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09:00-10:00 - Registrazione dei partecipanti
10:00-10:10 - Saluti del Direttore del Dipartimento (B.
Baldaro)
10:10-10:20 - Introduzione al Convegno (M.C. Levorato e A.
Sansavini)
10:20-10:35 - Ricordo di una studiosa di Psicolinguistica:
Niccoletta Caramelli (S. Stame)
10:35-11:30 - La biografia scientifica di una studiosa di
Psicologia dello Sviluppo: Laura D’Odorico (M. Fasolo, N.
Salerni, C. Suttora, L. Zampini, P. Zanchi)
11:30-13:30
Simposio A: Abilità
comprensione del testo orale e scritto
Chairperson: R. Salvadorini
Introduzione alla Batteria per la Valutazione del
Linguaggio in bambini dai 4 ai 12 anni (BVL 4-12)
(A. Marini)
•
La valutazione delle abilità narrative tramite Frog
Story. Dati evolutivi e clinici per una nuova codifica
psicolinguistica complessa (C. Mastucci, R.
Padovani, P. Stagni)
•
La competenza narrativa in età prescolare come
predittore degli apprendimenti scolastici: uno studio
esplorativo (P. Zanchi, L. Zampini, M. Fasolo)
•
Abilità di definire il significato delle parole e
comprendere testi orali in bambini dai 4 agli 8 anni:
quale rapporto? (C. Belacchi, E. Torelli)
•
Il modello Simple View of Reading: uno studio
longitudinale su bambini italiani di prima
elementare (E. Florit, M. Roch, C. Levorato)
n
15:15-16:35 - Simposio B: Profili linguistici di popolazioni con
sviluppo atipico
Chairperson: V. Volterra
•
Le produzioni spontanee dei pretermine tra i 12 e i 188
i,
mesi: percorso atipico o ritardo di sviluppo? (N. Salerni,
C. Suttora)
•
•
•
•
Esercitare la scrittura di parole in un bambino con
disgrafia e ADHD: uno studio di caso (B. Arfè, L.
Brajato)
L’uso di una scrittura ‘autentica’ per sviluppare il
linguaggio accademico in L2: esempi di ricerca
negli Stati Uniti, Messico e Italia (R. L. Danzak )
Lo sviluppo della lettura e scrittura in bambini con
Italiano L2 provenienti da un contesto di
deprivazione linguistica (M. Vernice, M.T. Guasti)
Studio pilota sull’apprendimento della lettura e della
scrittura di bambini sordi nella scuola bilingue
Centre Effatà di Saaba/Ouagadougou (P. Celo)
•
e:
Competenze linguistiche in bambini nati pretermine:
difficoltà specifiche o generalizzate? (A. Guarini, A.
18:00-19:00 - Assemblea dei soci: RIPLA (M.A. Pinto),
Marini, S. Savini, A. Sansavini)
bilancio, premiazione della Tesi di Laurea in Logopedia
•
oApplicazione del Questionario per le Abilità SocioConversazionali del Bambino in un campione di
bambini con DSL (R. Salvadorini)
•
Profili cognitivi in bambini con Disprassia Verbale e
con Disturbo Specifico del Linguaggio di tipoo
Fonologico: uno studio preliminare (C. Casalini, A.
Comparini, D. Brizzolara, A. Chilosi)
16:40-17:10 - Poster workshop 1: Lo sviluppo del lessico
Chairperson: B. Benelli
•
La comprensione di parole e frasi attraverso il
paradigma del Looking While Listening. Studio su
bambini tra i 12 e 36 mesi di età (S. Moniga, B. Bertelli,
I. Muraro, P. Pettenati)
•
Comprensione lessicale ed input linguistico materno:
uno studio con bambini di 15 mesi di età (C. Suttora, N.
Salerni)
Analisi della gestualità co-verbale in un compito di
naming in bambini con dislessia evolutiva: uno studio
pilota (M. Nardoni, O. Capirci)
•
Decodifica, comprensione orale e comprensione
scritta: una discussione del modello Simple View of
Reading in lingua italiana (V. Tobia, P. Bonifacci,
L. Lami)
13:30-14:30 - Pausa Pranzo
-
e
•
•
narrative
14:30-15:15 - Lezione magistrale: Musilanguage in the cradle:
e:
Language and music in the development of communication
F. Franco, Middlesex University, UK
Presentazione: C. Levorato
17:10-18:o0 - Poster workshop 2: Processi di scrittura
Chairperson: B. Michelizza
•
La scrittura in tre gruppi di bambini italiani: con
dislessia, con dislessia e disgrafia e controlli (E.
Pagliarini, M. T. Guasti, C. Toneatto, F. Riva, D. Sarti,
E. Granocchio, B. Molteni, N. Stucchi)
*,1
-+,/
10:20-11:10 - Lezione magistrale: Language and motor
development in typical and atypical populations
J. Iverson, University of Pittsburgh
Presentazione: A. Sansavini
,2
-+,/
11:10-12:10 - Simposio C: Il ruolo della comunicazione
gestuale nello sviluppo tipico e atipico
Chairperson: D. Brizzolara
•
Lo sviluppo dell’abilità di coordinare l’intenzione
comunicativa del gesto di indicare e delle produzioni
vocali nei primi due anni di vita: uno studio longitudinale
(M. Spinelli, T. Aureli, M. Fasolo, P. Perucchini, M.C.
Garito)
•
La relazione gesto-parola in bambini con disturbo
specifico del linguaggio in situazioni di compito e di
interazione spontanea (M. Lavelli, C. Barachetti, E.
Florit, A. Grigoli, R. Gimenez)
•
La comunicazione gestuale nei bambini con Disturbo
dello Spettro Autistico durante l’interazione spontanea
madre-bambino (M. Mastrogiuseppe, O. Capirci, S.
Cuva, P. Venuti)
9:15-10:15 - Poster workshop 3:
Potenziamento e trattamenti
Chairperson: A. Guarini
•
Relazione tra Inibizione Comportamentale valutata da
madri e insegnanti e competenze metafonologiche (L.
Mandolesi, M. Minelli, E. Bertossi, F. Agostini, S.
Magri, S. Dellabartola, S. Giovagnoli)
•
PPP: primi dati sull’efficacia di un approccio al
potenziamento delle abilità pragmatiche basato sul roleplaying (I.Viola, S. Di Sano)
•
Potenziare la competenza pragmatica. Relazione tra
prestazione iniziale e grado di miglioramento (R.
Caretto, S. Di Sano)
•
Esperienza clinica nel trattamento di soggetti DSA con
pregresso disturbo di linguaggio (B. Michelizza, D.
Patricelli, V. Cocomazzi, R. Stola)
•
•
.
Scrivere in movimento: studio pilota sul rapporto tra
abilità motorie e primi apprendimenti scolastici (F. R.
Lasorsa, D. Formica, L. Ricci, L. Sparaci)
Apprendimento di procedure visuo-motorie in bambini
con autismo: uno studio pilota (L. Sparaci, F. R.
Lasorsa, D. Formica, L. D’Elia, G. Valeri, S. Vicari)
12:10- 12:45 - Coffee-Break
12:45-13:30 - Lezione magistrale: Functional constraints
for brain plasticity: Indications for language acquisition
in deaf people
F. Pavani, University of Trento
Presentazione: M.C. Caselli
13:30-14:10 - Simposio D: Bilinguismo orale e bimodale
Chairperson: M. Roch
•
Effetti del bilinguismo sul controllo multisensoriale
dell’attenzione (F. Baruffaldi, B. Heimler, F. Costantino,
C. Bonmassar, F. Pavani)
•
Bilinguismo bimodale in bambini sordi e udenti (P.
Rinaldi, D. Onofrio, A. Marini, M.C. Caselli)
14:15-14:30 Chiusura dei lavori
Venerdì 16 maggio
Simposio A
Abilità narrative e comprensione del testo
orale e scritto
Chairperson: R. Salvadorini
/
Simposio A
Introduzione alla Batteria per la Valutazione del Linguaggio in bambini
dai 4 ai 12 anni (BVL 4-12)
A. Marini
Università di Udine e IRCCS “E. Medea”
Nel corso degli ultimi 10 anni si sta assistendo ad un radicale ripensamento dei modelli cognitivi che
descrivono le modalità di sviluppo e funzionamento del linguaggio. In effetti, i modelli tradizionali di
matrice modulare non sembrano più in grado di descriverne correttamente le caratteristiche. In particolare,
l’introduzione di concetti derivanti dalla Pragmatica e dall’Analisi del Discorso hanno portato i
neuropsicologi a ritenere di dover analizzare le abilità comunicative in persone con disturbi linguistici
attraverso l’adozione di tecniche in grado di sondare non solo i tradizionali aspetti lessicali e grammaticali
(dimensione microelaborativa del linguaggio) ma anche aspetti legati alla pragmatica della comunicazione
e alla capacità di comprendere e/o produrre campioni di linguaggio narrativo dotati di adeguati livelli di
coesione linguistica e coerenza concettuale (dimensione macroelaborativa del linguaggio).
La relazione si propone di introdurre alla “Batteria per la Valutazione del Linguaggio in bambini dai 4 ai 12
anni” (BVL4-12; Marini e coll., 2014, Giunti O.S. Firenze) , uno strumento tarato su un’ampia popolazione
di bambini italiani che consente di valutare tanto le abilità micro- quando quelle macroelaborative del
linguaggio in bambini con disturbi dello sviluppo. Inoltre, l’inserimento nella BVL4-12 di un test
strutturato di valutazione delle abilità narrative la rende uno strumento paticolarmente sensibile a
intercettare eventuali disturbi linguistici anche in popolazioni di pazienti nelle quali tali disturbi non
vengono messi in evidenza dai tradizionali test linguistici. 0
Simposio A
La valutazione delle abilità narrative tramite Frog Story. Dati evolutivi e
clinici per una nuova codifica psicolinguistica complessa
C. Mestucci, R. Padovani, P. Stagni
Servizio Neuropsichiatria Infanzia Adolescenza, AUSL di Modena
Introduzione. La ricerca propone l’applicazione di una codifica complessa ai resoconti narrativi di bambini in età scolare
(6 – 13 anni).
Metodo. Il libro figurato “Frog, where are you?” è stato somministrato a due differenti gruppi di soggetti della medesima
età: bambini a sviluppo tipico suddivisi per classi di biennio (scolarità 1 vs. 3 vs. 5 vs. 7; 10 bambini per ciascun gruppo) e
bambini con diagnosi cliniche riferibili a un pregresso disturbo specifico del linguaggio e/o a un attuale disturbo specifico
dell’apprendimento (n = 12). Per i soggetti clinici erano specificati i seguenti criteri di inclusione: riferite difficoltà
narrative nel racconto orale; una discrepanza significativa alla WISC-III con QIV < QIP; QIP non inferiore a 85. La
codifica delle narrazioni è stata svolta tramite numerosi indici relativi a tre distinti settori funzionali (Berman e Slobin,
1994): 1) struttura globale (ad esempio, punteggio per eventi, narrative maturity scale); 2) struttura linguistica locale (ad
esempio, velocità di eloquio, errori di parola, complessità sintattica); 3) meccanismi pragmatici (ad esempio, informazioni
aggiuntive, evaluation).
Risultati. Nei soggetti a sviluppo tipico è emersa una traiettoria di sviluppo con un unico scalino significativo nel
passaggio di scolarità da 1 a 3 per quanto riguarda tutti gli indici della struttura narrativa globale e il numero totale di
subordinate per l'area linguistica. Il parametro relativo alla velocità di eloquio ha evidenziato una crescita costante e
significativa in stretta funzione dell'età dei soggetti. Il confronto tra soggetti a sviluppo tipico e soggetti clinici ha
evidenziato che, a parità di quantità di materiale narrativo prodotto (in termini di tempo narrativo, numero di parole,
numero di clausole), i soggetti clinici mostrano punteggi statisticamente inferiori (p < .01) per molti indici: di tipo globale
(tutti gli indici utilizzati), di tipo linguistico (velocità di eloquio, numero di errori, uso dei meccanismi di coesione) e
anche di tipo pragmatico (ad es., minor utilizzo di informazioni aggiuntive, aggiunta di proposizioni non appropriate).
Conclusioni. Lo strumento e la codifica proposta appaiono promettenti nel possibile impiego clinico per documentare e
qualificare eventuali deficit di tipo narrativo.
1
Simposio A
La competenza narrativa in età prescolare come predittore degli
apprendimenti scolastici: uno studio esplorativo
P. Zanchi, L. Zampini, M. Fasolo
Università degli Studi di Milano-Bicocca
Introduzione. La competenza narrativa è stata utilizzata in numerosi studi come predittore delle successive performance
accademiche. In un recente studio, Wellman et al. (2011) hanno evidenziato come misure relative alla struttura e
all’accuratezza della storia narrata siano dei validi predittori delle performance in prove di lettura di parole, comprensione
del testo e produzione scritta, mentre misure relative alla sintassi e al numero di parole diverse utilizzate nella narrazione
siano correlate alla successiva performance in prove di lettura di non parole. Lo scopo principale di questo lavoro è quello
di verificare la capacità predittiva delle competenze narrative in età prescolare sui successivi apprendimenti scolastici di
lettura e scrittura in un gruppo di bambini italiani con sviluppo tipico.
Metodo. I partecipanti allo studio sono 76 bambini monolingui italiani, osservati in età prescolare (T1) e successivamente
dopo l’ingresso in scuola primaria (T2). A T1 ad ogni bambino è stata somministrata individualmente una batteria di prove
volta a valutarne il livello cognitivo non verbale, le abilità narrative, le competenze linguistiche, la memoria a breve
termine fonologica e l’abilità di riordino logico-temporale di sequenze. La competenza narrativa, in termini di
caratteristiche della storia narrata (struttura, quantità di informazioni e coesione) e di complessità sintattica degli enunciati
utilizzati, è stata valutata utilizzando una prova di narrazione elicitata da immagini (Picnic Story, Tavano e Biancuzzi,
2008). A T2 sono state indagate le abilità strumentali di lettura e scrittura, la comprensione e la produzione del testo
scritto.
Risultati. I primi risultati sono relativi ai 25 bambini più piccoli osservati a T1 durante il secondo anno di scuola
dell’infanzia e a T2 dopo la metà del primo anno di scuola primaria. La memoria a breve termine fonologica è risultata
essere positivamente correlata alla correttezza nelle abilità strumentali di lettura e scrittura. Gli indici relativi alla
competenza narrativa non sono invece risultati essere significativamente correlati con i successivi apprendimenti
scolastici.
Conclusioni. Questi primi risultati indicano come sia necessario prendere in considerazione altri indici nella codifica delle
narrazioni prodotte dai bambini in età prescolare (come la LME o il numero di radici diverse utilizzate) al fine di
verificare un possibile legame con i successivi apprendimenti di lettura e scrittura.
2
Simposio A
Abiltà di definire il significato delle parole e comprendere testi orali
in bambini dai 4 agli 8 anni: quale rapporto?
C. Belacchi, E. Torelli
Università di Urbino “Carlo Bo”
Introduzione. La comprensione di un testo è un’abilità complessa che richiede l’integrazione di competenze cognitive e
linguistiche, elementari e raffinate. Per individuare la rappresentazione semantica sottostante una narrazione non basta
conoscere parole e/o eventi, ma elaborarli ed integrarli a diverse profondità. In particolare, il processo di elaborazione
dell’informazione linguistica richiede: la selezione delle informazioni pertinenti, l’inibizione di quelle irrilevanti e la loro
organizzazione in strutture di significato convenzionali. Gli indici finora utilizzati per la valutazione linguistica (ampiezza
del vocabolario recettivo e/o produttivo, abilità sintattiche) non sono singolarmente sufficienti per dare ragione del
processo di integrazione delle informazioni di un testo. Di contro, la competenza definitoria, in quanto riflessione
metalinguistica sul significato delle parole, esplicitato in formule frasali semanticamente e sintatticamente corrette,
potrebbe costituire un indice sintetico di abilità lessicali, morfo-sintattiche e metarappresentative. Obiettivo del contributo
è esplorare il nesso tra competenza definitoria e comprensione di un testo orale.
Metodo. A 60 bambini (50% F) di 4, 6 e 8 anni è stato chiesto di rispondere a due prove: comprensione del testo orale
(TOR di Levorato e Roch, 2007) e definizione di parole (Belacchi e Benelli, 2007). Tutti i partecipanti, con sviluppo
tipico, avevano il consenso dei genitori.
Risultati. Le prestazioni per gruppo di età crescono in modo significativo sia nella comprensione (p<.001, η2p = .38) sia
nella definizione (p<.001, η2p = .42): nella prima i più piccoli ottengono punteggi inferiori agli altri due gruppi che non si
differenziano tra loro; nella seconda i più grandi sono più bravi degli altri gruppi. Da distinte regressioni (stepwise) sui
punteggi di comprensione (totale, testuale, inferenziale) -variabili indipendenti Età e competenza definitoria - sono
risultate predittive, rispettivamente: la competenza definitoria, seguita dall’età; la sola competenza definitoria; solo l’età.
Conclusioni. I risultati mostrando una significativa, differenziata implicazione della competenza definitoria nella
comprensione di testi, se confermati, potrebbero avere interessanti sviluppi sia a livello teorico che applicativo.
3
- Belacchi C., Benelli B. (2007), Il significato delle parole. La competenza definitoria nello sviluppo tipico e atipico, Il
Mulino, Bologna
- Levorato C., Roch M. (2007), TOR. Test di comprensione del testo orale 3-8 anni, Giunti OS, Firenze
Simposio A
Il modello Simple View of Reading: uno studio longitudinale su bambini
italiani di prima elementare
E. Florit, M. Roch, C. Levorato
Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e della Socializzazione, Università degli
Studi di Padova
Introduzione. Il modello Simple View of Reading (SVR; 2) afferma che la comprensione del testo scritto (CS) risulti dal
prodotto di due componenti: la decodifica (D), appresa con la scolarizzazione, e la comprensione del linguaggio orale
(CO) che si sviluppa dall’età prescolare. Il SVR è stato testato principalmente in studi su lettori inglesi (1). Da tali ricerche
è emerso che la CO, valutata prima dell’inizio della scolarizzazione, predice la successiva CS in età scolare. Il contributo
di CO, tuttavia, diventerebbe rilevante dopo le prime fasi di apprendimento della lingua scritta, quando invece è
determinante il ruolo di D. Il presente lavoro testa longitudinalmente il SVR in bambini italiani di Ia elementare.
L’obiettivo era analizzare i contributi alla CS valutata alla fine della Ia, di CO, valutata in termini di comprensione del
testo orale e conoscenze lessicali (in ampiezza e profondità) all’inizio della Ia, al netto di D, valutata in termini di capacità
di decodifica fonologica e riconoscimento di parole alla fine della Ia.
Metodo. Hanno partecipato 40 bambini visti in due momenti (T1 e T2) a distanza di 6 mesi (57% maschi; età media al T1:
6 anni e 4 mesi). Al T1 CO è stata valutata utilizzando il PPVT-R (ampiezza delle conoscenze lessicali) e il Vocabolario
della WISC III (profondità delle conoscenze lessicali) e il TOR 3-8 (comprensione del testo orale). Al T2, CS e D sono
state valutate rispettivamente con la prova MT e le prove di lettura di non parole e parole della DDE che forniscono
misure di accuratezza e velocità.
Risultati. Per valutare i contributi specifici di CO sono state condotte regressioni gerarchiche con variabile dipendente la
CS al T2, con predittori le misure di CO al T1 e variabili di controllo le misure di D al T2. I risultati indicano che la
comprensione del testo orale e l’ampiezza delle conoscenze lessicali al T1 predicono la CS al T2, al netto di D che
fornisce il contributo più consistente. L’ampiezza delle conoscenze lessicali spiega maggiore varianza nella successiva CS
rispetto alla comprensione del testo orale.
Conclusioni. La comprensione del testo scritto di bambini che apprendono a leggere in una lingua trasparente è spiegata
dalle abilità di comprensione orale, in particolare dal lessico, anche nelle prime fasi di scolarizzazione e nonostante il forte
contributo della decodifica. Questi risultati supportano il modello SVR ma al contempo forniscono indicazioni per una sua
specificazione in italiano.
1
4
Florit, E. & Cain, K. (2011). The Simple View of Reading: Is it valid for different types of alphabetic orthographies?
Educational Psychology Review. 24, 553-576
2
Hoover, W. A., & Gough, P. B. (1990). The simple view of reading. Reading and Writing: An Interdisciplinary Journal,
2, 127–160.
Simposio A
Decodifica, comprensione orale e comprensione scritta: una discussione
del modello Simple View of Reading in lingua italiana.
V. Tobia, P. Bonifacci, L. Lami
Dipartimento di Psicologia, Università di Bologna
Introduzione. Un’ampia letteratura ha indagato la validità del Simple View of Reading (SVR; Gough & Tunmer, 1986),
un modello che spiega i fattori responsabili dall’abilità di comprensione del testo scritto, per l’ortografia inglese. Alcuni
studi hanno però evidenziato l’importanza di considerare le caratteristiche dell’ortografia nel valutare i modelli di lettura
(es., Share, 2008), e sono state individuate parziali differenze nel SVR, in base all’ortografia considerata (Florit & Cain,
2011).
Metodo. Hanno partecipato alla ricerca 1895 bambini (49.8% femmine) frequentanti le cinque classi della scuola
primaria. E’ stata somministrata la batteria “Assessment di Lettura e Comprensione in età Evolutiva” (ALCE; Bonifacci,
Tobia, Lami, & Snowling, in corso di stampa), che comprende le prove di lettura di parole e di non parole, lettura di
brano, comprensione orale e comprensione del testo scritto. Per ogni grado scolastico è stato costruito un modello di
equazioni strutturali che analizza il ruolo di tre variabili indipendenti (comprensione orale, correttezza e rapidità di lettura)
quali predittori concorrenti dell’abilità di comprensione del testo scritto (variabile dipendente).
Risultati. I cinque modelli testati indicano che l’abilità di comprensione orale è la più predittiva della comprensione del
testo scritto dalla 1° alla 5° classe della scuola primaria, sebbene il peso dei diversi predittori si modifichi parzialmente di
grado in grado.
Conclusioni. Questi risultati confermano l’influenza del grado di trasparenza ortografica sul modello del SVR. A
differenza della lingua inglese, per la quale le competenze di decodifica risultano essere più predittive nelle prime fasi
dell’apprendimento della lettura, per un’ortografia trasparente come quella italiana, è la comprensione orale ad essere più
influente fin dalla classe prima. Verranno discusse le implicazioni educative e cliniche.
,+
Venerdì 16 maggio
LEZIONE MAGISTRALE
Musilanguage in the cradle: language and music in the
development of communication
Fabia Franco
Middlesex University
Although already Charles Darwin had proposed a deep relationship between music and language in evolution, it is only in
the recent history of psychology that this theme has become the object of intense investigation. To this day, very little is
known about how language and music interact developmentally in infancy.
The acquisition of a new language has been shown to be facilitated by sung contexts in adults and school-age children
(1), possibly thanks to the predictability of song in terms of both timing/tempo and pitch attraction, which appeared to
support speech segmentation. It is likely that attentional demands would be lower in a song condition also for babies, thus
facilitating the acquisition of melodic, phonetic, rhythmic and relational structures relevant to language development.
Furthermore, maternal singing is effective in regulating infant arousal (2); hence emotion regulation may be another aspect
supporting learning in singing interactions. Interestingly, specific genres for infant- and child-directed music are found
across many diverse cultures (3).
In this talk I will propose a general framework to study the relationship of language and music in infancy and I will
present preliminary results from Musilanguage in the cradle – this is a research programme at my lab aiming to
investigate six aspects of this relationship: [i] Can interactional intent in infant-directed singing be universally recognized?
A cross-cultural study with hunter-gatherers in Africa (with J. Lewis); [ii] Do we sing more in early vocal interactions
with infants? A distributional analysis of sung and spoken vocal interactions during infancy; [iii] Can speech sounds be
learned equally well in spoken and sung contexts? (with S. Falk); [iv] Does infant selective attention to the eyes or mouth
of a singing face follow the same developmental pattern observed for speech when listening to native vs non-native
language? [v] Do infants display rhythmic motor activities when exposed to song and speech? Ontogenetic origins of
rhythmic behaviours (with J. Provasi and I. Cross); [vi] Does preference for song or instrumental music at 6 months
predict language development at 12 and 18 months? (with L. D’Odorico).
References
1. Schön, D., Boyer, M., Moreno, S., Besson, M., Peretz, I., & Kolinsky, R. (2008). Songs as an aid for language
acquisition. Cognition, 106, 975-983.
2. Shenfield, T., Trehub, S., & Nakata, T. (2003). Maternal singing modulates infant arousal. Psychology of Music,
31, 365–375.
3. Trehub, S.E., Unyk, A.M., & Trainor, L.J. (1993). Adults identify infant-directed music across cultures. Infant
Behavior and Development, 16, 193–211.
,,
Presentazione: C. Levorato
Musilinguaggio nella culla: linguaggio e musica nello sviluppo
della comunicazione
Fabia Franco
Middlesex University
Sebbene già Charles Darwin avesse suggerito una relazione profonda fra musica e linguaggio nell’evoluzione, è solo nella
storia recente della psicologia che questo tema è diventato oggetto di intensa investigazione. A tutt’oggi, si conosce molto
poco su come linguaggio e musica interagiscano nello sviluppo dei primi anni di vita.
L’acquisizione di una nuova lingua si è dimostrata facilitata da contesti cantati in adulti e bambini di età scolare
(1), forse grazie alla prevedibilità del cantato in termini sia di struttura temporale che melodica, che avrebbero sostenuto la
segmentazione. E’ probabile che le richieste attenzionali siano inferiori in condizioni cantate anche per gli infanti,
facilitando così l’acquisizione di strutture melodiche, fonetiche, ritmiche e relazionali rilevanti per lo sviluppo del
linguaggio. Inoltre, il canto materno è risultato efficace nel regolare l’arousal degli infanti (2); pertanto la regolazione
delle emozioni potrebbe essere un altro elemento di sostegno dell’ apprendimento in interazioni di canto. E’ interessante
notare come si trovino dei generi musicali specifici per infanti e bambini in molte culture anche molto diverse tra loro (3).
In questa relazione cercherò di delineare una prospettiva generale per studiare la relazione fra linguaggio e musica
nella prima infanzia e presenterò i risultati preliminari da Musilinguaggio nella culla – questo è un programma di ricerca
al mio laboratorio che ha lo scopo di investigare sei aspetti di questa relazione: [i] L’intenzione interattiva sottostante il
canto diretto agli infanti può essere riconosciuta universalmente? Studio cross-culturale con cacciatori-raccoglitori in
Africa (con J. Lewis); [ii] Si canta di più nelle interazioni vocali precoci con gli infanti? Un’analisi distribuzionale di
interazioni caratterizzate da parlato o canto nella prima infanzia; [iii] Gli infanti possono imparare i suoni della lingua
ugualmente bene dal parlato o dal canto? (con S. Falk); [iv] L’ attenzione selettiva degli infanti a occhi o bocca del volto
di una persona che canta seguono lo stesso pattern evolutivo osservato per il linguaggio parlato? [v] Si osservano attività
motorie ritmiche negli infanti esposti a stimoli musicali e linguistici? Origine ontogenetica dei comportamenti ritmici (con
J. Provasi e I. Cross); [vi] La preferenza per musica strumentale o vocale a 6 mesi predice lo sviluppo del linguaggio a 12
e 18 mesi? (con L. D’Odorico).
,-
Venerdì 16 maggio
Simposio B
Profili linguistici di popolazioni con sviluppo
atipico
Chairperson: V. Volterra
,.
Simposio B
Le produzioni spontanee dei pretermine tra i 12 e i 18 mesi: percorso
atipico o ritardo di sviluppo?
N. Salerni, C. Suttora
Dipartimento di Psicologia, Università degli Studi di Milano-Bicocca
Introduzione. L'importanza di delineare la natura delle prime capacità verbali risiede nella possibilità di individuare
precocemente gli andamenti a rischio che non si collocano all'interno del range di variabilità che caratterizza lo sviluppo
tipico. Prevenire disordini comunicativo-linguistici è di primaria importanza nella popolazione dei nati pretermine senza
danno neurologico, che si caratterizzano, fin dalla nascita, per difficoltà di processamento dell'input linguistico e che
risultano a rischio di sviluppare ritardi o deficit di linguaggio. Tuttavia, gli studi sulle prime competenze comunicativolinguistiche di questi bambini hanno generato risultati piuttosto contraddittori (Menyuk et al., 1995; Rvachew et al., 2005).
Il presente lavoro si propone di offrire un contributo in quest’ambito attraverso l'osservazione diretta del comportamento
produttivo spontaneo, al fine di evidenziare analogie e differenze nei trend evolutivi che contraddistinguono i pretermine
rispetto ai nati a termine, e di individuare dei possibili indici predittivi del successivo sviluppo.
Metodo. Allo studio hanno partecipato 44 bambini, con le rispettive madri, 23 nati pretermine e 21 nati a termine.
Ciascuna diade ha partecipato a due sessioni osservative in corrispondenza dei 12 e dei 18 mesi di età dei bambini. Tutti
gli enunciati prodotti dai bambini sono stati trascritti e successivamente classificati applicando uno schema di codifica che
tenesse conto della natura preverbale o verbale delle produzioni e della loro complessità.
Risultati. A 12 mesi di età i nati pretermine mostrano una minore produttività complessiva (U=152; p=.035) cui si
accompagna un utilizzo maggiore di enunciati di tipo preverbale (U=162; p=.027) rispetto ai coetanei nati a termine i quali
esibiscono un registro più maturo; tuttavia, a 18 mesi si assiste ad un generale appianamento delle differenze emerse nella
prima rilevazione. L'analisi dell'andamento nel tempo delle competenze comunicativo-linguistiche dimostra come queste
ultime evolvano in modo del tutto paragonabile nei due gruppi di bambini presi in esame e come, per entrambi, il livello di
complessità associato alle produzioni preverbali a 12 mesi sia predittivo del successivo sviluppo lessicale.
Conclusioni. Il pattern di risultati ottenuto può essere interpretato nei termini di un sostanziale ritardo nello sviluppo delle
prime abilità comunicativo-linguistiche dei pretermine, piuttosto che sostenere l’ipotesi di un percorso evolutivo atipico.
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Simposio B
Competenze linguistiche in bambini nati pretermine: difficoltà specifiche o
generalizzate?
A. Guarini*, A. Marini**, S. Savini*, A. Sansavini*
*Dipartimento di Psicologia, Università di Bologna
** Dipartimento di Scienze Umane, Università di Udine e IRCCS E. Medea, Polo del Friuli
Venezia Giulia
Introduzione. La nascita pretermine ha un effetto sulle competenze linguistiche dai primi anni di vita fino all’adolescenza
(Sansavini, Guarini e Caselli, 2011). Tuttavia non è stato ancora chiarito il ruolo delle difficoltà cognitive riscontrate nella
popolazione dei nati pretermine rispetto alle difficoltà linguistiche osservate, differenziando tra abilità recettive e
produttive. L’obiettivo è confrontare le competenze fonologiche, lessicali, grammaticali e pragmatiche in bambini
pretermine (età gestazionale < 32 settimane) e bambini con sviluppo tipico a 5 anni, indagando possibili differenze in
ambito recettivo ed espressivo e valutando il ruolo delle competenze cognitive.
Metodo. Hanno partecipato 60 bambini pretermine monolingui, esenti da danni cerebrali e neurosensoriali e 60 bambini
con sviluppo tipico, confrontabili per età, scolarità, genere e dominanza manuale. Sono state analizzate le competenze
recettive ed espressive fonologiche (discriminazione uditiva e articolazione), lessicali (comprensione e denominazione),
grammaticali (comprensione e completamento di frasi) e pragmatiche (comprensione di modi di dire e narrazione, BVL,
Marini et al., 2014), lo sviluppo cognitivo non verbale e la memoria di lavoro (digit span). Per le analisi statistiche è stata
utilizzata l’ANOVA per confrontare i due gruppi e l’ANCOVA per controllare il ruolo delle variabili cognitive rispetto
allo sviluppo linguistico.
Risultati. I bambini pretermine presentano minori competenze cognitive (sviluppo cognitivo non verbale e memoria di
lavoro) e linguistiche tanto in comprensione (comprensione lessicale, grammaticale e modi di dire) quanto in produzione
(articolazione, denominazione e completamento di frasi, i dati della narrazione sono in fase di codifica). Le competenze
grammaticali in comprensione e produzione sono associate a difficoltà cognitive, mentre le differenze in articolazione,
comprensione e produzione lessicale, comprensione dei modi di dire persistono tra i due gruppi anche controllando per le
competenze cognitive.
Conclusioni. I bambini nati pretermine presentano numerose difficoltà linguistiche che in parte appaiono legate a
difficoltà cognitive generalizzate, mentre in altri casi appaiono più specifiche. Questo studio apre interessanti riflessioni a
livello teorico rispetto al profilo dei bambini nati pretermine, a livello metodologico rispetto agli strumenti utilizzati e a
livello clinico rispetto alla pianificazione degli interventi.
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Simposio B
Applicazione del Questionario per le Abilità Socio-Conversazionali del
Bambino in un campione di bambini con DSL
R. Salvadorini
UDGE – IRCCS Stella Maris – Calambrone, Pisa
Introduzione. All’interno dello sviluppo delle abilità pragmatiche del bambino con età compresa tra 24 e 36 mesi, i
comportamenti comunicativi sono osservabili all’interno dello scambio conversazionale con l’adulto familiare. Tali
scambi sono osservabili nel bambino che interagisce mediante la modalità verbale e non verbale. L’applicazione del
Questionario ASCB (Bonifacio, Girolametto, 2007) a campioni di Parlatori Tardivi sembrano documentare un minor
successo conversazionale. Lo scopo del presente studio è quello di studiare la qualità delle abilità socio-conversazionali
nei bambini con DSL, all’interno della fascia di età 36-48 mesi.
Metodo. Viene preso in considerazione un gruppo di bambini con diagnosi di DSL, afferenti all’UDGE dell’IRCCS Stella
Maris, non ancora esposti al trattamento logopedico, per i quali è stata prevista la somministrazione dell’ASCB nella fase
di valutazione iniziale. I Questionari sono stati esaminati compilando le Scale di Assertività e Responsività, calcolando i
punteggi generali e quelli delle 6 sub-scale previste. I dati vengono analizzati secondo i dati normativi previsti dallo
strumento. Vengono illustrate la qualità dell’assertività e della responsività, nonché la tipologia comunicativa secondo la
classificazione di Fey ovvero conversatore attivo, passivo, inattivo e non comunicatore (Fey, 1986).
Risultati. Dall’analisi dei Questionari emerge una distribuzione non omogenea del campione all’interno delle categorie
prese in esame, tuttavia vengono rilevate scarse abilità socio-conversazionali generali, con arresto dello sviluppo, anche di
tipo non verbale, ad epoche riferibili ad un’età minore di 36 mesi.
Conclusioni. Appare importante delineare le abilità socio-conversazionali nei bambini con DSL al fine di valutare
l’impatto comunicativo del disturbo all’interno degli scambi con i genitori, per prevedere, all’interno della presa in carico
riabilitativa, un adeguato counseling familiare, in modo che la qualità dell’interazione sia realmente calibrata al livello
linguistico del bambino.
Bonifacio S., Girolametto L. (2007): Questionario ASCB. Le Abilità Socio-Conversazionali del Bambino. Tirrenia-Pisa,
Edizioni Del Cerro
Bonifacio S., Girolametto L, Montico M. (2013), Le Abilità Socio-Conversazionali del Bambino. Milano, Edizioni Franco
Angeli
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Simposio B
Profili cognitivi in bambini con Disprassia Verbale e con Disturbo
Specifico del Linguaggio di tipo Fonologico: uno studio preliminare
C. Casalini, A. Comparini, D. Brizzolara, A. Chilosi
Dipartimento di Neuroscienze dell’Età Evolutiva
IRCCS “Stella Maris”, Pisa
Introduzione. La disprassia verbale (Childhood Apraxia of Speech, CAS) è un disordine complesso dell’articolazione dei
suoni del linguaggio in cui, per un difetto nella programmazione dei movimenti coinvolti nella produzione verbale, sono
compromesse la precisione e la sistematicità dell’espressione linguistica in assenza di deficit neuromuscolari. E’ una
condizione rara fra i disturbi specifici del linguaggio (DSL), la cui origine non è ancora chiaro se sia prevalentemente
motoria o linguistica: in particolare ancora scarsamente definiti sono i confini con i disordini fonologici e con i disordini
più esecutivi quali le disartrie, per cui per la diagnosi differenziale in ambito clinico primaria è la necessità di identificare
le caratteristiche discriminanti della CAS da altre forme di DSL.
Il presente lavoro, di tipo preliminare, si propone di fornire un contributo alla tipizzazione del profilo cognitivo dei
bambini con CAS.
Metodo. In un gruppo di 30 bambini con CAS e di 30 bambini con DSL Fonologico diagnosticati sulla base di
un‘approfondita valutazione linguistica e neuropsicologica presso l’UO di Neuropsicologia dell’Irccs Stella Maris,
vengono confrontate le abilità visuo-costruttive, visuo-percettive e visuo-grafiche (subtest della WPPSI III o WISC-IV e
VMI) per valutare il peso della componente motoria nel disturbo. I 2 gruppi vengono, inoltre, confrontati nelle abilità di
memoria di lavoro visuo-spaziale (Corsi span) e fonologica (Test di ripetizione/riconoscimento di parole in modalità
uditivo-verbale e uditivo-visiva). Il difetto di programmazione motoria della CAS potrebbe interferire con i meccanismi di
rehearsal articolatorio subvocale, per cui, per valutare il suo funzionamento, particolare attenzione viene posta al
confronto fra richiamo di parole corte e lunghe.
Risultati. I risultati sono suggestivi di una maggiore compromissione delle componenti visuo-prassiche e visuo-grafiche
nei bambini con CAS e nelle abilità di memoria di lavoro fonologica, soprattutto laddove sia richiesto un maggior apporto
dei processi di rehearsal subvocale.
Conclusioni. Dal lavoro emergono alcune interessanti implicazioni per la presa in carico diagnostica e riabilitativa del
disturbo.
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Venerdì 16 maggio
Poster workshop 1
Lo sviluppo del lessico
Chairperson: B. Benelli
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Poster workshop 1
La comprensione di parole e frasi attraverso il paradigma del Looking
While Listening. Studio su bambini tra i 12 e 36 mesi di età
S. Moniga*^, B. Bertelli*, I. Muraro#, P. Pettenati*°
*Ansvi Accademia di Neuropsicologia dello Sviluppo, Parma; ^Fondazione “Più di
un Sogno”, Verona; °Dipartimento di Neuroscienze, Università di Parma; # Studio di
Neuropsicologia dell’Età Evolutiva Evolvendo, Mantova
Introduzione. Studi recenti evidenziano che la comprensione linguistica è più appropriatamente descritta da tecniche online, come il Looking While Listening (Fernald et al., 2008) in grado di descrivere i fenomeni che occorrono durante il
processamento del linguaggio. Attraverso questi paradigmi è stato dimostrato che dai 24 mesi i bambini orientano il loro
sguardo verso l’immagine corretta prima della fine della parola target. Rispetto allo sviluppo grammaticale, diversi studi
condotti in lingua inglese mostrano che dai 18 mesi i bambini sono in grado di processare correttamente frasi transitive
(SVO) (Golinkoff, 2013). In Italia i pochi studi che hanno esplorato la comprensione attraverso il LWL sono limitati al
dominio lessicale (Suttora e Salerni, 2013). La presente ricerca si propone di indagare, attraverso una nuova prova
realizzata con la metodica del LWL, lo sviluppo della comprensione di parole e frasi in bambini di età compresa tra i 12 e
36 mesi.
Metodo. Hanno partecipato allo studio 56 bambini suddivisi in 5 fasce di età (12, 18, 24, 30 e 36 mesi) con prestazioni
superiori al 5° percentile al questionario "PVB”, versione “Gesti e Parole” o “Parole e Frasi”. Ai bambini è stata proposta
in laboratorio, attraverso la metodica LWL, una prova di comprensione lessicale (12 coppie di immagini) e dai 18 mesi
una prova di comprensione di frasi transitive – SVO- (6 coppie di brevi video dinamici). Tutti gli item sono controllati per
frequenza lessicale. Lo sguardo è stato codificato off-line attraverso un’analisi frame by frame con il programma Adobe
Premiere. Per ottenere un’immagine dinamica dei comportamenti di sguardo dei bambini sono stati utilizzati profile plots.
Inoltre è stato calcolato un punteggio di accuratezza (proporzione di sguardi sull’immagine target nell’intervallo 300-1800
ms a partire dall’inizio della parola target).
Risultati. Rispetto alla prova di comprensione lessicale, i Profile plots mostrano un aumento della rapidità nell’orientare
lo sguardo sull’immagine target al crescere dell’età. L’analisi dell’accuratezza mostra una differenza statisticamente
significativa tra proporzione di sguardi sull’immagine target e sul distrattore a partire dai 18 mesi (t-test: ps<.05). Le
analisi effettuate sui dati relativi alla comprensione sintattica non mostrano dati a favore di una preferenza verso
l’immagine target in nessuna delle fasce di età analizzate.
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Conclusioni. I dati raccolti supportano le evidenze ottenute dalla letteratura attraverso la metodica del LWL solo nella
condizione lessico. Saranno presi in considerazione i fattori linguistici e cognitivi che possono contribuire a spiegare il
risultato della comprensione sintattica.
Poster workshop 1
Comprensione lessicale ed input linguistico materno: uno studio con
bambini di 15 mesi di età
C. Suttora, N. Salerni
Dipartimento di Psicologia, Università degli Studi di Milano-Bicocca
Introduzione. L’ampia variabilità individuale che si riscontra tra i bambini nello sviluppo del linguaggio è stata, in parte,
attribuita a fattori di tipo ambientale. Diversi lavori hanno, infatti, documentato come particolari aspetti di natura
prosodica, lessicale e sintattica del Child Directed Speech (CDS) favoriscano lo sviluppo comunicativo-linguistico a
livello produttivo. Sono, tuttavia, esigui gli studi che hanno preso in esame le relazioni intercorrenti tra il CDS e le
capacità di processamento dell’input linguistico da parte dei bambini. Recentemente Weisleder e Fernald (2013) hanno
rilevato che i bambini che sono esposti, all’età di 19 mesi, a maggiori quantità di CDS risultano, a due anni, più abili in
compiti di riconoscimento lessicale ed esibiscono, al contempo, vocabolari produttivi più ampi. Il presente studio si
propone di esaminare le associazioni tra il CDS materno e le competenze di processamento lessicale dei bambini in una
fase precedente dello sviluppo.
Metodo. Le capacità di riconoscimento lessicale di 20 bambini di 15 mesi di età è stata valutata attraverso l’utilizzo della
prova Looking While Listening (Fernald et al., 1998), una procedura di preferenza visiva intermodale in grado di fornire
delle misure relative all’accuratezza e alla velocità associate al riconoscimento lessicale stesso. I bambini, inoltre, hanno
partecipato, insieme alle loro madri, a una seduta osservativa di gioco a partire dalla quale gli enunciati materni prodotti
sono stati trascritti in formato CHILDES e analizzati in termini di produttività (tokens/minuto), complessità lessicale (D,
TTR) e sintattica (LME).
Risultati. Dalle analisi condotte è emerso che la quantità dell’input linguistico rivolto al bambino correla positivamente
con l’accuratezza nel compito di riconoscimento lessicale (r=.47; p<.05) intesa come quantità di tempo di fissazione delle
immagini corrette. Al contrario, l’indice D di complessità lessicale risulta associato negativamente all’abilità di
riconoscimento (r=-.57; p>.05).
Conclusioni. In conclusione i risultati emersi sostengono l’ipotesi per cui una maggiore esposizione al CDS può favorire
il processo di comprensione lessicale; allo stesso tempo, tuttavia, un’eccessiva complessità dell’input proposto al bambino
può generare delle difficoltà nell’elaborazione delle associazioni suono-referente.
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Poster workshop 1
Analisi della gestualità co-verbale in un compito di naming in bambini
con dislessia evolutiva: uno studio pilota
M. Nardoni, O. Capirci
ISTC – CNR, Roma
Introduzione. Il presente studio ha l’obiettivo di individuare la presenza di difficoltà o peculiarità nella produzione
lessicale di bambini con dislessia evolutiva (DE), attraverso l’analisi delle loro produzioni sia vocali che gestuali in un
compito di denominazione di immagini, tentando di conciliare apporti teorici che, muovendo da diversi ambiti di ricerca,
sembrano confluire verso una visione complessa a multimodale del linguaggio umano e delle sue espressioni. La difficoltà
nella ricerca e nel recupero dell’etichetta verbale in risposta ad immagini presentate visivamente è, infatti, spesso citata in
letteratura come parte di una costellazione di sintomi identificati nel profilo cognitivo-linguistico di bambini con DE
(Catts, 1986) e, più recentemente, è confermata attraverso l’uso del paradigma tip of tongue (Hanly e Vandembreg, 2010).
Inoltre, la letteratura recente evidenzia sempre più la stretta relazione tra precoci Disturbi Specifici di Linguaggio e
successive difficoltà di letto-scrittura (Bishop e Pennington, 2013). Numerose ricerche supportano l’idea che la gestualità
possa compensare abilità linguistiche, cognitive e articolatorie limitate, in particolare quando la rappresentazione del
significato è intatta, mentre quella fonologica a esso collegata risulta povera (Bello, Capirci, Volterra, 2004; Capone e
McGregor, 2004).
Metodo. Nello studio, in particolare, viene comparata la prestazione di 6 bambini con DE di età compresa tra 8,1 e 10,4
anni con quella di 9 bambini con sviluppo tipico di età compresa tra 8,1 e 10,9 anni, in un compito di denominazione di
immagini, il Boston Naming Test (Kaplan, Goodglass, Weintraub, 1983). In accordo con il modello di recupero lessicale
di Levelt (1989) viene ipotizzata nel gruppo di bambini con DE una difficoltà nel recupero della rappresentazione
fonologica della parola target ed una preservata capacità di rappresentazione semantica.
Risultati. I risultati non evidenziano differenze in termini di accuratezza tra i due gruppi ma, una più attenta analisi
qualitativa del tipo di errore, mostra delle importanti peculiarità. Nei bambini con DE, prevalgono errori di tipo fonologico
e un più ampio uso di circonlocuzioni supportate da una maggiore produzione gestuale di tipo iconico, in particolare in
seguito all’aiuto semantico.
Conclusioni. I risultati sembrano confermare la presenza di peculiari difficoltà linguistiche nel gruppo di bambini con DE
e al contempo sembra suggerire una interdipendenza tra produzione di gesti iconici, recupero lessicale e sviluppo
linguistico. Lo studio, seppur condotto su un piccolo gruppo di bambini, suggerisce l’importanza di includere una
valutazione del linguaggio verbale nel protocollo clinico per la valutazione della DE sia al fine di un’identificazione
precoce del disturbo, sia quale indicazione per le possibili modalità di intervento.
-,
Venerdì 16 maggio
Poster workshop 2
Processi di scrittura
Chairperson: B. Michelizza
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Poster workshop 2
La scrittura in tre gruppi di bambini italiani: con dislessia, con dislessia
e disgrafia e controlli
E. Pagliarinia, M. T. Guastia, C. Toneattoa, F. Rivab, D. Sartib,
E. Granocchiob, B. Moltenib, N. Stucchia
a
Università degli Studi di Milano-Bicocca
Istituto neurologico Carlo Besta
b
Lo scopo di questo studio è quello di esaminare la comorbidità tra disturbi di lettura e di scrittura (intesa come gesto
grafico). A tal fine abbiamo confrontato varie misure di lettura e scrittura in 16 bambini con dislessia evolutiva (DD) (M =
8;9, SD = 0,6), 23 bambini con dislessia evolutive e disgrafia (DD&DY) (M = 9;05, SD = 1,14) e 39 bambini con sviluppo
tipico (TD) (M age = 9;2, SD = 0,84). Abbiamo esaminato la lettura tramite misure di lettura di parole e non parole; per la
scrittura abbiamo chiesto ai bambini di scrivere una parola su una tavoletta digitale e abbiamo raccolto varie misure del
movimento. I risultati hanno mostrato che entrambi i gruppi di bambini con DD e con DD&DY erano più lenti nello
scrivere e più disfluenti dei bambini con TD. Inoltre, le misure di lettura e scrittura correlavano. L’analisi della durata
totale della scrittura di lettere singole ha mostrato che sia i bambini con DD che quelli con DD&DY erano più variabili dei
bambini con TD. Proponiamo che le difficoltà di scrittura e lettura abbiamo origine all’interfaccia tra linguaggio e
controllo motorio e dipendano da una difficoltà nella stima del tempo da allocare ai vari eventi linguistici
(fonemi/grafemi) durante la traduzione in sequenza motoria.
-.
Poster workshop 2
Esercitare la scrittura di parole in un bambino con disgrafia e ADHD:
uno studio di caso
B. Arfé, L. Brajato
Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e della Socializzazione, Università degli
Studi di Padova
L’ADHD è spesso associato a difficoltà di letto-scrittura (dislessia e disgrafia), e ne aggrava il quadro clinico (Cornoldi et
al., 2011; Re, 2006). Tuttavia, ad oggi sono pochi gli interventi di letto-scrittura rivolti a bambini che associno tratti di
ADHD a disgrafia, e ancora scarse sono le evidenze circa la loro efficacia. Nel presente studio è stato verificato l’effetto di
un trattamento di integrazione dell’informazione visiva e fonologica (Breznitz & Misra, 2003) nello spelling di un
bambino con ADHD, A.. Il trattamento si ispira a precedenti lavori di Coltheart e coll. (Coltheart et al., 2007; Brunsdon et
al., 2008), ma ne costituisce anche un adattamento alle caratteristiche del disturbo di A. e della lingua italiana.
A. ha 7 anni. E’ un bambino vivace ed intelligente di origine rumena. A casa impiega sia la lingua rumena sia la lingua
italiana. Presenta un disturbo della lettura e scrittura associato a sindrome ipercinetica. L’intervento è stato programmato
tenendo conto del suo profilo cognitivo-linguistico, delle sue abilità accademiche e della tipologia dei suoi errori di
spelling (DDE-2, subtest 6 e 7, Sartori et al., 2007).
Lo studio ha avuto una durata di 6 mesi e si è articolato in 6 fasi: assessment, pre-test, training, post-test, primo follow-up,
secondo follow up. Nel pretest sono state dettate ad A. 62 parole bi- e trisillabiche complesse (con regole di contestodipendenza e cluster consonantici, etc.). Circa 30 parole di questa lista sono state trattate nel corso del training, altre 32
parole non sono state trattate. Le due liste (training/non-training) erano bilanciate e appaiate per varie misure
psicolinguistiche (lunghezza, numero di vicini ortografici, struttura ortografica, accento). Il trattamento consisteva in sei
sedute di “dettato visivo”, in cui il bambino veniva guidato a memorizzare e visualizzare la struttura ortografica della
parole e successivamente scriverla. Gli effetti del training sono stati valutati al post-test, a distanza di una settimana
dall’intervento, e in due follow-up a distanza di uno e due mesi dal post-test. I risultati hanno mostrato un miglioramento
nella scrittura di parole al post-test sia per la lista esercitata nel training (30 parole) sia per quella non esercitata (32
parole), indicando una generalizzazione delle strategie apprese a parole nuove. Il miglioramento delle performance si è
mantenuto al primo follow-up, ma non al secondo follow up.
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Poster workshop 2
L’uso di una scrittura ‘autentica’ per sviluppare il linguaggio
accademico in L2: esempi di ricerca negli Stati Uniti, Messico e Italia
R. L. Danzak
Fulbright Researcher, Università degli Studi di Padova,
Sacred Heart University, Fairfield, CT, USA
Questo poster dimostrerà, con esempi tratti dalla ricerca internazionale, come l’uso di una scrittura autentica con studenti
che imparano una seconda lingua (L2) nella scuola, possa essere applicato da educatori e ricercatori per motivare gli
studenti e sostenere lo sviluppo del linguaggio accademico. La scrittura autentica ha un vero proposito (es., argomentare
una causa che ha un significato personale, informare un compagno di una questione importante) ed è indirizzata a un vero
lettore (es., un leader politico, un compagno internazionale).
Oggi, negli Stati Uniti, quasi il 25% degli studenti apprende l’inglese come L2. Anche l’Italia vede crescere il numero
degli studenti immigranti che devono acquisire l’Italiano in aula. Questi studenti imparano in modo relativamente veloce
l’Italiano parlato (conversazionale). Tuttavia, il linguaggio academico (i.e., dei testi scolastici, della scrittura
argomentativa, e delle materie specifiche come la storia, la matematica, e le scienze), incorpora strutture lessicali e
sintattiche più complesse, e, per uno studente L2, ci vuole molto più tempo per acquisirle. Una maniera di sviluppare il
linguaggio academico è attraverso la scrittura.
Comporre un testo scritto non è soltanto un esercizio accademico, è una pratica socioculturale, che comporta sia fattori
linguistici e cognitivi sia aspetti dell’identità e dell’esperienza dello scrittore. Perciò, nel nostro lavoro di ricerca
proponiamo che l'uso della scrittura autentica possa sostenere lo sviluppo linguistico academico e anche l’identità
culturale e academica dello studente L2.
Per esempio, in un progetto con studenti L2 negli Stati Uniti, gli studenti hanno imparato applicare strategie di
pianificazione e composizione del testo persuasivo, mentre studiavano il problema dell’immigrazione (rilevante per loro) e
scrivevano testi per una campagna di sensibilizzazione “Fair Food” in appoggio ai braccianti migranti locali. In altre
indagini, studenti L2 collaborano con coetanei L2 di un altro paese (USA-Messico, Italia-USA) per comporre testi
informativi e argomentativi su questioni importanti per la loro comunità.
Questa relazione mostrerà il potere della scrittura autentica per motivare gli studenti che apprendono una L2, e sostenere
lo sviluppo del loro linguaggio academico in aula. Questi obiettivi si possono realizzare quando l’esperienza e l’identità
degli studenti vengono incorporate nella pratica della scrittura.
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Poster workshop 2
Lo sviluppo della lettura e scrittura in bambini con Italiano L2
provenienti da un contesto di deprivazione linguistica
M. Vernice, M. T. Guasti
Università Milano-Bicocca
Introduzione. Negli ultimi anni un numero sempre crescente di bambini con italiano L2 presenta difficoltà di
apprendimento che spesso vengono diagnosticate come disturbi specifici di apprendimento (DSA). A tale proposito, studi
recenti hanno sollevato il problema del rischio di falsi positivi (Scortichini e colleghi, 2012). Questi autori sottolineano
come, in questo campione, il lessico sia un predittore cruciale delle abilità di apprendimento di lettura. Il presente studio si
propone di valutare le competenze linguistiche (morfo-sintattiche oltre che lessicali) in italiano, e il livello degli
apprendimenti di lettura e scrittura in un campione di bambini di scuola primaria (età 7-10 anni), con L1 arabo (n=18),
spagnolo (n=11) e tagalog-filippino (n=7), provenienti da un contesto di deprivazione linguistica e culturale.
Metodo. I bambini con italiano L2 sono stati sottoposti a una batteria di test che mirava a valutare le competenze in lettura
(accuratezza, velocità e comprensione), scrittura, abilità linguistiche (morfosintassi libera e legata; lessico), Working
Memory verbale e funzioni esecutive. Mediante la somministrazione dell'adattamento italiano del questionario “Utrecht
Bilingual Language Exposure Calculator” (UBiLEC), abbiamo raccolto informazioni sul livello dell'input nella L1 e
sull'esposizione alla L2. Ogni soggetto è stato appaiato a bambini con italiano L1 di pari età cronologica.
Risultati. I dati preliminari indicano che i bambini con Italiano L2 hanno una performance in lettura e scrittura
consistentemente al di sotto della media, a prescindere dalla L1 e dall’età. Al contrario, le funzioni esecutive risultano
essere nella norma o al di sopra della norma. La lingua di provenienza (arabo vs. spagnolo vs. tagalog-filippino) e la
durata di esposizione all'italiano appaiono correlare in modo significativo solo con alcune misure di lettura.
Conclusioni. Discuteremo le implicazioni dei nostri risultati alla luce della implementazione di possibili interventi
finalizzati a rilevare i casi di falsi positivi con diagnosi di DSA.
Scortichini, F., Stella, G., Morlini, I., Zanzurino G., Scorza, M. (2012). La diagnosi di Dislessia e Disortografia Evolutiva
nei bambini bilingui (L2). Evidenze sul ruolo del lessico. Dislessia, 3, 319-339.
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Poster workshop 2
Studio pilota sull’apprendimento della lettura e della scrittura di bambini
sordi nella scuola bilingue Centre Effatà di Saaba/Ouagadougou
P. Celo
Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione Riccardo Massa, Università
Milano-Bicocca
Introduzione. La ricerca prende le mosse dal desiderio di analizzare un contesto reale educativo nato da soli 2 anni in una
zona particolarmente isolata dell’Africa occidentale, il Centre Effatà L. Pavoni di Saaba nel Burkina Faso nell’ottica di un
confronto fruttuoso con le prassi di insegnamento della lettura e della scrittura nei bambini sordi italiani che utilizzano la
lingua dei segni. Le premesse teoriche fanno riferimento alle intuizioni di Jacobson (1959) circa la traduzione
intersemiotica che si coniuga con la teoria dell’apprendimento delle seconde lingue, il concetto di interlingua come
passaggio dalla lingua nativa alla lingua target (Selinker, 1972), gli studi di Ferreiro Teberosky (1979) sui livelli di
sviluppo delle competenze di letto scrittura nei bambini udenti con scritture non alfabetiche e la prassi consolidata di
educazione alla letto scrittura con metodi che hanno ottenuto buoni risultati per l’apprendimento formale della lettura e
della scrittura da parte dei bambini sordi (Metodo Bimodale, uso dell’Italiano Segnato Esatto di Caselli e Massoni 1989,
dattilologia etc.). L’analisi di inquadramento dell’ambiente sociale ed educativo, sulla scorta di Kamei 2006 e Nyst 2010
mostra un contesto plurilinguistico tipico della zona subsahariana dell’Africa occidentale dove la maggioranza della
popolazione udente è bilingue (nel caso del Burkina Faso: moore e francese) e i bambini sordi vivono una esperienza di
educazione alla lettoscrittura in francese mentre i segni sono americani e la lettura labiale è in francese, si è posto il focus
della ricerca sul problema dell’educazione alla letto scrittura dei bambini sordi segnanti che viene affrontato con una
prospettiva omologante circa le lingue della maggioranza udente in contesti propriamente formali e scolastici.
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Metodo. La didattica della letto scrittura è legata abitualmente al mondo conoscitivo del bambino, alle sue esperienze, alla
sua quotidianità, dando un senso grafico all’esperienza acustica fornendo un quadro di aspettative circa la traducibilità
intersemiotica fra sistemi di simboli: da una parte i suoni e dall’altra i grafemi della lingua vocale a cui si riferiscono. Nel
caso di bambini sordi proprio questa traducibilità può essere un problema. Dopo aver osservato la prassi educativa degli
insegnanti della scuola Centre Effata di Saaba Ouagadougou e il metodo globale proposto ai bambini sordi e udenti si è
approfondita la ricerca analizzando la totalità del gruppo di 75 bambini, di età variabile e iscritti alle classi 1 e 2
elementare, la maggioranza sordi profondi non protesizzati e istituzionalizzati, e un sottoinsieme di udenti che utilizza la
Lingua dei Segni come strumento naturale e diretto per comunicare in questa scuola bilingue. Tutti i bambini
individualmente sono stati sottoposti alle matrici colore di Raven per testarne le competenze cognitive e successivamente,
ad un test di lettura e scrittura bastato sulle immagini del testo in adozione. Il test è stato elaborato concordemente con le
insegnanti della scuola e i risultati confrontati con le valutazioni scolastiche ordinarie per la lingua francese. Su un numero
variabile di items (10 per la prima elementare e 15 per la seconda) si è posta una analisi quantitativa degli errori occorsi e
qualitativa della tipologia di grafia (disegno, prevocalica, vocalica/sillabica) in ordine alle osservazioni di Ferreiro
Teberosky. Si è discusso anche la problematica del riconoscimento evocativo solo visivo o/e la lettura della parola
presentata. I dati sono stati analizzati quantitativamente circa le classiche suddivisioni per diagnosi, per genere ed età e per
il numero degli errori occorsi, qualitativamente circa le tipologie di segni grafici e per l’uso massiccio della dattilologia
senza un riscontro effettivo con le lettere dell’alfabeto.
Poster workshop 2
Risultati. I risultati preliminari dello studio pilota che andranno confermati attraverso la nuova somministrazione del test (2
aprile) al campione mostrano difficoltà nel processo intramorfico, cioè nel passaggio materico nel sistema di espressione tr
l’oggetto o il concetto, la Lingua dei Segni, il Francese segnato esatto, la dattilologia e i grafemi del Francese. La didattic
“intramorfica” teorizza che, in assenza di fonemi, i segni linguistici della LIS vengano scelti per coerenza di forma dell
mano e di configurazione con i simboli manuali alfabetici della dattilologia: un filo conduttore che permette al bambino sord
di riconoscere nei segni eseguiti la forma della lettera dell’alfabeto che sta imparando a scrivere graficamente, di nuovo u
passaggio sotteso tra forme e materie simboliche diverse, un salto semiotico e materico che va dalla lingua dei segni all
scrittura. E’ proprio l’origine di questo passaggio, la mancata comprensione in lingua dei segni del concetto, rend
difficoltoso il processo intramorfico e rallenta l’apprendimento della lettura in modo particolare. Anche l’uso del caratter
corsivo minuscolo in maniera esclusiva non sembra giovare all’apprendimento della scrittura.
Conclusione. Il confronto tra i risultati del test di novembre e quelli elaborati in maggio mostrerà che un approccio alla
didattica della lettura e della scrittura che escluda il processo intramorfico privilegiando solo la dattilologia e la
riproduzione meccanica dei grafemi sia poco utile all’apprendimento della letto-scrittura. Focalizzarsi sulla comprensione
permette una fluidità del processo e una stabilizzazione del rapporto tra grafema e concetto. Dimostrare la bontà del
metodo permetterà un diverso approccio alla problematica della letto scrittura e un valido supporto alle insegnanti dei
bambini sordi segnanti che spesso utilizzano prassi poco efficaci. Una versione dell’abbecedario intramorfico in lingua
francese è in elaborazione in collaborazione con il Ministero della P.I. del Burkina Faso e della Federazion National des
Ecoles de Sourds di Burkina Faso (F.N.E.S.B.F.).
-3
Sabato 17 maggio
Poster workshop 3
Potenziamento e trattamenti
Chairperson: A. Guarini
-4
Poster workshop 3
Relazione tra Inibizione Comportamentale valutata da madri e
insegnanti e competenze metafonologiche
L. Mandolesi, M. Minelli, E. Bertossi, F. Agostini, S. Magri,
S. Dellabartola, S. Giovagnoli
Dipartimento di Psicologia, Università di Bologna
Introduzione. Le competenze fonologiche sono considerate buoni predittori dello sviluppo delle abilità di lettura e
scrittura, tuttavia pochi studi hanno indagato come difficoltà relative alle abilità fonologiche possano influire su come
genitori ed insegnanti percepiscono il temperamento dei bambini. In altri termini, i bambini con difficoltà linguistiche
sono valutati diversamente sul piano del temperamento? La ricerca si è occupata di analizzare in particolare la valutazione
del tratto temperamentale di Inibizione Comportamentale (BI ; Bishop et al. 2003), effettuata da madri e insegnanti.
Metodo. Il campione è costituito da 74 bambini di età compresa tra 4 e 6 anni, frequentanti la scuola d’infanzia, valutati
attraverso il questionario BIQ (Bishop et al. 2003) da madri e insegnanti. Sulla base dei risultati ottenuti al test CMF
(Marotta et al., 2008) e al test CPM di Raven, il campione è stato suddiviso in due gruppi: bambini con difficoltà
fonologiche (N=15) e controlli (N=59). I dati sono stati analizzati mediante SPSS utilizzando l’analisi della varianza per
prove ripetute.
Risultati. I risultati mostrano differenze significative fra il punteggio ottenuto nella versione compilata dalla madre e
quello della versione per insegnanti, in particolare gli insegnanti riportano punteggi di inibizione comportamentale
superiori rispetto alle madri. Le valutazioni effettuate dalle insegnanti evidenziano punteggi significativamente più alti
nell’inibizione comportamentale fra i bambini con difficoltà fonologiche rispetto ai controlli. I punteggi riportati dalle
madri non evidenziano invece differenze significative fra i due gruppi.
Conclusioni. I risultati mostrano che i soggetti con difficoltà nel linguaggio sono considerati come maggiormente inibiti
se valutati dall’insegnante. Questo risultato tuttavia non emerge dalla valutazione delle madri. Le differenze fra insegnanti
e madri confermano che l’attribuzione dei punteggi relativi al tratto dell’inibizione temperamentale sono influenzati dal
contesto nel quale il bambino viene valutato. In ricerche future, sarà necessario replicare lo studio su un campione
maggiormente numeroso per verificare se i risultati del presente studio vengono confermati.
Bishop, G., Spence, S. H., & McDonald, C. (2003). Can parents and teachers provide a reliable and valid report of
behavioral inhibition?. Child Development,74(6), 1899-1917.
Marotta, L. (2008). Test CMF. Valutazione delle competenze metafonologiche. Edizioni Erickson.
.+
Poster workshop 3
PPP: primi dati sull’efficacia di un approccio al potenziamento delle
abilità pragmatiche basato sul role-playing
I. Viola, S. Di Sano
Dipartimento di Neuroscienze e Imaging, Università di Chieti-Pescara G. D’Annunzio
Introduzione. Nel DSM-V, il disturbo pragmatico è stato collocato in una propria classe diagnostica: “Disturbo di
comunicazione sociale (pragmatica)” (SCD) e si caratterizza per un uso deficitario della comunicazione verbale e non
verbale in assenza di comportamenti e interessi ripetitivi. Il potenziamento di tali abilità è un’impresa ardua, poche sono le
ricerche cliniche che confrontano l’efficacia di programmi di potenziamento diversi. Gli approcci finora adottati sono
single-case e lavorano sul modellamento dei comportamenti ideali da raggiungere (Adams et al., 2012). Il PPP, invece, si
basa su attività di role-playing per migliorare le competenze pragmatiche e comunicative attraverso un graduale processo
di scoperta. L’obiettivo è di indagare l’efficacia del PPP confrontandolo con un altro programma, il Parliamone, diretto al
singolo individuo e volto a coinvolgere i processi cognitivi sottostanti la competenza pragmatica. L’obiettivo è verificare
se il PPP, pur focalizzandosi su processi d’interazione, migliori anche le abilità cognitive coinvolte nella competenza
pragmatica.
Metodo. Il campione è di 27 bambini (12 femmine, 15 maschi) di III e IV elementare, divisi in 4 gruppi: 2 hanno svolto il
potenziamento con il programma PARLIAMONE (ispirato ai subtest della batteria APL-Medea) e 2 il PPP. Il disegno di
ricerca coinvolge una valutazione pre/post potenziamento con la batteria APL- Medea e una fase di potenziamento di 16
ore.
Risultati. I dati, relativi a 23 soggetti, sono stati sottoposti a un’analisi della varianza 2 (programma: Parliamone vs PPP)
x 2 (tempo: pre vs post). La variabile dipendente era la prestazione totale all’APL (in punti z) e la prestazione ai singoli
sub test. I risultati hanno evidenziato che per tutti i sub test dell’APL non sono risultati significativi né l’effetto principale
del programma né quello dell’interazione tempo*programma. È risultato invece significativo l’effetto del fattore tempo,
ma solo per i seguenti sub test: Metafore (p<0,01; F con 1,22=13,19;), Fumetti (p<0,01; F con 1,22=9,08), Situazioni
(p<0,05; F con 1,22=7,12)
Discussione. Dai risultati si evidenzia un miglioramento delle competenze cognitive sottostanti la pragmatica sia con un
programma che interviene direttamente sulla consapevolezza dei processi coinvolti sia con un programma di
potenziamento (PPP) che lavora sulle abilità di role-taking.
.,
Poster workshop 3
Potenziare la competenza pragmatica: relazione tra prestazione iniziale e
grado di miglioramento
R. Caretto, S. Di Sano
Dipartimento di Neuroscienze e Imaging, Università di Chieti-Pescara
Introduzione. I bambini che soffrono di Disturbo Pragmatico del Linguaggio (DPL) presentano problemi di
comunicazione e di interazione pur avendo competenze fonologiche, lessicali e sintattiche adeguate (Adams, 2001).
Alcune ricerche hanno dimostrato la possibilità di migliorare le capacità pragmatiche tramite interventi mirati (Adams,
2001). Un intervento efficace dovrebbe sia migliorare/normalizzare le capacità di bambini con difficoltà o disturbo
pragmatico, sia accrescere ulteriormente le capacità di bambini con competenza nella norma. Questo consente l’impiego
del programma di potenziamento non solo per i bambini con difficoltà ma anche per quelli con sviluppo tipico. L’obiettivo
di questo studio è indagare la relazione tra la prestazione iniziale dei soggetti e il loro grado di miglioramento successivo a
un intervento di potenziamento della competenza pragmatica.
Metodo. Hanno partecipato 27 bambini (12 femmine, 15 maschi) di III e IV elementare, divisi in 4 gruppi (2 seguivano il
programma di potenziamento PARLIAMONE e 2 il PPP). Il potenziamento ha avuto una durata di 16 ore per gruppo.
Abbiamo effettuato una valutazione pre-post potenziamento della competenza pragmatica con la batteria APL- Medea.
Risultati. Abbiamo effettuato un’analisi della correlazione tra la prestazione iniziale all’APL e il grado di miglioramento
pre-post trattamento. I risultati hanno evidenziato una correlazione negativa che indica un’efficacia maggiore del
trattamento per i bambini che partivano da punteggi più bassi (r = -0,68, p < 0.01). Inoltre, abbiamo svolto un’analisi della
varianza 2 (prestazione iniziale: sopra/sotto la mediana) x 2 (trattamento: PARLIAMONE/PPP). I risultati hanno
evidenziato un effetto significativo del fattore PRESTAZIONE INIZIALE (F = 17,40, p < 0,01, eta quadrato parziale =
0,48) mentre non risulta significativo l’effetto del fattore TRATTAMENTO né quello dell’interazione.
Discussione. I risultati evidenziano una maggiore efficacia del programma di potenziamento per i bambini che hanno una
prestazione iniziale più bassa. Questo risultato al momento limita l’applicabilità dei programmi di potenziamento
impiegati a bambini con disturbo o difficoltà pragmatiche, d’altra parte la difficoltà di evidenziare miglioramenti negli
studenti che partono da una base di partenza potrebbe essere legata alla natura dello strumento di valutazione impiegato. In
questo senso sarebbe utile replicare la ricerca con strumenti di valutazione diversi.
.-
Poster workshop 3
Esperienza
clinica
nel
trattamento
con pregresso disturbo di linguaggio
di
soggetti
DSA
B. Michelizza°*, D. Patricelli*, V. Cocomazzi*, R. Stola*
°Dipartimento di Scienze dell’Uomo, Università di Urbino
*Servizio di Foniatria e Logopedia, Fond. “P.A. Mileno-Onlus” Vasto (CH)
Introduzione. Nel primo ciclo della scuola primaria una quota variabile di alunni, pari a 8,0 – 10,0% della popolazione
scolastica, presenta difficoltà nell’acquisizione delle competenze accademiche, in particolare nella lettura e nella scrittura.
Questa popolazione, inizialmente molto eterogenea per eziopatogenesi e clinica, si riduce significativamente e, come da
statistiche del MIUR (anno 2012), si attesta attorno a valori del 2,5 – 3,0%, con diagnosi di Disturbo Specifico di
Apprendimento (DSA). I bambini che presentano il disturbo di lettura hanno manifestato un disturbo nello sviluppo del
linguaggio verbale in circa un 60% dei casi, mettendo in evidenza un interessante rapporto patogenetico tra i due fenomeni.
Mentre una quota di questi pazienti, giunta in età scolare, ha superato il disturbo di linguaggio una restante parte presenta
distorsioni nella struttura o nell’uso dello strumento linguistico (Leonard 1998). L’area riabilitativa deve tenere in debito conto
il peso giocato dalla maturità linguistica (controllo dei piani fonetico-fonologico, lessicale e morfo-sintattico) nella strategia
riabilitativa globale e specifica di presa in carico del paziente.
Metodo. Presso il nostro Servizio di Foniatria e Logopedia, negli anni 2011e 2012, sono afferiti 48 alunni, appartenenti alle
classi 3°-4° e 5° della scuola primaria (Vasto ed entroterra vastese), per difficoltà di apprendimento. L’invio è stato fatto dalla
scuola per 32 alunni, per 7 bambini dal curante e per i restanti 9 soggetti su richiesta dei genitori. I 48 soggetti sono stati
sottoposti a valutazione neuropsicologica secondo le indicazioni della Consensus Conference del 2007. Si è individuata,
pertanto, una coorte di 36 soggetti con diagnosi di DSA.
L’interesse dello studio è stato quello di approfondire le relazioni tra sviluppo della competenza linguistica (aspetti fonetici,
fonologici e meta fonologici) e le abilità accademiche, monitorando i parametri di velocità e correttezza in decifrazione.
E stato scartato un nucleo di pazienti (17 soggetti) che non presentavano pregressi di disturbo/ritardo di linguaggio e si è
identificato un gruppo di pazienti che in anamnesi ha manifestato una distorsione nello sviluppo della competenza verbale. Dei
19 soggetti interessati nel presente studio, si sono osservate le tappe di sviluppo prelinguistico (lallazione canonica e variegata),
sviluppo del lessico e della microsintassi, si è considerata la presenza di un trattamento abilitativo logopedico, iniziato e
terminato prima di entrare nell’ambito scolastico (a testimonianza di un disturbo di linguaggio). Per il parametro logoterapia 3
soggetti sono stati trattati anche durante il primo anno di scuola primaria e sono stati esclusi dalla presente coorte.
..
Poster workshop 3
Dei 16 soggetti rimanenti si sono studiati gli aspetti fonetico-fonologici, lessicali e grammaticali individuando due
sottogruppi. Il primo sottogruppo (coorte A), di 6 soggetti, con prestazionalità linguistiche nella norma ma ai limiti
inferiori e che non aveva eseguito trattamento logopedico. Un secondo sottogruppo, (coorte B)con 10 soggetti che
presentavano cadute nei piani fonetico-fonologico e/o meta fonologico, inoltre, avevano eseguito training logopedico. I
due sottogruppi sono stati posti in trattamento logopedico (36 sedute in sei mesi), la coorte A con trattamento specifico
sublessicale e lessicale. La coorte B è stata sottoposta ad un trattamento logopedico per modificare le abilità fonoarticolatorie e di programmazione fonologica a cui è seguito trattamento specifico per la lettura..
Risultati. Il gruppo A ha mostrato modificazioni sia nel parametro accuratezza sia nella rapidità; il gruppo B ha mostrato
più significativi cambiamenti in ordine alla accuratezza e limitati in ambito di velocità.
Conclusioni. In ambito clinico sembra importante far superare al bambino il più possibile le difficoltà di ordine linguistico
al fine di far affrontare con maggiore successo il percorso accademico. Grande attenzione sembra doversi dare alle
prestazionalità articolatorie della parola parlata.
./
Poster workshop 3
Scrivere in movimento: studio pilota sul rapporto tra abilità motorie e
primi apprendimenti scolastici
F.R. Lasorsa1, D. Formica2, L. Ricci2, L. Sparaci1
1
Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione (ISTC), Consiglio Nazionale delle
Ricerche (CNR), Roma
2
Laboratorio di Robotica Biomedica e Biomicro sistemi, Università Campus BioMedico, Roma
Introduzione. Un crescente numero di studi ha riconosciuto l’esistenza di un forte legame tra sistema motorio e abilità
cognitive e sociali [1,2]. In particolare, la maturazione e l'integrazione di diverse capacità motorie influenza
l’apprendimento della scrittura, dove specifiche sequenze di movimenti si realizzano entro vincoli spaziali e temporali [3].
Difficoltà nella programmazione e nella coordinazione grafo-motoria (e.g. forma delle lettere), possono portare il bambino
ad automatizzare comportamenti motori poco efficaci, con conseguenti difficoltà in prove di velocità (e.g. scrittura sotto
dettatura). Questo studio pilota ha come obiettivo la valutazione del rapporto tra motricità e apprendimento della scrittura.
Metodo. Hanno partecipato 28 bambini di prima elementare (13 M, 7 F; età cronologica; 6;5±0.3; QI 109.6±13.2)e 13
bambini di seconda elementare (6 M, 7 F; età cronologica; 7;7±0.3; QI 107.9±19.2), con livello linguistico (e.g.
comprensione e produzione lessicale) nella norma. Le abilità motorie sono state valutate con la Batteria per la Valutazione
Motoria del Bambino, mentre per le abilità di scrittura sono stati utilizzati la Batteria per la Valutazione della Scrittura e
della Competenza Ortografica e la Scala Sintetica per la Valutazione della Scrittura in età evolutiva. Infine, per la
comprensione di un testo scritto, sono state utilizzate le prove di lettura MT.
Risultati. In bambini di prima e seconda elementare sono emerse difficoltà in compiti che coinvolgono abilità motorie
così come difficoltà in alcune prove di velocità di scrittura. La correlazione positiva emersa tra abilità fine motorie e
numero di errori nel dettato in bambini di prima elementare; così come tra abilità motorie e numero di errori nella prova di
dettato in bambini di prima e seconda elementare potrebbero evidenziare come l’acquisizione di specifiche abilità motorie
possa influenzare aspetti essenziali dell’apprendimento scolastico (i.e. la velocità e la correttezza della scrittura).
Conclusioni. Questo studio evidenzia la necessità di una sensibilizzazione verso la valutazione delle abilità motorie in
bambini della scuola primaria, attraverso l’uso di adeguati strumenti di screening, per evidenziare specifiche
problematiche di sviluppo (e.g. DCD) e per migliorare la qualità dell'apprendimento scolastico.
.0
1.von Hofsten 2007. Develop Science 10:54
2.Rizzolatti & Sinigaglia, 2010. Natur Rev Neurosc, 11:1
3.Volman et al. 2006. Am J Occup Ther, 60:451
Poster workshop 3
Apprendimento di procedure visuo-motorie in bambini con autismo: uno
studio pilota
L. Sparaci1, F.R. Lasorsa1, D. Formica2, L. D’Elia3, G. Valeri3, S. Vicari3
1
Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione (ISTC), Consiglio Nazionale delle
Ricerche (CNR), Roma
2
Laboratorio di Robotica Biomedica e Biomicro sistemi, Università Campus BioMedico, Roma
3
Dipartimento di Neuroscienze, IRRCS Ospedale Pediatrico ‘Bambino Gesù’, Roma
Introduzione. L’apprendimento implicito di procedure visuo-motorie, ovvero la capacità di apprendere una procedura
visuo-motoria dopo l’esposizione ripetuta a un compito, supporta molte abilità socio-comunicative come ad esempio
l’esecuzione di specifiche sequenze motorie durante la produzione di segni grafici [1]. Ad oggi, la ricerca
sull’apprendimento di procedure visuo-motorie in bambini con disturbi dello spettro autistico (ASD), ha utilizzato
prevalentemente paradigmi sperimentali classici (e.g. serial reaction time task e pursuitrotor task) spesso con risultati
contrastanti [2,3].Questo studio vuole presentare un nuovo compito al computer, che permette di valutare in maniera più
efficiente la presenza di atipie nell’apprendimento di procedure visuo- motorie in bambini con ASD, confrontati con
bambini con sviluppo tipico (ST).
Metodo. Viene chiesto al bambino di seguire i movimenti di un bersaglio presentato sullo schermo di un computer,
utilizzando una penna digitale e una tavoletta elettronica, al fine di misurare: l’apprendimento visuo-motorio implicito
dopo una fase di esercitazione, la diminuzione nella performance in presenza di uno stimolo alterato, il consolidamento di
abilità acquisite dopo un periodo di riposo e specifiche strategie utilizzate nell’apprendimento. Quattordici bambini maschi
hanno preso parte allo studio pilota: 7 bambini con ASD (età cronologica 7;7 ±2.0; QI 94.3 ±19.0) e 7 bambini con ST (età
cronologica 7;4 ±1.6; QI 105.7 ±12.7), di pari età cronologica e livello cognitivo non-verbale. Le abilità visuo-motorie di
tutti i bambini sono state valutate utilizzando in aggiunta il Test di Integrazione Visuo-Motoria (VMI).
Risultati. I risultati hanno evidenziato nei bambini con ASD una performance significativamente differente, in confronto
con i bambini con ST, in presenza di uno stimolo alterato, in relazione al consolidamento di un’abilità e relativamente alle
strategie adottate per seguire il target in movimento.
Conclusioni. Il compito, facilmente utilizzabile in contesti educativi e/o clinici, ha permesso di valutare abilità simili a
quelle messe in atto dai bambini durante la scrittura e ha fornito nuovi dati sulla presenza di pattern atipici
nell’apprendimento di sequenze visuo-motorie in bambini con ASD.
.1
1.Kushki, Chau & Anagnostou 2011. J Autism Dev Disord, 41:1706–1716; 2. Gordon & Stark 2007. Focus on Autism and
Other Dev Dis, 22:14-22; 3. Larson & Mostofsky 2008. Autism Research, 1:341-353.
Sabato 17 maggio
LEZIONE MAGISTRALE
Language and Motor Development
Atypically-Developing Populations
in
Typically
and
Jana M. Iverson
University of Pittsburgh
This talk presents findings from three lines of research designed to address the broader issue of the relationship between
motor, communicative, and language development. The first focuses on developmental links between speech and
spontaneous hand gestures as a specific example of this relationship, examining gesture as a predictor of developing
language in typically- and atypically-developing toddlers. The second assesses whether delays and atypicalities in early
motor and speech-gesture development provide an index of eventual autism spectrum disorder diagnosis; and the last asks
whether such delays also influence infants’ interactions with objects and people in ways that exert far-reaching, cascading
effects on development.
Sviluppo linguistico e motorio in popolazioni a sviluppo tipico e atipico
In questa presentazione sono discussi i risultati di tre linee di ricerca volte ad affrontare la più ampia questione del
rapporto tra sviluppo motorio, comunicativo e linguistico. La prima si focalizza sui collegamenti evolutivi tra parola e
gesti spontanei come un esempio specifico di questa relazione, esaminando il gesto come predittore dello sviluppo del
linguaggio nei bambini con sviluppo tipico e atipico. La seconda valuta se i ritardi e le atipicità nello sviluppo precoce
motorio e gesto-parola costituiscono un indice di eventuali disturbi dello spettro autistico. La terza si chiede se tali ritardi
influenzino anche le interazioni dei bambini con gli oggetti e le persone in modi che possono avere effetti a cascata di
vasta portata sullo sviluppo.
Presentazione: A. Sansavini
.2
Sabato 17 maggio
Simposio C
Il ruolo della comunicazione gestuale nello
sviluppo tipico e atipico
Chairperson: D. Brizzolara
.3
Simposio C
Lo sviluppo dell’abilità di coordinare l’intenzione comunicativa del gesto
di indicare e delle produzioni vocali nei primi due anni di vita: uno studio
longitudinale
M. Spinelli1, T. Aureli2, M. Fasolo1, P. Perucchini3, M. C. Garito2
1
2
Università di Milano-Bicocca Università degli Studi G. D.’Annunzio Chieti3
Pescara Università degli Studi Roma Tre
Introduzione. Il gesto di indicare rappresenta uno dei più validi segnali dell’intenzionalità comunicativa, prima
dell’emergere del linguaggio. Due sono in particolare le intenzioni espresse dal gesto: richiestiva, per ottenere qualcosa
dall’interlocutore, e dichiarativa, per dirigere l’attenzione dell’altra persona su qualcosa. Le produzioni vocali preverbali,
allo stesso modo, rappresentano un indice di comunicazione intenzionale e, quando associate ai gesti, risultano
intensificare la funzione comunicativa di quest’ultimi, aumentando la possibilità che l’atto comunicativo abbia successo.
Obiettivo principale del presente studio è analizzare longitudinalmente l’abilità dei bambini di associare il gesto di indicare
con le produzioni vocali, esplorando se la prosodia di tali produzioni si differenzia sulla base dell’ intenzione, richiestiva o
dichiarativa, del gesto.
Metodo. Hanno partecipato alla ricerca 25 bambini osservati a 12, 15 e 18 mesi di vita all’interno di una procedura
sperimentale opportunamente creata per elicitare la produzione di gesti di indicare con funzione dichiarativa e richiestiva
(Camaioni et al. 2004). I gesti di indicare sono stati codificati rispetto alla funzione e sono state analizzate le caratteristiche
prosodiche delle produzioni vocali associate ai gesti.
Risultati. I risultati evidenziano un aumento significativo a 15 mesi rispetto a tre mesi prima nella produzione dei gesti di
indicare associati con produzioni vocali. La frequenza di tali associazioni non varia a 18 mesi rispetto a 15 mesi, ma le
produzioni vocali associate ai gesti si differenziano prosodicamente rispetto all’intenzione comunicativa del gesto: i gesti
di indicare richiestivi sono accompagnati da produzioni vocali con frequenza fondamentale (f0) più elevata dei gesti di
indicare dichiarativi.
Conclusioni. I risultati ottenuti evidenziano un trend evolutivo nell’abilità di associare il gesto di indicare alla vocalità nel
secondo anno di vita: in una prima fase, i bambini potenziano tale abilità indipendentemente dall’intenzione comunicativa
del gesto; successivamente differenziano la prosodia delle produzioni vocaliche associate al gesto in base a tale intenzione.
Tali risultati, nel complesso, supportano l’idea che lo sviluppo dell’abilità comunicativa intenzionale del bambino
costituisca un processo graduale.
.4
Simposio C
La relazione gesto-parola in bambini con disturbo specifico del
linguaggio in situazioni di compito e di interazione spontanea
M. Lavelli1, C. Barachetti1, E. Florit2, A. Grigoli1, R. Gimenez1
1
Dipartimento di Filosofia, Pedagogia e Psicologia, Università di Verona
Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e della Socializzazione, Università di
Padova
2
Introduzione. Alcuni studi hanno mostrato che i bambini con disturbo specifico del linguaggio (DSL) nelle interazioni
verbali tendono a produrre più risposte minime e inadeguate dei bambini con sviluppo tipico (ST), ma quando i gesti
accompagnano le loro verbalizzazioni possono esprimere informazioni non presenti nelle parole (Blake et al., 2008; Evans
et al., 2001; Iverson & Braddock, 2011). Comunque, l’evidenza empirica che nei bambini con DSL il gesto possa
sostenere o compensare l’espressione verbale è ancora controversa (Hill et al., 1998; Mainela-Arnold et al., 2006) e
prevalentemente limitata a bambini d’età scolare in situazioni di compito. La nostra ricerca ha esaminato la relazione tra
produzione gestuale spontanea e produzione verbale in bambini con DSL confrontati con bambini con ST durante un
compito di denominazione lessicale (Studio 1) e l’interazione con la madre nel contesto di lettura congiunta di un libro di
immagini (Studio 2).
Metodo. Quindici bambini d’età prescolare con DSL espressivo sono stati confrontati con 15+15 bambini con ST appaiati,
rispettivamente, per età cronologica e abilità linguistiche. Sia le sessioni del compito, proposto attraverso il test ‘PinGParole in Gioco’ (Bello et al., 2010), che quelle di lettura congiunta sono state videoregistrate e trascritte. Le risposte al
test e gli enunciati prodotti dai bambini nel contesto interattivo sono stati codificati in base alla modalità di espressione
(Verbale, Gestuale, Bimodale), ai tipi di gesti (Deittici, Rappresentativi, Altri) e alle funzioni del gesto in relazione alla
parola (Rinforza, Disambigua, Aggiunge informazione) negli enunciati bimodali.
Risultati. Nel compito di denominazione --che richiedeva solo la produzione di singole parole-- i bambini con DSL hanno
prodotto gesti deittici e rappresentativi in accompagnamento alle risposte verbali significativamente più dei loro pari con
ST, F(2,42)=10.29, p<.001, ηp2=.36, (I-J)=29.44, p=.001. I risultati dello Studio 2 confermano che, rispetto ai loro pari con
ST, i bambini con DSL non solo hanno usato più enunciati bimodali nell’interazione con la madre, F(2,42)=3.48, p=.04,
ηp2=.14, (I-J)=11.95, p=.012, ma hanno anche prodotto più gesti che Aggiungono informazioni non espresse nelle parole
co-occorrenti, F(2,42)=3.41, p=.043, ηp2=.14, (I-J)=12.14, p=.015.
/+
Conclusioni. Complessivamente, questi risultati supportano l’ipotesi di un “vantaggio gestuale” nei bambini con DSL, e
hanno implicazioni per la pratica educativa e clinica.
Simposio C
La comunicazione gestuale nei bambini con Disturbo dello Spettro
Autistico durante l’interazione spontanea madre-bambino
M. Mastrogiuseppe1, O. Capirci2 , S. Cuva1, P. Venuti1
(1) Laboratorio di Osservazione, Diagnosi e Formazione (ODFLab), Università di
Trento
(2) Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione (ISTC), CNR, Roma
Introduzione. I gesti sono una specifica tipologia di azioni comunicative con un importante ruolo nel regolare la
comprensione intersoggettiva (Capirci et al., 1996). I bambini con Disturbo dello Spettro Autistico (ASD) mostrano un
deficit nell’uso spontaneo di gesti significativi e, a differenza di bambini appartenenti ad altre popolazioni atipiche (i.e.
Sindrome di Down), tendono a non usare i gesti per compensare le difficoltà di comunicazione sociale (Stefanini et al.,
2007). Nonostante la rilevanza di questa problematica, la letteratura sui gesti nell’autismo risulta scarsa e contraddittoria.
L’obiettivo del presente studio è quello di analizzare i gesti nei bambini con ASD durante l’interazione spontanea con le
proprie madri, focalizzandosi sulla produzione gestuale totale e sull’identificazione delle differenti tipologie di gesto.
Metodo. Al presente studio hanno partecipato 60 diadi madre-bambino: 20 bambini con sviluppo tipico (TD; CA: M=24,7,
SD=4,1), 20 con Sindrome di Down (DS; CA: M=40,9, SD=6,3; MA: M=22,5, SD=3) e 20 con ASD (ASD; CA: M=47,6,
SD=11,1; MA: M=25,6, SD=8,9), confrontati sulla base dell’età di sviluppo. Le interazioni sono state videoregistrate e
analizzate attraverso l’utilizzo di uno specifico schema di codifica (Capirci et al., 2007) che consente un’analisi
quantitativa e qualitativa della produzione gestuale.
Risultati. Le analisi mostrano differenze significative tra i tre gruppi in molti dei domini investigati. Il numero totale dei
gesti è inferiore nel gruppo ASD rispetto al gruppo TD (p<0.01) e DS (p<0.01). Per quanto riguarda le funzioni del gesto, i
bambini con ASD producono in proporzione meno gesti deittici e ideativi rispetto ai bambini del gruppo TD (p<0.01;
p<0.05) e DS (p<0.01; p<0.01); solo nel gruppo ASD sono presenti gesti strumentali. Inoltre, specifiche correlazioni
emergono tra produzione gestuale, sviluppo cognitivo e severità dei sintomi di autismo.
Conclusioni. Attraverso l’analisi dettagliata dei gesti durante l’interazione spontanea madre- bambino, il presente studio
ha permesso di identificare specifiche caratteristiche della comunicazione gestuale nei bambini con ASD. Una maggiore
comprensione della gestualità nell’autismo può essere utile nel migliorare non solo la conoscenza teorica sui meccanismi
alla base della comunicazione intenzionale nello sviluppo tipico e atipico, ma può informare circa nuove pratiche
educative e di intervento nell’ambito degli ASD (Capone e McGregor, 2004).
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Sabato 17 maggio
LEZIONE MAGISTRALE
Functional constraints for brain plasticity: Indications for
language acquisition in deaf people
Francesco Pavani
Dipartimento di Psicologia e Scienze Cognitive e Centro Interdipartimentale Mente e
Cervello (CIMeC), Università di Trento
Cognitive neuroscience studies involving people with sensory deprivation (blindness or deafness) are expanding our
knowledge on the neural correlates of experience dependent changes. One consolidated piece of evidence is that the
cortical areas typically involved in processing the missing sensory modality (e.g., the auditory areas in a deaf person) do
not remain inactive. Instead, they are functionally recruited by the intact sensory modalities (e.g., vision or touch). These
plastic changes have been termed ‘crossmodal plasticity’. For the case of deafness, the growing impact of neuroprosthetics
devices such as cochlear implants offering the possibility of partial recovery of auditory functions, raised the issue of
whether crossmodal plasticity might constitute an obstacle to auditory reafferentation. Furthermore, it has been
hypothesised that visual languages (such as sign languages) could promote crossmodal plasticity, hindering the efficacy of
cochlear implantation. In my presentation I will discuss the functional constraints of crossmodal plasticity, with particular
reference to the processing of languages – either spoken or signed. In addition, I will clarify why the hypothesis that sign
languages constitute an obstacle to cochlear implant efficacy is not supported by empirical evidence.
Presentazione: M.C. Caselli
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Vincoli funzionali nella plasticità cerebrale: indicazioni per
l'acquisizione del linguaggio nelle persone sorde
Le ricerche di neuroscienze cognitive sulle persone con deprivazione sensoriale (cecità o sordità) stanno arricchendo le
nostre conoscenze sui correlati neurali dei cambiamenti causati dall’esperienza. Un’evidenza ormai assodata è che i
territori corticali tipicamente coinvolti nell’elaborazione della modalità sensoriale deficitaria (es., le aree acustiche di una
persona sorda) non rimangono silenti, ma sono funzionalmente attivati dalle modalità sensoriali intatte (es., visione o
tatto). Nel caso della sordità, l’affermarsi di neuroprotesi come gli impianti cocleari, in grado di restituire parzialmente
l’esperienza acustica, ha portato a chiedersi in che misura questa forma di plasticità (definita ‘cross-modale’) possa essere
di ostacolo all’efficacia della riafferentazione acustica. Inoltre, è stata formulata l’ipotesi che l’uso di lingue visive, quali le
lingue dei segni, possa promuovere questa riorganizzazione crossmodale, contribuendo a ostacolare l’efficacia
dell’impianto cocleare. In questa relazione discuterò i vincoli funzionali all’interno dei quali avvengono queste
riorganizzazioni funzionali, con particolare riferimento all’elaborazione delle lingue – siano esse parlate o segnate.
Mostrerò infine come l’ipotesi che suggerisce una relazione fra l’uso di lingue segnate e la mancata efficacia dell’impianto
cocleare sia infondata.
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Sabato 17 maggio
Simposio D
Bilinguismo orale e bimodale
Chairperson: M. Roch
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Simposio D
Effetti del bilinguismo sul controllo multisensoriale dell’attenzione
F. Baruffaldi1, B. Heimler1, F. Costantino1, C. Bonmassar1, F. Pavani1,2
1
2
CIMeC, Università degli studi di Trento
Dipartimento di Psicologia e Scienze Cognitive, Università degli studi di Trento.
Introduzione. Il bilinguismo precoce contribuisce a modulare le abilità non linguistiche favorendo un maggiore controllo
cognitivo (Bialystok et al., 2012). Non è noto se, durante lo sviluppo, i benefici del bilinguismo precoce emergano anche nel
controllo della competizione tra diverse modalità sensoriali.
Metodi. Abbiamo testato 18 bambini monolingui (età media: 8.7 anni), 18 bambini bilingui (età media: 8.7 anni; età
acquisizione L2 < 3 anni) e 16 adulti (età media: 34.3 anni) in due compiti di interferenza crossmodale (Spence et al., 2004). Nel
primo bisognava discriminare la posizione verticale di uno stimolo tattile, ignorando un distrattore visivo simultaneo presentato
in una posizione verticale congruente o incongruente (rispondi al Tatto / ignora la Vista). Nel secondo compito le istruzioni
erano invertite (rispondi allaVista / ignora il Tatto). L’ordine dei due compiti è stato bilanciato tra i partecipanti.
Risultati. Lo studio dell’interferenza crossmodale (costi in RT e accuratezza nelle prove incongruenti rispetto alle congruenti) ha
rivelato tre risultati principali: (1) L’interferenza crossmodale è presente nei bambini di entrambi i gruppi. Come negli adulti
l’interferenza è maggiore quando lo stimolo da ignorare è visivo rispetto a quando è tattile, a conferma della generale dominanza
visiva in questo compito spaziale. (2) L’esperienza precoce di bilinguismo modula l’interferenza crossmodale. Nel compito
rispondi T / ignora V, i bambini bilingui mostrano minore interferenza crossmodale rispetto ai bambini monolingui. Questo
effetto dipende da una minore percentuale di errori nelle prove incongruenti, mentre i due gruppi non differiscono nelle prove
congruenti. Nel compito rispondi V / ignora T l’effetto dell’esperienza di bilinguismo si osserva solo analizzando
l’apprendimento nel corso della prova (come solitamente descritto nella letteratura sugli effetti del bilinguismo). (3) Nei bambini
monolingui si riscontra una maggiore dominanza visiva rispetto agli adulti. Questa differenza non emerge invece nei bambini
bilingui.
Conclusioni. Questi risultati dimostrano che un bilinguismo precoce può migliorare il controllo dell’attenzione anche in un
contesto multisensoriale. Rivelano inoltre una modifica della dominanza sensoriale visiva durante lo sviluppo (Nava e Pavani,
2013) e mostrano come il bilinguismo possa accelerare la transizione verso la minore dominanza visiva più tipica dell’adulto.
Bialystok, E., Fergus, I.M.C. & Luk, G. (2012). Bilingualism: consequences for mind and brain. Trends in Cognitive Sciences,
16, 4, 240-250. Nava, E. & Pavani, F. (2013). Changes in Sensory Dominance During Childhood: Converging Evidence From
the Colavita Effect and the Sound-Induced Flash Illusion. Child Development, 84, 2, 604–616.
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Spence, C., Pavani, F. & Driver, J. (2004). Spatial constraints on visual-tactile cross-modal distractor congruency effects.
Cognitive, Affective, & Behavioral Neuroscience, 4 (2), 148-169.
Simposio D
Bilinguismo bimodale in bambini sordi e udenti
P. Rinaldi1, D. Onofrio1, A. Marini2,3, M.C. Caselli1
1
Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione Consiglio Nazionale delle Ricerche
Dipartimento di Scienze Umane, Università di Udine
3
IRCCS “E. Medea” Associazione “La Nostra Famiglia”, San Vito al Tagliamento (Pn)
2
Introduzione. Le competenze linguistiche dei bambini sordi di età scolare sono caratterizzate da un’ampia variabilità
individuale che può essere parzialmente spiegata considerando fattori specifici (età della diagnosi, residuo uditivo, tipo di
protesi, età di inizio della logopedia). Molti bambini sordi, con genitori sordi o udenti, sono inoltre precocemente esposti alla
lingua dei segni (LIS), e per questo diventano bilingui. Pochi studi hanno analizzato le abilità linguistiche in entrambe le lingue.
L’obiettivo è studiare in bambini sordi e udenti bilingui bimodali le relazioni tra competenze linguistiche in Italiano e in LIS e
competenze visuo-spaziali, anche in funzione del contesto comunicativo in cui il bambino cresce.
Metodo. Hanno partecipato allo studio 10 bambini sordi e 10 udenti (età media: 8 anni). Ai bambini sono state proposte diverse
prove: Matrici Progressive di Raven, Test di Corsi (Span avanti e indietro), una prova di comprensione di un racconto in LIS,
una prova di comprensione del testo (MT), una prova di giudizio di grammaticalità e una prova di narrazione di una storia
figurata. Ai genitori è stata proposta un’intervista per ricostruire il contesto linguistico del bambino.
Risultati. Tutti i bambini, sordi e udenti, hanno buone capacità cognitive e di discriminazione visiva. Lo span avanti è
significativamente correlato alla prova di comprensione LIS solo nei bambini udenti (r=.67; p<.03) e alla prova di comprensione
del testo scritto solo nei bambini sordi (r=.67; p<.04). Le abilità di comprensione dell’italiano dei bambini sordi sono più deboli
di quelle dei coetanei udenti (p< .01), mentre tendono ad essere più solide le abilità nella comprensione della lingua dei segni
(p=.06). L’analisi integrata di entrambe le lingue nella prova di narrazione e nella prova di giudizio di grammaticalità ha
evidenziato un’ampia variabilità individuale e una maggiore presenza di code blends nei bambini sordi con competenze in
italiano meno solide.
Conclusioni. La coerenza tra segni prodotti e parole lette, nei bambini sordi, evidenzierebbe una strategia di accesso al
significato messa in atto da alcuni bambini, che però si rivela poco utile per l’analisi delle strutture grammaticali nella lingua
italiana. La relazione tra memoria a breve termine e comprensione della lingua “altra”, l’italiano per i sordi, la LIS per gli udenti,
farebbe pensare ad un maggiore coinvolgimento della memoria a breve termine nel processamento della lingua non dominante.
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