:o0 - Poster workshop 2: Processi di scrittura Chairperson: B. Michelizza • La scrittura in tre gruppi di bambini italiani: con dislessia, con dislessia e disgrafia e controlli (E. Pagliarini, M. T. Guasti, C. Toneatto, F. Riva, D. Sarti, E. Granocchio, B. Molteni, N. Stucchi) *,1 -+,/ 10:20-11:10 - Lezione magistrale: Language and motor development in typical and atypical populations J. Iverson, University of Pittsburgh Presentazione: A. Sansavini ,2 -+,/ 11:10-12:10 - Simposio C: Il ruolo della comunicazione gestuale nello sviluppo tipico e atipico Chairperson: D. Brizzolara • Lo sviluppo dell’abilità di coordinare l’intenzione comunicativa del gesto di indicare e delle produzioni vocali nei primi due anni di vita: uno studio longitudinale (M. Spinelli, T. Aureli, M. Fasolo, P. Perucchini, M.C. Garito) • La relazione gesto-parola in bambini con disturbo specifico del linguaggio in situazioni di compito e di interazione spontanea (M. Lavelli, C. Barachetti, E. Florit, A. Grigoli, R. Gimenez) • La comunicazione gestuale nei bambini con Disturbo dello Spettro Autistico durante l’interazione spontanea madre-bambino (M. Mastrogiuseppe, O. Capirci, S. Cuva, P. Venuti) 9:15-10:15 - Poster workshop 3: Potenziamento e trattamenti Chairperson: A. Guarini • Relazione tra Inibizione Comportamentale valutata da madri e insegnanti e competenze metafonologiche (L. Mandolesi, M. Minelli, E. Bertossi, F. Agostini, S. Magri, S. Dellabartola, S. Giovagnoli) • PPP: primi dati sull’efficacia di un approccio al potenziamento delle abilità pragmatiche basato sul roleplaying (I.Viola, S. Di Sano) • Potenziare la competenza pragmatica. Relazione tra prestazione iniziale e grado di miglioramento (R. Caretto, S. Di Sano) • Esperienza clinica nel trattamento di soggetti DSA con pregresso disturbo di linguaggio (B. Michelizza, D. Patricelli, V. Cocomazzi, R. Stola) • • . Scrivere in movimento: studio pilota sul rapporto tra abilità motorie e primi apprendimenti scolastici (F. R. Lasorsa, D. Formica, L. Ricci, L. Sparaci) Apprendimento di procedure visuo-motorie in bambini con autismo: uno studio pilota (L. Sparaci, F. R. Lasorsa, D. Formica, L. D’Elia, G. Valeri, S. Vicari) 12:10- 12:45 - Coffee-Break 12:45-13:30 - Lezione magistrale: Functional constraints for brain plasticity: Indications for language acquisition in deaf people F. Pavani, University of Trento Presentazione: M.C. Caselli 13:30-14:10 - Simposio D: Bilinguismo orale e bimodale Chairperson: M. Roch • Effetti del bilinguismo sul controllo multisensoriale dell’attenzione (F. Baruffaldi, B. Heimler, F. Costantino, C. Bonmassar, F. Pavani) • Bilinguismo bimodale in bambini sordi e udenti (P. Rinaldi, D. Onofrio, A. Marini, M.C. Caselli) 14:15-14:30 Chiusura dei lavori Venerdì 16 maggio Simposio A Abilità narrative e comprensione del testo orale e scritto Chairperson: R. Salvadorini / Simposio A Introduzione alla Batteria per la Valutazione del Linguaggio in bambini dai 4 ai 12 anni (BVL 4-12) A. Marini Università di Udine e IRCCS “E. Medea” Nel corso degli ultimi 10 anni si sta assistendo ad un radicale ripensamento dei modelli cognitivi che descrivono le modalità di sviluppo e funzionamento del linguaggio. In effetti, i modelli tradizionali di matrice modulare non sembrano più in grado di descriverne correttamente le caratteristiche. In particolare, l’introduzione di concetti derivanti dalla Pragmatica e dall’Analisi del Discorso hanno portato i neuropsicologi a ritenere di dover analizzare le abilità comunicative in persone con disturbi linguistici attraverso l’adozione di tecniche in grado di sondare non solo i tradizionali aspetti lessicali e grammaticali (dimensione microelaborativa del linguaggio) ma anche aspetti legati alla pragmatica della comunicazione e alla capacità di comprendere e/o produrre campioni di linguaggio narrativo dotati di adeguati livelli di coesione linguistica e coerenza concettuale (dimensione macroelaborativa del linguaggio). La relazione si propone di introdurre alla “Batteria per la Valutazione del Linguaggio in bambini dai 4 ai 12 anni” (BVL4-12; Marini e coll., 2014, Giunti O.S. Firenze) , uno strumento tarato su un’ampia popolazione di bambini italiani che consente di valutare tanto le abilità micro- quando quelle macroelaborative del linguaggio in bambini con disturbi dello sviluppo. Inoltre, l’inserimento nella BVL4-12 di un test strutturato di valutazione delle abilità narrative la rende uno strumento paticolarmente sensibile a intercettare eventuali disturbi linguistici anche in popolazioni di pazienti nelle quali tali disturbi non vengono messi in evidenza dai tradizionali test linguistici. 0 Simposio A La valutazione delle abilità narrative tramite Frog Story. Dati evolutivi e clinici per una nuova codifica psicolinguistica complessa C. Mestucci, R. Padovani, P. Stagni Servizio Neuropsichiatria Infanzia Adolescenza, AUSL di Modena Introduzione. La ricerca propone l’applicazione di una codifica complessa ai resoconti narrativi di bambini in età scolare (6 – 13 anni). Metodo. Il libro figurato “Frog, where are you?” è stato somministrato a due differenti gruppi di soggetti della medesima età: bambini a sviluppo tipico suddivisi per classi di biennio (scolarità 1 vs. 3 vs. 5 vs. 7; 10 bambini per ciascun gruppo) e bambini con diagnosi cliniche riferibili a un pregresso disturbo specifico del linguaggio e/o a un attuale disturbo specifico dell’apprendimento (n = 12). Per i soggetti clinici erano specificati i seguenti criteri di inclusione: riferite difficoltà narrative nel racconto orale; una discrepanza significativa alla WISC-III con QIV < QIP; QIP non inferiore a 85. La codifica delle narrazioni è stata svolta tramite numerosi indici relativi a tre distinti settori funzionali (Berman e Slobin, 1994): 1) struttura globale (ad esempio, punteggio per eventi, narrative maturity scale); 2) struttura linguistica locale (ad esempio, velocità di eloquio, errori di parola, complessità sintattica); 3) meccanismi pragmatici (ad esempio, informazioni aggiuntive, evaluation). Risultati. Nei soggetti a sviluppo tipico è emersa una traiettoria di sviluppo con un unico scalino significativo nel passaggio di scolarità da 1 a 3 per quanto riguarda tutti gli indici della struttura narrativa globale e il numero totale di subordinate per l'area linguistica. Il parametro relativo alla velocità di eloquio ha evidenziato una crescita costante e significativa in stretta funzione dell'età dei soggetti. Il confronto tra soggetti a sviluppo tipico e soggetti clinici ha evidenziato che, a parità di quantità di materiale narrativo prodotto (in termini di tempo narrativo, numero di parole, numero di clausole), i soggetti clinici mostrano punteggi statisticamente inferiori (p < .01) per molti indici: di tipo globale (tutti gli indici utilizzati), di tipo linguistico (velocità di eloquio, numero di errori, uso dei meccanismi di coesione) e anche di tipo pragmatico (ad es., minor utilizzo di informazioni aggiuntive, aggiunta di proposizioni non appropriate). Conclusioni. Lo strumento e la codifica proposta appaiono promettenti nel possibile impiego clinico per documentare e qualificare eventuali deficit di tipo narrativo. 1 Simposio A La competenza narrativa in età prescolare come predittore degli apprendimenti scolastici: uno studio esplorativo P. Zanchi, L. Zampini, M. Fasolo Università degli Studi di Milano-Bicocca Introduzione. La competenza narrativa è stata utilizzata in numerosi studi come predittore delle successive performance accademiche. In un recente studio, Wellman et al. (2011) hanno evidenziato come misure relative alla struttura e all’accuratezza della storia narrata siano dei validi predittori delle performance in prove di lettura di parole, comprensione del testo e produzione scritta, mentre misure relative alla sintassi e al numero di parole diverse utilizzate nella narrazione siano correlate alla successiva performance in prove di lettura di non parole. Lo scopo principale di questo lavoro è quello di verificare la capacità predittiva delle competenze narrative in età prescolare sui successivi apprendimenti scolastici di lettura e scrittura in un gruppo di bambini italiani con sviluppo tipico. Metodo. I partecipanti allo studio sono 76 bambini monolingui italiani, osservati in età prescolare (T1) e successivamente dopo l’ingresso in scuola primaria (T2). A T1 ad ogni bambino è stata somministrata individualmente una batteria di prove volta a valutarne il livello cognitivo non verbale, le abilità narrative, le competenze linguistiche, la memoria a breve termine fonologica e l’abilità di riordino logico-temporale di sequenze. La competenza narrativa, in termini di caratteristiche della storia narrata (struttura, quantità di informazioni e coesione) e di complessità sintattica degli enunciati utilizzati, è stata valutata utilizzando una prova di narrazione elicitata da immagini (Picnic Story, Tavano e Biancuzzi, 2008). A T2 sono state indagate le abilità strumentali di lettura e scrittura, la comprensione e la produzione del testo scritto. Risultati. I primi risultati sono relativi ai 25 bambini più piccoli osservati a T1 durante il secondo anno di scuola dell’infanzia e a T2 dopo la metà del primo anno di scuola primaria. La memoria a breve termine fonologica è risultata essere positivamente correlata alla correttezza nelle abilità strumentali di lettura e scrittura. Gli indici relativi alla competenza narrativa non sono invece risultati essere significativamente correlati con i successivi apprendimenti scolastici. Conclusioni. Questi primi risultati indicano come sia necessario prendere in considerazione altri indici nella codifica delle narrazioni prodotte dai bambini in età prescolare (come la LME o il numero di radici diverse utilizzate) al fine di verificare un possibile legame con i successivi apprendimenti di lettura e scrittura. 2 Simposio A Abiltà di definire il significato delle parole e comprendere testi orali in bambini dai 4 agli 8 anni: quale rapporto? C. Belacchi, E. Torelli Università di Urbino “Carlo Bo” Introduzione. La comprensione di un testo è un’abilità complessa che richiede l’integrazione di competenze cognitive e linguistiche, elementari e raffinate. Per individuare la rappresentazione semantica sottostante una narrazione non basta conoscere parole e/o eventi, ma elaborarli ed integrarli a diverse profondità. In particolare, il processo di elaborazione dell’informazione linguistica richiede: la selezione delle informazioni pertinenti, l’inibizione di quelle irrilevanti e la loro organizzazione in strutture di significato convenzionali. Gli indici finora utilizzati per la valutazione linguistica (ampiezza del vocabolario recettivo e/o produttivo, abilità sintattiche) non sono singolarmente sufficienti per dare ragione del processo di integrazione delle informazioni di un testo. Di contro, la competenza definitoria, in quanto riflessione metalinguistica sul significato delle parole, esplicitato in formule frasali semanticamente e sintatticamente corrette, potrebbe costituire un indice sintetico di abilità lessicali, morfo-sintattiche e metarappresentative. Obiettivo del contributo è esplorare il nesso tra competenza definitoria e comprensione di un testo orale. Metodo. A 60 bambini (50% F) di 4, 6 e 8 anni è stato chiesto di rispondere a due prove: comprensione del testo orale (TOR di Levorato e Roch, 2007) e definizione di parole (Belacchi e Benelli, 2007). Tutti i partecipanti, con sviluppo tipico, avevano il consenso dei genitori. Risultati. Le prestazioni per gruppo di età crescono in modo significativo sia nella comprensione (p<.001, η2p = .38) sia nella definizione (p<.001, η2p = .42): nella prima i più piccoli ottengono punteggi inferiori agli altri due gruppi che non si differenziano tra loro; nella seconda i più grandi sono più bravi degli altri gruppi. Da distinte regressioni (stepwise) sui punteggi di comprensione (totale, testuale, inferenziale) -variabili indipendenti Età e competenza definitoria - sono risultate predittive, rispettivamente: la competenza definitoria, seguita dall’età; la sola competenza definitoria; solo l’età. Conclusioni. I risultati mostrando una significativa, differenziata implicazione della competenza definitoria nella comprensione di testi, se confermati, potrebbero avere interessanti sviluppi sia a livello teorico che applicativo. 3 - Belacchi C., Benelli B. (2007), Il significato delle parole. La competenza definitoria nello sviluppo tipico e atipico, Il Mulino, Bologna - Levorato C., Roch M. (2007), TOR. Test di comprensione del testo orale 3-8 anni, Giunti OS, Firenze Simposio A Il modello Simple View of Reading: uno studio longitudinale su bambini italiani di prima elementare E. Florit, M. Roch, C. Levorato Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e della Socializzazione, Università degli Studi di Padova Introduzione. Il modello Simple View of Reading (SVR; 2) afferma che la comprensione del testo scritto (CS) risulti dal prodotto di due componenti: la decodifica (D), appresa con la scolarizzazione, e la comprensione del linguaggio orale (CO) che si sviluppa dall’età prescolare. Il SVR è stato testato principalmente in studi su lettori inglesi (1). Da tali ricerche è emerso che la CO, valutata prima dell’inizio della scolarizzazione, predice la successiva CS in età scolare. Il contributo di CO, tuttavia, diventerebbe rilevante dopo le prime fasi di apprendimento della lingua scritta, quando invece è determinante il ruolo di D. Il presente lavoro testa longitudinalmente il SVR in bambini italiani di Ia elementare. L’obiettivo era analizzare i contributi alla CS valutata alla fine della Ia, di CO, valutata in termini di comprensione del testo orale e conoscenze lessicali (in ampiezza e profondità) all’inizio della Ia, al netto di D, valutata in termini di capacità di decodifica fonologica e riconoscimento di parole alla fine della Ia. Metodo. Hanno partecipato 40 bambini visti in due momenti (T1 e T2) a distanza di 6 mesi (57% maschi; età media al T1: 6 anni e 4 mesi). Al T1 CO è stata valutata utilizzando il PPVT-R (ampiezza delle conoscenze lessicali) e il Vocabolario della WISC III (profondità delle conoscenze lessicali) e il TOR 3-8 (comprensione del testo orale). Al T2, CS e D sono state valutate rispettivamente con la prova MT e le prove di lettura di non parole e parole della DDE che forniscono misure di accuratezza e velocità. Risultati. Per valutare i contributi specifici di CO sono state condotte regressioni gerarchiche con variabile dipendente la CS al T2, con predittori le misure di CO al T1 e variabili di controllo le misure di D al T2. I risultati indicano che la comprensione del testo orale e l’ampiezza delle conoscenze lessicali al T1 predicono la CS al T2, al netto di D che fornisce il contributo più consistente. L’ampiezza delle conoscenze lessicali spiega maggiore varianza nella successiva CS rispetto alla comprensione del testo orale. Conclusioni. La comprensione del testo scritto di bambini che apprendono a leggere in una lingua trasparente è spiegata dalle abilità di comprensione orale, in particolare dal lessico, anche nelle prime fasi di scolarizzazione e nonostante il forte contributo della decodifica. Questi risultati supportano il modello SVR ma al contempo forniscono indicazioni per una sua specificazione in italiano. 1 4 Florit, E. & Cain, K. (2011). The Simple View of Reading: Is it valid for different types of alphabetic orthographies? Educational Psychology Review. 24, 553-576 2 Hoover, W. A., & Gough, P. B. (1990). The simple view of reading. Reading and Writing: An Interdisciplinary Journal, 2, 127–160. Simposio A Decodifica, comprensione orale e comprensione scritta: una discussione del modello Simple View of Reading in lingua italiana. V. Tobia, P. Bonifacci, L. Lami Dipartimento di Psicologia, Università di Bologna Introduzione. Un’ampia letteratura ha indagato la validità del Simple View of Reading (SVR; Gough & Tunmer, 1986), un modello che spiega i fattori responsabili dall’abilità di comprensione del testo scritto, per l’ortografia inglese. Alcuni studi hanno però evidenziato l’importanza di considerare le caratteristiche dell’ortografia nel valutare i modelli di lettura (es., Share, 2008), e sono state individuate parziali differenze nel SVR, in base all’ortografia considerata (Florit & Cain, 2011). Metodo. Hanno partecipato alla ricerca 1895 bambini (49.8% femmine) frequentanti le cinque classi della scuola primaria. E’ stata somministrata la batteria “Assessment di Lettura e Comprensione in età Evolutiva” (ALCE; Bonifacci, Tobia, Lami, & Snowling, in corso di stampa), che comprende le prove di lettura di parole e di non parole, lettura di brano, comprensione orale e comprensione del testo scritto. Per ogni grado scolastico è stato costruito un modello di equazioni strutturali che analizza il ruolo di tre variabili indipendenti (comprensione orale, correttezza e rapidità di lettura) quali predittori concorrenti dell’abilità di comprensione del testo scritto (variabile dipendente). Risultati. I cinque modelli testati indicano che l’abilità di comprensione orale è la più predittiva della comprensione del testo scritto dalla 1° alla 5° classe della scuola primaria, sebbene il peso dei diversi predittori si modifichi parzialmente di grado in grado. Conclusioni. Questi risultati confermano l’influenza del grado di trasparenza ortografica sul modello del SVR. A differenza della lingua inglese, per la quale le competenze di decodifica risultano essere più predittive nelle prime fasi dell’apprendimento della lettura, per un’ortografia trasparente come quella italiana, è la comprensione orale ad essere più influente fin dalla classe prima. Verranno discusse le implicazioni educative e cliniche. ,+ Venerdì 16 maggio LEZIONE MAGISTRALE Musilanguage in the cradle: language and music in the development of communication Fabia Franco Middlesex University Although already Charles Darwin had proposed a deep relationship between music and language in evolution, it is only in the recent history of psychology that this theme has become the object of intense investigation. To this day, very little is known about how language and music interact developmentally in infancy. The acquisition of a new language has been shown to be facilitated by sung contexts in adults and school-age children (1), possibly thanks to the predictability of song in terms of both timing/tempo and pitch attraction, which appeared to support speech segmentation. It is likely that attentional demands would be lower in a song condition also for babies, thus facilitating the acquisition of melodic, phonetic, rhythmic and relational structures relevant to language development. Furthermore, maternal singing is effective in regulating infant arousal (2); hence emotion regulation may be another aspect supporting learning in singing interactions. Interestingly, specific genres for infant- and child-directed music are found across many diverse cultures (3). In this talk I will propose a general framework to study the relationship of language and music in infancy and I will present preliminary results from Musilanguage in the cradle – this is a research programme at my lab aiming to investigate six aspects of this relationship: [i] Can interactional intent in infant-directed singing be universally recognized? A cross-cultural study with hunter-gatherers in Africa (with J. Lewis); [ii] Do we sing more in early vocal interactions with infants? A distributional analysis of sung and spoken vocal interactions during infancy; [iii] Can speech sounds be learned equally well in spoken and sung contexts? (with S. Falk); [iv] Does infant selective attention to the eyes or mouth of a singing face follow the same developmental pattern observed for speech when listening to native vs non-native language? [v] Do infants display rhythmic motor activities when exposed to song and speech? Ontogenetic origins of rhythmic behaviours (with J. Provasi and I. Cross); [vi] Does preference for song or instrumental music at 6 months predict language development at 12 and 18 months? (with L. D’Odorico). References 1. Schön, D., Boyer, M., Moreno, S., Besson, M., Peretz, I., & Kolinsky, R. (2008). Songs as an aid for language acquisition. Cognition, 106, 975-983. 2. Shenfield, T., Trehub, S., & Nakata, T. (2003). Maternal singing modulates infant arousal. Psychology of Music, 31, 365–375. 3. Trehub, S.E., Unyk, A.M., & Trainor, L.J. (1993). Adults identify infant-directed music across cultures. Infant Behavior and Development, 16, 193–211. ,, Presentazione: C. Levorato Musilinguaggio nella culla: linguaggio e musica nello sviluppo della comunicazione Fabia Franco Middlesex University Sebbene già Charles Darwin avesse suggerito una relazione profonda fra musica e linguaggio nell’evoluzione, è solo nella storia recente della psicologia che questo tema è diventato oggetto di intensa investigazione. A tutt’oggi, si conosce molto poco su come linguaggio e musica interagiscano nello sviluppo dei primi anni di vita. L’acquisizione di una nuova lingua si è dimostrata facilitata da contesti cantati in adulti e bambini di età scolare (1), forse grazie alla prevedibilità del cantato in termini sia di struttura temporale che melodica, che avrebbero sostenuto la segmentazione. E’ probabile che le richieste attenzionali siano inferiori in condizioni cantate anche per gli infanti, facilitando così l’acquisizione di strutture melodiche, fonetiche, ritmiche e relazionali rilevanti per lo sviluppo del linguaggio. Inoltre, il canto materno è risultato efficace nel regolare l’arousal degli infanti (2); pertanto la regolazione delle emozioni potrebbe essere un altro elemento di sostegno dell’ apprendimento in interazioni di canto. E’ interessante notare come si trovino dei generi musicali specifici per infanti e bambini in molte culture anche molto diverse tra loro (3). In questa relazione cercherò di delineare una prospettiva generale per studiare la relazione fra linguaggio e musica nella prima infanzia e presenterò i risultati preliminari da Musilinguaggio nella culla – questo è un programma di ricerca al mio laboratorio che ha lo scopo di investigare sei aspetti di questa relazione: [i] L’intenzione interattiva sottostante il canto diretto agli infanti può essere riconosciuta universalmente? Studio cross-culturale con cacciatori-raccoglitori in Africa (con J. Lewis); [ii] Si canta di più nelle interazioni vocali precoci con gli infanti? Un’analisi distribuzionale di interazioni caratterizzate da parlato o canto nella prima infanzia; [iii] Gli infanti possono imparare i suoni della lingua ugualmente bene dal parlato o dal canto? (con S. Falk); [iv] L’ attenzione selettiva degli infanti a occhi o bocca del volto di una persona che canta seguono lo stesso pattern evolutivo osservato per il linguaggio parlato? [v] Si osservano attività motorie ritmiche negli infanti esposti a stimoli musicali e linguistici? Origine ontogenetica dei comportamenti ritmici (con J. Provasi e I. Cross); [vi] La preferenza per musica strumentale o vocale a 6 mesi predice lo sviluppo del linguaggio a 12 e 18 mesi? (con L. D’Odorico). ,- Venerdì 16 maggio Simposio B Profili linguistici di popolazioni con sviluppo atipico Chairperson: V. Volterra ,. Simposio B Le produzioni spontanee dei pretermine tra i 12 e i 18 mesi: percorso atipico o ritardo di sviluppo? N. Salerni, C. Suttora Dipartimento di Psicologia, Università degli Studi di Milano-Bicocca Introduzione. L'importanza di delineare la natura delle prime capacità verbali risiede nella possibilità di individuare precocemente gli andamenti a rischio che non si collocano all'interno del range di variabilità che caratterizza lo sviluppo tipico. Prevenire disordini comunicativo-linguistici è di primaria importanza nella popolazione dei nati pretermine senza danno neurologico, che si caratterizzano, fin dalla nascita, per difficoltà di processamento dell'input linguistico e che risultano a rischio di sviluppare ritardi o deficit di linguaggio. Tuttavia, gli studi sulle prime competenze comunicativolinguistiche di questi bambini hanno generato risultati piuttosto contraddittori (Menyuk et al., 1995; Rvachew et al., 2005). Il presente lavoro si propone di offrire un contributo in quest’ambito attraverso l'osservazione diretta del comportamento produttivo spontaneo, al fine di evidenziare analogie e differenze nei trend evolutivi che contraddistinguono i pretermine rispetto ai nati a termine, e di individuare dei possibili indici predittivi del successivo sviluppo. Metodo. Allo studio hanno partecipato 44 bambini, con le rispettive madri, 23 nati pretermine e 21 nati a termine. Ciascuna diade ha partecipato a due sessioni osservative in corrispondenza dei 12 e dei 18 mesi di età dei bambini. Tutti gli enunciati prodotti dai bambini sono stati trascritti e successivamente classificati applicando uno schema di codifica che tenesse conto della natura preverbale o verbale delle produzioni e della loro complessità. Risultati. A 12 mesi di età i nati pretermine mostrano una minore produttività complessiva (U=152; p=.035) cui si accompagna un utilizzo maggiore di enunciati di tipo preverbale (U=162; p=.027) rispetto ai coetanei nati a termine i quali esibiscono un registro più maturo; tuttavia, a 18 mesi si assiste ad un generale appianamento delle differenze emerse nella prima rilevazione. L'analisi dell'andamento nel tempo delle competenze comunicativo-linguistiche dimostra come queste ultime evolvano in modo del tutto paragonabile nei due gruppi di bambini presi in esame e come, per entrambi, il livello di complessità associato alle produzioni preverbali a 12 mesi sia predittivo del successivo sviluppo lessicale. Conclusioni. Il pattern di risultati ottenuto può essere interpretato nei termini di un sostanziale ritardo nello sviluppo delle prime abilità comunicativo-linguistiche dei pretermine, piuttosto che sostenere l’ipotesi di un percorso evolutivo atipico. ,/ Simposio B Competenze linguistiche in bambini nati pretermine: difficoltà specifiche o generalizzate? A. Guarini*, A. Marini**, S. Savini*, A. Sansavini* *Dipartimento di Psicologia, Università di Bologna ** Dipartimento di Scienze Umane, Università di Udine e IRCCS E. Medea, Polo del Friuli Venezia Giulia Introduzione. La nascita pretermine ha un effetto sulle competenze linguistiche dai primi anni di vita fino all’adolescenza (Sansavini, Guarini e Caselli, 2011). Tuttavia non è stato ancora chiarito il ruolo delle difficoltà cognitive riscontrate nella popolazione dei nati pretermine rispetto alle difficoltà linguistiche osservate, differenziando tra abilità recettive e produttive. L’obiettivo è confrontare le competenze fonologiche, lessicali, grammaticali e pragmatiche in bambini pretermine (età gestazionale < 32 settimane) e bambini con sviluppo tipico a 5 anni, indagando possibili differenze in ambito recettivo ed espressivo e valutando il ruolo delle competenze cognitive. Metodo. Hanno partecipato 60 bambini pretermine monolingui, esenti da danni cerebrali e neurosensoriali e 60 bambini con sviluppo tipico, confrontabili per età, scolarità, genere e dominanza manuale. Sono state analizzate le competenze recettive ed espressive fonologiche (discriminazione uditiva e articolazione), lessicali (comprensione e denominazione), grammaticali (comprensione e completamento di frasi) e pragmatiche (comprensione di modi di dire e narrazione, BVL, Marini et al., 2014), lo sviluppo cognitivo non verbale e la memoria di lavoro (digit span). Per le analisi statistiche è stata utilizzata l’ANOVA per confrontare i due gruppi e l’ANCOVA per controllare il ruolo delle variabili cognitive rispetto allo sviluppo linguistico. Risultati. I bambini pretermine presentano minori competenze cognitive (sviluppo cognitivo non verbale e memoria di lavoro) e linguistiche tanto in comprensione (comprensione lessicale, grammaticale e modi di dire) quanto in produzione (articolazione, denominazione e completamento di frasi, i dati della narrazione sono in fase di codifica). Le competenze grammaticali in comprensione e produzione sono associate a difficoltà cognitive, mentre le differenze in articolazione, comprensione e produzione lessicale, comprensione dei modi di dire persistono tra i due gruppi anche controllando per le competenze cognitive. Conclusioni. I bambini nati pretermine presentano numerose difficoltà linguistiche che in parte appaiono legate a difficoltà cognitive generalizzate, mentre in altri casi appaiono più specifiche. Questo studio apre interessanti riflessioni a livello teorico rispetto al profilo dei bambini nati pretermine, a livello metodologico rispetto agli strumenti utilizzati e a livello clinico rispetto alla pianificazione degli interventi. ,0 Simposio B Applicazione del Questionario per le Abilità Socio-Conversazionali del Bambino in un campione di bambini con DSL R. Salvadorini UDGE – IRCCS Stella Maris – Calambrone, Pisa Introduzione. All’interno dello sviluppo delle abilità pragmatiche del bambino con età compresa tra 24 e 36 mesi, i comportamenti comunicativi sono osservabili all’interno dello scambio conversazionale con l’adulto familiare. Tali scambi sono osservabili nel bambino che interagisce mediante la modalità verbale e non verbale. L’applicazione del Questionario ASCB (Bonifacio, Girolametto, 2007) a campioni di Parlatori Tardivi sembrano documentare un minor successo conversazionale. Lo scopo del presente studio è quello di studiare la qualità delle abilità socio-conversazionali nei bambini con DSL, all’interno della fascia di età 36-48 mesi. Metodo. Viene preso in considerazione un gruppo di bambini con diagnosi di DSL, afferenti all’UDGE dell’IRCCS Stella Maris, non ancora esposti al trattamento logopedico, per i quali è stata prevista la somministrazione dell’ASCB nella fase di valutazione iniziale. I Questionari sono stati esaminati compilando le Scale di Assertività e Responsività, calcolando i punteggi generali e quelli delle 6 sub-scale previste. I dati vengono analizzati secondo i dati normativi previsti dallo strumento. Vengono illustrate la qualità dell’assertività e della responsività, nonché la tipologia comunicativa secondo la classificazione di Fey ovvero conversatore attivo, passivo, inattivo e non comunicatore (Fey, 1986). Risultati. Dall’analisi dei Questionari emerge una distribuzione non omogenea del campione all’interno delle categorie prese in esame, tuttavia vengono rilevate scarse abilità socio-conversazionali generali, con arresto dello sviluppo, anche di tipo non verbale, ad epoche riferibili ad un’età minore di 36 mesi. Conclusioni. Appare importante delineare le abilità socio-conversazionali nei bambini con DSL al fine di valutare l’impatto comunicativo del disturbo all’interno degli scambi con i genitori, per prevedere, all’interno della presa in carico riabilitativa, un adeguato counseling familiare, in modo che la qualità dell’interazione sia realmente calibrata al livello linguistico del bambino. Bonifacio S., Girolametto L. (2007): Questionario ASCB. Le Abilità Socio-Conversazionali del Bambino. Tirrenia-Pisa, Edizioni Del Cerro Bonifacio S., Girolametto L, Montico M. (2013), Le Abilità Socio-Conversazionali del Bambino. Milano, Edizioni Franco Angeli ,1 Simposio B Profili cognitivi in bambini con Disprassia Verbale e con Disturbo Specifico del Linguaggio di tipo Fonologico: uno studio preliminare C. Casalini, A. Comparini, D. Brizzolara, A. Chilosi Dipartimento di Neuroscienze dell’Età Evolutiva IRCCS “Stella Maris”, Pisa Introduzione. La disprassia verbale (Childhood Apraxia of Speech, CAS) è un disordine complesso dell’articolazione dei suoni del linguaggio in cui, per un difetto nella programmazione dei movimenti coinvolti nella produzione verbale, sono compromesse la precisione e la sistematicità dell’espressione linguistica in assenza di deficit neuromuscolari. E’ una condizione rara fra i disturbi specifici del linguaggio (DSL), la cui origine non è ancora chiaro se sia prevalentemente motoria o linguistica: in particolare ancora scarsamente definiti sono i confini con i disordini fonologici e con i disordini più esecutivi quali le disartrie, per cui per la diagnosi differenziale in ambito clinico primaria è la necessità di identificare le caratteristiche discriminanti della CAS da altre forme di DSL. Il presente lavoro, di tipo preliminare, si propone di fornire un contributo alla tipizzazione del profilo cognitivo dei bambini con CAS. Metodo. In un gruppo di 30 bambini con CAS e di 30 bambini con DSL Fonologico diagnosticati sulla base di un‘approfondita valutazione linguistica e neuropsicologica presso l’UO di Neuropsicologia dell’Irccs Stella Maris, vengono confrontate le abilità visuo-costruttive, visuo-percettive e visuo-grafiche (subtest della WPPSI III o WISC-IV e VMI) per valutare il peso della componente motoria nel disturbo. I 2 gruppi vengono, inoltre, confrontati nelle abilità di memoria di lavoro visuo-spaziale (Corsi span) e fonologica (Test di ripetizione/riconoscimento di parole in modalità uditivo-verbale e uditivo-visiva). Il difetto di programmazione motoria della CAS potrebbe interferire con i meccanismi di rehearsal articolatorio subvocale, per cui, per valutare il suo funzionamento, particolare attenzione viene posta al confronto fra richiamo di parole corte e lunghe. Risultati. I risultati sono suggestivi di una maggiore compromissione delle componenti visuo-prassiche e visuo-grafiche nei bambini con CAS e nelle abilità di memoria di lavoro fonologica, soprattutto laddove sia richiesto un maggior apporto dei processi di rehearsal subvocale. Conclusioni. Dal lavoro emergono alcune interessanti implicazioni per la presa in carico diagnostica e riabilitativa del disturbo. ,2 Venerdì 16 maggio Poster workshop 1 Lo sviluppo del lessico Chairperson: B. Benelli ,3 Poster workshop 1 La comprensione di parole e frasi attraverso il paradigma del Looking While Listening. Studio su bambini tra i 12 e 36 mesi di età S. Moniga*^, B. Bertelli*, I. Muraro#, P. Pettenati*° *Ansvi Accademia di Neuropsicologia dello Sviluppo, Parma; ^Fondazione “Più di un Sogno”, Verona; °Dipartimento di Neuroscienze, Università di Parma; # Studio di Neuropsicologia dell’Età Evolutiva Evolvendo, Mantova Introduzione. Studi recenti evidenziano che la comprensione linguistica è più appropriatamente descritta da tecniche online, come il Looking While Listening (Fernald et al., 2008) in grado di descrivere i fenomeni che occorrono durante il processamento del linguaggio. Attraverso questi paradigmi è stato dimostrato che dai 24 mesi i bambini orientano il loro sguardo verso l’immagine corretta prima della fine della parola target. Rispetto allo sviluppo grammaticale, diversi studi condotti in lingua inglese mostrano che dai 18 mesi i bambini sono in grado di processare correttamente frasi transitive (SVO) (Golinkoff, 2013). In Italia i pochi studi che hanno esplorato la comprensione attraverso il LWL sono limitati al dominio lessicale (Suttora e Salerni, 2013). La presente ricerca si propone di indagare, attraverso una nuova prova realizzata con la metodica del LWL, lo sviluppo della comprensione di parole e frasi in bambini di età compresa tra i 12 e 36 mesi. Metodo. Hanno partecipato allo studio 56 bambini suddivisi in 5 fasce di età (12, 18, 24, 30 e 36 mesi) con prestazioni superiori al 5° percentile al questionario "PVB”, versione “Gesti e Parole” o “Parole e Frasi”. Ai bambini è stata proposta in laboratorio, attraverso la metodica LWL, una prova di comprensione lessicale (12 coppie di immagini) e dai 18 mesi una prova di comprensione di frasi transitive – SVO- (6 coppie di brevi video dinamici). Tutti gli item sono controllati per frequenza lessicale. Lo sguardo è stato codificato off-line attraverso un’analisi frame by frame con il programma Adobe Premiere. Per ottenere un’immagine dinamica dei comportamenti di sguardo dei bambini sono stati utilizzati profile plots. Inoltre è stato calcolato un punteggio di accuratezza (proporzione di sguardi sull’immagine target nell’intervallo 300-1800 ms a partire dall’inizio della parola target). Risultati. Rispetto alla prova di comprensione lessicale, i Profile plots mostrano un aumento della rapidità nell’orientare lo sguardo sull’immagine target al crescere dell’età. L’analisi dell’accuratezza mostra una differenza statisticamente significativa tra proporzione di sguardi sull’immagine target e sul distrattore a partire dai 18 mesi (t-test: ps<.05). Le analisi effettuate sui dati relativi alla comprensione sintattica non mostrano dati a favore di una preferenza verso l’immagine target in nessuna delle fasce di età analizzate. ,4 Conclusioni. I dati raccolti supportano le evidenze ottenute dalla letteratura attraverso la metodica del LWL solo nella condizione lessico. Saranno presi in considerazione i fattori linguistici e cognitivi che possono contribuire a spiegare il risultato della comprensione sintattica. Poster workshop 1 Comprensione lessicale ed input linguistico materno: uno studio con bambini di 15 mesi di età C. Suttora, N. Salerni Dipartimento di Psicologia, Università degli Studi di Milano-Bicocca Introduzione. L’ampia variabilità individuale che si riscontra tra i bambini nello sviluppo del linguaggio è stata, in parte, attribuita a fattori di tipo ambientale. Diversi lavori hanno, infatti, documentato come particolari aspetti di natura prosodica, lessicale e sintattica del Child Directed Speech (CDS) favoriscano lo sviluppo comunicativo-linguistico a livello produttivo. Sono, tuttavia, esigui gli studi che hanno preso in esame le relazioni intercorrenti tra il CDS e le capacità di processamento dell’input linguistico da parte dei bambini. Recentemente Weisleder e Fernald (2013) hanno rilevato che i bambini che sono esposti, all’età di 19 mesi, a maggiori quantità di CDS risultano, a due anni, più abili in compiti di riconoscimento lessicale ed esibiscono, al contempo, vocabolari produttivi più ampi. Il presente studio si propone di esaminare le associazioni tra il CDS materno e le competenze di processamento lessicale dei bambini in una fase precedente dello sviluppo. Metodo. Le capacità di riconoscimento lessicale di 20 bambini di 15 mesi di età è stata valutata attraverso l’utilizzo della prova Looking While Listening (Fernald et al., 1998), una procedura di preferenza visiva intermodale in grado di fornire delle misure relative all’accuratezza e alla velocità associate al riconoscimento lessicale stesso. I bambini, inoltre, hanno partecipato, insieme alle loro madri, a una seduta osservativa di gioco a partire dalla quale gli enunciati materni prodotti sono stati trascritti in formato CHILDES e analizzati in termini di produttività (tokens/minuto), complessità lessicale (D, TTR) e sintattica (LME). Risultati. Dalle analisi condotte è emerso che la quantità dell’input linguistico rivolto al bambino correla positivamente con l’accuratezza nel compito di riconoscimento lessicale (r=.47; p<.05) intesa come quantità di tempo di fissazione delle immagini corrette. Al contrario, l’indice D di complessità lessicale risulta associato negativamente all’abilità di riconoscimento (r=-.57; p>.05). Conclusioni. In conclusione i risultati emersi sostengono l’ipotesi per cui una maggiore esposizione al CDS può favorire il processo di comprensione lessicale; allo stesso tempo, tuttavia, un’eccessiva complessità dell’input proposto al bambino può generare delle difficoltà nell’elaborazione delle associazioni suono-referente. -+ Poster workshop 1 Analisi della gestualità co-verbale in un compito di naming in bambini con dislessia evolutiva: uno studio pilota M. Nardoni, O. Capirci ISTC – CNR, Roma Introduzione. Il presente studio ha l’obiettivo di individuare la presenza di difficoltà o peculiarità nella produzione lessicale di bambini con dislessia evolutiva (DE), attraverso l’analisi delle loro produzioni sia vocali che gestuali in un compito di denominazione di immagini, tentando di conciliare apporti teorici che, muovendo da diversi ambiti di ricerca, sembrano confluire verso una visione complessa a multimodale del linguaggio umano e delle sue espressioni. La difficoltà nella ricerca e nel recupero dell’etichetta verbale in risposta ad immagini presentate visivamente è, infatti, spesso citata in letteratura come parte di una costellazione di sintomi identificati nel profilo cognitivo-linguistico di bambini con DE (Catts, 1986) e, più recentemente, è confermata attraverso l’uso del paradigma tip of tongue (Hanly e Vandembreg, 2010). Inoltre, la letteratura recente evidenzia sempre più la stretta relazione tra precoci Disturbi Specifici di Linguaggio e successive difficoltà di letto-scrittura (Bishop e Pennington, 2013). Numerose ricerche supportano l’idea che la gestualità possa compensare abilità linguistiche, cognitive e articolatorie limitate, in particolare quando la rappresentazione del significato è intatta, mentre quella fonologica a esso collegata risulta povera (Bello, Capirci, Volterra, 2004; Capone e McGregor, 2004). Metodo. Nello studio, in particolare, viene comparata la prestazione di 6 bambini con DE di età compresa tra 8,1 e 10,4 anni con quella di 9 bambini con sviluppo tipico di età compresa tra 8,1 e 10,9 anni, in un compito di denominazione di immagini, il Boston Naming Test (Kaplan, Goodglass, Weintraub, 1983). In accordo con il modello di recupero lessicale di Levelt (1989) viene ipotizzata nel gruppo di bambini con DE una difficoltà nel recupero della rappresentazione fonologica della parola target ed una preservata capacità di rappresentazione semantica. Risultati. I risultati non evidenziano differenze in termini di accuratezza tra i due gruppi ma, una più attenta analisi qualitativa del tipo di errore, mostra delle importanti peculiarità. Nei bambini con DE, prevalgono errori di tipo fonologico e un più ampio uso di circonlocuzioni supportate da una maggiore produzione gestuale di tipo iconico, in particolare in seguito all’aiuto semantico. Conclusioni. I risultati sembrano confermare la presenza di peculiari difficoltà linguistiche nel gruppo di bambini con DE e al contempo sembra suggerire una interdipendenza tra produzione di gesti iconici, recupero lessicale e sviluppo linguistico. Lo studio, seppur condotto su un piccolo gruppo di bambini, suggerisce l’importanza di includere una valutazione del linguaggio verbale nel protocollo clinico per la valutazione della DE sia al fine di un’identificazione precoce del disturbo, sia quale indicazione per le possibili modalità di intervento. -, Venerdì 16 maggio Poster workshop 2 Processi di scrittura Chairperson: B. Michelizza -- Poster workshop 2 La scrittura in tre gruppi di bambini italiani: con dislessia, con dislessia e disgrafia e controlli E. Pagliarinia, M. T. Guastia, C. Toneattoa, F. Rivab, D. Sartib, E. Granocchiob, B. Moltenib, N. Stucchia a Università degli Studi di Milano-Bicocca Istituto neurologico Carlo Besta b Lo scopo di questo studio è quello di esaminare la comorbidità tra disturbi di lettura e di scrittura (intesa come gesto grafico). A tal fine abbiamo confrontato varie misure di lettura e scrittura in 16 bambini con dislessia evolutiva (DD) (M = 8;9, SD = 0,6), 23 bambini con dislessia evolutive e disgrafia (DD&DY) (M = 9;05, SD = 1,14) e 39 bambini con sviluppo tipico (TD) (M age = 9;2, SD = 0,84). Abbiamo esaminato la lettura tramite misure di lettura di parole e non parole; per la scrittura abbiamo chiesto ai bambini di scrivere una parola su una tavoletta digitale e abbiamo raccolto varie misure del movimento. I risultati hanno mostrato che entrambi i gruppi di bambini con DD e con DD&DY erano più lenti nello scrivere e più disfluenti dei bambini con TD. Inoltre, le misure di lettura e scrittura correlavano. L’analisi della durata totale della scrittura di lettere singole ha mostrato che sia i bambini con DD che quelli con DD&DY erano più variabili dei bambini con TD. Proponiamo che le difficoltà di scrittura e lettura abbiamo origine all’interfaccia tra linguaggio e controllo motorio e dipendano da una difficoltà nella stima del tempo da allocare ai vari eventi linguistici (fonemi/grafemi) durante la traduzione in sequenza motoria. -. Poster workshop 2 Esercitare la scrittura di parole in un bambino con disgrafia e ADHD: uno studio di caso B. Arfé, L. Brajato Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e della Socializzazione, Università degli Studi di Padova L’ADHD è spesso associato a difficoltà di letto-scrittura (dislessia e disgrafia), e ne aggrava il quadro clinico (Cornoldi et al., 2011; Re, 2006). Tuttavia, ad oggi sono pochi gli interventi di letto-scrittura rivolti a bambini che associno tratti di ADHD a disgrafia, e ancora scarse sono le evidenze circa la loro efficacia. Nel presente studio è stato verificato l’effetto di un trattamento di integrazione dell’informazione visiva e fonologica (Breznitz & Misra, 2003) nello spelling di un bambino con ADHD, A.. Il trattamento si ispira a precedenti lavori di Coltheart e coll. (Coltheart et al., 2007; Brunsdon et al., 2008), ma ne costituisce anche un adattamento alle caratteristiche del disturbo di A. e della lingua italiana. A. ha 7 anni. E’ un bambino vivace ed intelligente di origine rumena. A casa impiega sia la lingua rumena sia la lingua italiana. Presenta un disturbo della lettura e scrittura associato a sindrome ipercinetica. L’intervento è stato programmato tenendo conto del suo profilo cognitivo-linguistico, delle sue abilità accademiche e della tipologia dei suoi errori di spelling (DDE-2, subtest 6 e 7, Sartori et al., 2007). Lo studio ha avuto una durata di 6 mesi e si è articolato in 6 fasi: assessment, pre-test, training, post-test, primo follow-up, secondo follow up. Nel pretest sono state dettate ad A. 62 parole bi- e trisillabiche complesse (con regole di contestodipendenza e cluster consonantici, etc.). Circa 30 parole di questa lista sono state trattate nel corso del training, altre 32 parole non sono state trattate. Le due liste (training/non-training) erano bilanciate e appaiate per varie misure psicolinguistiche (lunghezza, numero di vicini ortografici, struttura ortografica, accento). Il trattamento consisteva in sei sedute di “dettato visivo”, in cui il bambino veniva guidato a memorizzare e visualizzare la struttura ortografica della parole e successivamente scriverla. Gli effetti del training sono stati valutati al post-test, a distanza di una settimana dall’intervento, e in due follow-up a distanza di uno e due mesi dal post-test. I risultati hanno mostrato un miglioramento nella scrittura di parole al post-test sia per la lista esercitata nel training (30 parole) sia per quella non esercitata (32 parole), indicando una generalizzazione delle strategie apprese a parole nuove. Il miglioramento delle performance si è mantenuto al primo follow-up, ma non al secondo follow up. -/ Poster workshop 2 L’uso di una scrittura ‘autentica’ per sviluppare il linguaggio accademico in L2: esempi di ricerca negli Stati Uniti, Messico e Italia R. L. Danzak Fulbright Researcher, Università degli Studi di Padova, Sacred Heart University, Fairfield, CT, USA Questo poster dimostrerà, con esempi tratti dalla ricerca internazionale, come l’uso di una scrittura autentica con studenti che imparano una seconda lingua (L2) nella scuola, possa essere applicato da educatori e ricercatori per motivare gli studenti e sostenere lo sviluppo del linguaggio accademico. La scrittura autentica ha un vero proposito (es., argomentare una causa che ha un significato personale, informare un compagno di una questione importante) ed è indirizzata a un vero lettore (es., un leader politico, un compagno internazionale). Oggi, negli Stati Uniti, quasi il 25% degli studenti apprende l’inglese come L2. Anche l’Italia vede crescere il numero degli studenti immigranti che devono acquisire l’Italiano in aula. Questi studenti imparano in modo relativamente veloce l’Italiano parlato (conversazionale). Tuttavia, il linguaggio academico (i.e., dei testi scolastici, della scrittura argomentativa, e delle materie specifiche come la storia, la matematica, e le scienze), incorpora strutture lessicali e sintattiche più complesse, e, per uno studente L2, ci vuole molto più tempo per acquisirle. Una maniera di sviluppare il linguaggio academico è attraverso la scrittura. Comporre un testo scritto non è soltanto un esercizio accademico, è una pratica socioculturale, che comporta sia fattori linguistici e cognitivi sia aspetti dell’identità e dell’esperienza dello scrittore. Perciò, nel nostro lavoro di ricerca proponiamo che l'uso della scrittura autentica possa sostenere lo sviluppo linguistico academico e anche l’identità culturale e academica dello studente L2. Per esempio, in un progetto con studenti L2 negli Stati Uniti, gli studenti hanno imparato applicare strategie di pianificazione e composizione del testo persuasivo, mentre studiavano il problema dell’immigrazione (rilevante per loro) e scrivevano testi per una campagna di sensibilizzazione “Fair Food” in appoggio ai braccianti migranti locali. In altre indagini, studenti L2 collaborano con coetanei L2 di un altro paese (USA-Messico, Italia-USA) per comporre testi informativi e argomentativi su questioni importanti per la loro comunità. Questa relazione mostrerà il potere della scrittura autentica per motivare gli studenti che apprendono una L2, e sostenere lo sviluppo del loro linguaggio academico in aula. Questi obiettivi si possono realizzare quando l’esperienza e l’identità degli studenti vengono incorporate nella pratica della scrittura. -0 Poster workshop 2 Lo sviluppo della lettura e scrittura in bambini con Italiano L2 provenienti da un contesto di deprivazione linguistica M. Vernice, M. T. Guasti Università Milano-Bicocca Introduzione. Negli ultimi anni un numero sempre crescente di bambini con italiano L2 presenta difficoltà di apprendimento che spesso vengono diagnosticate come disturbi specifici di apprendimento (DSA). A tale proposito, studi recenti hanno sollevato il problema del rischio di falsi positivi (Scortichini e colleghi, 2012). Questi autori sottolineano come, in questo campione, il lessico sia un predittore cruciale delle abilità di apprendimento di lettura. Il presente studio si propone di valutare le competenze linguistiche (morfo-sintattiche oltre che lessicali) in italiano, e il livello degli apprendimenti di lettura e scrittura in un campione di bambini di scuola primaria (età 7-10 anni), con L1 arabo (n=18), spagnolo (n=11) e tagalog-filippino (n=7), provenienti da un contesto di deprivazione linguistica e culturale. Metodo. I bambini con italiano L2 sono stati sottoposti a una batteria di test che mirava a valutare le competenze in lettura (accuratezza, velocità e comprensione), scrittura, abilità linguistiche (morfosintassi libera e legata; lessico), Working Memory verbale e funzioni esecutive. Mediante la somministrazione dell'adattamento italiano del questionario “Utrecht Bilingual Language Exposure Calculator” (UBiLEC), abbiamo raccolto informazioni sul livello dell'input nella L1 e sull'esposizione alla L2. Ogni soggetto è stato appaiato a bambini con italiano L1 di pari età cronologica. Risultati. I dati preliminari indicano che i bambini con Italiano L2 hanno una performance in lettura e scrittura consistentemente al di sotto della media, a prescindere dalla L1 e dall’età. Al contrario, le funzioni esecutive risultano essere nella norma o al di sopra della norma. La lingua di provenienza (arabo vs. spagnolo vs. tagalog-filippino) e la durata di esposizione all'italiano appaiono correlare in modo significativo solo con alcune misure di lettura. Conclusioni. Discuteremo le implicazioni dei nostri risultati alla luce della implementazione di possibili interventi finalizzati a rilevare i casi di falsi positivi con diagnosi di DSA. Scortichini, F., Stella, G., Morlini, I., Zanzurino G., Scorza, M. (2012). La diagnosi di Dislessia e Disortografia Evolutiva nei bambini bilingui (L2). Evidenze sul ruolo del lessico. Dislessia, 3, 319-339. -1 Poster workshop 2 Studio pilota sull’apprendimento della lettura e della scrittura di bambini sordi nella scuola bilingue Centre Effatà di Saaba/Ouagadougou P. Celo Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione Riccardo Massa, Università Milano-Bicocca Introduzione. La ricerca prende le mosse dal desiderio di analizzare un contesto reale educativo nato da soli 2 anni in una zona particolarmente isolata dell’Africa occidentale, il Centre Effatà L. Pavoni di Saaba nel Burkina Faso nell’ottica di un confronto fruttuoso con le prassi di insegnamento della lettura e della scrittura nei bambini sordi italiani che utilizzano la lingua dei segni. Le premesse teoriche fanno riferimento alle intuizioni di Jacobson (1959) circa la traduzione intersemiotica che si coniuga con la teoria dell’apprendimento delle seconde lingue, il concetto di interlingua come passaggio dalla lingua nativa alla lingua target (Selinker, 1972), gli studi di Ferreiro Teberosky (1979) sui livelli di sviluppo delle competenze di letto scrittura nei bambini udenti con scritture non alfabetiche e la prassi consolidata di educazione alla letto scrittura con metodi che hanno ottenuto buoni risultati per l’apprendimento formale della lettura e della scrittura da parte dei bambini sordi (Metodo Bimodale, uso dell’Italiano Segnato Esatto di Caselli e Massoni 1989, dattilologia etc.). L’analisi di inquadramento dell’ambiente sociale ed educativo, sulla scorta di Kamei 2006 e Nyst 2010 mostra un contesto plurilinguistico tipico della zona subsahariana dell’Africa occidentale dove la maggioranza della popolazione udente è bilingue (nel caso del Burkina Faso: moore e francese) e i bambini sordi vivono una esperienza di educazione alla lettoscrittura in francese mentre i segni sono americani e la lettura labiale è in francese, si è posto il focus della ricerca sul problema dell’educazione alla letto scrittura dei bambini sordi segnanti che viene affrontato con una prospettiva omologante circa le lingue della maggioranza udente in contesti propriamente formali e scolastici. -2 Metodo. La didattica della letto scrittura è legata abitualmente al mondo conoscitivo del bambino, alle sue esperienze, alla sua quotidianità, dando un senso grafico all’esperienza acustica fornendo un quadro di aspettative circa la traducibilità intersemiotica fra sistemi di simboli: da una parte i suoni e dall’altra i grafemi della lingua vocale a cui si riferiscono. Nel caso di bambini sordi proprio questa traducibilità può essere un problema. Dopo aver osservato la prassi educativa degli insegnanti della scuola Centre Effata di Saaba Ouagadougou e il metodo globale proposto ai bambini sordi e udenti si è approfondita la ricerca analizzando la totalità del gruppo di 75 bambini, di età variabile e iscritti alle classi 1 e 2 elementare, la maggioranza sordi profondi non protesizzati e istituzionalizzati, e un sottoinsieme di udenti che utilizza la Lingua dei Segni come strumento naturale e diretto per comunicare in questa scuola bilingue. Tutti i bambini individualmente sono stati sottoposti alle matrici colore di Raven per testarne le competenze cognitive e successivamente, ad un test di lettura e scrittura bastato sulle immagini del testo in adozione. Il test è stato elaborato concordemente con le insegnanti della scuola e i risultati confrontati con le valutazioni scolastiche ordinarie per la lingua francese. Su un numero variabile di items (10 per la prima elementare e 15 per la seconda) si è posta una analisi quantitativa degli errori occorsi e qualitativa della tipologia di grafia (disegno, prevocalica, vocalica/sillabica) in ordine alle osservazioni di Ferreiro Teberosky. Si è discusso anche la problematica del riconoscimento evocativo solo visivo o/e la lettura della parola presentata. I dati sono stati analizzati quantitativamente circa le classiche suddivisioni per diagnosi, per genere ed età e per il numero degli errori occorsi, qualitativamente circa le tipologie di segni grafici e per l’uso massiccio della dattilologia senza un riscontro effettivo con le lettere dell’alfabeto. Poster workshop 2 Risultati. I risultati preliminari dello studio pilota che andranno confermati attraverso la nuova somministrazione del test (2 aprile) al campione mostrano difficoltà nel processo intramorfico, cioè nel passaggio materico nel sistema di espressione tr l’oggetto o il concetto, la Lingua dei Segni, il Francese segnato esatto, la dattilologia e i grafemi del Francese. La didattic “intramorfica” teorizza che, in assenza di fonemi, i segni linguistici della LIS vengano scelti per coerenza di forma dell mano e di configurazione con i simboli manuali alfabetici della dattilologia: un filo conduttore che permette al bambino sord di riconoscere nei segni eseguiti la forma della lettera dell’alfabeto che sta imparando a scrivere graficamente, di nuovo u passaggio sotteso tra forme e materie simboliche diverse, un salto semiotico e materico che va dalla lingua dei segni all scrittura. E’ proprio l’origine di questo passaggio, la mancata comprensione in lingua dei segni del concetto, rend difficoltoso il processo intramorfico e rallenta l’apprendimento della lettura in modo particolare. Anche l’uso del caratter corsivo minuscolo in maniera esclusiva non sembra giovare all’apprendimento della scrittura. Conclusione. Il confronto tra i risultati del test di novembre e quelli elaborati in maggio mostrerà che un approccio alla didattica della lettura e della scrittura che escluda il processo intramorfico privilegiando solo la dattilologia e la riproduzione meccanica dei grafemi sia poco utile all’apprendimento della letto-scrittura. Focalizzarsi sulla comprensione permette una fluidità del processo e una stabilizzazione del rapporto tra grafema e concetto. Dimostrare la bontà del metodo permetterà un diverso approccio alla problematica della letto scrittura e un valido supporto alle insegnanti dei bambini sordi segnanti che spesso utilizzano prassi poco efficaci. Una versione dell’abbecedario intramorfico in lingua francese è in elaborazione in collaborazione con il Ministero della P.I. del Burkina Faso e della Federazion National des Ecoles de Sourds di Burkina Faso (F.N.E.S.B.F.). -3 Sabato 17 maggio Poster workshop 3 Potenziamento e trattamenti Chairperson: A. Guarini -4 Poster workshop 3 Relazione tra Inibizione Comportamentale valutata da madri e insegnanti e competenze metafonologiche L. Mandolesi, M. Minelli, E. Bertossi, F. Agostini, S. Magri, S. Dellabartola, S. Giovagnoli Dipartimento di Psicologia, Università di Bologna Introduzione. Le competenze fonologiche sono considerate buoni predittori dello sviluppo delle abilità di lettura e scrittura, tuttavia pochi studi hanno indagato come difficoltà relative alle abilità fonologiche possano influire su come genitori ed insegnanti percepiscono il temperamento dei bambini. In altri termini, i bambini con difficoltà linguistiche sono valutati diversamente sul piano del temperamento? La ricerca si è occupata di analizzare in particolare la valutazione del tratto temperamentale di Inibizione Comportamentale (BI ; Bishop et al. 2003), effettuata da madri e insegnanti. Metodo. Il campione è costituito da 74 bambini di età compresa tra 4 e 6 anni, frequentanti la scuola d’infanzia, valutati attraverso il questionario BIQ (Bishop et al. 2003) da madri e insegnanti. Sulla base dei risultati ottenuti al test CMF (Marotta et al., 2008) e al test CPM di Raven, il campione è stato suddiviso in due gruppi: bambini con difficoltà fonologiche (N=15) e controlli (N=59). I dati sono stati analizzati mediante SPSS utilizzando l’analisi della varianza per prove ripetute. Risultati. I risultati mostrano differenze significative fra il punteggio ottenuto nella versione compilata dalla madre e quello della versione per insegnanti, in particolare gli insegnanti riportano punteggi di inibizione comportamentale superiori rispetto alle madri. Le valutazioni effettuate dalle insegnanti evidenziano punteggi significativamente più alti nell’inibizione comportamentale fra i bambini con difficoltà fonologiche rispetto ai controlli. I punteggi riportati dalle madri non evidenziano invece differenze significative fra i due gruppi. Conclusioni. I risultati mostrano che i soggetti con difficoltà nel linguaggio sono considerati come maggiormente inibiti se valutati dall’insegnante. Questo risultato tuttavia non emerge dalla valutazione delle madri. Le differenze fra insegnanti e madri confermano che l’attribuzione dei punteggi relativi al tratto dell’inibizione temperamentale sono influenzati dal contesto nel quale il bambino viene valutato. In ricerche future, sarà necessario replicare lo studio su un campione maggiormente numeroso per verificare se i risultati del presente studio vengono confermati. Bishop, G., Spence, S. H., & McDonald, C. (2003). Can parents and teachers provide a reliable and valid report of behavioral inhibition?. Child Development,74(6), 1899-1917. Marotta, L. (2008). Test CMF. Valutazione delle competenze metafonologiche. Edizioni Erickson. .+ Poster workshop 3 PPP: primi dati sull’efficacia di un approccio al potenziamento delle abilità pragmatiche basato sul role-playing I. Viola, S. Di Sano Dipartimento di Neuroscienze e Imaging, Università di Chieti-Pescara G. D’Annunzio Introduzione. Nel DSM-V, il disturbo pragmatico è stato collocato in una propria classe diagnostica: “Disturbo di comunicazione sociale (pragmatica)” (SCD) e si caratterizza per un uso deficitario della comunicazione verbale e non verbale in assenza di comportamenti e interessi ripetitivi. Il potenziamento di tali abilità è un’impresa ardua, poche sono le ricerche cliniche che confrontano l’efficacia di programmi di potenziamento diversi. Gli approcci finora adottati sono single-case e lavorano sul modellamento dei comportamenti ideali da raggiungere (Adams et al., 2012). Il PPP, invece, si basa su attività di role-playing per migliorare le competenze pragmatiche e comunicative attraverso un graduale processo di scoperta. L’obiettivo è di indagare l’efficacia del PPP confrontandolo con un altro programma, il Parliamone, diretto al singolo individuo e volto a coinvolgere i processi cognitivi sottostanti la competenza pragmatica. L’obiettivo è verificare se il PPP, pur focalizzandosi su processi d’interazione, migliori anche le abilità cognitive coinvolte nella competenza pragmatica. Metodo. Il campione è di 27 bambini (12 femmine, 15 maschi) di III e IV elementare, divisi in 4 gruppi: 2 hanno svolto il potenziamento con il programma PARLIAMONE (ispirato ai subtest della batteria APL-Medea) e 2 il PPP. Il disegno di ricerca coinvolge una valutazione pre/post potenziamento con la batteria APL- Medea e una fase di potenziamento di 16 ore. Risultati. I dati, relativi a 23 soggetti, sono stati sottoposti a un’analisi della varianza 2 (programma: Parliamone vs PPP) x 2 (tempo: pre vs post). La variabile dipendente era la prestazione totale all’APL (in punti z) e la prestazione ai singoli sub test. I risultati hanno evidenziato che per tutti i sub test dell’APL non sono risultati significativi né l’effetto principale del programma né quello dell’interazione tempo*programma. È risultato invece significativo l’effetto del fattore tempo, ma solo per i seguenti sub test: Metafore (p<0,01; F con 1,22=13,19;), Fumetti (p<0,01; F con 1,22=9,08), Situazioni (p<0,05; F con 1,22=7,12) Discussione. Dai risultati si evidenzia un miglioramento delle competenze cognitive sottostanti la pragmatica sia con un programma che interviene direttamente sulla consapevolezza dei processi coinvolti sia con un programma di potenziamento (PPP) che lavora sulle abilità di role-taking. ., Poster workshop 3 Potenziare la competenza pragmatica: relazione tra prestazione iniziale e grado di miglioramento R. Caretto, S. Di Sano Dipartimento di Neuroscienze e Imaging, Università di Chieti-Pescara Introduzione. I bambini che soffrono di Disturbo Pragmatico del Linguaggio (DPL) presentano problemi di comunicazione e di interazione pur avendo competenze fonologiche, lessicali e sintattiche adeguate (Adams, 2001). Alcune ricerche hanno dimostrato la possibilità di migliorare le capacità pragmatiche tramite interventi mirati (Adams, 2001). Un intervento efficace dovrebbe sia migliorare/normalizzare le capacità di bambini con difficoltà o disturbo pragmatico, sia accrescere ulteriormente le capacità di bambini con competenza nella norma. Questo consente l’impiego del programma di potenziamento non solo per i bambini con difficoltà ma anche per quelli con sviluppo tipico. L’obiettivo di questo studio è indagare la relazione tra la prestazione iniziale dei soggetti e il loro grado di miglioramento successivo a un intervento di potenziamento della competenza pragmatica. Metodo. Hanno partecipato 27 bambini (12 femmine, 15 maschi) di III e IV elementare, divisi in 4 gruppi (2 seguivano il programma di potenziamento PARLIAMONE e 2 il PPP). Il potenziamento ha avuto una durata di 16 ore per gruppo. Abbiamo effettuato una valutazione pre-post potenziamento della competenza pragmatica con la batteria APL- Medea. Risultati. Abbiamo effettuato un’analisi della correlazione tra la prestazione iniziale all’APL e il grado di miglioramento pre-post trattamento. I risultati hanno evidenziato una correlazione negativa che indica un’efficacia maggiore del trattamento per i bambini che partivano da punteggi più bassi (r = -0,68, p < 0.01). Inoltre, abbiamo svolto un’analisi della varianza 2 (prestazione iniziale: sopra/sotto la mediana) x 2 (trattamento: PARLIAMONE/PPP). I risultati hanno evidenziato un effetto significativo del fattore PRESTAZIONE INIZIALE (F = 17,40, p < 0,01, eta quadrato parziale = 0,48) mentre non risulta significativo l’effetto del fattore TRATTAMENTO né quello dell’interazione. Discussione. I risultati evidenziano una maggiore efficacia del programma di potenziamento per i bambini che hanno una prestazione iniziale più bassa. Questo risultato al momento limita l’applicabilità dei programmi di potenziamento impiegati a bambini con disturbo o difficoltà pragmatiche, d’altra parte la difficoltà di evidenziare miglioramenti negli studenti che partono da una base di partenza potrebbe essere legata alla natura dello strumento di valutazione impiegato. In questo senso sarebbe utile replicare la ricerca con strumenti di valutazione diversi. .- Poster workshop 3 Esperienza clinica nel trattamento con pregresso disturbo di linguaggio di soggetti DSA B. Michelizza°*, D. Patricelli*, V. Cocomazzi*, R. Stola* °Dipartimento di Scienze dell’Uomo, Università di Urbino *Servizio di Foniatria e Logopedia, Fond. “P.A. Mileno-Onlus” Vasto (CH) Introduzione. Nel primo ciclo della scuola primaria una quota variabile di alunni, pari a 8,0 – 10,0% della popolazione scolastica, presenta difficoltà nell’acquisizione delle competenze accademiche, in particolare nella lettura e nella scrittura. Questa popolazione, inizialmente molto eterogenea per eziopatogenesi e clinica, si riduce significativamente e, come da statistiche del MIUR (anno 2012), si attesta attorno a valori del 2,5 – 3,0%, con diagnosi di Disturbo Specifico di Apprendimento (DSA). I bambini che presentano il disturbo di lettura hanno manifestato un disturbo nello sviluppo del linguaggio verbale in circa un 60% dei casi, mettendo in evidenza un interessante rapporto patogenetico tra i due fenomeni. Mentre una quota di questi pazienti, giunta in età scolare, ha superato il disturbo di linguaggio una restante parte presenta distorsioni nella struttura o nell’uso dello strumento linguistico (Leonard 1998). L’area riabilitativa deve tenere in debito conto il peso giocato dalla maturità linguistica (controllo dei piani fonetico-fonologico, lessicale e morfo-sintattico) nella strategia riabilitativa globale e specifica di presa in carico del paziente. Metodo. Presso il nostro Servizio di Foniatria e Logopedia, negli anni 2011e 2012, sono afferiti 48 alunni, appartenenti alle classi 3°-4° e 5° della scuola primaria (Vasto ed entroterra vastese), per difficoltà di apprendimento. L’invio è stato fatto dalla scuola per 32 alunni, per 7 bambini dal curante e per i restanti 9 soggetti su richiesta dei genitori. I 48 soggetti sono stati sottoposti a valutazione neuropsicologica secondo le indicazioni della Consensus Conference del 2007. Si è individuata, pertanto, una coorte di 36 soggetti con diagnosi di DSA. L’interesse dello studio è stato quello di approfondire le relazioni tra sviluppo della competenza linguistica (aspetti fonetici, fonologici e meta fonologici) e le abilità accademiche, monitorando i parametri di velocità e correttezza in decifrazione. E stato scartato un nucleo di pazienti (17 soggetti) che non presentavano pregressi di disturbo/ritardo di linguaggio e si è identificato un gruppo di pazienti che in anamnesi ha manifestato una distorsione nello sviluppo della competenza verbale. Dei 19 soggetti interessati nel presente studio, si sono osservate le tappe di sviluppo prelinguistico (lallazione canonica e variegata), sviluppo del lessico e della microsintassi, si è considerata la presenza di un trattamento abilitativo logopedico, iniziato e terminato prima di entrare nell’ambito scolastico (a testimonianza di un disturbo di linguaggio). Per il parametro logoterapia 3 soggetti sono stati trattati anche durante il primo anno di scuola primaria e sono stati esclusi dalla presente coorte. .. Poster workshop 3 Dei 16 soggetti rimanenti si sono studiati gli aspetti fonetico-fonologici, lessicali e grammaticali individuando due sottogruppi. Il primo sottogruppo (coorte A), di 6 soggetti, con prestazionalità linguistiche nella norma ma ai limiti inferiori e che non aveva eseguito trattamento logopedico. Un secondo sottogruppo, (coorte B)con 10 soggetti che presentavano cadute nei piani fonetico-fonologico e/o meta fonologico, inoltre, avevano eseguito training logopedico. I due sottogruppi sono stati posti in trattamento logopedico (36 sedute in sei mesi), la coorte A con trattamento specifico sublessicale e lessicale. La coorte B è stata sottoposta ad un trattamento logopedico per modificare le abilità fonoarticolatorie e di programmazione fonologica a cui è seguito trattamento specifico per la lettura.. Risultati. Il gruppo A ha mostrato modificazioni sia nel parametro accuratezza sia nella rapidità; il gruppo B ha mostrato più significativi cambiamenti in ordine alla accuratezza e limitati in ambito di velocità. Conclusioni. In ambito clinico sembra importante far superare al bambino il più possibile le difficoltà di ordine linguistico al fine di far affrontare con maggiore successo il percorso accademico. Grande attenzione sembra doversi dare alle prestazionalità articolatorie della parola parlata. ./ Poster workshop 3 Scrivere in movimento: studio pilota sul rapporto tra abilità motorie e primi apprendimenti scolastici F.R. Lasorsa1, D. Formica2, L. Ricci2, L. Sparaci1 1 Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione (ISTC), Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), Roma 2 Laboratorio di Robotica Biomedica e Biomicro sistemi, Università Campus BioMedico, Roma Introduzione. Un crescente numero di studi ha riconosciuto l’esistenza di un forte legame tra sistema motorio e abilità cognitive e sociali [1,2]. In particolare, la maturazione e l'integrazione di diverse capacità motorie influenza l’apprendimento della scrittura, dove specifiche sequenze di movimenti si realizzano entro vincoli spaziali e temporali [3]. Difficoltà nella programmazione e nella coordinazione grafo-motoria (e.g. forma delle lettere), possono portare il bambino ad automatizzare comportamenti motori poco efficaci, con conseguenti difficoltà in prove di velocità (e.g. scrittura sotto dettatura). Questo studio pilota ha come obiettivo la valutazione del rapporto tra motricità e apprendimento della scrittura. Metodo. Hanno partecipato 28 bambini di prima elementare (13 M, 7 F; età cronologica; 6;5±0.3; QI 109.6±13.2)e 13 bambini di seconda elementare (6 M, 7 F; età cronologica; 7;7±0.3; QI 107.9±19.2), con livello linguistico (e.g. comprensione e produzione lessicale) nella norma. Le abilità motorie sono state valutate con la Batteria per la Valutazione Motoria del Bambino, mentre per le abilità di scrittura sono stati utilizzati la Batteria per la Valutazione della Scrittura e della Competenza Ortografica e la Scala Sintetica per la Valutazione della Scrittura in età evolutiva. Infine, per la comprensione di un testo scritto, sono state utilizzate le prove di lettura MT. Risultati. In bambini di prima e seconda elementare sono emerse difficoltà in compiti che coinvolgono abilità motorie così come difficoltà in alcune prove di velocità di scrittura. La correlazione positiva emersa tra abilità fine motorie e numero di errori nel dettato in bambini di prima elementare; così come tra abilità motorie e numero di errori nella prova di dettato in bambini di prima e seconda elementare potrebbero evidenziare come l’acquisizione di specifiche abilità motorie possa influenzare aspetti essenziali dell’apprendimento scolastico (i.e. la velocità e la correttezza della scrittura). Conclusioni. Questo studio evidenzia la necessità di una sensibilizzazione verso la valutazione delle abilità motorie in bambini della scuola primaria, attraverso l’uso di adeguati strumenti di screening, per evidenziare specifiche problematiche di sviluppo (e.g. DCD) e per migliorare la qualità dell'apprendimento scolastico. .0 1.von Hofsten 2007. Develop Science 10:54 2.Rizzolatti & Sinigaglia, 2010. Natur Rev Neurosc, 11:1 3.Volman et al. 2006. Am J Occup Ther, 60:451 Poster workshop 3 Apprendimento di procedure visuo-motorie in bambini con autismo: uno studio pilota L. Sparaci1, F.R. Lasorsa1, D. Formica2, L. D’Elia3, G. Valeri3, S. Vicari3 1 Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione (ISTC), Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), Roma 2 Laboratorio di Robotica Biomedica e Biomicro sistemi, Università Campus BioMedico, Roma 3 Dipartimento di Neuroscienze, IRRCS Ospedale Pediatrico ‘Bambino Gesù’, Roma Introduzione. L’apprendimento implicito di procedure visuo-motorie, ovvero la capacità di apprendere una procedura visuo-motoria dopo l’esposizione ripetuta a un compito, supporta molte abilità socio-comunicative come ad esempio l’esecuzione di specifiche sequenze motorie durante la produzione di segni grafici [1]. Ad oggi, la ricerca sull’apprendimento di procedure visuo-motorie in bambini con disturbi dello spettro autistico (ASD), ha utilizzato prevalentemente paradigmi sperimentali classici (e.g. serial reaction time task e pursuitrotor task) spesso con risultati contrastanti [2,3].Questo studio vuole presentare un nuovo compito al computer, che permette di valutare in maniera più efficiente la presenza di atipie nell’apprendimento di procedure visuo- motorie in bambini con ASD, confrontati con bambini con sviluppo tipico (ST). Metodo. Viene chiesto al bambino di seguire i movimenti di un bersaglio presentato sullo schermo di un computer, utilizzando una penna digitale e una tavoletta elettronica, al fine di misurare: l’apprendimento visuo-motorio implicito dopo una fase di esercitazione, la diminuzione nella performance in presenza di uno stimolo alterato, il consolidamento di abilità acquisite dopo un periodo di riposo e specifiche strategie utilizzate nell’apprendimento. Quattordici bambini maschi hanno preso parte allo studio pilota: 7 bambini con ASD (età cronologica 7;7 ±2.0; QI 94.3 ±19.0) e 7 bambini con ST (età cronologica 7;4 ±1.6; QI 105.7 ±12.7), di pari età cronologica e livello cognitivo non-verbale. Le abilità visuo-motorie di tutti i bambini sono state valutate utilizzando in aggiunta il Test di Integrazione Visuo-Motoria (VMI). Risultati. I risultati hanno evidenziato nei bambini con ASD una performance significativamente differente, in confronto con i bambini con ST, in presenza di uno stimolo alterato, in relazione al consolidamento di un’abilità e relativamente alle strategie adottate per seguire il target in movimento. Conclusioni. Il compito, facilmente utilizzabile in contesti educativi e/o clinici, ha permesso di valutare abilità simili a quelle messe in atto dai bambini durante la scrittura e ha fornito nuovi dati sulla presenza di pattern atipici nell’apprendimento di sequenze visuo-motorie in bambini con ASD. .1 1.Kushki, Chau & Anagnostou 2011. J Autism Dev Disord, 41:1706–1716; 2. Gordon & Stark 2007. Focus on Autism and Other Dev Dis, 22:14-22; 3. Larson & Mostofsky 2008. Autism Research, 1:341-353. Sabato 17 maggio LEZIONE MAGISTRALE Language and Motor Development Atypically-Developing Populations in Typically and Jana M. Iverson University of Pittsburgh This talk presents findings from three lines of research designed to address the broader issue of the relationship between motor, communicative, and language development. The first focuses on developmental links between speech and spontaneous hand gestures as a specific example of this relationship, examining gesture as a predictor of developing language in typically- and atypically-developing toddlers. The second assesses whether delays and atypicalities in early motor and speech-gesture development provide an index of eventual autism spectrum disorder diagnosis; and the last asks whether such delays also influence infants’ interactions with objects and people in ways that exert far-reaching, cascading effects on development. Sviluppo linguistico e motorio in popolazioni a sviluppo tipico e atipico In questa presentazione sono discussi i risultati di tre linee di ricerca volte ad affrontare la più ampia questione del rapporto tra sviluppo motorio, comunicativo e linguistico. La prima si focalizza sui collegamenti evolutivi tra parola e gesti spontanei come un esempio specifico di questa relazione, esaminando il gesto come predittore dello sviluppo del linguaggio nei bambini con sviluppo tipico e atipico. La seconda valuta se i ritardi e le atipicità nello sviluppo precoce motorio e gesto-parola costituiscono un indice di eventuali disturbi dello spettro autistico. La terza si chiede se tali ritardi influenzino anche le interazioni dei bambini con gli oggetti e le persone in modi che possono avere effetti a cascata di vasta portata sullo sviluppo. Presentazione: A. Sansavini .2 Sabato 17 maggio Simposio C Il ruolo della comunicazione gestuale nello sviluppo tipico e atipico Chairperson: D. Brizzolara .3 Simposio C Lo sviluppo dell’abilità di coordinare l’intenzione comunicativa del gesto di indicare e delle produzioni vocali nei primi due anni di vita: uno studio longitudinale M. Spinelli1, T. Aureli2, M. Fasolo1, P. Perucchini3, M. C. Garito2 1 2 Università di Milano-Bicocca Università degli Studi G. D.’Annunzio Chieti3 Pescara Università degli Studi Roma Tre Introduzione. Il gesto di indicare rappresenta uno dei più validi segnali dell’intenzionalità comunicativa, prima dell’emergere del linguaggio. Due sono in particolare le intenzioni espresse dal gesto: richiestiva, per ottenere qualcosa dall’interlocutore, e dichiarativa, per dirigere l’attenzione dell’altra persona su qualcosa. Le produzioni vocali preverbali, allo stesso modo, rappresentano un indice di comunicazione intenzionale e, quando associate ai gesti, risultano intensificare la funzione comunicativa di quest’ultimi, aumentando la possibilità che l’atto comunicativo abbia successo. Obiettivo principale del presente studio è analizzare longitudinalmente l’abilità dei bambini di associare il gesto di indicare con le produzioni vocali, esplorando se la prosodia di tali produzioni si differenzia sulla base dell’ intenzione, richiestiva o dichiarativa, del gesto. Metodo. Hanno partecipato alla ricerca 25 bambini osservati a 12, 15 e 18 mesi di vita all’interno di una procedura sperimentale opportunamente creata per elicitare la produzione di gesti di indicare con funzione dichiarativa e richiestiva (Camaioni et al. 2004). I gesti di indicare sono stati codificati rispetto alla funzione e sono state analizzate le caratteristiche prosodiche delle produzioni vocali associate ai gesti. Risultati. I risultati evidenziano un aumento significativo a 15 mesi rispetto a tre mesi prima nella produzione dei gesti di indicare associati con produzioni vocali. La frequenza di tali associazioni non varia a 18 mesi rispetto a 15 mesi, ma le produzioni vocali associate ai gesti si differenziano prosodicamente rispetto all’intenzione comunicativa del gesto: i gesti di indicare richiestivi sono accompagnati da produzioni vocali con frequenza fondamentale (f0) più elevata dei gesti di indicare dichiarativi. Conclusioni. I risultati ottenuti evidenziano un trend evolutivo nell’abilità di associare il gesto di indicare alla vocalità nel secondo anno di vita: in una prima fase, i bambini potenziano tale abilità indipendentemente dall’intenzione comunicativa del gesto; successivamente differenziano la prosodia delle produzioni vocaliche associate al gesto in base a tale intenzione. Tali risultati, nel complesso, supportano l’idea che lo sviluppo dell’abilità comunicativa intenzionale del bambino costituisca un processo graduale. .4 Simposio C La relazione gesto-parola in bambini con disturbo specifico del linguaggio in situazioni di compito e di interazione spontanea M. Lavelli1, C. Barachetti1, E. Florit2, A. Grigoli1, R. Gimenez1 1 Dipartimento di Filosofia, Pedagogia e Psicologia, Università di Verona Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e della Socializzazione, Università di Padova 2 Introduzione. Alcuni studi hanno mostrato che i bambini con disturbo specifico del linguaggio (DSL) nelle interazioni verbali tendono a produrre più risposte minime e inadeguate dei bambini con sviluppo tipico (ST), ma quando i gesti accompagnano le loro verbalizzazioni possono esprimere informazioni non presenti nelle parole (Blake et al., 2008; Evans et al., 2001; Iverson & Braddock, 2011). Comunque, l’evidenza empirica che nei bambini con DSL il gesto possa sostenere o compensare l’espressione verbale è ancora controversa (Hill et al., 1998; Mainela-Arnold et al., 2006) e prevalentemente limitata a bambini d’età scolare in situazioni di compito. La nostra ricerca ha esaminato la relazione tra produzione gestuale spontanea e produzione verbale in bambini con DSL confrontati con bambini con ST durante un compito di denominazione lessicale (Studio 1) e l’interazione con la madre nel contesto di lettura congiunta di un libro di immagini (Studio 2). Metodo. Quindici bambini d’età prescolare con DSL espressivo sono stati confrontati con 15+15 bambini con ST appaiati, rispettivamente, per età cronologica e abilità linguistiche. Sia le sessioni del compito, proposto attraverso il test ‘PinGParole in Gioco’ (Bello et al., 2010), che quelle di lettura congiunta sono state videoregistrate e trascritte. Le risposte al test e gli enunciati prodotti dai bambini nel contesto interattivo sono stati codificati in base alla modalità di espressione (Verbale, Gestuale, Bimodale), ai tipi di gesti (Deittici, Rappresentativi, Altri) e alle funzioni del gesto in relazione alla parola (Rinforza, Disambigua, Aggiunge informazione) negli enunciati bimodali. Risultati. Nel compito di denominazione --che richiedeva solo la produzione di singole parole-- i bambini con DSL hanno prodotto gesti deittici e rappresentativi in accompagnamento alle risposte verbali significativamente più dei loro pari con ST, F(2,42)=10.29, p<.001, ηp2=.36, (I-J)=29.44, p=.001. I risultati dello Studio 2 confermano che, rispetto ai loro pari con ST, i bambini con DSL non solo hanno usato più enunciati bimodali nell’interazione con la madre, F(2,42)=3.48, p=.04, ηp2=.14, (I-J)=11.95, p=.012, ma hanno anche prodotto più gesti che Aggiungono informazioni non espresse nelle parole co-occorrenti, F(2,42)=3.41, p=.043, ηp2=.14, (I-J)=12.14, p=.015. /+ Conclusioni. Complessivamente, questi risultati supportano l’ipotesi di un “vantaggio gestuale” nei bambini con DSL, e hanno implicazioni per la pratica educativa e clinica. Simposio C La comunicazione gestuale nei bambini con Disturbo dello Spettro Autistico durante l’interazione spontanea madre-bambino M. Mastrogiuseppe1, O. Capirci2 , S. Cuva1, P. Venuti1 (1) Laboratorio di Osservazione, Diagnosi e Formazione (ODFLab), Università di Trento (2) Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione (ISTC), CNR, Roma Introduzione. I gesti sono una specifica tipologia di azioni comunicative con un importante ruolo nel regolare la comprensione intersoggettiva (Capirci et al., 1996). I bambini con Disturbo dello Spettro Autistico (ASD) mostrano un deficit nell’uso spontaneo di gesti significativi e, a differenza di bambini appartenenti ad altre popolazioni atipiche (i.e. Sindrome di Down), tendono a non usare i gesti per compensare le difficoltà di comunicazione sociale (Stefanini et al., 2007). Nonostante la rilevanza di questa problematica, la letteratura sui gesti nell’autismo risulta scarsa e contraddittoria. L’obiettivo del presente studio è quello di analizzare i gesti nei bambini con ASD durante l’interazione spontanea con le proprie madri, focalizzandosi sulla produzione gestuale totale e sull’identificazione delle differenti tipologie di gesto. Metodo. Al presente studio hanno partecipato 60 diadi madre-bambino: 20 bambini con sviluppo tipico (TD; CA: M=24,7, SD=4,1), 20 con Sindrome di Down (DS; CA: M=40,9, SD=6,3; MA: M=22,5, SD=3) e 20 con ASD (ASD; CA: M=47,6, SD=11,1; MA: M=25,6, SD=8,9), confrontati sulla base dell’età di sviluppo. Le interazioni sono state videoregistrate e analizzate attraverso l’utilizzo di uno specifico schema di codifica (Capirci et al., 2007) che consente un’analisi quantitativa e qualitativa della produzione gestuale. Risultati. Le analisi mostrano differenze significative tra i tre gruppi in molti dei domini investigati. Il numero totale dei gesti è inferiore nel gruppo ASD rispetto al gruppo TD (p<0.01) e DS (p<0.01). Per quanto riguarda le funzioni del gesto, i bambini con ASD producono in proporzione meno gesti deittici e ideativi rispetto ai bambini del gruppo TD (p<0.01; p<0.05) e DS (p<0.01; p<0.01); solo nel gruppo ASD sono presenti gesti strumentali. Inoltre, specifiche correlazioni emergono tra produzione gestuale, sviluppo cognitivo e severità dei sintomi di autismo. Conclusioni. Attraverso l’analisi dettagliata dei gesti durante l’interazione spontanea madre- bambino, il presente studio ha permesso di identificare specifiche caratteristiche della comunicazione gestuale nei bambini con ASD. Una maggiore comprensione della gestualità nell’autismo può essere utile nel migliorare non solo la conoscenza teorica sui meccanismi alla base della comunicazione intenzionale nello sviluppo tipico e atipico, ma può informare circa nuove pratiche educative e di intervento nell’ambito degli ASD (Capone e McGregor, 2004). /, Sabato 17 maggio LEZIONE MAGISTRALE Functional constraints for brain plasticity: Indications for language acquisition in deaf people Francesco Pavani Dipartimento di Psicologia e Scienze Cognitive e Centro Interdipartimentale Mente e Cervello (CIMeC), Università di Trento Cognitive neuroscience studies involving people with sensory deprivation (blindness or deafness) are expanding our knowledge on the neural correlates of experience dependent changes. One consolidated piece of evidence is that the cortical areas typically involved in processing the missing sensory modality (e.g., the auditory areas in a deaf person) do not remain inactive. Instead, they are functionally recruited by the intact sensory modalities (e.g., vision or touch). These plastic changes have been termed ‘crossmodal plasticity’. For the case of deafness, the growing impact of neuroprosthetics devices such as cochlear implants offering the possibility of partial recovery of auditory functions, raised the issue of whether crossmodal plasticity might constitute an obstacle to auditory reafferentation. Furthermore, it has been hypothesised that visual languages (such as sign languages) could promote crossmodal plasticity, hindering the efficacy of cochlear implantation. In my presentation I will discuss the functional constraints of crossmodal plasticity, with particular reference to the processing of languages – either spoken or signed. In addition, I will clarify why the hypothesis that sign languages constitute an obstacle to cochlear implant efficacy is not supported by empirical evidence. Presentazione: M.C. Caselli /- Vincoli funzionali nella plasticità cerebrale: indicazioni per l'acquisizione del linguaggio nelle persone sorde Le ricerche di neuroscienze cognitive sulle persone con deprivazione sensoriale (cecità o sordità) stanno arricchendo le nostre conoscenze sui correlati neurali dei cambiamenti causati dall’esperienza. Un’evidenza ormai assodata è che i territori corticali tipicamente coinvolti nell’elaborazione della modalità sensoriale deficitaria (es., le aree acustiche di una persona sorda) non rimangono silenti, ma sono funzionalmente attivati dalle modalità sensoriali intatte (es., visione o tatto). Nel caso della sordità, l’affermarsi di neuroprotesi come gli impianti cocleari, in grado di restituire parzialmente l’esperienza acustica, ha portato a chiedersi in che misura questa forma di plasticità (definita ‘cross-modale’) possa essere di ostacolo all’efficacia della riafferentazione acustica. Inoltre, è stata formulata l’ipotesi che l’uso di lingue visive, quali le lingue dei segni, possa promuovere questa riorganizzazione crossmodale, contribuendo a ostacolare l’efficacia dell’impianto cocleare. In questa relazione discuterò i vincoli funzionali all’interno dei quali avvengono queste riorganizzazioni funzionali, con particolare riferimento all’elaborazione delle lingue – siano esse parlate o segnate. Mostrerò infine come l’ipotesi che suggerisce una relazione fra l’uso di lingue segnate e la mancata efficacia dell’impianto cocleare sia infondata. /. Sabato 17 maggio Simposio D Bilinguismo orale e bimodale Chairperson: M. Roch // Simposio D Effetti del bilinguismo sul controllo multisensoriale dell’attenzione F. Baruffaldi1, B. Heimler1, F. Costantino1, C. Bonmassar1, F. Pavani1,2 1 2 CIMeC, Università degli studi di Trento Dipartimento di Psicologia e Scienze Cognitive, Università degli studi di Trento. Introduzione. Il bilinguismo precoce contribuisce a modulare le abilità non linguistiche favorendo un maggiore controllo cognitivo (Bialystok et al., 2012). Non è noto se, durante lo sviluppo, i benefici del bilinguismo precoce emergano anche nel controllo della competizione tra diverse modalità sensoriali. Metodi. Abbiamo testato 18 bambini monolingui (età media: 8.7 anni), 18 bambini bilingui (età media: 8.7 anni; età acquisizione L2 < 3 anni) e 16 adulti (età media: 34.3 anni) in due compiti di interferenza crossmodale (Spence et al., 2004). Nel primo bisognava discriminare la posizione verticale di uno stimolo tattile, ignorando un distrattore visivo simultaneo presentato in una posizione verticale congruente o incongruente (rispondi al Tatto / ignora la Vista). Nel secondo compito le istruzioni erano invertite (rispondi allaVista / ignora il Tatto). L’ordine dei due compiti è stato bilanciato tra i partecipanti. Risultati. Lo studio dell’interferenza crossmodale (costi in RT e accuratezza nelle prove incongruenti rispetto alle congruenti) ha rivelato tre risultati principali: (1) L’interferenza crossmodale è presente nei bambini di entrambi i gruppi. Come negli adulti l’interferenza è maggiore quando lo stimolo da ignorare è visivo rispetto a quando è tattile, a conferma della generale dominanza visiva in questo compito spaziale. (2) L’esperienza precoce di bilinguismo modula l’interferenza crossmodale. Nel compito rispondi T / ignora V, i bambini bilingui mostrano minore interferenza crossmodale rispetto ai bambini monolingui. Questo effetto dipende da una minore percentuale di errori nelle prove incongruenti, mentre i due gruppi non differiscono nelle prove congruenti. Nel compito rispondi V / ignora T l’effetto dell’esperienza di bilinguismo si osserva solo analizzando l’apprendimento nel corso della prova (come solitamente descritto nella letteratura sugli effetti del bilinguismo). (3) Nei bambini monolingui si riscontra una maggiore dominanza visiva rispetto agli adulti. Questa differenza non emerge invece nei bambini bilingui. Conclusioni. Questi risultati dimostrano che un bilinguismo precoce può migliorare il controllo dell’attenzione anche in un contesto multisensoriale. Rivelano inoltre una modifica della dominanza sensoriale visiva durante lo sviluppo (Nava e Pavani, 2013) e mostrano come il bilinguismo possa accelerare la transizione verso la minore dominanza visiva più tipica dell’adulto. Bialystok, E., Fergus, I.M.C. & Luk, G. (2012). Bilingualism: consequences for mind and brain. Trends in Cognitive Sciences, 16, 4, 240-250. Nava, E. & Pavani, F. (2013). Changes in Sensory Dominance During Childhood: Converging Evidence From the Colavita Effect and the Sound-Induced Flash Illusion. Child Development, 84, 2, 604–616. /0 Spence, C., Pavani, F. & Driver, J. (2004). Spatial constraints on visual-tactile cross-modal distractor congruency effects. Cognitive, Affective, & Behavioral Neuroscience, 4 (2), 148-169. Simposio D Bilinguismo bimodale in bambini sordi e udenti P. Rinaldi1, D. Onofrio1, A. Marini2,3, M.C. Caselli1 1 Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione Consiglio Nazionale delle Ricerche Dipartimento di Scienze Umane, Università di Udine 3 IRCCS “E. Medea” Associazione “La Nostra Famiglia”, San Vito al Tagliamento (Pn) 2 Introduzione. Le competenze linguistiche dei bambini sordi di età scolare sono caratterizzate da un’ampia variabilità individuale che può essere parzialmente spiegata considerando fattori specifici (età della diagnosi, residuo uditivo, tipo di protesi, età di inizio della logopedia). Molti bambini sordi, con genitori sordi o udenti, sono inoltre precocemente esposti alla lingua dei segni (LIS), e per questo diventano bilingui. Pochi studi hanno analizzato le abilità linguistiche in entrambe le lingue. L’obiettivo è studiare in bambini sordi e udenti bilingui bimodali le relazioni tra competenze linguistiche in Italiano e in LIS e competenze visuo-spaziali, anche in funzione del contesto comunicativo in cui il bambino cresce. Metodo. Hanno partecipato allo studio 10 bambini sordi e 10 udenti (età media: 8 anni). Ai bambini sono state proposte diverse prove: Matrici Progressive di Raven, Test di Corsi (Span avanti e indietro), una prova di comprensione di un racconto in LIS, una prova di comprensione del testo (MT), una prova di giudizio di grammaticalità e una prova di narrazione di una storia figurata. Ai genitori è stata proposta un’intervista per ricostruire il contesto linguistico del bambino. Risultati. Tutti i bambini, sordi e udenti, hanno buone capacità cognitive e di discriminazione visiva. Lo span avanti è significativamente correlato alla prova di comprensione LIS solo nei bambini udenti (r=.67; p<.03) e alla prova di comprensione del testo scritto solo nei bambini sordi (r=.67; p<.04). Le abilità di comprensione dell’italiano dei bambini sordi sono più deboli di quelle dei coetanei udenti (p< .01), mentre tendono ad essere più solide le abilità nella comprensione della lingua dei segni (p=.06). L’analisi integrata di entrambe le lingue nella prova di narrazione e nella prova di giudizio di grammaticalità ha evidenziato un’ampia variabilità individuale e una maggiore presenza di code blends nei bambini sordi con competenze in italiano meno solide. Conclusioni. La coerenza tra segni prodotti e parole lette, nei bambini sordi, evidenzierebbe una strategia di accesso al significato messa in atto da alcuni bambini, che però si rivela poco utile per l’analisi delle strutture grammaticali nella lingua italiana. La relazione tra memoria a breve termine e comprensione della lingua “altra”, l’italiano per i sordi, la LIS per gli udenti, farebbe pensare ad un maggiore coinvolgimento della memoria a breve termine nel processamento della lingua non dominante. /1 """ # !!!''
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