numero 2/2014 - Collegio Universitario Lamaro Pozzani

COLLEGIO UNIVERSITARIO “LAMARO POZZANI” - FEDERAZIONE NAZIONALE DEI CAVALIERI DEL LAVORO
2014
PANORAMA
PER I GIOVANI 2
Collegio Universitario “Lamaro Pozzani” - Via Saredo 74 - Roma - Quadrimestrale - POSTA TARGET CREATIVE Aut. n. S/SA0188/2008 valida dal 01/07/2008 - anno XLVII - n. 2 - maggio-agosto 2014
IL DIALOGO
INTERVISTA
UNA CULTURA ALL’INSEGNA DEL RISPETTO
LE PAROLE DEL RABBINO RICCARDO DI SEGNI
VIAGGIO
IL COLLEGIO A BRUXELLES
IL DIALOGO INTERRELIGIOSO
I VOLTI DI DIO
Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro
Eccellenza in formazione.
Collegio Universitario “Lamaro Pozzani”
Un Collegio universitario che è più di una residenza:
è un’idea di futuro. Dal 1971 supporta i giovani più
meritevoli preparandoli a posizioni di alta responsailità nel mondo delle aziende, delle istituzioni,
della ricerca e dell’insegnamento. Formazione, impegno, amore per il sapere, sono i valori che da sempre guidano il Collegio. I borsisti ospitati in totale
gratuità, circa 70, hanno libero accesso a tutti i servizi (sale informatica, palestra, campi sportivi). Il calendario delle attività prevede corsi interni a fre-
quenza obbligatoria (economia, diritto, lingue straniere, informatica, tematiche attinenti i singoli corsi
di laurea e la loro connessione con il mondo del lavoro) e un fitto programma di iniziative collaterali:
stage linguistici e professionali, viaggi di studio
all’estero, esperienze dirette in campo editoriale e
redazionale, e ancora seminari e gruppi di studio, incontri con personalità del mondo politico, imprenditoriale e della cultura.
Scopri di più su www.collegiocavalieri.it.
Eccellenza per passione.
EDITORIALE
S
ono passati quasi cinquecento anni da quando Era- Poitiers, di quella di Lepanto e della resistenza di Vienna
smo da Rotterdam tentò invano di spegnere le pri- al secondo e ultimo assalto dei turchi, così come le crociate
me fiamme del fuoco delle guerre di religione che e le stragi delle guerre fra gli stessi cristiani. E chi teorizza
avrebbero devastato l’Europa con parole che non lo “scontro di civiltà” continua a farlo pensando anche e in
hanno perso la loro attualità: «Cessiamo di divorarci a vi- qualche caso soprattutto alle religioni.
Questo esito, tuttavia, non è affatto obbligato. Le
cenda, come pesci. Perché mandare all’aria il mondo intero sopra paradossi, in parte incomprensibili, in parte opinabili, più grandi personalità di tutte le religioni sono state spesso
in parte sterili? Il mondo è colmo di rabbia, d’odio, di guerre. uomini e donne di pace, in molti casi fino al sacrificio della
A quale conclusione si giungerà se usiamo soltanto le bolle e propria vita. È stato – fra gli altri – Jürgen Habermas a
il patibolo? Non è gran fatto bruciare un piccolo uomo: gran riconoscere nelle grandi religioni monoteistiche, in virtù
fatto è persuaderlo». E un fatto ancora più grande, possia- dell’universalismo ad esse intrinseco, una dinamica
mo forse aggiungere dopo oltre due secoli di teoria contro- alternativa a quella dell’isolamento e della violenza e
versa e pratica accidentata dei diritti dell’uomo, è accettar- potenzialmente generatrice di una solidarietà cosmopolitica
lo così come è, con la sua storia, la sua fede e i suoi valori, aperta e inclusiva, a maggior ragione dopo che il ventesimo
continuando a cercare insieme la pace e la giustizia anche secolo ha bruciato la speranza della via tutta e solo politica
quando sappiamo che le nostre strade resteranno diverse. alla realizzazione del Regno della giustizia in terra. E
La religione ha spesso diviso anziché unire proprio dal pontefice della chiesa cattolica è venuto, pochi
soprattutto attraverso due parole. La prima è la Verità. mesi fa, un duro monito a non rinchiudersi nelle sacrestie
Ogni fede include un nucleo forte di affermazioni sul della Verità: «Se uno ha le risposte a tutte le domande –
fondamento e il fine del mondo e della vita, sul rapporto ha detto papa Francesco in un’intervista al direttore de
fra la sfera sensibile e quella sovrasensibile, sulla divinità. “la Civiltà Cattolica” – ecco questa è la prova che Dio non
Questo elemento in senso lato conoscitivo, che nelle grandi è con lui». Sono molte, d’altronde, le pagine della storia
e le situazioni del tempo presente che
religioni monoteiste è garantito dalla e
dimostrano che l’incontro fra gli uomini
nella Rivelazione di Dio agli uomini (che
può essere cercato e costruito a partire
nel cristianesimo si compie addirittura
L’incontro fra gli
dalle religioni e non necessariamente
come Incarnazione, paradosso assoluto
uomini può essere contro di esse.
del Dio-Uomo), diventa immediatamente
Abbiamo avuto più volte, nel
dovere pratico: il culto, ma anche l’insieme
cercato a partire
nostro Collegio, il privilegio di poter
delle regole dalle quali dipende la salvezza,
dalle religioni e
ascoltare padre Paolo Dall’Oglio. Lo
la redenzione dal fardello della sofferenza
e della finitezza. A questa circolarità del
non contro di esse abbiamo sentito raccontare come era
nata la straordinaria esperienza di Deir
vero e del bene rinviano necessariamente
Mar Musa, la comunità alla quale egli
tutti i momenti e i fatti essenziali della
vita, che a partire da essa vengono ordinati e giudicati. Il aveva restituito nuova vita a meno di 100 chilometri
confronto fra diversi principi e modelli di vita è sempre da Damasco e che ha offerto per qualche decennio la
difficile. La religione, quando stringe troppo il nodo fra testimonianza semplice e bella di cristiani e musulmani
Verità e Assoluto (Dio), sottraendo la prima alle impurità che sanno e che vogliono vivere, pensare, pregare insieme.
ma anche alla fecondità e alle sorprese della storia, può Non posso non ricordare, nel momento in cui decidiamo
spingere anche sulla strada della guerra. La seconda parola di affrontare sulla nostra rivista il tema del dialogo fra
che divide è l’Identità. Le appartenenze religiose hanno le religioni, la stretta di mano forte, il parlare insieme
contribuito in modo decisivo a forgiare le grandi narrazioni determinato e comprensivo e lo sguardo profondo e buono
collettive, tanto che a questa consapevolezza non è riuscito di questo gesuita coraggioso, che ha cercato per tutta la
a sottrarsi, in questi ultimi anni, neppure il dibattito sua vita sentieri di pace. Gli dedichiamo questo lavoro,
sull’identità dell’Europa. La storia ha spesso scavato solchi perché è il risultato della riflessione di un gruppo di
profondi fra noi e gli altri, gli “stranieri”: non gli ospiti che giovani che dimostrano in questo modo di riconoscere la
gli antichi greci affidavano alla protezione di Zeus Xenios, verità di quella passione e di voler condividere la speranza
ma i potenziali nemici, che quando si presentano alle della stessa ricerca. Anche quando tutto appare così
frontiere lo fanno spesso con le armi di minacciosi eserciti difficile e molti rischiano di scivolare, come ai tempi di
e che è legittimo fronteggiare nello stesso modo. Fra le date Erasmo, verso la scorciatoia della rabbia e dell’odio.
Stefano Semplici
che tutti abbiamo studiato ci sono quelle della battaglia di
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PANORAMA PER I GIOVANI
N. 2 | MAGGIO - AGOSTO 2014
Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro
Direttore responsabile
Mario Sarcinelli
Direttore editoriale
Stefano Semplici
Impaginazione
David D’Hallewin
Revisione testi
Gianvito Masi, Matteo Zanini Astaldi
Coordinamento redazionale
Gianmarco Lugli
Redazione: S. Berenato, D. Brambilla,
F. Cassarà, C. Ciullo, F. Core, V. M. Cormaci,
S. Gabrielli, L. Ghilardi, E. Giardina, G. Lugli,
B. Muccioli, G. Padua, F. Parlati, G.Rosana,
N. Sabatelli, F. Saldi, D. A. Sambugaro,
V. Spotorno, G.Tanzarella, C. Tonin, E. Zuddas.
Direzione: presso il Collegio Universitario
“Lamaro Pozzani” - Via Saredo 74 - 00173
Roma, tel. 06 72.971.322 - fax 06 72.971.326
Internet: www.collegiocavalieri.it
E-mail: [email protected]
Autorizzazione: Tribunale di Roma n. 12031
del 9/3/1968.
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I VOLTI DI DIO
4. IL LOGOS CHE UNISCE:
CINQUE PAROLE PER SCOPRIRE IL
DIALOGO
Esempi di come le grandi figure religiose
del passato abbiano scelto il dialogo
di Eugenio Galli
15. PREGHIERA, DIALOGO E
COSCIENZA CIVILE:
LE ARMI DELLA PACE IN TERRA
SANTA
Gli strumenti per una pacifica
riconciliazione
di Davide Brambilla
8. IL DE PACE FIDEI DI CUSANO:
LA QUESTIONE DEL DIALOGO
INTERRELIGIOSO
Riflessioni sulla libertà religiosa
di Federica Cassarà
18. DEMOCRAZIA ISLAMICA
Analisi della presenza musulmana in
Italia e delle sue implicazioni
di Francesco Saldi
10. ISTITUIRE UN DIALOGO:
COMPRENDERSI PER
COMPRENDERE
Per ritrovare la pace i tre monoteismi
devono parlare assieme
di Vito Cormaci
20. QUANDO LA FEDE DIVENTA
CONFLITTO:
L’INDIA DELLA PARTIZIONE
La divisione dell’India dopo
l’indipendenza
di Noemi Sabatelli
12. SARAJEVO:
LA GERUSALEMME D’EUROPA
La città che ha fatto della pluralità
religiosa la propria forza
di Serena Berenato
22. PREMIO MONTE SION:
IL DIALOGO INTERRELIGIOSO E LE
DONNE
Il ruolo femminile per la pace
di Sara Gabrielli
Autorizzazione edizione on-line: Tribunale di
Roma n. 361 del 13/10/2008
Stampa:
Arti Grafiche Boccia Spa
Via Tiberio Claudio Felice, 7
84131 Salerno
Finito di stampare: settembre 2014.
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IL DIALOGO INTERRELIGIOSO
24. CREDENTI E NON CREDENTI:
UN NUOVO FRONTE PER IL DIALOGO
Una cultura all’insegna del rispetto
di Giulio Tanzarella
28. ANCHE UNA GUERRA SANTA
È UNA GUERRA
Le stragi nel nome di Dio
di Chiara Tonin
30. FONDERE L’AMORE DELLA
CONOSCENZA
CON LA CONOSCENZA DELL’AMORE
Come il dialogo stimola l’arte
di Vittorio Barberio
32. UN SOLO DIO, TANTI DEI
Monoteismi e politeismi nella storia
di Benedetta Muccioli
34. IL CABALISTA DI PRAGA:
LA DENUNCIA DEI RISCHI DEL
FANATISMO
Recensione del capolavoro di Marek
di Elisabetta Zuddas
36. DIALOGO INTERRELIGIOSO ED IS:
UNA VIA CONTRO IL CONFLITTO
Il terrorismo minaccia la pace
di Gianmarco Lugli
Potete leggere tutti gli articoli della rivista sul
sito: www.collegiocavalieri.it
PRIMO PIANO
38. DIALOGO E INCONTRO TRA FEDI:
“ROMA PUÒ ESSERE UN CAMPO
SPERIMENTALE ED ESEMPLARE DI
INIZIATIVE”
Intervista a Riccardo di Segni, a cura di
Gabriele Rosana e Donato Sambugaro
DAL COLLEGIO
41. VIAGGIO NEL CUORE DELL’UE:
L’ESPERIENZA DEL COLLEGIO A
BRUXELLES
di Rachele Antonella Lauro e Gianmarco
Lugli
47. PUBLIC SPEAKING: PARLIAMONE
di Rachele Antonella Lauro e Francesca
Pianca
Per commenti o per contattare gli autori degli
articoli, potete inviare una e-mail all’indirizzo:
[email protected]
Agli autori spetta la responsabilità degli
articoli, alla direzione l’orientamento scientifico e culturale della Rivista. Né gli uni, né
l’altra impegnano la Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro.
In copertina: La cascata delle Marmore
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I VOLTI DI DIO
IL LOGOS CHE UNISCE
CINQUE PAROLE PER SCOPRIRE IL DIALOGO
Is dialogue possible? Is there any unifying power stronger than divisions, hatred and walls? What do we look for? Can religions speak to
each other?
We have focused on five words (certainty, intelligence, friendship, liberty and commitment) and tried to discover how five great examples of
interreligious dialogue have applied them.
di Eugenio Galli
La storia dell’uomo sembra vomitare una colata incessante di guerre ed
eccidi senza posa, senza soluzione di
continuità, con un ritmo e una gravità in perenne incremento. Tuttavia,
a un occhio attento, questo manto
nero è trapuntato di figure brillan-
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ti, impronte luminose nel fango.
C’è del buono forse. Che ruolo hanno le religioni in questo contesto?
È possibile che insieme possano costruire il mondo invece che alimentare le carneficine?
Certezza, intelligenza, amicizia, li-
bertà e impegno: queste cinque parole
descrivono al meglio l’essenza del dialogo interreligioso che, nel tempo, si
sta proponendo come possibilità sullo
scenario globale. Le vogliamo spiegare raccontando cinque episodi che
negli ultimi secoli hanno scandito il
passo di questo percorso.
LA CERTEZZA
1219. Il torrido agosto di Dumyat, roccaforte sul delta del Nilo, 200 chilometri a nord de Il Cairo, sollevava dal
terreno un velo umido che impastava
e confondeva la vista. Anche respirare
sarà stato difficile. Lo scintillio delle
armature e degli spadoni dei crociati
costituiva un riflesso unico, come l’orizzonte del mare quando, di mattina,
il sole vi batte sopra. Come le squame
di un pesce argentato. Gli occhi neri di
Honza Hruby /shutterstock.com
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un ometto di trentasette anni, basso,
bruttino per la verità, vestito di stracci e appena sbarcato per giunta, devono essersi soffermati sul campo dei
soldati cristiani. Finalmente. Finalmente, avrà pensato. Otto anni prima
ci aveva provato, partendo da Ancona,
ma i venti lo avevano ostacolato e non
era riuscito a raggiungere le terre in
guerra santa. Due anni dopo, ancora,
aveva tentato di raggiungere il Marocco passando per terra, dalla Spagna. Niente da fare, una malattia lo
aveva costretto alla ritirata.
Francesco, il santo, il poverello, il monaco umbro, sarà stato sicuramente
deriso da tutti. Che cosa voleva quello scricciolo malaticcio in mezzo agli
araldi della cristianità? Cosa poteva
aggiungere alle imprese gloriose del
re d’Ungheria, del duca d’Austria e
I VOLTI DI DIO
del re di Gerusalemme, che combatte- telligenza propria di uno scienziato
vano insieme per giunta?
e la novità con l’apertura attenta
In un momento di tregua, Francesco dei bambini. Per questo lasciò in
ottenne di poter tentare di avvicinare vita Francesco, lo ricevette, lo coil nemico, al-Malik al-Kāmil, il nipo- nobbe e lo fornì di un lasciapassare
te del Saladino. “Il sultano perfetto”, per la Terra Santa. Due intelligencome lo chiamaCertezza, intelligenza, amicizia,
vano i suoi. Si
dice che amaslibertà e impegno: queste parole
se
conversare
descrivono al meglio l’essenza
di filosofia, di
giurisprudendel dialogo interreligioso
za e di poesia
coi suoi funzionari. Componeva versi ze attente che vengono a contatto.
egli stesso, aveva fondato accademie e D’altronde, la natura etimologica
vagliava attentamente le imposte che del “dialogo” non ci racconta proprio
oberavano i suoi sudditi. Era attento questo? Non solo di esseri parlanall’istruzione e ai rapporti con gli al- ti, ma di intelligenze vive? Di logos?
tri. Dal suo successivo scambio diplo- In merito al contenuto del
matico e culturale con la corte di Fe- confronto, i due interlocutori avranderico II di Svevia, l’Europa guadagnò no poi senz’altro parlato di una possil’uso dello zero, tanto per dirne una. bile tregua, di una soluzione pacifica,
Nella terra di nessuno tra di come evitare il sangue crociato e
i due accampamenti, Francesco ini- quello curdo-musulmano. E anche di
ziò ad avvicinarsi col suo compagno Dio, certamente. La storia tramanda
Illuminato al campo del sultano. Di- con un sorrisetto sufficiente questo
sarmato e vestito poveramente, fu ac- episodio, durante il quale non solo il
colto e ricevuto dal condottiero ayyu- sultano non si è convertito ma nepbide. Disarmato, eppure armato più pure la crociata è stata interrotta.
degli altri messi insieme. Fu accolto e Eppure, ancora oggi, si tratta di un
ascoltato e restò molti giorni alla corte fatto che ci interroga: abbiamo noi un
nemica. La domanda è naturale: ma ideale tanto sicuro nella nostra vita
perché?
che non abbiamo paura di parlarne
a tutti e in virtù del quale possiamo
“per la sete del martiro / nella presen- parlare con tutti? Dia-logare?
za del Soldan superba / predicò Cristo
L’INTELLIGENZA
e l’altri che ‘l seguiro”.
Nell’agosto del 1582 un maceratese
Dante azzarda un’ipotesi, la sete del da poco trentenne sbarcava a Mamartirio. D’accordo, ma con una pre- cao, cittadina cinese tra il delta del
cisazione: il greco ci ricorda che chi è Fiume delle Perle e il Mare cinese
martys è testimone e Francesco era meridionale, con il suo confratello
assetato di testimonianza, di marty- Michele. Neanche due anni prima
rion. La certezza che sosteneva il era stato ordinato sacerdote in Inpoverello, il santo, il piccoletto ma- dia, ben lontano dalla Roma aristolaticcio, l’ha reso capace di una bal- cratica e lussuosa dalla quale aveva
danza e di un coraggio che lo faceva deciso di partire missionario coi getraboccare, al punto da spendersi suiti. Due uomini con la Cina davanper la predicazione allo straniero, ti agli occhi. Nel cuore, la voglia di
per raccontargli di quella certezza conoscerla, di esplorarla, di portare
che lui stesso vedeva fondante nella la fede. Il prete si chiamava Matteo.
propria vita. Francesco era certo, in- Michele e Matteo decisero di
vincibile. E il sultano, dal canto suo, “farsi cinesi con i cinesi”. Per i cinesi,
deve essere stato un uomo curioso, si potrebbe aggiungere. Iniziò un’opeun uomo che amava il vero con l’in- ra di insediamento graduale durante
la quale vennero intessute amicizie e
rapporti personali con i maestri confuciani, ma soprattutto fu un periodo di
Basilica di San Francesco, Assisi.
PANORAMA PER I GIOVANI
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I VOLTI DI DIO
grande studio. Impararono la lingua
e la geografia dei luoghi, presero dimestichezza con le gerarchie e i ruoli sociali. Non cercarono di imporre
nessuna verità scollegata dalla realtà
che i loro ospiti vivevano, ma ne condivisero la quotidianità. Una piccola
Incarnazione, se si vuole. In questo
frangente della vita di padre Matteo
Ricci si capisce bene che il dialogo e
il rispetto partono da una conoscenza
reciproca, mai saccente né sfacciata.
Questo atteggiamento è ben messo a
fuoco dalle parole che il card. Tauran,
presidente del Pontificio consiglio
per il dialogo interreligioso, scrive
nel 2012: “I credenti devono lavorare
e sostenere tutto ciò che favorisce la
persona umana nelle sue aspirazioni materiali, morali e religiose. Così
sono richiesti tre atteggiamenti: il
rispetto dell’altro nella sua specificità, la conoscenza oggettiva reciproca
delle tradizioni religiose di ognuno,
specialmente attraverso l’educazione
e la collaborazione affinché il nostro
pellegrinaggio verso la Verità sia realizzato nella libertà e nella serenità.”
Matteo Ricci aveva una grande disposizione naturale per le scienze: fu un appassionato conoscitore
della matematica, della geografia e
della cosmologia, ma mostrò anche
grandi doti di linguista e traduttore.
Già dal primo periodo a Macao vestì
l’abito da bonzo, ad indicare uno status di consacrato e uomo di cultura.
I rapporti personali coltivati nel ter-
ottimi rapporti. Con loro e per loro
operò numerose traduzioni di filosofia occidentale in cinese e di libri
confuciani in latino, mise a punto un
dizionario portoghese-cinese, disegnò
carte geografiche. A volte commise
anche errori piuttosto grossolani,
come quando disegnò una mapL’etimologia del dialogo ci
pa con l’Europa
racconta non di meri esseri parlanti, al centro e la
Cina accantonabensì di intelligenze vive
ta sulla destra,
suscitando lereno dell’onestà intellettuale e dell’af- gittimi malumori mandarini.
fezione al vero e al bello procurarono Ma l’intelligenza è versatile e non
al gesuita numerose amicizie colte e s’incista sulle proprie posizioni o sui
altolocate: ora spiegando la matema- propri sbagli. Padre Matteo Ricci
tica, ora mostrando un orologio, non intuì, aiutato dal suo superiore, che
rinunciò mai alla propria identità cul- l’immagine del bonzo non era la più
turale e religiosa, chiedendo di tanto efficace per rapportarsi coi cinesi: dein tanto di poter edificare una chiesa. cise quindi di prendere le vesti del letE di tanto in tanto gli fu concesso. terato confuciano, con tunica di stoffa
Gli anni seguenti furono se- e barba e capelli lunghi. Cambiò il suo
gnati da grandi spostamenti (Nanchi- nome in Li Ma Tou (dove “Ma Tou”
no e Pechino) al seguito dei dignitari richiama il suo nome di battesimo e
mandarini, coi quali era entrato in “Li” l’iniziale del cognome) e si dedicò
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PANORAMA PER I GIOVANI
San Francesco davanti al sultano
di Giotto, presso la Basilica di San
Francesco, Assisi.
a trovare una continuità ideale tra il
confucianesimo e il cristianesimo da
lui annunciato. Le esigenze dell’uomo si orientano agli stessi desideri,
il cuore dell’uomo è uguale in tutto il
mondo. A questo bisogno di giusto, di
vero e di bello insito e inscritto nella
natura umana, che da tante culture e
filosofie è stato descritto in maniera
sublime, padre Matteo Ricci portava una risposta, la risposta paolina
quod ergo ignorantes colitis hoc ego
adnuntio vobis. Quello che voi adorate senza conoscere, io ve lo annuncio.
Il moderno sospettoso e complottista, abituato al clima dell’inganno e della prevaricazione, il perpetuo ammonitore del Timeo Danaos
et dona ferentes, vedrà nelle mosse
del gesuita una rivisitazione moderna del cavallo di Troia, o delle perline
date ai selvaggi in cambio dell’oro e
delle spezie. La storia racconta in-
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I VOLTI DI DIO
pine inondate. Per la mamma malata il luogo dove la sua religione è nata.
di uno o per l’esame di un altro. Se Durante il viaggio, il leader
si resta a cena, c’è qualcosa che vie- papa Francesco sorprende tutti e di
ne cucinato a parte per il musulma- continuo. Cede il passo al patriarca ecuno che non mangia il prosciutto. I menico di Costantinopoli nell’entrare
ragazzi parlano, giudicano i fatti di al Sepolcro. Scandalo tra i vaticanisti.
attualità,
la L’eccidio dell’etichetta. E poi bacia le
mani agli ebrei e prega al muro del
grande
cronaca
Le esigenze dell’uomo si orientano
e la piccola real- pianto. Ecco, si è schierato. Al solito.
agli stessi desideri,
tà delle scuole. Ma che fa ora? Visita i campi
Dialogano.
Le
profughi
palestinesi, va alla Spianata
il cuore dell’uomo è uguale in tutto
mamme arabe, delle Moschee. Cosa? Fa fermare la
il mondo
con il velo in papamobile e prega sul muro di cetesta, mandano mento simbolo degli atti di forza israColpito forse dalle centinaia di con- delle torte perché tutti possano fare eliani. Lo stesso muro su cui un grafversioni operate da Ricci tra le alte merenda. E invitano le amiche a fito raffigura un lupo che azzanna una
gerarchie imperiali, tutt’altro che mandare i loro figli. Nessuno rinuncia colomba. Dall’altro lato, ovviamente.
alla propria natura e al proprio cre- E lui prega. Con una libertà che non
selvaggi ignoranti o troiani ubriachi.
do, ma la guida delle suore dimostra è preoccupata di come i media struL’AMICIZIA
che l’amicizia è possibile. E naturale. mentalizzeranno i suoi gesti, o di come
Periferia romana, anni dieci del due- Andrea studia per diventare la prenderanno le varie parti. Una limila. Andrea ha 16 anni: è di origine un pilota e viene da una famiglia mu- bertà che viene dalla certezza dei proegiziana, ma essendo da sempre cre- sulmana: ha finito le medie da due pri passi, di dove si poggiano i piedi.
sciuto nella periferia di Roma parla anni, eppure ritorna spesso al dopo- Poi il culmine, la mossa fiun dialetto che farebbe impallidire scuola, tra i “piccoli”. Stavolta, però, nale, nel cenacolo dove la Chiesa è
anche un oste di fraschetta. Per tre non viene più per fare i compiti, ma nata, con l’invito ad Abu Mazen e
anni alle medie, tutti i giorni, ha fre- per aiutare a sua volta o anche solo Shimon Peres: un giorno venite a
quentato un centro studi gratuito or- per condividere il momento introdut- casa mia a pregare per la pace. Non
ganizzato da un gruppo di suore del tivo iniziale. Una volta, grandi e pic- si faranno politica né negoziati. Staquartiere. L’impianto è semplice: si coli hanno intonato una canzone che remo insieme e pregheremo. Da uoarriva verso le 3, si canta una canzone recitava “Non avere paura, non ti fer- mini liberi e certi. In dialogo, fra loro
o si fa un gioco, si dice (chi vuole) una mare mai perché il mio amore è fede- e con l’Altro. Perché “tutti abbiamo
preghiera, s’inizia a studiare. Le suo- le e non finisce mai”. In seguito, una lo stesso sangue e facciamo parte del
re vengono aiutate da studenti uni- suora ha interrogato i ragazzini, chie- genere umano; se non dimentichiaversitari e solitamente si raggiunge il dendo loro se conoscessero un amore mo di avere un unico Padre celeste”.
rapporto 1:2 tra i ragazzini e i grandi. infinito, in contrasto con gli amori Da Francesco a Francesco, le
L’opera non è finalizzata a far finire terreni che invece sono destinati a fi- virtù umane radicate nella certezza
i compiti, sarebbe un obiettivo “poco nire. Andrea ha preso la parola, con perdono il timore di confrontarsi con
e piccino” e facilmente si fallirebbe, l’autorevolezza
vista la poca lena che molti dimostra- del “grande”, e
Tutti abbiamo lo stesso sangue e
no: invece, tutto il gesto si configura ha corretto la
come un’opera di carità, innanzitutto suora: “Non è
facciamo parte del genere umano;
per le famiglie le quali, spesso, non vero che tutabbiamo un unico Padre celeste
hanno un luogo fisico che, ponendosi ti gli amori
come alternativa alla Play Station finiscono.
Io
o alla strada, accolga i figli mentre continuo a venire al doposcuola il prossimo e dialogare, perché tutti
i genitori sono al lavoro. In secondo anche se non faccio più le medie”. gli uomini hanno lo stesso cuore che
luogo è un’opera educativa. Già, perdesidera le stesse cose. Speriamo e laché dei 30 ragazzi che frequentano il LA LIBERTÀ
voriamo perché intelligenza, amicizia
doposcuola, forse solo 5 sono italiani. C’era una volta un leader religioso. Un e libertà costruiscano un mondo teso
Fra gli altri c’è un potpourri di etnie, leader politico. Che poi sono la stessa al vero e al bello, al giusto e alla pace.
razze e religioni da far girare la te- cosa, si sa come va il mondo. Questo Ah già, la quinta parola chiasta: Bangladesh, Filippine, Europa leader, che di solito veste di bianco, ve: l’impegno. Beh, questa la lasciadell’est e Maghreb, principalmente. ha recentemente deciso di compiere mo al lettore, perché domani metta
Al doposcuola s’impara a con- un viaggio nel luogo simbolo dell’in- anch’egli la sua tessera per costruire il
vivere, a stare insieme, a guardarsi tolleranza e degli scontri fratricidi, giardino, il paradiso, la casa che tutti,
in faccia. Si prega una volta per l’U- dove l’odio ha una radice antica e la di ogni religione e di ogni tempo, vocraina in guerra e l’altra per le Filip- guerra è sovente minacciata. È anche gliono abitare.
vece un’altra versione, una grande
amicizia che arrivò a toccare anche
l’imperatore cinese, colpito dal prete
di Macerata. Colpito al punto da concedergli sepoltura a Pechino, dove a
nessun altro straniero era concesso.
PANORAMA PER I GIOVANI
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I VOLTI DI DIO
IL DE PACE FIDEI DI CUSANO
LA QUESTIONE DEL DIALOGO INTERRELIGIOSO
Understanding, respect, and tolerance are the mainstays for a peaceful
cohabitation. For this reason many philosophers have reflected about
the importance of interreligious dialogue; among these, Niccolò
Cusano discussed in De pace fidei about peace, arguing that each
religion represents different signs of a single true faith in God, despite
the diverse rituals and practices.
di Federica Cassarà
L’odierna società, teatro di relazioni
multiculturali sempre più intense,
nonché frutto dell’incalzante globalizzazione, non può in alcun modo svincolarsi dal dovere di rispondere, talvolta
anche con politiche sociali, alla crescente necessità di comunicazione tra
i diversi credo religiosi. La tolleranza
si erge dunque a pilastro delle moderne democrazie pluraliste, passando
necessariamente per il terreno, irrimediabilmente instabile, del rispetto
e della comprensione dell’alterità. In
questa prospettiva, la sfera religiosa
ha occupato, occupa e continuerà a occupare, nelle sue infinite declinazioni,
un ruolo centrale nella vita del singolo
individuo e cittadino.
C’è chi ancora oggi afferma
con convinzione l’impossibilità di un
dialogo interreligioso, presupponendo un parlare sordo, autoreferenziale
e strenuamente ancorato al dogmatismo. È invece conveniente, se non
addirittura necessario, tentare di fare
del dialogo una delle armi del pluralismo democratico. Non è la rinuncia
a un’identità che ci viene richiesta,
ma lo sforzo di guardare a un orizzonte che ci presenta, in modo evidente,
traguardi condivisi, primo fra tutti la
pace.
È questo lo spirito con il quale
Niccolò Cusano si accinge a scrivere
nel 1453 una delle sue opere maggiori:
il De pace fidei, testo che vede la luce a
seguito di complesse vicende storiche
e religiose. Nello stesso anno, infatti,
Costantinopoli viene conquistata dai
turchi: si rilancia così in modo drammatico il problema della gestione dei
rapporti tra il cristianesimo e l’islam
e il tentativo di tracciare le linee di
una pacificazione possibile vede in
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prima linea molti pensatori dell’epoca. Di fronte alle atrocità commesse
in nome della fede, Cusano decide di
impegnarsi intellettualmente con l’intento di stabilire almeno la pacifica
convivenza delle diverse fedi: “Se non
si può raggiungere la conformità nel
modo di praticare gli atti religiosi, si
permettano ai popoli le loro devozioni
e cerimonie, purché sia salva la fede e
la pace”.
L’opera si articola immaginando un ipotetico incontro tra le varie
religioni, un concilio religioso universale al cospetto di Dio, visione di straordinario interesse per la sua profondi-
tà teoretica e pragmatica. Si tratta del
tentativo di realizzare una religione
universale, in cui i culti possano trovare compimento in un’unica, ortodossa
e verace fede nell’unico Dio. All’immaginario consiglio in cielo prendono parte diciassette saggi: il greco, l’italiano,
l’arabo, l’indiano, il caldeo, il giudeo,
lo scita, il gallico, il persiano, il siro, lo
spagnolo, il turco, il tedesco, il tartaro,
l’armeno, il boemo, l’inglese.
Il De pace fidei, anche se viene
spesso considerato un esempio di utopia, presenta in realtà tutta la serietà
di una proposta di dialogo tra fedi diverse allo scopo di cercare una matrice comune in grado di armonizzare i
contrasti politico-religiosi del tempo,
senza sopprimere la diversità. Non è
infatti una sintesi empirica che Cusano si propone di realizzare, ma una
sussunzione delle varie fedi in una religione universale. Egli scrive infatti:
“La diversità genera le divisioni e le
inimicizie, gli odi e le guerre. Bisogna
dimostrare che la salvezza dell’anima
si ottiene non in forza delle opere, ma
in forza della fede. Infatti Abramo,
padre della fede di tutti i credenti, sia
i cristiani che gli arabi, che i giudei,
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NICCOLÒ CUSANO
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Niccolò Cusano nasce nel 1401 a Kues, in Germania, da una famiglia di commercianti. Si iscrive alla Facoltà di arti dell’università di Heidelberg e completa gli studi a Padova, conseguendo nel 1423 il grado di dottore in diritto.
Tornato in Germania nel 1425, continua gli studi teologico–filosofici all’università di Colonia e diventa segretario del cardinale Orsini.
Nel 1432 partecipa attivamente al concilio di Basilea sostenendo il partito
conciliare contro la tesi curialista del primato pontificio. Al riguardo pubblica
il De concordantia catholica e il De auctoritate in praesidendi in concilio generali. Passato dalla parte papale, viene inviato nel 1437 per invitare l’imperatore e il patriarca di Costantinopoli a partecipare al concilio di Ferrara, e poi
di Firenze, indetto per riunificare la Chiesa romana con quella greca.
Creato cardinale, a Roma nel 1450 è consacrato vescovo di Bressanone. Tra
il 1438 e il 1450 compone il De docta ignorantia, il De coniecturis, l’Apologia
doctae ignorantiae e l’Idiota.
Al periodo di Bressanone risalgono poi il De pace fidei, il Complementum theologicum, il De visione Dei, il De beryllo.
Entra presto in conflitto con il duca Sigsmondo d’Austria ed è costretto a rifugiarsi nel villaggio periferico di Buchenstein. Tenterà di tornare a Bressanone, ma invano, morendo in Italia nel 1464.
credette in Dio e ciò gli fu imputato a
giustizia: l’anima del giusto erediterà
la vita eterna. Ammesso questo, la varietà dei riti non sconcerterà più, poiché essi sono stati istituiti ed accolti
come segni sensibili delle verità della
fede. Ora i segni possono subire dei
cambiamenti, non però la fede da essi
significata”.
Le cerimonie sacre, i dogmi
e riti sono dunque relativizzati per
il conseguimento della pace e il riconoscimento di un’unica verità che
trascende gli opposti e le apparenti
contraddizioni; i riti non sono altro
che segni sensibili della verità e, pur
mutando le loro manifestazioni, non
muta ciò che essi vogliono significare.
Persino il sacramento dell’eucarestia
è sminuito, in quanto secondario rispetto al fine della salvezza individuale: “Questo sacramento, in quanto è
costituito da segni sensibili, non è così
necessario che senza di esso non vi sia
la salvezza, purché si abbia la fede”.
Alla radice di questa prospettiva, Cusano pone il limite gnoseologico insito nella natura umana: la
tendenza e l’aspirazione dell’essere
umano all’unico Dio creatore è infatti accompagnata dalla constatazione
che la sua profonda essenza resta inconoscibile: “Tu che sei il datore della vita e dell’esistenza, sei quello che
tutti variamente cercano con diversi
riti e denominano con diversi nomi,
poiché come realmente sei in te stesso
resti ignoto ed ineffabile”. La limita-
tezza del sapere umano, che non può
cogliere Dio nella sua totalità, permette una mera conoscenza congetturale, nella quale le contraddizioni
della ragione sono trascese e ai presuntuosi dotti del sapere scolastico si
sostituisce la via alla dotta ignoranza.
Le radici filosofiche di tale
concezione sono ravvisabili nel neoplatonismo e nella teologia negativa dello
Pseudo-Dionigi, per il quale di Dio è
pronunciabile solo ciò che Egli non è.
Questo discorso metodologico sulla natura e i limiti della conoscenza umana
è affrontato da Cusano nella sua prima e forse più famosa opera filosofica,
il De docta ignorantia, che fungerà da
sfondo per l’evoluzione del suo pensiero. È proprio sull’impossibilità di
possesso assoluto della verità che si
basa la proposta di una conoscenza
umana come congettura: la divinità,
coincidente con l’infinito, resta indefinita in quanto non può essere paragonata ad altro; la nostra conoscenza
è sempre un paragonare ad oggetti
definiti, riconducendo tutto a comuni
classificazioni: “L’intelletto, dunque,
non comprende mai la verità in modo
così preciso da non poterla comprendere più precisamente ancora all’infinito, perché sta alla verità come il
poligono sta al cerchio. Quanti più
angoli avrà il poligono inscritto, tanto più sarà simile al cerchio, tuttavia
non sarà mai uguale”. Ciò non toglie,
tuttavia, che il cristianesimo finisce
con il conservare nella prospettiva di
Cusano una posizione preminente in
quanto mediatrice. L’universalizzazione dell’elezione dell’umanità marca
la sua differenza rispetto all’ebraismo
e avvicina il cristianesimo alla religione universale. È nell’incarnazione del
Cristo che si realizza la coincidenza di
creatore e creatura, per la quale tutto l’universo sparso nella molteplicità
viene ricondotto alla sua radicale unità: ciò fa dell’uomo il centro di tutta
la creazione, elevato a nuova dignità
grazie alla discesa di Cristo nel mondo.
Il De pace fidei non ha cessato
di essere letto in chiave moderna come
anticipazione
dell’indifferentismo
religioso
illuministico.
Cusano
getta, in effetti, con la sua visione
antidogmatica,
ragionevole
e
ottimistica, le basi della moderna
democrazia: la secolarizzazione delle
categorie teologiche può essere vista
come predisposizione delle categorie
politiche (Lettieri), attraverso il
riconoscimento della diversità in
un contesto sociale di strutturale
eguaglianza, dove è implicita la
tolleranza, la relativizzazione delle
proprie convinzioni e abitudini,
l’apertura al “volto dell’altro”, che,
come direbbe Emmanuel Levinas, “mi
chiama a responsabilità, mi interpella,
attende una mia risposta”. La verità, a
livello antropologico, si presenta come
apertura al dialogo, come spazio per
l’alterità, lasciando essere l’altro altroda-sé.
PANORAMA PER I GIOVANI
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I VOLTI DI DIO
ISTITUIRE UN DIALOGO
COMPRENDERSI PER COMPRENDERE
After social and religious conflicts which have lasted for centuries, three
monotheisms have begun to dialogue with mutual respect about God
and human nature, even though countering discriminations between
peoples of different cults in the same area may appear nowadays an
almost impossible task.
di Vito Cormaci
La convivenza è sempre difficile, tanto
più se si è costretti a vivere sotto un
unico tetto troppo piccolo per tre persone. È questo il caso dei tre grandi
monoteismi, il cui culto prospera in
diverse parti del mondo da secoli. Il
dialogo interreligioso è oggi di fondamentale importanza, poiché nasce e si
sviluppa in un tessuto variegato e cosmopolita, in cui diverse culture condividono gli stessi ambienti e gli stessi
spazi quotidiani. Laddove mancassero
l’integrazione e il dialogo, esse costituirebbero, a causa delle loro diversità
culturali e di visioni della vita, delle
vere e proprie “isole sociali”.
“Comprenderci per comprendere”:
questo, si potrebbe dire, è il senso ultimo e il presupposto dell’instaurarsi
di un maturo dialogo tra le religioni.
Ciò, tuttavia, è molto più semplice a
dirsi che a farsi. Per istituire un re-
portata ecumenica e, soprattutto, di
grande universalità. In esso si afferma che uno dei punti di contatto non
solo fra i tre grandi monoteismi, ma
fra tutte le religioni, è la ricerca di Dio
e delle risposte ai grandi interrogativi
dell’uomo. L’invito alla ricerca comune di pace, libertà e giustizia: questo è
ciò che dovrebbe spingere l’avvicinarsi
dei cristiani ai musulmani nel riconoscersi reciprocamente figli di un unico
Dio. È una questione diversa, invece,
il rapporto con la religione ebraica:
“abbiamo con essa dei rapporti che
non abbiamo con nessuna altra religione; siete i nostri fratelli prediletti e,
in un certo modo, i nostri fratelli maggiori”. Queste sono le parole di Giovanni Paolo II in occasione della visita
alla sinagoga di Roma, forti nel condannare qualunque forma di antisemitismo e di persecuzione nei riguardi
degli ebrei. La
Nostra
aetate
La speranza era quella di creare
si chiude rigetun clima di serenità, soprattutto in
tando “qualsiasi
discriminazione
quegli stati in cui si trovavano e si
tra gli uomini
trovano a convivere religioni diverse o persecuzione
perpetrata per
gime di ascolto e di “con-versazione”, motivi di razza e di colore, di condizioci deve essere il coinvolgimento reci- ne sociale o di religione”. Questo docuproco di tutte le parti, nel tentativo mento è considerato da molti teologi
di considerare l’opinione dell’altro, la e uomini politici come il primo passo
quale è sì diversa, ma non per questo nell’apertura istituzionalizzata a un
meno attendibile o importante: è indi- “vivace” dialogo interreligioso e la spespensabile riconoscerla di pari dignità ranza era davvero quella di creare un
nell’ottica della fede.
clima di serenità, soprattutto in que
Questo era il messaggio che il gli stati in cui si trovano a convivere
Concilio Vaticano II, convocato da Gio- religioni diverse.
vanni XXIII e concluso sotto il pontifi- Proprio per far fronte a tali
cato di Paolo VI, sottoponeva all’atten- esigenze, Paolo VI, nella notte di Penzione del panorama culturale e religio- tecoste del 1964, istituì il Pontificio
so del tempo. Il documento Nostra ae- consiglio per il dialogo interreligioso
tate, pietra miliare del dialogo interre- (Pcdi). Dicastero della curia romana,
ligioso, è una dichiarazione di grande esso è deputato a curare le relazioni
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PANORAMA PER I GIOVANI
con esponenti di altre religioni e ha il
compito di promuovere il mutuo dialogo tra le religioni, in particolar modo
tra islam e cristianesimo. Il Consiglio
si occupa, inoltre, della pubblicazione
di testi per sensibilizzare al dialogo
interreligioso, di visite presso le chiese locali, promuovendone la conoscenza da un punto di vista culturale, e di
riunioni, in cui si possa dibattere in
merito a “scottanti” tematiche attuali
pertinenti al dialogo interreligioso.
Ed è ancora la Chiesa cattolica la madre spirituale di un altro movimento nato con il compito di riunire
attorno a uno stesso focolare, quello
della fede, persone di convinzioni diverse. Il Movimento dei focolari, fondato da Chiara Lubich, è vocato proprio al dialogo interreligioso, affinché
“si possa contribuire a realizzare l’unità nel mondo”, essendo tutti fratelli
nella fede e per il solo fatto di essere
tutti, indistintamente, uomini. Tra le
grandi occasioni di dialogo, si ricordi
l’incontro tra Lubich e il leader dei
musulmani afro-americani, l’Imam
W. D. Mohammed, durante il quale
una stretta di mano suggellò un patto
di impegno nel perseguire pace e unità, nel nome di un Dio unico. Un altro
patto d’amicizia fu stretto nel 1998 fra
i focolari e Jaime Kopec, presidente
della B’nai B’rith Argentina, il quale
si impegnò pubblicamente a guardare con gli occhi della fede al futuro e
a “sotterrare secoli d’intolleranza”.
Alla leader del Movimento dei focolari, a Parigi, venne conferito nel 1996
dall’UNESCO il Premio per l’educazione alla pace.
Ultimamente hanno assunto una certa rilevanza molti movimenti ecumenici, che, partendo dal comune obiettivo di riunire persone di differenti rami
della cristianità, si stanno occupando
sempre più anche del dialogo tra cristiani e membri di altri monoteismi.
È il caso dell’“Ufficio Nazionale per
l’ecumenismo e il dialogo interreligioso”, impegnato nell’organizzazione di
incontri tra comunità di diverse religioni con lo scopo di dialogare e confrontarsi.
La Giornata europea della
cultura ebraica viene promossa con
l’intento di incentivare la riscoperta
di usi e costumi di questa cultura così
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I VOLTI DI DIO
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Giovanni Paolo II, nella basilica di San
Pietro in Vaticano (2004).
antica e affascinante. Nella prima domenica di settembre, data scelta per
la manifestazione, il pubblico, recandosi a convegni, percorrendo itinerari
gastronomici (in particolare la celebre
cucina kosher), partecipando a spettacoli, mostre e concerti, scopre il patrimonio culturale dell’ebraismo sotto
molteplici aspetti. Ma questo non è
che uno degli ultimi passi compiuti per
stabilire un dialogo tra cristianesimo
e ebraismo. Si ricordi la prima associazione di dialogo ebraico-cristiano,
che vide la luce a Londra nel 1927: la
London society of christians and jews
o il movimento delle Amitiés judéochrétiennes, impegnate nel confronto
tra ebraismo e cristianesimo. In epoca
più recente, trovano spazio i Colloqui
ebraico-cristiani di Camaldoli, una serie di convegni inaugurati dalla Congregazione dei camaldolesi nel 1980,
che riuniscono ogni anno ancora oggi
una serie di esperti teologi italiani e
stranieri per dibattere sui rapporti tra religione ebraica e cristiana.
Diversa è la condizione attuale del dialogo islam-cristianesimo,
che sta vivendo un periodo di stallo:
“il peggior nemico del dialogo interreligioso è la paura che deriva dalla
scarsa conoscenza e comprensione reciproca fra i vari
gruppi religiosi”,
Elemento
afferma Miguel
Angel
Ayuso
Guixot, segretario del pontificio consiglio
per il dialogo
interreligioso, impegnato in una visita semiufficiale in Indonesia. Già
il cardinale Jean Louis Tauran aveva potuto sperimentare i rapporti di
moderata amicizia fra leader cattolici
e vertici delle due principali organizzazioni musulmane, il Nahdlatul ulama e il Muhammadiyah. Il porporato,
impegnato nella costruzione di nuovi
ponti tra Islam e Cristianesimo, ha
affermato più volte che il dialogo interreligioso “non è un’opzione, ma una
necessità”. Lo stesso Guixot è protagonista della festa nazionale del 25
marzo, solennità dell’Annunciazione
del Signore, celebrata da cristiani e
PANORAMA PER I GIOVANI
musulmani. Egli ribadisce l’importanza e il forte compito a cui è chiamato
il pontificio consiglio, di cui quest’anno
si ricorda il cinquantesimo anniversario dalla fondazione: “cerca di stabilire rapporti regolari con le istituzioni e
gli organismi musulmani in modo da
favorire la conoscenza e la fiducia reciproca, l’amicizia e, dove possibile, la
collaborazione. Bisogna ricordare che
il dialogo è una comunicazione duplice. [...] Si fonda sulla testimonianza
della propria fede e su di una apertura
alla religione dell’altro”. Il presbitero
ha più volte confermato in tale occasione l’importanza del dialogo tra i due
monoteismi e soprattutto l’importanza
della figura della Vergine Maria, più
volte menzionata nel Corano e tanto
cara ai fedeli islamici. Maria sarebbe
il distillato della vera fede religiosa,
una fede dinamica, aperta al dialogo e non ripiegata su se stessa: “modello di dialogo e di ricerca, perché
insegna a crescere, a non chiudersi
in certezze acquisite ma ad aprirsi agli altri e ad essere disponibili”.
Il dialogo interreligioso si configura quindi come uno dei traguardi
fondamentali per le tre grandi religioni monoteistiche nel terzo millennio,
comune di ogni religione
è dare un significato
alla presenza dell’uomo
in questo mondo
sul presupposto dell’impegno costante
a garantire una comunicazione pacifica e proficua D’altra parte, elemento
comune di ogni religione è dare un
significato alla presenza dell’uomo in
questo mondo e un orientamento al
suo entrare in rapporto con esso. Certamente non è questo l’unico punto
d’incontro che possa favorire il dialogo,
ma è una premessa di rilevanza particolare, perché fa riconoscere e accogliere la positività dell’altro, spingendoci a vedere in lui non un avversario
che ci fronteggia, ma un compagno che
ci affianca nella ricerca della verità
ultima.
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I VOLTI DI DIO
SARAJEVO:
LA GERUSALEMME D’EUROPA
The Balkans have been a melting pot of cultures and religions throughout history. The city of Sarajevo might be seen both as the bloody place
of ongoing conflicts and also as an outstanding, even unique opportunity for different people to meet and debate in a multi-religious context.
di Serena Berenato
fermo restando che il vero fulcro della
questione restano le minoranze, letteralmente spazzate via dalla maggioranza di turno, che necessitava anche
di una legittimazione demografica per
imporsi politicamente. La complessità
della situazione e la volontà di approfondire le vicende storiche dal 1990
al 1995 dal punto di vista dei conflitti
religiosi e dei tentativi di dialogo interreligioso allontanano consapevolmente quest’articolo da un giudizio
storico-critico sulle responsabilità degli attori politici tristemente famosi.
Passeggiando per Sarajevo, si
tocca con mano la varietà culturale e
religiosa e sembra di respirare la compostezza di una città che, nei suoi palazzi ridotti a colabrodo dai bombardamenti, mostra
le lacerazioni di
La penisola balcanica ha rappreuna guerra portata avanti in
sentato per tutto il Novecento la
nome della diregione europea più instabile e
versità. Il pensiero, tenendo
potenzialmente pericolosa per
ben
presenti
l’equilibrio del continente
le proporzioni,
corre a Gerusala morte dello storico leader Tito, fu lemme, alla difficile presa di cosciensconvolta dalle molteplici aspirazioni za che, per quanto riguarda la convidegli svariati gruppi etnico-religiosi venza religiosa, è la relatività l’unica
di realizzare il sogno ottocentesco e provocatoria soluzione per evitare gli
romantico dello stato nazionale. Nes- eccidi, anche in nome di Dio. Il primo,
suna pietas religiosa valse a fermare insanabile contrasto si avverte nella
un genocidio che sconvolse trasver- scelta della data dell’inizio di questo
salmente tutte le componenti etni- sanguinoso conflitto, che cambia a
che della regione in nome dell’indi- seconda di chi si considera responsapendenza e dell’autodeterminazione bile del massacro: i bosgnacchi, come
dei popoli. Serbi cristiano-ortodossi, sono chiamati i bosniaci musulmani,
croati cattolici e bosniaci musulmani, la cui pistola sparò su un uomo serbo
questa è la categorizzazione che, per che ad un corteo nunziale sventolava
linee di massima, fotografa la compo- una bandiera serba, o i serbi, i cecchisizione dei gruppi culturali e religiosi ni dei quali spararono su manifestanprotagonisti delle guerre jugoslave; ti pacifisti, uccidendo due ragazze.
La penisola balcanica ha rappresentato per tutto il Novecento la regione
europea più instabile e potenzialmente pericolosa per l’equilibrio del continente. Dalla dissoluzione dell’impero
austro-ungarico e di quello ottomano,
che erano, in parte, riusciti a tenere
sotto controllo le conflittualità etniche
e politiche della penisola, alle sanguinose lotte centrifughe per l’indipendenza dell’ultimo decennio del Novecento, i Balcani si sono confrontati con
l’esigenza di stabilire un equilibrio
che garantisse la coesistenza pacifica
di numerose etnie spesso in conflitto
tra loro.
La penisola balcanica, da
sempre crogiolo di culture e di religioni, a qualche anno di distanza dal-
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PANORAMA PER I GIOVANI
Quale che sia la data d’inizio, da quel
momento Sarajevo avrebbe conosciuto
le pagine più buie della propria storia,
oggi ricordate dalle “rose di Sarajevo”: ogni buca provocata dallo scoppio
di granate nelle strade e negli edifici è stata riempita con resina rossa,
perché nessun evento fosse relegato
nell’oblio del passato. Capitale della Bosnia-Erzegovina, questa città è
sempre stata un punto di incontro tra
culture ed un esempio di tolleranza
e di dialogo fra le religioni. Per molti
secoli hanno convissuto diverse comunità: quella musulmana, fondata nel
XV secolo con l’invasione turca e che,
prima dell’inizio della guerra, rappresentava la religione di quasi la metà
della popolazione; la comunità cristiana serbo-ortodossa, con una presenza antichissima testimoniata dal
patriarcato ortodosso e da numerose
chiese, decimata dopo il conflitto; sono
presenti i cristiani cattolici, per lo più
di nazionalità croata, così come la comunità ebraica, la più numerosa e fiorente dei Balcani, in buona parte sterminata dalla persecuzione nazista.
L’eccentricità religiosa di Sarajevo è
messa in luce dalla miriade di luoghi
di culto che è possibile rinvenire in
questa città, stretta dai monti e dal
mare, e dall’equilibrio che era riuscita
a costruire, diventato instabile sotto
la dittatura di Tito e definitivamente
infranto con la caduta del regime comunista. L’emblema della rottura è
la caduta del ponte di Mostar, capitale ufficiosa dell’Erzegovina, teatro di
sanguinose lotte, bombardata senza
sosta prima dalle truppe serbo-croate
e poi sconvolta dalle tensioni interne
tra bosgnacchi e croati bosniaci, che
nulla si sono risparmiati reciprocamente, distruggendo interi quartieri.
Una mattina del 1993 il “ponte vecchio” di Mostar crollò sotto i colpi croati, che spazzarono via più di 500 anni
di storia; il ponte era stato voluto nel
XVI secolo da Solimano il Magnifico e
rappresentava il ponte ad arco singolo
più imponente del suo tempo, collegando idealmente la parte cristiana e
quella musulmana della città: la sua
distruzione era il segno tangibile della
volontà di colpire l’identità del popolo
bosniaco-musulmano. La medesima
volontà di distruzione della cultura e
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I VOLTI DI DIO
Cattedrale cattolica del Sacro Cuore,
Sarajevo.
della millenaria storia di convivenza
pacifica del luogo condusse al bombardamento della biblioteca nazionale e
universitaria della Bosnia-Erzegovina di Sarajevo. L’incendio scatenato
dai bombardamenti serbi divampò
tutta la notte, portando con sé secoli
di cultura e un patrimonio di importanza capitale per la cultura mondiale. Anche davanti a questo scempio, si
tramandano le storie di chi, come una
giovane bibliotecaria, perì nel tentativo di salvare il maggior numero possibile di libri o di una donna musulmana che strappò alle fiamme l’Haggadah Sarajevita.
Nessuna etnia è stata risparmiata dal massacro dei Balcani, così
come nessuna ha risparmiato a se
stessa l’onta di parteciparvi; persino
durante l’assedio di Sarajevo gli stessi
assediati si combattevano tra loro, nonostante che fossero sotto attacco dalle truppe serbe. L’unico collegamento con il mondo durante i 43 mesi di
assedio di Sarajevo, dal 1992 al 1995,
era un cunicolo sotterraneo che permetteva agli aiuti umanitari, nonché
alle armi, di giungere dall’aeroporto
di Sarajevo fino al centro della città.
Ciò che avvenne dentro la capitale
bosniaca resta un inenarrabile scempio di vite umane, tristemente famoso come esempio di pulizia etnica. E
torna il richiamo a Gerusalemme, ove
ogni gruppo cerca giustizia per i propri
morti, accusando il nemico e cercando
basi ideologiche per le sofferenze patite, ma tutti sembrano dimenticare il
prezzo da pagare: sangue di civili inermi di tutte le religioni e tutte le etnie a
causa della follia politica.
La volontà di annientare l’altrui identità si è spinta ad atrocità
orribilmente programmate, come lo
stupro etnico, espressione coniata per
indicare un crimine contro l’umanità
che si colora della volontà di estirpare
la progenie di un’etnia. In guerra, lo
stupro è pratica vergognosamente inflitta alle donne per punire il nemico e
ferirlo nell’intimo, ma nei Balcani esso
fu concepito come metodo per imporre
la propria stirpe (è l’uomo, infatti, che
imprime al figlio l’appartenenza etni-
PANORAMA PER I GIOVANI
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I VOLTI DI DIO
che chi alle diversità non ha mai badato. Suore cristiane, donne musulmane,
attiviste per i diritti umani o donne
che hanno messo a servizio la propria
professionalità: i racconti e le storie
si moltiplicano, si dipanano lungo un
filo di umana
Sotto la cenere delle macerie il fuoco compassione, a
prescindere dal
della solidarietà è rimasto acceso.
credo religioso.
Sarajevo conoe culture da trasmettere, e lo sfruttare scerà un sindaco donna e numerose
le donne onde rafforzarsi demografi- sono le donne che ancora rivendicano
camente. E proprio le storie di donne giustizia per i morti di Srebrenica.
Se è innegabile che Sarajevo
lasciano trapelare una rete di solidarietà che neanche gli orrori riuscirono tenti di ricominciare guardando al fua spezzare: se c’erano i vicini serbi che turo, con la riapertura della biblioteca
uccidevano i vicini bosniaci, le ragaz- nazionale, con il sogno dell’Europa,
ze bosniache che posavano mine anti- con un nuovo rilancio economico e con
uomo per uccidere i serbi e i croati e le energie rinnovabili, è altrettanto
i bosniaci che, pur abitando la stessa vero che la zavorra di un passato così
nazione, riempirono i rispettivi campi ingombrante anche per la storia del
di sterminio gli uni degli altri, c’era an- continente europeo deve trasformarsi
co-religiosa). Basti pensare al tragico
esempio di Srebrenica: uomini e donne
furono separati, poiché la “pulizia” doveva svolgersi contemporaneamente
su due fronti, ovverosia l’eliminare gli
uomini, pericolosi e portatori di valori
SREBRENICA, IL MASSACRO E LA GIUSTIZIA
L’11 luglio (dichiarato giornata della memoria dell’Unione Europea) 1995
vennero uccisi più di 8000 uomini nell’enclave di Srebrenica dall’esercito
della Republika Srpska (Repubblica Serba di Bosnia, autoproclamata nel
1992), con il preciso intento di annientare la comunità bosniaca musulmana. È difficile stabilire quale delle fazioni abbia commesso più atrocità intorno alla città nel corso della guerra. Fatto sta che, nel 1995, Srebrenica
era una delle città controllate dai caschi blu in cui si rifugiavano i profughi
musulmani. Quella mattina le truppe del comandante Ratko Mladic separarono gli uomini e i ragazzi dalle donne e dagli anziani e portarono questi
e altri migliaia di profughi prelevati con il medesimo criterio nei boschi
vicino alla città, assicurando ai soldati olandesi, incaricati di proteggere la
popolazione, che li avrebbero scortati fino alle aree controllate dall’esercito
bosniaco-musulmano. Le cose non andarono così: i soldati uccisero migliaia
di uomini – si parla di 8372 morti accertati – sparando senza pietà e seppellendo i cadaveri in fosse comuni. Il parlamento serbo ha successivamente, seppur con ritardo, riconosciuto il massacro di Srebrenica e il negarlo è
considerato reato in Bosnia Erzegovina. Un passo importante per la presa
di coscienza europea di questo efferato crimine contro l’umanità è arrivato
con la sentenza del tribunale d’appello di Amsterdam, che ha condannato le truppe olandesi dei caschi blu per aver consegnato ai serbi 300 civili
nonostante che fosse prevedibile quale sarebbe stata la loro sorte. La giustizia, invece, sta ancora facendo il suo corso per Ratko Mladic, allora capo
di stato maggiore dell’esercito della Republika Srpska, e i suoi più stretti
collaboratori, davanti all’ Icty (International criminal tribunal for the former Yugoslavia). Il coraggio delle famiglie delle vittime, spesso ancora non
identificate a causa dei continui spostamenti di cadaveri nelle fosse comuni
per occultare il massacro, contribuisce a rendere giustizia per l’uccisione
di massa più sconcertante che l’Europa abbia conosciuto dalla fine della
seconda guerra mondiale.
14
PANORAMA PER I GIOVANI
in un monumentum. Ciò deve avvenire non solo perché il marcio delle
ideologie politiche e dei nazionalismi
sia riconosciuto in tempo ed estirpato
con convinzione, ma anche perché si
ricordi che laddove ha trionfato l’orrore, sotto la cenere delle macerie, il
fuoco della solidarietà è rimasto acceso. Basta sfogliare i premiati dall’Ong
Gariwo Sarajevo, che nel 2008 ha fondato il premio per il coraggio civile dei
“giusti”, ovverosia di coloro che si sono
distinti per “la volontà e l’abilità di disobbedire, resistere, opporsi”, per rendersi conto che le bombe non hanno distrutto lo spirito cosmopolita e umano
dei cittadini bosniaci. Sarajevo è stata
anche protagonista nel 2012 dell’incontro di preghiera internazionale ed
interreligiosa per la pace, promosso e
organizzato dalla Comunità di sant’Egidio, che si prodiga per portare nel
mondo dal 1986 lo “spirito di Assisi”,
così come voluto e vissuto da san Giovanni Paolo II nell’incontro ecumenico
di preghiera per la pace ad Assisi.
A Sarajevo si stanno gettando
le fondazioni per un’Europa che deve
prendere consapevolezza delle tensioni etniche e religiose e che deve imparare dalle città cosmopolite come la
capitale bosniaca, specimen di quella
convivenza che deve animare lo spirito dei cittadini europei. Guardare
ai confini europei non basta e, mentre
questo articolo viene scritto e numerosi documenti sulle atrocità e sugli stati
d’animo di chi ha vissuto l’assedio di
Sarajevo vengono letti, la striscia di
Gaza si trasforma nell’inferno; ascoltando le testimonianze drammatiche,
non è difficile immaginare che le violenze e le torture subite dai profughi
o dai nemici, individuati sempre con
criteri relativi, non siano solo il racconto di qualcuno ma la tangibile realtà di molti. Per questo motivo, forse le
parole più adatte per concludere sono
quelle di Nedzad Maksumic, poeta bosniaco che così scrive nel suo diario di
guerra Indicazioni stradali sparse per
terra: “ […] non credere mai di essere
il Signore della Verità. Nessuno lo è.
A te è sembrata in questo modo. A un
altro è sembrata diversamente. Mantieni per te il pezzetto della tua verità.
Servirà soltanto a te. […] Non c’è posto
qui per la tua verità”.
2 - 2014
PREGHIERA, DIALOGO E COSCIENZA CIVILE
LE ARMI DELLA PACE IN TERRA SANTA
While breaking news are striking our mind with missile launches, raids
and kidnappings, it seems hard to write about “peace” or “dialogue
between religions”. However, we cannot get used to the idea that war
between Israel and Palestine is an insurmountable curse.
If a “protective edge” is the latest of a long list of military operations and
every truce is violated, we have to understand what kind of mistakes
has been made: citizens wait for peace, the religious pray for it, the
politicians have to find solutions.
di Davide Brambilla
“La religione non è, e non deve diventare, un pretesto per i conflitti,
soprattutto quando l’identità religiosa, culturale ed etnica coincidono. La
religione e la pace vanno di pari passo
[...]. Il compito che dovremo affrontare sarà quello di promuovere una
cultura del dialogo”. Il “discorso di
Giovanni Paolo II ai rappresentanti
di altre religioni e di altre confessioni cristiane”, in occasione del viaggio
apostolico a New Delhi e in Georgia
nel novembre del 1999, è di grande
attualità, anche in considerazione di
un conflitto che dura da più di cento
anni: la questione israelo-palestinese.
Tre religioni monoteistiche, che in
Abramo vedono un patriarca comune,
ritengono Gerusalemme città santa: ebraismo, cristianesimo e islam.
Degli otto milioni d’israeliani,
sei sono ebrei (dal 2013 hanno superato la comunità statunitense di 5,5
mln), 1,5 è arabo, mentre si contano
300 mila cristiani non arabi. Tra gli
ebrei ortodossi vi sono gli haredim –
coloro che tremano davanti alla parola
di Dio – , i quali non desiderano contaminarsi con l’Israele laico, hanno famiglie molto numerose (fino a dieci figli) e non partecipano alla vita politica
e i datiim – i religiosi – , che vedono in
Israele l’unico stato adatto ad attendere il Messia. La maggioranza della
popolazione è laica, credente ma non
estremista, e – sembrerà strano in Terra santa – vi sono pure non credenti.
Secondo il Palestinian central
bureau of statistics, 4,5 milioni di Palestinesi si suddividono tra la striscia
di Gaza (1,7 mln) e la West Bank (2,72
mln), per lo più musulmani.
L’ALTRA FACCIA DELLA METAFORA
I VOLTI DI DIO
di disputa su ogni pietra”, svilendo e
compromettendo la religione (com’è
successo per le crociate o la jihad),
allargando il conflitto oltre la Terra
Santa, fino a un punto di non ritorno.
UN MARE MOSSO E CANGIANTE
Continui cambi di scenario si
sono succeduti nella gestazione e redazione di questo articolo.
Durante il viaggio carico di
attese in Terra Santa, del 24 e 25
maggio, Papa Francesco incontra i
leader religiosi: nella dichiarazione
congiunta col Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I, afferma che il
dialogo teologico “non cerca un minimo comune denominatore teologico
sul quale raggiungere un compromesso, ma si basa sull’approfondimento
della verità tutta intera”.
Il pellegrinaggio termina con
un invito a Roma. Shimon Peres, Abu
Mazen e Bartolomeo I lo raccolgono
e l’8 giugno s’incontrano nei giardini
vaticani, per una “pausa dalla politica”, innalzando una preghiera per
la pace. “Siamo convenuti in questo
luogo, israeliani e palestinesi, ebrei,
cristiani e musulmani, per offrire la
nostra preghiera per la pace, per la
Terra Santa e per tutti i suoi abitanti”.
“Non hanno pregato insieme,
ma sono stati insieme per pregare”,
spiega padre Pizzaballa, custode della Terra Santa, “e chiedere, ciascuno
al proprio dio, il coraggio di costrui-
Grosse responsabilità dei pregiudizi
al dialogo vanno attribuite alla stampa e ai mezzi d’informazione: si fa poco
per rendere comprensibili al pubblico
le dinamiche, i rapporti di forza e il
ruolo che la religione può giocare; si
presentano i fatti (magari frutto di
terrorismo) e si trae una conclusione.
“Israele invade, le brigate Eezdin alQassam, braccio armato di Hamas, rispondono”, oppure: “pioggia di missili
su Tel Aviv-Jaffa: pronta l’operazione
Secure edge”. Si tratta di una narrativa asfissiante. “Ci vogliono far credere” – ha scritto Amos Lausner – “che
la pace non è possibile”. Se ogni sparatoria o attentato sono catalogati come
ennesimo atto della guerra tra Israele e Palestina, non sembra esserci via
d’uscita. Per l’ex-presidente Shimon
Peres, “chi soffia sul fuoco, non sa che
potrebbe essere
un punto di non
Cresce il pericolo che gli estremisti
ritorno”. Dopo la
notizia dell’omitrasformino una guerra di territori
cidio, a inizio luin una guerra santa
glio, del sedicenne palestinese,
Mohammad Abu Khdeir, Peres chie- re la pace”. Strumento effimero agli
de, insieme al neo presidente Ravlin, occhi delle diplomazie, la preghiera,
di mettere fine allo spargimento di inefficace per generali che devono
sangue e “convincersi che dobbiamo intercettare razzi, è necessaria per
vivere insieme, giudei e arabi”. Sap- guardare in alto, cercare nuove vie.
piamo qual è stato il corso degli even- Peres ammette la difficoltà: servono
dunque tutte le forze per raggiungere
ti…
Cresce, intanto, il pericolo presto la pace. “Anche se ciò richiede
che gli estremisti trasformino una sacrifici o compromessi”. Mahmūd
guerra di territori in una guerra san- Abbās chiede “verità, pace e giustizia”
ta: la prima, scrive Amos Oz, “si può nella sua patria, la Palestina, “nella
risolvere col compromesso, la secon- regione e nel mondo intero”.
Il terzo e più recente scenario,
da diventa potenzialmente motivo
PANORAMA PER I GIOVANI
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2 - 2014
I VOLTI DI DIO
che oscura il precedente, è l’escalation
di attacchi e violenze tra la striscia di
Gaza e il sud d’Israele. Il rapimento
e l’uccisione di tre ragazzi israeliani in Cisgiordania ha scatenato una
“reazione del tutto sproporzionata
alla sua pretesa causa, basata sul
principio barbaro e ripugnante della
responsabilità collettiva”, a detta di
Michelguglielmo Torri, professore di
storia dell’Asia presso l’università di
Torino. I soldati israeliani hanno effettuato blitz in Cisgiordania e bombardamenti di “centrali terroristiche”.
Con queste violenze è incominciato un
lancio di razzi e, oltre ad intercettarli
grazie al sistema Iron dome, l’esercito
israeliano ha intensificato i raid nella striscia. L’operazione Tzuk Eitan,
ovverosia “margine di protezione”,
rischia di congelare o far regredire i
negoziati, allontanando quella ipotesi
dei due stati per due popoli sulla quale, in teoria, i più dichiarano di convergere.
La “linea verde”, tracciata con l’armistizio arabo-israeliano del 1949, è un
ricordo per gli amanti della geografia:
secondo l’associazione Peace now, nei
territori occupati vivono più di seicentomila coloni ebrei. Solo l’attuale governo Netanyahu, al maggio 2014, ha
autorizzato 6139 insediamenti, suddivisi tra Gerusalemme Est e West
Bank.
Uno dei maggiori rischi per
una convivenza pacifica sono i cosiddetti attacchi price tag, per opera di
coloni radicali, a volte “benedetti” da
rabbini sionisti: incendio di auto, negozi, uliveti, scritte razziste su chiese
e moschee, linciaggi contro arabi cristiani e musulmani, e perfino le forze
dell’ordine israeliane (come vendetta
per la rimozione degli insediamenti
illegali). Nel 2013, l’autorità israeliana ha registrato oltre 400 atti violenti, spesso senza un trigger event, o
alcuna causa scatenante.
Se a livello nazionale è arduo
tracciare una linea tra religione e politica, tra le file dei gruppi estremisti è impossibile: a triste esempio si
riporta la chiusura, nell’aprile 2014,
Senza la lotta agli stereotipi e la conoscenza dell’altro la rassegnazione
al conflitto rischia di diventare inevitabile. La storia di padre Bruno
Hussar sprona a cercare il dialogo
non facile, ma possibile. Nato in Egitto da una famiglia ebrea, Hussar si
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PANORAMA PER I GIOVANI
della scuola religiosa Od Yosef Chai,
da parte dell’Idf, dove s’incitava all’odio degli arabi.
Un analogo problema di
estremismo politico e religioso esiste
a Gaza: dal 2007 Hamas è considerata organizzazione terroristica da Usa
e Ue; essa controlla sempre meno la
Striscia, a favore di gruppi più oltranzisti, come la Jihad Islamica. Pure le
Brigate dei Martiri al Aqsa, vicine ad
Al Fatah, hanno stessa nomea.
NON LASCIAMOCI RUBARE
LA SPERANZA
laurea in ingegneria in Francia, prima di convertirsi al cristianesimo e
divenire domenicano. Giunto a Gerusalemme vede molti conflitti: “C’è il
conflitto principale tra ebrei e arabi,
poi innumerevoli conflitti, tra ebrei e
cristiani, musulmani arabi e cristiani arabi, tra cristiani e cristiani, tra
ebrei ed ebrei […]. Non vedono il volto
dell’altro, non sono interessati al volto dell’altro”.
Si focalizza su quello principale, dove due popoli si fronteggiano
come nemici: ebrei e arabi musulmani. Nel 1970 fonda Nevé Shalom
Wahat as-Salam, un villaggio a metà
strada tra Tel Aviv-Jaffa e Gerusalemme, dove ebrei e musulmani
potessero vivere insieme, tenendo a
distanza il fondamentalismo religioso e l’estremismo politico. Al suo interno spicca la School for peace, dove
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QUALI PIETRE D’INCIAMPO VANNO
RIMOSSE, PER GARANTIRE UN FUTURO COMUNE?
si arricchisce l’identità dell’individuo,
si forma la sua coscienza e il ruolo
che può svolgere contro il conflitto. Il
Pluralistic spiritual center cerca di
procedere verso la pace, focalizzandosi sulla riconciliazione attraverso
la spiritualità e il dialogo interreligioso. Zak, abitante del villaggio e
insegnante presso la School for peace, crede che “non si possa parlare di
riconciliazione, prima di terminare
l’occupazione e la discriminazione”.
Karta-Schwartz, del Pluralistic spiritual center, è convinta che la fede e
la religione debbano creare i presupposti di una pace duratura. Uno dei
tanti progetti degni di nota è Dirasat,
in arabo “studi”, che prevede la lettura e appunto lo studio comune di
testi biblici, per “discernere il destino
comune dei figli di Abramo/Ibrahim”,
in collaborazione con l’Interfaith co-
ordinating council of Israel (Iccs).
Non si cerca il sincretismo (“fusioni
fra elementi culturali eterogenei”) nel
villaggio e lo “spazio del silenzio” ne
è la prova: un luogo “in cui tutti possano venire a raccogliersi, dove ogni
culto possa essere reso a Dio, nella
fedeltà alla propria tradizione e nel
rispetto di quelle altrui”. Per ciò è
nata Doumia-Sakinah. Tantomeno si
pretende che tutti agiscano allo stesso modo.
Diverse anime lo popolano,
con altrettante idee e credo; ciò che
stupisce lontani osservatori, come il
sottoscritto, è che tutti gli abitanti di
Nswas non pensano alla pace come
un obiettivo futuro, di lungo termine,
ma vogliono viverla già oggi, dialogando tra identità diverse.
Il popolo israeliano e palestinese è composto da ebrei, harim, con
PANORAMA PER I GIOVANI
Il muro del pianto, Gerusalemme.
famiglie di sei o sette figli, rabbini
fedeli alla tradizione e nuove generazioni “secolarizzate”, soldati di professione, arabi cristiani di ogni confessione, musulmani figli di emigrati,
o orfani di qualche esplosione. Come
disse il Cardinal Martini, che passò
l’ultima fase della sua vita proprio
a Gerusalemme, è sbagliato dividere “credenti e non credenti”. La vera
differenza è tra “pensanti e non pensanti”, tra coloro che cercano verità e
giustizia e coloro che si accontentano
dello status quo, non si aprono all’altro e contribuiscono in questo modo a
generare timore e odio. Fa ben sperare il risultato di un’indagine dell’organizzazione “Pace adesso”, secondo
la quale il 66% degli israeliani vuole
subito la pace.
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I VOLTI DI DIO
DEMOCRAZIA ISLAMICA
Italy, as a purely catholic country, based on the authority of the
Church and politically represented by a party linked to it, belongs to the past. Nowadays, Italy is characterized by the existence of different religious groups, muslims in particular. It is a cultural challenge that Italy must face in order to grow and prosper.
di Francesco Saldi
Quella musulmana è oggi la più grande minoranza religiosa presente in
Italia, un paese che resta ancora caratterizzato dalla presenza assolutamente dominante del cattolicesimo.
Questa considerazione certo non mira
a minimizzare il ruolo di ebrei,
buddhisti, sikh, indù e altri: gli adepti
di tali religioni sono però poco più di
270.000 e costituiscono meno dello 0,5
% dei credenti in Italia, mentre i musulmani sono quasi 1.300.000, più del
2% dei credenti. Questo numero, rispetto a quello dei cristiani, può apparire quasi trascurabile, ma se teniamo
in considerazione il fatto che l’ultimo
dominio arabo stabile in Italia risale
al 1091 d.C., il dato fa riflettere. I musulmani sono infatti aumentati a dismisura negli ultimi 30 anni, a partire
dall’immigrazione di massa dai paesi
a maggioranza islamica verso i paesi
dell’Europa occidentale. Nel caso italiano, quasi 450.000, ovverosia un terzo di tutti i musulmani in Italia, provengono dal Marocco. Al secondo e al
terzo posto ci sono i tunisini (più di
100.000) e gli egiziani (più di 80.000).
Seguono oriundi del Senegal, Bangladesh, Pakistan, Nigeria e Ghana. Infi-
ne, ci sono circa 70.000 credenti di
varia provenienza, in particolare dai
paesi balcanici, quali Albania e Bosnia–Erzegovina, emigrati in Italia
dopo le guerre balcaniche degli anni
‘90.
Invece di ridurre la questione
del rapporto interreligioso in Italia al
semplicistico binomio cristiano-occidentale e musulmano-arabo, che sembra dare credito al concetto di scontro
di civiltà teorizzato da Samuel Huntington, è importante tenere in considerazione il contesto storico post 11
settembre 2001 nel quale viviamo.
L’abbattimento delle torri gemelle, gli
attentati alle stazioni di Londra e di
Madrid, il rifiorire in tutto il mondo
del fondamentalismo islamico, la
guerra al terrorismo, iniziata nel 2001
in Afghanistan con l’operazione militare Enduring Freedom, l’infiltrazione di musulmani integralisti nei movimenti democratici della primavera
araba: tutti questi eventi hanno inciso
sulla coscienza degli occidentali. Se
poi si aggiungono i numerosi episodi
di cronaca in cui si parla della fermezza con cui talvolta i musulmani difendono i propri costumi strettamente
18
PANORAMA PER I GIOVANI
legati alla religione, quali, ad esempio, l’utilizzo del burqua da parte delle
donne in pubblico, diventa ancora più
facile comprendere quali siano i canali che alimentano fenomeni di intolleranza nei confronti della religione
islamica e dei suoi adepti, in un circolo
vizioso dal quale può poi diventare
difficile uscire. Per non parlare dell’effetto di tragedie come l’omicidio di figlie considerate “troppo occidentali”
dalle proprie famiglie (la bresciana
Hina docet), che hanno scosso profondamente, come era inevitabile, l’opinione pubblica.
Lo stato italiano non è ancora
riuscito a garantire le condizioni di
una compiuta integrazione. Giudizi
estremamente affrettati e stereotipati
vengono formulati su immigrati, clandestini e non, che, giunti nel nostro
paese, non trovano condizioni ospitali,
sono costretti a popolare le periferie
urbane e, talvolta, entrano nei giri
della malavita. La stessa politica, anche ai livelli più alti, non sempre aiuta: abbiamo visto parlamentari passare con un maiale sul terreno adibito
alla costruzione di una moschea per
renderlo “impuro” o invocare la battaglia di Lepanto del 1571 in nome di
una Europa “bianca e cristiana”. All’Italia servirebbe dunque una bella “ondata di integrazione”, come avrebbe
detto il succitato Samuel Huntington,
ove l’integrazione è una questione politica, sociale, religiosa e di civiltà nello stesso tempo. È tuttavia necessaria
una preliminare chiarificazione concettuale, distinguendo tra assimilazione e integrazione. Per assimilazione si intende “l’assunzione da parte
del gruppo minoritario delle caratteristiche di quello maggioritario, con evidente scomparsa della minoranza
stessa” (G. Lizza, Geopolitica delle
prossime sfide). L’integrazione, invece, si basa sul “rispetto del patto associativo dello stato–nazione da parte
della minoranza, che potrà rivendicare all’interno delle strutture statali la
propria specificità” (op. cit.). È anche
importante ricordare che ai musulmani in Italia manca la comunanza insita nel concetto di etnia, giacché essi
provengono da luoghi anche molto
lontani tra loro. La minoranza religiosa islamica si configura tuttavia come
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minoranza etnica dal punto di vista
culturale: stessa religione e, conseguentemente, analogie culturali, di
tradizioni, di costumi.
La pretesa dell’assimilazione
sarebbe un errore terribile e andrebbe
in fondo contro la stessa storia e cultura dell’Europa, che è stata nei secoli
passati non solo cristiana, ma anche,
benché questo possa dispiacere a taluni, musulmana. Rispondendo a papa
Benedetto XVI, che nella conferenza
di Ratisbona del settembre 2006 aveva
insistito sulle radici cristiane e, nel
contempo, greco–romane dell’Europa,
Tariq Ramadan, docente di studi islamici contemporanei a Oxford, osserva:
“Abbiamo bisogno di una storia nazionale ed europea che integri ufficialmente le diverse memorie dei cittadini
che la compongono, bisogna parlarne,
metterne in evidenza le ricchezze culturali ed intellettuali, e valorizzare il
contributo e la presenza di ciascuno”.
Ricordiamo che gli islamici arrivarono
fino a Budapest, sul Danubio, colonizzarono la Spagna, e dominarono anche
la nostra Sicilia, dove ancora oggi molti monumenti ne manifestano la passata presenza. Bisogna quindi avere il
coraggio di dire che la nostra Europa,
o meglio, la nostra Italia, è anche musulmana.
È dunque necessaria l’integrazione, che apre la strada al rispetto
reciproco, a scambi culturali, al conseguimento dell’unità nelle differenze.
Alcuni passi in tal senso si stanno già
compiendo: un primo provvedimento è
la riforma del Concordato voluta nel
1984 da Bettino Craxi, in virtù della
quale il cristianesimo non viene più
considerato religione di stato. È un se- il pessimo risultato alle europee del
gnale per lo più simbolico, ma di gran- maggio 2014), in Germania dal 2005 il
de rilevanza. Su un piano più concreto, governo è espresso dall’alleanza CDUva tenuto in considerazione il fatto che CSU, l’unione cristiano democratica
i luoghi di culto islamico in Italia sono (si sottolinea appunto la parola cristiaormai più di 1000. Ufficialmente le na). La componente religiosa è ben
moschee sono 9, edificate a Catania rappresentata in politica, insomma, e
(1980), Segrate (1988), Palermo ha espresso nel corso della storia del
(1990), Roma (1995, la più grande XX secolo figure fondamentali per la
d’Europa), ancora a Catania (2012), ad storia del mondo occidentale: Konrad
Albenga (2013), a Torino (2013), a Ra- Adenauer, Alcide De Gasperi, Aldo
venna (2013), a Colle Val d’Elsa (2013). Moro, Adolfo Suarez, Helmut Kohl, la
Più del 50% delle moschee ufficiali, stessa Angela Merkel. È facile immadunque, sono state inaugurate negli ginare che un domani anche i musulultimi 2 anni. Un altro provvedimento mani possano trovare rappresentanza
fondamentale è la creazione di classi in partiti, auspicabilmente laici, di
separate
a
scuola per l’alQuella musulmana è oggi
fabetizzazione
dei figli di imla minoranza religiosa più numerosa
migrati, che va
nel nostro paese
a toccare sia
musulmani che
indiani che cinesi. Più che una que- ispirazione islamica. Prima o poi postione di integrazione religiosa, questo tremmo leggere sulla scheda elettoraè un fatto di integrazione sociale, ma le: Democrazia Islamica, Sinistra Islase non c’è comunità di lingua non c’è mica o Islam liberale, solo per fare aldialogo e senza dialogo non c’è comu- cune ipotesi, sia pure fantasiose, ma
pur sempre plausibili. La cosa più imnanza di valori e di cittadinanza. La strada è ancora lunga e portante, tuttavia, resta l’impegno a
una tappa fondamentale da raggiun- realizzare l’integrazione sulla base di
gere è l’integrazione politica dei mu- alcuni fondamentali principi condivisi:
sulmani non solo attraverso il pieno non si possono violare nel nome di Dio
diritto di voto, ma anche tramite i cir- i diritti fondamentali del singolo, quali
cuiti della rappresentanza politica di- la libertà, l’uguaglianza fra donna e
retta. Ciò sancirebbe il passaggio uomo, il rispetto di chi professa altre
dall’elettorato attivo all’elettorato pas- religioni, così come di agnostici e atei.
sivo. L’Italia dal 1948 al 1994 ha avuto Concludiamo con un appello
un sistema politico imperniato su un all’integrazione del già citato Tariq
grande partito di centro, la Democra- Ramadan: “Non ci può essere senso di
zia Cristiana, partito laico di ispirazio- appartenenza a un corpo sociale se
ne cristiana. La cultura italiana cri- quest’ultimo non riconosce ufficialstiana trovava esplicita collocazione mente il valore e il contributo passato
nel governo. In Spagna ancora oggi ci e presente dei suoi membri, di tutti i
sono i popolari al governo (nonostante suoi membri”.
Foto: C. J. von Dühren
Interno della Moschea di Roma, tra le più
grandi d’Europa.
I VOLTI DI DIO
PANORAMA PER I GIOVANI
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I VOLTI DI DIO
QUANDO LA FEDE DIVENTA CONFLITTO
L’INDIA DELLA PARTIZIONE
India, where different religions have coexisted for centuries,
has witnessed several conflicts throughout history, especially
after the partition, which was followed by a massive bloodshed.
Nowadays, the harmony between religious communities is still
compromised by outbursts of intolerance, even though the number of
interfaith dialogue initiatives is gradually increasing.
di Noemi Sabatelli
“L’estate del 1947 non fu come le altre estati indiane. Quell’anno persino
il tempo, in India, sembrava diverso.
Faceva più caldo del solito e tutto era
più secco e polveroso. E l’estate durò
più a lungo. Nessuno ricordava un’epoca in cui i monsoni erano giunti con
tanto ritardo. Per settimane, le rare
nubi produssero solo ombre. Niente
pioggia. La gente continuò a dire che
Dio li stava punendo per i loro peccati”. Con queste parole, lo scrittore
indiano Kushwant Singh racconta un
anno che è ricordato, al di là del meteo
inconsueto, per aver cambiato il volto dell’India: l’anno della partizione.
Tale divisione, che diede vita a India e
Pakistan, è stata la risposta, promossa dal Viceré d’India Mountbatten, al
conflitto religioso e ai contrasti etnici
e comunitari, alimentati dal dominio
inglese, che stavano consumando la
regione asiatica.
Infatti, già in seguito alla
rivolta del 1871, gli inglesi avevano
classificato gli abitanti della colonia
asiatica in base all’appartenenza re-
zionale indiano (1885), al quale si unì,
nel 1916, la Lega musulmana. La prima conquista, frutto della loro collaborazione, fu la promulgazione della dichiarazione d’indipendenza dell’India
del 1929, ottenuta non senza conflitti
tra politici musulmani e indù. La reale frattura fra i due gruppi si creò, tuttavia, con le trattative per le elezioni
provinciali del 1937, durante le quali
i leader musulmani manifestarono
apertamente la loro preoccupazione
verso uno stato indiano unitario, nel
quale il loro gruppo religioso sarebbe
stato relegato a un ruolo di minoranza
culturale, religiosa e sociale.
Tre anni dopo, nel 1940, con
la risoluzione di Lahore, la Lega musulmana di Jinnah dichiarò la volontà di formare uno stato musulmano
indipendente, il Pakistan (“Terra dei
puri”): quest’idea non era solo il prodotto del comunitarismo musulmano,
ma anche del nazionalismo hindu e
delle politiche del governo coloniale.
In seguito alla schiacciante vittoria
del Partito del congresso di Gandhi,
nel 1946, esplosero le violenze,
Negli anni della lotta per l’indipen- tra cui il grande
denza, nasce l’idea di formare lo massacro di Calcutta, e il risulstato musulmano del Pakistan
tato fu la partizione tra India
ligiosa e castale, nonché linguistica, e Pakistan nel 1947, lo stesso anno
rendendo più marcata la dicotomia della proclamazione dell’indipendentra la lingua hindi (propria degli indù, za dall’Impero britannico.
scritta in alfabeto devanagari) e urdu Nell’ambito della partizione,
(dei musulmani, scritta in alfabeto il Pakistan risultava costituito da
persiano), distinzione che rivelava una parte occidentale, il Punjab, ed
un’evidente contrapposizione tra fedi una orientale, il Bengala, geograficareligiose. In quegli anni, al fine di ot- mente distinte. Conseguenza di quetenere una maggiore partecipazione sto evento fu l’esodo di circa quindici
degli indiani al governo, si assisté alla milioni di musulmani e indù, verso
nascita del partito del Congresso na- il Pakistan e l’India rispettivamente,
20
PANORAMA PER I GIOVANI
con violenze e massacri su entrambi
i lati dei nuovi confini. Circa 500mila
persone – secondo alcune fonti sfiorano i due milioni – persero la vita in
questi scontri, ai quali partecipano
gruppi come lo Rss, le jatha sikh e i
lashkar musulmani. Particolarmente
problematica appariva, inoltre, la divisione di regioni come il Punjab, nel
quale era presente anche una consistente minoranza sikh e nel quale risultava impossibile ripartire razionalmente le linee di comunicazione e le
infrastrutture: le violenze, in questo
caso, furono fomentate dai sikh contro
la popolazione musulmana, al fine di
impadronirsi di beni e terreni. Ancora
oggi, la “terra dei cinque fiumi” continua a essere infiammata da scontri
tra indù, sikh e musulmani.
Il gruppo dei musulmani indiani si ritrovò, così, in minoranza
numerica e sociale, priva dell’élite
intellettuale ed economica, emigrata
in Pakistan, e dell’appoggio garantito
dal regime coloniale.
Nonostante ciò, durante il
governo di Nehru (‘47-64), che cercò
di preservare la laicità e le diversità dello stato indiano, i rapporti tra
i due gruppi rimasero pacifici, salvo
poi incrinarsi nuovamente in seguito
a episodi quali il furto di una reliquia
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Statua di Shiva a Murudeshwar, India.
del Profeta dalla moschea di Srinagar
o il caso Shah Bano. L’onda d’urto di
questi scontri si è protratta fino al
ventunesimo secolo, con la contesa
territoriale del Kashmir, inasprita
dall’aumento demografico e dal crescente fabbisogno energetico dei contendenti.
La questione del Kashmir
nacque all’indomani della partizione,
quando il sovrano Hari Singh, di religione indù, manifestò la volontà di annettere la regione all’unione indiana,
anziché al Pakistan, vista la maggioranza musulmana della popolazione,
scatenando conflitti risolti grazie alla
mediazione dell’Onu, con la decisione
di dividere il Kashmir in territori amministrati dal Pakistan e dall’India.
Nei decenni successivi, si combatterono altre guerre tra India e Pakistan e,
dal 1971 a oggi, nonostante le violenze
e le tensioni che si sono succedute lungo la line of control, la disputa rimane
ancora aperta. Oltre al problema del
Kashmir, negli ultimi anni, ulteriori
scontri hanno avuto luogo nel maggiore stato del subcontinente, ad esempio
quelli avvenuti nel Gujarat (2002) tra
indù e musulmani, che hanno portato
alla scomparsa e morte di oltre 1500
I VOLTI DI DIO
persone.
terio di tolleranza religiosa, oltre ad
In questi conflitti, religio- aver invitato al dibattito libero e pubne, società ed economia s’intrecciano blico musulmani, zoroastriani, hindu,
strettamente, come dimostra fra l’al- giainisti e cristiani.
tro la correlazione fra sistema delle Secoli dopo, Mahatma Gandhi, all’incaste e reincarnazione, elemento im- domani della partizione, richiese con
portante per comprendere la stessa forza la fine delle violenze tra le comustabilità della società indiana. Secon- nità e che India e Pakistan garantisdo l’induismo, le differenze sociali del- sero l’uguaglianza per i praticanti di
le caste e delle sottocaste sono dovute tutte le religioni. Allo stesso modo, nea meriti e demeriti accumulati nelle gli ultimi anni si sono svolte iniziative
vite precedenti: gli oppressi non si internazionali con lo scopo di favorire
sentono vittime d’ingiustizie da parte il dialogo interreligioso, come quella
della società e di chi è al governo, ma che ha avuto luogo a Madrid nel 2008,
vedono la loro situazione come un’op- organizzata da Mohammed al-Turki
portunità per l’espiazione. Al contra- e la Muslim world league, che ha afrio, l’egualitarismo islamico ha una fermato l’importanza del dialogo e
forte presa sulle caste più basse e il della cooperazione tra le religioni, con
concetto di proselitismo religioso, as- l’obiettivo, assunto dai leader politici
sente nell’induismo, è stato un fattore presenti assieme alle autorità relidecisivo nella diffusione dell’islam. In giose, di creare in futuro un consiglio
aggiunta a quanto detto, movimenti delle Nazioni unite per il dialogo inidentitari come hindutva, sfruttano terreligioso. Una successiva conferenil sentimento religioso per scopi poli- za, dal nome World religions-dialogue
tici e il risultato della loro azione sono and symphony, si è svolta in una regruppi come Rashtriya swayamsevak gione chiave, quella del Gujarat, e ha
sangh (“organizzazione nazionale di posto l’accento sull’importanza della
volontari”). Il Bjp, partito popolare coesistenza tra religioni e culture diindiano, vincitore delle elezioni 2014, verse per far cessare i conflitti ed otterappresenta l’ala politica del movi- nere la pace.
mento. L’ideologia dell’hindutva è un Esistono poi luoghi, come lo
nazionalismo culturale e ha alla base stato del Kerala, in cui è riuscito il
l’idea che l’induismo, più che una re- tentativo di convivenza pacifica tra la
ligione, sia la cultura che determina maggioranza induista e le minoranze
musulmane e cristiane, senza dimenl’identità nazionale indiana.
È necessario ricordare anche ticare la comunità ebraica lì presenche un numero crescente di scontri te. Non è un caso che a Kochi, città di
religiosi coinvolge da qualche anno tale stato, abbia sede l’International
anche altre comunità religiose, come interfaith dialogue India (Iidi), che,
quella cristiana: a partire dall’assas- periodicamente, organizza incontri
sinio del monaco indù Swami
Il dialogo interreligioso è promosso
Lakshmanananda, un’onper raggiungere la pacifica
data di violenza
convivenza dei gruppi
anti-cristiana,
fatta di chiese
bruciate, conversioni forzate e mol- tra i rappresentanti dei vari gruppi
teplici violenze, ha investito territo- religiosi, con lo scopo di promuovere
ri come lo stato di Odisha. In questo un’ideale di tolleranza ed armonia.
contesto, non potrebbero apparire più La spiritualità appare, dunque, come
moderne le idee di Akbar il Grande, una componente intrinseca del multiche già nel XVI secolo sostenne la ne- forme ed eterogeneo universo indiano,
cessità di trovare punti di contatto tra che spesso si lega indissolubilmente
le religioni, per far sì che esse convi- alla politica: solo favorendo la libertà
vessero in armonia nell’impero Mo- religiosa è possibile dare vita ad uno
ghul. Per raggiungere tale fine, aveva sviluppo reale, anche economico, del
applicato nelle sue politiche un cri- paese.
PANORAMA PER I GIOVANI
21
PREMIO MONTE SION
La Basilica della Dormizione di Maria,
Monte Sion, Gerusalemme.
Women’s role in interfaith dialogue is getting more and more
prominent. The Mount Zion Award 2013 for Reconciliation was given
to two women: Yisca Harani and Margaret Karram. The award is
conferred to men and women as a tribute to their work in promoting
interreligious dialogue especially among Jews, Christians and Muslims.
di Sara Gabrielli
La voce delle donne nel panorama
mondiale del dialogo interreligioso si
fa sentire sempre di più: lo scorso 27
ottobre sono state proprio due donne,
l’israeliana Yisca Harani e la palestinese Margaret Karam, a essere
insignite del prestigioso premio monte Sion presso l’abbazia benedettina
della Dormizione di Gerusalemme.
Istituito nel 1986 da Wilhelm Salberg (1925–1996), sacerdote cattolico
di Essen, di padre ebreo e di madre
cristiana, il premio Monte Sion per
la riconciliazione si rifà a quanto affermato nella dichiarazione Nostra
aetate (pubblicata il 28 ottobre 1965:
proprio in ricordo di questa data la
premiazione avviene a fine ottobre).
È simbolica anche la scelta del luogo
in cui avviene la cerimonia di premiazione: nella Bibbia, infatti, il monte
Sion è il luogo dell’incontro tra l’uomo e Dio, ma anche dell’incontro tra
popoli. Nel libro di Isaia (2, 1-5) viene
descritto il monte Sion avvolto da un
fascio di luce, mentre dall’oscurità che
lo circonda convergono processioni di
popoli provenienti da regioni diverse.
Salito il monte, ogni popolazione lascia cadere le proprie armi, rinunciando alla guerra. D’altra parte l’abbazia
benedettina della Dormizione assume
rilevanza anche per l’impegno che da
sempre i monaci hanno dedicato alla
22
PANORAMA PER I GIOVANI
riconciliazione tra le confessioni cristiane e al dialogo fra le tre principali
religioni monoteiste.
Su queste basi la fondazione
monte Sion, che ha sede presso l’istituto per la ricerca giudaico-cristiana
dell’università di Lucerna, attribuisce
ogni due anni un riconoscimento agli
individui e alle istituzioni che hanno
contribuito al dialogo tra religioni e culture in Terra Santa, con particolare attenzione al confronto tra i monoteismi.
L’azione delle due donne premiate nel
2013 è stata in particolare incentrata
sulla ricerca di un confronto tra ebrei
e cristiani, con specifica attenzione
al coinvolgimento dei più giovani.
Yisca Harami è nata a Gerusalemme
in una famiglia ebraica osservante.
Dopo studi specialistici in materia di
cristianesimo in Terra Santa, è diventata consulente in ambito sia pubblico
che privato, lavorando per i ministeri
israeliani di pubblica sicurezza, religioni e turismo. A partire dal 1989 si
Emi Cristea / shutterstock.com
IL DIALOGO INTERRELIGIOSO E LE DONNE
2 - 2014
è impegnata per permettere a molti
ragazzi ebrei di studiare il cristianesimo e nel 1999 ha dato vita ad un’iniziativa finalizzata a promuovere
scambi culturali tra i bambini arabi
della Città Vecchia e i bambini ebrei
di Tel Aviv. Da allora ha sempre colto
ogni opportunità per ulteriori contatti basati sulla reciproca conoscenza e
intesa tra culture e religioni, in una
prospettiva di condivisione sia degli
aspetti comuni che delle differenze.
Con altrettanta passione e
dedizione si è adoperata Margaret Karam, di origini palestinesi, laureata
in studi ebraici presso la University
of Judaism, Lee College, a Los Angeles. Nata in una famiglia cattolica, è
entrata in contatto con la comunità
ebraica già in giovane età, grazie a numerosi amici provenienti da famiglie
ebree. Oggi Margaret Karam fa parte
della commissione episcopale per il
dialogo interreligioso presso l’assemblea degli ordinari cattolici di Terra
Santa e collabora al movimento dei
focolari da più di trent’anni. Nel 2009
è stata coinvolta nell’organizzazione
di un simposio internazionale giudaico-cristiano. Nel corso del tempo, ha
partecipato a diverse altre occasioni
di incontro tra ebrei, arabi cristiani e
musulmani.
Yisca Harami e Margaret Karam non sono le uniche donne ad aver
ricevuto il Premio Monte Sion. La prima ad ottenere questo riconoscimento
è stata Elisheva Hemker (1991), per
aver edificato una comunità di cristiani ebreofoni ed aver collaborato con
padre Daniel Rufeiesen, fondatore della comunità di Haifa. In seguito, sono
state premiate Kirsten Stoffregen Pedersen (1993), presidente dell’Ecumenical theological research fraternity
di Israele e Dalia Eshkenazi (1995),
fondatrice nel 1991 insieme al marito
Yeheskel Landau dell’Open House di
Ramla, capoluogo del Distretto Centrale dello Stato d’Israele. L’Open House Centre si fonda sulla convivenza e
sull’integrazione di arabi israeliani ed
ebrei, all’interno di una città di 75.000
abitanti, di cui il 22% è di origini arabe. La fondazione si pone due obiettivi: rendersi un punto di riferimento
per la cooperazione tra ebrei e arabi e
offrire opportunità sociali ed educative
I VOLTI DI DIO
per i bambini. I programmi del centro appartenenti a culture diverse. La
comprendono campi estivi annuali, un rete è stata organizzata con l’obiettinetwork per genitori arabi ed ebrei, vo di promuovere tramite una collacorsi di approfondimento per inse- borazione multi-religiosa sia i diritti
gnanti e altre categorie professionali, delle donne, sia la mobilitazione delle
incontri studenteschi e tornei sportivi. singole comunità per raggiungere la
Un’altra figura di particolare rilie- convivenza pacifica e il rispetto dei
vo tra le donne premiate è quella di diritti inviolabili dell’uomo. La sua
Sumaya Farhat Nase (1997), attivi- prima conferenza mondiale si è tenuta
sta per la pace in Cisgiordania che, a Kyoto nel 1970, con la formazione e
dopo un dottorato in botanica, ha or- il riconoscimento di un’assemblea di
ganizzato numerosi progetti mirati donne che oggi si riuniscono prima di
a incoraggiare le donne palestinesi a ogni conferenza per discutere di temi
lavorare per una risoluzione pacifi- quali diritti umani, sviluppo ed educa al conflitto israeliano-palestinese. cazione alla pace. Nel 2001, Religions
Altrettanto impegno a tale for peace ha avviato il primo Global
fine è stato profuso dall’israeliana Women of Faith Network, che è tuttoKeren Assaf, organizzatrice insieme ra in continuo sviluppo ed espansione.
al palestinese Rami Nasser ed-Din Anche la fondazione Fontana Onlus
del progetto Breaking Barriers. Tale e Aurora Network si sono attivate di
progetto, che ha avuto inizio con due recente ai fini del dialogo interreligioseminari tenuti in Germania seguiti so. Il 30 marzo 2014 si è tenuto nella
da alcuni incontri a Gerusalemme, si Jerusalem Cinemateque, ai piedi del
articola in diverse attività: l’organiz- monte Sion, l’incontro “Donne di fede
zazione di seminari all’estero, l’istitu- per la pace sogno e realtà” con la proiezione di gruppi
di incontro e di
Il premio Monte Sion viene conferilavoro composti da israeliani
to a personalità che contribuiscono
e palestinesi e
al dialogo interreligioso
la creazione di
squadre d’azione con il compito di diffondere all’in- zione del documentario Il dialogo posterno dei villaggi messaggi di solida- sibile del regista Gilad Goldschmid.
rietà, spronando le popolazioni locali In tale occasione, le protagoniste del
a superare la propria condizione di documentario, otto donne leader nelle
sofferenza tramite la collaborazione. cinque principali comunità religiose
Rami Nasser ed-Din e Keren Assaf della Terra Santa (ebraica, cristiana,
hanno ricevuto il premio Monte Sion musulmana, drusa e beduina), hanno
nel 2003. L’ultima donna vincitrice del presentato la loro esperienza, racconpremio prima del 2013 è stata Moni- tando di una forte amicizia nata da un
ka Düllmann (2007), direttrice del St. comune desiderio di riconciliazione e
Louis Hospital di Gerusalemme, luogo confronto. Il progetto è stato realizzache ha da sempre costituito un punto to in quattro anni, dopo numerosi indi incontro per pazienti di ogni etnia e contri prima in Italia e poi in Israele.
religione.
L’impegno manifestato da
Le attività di cui si è discus- parte delle donne in queste e in molte
so costituiscono solo alcuni esempi altre iniziative mostra che una realtà
dell’importante ruolo ricoperto dalle concreta fatta di amicizie e condivisiodonne nella costruzione di una società ni personali è possibile e che il dialogo
basata sulla cooperazione tra religioni interreligioso non è un’utopia. Inoltre,
e sul reciproco rispetto. Uno dei mas- in un contesto dove l’intolleranza è
simi casi dell’impegno femminile in trasmessa soprattutto a livello genetal senso è il Religions for peace glo- razionale tramite stereotipi e pregiubal women of faith network, formato dizi, il contributo femminile diventa
da trenta network nazionali e cinque essenziale per incentivare una magregionali cui partecipano più di mil- giore conoscenza e una maggiore tolle organizzazioni religiose di donne leranza tra comunità religiose.
PANORAMA PER I GIOVANI
23
CREDENTI E NON CREDENTI
UN NUOVO FRONTE PER IL DIALOGO
The choice between religious faith and atheism has always played
a central role for human life. After centuries of contrast and lack of
dialogue, believers and non-believers have taken a route aimed at
promoting discussion and exchange of ideas. The goal is no longer
the conversion of the opponent, but the desire to discover common
aspects of different attitudes to life.
di Giulio Tanzarella
Su svariati temi l’umanità ha mostrato nel corso della storia la tendenza
a polarizzarsi in due schieramenti
opposti e un esempio che affonda le
sue radici lontano nel tempo è rappresentato dalla dicotomia tra credenti e
non credenti. Per secoli le due “fazioni” si sono reciprocamente osteggiate,
attuando meccanismi di persuasione
con l’obiettivo di demolire le convinzioni dell’avversario, inducendolo
all’abbandono della propria fede (religiosa o atea che fosse) e al passaggio
nel “giusto” schieramento.
A ben vedere, però, ciò che un
uomo di fede rimproverava a un ateo
Insomma, una stessa critica può essere ambivalente. Questo accade perché
credenti e non credenti concordano su
una cosa: l’uomo è un essere finito che
ha in sé l’idea dell’infinito. Se così non
fosse, concetti come onnipotenza, creazione e resurrezione non potrebbero
trovare spazio nella mente umana. A
questo punto si apre un bivio: posto
che l’esistenza dell’uomo sia un cammino dall’imperfezione verso la perfezione, quest’ultima potrà mai essere
raggiunta? Secondo i credenti, ciò avverrà nella vita eterna; secondo i non
credenti, non c’è un termine ultimo
della perfezione (Aristotele direbbe
un “atto puro”,
Numerosi filosofi e teologi hanno motore immobile verso cui tutdimostrato, scommesso o postulato te le cose tendol’esistenza di Dio, senza riuscire a no) e il significato dell’esistenza
produrre argomentazioni che non risiede nel camsiano state efficacemente confutate mino in sé, ovvero nell’incesda pensatori successivi
sante sforzo di
miglioramento
poteva ritorcersi contro di lui e vice- e nel progresso della conoscenza.
Torniamo ai due schieramenversa. Ad esempio, i cristiani hanno spesso accusato i non credenti di aver ti già discussi: i credenti vantano tra
fatto la scelta più comoda: hanno ri- le loro fila la presenza di pensatori del
nunciato alla ricerca di Dio a causa calibro di Agostino, Anselmo, Tomdella “pigrizia” di una visione mate- maso, Cartesio, i quali hanno fornito
rialistica del mondo che incatena gli una serie di dimostrazioni dell’esiuomini alla realtà effimera e li disto- stenza di Dio (un esempio su tutti è la
glie dalla ricerca della vera vita. Allo prova ex causa di Tommaso: ogni cosa
stesso modo, gli atei ritengono che i finita ha una causa, ma non potendo
cristiani abbiano fatto una scelta di risalire infinite volte alla causa precomodo: abbracciando un dogma come cedente, deve esserci una causa prila fede non conducono alcuna ricerca ma incausata). Pensatori altrettanto
verso il Vero ma si rifugiano in ciò che illustri hanno smontato una per una
per Nietzsche è una “menzogna mille- tutte le prove dell’esistenza di Dio e
naria” e per Marx è un’illusione conso- sono passati al contrattacco: Feuerlatrice, che distoglie gli oppressi dalla bach, addirittura, sosteneva che non è
stato Dio ad aver creato l’uomo, bensì
lotta per l’emancipazione.
24
PANORAMA PER I GIOVANI
l’uomo stesso ad aver dato vita a Dio
a sua immagine e somiglianza: le qualità umane sono state assolutizzate e
trasferite in un ente immaginario che
è la proiezione dell’uomo stesso o, più
esattamente, di ciò che l’uomo vorrebbe essere. In posizione di equilibrio
tra i due poli si colloca Kant, che non
dimostra ma postula l’esistenza di
Dio.
Un’altra prospettiva è quella
di Pascal (appartenente alla schiera
dei credenti) e della sua celebre “scommessa”, che parte dal riconoscimento
di quattro possibilità: 1) Dio esiste e io
ci ho creduto: in questo caso si vince;
2) Dio non esiste e io ci ho creduto: non
si vince né si perde nulla; 3) Dio esiste
e io non ci ho creduto: in questo caso si
perde; 4) Dio non esiste e io non ci ho
creduto: non si vince né si perde nulla. Con uno schema logico che anticipa
la teoria dei giochi, Pascal giunge alla
conclusione che conviene scommettere sull’esistenza di Dio, perché, se
Dio esiste, si ottiene un inestimabile
vantaggio, mentre, se Dio non esiste,
né si guadagna né si perde alcunché.
È stato obiettato che, se si scommette
sull’esistenza di Dio e Lui non esiste,
il bilancio non dovrebbe essere in pareggio ma in perdita, perché, per far
fronte alla scommessa, si è sprecato
del tempo, rinunciando anche ad alcuni piaceri della vita. Si è detto in
Foto di Mario Zanini Astaldi
I VOLTI DI DIO
Statua di Pascal scolpita da Augustin
Pajou, museo del Louvre.
Jastrow (2006)
2 - 2014
replica che una condotta di vita ispirata ai principi cristiani è comunque il
modo migliore di vivere. È stata posta
un’altra critica ben più ardua da superare, ovverosia che una scommessa
è un atto bilaterale, la quale necessita
del consenso della controparte. Come
si fa a sapere se Dio abbia accordato o
meno la scommessa? Chi assicura che
Lui non si adiri sapendo che la fede
discende da un cinico calcolo probabilistico?
Dopo secoli di schermaglie
teologico-filosofiche, nessuno dei due
schieramenti ha prevalso sull’altro e,
venendo ai nostri giorni, non possiamo che compiacerci di un mutato assetto programmatico del rapporto tra
credenti e non credenti: abbandonata
ogni velleità di prevaricazione delle
ragioni degli uni su quelle degli altri,
sta prendendo forma la consapevolezza della necessità di un dialogo. Alla
volontà di autoaffermazione si sta sostituendo la volontà di capire l’altro
mediante il confronto.
Emblematica a tal proposito
la dichiarazione di papa Francesco: “Il
nostro obiettivo non è il proselitismo,
ma l’ascolto dei bisogni, dei desideri,
delle delusioni, della disperazione,
della speranza. […] Il Vaticano II
decise di guardare al futuro con spi-
rito moderno e di aprire alla cultura
moderna. I padri conciliari sapevano
che aprire alla cultura moderna significava ecumenismo religioso e dialogo
con i non credenti”. Non è un caso che
lo stralcio sopra riportato sia tratto
dall’intervista di Eugenio Scalfari al
pontefice, intervista contenuta in un
libro del fondatore di Repubblica intitolato appunto Dialogo tra credenti
e non credenti. Da mesi Scalfari, dichiaratamente ateo, e papa Bergoglio
hanno avviato un intenso dialogo che
ha luogo sulla stampa oltre che in incontri e telefonate private, e ciò testimonia la condivisa volontà da parte
di due autorevolissimi personaggi di
rifuggire l’arroccamento presso le proprie convinzioni.
Da questa recente testimonianza dialettica si evince la sterilità
della contrapposizione ideologica che
si traduce in un “muro-contro-muro”.
Da più parti si ammette che, insieme, atei e uomini di fede percorrono
un cammino la cui meta non consiste
nella scoperta del vero, ma nel riconoscimento di esigenze comuni che scaturiscono da un complesso approccio alla
vita, laddove per complessità non si intende qualificare le elucubrazioni mentali degli artefici del confronto, bensì il
condiviso rifiuto della superficialità.
Scrive Enzo Bianchi commentando lo scambio di vedute tra Scalfari e Bergoglio: “il dialogo va praticato
come via di costruzione di un mondo
che crede alla forza della parola e rifiuta di affidarsi alla parola della forza”. Tramite il dialogo, secondo l’analisi di Bianchi, i credenti possono verificare se le loro certezze, assunte come
“rivelate” e “trascendenti”, possono
avere una “base umana”, ovvero se ciò
che viene presentato come “istanza
etica superiore” può avere una “valenza antropologica anche per chi non ne
condivide l’origine”. Similmente i non
credenti possono constatare che il loro
umanesimo incentrato sulla lucida
razionalità dell’intelletto umano non
sempre va a cozzare con la fede religiosa, sia essa mistero impenetrabile
o incrollabile appiglio.
I non credenti rifiutano il
concetto stesso di fede, che è per definizione qualcosa di intangibile, indimostrabile mediante gli strumenti
logici o empirici di cui l’uomo dispone.
Dunque, non stupisce che il mondo
occidentale, giustamente concentrato
sull’avanzamento scientifico e tecnologico e sulle tangibili implicazioni
PANORAMA PER I GIOVANI
25
Pagine della Summa Theologiae,
magnum opus di San Tommaso d’Aquino.
I VOLTI DI DIO
Papa Franscesco, Vaticano.
del progresso nella società, stia diventando sempre più insensibile alla dimensione spirituale: se la fede non dà
risposte concrete, non è possibile verificarne la fondatezza, stabilire se essa
contenga una verità. Eppure, secondo
l’enciclica Lumen fidei, elaborata da
papa Francesco sulla precedente impostazione di Benedetto XVI: “la fede,
senza verità, non rende sicuri i nostri
passi. Resta una bella fiaba, la proiezione dei nostri desideri di felicità,
qualcosa che ci accontenta solo nella
misura in cui vogliamo illuderci”. Fede
e verità, dunque, sono inscindibili.
Questo, tuttavia, non pone il fedele su
un piano di superiorità, né fa di lui un
prescelto: “Il credente non è arrogante; al contrario, la verità lo fa umile,
sapendo che, più che possederla noi, è
essa che ci abbraccia e ci possiede”. Un
ateo obietterebbe che resta irrisolto il
nodo della effettiva connessione tra
fede e verità, ed è difficile dargli torto:
si tratta di una connessione che, per
quanto proclamata in modo accorato
e disinteressato, resta ancorata alle
sacre scritture, cioè alla rivelazione
che discende da un essere trascendente. Tuttavia non si deve pensare che
la fede costituisca per il cristiano un
26
punto d’arrivo, una conquista stabilizzante. Lumen fidei prosegue infatti
affermando: “lungi dall’irrigidirci, la
sicurezza della fede ci mette in cammino, e rende possibile la testimonianza
e il dialogo con tutti”.
L’esempio più calzante sul
tema è rappresentato dal Cortile dei
gentili, un’associazione di religiosi
e laici, credenti e non credenti, nata
nel 2009 su esortazione di Benedetto
XVI. Negli anni antecedenti la nascita
di Cristo, il cortile dei gentili era una
particolare zona del tempio di Gerusalemme dove i non ebrei, detti appunto
“gentili”, potevano incontrare i sacerdoti e i maestri della Legge per porre
loro domande inerenti la religione.
Attualmente, il Cortile dei gentili è un
luogo di incontro tra credenti e non credenti, in cui il dialogo si svolge in una
serie di convegni e manifestazioni oltre
che su internet. I temi trattati spaziano dall’etica all’arte, dalla scienza alla
legalità, e trovano fondamento nella
consapevolezza che credenti e non credenti, scevri della volontà di imporre
ciascuno la superiorità del proprio modello, possono marciare insieme per il
conseguimento degli obiettivi comuni.
Ci si potrebbe chiedere: a che
serve sforzarsi di dialogare e trovare
punti di contatto fra visioni del mon-
do inconciliabili, se al termine di tutto
ciò ognuno resterà della propria opinione? Se il fine del confronto non è
la persuasione né il proselitismo, perché mai dare risalto a un “dialogo tra
sordi” in cui già in partenza ciascun
interlocutore è incrollabilmente fermo
sulle proprie posizioni? La risposta è
che la dialettica non è mai fine a se
stessa, giacché offre agli interlocutori e, soprattutto, al pubblico per cui
viene divulgato il frutto del confronto
spunti di riflessione che certamente
non stravolgeranno l’impostazione
culturale dell’individuo, ma che potranno contribuire ad ampliare gli
orizzonti del singolo, sollecitandone la
curiosità. Ciascuno di noi, comunque
la pensi sul piano teologico-filosofico,
è attratto dalle domande esistenziali,
affascinato dall’idea di sondare l’insondabile, bramoso di scoprire l’infinito che si cela ai confini dell’universo
o dentro la finitudine dell’uomo. Non
è questo che il dialogo ci consente di
ottenere. Tuttavia, sono queste le premesse che accomunano credenti e non
credenti, i capisaldi da cui partire per
un proficuo scambio di idee, per far sì
che ciascun individuo possa provare a
mettere ordine nel vortice caotico in
cui si confondono dubbio e certezza,
illusione e verità.
neneo / shutterstock.com
2 - 2014
2 - 2014
ANCHE UNA GUERRA SANTA È UNA GUERRA
Throughout history, many wars have been justified through faith
and religious reasons. We are still witnessing atrocious brutalities,
committed in the name of God. This leads us to believe that the holy
wars will never have an end. The interreligious dialogue has often failed.
However, thanks to the efforts of a few, even today, it is possible to
hope and believe in the success of the dialogue between people and
religions.
di Chiara Tonin
I VOLTI DI DIO
religione islamica. Non è lecito, infatti, per un cristiano, quando si parla
di tale concetto, limitarsi a puntare il
dito: la nostra stessa cultura occidentale, che a livello giuridico condanna e
biasima la violenza inferta per motivi
religiosi, ha alle spalle una storia nella quale l’espressione “guerra santa”
ha significati e riferimenti ben precisi.
La presenza di motivazioni di forte rilievo morale si è da sempre dimostrata
necessaria e quanto mai auspicabile al
fine di ottenere consenso in merito ad
azioni belliche. Ed esiste forse a tal
fine un ideale più “opportuno” della
fede, profonda suggestione in grado di
eliminare qualsivoglia residuo di resistenza etica alla violenza?
Ci basti pensare alle crociate
cristiane che agitavano e turbavano gli
animi verso gli inizi del secondo millennio. Durante i concili di Piacenza e
di Clermont del 1095, numerosi predicatori, tra i quali Pierre d’Amiens,
esortarono alla crociata contro i turchi
selgiuchidi, galvanizzando uomini di
ogni estrazione sociale. Le stragi causate dai cavalieri in Terra Santa non
sarebbero state mai più dimenticate
dalle coscienze del mondo islamico.
Un paio di secoli dopo inizia il periodo
delle cosiddette “canzoni di crociata”:
tra i molteplici nomi, è doveroso ricordare quello di Rutebeuf, poeta francese. Egli scrisse non solo componimenti
volti ad incitare i contemporanei alla
guerra santa, ma anche elogi funebri
a quanti morirono nella pia impresa.
Ci sono anche testi di italiani, come
Taddeo di Napoli e Galvano di Levanto, medico genovese. Quest’ultimo
scrisse il Liber sancti passagii christi-
teso al miglioramento di sé è definito
come “grande jihad”, mentre la guerra
santa, ovverosia quell’azione armata
che si pone l’obiettivo di diffondere o
di difendere i confini dell’Islam, è un
“piccolo jihad”.
È interessante osservare che,
nell’edizione del 1933 dell’Enciclopedia Treccani, in un’appendice della
voce Islamismo, si affronta il tema e il
significato alla base della guerra legittima (ǧihād) e non viene fatto alcun
accenno all’originaria definiJihad significa letteralmente
zione di jihad
“sforzo”, slancio verso
come
“grande
sforzo” personaun determinato obiettivo
le verso il mijihad, nel suo significato originario di
glioramento di sé. Viene comunque
cui si tratterà a breve, è un concetto
rimarcata la difficoltà di una corretta
che affonda le proprie radici nel mesinterpretazione del termine. Ciò consaggio di Maometto; purtroppo, nel
sente di notare quante complicazioni
corso della storia, la parola del profeesso abbia sollevato – e continui a sollevare – anche in ambito accademico.
ta è stata più volte distorta affinché
sembrasse sostenere e promuovere
Tuttavia, al giorno d’oggi,
quelle tesi che vanno ad alimentare le
l’Islam di cui si discute, dal bar sotto
organizzazioni terroristiche che oggi
casa fino ai settori più riservati delimperversano. In occidente, il termila sicurezza internazionale, è quello
estremista, quello che ha fatto della
ne viene regolarmente tradotto con
jihad l’essenza
l’espressione “guerra santa”, ma ciò,
del messaggio
oltre ad essere impreciso, non rende
La guerra non può essere condotta
rivoluzionario.
giustizia alla ricca pluralità di significon Dio, dal momento che si tratta
Tale generalizcati del vocabolo.
zazione ha fatto
Il lemma, tradotto letteraldi un delitto contro Dio
sì che il concetto
mente, significa “sforzo”: esso, infatti,
è lo slancio verso un determinato obietdi jihad venisse distorto, stravolto.
colarum contra Sarracenos pro recutivo e può, contrariamente a quanto si
Lo “sforzo”, dalla valenza potenzialperatione Terre Sancte. Ramon Llull
(meglio noto come Raimondo Lullo),
mente del tutto positiva, si è trasforpossa pensare, fare riferimento “allo
mato in uno degli ideali evocati per
sforzo spirituale del singolo indivisacerdote e teologo catalano, dedicò la
giustificare gli orrori, le violenze e il
propria esistenza per intero allo sviduo per migliorare sé stesso”. Se, ad
terrorismo che continuano a mietere
luppo delle missioni in terra islamica.
esempio, un individuo si impegnasse
migliaia di vittime.
Punto di vista fondamentale del penin maniera seria e costante per smet
Il concetto di “guerra santa”,
siero del teologo è l’idea di “missione”,
tere di fumare, nessun musulmano
in ogni modo, non appartiene escluvolta alla conversione degli infedeli
esiterebbe a classificare tale atto come
una jihad. Nella filosofia, tale sforzo
e all’istituzione dell’unità della fede.
sivamente al bagaglio culturale della
Parlare oggi di guerra santa non implica, purtroppo, un mero riferimento al passato. Basti pensare, infatti,
ai diversi movimenti che, sia pure in
maniera spesso superficiale, vengono
etichettati come affini al “fondamentalismo islamico”, senza contare i
continui rimandi al concetto di jihad,
con la comune e ormai accreditata traduzione in “guerra santa”, che ancora
oggi riempiono le pagine dei giornali.
Si tende a dimenticare, inoltre, che la
PANORAMA PER I GIOVANI
27
I VOLTI DI DIO
Non mancano dunque gli individui che, a dispetto della propria levatura intellettuale e dei propri studi,
si lasciarono trasportare dall’ideologia
religiosa, tessendo le lodi di una guerra ingiusta ed esortando al massacro
di uomini innocenti. Si pensi a una
delle più celebrate e studiate opere
della tradizione letteraria italiana, i
Rerum vulgarium fragmenta, meglio
45 furon materia a sì giusto disdegno?”
Nessun affetto umano, per quanto legittimo, poté ispirare una guerra con
maggior ragione che questo potente
amore divino.
Tali parole cozzano con l’insegnamento che la Chiesa cattolica ha adottato
e da anni mantiene nei confronti della
legittimità
di una guerra
L’occidente, che oggi condanna la di
religione.
Nell’ultimo
deviolenza inferta per motivi religiosi,
cennio del senon deve dimenticare il suo passato condo millennio,
previa
approvazione di papa Giovanni Paolo II, è
noti come il Canzoniere di Francesco
stato pubblicato il Catechismo della
Petrarca. Troviamo qui tre grandi
canzoni politiche e il numero ventotChiesa cattolica, che definisce una
posizione inequivocabile nei confronti
to corrisponde ad un incoraggiamento
della questione dell’unicità della fede
alle crociate. Si consideri il seguente
e, di conseguenza, della liceità della
breve passaggio:
guerra di religione. Si legge così, nei
“43 Deh qual amor sì licito, o sì degno,
paragrafi Pace e Evitare la guerra,
qua’ figli mai, qua’ donne
l’affermazione che “tutti i cittadini e
tutti i governanti sono tenuti ad adoperarsi per evitare le guerre” (2308).
Krak des Chevaliers, Siria.
28
Non si trova più traccia dell’antica
esortazione ad adoperarsi per liberare
la Terra Santa dagli infedeli; è necessario lavorare per garantire la pace
e la guerra non può essere condotta
“con Dio”, dal momento che si tratta
di un delitto contro Dio: “Ogni atto di
guerra che indiscriminatamente mira
alla distruzione di intere città o di vaste regioni e dei loro abitanti, è delitto
contro Dio e contro la stessa umanità e con fermezza e senza esitazione
deve essere condannato”. Non si prega
più, insomma, per ottenere il favore,
la benevolenza di Dio in guerra, bensì perché ci liberi dalla guerra stessa:
“Il quinto comandamento proibisce la
distruzione volontaria della vita umana. A causa dei mali e delle ingiustizie
che ogni guerra provoca, la Chiesa con
insistenza esorta tutti a pregare e ad
operare perché la bontà divina ci liberi dall’antica schiavitù della guerra”
(2307).
Permane tuttavia, anche
all’interno di tale testo, una concessione alla guerra di legittima difesa, che
fa discutere, soprattutto oggi, in consi-
Anton_Ivanov / shutterstock.com
2 - 2014
2 - 2014
derazione delle possibili interpretazioni meno trasparenti che se ne possono
fare. Nel Catechismo, infatti, subito
dopo i passi riportati in precedenza,
vi sono argomentazioni a sostegno e
legittimazione della guerra di difesa:
“Fintantoché esisterà il pericolo della
guerra e non ci sarà un’autorità internazionale competente, munita di forze
efficaci, una volta esaurite tutte le possibilità di un pacifico accomodamento,
non si potrà negare ai governi il diritto di una legittima difesa”. E Papa
Francesco, durante il volo di ritorno
dal recente viaggio a Seul, ha pronunciato alcune semplici parole proprio
in merito alla legittimità di difesa dei
popoli: “È lecito fermare l’aggressore
ingiusto, fermare, non dico bombardare o fare guerra, solo fermare […],
ma dobbiamo avere memoria di quante volte sotto questa scusa di fermare
l’aggressore ingiusto le potenze si sono
impadronite dei popoli e hanno fatto
una vera guerra di conquista”.
È questo il monito di papa
Bergoglio: solo attraverso il ricordo
degli orrori passati è possibile volger-
I VOLTI DI DIO
si alla costruzione di un nuovo futuro ro, esprime sinteticamente l’urgenza
di serenità. Il confine che distingue di tale punto di approdo per il dialouna guerra legittima da una ingiu- go, affermando che non ci potrà essta è purtroppo labile e, ancora oggi, sere pace tra i popoli, se non ci sarà
ci si interroga sulla liceità o meno di pace tra le religioni. E per lanciare
precisate azioni belliche di difesa. Il un messaggio di speranza in mezzo
dibattito è acceso, come accesi sono i all’avvilimento dovuto agli insuccessi,
conflitti che ancora distruggono intere si possono ricordare le parole di un tenazioni.
ologo cattolico dello Sri Lanka, Tissa
Malgrado gli episodi di intolBalasuriya: “Le religioni possono penleranza e di fallimento del dialogo
Non ci potrà essere
che continuano
a ripresentarsi,
pace tra i popoli, se non ci sarà
non bisogna dipace tra le religioni
menticare
che,
anche grazie ai
numerosi cambiamenti e allo svilupsarsi complementari per il bene spirituale di tutti, invece di considerarsi in
po economico e tecnologico che hanno
competizione le une con le altre (…).
permesso di prendere coscienza della
pluralità del mondo, ogni comunità è,
Esse sono i movimenti sociali monoggi più che mai, spinta a un tentatidiali più antichi e diffusi del mondo.
vo di dialogo. Oggi un numero sempre
Ricevono l’adesione leale di masse di
maggiore di teologi sottolinea l’esipopolazione e sono radicate in gruppi
genza di compiere un ulteriore balzo
locali, comunità nazionali e reti monin avanti, di volgere lo sguardo a una
diali. Insieme possono contribuire a
sviluppare un ordine mondiale di conteologia nuova, quella del pluralismo
divisione, giustizia e pace”.
religioso. Hans Küng, teologo svizze-
29
2 - 2014
I VOLTI DI DIO
FONDERE L’AMORE DELLA CONOSCENZA
CON LA CONOSCENZA DELL’AMORE
Interfaith dialogue describes exchanges among religious practitioners
and communities on matters of doctrine and issues of mutual concern
in culture and politics. We will examine the engagement of the
world’s religious traditions in their efforts to collaborate on questions
of peace, human rights, and economic and social development.
di Vittorio Barberio
L’espressione “dialogo interreligioso”
si riferisce all’interazione fra persone
o gruppi di persone appartenenti a differenti tradizioni religiose, basata sul
presupposto che tutte le parti coinvolte accettino e operino per la tolleranza
e il rispetto reciproco. Il termine “dialogo” deriva dal greco dia-logos che ha
il senso generale di “una conversazione fra due o più parti”: nello specifico,
la parola greca logos indica l’intelligibilità umana, la capacità di pensare,
ma, a ben vedere, si tratta di una definizione riduttiva. L’essere umano, infatti, non è solo un essere logico. Egli
è, necessariamente, dia-loghikos, cioè
in dialogo continuo con gli esseri che
lo circondano. Infine, egli è in dialogo
con il fondamento ultimo, Dio. Vivere,
quindi, il rapporto in modo dialogico
mette l’uomo in armonia con se stesso,
con il mondo e con il fondamento. Dialogo che trova il suo massimo compimento nell’arte, di qualunque genere
espressivo essa sia, che rende percepibile il tumulto interiore nella ricerca
di Dio e nella professione di fede. La
forma artistica, quindi, è capace di
cogliere le urgenze, i continui sconvolgimenti dei nostri tempi, consentendo alle diverse religioni partecipi al
dialogo di affrancarsi dagli stereotipi
che dividono persone di fedi diverse e
avviare riflessioni e confronti. Ne proponiamo alcuni esempi.
Il dialogo fra cristianesimo e
islam trova uno dei suoi riferimenti
fondamentali in una delle figure più
affascinanti della storia: Maria, madre di Gesù. Maria non solo è l’unica
donna che goda del privilegio di essere
citata per nome nel Corano, ma è addirittura menzionata circa trenta volte. Nel testo sacro, ella è protagonista
della diciannovesima sura, la quale è
annoverata tra le più belle da diversi
30
esperti. In essa si legge delle sofferenze patite dalla donna dal momento in
cui l’arcangelo Gabriele, soffiando sotto i suoi abiti, concepì Gesù. Il professor Adnane Mokrani, docente presso
il Pontificio istituto di studi arabi e
d’islamistica e l’università San Pio V,
ha dichiarato in una recente intervista all’Aki – Adnkronos international:
“Il Corano sottolinea lo scandalo del
parto di Maria come donna non sposata, infatti non compare la figura di
Giuseppe. E’ una donna dedicata al
tempio che partorisce un bambino e
deve provare la sua innocenza”. Gesù,
appena nato, fornisce, tramite un miracolo, la giustificazione per la madre,
definendosi “servo di Dio”. L’importanza di Maria cultura islamica è data
dal fatto che essa diviene il punto di
contatto più forte con il cristianesimo;
peraltro, in difformità con l’idea che
nell’Islam non esista pittura a sfondo
religioso, la sua figura è presente in
molte raffigurazioni. Basti pensare
alle oltre settanta immagini appartenenti a varie collezioni private e a
venticinque musei sparsi nel mondo.
Un altro fulgido esempio di
contatto fra culture e religioni diver-
C.C. Convivio Creativo
2 - 2014
se è offerto dalla terra felix siciliana:
era il XII secolo quando i Normanni
cominciarono la riconquista cristiana,
trovandosi in una situazione particolare. La Sicilia, infatti, non rientrava
nell’ordine ideologico dell’Occidente
cristiano, condizionato dalla guerra
fra potere temporale e papale, né poteva essere ricompresa nei territori dominati dai sovrani di Bisanzio o dagli
Arabi sconfitti. In questo vuoto politico, tuttavia, la convivenza e il dialogo
fra lingue e religioni proseguiva con
crescente intensità. In quest’isola al
centro del Mediterraneo si cercava di
far convivere tre fedi e quattro lingue
(greci, latini, arabi, ebrei), realizzando un’impresa di stampo culturale e
non meramente politica: dell’integrazione fra elementi religiosi, politici e
culturali diversi, la Cappella palatina
I VOLTI DI DIO
di Palermo fu il massimo simbolo. La
ni di Dio, la cui trama ripercorre le
Cappella, eseguita nel giro di pochi
vicende di sette monaci trappisti del
anni e terminata nel 1143, è unica nel
monastero di Tibhirine, sull’Atlansuo genere per la mescolanza di tratti
te algerino, che vengono rapiti nella
stilistici che rispecchiano l’espressa
notte tra il 26 e il 27 marzo 1996. Il
volontà del sovrano di congiungere
21 maggio un gruppo islamico armain un’opera tutte le culture del regno:
to rivendica la loro esecuzione e il 30
di qui la giustapposizione composita
maggio i loro corpi saranno ritrovati
di elementi quali l’arco arabo a sesto
davanti al monastero. Imperversava
acuto, le colonne di spoglio e i contiin quegli anni la guerra civile tra forze
nui
riferimenti
al vocabolario biLa Cappella palatina di Palermo fu
zantino. Preziosa
il simbolo dell’integrazione
è la decorazione
tempestata di pafra elementi religiosi, politici
role greche e lae culturali diversi
tine che percorre
ogni parete, come
governative e gruppi islamisti di vario
pure i dipinti di impronta araba che
tipo, ma accomunati dal fanatismo reesibiscono un archivio di qualità e virtù richieste a Dio per il sovrano.
ligioso e dall’odio verso il governo conParticolarmente interessante
siderato illegittimo.
è anche la lucida analisi dell’inconL’ultimo esempio che proponiamo è il museo interreligioso di
tro-scontro interreligioso, condotta
Bertinoro, istituito su iniziativa delattraverso l’obiettivo della macchina
da presa: al grande pubblico vengono
la diocesi di Forlì-Bertinoro secondo
proposti due filoni diversi, anche se
un progetto del senatore forlivese
contigui. Da un lato, il dialogo reliLeonardo Melandri e inaugurato il
10 giugno 2005. Importanti studiosi
gioso è letto alla luce del dibattito tra
delle tre fedi monoteistiche di fama
differenti tradizioni culturali e relinazionale e internazionale, riuniti ad
giose; si pensi, ad esempio, a Prima
hoc, hanno collaborato per tracciare
della pioggia di Milcho Manchevski.
i percorsi espositivi, acquistare imLa trama del film del regista macedoportanti oggetti d’arte e realizzare il
ne, un racconto in tre parti in cui ogni
portale d’ingresso al museo, opera di
episodio si incastra con il successivo
fino a produrre una struttura circolaMario Di Cicco. Il portale, in metalre, si sviluppa nell’intervallo di tempo
lo, è decorato con alcuni tra i simboli
che separa gli avvenimenti narrati
più icastici e rappresentativi delle tre
dall’arrivo della pioggia. Il terzo episoprincipali religioni moniteiste, tali da
aver avuto un grande impatto sull’idio è risolutivo poiché riprende la tematica dello scontro religioso e richiadentità delle popolazioni sparse sul
ma immediatamente il mito di Caino
nostro pianeta. L’esposizione del mue Abele. In questa parte, in un tessuto
seo si svolge in dodici sale, in seguito
alle quali si giunge alla cisterna e alle
di relazioni umane disgregato, i due
protagonisti (Zamira e Alex), in nome
grotte della Rocca. L’itinerario mudel loro amore, saranno uccisi dai proseale si fonda su due principali filoni
tematici: la disamina dei capisaldi repri consanguinei che non ritenevano
ligiosi, culturali e antropologici comupossibile una relazione amorosa tra
ni alle tre fedi, nonché l’anelito all’atun macedone e un’albanese in una extenzione e al rispetto per l’identità di
Jugoslavia dilaniata da guerre intequeste tre religioni.L’espressione arstine, non dai rivali appartenenti ad
tistica nel dialogo interreligioso rifletaltra etnia e religione. Una seconda
te in pieno la lucida analisi di Hans
lettura sulla libertà religiosa è offerta
Küng, che ebbe a dire: “Non vi può esda Des hommes et des dieux – Uomisere pace tra le nazioni senza la pace
tra le religioni; non vi può essere pace
tra le religioni senza il dialogo tra le
La Cappella Palatina di Palermo, costruita
nel 1143 per volere di re Ruggero II.
religioni”.
PANORAMA PER I GIOVANI
31
I VOLTI DI DIO
UN SOLO DIO, TANTI DEI
Throughout human history, religion has changed to a vast extent from
several points of view: among these, the number of deities which are
simultaneously worshipped is of particular interest. Possibilities range
from the well-known monotheisms and polytheisms to the more
peculiar henotheism. However, despite such differences, all religions
are united by a common, ancient core.
di Benedetta Muccioli
la sete, vennero soccorsi da un’entità
celeste che si rivelò essere Allah: così
Ismaele divenne il capostipite delle
tribù arabe che avrebbero fondato l’Islam, mentre da Isacco nacquero gli
ebrei. Un altro elemento fondamentale per le religioni antiche e moderne
sono i libri sacri. Per ebrei e cristiani
la Bibbia (che include ovviamente per
i secondi il Nuovo Testamento), per gli
islamici il Corano, per gli induisti la
Veda. In ogni tempo e in ogni luogo gli
uomini mettono per iscritto la parola
di Dio. Anche per i greci e i romani era
così: per i primi le preghiere venivano
tramandate sotto forma di inni sacri
– si ricordino i celeberrimi Inni omerici o gli inni di apertura al simposio
– mentre per i secondi si rammentino
i Carmina arvalia, recitati per invocare la fertilità dei campi e un tempo
clemente per le colture. È significativo
che venissero recitati usando una lingua molto arcaica: gli uomini cambiano perennemente mentre gli dei
rimangono per sempre immutabili
nella propria perfezione.
Occupiamoci ora del mondo
dei morti: semplificando di molto un
concetto ben più complicato, si può
riassumere che, per buona parte delle religioni, i “buoni” otterranno un
posto in un luogo meraviglioso ove
stare per l’eternità, mentre i “cattivi”
saranno relegati in uno spazio orribile
dove saranno sottoposti a ogni sorta di
sofferenza. Più nel dettaglio, l’aldilà
latino e greco si suddivide nei campi
elisi, sede dell’eterna beatitudine, e
nel tartaro, luogo proprio dei dannati.
L’oltremondo cristiano è molto simile
ed è descritto in maniera sublime da
non metterla al corrente dei suoi progetti e si sente rispondere che lui può
decidere come meglio crede poiché è il
grande Zeus. In questo caso, secondo
la definizione di Max Müller, si parla
di “enoteismo”, una forma intermedia
tra politeismo
e monoteismo
Fin dall’antichità, non mancano
in cui si venera
una divinità in
analogie e somiglianze fra le
modo maggiore
diverse religioni
rispetto al resto
del
pantheon.
non mancano analogie e somiglianze Ancora un tratto in comune: il destifra le diverse religioni. Fra greci, ebrei no è presente in ogni religione antica
e mesopotamici, per esempio, trovia- e moderna, politeista o monoteista.
mo il racconto di un diluvio univer- Esso, noto come fato, moira, divina
sale che avrebbe dovuto purificare la provvidenza o altro ancora, è quella
terra dagli uomini, sempre più empi forza cui anche le divinità più potene numerosi, mentre solo i meritevoli ti devono sottostare. L’Iliade è ancora
si sarebbero potuti mettere in salvo. paradigmatica: Zeus sta cercando di
I greci Deucalione e Pirra ricevono da salvare il figlio Sarpedonte dai dardi
Zeus l’ordine di lanciare dietro di sé achei, ma anche lui, padrone dell’egidei ciottoli che avrebbero dato vita ad da e signore dei fulmini, deve piegaun nuovo genere umano e gli ebrei re la testa di fronte alla moira che ha
Noè e Sara ricevono da Dio lo stes- filato per suo figlio una fine diversa,
so comando. Alla possibilità di que- cioè quella, come dicevano i grandi
sti collegamenti, con tutte le cautele comandanti romani, di “cenare nell’Ache ovviamente si impongono, non si de”.
Proviamo ad avvicinarci alla
sottrae neppure uno degli elementi
teologicamente più rilevanti per la modernità. Vi
tradizione cristiana: la trinità. Si pen- sono due popoli
Le religioni del mondo classico
si alla triade capitolina latina Giove- che continuano
si fondavano sull’ottica del
Minerva-Giunone, corrispondente al a farsi la guerra,
pantheon olimpico accuratamente insanguinando
do ut des
descritto dalla Teogonia di Esiodo, ma senza sosta la
anche alla trimurti induista Brahami- terra santa per i
Visnu-Shiva. Un altro errore molto tre grandi monoteismi. Eppure ebrei e Dante: al paradiso sono destinate le
frequente è credere che nelle antiche musulmani sono figli dello stesso pa- anime sante, mentre l’inferno è riserreligioni politeiste tutti gli dei abbia- dre: Abramo. Il patriarca, infatti, ebbe vato a quanti si sono macchiati di pecno la stessa importanza. Si guardi da Sara, moglie legittima, il figlio cato mortale. Fra i due c’è il Purgatoancora ai greci e a una delle più ma- Isacco, dopo che la schiava Agar ave- rio. In civiltà molto più antiche, come
estose tra le loro opere, l’Iliade: nel va partorito Ismaele. Madre e figlio quella egizia, esisteva addirittura un
primo libro, durante il banchetto degli illegittimo vennero mandati via da libro dei morti: si dovevano seguire
dei, Era, regina degli dei e moglie del Abramo e si rifugiarono nel deserto, alla lettera le istruzioni contenute in
grande Zeus, rimprovera il marito di dove, stremati per la stanchezza e per questo volume affinché l’anima del deQuanti scontri e quanto odio tra figli
dello stesso mondo solo perché lingua
e cultura hanno portato a credere che
ci possa essere un dio più potente degli
altri e che questi debba prendere il sopravvento! Eppure, fin dall’antichità,
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PANORAMA PER I GIOVANI
Angelo Giampiccolo / shutterstock.com
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Tempio di Hera, Selinunte.
funto si potesse presentare al cospetto
di Osiride e affrontare con successo la
“pesatura del cuore” (il cuore veniva
posto su una bilancia e doveva essere
più leggero di una piuma: in caso di
insuccesso, esso veniva divorato dal
demone Ammut e all’anima veniva
negato l’accesso all’aldilà).
Nonostante queste analogie,
i politeismi antichi si differenziano
notevolmente dalle credenze moderne. Le religioni del mondo classico si
fondavano sull’ottica del do ut des:
l’uomo, generalmente un sacerdote,
offriva un sacrificio agli dei per richiedere un favore; laddove il sacrificio
non fosse andato a buon fine o fosse
stato giudicato insufficiente dal dio
in questione, l’orante non avrebbe
ottenuto nulla. Il mito ci offre esempi di quel che accade a quanti hanno
disobbedito agli dei olimpici o hanno
tentato di trarli in inganno: si ricordino, a tal fine, la straziante agonia
cui era sottoposto Prometeo o l’eterno
supplizio patito da Tantalo. Quello del
rapporto fra politeismo e monoteismo
è d’altronde un problema sul quale si
sono a lungo confrontati storici, filosofi, antropologi, che hanno proposto
tesi e interpretazioni molto diverse,
sia da un punto di vista teorico sia cercando di spiegare passaggi di decisiva
importanza, come quello dell’affermazione del cristianesimo nell’impero romano, di tradizione politeista.
Concludiamo allora con due
precisazioni proprio su questo aspetto. Il cristianesimo è stato in realtà
l’ultimo di una serie di monoteismi
che si stavano diffondendo in quell’epoca, primi tra tutti il culto di Mitra e
la Pietra del sole. È certamente quello
che si affermò, in un contesto storico
nel quale la solida struttura statale
romana inizia a scricchiolare sotto la
pressione delle lotte intestine e delle
minacce dei popoli stranieri che, dopo
una prima fase, avviano delle vere e
proprie invasioni, a seguito delle quali
divulgano le proprie fedi, in generale
di natura politeista. I nuovi culti venivano definiti “salvifici” poiché, nel
caos politico e istituzionale, promettevano una vita lieta e felice nell’aldilà,
mentre la vecchia triade capitolina
non era più in grado di garantire alcunché. Abbiamo già menzionato l’enoteismo: una teoria molto recente –
ed è questa la seconda precisazione –
afferma che un vero politeismo latino
e greco si è affermato solo fino all’età
classica, mentre a partire dall’ellenismo nuove filosofie, quali lo stoicismo
e l’epicureismo, spingono a forme di
credenza sempre più incentrate su un
unico dio. Ciò nondimeno, anche nel
periodo classico vi sono delle forme di
trasgressione: ne sono un esempio i
misteri eleusini dedicati al culto della
sola Demetra oppure i riti orfici, nei
quali la parte più “dionisiaca”, secondo
la definizione di Nietzsche, emergeva
con maggior prepotenza e solo in quel
momento si poteva prendere un po’ di
respiro da una società estremamente rigida. Accenniamo così anche alla
condizione femminile: in certe società
del mondo antico, i culti erano dedicati alla Potnia Theron, alla Grande
Madre che tutto genera, raffigurata in
immagini emblematiche dalle sculture cretesi, con il costume caratteristico
che le lasciava scoperti i seni. Con il
passare dei secoli, la società si trasformò da matriarcale a patriarcale, con
una progressiva perdita di importanza della donna anche nella religione,
fino alla grande celebrazione mariana
del Cristianesimo.
Gli uomini fanno di tutto per
essere diversi tra loro. Nella stessa
molteplicità delle esperienze religiose
è tuttavia possibile ritrovare almeno il
riflesso di quell’umano universale che
ha lasciato la sua impronta in tutte le
culture, a partire dalle più antiche.
PANORAMA PER I GIOVANI
33
2 - 2014
I VOLTI DI DIO
IL CABALISTA DI PRAGA
LA DENUNCIA DEI RISCHI DEL FANATISMO
This book is set in Prague in the seventeenth century: David Gans, the
narrator, discloses a world full of mysteries and reconstructs the long
chain of events that led to the Golem’s creation. A group of fanatics is
about to destroy the jewish ghetto and this legendary creature, created
from mud, is its only defender.
di Elisabetta Zuddas
IN PRIMA LINEA PER LA PACE IN
MEDIO ORIENTE: DALLA RIVISTA
ELEMENTI AGLI ACCORDI DI OSLO
Il cabalista di Praga è un romanzo di
Marek Halter, edito in Italia da Mondadori nel 2012 e tradotto in numerose lingue, ottenendo il favore di buona
parte della critica e dei lettori. Nella
trama, ricca di elementi simbolici e
quasi tutti legati alla cultura ebraica,
la storia si confonde con la leggenda:
figure storiche come David Gans, il
Maharal, Giordano Bruno e Galileo
Galilei interagiscono con personaggi
di fantasia come Eva, Jacob e Isaia,
reinterpretando il modello del romanzo storico. Gli eventi si svolgono in un
periodo storico molto delicato, carico
di tensioni religiose: il popolo ebraico
deve affrontare la cieca violenza scatenata dall’ignoranza e dal fanatismo
antisemita, che, in varie epoche, hanno complicato notevolmente la convivenza tra ebrei e cristiani. Non a caso
Marek Halter ha vissuto in prima
persona il dramma della Shoah: nato
a Varsavia nel 1936 da una famiglia
di ebrei polacchi, dovette rifugiarsi in
Ucraina con la sua famiglia per sfuggire ai nazisti; lì vennero arrestati,
trasferiti a Mosca e successivamente
Comitato internazionale per la pace
negoziale in Medio Oriente e della
rivista Elementi, che ha visto per la
prima volta la collaborazione tra giornalisti israeliani e palestinesi. Inoltre,
Halter contribuì a fondare SOS Racisme, un’organizzazione per la promozione della pace in Medio Oriente
e tra il 1992 e il 1993 partecipò alla
pianificazione degli incontri segreti
che hanno portato agli Accordi di Oslo
e al primo colloquio tra Shimon Peres,
Yitzhak Rabin e Yasser Arafat. Halter, le cui opere letterarie comprendono una ventina di libri sull’epopea del
popolo ebraico, è altresì apprezzato
per la sua poliedrica versatilità nel
campo della pittura e della regia cinematografica: un film da lui diretto, I
Giusti, ha aperto il Festival del Cinema di Berlino del 1995.
L’INTERESSE PER LA CABALA
DELL’ECCENTRICO
IMPERATORE
ASSICURA AGLI EBREI UNA MOMENTANEA SICUREZZA
La vicenda si svolge principalmente a
Praga, a cavallo tra il XVI e il XVII
secolo: il protagonista e narratore,
David Gans, vi giunge per diventare
discepolo del rabbi Loew, considerato
il maggiore sapiente ebraico
La cabala:
allora vivente.
un complesso di dottrine ebraiche
Il termine con
cui viene solitadi carattere mistico ed esoterico
mente definito
riguardo Dio e l’universo
nel testo, cioè
Maharal, è un
evacuati in Uzbekistan. La sua sorel- acronimo in lingua ebraica che silina, Bénérice, non sopravvisse alle gnifica “Il nostro maestro il rabbino
numerose privazioni, mentre i suoi Loew”. Questi viene descritto come un
genitori si ammalarono. Senza dubbio uomo burbero ed enigmatico, circonquesti eventi hanno influenzato pro- dato da enorme rispetto e riconosciufondamente la vita privata e profes- to come guida indiscussa della sua
sionale dello scrittore, fondatore del comunità. David diviene suo allievo
34
PANORAMA PER I GIOVANI
poco prima della morte dell’imperatore Massimiliano II che, nel corso del
suo governo, era riuscito a impedire
che le tensioni religiose sfociassero in
violenza. La comunità ebraica attende
di scoprire quale sarà l’atteggiamento del nuovo imperatore, Rodolfo II,
il quale deciderà poi di trasferire la
corte a Praga. Oggigiorno Rodolfo II
è considerato un personaggio molto
controverso, ricordato in particolare
per la sua disastrosa politica estera
e il grande interesse per l’arte e l’occulto. Questa passione lo spinge ad
incontrare il Maharal, nella speranza
che egli possa rivelargli i segreti della cabala: si tratta di un complesso di
dottrine ebraiche di carattere mistico
ed esoterico riguardo Dio e l’universo,
rivelate a un numero ristretto di persone e tramandate di generazione in
generazione. In questo modo la comunità ebraica conquista una relativa
tranquillità, per quanto solo temporaneamente.
I NUMEROSI VIAGGI CONSENTONO
A DAVID D’INCONTRARE LE MENTI
PIÙ BRILLANTI D’EUROPA
Essendo non solo uno dei suoi migliori
discepoli, ma anche esperto di materie
quali la matematica e l’astronomia, il
Maharal affida a David il compito di
educare la sua nipotina Eva. Si tratta
di una figura fondamentale nell’intreccio del romanzo, che dimostra fin da
piccola una grande intelligenza, tanto
da indurre suo nonno a farla istruire
con gli stessi precetti riservati ai maschi. Viene promessa in sposa da suo
padre Isaac, genero di rabbi Leow,
deciso a suggellare il rapporto che lo
lega a Jacob, il suo migliore amico.
attraverso un patto matrimoniale, stipulato prima ancora che le rispettive
mogli restassero incinte: questa avventata promessa, con cui chiedono
al Signore di donare loro un maschio e
una femmina da unire in matrimonio,
nasce dal desiderio di avere una sorta
di prova della benevolenza divina. David, inconsapevole delle tragiche conseguenze del giuramento, viene scelto
come testimone. La loro preghiera viene esaudita dalla nascita di Eva e Isaia. Come ulteriore dimostrazione della
fiducia che il maestro ripone in lui, Eva
viene affidata a David per un lungo pe-
riodo, con l’incarico di condurla in una
città più sicura, lontano dal pericolo
della peste e dell’ostilità dei cristiani
verso la comunità ebraica. Essa costituisce un elemento ricorrente nel romanzo, specialmente in periodi come
il Natale, in cui si acuiscono tensioni
mai veramente sopite. Tra i due nasce
una profonda amicizia, che si trasforma improvvisamente in amore, quando David ritorna da un viaggio durato
dieci anni: infatti, l’imperatore Rodolfo
chiede al Maharal di inviare un discepolo di sua fiducia nelle università
d’Europa, per carpire “le più prodigiose scoperte del pensiero, della scienza
e dei misteri spirituali”. David ha così
la possibilità di visitare varie città, tra
cui Pisa e Copenaghen e conoscere intellettuali e scienziati come Galileo: in
Danimarca incontra l’eccentrico astronomo Tycho Brahe, anch’egli desideroso di conoscere i misteri della Cabala,
convincendolo a trasferirsi in Boemia
per continuare i suoi studi, sotto la
protezione dell’imperatore Rodolfo.
IL GOLEM, “COLUI CHE FU ACCOLTO MALE”
Durante l’assenza di David, Eva è divenuta un’adolescente di grande bellezza e carattere apparentemente docile;
tuttavia, si rivela una figura ribelle e
Vista di Praga e del fiume Moldava.
tormentata che rifiuta di conformarsi
al ruolo di moglie devota ed è capace
di compiere scelte coraggiose e anticon- se si trattasse di una sorta di macformiste. È lei a convincere il Maharal china e non di una creatura viva. Le
a ricorrere a una soluzione estrema pur conseguenze saranno drammatiche e
di proteggere la comunità: la creazione costringeranno rabbi Loew a distrugdi un Golem, una creatura umanoide gere la sua creazione, che torna a esplasmata dal fango. Essa ricorre in sere semplice fango, lasciando il ghetto
molte leggende, secondo le quali sulla indifeso. Con quest’affascinante viagsua fronte si legge la parola emet, ossia gio alla scoperta della cultura ebraica,
“vita”, e l’unico modo per distruggerlo è Marek Halter trasmette al lettore un
trasformare la parola in met, “morte”. grande insegnamento sull’importanza
Il suo intervento si rende necessario a del dialogo, della reciproca comprencausa della furia omicida dei cristiani sione e del perdono. L’alone di mistero
di Praga, che l’imperatore Rodolfo, no- e rispetto che circondava la figura del
nostante il favore accordato alla comu- Maharal e la leggenda del Golem hannità ebraica, non
è stato in grado
Marek Halter trasmette al
di frenare. Seconlettore un grande insegnamento
do la leggenda, in
quest’occasione il
sull’importanza del dialogo,
Golem ha protetdella comprensione e del perdono
to il ghetto dagli
attacchi e successivamente è stato condannato a una no in un certo senso protetto il cimitero
serie di lavori pesanti, come la creazio- ebraico di Praga fino ai giorni nostri,
ne di un ponte, dal rabbi Loew. Ancora consentendogli di superare indenne
una volta, solo Eva riesce a compren- diversi secoli e persino il periodo di ocdere l’ingiustizia della situazione: da cupazione nazista. Perciò, ancora oggi,
difensore della comunità giudaica, il è possibile osservare le tombe di David
Golem viene ridotto a schiavo, come Gans e rabbi Loew.
PANORAMA PER I GIOVANI
35
2 - 2014
I VOLTI DI DIO
DIALOGO INTERRELIGIOSO ED IS:
UNA VIA CONTRO IL CONFLITTO
The Islamic State (IS) is a terrorist movement led by Abu Bakr al-Baghdadi. Currently, it controls vast swathes of land in Syria and in Iraq,
including the municipality of Mosul. The IS is an international threat
that should be faced through proper diplomatic actions and policies of
religious dialogue, in order to avoid a new conflict in the Middle East.
di Gianmarco Lugli
democratica. Fu in questo contesto
che nacque, nel 2004, la prima formazione di quello che sarebbe diventato
l’IS. Dapprima emanazione di al-Qaeda nel territorio iracheno, salvo poi
entrare in conflitto con il gruppo terroristico, l’IS riuscì a svilupparsi grazie alla fertile confusione politica nel
paese. L’attuale leader del movimento, Abu Bakr al-Baghdadi, ha portato
a compimento il progetto del primo
capofila dell’IS, Al Zarqawi, creando
un califfato sunnita con una visione
integralista della religione islamica.
Per lungo tempo considerata una formazione di scarso rilievo, l’IS ha conosciuto una forte popolarità con la
presa di Mossul, seconda città per importanza dell’Iraq, avvenuta poco più
di due mesi fa; da allora in poi sono
apparse chiare la forza e la pericolosità della formazione. I crimini da essa
commessi aumentano di giorno in
giorno e superano, per crudeltà ed efferatezza, quelli di molti altri gruppi
terroristici dello stesso stampo. Hanno certamente
suscitato sdeLa storia dell’IS affonda le sue
gno le recenti
radici nella Seconda Guerra del
esecuzioni dei
giornalisti staGolfo
tunitensi James
Foley e Steven
do: il regime di Saddam Hussein Sotloff, ma esse non sono che due voci
cadde ufficialmente con l’invasione in una lista interminabile di violenze
dell’Iraq, completata nel maggio del nei confronti della moltitudine di mi2003, da parte di forze militari inter- noranze religiose residenti nei terrinazionali. Lo stesso Saddam Hussein tori dell’autoproclamato califfato.
sarebbe stato catturato nel mese di
La persecuzione di queste,
dicembre, per poi essere giustiziato tuttavia, si inserisce in un quadro più
di lì a tre anni. Nel 2004 iniziò una ampio di applicazione dei dettami del
fase di transizione caratterizzata da fondamentalismo islamico. L’impoun primo periodo di amministrazione sizione della shari’a si accompagna
americana seguito da governi irache- infatti ad azioni plateali e radicali,
ni, con lo scopo di fornire al paese sta- quali il radere al suolo luoghi di culbilità e un processo di ricostruzione to cari allo stesso Islam. Non a caso
Le cronache estere dell’estate appena
passata sono state caratterizzate dalle continue e sempre più allarmanti
notizie relative al medio oriente: se
sulla costa mediterranea le tensioni
tra Israele e Hamas hanno portato a
una serie di conflitti armati contraddistinti da ingenti perdite civili, nella
regione di confine fra Siria e Iraq una
nuova minaccia terroristica si è imposta come forza egemone dell’area, conquistando vasti territori. L’IS (Islamic
State, noto in passati come Isis o Isil)
è riuscito a imporre un regime di terrore e di crudeltà che riporta la memoria a circa un decennio fa, quando
la seconda guerra del golfo sconvolse
l’opinione pubblica per le sue atrocità:
l’attentato contro il contingente italiano a Nassiriya o il rapimento della giornalista Giuliana Sgrena sono
solo due tra i più emblematici eventi
impressi nella memoria della nostra
nazione.
La storia dell’IS affonda le
proprie radici proprio in quel perio-
36
PANORAMA PER I GIOVANI
Combattenti dell’IS a Tel Abyad, Siria
al-Baghdadi ha ordinato, pochi giorni
dopo la presa di Mossul, la distruzione della moschea di Giona, luogo di
culto cardinale per i musulmani, sia
sunniti che sciiti. Nell’ottica del leader del movimento, la moschea costituiva ormai un luogo di apostasia
minante la fede musulmana. Di fatto,
la moschea, che risaliva al XIII secolo
e aveva attraversato indenne secoli di
storia, era uno dei simboli della storia
millenaria della piana di Ninive.
Differente per modalità di
esecuzione ma di gran lunga più pericolosa è invece la succitata persecuzione delle minoranze, dal momento
che la regola del califfato prevede che
l’unica religione ammissibile sia quella musulmana sunnita. In Iraq risiedono molte comunità appartenenti
alle fedi più disparate, che rendono
il territorio mesopotamico tra i più
ricchi al mondo per varietà di culture, usi e costumi. Tra esse spicca per
numero di componenti quella che
professa lo yazidismo: tale religione è
2 - 2014
una combinazione sincretistica di zoroastrismo, ebraismo, manicheismo
e cristianesimo con usanze profondamente diverse da quelle islamiche.
Stime attuali collocano a circa mezzo
milione il numero dei credenti yazidi,
una buona metà dei quali risiedeva,
fino a poche settimane fa, in prossimità della catena montuosa del Jebel Sinjiar, nel nord-ovest dell’Iraq.
Con l’avanzata dell’IS, migliaia di
yazidi sono stati costretti a fuggire
attraverso le montagne del nord del
Kurdistan. La formazione terroristica impone la conversione all’Islam a
ogni yazida catturato, giustiziando
quanti oppongono resistenza; secondo
i media tale politica ha condotto ad
un gran numero di stragi e le stime
più conservative si aggirano intorno a
diverse centinaia di esecuzioni.
Secondo gli osservatori internazionali, l’IS procede inoltre a una
sistematica campagna di vendita di
donne e bambine: si tratta ovviamente di gravi violazioni dei diritti umani, per le quali sono state approntate
diverse misure umanitarie. Altre comunità religiose conoscono tuttora lo
stesso destino della minoranza yazi-
I VOLTI DI DIO
go interreligioso tra l’Islam e le altre
fedi ha portato, seppur con alti e bassi, alla nascita di una dimensione di
conoscenza reciproca e di convivialità
uniche nel panorama del dialogo tra
religioni. L’IS minaccia di di minare
e distruggere, col suo anacronistico
anelito all’imposizione di un credo
unico, il frutto di decenni di relazioni nel segno della pacifica convivenza. È necessaria, perciò, una chiara
e limpida presa di posizione contro il
terrorismo jihadista dell’IS; tale azione non può che partire dalle guide
religiose musulmane, le quali devono
unanimemente condannare l’operato
dell’IS, nonché il suo ricorrere alla
religione per giustificare atti criminali.
Un forte aiuto in questo senso proviene dalle molteplici organizzazioni non governative operative in
Iraq al fine di garantire, attraverso il
dialogo tra le fedi, coesione e collaborazione nella popolazione. Tra esse,
è attiva dal 1991 l’associazione “Un
ponte per…”: la sua missione è quella
di prevenire nuovi conflitti, in particolare in medio oriente, attraverso
scambi culturali e progetti di cooperazione in collaborazione con gli organi
della società civile. L’esempio costituito da questa associazione consente
inoltre una riflessione più ampia: la
gestione dei conflitti, di qualunque
natura essi siano, non può essere risolta se non tramite il dialogo tra persone, incentrato sulle caratteristiche
da: con la presa di Mossul cristiani e
curdi sono stati costretti ad abbandonare la città, mentre i media riportano giornalmente notizie di esecuzioni
sommarie a danno di altre comunità,
spesso sconosciute al grande pubblico.
Questo quadro impone una
doverosa considerazione del ruolo che
il dialogo interreligioso può ricoprire
per la cessazione delle persecuzioni.
Proprio in questo
senso si è mosso
L’IS si configura come una delle
il Pontificio consiprincipali minacce terroristiche
glio per il dialogo
interreligioso in
mondiali
una recente nota.
Esso chiede “una
presa di posizione chiara e coraggiosa comuni alle parti ma soprattutto sulda parte dei responsabili religiosi, so- le loro differenze. Il passaggio all’uso
prattutto musulmani, delle persone della forza sancisce il fallimento del
impegnate nel dialogo interreligioso dialogo: nel caso in esame non sono
e di tutte le persone di buona volon- ancora stati decisi interventi militari
tà” sull’escalation di violenze che i su vasta scala, ma non è difficile comterroristi dell’IS stanno compiendo a prendere come una terza guerra del
danno delle minoranze. Le motivazio- golfo sia un’eventualità da evitare a
ni del Pontificio consiglio sono chiare, tutti a costi. Il dialogo interreligioso,
dal momento che “nessuno potrebbe se correttamente instaurato tra le
giustificare una tale barbarie, e cer- parti, può contribuire ad evitare un
exitus ormai dato quasi per scontato
tamente non una religione”.
Nel corso dei secoli, il dialo- da molti.
PANORAMA PER I GIOVANI
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2 - 2014
PRIMO PIANO
DIALOGO E INCONTRO TRA FEDI:
“ROMA PUÒ ESSERE UN CAMPO SPERIMENTALE ED ESEMPLARE DI INIZIATIVE”
Intervista a Riccardo Di Segni, rabbino capo della Comunità ebraica
capitolina
a cura di Gabriele Rosana e Donato Sambugaro
Buon pomeriggio, rav Di Segni
e grazie per la grande amicizia
confermata nei confronti degli
studenti del Collegio, accettando con piacere di rispondere alle
nostre domande.
Poche settimane fa, papa Bergoglio ha ospitato una preghiera
per la pace in Vaticano e ha voluto al suo fianco Shimon Peres,
Abu Mazen e il patriarca Bartolomeo I. Gli obiettivi dei fotografi
hanno immortalato in quell’occasione l’abbraccio tra i due vertici politici di Israele e Palestina.
Ciò nonostante, le cronache delle ultime ore danno della Terra
Santa un’immagine quanto mai
cruenta: quanto possono contribuire alla reciproca comprensione eventi di grande richiamo
mediatico quando a Gaza si continua a morire?
Ho espresso fin dall’inizio dei dubbi
sulla reale efficacia di iniziative come
quella romana e i risultati negativi,
purtroppo, sono andati ben oltre le
mie perplessità. Le contraddizioni
latenti sono emerse e gli abbracci si
sono rivelati nella sostanza per quello che erano, pura formalità mediatica. Malgrado questo, la situazione è
talmente ingarbugliata che qualsiasi
cosa si possa fare per la pace è benvenuta. Probabilmente quella iniziativa non era lo strumento più efficace,
ma servirà come esperienza per pensare a qualcosa di più utile.
di culture e naturale sede di un
incontro interreligioso rinnovato ma quanto mai ancorato alla
tradizione? E ciò considerando
anche la varietà religiosa di una
capitale che oggi ospita un cospicuo numero di immigrati.
Proprio per questo Roma potrebbe essere veramente un campo sperimentale ed esemplare di iniziative. Parlo
di Roma in generale, non solo della
Roma vaticana, i cui sforzi e la buona volontà di instaurare un clima di
convivenza e rispetto sono certamente apprezzabili.
E le peculiarità della Comunità
ebraica romana possono in qualche modo aiutare il confronto?
Certamente, perché la presenza
ebraica è radicata da 22 secoli e con
la sua esperienza storica ha dimostrato tutto quello che può succedere
ad una minoranza di fede differente.
In questo senso, che contributo
può dare allo scambio tra fedi la
città di Roma, culla di cultura e
Rimaniamo a Roma: nel novembre scorso, come riportato da
Gabriele Isman su “la Repubblica”, la comunità ebraica capitolina, per bocca del presidente Riccardo Pacifici, ha chiesto al sindaco Ignazio Marino la chiusura
di quelle moschee della capitale
che “non sono case di vetro e che
non si sa da chi siano finanziate
e in cui magari si predica contro
i cristiani crociati e noi infedeli”.
Queste posizioni non rischiano
di esacerbare anziché favorire
il rapporto tra fedi non a livello macroscopico ma proprio in
seno alla stessa realtà locale?
38
PANORAMA PER I GIOVANI
L’universo musulmano è variegato e
a nessuno dovrebbe sfuggire quello
che stanno facendo gruppi estremisti
nel mondo. Per esempio, quando da
qualche moschea in Iraq si proclama
pubblicamente che si vuole conquistare Roma, Roma dovrebbe stare
un po’ più attenta e non limitarsi a
etichettare certe affermazioni come
sbruffonate folkloristiche. Non bisogna confondere la libertà doverosa di
esercizio del culto con la propaganda
politica sanguinosa.
Ritiene, continuando a parlare di bilanciamento tra libere
professioni di culto e ordine
pubblico, che sia necessario un
intervento disciplinatore da
parte del ministero dell’Interno, la cui azione è stata peraltro negli anni rallentata, quando non affossata, dalla coralità
dei rappresentanti del mondo
musulmano del nostro paese?
Non so proprio di chi sia la responsabilità dell’affossamento. Esiste una
difficoltà per l’interlocutore dello Stato, e cioè trovare dall’altra parte del
tavolo una rappresentanza unitaria.
Forse in altri paesi ci sono riusciti.
Probabilmente il modello di invitare tutti e chiunque, anche se serve
ad allargare le responsabilità, non è
quello vincente.
Per la sua posizione del tutto unica al mondo, la Comunità ebraica romana ha avuto un rapporto
particolare con la Città del Vaticano. Cosa ricorda degli anni in
cui da una parte Papa Wojtyla
e dall’altra il suo predecessore
Elio Toaff (il quale peraltro viene
ricordato con grande affetto nel
testamento spirituale del pontefice polacco) avviarono un’amicizia istituzionale e al contempo
personale?
Sono stati anni importanti nei quali,
proprio sulla base del rapporto storico del tutto speciale in questa città
2 - 2014
PRIMO PIANO
Fonte : http://moked.it/
tra le due comunità religiose, l’ebraismo romano è diventato il campo un
po’ sperimentale dove avviare nuove
forme di comunicazione e dialogo.
La visita di Giovanni Paolo II alla
Sinagoga di Roma nel 1986 va letta
soprattutto in questo senso. Credo
comunque che tuttora la nostra comunità possa svolgere questo ruolo.
Da pochi mesi, insieme a Wojtyla, è santo anche papa Roncalli.
Il processo di beatificazione di
papa Pacelli, invece, è decisamente fermo (mancando il necessario miracolo). Nel frattempo,
crede che ci siano i margini per
vederlo presto tra i Giusti fra le
nazioni, a partire dalle parole
del rabbino Toaff, il quale nel
1958 lodò la “generosità di questo papa durante gli anni della
persecuzione e del terrore, quando sembrava non ci fosse per noi
più alcuna speranza”?
Ho qualche dubbio e aspetto ancora
evidenze serie, non le frasi e le citazioni decontestualizzate (ho vissuto molti
anni al fianco del rabbino Toaff per saper bene cosa pensa dell’argomento).
È innegabile che molti ebrei siano stati nascosti nei conventi durante la caccia all’uomo nazifascista. Ma penso al
treno merci con mille ebrei chiusi nei
vagoni piombati che partì il 18 ottobre
dalla stazione Tiburtina diretto ad Auschwitz e al fatto che nessun “Giusto”
spese una parola per fermarlo.
Purtroppo, però, non ci sono soltanto elementi concilianti di cui
parlare, nella relazione tra mondo
cattolico e i suoi fratelli maggiori. Pensiamo alla preghiera per la
conversione degli ebrei che si recita il Venerdì santo: i riferimenti
un tempo significativamente crudi sono stati epurati, ma ancora
oggi essa stride risuonando alle
orecchie di chi auspica un nuovo
corso nel dialogo interreligioso.
Le ricorrenti modifiche al testo
liturgico che si sono succedute
nei decenni, verso che approdo
lasciano supporre ci stiamo dirigendo?
L’ultima versione della preghiera in
latino è stata scritta personalmente da papa Benedetto, il quale ha poi
fatto precisare che si trattava di una
speranza escatologica. Un conto è la
speranza per la fine dei tempi, un altro è un attivo impegno missionario e
conversionistico. Se questo impegno –
che se ci fosse avvelenerebbe i rapporti
– non c’è, abbiamo molte altre cose da
discutere e fare insieme o concordemente (fuori dalla teologia) e sarebbe
un peccato (in tutti i sensi) costringere
con durezze teologiche a chiudere porte faticosamente aperte.
Fermo restando il confronto con
la Chiesa cattolica istituzionalmente intesa, ci sono particolari
rapporti con talune realtà e movimenti, ad esempio il Cammino
Neocatecumenale, che talora dimostrano posizioni aperturiste e
quasi eterodosse?
verse realtà (ad esempio con la Comunità di sant’Egidio e il Movimento
dei Focolari) e altri meno consolidati
ma comunque di incontro rispettoso.
Non spetta poi a noi decidere chi sia
eterodosso. Con il Cammino ho avuto
recentemente un momento di critica
su una loro iniziativa (un concerto ad
Auschwitz) ma poi ho voluto fortemente avere un colloquio diretto con il
fondatore e, al di là delle visioni inevitabilmente differenti, penso che si
sia stabilito un rapporto di stima e di
amicizia.
A tal proposito, è possibile valutare margini di dialogo con frange che nel passato hanno anche
usato toni apertamente ostili al
mondo ebraico? Pensiamo, tra gli
altri, ai lefebvriani della Fraternità sacerdotale san Pio X.
Esistono rapporti consolidati con di-
Leggendo quanto scrivono e dicono,
francamente è un po’ difficile. Il problema non sono loro, ma il prezzo che
la Chiesa dovrebbe pagare – a spese
delle novità conciliari, tra cui il nuovo
rapporto con l’ebraismo – per la loro
reintegrazione.
PANORAMA PER I GIOVANI
39
2 - 2014
PRIMO PIANO
Le delicate questioni bioetiche
possono unire le religioni, dando
ad esse la possibilità non solo di
confrontarsi ma eventualmente
anche di fare fronte comune rispetto alle scelte del legislatore,
del giudice o del medico?
Le religioni non sono schierate come
un fronte compatto nella bioetica e la
realtà è molto più complessa di quanto sembri anche nel versante “laico”.
Pensare poi a un fronte, come se si
dovesse stare in guerra, dà un’immagine un po’ distorta. Quello che
si deve fare è partecipare al dibattito comune e dimostrare che le posizioni che derivano da un’esperienza
religiosa sono una ricchezza per la
società. Nel momento storico in cui
viviamo, i progressi tecnologici stanno facendo saltare i fondamenti culturali antropologici della società e ci
troviamo ad dover inventare – e molto rapidamente – nuovi paradigmi.
Le religioni devono dimostrare che le
loro saggezze secolari, anzi millenarie, sono strumenti irrinunciabili in
questo sforzo comune.
negativamente ed è da evitare il più
possibile, salvo casi molto particolari
da gestire con determinate cautele.
Se una persona della mia comunità
mi chiedesse spiegazioni (o istruzioni) in merito, gli spiegherei la posizione della tradizione, sperando di
convincerlo. Il nostro mondo religioso
è fatto di tanti profili che la legge dello Stato permette ma che la religione
proibisce. Sta poi al rigore personale
del fedele trovare il proprio spazio.
Diversa è invece la situazione in cui
è la legge dello Stato a proibire al fedele cose per lui lecite e, ancora più
grave, per lui obbligatorie.
Ancora diritti civili. Il mondo
ebraico, talora percepito come
piuttosto conservatore, è pronto
ad affrontare le sfide della modernità che la Chiesa cattolica
sta oggi fronteggiando, complice
anche il rinnovamento – non lo
si può negare, anzitutto nello stile – che ha portato Bergoglio? Il
pensiero va ai diritti delle coppie
omosessuali.
Rimaniamo nell’ambito di spinose sfide etiche. L’interesse del
bambino è inteso come prioritario da chi rappresenta il mondo
cattolico; e però, di recente, la
Corte costituzionale italiana ha
statuito il principio per cui “la
determinazione di avere o meno
un figlio non può che essere incoercibile”, di fatto istituendo in
via pretoria un innovativo diritto a diventare genitori, dichiarando la illegittimità costituzionale del divieto di fecondazione
eterologa. Qual è la sua posizione a tal proposito, da medico e da
rabbino?
Bisogna ancora comprendere se le
indubbie novità stilistiche del nuovo
papa siano anche novità dottrinali
e istituzionali. Ma questo è un dato
interessante che noi possiamo osservare solo dall’esterno. Per quanto riguarda il mondo ebraico, esso è
certamente pronto e nella sua varietà
offre un ampio ventaglio di risposte.
Solo alcune sono compatibili con la
presunta modernità da una parte e
dall’altra con una visione religiosa
ortodossa. Nella questione specifica
credo, dal punto di vista ortodosso,
che il “paletto” da non superare sia
nella definizione di matrimonio, non
in un raccordo di reciproca tutela e
protezione di due persone.
L’interesse del bambino e la fecondazione eterologa non sono esattamente la stessa cosa. Inoltre, nell’ebraismo avere un figlio (anzi due) non
è un diritto ma un dovere; è quindi
come se si parlassero lingue differenti. Comunque, la fecondazione eterologa è vista nella dottrina rabbinica
“I Mondiali hanno fatto incontrare persone di diverse nazioni e
religioni. Possa lo sport favorire
sempre la cultura dell’incontro”.
Lo ha twittato il Papa a poche
ore dalla finale di Rio tra la sua
40
PANORAMA PER I GIOVANI
Argentina e la Germania. Più
che al rettangolo di gioco, però,
bisognerebbe pensare agli spalti,
spesso luogo di manifestazioni le
più grette e infami. Cosa si prova a vivere a Roma, città in cui il
fenomeno è particolarmente evidente, e a vedere le curve talora
infiammate da slogan antisemiti?
È ovvio che davanti a certi striscioni
e spettacoli viene lo sconforto. D’altra
parte, queste infelici situazioni offrono la possibilità di toccare con mano
i fenomeni, individuare gli ambienti,
sollecitare una riflessione sui motivi
e iniziative per ripararli. Ma come
giustamente ha detto il papa, lo sport
è uno strumento potente per la pace
e la amicizia.
In chiusura, ci permetta di attenuare il tono e spostarci a tavola: carciofo alla giudia o carciofo
alla romana?
Mi sembra la questione più rilevante di questa conversazione... Sapete
qual è il problema reale, al di là dei
gusti, della tollerabilità dei fritti e
delle variazioni etnogastronomiche?
Che i carciofi siano puliti bene dalle parti poco commestibili (“capati”)
prima della frittura o cottura. Purtroppo questo non succede sempre,
soprattutto nei ristoranti, e ne va del
buon nome di queste antiche ricette.
Ma questo problema di incompetenza
e improvvisazione c’è anche nel dialogo.
Grazie.
(mentre questa pubblicazione va in
stampa si conclude, dopo una quinquennale e particolarmente florida
collaborazione con Panorama per i
Giovani, frattanto giunti al termine
dei rispettivi studi, la permanenza
dei due autori presso il Collegio “Lamaro Pozzani”. L’occasione è particolarmente gradita per ringraziare tutti voi, fedeli lettori e amici, e i nostri
compagni d’avventura editoriale).
Hôtel de ville de Bruxelles - Façade 01” di EmDee cc
VIAGGIO NEL CUORE DELL’UNIONE EUROPEA
L’ESPERIENZA DEL COLLEGIO A BRUXELLES
The annual journey of the University College “Lamaro Pozzani” was held this year in Brussels, Belgium’s
capital city and home of many important European institutions. The trip was the peak of a special year for
the European Union and for the studies of the College.
di Rachele Antonella Lauro e Gianmarco Lugli
41
2 - 2014
DAL COLLEGIO
diritto dell’Unione Europea; inoltre,
un gran numero di incontri serali ha
avuto come oggetto l’Unione, analizzata da vari esperti del mondo accademico e non, nella molteplicità di aspetti
che la caratterizzano. Il percorso formativo ha poi conosciuto un importante e prezioso coronamento: il viaggio di
studio del corrente anno accademico si
è svolto nella più “europea” delle città,
Bruxelles, dal 31 marzo al 3 aprile. Sin
dalla fondazione del Collegio, il viaggio rappresenta un’occasione unica di
riflessione, approfondimento e
Il viaggio di studio dell’anno accasvago. E mai
come quest’anno
demico si è svolto nella più
l’offerta formati“europea” delle città: Bruxelles
va del Collegio si
è proficuamente
re. Non esiste difatti nel mondo un calata in una realtà di primissimo piamodello politico, economico e ammini- no.
strativo comparabile per dimensioni e Capitale del Belgio e sede di
caratteristiche.
numerose istituzioni dell’Unione Eu
L’argomento “Unione Euro- ropea, Bruxelles appare a prima vista
pea” ha inoltre caratterizzato un gran come una tipica città europea, con un
numero di attività formative presso il cuore antico e tutta una serie di quarCollegio Universitario “Lamaro Pozza- tieri periferici ordinatamente disposti
ni”. Il primo modulo del corso di “Cul- concentricamente. Nondimeno, le nutura per l’impresa – Cavaliere del La- merose passeggiate tra i vari boulevoro Gaetano Marzotto” del corrente vard hanno portato ad una conclusioanno accademico era incentrato sul ne obbligata: non è possibile inquadraL’anno 2014 verrà probabilmente ricordato in futuro come l’anno dell’Europa. Nel mese di maggio si sono tenute le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo, le prime con le importanti modifiche introdotte dal Trattato
di Lisbona. In più, l’Italia ha assunto il
primo luglio la Presidenza di turno
della Commissione europea, ruolo che
ricoprirà per sei mesi. Ancora, continua il processo di affermazione dell’Unione come entità centrale nella politica internazionale e unica nel suo gene-
42
PANORAMA PER I GIOVANI
re la città in un unico stile architettonico. I quartieri moderni, dei quali
l’Atomium (il monumento celebrante i
progressi in campo di conoscenza
dell’energia atomica costruito in occasione dell’Expo del 1958) è simbolo
ideale, convivono con la città vecchia,
sviluppatasi nel corso del Medioevo e
della prima età moderna, e con vaste
ed eleganti aree dallo stile Art Nouveau.
È in questa cornice che,
nell’attesa della ricca gamma d’incontri istituzionali programmati, abbiamo avuto un assaggio delle bellezze
artistiche della città. Passeggiando
per le strade medievali tipiche della
Città Bassa, sita nella parte più ad
ovest del centro della città, una piccola
via ci ha condotti nella Grande Place,
che si è mostrata in modo quasi improvviso in tutta la sua eleganza e maestosità. Dichiarata patrimonio mondiale dall’Unesco nel 1998, la piazza è
circondata da edifici sia pubblici sia
privati risalenti alla fine del XVII secolo; tra di essi, si staglia per la sua
imponenza l’Hotel de Ville, sede del
Municipio. La Grande Place, che ci era
apparsa già bellissima di giorno, si è
poi rivelata ancora più bella di sera,
con le sedi delle corporazioni illumina-
Foto di David D’Hallewin e Erik Hörmann
Gli studenti del collegio nella Grand Place
2 - 2014
La Grand Place
te e animate da un’atmosfera vivace e
giovanile.
Il primo incontro si è tenuto
nella Rappresentanza Permanente
d’Italia presso l’Unione Europea. Siamo stati accolti da Alessandro Cortese, ambasciatore presso il Comitato
politico e di sicurezza (Cops) dell’UE, il
quale ci ha illustrato il ruolo che svolge la rappresentanza in seno ai vari
organi dell’Unione e come essa è articolata. In particolare, il Cops segue la
situazione internazionale nei settori
della politica estera e sicurezza comune e di politica europea di sicurezza e
di difesa. Si tratta, di fatto, del comitato che definisce, controlla e coordina la
risposta dell’Unione di fronte a una
crisi internazionale. L’ambasciatore
ha diffusamente parlato della sua carriera professionale e di come l’approdo
a Bruxelles abbia costituito un importante traguardo personale e professionale. Egli ha inoltre fornito una panoramica dei vari organi dell’Unione,
enfatizzando la loro necessità e la loro
concatenazione, garantita da un complesso gioco di equilibri tra le funzioni
da esse esercitate. La prima giornata del viaggio
si è conclusa con una visita presso il
Parlamentarium, il museo del Parla-
DAL COLLEGIO
L’Atomium
mento europeo. Si tratta di una mo- dre, Bruges ha conosciuto un poderoso
stra permanente che, tramite l’ausilio sviluppo in ragione del suo sbocco sul
di un gran numero di supporti multi- Mare del Nord: per tutto il Medioevo
mediali, aiuta a comprendere come la città ha condiviso insieme ad Anverfunzioni il “sistema Parlamento”. La sa il titolo di principale porto del Nord
mostra è disponibile in tutte le lingue Europa. Importanti erano inoltre le
ufficiali dell’Unione e contiene al suo relazioni commerciali con la regione
interno un gran numero di testimo- mediterranea, nei confronti della quanianze di europarlamentari, nonché le era fiorente l’esportazione di prodotbiografie di personalità europee che ti tessili e manifatturieri. Le due piazhanno contribuito allo sviluppo dell’U- ze principali della città, il Markt e il
Burg, conservano il loro fascino tardonione Europea.
Nel nostro viaggio in Belgio a gotico, condiviso con le numerose basicavallo tra istituzioni, politica e
Le nostre giornate
cultura non poteva mancare una
fra incontri istituzionali e
visita nella splenpasseggiate storico-culturali
dida
cittadina
medievale di Bruges. Capoluogo e città principale delle liche cittadine. Bruges ospita anche
Fiandre Occidentali, Bruges costitui- un Michelangelo, “La Madonna con il
sce un importante centro turistico e bambino”, custodita nella Chiesa di
commerciale. Il centro storico è stato Nostra Signora e la reliquia del sacro
dichiarato patrimonio dell’umanità Sangue, custodita nella Heilig-Blodall’Unesco nel 2000 e ha attraversato edbasiliek che si dice sia stata portata
indenne quasi mille anni di storia. La dalla Terra santa dal conte di Fiandra
fortuna della città nel corso dei secoli è Teodorico d’Alsazia. Come dimostrastata in larga parte decretata dalle fio- zione del ruolo di centralità in ambito
renti attività commerciali che in essa internazionale svolto da Bruxelles e
fiorivano. Fondata in epoche antece- dintorni, in visita a Bruges quello stesdenti la conquista romana delle Fian- so giorno c’era anche il Presidente ci-
PANORAMA PER I GIOVANI
43
DAL COLLEGIO
Parlamento Europeo
Innanzitutto, il Parlamento europeo
consta di due sedi, una a Bruxelles e
l’altra a Strasburgo. L’edificio di Bruxelles è diviso in varie sezioni, ciascuna denominata in onore di un grande
politico particolarmente importante
per il processo d’integrazione europea
(Spaak, Spinelli, Adenauer, Antall,
Karamanlis) ed è sormontato da una
cupola di vetro. Nella piazza principale di accesso ci ha accolto la visione
della scultura di Olivier Strebelle, le
cui diramazioni di acciaio, che si intrecciano e si
elevano
verso
La vita dei cittadini dell’Unione è
l’alto per ben 35
ormai sempre più decisa al livello
metri, sono simbolo dell’inconcomunitario
tro e dell’unificazione
delle
mento europeo” sembra più un ossi- nazioni. Inoltre, a fronte di una buromoro che la corrente denominazione crazia europea che può sembrare indel principale organo legislativo sormontabile, un parlamentare eurodell’Unione. Come è possibile immagi- peo ha a disposizione tutti i mezzi e il
nare che in un unico luogo 751 deputa- supporto di cui necessita per espletare
ti di 28 Stati Membri siano in grado di le sue funzioni. Peculiari sono le figure
contribuire, tramite la discussione e professionali dei lobbysti: additati
l’approvazione di leggi, alla crescita e come figure sinistre da molti organi di
all’organizzazione dell’Unione? I deli- stampa internazionali e specialmente
cati equilibri e le modalità di funziona- nostrani, sono in realtà rappresentanmento delle assemblee ci sono stati il- ti d’imprese transnazionali, di unità
lustrati presso la sede del Parlamento. amministrative come regioni o, anconese Xi Jinping. La cittadina belga è
stata infatti, insieme alla stessa Bruxelles, tappa del tour di 10 giorni svolto dal Presidente cinese in Olanda,
Francia, Belgio, Germania e presso le
Istituzioni europee, come simbolico
avvicinamento nelle relazioni tra Cina
ed Europa.
La visita al Parlamentarium
ha di fatto costituito un’interessante
introduzione alla visita del Parlamento europeo, avvenuta al rientro dalla
gita a Bruges. La locuzione “Parla-
44
PANORAMA PER I GIOVANI
Parlamento
ra, di organizzazioni internazionali il
cui ruolo è quello di sensibilizzare i
deputati verso alcune problematiche,
siano esse economiche o più marcatamente sociali e amministrative. La nostra visita è terminata con la visione
dell’emiciclo, di recente restaurato e
riaperto al pubblico.
La giornata si è conclusa con
un evento conviviale. Presso una delle
tante brasserie che caratterizzano
Bruxelles abbiamo avuto modo di cenare, nello stile delle “cene in comune”
collegiali, con tre laureati del Collegio:
Matteo Matarazzo, Gabriel Orazi e Jelena Pajic. I loro percorsi professionali
li hanno condotti verso una carriera
strettamente correlata alle istituzioni
europee e questo grazie anche alla
preparazione e alle esperienze maturate in Collegio.
Se nel secondo giorno di viaggio ci siamo confrontati con il Parlamento europeo, il terzo giorno ha avuto come assoluta protagonista la Commissione europea. Grazie ai laureati
che lavorano oggi presso la Commissione, è stato organizzato un ciclo di
conversazioni su diversi aspetti particolarmente importanti per i cittadini
dell’Unione. Ospiti della Direzione Generale per la Salute e i Consumatori,
Foto di David D’Hallewin e Erik Hörmann
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Europeo
abbiamo potuto constatare l’imprescindibilità dell’Unione Europea per
un gran numero di questioni di rilevanza internazionale, ma anche di
semplice vita comunitaria. Lo spettro
d’azione della Commissione comprende, infatti, importanti nodi internazionali, quale l’attuale situazione economica greca e svariati ambiti che impattano direttamente sulla vita di
ogni giorno: la sicurezza alimentare,
la protezione dei consumatori e le nuove tecnologie. Quest’ultimo tema è stato affrontato da un laureato del Collegio, Davide Polverini, il quale ha evidenziato nel suo discorso come la Commissione sia impegnata appunto nella
promozione e nel controllo delle nuove
tecnologie. In particolare, l’attenzione
è stata focalizzata sul fotovoltaico e
sulle sue importanti implicazioni e,
più in generale, sull’importanza degli
investimenti in ambito di R&D. Il lavoro in ambito tecnologico comprende
anche un gran numero d’innovazioni
in campo di IT, come ad esempio le
nuove tecniche di ecodesign in architettura. Il tema della protezione dei
consumatori è stato invece discusso
con Salvatore Scalzo, anch’egli laureato del Collegio. Già nel modulo di Diritto dell’Unione Europea avevamo
DAL COLLEGIO
Il Direttore scientifico del Collegio con Alessandro Cortese
notato come la legislazione dell’Unio- re e del ruolo dell’Unione Europea nel
ne ponga un importante accento sui mondo, abbiamo così concluso la noconsumatori e sulla concorrenza. L’in- stra visita presso la Commissione.
contro con Salvatore Scalzo ha confer- Bruxelles è un crocevia per
mato le nostre aspettative e abbiamo molti laureati del Collegio, impegnati
potuto constatare come la tutela dei sotto il profilo professionale nelle isticonsumatori è presente nell’agenda di tuzioni dell’Unione. Tra di essi, Gianmolte Direzioni della Commissione. franco Dell’Alba (peraltro intervistato
Sono stati poi elencati e discussi i cri- dalla nostra rivista nel numero 3/2013)
teri in base ai quali viene stabilito il rappresenta un forte esempio del conmarchio di “Conformità Europea” (CE) nubio tra Collegio e Unione. Per due
e gli standard prodotti dal CEN (Co- legislature parlamentare europeo, il
mitato Europeo di Normazione) per dottor Dell’Alba lavora oggi a Bruxelarmonizzare
e
adattare ai singoLe strutture nazionali devono
li paesi le norme
continuamente adattarsi alla
relative al libero
scambio, alla prodinamicità di Bruxelles
tezione dell’ambiente, alla sicurezza dei consumatori e dei lavoratori. les come Direttore della Delegazione
Un altro laureato, Vincenzo Baccaro, per l’UE di Confindustria. Nelle sede
ha illustrato uno scenario di politica della Delegazione si è tenuto un nuovo
comunitaria: il suo intervento ha de- ciclo di incontri che ha offerto una pascritto la nascita ed il lavoro della noramica dell’intero Sistema Italia a
Task Force Grecia, nata nel 2011 per Bruxelles e ha sottolineato l’importancoadiuvare il governo greco nell’utiliz- za e la necessità di valorizzare l’induzo dei fondi di salvataggio forniti dal stria italiana a livello europeo e interFMI e dall’UE. Per completare il ciclo nazionale. Giovanni Donato, segretad’incontri sono intervenuti Alain Cusi- rio del GII, Gruppo Iniziativa Italiana,
mano e Pierpaolo Settembri: analiz- ha evidenziato l’adattamento continuo
zando i temi della sicurezza alimenta- che le strutture nazionali devono subi-
PANORAMA PER I GIOVANI
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DAL COLLEGIO
Bruges
Bruges
re in seguito alla dinamicità degli ambienti di Bruxelles e quanto sia ormai
a livello europeo che si giochi il futuro
della nostra generazione. Altri interventi hanno avuto per protagonisti Cosimo Avesani in rappresentanza
dell’Edison, Elena Curtopassi della
Rappresentanza della Regione Veneto
in Europa e Lorenzo Robustelli, corrispondente a Bruxelles per Euronews.
Tra i vari argomenti discussi merita
una menzione particolare il fenomeno
dell’euroscetticismo, in forte ascesa in
relazione alle politiche anti-crisi degli
ultimi anni, segno di carenza di fiducia
nelle istituzioni europee e pertanto da
combattere con i mezzi più appropriati: una corretta informazione per i cittadini al fine di aumentare la consapevolezza e soprattutto la fiducia nei
confronti dell’Unione.
Nella splendida cornice del
quartiere di Ixelles, il dottor Dell’Alba
ha voluto ospitarci presso la sua abitazione per una discussione insieme
formativa, conviviale e intergenerazionale. L’incontro ha permesso a noi
studenti di entrare in contatto con
un’esperienza innanzitutto professionale: abbiamo avuto infatti modo di
interfacciarci con un vero “professio-
nista” dell’Europa, da sempre nel vivo
della politica e delle dinamiche comunitarie. In più, dal confronto con un
“collega” più grande è scaturita una
riflessione sulla attualità del modello
del Collegio Universitario “Lamaro
Pozzani”.
L’ultima mattinata prima del
ritorno l’abbiamo dedicata ad una ulteriore visita della città, che ha portato alcuni studenti alla scoperta del
museo di Magritte e altri alla visita
dell’Atomium. Il museo di Magritte
contiene la più vasta collezione esistente del pittore belga, che abbraccia
la sua intera vita e si sviluppa in un
polo museale di dimensioni e portata
culturale ragguardevoli. Costruito per
l’Esposizione universale di Bruxelles
del 1958, l’Atomium è ormai diventato
uno dei simboli più noti della città.
Alto 102 metri e formato da una struttura di 2400 tonnellate di acciaio, rappresenta i nove atomi di un cristallo di
ferro, un chiaro collegamento, quindi,
allo sviluppo tecnologico dell’epoca.
L’esperienza del Collegio a
Bruxelles è stata certamente proficua
e densa di significato. Da essa noi studenti siamo riusciti a trarre un insegnamento importante: la vita dei cit-
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PANORAMA PER I GIOVANI
tadini dell’Unione è ormai sempre più
decisa al livello comunitario. A dimostrazione dell’importanza che riveste
l’Europa come fonte dei nostri studi e
del nostro impegno futuro, siamo riusciti a incontrare un gran numero di
laureati del Collegio la cui vita si svolge quotidianamente nel segno nella
bandiera a dodici stelle, vessillo di
uguaglianza e progresso. Grazie a
Bruxelles abbiamo compreso il vero
significato della cittadinanza europea, con i diritti e i doveri che essa
comporta.
Se prima di partire molti di
noi erano convinti di conoscere bene
le istituzioni dell’Unione Europea, in
questa “quattro giorni” la teoria ha
conosciuto la sua pratica. Toccare con
mano il lavoro all’interno del Parlamento e della Commissione ha consentito a tutti noi di comprendere una
volta per tutte come sia possibile unire sotto la stessa bandiera paesi e
istanze anche molto diverse tra loro.
A Bruxelles i rappresentanti di 500
milioni di persone lavorano al fine di
garantire e rafforzare il senso di comunità così faticosamente costruito
dalle macerie della seconda guerra
mondiale.
Foto di David D’Hallewin e Erik Hörmann
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PUBLIC SPEAKING:
PARLIAMONE
Communication is one of the most important aspects of our social and
working life. Since there are different situations in which we might be
called on to speak confidently in public, we need to do it right and
effectively. As a matter of fact, public speaking leads the speaker to
an efficient exposition of ideas and helps him match his goal, making a
difference in life, businnes and career.
di Rachele Antonella Lauro e Francesca Pianca
I Romani, successivamente, procedettero alla la sistematizzazione di questo sapere. Fu Cicerone a individuare
come qualità essenziali dell’oratore il
docere, movere e delectare: riuscire, insomma, non solo a esporre il proprio
messaggio, ma anche a renderlo piacevole e a coinvolgere emotivamente
l’ascoltatore. A partire da tali affermazioni si deduce come Cicerone fosse
già consapevole dell’importanza che
ancora oggi assumono quegli aspetti
della comunicazione definiti come “paraverbali” e “non verbali”.
Sulla base della ricerca dello
psicologo statunitense Albert Mehrabian, l’aspetto verbale, infatti, incide
solo per il 7% sulla comunicazione;
per il 38% essa dipende dagli aspetti paraverbali, ovvero tono, velocità
e ritmo della voce, mentre per il 55%
da quelli non verbali, quali postura,
movimenti del corpo, gestualità ed
espressioni.
Pertanto, articolare un buon discorso non è un’operazione così
Per articolare un buon discorso
semplice quanto
serve una preparazione adeguata;
appare: fare affidamento sulnon è sufficiente fare affidamento
la buona sorte
sulla buona sorte o
o sulle abilità
personali
non
sulle abilità personali
è sempre sufficiente; serve una preparazione specilazione con il pubblico ascoltatore.
A tal proposito, sappiamo da fica, alla quale un corso di public speAristotele che gli antichi distingue- aking permette di giungere.
Constatato che ogni discorso
vano le diverse fasi di produzione del discorso in inventio, dispositio, elo- si articola in diversi aspetti, è bene
cutio, memoria ed actio, volte rispet- imparare a gestirli in modo organitivamente a individuare gli elementi co al fine di esprimersi con carisma,
del discorso, a collegarli, a scegliere lo chiarezza ed efficacia. Risulta di nostile, a memorizzarne il contenuto e, tevole importanza, inoltre, sviluppare
infine, a presentarlo.
un’adeguata connessione tra speaker,
Molti e variegati sono i momenti di
crescita personale e formativa che il
Collegio offre ai propri studenti: in
una di queste occasioni, durante il
consueto ciclo di appuntamenti serali,
è stato introdotto e sviluppato il concetto di public speaking. In presenza
del Presidente del gruppo lombardo
dei Cavalieri del Lavoro Luigi Roth,
Paola Perna, professoressa nonché
consulente di comunicazione aziendale, formatrice, web writer e giornalista, è riuscita a catturare l’interesse degli studenti al punto da far loro
richiedere un approfondimento del
tema attraverso incontri in forma seminariale.
Nonostante che il termine
public speaking possa apparire moderno e innovativo, in realtà esso fa
riferimento a una tra le più antiche e
note abilità umane, l’ars oratoria, conosciuta già dagli antichi greci e volta
all’acquisizione della padronanza del
contenuto combinata a un’efficace re-
PANORAMA PER I GIOVANI
DAL COLLEGIO
audience e subject, mantenendo sempre salda l’attenzione sull’obiettivo,
ovverosia quello di trasmettere un
messaggio e trasmetterlo in modo tale
che esso susciti attenzione e di conseguenza interesse. Quest’ultimo concetto viene riassunto abilmente dalla
sigla Wiifm - What’s in it for me? -, con
la quale si pone l’accento sull’utilità e
sul contributo che il messaggio offre a
chi lo ascolta. Un esperto oratore deve
essere abile nel creare una relazione
di unicità con il pubblico, suscitare in
ciascuno la sensazione di essere privilegiato nel poterlo ascoltare e di assistere ad un evento fatto per pochi.
Mantenere un adeguato controllo degli aspetti paraverbali e non
verbali della comunicazione è molto
più difficile di quanto si possa pensare. Ognuno di noi ha un particolare modo di porsi, di gesticolare, che
non sempre è quello più adatto alla
buona riuscita della comunicazione.
Gli errori più frequenti ai quali si va
incontro quando ci si trova a parlare
in pubblico riguardano soprattutto
lo sguardo e la postura. Spesso chi
parla, per favorire la concentrazione, tende a tenere lo sguardo basso,
a focalizzarlo su punti particolari o
a guardare nel vuoto, creando in tal
modo un inevitabile distacco con l’insieme degli ascoltatori.
La postura, ovverosia il modo
in cui ci si pone davanti alla platea,
rivela molti aspetti del proprio carattere e di ciò che si vuole trasmettere.
Spesso le donne tendono a tenere le
spalle ricurve o i piedi incrociati, mentre gli uomini parlano con le mani in
tasca o dietro la schiena. Portamenti
erronei di questo genere sono conseguentemente accompagnati da inopportune oscillazioni della testa, se non
dell’intero corpo. Gli insegnamenti del
public speaking son volti o proprio a
limitare, per poi gradualmente eliminare, quegli atteggiamenti sbagliati
che inconsapevolmente portano a disturbare l’attenzione di chi ascolta.
Tra i giusti accorgimenti che la disciplina suggerisce si annoverano: una
corretta calibrazione del tempo, una
gestualità coerente, il mantenimento di un contatto visivo con il pubblico – fermando per qualche secondo lo
sguardo su ciascun ascoltatore –, il
47
rispetto dei tempi stabiliti – ulteriore
elemento per conquistare la fiducia di
chi ascolta –, l’avviso di eventuali dilungamenti, l’uso adeguato delle pause e, infine, la ripetizione, se necessaria, di ciò che si ritiene importante. In
media, infatti, l’interlocutore ascolta
solo parte del discorso, sia a causa del
fisiologico calo dell’attenzione, sia perché impegnato a selezionare e interiorizzare le informazioni.
Le modalità di percezione del
linguaggio variano da individuo a individuo e dipendono dal personale sistema di rappresentazione e apprendimento, il cosiddetto learning style.
A seconda del canale sensoriale privilegiato nella comunicazione, gli individui possono essere distinti in: visivi,
auditivi e cinestesici (o kinestetici).
Fondamentale per chi parla è
quindi tener conto della disomogeneità del pubblico. Attraverso la pratica
si sviluppa sempre più la capacità
di distinguere queste categorie: ad
esempio, un visivo può essere riconosciuto dal fatto che non perde mai di
vista colui che parla o, ancora, un auditivo, avendo un orecchio dominante, tenderà a tenere il capo inclinato
durante l’ascolto.
È possibile individuare più
facilmente quale sia il sistema comunicativo prevalente di una persona
nel momento in cui parla: è bene per-
Cicerone denuncia Catilina di Cesare
ciò aver chiaro il proprio canale prefeMaccari, 1889, Palazzo Madama, Roma
renziale, così da poterlo integrare con
i due mancanti.
Per stimolare l’attenzione del pubbli- ne e in un mondo sempre più compeco visivo risulta efficace la proiezione titivo migliorare le proprie capacità
di slides o video; quanto agli auditivi, comunicative si rivela di grande imessi preferiscono, invece, una spiega- portanza. Tali obiettivi accomunano,
zione frontale e un dibattito attivo; infatti, tanto i manager impegnati in
infine, per i cinestetici si dimostra- attività commerciali, quanto i politici
no molto utili esperienze pratiche nel mezzo di una campagna elettorale
e attività di gruppo. In ogni caso, il o dell’attività parlamentare. E, ovviadiscorso riuscirà nel suo intento nel mente, anche gli studenti, nel momenmomento in cui sollecita ognuno di to in cui devono parlare davanti ad
questi aspetti.
una commissione, durante una qualsi
Imparare a esprimersi e a voglia esposizione o altre attività quocomunicare al meglio è essenziale tidiane che si inseriscono nel panorain qualsiasi momento della vita, che ma pubblico-relazionale.
sia esso scolastico o lavorativo, poi- È dunque in quest’ottica molché viviamo immersi in una realtà di to ampia che si inserisce con crescente
relazioni e occaImparare ad esprimersi e
sioni di incontro.
A seconda dello
a comunicare al meglio
scopo prefissato,
è essenziale perché viviamo
è essenziale riuscire a costruire
immersi in una realtà di relazioni e
un discorso adeoccasioni di incontro
guato. Se l’obiettivo è quello di
lasciare il segno bisogna ricorrere a un impeto il public speaking. Suo compito,
impront speech; per un discorso volto mentre si parla in pubblico, è quello di
a trasmettere un particolare contenu- scongiurare errori di metodo che posto si penserà a un informative speech; sano ostacolare il raggiungimento dese si vogliono ottenere consensi ad un gli obiettivi preposti. Detto altrimenti,
non basta avere idee vincenti se non si
persuasive speech.
In una società in così rapida evoluzio- riesce a comunicarle efficacemente.
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PANORAMA PER I GIOVANI
È QUANDO TI SENTI PICCOLO CHE SAI DI ESSERE DIVENTATO GRANDE.
A volte gli uomini riescono a creare qualcosa più grande di loro. Qualcosa che prima non c’era. È questo che noi intendiamo per innovazione
ed è in questo che noi crediamo.
Una visione che ci ha fatto investire nel cambiamento tecnologico sempre e solo con l’obiettivo di migliorare il valore di ogni nostra singola
produzione.
È questo pensiero che ci ha fatto acquistare per primi in Italia impianti come la rotativa Heidelberg M600 B24. O che oggi, per primi in Europa,
ci ha fatto introdurre 2 rotative da 32 pagine Roto-Offset Komori, 64 pagine-versione duplex, così da poter soddisfare ancora più puntualmente
ogni necessità di stampa di bassa, media e alta tiratura.
Se crediamo nell’importanza dell’innovazione, infatti, è perché pensiamo che non ci siano piccole cose di poca importanza.
L’etichetta di una lattina di pomodori pelati, quella di un cibo per gatti o quella di un’acqua minerale, un catalogo o un quotidiano, un magazine
o un volantone con le offerte della settimana del supermercato, tutto va pensato in grande.
È come conseguenza di questa visione che i nostri prodotti sono arrivati in 10 paesi nel mondo, che il livello di fidelizzazione dei nostri clienti
è al 90% o che il nostro fatturato si è triplicato.
Perché la grandezza è qualcosa che si crea guardando verso l’alto. Mai dall’alto in basso.