allegazione - Reggio Emilia

Studio n. 263-2014/C
Vendita forzata e attestato di prestazione energetica
(alla luce delle recenti modifiche al D.Lgs. 192/2005 di cui al D.L. 4 giugno 2013, n. 63, convertito
con L. 3 agosto 2013, n. 90 e di cui al D.L. 23 dicembre 2013, n. 145 convertito in L. 21 febbraio
2014, n. 9)
Approvato dall’Area Scientifica – Studi Pubblicistici il 15 maggio 2014
Approvato dal CNN nella seduta del 19-20 giugno 2014
Lo studio in sintesi (Abstract): la disciplina contenuta nel D.lgs. 192 del 2005 origina dalla
necessità di dare attuazione a quanto prescritto dalla normativa europea che, nel perseguimento
di una maggiore efficienza energetica degli edifici sul territorio degli Stati membro, è certamente
rivolta a disciplinare la sola attività negoziale/contrattuale di circolazione dei beni immobili,
lasciando al diritto interno dei singoli Stati membro la regolamentazione della materia in termini di
procedimenti giudiziari.
Nel nostro sistema interno nazionale, la vendita coattiva per l’attuazione (forzata e
giudiziale) del diritto di credito insoddisfatto è tradizionalmente regolata da una disciplina
speciale: quanto al contenuto, alla forma, ai mezzi di impugnazione e alla stabilità del
provvedimento giudiziale che la attua; pertanto, una disciplina destinata a regolare una vendita
negoziale e a sanzionare una sola o entrambe le parti di una compravendita consensuale non può
considerarsi automaticamente applicabile ad essa e, in assenza di espressi ed inequivocabili indici
normativi, l’indagine interpretativa deve tenere conto della delicata e particolare materia
processuale/giudiziale che coinvolge interessi pubblici il cui bilanciamento non a caso è riservato in
esclusiva al legislatore nazionale.
Né nell’originaria formulazione dell’art. 6 del D.lgs. 192 del 2005 né nelle riformulazioni che si
sono succedute fino a quella attualmente vigente (dal 22 febbraio 2014) sono, a nostro parere,
rinvenibili sicuri indici della volontà del legislatore nazionale (unico legittimato a regolare la
1
materia processuale) di attrarre ed includere nella disciplina prevista (e adeguatamente
sanzionata) anche le vendite forzate attuate a mezzo di decreto di trasferimento in ambito
giudiziale.
La espressa estensione (da ultimo) dell’obbligo di allegazione dell’attestato di prestazione
energetica agli “atti di trasferimento a titolo oneroso” ben può essere interpretata come
semplicemente intesa a ricomprendere tutta una serie di atti (sempre contrattuali) che nel
linguaggio interno nazionale potevano non ritenersi ricompresi nel termine precedentemente
utilizzato di “vendita”.
Sembrano piuttosto rinvenibili diversi indizi sia sul piano letterale che su quello sistematico
nel senso della non estensione alle vendite forzate giudiziali degli obblighi e delle sanzioni ivi
previsti:
 il riferimento espresso ad una “clausola” contenente una certa dichiarazione dell’acquirente;
 il riferimento espresso al “contratto” a proposito dell’obbligo di allegazione;
 il principio di legalità e tipicità delle sanzioni amministrative in generale e, quindi, la loro non
estensibilità a soggetti diversi da quelli indicati nella norma di legge (le parti della vendita)
che, però, nel caso di vendita forzata, non possono ritenersi in alcun modo responsabili del
contenuto del provvedimento del giudice con cui viene effettuato il trasferimento (in forma di
decreto);
 la complessiva disciplina della vendita forzata che si caratterizza, tra l’altro, per essere
coattiva e funzionale all’attuazione del diritto di credito, secondo uno statuto che tiene conto
di interessi di ordine pubblico di grado almeno pari a quelli perseguiti dalla normativa in
ambito energetico.
Come è stato in altre sedi rilevato, la disciplina in ambito energetico è oggetto di sempre più
intensa attenzione in ambito europeo, come in continua evoluzione è anche il processo di
riavvicinamento delle discipline nazionali in ambito di circolazione di immobili e di attuazione
coattiva e giudiziaria del diritto di credito, ma allo stato attuale dell’evoluzione normativa interna
ed europea non ci sembra si possa dubitare del fatto che la vendita attuata a mezzo di
provvedimento giudiziale nell’ambito dell’esecuzione forzata come disciplinata dal legislatore
2
italiano goda di uno statuto del tutto speciale sottratto a quello della vendita contrattuale che è,
appunto, oggetto del D.lgs. 192/2005.
E se anche non si volesse escludere a priori un’interpretazione che ritenesse applicabile anche
al trasferimento in ambito giudiziale coattivo la normativa in tema di dotazione e di allegazione
dell’attestato di prestazione energetica (contrariamente a quanto qui sostenuto), le eventuali
violazioni non potrebbero comunque mai determinare l’applicabilità delle sanzioni amministrative
ivi previste, infatti:
- non si vede come possa applicarsi la sanzione prevista per la violazione dell’obbligo di
dotazione (a carico del solo proprietario nel caso di vendita) a chi subisce coattivamente
l’alienazione del proprio bene;
- non sembrano applicabili agli organi della procedura o al creditore procedente le
responsabilità civili conseguenti alla violazione degli obblighi di informativa precontrattuale
previsti in ambito energetico (informazioni e consegna della documentazione in fase di trattativa),
in quanto, una volta esaurite le eventuali contestazioni su presunte irregolarità della vendita, non è
comunque data la responsabilità per vizi nella vendita forzata;
- né sembrano irrogabili alle parti della vendita (visto che il decreto di trasferimento è atto
unilaterale del giudice e non contratto) le sanzioni amministrative previste per la violazione
dell’obbligo di inserimento della clausola (con la quale l’acquirente dichiara di avere ricevuto le
informazione e la documentazione tra cui l’attestato) o dell’obbligo di allegazione (“al contratto”)
dell’attestato di prestazione energetica, previsti dall’art.6 per i “contratti di compravendita” e gli
“atti di trasferimento di immobili a titolo oneroso”, se il decreto di trasferimento è atto del Giudice
delle Esecuzioni sul cui contenuto le parti non possono incidere.
Quanto, infine, all’obbligo di inserimento delle caratteristiche energetiche del bene offerto in
vendita in caso di annuncio con i mezzi di pubblicità commerciali e alla sanzione prevista in caso di
sua violazione a carico del “responsabile dell’annuncio”, come sopra già meglio esplicitato, si è
pervenuti per esclusione a sole due letture possibili:
- la prima, a nostro avviso preferibile, secondo cui la disposizione andrebbe letta in
coordinamento con tutte le altre, e, quindi, rivolta alle sole vendite consensuali;
3
- la seconda che propone una frattura tra questa e tutte le altre disposizioni dell’articolo 6 (e
che presuppone che il responsabile dell’annuncio sia in grado di conoscere se il bene sia stato
dotato di attestato), secondo cui, ogni volta che dalla documentazione agli atti risulti la dotazione,
l’annuncio dovrebbe indicare le caratteristiche energetiche del bene.
Forse il decreto previsto per l’adeguamento del D.M. 26 giugno 2009 destinato a prevedere,
tra l’altro, la definizione di uno schema di annuncio di vendita per esposizione nelle agenzie
immobiliari (!) potrà fornire ulteriori argomenti a favore della prima (o della seconda)
interpretazione proposta, ma è certamente opportuno, anche in un’ottica di efficienza del sistema
che il professionista eventualmente delegato alla vendita, prima di effettuare gli adempimenti
pubblicitari, verifichi sempre se l’attestato di prestazione energetica sia agli atti e ne tenga conto
nella redazione dell’avviso di vendita.
Le conclusioni fin qui raggiunte non escludono naturalmente che l’applicazione delle norme di
diritto processuale, nei diversi istituti e nelle diverse fasi del procedimento, possano comportare
diversi e specifici obblighi degli ausiliari del Giudice, in ottemperanza alle direttive ed istruzioni da
questi loro impartite, nel rispetto dei principi che governano la materia delle vendite forzate.
La riflessione è importante per chiarire che il principio di corretta informazione delle
caratteristiche dei beni posti in vendita è, comunque, presente con proprie peculiarità anche nella
vendita forzata, ma con ricadute in caso di sua violazione sulla validità degli atti processuali
secondo la disciplina della stabilità della vendita forzata, che dipendono dalla gravità del difetto di
informazione e dal momento in cui lo stesso è fatto valere.
Pertanto, la valutazione circa l’estensione di discipline pensate per la vendita consensuale a
quella coattiva giudiziale, pur in alcuni casi opportuna sul piano della competitività della vendita
forzata, deve sempre tenere conto e della natura coattiva della vendita forzata e dei meccanismi
processuali che governano il processo esecutivo e che rimettono al Giudice dell’Esecuzione, in
assenza di un’espressa previsione normativa diversa, la direzione del processo.
Non a caso la Costituzione riserva la materia del diritto processuale (che regola l’attività
giudiziaria) in esclusiva al legislatore nazionale, in considerazione del delicato e necessario
bilanciamento degli interessi in gioco sempre di ordine pubblico e di livello nazionale.
4
***
Sommario: 1. Premessa; 2. Conclusioni raggiunte nel vigore della formulazione del D.lgs. 192/2005 vigente
fino al 3 agosto 2013. Esclusione della vendita forzata dal perimetro di applicazione del D.lgs. 192 del 2005;
3. Le novità apportate dal D.L. n. 63/2013 convertito in L. n. 90/2013 e il bilanciamento degli interessi in
gioco da parte del legislatore statale; 4. I nuovi articoli 6 e 15 del D.lgs. 192 del 2005 a seguito delle novità
apportate dal D.L. n.63/2013 convertito in L. n. 90/2013. Argomenti a favore della non applicazione della
disciplina prevista alla vendita forzata a mezzo di decreto di trasferimento; 5. Consequenziale irrilevanza
rispetto alle vendite forzate attuate a mezzo di decreto di trasferimento ex art. 586 c.p.c. del comma 8
dell’art.1 del D.lgs. 145/2013; 6. Il D.L.23 dicembre 2013, n. 145 (c.d. “destinazione Italia”) oggi convertito
con L. 21 febbraio 2014, n. 9 e la disciplina attualmente vigente in tema di allegazione dell’APE agli atti di
trasferimento a titolo oneroso. Argomenti a favore della non applicazione della disciplina prevista alla
vendita forzata a mezzo di decreto di trasferimento; 7. Opportunità della dotazione di attestato di
prestazione energetica dei beni posti in vendita in sede esecutiva sotto il profilo della competitività della
vendita forzata e opportunità dell’allegazione dell’attestato di prestazione energetica agli atti al decreto di
trasferimento (o della sua consegna all’aggiudicatario) sotto il profilo dell’economia del sistema; 8.
Conclusioni.
***
1. Premessa
Alla luce delle modifiche normative che da ultimo hanno interessato la materia, prima
reintroducendo l’obbligo di allegazione del documento attestante la prestazione energetica degli
edifici agli atti di compravendita a pena di loro nullità, poi, in un susseguirsi (in alcuni casi non
coordinato) di provvedimenti normativi, volti a correggere la formulazione dell’art. 6 del D.lgs.
192/2005 (1) (anche disciplinando materie specifiche e diverse), limitando o rinviando gli effetti di
tale sanzione, e sollecitati dai numerosi quesiti che pervengono in ordine all’applicabilità o meno
della riformulata disciplina anche alle “vendite forzate”, pare estremamente utile in questo
momento riprendere l’argomento già a suo tempo affrontato nello studio del CNN n. 12-2011/E,
“Certificazione energetica ed espropriazione forzata”
(2)
per verificare se le conclusioni allora
raggiunte possano considerarsi ancora attuali e con quali conseguenze pratiche.
Il momento è particolarmente propizio ad una riflessione in quanto il D.L. 145/2013, è stato
ora convertito
(3)
nella sua formulazione definitiva e risultano di fatto eliminati dal panorama
5
normativo quei 2 riferimenti al comma 3-bis dell’art. 6 del D.lgs. 192/2005 (4), che avevano creato
non pochi problemi di coordinamento e dubbi interpretativi in quanto entrati in vigore in data
successiva a quella della abrogazione del medesimo comma 3-bis oggetto di loro disciplina
(5)
,
infatti:
- in sede di conversione del D.L. 145/2013 (con la L. 9/2014 (6)) è stato abrogato il riferimento
al comma 3-bis, inopportunamente contenuto nella L. 147/2013 (7),
- il D.L. 151/2013, che all’art. 2 prevedeva “Disposizioni in materia di immobili pubblici” e
richiamava la disciplina del comma 3-bis (8), non è stato convertito ed è decaduto dal 28 febbraio
2014.
Ora, a prescindere dalla effettiva cronologia dei testi in vigore e in un’ottica di
semplificazione, l’argomento che qui interessa, con particolare riguardo alle disposizioni di cui
all’art. 6 del D.lgs. 192/2005, verrà analizzato solo alla luce:
- della disciplina in vigore fino al 24 dicembre 2013 e
- della disciplina attualmente in vigore a partire dal 22 febbraio 2014.
A completare il quadro normativo, pare poi utile ricordare quanto previsto dal comma 8
dell’art. 1 del medesimo D.L.145/2013 (convertito in L. 9/2014) a proposito delle violazioni al
previgente comma 3-bis (mancata allegazione dell’APE), commesse anteriormente al 24 dicembre
2013, ovvero che:
"Su richiesta di almeno una delle parti o di un suo avente causa, la stessa sanzione
amministrativa di cui al comma 3 dell'articolo 6 del decreto legislativo n. 192 del 2005 si applica
altresì ai richiedenti, in luogo di quella della nullità del contratto anteriormente prevista, per le
violazioni del previgente comma 3-bis dello stesso articolo 6 commesse anteriormente all'entrata
in vigore del presente decreto, purché la nullità del contratto non sia già stata dichiarata con
sentenza passata in giudicato".
La disposizione, infatti, incide significativamente e con effetto retroattivo sulla disciplina
vigente fino al 24 dicembre 2013 e non può essere ignorata nel tentativo di definire il se e il come
la normativa energetica si applichi alla vendita forzata (quando attuata a mezzo di decreto di
trasferimento ex art. 586 c.p.c. nell’ambito di un procedimento espropriativo).
6
Ma andiamo con ordine, prendendo a base della riflessione le conclusioni già raggiunte nel
vigore della normativa vigente fino al 3 agosto 2013 per poi verificare se le modifiche ad esse
apportate abbiano inciso sul complessivo quadro di riferimento fino ad includere nell’oggetto della
normativa anche le vendite forzate attuate a mezzo di un provvedimento giudiziario quale il
decreto di trasferimento ex art. 586 c.p.c.
2. Conclusioni raggiunte nel vigore della formulazione del D.lgs. 192/2005 vigente fino al 3
agosto 2013. Esclusione della vendita forzata dal perimetro di applicazione del D.lgs. 192 del
2005.
In occasione del precedente studio del CNN n. 12-2011/E, “Certificazione energetica ed
espropriazione forzata”
(9)
a cui si rimanda per il dettaglio delle argomentazioni, alla luce della
normativa in quel momento vigente, nonostante alcune diverse opinioni espresse
(10)
, si era giunti
ad escludere la vendita forzata in sede espropriativa dal perimetro di applicazione del D.lgs. 192
del 2005 in base al seguente percorso logico:
1. la normativa europea
(11)
, cui quella nazionale debba dare attuazione, è rivolta a
regolamentare le sole vendite in ambito commerciale/negoziale in funzione strumentale agli
obiettivi primari perseguiti (di risparmio energetico)
(12)
oltre che in un’ottica di tradizionale
(13)
tutela della trasparenza del mercato (14);
2. in ambito nazionale, esiste un riparto di competenza tra Stato e Regioni (che pure sono
tutte chiamate a dare attuazione alla legislazione europea), che non deve essere travalicato a pena
di illegittimità costituzionale (15);
3. una lettura attenta e contestualizzata del testo allora vigente del D.lgs. 192/2005 e della
sua evoluzione nel corso dei suoi primi 7 anni di applicazione portava a ritenere che la stessa
disciplina emanata a livello Statale (unica fonte competente a regolamentare la materia
processuale)
fosse
volta
a
regolamentare
esclusivamente
le
vendite
in
sede
negoziale/consensuale, in quanto:
--- la c.d. vendita forzata, nella tradizione giuridica italiana, è istituto autonomo e diverso
dalla vendita negoziale sul piano della funzione (attuazione giudiziaria del diritto di credito
7
mediante vendita coattiva), della forma dell’atto di trasferimento (il provvedimento giudiziale) e
della sua natura e stabilità (i mezzi e i motivi di impugnazione);
--- nella disciplina di fonte statale non si è rinvenuto alcun indice espresso della volontà di
uniformare la vendita giudiziale a quella negoziale, anzi, l’evoluzione della disciplina (e degli
articoli 6 e 15) ha confermato che l’oggetto della regolamentazione Statale (in attuazione a quella
europea) è stato proprio quello (per la parte di disciplina che qui interessa
(16)
) di gravare solo
alcuni soggetti (i proprietari) di determinati obblighi, in occasione delle (sole) operazioni
commerciali di sfruttamento economico del bene da parte loro, in funzione di stimolo al
miglioramento della prestazione energetica degli edifici in vista della monetizzazione del loro
valore. L’effettività della normativa è stata perseguita anche mediante l’individuazione di
particolari doveri di informazione a tutela dell’acquirente, sebbene sia indubbio che l’interesse
protetto dalla normativa in via primaria sia quello di censire lo stato energetico del patrimonio
immobiliare esistente negli Stati membro per la programmazione di un complessivo risparmio
energetico nel territorio dell’Unione Europea.
D’altronde, quella di circoscrivere l’applicabilità di una normativa ai casi in cui debba essere
data pubblicità
(17)
al trasferimento della proprietà o alla costituzione di un diritto reale
immobiliare è una tecnica per garantire effettività alla norma che il legislatore ben conosce ed ha
utilizzato anche in altri ambiti (nel caso della disciplina urbanistica
(18)
che persegue l’interesse
pubblico all’ordinato sviluppo del territorio e nel caso della disciplina della conformità catastale
dei beni
(19)
che persegue l’interesse al corretto censimento dei beni immobili a fini tributari)
coinvolgendo anche la responsabilità di altri soggetti (rispetto alle parti), dotati di particolare
qualifica e competenza, in caso di violazione della norma (20).
Anche in questo ambito, sebbene il D.lgs. non menzioni espressamente il momento della
stipula notarile, non mi pare si possa dubitare che il notaio, chiamato a dare al trasferimento
immobiliare la forma richiesta per la sua trascrizione, sia tenuto a verificare con le parti
l’attuazione dei diversi obblighi previsti in occasione del trasferimento (dotazione, informazione,
menzione, consegna e allegazione). Non a caso l’art. 2 del Decreto del Ministero dello Sviluppo
Economico del 22 novembre 2012
(21)
di modifica delle Linee Guida Nazionali per la Certificazione
8
Energetica degli Edifici (Decreto 26 giugno 2009), nel circoscrivere il campo di applicazione della
normativa si riferisce in più passi e sembra dare per presupposto l’atto notarile di trasferimento (22)
(mentre è chiaro che nella vendita forzata, la presenza del notaio, in qualità di delegato alle
operazioni di vendita, è del tutto eventuale, restando la delega notarile delle operazioni di vendita
alternativa a quella ad altro professionista oltre che allo svolgimento delle stesse avanti al Giudice
delle Esecuzioni e restando il decreto di trasferimento atto del Giudice dell’Esecuzione).
Inoltre, può essere utile osservare che vi è solitamente corrispondenza tra l’esclusione
dall’applicazione di una certa disciplina all’atto negoziale di costituzione di diritti reali di garanzia
sui beni immobili (ipoteca volontaria) e la medesima esclusione al trasferimento coattivo dei
predetti beni immobili in sede giudiziale in attuazione del diritto di credito insoddisfatto (23).
Se è vero, infatti, che anche gli atti costitutivi di ipoteca volontaria su un bene immobile
coinvolgono:
- il notaio quale pubblico ufficiale istituzionalmente preposto ad attribuire pubblica fede
all’atto negoziale sottostante, prima,
- il conservatore nel suo momento costitutivo in sede di iscrizione nei Registri Immobiliari,
poi,
e se è vero che anche quello della costituzione di ipoteca volontaria potrebbe essere
considerato dal legislatore, al pari della vendita, un momento di valorizzazione del proprio
patrimonio da parte del proprietario del bene e, quindi, un’occasione per regolarizzare o rendere
conforme ad una prescrizione il bene,
il fatto che il legislatore abbia escluso l’applicabilità delle singole disposizioni a questo tipo di
atto è sempre indicativo del bilanciamento degli interessi in gioco compiuto in sede normativa e
della prevalenza dell’interesse allo snello esercizio del sistema creditizio rispetto a quelli perseguiti
di volta in volta dalla singola normativa.
Risulta, dunque, perfettamente armonica al sistema normativo interno l’esclusione della
“vendita forzata” dalle prescrizioni di cui al D.lgs. 192 del 2005 se si osserva la mancata inclusione,
nel perimetro di applicazione della disciplina sulla dotazione ed allegazione dell’attestato di
prestazione, degli atti di costituzione volontaria di ipoteca immobiliare (24) e si riflette sul fatto che
9
la vendita in sede forzata è un’attività strumentale all’attuazione coattiva del diritto di credito già
sufficientemente accertato (e insoddisfatto), in un ambito (quello giurisdizionale) sottratto alla
disciplina dei negozi inter vivos;
4. in ambito processuale di vendita forzata dei beni pignorati (ai sensi degli art. 555-598
c.p.c.), l’interesse al “maggior realizzo possibile”, comune alle parti contrapposte del processo
esecutivo (i creditori e l’esecutato e/o il debitore) in funzione della soddisfazione del diritto di
credito, deve tenere conto nella fase della vendita anche dell’interesse dei c.d. “terzi” (rispetto alle
parti del processo), cioè gli interessati all’acquisto e gli aggiudicatari/acquirenti.
L’interesse dei-terzi è, infatti, preso in considerazione nel tessuto normativo che regola la
vendita forzata:
- di origine recente quanto all’individuazione del contenuto della perizia di stima
(25)
e
all’introduzione del concetto di vendita “competitiva” (26);
- di tradizione più antica (ma rafforzata di recente
(27)
) quanto al principio di tutela dei-terzi
aggiudicatari (28) e quanto al sistema delle impugnazioni della vendita forzata e della stabilità della
stessa (stabilità che trova il suo fondamento anche nel principio di economia processuale).
Sebbene, infatti, l’art. 173-bis disp. att. c.p.c.
(29)
ci descriva dettagliatamente il contenuto
della perizia di stima, è ovvio che l’opportunità/necessità che la vendita sia competitiva ( per il
raggiungimento del maggior realizzo possibile) ben può suggerire al creditore procedente di
chiedere e/o al G.E. di disporre (in attuazione del suo potere di direzione di cui all’art. 175 c.p.c.)
ulteriori adempimenti ed, in particolare, anche l’acquisizione dell’attestato di prestazione
energetica, laddove se ne rinvenga l’utilità/opportunità in occasione della vendita.
Dire che la dotazione (nel singolo caso o anche in generale) possa essere opportuna per un
miglior realizzo dalla vendita nell’interesse di tutte le parti del processo (perché il bene può
divenire
maggiormente
appetibile)
e
nell’interesse
dei-terzi
offerenti
(che
avranno
un’informazione più trasparente prima e potranno acquistare un bene già dotato dopo) è cosa ben
diversa dal dire che la disciplina prevista dal D.lgs. 192 del 2005 si applichi alla vendita in sede
forzata.
10
In proposito si è ricordato che, sul piano della validità e dei mezzi di impugnazione della
vendita forzata, un’eventuale mancanza della dotazione di attestato di prestazione energetica,
quand’anche fosse stata disposta dal G.E., non sembra poter determinare una nullità del
provvedimento di autorizzazione alla vendita tale da inficiare la successiva aggiudicazione, ma una
mera irregolarità da far valere eventualmente con opposizione agli atti esecutivi da chi vi ha
interesse nel consueto-termine dei 20 giorni.
5. quanto infine all’obbligo, a suo tempo previsto (30), di inserire negli annunci dal 1 gennaio
2012 l’indice di prestazione energetica, si era a suo tempo cercato di evidenziare come:
--nessun obbligo poteva comunque essere imputato, in ambito processuale, al responsabile
della pubblicazione laddove il bene non fosse stato dotato della certificazione energetica o,
comunque, dalla documentazione in atti non risultassero le caratteristiche energetiche dei beni
pignorati;
-- nessuna sanzione espressa era stata, comunque, prevista dalla legislazione statale (unica
fonte competente a stabilire sanzioni che potessero interferire con l’attuazione della disciplina
processuale) a carico di alcun soggetto nel caso di violazione del predetto obbligo.
Pertanto, anche ammessa l’eventuale sussistenza di un obbligo di inserimento dell’indice di
prestazione energetico nell’annuncio commerciale (quando risultante dagli atti del processo) a
carico del cancelliere o del delegato o del gestore dell’annuncio commerciale, escluso che a livello
di normativa regionale potessero essere previste sanzioni amministrative a carico degli uffici
giudiziari (cioè in un ambito -il diritto processuale- di esclusiva competenza statale), si era
evidenziato che un’eventuale omissione avrebbe potuto presumibilmente essere rilevata, salvo
casi patologici
(31)
, nei soli ristretti-termini di impugnazione dell’aggiudicazione o del decreto di
trasferimento (i 20 giorni previsti per la proposizione dell’opposizione agli atti esecutivi), da parte
delle parti del processo o dell’offerente aggiudicatario (avendone interesse) non essendo data,
una volta trasferito il bene, la garanzia per vizi nel caso di vendita forzata.
3. Le novità apportate dal D.L.n.63/2013 convertito in L. n. 90/2013 e il bilanciamento degli
interessi in gioco da parte del legislatore statale
11
Il D.L. n.63/2013 convertito in L. n. 90/2013 (con vigenza dal 4 agosto 2013) ha inciso
significativamente sia sul contenuto complessivo del D.lgs. 192 del 2005, in generale, che sulla
parte relativa alla vendita dei beni immobili, in particolare, e la sua disciplina, salvo alcune
disposizioni di cui si dirà nel prosieguo, per quel che interessa (obblighi e sanzioni in tema di
prestazione energetica dei beni in occasione della loro vendita) è ancora attuale e vigente.
Non solo, ma l’ultimissima normativa (il D.L. 145/2013 conv. In L. 9/2014) nel rimodulare
alcuni obblighi si è anche preoccupata di regolare (al comma 8 dell’art. 1) la violazione dell’obbligo
di allegazione dell’attestato al “contratto” verificatasi prima della sua entrata in vigore,
consentendo alle parti o a un loro avente causa una sorta di sanatoria della “nullità del contratto”
(se non ancora dichiarata con sentenza passata in giudicato) mediante la richiesta di applicazione
del medesimo regime sanzionatorio oggi previsto per il caso di violazione dell’obbligo di
allegazione (in sostituzione appunto della precedente sanzione della “nullità del contratto”).
Risulta, pertanto, indispensabile sia per comprendere l’evoluzione normativa che ha
determinato la formulazione attuale della disposizione sia per sgombrare il campo dal dubbio che
il predetto comma 8 dell’art. 1 del D.L. 145/2013 (32) possa riguardare anche trasferimenti avvenuti
in ambito giudiziale ex art. 586 c.p.c., nel periodo che va dal 4 agosto 2013 al 24 dicembre 2013,
esaminare dettagliatamente anche la predetta disciplina (comma 3-bis dell’art. 6, vigente fino al
24 dicembre 2013), sebbene oggi superata (dal nuovo comma 3 del medesimo art. 6) e verificare
se la stessa, nel periodo di vigenza, possa avere inciso o meno sulle conclusioni già raggiunte nel
precedente studio (non applicabilità alle vendite forzate giudiziali degli obblighi disciplinati in
occasione della vendita di beni immobili e delle sanzioni previste in caso di loro violazione dal
D.lgs. 192 del 2005), per poi, solo in un secondo momento e alla luce di tale esame, verificare se
l’assetto normativo attuale (definito dai successivi provvedimenti normativi), si sia mantenuto nel
solco dell’originaria interpretazione data, secondo cui la disciplina in materia di attestazione
energetica e sua allegazione alla compravendita è rivolta a regolare solo atti negoziali inter vivos
(33)
, o le modifiche attuate abbiano inciso così significativamente da attrarre nel perimetro di
applicazione degli obblighi e delle sanzioni ivi previste anche le vendite forzate attuate a mezzo di
provvedimento giudiziale in sede espropriativa.
12
Le novità apportate dal D.L. n. 63/2013 convertito in L. n. 90/2013, per quel che qui
interessa, sono state (34):
1. a proposito dell’obbligo di dotazione:
a. la sostituzione della parola “vendita” alla formula “atto di trasferimento a titolo oneroso”
(art. 6, attuale comma 2 che sostituisce il precedente comma 1 bis);
b. l’introduzione di una sanzione amministrativa (nuova) a carico del “proprietario” nel caso
di violazione dell’obbligo di dotazione in occasione della “vendita”(art. 15);
2. a proposito dell’obbligo di informazione all’acquirente:
a. l’introduzione dell’obbligo (nuovo) del “proprietario” di produrre l’attestato, di renderlo
disponibile al potenziale acquirente all’avvio delle “trattative” e di consegnarglielo alla loro fine
(nuovo art. 6, comma 2);
b. la riformulazione dell’obbligo (già precedentemente previsto) di inserimento “nel
contratto di vendita” della clausola con cui l’acquirente dia atto di aver ricevuto le informazioni e
la documentazione (comprensiva dell’attestato) in ordine alla prestazione energetica del bene;
3. a proposito dell’obbligo di allegazione del documento energetico all’atto di vendita:
la reintroduzione dell’obbligo (relativamente nuovo, in quanto già precedentemente
previsto, ma poi abrogato (35)) di allegazione dell’APE al “contratto di vendita” pena la “nullità del
contratto”;
4. a proposito dell’obbligo di inserimento, in caso di offerta di vendita, negli annunci
“tramite tutti i mezzi di comunicazione commerciale” delle caratteristiche energetiche dei beni
offerti:
a. la riformulazione, appunto, dell’obbligo di inserimento (“gli indici di prestazione
energetica dell’involucro e globale dell’edificio o dell’unità immobiliare e la classe energetica
corrispondente”
anziché
semplicemente
“l’indice
di
prestazione
energetica
contenuto
nell’attestato di certificazione energetica”, gli “annunci tramite tutti i mezzi di comunicazione
commerciali” anziché “gli annunci commerciali” (36));
b. l’introduzione di una sanzione amministrativa (nuova) a carico del responsabile
dell’annuncio (tramite i mezzi di comunicazione commerciale) di un’offerta di vendita (art. 15
13
comma 10) e previsione di un Decreto successivo (art.6, comma 12) che predisponesse
l’adeguamento delle Linee Guida
(37)
alle nuove disposizioni prevedendo, tra l’altro, la definizione
di uno “schema di annuncio di vendita per esposizione nelle agenzie immobiliari che renda
uniformi le informazioni sulla qualità energetica degli edifici fornite ai cittadini”.
Sul piano del bilanciamento dei contrapposti interessi in gioco, che spetta al legislatore
statale, ci pare che la nuova formulazione del D.lgs. 192/2005, risultante dalle modifiche di cui al
D.L. 63/2013 conv. In L. 90/2013, in attuazione della Direttiva 2010/31/UE, rispetto alla
precedente:
A. nel suo complesso, avuto riguardo a tutte le modifiche apportate, abbia posto l’accento
su un ridimensionato rapporto tra competenza statale e regionale o degli enti territoriali locali:
- è stato espressamente ribadito che la normativa di cui al D.lgs. 192/2005 contiene “i
principi fondamentali della materia “ vincolanti per la legislazione regionale (38);
- l’omogeneità di attuazione della normativa su tutto il territorio nazionale è stata descritta
come obiettivo e finalità della disciplina e dell’attività degli Enti territoriali (39);
- le funzioni delle Regioni e delle autonomie locali sono essenzialmente attuative dei
controlli (per la parte già di loro competenza), della raccolta di dati e del monitoraggio (dello stato
di attuazione e dell’impatto sugli utenti e sul mercato immobiliare, ecc.), oltre che di elaborazione
di programmi e proposte migliorative piuttosto che di produzione di legislazione integrativa;
B. nello specifico, per quanto riguarda la disciplina della vendita dei beni immobili, nei suoi
riformulati articoli 6 e 15, non abbia evidenziato in alcun passaggio la volontà di estendere (o
confermare) un obbligo di dotazione e di informazione (sanzionato da specifiche conseguenze sul
piano della validità dell’atto o della responsabilità del venditore) alle vendite coattive in ambito
giudiziario (40) (cioè in un ambito sostanzialmente diverso da quello degli atti negoziali inter vivos
cui è certamente rivolta la normativa comunitaria), anzi la riperimetrazione dell’obbligo di
dotazione al caso di “vendita” anziché di “atto di trasferimento a titolo oneroso” unitamente
all’individuazione del “proprietario” come soggetto responsabile di un obbligo di informazione
nella fase delle “trattative” (41), il preciso riferimento al “contratto di vendita” e alla “clausola” da
inserirvi
(42)
, alla “allegazione al contratto di vendita” e alla sanzione della “nullità del contratto”
14
(contrattuale)
(43)
, unitamente anche alla previsione di cui alle Linee Guida (che sembra dare per
presupposto l’atto notarile di trasferimento della proprietà
(44)
) e a quella di cui al comma 12
(45)
dell’art.6 che fa riferimento ad uno schema di annuncio
per esposizione nelle agenzie
immobiliari hanno fornito ulteriore conferma all’interpretazione già a suo tempo adottata (nel
vigore della precedente disciplina) secondo cui, appunto, la disciplina di cui agli articoli 6 e 15 del
D.lgs. 192 del 2005 non è rivolta a disciplinare le vendite forzate in sede di espropriazione
giudiziale, ma (solo) la vendita in sede negoziale di mercato (46).
Ma proviamo ad esaminare più da vicino ciascun gruppo di disposizioni contenute nei
riformulati articoli 6 e 15 del D.lgs. 192 del 2005.
4. I nuovi articoli 6 e 15 del D.lgs. 192 del 2005 a seguito delle novità apportate dal
D.L.n.63/2013 convertito in L. n. 90/2013. Argomenti a favore della non applicazione della
disciplina prevista alla vendita forzata a mezzo di decreto di trasferimento.
Mi pare sia difficile dubitare che alcune delle disposizioni contenute negli articoli 6 e 15,
nella riformulata versione vigente fino al 24 dicembre 2013, erano (e in parte, in quanto tuttora
vigenti, sono) rivolte a disciplinare certamente la sola vendita consensuale.
Si tratta:
- dell’obbligo a favore del potenziale acquirente e a carico del “proprietario” di produzione e
messa a disposizione all’inizio delle trattative e di consegna alla loro fine dell’attestato di
prestazione energetica in caso di “vendita”
(47)
, la cui violazione, non espressamente sanzionata,
può essere inquadrata nella lesione del dovere di lealtà e buona fede nella conduzione delle
trattative
con
conseguente
eventuale
responsabilità
“contrattuale
o
precontrattuale”
dell’alienante per eventuali vizi.
Osserviamo, però, che nella vendita forzata non vi è un proprietario che svolge trattative e
non è prevista per espressa disposizione normativa la garanzia per vizi. Dunque la nuova
formulazione della norma è sembrata confermare il perimetro (circoscritto agli atti negoziali) della
disciplina già a suo tempo individuato;
15
- dell’obbligo di inserimento “nel contratto di vendita” di apposita “clausola” con cui
l’acquirente rilascia una certa dichiarazione di aver ricevuto le informazioni e la documentazione,
comprensiva dell’attestato
(48)
, la cui violazione (allora non espressamente sanzionata) poteva
essere ritenuta rilevante ancora una volta in chiave di responsabilità contrattuale nei rapporti tra
alienante e acquirente (oltre che in chiave di obbligo informativo da parte del notaio rogante (49)).
Nella vendita forzata, però, non vi è un “contratto”, ma un provvedimento giudiziale coattivo
che prescinde dal consenso del proprietario, non sarebbero previste dichiarazioni dell’acquirente
da inserire nel provvedimento giudiziario di trasferimento (50) e, come già detto, non è data ai sensi
dell’art. 2922 c.c. la responsabilità contrattuale per vizi, ma solo per opinione e giurisprudenza
uniforme quella per evizione nella quale viene fatto rientrare il solo caso limite del c.d. aliud pro
alio (51);
- dell’obbligo di allegazione al “contratto di vendita” a pena di “nullità del contratto”.
Le parole utilizzate non hanno lasciato adito ad interpretazioni estensive al di fuori
dell’ambito negoziale vero e proprio
(52)
. La vendita giudiziale coattiva in ambito espropriativo
forzato a mezzo di decreto di trasferimento non ha né la struttura (provvedimento giudiziale senza
parti) né i requisiti (l’alienante è coartato quindi ne manca il consenso) del contratto, conosce vizi
e rimedi diversi da quelli propri del negozio giuridico e il suo regime di stabilità dipende appunto
dalla sua natura di provvedimento giudiziale.
Vi erano, poi, due disposizioni (tuttora vigenti nella formulazione allora introdotta) che,
sebbene potessero, senza particolari difficoltà, essere interpretate in coordinamento con il resto
della disciplina dettata (a nostro avviso prevista per le sole vendite negoziali), hanno suscitato in
qualcuno il dubbio sulla loro estensione a tutte le vendite e non solo a quelle “contrattuali”.
Si tratta:
- dell’obbligo di dotazione, (tuttora) previsto genericamente dal primo periodo del secondo
comma dell’articolo 6 in caso di “vendita” (e non più in caso di atto di trasferimento a titolo
oneroso), gravante il proprietario del bene con previsione, in caso di sua violazione, di una
sanzione amministrativa a suo carico,
16
- dell’obbligo di inserimento negli annunci tramite tutti i mezzi di comunicazione commerciali
dell’indice energetico e della classe corrispondente dell’edificio o dell’unità immobiliare in caso di
offerta di vendita, obbligo la cui violazione determina espressamente (ma con formulazione
sibillina) una sanzione amministrativa a carico del “responsabile dell’annuncio” (art. 15 comma 10).
Per quanto riguarda l’obbligo di dotazione ci sembra potessero deporre a favore di
un’interpretazione restrittiva riferita alla sola vendita negoziale (o ai trasferimenti a titolo
negoziale inter vivos) non tanto la lettera della legge che nella nuova formulazione, tuttora
vigente, parla di “vendita” (e non più di “nel caso di trasferimento a titolo oneroso”) (53), quanto
piuttosto:
- l’intenzione del legislatore, ricavabile dalla tecnica della formulazione che ha posto
l’obbligo di dotazione a carico del “proprietario” e che quindi sembrerebbe escludere il caso della
vendita forzata nella quale il proprietario resta del tutto estraneo al trasferimento (54);
- il fatto che l’obbligo di dotazione sembrava essere (55) funzionale e strettamente collegato
all’informazione al potenziale acquirente descritta nei commi successivi dell’art. 6
(56)
e alla
successiva allegazione dell’attestato all’atto di trasferimento che veniva (e viene tuttora)
testualmente identificato in un “contratto”.
Mentre ci pare restino validi gli argomenti sistematici già utilizzati nel vigore della
precedente disciplina:
- dell’autonomia e distinzione tradizionale del sistema processuale da quello negoziale e
della vendita forzata rispetto a quella negoziale,
- della prevalenza dell’interesse allo snello esercizio del credito e della sua attuazione
rispetto ad altri interessi perseguiti dalla normativa nella materia energetica, prevalenza
desumibile dal fatto che la norma, pur rivolta al proprietario nel momento in cui dispone del suo
bene e pur coinvolgendo di fatto la responsabilità del notaio rogante (nullità contrattuale), non
include nel suo perimetro applicativo l’atto negoziale di costituzione volontaria di ipoteca
immobiliare.
17
Preme, inoltre osservare che, anche a voler ammettere un virtuale obbligo di dotazione nel
caso di vendita forzata, la sua violazione sembrerebbe risultare priva di sanzione sul piano
amministrativo, in quanto:
- il principio di imputabilità, valido anche per le sanzioni amministrative, porta ad escludere
la sanzionabilità del proprietario, quando tale soggetto, come nella vendita coattiva, subisce
un’attività altrui e resta del tutto estraneo all’atto di trasferimento;
- i principi di tipicità e di legalità (57) delle sanzioni amministrative portano ad escludere la
sanzionabilità di altro soggetto in luogo del proprietario dell’immobile (il Giudice dell’Esecuzione
che non ha ordinato la dotazione o che ha autorizzato la vendita o che ha emesso il decreto di
trasferimento senza di essa (58); il perito che non vi ha provveduto nonostante l’incarico ricevuto; il
cancelliere o il delegato che abbiano provveduto alla pubblicità dell’avviso in difetto di dotazione e
il delegato che abbia proceduto all’aggiudicazione ciò nonostante; il creditore procedente che ha
dato impulso alla vendita).
Per quanto riguarda, infine, l’inserimento dell’indice di prestazione e della classe energetica
negli annunci tramite tutti i mezzi di comunicazione commerciali, la disposizione, nella
formulazione che è tuttora vigente, è forse quella che più interessa il notaio (il quale, in qualità di
professionista delegato, è tenuto agli adempimenti pubblicitari di cui al n. 2 del comma 2 dell’art.
591-bis c.p.c. e che, pertanto, potrebbe essere considerato il responsabile dell’annuncio). Essa si
presta a molteplici letture che così possiamo riassumere:
1. la disposizione non solo è indipendente da qualsiasi altra prescrizione dell’articolo 6 ma,
addirittura, determina un (automatico) obbligo di dotazione quando si intenda utilizzare la
pubblicità commerciale, anche nei casi in cui la dotazione non sarebbe altrimenti prevista.
Questa interpretazione non sembra percorribile perché la tutela del mercato, nell’impianto
della normativa europea e in quella nazionale, è strumentale alla realizzazione dell’obiettivo
primario della dotazione e non il contrario (59);
2. la disposizione è parzialmente indipendente da qualsiasi altra prescrizione contenuta
dall’art. 6 e (senza introdurre un obbligo di dotazione dove esso non sia altrimenti previsto) si
limita a statuire che, laddove il bene sia dotato di attestato, gli annunci di offerta di vendita
18
tramite tutti i mezzi di comunicazione commerciali
(60)
debbano sempre contenere questa
informazione a prescindere dal sussistere degli obblighi di dotazione e di informazione di cui
all’art.6 del D.lgs. 192/2005.
Questa interpretazione è quella che più si avvicina al contenuto testuale della Direttiva che si
è voluto attuare (61);
3. la disposizione è strettamente collegata alla sussistenza dell’obbligo di dotazione che
sorge in caso di commercializzazione negoziale dei beni immobili (e ai conseguenti obblighi di
informazione sulla prestazione energetica del bene previsti nei commi 2, 3 e 3-bis del nuovo art. 6)
e lo anticipa nel caso di offerta di vendita al pubblico con mezzi commerciali (62). La disposizione si
applicherebbe, pertanto, ai soli casi di vendita negoziale (per i quali è previsto l’obbligo di
dotazione) e va letta in unico contesto all’interno dell’articolo 6 destinato a disciplinare, appunto,
la sola vendita commerciale e contrattuale. La ratio potrebbe essere quella (presente anche nella
previsione dell’obbligo di allegazione a pena di nullità del contratto) di coinvolgere e
responsabilizzare altri soggetti specializzati nel settore immobiliare nell’attuazione delle finalità
della disciplina e nell’opera di informazione a favore di un mercato immobiliare che tenga conto
della qualità energetica dei beni;
mentre non pare proponibile un’interpretazione che, nel ritenere obbligatoria la dotazione,
anche nel caso di vendita forzata, e in assenza di una sanzione per la sua violazione (non il
proprietario che subisce la vendita coattiva, ma neppure il Giudice delle Esecuzioni o il perito
incaricato in quanto la sanzione amministrativa è di stretta interpretazione), scarichi sul solo
“responsabile dell’annuncio” le conseguenze della violazione della prescrizione per mancata
disponibilità del dato da inserire (per mancata dotazione dell’immobile).
Ricordiamo, infatti, che il gestore dei siti accreditati o del quotidiano scelto per la pubblicità
obbligatoria, così come il professionista delegato o il cancelliere, sono tenuti ad eseguire la
pubblicità su ordine del G.E. che dirige e coordina tutte le operazioni di vendita e questi secondi, in
particolare, predispongono l’avviso di vendita in accordo alla stima del bene e alla
documentazione in atti privi del potere di disporre integrazioni alla documentazione presente nel
fascicolo processuale o di sostenere spese senza l’autorizzazione del G.E.
19
Scartate, quindi, la prima e l’ultima interpretazione restano meritevoli di attenzione solo la
seconda e la-terza lettura.
La seconda lettura ipotizzata propone una frattura tra il contenuto di tutto l’articolo 6 e il
suo ottavo comma.
Valorizzando una presupposta finalità di generale promozione e diffusione della cultura del
risparmio energetico (anche a prescindere dagli obblighi di dotazione e informazione al potenziale
acquirente, previsti nel resto della norma), in adesione a quanto effettivamente contenuto nella
Direttiva Europea (ma per le vendite negoziali), secondo tale interpretazione, ogni qual volta di
fatto (e a prescindere dalla sussistenza di un obbligo) il bene da porsi in vendita sia stato dotato di
attestato di prestazione energetica e agli atti risultano gli indici e la classe energetici
(63)
, il
responsabile dell’annuncio dovrebbe darne indicazione nell’annuncio commerciale di offerta di
vendita.
Una sua eventuale omissione, oltre che determinare un’irregolarità della vendita, potrebbe
esporre a responsabilità amministrativa il responsabile dell’annuncio che in alcuni casi potrebbe
essere il delegato, ma in altri lo stesso cancelliere (o il soggetto gestore della pubblicità incaricato
di effettuarla).
Come altrove già detto, non ci pare, però, che sussistano indici per ritenere che nel
bilanciamento degli interessi in gioco e, al di fuori di quanto prescritto dalla normativa europea, il
legislatore statale abbia inteso regolare anche gli annunci della vendita giudiziale coattiva,
vincolando l’attività degli uffici giudiziari coinvolti (ed esponendoli a responsabilità
amministrativa).
L’ultima lettura possibile (e a nostro avviso preferibile) è, infine, quella che colloca la singola
disposizione nel contesto di tutta la disciplina di cui agli artt. 6 e 15 del D.lgs.192 del 2005, cioè
nell’ambito della sola vendita negoziale, anticipando l’obbligo di dotazione dell’attestato e di
rilascio delle informazioni circa le caratteristiche energetiche dei beni al momento della pubblicità
dell’offerta di vendita, se si scelgano mezzi commerciali di pubblicità.
Ci pare che questa ultima interpretazione, sia nella formulazione del D.lgs. 192 del 2005 in
vigore fino al 24 dicembre 2013 sia in quella successiva che verremo nel prosieguo ad analizzare:
20
- meglio rispetti il tenore letterale delle disposizioni;
- sia più aderente alla ratio principale della normativa che è quella di dare attuazione alla
Direttiva Comunitaria che non impone alcuna scelta in ambito giudiziario o processuale (64);
- non escluda che, in una logica non di obbligatorietà, ma di opportunità e discrezionalità
rimessa al Giudice delle Esecuzioni (che dirige e coordina il procedimento) e nel rispetto dello
spirito che ha animato a suo tempo la riformulazione dell’art. 173 disp. att. cp.c. (secondo il
principio di trasparenza e di competitività della vendita giudiziale nell’interesse alla sua efficienza,
caratterizzata dall’apertura ad un più ampio mercato e da una maggiore tutela dell’affidamento
dei-terzi), i Giudici delle Esecuzioni possano disporre la dotazione dell’attestato di prestazione
energetica o l’acquisizione delle informazioni energetiche già esistenti sui beni da porsi in vendita
e la loro corretta pubblicizzazione, laddove il rapporto costi-benefici lo suggerisca (65);
- sia coerente con il collocamento della disposizione, ma anche dotata di quella elasticità che
consente alla materia processuale e giudiziale un adattamento all’evoluzione interpretativa e
normativa della materia, evitando di inserire un momento di criticità automatica nell’ambito di
una vendita, quella forzata a mezzo di decreto di trasferimento giudiziale, certamente soggetta a
disciplina specifica di almeno pari ordine pubblico.
Resterebbe l’invito prudente, rivolto al professionista delegato, ad inserire comunque e
sempre, nell’annuncio di vendita effettuato con i mezzi commerciali, le caratteristiche energetiche
dell’edificio (se e come risultanti dall’elaborato peritale in atti) ad evitare qualsiasi contestazione
sulla regolarità della vendita e in un ottica di corretta e trasparente informazione ai-terzi.
5. Consequenziale irrilevanza rispetto alle vendite forzate attuate a mezzo di decreto di
trasferimento ex art. 586 c.p.c. del comma 8 dell’art.1 del D.lgs. 145/2013
La disamina fin qui compiuta, a proposito della normativa di cui al D.lgs. 192 del 2005, dopo
le correzioni apportatevi dal D.L.69 del 2013 ma prima delle ultime modifiche, ci pare utile, oltre
che per la sua (parziale) attuale vigenza e per comprendere l’evoluzione della normativa e le
ragioni delle successive modifiche, per sgomberare il campo dal dubbio che il comma 8 dell’art.1
del D.lgs. 145/2013, oggi convertito in legge, possa ritenersi applicabile anche ai decreti di
21
trasferimento ex art. 586 c.p.c. emessi fino al 24 dicembre 2013 senza alcun riferimento alle
caratteristiche energetiche dei beni trasferiti e senza allegazione dell’attestato di prestazione
energetica.
Come ci pare di avere dimostrato, la disciplina relativa all’obbligo di allegazione dell’APE al
contratto a pena di sua nullità (in vigore fino al 24 dicembre 2013) non può essere considerata
come rivolta ai provvedimenti di natura giudiziale e coattiva quali il decreto di trasferimento ex
art. 586 c.p.c. in esito ad espropriazione forzata e, pertanto, se mai ci fosse bisogno di
riaffermarlo, si vuole qui sottolineare che non si potrà porre mai e comunque (a prescindere
dall’interpretazione che si voglia dare all’attuale, riformulata disciplina oggi vigente), una
questione di applicabilità della sanzione della nullità contrattuale né una questione di applicabilità
oggi della sanzione amministrativa (in luogo di quella della nullità) di cui al comma 8 dell’art.1 del
D.L.145/2013, ai decreti di trasferimento ex art. 586 c.p.c. emessi fino al 24 dicembre 2013, senza
alcun riferimento alle caratteristiche energetiche dei beni trasferiti e senza allegazione
dell’attestato di prestazione energetica (66).
Tale indicazione, oltre che tranquillizzare i delegati che abbiano curato le operazioni di
vendita nel caso di immobili comunque dotati dell’attestato di prestazione energetica (che se i
beni non fossero stati dotati nemmeno si potrebbe porre il problema), è rivolta a rassicurare
anche i notai che siano richiesti di stipulare in un momento successivo atti dispositivi che
presuppongano la validità di un trasferimento anteriore effettuato a mezzo di decreto di
trasferimento in sede espropriativa forzata (successive rivendite, costituzione di diritti reali di
garanzia sui beni acquistati, ecc.).
6. Il D.L.23 dicembre 2013, n. 145 (c.d. “destinazione Italia”) oggi convertito con L. 21
febbraio 2014, n. 9 e la disciplina attualmente vigente in tema di allegazione dell’APE agli atti di
trasferimento a titolo oneroso. Argomenti a favore della non applicazione della disciplina
prevista alla vendita in sede di espropriazione forzata a mezzo di decreto di trasferimento
Lasciando sullo sfondo il susseguirsi di provvedimenti che hanno determinato non pochi
dubbi interpretativi circa la data di entrata in vigore della nuova formulazione del comma 3 (e
22
dell’abrogazione del comma 3-bis) dell’art. 6 del D.lgs. 192/2005, oggi vigente (a partire dal 22
febbraio 2014) veniamo finalmente ad esaminare l’ultima riformulazione della disciplina di nostro
interesse.
L’art. 6 del D.lgs. 192 del 2005 è rimasto immutato per quanto riguarda:
- l’obbligo di dotazione dell’attestato di prestazione energetica,
- l’obbligo di informazione ai potenziali acquirenti consistente nella produzione e messa
disposizione dell’attestato durante le trattative (67) e nella sua consegna alla loro fine,
- l’obbligo di inserimento dell’indice di prestazione energetica e della classe energetica
corrispondente, negli annunci tramite mezzi di comunicazione commerciali (se pure leggermente
riformulato);
Le modifiche rilevanti hanno invece riguardato:
- l’obbligo di informazione (68) attuato mediante l’inserimento nell’atto di trasferimento di
una clausola (già prevista) “con la quale l'acquirente o il conduttore dichiarano di aver ricevuto le
informazioni e la documentazione, comprensiva dell'attestato, in ordine alla attestazione della
prestazione energetica degli edifici”.
Tale obbligo è stato riformulato mediante:
a. la sostituzione della formula
(69)
“nei contratti di vendita” con quella “nei contratti di
compravendita immobiliare, negli atti di trasferimento di immobili a titolo oneroso ….”
b. l’introduzione di una (nuova) sanzione amministrativa pecuniaria in caso di omessa
dichiarazione a carico delle parti in solido e in parti uguali tra loro.
Novità, dunque, quanto all’estensione dell’obbligo, quanto ai suoi destinatari e quanto ai
responsabili della sua violazione e trasformazione di quella che sembrava una norma a tutela del
contraente/acquirente, con conseguenze sul piano della responsabilità civile tra le parti dell’atto
(o tutt’al più tra le parti e il notaio che avesse omesso di esercitare i propri doveri di informativa
(70)
) in una norma a tutela di un interesse pubblico i cui destinatari e responsabili sono i contraenti
in posizione paritaria (in solido e in parti uguali).
23
- l’obbligo di allegazione dell’attestato di prestazione energetica (APE) all’atto di
trasferimento (già previsto a pena di nullità del contratto in quanto reintrodotto (71) e vigente fino
al 24 dicembre 2013).
Tale obbligo è stato riformulato, con disciplina identica a quella di cui sopra circa la clausola
contenente la dichiarazione dell’acquirente, mediante:
a. la sostituzione della formula
(72)
“nei contratti di vendita” con quella “nei contratti di
compravendita immobiliare, negli atti di trasferimento di immobili a titolo oneroso ….”
b. la sostituzione della precedente sanzione della nullità contrattuale con una (nuova)
sanzione amministrativa pecuniaria in caso di omessa allegazione a carico delle parti in solido e in
parti uguali tra loro.
La modifica merita una riflessione se si considera che la sanzione della nullità contrattuale
(precedentemente prevista), sebbene più grave sul piano degli effetti, risultava tecnicamente
inapplicabile ad un trasferimento effettuato a mezzo di provvedimento giudiziale, mentre la
sanzione amministrativa oggi prevista (a carico delle parti in solido) potrebbe teoricamente
preoccupare l’acquirente da vendita forzata e, conseguentemente, il notaio delegato delle
operazioni di vendita che in sede di redazione della bozza del decreto di trasferimento, prima, e in
sede di registrazione, poi, dovrebbe interrogarsi sul punto (inserimento della clausola e
allegazione dell’attestato).
Ci pare che il nodo da scogliere in proposito sia, dunque, stabilire:
- se la nuova formulazione dell’obbligo di inserimento della clausola e di allegazione dell’APE
all’atto di trasferimento dei beni a titolo oneroso sia idonea o meno ad attrarre nel proprio campo
di applicazione anche le vendite forzate giudiziali, ovvero:
- se tra “gli atti di trasferimento di immobili a titolo oneroso” possano/debbano rientrare
anche i trasferimenti attuati con provvedimento giudiziale in ambito espropriativo.
In proposito si osserva quanto segue:
- l’obbligo di allegazione è accostato a quello di inserimento di una clausola contenente la
dichiarazione dell’acquirente,
24
- il legislatore continua a parlare di allegazione “al contratto” della copia dell’attestato di
prestazione energetica,
- vengono assoggettate al pagamento d una sanzione amministrativa pecuniaria da Euro
3.000,00 a Euro 18.000,0, in solido e in parti uguali, le parti (del contratto di compravendita
immobiliare e dell’atto di trasferimento di immobili a titolo oneroso),
- la disposizione persegue e protegge l’interesse pubblico al censimento degli edifici e della
loro prestazione energetica non più indirettamente, tutelando un contraente o la trasparenza del
mercato immobiliare, bensì direttamente coinvolgendo le parti della compravendita o dell’atto di
trasferimento e rendendole tutte responsabili del rispetto della disposizione,
- mentre è certo che l’allargamento dell’obbligo di allegazione agli “atti di trasferimento di
immobili a titolo oneroso” abbia inteso attrarre nel suo campo di applicazione (e in quello di
inserimento della clausola contenente la dichiarazione dell’acquirente) tutti quei trasferimenti
negoziali che nella sintassi del legislatore interno non erano automaticamente ricompresi nella
formula “vendita”
(73)
(direttamente derivante dal linguaggio delle direttive europee), non è
esplicito né può considerarsi automatico che la formulazione ampia sia stata pensata per
ricomprendere anche tutti i trasferimenti attuati a mezzo di provvedimento giudiziale, in
particolare quelli coattivi in caso di espropriazione forzata (74);
- la disposizione, infatti, non riguarda il caso di atto negoziale di costituzione di un diritto
reale di garanzia sui beni immobili (ipoteca volontaria);
- non sussistono indici normativi per ritenere che gli interessi di ordine pubblico perseguiti
dalla disciplina in materia energetica siano sovraordinati ad altri interessi di ordine pubblico
perseguiti da altre normative
(75)
, in particolare (in questo caso) quelli che governano o a cui è
funzionale la vendita forzata giudiziale in sede esecutiva: tutela del diritto di credito in generale e
tutela della trasparenza e stabilità della vendita forzata in particolare, autonomia della funzione
giurisdizionale da quella amministrativa, durata ragionevole del processo ed economia
processuale.
Inoltre, se è vero che la disposizione ha assunto un connotato più pubblicistico rispetto al
passato, non si può ignorare che nel nostro sistema la sanzione amministrativa presuppone
25
sempre una volontarietà o consapevolezza della violazione o quantomeno la capacità di poter
adempiere l’obbligo che si assume violato, mentre è noto che né l’esecutato (proprietario e parte
alienante nel trasferimento coattivo) né l’acquirente (l’offerente aggiudicatario) hanno alcun
potere di incidere sul contenuto del decreto di trasferimento del giudice.
Essendo la sanzione amministrativa di stretta interpretazione, non potrebbe neppure
ritenersi che ne siano destinatari i Giudici delle Esecuzioni o il professionista delegato che si limita
a predisporre la sola bozza del decreto ex art. 586 c.p.c.
Riteniamo, pertanto, che in virtù:
- della struttura complessiva della disposizione (la previsione di una sanzione amministrativa
a carico delle parti dell’atto);
- dell’assenza di un dato letterale inequivoco che comporti l’estensione della normativa oltre
a quanto richiesto dalle stesse direttive europee (la materia contrattuale),
- della presenza di elementi letterali che lasciano, invece, intendere la volontà specifica di
regolare il solo ambito negoziale/contrattuale dei trasferimenti immobiliari (l’allegazione “al
contratto”),
sia corretto interpretare le modifiche apportate come il frutto dell’intenzione del legislatore
di voler mitigare la precedente sanzione prevista (della nullità contrattuale) riportando la
violazione e la sua sanzione in un ambito diverso da quello dell’invalidità e dell’inefficacia dell’atto
(76)
.
La nullità contrattuale, infatti, non solo non era richiesta dalle direttive europee, ma finiva
per provocare incertezze e criticità in un ambito, quello della circolazione dei beni, dove le ragioni
della sicurezza e gli interessi di ordine pubblico da tutelare sono evidentemente risultati essere
(alla luce di una rivisitazione dell’argomento da parte del legislatore) di grado pari (o superiore) a
quelli perseguiti dalla disciplina in ambito energetico.
Quanto alla formula “negli atti di trasferimento immobiliare a titolo oneroso” inserita in
occasione dell’eliminazione della sanzione della nullità del contratto, la stessa può semplicemente
essere letta come dettata dalla necessità di chiarire che la disciplina (in tema di clausola e
26
allegazione) andasse estesa a tutta una serie di atti negoziali che nel linguaggio normativo interno
non erano automaticamente ricompresi nella formula precedente di “contratto di vendita” (77).
7. Opportunità della dotazione di attestato di prestazione energetica dei beni posti in
vendita in sede esecutiva sotto il profilo della competitività della vendita forzata e opportunità
dell’allegazione dell’attestato di prestazione energetica agli atti al decreto di trasferimento (o
della sua consegna all’aggiudicatario) sotto il profilo dell’economia del sistema
Se l’analisi fin qui compiuta porta ad escludere dal perimetro di applicazione della disciplina
del D.lgs. 192 del 2005 i trasferimenti della proprietà effettuati in sede esecutiva forzata a mezzo
di decreto di trasferimento, in base a tutte le argomentazioni già viste, ciò non esclude che sul
piano dell’opportunità il Giudice dell’Esecuzione nell’esercizio del suo potere di direzione possa
stabilire:
- che il perito stimatore doti l’immobile dell’attestato anche ai fini di una più completa
informazione relativa ai beni pignorati,
- che l’avviso di vendita destinato alla pubblicità contenga le informazioni energetiche
prescritte per il caso di “offerta di vendita” dal comma 8 dell’art. 6,
- che l’attestato stesso sia consegnato all’acquirente o sia allegato al decreto di
trasferimento.
Tali disposizioni giudiziali circa le modalità della vendita potranno trovare la loro ratio nelle
particolari caratteristiche del bene (ad es. un immobile di buona classe energetica, della quale è
quindi opportuno dare informazione) o semplicemente nella considerazione che un bene offerto
in vendita con gli stessi elementi informativi previsti per le vendite negoziali potrà essere più
facilmente commerciabile.
Una volta poi che il bene sia stato dotato dell’attestato e che lo stesso sia stato allegato alla
perizia di stima, appare antieconomico lasciare il documento nel fascicolo processuale anziché
consegnarlo all’acquirente o allegarlo al decreto di trasferimento.
Da questo punto di vista sono condivisibili le istruzioni di alcuni Tribunali nel senso di dotare
i beni pignorati dell’attestato di prestazione energetica, incaricandone il perito in sede di stima, e
27
di allegare, poi, lo stesso documento al decreto di trasferimento, in un’ottica di maggiore
competitività della vendita, senza che ciò, però, comporti l’applicazione dell’apparato
sanzionatorio previsto dalla disciplina in materia energetica per le sole vendite negoziali e
consensuali (78).
8. Conclusioni
La disciplina contenuta nel D.lgs. 192 del 2005 origina dalla necessità di dare attuazione a
quanto prescritto dalla normativa europea che, nel perseguimento di una maggiore efficienza
energetica degli edifici sul territorio degli Stati membro, è certamente rivolta a disciplinare la sola
attività negoziale/contrattuale di circolazione dei beni immobili, lasciando al diritto interno dei
singoli Stati membro la regolamentazione della materia in-termini di procedimenti giudiziari (79).
Nel nostro sistema interno nazionale, la vendita coattiva per l’attuazione (forzata e
giudiziale) del diritto di credito insoddisfatto è tradizionalmente regolata da una disciplina
speciale: quanto al contenuto, alla forma, ai mezzi di impugnazione e alla stabilità del
provvedimento giudiziale che la attua; pertanto, una disciplina destinata a regolare una vendita
negoziale e a sanzionare una sola o entrambe le parti di una compravendita consensuale non può
considerarsi automaticamente applicabile ad essa e, in assenza di espressi ed inequivocabili indici
normativi, l’indagine interpretativa deve tenere conto della delicata e particolare materia
processuale/giudiziale che coinvolge interessi pubblici il cui bilanciamento non a caso è riservato in
esclusiva al legislatore nazionale.
Ne’ nell’originaria formulazione dell’art. 6 del D.lgs. 192 del 2005 né nelle riformulazioni che
si sono succedute fino a quella attualmente vigente (dal 22 febbraio 2014) sono, a nostro parere,
rinvenibili sicuri indici della volontà del legislatore nazionale (unico legittimato a regolare la
materia processuale) di attrarre ed includere nella disciplina prevista (e adeguatamente
sanzionata) anche le vendite forzate attuate a mezzo di decreto di trasferimento in ambito
giudiziale.
La espressa estensione (da ultimo) dell’obbligo di allegazione dell’attestato di prestazione
energetica agli “atti di trasferimento a titolo oneroso” ben può essere interpretata come
28
semplicemente intesa a ricomprendere tutta una serie di atti (sempre contrattuali) che nel
linguaggio interno nazionale potevano non ritenersi ricompresi nel-termine precedentemente
utilizzato di “vendita”.
Sembrano piuttosto rinvenibili diversi indizi sia sul piano letterale che su quello sistematico
nel senso della non estensione alle vendite forzate giudiziale degli obblighi e delle sanzioni ivi
previsti:
- il riferimento espresso ad una “clausola” contenente una certa dichiarazione
dell’acquirente;
- il riferimento espresso al “contratto” a proposito dell’obbligo di allegazione;
- il principio di legalità e tipicità delle sanzioni amministrative in generale e, quindi, la loro
non estensibilità a soggetti diversi da quelli indicati nella norma di legge (le parti della vendita)
che, però, nel caso di vendita forzata, non possono ritenersi in alcun modo responsabili del
contenuto del provvedimento del giudice con cui viene effettuato il trasferimento (in forma di
decreto);
- la complessiva disciplina della vendita forzata che si caratterizza, tra l’altro, per essere
coattiva e funzionale all’attuazione del diritto di credito, secondo uno statuto che tiene conto di
interessi di ordine pubblico di grado almeno pari a quelli perseguiti dalla normativa in ambito
energetico (80).
Come è stato in altre sedi rilevato, la disciplina in ambito energetico è oggetto di sempre più
intensa attenzione in ambito europeo, come in continua evoluzione è anche il processo di
riavvicinamento delle discipline nazionali in ambito di circolazione di immobili e di attuazione
coattiva e giudiziaria del diritto di credito, ma allo stato attuale dell’evoluzione normativa interna
ed europea non ci sembra si possa dubitare del fatto che la vendita attuata a mezzo di
provvedimento giudiziale nell’ambito dell’esecuzione forzata come disciplinata dal legislatore
italiano goda di uno statuto del tutto speciale sottratto a quello della vendita contrattuale che è,
appunto, oggetto del D.lgs. 192/2005.
E se anche non si volesse escludere a priori un’interpretazione che ritenesse applicabile
anche al trasferimento in ambito giudiziale coattivo la normativa in tema di dotazione e di
29
allegazione dell’attestato di prestazione energetica (contrariamente a quanto qui sostenuto), le
eventuali violazioni non potrebbero comunque mai determinare l’applicabilità delle sanzioni
amministrative ivi previste, infatti:
- non si vede come possa applicarsi la sanzione prevista per la violazione dell’obbligo di
dotazione (a carico del solo proprietario nel caso di vendita) a chi subisce coattivamente
l’alienazione del proprio bene;
- non sembrano applicabili agli organi della procedura o al creditore procedente le
responsabilità civili conseguenti alla violazione degli obblighi di informativa precontrattuale
previsti in ambito energetico (informazioni e consegna della documentazione in fase di trattativa),
in quanto, una volta esaurite le eventuali contestazioni su presunte irregolarità della vendita, non
è comunque data la responsabilità per vizi nella vendita forzata;
- né sembrano irrogabili alle parti della vendita (visto che il decreto di trasferimento è atto
unilaterale del giudice e non contratto) le sanzioni amministrative previste per la violazione
dell’obbligo di inserimento della clausola (con la quale l’acquirente dichiara di avere ricevuto le
informazione e la documentazione tra cui l’attestato) o dell’obbligo di allegazione (“al contratto”)
dell’attestato di prestazione energetica, previsti dall’art.6 per i “contratti di compravendita” e gli
“atti di trasferimento di immobili a titolo oneroso”, se il decreto di trasferimento è atto del Giudice
delle Esecuzioni sul cui contenuto le parti non possono incidere.
Quanto, infine, all’obbligo di inserimento delle caratteristiche energetiche del bene offerto
in vendita in caso di annuncio con i mezzi di pubblicità commerciali e alla sanzione prevista in caso
di sua violazione a carico del “responsabile dell’annuncio”, come sopra già meglio esplicitato, si è
pervenuti per esclusione a sole due letture possibili (81):
- la prima, a nostro avviso preferibile, secondo cui la disposizione andrebbe letta in
coordinamento con tutte le altre, e, quindi, rivolta alle sole vendite consensuali;
- la seconda che propone una frattura tra questa e tutte le altre disposizioni dell’articolo 6 (e
che presuppone che il responsabile dell’annuncio sia in grado di conoscere se il bene sia stato
dotato di attestato), secondo cui, ogni volta che dalla documentazione agli atti risulti la dotazione,
l’annuncio dovrebbe indicare le caratteristiche energetiche del bene.
30
Forse il decreto previsto per l’adeguamento del D.M. 26 giugno 2009 destinato a prevedere,
tra l’altro (82), la definizione di uno schema di annuncio di vendita per esposizione nelle agenzie
immobiliari (!) potrà fornire ulteriori argomenti a favore della prima (o della seconda)
interpretazione proposta, ma è certamente opportuno, anche in un’ottica di efficienza del sistema
che il professionista eventualmente delegato alla vendita, prima di effettuare gli adempimenti
pubblicitari, verifichi sempre se l’attestato di prestazione energetica sia agli atti e ne tenga conto
nella redazione dell’avviso di vendita.
Le conclusioni fin qui raggiunte non escludono naturalmente che l’applicazione delle norme
di diritto processuale, nei diversi istituti e nelle diverse fasi del procedimento, possano comportare
diversi e specifici obblighi degli ausiliari del Giudice, in ottemperanza alle direttive ed istruzioni da
questi loro impartite, nel rispetto dei principi che governano la materia delle vendite forzate.
La riflessione è importante per chiarire che il principio di corretta informazione delle
caratteristiche dei beni posti in vendita è, comunque, presente con proprie peculiarità anche nella
vendita forzata, ma con ricadute in caso di sua violazione sulla validità degli atti processuali
secondo la disciplina della stabilità della vendita forzata, che dipendono dalla gravità del difetto di
informazione e dal momento in cui lo stesso è fatto valere.
Pertanto, la valutazione circa l’estensione di discipline pensate per la vendita consensuale a
quella coattiva giudiziale, pur in alcuni casi opportuna sul piano della competitività della vendita
forzata, deve sempre tenere conto e della natura coattiva della vendita forzata e dei meccanismi
processuali che governano il processo esecutivo e che rimettono al Giudice dell’Esecuzione, in
assenza di un’espressa previsione normativa diversa, la direzione del processo.
Non a caso la Costituzione riserva la materia del diritto processuale (che regola l’attività
giudiziaria) in esclusiva al legislatore nazionale, in considerazione del delicato e necessario
bilanciamento degli interessi in gioco sempre di ordine pubblico e di livello nazionale.
Elisabetta Gasbarrini
31
________________________________
1)
Ci riferiamo al fatto che:
- la legge di stabilità (27 dicembre 2013 n. 147) all’art.1, comma 139 lettera a), intervenendo non sull’art. 6 del D.lgs.
192/2005, ma sul D.L.63/2013 (che lo aveva a suo tempo modificato), aveva anteposto un inciso (“A decorrere dalla data di
entrata in vigore del decreto di adeguamento di cui al comma 12”) al comma 3-bis dell’art. 6 del D.lgs. 192/2005 che poche
ore prima un altro D.L. (il n. 145/2013 oggi convertito in legge) aveva abrogato proprio a partire dal 24 dicembre 2013;
- il decreto mille proroghe (D.L. 30 dicembre 2013. n. 151 in vigore dal 31 dicembre 2013, ma non convertito in legge) in
data successiva alla predetta abrogazione richiamava all’art. 2, comma 5, lo stesso comma 3-bis dell’art. 6 del D.lgs.
192/2005 in materia di dismissioni del patrimonio pubblico, per escluderne l’applicazione (nullità del contratto) oltre che
per stabilire che l’attestato potesse essere acquisito successivamente.
Si veda da ultimo la segnalazione su CNN Notizie del 10 gennaio 2014 Decreto ”Destinazione Italia”, Legge di Stabilità,
Decreto Milleproroghe e certificazione energetica a cura di A. Ruotolo e M.L. Cenni e già in CNN Notizie del 24 dicembre
2013 Il Decreto “Destinazione Italia” – Le novità in materia di certificazione energetica di G. Rizzi.
2)
3)
4)
Approvato in data 20 gennaio 2012 e pubblicato su CNN Notizie del 22 marzo 2012.
5)
6)
7)
Se pure il notariato aveva già suggerito la migliore interpretazione nel senso della non reviviscenza del comma 3-bis.
8)
9)
10)
Per esonerarne/correggerne l’applicazione in casi di dismissioni di beni pubblici.
11)
In particolare la “a 2002/91/CE e la Direttiva 31/2010/UE (cui all’epoca di redazione dello studio non era ancora stata data a
livello nazionale espressa attuazione).
12)
In proposito la Direttiva 2002/91/CE specifica:
- che lo Stato membro provvede ”a che in fase di costruzione, compravendita o locazione di un edificio, l’attestato di
certificazione sia messo a disposizione del proprietario o che questi lo metta a disposizione del futuro acquirente o locatario,
a seconda dei casi” (art. 7, paragrafo 1, primo periodo);
- che l’attestato comprende dati di riferimento che “consentano ai consumatori di valutare e raffrontare il rendimento
energetico dell’edificio” (art. 7, paragrafo 2);
- che “l’obiettivo di tali attestati è limitato alla fornitura di informazioni e qualsiasi effetto di tali attestati in-termini di
procedimenti giudiziari o di altra natura sono decisi conformemente alle normative nazionali “(art. 7, paragrafo 2)
13)
14)
Per la normativa europea.
15)
In quanto la materia della vendita forzata in sede di espropriazione forzata è, allo stato attuale della legislazione vigente,
materia di diritto processuale riservata in esclusiva alla legislazione statale. Si vedano in proposito le argomentazione di
cui alla sentenza del tribunale di Varese del 19 giugno 2009, in Giur. Merito, 2009, pag. 3040, anche se in relazione ad un
Con legge 21 febbraio 2014 n.9 (pubblicata in G.U. 21 febbraio 2014 n. 43).
Che il D.L.145/2013 aveva abrogato a partire dalla sua entrata in vigore (24.12.2013), ma a cui 2 provvedimenti entrati in
vigore successivamente (la legge di stabilità e il D.L.151 del 2013) facevano espresso riferimento.
All’art. 7-ter.
Legge di stabilità, alla lettera a) del comma 139 dell’art. 1 modificava il D.L.4 giugno 2013, n. 63, convertito con
modificazioni dalla L.3 agosto 2013, n. 90, disponendo che il comma 3-bis del presente articolo, non più previsto dal D.L.23
dicembre 2013, n. 145, fosse modificato come segue: "A decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto di
adeguamento di cui al comma 12, L'attestato di prestazione energetica deve essere allegato al contratto di vendita, agli atti
di trasferimento di immobili a titolo gratuito o ai nuovi contratti di locazione, pena la nullità degli stessi contratti."
Approvato in data 22 marzo 2012
Soprattutto relativamente alla legislazione vigente in alcune regioni (quali la Lombardia), nelle quali era espressamente
previsto l’obbligo di allegazione (del documento relativo alle caratteristiche energetiche) anche al decreto di trasferimento
in esito a vendita forzata.
In quanto allo stato attuale di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri:
-non sussiste una regolamentazione comune del diritto processuale che coinvolga le vendite giudiziali degli immobili,
neppure nel caso di fenomeni liquidatori transfrontalieri (anzi gli strumenti normativi che hanno affrontato l’ambito delle
procedure fallimentari transfrontaliere precisano sempre che si applicano le normativa dei singoli stati quando si tratti di
liquidare beni immobili);
- le stesse Direttive nella loro formulazione lasciano intendere che non vi sia alcun obbligo di uniformare un’eventuale
vendita in ambito giudiziale a quella commerciale/consensuale da esse direttamente disciplinate (art. 7 Direttiva
2002/91/CE e art. 12 paragrafo 7 della Direttiva 31/2010/UE).
32
atto della Giunta della Regione Lombardia, qualificato come amministrativo. Nella pronuncia si parla di violazione dell’art.
117 Cost., sul riparto di competenze tra Stato e Regioni, di violazione dell’art. 3 Cost., sul principio di eguaglianza, e di
violazione dell’art. 111 Cost., sulla ragionevole durata e sui costi del processo.
16)
17)
Citare l’obbligo di dotazione in caso di costruzione e quella delle PA o dei luoghi aperti al pubblico se c’era già.
18)
19)
Artt. 30 e 46 T.U. 380 del 2001 (già artt. 17 e 18 della Legge 47/85) e art. 40 L. 47/85.
20)
Il conservatore ad esempio quanto alla non trascrivibilità di alcuni atti tra vivi, in forma pubblica o privata, cui non sia
allegato il CDU nei casi previsti dalla legge (art. 30 T.U. 380/2001) e il notaio nel medesimo caso oltre che nei casi previsti
dall’art. 46 quanto alla previsione della nullità dell’atto tra vivi.
21)
22)
“Modifica del decreto 26 giugno 2009,recante:«Linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici.
23)
Sia la norma in tema di conformità catastale (art. 29, comma 1-bis, legge 52 del 1985) sia gli artt. 17 e 18 della legge 47/85
che oggi gli artt. 46 e 30 del T.U. 380 del 2001 escludono dal loro campo di applicazione e dalle nullità irrogate gli atti
costitutivi di diritti reali di garanzia.
24)
Nessuno dubita che la normativa, qui oggetto di approfondimento, in tema di obblighi e sanzioni nel caso di loro violazione
non riguardi affatto gli atti costitutivi di ipoteca sui beni immobili.
25)
26)
Introduzione dell’art. 173-bis disp. att. c.p.c. in occasione della riforma del processo civile del 2005.
27)
28)
Si pensi all’introduzione dell’art. 187-bis disp. att.c.p.c. in occasione della riforma del c.p.c. del 2005.
E, quindi, è fisiologicamente coinvolto il notaio nell’esercizio della sua funzione di attribuzione di pubblica fede agli atti
negoziali.
Art. 29, comma 1-bis della legge n. 52 del 27 febbraio 1985: “ Gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi
ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti, ad
esclusione dei diritti reali di garanzia, devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di nullità, oltre
all'identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli
intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti in
materia catastale…. (omissis).
Art. 2 - Modifiche all'Allegato A del decreto ministeriale 26 giugno 2009
1.Il paragrafo 2 dell'allegato A del decreto ministeriale 26 giugno 2009 è sostituito dal seguente:
«2.(Campodi applicazione). Ai sensi del decreto legislativo 192/2005, la certificazione energetica si applica agli edifici delle
categorie definite in base alla destinazione d'uso dall'art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n.
412, indipendentemente dalla presenza di impianti tecnologici esplicitamente o evidentemente destinati a uno dei servizi
energetici di cui è previsto il calcolo delle prestazioni.
A titolo esemplificativo e non esaustivo, sono esclusi dalla applicazione delle presenti Linee guida, a meno delle porzioni
eventualmente adibite a uffici e assimilabili, purché scorporabili agli effetti dell'isolamento-termico: box, cantine,
autorimesse, parcheggi multipiano, depositi, strutture stagionali a protezione degli impianti sportivi e altri edifici a questi
equiparabili in cui non è necessario garantire un confort abitativo.
Sono altresì esclusi dall'obbligo di certificazione energetica al momento dei passaggi di proprietà:
a) i ruderi, previa esplicita dichiarazione di tale stato dell'edificio nell'atto notarile di trasferimento di proprietà;
b) immobili venduti nello stato di "scheletro strutturale", cioè privi di tutte le pareti verticali esterne o di elementi
dell'involucro edilizio, o "al rustico", cioè privi delle rifiniture e degli impianti tecnologici, previa esplicita dichiarazione di tale
stato dell'edificio nell'atto notarile di trasferimento di proprietà. Resta fermo l'obbligo di presentazione, prima dell'inizio
dei lavori di completamento, di una nuova relazione tecnica di progetto attestante il rispetto delle norme per l'efficienza
energetica degli edifici in vigore alla data di presentazione della richiesta del permesso di costruire, o denuncia di inizio
attività, comunque denominato, che, ai sensi dell'art. 28, comma 1, della legge 9 gennaio1991,n.10,il proprietario
dell'edificio, o chi ne ha titolo, deve depositare presso le amministrazioni competenti contestualmente alla denuncia
dell'inizio dei lavori…. omissis
Concetto testualmente introdotto in ambito fallimentare (con la riforma del 2007), che individua lo schema della miglior
vendita possibile secondo un criterio elastico che fa riferimento a concetti quali: la trasparenza, la pubblicità e l’apertura
della vendita al maggior pubblico possibile, ecc. (P. D’Adamo, Studio CNN n. 5-2007/E, Le procedure competitive all’interno
della riforma della liquidazione dell’attivo, approvato dalla Commissione Esecuzioni Immobiliari e Attività Delegate il 7
marzo 2008)
Talora tale interesse coincide con l’interesse del creditore al maggior realizzo possibile e alla stabilità della vendita (art.
2919 c.c. quanto all’inopponibilità all’acquirente di ciò che non è opponibile al creditore procedente, art. 2922 c.c. quanto
all’esclusione della garanzia per vizi) talaltra è indipendente dall’interesse del creditore (art. 2929 c.c. quanto
33
all’inopponibilità all’aggiudicatario dei vizi di regolarità del procedimento anteriori al provvedimento di autorizzazione alla
vendita).
29)
Art. 173-bis. (Contenuto della relazione di stima e compiti dell'esperto). “L'esperto provvede alla redazione della relazione di
stima dalla quale devono risultare:
1) l'identificazione del bene, comprensiva dei confini e dei dati catastali;
2) una sommaria descrizione del bene;
3) lo stato di possesso del bene, con l'indicazione, se occupato da terzi, del titolo in base al quale è occupato, con particolare
riferimento alla esistenza di contratti registrati in data antecedente al pignoramento;
4) l'esistenza di formalità, vincoli o oneri, anche di natura condominiale, gravanti sul bene che resteranno a carico
dell'acquirente, ivi compresi i vincoli derivanti da contratti incidenti sulla attitudine edificatoria dello stesso o i vincoli
connessi con il suo carattere storico-artistico;
5) l'esistenza di formalità, vincoli e oneri, anche di natura condominiale, che saranno cancellati o che comunque risulteranno
non opponibili all'acquirente;
6) la verifica della regolarità edilizia e urbanistica del bene nonché l'esistenza della dichiarazione di agibilità dello stesso
previa acquisizione o aggiornamento del certificato di destinazione urbanistica previsto dalla vigente normativa.
L'esperto, prima di ogni attività, controlla la completezza dei documenti di cui all'articolo 567, secondo comma, del codice,
segnalando immediatamente al giudice quelli mancanti o inidonei.
L'esperto,-terminata la relazione, ne invia copia ai creditori procedenti o intervenuti e al debitore, anche se non costituito,
almeno quarantacinque giorni prima dell'udienza fissata ai sensi dell'articolo 569 del codice, a mezzo posta elettronica
certificata ovvero, quando ciò non è possibile, a mezzo telefax o a mezzo posta ordinaria. (2)
Le parti possono depositare all'udienza note alla relazione purché abbiano provveduto, almeno quindici giorni prima, ad
inviare le predette note al perito, secondo le modalità fissate al-terzo comma; in tale caso l'esperto interviene all'udienza per
rendere i chiarimenti.” In vigore dal 1 marzo 2006.
30)
Comma 8 dell’art. 6 del D.lgs. 192/2005, nella versione vigente fino al 3 agosto 2013 ed oggetto del precedente studio CNN
n.12-2011/E.
31)
32)
33)
Idonei a far ricadere il vizio in un caso di aliud pro alio.
34)
Si veda G. Rizzi studio CNN n. 657-2013/C, La certificazione energetica (dall’attestato di certificazione all’attestato di
prestazione energetica) del 19 settembre 2013.
35)
L'art. 6, commi 3 e 4, e l'art. 15, commi 8 e 9, del d.lgs. n. 192 del 2005 nella formulazione che prevedeva l’obbligo di
allegazione a pena di nullità furono dall'art. 35 del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito nella legge 21 agosto 2008, n. 133.
36)
37)
Art. 6, nuovo comma 8, che sostituisce il precedente comma 2 quater.
38)
39)
40)
Art. 17 del D.lgs. 192/2005.
41)
42)
43)
44)
Art. 6, comma 2.
Oggi convertito in legge.
Sembra insistere sul c.d. “presupposto contrattuale” anche G. Rizzi studio CNN n. 657-2013/C, La certificazione energetica
(dall’attestato di certificazione all’attestato di prestazione energetica) del 19 settembre 2013.
Nazionali per la certificazione energetica approvate con il D.M. 26 giugno 2009 (già modificate dal D.M. 22 novembre 2012)
e che continuano a trovare piena applicazione anche se alcune disposizioni sono state trasfuse nel D.lgs. 192/2005 v. Rizzi,
cit., par. 1.2
Tra gli altri: art. 1, comma 2 lett. h) art. 9, comma 2.
Le parole usate depongono in senso opposto e il continuo riferimento al “proprietario” e alla-terminologia propria della
Direttiva fa pensare ad una preponderante volontà di attuare la disciplina europea che, come già dimostrato, è rivolta alle
sole vendite di natura commerciale con esclusione di quelle in ambito giudiziario.
Inoltre, può essere utile segnalare che la locuzione "vendita, anche in forma coattiva," originariamente contenuta nello
"Schema di decreto-legge per il recepimento della Direttiva 2010/31/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
19 maggio 2010, sulla prestazione energetica nell'edilizia, per la definizione delle procedure d'infrazione avviate dalla
Commissione europea e proroga incentivi.", non è stata riproposta nel testo del decreto poi approvato e convertito.
Art. 6, comma 3.
Art. 6, comma 3-bis.
Paragrafo 2 dell’allegato A, nel quale ripetutamente, a proposito delle esclusioni si fa riferimento ad apposita dichiarazione
“nell’atto notarile di trasferimento di proprietà”.
34
45)
Lettera c): “la definizione di uno schema di annuncio di vendita o locazione, per esposizione nelle agenzie immobiliari, che
renda uniformi le informazioni sulla qualità energetica degli edifici fornite ai cittadini”
46)
G. parla di “presupposto contrattuale”. studio CNN n. 657-2013/C, La certificazione energetica (dall’attestato di
certificazione all’attestato di prestazione energetica) del 19 settembre 2013.
47)
Art. 6, comma 2: “Nel caso di vendita, di trasferimento di immobili a titolo gratuito o di nuova locazione di edifici o unità
immobiliari, ove l'edificio o l'unità non ne sia già dotato, il proprietario è tenuto a produrre l'attestato di prestazione
energetica di cui al comma 1. In tutti i casi, il proprietario deve rendere disponibile l'attestato di prestazione energetica al
potenziale acquirente o al nuovo locatario all'avvio delle rispettive trattative e consegnarlo alla fine delle medesime; in caso
di vendita o locazione di un edificio prima della sua costruzione, il venditore o locatario fornisce evidenza della futura
prestazione energetica dell'edificio e produce l'attestato di prestazione energetica entro quindici giorni dalla richiesta di
rilascio del certificato di agibilità”.
48)
Secondo Rizzi, studio CNN n. 657-2013/C, par. 4.1 la clausola ha ragione di esistere in quanto si riferisce all’obbligo di
consegna dell’attestato alla fine delle trattative, obbligo autonomo e precedente rispetto all’obbligo di allegazione
dell’attestato al contratto di vendita.
49)
A proposito dell’informativa circa la conformità degli impianti in un caso per certi aspetti analogo si veda lo Studio CNN n.
710-2008/C di M. Ruotolo, I limiti di incidenza della normazione secondaria M. RUOTOLO statale e della legislazione
regionale sulla disciplina privatistica del rapporto contrattuale (a proposito della normativa regolamentare sulla garanzia di
conformità degli impianti e della legislazione regionale sul certificato energetico) in CNN Notizie del 20 febbraio 2009.
50)
Se pure, è onesto ricordare che nella prassi dei tribunali è possibile vedere inserite nel testo del decreto di trasferimento il
richiamo a dichiarazioni dell’acquirente documentate agli atti (richiesta di agevolazione prima casa, dichiarazione di
acquisto come bene personale, ecc.).
51)
Dunque la formulazione della norma sembrava aver confermato il perimetro (circoscritto ai soli atti negoziali) della
disciplina, sia in base ad un’interpretazione letterale (l’uso del-termine “contratto” e “clausola”) sia in relazione al fatto che
l’obbligo di inserimento sembrasse rivolto all’alienante (o al notaio rogante) in chiave informativa.
52)
Anzi si è perfino dubitato che in ambito di compravendita contrattuale la disposizione dovesse ritenersi rigidamente
applicabile laddove il trasferimento di beni immobili non fosse riferibile ad una precisa ed espressa volontà negoziale. G.
Rizzi, nello studio CNN n. 657-2013/C, La certificazione energetica (dall’attestato di certificazione all’attestato di prestazione
energetica) del 19 settembre 2013 distingue dalle altre l’ipotesi di trasferimento contrattuale quella relativa ai diritti
condominiali che seguono il bene principale, escludendola dall’obbligo di dotazione e di allegazione ( e conseguentemente
dagli obblighi di informazione che gli sono propedeutici) in quanto vista come effetto legale dell’atto negoziale principale:
“Come si è già avuto modo di osservare, gli obblighi di dotazione/allegazione sorgono con la stipula di un atto traslativo ( cd.
presupposto "contrattuale ") e quindi non possono che riguardare i beni che le parti intendono trasferire e non anche enti
immobiliari il cui trasferimento avviene ex lege, a prescindere da qualsiasi manifestazione di volontà delle parti”.
53)
Se è vero che l’oscillazione da un-termine all’altro in questo caso sia dipesa più dall’origine della fonte comunitaria (che
parla sempre di “vendita” per indicare il trasferimento commerciale/negoziale a titolo oneroso) che non da una reale
volontà di eliminare l’obbligo di dotazione negli altri casi di trasferimento di beni immobili che nel nostro sistema sono
considerati ad essa omogenei sotto molti aspetti (quali la permuta, il conferimento di beni in società). In tal senso G. Rizzi
studio CNN n. 657-2013/C, La certificazione energetica (dall’attestato di certificazione all’attestato di prestazione
energetica) del 19 settembre 2013, par. 2.3.
54)
Così come accade per altre discipline che nel perseguire un interesse pubblico (quali quella sulla conformità urbanistica e
quella sulla conformità catastale dei beni immobili), gravano di responsabilità il privato in occasione della
commercializzazione del bene.
55)
Se si volesse, invece, ritenere che la vendita del bene sia ricostruita, nell’impianto della disciplina, come occasione per
monitorare e censire il patrimonio immobiliare esistente e che il riferimento al “proprietario” possa essere letto
estensivamente come riferito a chiunque disponga la vendita in sua vece, sarebbe comunque necessario domandarsi se
l’interesse di ordine pubblico al “censimento del patrimonio immobiliare esistente” e alla “diffusione di una cultura di
rispetto energetico” sia o meno prevalente rispetto a qualunque altro interesse pure di ordine pubblico che possa venire in
gioco in questo caso, quale quello, perseguito in ambito giudiziale e di espropriazione forzata, alla soddisfazione del diritto
di credito (e di quello ipotecario in particolare) nel rispetto del principio di separazione dei poteri e di autonomia
dell’attività giudiziale rispetto all’attività amministrativa di irrogazione delle sanzioni.
56)
Si legge nello studio di Rizzi, studio CNN n. 657-2013/C, cit., paragrafo 2.3, a proposito dell’interpretazione della parola
vendita che se la “ ratio” della norma che impone la dotazione (e la successiva allegazione all’atto) dell’attestato di
prestazione energetica è quella di assicurare all'acquirente (ora anche a titolo gratuito) una completa informazione circa la
35
prestazione energetica, nonché di fornire raccomandazioni per il miglioramento del rendimento energetico
dell'edificio, l’obbligo di dotazione (che appare funzionale all’obbligo di allegazione introdotto proprio dalla legge 90/2013
di conversione del D.L.63/2013) dovrebbe ritenersi sussistere in occasione della stipula di tutti gli atti inter
vivos comportanti il trasferimento, a titolo “oneroso”, di edifici.
57)
Art.1 della legge n. 689/2011. Tra le altre Corte Cost. 28/1996 quanto alla competenza della legge regionale a stabilire
sanzioni nelle materie in cui ha competenza legislativa; Cass. Sez. II, 11826 del 2 maggio 2007 e già Cass. Sez. I, 1081 del 22
gennaio 2004, quanto all’esclusione che una circolare esplicativa di una legge possa estendere l’applicazione di una
sanzione amministrativa ad una condotta non prevista dalla legge (in virtù del principio di legalità delle sanzioni
amministrative ex art. 1 legge 689 del 1981); Cass., sez. II, 9584 del 26 aprile 2006 e Cass., sez. I, 936 del 18 gennaio 2005,
quanto all’esclusione che una fonte secondaria possa stabilire sanzioni amministrative, ma solo integrare i precetti di legge
già sufficientemente determinati (a proposito di elementi tecnici, ad esempio). L’art. 1, comma 2 della legge 689 del 2011
(che ricalca l’art. 14 disp. prel.) sancisce il divieto dell’analogia. Si veda R. Giovagnoli-M. Fratini, Le sanzioni amministrative,
Milano, 2009, pag. 52 e ss. La violazione del principio di legalità è rilevabile d’ufficio nel giudizio di opposizione alla sanzione
amministrativa.
58)
Ne’ può essere invocato per l’autorità giudiziaria, il disposto di cui all’art. 4 della medesima legge che si riferisce ad ipotesi
diverse, quelle nelle quali vi sia un ordine dell’autorità contra legem e l’autore operi in esecuzione di un ordine.
59)
Questa interpretazione (mi pare di fantasia e mai sostenuta da alcuno) non ha senso perché contraddice alla disciplina nel
suo complesso e finisce per invertire l’impianto della Direttiva e della disciplina nazionale che è quello di utilizzare la tutela
del mercato e degli utenti finali in funzione strumentale alla realizzazione graduale (in un corretto rapporto costi-benefici)
degli obiettivi prefissati
60)
61)
Intendendo l’aggettivo “commerciali” riferito ai mezzi di comunicazione e non agli annunci.
62)
Senza bisogno di proporre un’ulteriore lettura possibile, quella secondo cui l’aggettivo “commerciali” sarebbe riferito agli
annunci di vendita e non ai mezzi di comunicazione.
63)
Da questo punto di vista si potrebbe immaginare una futura applicazione sistematica della disposizione quando si
raggiungerà l’obiettivo della realizzazione del catasto degli edifici, degli attestati di prestazione energetica e dei relativi
controlli pubblici di cui all’art.6, comma 12, 8) lett. d) e sarà possibile reperire i dati da pubblicizzare mediante sua semplice
consultazione.
64)
Art. 7 par. 2 della Direttiva 91(2002/CE: “ l’obiettivo di tali attestati è limitato alla fornitura di informazioni e qualsiasi
effetto di tali attestati in-termini di procedimenti giudiziari o di altra natura sono decisi conformemente alle normative
nazionali” e art. 12 par.7 della Direttiva 31/2010/UE “L’obiettivo degli attestati di certificazione è limitato alla fornitura di
informazioni e qualsiasi effetto di tali attestati in-termini di procedimenti giudiziari o di altra natura sono decisi
conformemente alle norme nazionali”.
65)
Pensiamo a realtà territoriali in cui i beni o il singolo bene abbia una buona prestazione energetica idonea ad incidere sul
suo valore di stima o ad un futuro nel quale gli enti territoriali stipulino convenzioni per contenere il costo di questi attestati
come previsto e auspicato dal nuovo art. 10 comma 2 lett. b) valutazione dell’impatto sugli utenti finali dell’attuazione della
legislazione di settore in-termini di adempimenti burocratici, oneri posti a loro carico e servizi resi art. 9 comma 3-bis lett.
b)attivazione di accordi con le parti sociali interessate alla materia,
66)
67)
Prescritta dall’art. 6 del D.lgs. 192 del 2005, ma per i (soli) atti negoziali tra vivi/“contratti”.
68)
Fermo quello a favore del potenziale acquirente e a carico del “proprietario” di produzione e messa a disposizione all’inizio
delle trattative e di consegna alla loro fine dell’attestato di prestazione. energetica.
69)
Per quel che qui interessa, dunque, espungendo dalla discussione la regolamentazione degli atti di trasferimento a titolo
gratuito.
70)
Sul ruolo informativo del notaio (se pur nella vigenza della disciplina energetica anteriore) si veda S. Metallo, Studio CNN n.
334-2009/C, La certificazione energetica degli edifici dal 1° luglio 2009, approvato dalla Commissione studi civilistici il 16
giugno 2009.
Art. 12, par. 4 Direttiva 201/31/UE: “Gli stati membro dispongono che, in caso di offerta in vendita o locazione di:
- edifici aventi un attestato di prestazione energetica,
- unità immobiliari aventi un attestato di prestazione energetica,
l’indicatore di prestazione energetica che figura nell’attestato di prestazione energetica dell’edificio o dell’unità immobiliare,
secondo il caso, sia riportato in tutti gli annunci dei mezzi di comunicazione commerciali.”
Si è già osservato che l’eventuale violazione di questo obbligo in ambito contrattuale sembrerebbe inquadrarsi nella lesione
del dovere di lealtà e buona fede nella conduzione delle trattative
36
71)
72)
Dal D.L. n. 63/2013 convertito in l. n. 90/2013
73)
Casi che i più attenti commentatori ritenevano rientrare nel perimetro applicativo della disciplina in via interpretativa (G.
Rizzi, studio CNN n. 657-2013/C, cit.).
74)
In quanto non richiesto dalle direttive europee (come già detto, l’art. 7 par. 2 della Direttiva 2002/91/CE e l’art. 12 par. 7
della Direttiva 31/2010/UE sono espliciti nell’escludere dall’ambito prescrittivo delle Direttive effetti in ambito giudiziario) e
in quanto l’impianto della disposizione tradisce l’intenzione del legislatore di regolare gli atti negoziali in forma di contratto.
75)
L’intenzione del legislatore di posporre gli interessi perseguiti dal D.lgs. 192/2005 ad altri interessi di ordine pubblico diversi
anche in casi che avrebbero dovuto naturalmente esservi attratti è stata, tra l’altro, di recente testimoniata dall’inserimento
di una deroga espressa a questa medesima normativa, nel caso di vendite in occasione della dismissione di “immobili
pubblici”, anche se poi la previsione è decaduta perché contenuta in un D.L. non convertito in legge nei-termini. Il D.L.30
dicembre 2013 n.151 (oggi decaduto), prevedeva al suo articolo 2, (oltre alla deroga alle prescrizioni in tema di conformità
catastale dei beni di cui ai commi 14 e 15 dell’art. 19 del D.L.n.78/2010 conv. in L.122/2010) l’esonero dall’obbligo, a pena
di nullità, di allegazione dell’APE al contratto di vendita nel caso di dismissione di immobili pubblici. Si segnala che il
legislatore ha di recente ripreso per queste vendite molte delle prescrizioni e delle deroghe già previste per le alienazioni
immobiliari effettuate in ambito giudiziario coattivo (si pensi all’art. 3 del D.L.30 novembre 2013, n.133 convertito in L. 29
gennaio 201, n. 5, che disciplina deroghe al regime delle nullità in ambito urbanistico e la riapertura dei-termini per il
condono).
76)
77)
Con le note conseguenti anche dal punto di vista del notaio rogante l’atto.
78)
La comunicazione del Giudice delle Esecuzioni Immobiliari del Tribunale di Firenze, in data 16 settembre 2013, prima delle
ultimissime modifiche normative, parlava di interpretazione “comunitariamente orientata” a proposito dell’applicabilità
della nuova disciplina anche alle vendite forzate. In essa è stato disposto che i beni posti in vendita siano sempre dotati di
APE e che lo stesso sia allegato al decreto di trasferimento. Tali istruzioni operative sono state date in un momento in cui
nessuna sanzione amministrativa era prevista per la violazione dell’allegazione dell’APE all’atto di trasferimento a carico
delle parti in solido.
Quanto, poi, all’invito da parte del Presidente della Sezione Fallimenti del Tribunale di Milano in data 24 gennaio 2014 che
parla di “regolarizzazione dei decreti di trasferimento” ed è rivolto ai curatori, lo stesso è stato impartito a seguito della
lettera del 21 gennaio 2014 dell’Agenzia delle Entrate - Capo Area dell’Ufficio territoriale di Milano 1, indirizzata alla
Cancelleria Sezione Fallimentare del Tribunale di Milano, la quale, sul presupposto che anche i decreti di trasferimento
rientrino negli “atti di trasferimento a titolo oneroso” di cui alla nuova formulazione dell’art. 6, comma 3, del D.Lgs. 192 del
2005, e dopo aver richiamato:
l’obbligo di inserimento della clausola con la quale l’acquirente dichiara di aver ricevuto le informazioni e la
documentazione in ordine alla prestazione energetica dei beni,
l’obbligo di allegazione di copia dell’APE all’atto,
la sanzione amministrativa prevista in caso di violazione e la sua competenza alla contestazione in sede di registrazione,
ha invitato la Cancelleria della sezione Fallimentare ad integrare “la documentazione carente”, entro i-termini per la loro
registrazione.
Ci pare che l’interpretazione data dall’Agenzia delle Entrate di Milano meriti un qualche approfondimento, per verificare, in
particolare, se la stessa non abbia risentito anche del complessivo assetto legislativo della Regione Lombardia in materia
energetica, piuttosto che della nuova dizione del comma 3 dell’art. 6.
Per quel che qui interessa, dunque, espungendo dalla discussione la regolamentazione degli atti di trasferimento a titolo
gratuito.
Si veda quanto già scritto da G. Rizzi nello studio CNN n. 657-2013/C approvato dall’Area Scientifica – studi pubblicistici 19
settembre 2013 “La certificazione energetica (dall’attestato di certificazione energetica all’attestato di prestazione
energetica)”, in CNN Notizie n. 191 del 25 ottobre 2013 a proposito dell’interpretazione del-termine “vendita” di cui
all’obbligo di dotazione “Si ritiene, pertanto, che sia opportuno procedere - anche sulla scorta delle conclusioni cui si è
pervenuti in precedenza in ordine all’interpretazione del-termine “vendita”, all’applicazione della disciplina in commento in
occasione della stipula di tutti gli atti inter vivos comportanti il trasferimento, a titolo “oneroso”, di edifici; sicuramente se ne
deve ammettere l’applicazione anche all’atto di permuta, quanto meno argomentando ex art. 1555 c.c. (“le norme stabilite
per la vendita si applicano alla permuta, in quanto con questa compatibili”); ma sarà, per i motivi sopra indicati, opportuno
inserire la dichiarazione di ricevuta informativa anche in tutti gli altri atti traslativi a titolo oneroso, quali ad esempio, la
datio in solutum, l’assegnazione di alloggi da parte di cooperative, il vitalizio, il conferimento in società, l’assegnazione a
soci in sede di liquidazione, ecc.)”
37
La questione ha una sua rilevante importanza se si consideri che gli Uffici territoriali dell’Agenzia delle Entrate dovranno
adottare criteri uniformi sul piano nazionale nella contestazione delle violazioni e nella irrogazione delle sanzioni previste
dalla normativa.
79)
80)
Le direttive escludono espressamente l’estensione ai procedimenti giudiziari che restano regolati dal solo diritto interno.
81)
Escludendo qualsiasi responsabilità nel caso in cui dalla documentazione agli atti il bene non risulti essere stato dotato di
attestato di prestazione energetica.
82)
Art. 6, comma 12, lettera c) del D.lgs. 192 del 2005.
L’attuazione coattiva e giudiziale delle ragioni del credito insoddisfatto, l’affidamento dei-terzi nelle procedure giudiziali, la
stabilità dei risultati ottenuti in ambito giudiziale (una volta esauriti i suoi mezzi di impugnazione), il principio di autonomia
tra i poteri dello stato.
(Riproduzione riservata)
38
Studio n. 540-2014/T
Negoziazione dei diritti edificatori e relativa rilevanza fiscale, anche alla luce
dell'art. 2643 n. 2-bis) c.c.
Approvato dall’Area Scientifica – Studi Tributari il 18 giugno 2014
Approvato dal CNN nella seduta del 2-3 ottobre 2014
Lo studio in sintesi (Abstract): Lo studio si propone (dopo la 'tipizzazione' della fattispecie
negoziali in materia di diritti edificatori delineate dalla novella recata dal comma 3 art. 5 del D.L.
13 maggio 2011 n. 70 convertito in legge 12 luglio 2011 n. 106, che ha introdotto nell'art. 2643 c.c.
il n.ro 2-bis) di riflettere sui relativi profili fiscali, senza condizionamenti rispetto alle pregresse linee
di pensiero già elaborate con riferimento alla 'cessione di cubatura' e soprattutto prendendo atto
della varietà morfologica dei nuovi strumenti di pianificazione del territorio quali la perequazione,
la compensazione e gli incentivi premiali di capacità edificatoria e delle correlative inferenze sul
versante fiscale.
Peraltro, proprio l'indagine sulla natura giuridica della fattispecie già nota come 'cessione di
cubatura' - in qualche modo da considerare quale 'prodromo' della categoria generale dei negozi di
diritti edificatori - mette subito in evidenza la ricaduta che sul piano fiscale hanno avuto ed hanno
tuttora le diverse congetture elaborate da parte della Giurisprudenza di legittimità e
dall'Amministrazione Finanziaria da un lato (che si è espressa in relazione alla cubatura in termini
di 'diritto strutturalmente assimilabile alla categoria dei diritti reali immobiliari di godimento’) e
altra parte della medesima Giurisprudenza (sostenuta anche da quella amministrativa) che hanno
al contrario individuato in essa efficacia e colorazione solo obbligatorie, esaltando il ruolo
conclusivo e determinante del provvedimento abilitativo edilizio emesso dalla pubblica autorità, il
1
solo che attribuisca consistenza alle situazioni giuridiche generate dall'attività negoziale delle parti
del contratto.
Anche in materia di negoziazione di diritti edificatori, in qualche modo 'tipizzati' dalla norma
di cui all'art. 2643 n. 2-bis c.c. (introdotto dal d.l. n. 70/2011), l'indagine sulla loro natura giuridica
è pregiudiziale rispetto a qualsiasi individuazione del relativo regime fiscale; e segnatamente sul
punto le opinioni espresse in dottrina (dalla natura di diritti reali tipici o atipici, a quella di 'beni
immateriali di origine immobiliare', all'altra di meri interessi legittimi 'pretensivi' o di mera 'chance
edificatoria', ecc.) così come dalla Giurisprudenza amministrativa, pur dopo l’emanazione del d.l. n.
70/2011, sono tra esse alquanto differenziate con evidenti diverse ripercussioni sul consequenziale
regime fiscale, rilevandosi comunque che la mera collocazione del nuovo n. 2-bis nell’alveo dell’art.
2643 c.c. (sia pure dettato in materia di trascrizione) non pare costituire di per sé comprova e
fondamento ineluttabili della realità di tali diritti, in quanto già l’ordinamento conosce ipotesi di
trascrizione di contratti sicuramente con efficacia obbligatoria o dubbiosamente reale.
Da quanto sopra detto si capisce bene che le inferenze sul piano fiscale - sia per quanto
attiene alle imposte indirette che a quelle dirette - appaiono condizionate dalla linea di pensiero cui
si reputa di poter accedere.
Al riguardo è essenziale riflettere sulla circostanza per cui, con riferimento alle nuove
politiche di pianificazione del territorio, la realità delle disparate situazioni giuridiche da esse
ingenerate potrebbe non costituirne più un tratto identitario e costitutivo (per l'assoluta distanza
che si può interporre tra il fondo 'originante’ il diritto edificatorio e quello 'accipiente' destinato ad
accoglierlo ma anche, in generale, per la probabile assenza di quella ‘immediatezza’ che è tipica
dei diritti reali, dovendosi al contrario tenere in debita considerazione tutto il procedimento
amministrativo finalizzato a dare concreta esplicazione a quel diritto); sicché anche l'interprete sul
piano fiscale deve trarne coerenti e convergenti conclusioni, che possono essere anche diverse
rispetto a quelle cui in tempi addietro si era pervenuti con riguardo alla 'cessione di cubatura'.
***
2
Sommario: 1. Premessa; 2. In materia di ‘cessione di cubatura’; 3. Segnatamente in materia di 'diritti
edificatori'; 3.1 La 'vexata quaestio' della natura giuridica dei diritti edificatori; 4. Le inferenze sul piano
fiscale; 4.1 Nelle imposte indirette; 4.2. Nelle imposte dirette; 5. Conclusioni.
***
1. Premessa.
L'attenzione che si vuole in questa sede porre al tema al vaglio è certamente sorretta dalla
rilevanza della novella legislativa recata dal comma 3 art. 5 del D.L. 13 maggio 2011 n. 70
convertito in legge 12 luglio 2011 n. 106, che ha introdotto nell'art. 2643 c.c. il n.ro 2-bis, per
effetto del quale, come è noto, risultano soggetti a trascrizione nei registri immobiliari i contratti
che trasferiscono, costituiscono o modificano diritti edificatori comunque denominati, previsti da
norme statali o regionali ovvero da strumenti di pianificazione territoriale.
Soprattutto - nella prospettiva da cui muove il presente contributo - pare doveroso (dopo
la 'tipizzazione' delle fattispecie negoziali delineate dalla novella) riflettere sui relativi profili fiscali,
soprattutto per il rischio di non indugiare in una lettura ed interpretazione (ripetesi, sul piano
fiscale) della novella stessa solo ripetitive ed omologhe di quelle già proposte sia dalla dottrina,
quanto dalla Giurisprudenza e dall' Amministrazione Finanziaria stessa con riferimento ad altra
figura negoziale: quella della cd.' cessione di cubatura'. (1)
A prescindere infatti dalla questione se quest'ultima fattispecie possa o meno costituire
una sorta di 'prodromo' o di prototipo delle figure negoziali ora tipizzate dal nuovo disposto di cui
al n. 2-bis dell'art. 2643 c.c. (argomento che di per sè si pone fuori dagli scopi del presente
contributo e la cui trattazione in ogni caso non recherebbe apprezzabili vantaggi alla sua
articolazione), pare indiscutibile che l'elemento (o gli elementi) di novità indotto dal disposto in
questione (sia su di un piano di ricostruzione dei profili identitari delle fattispecie da esso previste
sia su di un piano di rilevanza tributaria che da siffatta ricostruzione ne possano derivare) esige
una più attenta ri-valutazione degli stessi risultati già acquisiti (in materia interpretativa ed
applicativa dei dati normativi esistenti e delle convinzioni formatesi prima della novella) con
riferimento al modello negoziale basico costituito dalla 'cessione di cubatura', anche per verificare
3
se essi possano (o meno) essere utilizzati indifferentemente anche in relazione alle ipotesi
negoziali aventi ad oggetto 'diritti edificatori' (ex art. 2643 n. 2-bis c.c.) o richiedano una profonda
rivisitazione (se non addirittura impongano la ricerca di criteri diversi e/o alternativi).
2. In materia di 'cessione di cubatura'.
Eppure per meglio comprendere contenuti e contorni di una possibile evoluzione delle
acquisizioni cui si era pervenuti prima della novella, non si può qui non rilevare le forti perplessità
(con relativi orientamenti concettuali ondivaghi) da sempre sollevate (ad esempio) in ordine alla
natura giuridica stessa della 'cessione di cubatura': una problematica, peraltro tuttora aperta,
affrontata con diversificati accenti da parte di dottrina e giurisprudenza e, di regola, con non pochi
affanni. Talvolta, come è noto, si è sottolineato il profilo obbligatorio della convenzione traslativa
della cubatura, talaltra quello reale, e così pure, talvolta si è enfatizzato il ruolo assorbente e
costitutivo dell’intervento pubblicistico ai fini del rilascio del titolo abilitativo edilizio, talaltra si è
qualificato siffatto ruolo come uno degli elementi, benché essenziale, di un’unica fattispecie a
formazione progressiva che si avvia con la stipula della convenzione traslativa e si conclude con il
rilascio del titolo stesso.
Peraltro le conseguenze di tali incertezze, riscontrabili nei diversi orientamenti dottrinari (2)
e giurisprudenziali (3), puntualmente hanno avuto sensibili ricadute anche sul versante fiscale. Ciò
perché accedendo alla teoria del diritto di superficie - peraltro isolata e collegata solo ad un
remoto precedente giurisprudenziale (4) - come a quella della ‘rinunzia’ abdicativa o traslativa, o a
quella, che ha riscosso maggiori consensi, della servitù ‘non aedificandi’ o ’altius non tollendi’
(qualora il 'tradens' fosse un soggetto non passivo IVA) era ( ed è) giocoforza ritenere applicabili i
criteri ordinari di tassazione con le aliquote dell’imposta di registro di cui all’art. 1 parte prima
all.’A’ del D.P.R. n. 131/86; se al contrario si riteneva (e si ritiene) di poter accedere alla
qualificazione della fattispecie al vaglio quale negozio ad effetti meramente obbligatori, si sarebbe
potuto (e si potrebbe ) ritenere applicabile il disposto dell’art. 9 della tariffa stessa (che assoggetta
ad aliquota del 3% gli atti diversi da quelli altrove indicati nella tariffa aventi per oggetto
prestazioni a contenuto patrimoniale). Se infatti si reputi che il ‘cedente’ la volumetria altro non fa
4
– attraverso il cd. ‘trasferimento di cubatura’ – se non obbligarsi a prestare il proprio consenso
affinché la cubatura inerente il proprio fondo (o parte di essa) venga attribuita dalla P.A. (o
computata da questa) in esubero ed in aggiunta a quella pertinente al fondo di titolarità del
cessionario, senza opporsi al rilascio di un titolo abilitativo edilizio a favore di quest’ultimo per una
volumetria ‘maggiorata’, si sarebbe potuto (e si potrebbe) ritenere più congrua una imposizione
della fattispecie che valorizzi il solo profilo ‘obbligatorio’ e non quello traslativo-costitutivo (in
effetti mancante qualora l’atto non contenga alcuna dichiarazione negoziale in tal senso).
Il forte limite, in aggiunta, che siffatta modulazione negoziale riscontrava (prima della
novella) era quello della inopponibilità ai terzi che siffatta ultima ricostruzione teorica sollevava; la
qual cosa induceva operatori e soggetti dell'ordinamento ad 'adottare' lo schema negoziale della
costituzione di servitù, suscettibile di trascrizione nei registri immobiliari a tenore del disposto di
cui all'art. 2643 n. 4) c.c..
Da parte sua l'Amministrazione Finanziaria con riferimento alla problematica al vaglio ha
assunto da sempre una posizione alquanto granitica (forse giustificata proprio dalla incertezza
degli orientamenti cui si è accennato e in assenza di una riferimento normativo espresso e
'tipizzato’), ritenendo che la cessione di cubatura integrasse (ed integri) un “acquisto di un diritto
strutturalmente assimilabile alla categoria dei diritti reali immobiliari di godimento”
(5)
con
correlativa soggezione della convenzione così stipulata ai criteri canonici di liquidazione di cui
all’art. 1 parte prima del T.U. n. 131/86, evocando una ricostruzione teorica elaborata dalla
Suprema Corte di Cassazione già dagli anni ’70 (e poi via via in parte riconfermata) (6) ed inaugurata
per mere motivazioni di carattere fiscale (7).
Del che se ne trova ulteriore conferma nella risoluzione n. 233/E del 20 agosto 2009 in
materia di rilocalizzazione degli edifici interessati dalla realizzazione di opere pubbliche stradali,
ferroviarie e idrauliche ai sensi della L.R. dell’Emilia Romagna 1-12-1998, n. 38.
Questa legge all’art. 1 prevede infatti che gli edifici funzionali all'agricoltura e ricadenti in
zone territoriali omogenee E, che debbono essere demoliti in conseguenza di provvedimenti
espropriativi connessi alla realizzazione di opere pubbliche stradali o ferroviarie o idrauliche,
5
possono essere ricostruiti al di fuori delle zone di rispetto, in aree contigue e della medesima
proprietà anche in deroga alle limitazioni derivanti dal Piano regolatore generale; l’art. 2 poi
stabilisce che i proprietari che, a seguito di convenzione, abbiano ceduto all'ente che realizza
l'opera stradale, ferroviaria o idraulica la proprietà di edifici residenziali, il cui uso abitativo
divenga oggettivamente incompatibile con l'opera stessa, possono costruire un nuovo edificio ad
uso residenziale. Ai detti proprietari viene di fatto, pertanto, attribuita una potenzialità edificatoria
pari, per superficie, volume e destinazione, a quella dell’edificio preesistente, demolito in seguito
al provvedimento di esproprio o ceduto all’ente che realizza l’opera.
Orbene in caso di cessione di questo diritto di ‘rilocalizzazione’ dell’edificio a terzi l’A.F. ha
ritenuto che la concessione dello ius aedificandi, suscettibile di essere ceduto appunto al
proprietario di un altro terreno, non abbia la funzione di ristorare la perdita fisica o funzionale
dell’immobile divenuto inagibile (esistendo allo scopo già l’indennità di esproprio o il prezzo
corrisposto dall’ente che acquisisce il fabbricato), bensì quella di mantenere inalterata la
potenzialità edificatoria del terreno sul quale l’edificio insisteva.
Sicché ha ritenuto che per la connessione ravvisabile tra il diritto di localizzazione e la
potenzialità edificatoria del terreno la cessione a titolo oneroso di tale diritto configuri un’ipotesi
negoziale analoga alla cessione di cubatura, assoggettata a tassazione con gli ordinari criteri
impositivi, come cessione della ‘facoltà di costruire’ distaccata dal diritto dominicale del
proprietario e quindi con applicazione delle aliquote di cui all’art. 1 della Tariffa Parte Prima del
TUR. (8)
Eppure l'opinione che la cessione di cubatura realizzava (e realizzi) il trasferimento "di un
diritto strutturalmente assimilabile alla categoria dei diritti reali immobiliari di godimento" non
può dirsi assolutamente pacifica (né in dottrina né in giurisprudenza), essendo stata avversata
dalla Suprema Corte di Cassazione stessa, anche di recente. Basti qui ricordare solo che con
sentenza n. 20623 del 29 settembre 2009 i giudici di legittimità hanno ritenuto che l’accordo
preliminare diretto alla cessione della cubatura “non richiede la forma scritta ad substantiam,
perché se ne deve escludere la natura di contratto traslativo di un diritto reale”, ...e inoltre che
«Nella cessione di cubatura si è in presenza di una fattispecie a formazione progressiva in cui
6
confluiscono, sul piano dei presupposti, dichiarazioni private nel contesto di un procedimento di
carattere amministrativo; a determinare il trasferimento di cubatura, tra le parti e nei confronti dei
terzi, è esclusivamente il provvedimento concessorio, discrezionale e non vincolato, che, a seguito
della rinuncia del cedente, può essere emanato dall'ente pubblico a favore del cessionario, non
essendo configurabile tra le parti un contratto traslativo», richiamando all’uopo quanto la Corte
medesima aveva già affermato in precedenti sentenze. (9) Ed ipotizza la natura solo ‘obbligatoria’
dell’atto traslativo di cubatura anche il giudice amministrativo: in particolare l’Adunanza plenaria
del Consiglio di Stato n. 3 del 23 aprile 2009 si è espressa al riguardo in termini di “fattispecie
negoziale atipica ad effetti obbligatori in base ai quali un'area viene destinata a servire al computo
dell'edificabilità di altro fondo”.
3. Segnatamente in materia di ‘diritti edificatori’.
Lo scenario entro il quale si colloca il tema al vaglio si è poi profondamente caratterizzato
(sia pure senza poter prescindere, come era ovvio, dalla querelle concettuale solo appena
tratteggiata nel paragrafo che precede) con l’introduzione della novella di cui s’è accennato
all’esordio di queste note.
Essa si propone – per espressa dichiarazione del legislatore stesso (ex art. 5 comma 3 del
D.L. 13 maggio 2011 n. 70 convertito dalla L. 12 luglio 2011, n. 106 ) - di "garantire certezza nella
circolazione dei diritti edificatori".
È evidente l’intenzione del legislatore di ipotizzare una metodologia pubblicitaria solenne e
affidabile afferente, in modo ampio e onnicomprensivo, a tutte quelle vicende e situazioni
giuridiche connesse con l’utilizzo della capacità edificatoria e con la circolazione di essa per effetto
di contratti ad essa relativi.
In una prospettiva che ora va ben al di là di quella elaborata con riferimento alla sola
cessione di cubatura e avendo riguardo al processo di transizione dalla ‘micropianificazione ad
iniziativa privata’ a modelli di cd. amministrazione concordata (in riferimento ai quali assumono
pregio e rilievo altre forme interattive tra amministrazioni locali e cittadini finalizzate alla
pianificazione del territorio ), il legislatore della novella pone l'attenzione anche a nuove vicende
7
giuridiche e nuove realtà urbanisticamente rilevanti, connesse con politiche statali e regionali di
salvaguardia del territorio e di più equa ripartizione della capacità edificatoria nell’ambito di
determinati ambiti territoriali (e non più solo delle ‘zone’, di cui tratta la legge urbanistica n. 1150
del’ 42)
(10)
: basti pensare alla cd. perequazione (che può attuarsi per così dire sia in via
generalizzata o ‘estesa’, ‘a priori’, quanto in via successiva, parziale e postuma, e quindi ‘a
posteriori’ rispetto alla formazione delle opzioni di pianificazione territoriale), alla compensazione
(11)
, alle incentivazioni premiali. (12)
Qui solo en passant (13) - per i particolari fini perseguiti nelle presenti note - si può precisare
che la 'perequazione' si prefigge lo scopo di realizzare un'equa ripartizione tra più proprietari dei
vantaggi e oneri derivanti dalla trasformazione in senso edificatorio di determinate aree e quindi
di evitare sperequazioni tra proprietari attraverso la modulazione dei diritti edificatori e della
titolarità delle aree (14); che la compensazione è uno strumento che svolge una piena funzione di
ristoro per eliminare le conseguenze pregiudizievoli derivanti dalla imposizione dei vincoli sia in
senso economico che indennitario e che le incentivazioni di volumetria generano talora uno
speciale credito edilizio, e cioè una quantità volumetrica edificabile riconosciuta dalla pubblica
amministrazione quale 'ristoro urbanistico’. (15)
Dal ricorso a queste nuove forme di pianificazione territoriale così come di sviluppo e
riqualificazione di aree edificabili o destinate ad opere di urbanizzazione e servizi, è evidente come
possano scaturire altrettanto nuove situazioni giuridiche soggettive a favore dei soggetti coinvolti
nelle operazioni perequative, compensative o incentivanti e che dette situazioni possano essere
soggette ad ulteriore circolazione nell'ambito di un vero e proprio 'mercato volumetrico'
attraverso le fasi del distacco dalle proprietà originarie (cd. 'decollo' dal fondo 'sorgente'), del
successivo 'volo' (e quindi del 'transito' della capacità edificatoria connessa a quelle situazioni,
anche a favore di soggetti non necessariamente proprietari di alcun lotto) e infine dell’atterraggio
della potenzialità edificatoria su di un fondo diverso da quello di originario 'decollo', detto
'accipiente', e che si estingue al momento del rilascio del permesso di costruire. (16)
8
Pare superfluo sottolineare come, a fronte di uno scenario così frastagliato e in
movimento, anche l'interprete, alla ricerca di uno o più criteri-guida affidabili per l'applicazione del
corretto regime impositivo di tutte le diversamente modulabili fattispecie negoziali in cui si
possono rifrangere o che possano essere ingenerate dalle dette operazioni di pianificazione, di
sviluppo e di riqualificazione del territorio, avverta da un lato l'inadeguatezza di un'assimilazione
strutturale tout court delle situazioni giuridiche soggettive cui si accennava ai 'diritti reali
immobiliari' (come l'A.F. si è indotta da sempre a fare sulla scia delle convinzioni espresse nella
Risoluzione n. 250948/76 del 17 agosto 1976) e dall'altra la necessità inderogabile di tenere
sempre desta l'attenzione solo verso 'la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti', scolpiti
dall'art. 20 del D.P.R. n. 131/86 quali criteri indefettibili (e al contempo perimetro necessario e
sufficiente) di ogni valutazione di tipo fiscale.
3.1. La 'vexata quaestio' della natura giuridica dei diritti edificatori.
Non pare pertanto ininfluente nell'ottica delle presenti note accennare a tale 'intrinseca
natura', e per farlo la strada maestra è quella di indagare, per quanto possibile, proprio sulla
natura giuridica di siffatti diritti edificatori, per potere argomentare - come si rilevava - anche in
ordine al regime impositivo delle vicende negoziali che li abbiano ad oggetto.
È sembrato così potersi argomentare
(17)
che proprio la novella ‘de qua’ contenga ed
implichi uno sforzo di definitiva qualificazione della natura giuridica della categoria dei diritti
edificatori nel senso di una loro realità ‘tipica’. Non avrebbe avuto senso - si è osservato - ‘coniare’
il nuovo n. 2-bis (dell’art. 2643 c.c.) per consentire la trascrizione dei negozi traslativi, costitutivi o
modificativi di siffatti diritti se questi non dovessero presentare profili di realità ‘tipica’ (a ben
riflettere esisterebbero già ipotesi, come quella del n. 1 e del n. 10 dello stesso menzionato
articolo, che consentono di trascrivere contratti traslativi o di conferimento della proprietà o di
altri diritti reali immobiliari).
Salvo poi a meglio definire tale (presunta) realità se ‘in re propria’ o ‘in re aliena’ e
verificare se si possa accedere o meno alla definizione di tali diritti come posti ‘a metà strada tra il
diritto di proprietà e il diritto di superficie’: definizione e verifica, va detto qui per inciso,
9
assolutamente problematiche, data l'assenza di una qualificazione certa in senso normativo della
'nuova' fattispecie in questione e data anche la difficoltà di concepire un diritto di tal fatta con
riferimento a quelle ipotesi in cui i diritti edificatori risultano (magari temporaneamente) scissi e
separati rispetto alla proprietà di un terreno (dal quale pure risultano originati) e che possono come dire - 'vivere di vita autonoma' anche con riguardo al lotto (sia 'sorgente' che 'ricevente').
Anche la possibilità di qualificare siffatti diritti come una sorta di 'pertinenza' tra cosa mobile (il
diritto o la potenzialità edificatoria e cosa immobile (il terreno da cui promana ), come tale
suscettibile di separati atti e rapporti giuridici ex art. 812 c.c., o addirittura come 'frutti' pendenti
(18)
, sembra eccessivamente centrata su di una supposta 'fisicità' del diritto edificatorio che
sarebbe da giustificare con adeguatezza di argomenti.
Del resto non può revocarsi in dubbio che la mera collocazione del nuovo n. 2-bis nell’alveo
dell’art. 2643 c.c. (e sia pure in materia di trascrizione) non può costituire di per sè comprova e
fondamento ineluttabili della realità di tali diritti, in quanto già l’ordinamento conosce ipotesi di
trascrizione di contratti sicuramente con efficacia obbligatoria o dubbiosamente reale (v. le ipotesi
di cui ai n.ri 8 e 12 (19) del medesimo art. 2643 c.c., come pure quella del contratto preliminare ex
art. 2645-bis c.c.).
I dubbi (in effetti non pochi e non peregrini sulla effettiva natura 'reale' di tali diritti) hanno
indotto allora a mettere piuttosto in evidenza come siffatti diritti possano integrare un 'bene' (20) in
sé apprezzabile su di un piano economico e quindi anche giuridico (21), riducendosi la rilevanza del
rapporto con il bene fisico (terreno) da cui quei diritti promanano solo quanto alla loro 'origine': da
cui l'espressione efficace e simbolica del diritto edificatorio come 'bene immateriale di origine
immobiliare', che viene definito "certamente lecito e possibile, e comunque astrattamente dotato
delle caratteristiche di cui all’art. 1346 c.c. e quindi determinato o determinabile." A sostegno di
questa tesi si evocano le fattispecie (diverse quanto ai contenuti ma simili quanto agli effetti) delle
cd. quote-latte (che in base alla normativa speciale contemplata dall'art. 10 della legge n. 468/92
spettano al produttore, nella sua qualità di conduttore dell’azienda agricola, con possibilità di
cederla o affittarla ad altro produttore, anche per singole annate, senza alienare l’azienda stessa)
o del cd. diritto al reimpianto del vitigno (22) (anch'esso alienabile a favore di altri viticoltori "con o
10
senza terra"),
(23) (24)
fattispecie che lascerebbero intendere come sia senz'altro possibile
argomentare in termini di 'bene immateriale' idoneo alla circolazione: la medesima categoria
concettuale applicabile al diritto edificatorio.
Su posizioni affatto diverse si attesta peraltro altra autorevole dottrina
(25)
la quale,
esaltando il ruolo determinante della P.A. (solo a giudizio discrezionale della quale sarebbe
possibile ottenere quel titolo abilitativo edilizio che di fatto 'attualizza' il diritto edificatorio) ed
inscrivendo la fase negoziale (quale che ne sia la modalità di articolazione) avente ad oggetto quel
diritto nell'ambito di un procedimento amministrativo più ampio e complesso che si conclude e si
compie per effetto dell'attività perfezionativa della P.A. stessa, evoca il concetto di 'chance
edificatoria'. Più specificamente la situazione giuridica soggettiva ascrivibile al titolare del diritto
edificatorio sarebbe quella propriamente qualificabile in termini di interesse legittimo 'pretensivo',
inteso come interesse che attiene ad una situazione giuridica soggettiva correlata a beni della vita
patrimonialmente valutabili: ciò in quanto, ripetesi, l'esplicazione in concreto di tale diritto
presupporrebbe comunque un'attività adesiva da parte della P.A. consistente nel rilascio del titolo
abilitativo edilizio. La negoziazione di siffatta 'chance' insomma atterrebbe ad una situazione
giuridica (affine a quella creditizia e senza confondersi con essa) seppure soltanto 'sperata', una
sorta di ‘aspettativa di diritto', che di per sé potrebbe essere oggetto anche di un contratto che si
perfezioni con il solo consenso delle parti (vista l'ampia formulazione di cui all'art. 1376 c.c. per il
quale i contratti ad effetti reali possono avere ad oggetto, oltre il trasferimento della proprietà di
una cosa determinata.., anche il trasferimento di 'un altro diritto').
4. Le inferenze sul piano fiscale (26)
Se pertanto - come si desume dalla regola sopra accennata ex art. 20 del TUR n. 131/86 (27)
- non si può prescindere (nella individuazione di un criterio impositivo coerente e credibile) dalla
'intrinseca natura e dagli effetti giuridici' delle fattispecie aventi ad oggetto il trasferimento, la
costituzione o la modifica di diritti edificatori, ne deriva (come corollario di quanto si è venuti sin
qui esponendo soprattutto con riguardo alla incerta natura giuridica dei diritti edificatori) che tale
11
criterio può assumere connotazioni e contenuti diversi a seconda della valutazione che di quella
natura giuridica l'interprete si trovi a formulare.
È evidente la forte discrasia - segnatamente quanto al trattamento fiscale degli atti di
cessione di siffatti diritti - che ne deriverebbe dall'aderire all'una piuttosto che ad altra o ad altre
linee di pensiero.
4.1. Nelle imposte indirette
Se infatti (per limitarsi all'ambito dell'imposta di registro e dell'ancillare imposta ipotecaria)
a fronte di atti dalla colorazione causale sicuramente onerosa, si volesse ritenere che il diritto
edificatorio sia un diritto soggettivo (segnatamente reale, tipico o atipico) o comunque un diritto
(per riprendere la formulazione di cui alla Risoluzione 250948/76 del 17 agosto 1976 )
"strutturalmente assimilabile alla categoria dei diritti reali immobiliari di godimento" (come
sostiene parte della dottrina, e come ha sostenuto parte della Giurisprudenza con riferimento
però alla più specifica fattispecie della cessione di cubatura, e così come innanzi si è più
ampiamente illustrato), la relativa fattispecie sarebbe tassata con le gravose aliquote di cui all'art.
1 della tariffa Parte prima allegata al D.P.R. n. 131/86, per l’imposta di registro, e con l’imposta
ipotecaria di euro 50,00 di cui all’art. 10 comma 3 del d.lgs n. 23/2011 (con assorbimento
dell’imposta di bollo e della tassa ipotecaria).
Ma se al contrario (come qui pare preferibile) si accedesse alla ricostruzione teorica che
identifica nel diritto edificatorio una mera 'chance' (e quindi un interesse legittimo come tale
tutelato dall'ordinamento, o anche una sorta di aspettativa di diritto in senso lato ma non un vero
e proprio diritto soggettivo reale) o, parimenti, un 'bene immateriale di origine immobiliare'
(diversi comunque, sia la prima che il secondo, da un diritto reale immobiliare) si dovrebbe
coerentemente optare per l'applicazione dell'imposta di registro con l'aliquota del 3% (ex art. 2
della tariffa parte prima allegata al TUR, ove è prevista appunto la tassazione di beni 'diversi' da
quelli - immobili e diritti reali immobiliari di godimento - da quelli indicati nello stesso articolo 1
comma 1 o ex art. 9 che afferisce alle prestazioni a contenuto patrimoniale, qualora si esaltasse la
colorazione solo 'obbligatoria' dei negozi aventi ad oggetto tali diritti
(28)
) nonché dell’imposta
12
ipotecaria in misura fissa di euro 200,00 (proprio in assenza di un effetto traslativo o costitutivo di
diritti reali immobiliari ai sensi dell’art. 4 della tariffa al legata al TU n. 347/90), senza alcun
assorbimento quanto all’imposta di bollo e alla tassa ipotecaria.
Quanto all’imposta catastale (e sempreché si ipotizzasse una qualche metodologia
operativa che consentisse di individuare i diritti edificatori come - appunto - beni a sé stanti
rispetto al terreno da cui promanano e che soprattutto ne consentisse la pubblicizzazione negli
archivi catastali (29)) si dovrebbe optare, anche stavolta, per la sola imposta nella misura minima di
euro 50,00 (optando per la ‘realità’ dei diritti negoziati) e nella misura fissa di euro 200,00 in caso
contrario
(30)
, ciò in quanto, in quest’ultima ipotesi, la negoziazione non sarebbe produttiva di
alcun effetto traslativo o costitutivo di diritti reali immobiliari, a tenore di quanto statuisce il
secondo comma art. 10 del TU n. 347/90.
Va qui peraltro precisato che laddove la negoziazione dei diritti edificatori non comporti
alcun evento traslativo/costitutivo ma solo ‘modificativo’ (il che è espressamente previsto da
quanto dispone il n. 2-bis dell’art. 2643 c.c.), riguardando per ipotesi la entità del diritto
edificatorio già trasferito, gli ambiti o gli eventuali termini entro i quali il diritto può essere speso,
oppure (laddove esistano) gli estremi di iscrizione nel registro dei crediti edilizi, ecc… e comunque
in assenza di una prestazione a contenuto patrimoniale, saranno dovute evidentemente solo le
imposte di registro ed ipotecaria nella misura fissa di euro 200,00 cadauna (senza alcun
assorbimento quanto all’imposta di bollo e a tasse ipotecarie).
Quanto all'imposta di donazione e successione (applicabile ai sensi dell'art. 1 del T.U. n.
346/90 "ai trasferimenti di beni e diritti..." senza altra specificazione e quindi anche ai diritti
edificatori ancorché qualificabili come beni a sé stanti diversi dai diritti reali immobiliari), la
qualificazione della natura giuridica dei diritti in questione in detto ultimo senso comporterebbe
(ai fini della determinazione della base imponibile) il riferimento (anziché ai criteri di cui all'art. 14
del T.U. n. 346/90 dettati per i beni immobili e i diritti reali immobiliari) all'unico criterio del 'valore
in comune commercio' di cui all'art. 19, ove si tratta appunto dei 'beni e diritti...diversi da quelli
contemplati nell'art. 9 comma 2 (31) e negli articoli da 14 a 18 (32) '
13
In ambito IVA la formula generica e onnicomprensiva di cui all'art. 2 del D.P.R. n. 633/72
(per cui costituiscono cessione di beni gli atti a titolo oneroso che importano trasferimento della
proprietà ovvero costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento su beni di ogni genere)
sembra, invece, non essere idonea a sottrarre all'ambito applicativo di siffatta imposta gli atti
traslativi di diritti edificatori. Ciò anche perchè, secondo una classificazione operata in dottrina (33),
oggetto dell'imposta al vaglio sono anche bene immateriali, ancorché 'generici' (per distinguerli da
quelli 'nominati' (34)), tra i quali i diritti in questione potrebbero essere annoverati accedendo a
quella parte della dottrina prima ricordata che prescinde dalla realità.
Intuitivamente invece per gli atti solo modificativi, pur posti in essere da un soggetto
passivo IVA, si fuoriesce dall’ambito applicativo di detta imposta in mancanza di alcun effetto
traslativo/costitutivo e quindi dell’elemento oggettivo, rientrando nell’ambito dell’imposta di
registro da corrispondere in misura proporzionale o fissa a seconda se venga dedotta in contratto
o meno una prestazione a contenuto patrimoniale.
4.2. Nelle imposte dirette
Anche con riguardo a siffatte imposte (e specialmente con riguardo al regime impositivo
delle plusvalenze) non possono essere ignorate le particolarità con cui si atteggiano le nuove
forme di pianificazione territoriale, e l’indagine sulla effettiva natura giuridica dei diritti edificatori
deve essere più serrata , soprattutto per i forti dubbi che sia le une quanto l’altra ingenerano sulla
‘realità’ degli stessi.
È peraltro ben nota la posizione assunta dall’A.F. che, fondandosi sempre sulla supposta
assimilabilità strutturale dei diritti edificatori ai diritti reali immobiliari, sia con risoluzione n. 233/E
del 20 agosto 2009 (cui innanzi già si è accennato) quanto con circolare n. 1/E del 15 febbraio
2013, ha argomentato (rispettivamente) per la imponibilità delle plusvalenze emergenti da
cessione dei diritti di ‘rilocalizzazione’ (ritenuta analoga alla cessione di cubatura) e per la
speculare possibilità di accedere alla possibilità di fruire delle disposizioni sulla rivalutazione dei
terreni ex art. 7 della L. n. 448/2001
(35)
ove la negoziazione avvenga al di fuori dell’ambito
imprenditoriale.
14
È evidente che siffatta ultima possibilità suppone logicamente la qualificazione dei diritti
edificatori quali situazioni giuridiche sovrapponibili a quelle di cui è menzione nell’art. 67 comma 1
lett. a) e b) del TUIR e quindi a diritti reali immobiliari su terreni suscettibili di utilizzazione
edificatoria (36).
Anzi, per precisione, nella ricordata Circolare n. 1E/2013 si afferma che tali diritti ‘godono
del medesimo regime pubblicitario dei diritti reali su beni immobili’ e che pertanto ciò solo di per
sé legittimerebbe l’utilizzo della procedura fiscale di rivalutazione.
Il punto è che resta sempre sullo sfondo la supposta assimilazione strutturale di cui si
diceva e che anzi questa viene data per acquisita, sembrando che non rilevi l'importanza di una
sua formale giustificazione.
Ma se al contrario, anche con riferimento alle imposte di cui qui si tratta, si adombrasse il
dubbio della incerta natura reale dei diritti al vaglio, ne potrebbe risultare modificato anche il
quadro impositivo. E invero la supposta ‘plusvalenza’ potrebbe non ingenerarsi affatto qualora il
diritto edificatorio potesse essere qualificato come ‘bene immateriale’ in sé (37) o potrebbe essere
al più incisa ai sensi dell’art. 67 lett. l) D.P.R. n. 917/86 (come reddito derivante dalla assunzione di
obblighi di fare, non fare o permettere) laddove si volesse ritenere che il ‘cedente’ del diritto
edificatorio, nel trasferirlo a terzi, s’impegna a non utilizzarlo in proprio, a vantaggio
dell’accipiente (38).
Pare intuitivo inoltre, e stavolta nell'ambito del regime d'impresa, che la negoziazione del
diritto edificatorio possa ingenerare un ricavo ex art. 85 del Tuir (qualora il diritto rappresenti un
bene al cui scambio è diretta l’attività d’impresa) o una plusvalenza patrimoniale ex art. 86,
corrispondente alla differenza fra il corrispettivo conseguito e costo non ammortizzato del diritto
trasferito (qualora lo stesso rappresenti un bene 'patrimoniale', iscritto in bilancio fra le
immobilizzazioni materiali), con facoltà di optare per la rateizzazione della plusvalenza in un
massimo di cinque esercizi, qualora il possesso del bene (o, meglio, del diritto) si sia protratto per
almeno tre anni. (39)
Nell'ambito del detto regime poi e ai fini della determinazione dell'esercizio di competenza,
bisognerebbe coerentemente stabilire quando si possa intendere conseguito il corrispettivo di
15
un'eventuale cessione dei diritti edificatori, e cioè se alla stipula dell'atto di cessione o alla data di
rilascio del provvedimento amministrativo, l'unico, come si è innanzi rilevato, che secondo parte
della dottrina e della Giurisprudenza di legittimità determini la produzione dell'effetto traslativo (e
stavolta a prescindere dalla natura giuridica del diritto così trasferito). Ciò in quanto il disposto
dell'art. 109 comma 2 lett. a) del TUIR opera al riguardo un distinguo e stabilisce che laddove
l'effetto traslativo si verifichi in tempi successivi alla stipula dell'atto, l'esercizio di competenza per
l'individuazione del reddito d'impresa sarà quello del momento di produzione dell'effetto stesso;
altrimenti, appunto, coincide con quello di stipula dell'atto (40).
5. Conclusioni
A ben riflettere, conclusivamente, la codificazione nell'ambito delle norme codicistiche di
pubblicità immobiliare delle astratte figure negoziali aventi ad oggetto diritti edificatori - così
come recata dal nuovo n.ro 2-bis) dell'art. 2643 c.c. - per la ragioni sopra illustrate, non ha avuto il
significato (anche con riguardo alla ratio legis della novella) di sancire la realità di tali diritti in
senso oggettivo e draconiano. Anzi, il legislatore, come già detto, ha legittimato anche per tali
figure negoziali il ricorso allo strumento della trascrizione immobiliare solo per "garantire certezza
nella circolazione dei diritti edificatori", tanto svariate e diversamente modulate nella prassi sono
tali fattispecie, anche per effetto delle numerose e differenziate legislazioni regionali in materia.
C'era bisogno allora di una sorta di 'reductio ad unum' (almeno sotto il profilo pubblicitario) in
quanto il modulo, di fatto abusato e talora anche forzoso, della 'servitus inaedificandi' (cui si è
fatto ricorso nella prassi professionale per dare pubblicità immobiliare a situazione che
diversamente non l'avrebbero avuta) non poteva più contenere tutte le articolate e complesse
fattispecie negoziali connesse o collegate con i diritti edificatori. Il che, al contrario di quanto non
si possa pensare, può essere stato determinato proprio dalla convinzione che siffatti diritti non
erano e non sono assimilabili con certezza a quelli immobiliari (per i quali già esisteva un
collaudato sistema di pubblicità immobiliare): diversamente, forse, non vi sarebbe stato nemmeno
necessità di una norma ad hoc come quella introdotta dal legislatore con il d.l. n. 70/2011 e si
sarebbe potuto continuare ad utilizzare i vecchi percorsi di pubblicità immobiliare.
16
Ma se ciò non è di fatto più coerente anche con le sopravvenute mutazioni indotte dalle
legislazioni (statale e regionali) e dalle nuove politiche di pianificazione del territorio e se
soprattutto la colorazione della realità delle disparate situazioni giuridiche ingenerate da esse non
ne costituisce più un tratto identitario assorbente (per l'assoluta distanza che si può interporre tra
il fondo 'originante’ così come rispetto a quello - eventualmente- 'servente'), anche l'interprete sul
piano fiscale deve trarne coerenti e convergenti conclusioni, che possono essere anche diverse da
quelle cui in tempi addietro si era pervenuti con riguardo alla 'cessione di cubatura'.
In quest'ultima fattispecie infatti di regola la utilitas connessa con la volumetria maggiorata
di cui beneficiava (e può beneficiare) il cessionario aveva (e può avere) come suo presupposto
logico la inerenza con il fondo (normalmente contiguo a quello 'beneficiato') da cui la volumetria si
distacca per accorparsi a quella del fondo destinatario della maggiorazione volumetrica.
Adesso, in forza della concreta esplicazione delle politiche perequative, compensative o
incentivanti cui si è accennato nelle superiori osservazioni, tale inerenza è solo un dato eventuale,
ma non connaturale, essenziale ed identitario delle fattispecie negoziali relative ai diritti
edificatori: il dato invece ineludibile è quello della 'potenziale ambulatorietà' e quindi un dato
esattamente contrario a quello della 'inerenza', tant'è che il diritto edificatorio, una volta generato
e originato da un certo fondo, potrebbe costituire una mera utilità economica in testa a soggetti
che in relazione a quel fondo non vantano e non vanteranno mai alcun legame o vincolo di
contatto e che potranno immettere sul mercato il corrispondente controvalore disinteressandosi
(e non avendo alcun potere di disposizione) del terreno o dei terreni da cui il diritto promana.
Inoltre, proprio in ragione del fatto che il diritto edificatorio costituisce solo una sorta di
presupposto perché poi la P.A., nell’esercizio delle sue facoltà e valutazioni discrezionali, possa poi
provvedere all’emanazione del titolo abilitativo edilizio consentendo a quel diritto di trovare
concreta esplicazione, si potrebbe anche dubitare del fatto che siffatto diritto presenti la
colorazione della ‘immediatezza’.
Sicché il difetto di due degli elementi qualificativi e costitutivi del diritto reale (che sono
proprio l’immediatezza e l'inerenza secondo l'insegnamento tradizionale (41)) non consentirebbero
quella operazione concettuale di assimilazione 'strutturale' tra i diritti qui al vaglio e quelli reali che
17
sta alla base delle consequenziali convinzioni applicate nell'ambito del diritto tributario. Non a
caso in recenti pronunce (successive al d.l.n. 70/2011) del giudice amministrativo
(42)
(forse più
sensibile alle questioni proprie del diritto urbanistico) la stessa fattispecie della cessione di
cubatura viene qualificata come sorta di "contratto atipico ad effetti obbligatori, avente natura di
atto preparatorio finalizzato al trasferimento di volumetria, che si realizza soltanto con il
provvedimento amministrativo" o ancora "accordo ..che ha efficacia solo obbligatoria tra i suoi
sottoscrittori, mentre il trasferimento di cubatura fra le parti e nei confronti dei terzi è determinato
esclusivamente dal provvedimento concessorio, discrezionale e non vincolato..." (43).
Dall'analisi ragionata della 'presunta assimilazione strutturale' di cui s'è detto
(44)
d'altra
parte ci si accorge con evidenza che essa viene 'recepita' da quell'orientamento (nemmeno
maggioritario) della Suprema Corte innanzi evocato
(45)
in base al quale la cubatura costituirebbe
un diritto a sé stante trasferita, in caso di cessione, definitivamente all'acquirente, a beneficio del
fondo di costui. Ancora una volta pertanto viene posta a fondamento di tale opzione la situazione
di relatività e di collegamento (inerenza) tra il fondo da cui quel diritto promana e quello a cui
beneficio viene destinata: situazione che, come più volte osservato, non è dato riscontrare quale
tratto distintivo e costitutivo della generica categoria del 'diritto edificatorio', soprattutto se
riguardata con riferimento a tutte le diverse morfologie tipologiche ipotizzate o ipotizzabili in base
alle nuove tecniche di pianificazione territoriale. Inoltre la teoria dell' "assimilazione strutturale"
prescinde del tutto dalla complessità procedimentale in cui il negozio di diritti edificatori va a
collocarsi, finendo per concentrare ogni valutazione su di un solo segmento (quello negoziale)
dell'intera procedura e senza possibilità di valutare se il diritto edificatorio in sé abbia la dignità
stessa di 'diritto' o, come innanzi si è rilevato, non concorra a definire piuttosto un interesse
legittimamente tutelato, cadenzato e calibrato soprattutto sull'atto finale e conclusivo di quel
procedimento (il rilascio del titolo abilitativo edilizio da parte della P.A.) che solo dà ad esso
consistenza ed efficacia sul piano giuridico.
Di tutto ciò, in estrema conclusione, l’interprete non può non farsi carico anche sul piano
fiscale, eventualmente ripensando in funzione degli obiettivi perseguiti dalle nuove metodologie
urbanistiche, le categorie concettuali finora utilizzate, ai fini della individuazione del corretto
18
regime impositivo afferente alle fattispecie negoziali relativi ai nuovi diritti edificatori ed
ipotizzando come non peregrino un trattamento fiscale a ciò adeguato (segnatamente nell'ambito
dell'imposta di registro accedendo all'applicazione dell'aliquota - 3% - prevista per i beni 'diversi'
da quelli immobiliari ex art. 2 della tariffa Parte prima allegata al D.P.R. n. 131/86 o, con effetti
similari quanto al relativo carico fiscale, prevista dall'art. 9 della medesima tariffa in generale per
gli atti aventi per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale) (46).
Adriano Pischetola
_______________
1) In generale sulle problematiche afferenti l’argomento della cessione di cubatura cfr. in dottrina ex multis:
CIMMINO - La cessione di cubatura nel diritto civile, in Riv. not., 2003, 5, p. 1113; LEO - Trasferimento di cubatura, in
Dizionario enciclopedico del notariato, Aggiornamento, V, Roma 2002, p. 710; C.N.N. (estensore LEO) - Il trasferimento di
cubatura (29. 9. 1999), in Studi e materiali, 6. 2, Milano 2001, p. 669; PATTI-RUSSO - La cessione di cubatura tra diritto
privato e diritto pubblico, in Vita not., 2001, 3, p. 1675; CANDIAN - Trasferimento di volumetria, in Digesto discipline
privatistiche, sez. civ., Aggiornamento, I, Torino 2000, p. 735; MORI, La cessione di cubatura, in Casi e Questioni di diritto
privato per la pratica notarile, parte prima, Milano 1995; GRASSANO - La cessione di cubatura, in Riv. Not. 1992, 5, p. 1069;
DI VITA - La cessione di cubatura, in COMITATO REGIONALE NOTARILE DELLA SICILIA - Diritti reali limitati - Argomenti di
interesse notarile, Nuovi Quaderni di Vita Notarile, XI, Palermo 1990; CANDIAN - Il contratto di trasferimento di volumetria,
Giuffrè, Milano 1990; CECCHERINI - Il c.d. trasferimento di cubatura, Giuffrè, Milano 1985;
2)
Dei quali vedi una fedele ricostruzione in PATTI-RUSSO, La cessione di cubatura tra diritto privato e diritto pubblico, op. cit.
p. 1675 e ss..
3)
4)
5)
Cfr. anche per questi ultimi LEO, Il trasferimento di cubatura, op. cit. p. 689 e ss.
6)
Cass. 6 luglio 1972 n. 2235, in Riv. leg. fisc., 1973, 766 e in Rass. Avv. Stato, 1972, I, sez. 5; Cass. 6 marzo 1973 n. 641, in Riv.
not., 1973, 1165; ivi, 1974 (solo massima), 114 con nota di R. Triola; Cass. 21 marzo 1973 n. 802 in Riv. leg. fisc., 1973, 2200
e in Foro it., 1973, I, 2117; Cass. 30 aprile 1974, n. 1231, in Riv. not., 1975, 547 con nota di M. Di Paolo e in Giust. civ., 1974,
I, 1424, con nota di R. Triola; Cass. 22 gennaio 1975, n. 250, in Riv. leg. fisc., 1975, 1595; Cass. 21 maggio 1975, n. 2017, in
Riv. leg. fisc., 1975, 2288; Cass. 20 ottobre 1975 n. 3416, in Riv. leg. fisc., 1976, 585; Cass. 8 ottobre 1976, n. 3334, in Riv.
not., 1977, 1006; Cass. 20 ottobre 1976, n. 3639, Riv. leg. fisc., 1977, 1146; e poi più di recente Cass. 14 dicembre 1988, n.
6807 in Corr. giur., 1989, 276 con nota di V. De Lorenzi, in Giur. imp., 1989, I, 164, con nota di R. Zampini e in Giur. it., 1989,
I, 1, con nota di A. Chianale; in cui la Suprema Corte afferma che attraverso la cessione di cubatura "si attua un
trasferimento assimilabile, negli e ai fini previsti dalla legge tributaria, al trasferimento di un diritto reale immobiliare in
quanto il proprietario dell'area cui ineriva la cubatura ceduta perde il diritto di costruire sulla medesima e tale diritto viene
acquistato dal proprietario del fondo cui la cubatura è trasferita" ; nonché Cassaz. 14 maggio 2007 n. 10979 leggibile in
Banca dati Leggi d’Italia Gruppo Wolters Kluwer, secondo cui la “cessione di cubatura (non definibile altrimenti che quale
facoltà inerente al diritto di proprietà e, in quanto tale, avente sicure caratteristiche di realità), mentre è assoggettabile ad
imposta di registro (giacché, in base alla relativa disciplina, è suscettibile d'imposizione ogni atto di trasferimento di diritti
reali immobiliari, inclusa la rinunzia agli stessi) - non è assoggettabile ad Invim, posto che, ai sensi del D.P.R. n. 643 del 1972,
art. 2, tale imposta è applicabile soltanto al trasferimento di alcuni diritti immobiliari tipici, senza che, alla luce della lettera
della legge, si possano creare assimilazioni o analogie con figure giuridiche ivi non menzionate (v. Cass. 7417/03)”:
quest’ultima sentenza desta interesse in quanto, pur sopponendola ai soli fini dell’imposta di registro, sembra non
addivenire ad una automatica assimilazione tra il concetto di ‘cubatura’ e quello di diritto reale immobiliare (escludendo di
conseguenza l’applicazione dell’ormai abrogata imposta INVIM). Analogamente in tale ultimo senso v. Cassaz. civ. Sez. V,
14-05-2003, n. 7417 leggibile in Banca dati Leggi d’Italia Gruppo Wolters Kluwer
Cfr. Cass. 1° giugno 1953 n. 1655 citata da PICCO-MAROCCO, I così detti trasferimenti di cubatura, in Riv.Not., 1974, p. 626
Cfr. la Risoluzione n. 250948/76 del 17 agosto 1976 e ciò perché, precisa l'estensore "la volontà dei privati contraenti, nel
porre in essere il trasferimento di una delle facoltà in cui si estrinseca il diritto di proprietà, e cioè quella di costruire,
modifica il limite di edificabilità fissato dal piano regolatore per i singoli appezzamenti, con la conseguente compressione del
diritto di proprietà del cedente e il correlativo aumento dell'edificabilità sull'area del cessionario."
19
7)
Annota LEO M, in Il trasferimento di cubatura, studio CNN n. 1763 op. cit., p. 690 e ss. che le conclusioni cui pervenne la
Suprema Corte nel filone giurisprudenziale cui si fa cenno nel testo ed inaugurato negli anni ’70 furono dettate
eminentemente da preoccupazioni di carattere fiscale, e cioè se l’atto di trasferimento della cubatura potesse fruire o meno
delle agevolazioni di cui alla legge 2 luglio 1949 n. 408 (cd. Legge Tupini) a fronte del diverso orientamento tenuto dall’A.F.
per la quale siffatto trasferimento doveva considerarsi porsi al di fuori della previsione della menzionata legge e pertanto da
tassare secondo i criteri ordinari di cui all’art. 1 parte prima all. ‘A ‘ della tariffa allegata alla legge di registro
8)
In linea di massima all'assimilazione della cubatura con siffatti diritti reali è pervenuto anche un precedente studio del CNN
n. 24/2002/T Cessione di cubatura e trattamento tributario dei trasferimenti dei terreni edificabili, in Studi e Materiali n.
1/2003, 136 ss.
9)
Cass., Sez. 2^, 22 febbraio 1996, n. 1352 secondo cui “ Tale accordo… ha una efficacia soltanto obbligatoria tra i suoi
sottoscrittori, giacché, sul piano pubblicistico a rilevare è la rinuncia, all'utilizzazione della volumetria, che il cedente,
aderente al progetto edilizio presentato dal cessionario, abbia manifestato al Comune. Infatti, a determinare il
trasferimento di cubatura tra le parti e nei confronti dei terzi, è esclusivamente il provvedimento concessorio, discrezionale e
non vincolato, che, a seguito della rinuncia, può essere emanato dall'ente pubblico a favore del cessionario” e ancora Cass.,
Sez. 2^, 12 settembre 1998, n. 9081 secondo cui “la "cessione di cubatura" si realizza in virtù del solo provvedimento
amministrativo di concessione edilizia, che ha effetto verso i terzi e tra le parti….non è necessario, all'uopo, un atto negoziale
con effetti obbligatori o reali, essendo sufficiente l'adesione al progetto da parte di colui che cede la propria cubatura.”
10)
Si indicano di seguito le Regioni che, a quanto consta, hanno legiferato in materia e i rispettivi provvedi-menti emanati:
Toscana (Legge 3 gennaio 2005, n. 1, che ha sostituito l’originaria legge 16 gennaio 1995, n. 5); Emilia Romagna (24 marzo
2000 n. 20); Basilicata (11 agosto 1999, n. 23); Lazio (22 dicembre 1999, n. 38); Puglia (27 luglio 2001, n. 20); Calabria (16
aprile 2002, n. 19); Campania (22 dicembre 2004 n. 16); Veneto 23 aprile 2004, n. 11); Lombardia (11 marzo 2005, n. 12);
Umbria (22 febbraio 2005, n. 11); Provincia di Trento (11 novembre 2005, n. 16 sostituita dalla legge 4 marzo 2008 n. 1);
Friuli Venezia Giulia (23 feb-braio 2007, n. 20); Provincia di Bolzano (2 luglio 2007 n. 3 a modifica della Legge 11 agosto
1997, n. 13 art. 55-bis).
Di siffatte metodiche intercettiamo qualche traccia anche nella legislazione statale: ad es. nell'art. 11, quinto comma, D.L.
25-6-2008 n. 112 convertito in legge 6 agosto 2008, n. 133, è sancito, sotto la rubrica “Piano Casa”, che al fine di incentivare
l'edilizia residenziale sociale sia prevista la possibilità del trasferimento di «diritti edificatori in favore dei promotori degli
interventi di incremento del patrimonio abitativo»; di «incrementi premiali di diritti edificatori finalizzati alla dotazione di
servizi e spazi (pubblici)»; della «cessione, in tutto o in parte, dei diritti edificatori come corrispettivo per la realizzazione di
unità abitative di proprietà pubblica da destinare alla locazione a canone agevolato, ovvero da destinare alla alienazione in
favore delle categorie sociali svantaggiate».
Inoltre il comma 21 art. 1 della legge n. 308/2004 (già recante delega al Governo per il riordino, il coordinamento e
l'integrazione della legislazione in materia ambientale) stabilisce che “Qualora, per effetto di vincoli sopravvenuti, diversi da
quelli di natura urbanistica, non sia più esercitabile il diritto di edificare che sia stato già assentito a norma delle vigenti
disposizioni, è in facoltà del titolare del diritto chiedere di esercitare lo stesso su altra area del territorio comunale, di cui
abbia acquisito la disponibilità a fini edificatori”;.
11)
In tema di perequazione e compensazione, si vedano, nella letteratura giuridica, MAZZARELLI, Proprietà e piano, in Annali
1998-1999, Università degli Studi della Tuscia, Viterbo, 2000, 9 ss., in particolare 17 ss., URBANI, I problemi giuridici della
perequazione urbanistica, in Riv. giur. urb., 2002, 587 ss., POLICE, Gli strumenti di perequazione urbanistica: magia
evolutiva dei nomi, legalità ed effettività, in Riv. giur. edil., 2004, II, 3 ss., CROSETTI, Evoluzione del regime d'uso dei suoli e
nuovi strumenti di perequazione urbanistica, in Quad. reg., 2004, 547 ss., PERONGINI, Profili giuri-dici della pianificazione
urbanistica perequativa, Milano, 2005;
12)
Va precisato qui con chiarezza che lo strumento classico del PRG (il piano regolatore generale, quello che secondo l’art. 7
della legge n. 1150 dovrebbe indicare, tra le altre cose, la rete delle principali vie di comunicazione stradali, ferroviarie e
navigabili e dei rela-tivi impianti; la divisione in zone del territorio comunale con la precisazione delle zone destinate
all'espansione dell'aggregato urbano e la determinazione dei vincoli e dei carat-teri da osservare in ciascuna zona; le aree
destinate a formare spazi di uso pubblico o sottoposte a speciali servitù , ecc. ) vive una fase di avanzata crisi, almeno nel
suo stereo-tipo. A questo stereotipo, come è noto, in molti comuni - e ben prima della spinta fede-ralista – si è sostituito il
modulo bifasico, quello che attua la distinzione tra pianifica-zione strutturale e pianificazione operativa, modulo che ha
consentito e consente nella prima fase di raccogliere le indicazioni di massima circa la pianificazione territoriale, stabilendo
principi-guida e individuando strategie, obiettivi, finalità, e nella seconda fase, quella della pianificazione operativa, che ha
consentito e consente di valutare in concreto l’adattabilità delle opzioni di astratta pianificazione alle reali esigenze di
sviluppo anche economico di determinate aree del territorio comunale piuttosto che di altre, sulla base dei concreti bisogni
dei cittadini che occupano quel territorio, creando così un canale più diretto’ tra questi e l’apparato istituzionale. Non a
20
caso la pianificazione operativa coin-cide con lo strumento di più snella attuazione dello stesso mandato elettorale affidato
a chi è posto ai vertici delle istituzioni comunali, al punto che nella legge regionale della Toscana n. 5 del 1995 viene definita
“piano del sindaco”.
13)
Per una trattazione più meticolosa e ragionata di tutte le problematiche anche civilistiche connesse con il tema al vaglio si
rinvia a TRAPANI G., Studio CNN n. 671-2009/C, Dalla cessione di cubatura alle operazioni sui crediti di cubatura: evoluzione
o mutazione del diritto, in Studi e Materiali n. 2/2011, p. 401: nonché dello stesso A. Normative speciali e circolazione dei
diritti edificatori, in Notariato n. 4/2012, 411 ss.;
14)
Si può dire, con buon margine di approssimazione e mutuando un esempio che è stato proposto da autorevole dottrina
(BOSCOLO E. Le perequazioni e le compensazioni, in Rivista giuridica di urbanistica, 2010/1, pp. 104 e ss. ), che mentre nei
piani tradizionali, un solo fondo è beneficiato della capacità volumetrica derivante dalla sua utilizzazione edificatoria in
misura 1mc/1mq e contestualmente altri 4 fondi sono assoggettati a vincoli per la realizza-zione delle opere infrastrutturali
o quale verde privato, nei piani ispirati ai modelli perequativi, invece, lo sviluppo volumetrico è ripartito equamente tra i
cinque lotti a ciascuno dei quali verrà assegnato un indice perequativo 0,2mc/1mq, con contestuale identificazione di un
solo fondo sul quale avverrà la concentrazione edificatoria e delle aree da destinare a verde o ad infrastrutture.
Segnatamente nella legge regionale della Lombardia n. 12/2005 all’art. 11 è prevista (ai commi 1, 2 e 3 ) la possibilità di una
perequazione ‘parziale’ (mediante ripartizione di diritti edificatori con un identico indice di edificabilità fra i proprietari
interessati ad interventi di trasformazione urbanistica) e di una perequazione cd. ‘estesa’ (mediante attribuzione a tutte le
aree del Comune, ad eccezione di quelle destinate all’agricoltura e di quelle estranee alla trasformazione urbanistica, di un
identico indice di edificabilità territoriale con contestuale regolamentazione della cessione gratuita al Comune di aree
destinate alla realizzazione delle opere di urbanizzazione ovvero di servizi ed attrezzature pubbliche da effettuarsi all’atto
della utilizzazione dei diritti edificatori). Così come è previsto, per i proprietari di aree destinate ad interventi di interesse
pubblico o generale e non disciplinate da piani o atti di programmazione, che agli stessi siano attribuite aree in permuta o
diritti edificatori trasferibili su aree edificabili.
Soprattutto al comma 4 del detto art. 11 si stabilisce che i diritti edificatori attribuiti a titolo perequativo o compensativo
siano commerciabili e che i comuni istituiscano appositi registri delle cessioni di siffatti diritti, aggiornati e resi pubblici
secondo modalità stabilite dagli stessi comuni.
15)
Il credito può nascere a fronte della esecuzione di quegli interventi edilizi che possono determinare un credito edilizio
oppure come compensazione dell’esproprio da effettuarsi mediante recupero da parte del cedente di adeguata capacità
edificatoria. Il titolare del credito potrà alternativamente o “incassare” il credito utilizzando per se stesso, su un proprio
bene, la volumetria che il credito gli riconosce oppure potrà trasferire il credito a terzi.
16)
È forse utile rilevare come, proprio con riferimento ai fenomeni che qui si tratta, ad esempio nella città di Milano è stato
istituito il Registro delle cessioni (vedi delibera di giunta n. 890 del 10 maggio 2013).
È stato osservato al riguardo dalla stampa specializzata (INZAGHI G., Milano scambia le aree urbane, in sole24ore di lunedì
15 luglio 2013 n. 192 pag. 7 inserto Norme e Tributi) che la città di Milano mediante il Pgt (Piano di governo del territorio)
ha introdotto una peculiare forma di perequazione urbanistica su base diffusa.
Il Comune assegnerebbe a tutte le aree già edificate un indice di «Utilizzazione territoriale unico», pari a 0,35 metro
quadrato/metro quadrato e, al contempo, un indice di utilizzazione territoriale massimo, pari a un metro quadrato/metro
quadrato. Per colmare la differenza tra i due valori si ricorrerebbe proprio all'istituto della perequazione urbana, attuando
così una forma di premialità. Ciò consente - previa cessione delle aree gratuite al Comune per realizzare servizi ed
attrezzature pubbliche intese come 'pertinenze indirette' o 'aree di decollo' - che i relativi diritti edificatori - dopo il 'decollo’
- possano essere collocati sull'intero territorio comunale edificabile e, in particolare, nelle aree di «atterraggio», che non
sviluppino già l'indice massimo pari a 1 metro quadrato/metro quadrato
Nel detto Registro delle cessioni devono essere indicati tra l'altro, le aree di decollo, le aree di atterraggio, le quantità di
diritti edificatori generati e il successivo trasferimento e sfruttamento, con i connessi dati catastali e dati proprietari. La
registrazione avviene d'ufficio o su richiesta dell'interessato. Il Registro è tenuto dal responsabile del servizio gestione
pianificazione generale che, al momento dell'annotazione, rilascia al proprietario un certificato attestante il numero
progressivo di annotazione, l'entità dei diritti edificatori e gli estremi dell'atto dal quale derivano i diritti.
Del registro è prevista la libera consultazione anche su Internet
17)
RESTAINO L., Natura giuridica dei diritti edificatori. Profili ipotecari, catastali e fiscali (del 13/11/2013), leggibile all'indirizzo
http://www.e-glossa.it/
18)
In tal senso si esprime URBANI. P., Conformazione della proprietà, diritti edificatori e modelli di destinazione dei suoli, in
Urb. e appalti, 2006, p. 908, n. 10
19)
Rispettivamente il contratto di locazione ultranovennale e il contratto di anticresi
21
20)
Si esprimono in questo senso sia TRAPANI, Normative speciali e circolazione dei diritti edificatori, op. cit. 428; quanto
GAMBARO A. I beni, in Trattato di dir.civ. e comm. A.Cicu, F.Messineo e L. Mengoni, 2012, 126 ss.; così come BERGAMO. E.,
La cessione dei diritti edificatori, in Corriere del merito 2102, 2, 119: secondo quest'ultimo Autore in particolare " sono note
le ricostruzioni effettuate e che hanno portato all'affermazione che la cubatura, in quanto tale, è in sé stessa bene in senso
giuridico ed in quanto tale è un elemento idoneo a formare oggetto di diritto. Si è affermato, infatti, che la cubatura, quale
bene giuridico autonomo, non urta con il principio del numero chiuso dei diritti reali, non costituendo essa stessa un diritto,
bensì un bene in sé, bene, dotato di una sua apprezzabilità economica, che può costituire oggetto di accordo tra privati ed
in particolare oggetto di diritti reali."
21)
Secondo GAMBARO A., I beni, op. cit. p. 135 i diritti edificatori sarebbero “beni immobili virtuali oggetto di proprietà o di
diritto di superficie, e quindi soggetti a tutte le regole in materia di circolazione di diritti immobiliari…”; in ogni l’A. aveva già
espresso in altro suo contributo (Compensazione urbanistica e mercato dei diritti edificatori. Alcuni prolegomeni in La libera
circolazione dei diritti edificatori nel Comune di Milano ed altrove, Milano 2012, p. 187) l’opinione per cui i diritti edificatori
possano essere qualificati come beni a se stanti separabili dal bene suolo anche in assenza della costituzione di un diritto di
superficie
22)
23)
24)
Previsto dalla normativa UE, segnatamente dal Regolamento del 18 febbraio 1980 n. 456/80
25)
26)
GAZZONI, Cessione di cubatura, “volo” e trascrizione, in www.judicium.it
27)
Regola che come ricorda l'A.F. stessa nella circolare n. 3E/2008 " sebbene enunciata in materia di imposta di registro, deve
considerarsi applicabile in linea di principio anche per le altre imposte indirette (risoluzione 1 agosto 2000, n. 126/E;
risoluzione 26 aprile 1988, n. 310088)."
28)
Del resto già con riferimento alla cessione del cd. 'credito edilizio' di cui alla legge regionale del Veneto 23 aprile 2004 n. 11
(che - giusta artt. 36 e 37 - prevede che dalla demolizione delle opere incongrue, dall'eliminazione degli elementi di
degrado, o dalla realizzazione degli interventi di miglioramento della qualità urbana, paesaggistica, architettonica e
ambientale, tutti individuati nel Piano di assetto territoriale, così come a seguito delle compensazioni che permettono ai
proprietari di aree ed edifici oggetto di vincolo preordinato all'esproprio di recuperare adeguata capacità edificatoria, su
altre aree e/o edifici, può scaturire un credito edilizio) era sembrato legittimo argomentare in termini di applicazione di
imposta di registro con aliquota del 3% (tre per cento) opinando per la non realità della situazione giuridica ('cubatura')
oggetto di cessione cfr. LEO. M., MASTROIACOVO V., Ufficio studi Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito n. 254-2007/T
e 661-2007/C - In tema di "Cessione crediti edilizi - Tassazione", in Studi e Materiali n. 1/2008, pp. 477-478
29)
Qualcuno (v. RESTAINO, L., op. cit.; BRAMBILLA M. Come la circolazione dei diritti edificatori può essere identificata
catastalmente, in La Libera circolazione dei diritti edificatori nel Comune di Milano e altrove, Milano 2012, 79 ss.) al riguardo
ha proposto l’istituzione di una nuova categoria catastale ‘fittizia’ (F/7) che identificherebbe i diritti edificatori, senza
necessità di redigere planimetria alcuna; il Comune trasmetterebbe al Catasto una nota con cui ‘creare’ al catasto fabbricati
una particella (la medesima già presente al catasto terreni e identificante il terreno da cui quei diritti si originano), con i
medesimi identificativi ed intestatari; tale particella verrebbe poi soppressa al momento in cui il nuovo fabbricato realizzato
anche grazie all’utilizzo dei diritti edificatori acquisiti verrebbe introdotto con tipo mappale nel catasto fabbricati ed ivi
denunciato. Tale doppia intestazione (al catasto terreni e fabbricati) permetterebbe anche di assolvere alle imposte diverse
(dirette ed indirette) dovute in relazione ai diversi cespiti cui attengono (terreno, da un alto, e diritti edificatori dall’altro)
30)
31)
Con o senza assorbimento del tributo speciale catastale rispettivamente nel primo e nel secondo caso
Cfr. sul punto TRAPANI, Normative speciali e circolazione dei diritti edificatori, op. cit. 431-432
Secondo RESTAINO L. op. cit. oltre le fattispecie ricordate nel testo sarebbe degna di nota anche altra fattispecie a conferma
della possibile ambulatorietà di diritti e situazioni giuridiche attive indipendentemente dal terreno cui esse ineriscono o dal
quale promanano, e all'uopo l'A. evoca "i diritti all’aiuto previsti dal regolamento CE n. 1782/2003, regolamento che
prevede l'erogazione di un sussidio agli agricoltori legato esclusivamente all’estensione della superficie aziendale
complessivamente destinata ad attività agricola, prescindendo dalla quantità della produzione e, in linea di massima, anche
dal tipo di coltivazione in essa esercitato. Segnatamente l'’art. 46 del Regolamento citato prevede espressamente la
possibilità che l’agricoltore a cui tali quote sono state assegnate, in alternativa a chiederne il pagamento, le trasferisca
“unicamente ad altro agricoltore stabilito nello stesso Stato membro”; il secondo paragrafo dell’art. 46 dispone poi che “i
diritti all’aiuto possono essere trasferiti a titolo oneroso o mediante qualsiasi altro trasferimento definitivo, con o senza
terra. L’affitto o altri tipi di cessione sono consentiti soltanto se al trasferimento dei diritti all’aiuto si accompagni il
trasferimento di un numero equivalente di ettari ammissibili.”.
Sul tema sia consentito il richiamo a PISCHETOLA A., La circolazione di cubatura, di crediti edilizi e di diritti edificatori: profili
fiscali, in www.adrianopischetola.it, e in Fisco, 2011, 17, 2664
Quest'ultimo afferente a danaro, gioielli e mobilia presuntivamente ricompresi nell'attivo ereditario
22
32)
Dettati per la valutazione della base imponibile rispettivamente (l'art. 14) per immobili e diritti reali immobiliari, (l'art. 15)
per aziende, navi ed aeromobili, (l'art. 16) per azioni e obbligazioni, altri titoli e quote sociali, (l'art. 17) per rendite e
pensioni, (l'art. 18) per crediti
33)
34)
35)
Cfr. FORTE N., Il nuovo manuale dell'IVA 2014, Maggioli ed. 2014, p. 39
36)
Anche nella denegata ipotesi che il diritto edificatorio sia qualificabile come una facoltà ricompresa nel diritto a suo tempo
acquistato, sarebbe peraltro arduo ipotizzare un ‘prezzo di acquisto’ del diritto trasferito da computare come termine di
riferimento per il calcolo della plusvalenza stessa, costituita dalla differenza tra il corrispettivo percepito e quel prezzo,
aumentato di ogni altro costo inerente, ai sensi dell’art. 68 del TUIR. Di regola infatti il prezzo di acquisto si riferisce al bene
o al diritto acquistato nella sua originaria unitarietà e non anche ad una sola delle facoltà in esso per ipotesi ricomprese.
A soli fini descrittivi, nella consapevolezza dell’assenza, di regola, di strumenti di definizione certa della entità del ‘prezzo di
acquisto’, si può qui ricordare come l’A.F. con risoluzione n. 210/E del 22 maggio 2008 abbia ritenuto in una fattispecie in
parte analoga (si trattava di una rinuncia a servitù di distanza, generativa, a giudizio, dell’A.F., di plusvalenza imponibile) che
“il prezzo di acquisto originario…debba essere estrapolato dal prezzo complessivo di acquisizione dell'immobile e di
costituzione della servitù a suo tempo pagato da colui che…rinuncia alla servitù. Al riguardo può essere utilizzato un criterio
di tipo proporzionale, fondato sul rapporto tra il valore complessivo attuale dell'immobile e della rinuncia alla servitù e il
corrispettivo percepito per la rinuncia alla servitù.”
Il che - sia detto per inciso - richiederebbe una difficoltosa e fors’anche sempre contestabile valorizzazione attuale della
rinuncia siffatta e quindi il rischio della esposizione a probabili successivi accertamenti dei valori ipotizzati da parte
dell’Amministrazione.
escluso il richiamo anche agli atti costitutivi di diritti reali immobiliari, nonostante il tenore letterale della norma.
37)
BORRIERO G. e REBECCA G. (Cessione di terreni: ulteriori aspetti, in Fisco, 2003, 2, 201) ritengono addirittura che la cessione
di cubatura realizzi una sorta di 'deminutio' del valore patrimoniale effettivo del lotto da cui si distacca (come avviene per
esempio per la cessione del diritto di escavazione delle cave) e quindi non genererebbe alcun reddito imponibile né
plusvalente
38)
V. sul punto Studio CNN n. 21-2012/T, Plusvalenze immobiliari: aspetti notarili , approvato dalla Commissione studi tributari
il 18 aprile 2012 (estensore RAPONI), in www.notariato.it, anche per le altre problematiche connesse con il tema in oggetto
in materia di imposte dirette
39)
40)
Ex art. 86 comma quarto del TUIR
41)
42)
43)
44)
45)
46)
Cfr. MESSINEO F., Manuale di diritto civile e commerciale,. Milano, 1965, 239
La cui cessione integra le 'prestazioni di servizi' di cui è menzione all'art. 3 comma 2 n. 2) del D.P.R. n. 633/72
Al riguardo giova ricordare che l’art. 1, comma 156, della legge 27 dicembre 2013 n. 147 (in Suppl. ord. n. 47 alla G.U. n. 302
del 27. 12. 2013), ha modificato il disposto dell’art. 2, comma 2, del D.L. 24 dicembre 2002, n. 282, convertito in legge 21
febbraio 2003, n. 27 (dettato appunto sulla riapertura di termini in materia di rivalutazione di beni di impresa e di
rideterminazione di valori di acquisto); e ha, più precisamente, prorogato al 30 giugno 2014 il termine per la redazione ed il
giuramento della perizia, da utilizzarsi per la rideterminazione del valore di acquisto dei terreni agricoli o edificabili
posseduti alla data del 1° gennaio 2014.
Sul punto cfr. ANDREANI G, TUBELLI A., Plusvalenze e minusvalenze da cessione di diritti edificatori in "Bilancio e reddito
d'impresa" n. 11 del 2011, pag. 7
Cfr. Sentenza T.A.R. Lombardia, Milano del 26 luglio 2012 n. 2097, leggibile sul sito http://www.giustizia-amministrativa.it/
T.A.R. Campania Napoli Sez. VI, 09/01/2014, n. 106 leggibile in Banca dati Leggi d’Italia Gruppo Wolters Kluwer
E testuale nella Ris. n. 233/E del 20 agosto 2009 sopra ricordata
Soprattutto sentenze n. 6807/1988 e 10979/2007 già citate
Rimane peraltro impregiudicata l'applicazione di eventuali regimi impositivi speciali [come quello disegnato dall'art. 20 della
legge 28 gennaio 1977 n. 10 (cd. Legge Bucalossi) che richiama il trattamento premiale di cui all'art. 32 2° comma D.P.R. n.
601/73 - e quindi l'applicazione dell'imposta di registro in misura fissa e l'esenzione da imposte ipocatastali] laddove ne
dovessero ricorrere i presupposti; né quanto qui in argomento ha riferimenti diretti o indiretti con la portata del disposto di
cui all'art. 10 comma 4 del d.lgs. n. 23/2011 (statuente soppressione di agevolazioni ed esenzioni fiscali, anche se previste
da leggi speciali), in quanto il presente contributo ha inteso valutare il fenomeno dei negozi aventi ad oggetto diritti
edificatori solo in una prospettiva impositiva generale.
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