giuseppe rivadossi giuseppe rivadossi

Giuseppe Rivadossi - Il genio abita qui
GIUSEPPE
RIVADOSSI
IL GENIO ABITA QUI
Giuseppe Rivadossi
Galleria Agnellini Arte Moderna, Brescia
15.04.2014 – 27.09.2014
GIUSEPPE
RIVADOSSI
IL GENIO ABITA QUI
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Mostre e catalogo a cura di /
Exhibition and catalogue cured by
Dominique Stella
Roberto Agnellini
La mostra è stata realizzata
con il patrocinio di /
The exhibition is patronized by
Direzione / Director
Roberto Agnellini
Direzione artistica / Art director
Dominique Stella
Sommario / Contents
Direttore operativo / Executive director
Giancarlo Patuzzi
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Segreteria / Secretary
Maura Armani
Gabriella Nespoli
Progetto grafico / Graphic project
Tap Grafiche
Traduzioni / Translations
Silvia Denicolai
Timothy Stroud
Fotografie delle opere / Photo of the works
© Fabio Cattabiani
© Ottavio Tomasini
© Gino Comini
Crediti / Copyright
© Roberto Agnellini
© Philippe Daverio
© Dominique Stella
Copertina / Cover
Grande Arca (particolare / detail)
Ringraziamenti / Thanks to
On. Emilio Del Bono
Sindaco della città di Brescia
Alfredo Aureli
Mario Botta
Lanfranco Cirillo
Armando Donati
Mario Dora
Ettore Marchina
Alessandro Medici
Angelo Medici
Cesare Medici
Vittorio Moretti
Ermanno Olmi
Attilio Pizzigoni
Mario Probo
Marco Setti
Marinella Spagnoli
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La mostra è stata realizzata con il sostegno di /
The exhibition has been realized with the support of
Giuseppe Rivadossi
La magia della materia
The magic of natural materials
Philippe Daverio
Giuseppe Rivadossi
La padronanza della materia, lo spirito di vita
The mastery of matter, the spirit of life
Dominique Stella
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OPERE / WORKS:
I disegni / Drawings
Le sculture / Sculptures
I mobili / Furniture
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246
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APPARATI / APPENDIX:
Testi critici / Critical texts
Gli articoli / Newspaper articles
Biografia / The Biography
Bibliografia / The Bibliography
Roberto Agnellini, Giuseppe Rivadossi, 13/11/2013
Roberto Agnellini
Roberto Agnellini
L’Italia è il paese che, in rapporto alla sua estensione, possiede il maggior patrimonio culturale del pianeta.
La sua storia millenaria ci ha lasciato vestigia che tratteggiano
i mutamenti che si sono susseguiti nel corso dei secoli e che
sono visibili anche nelle località più sperdute del suo territorio.
Se primeggiamo nel campo della moda, del design e nella
cosiddetta industria del bello è grazie alla nostra singolarità culturale che, integrata nel magnifico panorama italiano,
rende questo magico rapporto unico al mondo.
Ne consegue che, nella media, il popolo italiano nasce istintivamente vocato al buon gusto e che lo sa estrinsecare in
manufatti insuperabili per genialità e bellezza, che traggono
ispirazione dalla sua millenaria tradizione.
Su indicazione di un amico, l’architetto Lanfranco Cirillo, ho
visitato un anno fa la bottega di Giuseppe Rivadossi.
Quando mi sono trovato di fronte a lui sono rimasto colpito
dalla sua espressione, da quegli occhi vispi e sognatori come
quelli di un bambino, dalla sua semplicità e dalla sua cultura.
A questa prima visita se ne sono succedute delle altre e siamo sempre più entrati in confidenza, ho potuto quindi toccare con mano le esperienze pittoriche e sculturali di Giuseppe che, unitamente al suo amore per la cultura romanica e
all’impiego tradizionale delle materie prime, crea elementi
di ebanisteria unici, che abbelliscono e caratterizzano le più
belle dimore in tutto il globo.
Se Giuseppe Rivadossi fosse francese, sarebbe come i panda, specie protetta, mentre invece il nostro provincialismo ci
fa trascurare il bene più spendibile che l’Italia ha nel mondo:
la genialità!
Questa mostra vuole essere un doveroso omaggio allo spirito creativo di questo grande artista, vero interprete della
storia del genio italiano.
Italy is the country with the largest cultural heritage on the
planet regardless of its size.
Its thousands of years of history left traces of the changes
that occurred over the centuries and these mutations are
still clearly visible even in the most remote locations of its
territory.
If we are leaders in the fashion, design and so-called “beauty” industries, it is thanks to our cultural singularity, which,
when integrated to the magnificent Italian panorama, makes
this relationship a one of a kind in this world.
As a result, on the average, the Italian people are instinctively born with good taste and this drives them to develop
insuperable items in terms of genius and beauty; thanks to
the thousands of years of traditions that inspire them.
Upon the advice of a friend, the architect Lanfranco Cirillo, I
visited Giuseppe Rivadossi’s workshop a year ago.
When I found him standing before me, I was impressed by
his expression, by those bright and dreamy child-like eyes,
by his simplicity and by his culture.
Other visits followed this first one and we gradually built a
confident relationship. I was therefore able to touch the pictorial and cultural experiences of Giuseppe who, together
with his love for the Romanesque culture and the use of
traditional raw materials, creates unique wooden elements
that adorn and add character to the most beautiful homes
worldwide.
If Giuseppe Rivadossi were French, he would be like the pandas, a protected species, but our provincialism makes us
overlook the most expendable asset Italy has in the world:
ingeniousness!
This exhibition is a proper tribute to the creative spirit of this
great artist, a real interpreter of the history of Italian genius.
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Philippe Daverio
Philippe Daverio
La magia della materia
The magic of natural
materials
Giuseppe Rivadossi
Se c’è un dato che in futuro potrà distinguere gli anni eccentrici che stiamo percorrendo, questo è sicuramente il polimorfismo dei linguaggi. Permane certamente una lingua ufficiale, che torna necessaria per consultare la rete di internet e
conseguentemente le altre reti che costituiscono il tessuto
caleidoscopico del globo attuale. Vi è una sorta d’inglese praticato da tutti, ma che nulla ha a che vedere con quello antico
di Shakespeare, il britannico, o con quello moderno di Henry
Miller, l’americano. Si tratta di una lingua estremamente semplificata, atta ad essere compresa e capita dalla maggioranza,
e sicuramente incapace di un’ipotesi poetica complessa. La
stessa semplificazione avviene nel mondo delle arti attuali ed
è estremamente utile: come la tarda pittura bizantina, è suscettibile d’essere celebrata da ogni tipo di sacerdote, anche
l’ultimo pervenuto alla liturgia. Mai vi fu arte più democratica
di quella messa sugli altari delle Biennali o dei palazzi espositivi della contemporaneità. E mai forse vi fu arte più sterile.
Il mistero sta ovviamente altrove. Vi sono, fra le ombre dei
boschi o in cima alle rocce dei dirupi, maghi che plasmano la
materia dalla quale fanno sorgere realtà immutabili.
Giuseppe Rivadossi appartiene alla categoria degli artisti –
quasi artigiani – che non frequentano il mondo chic dell’internazionale dell’arte. Egli opera nei segreti di una terra ritiEidos,
1974
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Giuseppe Rivadossi
If there is one aspect that in the future will characterize the
eccentric years we are living through, it is without doubt the
polymorphism of language. There of course continues to be
an official language, which is needed to consult the internet
and in consequence all the other networks that make up
the kaleidoscopic fabric of the world today. There is a sort of
English practised by everyone but it has nothing to do with
the ancient language of the Englishman Shakespeare, or of
the modern American Henry Miller. It is a highly simplified
language developed to allow one to be understood by the
majority but which is incapable of forming a complex poetical
hypothesis. The same simplification exists in the world of
the arts today and is extremely useful: like late Byzantine
painting, it can be celebrated by any type of priest, even the
one with the least experience of the liturgy. Never has there
been a more democratic art than the one offered on the
altars of our contemporary biennials or places of exhibition.
And never has art been more sterile. But of course mystery
exists, though elsewhere. There are, among the shadows
of the woods or high on the summits of the rocky mounts,
wizards who shape matter to create immutable realities.
Giuseppe Rivadossi belongs to the category of artists –
almost craftsmen – who do not frequent the chic international
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rata nei dintorni di Brescia, dove trasforma la materia grezza
del legno in opere; alcuni le definirebbero mobili, ma in realtà sono totem antichi, la cui messa in opera risale a una
pratica ancestrale che egli ha saputo rigenerare attraverso
il fervore e la passione per la materia che lo caratterizzano.
Dal legno, di cui egli conosce ogni fibra, ogni realtà profonda, egli estrae l’anima viva, dominandolo nella sua natura
ribelle, modellando forme che si avvicinano all’architettura.
La forza della sua opera risiede in una genialità intuitiva che
lo anima e attiva il fuoco vulcanico di un’opera carnale, tattile, unica e irripetibile, generata dalle condizioni particolari di
sedimentazione della conoscenza e della formazione dell’artista. Dall’identità celtica, che costituisce il suo genoma
creativo, Rivadossi estrae la durezza, la monumentalità che
avvicinano le sue creazioni a dolmen o menhir votivi abitati
dall’animo degli alberi o delle foreste. Questa fonte naturalista gli conferisce forza e autenticità, esprime il rispetto che
gli uomini della terra portano da sempre alla materia della
natura e illustra la coscienza nuova della necessità di preservare il nostro ambiente.
Sta crescendo oggi una nuova sensibilità che si elabora nel
dialogo con i materiali della natura e si consolida in una centralità umanista. Questa sensibilità porta alla riscoperta dei
materiali naturali nel vestiario, favorendo l’uso di lino, cotone, lana, seta e cuoio; essa spinge alla ricerca di fibre dimenticate, come quella dell’ortica, ottima nel mescolarsi con la
lana, alla quale dona una fattezza lucente. Questa sensibilità
porta a ricollocare la persona in un ambiente fatto di pietra,
di marmo, di terracotta, di bronzo e di legno. Questa sensibilità si accorge che i materiali che ci accompagnano da millenni sono carichi di significati semantici, di strati solidamente
sovrapposti, nei quali viene automatico potersi riconoscere.
Le opere di Rivadossi illustrano questa necessaria attenzione,
con la sapienza dell’uomo dell’arte che possiede la conoscenza profonda della materia, della sua tattilità, della sua soavità.
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world of international art. He works unseen in the hinterland
of Brescia, where he transforms raw, untreated wood into
works of art. Some people would call them furniture but in
fact they are ancient totems whose production is descended
from an ancestral practice that he has revitalized through
his ardour and passion for their material. Out of the wood, of
which he is familiar with every fibre and secret, he extracts
the living spirit, tames its rebellious nature and models forms
that have a close relationship with architecture. The strength
of his work resides in his brilliant intuition and the volcanic
fire of a carnal, tactile, unique and unrepeatable work
stemming from the artist’s training and layers of knowledge.
It is Rivadossi’s Celtic background that allows him to imbue
his works with the hardness and monumentality that render
them similar to votive dolmens or menhirs inhabited by the
spirits of the trees and forests. This naturalist source gives
him strength and authenticity, it is an expression of the
respect that men of the land have always had for natural
materials and illustrates the new awareness of the need to
preserve our environment.
There is a new consciousness today that arises in the
dialogue with natural materials and is consolidated in a
humanist centrality. This sensibility leads to the rediscovery
of the use of these materials in our clothing, such as
linen, cotton, wool, silk and leather. It prompts research
into forgotten fibres like nettle, which, when blended with
wool, gives the material a shiny appearance. It encourages
individuals to construct their environment using stone,
marble, ceramic, bronze and wood, and reminds us that
the materials humanity has used for millennia have deeply
buried and overlaid semantic values with which we can
automatically identify.
The works of Giuseppe Rivadossi are illustrative of this
attention and wisdom, and of this artist’s profound
understanding of the tactility and suavity of his materials.
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Custodie del crinale, 2010
Giuseppe Rivadossi, Dominique Stella, Emanuele Rivadossi, 13/11/2013
Dominique Stella
Dominique Stella
La padronanza della
materia, lo spirito di vita
The mastery of matter,
the spirit of life
Giuseppe Rivadossi
Giuseppe Rivadossi ha acquisito nel corso della sua
adolescenza l’esperienza atavica di una pratica manuale che gli ha forgiato l’animo e lo spirito a contatto
con la materia e la sua manipolazione. La sua arte
nasce da questo apprendistato lento e luminoso, da
cui deriva la padronanza di un saper fare che egli ha
saputo esaltare in realizzazioni testimoni di una conoscenza profonda dei meccanismi segreti delle cose,
combinando senso della materia, vitalità primordiale
e sensibilità acuta verso le forme artistiche più diverse. La sua arte nasce da un sapere, acquisito nell’osservazione e nella comprensione degli amalgami che
dalla modellatura o dall’assemblaggio fanno nascere
forme essenziali, quasi primitive.
Una pratica ancestrale
Il suo campo di azione si estende al disegno, alla scultura e all’architettura di oggetti, che oggi definiremmo
di design, ma che nel caso di Giuseppe Rivadossi è
ebanisteria contemporanea. La sua curiosità manuale non poteva limitarsi a nessuno di questi ambiti, in
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Giuseppe Rivadossi
It was in his adolescence that Giuseppe Rivadossi
enjoyed the ancestral experience of discovering a
manual practice in which the contact with matter and
its manipulation shaped his mind and spirit. His art is
the outcome of a measured, luminous apprenticeship
that has bestowed upon him an expertise exalted by
works that reveal a deep understanding of the secrets of
the trade, and combines knowledge of his materials with
primordial vitality and a deep appreciation of the most
varied of artistic forms. His art arises from knowledge
acquired through observation and an understanding of
combinations of materials that inspire the modelling or
assemblage of essential, almost primitive, forms.
An ancestral practice
The techniques Giuseppe Rivadossi practises embrace
drawing, sculpture and the architecture of objects,
which today would normally be called industrial design
but in the case of this artist could be termed contemporary cabinet-making. He was unable to restrict his
curiosity about manual practices to any one of these
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quanto ognuno di essi costituisce una chiave di esplorazione destinata ad arricchire una pratica artistica
estremamente complessa e proteiforme. Il suo lavoro
scultoreo esplora archetipi che legano l’essere umano
alle sensazioni carnali e primordiali della vita, attraverso temi ricorrenti quali il corpo femminile, l’immagine materna, la
casa... tematiche
che si affermano nello sviluppo
delle forme femminili,
concave
o convesse, che
l’artista
simboleggia nell’opulenza dei corpi o
nella voluttà delle curve incavate,
rappresentazione
della matrice originale che costituisce il riparo,
la casa, il rifugio
Studio d’immagine, 1985
dalle nostre angosce e dalle nostre paure. Archetipo, maternità, madre, casa, concavità, organicità, razionalità sono tutte
parole suggerite dalla scultura di Rivadossi, che tuttavia intende sottolineare come, al di là delle forme
e dell’immagine, il linguaggio della scultura trasmet-
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fields; to him each constitutes a vehicle for exploration
with the goal of enriching his complex and multiform
artistic practice. His work explores archetypes that link
us with the physical and primordial sensations of life
through recurring themes like the female body, the
image of the mother, the home, themes that became
established in his development of female forms, using
opulent concave and convex curves in voluptuous bodies that represent our origin: shelter, home, a refuge
from our troubles and fears. Archetypes, maternity, the
mother, our home, concavity, organicness and rationality are all words suggested by Rivadossi’s sculpture,
his medium for emphasizing that, beyond forms and
image, the visual language of sculpture is able to express the most delicate and poetic interpretation of our
interiority.
The female body – in his seated, standing, lying compositions, the mother and protector, either worked using a clayey matter bearing the marks of his hands or
sculpted in wood – instates an eternal vision of gentleness, anxiety, interiority and reflection, but also vigilance and simulated absence. Giuseppe Rivadossi has
worked clay and plaster since a very young age, sculpting forms in a manner that seems an extension of his
thought and memory, essential movements that concentrate the instinctive energy of a man whose belief is
anchored in the conviction of the grandeur and fragility
of life.
He makes no academic drawings in the preparation
ta l’interpretazione sensibile e
poetica dell’interiorità profonda
degli esseri.
Il corpo femminile, rappresentato seduto, sdraiato, in piedi,
materno e protettivo, lavorato
nella materia argillosa di una
terracotta che porta l’impronta della mano o scolpito nel legno, impone una visione eterna, al tempo stesso di dolcezza
e inquietudine, di interiorità, di
raccoglimento, ma anche di vigilanza e di simulata assenza.
Giuseppe Rivadossi lavora la
terracotta sin dalla giovinezza,
modella l’argilla, il gesso, scolpisce le forme in un gesto che
sembra essere il prolungamento
del proprio pensiero e della propria memoria, gesto vitale che
concentra l’energia istintiva di
un uomo il cui credo è ancorato
Studio d’immagine
nella convinzione della grandezza e della fragilità della vita. Nessun disegno accademico presiede alla realizzazione della sua opera, conta
solamente il suo legame con il carattere immutabile
dell’arte, nella sua forma più essenziale e primordiale,
nella sua forza di comunicare sensibilità e ardore. Dal-
of his works, the only thing of
importance is its link with the
unchanging nature of art in its
quintessential and elemental
form, its power to communicate
sensitivity and zeal. Rivadossi’s
sculptures radiate a sense of
life and universal harmony: the
body becomes a cosmic symbol,
a receptacle, a source of regeneration, both content and container, matter and space, interior and exterior. This ambiguity
can be seen in the forms that he
models, whose inspiration has
nothing to do with any “school”.
His art stems from an expert
knowledge of proportions and
assemblage expressed in a poetical realism or almost Cubist
abstraction that ordains ideas
and emotions, and sensations of
touch, sound and light that describe a world both complex and
essential composed of indented forms, empty spaces
and volumes. Forms built of filled spaces and hollows
in which a mother’s heart or the germ of life beat gently beneath the bronze, terracotta or wood.
These figures of Eve, the Mother, or the Arc of Life
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le sculture di Rivadossi emana un sentimento di vita e
di armonia universale; il corpo celebrato diviene simbolo cosmico, ricettacolo, fonte di ogni rigenerazione,
al tempo stesso contenuto e contenente, materia e
spazio, interno ed esterno. Questa ambiguità s’illustra
in forme che l’artista modella se- Loretta, 1980
condo un’ispirazione che non proviene da alcuna Dz “scuola”; la
sua arte procede da una sapiente conoscenza delle proporzioni e
dei giochi di assemblaggio, esprimendosi in un realismo poetico
o in un’astrazione quasi cubista,
che al di là della forma impone
idee, emozioni, sensazioni tattili,
luminose, sonore, disegnando un
mondo al tempo stesso complesso ed essenziale, nel quale si sovrappongono forme frastagliate,
forme incave, e volumi. I pieni e
i vuoti compongono forme abitate nelle quali un cuore materno,
un germe di vita palpitano sotto il
bronzo, la terracotta o il legno.
Queste figure di Eva, Madre, Arco
di vita, appartengono alla grande
tradizione salvifica dei corpi, che
simboleggia ancora e sempre il
carattere immutabile dell’arte di
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belong to the great tradition of the body that has always symbolized the unchanging nature of art faced
by modernity. The power of myth and poetry is here
interpreted as an echo of the tradition of the Ancients.
Giuseppe Rivadossi’s production is part of the slow
rhythm of history written in the
margin of all art movements, the
mastery and expertise of the lines,
the fullness of the form, and the
allusiveness of the volumes. His
art has its roots in the initiatory
craftsmanship that has nourished
the human imagination since the
earliest fully formed Venuses, as
seen in the fullness of Maillol’s
models and the renaissance of Arturo Martini’s figures. The knowledge of the masters is instinctive,
and developed in the “botteghe”
where apprentices are introduced
to the techniques and permeated
by the spirit of the matter.
Giuseppe Rivadossi followed this
path remote from the now controversial values of “progress” or
“growth”, and in complete opposition to faddish trends. He perpetuates the precision of the cutters of
stones used in the construction of
fronte alla modernità. La forza del mito e della poesia
s’interpreta qui in eco alla grande tradizione dell’antico. L’opera di Giuseppe Rivadossi s’inserisce nel ritmo
lento della storia che si scrive a margine di ogni movimento, nella padronanza e nella destrezza del tratto,
la pienezza della forma, la suggestione dei volumi. La
sua arte si avvicina all’artigianato iniziatico che alimenta l’immaginario umano sin dalle prime Veneri
dalle fertili rotondità, fino alla pienezza dei modelli di
Maillol, o al rinascimento dei corpi di Arturo Martini.
La conoscenza di questi maestri è istintiva, si sviluppa nell’ambito delle “botteghe” frequentate dagli apprendisti che acquisiscono le tecniche impregnandosi,
nel contempo, dello spirito della materia.
Giuseppe Rivadossi ha sperimentato questo percorso,
ben al di là dell’idea di progresso, di sviluppo, valori
ormai controversi, e all’esatto opposto delle tendenze; egli perpetua il gesto preciso dei tagliatori di pietre
dei portici romani o degli scultori dell’Umbria e della
Toscana, che seppero edificare monumenti, cappelle
e cattedrali, abilissimi nella loro arte e spesso di modesta fama. Esistono persone che, nel segreto dei loro
atelier, conoscono alchimie che sfidano il tempo. Giuseppe Rivadossi appartiene a questa confraternita.
Dall’apprendistato alla maestria
Nell’atelier di suo padre Clemente, all’inizio degli anni
‘50, il legno fu il primo materiale del suo apprendistato. Vi si dimostrò estremamente abile quando gli fu
Romanesque porticoes, or of the Tuscan and Umbrian
sculptors who built monuments, chapels and cathedrals, all skilled in their art and often of modest reputation. There are people who, in the intimacy of their
workshop, know the secrets that defy time. Giuseppe
Rivadossi is one of them.
From apprenticeship to expertise
In his father’s workshop during the early 1950s, wood
was Rivadossi’s first material. He showed himself to
be so capable that his father Clemente entrusted him
with the restoration of the main altar in the Church of
the Mitria in Nave. This prompted the desire in him to
sculpt: “With the interest in art in general that I imbibed at home, I began to cultivate this passion I had for
sculpture. I was fascinated by the great sculptors from
ancient Greece, Rome and the Renaissance, whom I
began to learn about by reading the small books published by Hoepli”, he writes. The base of his knowledge
is linked above all to the manual nature of the craft,
followed by a thirst for knowledge that led him to study
the history of the arts right up to our present civilization, and steeping himself in the works of the Classical
masters, the evident extension of whom he sees in the
art of Matisse.
His talent was clear from the earliest days he spent
cutting stone and carving wood, with the result that
all those around him encouraged him to further his
experience by modelling clay. These early years de-
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affidato il restauro dell’altare principale della Chiesa di
Mitria. Da allora, nasce in lui
il desiderio della scultura:
«Con l’interesse per l’arte
in generale, che già respiravo in famiglia, ho iniziato
a coltivare questa mia passione per la scultura. Mi affascinavano i grandi scultori
antichi, greci, romani e rinascimentali ai quali mi avvicinai attraverso le piccole
pubblicazioni della Hoepli»
scrive. Il fondamento del
suo sapere è dapprima legato alla manualità, e proviene
poi da una sete di conoscenza particolarmente viva, che
lo conduce allo studio delle
arti attraverso le diverse
epoche della nostra civiltà,
impregnandosi dell’esempio
dei maestri classici dei quali
Famiglia in Lambretta, 1975
trova l’evidente prolungamento nell’arte di Matisse, che egli ammira.
L’evidenza del suo talento si manifesta sin dai suoi
primi lavori d’intaglio e scultura del legno. Le persone
della sua cerchia lo incoraggiano ad estendere la sua
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termined his future as an
artist and sculptor, setting
him on the path of cutting,
modelling, assembling and
collage. He was continually
on the lookout for new discoveries and experimenting
with new techniques. Rather
than form and appearance,
Rivadossi was interested in
touching on the emotions
and the sense of life and humanity. He is one of that coterie of artists whose means
of expression explores the
mysterious nooks of the
soul from which he extracts
the vital forces that animate man’s heart and spirit.
He writes, “I search for the
deeper facets of existence,
where humanity, mystery
and beauty reside. […] I am
not interested in romanticism but am ardently attracted by the recognition and establishment of a relationship of understanding with people and life”. To
transmit this conviction that the image of an individual
is nothing but a façade, he attempts to express interi-
esperienza artistica al modellaggio della terracotta.
Questi primi anni, decisivi, orientano per sempre il suo
destino d’artista-scultore tra intaglio e modellaggio,
assemblaggio e collage, sperimentando nuove tecniche, sempre alla ricerca di nuove scoperte plastiche.
Al di là della forma e dell’apparenza, Rivadossi s’immerge nel cuore del vivente, per raggiungere l’emozione, il sentimento di vita, l’umanità. Egli appartiene
a quella categoria di artisti il cui linguaggio esplora i
recessi misteriosi dell’animo per estrarne l’espressione delle forze vitali che animano gli spiriti e i cuori.
Scrive: «Io cerco l’aspetto profondo dell’esistere nel
quale c’è l’umanità, il mistero e la bellezza, […] il mio
non è romanticismo ma una viva predisposizione a riconoscere e a mettere in atto un rapporto di conoscenza con le persone e con la vita». Per trasmettere questa convinzione che l’immagine di una persona non è
altro che l’apparenza dell’essere, egli plasma questa
interiorità sotto una forma che può essere organica o
quasi astratta, con l’ambizione di integrare il processo
d’interiorità in un concetto di naturalezza. «Non voglio
assolutamente parlare di verismo o naturalismo», dice
Rivadossi. «Voglio solo parlare della naturalezza come
qualità profonda della vita e dell’uomo».
L’incisione del tratto è precisa nell’argilla come
nel disegno
È così che l’artista, consapevole della forza della sua
ispirazione, affronta la materia al fine di estrarne l’es-
ority in a form that may be organic or almost abstract,
with the aim of integrating it into a concept of naturalness. “I absolutely have no desire to speak of verism
or naturalism. I want only to talk of naturalness as a
fundamental quality of life and man”.
The incision of the line is as precise in clay as it
is on paper
It is in this manner that the artist, aware of the power
of his inspiration, comes to grips with the matter, in
order to extract from it the essence of human nature.
The knowledge he gained during his apprenticeship
aids him in developing a certain realism through his
female nudes, whose plasticity is inspired by a preliminary analysis of drawings ranging from sketches to
a careful representation of the body. The multiplicity
of studies he produces is indicative of the intensity of
his analysis of our interior state, in which he attempts
to discover invisible balances that exist between the
posture, appearance and spirit of his models, whose
truthfulness he captures through the skills of his hand
and the power of his analysis. The lines are precise and
incisive, the style adapted to the sculptor’s requirements. For Rivadossi, drawing is only the prelude to
the sculpture and allows him to capture tension or the
lack of it by drawing attention to a gesture in all its
immediacy and aptness, in the search for the uniqueness of a miraculous instant. Obeying the precept of
the sculptor Antoine Bourdelle, who advised his pupils
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senza stessa della natura umana. Dapprima il suo apprendistato si applica a restituire una certa realtà attraverso nudi femminili la cui plasticità è ispirata da
un’analisi preliminare derivata da molteplici disegni,
che vanno dallo schizzo rapido alla riproduzione attenta del corpo. La ricerca intensa della realtà interiore
dell’essere si elabora così, in Rivadossi, nella molteplicità dei disegni che precedono l’opera. Vi si coglie l’attenzione dell’artista nel cercare Studio d’immagine
gli equilibri invisibili che esistono
tra l’atteggiamento, l’apparenza e
lo spirito dei modelli, catturati nella loro autenticità dalla destrezza
della mano e dalla forza dell’analisi. Il tratto è preciso e incisivo, lo
stile si adatta all’esigenza dello
scultore. In Rivadossi, il disegno
preparatorio non è altro che il preludio alla scultura, esso permette
di cogliere la tensione o il rilassamento, sottolineando un gesto,
un movimento in tutta la sua immediatezza ed esattezza, nella
ricerca di una singolarità che sorgerebbe da un istante miracoloso.
Seguendo l’insegnamento dello
scultore Antoine Bourdelle, che
ai suoi allievi consigliava: «Disegnate continuamente, la sapienza
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to “Draw constantly, drawing is the basis of sculpture”,
Giuseppe Rivadossi is forever drawing, his lines being the anticipation of what will be projected in space.
He sketches either on the spot to pin down the world
around him, or he draws from memory to capture a
mental image on paper before it slips away.
This need is as fundamental to the practice of sculpture as it is to the manufacture of more functional objects, or of pieces of furniture
deriving from the same plastic inspiration as more “artistic”
works. To a master cabinetmaker
there is no difference between
the production of a dining table,
a console table, a chair or a sideboard and the crafting of pieces of
sculpture in which the sight and
touch of the material arouses the
same pleasure. Rivadossi works
clay and wood indiscriminately,
with the same desire to capture
the shadows in the hollows and
folds of the volumes and the light
on the surfaces.
Each of these materials has characteristics that the artist exploits
to best result. He first makes a preliminary anatomical, in-the-round
sculptural study of the human
in scultura, è il disegno», Giuseppe
Rivadossi pratica questa disciplina
assiduamente, solo per anticipare
con il tratto quello che sarà proiettato nello spazio. Egli disegna dal
vivo per cogliere il mondo che lo circonda, o a memoria per appropriarsi
della cosa vista e restituire nel disegno questa immagine mentale.
Questa esigenza è essenziale sia
per la pratica della scultura sia per
la realizzazione di oggetti più comuni o di mobili, il cui concetto deriva dalle stesse premesse plastiche
delle espressioni dette “artistiche”,
come la scultura. Per il maestro ebanista non vi è alcuna distinzione tra
la produzione di un tavolo, una console, una sedia, o una credenza, e
Studio d’immagine
l’elaborazione delle sculture la cui
materia tattile ispira lo stesso piacere allo sguardo e
al tatto. Rivadossi manipola la terracotta come il legno
senza distinzione, con la medesima ambizione di catturare l’ombra nelle sinuosità dei volumi e la luce nei
rilievi delle forme.
Ognuno di questi materiali offre caratteristiche che
l’artista sfrutta al meglio. Egli studia in un primo tempo le anatomie umane, in una scultura a tuttotondo,
energetica e sensibile al tempo stesso. La carne è
body, both sensitive and energyfilled. Unlike certain contemporary
artists, such as the English painter
Jenny Saville who, like Giuseppe Rivadossi, produces works of the human body in realist form, his bodies
are assuaged, relaxed and at times
even unprepossessing. Where in
Saville’s art the forms are monstrous
and suffering, characteristic of a very
contemporary anxiety, Rivadossi’s
treatment of physical imperfection
creates a work that is fundamentally
human and moving, devoid of negativity and strongly suggestive.
He then produces poetical architectures linked to the origins of life, receptacles of light in which the shallow incisions in the clay sketch out
a nativity scene in which the Mother
leans over a newly born child. “The minimal sketching
in these works is one element of my poetics”, says Rivadossi, who calls these low reliefs by the generic title
of I racconti della terra.
These are developed in a drawing for the Door of
the Duomo in Cesena in which the harmony of forms
evokes the synthesis of the earth and sky and stimulates the affections through the image of the family. In
a second cycle of works, Le immagini del buio siderale
21
onnipresente, opulenta e disinvolta. Al contrario delle espressioni di alcuni artisti contemporanei come la
pittrice inglese Jenny Saville, che come lui lavora i corpi in una forma realista, le rappresentazioni sono posate, il corpo rilassato e complice di una natura a volte ingrata. Laddove nell’artista inglese le forme sono
mostruose e sofferenti, traducendo un’ansietà tutta
contemporanea, il trattamento delle imperfezioni fisiche produce in Rivadossi un’opera fondamentalmente
umana e toccante, senza alcuna emotività negativa, e
fortemente suggestiva.
In un secondo tempo, egli realizza architetture poetiche, che si avvicinano a matrici di vita, ricettacoli di
Studio d’immagine
22
L’annuncio, 1996
infinito e della materia come luce, which came after
I racconti della terra, the intensity of the contrast between the dark and light-filled forms unites man with
nature and the cosmos. The clay in certain of these
works takes form in low reliefs as celestial architectures
and landscapes that are both menacing and protective,
and in which the mother figure generates a form of life.
To express this vital energy, Rivadossi has invented a
stylized figure that blends with the earth, hills and architectures in an almost Cubist expression in which perspective is reduced to a plan and the lines of construction are shattered or inverted. He took up this same
theme a little later (during the 1990s) in a purer, cleaner form reminiscent of an urban architectural construction suspended from a monolithic promontory. As part
luce appena catturata da incisioni
che scavano l’argilla disegnando
un presepio in cui la Madre si china sul bimbo appena nato. «Il modellato appena suggerito in queste
opere fa parte della mia poetica»,
afferma Rivadossi, che designa
questi bassi rilievi con il titolo generico de I racconti della terra.
Questi trovano il loro sviluppo in
un disegno per la Porta del Duomo
di Cesena, nel quale l’equilibrio
delle forme evoca la sintesi degli
elementi naturali: la terra, il cielo,
e attiva il motore delle sensazioni affettive attraverso l’immagine
della famiglia. In un secondo ciclo
di opere, posteriore ai Racconti
della terra, l’intensità del contrasto tra le forme luminose e oscure collega l’uomo alla natura e al Lauda del dono, 1998
cosmo. La materia argillosa, in alcune opere di questa
serie intitolata Le immagini del buio siderale infinito e
della materia come luce, prende forma in bassorilievi
da cui nascono architetture celesti, paesaggi, al tempo
stesso minacciosi e protettori, nei quali la figura della
madre genera una forma di vita. Per esprimere questa
energia vitale, Rivadossi inventa una figura stilizzata
che si confonde con la terra, le colline e le architetture
of the theme of mother and childbirth, in an almost enigmatic form
these totemic works explore the
symbolism of birth. The dynamism
of these sculptures – and their verticality when they are monumental – tends to merge with the sky in
a union of cosmic forces. They call
to mind Rivadossi’s admiration for
ancient megaliths, for example,
Stonehenge in England and Carnac in Brittany, of which giant photographic reproductions preside
over the artist’s contemporary
creations in his studio. He makes
a clear statement of his links with
the distant and mysterious Celtic culture, which inspires him to
meditation. These gigantic constructions stimulate an indistinct
feeling of fusion with Nature, an
aspiration to be absorbed by the cosmos and plunged
into the infinite... This is the aspiration conveyed by
Rivadossi’s bronze sculptures Mater Amabilis.
Light and shadow
Rivadossi’s passion does not halt at this ancient verticality: it is also inscribed in the round, in high relief and
in modelling that create the play of light that gives life
23
in un’espressione
quasi cubista in
cui la prospettiva si riduce a un
piano e dove le
linee di costruzione dell’opera
si infrangono o
s’invertono. Egli
riprende questa
stessa tematica
qualche
tempo
dopo (alla fine
degli anni ‘90), in
una forma ancora
Mater Amabilis, 2000
più semplificata,
che evoca un’architettura urbana sospesa ad un promontorio monolitico. Queste opere totemiche esplorano il simbolismo della nascita, che sviluppano sotto
una forma quasi enigmatica nel tema della madre e
della procreazione. Lo slancio di queste sculture, la
loro verticalità, quando assumono un’espressione monumentale, tende a raggiungere il cielo in una fusione
di tutte le forze cosmiche. Esse ci ricordano l’ammirazione di Rivadossi per i megaliti antichi, quelli di Stonehenge in Inghilterra o di Carnac in Bretagna, una cui
gigantografia, nel suo atelier, presiede alle creazioni
contemporanee dell’artista.
Rivadossi mostra dunque chiaramente la propria filia-
24
to his work. It is in this use of light and shadow that we
find the medieval inspiration in his art: using contemporary processes he makes allusions to the capitals
of Romanesque churches, in particular Cluny and Autun with which he has a strong link: he has forgotten
nothing of this tradition from the past. His devotion to
ancestral practices today reproduces a way of working
that in the past was self-evident. Then, creation was
the outcome of spiritual conviction and creative force;
Mater Amabilis, 1990
zione con la lontana antichità
celtica, che ispira mistero e
meditazione. Di fronte a queste pietre, si prova un vago
sentimento di fusione con la
Natura, un’aspirazione verso
il Cosmo che assorbe l’essere
per immergerlo nell’infinito…
È questa aspirazione che trasmettono le sculture di bronzo
Mater Amabilis di Rivadossi.
L’ombra e la luce
La passione dell’artista non
si arresta a questa verticalità
antica, ma s’inscrive, nel tuttotondo, nel basso rilievo o nel
modellato, nella ricerca dei
giochi di luce che animano la
materia. È qui che ritroviamo
l’ispirazione medievale della
sua arte, che ricorda, secondo procedimenti contempora- Mater Amabilis, 1999
nei, i capitelli delle chiese romaniche, come Cluny o
Autun, verso i quali non si può negare un’altra delle
sue filiazioni. Egli non ha dimenticato nulla di questa
tradizione di un tempo. Questa fedeltà di Rivadossi
alle pratiche ancestrali riproduce oggi una modalità
di lavoro che, nei tempi passati, era naturale. La cre-
this combination, shown by
the masterful carvings of the
sculptor of Cluny, succeeded
in illustrating the movement
of the wind, and the litheness
and harmony of movement of
the human body, in a practice that is part of a broader
process and an ambition that
goes beyond the creation of
the formal and aspires to describe the magic of life. Rivadossi harbours this same ambition: at the entrance to his
studio there is a representation of a column capital from
Cluny that makes a blatant
declaration of his sense of
community with artists who,
in accordance with medieval
tradition, made almost no distinction between themselves
and craftsmen. They did not
define themselves by their status but by their professionalism and their expertise in various techniques –
painting, architecture, sculpture, cabinet-making and
goldsmithing were all part of their skills, without any
specialization. And this tradition has been perpetuated
today in a studio in Nave in the province of Brescia, with
25
azione nasceva allora da
una convinzione spirituale
e da una forza creativa, illustrata in modo esemplare
dalla maestria del geniale
scultore di Cluny, il quale
seppe restituire il soffio del
vento, la flessibilità dei corpi, l’armonia dei gesti, in
una pratica che s’inscrive
in un processo più ampio e
un’ambizione che, al di là
del formale, aspirava a reStudio d’immagine
stituire la magia del vivente. Questa ambizione resta intatta in Rivadossi, che all’entrata del suo atelier sfoggia
una rappresentazione di un capitello di Cluny, per segnare chiaramente la propria appartenenza alla comunità degli artisti che, secondo la tradizione medievale,
non si distinguevano dagli artigiani. L’artista allora non
si definiva per il suo status, ma per la sua professionalità e per la padronanza delle tecniche, spesso diverse,
che praticava... pittura, architettura, scultura, oreficeria, ebanisteria facevano parte delle sue competenze,
senza alcuna forma di specializzazione. È così che oggi
si è perpetuata questa tradizione, in un atelier di Nave
nel Bresciano… L’ombra e la luce essendo gli elementi
“matematici” di progetti, costruzioni e sculture.
È rara oggi una pratica così complementare delle arti,
fuse in un saper fare che proviene dalla tradizione,
non fissata tuttavia in una rappresentazione ieratica,
26
light and shadow being the “mathematical” elements
of the projects, constructions and sculptures realized
there. Such a practice – consisting of a mixture of the
arts and traditional expertise, unfailingly dynamic rather
than frozen in time – is very rare today. The skills learned
during adolescence, then matured through constant inventive research,
is the basis for
certain artists to
develop a work
of art created
using
different
criteria to those
imposed by the
period, such as
specialization
Mater Amabilis, 2002
and the cutting of
all ties with the past. This is justified further by Rivadossi’s cabinet-making activity, in which the different woods
used to create his exceptional furniture are instilled with
a spirit of freedom and daring, and reflect the skills he
has acquired over
Mater Amabilis, 2003
the years.
The art of
assemblage and
construction
systems
The most numerous
works in Rivadossi’s
ma al contrario portatrice di uno slancio sempre in
movimento. Il sapere accumulato negli anni dell’adolescenza, maturato in un lavoro di ricerca costante ed
inventiva, illustra la capacità di alcuni artisti di costruire un’opera secondo criteri diversi da quelli imposti
dall’epoca, come la specializzazione e la rinuncia ad
ogni legame con il passato. Questa dimostrazione trova ancor più riscontro nell’opera di ebanisteria di Rivadossi, che ha saputo trascrivere nella materia dei legni, lavorati per la realizzazione di mobili eccezionali,
lo spirito di libertà, l’audacia e la maestria che egli ha
conseguito nel corso degli anni.
L’arte dell’assemblaggio e dei sistemi costruttivi
Le realizzazioni d’ebanisteria dell’artista sono attualmente le più copiose della sua produzione. La tecnica
che egli ha acquisito nella pratica delle arti più diverse
gli ha permesso di trasporre il suo genio creativo nella
costruzione di mobili e oggetti d’arredo, di cui ha saputo rinnovare interamente il genere. Nella disputa attuale, che opporrebbe design e realizzazione artigianale di
mobili, Rivadossi è un rappresentante della tecnica manuale contemporanea nella quale il direttore dei lavori
garantisce le diverse tappe di fabbricazione: disegno
del modello, scelta del legno, segatura e sgrossatura,
realizzazione dell’assemblaggio, della decorazione e
del montaggio. Questo implica naturalmente una maestria della realizzazione, una conoscenza dei materiali
e un’inventiva che ritroviamo solo in atelier di prestigio
production are pieces of furniture. The technical expertise he has gained in his practice allows him to transpose his creative brilliance into the total renewal of the
genre of pieces of furniture and other objects of interior
decoration. In the current clash between design and
furniture craftsmanship, Rivadossi is a representative
of the contemporary manual technique in which the
master oversees each step of the manufacturing process: design, choice of the materials, cutting, creation
of the joints, decoration and assembly. This evidently
requires knowledge of the different types of wood and
other materials, expertise in construction, and an inventive nature that can hardly be found outside of the
top workshops as they existed at the time of AndréCharles Boulle, the
Grande Arca, 2014
French cabinetmaker,
sculptor, metalworker,
chaser, gilder, painter
and draughtsman of
the seventeenth and
eighteenth centuries,
whose fame continues today. The greatest difference between
the work of an artist
like Boulle and that of
Rivadossi lies in the
manufacture: whereas Boulle favoured
27
come quelli che esistevano al tempo di André-Charles
Boulle, ebanista, scultore, fonditore, cesellatore, doratore e disegnatore francese vissuto a cavallo del XVII e
XVIII secolo, il cui talento gli garantì una notorietà che
perdura ancora oggi. La differenza maggiore che esiste
tra il lavoro di un artista come Boulle e quello di Rivadossi rientra nell’ambito della realizzazione. Se Boulle lavorava le impiallacciature, favorendo l’apparenza
piuttosto che la valorizzazione della struttura, Rivadossi
privilegia i montaggi strutturali, il legno pieno, lavorato nella massa della
materia. I suoi mobili
sono realizzati come
sculture, spesso intagliati in un unico pezzo di legno, sagomato, scavato e «rifinito
con lo scalpello». Le
materie così create fluttuano al tatto,
catturano la luce e
vibrano come scorze
animate da sussulti di vita. Talvolta il
mobile è elaborato a
partire da strutture
primarie assemblate; ogni elemento di
Grande Immagine, 1970
questo assemblag-
28
veneering, Rivadossi prefers to work in solid wood and
assemble it structurally. His furniture is made in the
same way as sculpture, often cut from a single piece of
wood, then honed, hollowed and “finished with a scalpel”. The objects he creates undulate, capture the light
and ripple like a skin beneath the touch. Sometimes
the object takes its development from simple assembled structures, of which each element has been cut
and stuck like a link in a mesh to create a form, with its
recesses and projections, from the assembly of a multitude of interpenetrating prefabricated
elements. His objects crafted in this
manner have been
conceived to encourage a dialogue
with space within
the parameters of
their
functionality
but above all with
the intention of emphasizing the play of
light and shadow on
the irregular, vibrant
materials.
Rivadossi operates
like an architect,
taking a point of de-
Studio per custodia trasparente, 1973
gio viene dapprima intagliato e poi incollato per costituire il frammento di una maglia costruttiva che definisce,
in incavo e in rilievo, l’aspetto del mobile la cui forma
nasce dal montaggio di questa infinità di elementi prefabbricati che si annodano tra loro. Gli oggetti elaborati
in questo modo sono pensati per favorire un dialogo con
lo spazio, anche nella loro funzionalità, ma soprattutto
nell’intenzione di privilegiare la plasticità della materia
vibrante e irregolare che cattura la luce e disegna giochi
d’ombra.
Rivadossi lavora come un architetto, con un punto di partenza che oscilla tra l’ideazione del progetto, che spesso
nasce dal disegno, e il lavoro della materia che concretizza la realizzazione e porta in sé una parte del piacere
parture that oscillates between the concept of the project – which often emerges out of his drawings – and
the working of the materials that bears within it some
of the pleasure of the construction through its relationship with the technique used and the spirit it embraces. Nothing in his mode of operation seems to be
guided by reason, it all appears derived from intuition
and knowledge of the soul of the woods which, when
assembled, produce harmony and sensual pleasure.
We are far from the industrial concept that takes designs by famous individuals or design offices and turns
out quantities of mass-produced pieces as part of a
commercial operation – the kind of production that
claims to represent contemporary aesthetics. Rivadossi, on the other hand, belongs to a different category
of creator who produces unique objects destined for a
refined clientele – often foreigners – whom one might
refer to as an enlightened elite.
Monumentality that matches his lack of limits
His pieces of furniture resemble buildings that seem to
refer to functionality as an essential element of life. His
aim is to achieve a harmony of forms to create a work
that occupies space in as natural a manner as possible.
His primary goal is to capture the energies of the materials, to extract their living, almost carnal, forces. His
works are inspired by archetypal images: a horizontal
line that places man face-to-face with his earthly nature, the rotundity of the Earth and the stomach of a
29
del costruire, attraverso il suo rapporto con la tecnica e
con lo spirito. In lui, nulla sembra essere guidato dalla
ragione, tutto sembra nascere dall’intelligenza intuitiva
e dalla conoscenza intrinseca dell’animo dei legni che,
assemblati, producono armonia e piacere dei sensi.
Siamo lontani da una concezione industriale che oggi
porta ai vertici della fama progetti di mobili a produzione multipla, generati da designer o da equipe
di studio, supervisori di un’attività industriale o commerciale. Questa pratica mira alla produzione in serie
e si concede il privilegio di rappresentare l’estetica
contemporanea... Rivadossi appartiene a
un’altra categoria di
creatori, che producono opere uniche, destinate a committenti
raffinati, spesso stranieri, che potremmo
definire appartenenti
a un’élite illuminata.
Una dismisura a
immagine della
propria
irragionevolezza
I suoi progetti di mobili somigliano a edifici
che parlano della fun-
30
pregnant woman, and the rainbow that forms a celestial bridge and represents, above all, verticality.
His relationship to life and the Earth is expressed in
the pleasure he takes in the matter that he works, cutting, sticking, carving, establishing the horizontal, linear forms that determine a certain function, and the
vertical forms that dialogue with the sky in a symbolic
upward trajectory like the bell-towers of cathedrals,
Indian stupas or Egyptian mastabas, all monumental forms that are also an extension of the memory of
their peoples beyond time. This relationship with eternity in a monument is
similar to the erection
of the raised stones of
the Celtic civilizations
that dialogue with the
sky. It is not by hazard that Rivadossi
calls his pieces of furniture by names that
refer to constructions
from the ancient past,
such as Madia, Dolmen, Carnac, Grande
Arca, etc. The element
of immensity in his
works has a parallel
in his constant work
Madietta Teodora, 2010
and is also expressed
zione abitativa come di un valore indispensabile della
vita. Il suo obiettivo è raggiungere l’armonia delle forme attraverso un’opera che s’inscrive nello spazio il
più naturalmente possibile.
L’intenzione fondamentale risiede nella volontà di
captare le energie della materia che l’artista lavora
per estrarne le forze vive e portatrici di un’evidenza
quasi carnale. Le sue opere s’ispirano a immagini archetipiche: la linea orizzontale, che mette l’uomo a
confronto con la propria natura
Custodia verticale, 1977
terrestre, la rotondità che è quella della terra ma anche del ventre
della donna incinta, l’arcobaleno
che costituisce un ponte celeste
e, più di tutto, la verticalità.
Il suo rapporto con la vita, la terra, si esprime nel piacere della
materia che egli lavora intagliandola, incollandola, scolpendola,
erigendo forme lineari, orizzontali, che determinano una funzione
pratica, ma spesso verticali, che
dialogano con il cielo, in una simbologia ascensionale che ricorda i
campanili delle cattedrali, gli stupa indiani o le mastaba egiziane,
tutti esempi monumentali che
prolungano la memoria dei popoli
al di là dei secoli. Questo rapporto
in the monumentality of the bodies that he draws
and sculpts, or
the dynamism of
his unconventional furniture. His
creative
power
can be discerned
Studio per sedie
more than anywhere else in his
endless drawings, his studies for
bodies or his conceptual sketches
of furniture. The lines are strong,
the anatomies powerful, and expressed with an almost raw truthfulness. The construction of the
forms is masterly and based on
an ideal research into proportion.
Rivadossi’s drawings, like his productions, are extraordinary. They
emanate his passion for the human body, particularly the female
body, and his attraction to the architecture of forms.
As inspirations for his research,
Rivadossi likes to cite the architects Charles Rennie Mackintosh,
Ludwig Mies van der Rohe and
Luis Kahn. All three combined the
31
con la perennità,
in un’espressione monumentale,
ricorda l’erigere
delle pietre elevate dalle civiltà
celtiche, che dialogano con il cielo
nell’eternità. Non
Studio per Tiglio, 1978
è un caso se Rivadossi battezza i suoi mobili con nomi antichi che si
riferiscono agli edifici di un passato lontano - Madia,
Dolmen, Carnac, Grande Arca… Vi è questa dismisura
nelle sue opere, nel suo lavoro costante, incessante,
che si esprime altrettanto bene nella monumentalità
dei corpi che egli disegna e scolpisce, come nello slancio dei progetti di un mobiliere fuori dal comune.
La sua forza creatrice si coglie più che altrove nei disegni che egli
Studio per Tiglio, 1973
moltiplica all’infinito per lo studio
dei corpi o per
la progettazione
dei suoi mobili; il
tratto è deciso, le
anatomie possenti si esprimono in
una verità quasi
cruda; la costru-
32
qualities of refined and effectual modernism with an
attention to details which, in the case of Mackintosh,
had their origin in nature and tradition, and in Mies van
der Rohe in the skills of a stone-carver expressed in the
clarity of spaces built in full respect of the materials
used and the integrity of the structures.
This structural aspect is united in Rivadossi’s works with
a sensuality that goes well beyond modernist aspects.
His style reflects both simplicity and elaborateness, it
is poetic and almost expressionist in its extremity. In
the exhibition, the most remarkable example of this
type of production is the Madia Intagliata. Its rounded
form, like the up-ended hull of a boat, rises to a height
of 2.5 metres. The interplay of its assemblages creates
undulations of shadow and light in its series of reliefs
and recesses, while its form is suggestive of both fullness and dynamism. It is difficult to guess the function
of the piece. It is an illustration of the relationship that
Rivadossi strikes up with the object, his one-to-one rapport with the material, while the very physical nature
of the work imbues it with a special expressiveness.
Rivadossi is fundamentally a sculptor whose creation
arises from the force of draughtsmanship, to which he
applies the theories taught by Bourdelle (also a sculptor and the son of a cabinetmaker): “Drawing is discipline, which is where Ingres’s great force lay. Drawing is learning and the basis of all beauty. Ultimately,
sculpture is only drawing in all senses”.
Giuseppe Rivadossi’s production is a powerful alterna-
zione delle forme è sapiente e si afferma in una ricerca ideale delle proporzioni. L’opera disegnata dell’artista è, al pari delle sue realizzazioni, straordinaria. Vi
si rivela la sua passione per i corpi – con una grande
predilezione per i modelli femminili –, e la sua attrazione per l’architettura delle forme. Rivadossi ama
citare, come ispiratori della sua ricerca, gli architetti
Mackintosh, Mies Van der Rohe o Luis Kahn. Tutti e tre
uniscono le qualità del modernismo efficace e raffinato all’attenzione particolare per il dettaglio che, nel
caso di Mackintosh, s’ispira alla natura e alla tradizione, mentre in Mies Van der Rohe risale a un sapere di
tagliatore di pietre che si esprime nella chiarezza degli
spazi contemplativi costruiti nel rispetto dei materiali
e nell’integrità delle strutture.
Questo aspetto strutturale si accompagna, in Rivadossi, a una grande sensualità che supera in questo ogni
carattere modernista. Il suo stile è al tempo stesso essenziale e barocco, poetico e quasi espressionista per
la sua dismisura. In mostra, l’esempio più notevole di
questa produzione è la Madia Intagliata. Da un’altezza di due metri e cinquanta, essa sviluppa la sua forma ovale, come lo scafo di una nave eretto. La trama
dei suoi assemblaggi disegna, in incavo e in rilievo,
un ondeggiamento di ombra e di luce, la sua forma
suggerisce al tempo stesso lo slancio e la pienezza,
vi s’indovina appena la sua funzionalità. Essa illustra
questo rapporto con l’oggetto, tipico di Rivadossi,
che si costruisce in un corpo a corpo con la materia e
tive to the rationalism that transforms art into products
for a market that demands large quantities of a particular model and continual renewal. He takes hardly
Albero città, 1975-1976
33
questa misura della corporalità del lavoro induce una
forza espressiva tutta particolare. Rivadossi è fondamentalmente uno scultore la cui creazione nasce dalla
forza del disegno, applicando in questo le teorie che
Bourdelle (altro scultore, figlio di ebanista) insegnava
ai suoi allievi: «Il disegno è la disciplina, e qui risiedeva la grande forza di Ingres. La base della bellezza, la
sapienza, è il disegno. La scultura in definitiva non è
altro che disegno in tutte le direzioni».
L’opera di Rivadossi è un’alternativa feconda al razionalismo produttivo che assimila l’arte ai prodotti di
un mercato che esige un’abbondanza di opere, assimilate alla necessità di un rinnovarsi costante. L’artista non si preoccupa del carattere imperioso dell’arte
contemporanea, che si ostenta trionfante nei successi di vendita e nelle conquiste mediatiche... Egli lavora nel proprio atelier, in disparte dagli andamenti
del presente, producendo un’arte autentica, in comunione con le forze vive del mondo. Malgrado questa
situazione di raccoglimento, la sua fama, oggi, non
dà adito a dubbi, dimostrando in questo che la verità
della sua pratica ha saputo imporsi attraverso la forza
della sua ambizione, della sua convinzione, e il talento delle sue realizzazioni. Le più belle dimostrazioni di
ciò sono le commissioni che gli giungono dal mondo
intero.
34
any notice of the imperious nature of contemporary art,
which triumphantly flaunts its success in auction results
and its coverage in the media. He creates in a workshop, removed from the trends of the moment, producing genuine art, art that shares the same values as the
world in general. In spite of this withdrawal from the
scene, his reputation is in no doubt, a fact that demonstrates that the authenticity of his approach has made
its mark through the high standards he sets himself, his
personal conviction, and the virtuosity of his works. The
most rewarding demonstration of this success is given
by the orders he receives from around the world.
Igloo, 1970
35
OPERE
Works
I DISEGNI
Drawings
Studio di paesaggio
1970
Pennarello su carta
Marking pen on paper
21 x 17,5 cm.
38
39
Mater Amabilis
1975
Pennarello su carta
Marking pen on paper
29,5 x 42 cm.
40
41
Elena, studio d’immagine
1984
Pastello su carta
Pastel on paper
72 x 72,5 cm.
42
43
Mariuccia, studio d’immagine
1984
Pastello su carta
Pastel on paper
70 x 100 cm.
44
45
Dario, studio d’immagine
1985
Pastello su carta
Pastel on paper
39,5 x 30 cm.
46
47
Anna, studio d’immagine
1986
Pastello su carta
Pastel on paper
66 x 48 cm.
48
49
Viviana, studio d’immagine
1986
Pastello su carta
Pastel on paper
70 x 50 cm.
50
51
Roberta, studio d’immagine
1990
Pastello su carta
Pastel on paper
66 x 48 cm.
52
53
Cristina, studio d’immagine
1991
Pastello su carta
Pastel on paper
66 x 48 cm.
54
55
Rita, studio d’immagine
1992
Pastello su carta
Pastel on paper
100 x 70 cm.
56
57
Caterina, studio d’immagine
1993
Pastello su carta
Pastel on paper
59,5 x 54 cm.
58
59
L’omaggio
1996
Pastello su carta
Pastel on paper
21 x 29,5 cm.
60
61
62
Mater Amabilis
1997
Pennarello e pastello su carta
Marking pen and pastel on paper
25 x 33 cm.
Mater Amabilis e paesaggio
1998
Pennarello e pastello su carta
Marking pen and pastel on paper
23 x 32,5 cm.
Mater Amabilis in giardino
1998
Pennarello e pastello su carta
Marking pen and pastel on paper
25 x 32 cm.
Mater Amabilis in giardino
1998
Pastello su legno
Pastel on wood
20 x 19,5 cm.
63
Mater Amabilis
1998
Pennarello e pastello su carta
Marking pen and pastel on paper
93 x 85 cm.
64
65
Paesaggio
1998
Pastello su carta
Pastel on paper
15,5 x 21 cm.
Paesaggio
1998
Pastello su carta
Pastel on paper
15 x 21 cm.
66
67
Studio per disegni ad occhi chiusi
1999
Pastello su carta
Pastel on paper
64,7 x 70,7 cm.
68
69
Mater Amabilis
2002
Pennarello e pastello su carta
Marking pen and pastel on paper
70 x 50 cm.
70
71
Mater Amabilis in montagna
2004
Pastello su carta
Pastel on paper
14 x 21 cm.
Studio per Mater Amabilis
2008
Pastello su carta
Pastel on paper
28,5 x 41,5 cm.
72
73
OPERE
Works
LE SCULTURE
Sculptures
74
Marisa
1980
Bronzo
Bronze
76 x 30 x 33 cm.
76
77
Maddalena
1983
Bronzo
Bronze
88 x 28 x 40 cm.
78
79
Ragazza trentina
1984
Bronzo
Bronze
88 x 28 x 40 cm.
80
81
Lara
1986
Gesso
Gypsum
87 x 126 x 153 cm.
82
83
Paesaggio
1994
Gesso
Gypsum
83 x 70 x 8 cm.
84
85
Madre giocosa
1996
Terracotta
Terracotta
66 x 58 x 14 cm.
86
87
Senza titolo
1996
Terracotta
Terracotta
67 c 37 x 18 cm.
88
89
Mater Amabilis
1997
Terracotta
Terracotta
34 x 51 x 25 cm.
90
91
Ragazza, fiore castello
1997
Terracotta
Terracotta
93 x 70 x 40 cm.
92
93
Mater Amabilis
1997
Terracotta
Terracotta
40 x 35 x 14 cm.
94
95
La cometa
1998
Terracotta
Terracotta
59 x 57 x 25 cm.
96
97
Regina Pacis
1998
Terracotta
Terracotta
45 x 66 x 25 cm.
98
99
Madre dolcissima
1998
Terracotta
Terracotta
47 x 68 x 25 cm.
100
101
Mater Alma
1998
Terracotta bianca
White Terracotta
44,5 x 47 x 20 cm.
102
103
Mater Alma
1998
Terracotta
Terracotta
73 x 83 x 18 cm.
104
105
Mater Amabilis, spirale
1998
Terracotta bianca
White Terracotta
52 x 53 x 15 cm.
106
107
Mater Amabilis in giardino
1999
Terracotta nera
Black Terracotta
60 x 67 x 13 cm.
108
109
Mater Creatoris
1999
Terracotta bianca
White Terracotta
58 x 85 x 40 cm.
110
111
Orizzonte Madonna
1999
Terracotta
Terracotta
83 x 55 x 22 cm.
112
113
Mater Amabilis
2000
Bronzo
Bronze
42 x 42 x 10 cm.
114
115
Mater Amabilis
2000
Bronzo
Bronze
124 x 96 x 36 cm.
116
117
L’abbraccio
2007
Bronzo
Bronze
36 x 37 x 26 cm.
118
119
Nazzareno giovane
2009
Gesso
Gypsum
30 x 27 x 39 cm.
120
121
Liù
2009
Gesso
Gypsum
45 x 40 x 32 cm.
122
123
Manuela
2014
Plastilina
Plasticine
94 x 30 x 80 cm.
124
125
Rosa
2014
Plastilina
Plasticine
67 x 37 x 50 cm.
126
127
Ritratto
2014
Gesso
Gypsum
190 x 128 x 60 cm.
128
129
OPERE
Works
I MOBILI
Furniture
130
Blocco Galla
1976
Tiglio di selva
Linden wood
104 x 104 x 35 cm.
132
133
Madia intagliata
1978-2001
Tiglio di selva
Linden wood
230 x 150 x 40 cm.
134
135
Scrivania Masaccio
1983
Noce nazionale
Italian walnut
220 x 96 cm.
136
137
Poltrona a dondolo
1988
Noce nazionale
Italian walnut
95 x 86 x 140 cm.
138
139
Punta Kriza
1995
Tiglio di selva
Linden wood
248 x 39 x 24 cm.
140
141
Credenza Moissac
2004
Noce nazionale
Italian walnut
70 x 200 x 42 cm.
142
143
Custodia Aurina
2004
Tiglio di selva
Linden wood
163 x 108 x 43 cm.
144
145
Madia Athos
2004
Noce nazionale
Italian walnut
80 x 180 x 40 cm.
146
147
Madia Dolmen
2004
Tiglio di selva
Linden wood
88 x 220 x 50 cm.
148
149
Poltroncina Gaudenzio
2005
Noce nazionale
Italian walnut
88 x 66 x 52 cm.
150
151
Custodia Lombarda
2006
Acero
Maple wood
250 x 88 x 47 cm.
152
153
Poltroncina Comacina
2008
Tiglio di selva
Linden wood
72 x 84 x 72 cm.
154
155
Pozzetto del vento (aperto)
2008
Tiglio di selva
Linden wood
65 x 163 x 55 cm.
156
157
Credenza Pontenove
2009
Noce nazionale
Italian walnut
80 x 200 cm.
158
159
Custodia Neva
2009
Noce nazionale
Italian walnut
233 x 126/85 x 40 cm.
160
161
Tavolo Vela
2009
Noce nazionale
Italian walnut
160 x 160 cm.
162
163
Credenza Nova
2011
Noce nazionale
Italian walnut
82 x 180 x 47 cm.
112 x 120 x 47 cm.
164
165
Sedia fiorita
2013
Acero
Maple wood
240/270 x 51 x 50/60 cm.
166
167
Grande arca
2014
Noce nazionale
Italian walnut
80 x 280 x 47 cm.
168
169
Torri
2014
Noce nazionale
Italian walnut
250 x 56 x 47 cm.
190 x 52 x 40 cm.
170
171
ziale e urla al cielo la propria
esasperazione individualistica, egli cerca e propo
un canale di comunicazione.
In un contesto maniacalmente proteso verso un «nu
vo» pronto ad accogliere qualunqueAPPARATI
bizzarria, u
Appendix
scultore dal piglio burbero e dall’anima
sorriden
seleziona dentro di sé gli strumenti che con imm
diatezza gli consentano un dialogo con l’umanità
questa volta trova storie antiche e una materia,
terra (che diventerà terracotta) semplice e simbolic
la prima materia che l’uomo abbia usato per crear
Quello di Rivadossi é un andare controcorrente per tr
vare valori, e linguaggi che li esprimano.
Così sono nati questi «RACCONTI DELLA
TERRA».
Critical
texts
Nelle nicchie della coscienza in cui sono sedimenta
I TESTI CRITICI
174
Antonia Abattista Finocchiaro
Antonia Abattista Finocchiaro
I RACCONTI DELLA TERRA (Estratto)
Bergamo, novembre 1996
TALES OF THE EARTH (Excerpt)
Bergamo, November 1996
Singolare proposta questa di Giuseppe Rivadossi.
In un mondo che protesta il proprio isolamento
esistenziale e urla al cielo la propria esasperazione
individualistica, egli cerca e propone un canale di
comunicazione.
In un contesto maniacalmente proteso verso un
ʺnuovoʺ pronto ad accogliere qualunque bizzarria,
uno scultore dal piglio burbero e dall’anima sorridente seleziona dentro di sé gli strumenti che con
immediatezza gli consentano un dialogo con l’umanità. E questa volta trova storie antiche e una materia, la terra (che diventerà terracotta), semplice e
simbolica; la prima materia che l’uomo abbia usato
per creare.
Quello di Rivadossi è un andare controcorrente per
trovare valori, e linguaggi che li esprimano.
Così sono nati questi Racconti della terra.
Nelle nicchie della coscienza in cui sono sedimentate
da secoli, le immagini dell’esistenza (qui identificate
anche con quelle della cristianità) sono state illuminate dall’occhio dell’artista. Egli ha guardato nel grembo più riposto della natura creatrice e vi ha trovato un
sentimento solare espresso nella madre che ha creato
e crea per amore. Rivadossi dice che la materia è già
luce e con questa convinzione procede e dà forma alle
sue opere.
Protagonista assoluta di questo processo creativo è
la terra, che diventa origine stessa di queste immagini dove la materia è allo stesso tempo ombra e luce.
Nel profondo di queste grotte incombe la parte più
A singular proposal by Giuseppe Rivadossi.
In a world that protests its own existential isolation
and howls its own individualistic exasperation to the
heavens, he seeks and proposes a channel of communication. In a context that maniacally leans out
towards the “new”, ready to accept any oddity, a
sculptor of a gruff look and of a smiling soul inwardly
selects the tools that will allow him to have a dialogue
with mankind. And this time he finds ancient tales and
a material, the simple and symbolic earth (which will
become baked earth), the first material that man used
in order to create.
Rivadossi goes against the grain to seek out values,
and languages able
​​
to express them.
This is how these Tales of the earth came to be.
In the niches of consciousness where they have settled for centuries, images of existence (here also identified with those of Christianity) have been illuminated
by the artist’s eye. He has gazed into nature’s innermost creative womb and unearthed a warm feeling
expressed by the mother who has created and who
creates for love. Rivadossi says that the matter is already light, and with this conviction he proceeds and
gives shape to his works.
The absolute star of this creative process is the earth
itself, which becomes the very origin of these images
where the subject is at the same time shadow and
light.
In the depths of these caves lies the most mysterious and unknowable reality. From there, these images
inconoscibile e misteriosa della realtà. Da lì nascono
queste immagini piegate a reggere una esistenza
spesso greve e ottusa, ma nello stesso tempo animate da una forza e da una luce che dà ragione al
loro esistere.
Queste immagini vengono dalla terra e di terra sono
impastate, vivono dentro la materia (come dentro una
grotta profonda), in un contesto fortemente simbolico.
È “la caverna” che destò a Leonardo «paura per la
minacciante e scura spelonca ma anche desiderio di
vedere se la entro fussi alcuna miracolosa cosa».
In realtà, per quanto paradossale possa apparire
queste ambientazioni, più che riferimenti iconografici
contemporanei, hanno riferimenti medioevali. Esse
trovano possibili analogie nei cosidetti “calvari”, diffusi dal basso medioevo in poi in Bretagna.
In quelle complesse e pittoresche composizioni vengono raccontati con gusto moderno e con trovate
iconografiche originali gli episodi relativi alla crocifissione, in una chiave culturale pessimistica e macabra com’è tipico della tradizione novellistica e della
aneddottica bretone.
Le opere di Rivadossi, invece, riguardano la Natività,
ossia il momento emozionalmente positivo dell’inizio
della vita.
“L’arte proviene dal profondo dell’essere e appartiene
alla poesia”, afferma convinto l’autore, e spiega con
disarmante semplicità due degli aspetti più controversi e misteriorsi della produzione artistica: l’origine e la
dimensione percettiva.
Secondo lui, entrambe afferiscono alla sfera della
poesia, ma soprattutto necessitano di una “vivacità di
sentimento”, di una freschezza di prospettiva iniziale
che può rivitalizzare ogni immagine, anche se carica
di impiego e funzioni secolari.
bent by bearing an existence that is often heavy and
dul but at the same time animated by a force and by
a light that gives them the reason for their existance.
These images come from the earth and of earth are
kneaded, they live within the material (as if they were
inside a deep cave) in highly symbolic surroundings.
It is “the cavern” which caused Leonardo da Vinci to
have “fear and desire-fear of the threatening dark
cavern, desire to see whether there were any marvellous thing within it».
As a matter of fact, however paradoxical it may appear, these environments, more than contemporary
iconographic references, are references that hark
back to medieval times. They find possible analogies
in the so-called “calvaries”, that became widespread
during the Middle Ages onwards in Britany.
Episodes relating to the crucifixion, found in those
complex and colorful compositions, are told with a
modern style as well as with original iconographies,
in a pessimistic and macabre cultural key, as it is typical of Breton tales and stories.
Rivadossi’s works instead relate to the Nativity,
which is the emotionally positive moment of the
start of life.
“Art arises from the depths of our being and belongs to poetry”, the author convincingly affirms,
and with disarming simplicity he explains two of
the most controversial aspects of artistic production and mystifying: the origin and the perceptive
dimension.
According to him, both belong to the sphere of poetry, but they especially require a “liveliness of feeling”, a freshness of an initial perspective that is able
to revitalize every image, even if laden with commitment and age-old functions.
175
Particolare Sedia fiorita, 2013
Flavio Arensi
Flavio Arensi
VIAGGIO MISTERICO ALLE FONTI
DELL’UNIVERSO (Estratto)
Mostra Giuseppe Rivadossi “Alma Mater”,
Galleria La Quadra, Iseo, 2002
MYSTERIOUS VOYAGE TO THE SOURCES
OF THE UNIVERSE (Excerpt)
Giuseppe Rivadossi “Alma Mater” exhibition,
Galleria La Quadra, Iseo, 2002
Gli uomini che amano la sapienza devono essere
testimoni diretti di molte cose. (Eraclito)
Passeggiamo Giuseppe ed io fra le tombe di Săpânţa,
nel Cimitirul Vesel, tra le steli colorate e le scene di
una vita spenta, come in Spoon River, ognuno coi suoi
carichi di nostalgie da viventi, e debiti penitenziali;
passo dopo passo si presentano facce scolpite sul legno: seguo le maschere dei loro mestieri. I sepolti mica
furono, ma sono, medici, baristi, ubriachi, suore, veterinari, qualche battona senza che lo sia detto, farabutti niente, e poi santi di sicuro, poeti troppi, marinai
qui pochi, al confine tra Transilvania e Ucraina. Giunti per le feste pasquali: gli ortodossi le recitano con
lunghe litanie, in cerimonie di luce e profumo di cera
gialla, un cerume pesto percolante fra le dita. Ad ogni
incontro si saluta, per educazione, per benedizione;
dicono Cristos a ǐnviat… rispondiamo adevărat că a
inviat… adevărat; fosse davvero risorto… adevărat...
adevărat… ma la resurrezione e un’ipotesi, la presenza
qui a navigare fra le tombe e le croci una certezza, o
forse no. Muoviamo e fra un cenno e l’altro, noi – sconosciuti a questa terra – leggiamo i nomi degli ospiti
imbalsamati nei loro ostelli di legname e marmo. Cosa
restera di noi e del transito celeste? L’euforia di un
lavoro prima o poi pensionato? Che ironia la tumulazione accreditata a titolo professionale, come dire:
ha lasciato almeno una traccia in quel che ha fatto,
176
Men who are lovers of wisdom must be direct witnesses of many things. (Heraclitus)
Giuseppe and I are strolling amongst the graves of
Săpânţa in the Cimitirul Vesel, among the colorfully
painted steles and scenes of lives passed away, as it
is in Spoon River, each with its load of nostalgia as
it is for the alive, and penitential debts; faces carved
into wood emerge step by step: I follow the masks
of their trades. The dead were not really buried, they
are indeed, phsycians, bartenders, drunks, nuns, veterinarians, a few hookers without it being spelled out,
ne’re-do-wells, scoundrels, saints and then undoubtedly, too many poets, few sailors here, on the border between Transylvania and Ukraine. They/we have
arrived for the Easter holidays: the Orthodox recite
long litanies, in ceremonies of light and the scent of
yellow wax, a thick wax trickeling down through their
fingers. At each meeting they greet each other, for
good manners, for a blessing; they say Cristos a ǐnviat
we respond înviat ca a adevărat... adevărat; has indeed risen... adevărat... adevărat... but the resurrection is a hypothesis, the presence here in navigating
among the tombs is a certainty, or maybe not. We
move between one nod and another, we – strangers
in this land – we read the names of the guests stuffed
in their wood and marble hostels. What will remain of
177
e se distintosi vale ancor meglio il suo ricordo. E io
come verrò sepolto? Qui giace un critico, e con lui la
memoria dei suoi vani giudizi… ci penserò. Adesso il
sole pesa, il profumo dell’erba tagliata è forte, devo
sedere ai bordi di un albero, sto immobile, la gente
passa… adevărat… adevărat… andatevene. Il sapore
del legno non è piu un odore, ma un battito che sento
alla bocca dello stomaco. Le tombe sciolgono tutte
in un mulinello che mi trascina al centro del mondo,
un vortice di mille colori, rosso, verde, giallo in guisa
dell’oro, tutto fonde, in un solo punto, fatto di cielo,
terre, carni, sperma, ovaie, cervelli (sempre meno),
nuvole con la luna e le stelle collassano, io e il mondo.
Io ed io. Un punto. Tutto è finalmente Uno.
Apro gli occhi, ora, davanti al mio computer di casa.
Un canto armonico di sottofondo. Vesel in romeno significa gioia. E si puo essere meno gioiosi del momento in cui l’illusione cade, il corpo smette di credere ai
soli sensi, e la mente tace? Talvolta basta un tratto di
buio oppure di luminescenza per entrare nel profondo
del nostro animo, lì incontrarsi, e in quel incontro – cui
invito – ritrovare ogni singolo atomo della creazione,
poi il suo disfacimento, e ancora la nascita. L’universo
è un grande bosco di simboli, entro cui arranca con
difficoltà l’uomo nella limitatezza delle parole.
Tutto è immagine, icona infuocata di senso; l’arte dovrebbe guardarsi direttamente, non leggersi attraverso il commento di un altro, cosicché – davvero – sulla
mia lapide si possa scrivere: fece il critico per professione – per mangiare a pranzo e cena ha illuso mille e
mille genti – commentava il lavoro altrui, perchè genialmente non sperava di lavorare lui. Apro di nuovo
gli occhi, lascio le mie esequie. Non posso raccontare
cosa siano l’alpha e l’omega da cui tutto proviene e ritorna, non posso afferrare il senso più stretto del fluire
178
Particolare Sedia fiorita, 2013
us and of our celestial transit? The euphoria of work
first and then a pensioner? How ironic the burial on an
accredited professional basis is, as if to say one has
left at least a trace in and of what he/she has done,
and if one had distinguished himself, all the more worthy is his memory. And how shall I be buried? Here
lies an art critic, and with him the memory of his vain
judgemens... I’ll think about it. Now the sun is beating down, the smell of cut grass is strong, I have to
sit on the edge of a tree, I’m still, people are passing
by… adevărat… adevărat… go away. The taste of the
wood, it is no longer a scent, but a throbbing that I feel
in the pit of my stomach.
The graves all melt into a whirl that drags me into
the center of the world, a vortex of many colors, red,
green, yellow as gold, everything melts in a single
point, made of sky, earth, meat, semen, ovaries,
brains (less and less), clouds with the moon and stars
collapse, the world and I. I and I. A point. All and finally One.
I open my eyes, now, in front of my computer at home.
A harmonic song in the background. Vesel means joy
in Romenian. And can you be less joyful than that moment in which the illusion falls, the body stops believing in its senses alone, and the mind is silent? At times
a stretch of darkness or luminescence is enough to
enter the depths of our soul, to meet them, and at that
meeting – to which I invite you – to find each and every atom of creation, then its decay, and again birth.
The universe is a large forest of symbols, inside which
mankind is struggling with difficulties that mere words
cannot describe.
Everything is an image, an icon inflamed with sense;
art should be viewed directly, it should not be read
through the comments of another, so that – really –
179
rapido e lento; mi ripeto: l’origine ama nascondersi,
e coniuga in sé gli opposti. Ma ecco, la maternità è
un simbolo dell’origine, la richiama, la calca, l’ostende
per chi non puo capire, se non con gli occhi e la testa. Tutto passa, cerchiamo di volerci bene, come la
madre che tiene il figlioletto in braccio, nella dolcezza
di Duccio, con la manina che sfiora il viso, e lui cresce,
e dovrà crepare, e se anche non in croce, comunque
il suo destino è scomparire. La madre avvolge, tiene
al petto, e in lei tutto è bello. Il cosmo entra come
saette ed esce come mille fiumi dal corpo materno,
dalla mater materia che esplode per dare vita, e accoglie, sempre, comunque, nella mater amabilis che
semplicemente sta immobile col suo bambino come
una sorgente di puro amore. Nel suo delirio romanico,
colmo della saggezza di chi sente e riconosce, Giuseppe Rivadossi, vaga con me nel cimitero di Săpânţa,
poi si agglomera come una supernova che improvvisamente nasce, e nel vortice dello scoppio siamo io e
lui e tutto il resto del genere vivente. Lui ancora scolpisce, sta a dialogare coll’odore del legno, per mettere in posa le galassie che ha nel cuore. Mi dice di
non parlare del suo lavoro. Che c’entra, ogni singola
sillaba è nata per lui, è il centro della costellazione. Lo
si voglia o no, che piaccia o meno, nulla è diverso da
noi stessi, null’altro accade se non ripetendosi, infinite ed infinite volte; che si capisca o meno, io sono
lo specchio fedele di qualsiasi altro uomo, e parlo di
me per riferire della congerie terrena. Vi erano donne,
penso a Ildegarda di Bingen, che raccoglievano l’universo intero in una nota di canto, e la loro estasi vale
piu di mille fusioni atomiche; lo si dica agli scienziati. A
proposito: sentiamo discutere gli astrofisici, qui, nella
mia stanzetta, al primo piano di un palazzo cittadino
di Seregno; parlano di innumerevoli sistemi stellari,
180
these words might be written on my tombstone: he
was a critic by trade – for the sake of eating lunch
and dinner, he deceived thousands and thousands of
people – he commented on the work of others, because he himself brilliantly hoped not to work. I open
my eyes again, I leave my funeral rites behind. I cannot tell what alpha is and what omega is, and from
which everything comes and returns back, I cannot
grasp the narrowest meaning of the fast and slower
flowing, but I am repeating myself: the origin likes to
hide itself, and combines opposites within it. But here,
motherhood is a symbol of our origin, it recalls it, it
underscores it, it is held up for those who cannot figure out if not with their eyes and head. Everything
passes, we strive to love one another, as the mother
holding her child in her arms, with that sweetness that
is depicted by Duccio, with the baby’s tiny hand that
grazes her face, and he grows up, and he will have to
die, and even if not because of the cross, however,
his fate is that of disappearing. The mother hugs him
to her bosom, and everything is beautiful in her. The
cosmos enters like thunderbolts and exits like a thousand rivers from the maternal body, from the Mother-Matter which explods to give life, and welcomes,
always, however, in her being Mater Amabilis who
simply stands still with her child as a source of pure
love. In his romantic delirium, filled with the wisdom of
those who feel and recognize, Giuseppe Rivadossi is
wandering with me in the cemetery of Săpânţa, then
he clusters together like a supernova that is suddenly
born, and he and I and all mankind are in the vortex of
this explosion. He is still sculpting, he is having a dialogue with the odor of wood, to pose the galaxies that
he has in his heart. He tells me not to speak about his
work. What does it matter, every single syllable has
nebulose lontane anni luce. Sorrido a Giuseppe, non
parla, alza il cappello da folletto di bosco, e non ha più
la fronte, ma un buco infinito di stelle fluttuanti, pianeti misteriosi, ben più vasti di ogni atlante scientifico
spaziale. Nel suo cranio, anzi in ogni poro epiteliale, si
ripete la genesi del Cosmo. Rimette il copricapo. Buttiamo fuori di casa i quattro scienziati del niente.
Lui scolpisce figure di persone riverse, aperte – come
una croce che pulsa non per dolore, ma benessere –
sbalzate da un’esplosione potente – come le guardie
di Piero della Francesca di fronte al sepolcro del Risorto battagliero e saldo – sono fermi mentre ricevono
la grazia della conoscenza. Rapiti in adorazione della
luce, i corpi smettono di pesare, si annullano i confini della carne, si entra nella condizione di resa totale
mentre le leggi del mondo cessano, sposa il paradiso
l’inferno. Se ha un merito Giuseppe è di offrire agli uomini gli stimoli per ricordare le loro intime qualità. (…)
been born for him, and is the center of the constellation. Whether he wants it or not, whether he likes it or
not, nothing different from ourselves, nothing happens
if not repeating, endless and infinite number of times,
whether it is understood or not, I am a faithful mirror
of any other man, and I talk about me in order to report on the earthly mish-mash. There were women, I
am thinking about Hildegard of Bingen, who gathered
up the universe in the note of a song, and their beauty
is worth more than a thousand atomic fusions, which
should be told to scientists. By the way: here, in my
room, on the first floor of a town hall of Seregno, we
can hear astrophysicists discussing; they are talking
about countless star systems, nebulae that are light
years away. I smile to Giuseppe, he does not talk, he
tips his elfish woodman’s cap, and he no longer has a
brow, but an infinte hole of floating stars, mysterious
planets, far more extensive than any scientific space
atlas. The genesis of the cosmos repeats in his skull,
indeed in every epithelial pore. He dons his cap once
again. Let’s kick out the four worthless scientists. He
is carving figures of outstretched, open people – like a
cross that conveys not pain but wellbeing – thrust out
by a powerful explosion – like the guards painted by
Piero della Francesca in front of the sepulchre of combative and steadfast Risen Christ – are stillwhile they
receive the grace of knowledge. Enraptured in adoration of the light, bodies stop weighing, they cancel
the boundaries of the flesh, and enter into the state
of total surrender while the laws of the world cease,
heaven and hell are wed. If Giueseppe has a merit it
is that of offering men the stimuli to remember their
intimate quality. (...)
181
182
Carlo Bassi
Carlo Bassi
TRE CAPITOLI PER L’OPERA DI
GIUSEPPE RIVADOSSI (Estratto)
THREE CHAPTERS FOR GIUSEPPE RIVADOSSI’S
WORK (Excerpt)
Per parlare del lavoro straordinario di Giuseppe Rivadossi non posso non scomodare le ombre di Maestri
come Husserl e Heidegger (non è per poco elegante
esibizionismo), perché è solo partendo dal loro pensiero che avremo gli strumenti per interpretare in modo
corretto il suo inventare e il suo operare.
I concetti di “mondo della vita”, di “esserci dell’uomo”,
insieme a quelli di “spazio” e di “spazio esistenziale”
sono, a mio avviso, indispensabili riferimenti per entrare nell’intimo della comprensione corretta di quegli
oggetti misteriosi che Rivadossi chiama “custodie” e
che un critico fine come Giorgio Cortenova definisce
“custodie del tempo”.
L’husserliano “mondo della vita” significa porsi in
accordo con il mondo, muoversi in esso con grazia
e amicizia, accettare con animo leggero quanto ci è
dato. Così come “l’esserci dell’uomo” significa, secondo Heidegger, la riunificazione del mondo della vita
fino a comprendere tutte le cose.
Attraverso questi passaggi si va configurando il concetto
fondamentale di “abitare”, che è il rapporto dell’uomo
con i “luoghi” e attraverso i luoghi con lo “spazio”: “abitare è la proprietà essenziale dell’esistenza”.
Volevo arrivare fino qui perché, solo se ci rendiamo
conto di qual è il significato di “abitare”, possiamo cominciare a capire cosa siano e cosa rappresentino gli
oggetti di Rivadossi i quali si pongono come “luoghi
distinti e indimenticabili“ dello spazio esistenziale ed
architettonico della casa.
Ma vediamo di avvicinarci ulteriormente al problema.
In order to talk about Giuseppe Rivadossi’s extraordinary work, I cannot help but disturb the ghosts of such
Masters as Husserl and Heidegger (not for a bit of inelegant exhibitionism) for it is only by starting from
their thinking that we shall equip ourselves with the
instruments to correctly interpret his inventiveness
and work.
The concepts of “world of life” of “being human” along
with those of “space” and “existential space” are, in
my opinion, essential references for entering into the
depths of the proper understanding of these mysterious objects that Rivadossi calls “custodians” and that
a discerning critic such as George Cortenova had defined as “custodians of time”.
The Husserlian “world of life” means to put oneself
in agreement with the world, to move within it with
grace and friendship, to cheerfully accept what has
been given to us. Just like “man’s being” according to
Heidegger means the reunification of the world starting from life up to encompassing all things.
We can grasp through these passages, the basic concept of “living” that is man’s relationship with “places” and through places with the “space”, “living” is
the essential property of existence.
I wanted to arrive up to this point because only if we
understand what the meaning of “living” is that we
can begin to understand what Rivadossi’s objects are
and what they represent. These objects represents
distinct and unforgettable places of a home’s existential architectural space.
Lo spazio della casa è uno “spazio interno”, dice Chr.
Norberg-Schulz. “…in casa siamo soli con noi stessi…
l’aprire la porta agli altri è una nostra libera decisione,
piuttosto che osservare il mondo dal di fuori, lasciamo
che ci venga incontro…”.
Questo spazio interno è articolato, ha degli elementi
guida, la direzione, l’apertura e ha delle proprietà
secondarie come la proporzione degli ambienti, il
colore delle pareti, l’illuminazione e avrà oggetti che
concorrono e cooperano alla definizione del carattere di quell’interno: pensiamo al tavolo (che Chr.
Norberg-Schulz chiama “desco” con un significato
certamente più pregnante), al letto, ai libri, ai quadri
appesi alle pareti.
Se in questa ordinata sequenza di elementi che
concorrono a definire lo “spazio esistenziale” entra
una “custodia” di Giuseppe Rivadossi, quell’ordine
sarà radicalmente modificato. Perché?
Ne abbiamo già accennato: perché si pongono come
“luoghi”, cioè come “avvenimenti distinti e indimenticabili” dello spazio esistenziale e architettonico
della casa.
Esse si pongono come “figure primarie” in un contesto
ordinato e, in quanto tali, polarizzano ed esaltano le
qualità proprie dell’abitare, diventano “presenze”, “dimore della presenza” per continuare con Heidegger.
A questa loro definizione concorrono “il disegno”, “il
materiale”, “la costruzione”.
Il disegno. Giuseppe Rivadossi, a questo proposito,
ebbe a dire in una lontana intervista di Piercarlo Santini: “Voglio essere giudicato per l’immagine che le mie
opere propongono, per il più o meno rigoroso rapporto
fra struttura e immagine e per l’aspetto umano che
vogliamo recuperare all’ambiente come spazio per
l’uomo…”.
But let’s get an evern closer look at the problem.
A home’s space is an “interior space” affirms Christian
Norberg-Schulz. “... we are alone in the house with
ourselves... opening the door to others is our own free
decision, rather than looking at the world from the
outside, let it come to us...”.
This interior space is divided up, it has guiding elements, the direction, the opening and
secondary features such as the proportion of the
rooms, the color of the walls, lighting and the objects
that will compete and contribute to defining the character of those interiors: we think about the table (that
Christian Norberg-Schulz called “desco” with a certainly far deeper meaning), about the bed, about the
books, about the paintings hung on the walls.
Should one of Giuseppe Rivadossi’s “custodians”
be placed among this orderly sequence of elements
which contribute to defining the “existential space”,
that order will be radically changed. Why?
As we have already hinted at: it is because they represent “places” that is to say “distinct and unforgettable events” of the home’s existential and architectural space.
They represent “primary figures” within an orderly
context and, as such, polarize and enhance the quality of the dwelling, they become “presences”, “abode
of the presence” to continue with Heidegger.
“Design”, “Material”, “Construction” contribute to
their definition.
Design. Giuseppe Rivadossi, in an interview long ago
with Pier Carlo Santini concerning this matter, had
this to say: “I wish to be judged on the image that my
works project, on the more or less strict relationship
between structure and image and on the human aspect that we want to recover for the environment as
183
Costruzione grandi Archi, 1968-1975
Sono gli stessi principi ai quali ho fatto riferimento nel
capitolo precedente, indicati come la filosofia nei cui
ambiti si colloca la sua opera: qui sono espressi nelle
loro regole operative, nella traduzione in momenti reali del loro realizzarsi.
A proposito del concetto di “disegno” Rivadossi rivendica la sua distanza (che definirei totale) dal “design”,
dal disegno industriale: i suoi oggetti non hanno nulla
di seriale, anche se uguali; ciascuno vive di vita propria, così come se elementi della loro forma sembrano
ripetersi, ciascuno ha la sua vita.
Il materiale. La sua cultura relativa al materiale del
suo lavoro, il legno, è di assoluta eccellenza e profondità: essa rivela un possesso totale dei problemi relativi alla realtà fisica e storica, e di immagine, di esso.
Sentirlo parlare del legno è vederlo trasfigurarsi.
Emerge la storia della sua infanzia accanto al padre,
attento al modo con il quale lo vedeva realizzare i gioghi per i buoi studiandone le curve, perché aderissero
senza portare dolore.
Del legno e delle varie qualità di esso sa saggiare ogni
fibra, sa domarlo prevedendo le sue ribellioni, sa accarezzarlo al punto da farlo diventare morbido al tatto
come seta, sa trarre da esso tutto il profumo possibile,
ma sa anche che esso può essere un contenitore di
una idea e di una forma e sa eliminare tutto quello che
impedisce che l’idea, la forma, si disvelino in pieno.
È la lavorazione, infatti, un altro mondo di segreti che
Rivadossi custodisce. Ogni qualità di legno, infatti,
abbisogna della sua lavorazione, del suo particolare
trattamento. Per esempio, dominanti nel suo vocabolario sono il concetto di “incastro” e quello di “scavo”.
Sappiamo quale forza primaria sia sottintesa alla operazione di connessione delle varie parti del manufatto
e a quella raffinata e sottile della elaborazione leggera
184
room for mankind ...”.
These are the same principles that I referred to in the
previous chapter that were indicated as the philosophy in the surroundings in which his works are placed:
here they are expressed in their working rules, in the
translation into real moments of their creation.
Concerning this “design” concept, Rivadossi claims
his distance (that I would define as total) from “design”, from industrial design: his objects have nothing
to do with mass production, even if they are equal,
each one lives its own life as do the elements of their
shape, each one has its own life.
Material. His culture related to the material of his
work, wood, is utterly superb and profound: it reveals
a total mastery of the problems related to its physical
and historical reality, as well as its image.
Listening to him speaking about wood is to see him
transfigured. The history of his childhood at his father’s
side emerges, paying attention to the way with which
he saw him craft the yokes for oxen, studying their
curves so that they would fit without causing pain.
Wood and every fiber of its various qualities is something he knows how to assay. He is able to tame wood,
foreseeing its rebellions, he knows how to stroke it to
the point of making it soft to the touch like silk, he
knows how to draw out all the perfume possible from
it, but he also knows that it can be a container of an
idea and a shape and removes everything that prevents this idea, this shape, from being fully unveiled.
Woodworking is indeed another world of secrets that
Rivadossi keeps. Every quality of wood indeed needs
its own particular working as well as its own treatment.
For example, what is dominant in his vocabulary are
the concepts of “joining” and that of “hollowing”. We
know what primary force is implied in the joining op185
o profonda (ultimamente profondissima) delle superfici lignee che escono dalle sue mani.
La costruzione. Mentre lo scavo, dicevo, attiene al
disegno e alla definizione della immagine dell’oggetto, l’incastro è prevalentemente concetto costruttivo (anche se proprio in quanto tale, sensibilizzato ed
esaltato può diventare punto di forza per l’immagine)
e, quindi, nella operatività di Rivadossi, assume una
particolare enfasi. Ma tutto nella “costruzione” dell’oggetto ha (deve avere) una particolare enfasi, perché
assemblare le parti costruite secondo un particolare
disegno comporta, per la forma che hanno ricevuto,
un continuo esercizio di invenzione, una altrettanta
capacità immaginativa per fare funzionare alla fine
l’oggetto (aprire, chiudere, scorrere), il quale deve
avere connessioni sicure e durature nel tempo.
Si dirà che questo è un aspetto che ha valore universale. Costruire comporta queste necessità e queste
prerogative. È dunque attraverso questi passaggi che
gli oggetti realizzati da Rivadossi diventano “presenze”, “custodie”, “custodie del tempo”, “dimore della presenza”, diventano cioè “strutture primarie” che
nello spazio interno della casa polarizzano lo spazio
esistenziale e lo spazio fisico modificandoli profondamente, collocandosi in essi come “luoghi”: presenze
distinte e indimenticabili, vive di vita propria, cariche
come sono di valenze semantiche inedite, di intensa
capacità poetica, di alto carisma formale, per essere
amore. Bellezza, grazia per l’uomo e il suo abitare.
Nel giro di questi ultimi mesi, per una serie di circostanze coincidenti mi sono trovato ad occuparmi di
arte contemporanea in contesti di carattere sacro: la
Sacrestia nuova della Cattedrale di Ferrara con il soffitto dipinto da Paolo Baratella con la Storia della Salvezza e, alla conclusione di un eccezionale restauro,
186
eration of the various parts of the manufacturing and
that refined and subtle of light or deep processing
(lately very deep) of wooden surfaces that come out
of his hands.
The Crafting. Whereas the hollowing, I said, concerns
the design and the definition of the object’s image,
joining is chiefly a manufacturing concept (even if it
is precisely as such, and a heightened awareness of
it can become the strength of the image), and then it
assumes a particular emphasis in Rivadossi’s operating mode. But everything in the “crafting” of the object has (should have) a particular emphasis because
assembling the crafted parts according to a special
design, owing to the shape they have received, entails a constant exercise of inventiveness, as well as
an equally imaginative capacity for making the object
work (open, close, scroll), which must have secure and
long lasting joints.
Some might say that this is one aspect that has universal value. Crafting involves these needs and these
prerogatives. It is consequently by means of these
steps that objects made ​​by Rivadossi become “presences”, “custodians”, “a custodian of time”, “abodes
of presence”, they therefore become ‘primary structures’ that in a home’s interior space polarize the existential and physical space, profoundly modifying
them, setting within them as “places”: distinct and
unforgettable presences, they take on a life of their
own, laden such as they are with unprecedented semantic values, of intense poetic capacity, high formal
charisma, for being love. Beauty, grace for the man
and his dwelling.
Over the past few months, owing to a series of coincidental circumstances I found myself dealing with contemporary art in surroundings of a sacred character:
della collocazione di arredi nel presbiterio (altare, ambone, sede della presidenza, ecc.) della grande basilica rossettiana di San Cristoforo alla Certosa, ancora
a Ferrara.
I due interventi avevano il fascino del rischio. Nel primo: una grande pittura contemporanea nella patria di
Cosmè Tura a due passi (due passi di numero!) dal cinquecentesco catino dell’abside affrescato dal Bastianino, ultimo Maestro rinascimentale. Nel secondo: la
presenza di arredi di disegno e di concezione “nuovi”,
come possono esserlo se disegnati da Giuseppe Rivadossi, in un contesto certosino di pieno rinascimento
dove è presente e, direi, palpabile la realtà dell’architettura come avvenimento dello spazio secondo le
accezioni magistrali di Cesare Brandi e Bruno Zevi.
Quale era il rischio? Il conflitto dei linguaggi, la
inaccettabilità e la conseguente impossibilità della
convivenza, superati invece con l’autenticità e l’autonomia delle rispettive filosofie. Autonomia e autenticità che hanno portato ad esaltare il rapporto, a renderlo carico di tensioni positive proprie di una interpretazione del tema del “sacro” condotto con gli occhi
partecipi del laico.
È questo il caso proprio di Rivadossi, che accede al
senso del sacro in tutta la sua opera attraverso «la
semplicità della costruzione, l’austerità della forma, la
misura sottilmente contenuta, la semplicità assoluta
dell’impiego, la spoglia eloquenza dei preziosi materiali lignei» che sono, nella affettuosa elencazione di
Domenico Montalto, i segni inequivocabili di quella autonomia che permea tutto l’operare di Giuseppe Rivadossi negli oggetti e nelle sculture, nelle “custodie del
tempo” come nelle straordinare Mater amabilis, sculture che nella loro evoluzione formale e interpretativa
tracciano l’itinerario del pensiero di Rivadossi e della
the new Sacristy of the Cathedral of Ferrara whose
ceilings were painted by Paolo Baratella with his History of Salvation and, at the conclusion of an exceptional restoration, and with the placement of furniture
and furnishings in the presbytery (altar, ambo, chair
seat, etc.) of the great basilica rossettiana of San Cristoforo alla Certosa, always in Ferrara.
The two interventions possessed the charm of risk. In
the first one, a large contemporary painting in the fatherland of Cosme Tura, only two steps away (excactly
two steps!) from the Sixteenth-century washbasin in
the apse frescoed by Bastianino, the last Renaissance
Master. In the second one: the presence of “new” design and conception furniture as they would be if designed by Giuseppe Rivadossi, in a Carthusian High
Renaissance setting, where you can see and, I would
say, you could even touch the reality of architecture
as an event of space in accordance with the masterful
viewpoints of Cesare Brandi and Bruno Zevi.
What was the risk? The clash of languages, the unacceptability and the consequent impossibility of coexistence, overcome rather with the authenticity and
autonomy of their respective philosophies. Autonomy
and authenticity that led the relationship to be enhanced, to load it up with the positive tensions which
are properly those of an interpretation of the theme of
the “sacred” carried out with the participating eyes of
the laymen.
And it is precisely the case of Rivadossi who delves
into the sense of the sacred in all his work by means
of «the simplicity of his construction, the austerity
of shape, the subtly contained measure, the absolute simplicity of use, the bare eloquence of precious
wooden materials» that are in the fond list of Domenico Montalto, the unmistakable signs of that indepen187
sua aspirazione alla monumentalità e al “segno”.
A questo punto sarebbe necessario entrare nella realtà delle forme delle “custodie”, nelle loro molte varianti e nelle ragioni che hanno condotto Rivadossi,
nel tempo, a quelle scelte misteriose e affascinanti.
Altri potranno farlo, come hanno fatto in occasioni altrettanto significative e importanti come questa. A me
premeva, in via preliminare, studiare le fondamenta
ideali del lavoro di Giuseppe Rivadossi e cercare di
capire le ragioni della unicità e della autonomia del
suo lavoro rispetto al mondo delle forme e cogliere la
segreta aspirazione al sacro di tutto il suo operare. Un
carisma nascosto e operante dall’origine del suo fare,
che intride ogni fibra delle sue strutture primarie.
dence that runs through all of Giuseppe Rivadossi’s
work, in his objects and sculptures, in his “custodians
of time” such as the outstanding Mater Amabilis, his
sculptures in their formal and interpretive evolution,
track the route of Rivadossi’s thought as well as his
aspiration to monumentality and the “sign”.
It would be necessary at this point, to enter into the
reality of the shapes of the “custodians”, in their many
variations and the reasons that led Rivadossi to those
mysterious and fascinating choices over time.
Others may do this as they have done on occasions
which are just as significant and important as this. I
was primarely concerned with studying the ideal foundations of Giuseppe Rivadossi’s work and to seek to
comprehend the reasons for the uniqueness and autonomy of his work compared to the world of shapes
and to grasp the secret aspiration to the sacred in his
work. A charisma which has been hidden and working
from the very beginning of his craft, which permeates
every fiber of his primary structures.
Grandi Archi, 1968-1975
188
189
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Rossana Bossaglia
Rossana Bossaglia
PRESENTAZIONE DI PRIMAVERA 1986 (Estratto)
Introduzione al catalogo della mostra, giugno 1986
THE PRESENTATION OF SPRING 1986 (Excerpt)
Introdution of the exhibition catalohue, June 1986
È difficile dire di Giuseppe Rivadossi qualche cosa di
più e di meglio di quanto non abbia detto lui stesso
nell’autobiografica presentazione al volumetto sulla
sua officina; ed è anche difficile aggiungere qualcosa
di più significativo e pertinente alle considerazioni che
su di lui hanno formulato, con sensitiva partecipazione
alla qualità del suo lavoro, critici illustri che mi hanno
preceduta. Ma intanto il lavoro di Rivadossi va avanti
e, inquadrato nella fedeltà alle sue premesse, in perfetta coerenza con le modalità tecniche e con l’idea
formale che vi presiedono sin dagli esordi, è in grado
oggi di presentare risultati nuovi e di offrire il destro a
nuove riflessioni.
Le premesse sono, per ridurle ai princìpi basilari,
l’amore per la lavorazione del legno quale materia per
eccellenza dell’arredo umano, e quindi amore per la
tattilità del legno, il colore, l’odore, la gioia di lavorarlo e di riviverne la libera natura di albero in forme e
incastri di geometrica eleganza. L’altra, la devozione
al principio dell’artigianato alto, cioè alla produzione
di bottega che esige all’interno una formulazione di
disegni originali, un rapporto costante fra idea e realizzazione e un costante controllo dell’ideatore, una
connessione stretta, dunque, tra manualità e progetto:
senza che questo atteggiamento induca alla retorica
dell’opera ingenua, a quella della presenza diretta e
totale dell’artefice nelle varie fasi esecutive.
Su queste premesse si innesta poi tutta la particolare
questione del rapporto fra l’attività dell’artigianato del
mobile e l’attività della scultura; con non poche inter-
It is hard to say anything more or better about Giuseppe Rivadossi than what he himself stated in his
autobiographical presentation to the small volume on
his workshop, and it is moreover difficult to add something more meaningful and relevant to those considerations about him put forward by illustrious critics who
have preceded me, with sensitive participation regarding the quality of his work. However in the meantime,
Rivadossi’s work has gone forward on and focused on
the faithfulness to his premises, in perfect consistency
with the technical procedures and the formal idea that
he has employed from the beginning, he is now able
to present new results and offer the insightful and new
reflections.
The premises are essentially a love for working wood
as a raw material par excellence for human furnishings, and hence a love for the tacticity of the wood, its
color, its smell, the joy of working it and reliving the
free nature of tree in shapes and interlocking geometric elegance. The other, the devotion to principle of
fine craftsmanship, that is to say, workshop production which requires within it, a formulation of original
designs, a constant ratio between idea and creation,
as well as the inventor’s constant control, a close connection, therefore, between manual skills and design:
without this attitude then leading into the rhetoric of
unsophisticated work, to that of the direct and total
presence of craftsmanship in the various execution
phases.
It is on this premise upon which the whole question
ferenze fra i due ruoli. Quando, nel 1981, organizzai
nel Castello Visconteo di Pavia una mostra degli artisti lombardi che erano giunti a una prima maturità e
assestamento espressivo (Lombardia vent’anni dopo),
non ebbi un attimo di esitazione a invitare Rivadossi
come scultore: gli oggetti-armadi-teche che egli elaborava in quel periodo, o in una fase appena precedente, anche quando avevano un possibile, o preferenziale, destino utilitario, si esibivano con una forte
carica simbolica ed avevano l’apparenza di misteriosi
totem. Sia chiaro: anche in quella fase Rivadossi non
rifiutava la veste di artigiano del mobile, anzi rivendicava, con una qualche civetteria culturale, questo
ruolo antico e popolare, la cui nobiltà gli pareva sufficiente perché, quando fantasia e qualità ne dessero
garanzia, egli potesse entrare, in quanto artigiano,
nell’eletto giardino dell’arte.
of the relationship between the activity of furniture
craftsman and that of the sculptor revolves, with no
little overlapping of the two roles. When, in 1981, I
organized an exhibition of Lombard artists who had attained an initial maturity and expressive consolidation
in the Visconti Castle of Pavia in Lombardy (Lombardia
Vent’Anni Dopo, I had no hesitation in inviting Rivadossi as a sculptor: those objects – cabinets – showcases that he was creating in that period, or in a phase
that just preceded it, even when they had a possible or
preferential utilitarian destination, he exhibited them
with a strong symbolic charge and they possesed the
appearance of a mysterious totem. It should be clear:
even at that stage Rivadossi was not refusing the role
of furniture craftsman, indeed he was claiming, with
some cultural coquetry, this ancient and popular role,
whose nobility appeared sufficient to him, because,
when imagination and quality provided him with guarantees, he could, as a craftsman enter that elite garden of art.
191
Mario Botta
Mario Botta
L’Officina di Giuseppe Rivadossi
Lugano, settembre 2004
Giuseppe Rivadossi’s Workshop
Lugano, September 2004
«Architettura del legno, opere per gli spazi e l’abitare
dell’uomo», è questa l’epigrafe che accompagna la
«The architecture of the wood, works for man’s spaces and living», this is the epigraph that accompanies
the presentation of some works of this extraordinary
family business of artist-craftsmen in the middle of
the current virtual world acclaimed by globalization.
It’s a work, that of Giuseppe Rivadossi, which brings
us down to earth with a production that places man
as the measure of the space that surrounds him. It
has now been several decades that Rivadossi Workshop’s work has resisted cultural trends and the lures
of consumer society within a space where they cross,
without possible distinction, the boundaries of art and
those of craft just as likely Renaissance shops were,
from which we have gained our identity.
Art and life intersect with rare felicity in Rivadossi’s images, his works are born to accompany us in everyday
household use and references to different functions
that distinguish them (cupboards, tables, cabinets,
objects) resonate as justifications for these works that
are too beautiful and charming in view of the precariousness of today’s man. In the architectural system
of these works there is a thousand-year-old history
that emerges through an ancestral knowledge, which
is created in a simple and expressive form that we all
understand. The structures of these constructions in
wood make experiences of craftsmanship and furniture that we have encountered in the course of our
life, and that now, through a contemporary language,
have become part of our identity. Giuseppe Rivadossi
presentazione di alcuni lavori di questa straordinaria
impresa famigliare di artisti-artigiani nel bel mezzo
dell’attuale mondo virtuale osannato dalla globalizzazione.
È un lavoro, quello di Giuseppe Rivadossi, che ci porta
con i piedi per terra, una produzione che pone l’uomo a misura dello spazio che lo circonda. Sono ormai
parecchi decenni che il lavoro dell’Officina Rivadossi
resiste alle mode culturali e alle lusinghe della società
dei consumi dentro uno spazio dove si incrociano, senza distinzioni possibili, le frontiere dell’arte e quelle
dell’artigianato proprio come probabilmente dovevano essere le botteghe rinascimentali dalle quali abbiamo maturato la nostra identità.
Nelle immagini di Rivadossi si incrociano l’arte e la vita
con rara felicità, le sue opere sono nate per accompagnarci nella quotidianità domestica e i riferimenti alle
differenti funzioni che le contraddistinguono (madie,
tavoli, armadi, oggetti) risuonano come giustificazioni
per queste opere troppo belle e affascinanti al cospetto della precarietà dell’uomo di oggi.
Nell’impianto architettonico di questi lavori vi è una
storia millenaria che riaffiora attraverso un sapere
ancestrale che si realizza in una forma espressiva
semplice che tutti noi comprendiamo. Le strutture
di queste costruzioni in legno fanno proprie le esperienze di artigianato e di arredo che abbiamo incro192
ciato nel corso della nostra vita e che ora, attraverso
un linguaggio contemporaneo, diventano parte della
nostra identità.
Giuseppe Rivadossi, nel lavoro della sua Officina, testimonia di memorie arcaiche che riesce a filtrare attraverso l’arte contemporanea.
L’esperienza della pittura informale, quella dell’arte
astratta e i monocromi di alcune forme espressive
entrano come matrici di riferimento nelle forme plastiche di Rivadossi, che dialogano con la misura del gesto
Grande Stele, 1970
dell’uomo.
Sembra quasi che i pensieri e
le tensioni che hanno sorretto
le ricerche dell’arte siano finalmente giunti attraverso una
logica poetica negli oggetti che
accompagnano la vita di ogni
giorno, come se i valori della
ricerca artistica trovassero una
nuova concretezza.
È difficile porsi di fronte ad una
madia di Rivadossi e non pensare ai riferimenti culturali della storia dell’arte del XX secolo.
Ma, accanto agli ammiccamenti linguistici, e agli accenni
stilistici siamo sedotti anche
dal segno manuale dello scalpello e della pialla che richiamano l’asprezza o la dolcezza dello scolpire necessari
alla realizzazione. Sono segni
che tessono una trama che
assume una configurazione
in his Workshop’s work, bears witness of those archaic
memories that he has managed to filter through contemporary art.
The experience of informal painting, that of abstract
art and the monochrome of some forms of expression come as reference patterns in Rivadossi’s plastic shapes that dialogue with the measure of man’s
gesture.
It almost seems that the thoughts and tensions that
have supported the
artistic quest have
finally come down to
us by means of a poetic logic in objects
that accompany every day life as if the
values ​​
of the artistic quest find a new
concreteness.
It is difficult to stand
in front of a Rivadossi’s cupboard and
not think of the
cultural references in
the history of Twentieth Century art. But
next to the linguistic winks and stylistic hints we are
seduced by the manual sign of the chisel
and the plane that
recall the bitterness
or
sweetness
of
sculpting necessary
193
Custodia Altamira, 2005
totemica, sempre presente, non importa quale sia
la misura dell’opera, nel lavoro di Rivadossi; la sedia
si trasforma in trono, il tavolo in altare, l’armadio in
scrigno, con una sintesi del linguaggio espressivo che
trasforma il modello in archetipo.
In tal modo l’opera costruita acquista nuovi valori ed
interagisce nello spazio domestico con una profondità che sollecita le nostre curiosità e acuisce le nostre
incertezze. Poi il contatto tattile che inevitabilmente
cerchiamo ci rassicura attraverso la struttura propria
del legno, che riconosciamo come materiale amico.
Un’altra prerogativa magica propria al repertorio espressivo di Rivadossi è il senso di gravità che accompagna le sue opere; questo non è dovuto alla materia, ma
alla tettonica delle composizioni, articolate quasi fossero triliti che talvolta offrono una sorprendente mobilità
(per lo più attraverso meccanismi nascosti) che disegnano nuove figure di cui l’utilizzatore diviene l’autore.
Nella varietà delle articolazioni negli armadi-scrigni intravediamo la profondità in cui sono riposti gli oggetti
custoditi, che sono anche parti della composizione
con la complementarietà delle proprie forme e la definizione di una nuova scala che contrasta la monumentalità del contenitore.
Il mondo di Rivadossi è un mondo che ci appartiene in
quanto si colloca lungo il percorso di una eredità culturale, quella occidentale, nella quale ci riconosciamo.
Il suo lavoro richiama alcuni principi semplici ed
essenziali; la gravità, la materia e le trasformazioni
indispensabili all’uomo che l’artista-artigiano filtra
con un itinerario linguistico che fa riferimento al Novecento, consegnandoci alcune sculture-architetture
in legno semplicemente meravigliose, capaci di farci
sognare e, nel contempo, modellare lo spazio di vita
del nostro tempo.
194
for its creation. They are signs that weave a plot that
takes on a totemic configuration, that is always present, no matter what the size of the work is, in Rivadossi’s craft, the chair is turned into a throne, the table
into an altar, the wardrobe into a treasure chest, with
a summary of the expressive language which transforms the model into an archetype.
The work crafted in this way acquires new values ​​and
interacts in the domestic space with a depth that stirs
up our curiosity and sharpens our uncertainties. Then
the tactile contact, which we inevitably seek, reassures us through the specific structure of the wood,
which we recognize as a friendly material.
Another magic prerogative in Rivadossi’s expressive
repertory is the sense of gravity that accompanies his
work, and this is not due to the material used but to
the tectonics of the compositions, articulated as if they
were trilithons which sometimes offer a surprising mobility (mostly through hidden mechanisms) and create
new shapes where the user becomes the author.
In the variety of elaborations in cabinets-chests we
gain an insight into the depth where the stored objects
are kept that are also parts of the composition with the
complementarity of its forms and the definition of a new
scale that contrasts the monumentality of the container.
Rivadossi’s work is a world that belongs to us as it is
placed along that path of a cultural heritage, the West,
in which we recognize ourselves.
His work harks back to some simple and basic principles; gravity, matter and the transformations vital to
man, that the artist-craftsman filters with a linguistic
pathway to the Twentieth Century, granting us some
simply wonderful sculptures-architectures in wood,
able to make us dream and at the same time modeling the life space of our time.
195
196
Gianfranco Bruno
Gianfranco Bruno
GIUSEPPE RIVADOSSI (Estratto)
Rotonda della Besana, Milano, 1980
GIUSEPPE RIVADOSSI (Excerpt)
Rotonda della Besana, Milan, 1980
Poiché Rivadossi accompagna il suo lavoro di scultore
con alcune riflessioni sul senso del suo fare, e poiché
queste riflessioni appaiono una volta tanto scaturite
direttamente dalla pratica dell’arte anziché precederla come un astratto programma, credo che in lui
si perpetui quell’unità tra il pensare e l’agire che ha
costituito da sempre il carattere distintivo delle autentiche esperienze d’arte.
Fondamento dell’esperienza plastica di Rivadossi è
una rigorosa pratica artigianale del legno, un materiale che egli da sempre ha privilegiato pur non disdegnando di sperimentare altre materie.
Ma non si deve credere con ciò che la sua produzione
indugi in quell’ambito di realizzazione di oggetti etilici,
normalmente è rappresentato dall’esperienza storica
dell’artigianato o tanto meno in quell’altro, più attuale,
della progettazione di oggetti che mediano nelle loro
forme una coesistenza tra produzione manuale e mutazione tecnologica della fisionomia dell’ambiente,
che è detto design. Rivadossi tiene anzi una posizione
intermedia tra questi campi purtroppo contradditori
e distinti in una fase di trasformazione produttiva e
ambientale che non ha certo trovato un suo equilibrio
e trascina in una drammatica lacerazione il dissidio
tra una naturale esigenza di un ambiente popolato di
forme ed oggetti a misura d’uomo, e l’invadenza di
forme e oggetti la cui struttura e materia allestiscono
un habitat impoverito di riferimenti umani e naturali,
e conseguentemente di valori.
Rivadossi, all’origine, come artefice di oggetti utili, si
Given that Rivadossi accompanies his work as a sculptor with some reflections on the meaning of his craft,
and given that every once in a while these reflections
spring directly from the practice of the art rather than
precede it like an abstract program, I believe that the
unity between thinking and acting has been fulfilled
in him, and this has always been the distinguishing
feature of authentic experiences of art.
The foundation underlying Rivadossi’s plastic experience is a rigorous craftsman’s practice of wood, a
material that he has always prefered although he has
not disdained experimenting with other types of materials.
But this should not lead us to believe that his production indulges in that area of making ephemeral objects,
which the historical experience of craftsmanship normally represents, or still less than the other, more current one, that of designing objects that in their forms,
mediate that coexistence of manual production and
technological mutation in the physiognomy of the environment, which is dubbed design. Rivadossi indeed
holds an intermediate position between these fields,
which are unfortunately contradictory, consisting of
a phase of productive and environmental transformation that certainly has not found its balance and drags
behind it a dramatic laceration, the conflict between a
natural need for an environment populated by humanscaled shapes and objects, and of the intrusiveness of
shapes and objects whose structure and matter set a
habitat berefit of any human and natural references,
è trovato a constatare in modo sempre più decisivo
la discrepanza tra oggetti concepiti secondo un’etica
di vita antica e rispondente alle esigenze primarie
dell’esistenza quotidiana e il tessuto ambientale in cui
essi andavano collocandosi. Proprio da qui è nato lo
scatto riflessivo che ha guidato la sua pratica creativa
non più come perpetuarsi dell’antico mestiere in una
inattuale tenuta su di una sponda che il tempo nuovo andava corrodendo, ma verso un’ipotesi di trasmutazione di quella pratica verso un’idea di destino
dell’ambiente ricostruito a misura dell’uomo. Direi che
il suo sforzo si è indirizzato fin dall’inizio verso quella
saldatura tra storia e presente che si poteva attuare
solo sottraendo la pratica artigianale alla povertà
culturale in cui essa era caduta con il divenire i suoi
oggetti luoghi di nostalgia e di memoria, privi ormai di
significati progressivi e simbolici.
and consequently of values.
At the start of his career Rivadossi, as the crafter of
useful items, found increasingly noted a discrepancy
between those objects which were designed according
to an ethic of ancient life and meeting the basic needs
of daily existence, and the environmental tissue into
which they were being placed. It is precisely starting
from this, that the reflexive springing came about that
has steered his creative practice, no longer as a perpetuation of the ancient trade in outdated dwelling on
a shore that new time was eroding away, but towards
a hypothesis of transmutation of that practice, into an
idea of ​​the destiny of the environment reconstructed
on a human scale. I would say that his effort was directed from the very beginning toward the welding of
history and the present that could only be implemented by removing the practice of craftmanship from the
cultural poverty in which it had fallen with its objects
which had become places of nostalgia and memory,
now berefit of progressive and symbolic meanings.
197
Giovanni Gazzaneo
Giovanni Gazzaneo
Abitare il tempo: Giuseppe Rivadossi
e le architetture della vita (Estratto)
La poesia del legno, Luoghi dell’Infinito,
aprile 2005
Living Time: Giuseppe Rivadossi
and the Architectures of Life (Excerpt)
«Rediscovering that profound beauty of your own
work as a personal, conscious and creative activity,
in harmony with man and nature, is our pleasure, our
passion, our commitment. A technologically advanced
civilization that is unable to seek and carry on a sense
of living within its being and in its construction is a
civilization undergoing a process of degredation». This
is how Giuseppe Rivadossi presents the horizon of his
fiftieth anniversary of his activity. Endowed with a passion and a look of an astonished boy, Giuseppe Rivadossi who was born in 1935, a native of Nave near
Brescia, whose father was a carpenter, was the third
of eight children. He is sculptor and author of beautiful wood architecture for our living and urban spaces.
He knows the consistency, moods, colors, scents of
walnut and pine, oak and cherry: he is able to draw
out all of the potential the wood shows in its fibers and
in its virtues. A wisdom of know-how in which technique (even in the cutting-edge breakthroughs, which
are present in Giuseppe Rivadossi’s workshop) has its
role, but where human genius is still the main player,
his ability to design and create. The master of Nave
displays an ancient sort of genius, which is rooted in
his childhood spent in his father Clemente’s workshop,
which takes shape in the sculptor’s poetry. A knowhow
of crafting, of knowing how to set the dimension of
space in relation to that of time thanks to his ability
to evoke the origin, our origin, in this moment of crisis
of modernity. «The more widespread loss of identity
drove me in the Nineteen-Sixties to investigate the ar-
«Ritrovare la profonda bellezza del lavoro come
azione personale, cosciente, creativa, in armonia con
l’uomo e con la natura è un nostro piacere, una nostra passione, un nostro impegno. Una civiltà tecnologicamente avanzata che non sa cercare e portare
avanti nel suo essere e nel suo costruire un senso
alto del vivere è una civiltà in fase di abbrutimento».
Giuseppe Rivadossi presenta così l’orizzonte della
sua cinquantennale opera. Classe 1935, passione e
sguardo stupito di ragazzo, bresciano di Nave, padre
falegname, terzo di otto figli, scultore e artefice di
splendide architetture di legno per il nostro abitare e
per gli spazi urbani.
Conosce consistenza, umori, colori, profumi del noce
e del cirmolo, del rovere e del ciliegio: indaga il legno nelle sue fibre e nelle sue virtù. Una sapienza del
fare dove la tecnica (anche nei risvolti d’avanguardia, presenti nell’atelier Giuseppe Rivadossi) ha il suo
ruolo, ma è pur sempre il genio dell’uomo il principale attore, la sua capacità di progettare e creare. Un
genio antico quello del maestro di Nave, che affonda
le radici nell’infanzia trascorsa nel laboratorio di papà
Clemente e prende forma nella poetica dello scultore.
Una sapienza del costruire, del saper mettere in rapporto la dimensione dello spazio con quella del tempo
grazie alla capacità di evocare l’origine, la nostra origine, in questo momento di crisi della modernità. «La
perdita di identità sempre più diffusa mi spinge negli
198
199
Giuseppe Rivadossi, Menhir, 2006
anni Sessanta a indagare gli archetipi che sono alla
base del linguaggio architettonico e umano.
Ho prediletto il legno perché è un materiale con caratteristiche a noi vicine. Non è materia inerte, ma
è “materia luce”, vive e cresce come noi viviamo e
cresciamo. Chi di noi non ha desiderato scalare il ciliegio del suo giardino o l’ulivo della sua campagna,
carpirne i segreti, gareggiare con l’amico per raggiungere il ramo più alto, farne un punto di osservazione
inusuale, scoprire tra i suoi rami il nido ma anche un
nuovo orizzonte? Il legno è metafora dell’uomo stesso
perché custodisce in sé lo scorrere del tempo, accompagna l’uomo nelle età della vita e si fa suo compagno: può diventare attrezzo, può diventare casa, nel
legno l’arte si incarna». Il legno è vicino alle nostre
esigenze grazie alla ricerca che Rivadossi compie,
proponendo nuove forme e assemblaggi, agli antipodi
del processo produttivo moderno sempre più teso alla
serialità e all’omologazione. Il progettare dell’artista
bresciano punta a stabilire un rapporto unitario tra natura, uomo e luogo dell’abitare che renda unica ogni
sua madia e ogni sua “custodia”. Nell’infinita trama
di incastri a vista, nell’assenza di spigoli, nei giochi di
“materia-luce” supera la distinzione tra opera d’uso e
opera d’arte. Perché sa che nel suo creare «Il bello è il
bene che si dona come spettacolo per fare amare l’essere», secondo la felice definizione del critico francese
Stanislas Fumet.
Le opere di Rivadossi nascono dalla capacità di coniugare esigenze del vivere (bene) e bellezza e rendono
così umano il nostro abitare: la “custodia” è tale perché progettata e realizzata per contenere con cura e
poesia, ad essa possiamo affidare gli oggetti cari della
vita e, in fondo, lo scorrere del nostro tempo. Le sue
architetture per l’abitare non si consumano con l’uso
200
chetypes that form the basis of the architectural and
human language.
I have favored wood because it is a material with properties that are close to us. It is not inert, but it is a
“sunshine” material, it lives and grows just like we
live and grow. Who among us has not wished to climb
the cherry tree in his backyard or the olive tree of the
countryside, to learn their secrets, or to compete with
a friend to reach the highest branch, to make it an
out of the common point of observation, to discover
the nest among its branches but also a new horizon?
Wood is a metaphor for man himself because it holds
within itself the passage of time, it accompanies man
throughout the stages of his life and becomes his companion: it can become a tool, it can become a home,
art is embodied in wood». Wood meets our needs
thanks to the research that Rivadossi has carried out,
by proposing new shapes and assembly methods, the
antithesis of the modern production process which has
increasingly tended to production line industry and
uniformity. The designs of the artist from Brescia aim
at establishing a unitary relationship among nature,
man and place of living that makes every cupboard
and every “custodian” unique. In the infinite weft of
visible joints, the absence of any sharp edges, the play
of “matter-light” overcome the distinction between a
work to be used and a work of art. Because he knows
that in his creating it, «The beauty is the gift that is
given as a spectacle in order to make the being be
loved», according to the French critic Stanislas Fumet’s happy definition.
Rivadossi’s works arise from his ability to blend the
needs of living (well) and beauty and thus making our
living more human: the “custodian” is such because it
has been designed and built in order to store with care
e non rientrano nella categoria del mobile, concetto
riduttivo che coglie la natura dell’oggetto nella sola
possibilità di essere spostato. Attraverso le sue custodie Rivadossi vuol dare una risposta alle domande
dell’esistenza che riguardano i risvolti pratici del nostro abitare, ma prima ancora è un tentativo di risposta
alla domanda sul senso stesso dell’abitare. Una risposta mai definitiva, non Giuseppe Rivadossi, Menhir, 2006
perché la verità non esista
o sia inafferrabile, ma perché inesauribile. La verità
non si lascia possedere, ma
si offre per essere accolta e
abitata. Questa è la grande
intuizione della produzione
di Rivadossi: l’abitare come
chiave di volta per aprirci
al nostro stesso essere. La
verità dell’uomo, evidenziata già nel racconto della
Genesi, è nel suo abitare
la storia, il mondo, terra e
cielo insieme, nel suo “essere per”, in rapporto agli
uomini, alle cose e, prima di
tutto, a Dio.
and poetry, we can entrust the cherished items of our
life to it and, ultimately, the flowing of our time. His
architectures for living do not wear out with use nor do
they fall into the category of furniture, a simplistic concept that captures the nature of the object only in the
possibility of it furnishing something. Through his custodians Rivadossi seeks to give an answer to questions
regarding the practical implications of the existence of
our living space, but first it
is an attempt to answer the
question about the meaning
of living, but before that it
is and attempt to answer
the question on the sense
itself of living. An answer
which is never definitive,
not because truth does not
exist or cannot be grasped,
but because it is inexhaustible. Truth can never be possessed, but offers itself up
to be listened to and experienced. This is the great insight of Rivadossi’s production: living as the keystone
that opens ourselves up to
our own being. The truth of
man, already underscored
in the story of Genesis, is in
its living history, the world,
heaven and earth together,
in his being, in relation to
men, and things, first of all,
to God.
201
Giuseppe, Emanuele Rivadossi
Custodia dell’acqua, 2010
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203
204
Roberto Tassi
Roberto Tassi
GIUSEPPE RIVADOSSI (Estratto)
Galleria Correggio, Parma, 1977
GIUSEPPE RIVADOSSI (Excerpt)
Galleria Correggio Parma, 1977
I lettore attento di Guerra e Pace ricorda Platòn Karatàjev, compagno di prigionia di Pierre Bezúchov in
Mosca occupata dai francesi: è un ometto semplice,
straordinario, profondissimo, uno di quegli uomini in
cui la natura esprime le sue complicate verità e le sue
misteriose ricchezze; per lui le cose piccole e insignificanti hanno lo stesso valore delle grandi, e così gli
uomini; egli sente e vive il senso dell’unità del tutto,
vita, cose e uomini.
Quando leggo Giuseppe Rivadossi che dice di avvertire
«sempre più profondamente il bisogno di esprimere il
senso di unità di fondo dell’esistere, come idea base
da non perdere o da ritrovare a tutti i costi ogni giorno
e in ogni ora», e quando vedo le sue opere dove quel
senso comincia a trovar corpo, penso a Platòn Karatàjev, suggestionato forse dal fatto che anche lui era
un artigiano e un poeta.
Ma di fronte alle opere di Rivadossi non è solo lo spirito
di naturalità che appare; mi è accaduto anche di dirigermi in una direzione del tutto opposta, di pensare al
Merzbau di Schwitters, allo spirito di intellettualità, di
metafora e di ironia, lo spirito di dada.
Queste impressioni indicano così il modo di stringere
quelle opere dentro l’opposizione di estremi, tra ciò
che è spontaneo e ciò che è razionalizzato, tra l’impulsività e l’intelligenza, il sapore della materia e il rigore
dell’immagine.
Le opere di Rivadossi, infatti, hanno una duplice finalità, che è duplice vita, sono funzionali e fantastiche,
servono come mobili e sono inutili come sculture, vi-
The careful reader of War and Peace shall recall Platòn
Karàtaev, a fellow prisoner together with Pierre Bezúkhov in Moscow under the French occupation: he is a
simple, wee man, who is extraordinarily profound, one
of those men in whom nature expresses its complex
truths and its mysterious treasures; for him things,
tiny and insignificant things, have the same worth as
large ones, and the same applies to men, and he feels
and experiences the sense of the unity of the whole,
both for things and men.
When I read Giuseppe Rivadossi saying that he feels
«more and more deeply the need to express the sense of
the underlying unity of existence, as a basic idea which
should not be lost but rediscovered by every means every day and every hour», and when I behold his works
where this sense begins to take shape, my thoughts
hark back to Platòn Karatàjev, perhaps influenced by
the fact that he too was a craftsman and a poet.
But when you stand before Rivadossi’s works, the spirit of naturalness is not the only thing that is apparent,
it also happened to me to veer off in a completely opposite direction, to reflect on Kurt Schwitters’ Merzbau, on the spirit of intellectuality, of metaphor and
irony, about the spirit of Dada.
These impressions suggest the way to embrace those
works amid the opposition of extremes, between what
is natural and what is rationalized, between impulsivity and intelligence, the taste of raw material and the
rigor of the image.
Rivadossi’s works have, as a matter of fact, a dual pur-
Grande cassettiera a incastri, 1967
205
Piccola Arca, 1976
vono nel mondo quotidiano dell’uso ed in quello atemporale della poesia, creano l’ambiente ma nello stesso
tempo lo distruggono, lo dilatano, lo trasformano in
uno spazio mitico.
Altre qualità si contrappongono in queste opere: per
esempio il colore, l’odore, la luminosità, la marezzatura delle superfici, che sono tutti elementi sensibili,
e, dall’altra parte, la struttura lineare, e quasi sempre
geometrica, il taglio dei piani, il rapporto ritmico o
aritmico delle “finestre”, delle aperture, dei vuoti, che
sono elementi razionali.
Naturalmente tutte queste cose, in un’opera di Rivadossi, si fondono, ed essa si afferma così nello spazio
che la circonda come avvolta da un velo di mistero e
come richiamo di quel senso dell’unità del vivente.
206
pose, that is two-fold life, they are both functional and
imaginative, they are useful as furniture and are useless as sculptures, they live in the everyday world of
use, as well as in that timeless of poetry, they create
the environment but at the same time they destroy it,
they expand it, they transform it into a mythical space.
Other qualities are conterpoised in these works: for
example the color, the scent, the brightness, the grain
of the surfaces, which are all sensitive elements, and,
on the other hand, the linear structure, and almost
always geometric, the cut of the planes, the rhythmic
or arrhythmic ratio of the “windows”, of the openings,
voids, which are rational elements.
Of course all these things, in a work by Rivadossi,
blend together, and thus it stands in the space that
surrounds it as if it were shrouded in mystery and it
recalls that sense of unity of the living.
207
Roberto Tassi
Roberto Tassi
Giuseppe Rivadossi sculture dal 1978-1995 (Estratto)
Compagnia del Disegno, Milano, 1995
The Sculpture Catalog at the Giuseppe
Rivadossi Exhibition (Excerpt)
Compagnia del Disegno, Milan, 1995
Una delle cose che più mi affascinano degli scultori e
del loro difficile, faticosissimo, lavoro, è il rapporto che
devono sempre avere, più di ogni altro artista, con la
materia.
È questa una condizione necessaria della loro arte, e
rivela sempre le nascoste verità, non permette misure
inautentiche, atti superficiali. La materia forma il corpo, e racchiude lo spirito, della scultura: dalla pietra
appena brunita per l’aria dei secoli delle statue romaniche e gotiche ai fulgidi marmi del rinascimento, dai
metalli antichi ai metalli moderni, da chi usò i legni a
chi usò la cera, dalla primarietà della creta alla molteplicità delle materie contemporanee.
Il rapporto molto stretto, quasi di adesione fisica, con
la materia, fa parte del modo di lavorare, e perfino di
vivere direi, che Giuseppe Rivadossi ha sempre seguito. Ama il legno, soprattutto, e ne conosce le specie, le
varietà, ne utilizza i nodi, le venature, la consistenza,
il profumo, i colori e il loro modificarsi nel tempo. Ha
iniziato, molto giovane, la sua attività sulla materia,
proprio intagliando e scolpendo il legno.
Ha poi trasferito la sua forza plastificante sulla creazione di mobili, arte nella quale il legno è sovrano, e
per cui sono necessarie doti congiunte di scultore e di
architetto.
La sua grande originalità nell’inventare mobili, che
pur non perdendo niente della loro funzione hanno
però mostrato di essere, nella struttura d’insieme e
nella bellezza di ogni particolare, opere in cui l’arte
fioriva sopra le moralità dell’artigianato, era dovuta
208
Lavorazione Custodia dell’ acqua 2010
One of the things that fascinate me the most about
sculptors and their difficult and grueling work is the
relationship that they must always have, more than
any other artist, with the material.
This is a necessary condition of their art and always
reveals the hidden truths, it does not allow unauthentic measures, superficial acts. The material molds the
body and captures the spirit of the sculpture: from the
stone, which has just been burnished due to the air of
centuries of Romanesque and Gothic statues to the
shining marble of the Renaissance, from ancient metals to modern metals, from those who used woods to
those who used wax, from the primacy of the clay to
the multiplicity of contemporary materials.
The very close relationship, almost of physical clinging, with the material, is part of that way of working,
and even of living, I would say, that Giuseppe Rivadossi has always followed. Above all else, he loves the
wood and knows its species, the varieties; he uses the
knots, the grain, texture, scent, color and their changes over time. He began his activities on this material,
precisely by carving and sculpting wood when he was
very young.
He then transferred his molding strength to the creation of furniture, an art in which the wood reigns sovereign, and for which the combined skills of sculptor and
architect are required. His great originality in inventing furniture, which while not losing anything of their
function, have however shown to be, in the structure
209
al trattamento della materia, cioè del legno, sfruttato
amorosamente in ogni sua qualità e caratteristica.
E poiché tale nuova creazione si impose con la sua
violenza quasi fantastica al gusto dei critici e dei fruitori, è avvenuto che Rivadossi esercitasse contemporaneamente la pratica di costruire mobili in modo
palese e la pratica della scultura in modo nascosto, e
quasi segreto.
Così, nelle stanze non pubbliche e non frequentate
della sua Officina, vive una popolazione di statue e di
figure che si sono accumulate fin dagli anni Settanta
e stanno stipate in quello spazio come in un muto colloquio.
210
of the whole and in the beauty of every detail, works in
which art flourished above the morality of craftsmanship, was due to the treatment of the material, that is
to say wood, lovingly exploited in all its qualities and
features.
And since this new creation has imposed itself with its
almost fantastic violence on the taste of critics and
users, it happened that Rivadossi at the same time
exercised the practice of building furniture in a blatant
way and the practice of sculpture in a hidden and almost secret way.
Consequently, a population of statues and figures lives
in the Workshop rooms which are not open to public, that
have accumulated since the Nineteen-Seventies and are
crammed into that space in a silent conversation.
Lavorazione Grandi Archi, 2007
211
212
Giovanni Testori
Giovanni Testori
Presentazione catalogo Festival dei Due Mondi
(Estratto)
Palazzo Spada, Spoleto, 1985
Presentation of the Catalog of the Festival dei
Due Mondi (Excerpt)
Palazzo Spada, Spoleto, 1985
Esistono mobili stupendi, ma che creano in chi li vede
o li usa una sorta di distacco; quasi l’avviso della loro
totale inappartenenza alla nostra vita.
Altri, ne esistono, non meno stupendi, che, invece,
chiedono, in chi li guarda o li usa, l’esatto contrario:
l’avvicinamento; la totale appartenenza; e, persino,
quei gesti dolci, rassicuranti e segreti che son propri,
e soli, dell’amore. I mobili che escono dall’Officina
di Giuseppe Rivadossi appartengono, per istituto, a
questa seconda categoria, diremmo, anzi, che ove
già non fosse esistita, l’avrebbero da sé determinata.
Comunque, nel nostro tempo, l’hanno reinventata e
la reinventano come, forse, nessuno dei molti, usciti
dalle teorie dei vari modernismi, è riuscito a fare. Tutto
Grande Immagine, 1970
questo non è raggiungibile
per semplice pienezza umana; ancorché essa si ponga
quale pilastro di base su cui
edificare queste sculture
adoperabili, queste sculture
in cui possiamo riporre le
stoviglie e i piatti del nostro vivere quotidiano, su
cui possiamo sederci e far
sedere i nostri famigliari e i
nostri amici, sui quali infine,
a sera, possiamo stenderci
e riposare.
There are beautiful pieces of furniture, but they create a
sort of detachment in those who view them or use them;
almost the warning of their almost total unbelonging to
our lives.
There are others, no less stupendous, that, however, ask,
in those who watch them or use them the exact opposite:
to draw close, a total belonging, and, even, those sweet,
reassuring and secret gestures, that are truly and only
of love. The pieces of furniture that come from Giuseppe
Rivadossi’s Workshop fall under this second category,
we would say, that indeed if it had not already existed,
they would have determined by themselves. However,
in our time, they have been re-invented and they have
indeed been reinvented perhaps as none of the many
theories emerged from the
various modernism has managed to do. All of this is not
achievable by simple human
fullness, even if it proves to
be a basic pillar upon which
to build these usable sculptures, these sculptures in
which we can store the tableware and dishes of our daily
lives, upon which we can sit
down together with our family and our friends, on which,
finally, in the evening, we
Oltre alla pienezza umana, per pensare, vivere e,
dunque, realizzare questi capi d’opera occorre possedere, dell’umano, una conoscenza che sappia scendere nel buio stesso dei tempi e che abbia, insieme, la
forza d’assumere le difficoltà e le gioie del presente;
con tutti i problemi che ad esso risultano connessi.
Non v’è nulla d’arcadico nella solidità antichissimamente
attuale di queste opere; nulla v’è di compiaciutamente
revivalistico. Sedie come troni, certo. Ma, troni per case
senza re; o nelle quali, regnando l’intelligenza e l’amore,
re e regine sono lo sposo e la sposa; e principi, senza altri principati che non siano le sacre leggi della vita, i figli.
Sedie come troni, dunque; ma perché sedie cavate dal
primordio stesso di che è, fu e sarà, il luogo domestico
in cui soffermarsi e sostare. Altrettanto può dirsi delle
credenze, delle madie, dei tavoli, delle poltrone dei letti.
Una semplicità che è giusto l’opposto del semplicismo.
Una semplicità che è il punto d’arrivo d’una quantità
infinita di studi, di pensieri, di mediazioni, d’approcci, i
quali, nel loro svolgersi entro
la mente e tra le mani di GiuL’alba la mia terra la mia casa, 1976
seppe Rivadossi e dei suoi
collaboratori, sciolgono tutti
i loro e nostri “nodi” e ce ne
offrono il sunto chiaro, limpido, necessario; così come
chiare, limpide e necessarie
sono tutte le forme dell’uomo
allorché arrivano alla compiutezza della loro soluzione.
can stretch out and relax.
In addition to human fulfillment, to think and live, and
therefore make these master pieces, one must possess
a knowledge of the human being which is able to plunge
into the darkness itself of time and has furthermore the
strength to take on the difficulties and the joys of the
present, with all the problems connected to it.
There is nothing pastoral, in the current quite ancient
soundness of these works, there is nothing that is complacently revivalist. Chairs as thrones, undoubtedly.
But, thrones for homes without a king, or in which, intelligence and love reign supreme and in which king
and queens are the groom and the bride and their children as princes with no other principalities but the holy
laws of life. Chairs like thrones, therefore, but because
chairs hewed from the same primordium that is, was
and will be, the domestic home where to linger and stay.
The same may be said of cabinets, cupboards, tables,
armchairs and beds. A simplicity that is the complete opposite of oversimplification.
A simplicity that is the culmination of an infinite quantity of studies of thoughts, of
mediations, of approaches,
which, in their execution in
Giuseppe Rivadossi’s mind
and in his, and his collaborators’ hands, unravel all their
and our “knots” and offer
us a clear, limpid, necessary
summation; just as all forms
of man are clear, limpid and
necessary when they arrive
at the completeness of their
solution.
213
214
Pier Carlo Santini
Pier Carlo Santini
L’opera di Rivadossi (Estratto)
Critica d’arte, ottobre, 1992
The Work of Rivadossi (Excerpt)
Critica d’arte, October, 1992
Non sarebbe possibile capire, seguire e spiegare la
personalità, l’attività e l’opera di Giuseppe Rivadossi,
senza tener conto delle sue origini e dell’ambiente
famigliare da cui viene crescendo e formandosi fin da
bambino. Quella di Nave, non lontano da Brescia, era
allora una realtà contadina e artigianale molto diversa
da quella odierna. E il nostro autore ne conserva un
pungente ricordo. Il padre Clemente, appassionato
cultore di musica, vuole che anche i figli la studino,
e ne facciano oggetto di fondamentale esperienza.
I messaggi che gli trasmette, soprattutto attraverso
l’esempio di una vita attiva e operosa, contribuiscono
in modo decisivo alla loro formazione. Credo di poter
dire che la religiosità espressa nell’opera di Rivadossi,
e più volte esplicitata nei suoi scritti e nelle sue dichiarazioni, sia parte di quella eredità già acquisita negli
anni giovanili. Per lui vi sono principi inderogabili, valori autentici e durevoli, fedi basilari che non possono
essere disattesi né traditi. La sua aristocrazia umanistica colpisce al primo incontro e sarebbe troppo facile
limitarsi a constatarne la forte carica utopistica quanto meno riferendola alle eteronomie correnti.
È indubbio, infatti, che nelle opere l’intera Weltanschauung di Rivadossi si specchia e s’invera con tale
trasparenza da dimostrare la concretezza operante in
quegli inderogabili principi. Ed è altrettanto indubbio
che nella sua denuncia delle storture, delle contraddizioni, dei brutalismi del nostro tempo, non c’è sfiducia nel nostro destino, ma solo l’aspirazione ed il
bisogno di richiamare l’uomo al rispetto per la vita.
It would not be possible to grasp, follow and explain
Giuseppe Rivadossi’s personality, activity and work,
without referring back to his origins and of the family
environment he grew up in and which molded him.
His childhood hometown, Nave, not far from Brescia,
was then a town of farmers and craftsmen, a circumstance that is quite different today. And our author still
has a poignant memory of it. His father Clemente, a
passionate lover of music, also wanted his children to
study it and make it a fundamental experience.The
messages that he handed down mainly through his
example of being an active and industrious life gave
a decisively contribution to their training. I think I can
say that religiosity expressed in Rivadossi’s work, and
explained on several occasions in his writings and in
his statements, is part of that legacy that he had already acquired in his youth. For him there are binding
principles, authentic and lasting values, basic beliefs
that may not be disregarded nor betrayed. His humanistic aristocracy strikes you when you fist meet him
and it would be all too easy to simply limit yourself to
noting his strong utopian charge, at least by relegating him to current heteronomies.
It is undoubtedly a fact Rivadossi’s entire Weltanschauung (worldview) is mirrored in his works which
are replete with such a transparency that they demonstrate the concreteness operating in those unalterable
principles. And it is equally certain that in his denunciations of the distortions, contradictions and degredations of our era, there is no mistrust in our fate,
Una filosofia del positivo dunque; un’etica d’ispirazione cristiana, che comporta la ricusazione coraggiosa e limpidamente espressa di ogni forma di irrazionalismo nel pensare e nel fare. Nulla per Rivadossi
si è risentito quando è stata avanzata l’ipotesi che in
talune sue opere si dovesse riconoscere qualche accento surrealista: niente di più estraneo alla sua forma mentis, ai suoi interessi, intenzionalità e propositi.
Di questa ideologia l’autore s’impegna a verificare e
dimostrare la valenza, ragionando dell’industrializzazione del lavoro, e cioè dell’incidenza delle nuove tecnologie sulla vita dell’uomo. Custodia verticale, 1977
«Dall’avvento della tecnica», egli scrive, «ci si aspetta benessere, conoscenza,
tranquillità e riposo... ma
sono arrivate anche nuove
esigenze, nuove ansie, nuove
inquietudini, nuove avidità,
nuove brutalità e ingiustizie».
Conosca o no il pensiero di
William Morris, giustamente
richiamato da Elvira Cassa
Salvi (1973), Rivadossi sembra riprenderne uno dei temi
centrali, quando sottolinea
le conseguenze alienanti
della disponibilità di mezzi
“sempre più potenti” e risolutivi, che appiattiscono e
disumanizzano il mondo del
lavoro. Ovviamente non si
può trascurare che il suo osservatorio non è quello di un
sociologo o di uno scienzia-
but only the desire and the need to draw man’s attention to the respect of life. A philosophy of the positive
therefore, an ethic of Christian inspiration, which involves the courageous and tersely expressed objection
to any form of irrationalism in thinking and in doing.
Rivadossi did not at all resent when it was suggested
that some surrealist accents might be recognized in
some of his works: nothing more alien to his way of
thinking, to his interests, aims and purposes. Concerning this ideology, the author has committed himself to
verifying and demonstrating value, a reasoning from
the industrialization of work,
and that is to say, the impact
of new technologies on mankind’s life. «Since the advent
of technology, he writes, we
have expected well-being,
knowledge, peace and rest...
but new demands also came,
new anxieties, new concerns, new kinds of greed,
new brutalities and injustice». Whether he knows
William Morris’s thought or
not, rightly remembered by
Elvira Cassa Salvi (1973),
Rivadossi seems to take up
one of the central themes
when he emphasizes the
alienating consequences of
the availability of increasingly “more powerful” and
effective means that flatten
and dehumanize the world
of work.
215
La mia casa, 1976
to, sibbene quello di un operatore attivo dentro un’officina che ha impostato e costruito a sua immagine e
somiglianza, in cui la manualità, o meglio il contributo
della sapienza e della perizia individuale, gioca un
ruolo sostanziale e determinante (ma su questo ritornerò in seguito). Da tale osservatorio in certo senso
privilegiato, Rivadossi considera il problema del rapporto tra ideatore e progettista, imprenditore ed esecutori che dovrebbe porsi, nonostante tutto, in termini
non diversi da quelli propri di altre epoche. Mentre si
guarda bene dal disconoscere il ruolo del designer,
egli osserva che troppo spesso si progetta e si disegna «senza conoscere né i materiali, né le tecniche
di esecuzione, né il senso più vero che le cose (che si
stanno) costruendo dovrebbero avere».
L’esigenza di «cose veramente utili, ben costruite
e non destinate ad un brutale consumo», che tutti
avvertiamo, non può avere risposta se non si recupera la “grande cultura che nasceva sul lavoro”, di
cui restano memorabile testimonianza le grandi fabbriche medioevali. Si tratta di giungere a edificare «la
città ideale (che) non è quella totalmente artificiale
che corrisponde alle nostre metropoli, ma è la terra
lavorata e costruita in buona collaborazione e abitata
con piacere, con rispetto e con amore», nella quale si
possa godere di un “saggio benessere”.
216
Obviously it should be overlooked that his viewpoint
is neither that of a sociologist nor of a scientist, but
rather that of an active operator in a workshop that
he set up and built in his own image and likeness, in
which the contribution of workmanship, or rather individual knowledge and expertise, plays a substantial
and decisive role (but I shall come back to this later).
From this, in a sense, privileged viewpoint Rivadossi ponders the problem of the relationship between
the creator and designer, entrepreneur and executer,
which should be asked, notwithstanding everyhthing,
in terms that are not different than those typical of
other eras. While careful not to deny the role of the
designer, he notes that too often planning and designing are carried out «without knowing either the materials or the techniques of execution, nor the truest
sense that the things (that they are) building should
have». The need for «something that is genuinely
useful, well built and not intended for a brutish consumption», that everyone feels, cannot be met if you
do not rediscover the “great culture that is born from
work”, of which the great medieval factories remain
as memorable testimonies. It concerns managing to
build «the ideal city (that) is not that totally artificial,
which corresponds to our metropolises, but it is the
worked earth and is built thanks to good cooperation
and inhabited with pleasure, with respect and love»,
in which you can enjoy a “wise well-being”.
217
APPARATI
Appendix
Gli articoli
Newspaper articles
220
Il Gazzettino
The Gazzettino
Il fascino di Rivadossi poeta della scultura di recente
in visita a Belluno
Gianluca D’Incà Levis
(Il Gazzettino, 14/11/2007)
The charm of Rivadossi, a sculptural poet recently on
a visit in Belluno
Gianluca D’Incà Levis
(Il Gazzettino, 11/14/2007)
Sicuramente, il passaggio a Belluno dello scultore
Giuseppe Rivadossi, membro di giuria nell’edizione
2007 del Ex tempore, avrebbe meritato, vista la sua
cultura artistica, una maggiore attenzione.
Due sole sono state le apparizioni pubbliche del
maestro: una conferenza, che si è subito tramutata in conversazione privata, quasi intima, sul tema
Scultura tra arte e Costruzione, e la cerimonia di premiazione del concorso. In entrambi i casi Rivadossi,
sconosciuto ai più, si è da subito imposto alla platea,
esercitando su di essa una presa istantanea, e inchiodandone gentilmente l’attenzione, con la franchezza
delle proprie parole, semplici ed esatte. Il maestro,
nato a Nave (Brescia) nel ’35, è scultore, designer,
poeta empirico della materia e ostinato cacciatore di
forme archetipe seminali. Da decenni la sua opera
viene apprezzata da critici e creativi eccellenti quali Giovanni Testori, Rossana Bosaglia, Roberto Tassi,
Vittorio Sgarbi, Mario Botta e molti altri. Rivadossi
è un grande comunicatore sintetico, che sa scolpire
la verità, sia con le mani che con la parola. Come
con il legno, il marmo, la terracotta, anche quando
parla, egli cava; leva il troppo, per ri-cavare il senso;
il metodo è lo stesso; senza esitazione con grande
umanità opera sui concetti primari, che sbozza, scava semplifica vigorosamente, chiarificandoli. Le sue
parole risultano profondamente radicate nella realtà
delle cose, non idee platoniche quindi, scorporate,
Surely, the sculptor Giuseppe Rivadossi’s visit to Belluno, a member of the jury of the 2007 edition of the Ex
tempore, deserved, given his artistic culture, greater
attention.
The master only made two public appearances: at a
conference, which was immediately transformed into
a private and almost intimate conversation on the
theme Sculpture Between Art and Construction and
at the award ceremony of the competition. In both
cases, Rivadossi, unknown to most, immediately imposed himself to the audience by capturing it instantly
and kindly gaining its attention, with the frankness of
his own simple and accurate words. The master was
born in Nave (Brescia), in 1935; he is a sculptor, designer, and an empirical poet of the field, but he is
also a stubborn hunter of seminal archetypal forms.
For decades, his work has been appreciated by critics such as Giovanni Testori, Rossana Bosaglia, Roberto
tassi, Vittorio Sgarbi, Mario Botta and many others for
its outstanding creativity. Rivadossi is a great summarizing speaker who knows how to sculpt the truth, both
with his hands and words. As with wood, marble, terracotta, even through his words, he carves; he removes
excess to reveal a sense; the method is the same;
without hesitation and with great humanity, he works
on primary concepts through rough drafts, which he
vigorously simplifies to make them clear. His words are
deeply rooted within the reality of things rather than
ma verbo incarnato. Chi l’ha sentito parlare, ha capito. Una voce calda, forte, priva di inflessioni decorative. Un vibrato di fede, volontà, impegno. Sorprende,
al principio, questo sgorgare carico, quasi un caso di
verità, profondo e puro; e poi, ammaliati, accesi, si
vien tratti fuori dall’atrofia, ritrovandosi in un luogo
di forza, di benefica lotta, un luogo in cui si attua una
sorta di guerra, della pace,
azione d’amare. Diverse,
potenti istanze si inflettono
tutto questo. Esse sono una
paradigmaticità illuminante.
Con un senso di calda evidenza, gli Arche, le Credenze, i
Leggii, i Troni, lasciano emergere la misura perfetta del
canone, la lineare e solenne
correttezza di una forma
sempre pensata per un uso
e mai come delittuoso ornamento.
Solidità affermativa è anche
nei suoi luoghi scultorei,
Casa, Città, Stele, Grande
Madia Intagliata, Igloo, dal
cui respiro architettonico promana una sorta di assoluta
calma Zen, immersa. E poi
Le Madri: organismi sintetici,
caldi e quietanti, razionali ed
umani: le forme ideali recate
da una storia in cui l’amore,
con il lavoro, sposa la misura
in un poema d’integrazione
universale intelligente.
within platonic ideas; therefore, they are stripped and
incarnated. Those who heard him speak, understood.
A warm and strong voice devoid of decorative accents.
Full of faith, will and commitment. Initially, this lively
outburst, almost truthful, deep and pure surprises;
then, motivated and fascinated, we come out of the atrophy to find ourselves in a place of strength and beneficial struggle, in a place where
a certain type of war, peace
and love action arise. Different and powerful instances
invoke all of this. They’re an
enlightening paradigm. With
a sense of warm evidence,
the Arche, Cabinets, Lecterns
and Thrones create the perfect fit for the standard, linear
and solemn correctness of a
shape that designed more for
specific use rather than as a
criminal ornament.
Strength is also confirmed in
his sculptural sites; Home,
City, Steles, Large Carved
Cupboards and Igloos that
emit an architectural sense
to emanate a sort of Zen-like
peace all around. And then,
the Mothers: synthetic, warm,
quiet, rational and humane
organisms: the ideal forms of
a story in which love and work
are blended with measures
in a universal and intelligent
poem of integration.
221
222
AD
AD
Lo spirito e l’essenza
Riccardo Bianchi
(AD, 01/02/03)
Spirit and essence
Riccardo Bianchi
(AD, 02/01/03)
Nel suo atelier Giuseppe Rivadossi trasforma il legno in
arte. Il mestiere l’ha imparato dal papà Clemente, falegname, ma per diventare “il più grande artista-ebanista
italiano vivenye” – così lo ha definito Enzo Biffi Gentili,
direttore del Museo Internazionale delle Arti applicate di
Torino – Giuseppe Rivadossi ci ha messo molto del suo.
Idee, un animo poetico che mette al centro dell’esistenza il rapporto tra l’Uomo e la Creazione, un’inclinazione
per l’arte e la sua storia accudita con pazienza e meticolosità, una gran voglia di sperimentare, magari di ritrovare saperi tecnici dimenticati.
Soprattutto un’incontenibile necessità di esprimersi
attraverso il legno. Per lui il legno è molto più che un
bel materiale da lavorare. È un amico, un compagno a
cui affidare i propri pensieri, le proprie emozioni, il senso della vita. «Non è freddo», dice, «sedimentato da
milioni di anni come la pietra o il metallo, al contrario
vive, cresce accanto e con noi, come noi reca i segni
del tempo, delle stagioni, respira gli umori della terra,
trattiene la memoria del clima. Isola dal freddo e dal
caldo, è forte però malleabile, leggero, prefetto per le
esigenze dell’abitare». Dal noce nazionale al rovere,
dal tiglio all’acero, con il legno – ma lo fa anche con
la pietra ed il bronzo – crea sculture di rara intensità e
pathos, con il legno, solo con il legno, realizza tavoli,
poltrone, sedie, librerie, leggii, madie, dolmen e menhir, obelischi a scala domestica: “custodie”, le chiama
lui, strutture garbate che proteggono le tracce del nostro quotidiano, ma anche i ricordi, i segni della nostra
In his workshop, Giuseppe Rivadossi turns wood into art.
He learned this craft from his father Clemente, a carpenter, to become “the greatest living Italian artistcarpenter”, as defined by Enzo Biffi Gentili, the director of the International Museum of Applied Arts, in Turin. Giuseppe Rivadossi has put much of himself into
his work. Ideas and a poetic soul that puts the relationship between Man and Creation at the center of
our existence; an inclination towards art and a history
that has been patiently and meticulously guarded; a
great desire to experiment, perhaps even to find forgotten technical knowledge once more.
But most of all, an uncontrollable need to express himself through wood. For him, wood is much more than a
nice material to work with. It’s a friend, a companion
with whom he can share his thoughts, emotions and
the meaning of life. «It is not cold», he says «it has sat
there for millions of years like stones or metals, but
unlike them, it grows near and with us; like us, it bears
the signs of times, of the seasons, and it breathes
in the earth’s moods, retaining the memory of a climate. It insulates against the cold and heat and it is
strong and malleable, light and perfect for our living
needs». From the national walnut to the oak, from the
linden to the maple, he creates sculptures – but also
with stone and bronze – of rare intensity and pathos,
only with wood and with wood only, he creates tables,
armchairs, chairs, bookcases, lecterns, cupboards,
dolmens and menhirs, and obelisks on a domestic
conoscenza. «Se non fossimo custoditi», spiega, «non
potremmo vivere, se non custodissimo perderemmo la
nostra umanità». Sono, le sue, microarchitetture che
instillano un sentimento lirico allo spazio dell’abitare
perché ed un’ineccepibile funzionalità uniscono l’intuizione di una storia, il fascino di un’arte. hanno l’essenzialità degli archetipi, la loro atemporalità, la capacità
di offrire sempre nuove letture ed emozioni. Vi si rintracciano le forme primigenie del paleolitico, le proporzioni dei Greci, il misticismo romanico, la naturalezza
shaker, la “verità” razionalista, hanno «la misura perfetta del canone, la lineare e solenne correttezza di
una forma sempre pensata per un uso, e mai come-delittuoso-ornamento”, così ha scritto il critico Gianluca
D’Incà Levis. Quando gli si rivelano queste sensazioni,
Rivadossi spiana il volto severo, sorride. «Vede tutto
questo? Mi fa piacere, in fondo tutto nasce dal trattare
il legno con rispetto nell’ambito di un mutuo scambio
con l’uomo e la sua spiritualità. Rispettarlo significa
comprenderlo, scoprire, manipolandolo, le sue mille
qualità. Per questo, con i miei collaboratori, abbiamo
recuperato ed affinato tecniche antiche di grande forza funzionale ed espressiva quali l’incastro e lo scavo,
l’uso insistito della sgorbia per muovere, incidendole
con segni “misteriosi”, le superfici. Altre, come la lavorazione a fibra verticale, ce le siamo inventate per rendere più stabile l’essenza». Un maestro insomma: si
capisce perché all’estero uno come lui ce lo invidiano.
E molto.
scale: he calls them “casings”, graceful structures
that protect the traces of our everyday life, but also
the memories and signs of our knowledge. «If we were
not protected», he explains, «we could not live, if we
were not protected, we would lose our humanity». His
micro-architectures confer a lyrical feeling to the living
environment because it is an impeccable functionality
that unites intuition to history, the charm of any art.
His works have the essentialness of archetypes, timelessness, and the ability to always offer new interpretations and emotions. The primitive Paleolithic forms
are mixed to the proportions of the Greeks, to the Roman mysticism, to the naturalness of the shakers and
to the rationalist “truth”. They represent «the perfect
measure of standard, linear and solemn correctness of
a form that is always more designed to be used rather
than as a criminal ornament», as written by the critic
Gianluca D’Incà Levis. When these sensations are revealed, Rivadossi smoothes a stern face and smiles.
«Do you see all of this? I’m glad. In the end, everything comes to life when wood is treated with respect
and as the object of a mutual exchange between man
and his spirituality. Respecting it means being able
to understand it, to discover it and to manipulate its
many qualities. For this, my co-workers and I have
recovered and refined ancient techniques of great
functional and expressive strength, such as embedding and carving processes or the use of a gouge to
move and carve surfaces with “mysterious” signs. We
invented others, such as the vertical fiber technique,
to make the essence more stable». In short, a master:
it is understandable why someone like him is envied
abroad. And very much so.
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Corriere Magazine
Corriere Magazine
Giuseppe Rivadossi, l’Alchimista del legno
Francesca Pini
(Corriere Magazine, 27/01/2007)
Giuseppe Rivadossi, the Wood Alchemist
Francesca Pini
(Corriere Magazine, 01/27/2007)
Dategli un pezzo di tiglio, di noce o ciliegio e ne farà
meraviglie. Lo scultore bresciano ha un atelier dal
quale escono mobili-architetture ispirate alla natura.
Per lui gli alberi non hanno segreti e li ama come figli.
Il legno come creta sotto le sue mani. Che diventano tutt’uno con la materia, lavorandola. Forti e gentili plasmano ciliegio, tiglio o noce, facendo danzare
sgorbie e scalpelli che a volte affondano nella carne
del legno, per tirarne fuori trucioli, anima e una scia
di profumo. Al contrario di altre opere, per quelle di
Rivadossi il “vietato toccare” diventa invece un “si
invita assolutamente a toccare”. Le sue sono sculture–architetture che sprigionano un forte richiamo
tattile. Rivadossi aborre l’uso di vernici. La pellicola
impedisce di “sentire” il legno. Accarezzare la superficie carteggiata e lavorata da lui (così levigata, quasi
incipriata) ha un che di voluttuoso e sensuale. Ci sono
polveri e schegge di legno sul maglione che Giuseppe
Rivadossi indossa, e sono come la legione d’onore per
chi, figlio di falegname, fin da piccolo sognava di emulare il padre (la madre gli raccomandava tanto “non
mettere in bocca i trucioli!”). In laboratorio, la montagnola di segatura è diventata la cuccia soffice del
cane Eco, che vi si annida come un idolo egizio. Via
vai di una carretta con i ciocchi di legno, ci sono operai ed assistenti, anche un lavorante di colore, ma al
ponte di comando c’è sempre e solo lui, con le sue
idee, i suoi disegni, la sua esperienza. Parla bresciano
stretto (l’atelier è a Nave e qui è aperta una mostra
Give him a piece of linden, cherry tree or walnut tree
and he will do wonders. The sculptor from Brescia has
a workshop where he creates furniture-architecture
that is inspired by nature. For him, the trees don’t have
secrets and he loves them as if they were his children.
The wood he creates with his hands. His hands blend
into the material while he is working with it. Strong and
gentle, they shape the cherry, linden or walnut wood
while making the chisels and gouges, that sometimes
sink deep into the bark of the wood, dance to remove
the chips; it animates and releases a perfume. Unlike
for other works, the ones of Rivadossi, the “do not
touch” becomes an “absolutely invitation to touch”.
His sculptures are architectures that give off a strong
tactile appeal. Rivadossi abhors the use of paints. The
film prevents you from “feeling” the wood. Stroking
the sanded surface he worked on (so smooth, almost
powdery) confers a voluptuous and sensual appeal.
There are dust and splinters of wood on the sweater
Giuseppe Rivadossi is wearing and they are like a legion of honor for he, the son of a carpenter, whom as
a child dreamed of emulating his father (his mother
often recommended him “not to put the wood chips
in his mouth!”). In the laboratory, the pile of sawdust
became the dog Eco’s soft bed; there he sits like an
Egyptian idol. There’s a a cart with logs of wood that
comes and goes, there are workers and assistants
and even a colored worker, but he’s always managing things with his ideas, drawings and experience.
di sue opere e mobili), chiede al figlio di portargli il
“peoto” (bambolotto), in realtà un gruppo scultoreo
della Mater amabilis, dà ordini perentori ed indiscutibili per chiunque (ma “dentro” è un bambino quando
si mette a parlare del legno), e senza tanti complimenti toglie di mano lo scalpello all’operaio quando,
con occhio millimetrico, vede che qualcosa non sta
riuscendo perfettamente. I suoi mobili scultura (come
l’armoniosa madia, a nido d’ape che, nella sua forma
architettonica, ha preceduto di decenni la torre Agbar
di Jean Nouvel a Barcellona) fanno di lui un grande
artista artigiano al pari di glorie del passato come gli
ebanisti lombardi Maggiolini e, nel liberty, i siciliani
Ducrot.
Bloc notes di pioppo
Il suo modo di essere e di lavorare il legno richiama alla memoria una parola antica: maestro
d’ascia, tali erano i costruttori
di navi dell’Arsenale della Repubblica di Venezia, e in questo
senso il termine è improprio ma,
se osserviamo le tracce lasciate
dal suo scalpello (così come
avveniva con l’ascia), Rivadossi
quella definizione la incarna.
Quante ore passa nell’atelier?
Non è questo il punto. Il laboratorio è nella sua testa, nella sua
intelligenza, nell’intuizione costante. Che sfocia poi nei disegni, negli appunti e nelle misure
che abbozza sul panforte di
pioppo assemblato a strati: bloc
He speaks the slang from Brescia (the workshop is in
Nave and his works and furniture are exhibited there).
He asks his son to bring him the “peoto” (small doll). In
reality, a group of sculptures from the Mater Amabilis,
he gives peremptory and unquestionable orders for
anyone (but “inside”, there is a child when he starts
talking about wood). And, without much of a fuss, he
removes the chisel from the worker’s hand when, with
an eye that pays attention to the smallest millimeter,
he sees that something is not coming out quite as perfectly as he wished. His furniture-sculptures (like the
harmonious cupboard, like a beehive, which – in its
architectural form – has preceded the Agbar tower of
Jean Nouvel in Barcellona by decades) make of him
a great craftsman and artist
that is in line with the glories of
the past such as the Lombard
woodworkers Maggiolini and, in
the liberty, the Sicilian Ducrot.
Poplar notepads
His personality and the way he
works wood recall to mind an
ancient word: an ax master, as
were the shipbuilders of the Arsenal of the Venetian Republic
and, in this sense, the term is
improper, but if we observe the
traces left by his chisel (as was
done with the ax), Rivadossi
embodies this definition. How
many hours does he spend in the
workshop? This is not the point.
The laboratory is constantly in
his head, in his intellect, in his
227
notes da incorniciare volendo. Il tempo, è lui che deve
adeguarsi al lento e veloce procedere delle mani di
quest’artista. Il “laboratorio” lo segue anche nelle sue
passeggiate nel bosco in Conca, dove ama perdersi.
Geppetto creò dal legno un burattino e dal burattino un
uomo: vi riuscì perché non lavorava solo una materia,
ma un concetto di vita, e anche una speranza. Natura
crea natura. E aderire alla natura per Rivadossi è irrinunciabile (nei suoi mobili c’è l’eco di menhir, di dolmen) non è questione di imitare, copiare, o riproporre
nei suoi oggetti, o mobili, alcune forme naturali come
nelle piccole stupende arche in tiglio (ricci di castagna
stilizzati). Certi segni di scalpello formano addirittura
una rete di riflessi come gli specchietti del mare. Per
lui la Natura è dea madre del suo lavoro, arca dell’alleanza. E all’arca è dedicata una struttura a mezza
luna, che Carlo Scarpa, ammirandola, avrebbe voluto
trasformare in una casa. Cito parole di Rivadossi, dal
catalogo: «Se non fossimo custoditi non potremmo vivere. L’universo custodisce la terra, la terra custodisce
noi, noi custodiamo la vita. C’è qualcosa di straordinario nelle leggi della natura, natura che viene prima e
va oltre noi stessi, la nostra avidità o violenza. Questo
qualcosa è l’amore che troviamo come fatto istintivo
in ogni animale, ma anche in ogni espressione della
vita vegetale». Se gli si domanda che cosa sono per
lui gli alberi, risponde: «Un’infinita serie di animali...
l’albero è un essere simile all’uomo, ma privato di parola. Con profumi straordinari (cirmolo e cipresso non
lo perdono neanche dopo cinquant’anni) o puzzolenti
(l’acacia). E il tronco racconta tutto. Ma il legno è bello
anche perché marcisce a non ha pretese di eternità»
dice. Lui lavora il legno massello, bello spesso, e la
differenza è come addentare un tozzo di pane al posto
di un craker. «Uso legno stagionatissimo, ma qualche
228
intuition. Then, he masters the drawings, notes and
measures that he sketches on gingerbread poplar,
assembled in layers: notepads that could be framed.
Time has to adapt to the slow and fast process of the
hands of this artist. The “laboratory” follows him on his
walks through the woods of Conca, where he loves to
let himself go. Geppetto created a puppet from wood
and it became a man: he was able to do so because he
did not work with one material only, but rather with a
concept of life and even hope. Nature creates nature.
And, becoming a part of nature, is essential for Rivadossi (in his furniture, there is the echo of menhirs and
dolmens). It is not a matter of imitating, copying or
reproducing certain natural forms in his objects or furnishings, like in the small and beautiful arche in linden
(stylized chestnut shells). Certain marks left by the
chisel form a network of reflections that stand out in
the sea. For him, Nature is the mother Goddess of his
work, the Ark of the Covenant. And the ark is a dedicated half-moon structure, which – while admiring it –
Carlo Scarpa wanted to turn it into a home. I quote the
words of Rivadossi, from the catalog: «If we were not
protected, we couldn’t live. The universe protects the
earth, the earth protects us, we protect life. There is
something extraordinary in the laws of nature. Nature
comes and goes beyond ourselves, beyond our greed
and violence. This something is the love we find within
every animal’s instinct, but also within every expression of plant life». If we ask him what he thinks of the
trees, he answers: “An infinite number of animals...
the tree is similar to man, but without words. It has
extraordinary perfumes (pine and cypress do not lose
their scent even after fifty years) or foul smells (acacia trees). And the trunk says it all. But the wood is
also beautiful because it rots and without pretending
volta frega anche me, il legno
ha la sua alchimia», confessa. Il
tavolo Vela, simile ad una volta
a crociera (ma capovolta) di una
chiesa, è tutto realizzato in fibra
verticale.
«Così, con le variazioni di temperatura, aumenta e diminuisce
simultaneamente; il legno coricato è morto e non va lavorato
in orizzontale come fanno certi
architetti-designer». (E i nomi
gli si attorcigliano sulla lingua).
Poi si mette a fare lo psicologo e
racconta di alberi socievoli, solitari e che tengono le distanze (il
noce, che lui ama lavorare particolarmente), delicati (rovere
del Nord). La sezione, la misura
aurea del suo lavoro, Rivadossi
la individua nella persona: dalla
quale derivano gesti ed esigenze.
«Conta il rapporto tra vita e cose,
e nell’armonia fiorisce la bellezza. Penso, realizzo, oggetti per l’uomo per riconciliarlo con la vita. Mi piace
che i mobili custodiscano cose che appartengono agli
affetti ed al suo mondo». Così molti suoi mobili sono
custodie e madie. E anche se oggi lo si toglie dal freezer, sarebbe bello ritrovarselo, fragrante, con un sapore che profuma anche di legno.
to live forever». He works solid
wood, nicely thick, and the difference is similar to bitting into
a piece of bread rather than into
a cracker. «I use seasoned wood,
but sometimes, it also tricks me.
Wood has its alchemy», he confesses. The Vela table, similar to
the cross vault of a church (upside down) is made of vertical
fiber.
This way, with the temperature
changes, it increases and decreases simultaneously; wood
that is lying there is dead and
should not be worked horizontally, as certain architects and
designers do. “ (And he blurs
out a few names on the tip of
his tong). Then, he starts acting
like a psychologist and tells the
story of the social and solitary
trees that keep their distance
(the walnut, which he particularly enjoys working) and
of the mild ones (Northen oaks). Rivadossi sees the
section, the critical measure of his work, in the person: from which the gestures and needs derive. «It’s
the relationship between life and things that counts
and beauty blooms within harmony. I conceive and
make objects for man to reconcile him with life. I like
to know furniture protects things that belong to the
affections of this world». This is how much of his furniture and many of his cupboards are. And even if today
we can take it out of the freezer, it would be nice to
find it fragrant, with a flavor that also smells of wood.
229
230
La Repubblica
La Repubblica
Con lima e scalpello i mobili diventano sculture
Chiara Gatti
(La Repubblica, 04/01/2007)
With file and chisel furniture turns into sculptures
Chiara Gatti
(La Repubblica, 01/04/2007)
Ha due mani d’oro, Giuseppe Rivadossi. Due mani
che plasmano il legno come fosse burro. Mani forti, di
quello che hai paura di stringere per non lasciarci le
dita. Mani di artigiano, insomma, cresciuto in bottega,
quando al posto dei moderni macchinari si usavano
ancora sgorbie e scalpelli, lime e pialle. Strumenti che
Rivadossi, nella sua officina di Nave, a una manciata
di chilometri da Brescia, utilizza ancora adesso. Per
creare mobili più simili a sculture. O meglio sculture
che, toccandole, si aprono in mille modi possibili e si
rivelano mobili funzionalissimi con tanto di cassetti,
ante, piani e serrature. Sì perché la funzionalità, per
lui, è importante quanto la bellezza. Sono settant’anni
che crede in questo dialogo. Infischiandosene della
tecnologia e delle mode del design s’è inventato un
arte “su misura”. Sua e dei suoi collezionisti, tra cui
spiccano i nomi di Ermanno Olmi, e Vittorio Sgarbi,
sedotti da quel cocktail fra artigianato e ricerca estetica, di cui Rivadossi svela il segreto in una mostra nel
suo atelier e in una pubblicazione fresca di stampa.
Rivadossi, come è nata l’idea del mobile-scultura? Da bambino aiutavo mio padre nella sua bottega
di falegname, a costruire botti e carri per una clientela
contadina. Lì ho imparato l’importanza del manufatto
efficiente. Quando, col passare del tempo, l’estetica
ha cominciato a prevalere sulla qualità dei prodotti, ho
pensato di fare del mestiere stesso un valore aggiunto,
sperimentando la combinazione fra praticità e poesia.
E come è andata? Mi hanno detto che facevo cose
Giuseppe Rivadossi has two golden hands. Two hands
that shape wood as if it were butter. Strong hands, the
hands of he whom you are afraid to shake hands with
for fear to lose your fingers. The hands of a craftsman,
in other words, of he who grew up in a shop when, instead of modern machinery, he still used gouges, chisels, files and planes. Tools that Rivadossi, in his workshop of Nave, a few kilometers from Brescia, still uses.
To create furniture that looks more like sculptures. Or
better yet, sculptures that open into a thousand different ways when you touch them and that reveal very
functional furniture with lots of drawers, doors, shelves
and locks. Yes, because – for him – functionality is just
as important as beauty. He has believed in this dialog
for seventy years. He doesn’t care about technology
and design trends, he invented a “custom-made” art.
His and of his collectors, amongst which names such
as Ermanno Olmi and Vittorio Sgarbi, who were seduced by this cocktail of craftsmanship and aesthetic
research, of which Rivadossi reveals the secret in an
exhibition in his workshop and in a publication fresh
off the press.
Rivadossi, how did you come up with the furniture-sculpture idea? As a child, I helped by father in his carpentry shop. I helped him build barrels
and carts for rural customers. There, I learned the importance of efficient work. When, with the passing of
time, aesthetic began to prevail over quality, I thought
of adding value to the job by experimenting with a
del medioevo. Ma l’ho preso come un complimento,
perché credo che alla base di ogni innovazione debba esserci uno studio del passato e che le radici della
creatività stiano nelle forme dell’arte primitiva; quando si producevano cose utili prima che belle. La logica
commerciale di adesso ha cambiato tutto.
Per questo non le piace essere definito un designer? Perché non
lo sono. Non disegno
per l’industria e non
progetto
strutture
pensando alle macchine che dovranno
utilizzarle. Nella mia
officina lavorano una
quindicina di persone
che usano ancora gli
scalpelli,
producono
oggetti unici e magari
ci mettono un paio di
mesi per completarli.
Rigorosamente
di
legno? Si, ogni legno
ispira forme diverse
in base al suo valore
espressivo. Dal noce,
al rovere, all’acero, al
ciliegio dorato. Tutte
essenze dei nostri
boschi, da cui sappiamo bene cosa si può ottenere. Basta un pezzo per
caratterizzare un interno, per dargli una dimensione
lirica.
E le forme? Sono quelle della natura, ripensate smontate e ricomposte. Ma sempre rigorose ed essenziali.
combination of practicality and poetry.
And how did it go? I was told I was making things
from the Middle Ages. But I took it as a compliment
because I believe that at the base of every innovation,
there must be a study of the past and that the roots
of creativity lie within the forms of primitive art; when
we built useful rather than beautiful things. Today’s
commercial logic has
changed everything.
Is this why you don’t
like to be called a
designer? That’s because I’m not. I don’t
design for the industry
and I do not project
structures while thinking of the machines
that will have to use
them. In my workshop, I work with a
dozen people who still
use the chisel to produce unique objects,
even if they may take
a couple of months to
finish them.
Strictly wooden objects?
Yes,
every
wood inspires different shapes depending on its expressive value. From walnut to oak, from
maple to golden cherry wood. All the essence of our
forests and from which we know exactly what we can
achieve. You only need a piece to give character to an
interior, to give it a lyrical dimension”.
231
Il riccio con le castagne mi ha ispirato, per esempio,
il concetto di custodia. Che non è un semplice contenitore. Come la cassa di un violino, sprigiona energia.
Così sono la mie madie intagliate.
Verso quali autori si sente in debito? A parte i
grandi della pittura antica, gli architetti Mackintosh,
Louis Kahn e Mies van der Rohe, tre grandi maestri di
purezza nella struttura, di modernità e poesia.
L’aterlier degli igloo e dei ramoscelli
Armadi e cassettoni, credenze e librerie. Detto così,
sembra il repertorio di un qualsiasi mobilificio. Ma
basta visitare l’atelier di Giuseppe Rivadossi, a Nave
- dove è in corso in questi giorni una mostra dedicata
alla sua storia e alla produzione, corredata da un poderoso volume illustrato L’immagine primaria – per
scoprire che esistono mobili di un’altra natura. Oggetti
d’arte, per la verità, che sembrano totem, obelischi,
menhir, pezzi di roccia asportati da una montagna
e precipitati nel centro di un salotto. Come le grandi
madie o gli scranni. Un centinaio di pezzi un tutto, che
raccontano la storia di un’officina attiva da più di quarant’anni. A fare da protagonisti, alcuni pezzi storici,
come gli Igloo in tiglio di selva, i tavoli a froma di vela
(leggerissimi!) o le sedie dove i ramoscelli fragili dello
schienale si diramano varso l’alto come una fronda
lasciata al naturale. I lavori degli esordi, caratterizzati
da strutture ad incastro, lasciano il posto agli ultimi
progetti, in cui la forma è ottenuta scavando blocchi
compatti di legno massiccio.
232
And the forms? The ones from nature, rethought,
disassembled and reassembled. But always more rigorous and essential. The shells of the chestnut inspired
me, like for example leading me to the concept of protection. It’s not a simple container. It’s like the case
of a violin, it releases energy. That’s how my carved
cupboards are.
To which authors do you owe your style? Aside
from the big ones of ancient paintings, the architects
Mackintosh, Louis Kahn and Miles van der Rohe; three
great masters of purity in terms of structure, modernity and poetry.
The igloo and twig workshop
Closets and dressers, cabinets and bookcases. In such
terms, it seems like the repertoire of any furniture
store. However, just visit Giuseppe Rivadossi’s workshop, in Nave, where there currently is an exhibition
dedicated to his history and productions – accompanied by numerous illustrated volumes on the Primary
image, – to discover there are furnishings of a different type of nature. Objects of art, to say the truth,
that look like totems, obelisks, menhirs or pieces of
rocks that fell from a mountain directly into the middle
of a living room. Like the large cupboards or benches. Around one hundred pieces that tell the story of
a workshop that has been active for more than forty
years. The protagonists? Some historical pieces, like
the linden-wood Igloos, the tables in the shape of sails
(very light) or the chairs where the brittle twigs of
the back unfold towards the sky like a natural frond.
The initial works, characterized by interlocking structures, leave room for the last projects whose shape is
achieved by carving compact blocks of solid wood.
La Repubblica
La Repubblica
Rivadossi, lo scultore delle madie
Renata Fontanelli
(La Repubblica, 17/11/2008)
Rivadossi, the cupboards sculptor
Renata Fontanelli
(La Rebupplica, 11/17/2008)
“Così porto l’arte dentro le case”. Lo hanno definito il
Gaudí italiano e i suoi pezzi sono stati esposti anche al
MOMA di New York. « Non ho fatto studi accademici:
per questo il mio pensiero resta libero».
L’ultima delle sue madie-sculture si chiama Pozzetto
del vento ed è quella che verrà presentata a Milano in
occasione dell’apertura della sua prima galleria. Giuseppe Rivadossi, artista, scultore e designer, spesso
definito come “il Gaudí italiano”, non ama definirsi.
Nel suo atelier di Nave,
piccolo borgo circondato
dalle montagne bresciane, lavora instancabile, circondato da travi
di legno in mezzo ai
trucioli, plasmando la
materia e creando sculture e mobili. Tra i suoi
operai che lo seguono
da decenni, indifferente
al rumore assordante di
sega, è come se fosse
solo, tanto è alto il livello
di concentrazione e la
sensazione che più colpisce che entra nell’atelier è il profumo. Forte,
penetrante, buono quello del legno. E poi il tatto.
“I bring art into homes”. They defined him the Italian Gaudí and his pieces were also exhibited at the
MOMA show of New York. «I didn’t study: this is why
my thoughts are still free».
The last of his cupboard-structures is called the well of
the wind and it will be presented in Milan at the opening of his first gallery. Giuseppe Rivadossi, an artist,
sculptor and designer is often defined as “the Italian
Gaudí”, even though he doesn’t see himself as such. In
his workshop, in a small
town surrounded by the
mountains of Brescia, he
works tirelessly in the
midst of wood chips and
wooden beams to shape
materials in order to create sculptures and furniture. Amongst his workers, who have been with
him for decades – indifferent to the deafening
noise of the saw, it’s as
if he were alone given
the high level of concentration. When entering
his workshop, the smell
is the most striking sensation. The strong, penetrating and good smell
233
Le sue creazioni, sedie, madie, tavoli e letti sono morbide e calde, un’esperienza sensoriale prima ancora
che visiva. Rivadossi nasce come artista e scultore,
ma intorno agli anni ‘60 ha iniziato a disegnare mobili,
cucine ed oggetti per la casa: «credo nella funzionalità che deve diventare poesia. Lo spazio domestico è
straordinario, un luogo dove si incontrano le persone,
un luogo che deve parlare». I suoi pezzi sono finiti al
MOMA di New York e la prima grande esposizione dedicata al lavoro della sua Officina l’ha fatta proprio a
Milano, alla Rotonda della Besana, nel 1980. La decisione di aprire una galleria in città parte dai figli Emanuele e Clemente, che intendono portare avanti una
tradizione dove la manualità è ancora al primo posto
ed il contatto con «madre natura è fortissimo: Tutto
quello che faccio ha un forte legame con la natura,
anche la luce diventa materia, le ombre, anche le più
piccole esprimono qualcosa e fanno parte di quel buio
siderale ed insondabile che è il mistero della vita. Amo
più di tutto fare sculture che raffigurano donne, perché la madre è l’archetipo per eccellenza dell’amore».
Ha un po’ l’aria del Mastro Geppetto, ma quando apre
bocca si capisce di avere a che fare con un artista, un
pensatore, un filosofo. Suo padre, piccolo falegname,
voleva fare di lui un pianista, ma le sue manone, oggi
appena disturbate dal tremito, più che sulla tastiera
erano vocate a scivolare sul legno. Non ha mai fatto
studi accademici e non se ne pente: «Così il mio pensiero è rimasto libero. Tanti professori e tante teorie a
volte castrano la creatività». Fare sculture è stata la
sua prima passione, in ferro, terracotta e legno. Poi
sono arrivati i primi mobili, importanti e grossi «contenitori della vita, alberghi per gli oggetti, imponenti ma
anche segreti», e in Rivadossi è sopraggiunta una sorta di distacco dall’arte per passare all’architettura ed
234
of wood. And then, the touch. His creations, chairs,
cupboards, tables and beds are soft and warm; a sensory experience way before the visual one. Rivadossi
was a born artist and sculptor, but around the 60s,
he started designing furniture, kitchens and objects
for the home: «I believe in a functionality that must
become poetry. The home environment is extraordinary, a place where we meet people, a place that must
speak out». His pieces ended up at the Moma of New
York and the first grand exhibition dedicated to the
work of his Workshop was held in Milan, at the Rotonda (Roundabout) of the Besana in 1980. The decision
to open a gallery in a city was initiated by his sons,
Emanuele and Clemente, who plan on continuing the
tradition where manual work is still in first place and
where contact with «mother nature is very strong: Everything I do has a strong connection to nature, even
light becomes matter, the shadows – even the smallest – express something and become a part of that
sidereal darkness and unfathomable mystery of life. I
prefer to make sculptures that depict women because
the mother is the archetype of love by excellence».
He’s a little like the Maestro Geppetto, but when he
opens his mouth to speak, we realize we are dealing with an artist, a thinker, a philosopher. His father,
a small carpenter, wanted him to become a pianist,
but his big hands, which now tremble, were meant to
caress wood more than the keyboard of a piano. He
never studied and does not regret it: «This way, my
thoughts remained free. Many professors and theories
can obstruct creativity». Sculpting iron, terracotta and
wood was his first passion. Then, the first pieces of furniture, important and large «containers of life, hotels
for objects, impressive although secretive» came to
life and Rivadossi sort of moved away from art to focus
on architecture and design: «My greatest commitment
al design: «Il mio più grande impegno è stato recupewas to recover the home environment. Architecture
rare lo spazio della casa. L’architettura non ha subito
did not suffer the obvious crises that occurred in the
quelle crisi così evidenti che ci sono state nel monart world. The works of our
do dell’arte. Le opere del
troubled period witnessed
nostro tormentato periodo
endless anguish.
testimoniano un’angoscia
In the mid 60s, the gallerinfinita.
ies made attempts that
A metà degli anni ’60 le
ended up in the body-art,
gallerie hanno cominciain the installations and in
to quei tentativi che sono
conceptual art. Then, they
finiti nella body-art, nelle
understood that art had to
installazioni e nel concetcome out of the restricted
tuale.
Compresi
allora
area in which it was to
che l’arte doveva uscire
come back as the fruit of
dall’ambito
ristretto
in
a work in the living envicui era finita per rientrare
ronment, in the home, in
come frutto di lavoro nello
the city. Architecture has
spazio della vita, della casa
maintained positive and
e della città. L’architettura
infinite language opportuha conservato una possinities». The furnishings of
bilità di linguaggio posiRivadossi are still unique
tiva ed infinita». I mobili
pieces: «We are a family
di Rivadossi sono tuttora
and we we start a new
pezzi unici: «Siamo una
job, three workers are infamiglia e quando cominvolved from the beginning
ciamo un nuovo lavoro tre
to the end». Amongst his
operai vengono coinvolti,
many admirers, there is
dall’inizio alla fine». Tra i
Philippe Daverio, who will
suoi tanti estimatori c’è
inaugurate the gallery in
Philippe Daverio, che inauMilan: «The most striking
gurerà la galleria milanese:
Tavolo Camera di Commercio, Brescia, 2006-2007
thinG about his works is the
«Quello che colpisce delle
primordialism of highest quality found within the
sue opere è il primordialismo di altissima qualità, che
material and shape. This is what makes him a truly
si trova nel materiale e nella forma e che fa di lui un
unique artist and designer».
artista ed un designer davvero unico».
235
236
Mestieri d’Arte
Strutture Poetiche (Maestri d’Arte, aprile 2011)
Mestieri d’Arte
Poetic Structures (Maestri d’Arte, April 2011)
Riconoscere la totalità di funzionalità e bellezza. E da
qui innestare l’intero processo, dalla creazione alla
vendita. Questo è il segreto di Giuseppe Rivadossi.
L’atelier di Giuseppe Rivadossi è un cantiere (ha sede
a Nave, in provincia di Brescia) dove si elaborano progetti e si realizzano strutture e opere in legno dedicate
all’abitare. La materia è usata nel massimo rispetto
delle sue caratteristiche, lavorata con tecniche arcaiche come l’assemblaggio per incastri e la lavorazione a scavo da blocco. L’operare di Rivadossi è tutto
rivolto a ricostruire uno spazio poetico domestico, a
servire e umanizzare lo spazio e i gesti quotidiani con
nuove strutture che nascono da radici antiche. Strutture poetiche è il titolo, e anche il senso, della mostra
allestita a Milano in occasione del Salone del Mobile
presso le Cartiere Vannucci e che verrà riproposta
successivamente in autunno presso la Facoltà di Architettura di Ferrara, insieme anche ad alcuni workshop. “Struttura” e “poesia” sono parole chiave per
l’atelier Rivadossi, perché danno lo spunto per raccontare di funzionalità e bellezza: concetti da non considerare separati nell’opera, perché ne rappresentano
la totalità.
Considerare la bellezza come elemento fondante di
tutto il processo, dal momento creativo, al momento
del vendere, è l’intento di Rivadossi: pensare e costruire qualcosa significa considerare tutte le esigenze
della persona partendo dal rispetto delle risorse che si
utilizzano, passando dalla valorizzazione del lavoro di
tutti coloro che prendono parte al processo creativo/
realizzativo, senza dimenticare colui che acquisterà
l’opera. Il punto di incontro tra tutti questi aspetti sta
Recognizing the overall functionality and beauty. This
is how to start the entire process, from the creation to
the sale. This is Giuseppe Rivadossi’s secret.
The workshop of Giuseppe Rivadossi is a worksite (its
seat is in Nave, in the province of Brescia) and this is
where projects are elaborated and where structures
and wooden objects for homes are made. The materials are treated in maximum respect of their characteristics and processed with archaic techniques such
as assembly for embedded pieces and wood carving.
The works of Rivadossi are all aimed at rebuilding a
poetic home environment, to serve and humanize
space and everyday gestures with new structures that
arise from ancient roots. Poetic structures is the title
and the inspiration of the exhibition hosted in Milan on
the occasion of the Salone del Mobile (Furniture Show)
at the Cartiere Vannucci and which will be repeated
later in the fall at the Faculty of Architecture of Ferrara together with certain workshops. “Structure” and
“poetry” are key words for the Rivadossi workshop because they offer the opportunity to speak of functionality and beauty: concepts that go hand in hand for
this work because they represent its entirety. Beauty
is to be considered like the fundamental element of
the entire process, from the creative moment to the
time the object must be sold. This is what Rivadossi intends to do: imagining and building something means
considering all the needs of a person, from respecting
the resources used to valuing the work of all those
involved in the creative/implementation process,
without forgetting the ones who will purchase the final piece. The meeting point between all of these as-
pects lies within the word
nella riconoscenza: ricorecognition: recognizing
noscere in ogni opera o
the greatest relationship
in ogni azione la sua reof every work or action
lazione più ampia, ritroby finding the unity that
vando l’unitarietà che
leads us to be grateful for
porta ad essere grati a
all the things we come
tutto ciò con cui entriato know. Philippe Davemo in relazione. Philippe
rio draws the portrait of
Daverio disegna con
Giuseppe Rivadossi with
queste parola il ritratto
these words: «he works
di Giuseppe Rivadossi:
and processes wood with
«Lavora e fa lavorare il
the skills of a pianist, with
legno con l’abilità d’un
the respect that the peopianista, con il rispetto
ple of this earth have alche gli uomini della terra
ways brought to nature’s
portano da sempre alla
materials.
materia della natura.
He does it with the telo fa con la tenacia di
nacity of those who know
chi sa che l’insistenza
that insistence is the path
è il sentiero d’accesso
that gives access to the
ai misteri della poesia,
mysteries of poetry and
che la quotidianità del
that the work of every
lavoro approfondisce il
day strengthens this sensentire. E questo lavoro
sation. His work consists
suo consiste nel progetin designing and executtare e nell’eseguire in un
ing in a single gesture to
gesto unico, che poi è
sculpt, a work that conquello della scultura, un
sists in moving a mass of
lavoro che si cimenta nel
wood, in embedding it, in
muovere le masse del leoutlining it. That’s how
gno, nell’incastrarle, nel Roberto Agnellini, Giuseppe Rivadossi, Dominique Stella, 13/11/2013
Rivadossi is able to be a
delinearle. Riesce così
furniture maker and a carpenter at the same time, with
Rivadossi a essere al contempo ebanista e carpentiere
a vision of homes where the individual returns to focus
per una visione dell’abitare dove l’individuo torna a
on the aesthetic abstraction of the environment». This
predominare sulle astrazioni estetiche dello spazio».
237
Questo profilo mette bene in luce il doppio binario su
cui Rivadossi si muove: la ricerca di una poetica attraverso il lavoro ed il quotidiano rapporto con la materia
e la ricerca del giusto equilibrio tra oggetti/architetture
e l’uomo. Giuseppe Rivadossi ha voluto condividere
con Mestieri d’Arte il suo pensiero e il suo approccio
al lavoro e al progetto. Il pensiero di Rivadossi rispetto
alla cultura dell’abitare: che ruolo hanno gli oggetti
che ci circondano nei nostri ambienti domestici? Qual
è la funzione che devono assolvere, oltre a quella primaria di contenere, mostrare, proteggere a seconda
della tipologia specifica? «Le attrezzature dell’habitat,
unite alle strutture murarie, contribuiscono con le loro
forme e le loro dimensioni a determinare uno spazio
più o meno umano e poetico. In una casa, lo spazio
non deve vivere in funzione del protagonismo di un
oggetto o dell’altro, ma considerando la persona che
ne fruirà e le sue esigenze, anche le più sottili. Abitare
la casa o abitare la terra è secondo noi la medesima
cosa: gli oggetti di cui ci circondiamo devono consentirci di ritrovare la nostra vera identità nelle nostre
azioni e nelle nostre opere».
Il rapporto tra cultura del progetto e cultura del fare:
quanto, nell’esperienza di Rivadossi e dell’atelier,
l’una alimenta l’altra, e viceversa? «Per me dietro ogni progetto c’è una vera cultura del fare e del
vivere, l’opera deve essere sempre il frutto di una
stretta unità fra il sentire, le necessità funzionali e le
possibilità tecniche. La cultura del fare si può realizzare se dietro al fare vi è un a visione della vita, dei
valori tanto forti da resistere alle tendenze disgregative del modello economico attuale. Il progetto e
il fare non sono due cose destinte, esistono l’uno in
virtù dell’altro: è un grave errore considerarli distinti
e separabili».
238
profile illustrates well the double track on which Rivadossi moves: the research of poetics through the work
and daily relationship with materials and the research
of the right balance between objects/architecture and
man. Giuseppe Rivadossi wanted to share with the
Mestieri d’Arte his thoughts and approach towards the
work and project. The thoughts of Rivadossi with regards to the culture of living: what is the role of the
objects that surround us in our home environments?
What is their function, in addition to the primary one
of containing, showing and protecting depending on
the specific type? «The tools of the habitat, combined
with the wall structures, contribute to their shape and
size in order to determine a more or less human and
poetic environment. In a home, space must not live
according to the prominence of an object or another,
but in consideration of the person that will use it, according to his needs, even the subtlest ones. Living
the home or earth is, according to us, the same thing:
the objects that surround us must allow us to find our
true identity within our actions and works».
The relationship between the culture of the project and
the culture of doing: How much does the experience
of Rivadossi and the workshop feed each other? «For
me, there is a real culture of doing and living behind
every project, the work must always be the result of
a close unity between the touch, the functional needs
and the technical possibilities. The culture of doing
can be achieved if, behind the doing, there is a vision
of life, of the values that are so strong as to withstand
the disruptive tendencies of the current economic
model. The project and the doing are not two distinctive things, each of them exists in virtue of the other:
it is a serious mistake to consider them distinctive and
separable».
LE PAROLE E I GESTI
THE WORDS AND GESTURES
Il lavoro di bottega è sempre stato parte della cultura
dell’arte italiana; in questo momento si trovano rari
esempi di botteghe nelle quali giovani maestranze seguono il maestro e da lui apprendono l’arte. E Rivadossi sembra uno di questi rari esempi. «La cultura antica
del lavoro ha avuto sempre delle grandi botteghe. Oggi
però questo straordinario patrimonio di conoscenza, di
capacità e di senso del lavoro è completamente scom-
The work at the workshop has always been a part of
the Italian art culture; in this moment, there are rare
examples of workshops in which young artists follow
and learn from the master. And, Rivadossi looks like
one of those rare examples. « The ancient culture of
work has always had great workshops. Today, however, this extraordinary heritage of knowledge, skills
and sense of work has entirely disappeared. There still
239
parso. Sussistono ancora alcune code nostalgiche e
dilettantistiche, prive però di quella conoscenza del
proprio tempo e della storia le cui proposte sono surreali e prive di incidenza. Quindi non lasciamo spazio a sterili amori tardo-romantici per mestieri perduti: mettiamo sul tavolo della riflessione non solo le
nuove tecnologie, ma
soprattutto le motivazioni vere e profonde
che ci fanno progettare
e costruire. Educhiamo
i giovani a inquadrare il
frutto delle loro azioni
come effetti fisiologici
di ciò in cui credono,
saranno poi loro a realizzare nuove professionalità. Per quanto riguarda la promozione, il
riconoscimento o un
aiuto pubblico io non
so che cosa significhi.
Ho portato avanti la
mia proposta rivolta
a promuovere una dimensione poetica nello
spazio dell’uomo, ho
fatto questo con un mio
rigore, con le mie forze
e con il sostegno dei
committenti che hanno
creduto e credono in
quello che facciamo.
Non è stato facile, ma
mi sono divertito».
240
are some nostalgic and amateurish elements, devoid,
however of that knowledge in terms of time and history whose suggestions are surreal and without any
impact. Therefore, let us not leave space in the hands
of sterile and late romantic loves for the lost professions: let’s reflect not only on the new technologies but
also, and above all, on
the genuine and deep
emotions that make us
project and build. Let
us educate the young
to see the fruit of their
actions as the physiological effects of what
they believe, they will
then develop new professions. As far as promotion is concerned, I
do not know the meaning of recognition and
public help. I pursued
my proposal to promote
a poetic dimension in
the living environment
of men; I did this rigorously, with my strength
and with the support of
my customers who believed and still believe
in what we do. It wasn’t
easy, but I had fun doing it».
Il Sole 24 ore
Il Sole 24 Ore
A Nave il legno lavorato diventa opera d’arte
Attilio Geroni
(ll Sole 24 Ore, 17 gennaio 2011)
In Nave, wood becomes a work of art
Attilio Geroni
(Il Sole 24 Ore, January 17, 2011)
Bottega e non (ancora) azienda. Così Giuseppe Rivadossi e i suoi figli, Emanuele e Clemente, amano definire l’insieme delle loro attività. Una versione aggiornata, magari moderna e ipertecnologica? No. «Una
bottega è una bottega, inutile girarci attorno e non
è nemmeno tanto diversa da quella di una volta».
Dice Emanuele. Nel loro caso si lavora il legno, che
da materia grezza si trasforma in sculture che sembrano mobili o mobili che sembrano sculture, in installazione. Siamo a Nave, in un territorio del bresciano, nella Valle del Garze dove non c’è mai stata una
tradizione diffusa di artigianato del legno. Sono anzi
le valli del ferro e dell’acciaio, di un’industria che ha
fatto il giro del mondo trasformando il metallo, i metalli. «Però c’è la tradizione contadina, il mondo da cui
viene mio padre. Ed è una tradizione che utilizza simbologie che datano dalla notte dei tempi, dal paleolitico, quando tutte le aggregazioni umane, in varie parti
del pianeta, lasciavano segni e tracce che si assomigliavano molto tra loro», racconta Emanuele, oggi alla
guida dell’azienda, pardon, bottega. Le tecniche fondamentali testimoniano il rispetto sacro della materia
prima: assemblaggio per incastri e lavorazione a scavo dal blocco. Alle opere di Giuseppe Rivadossi scultore, documentate già nel 1980 in una grande mostra
alla Rotonda della Besana, si aggiungono gli arredi, i
pezzi unici su misura per aziende ed istituzioni, anche
religiose. Cucine tavoli, sedie, madie banconi come
quello della reception della nuova sede di Campari a
Shop and not (yet) a company. This is how Giuseppe
Rivadossi and his sons, Emanuele and Clemente, like
to define their activity. An updated, maybe modern
and hyper technological version? No. «A shop is a
shop, there is no getting around it and it is not much
different than what it once was», says Emanuele. In
their case, they work a raw material called wood to
transform it into sculptures that look like furniture or
furniture that looks like sculptures to be installed. We
are in Nave, in the Brescia area, in Valle del Garze,
where there has never been a widespread tradition
of woodworking. These are the valleys of iron and
steel, of an industry that has been around the world
by transforming metals. «However, there is a sense
of folkloric tradition, the world from which my father
originated. It is a tradition that uses symbols that date
back to the dawn of times, from the Paleolithic era,
when all the human aggregations, in various parts of
the world, left signs and traces that were very similar to each other», says Emanuele, who now manages
the company, or better yet the workshop. The fundamental techniques demonstrate the sacred respect
towards the raw materials: assembly for embedded
works and block carving. To the works of the sculptor
Giuseppe Rivadossi, already documented in 1980 in
a big exhibition at the Rotonda della Besana, we can
add furniture, unique custom-made pieces for companies and institutions, even religious ones. Kitchens, tables, chairs, cupboards and counters like the
241
Milano, su disegno di Mario Botta, o l’ingresso al pubblico della sede storica di Banca Intesa. A ripercorrere la storia della produzione, Emanuele Rivadossi
pesca nella memoria anche un contratto degli anni
’80, la sala riunioni della direzione de Il Sole 24 Ore.
Una quindicina di persone, la volontà di rafforzare la
parte commerciale e trovare agenti che aiutino a far
conoscere e a vendere il prodotto. La Giuseppe Rivadossi è al crocevia di molte cose, microimpresa, bottega artigiana, atelier d’artista, produzione a tiratura
limitatissima, design. Non ultimo, par di capire, sta
gestendo il passaggio del testimone generazionale:
«Siamo nicchia della nicchia e abbiamo tutto sulle
nostre spalle», continua Emanuele, laurea in architettura al Politecnico di Milano, che a questo punto della
crisi economica, «che ha accelerato tutte le dinamiche», sta cercando sbocchi sui mercati esteri per far
crescere il fatturato, attualmente sul milione di euro.
Ma ancora più delle strategie, delle capacità commerciali e dello stesso saper fare, per la famiglia Rivadossi sono importanti la visione e l’identità: «perché
produrre ancora con le mani? Per noi non è tanto fondamentale l’oggetto, quanto la sua interazione con lo
spazio e la persona, l’uomo, che resta il protagonista.
Lavorare in cucina, del resto, significa lavorare a contatto con gli elementi naturali, acqua e fuoco».
Dall’umanesimo della bottega rinascimentale, come
metodo e spirito, Emanuele Rivadossi arriva a sognare
il completo recupero del razionalismo e cita Mies van
der Rohe, ultimo tra i grandi ad essersi liberato degli
orpelli per valorizzare nient’altro che la struttura e la
sua funzione. Il padre Giuseppe è autodidatta, ha fatto
la quinta elementare, ma come tutti i migliori autodidatti, racconta il figlio, non ha mai smesso di studiare
e di sperimentare. Il più giovane, Clemente, studia
242
one at the reception of the new Campari headquarters in Milan, which was designed by Mario Botta, or
like the one at the entrance of the historical seat of
the Banca Intesa bank. To trace back the history of
their production, Emanuele Rivadossi also recalls a
contract of the 80s, the meeting room of the board
of directors of Il Sole 24 Ore. Around fifteen people,
the will to strengthen the commercial part and to find
agents that help introduce and sell products. Giuseppe
Rivadossi is at the crossroad of many things; microbusinesses, workshops, studios, very limited edition
production, design. Last but not least, he seems to
be managing the generational transitions: «We are a
niche within the niche and we have everything on our
shoulders», continues Emanuele, who has a Bachelor
in Architecture from the Polytechnic Institute of Milan
and who speaks of the current economical crisis «that
accelerated all the dynamics». He is trying find external markets to increase the turnover, which is currently around one million euros. For the Rivadossi family, the vision and identity are even more important
than the strategies: «why do we still make handmade
items? for us the object is not as fundamental as its
interaction with the environment and people, man remains the protagonist. Working in the kitchen, after
all, means working with natural elements, such as water and fire». From the humanism of the Renaissance
workshop, such as the method and spirit, Emanuele
Rivadossi is able to dream of the complete recovery
of rationalism and cites Mies van der Rohe, the last of
the great men who got rid of the tinsels to enhance
structure and its function. His father Giuseppe taught
himself how to work, he finished the fifth year of the
primary school and, like all the best self-taught professionals, says his son, he never stopped studying
design ma, a differenza dei designer, che utilizzano
diversi materiali, i Rivadossi hanno giurato fedeltà ad
unico materiale, il legno, che continuano a trattare
con religioso rispetto. Ha detto di Giuseppe Philippe
Daverio: «Lavora e fa lavorare il legno con l’abilità di
un pianista, con il rispetto che gli uomini della terra
portano a sempre alla materia della natura». Non
emerge la parola magica che oggi è tanto di moda nel
gergo aziendale, sostenibilità, ma la famiglia Rivadossi ritiene di praticarla ogni sacrosanto giorno. Mobiliscultura che sono fatti per durare qualche secolo. Costosi, ma fino ad un certo punto: «Lo stesso Daverio,
del resto, ci ha detto che a parità di sedute le nostre
seggiole alla fine sono meno care di quelle dell’Ikea e
quindi più ecologiche», conclude Emanuele.
and experimenting. The youngest, Clemente, studies
design, but unlike the designers who use different materials, the Rivadossi family have sworn allegiance to
a single material, wood, which they continue to treat
with a religious respect. Phillipe Daverio said of Giuseppe: «He works and processes wood with the skills
of a pianist, with the respect that the people of this
earth have always brought to nature’s materials». The
magic word, which is now so fashionable in the business jargon, does not come to mind, but sustainability
does because the Rivadossi family practices it every
sacrosanct day. Furniture-sculptures that are made to
last a few centuries. Expensive, but up to a certain
point: «The same Daverio, moreover, told us that if
we look at the same types of chairs, ours are cheaper
than the Ikea ones and, therefore, more environmentally friendly», concludes Emmanuel.
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Laboratorio Giuseppe Rivadossi
Foto: i Megaliti di Orkney, Scozia
Photo: Megaliths of Orkney, Scotland
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Biografia
The Biography
Giuseppe Rivadossi è nato a Monteclana di Nave
(BS), dove vive e lavora, il giorno 8 luglio 1935. È
sposato con Marisa Bonomi e ha due figli, Emanuele
e Clemente.
Il percorso di Rivadossi esordisce con la scultura e con
la sua idea di opere per abitare e “da abitare” ancora
in giovane età.
Nel 1962 inizia a trasformare la falegnameria iniziata
nel 1920 dal padre Clemente in un atelier, una fucina,
o meglio officina creativa memore della tradizione dei
grandi artieri moderni (Hoffmann, Mackintosh, Bugatti, Mollino).
Nel 1976 egli inizia l’esperienza della Officina Rivadossi.
Nascono così le grandi Custodie, Madie, chiamate immagini e aventi i nomi delle stagioni del mondo.
Nel 1970 inizia per Rivadossi un periodo espositivo a
Milano e nelle principali città italiane, grazie all’attenzione di importanti galleristi come Renato Cardazzo
(Galleria del Naviglio) e Alfredo Paglione (Galleria 32).
1973: mostra Galleria dell’Incisione, Milano.
1974: mostra Galleria Etruscoludens, Roma.
1977: mostra Galleria Correggio, Parma.
Scrittori e critici dell’arte e del design frequentano
l’Officina Rivadossi e ne presentano le opere.
Le mostre non distolgono Giuseppe Rivadossi dal continuare nel frattempo l’attività scultorea, seguita con
grande attenzione dagli scrittori Giovanni Testori e Roberto Tassi.
1980: il lavoro dell’Officina viene documentato per la
prima volta in una grande mostra alla Rotonda della Besana di Milano, con presentazione dello storico
dell’arte Gianfranco Bruno e catalogo Electa.
Giuseppe Rivadossi was born in Monteclana di Nave
(BS), where he lives and works, on the day of July 8,
1935. He is married to Marisa Bonomi and has two
sons, Emanuele and Clemente.
Rivadossi’s started his career as a sculptor and his
idea of works for living and “to be lived” while still a
young man.
In 1962 he began to transform the carpenter’s shop
that had been set up in 1920 by his father Clemente
into a workshop, a forge or better yet, a creative workshop, mindful of the tradition of the great modern
craftsmen (Hoffmann, Mackintosh, Bugatti, Mollino).
In 1976 he began the experience of the Rivadossi
Workshop.
This is how the large Custodie came to be, his Cupboards, called images bearing the names of the
world’s seasons.
1970 for Rivadossi marked the start of an exhibition
period in Milan and in the main Italian cities, thanks
to the attention of important art gallery owners such
as Renato Cardazzo (Galleria del Naviglio) and Alfredo
Paglione (Galleria 32).
1973: Exhibition Galleria dell’Incisione, Milan.
1974: Exhibition Galleria Etruscoludens, Rome.
1977: Exhibition Galleria Correggio, Parma.
Writers and critics of art and design frequent Rivadossi’
workshop and present his works. These exhibitions do not
distract Giuseppe Rivadossi from continuing in the meantime his sculptural activity, which is followed with great attention by the writers Giovanni Testori and Roberto Tassi.
1980: the work produced in the Workshop is documented for the first time in a major exhibition at the
1985: mostra al festival dei due Mondi, Spoleto.
1987: mostra alla Galleria La Sanseverina, Parma.
1988-1989: 3a manifestazione alla Galleria 32 Le nostre immagini, 1 dicembre 1988 - 15 gennaio 1989.
1989: 4a manifestazione alla Galleria 32, L’Officina Rivadossi, a marzo.
L’”utopia” di Giuseppe Rivadossi è ricostruire uno spazio poetico dell’uomo, servire e umanizzare gli spazi
abitativi che il razionalismo e poi i vari post-modernismi avevano disumanizzato e svilito.
1993: mostra alla Compagnia del Disegno a Milano, a
giugno, con catalogo introdotto da Maurizio Cecchetti.
1995: mostra alla Compagnia del Disegno di Milano,
presentata da Roberto Tassi.
1995-1996: mostra Giuseppe Rivadossi - sculture dal
1995-1996. Sale del Podestà, Soresina 1995.
1996: mostra Galleria La Sanseverina, Parma, con
pubblicazione di Marco Vallora, Le opere dell’Officina
Rivadossi.
1997: mostra Giuseppe Rivadossi - terrecotte 19931997, Compagnia del Disegno, Milano.
1997: mostra Giuseppe Rivadossi “sculture”, Galleria
AAB – Galleria dell’Officina, Brescia.
1998: Giuseppe Rivadossi “La porta dell’anima, il
sacro e la scultura”, Chiostro di S. Agostino, Pietrasanta (LU).
1999: Giuseppe Rivadossi “Mater Amabilis”, Artefiera
del Garda, Montichiari (BS).
2000: Giuseppe Rivadossi “Maestà Materna”, Studio
F22 Modern Art Gallery, Palazzolo sull’Oglio (BS).
2000: a giugno, Creatività e misura nella scultura di
Giuseppe Rivadossi - Maestà Materna, Museo d’Arte
Moderna, Gazoldo degli Ippoliti (MN).
2001: Giuseppe decide di sciogliere l’Officina Rivadossi e di dare il via, con i figli Emanuele e Clemente
Rotonda della Besana in Milan, with the presentation
by the art historian Gianfranco Bruno and an Electa
publishing house catalog.
1985: Exhibition at the Festival dei due Mondi, Spoleto.
1987: Exhibition at the Galleria La Sanseverina, Parma.
1988-1989: 3rd show at the Galleria 32 Le nostre immagini, December 1, 1988 - January 15, 1989.
1989: 4th show at the Galleria 32, L’Officina Rivadossi, in March.
Giuseppe Rivadossi’s “Utopia” is to reconstruct a poetic space of man, aimed to humanizing the living
spaces that rationalism and later the various postmodernisms had dehumanized and debased.
1993: Exhibition at the Compagnia del Disegno in Milan,
in June, with a catalog introduced by Maurizio Cecchetti.
1995: Exhibition at the Compagnia del Disegno di Milano, presented by Roberto Tassi.
1995-1996: the exhibition Giuseppe Rivadossi – Scultures
from 1995-1996. Sale del Podestà, Soresina 1995.
1996: Exhibition at the Galleria La Sanseverina, Parma
with the publication by Marco Vallora, Le opere dell’Officina
Rivadossi.
1997: Exhibition Giuseppe Rivadossi - Terracotta Works
1993-1997, Compagnia del Disegno, Milan.
1997: Exhibition Giuseppe Rivadossi “Scultures”, Galleria AAB – Galleria dell’Officina, Brescia.
1998: Giuseppe Rivadossi “La porta dell’anima, il sacro
e la scultura”, Cloister of San Agostino, Pietrasanta (LU).
1999: Giuseppe Rivadossi “Mater Amabilis”, Artefiera
del Garda, Montichiari (BS).
2000: Giuseppe Rivadossi “Maestà Materna”, Studio
F22 Modern Art Gallery, Palazzolo sull’Oglio (BS).
2000: in June Creatività e misura nella scultura di
Giuseppe Rivadossi – Maestà Materna, Museum of
Modern Art, Gazoldo degli Ippoliti (MN).
247
Grande Campo, 1992
e i suoi collaboratori, a una nuova avventura creativa.
Nasce così la Giuseppe Rivadossi Officina.
2002: Giuseppe Rivadossi “Alma Mater”, Galleria La
Quadra, Iseo (BS).
2003: Crucifixus, Festival di Primavera, Chiesa di
S. Maria della Neve, Pisogne (BS).
2004-2005: Giuseppe Rivadossi il custode del tempo.
Un’importante antologica del lavoro di Giuseppe Rivadossi e del suo atelier a cura di Giorgio Cortenova.
Giuseppe Rivadossi continua l’attività espositiva di
opere, di sculture in legno, pietra, bronzo.
Giuseppe Rivadossi è anche presente nella Fiera
dell’Arte di Bologna e Milano con le Gallerie Niccoli di
Parma e ArteBergamo di Bergamo.
Le opere dell’atelier sono presenti in varie collezioni,
tra le quali quella del Moma di New York, nella collezione Tamajo in Mexico City, nello Shard di Londra e a
Shanghai.
Oggi questa piccola bottega è orientata a promuovere
il nome di Giuseppe Rivadossi nel mondo.
248
2001: Giuseppe decides to dissolve the Rivadossi Workshop and to start up, together with his sons
Emanuele and Clemente and his associates, a new
creative adventure. Thus the Giuseppe Rivadossi
Workshop was born.
2002: Giuseppe Rivadossi “Alma Mater”, Galleria La
Quadra, Iseo (BS).
2003: Crucifixus, Spring Festival, Church of Santa Maria della Neve, Pisogne (BS).
2004-2005: Giuseppe Rivadossi il custode del tempo.
An important retrospective of the work of Giuseppe
Rivadossi and his workshop by Giorgio Cortenova.
Giuseppe Rivadossi continues his exhibition activities
of works, with sculptures in wood, stone, bronze.
Giuseppe Rivadossi is also present in the Art Fairs of
Bologna and Milan with the art galleries of Gallerie
Niccoli in Parma and ArteBergamo in Bergamo.
Works produced by his workshop are found in several
collections, including that of the MoMA in New York, in
the Tamajo in Mexico City, as well as in the Shard in
London and Shanghai.
Today, this small workshop is oriented to promoting
the name of Giusepped Rivadossi in the world.
249
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1967-1970 Gli esordi: l’utopia domestica dell’abitare;
1970-1979 La fase della modernità arcaica;
Paesaggi interni e archetipi antropomorfi;
1980-1995 L’architettura della forma lignea: simbolicità della struttura;
Dalle custodie alle madri;
I racconti dell’amore: la materia come luce;
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Le madri: plasticità a una dimensione;
Verso la sintesi: leggerezza e luce come bellezza primaria,
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Immagine d’inverno, 1973
255
Finito di stampare nel mese di aprile 2014 presso /
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