COLLEGIO UNIVERSITARIO “LAMARO POZZANI” - FEDERAZIONE NAZIONALE DEI CAVALIERI DEL LAVORO 2014 PANORAMA PER I GIOVANI 2 Collegio Universitario “Lamaro Pozzani” - Via Saredo 74 - Roma - Quadrimestrale - POSTA TARGET CREATIVE Aut. n. S/SA0188/2008 valida dal 01/07/2008 - anno XLVII - n. 2 - maggio-agosto 2014 IL DIALOGO INTERVISTA UNA CULTURA ALL’INSEGNA DEL RISPETTO LE PAROLE DEL RABBINO RICCARDO DI SEGNI VIAGGIO IL COLLEGIO A BRUXELLES IL DIALOGO INTERRELIGIOSO I VOLTI DI DIO Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro Eccellenza in formazione. Collegio Universitario “Lamaro Pozzani” Un Collegio universitario che è più di una residenza: è un’idea di futuro. Dal 1971 supporta i giovani più meritevoli preparandoli a posizioni di alta responsailità nel mondo delle aziende, delle istituzioni, della ricerca e dell’insegnamento. Formazione, impegno, amore per il sapere, sono i valori che da sempre guidano il Collegio. I borsisti ospitati in totale gratuità, circa 70, hanno libero accesso a tutti i servizi (sale informatica, palestra, campi sportivi). Il calendario delle attività prevede corsi interni a fre- quenza obbligatoria (economia, diritto, lingue straniere, informatica, tematiche attinenti i singoli corsi di laurea e la loro connessione con il mondo del lavoro) e un fitto programma di iniziative collaterali: stage linguistici e professionali, viaggi di studio all’estero, esperienze dirette in campo editoriale e redazionale, e ancora seminari e gruppi di studio, incontri con personalità del mondo politico, imprenditoriale e della cultura. Scopri di più su www.collegiocavalieri.it. Eccellenza per passione. EDITORIALE S ono passati quasi cinquecento anni da quando Era- Poitiers, di quella di Lepanto e della resistenza di Vienna smo da Rotterdam tentò invano di spegnere le pri- al secondo e ultimo assalto dei turchi, così come le crociate me fiamme del fuoco delle guerre di religione che e le stragi delle guerre fra gli stessi cristiani. E chi teorizza avrebbero devastato l’Europa con parole che non lo “scontro di civiltà” continua a farlo pensando anche e in hanno perso la loro attualità: «Cessiamo di divorarci a vi- qualche caso soprattutto alle religioni. Questo esito, tuttavia, non è affatto obbligato. Le cenda, come pesci. Perché mandare all’aria il mondo intero sopra paradossi, in parte incomprensibili, in parte opinabili, più grandi personalità di tutte le religioni sono state spesso in parte sterili? Il mondo è colmo di rabbia, d’odio, di guerre. uomini e donne di pace, in molti casi fino al sacrificio della A quale conclusione si giungerà se usiamo soltanto le bolle e propria vita. È stato – fra gli altri – Jürgen Habermas a il patibolo? Non è gran fatto bruciare un piccolo uomo: gran riconoscere nelle grandi religioni monoteistiche, in virtù fatto è persuaderlo». E un fatto ancora più grande, possia- dell’universalismo ad esse intrinseco, una dinamica mo forse aggiungere dopo oltre due secoli di teoria contro- alternativa a quella dell’isolamento e della violenza e versa e pratica accidentata dei diritti dell’uomo, è accettar- potenzialmente generatrice di una solidarietà cosmopolitica lo così come è, con la sua storia, la sua fede e i suoi valori, aperta e inclusiva, a maggior ragione dopo che il ventesimo continuando a cercare insieme la pace e la giustizia anche secolo ha bruciato la speranza della via tutta e solo politica quando sappiamo che le nostre strade resteranno diverse. alla realizzazione del Regno della giustizia in terra. E La religione ha spesso diviso anziché unire proprio dal pontefice della chiesa cattolica è venuto, pochi soprattutto attraverso due parole. La prima è la Verità. mesi fa, un duro monito a non rinchiudersi nelle sacrestie Ogni fede include un nucleo forte di affermazioni sul della Verità: «Se uno ha le risposte a tutte le domande – fondamento e il fine del mondo e della vita, sul rapporto ha detto papa Francesco in un’intervista al direttore de fra la sfera sensibile e quella sovrasensibile, sulla divinità. “la Civiltà Cattolica” – ecco questa è la prova che Dio non Questo elemento in senso lato conoscitivo, che nelle grandi è con lui». Sono molte, d’altronde, le pagine della storia e le situazioni del tempo presente che religioni monoteiste è garantito dalla e dimostrano che l’incontro fra gli uomini nella Rivelazione di Dio agli uomini (che può essere cercato e costruito a partire nel cristianesimo si compie addirittura L’incontro fra gli dalle religioni e non necessariamente come Incarnazione, paradosso assoluto uomini può essere contro di esse. del Dio-Uomo), diventa immediatamente Abbiamo avuto più volte, nel dovere pratico: il culto, ma anche l’insieme cercato a partire nostro Collegio, il privilegio di poter delle regole dalle quali dipende la salvezza, dalle religioni e ascoltare padre Paolo Dall’Oglio. Lo la redenzione dal fardello della sofferenza e della finitezza. A questa circolarità del non contro di esse abbiamo sentito raccontare come era nata la straordinaria esperienza di Deir vero e del bene rinviano necessariamente Mar Musa, la comunità alla quale egli tutti i momenti e i fatti essenziali della vita, che a partire da essa vengono ordinati e giudicati. Il aveva restituito nuova vita a meno di 100 chilometri confronto fra diversi principi e modelli di vita è sempre da Damasco e che ha offerto per qualche decennio la difficile. La religione, quando stringe troppo il nodo fra testimonianza semplice e bella di cristiani e musulmani Verità e Assoluto (Dio), sottraendo la prima alle impurità che sanno e che vogliono vivere, pensare, pregare insieme. ma anche alla fecondità e alle sorprese della storia, può Non posso non ricordare, nel momento in cui decidiamo spingere anche sulla strada della guerra. La seconda parola di affrontare sulla nostra rivista il tema del dialogo fra che divide è l’Identità. Le appartenenze religiose hanno le religioni, la stretta di mano forte, il parlare insieme contribuito in modo decisivo a forgiare le grandi narrazioni determinato e comprensivo e lo sguardo profondo e buono collettive, tanto che a questa consapevolezza non è riuscito di questo gesuita coraggioso, che ha cercato per tutta la a sottrarsi, in questi ultimi anni, neppure il dibattito sua vita sentieri di pace. Gli dedichiamo questo lavoro, sull’identità dell’Europa. La storia ha spesso scavato solchi perché è il risultato della riflessione di un gruppo di profondi fra noi e gli altri, gli “stranieri”: non gli ospiti che giovani che dimostrano in questo modo di riconoscere la gli antichi greci affidavano alla protezione di Zeus Xenios, verità di quella passione e di voler condividere la speranza ma i potenziali nemici, che quando si presentano alle della stessa ricerca. Anche quando tutto appare così frontiere lo fanno spesso con le armi di minacciosi eserciti difficile e molti rischiano di scivolare, come ai tempi di e che è legittimo fronteggiare nello stesso modo. Fra le date Erasmo, verso la scorciatoia della rabbia e dell’odio. Stefano Semplici che tutti abbiamo studiato ci sono quelle della battaglia di PANORAMA PER I GIOVANI 10 PANORAMA PER I GIOVANI N. 2 | MAGGIO - AGOSTO 2014 Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro Direttore responsabile Mario Sarcinelli Direttore editoriale Stefano Semplici Impaginazione David D’Hallewin Revisione testi Gianvito Masi, Matteo Zanini Astaldi Coordinamento redazionale Gianmarco Lugli Redazione: S. Berenato, D. Brambilla, F. Cassarà, C. Ciullo, F. Core, V. M. Cormaci, S. Gabrielli, L. Ghilardi, E. Giardina, G. Lugli, B. Muccioli, G. Padua, F. Parlati, G.Rosana, N. Sabatelli, F. Saldi, D. A. Sambugaro, V. Spotorno, G.Tanzarella, C. Tonin, E. Zuddas. Direzione: presso il Collegio Universitario “Lamaro Pozzani” - Via Saredo 74 - 00173 Roma, tel. 06 72.971.322 - fax 06 72.971.326 Internet: www.collegiocavalieri.it E-mail: [email protected] Autorizzazione: Tribunale di Roma n. 12031 del 9/3/1968. 15 I VOLTI DI DIO 4. IL LOGOS CHE UNISCE: CINQUE PAROLE PER SCOPRIRE IL DIALOGO Esempi di come le grandi figure religiose del passato abbiano scelto il dialogo di Eugenio Galli 15. PREGHIERA, DIALOGO E COSCIENZA CIVILE: LE ARMI DELLA PACE IN TERRA SANTA Gli strumenti per una pacifica riconciliazione di Davide Brambilla 8. IL DE PACE FIDEI DI CUSANO: LA QUESTIONE DEL DIALOGO INTERRELIGIOSO Riflessioni sulla libertà religiosa di Federica Cassarà 18. DEMOCRAZIA ISLAMICA Analisi della presenza musulmana in Italia e delle sue implicazioni di Francesco Saldi 10. ISTITUIRE UN DIALOGO: COMPRENDERSI PER COMPRENDERE Per ritrovare la pace i tre monoteismi devono parlare assieme di Vito Cormaci 20. QUANDO LA FEDE DIVENTA CONFLITTO: L’INDIA DELLA PARTIZIONE La divisione dell’India dopo l’indipendenza di Noemi Sabatelli 12. SARAJEVO: LA GERUSALEMME D’EUROPA La città che ha fatto della pluralità religiosa la propria forza di Serena Berenato 22. PREMIO MONTE SION: IL DIALOGO INTERRELIGIOSO E LE DONNE Il ruolo femminile per la pace di Sara Gabrielli Autorizzazione edizione on-line: Tribunale di Roma n. 361 del 13/10/2008 Stampa: Arti Grafiche Boccia Spa Via Tiberio Claudio Felice, 7 84131 Salerno Finito di stampare: settembre 2014. 2 20 34 IL DIALOGO INTERRELIGIOSO 24. CREDENTI E NON CREDENTI: UN NUOVO FRONTE PER IL DIALOGO Una cultura all’insegna del rispetto di Giulio Tanzarella 28. ANCHE UNA GUERRA SANTA È UNA GUERRA Le stragi nel nome di Dio di Chiara Tonin 30. FONDERE L’AMORE DELLA CONOSCENZA CON LA CONOSCENZA DELL’AMORE Come il dialogo stimola l’arte di Vittorio Barberio 32. UN SOLO DIO, TANTI DEI Monoteismi e politeismi nella storia di Benedetta Muccioli 34. IL CABALISTA DI PRAGA: LA DENUNCIA DEI RISCHI DEL FANATISMO Recensione del capolavoro di Marek di Elisabetta Zuddas 36. DIALOGO INTERRELIGIOSO ED IS: UNA VIA CONTRO IL CONFLITTO Il terrorismo minaccia la pace di Gianmarco Lugli Potete leggere tutti gli articoli della rivista sul sito: www.collegiocavalieri.it PRIMO PIANO 38. DIALOGO E INCONTRO TRA FEDI: “ROMA PUÒ ESSERE UN CAMPO SPERIMENTALE ED ESEMPLARE DI INIZIATIVE” Intervista a Riccardo di Segni, a cura di Gabriele Rosana e Donato Sambugaro DAL COLLEGIO 41. VIAGGIO NEL CUORE DELL’UE: L’ESPERIENZA DEL COLLEGIO A BRUXELLES di Rachele Antonella Lauro e Gianmarco Lugli 47. PUBLIC SPEAKING: PARLIAMONE di Rachele Antonella Lauro e Francesca Pianca Per commenti o per contattare gli autori degli articoli, potete inviare una e-mail all’indirizzo: [email protected] Agli autori spetta la responsabilità degli articoli, alla direzione l’orientamento scientifico e culturale della Rivista. Né gli uni, né l’altra impegnano la Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro. In copertina: La cascata delle Marmore Enrico_01 / shutterstock.com 3 2 - 2014 I VOLTI DI DIO IL LOGOS CHE UNISCE CINQUE PAROLE PER SCOPRIRE IL DIALOGO Is dialogue possible? Is there any unifying power stronger than divisions, hatred and walls? What do we look for? Can religions speak to each other? We have focused on five words (certainty, intelligence, friendship, liberty and commitment) and tried to discover how five great examples of interreligious dialogue have applied them. di Eugenio Galli La storia dell’uomo sembra vomitare una colata incessante di guerre ed eccidi senza posa, senza soluzione di continuità, con un ritmo e una gravità in perenne incremento. Tuttavia, a un occhio attento, questo manto nero è trapuntato di figure brillan- 4 ti, impronte luminose nel fango. C’è del buono forse. Che ruolo hanno le religioni in questo contesto? È possibile che insieme possano costruire il mondo invece che alimentare le carneficine? Certezza, intelligenza, amicizia, li- bertà e impegno: queste cinque parole descrivono al meglio l’essenza del dialogo interreligioso che, nel tempo, si sta proponendo come possibilità sullo scenario globale. Le vogliamo spiegare raccontando cinque episodi che negli ultimi secoli hanno scandito il passo di questo percorso. LA CERTEZZA 1219. Il torrido agosto di Dumyat, roccaforte sul delta del Nilo, 200 chilometri a nord de Il Cairo, sollevava dal terreno un velo umido che impastava e confondeva la vista. Anche respirare sarà stato difficile. Lo scintillio delle armature e degli spadoni dei crociati costituiva un riflesso unico, come l’orizzonte del mare quando, di mattina, il sole vi batte sopra. Come le squame di un pesce argentato. Gli occhi neri di Honza Hruby /shutterstock.com 2 - 2014 un ometto di trentasette anni, basso, bruttino per la verità, vestito di stracci e appena sbarcato per giunta, devono essersi soffermati sul campo dei soldati cristiani. Finalmente. Finalmente, avrà pensato. Otto anni prima ci aveva provato, partendo da Ancona, ma i venti lo avevano ostacolato e non era riuscito a raggiungere le terre in guerra santa. Due anni dopo, ancora, aveva tentato di raggiungere il Marocco passando per terra, dalla Spagna. Niente da fare, una malattia lo aveva costretto alla ritirata. Francesco, il santo, il poverello, il monaco umbro, sarà stato sicuramente deriso da tutti. Che cosa voleva quello scricciolo malaticcio in mezzo agli araldi della cristianità? Cosa poteva aggiungere alle imprese gloriose del re d’Ungheria, del duca d’Austria e I VOLTI DI DIO del re di Gerusalemme, che combatte- telligenza propria di uno scienziato vano insieme per giunta? e la novità con l’apertura attenta In un momento di tregua, Francesco dei bambini. Per questo lasciò in ottenne di poter tentare di avvicinare vita Francesco, lo ricevette, lo coil nemico, al-Malik al-Kāmil, il nipo- nobbe e lo fornì di un lasciapassare te del Saladino. “Il sultano perfetto”, per la Terra Santa. Due intelligencome lo chiamaCertezza, intelligenza, amicizia, vano i suoi. Si dice che amaslibertà e impegno: queste parole se conversare descrivono al meglio l’essenza di filosofia, di giurisprudendel dialogo interreligioso za e di poesia coi suoi funzionari. Componeva versi ze attente che vengono a contatto. egli stesso, aveva fondato accademie e D’altronde, la natura etimologica vagliava attentamente le imposte che del “dialogo” non ci racconta proprio oberavano i suoi sudditi. Era attento questo? Non solo di esseri parlanall’istruzione e ai rapporti con gli al- ti, ma di intelligenze vive? Di logos? tri. Dal suo successivo scambio diplo- In merito al contenuto del matico e culturale con la corte di Fe- confronto, i due interlocutori avranderico II di Svevia, l’Europa guadagnò no poi senz’altro parlato di una possil’uso dello zero, tanto per dirne una. bile tregua, di una soluzione pacifica, Nella terra di nessuno tra di come evitare il sangue crociato e i due accampamenti, Francesco ini- quello curdo-musulmano. E anche di ziò ad avvicinarsi col suo compagno Dio, certamente. La storia tramanda Illuminato al campo del sultano. Di- con un sorrisetto sufficiente questo sarmato e vestito poveramente, fu ac- episodio, durante il quale non solo il colto e ricevuto dal condottiero ayyu- sultano non si è convertito ma nepbide. Disarmato, eppure armato più pure la crociata è stata interrotta. degli altri messi insieme. Fu accolto e Eppure, ancora oggi, si tratta di un ascoltato e restò molti giorni alla corte fatto che ci interroga: abbiamo noi un nemica. La domanda è naturale: ma ideale tanto sicuro nella nostra vita perché? che non abbiamo paura di parlarne a tutti e in virtù del quale possiamo “per la sete del martiro / nella presen- parlare con tutti? Dia-logare? za del Soldan superba / predicò Cristo L’INTELLIGENZA e l’altri che ‘l seguiro”. Nell’agosto del 1582 un maceratese Dante azzarda un’ipotesi, la sete del da poco trentenne sbarcava a Mamartirio. D’accordo, ma con una pre- cao, cittadina cinese tra il delta del cisazione: il greco ci ricorda che chi è Fiume delle Perle e il Mare cinese martys è testimone e Francesco era meridionale, con il suo confratello assetato di testimonianza, di marty- Michele. Neanche due anni prima rion. La certezza che sosteneva il era stato ordinato sacerdote in Inpoverello, il santo, il piccoletto ma- dia, ben lontano dalla Roma aristolaticcio, l’ha reso capace di una bal- cratica e lussuosa dalla quale aveva danza e di un coraggio che lo faceva deciso di partire missionario coi getraboccare, al punto da spendersi suiti. Due uomini con la Cina davanper la predicazione allo straniero, ti agli occhi. Nel cuore, la voglia di per raccontargli di quella certezza conoscerla, di esplorarla, di portare che lui stesso vedeva fondante nella la fede. Il prete si chiamava Matteo. propria vita. Francesco era certo, in- Michele e Matteo decisero di vincibile. E il sultano, dal canto suo, “farsi cinesi con i cinesi”. Per i cinesi, deve essere stato un uomo curioso, si potrebbe aggiungere. Iniziò un’opeun uomo che amava il vero con l’in- ra di insediamento graduale durante la quale vennero intessute amicizie e rapporti personali con i maestri confuciani, ma soprattutto fu un periodo di Basilica di San Francesco, Assisi. PANORAMA PER I GIOVANI 5 2 - 2014 I VOLTI DI DIO grande studio. Impararono la lingua e la geografia dei luoghi, presero dimestichezza con le gerarchie e i ruoli sociali. Non cercarono di imporre nessuna verità scollegata dalla realtà che i loro ospiti vivevano, ma ne condivisero la quotidianità. Una piccola Incarnazione, se si vuole. In questo frangente della vita di padre Matteo Ricci si capisce bene che il dialogo e il rispetto partono da una conoscenza reciproca, mai saccente né sfacciata. Questo atteggiamento è ben messo a fuoco dalle parole che il card. Tauran, presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, scrive nel 2012: “I credenti devono lavorare e sostenere tutto ciò che favorisce la persona umana nelle sue aspirazioni materiali, morali e religiose. Così sono richiesti tre atteggiamenti: il rispetto dell’altro nella sua specificità, la conoscenza oggettiva reciproca delle tradizioni religiose di ognuno, specialmente attraverso l’educazione e la collaborazione affinché il nostro pellegrinaggio verso la Verità sia realizzato nella libertà e nella serenità.” Matteo Ricci aveva una grande disposizione naturale per le scienze: fu un appassionato conoscitore della matematica, della geografia e della cosmologia, ma mostrò anche grandi doti di linguista e traduttore. Già dal primo periodo a Macao vestì l’abito da bonzo, ad indicare uno status di consacrato e uomo di cultura. I rapporti personali coltivati nel ter- ottimi rapporti. Con loro e per loro operò numerose traduzioni di filosofia occidentale in cinese e di libri confuciani in latino, mise a punto un dizionario portoghese-cinese, disegnò carte geografiche. A volte commise anche errori piuttosto grossolani, come quando disegnò una mapL’etimologia del dialogo ci pa con l’Europa racconta non di meri esseri parlanti, al centro e la Cina accantonabensì di intelligenze vive ta sulla destra, suscitando lereno dell’onestà intellettuale e dell’af- gittimi malumori mandarini. fezione al vero e al bello procurarono Ma l’intelligenza è versatile e non al gesuita numerose amicizie colte e s’incista sulle proprie posizioni o sui altolocate: ora spiegando la matema- propri sbagli. Padre Matteo Ricci tica, ora mostrando un orologio, non intuì, aiutato dal suo superiore, che rinunciò mai alla propria identità cul- l’immagine del bonzo non era la più turale e religiosa, chiedendo di tanto efficace per rapportarsi coi cinesi: dein tanto di poter edificare una chiesa. cise quindi di prendere le vesti del letE di tanto in tanto gli fu concesso. terato confuciano, con tunica di stoffa Gli anni seguenti furono se- e barba e capelli lunghi. Cambiò il suo gnati da grandi spostamenti (Nanchi- nome in Li Ma Tou (dove “Ma Tou” no e Pechino) al seguito dei dignitari richiama il suo nome di battesimo e mandarini, coi quali era entrato in “Li” l’iniziale del cognome) e si dedicò 6 PANORAMA PER I GIOVANI San Francesco davanti al sultano di Giotto, presso la Basilica di San Francesco, Assisi. a trovare una continuità ideale tra il confucianesimo e il cristianesimo da lui annunciato. Le esigenze dell’uomo si orientano agli stessi desideri, il cuore dell’uomo è uguale in tutto il mondo. A questo bisogno di giusto, di vero e di bello insito e inscritto nella natura umana, che da tante culture e filosofie è stato descritto in maniera sublime, padre Matteo Ricci portava una risposta, la risposta paolina quod ergo ignorantes colitis hoc ego adnuntio vobis. Quello che voi adorate senza conoscere, io ve lo annuncio. Il moderno sospettoso e complottista, abituato al clima dell’inganno e della prevaricazione, il perpetuo ammonitore del Timeo Danaos et dona ferentes, vedrà nelle mosse del gesuita una rivisitazione moderna del cavallo di Troia, o delle perline date ai selvaggi in cambio dell’oro e delle spezie. La storia racconta in- 2 - 2014 I VOLTI DI DIO pine inondate. Per la mamma malata il luogo dove la sua religione è nata. di uno o per l’esame di un altro. Se Durante il viaggio, il leader si resta a cena, c’è qualcosa che vie- papa Francesco sorprende tutti e di ne cucinato a parte per il musulma- continuo. Cede il passo al patriarca ecuno che non mangia il prosciutto. I menico di Costantinopoli nell’entrare ragazzi parlano, giudicano i fatti di al Sepolcro. Scandalo tra i vaticanisti. attualità, la L’eccidio dell’etichetta. E poi bacia le mani agli ebrei e prega al muro del grande cronaca Le esigenze dell’uomo si orientano e la piccola real- pianto. Ecco, si è schierato. Al solito. agli stessi desideri, tà delle scuole. Ma che fa ora? Visita i campi Dialogano. Le profughi palestinesi, va alla Spianata il cuore dell’uomo è uguale in tutto mamme arabe, delle Moschee. Cosa? Fa fermare la il mondo con il velo in papamobile e prega sul muro di cetesta, mandano mento simbolo degli atti di forza israColpito forse dalle centinaia di con- delle torte perché tutti possano fare eliani. Lo stesso muro su cui un grafversioni operate da Ricci tra le alte merenda. E invitano le amiche a fito raffigura un lupo che azzanna una gerarchie imperiali, tutt’altro che mandare i loro figli. Nessuno rinuncia colomba. Dall’altro lato, ovviamente. alla propria natura e al proprio cre- E lui prega. Con una libertà che non selvaggi ignoranti o troiani ubriachi. do, ma la guida delle suore dimostra è preoccupata di come i media struL’AMICIZIA che l’amicizia è possibile. E naturale. mentalizzeranno i suoi gesti, o di come Periferia romana, anni dieci del due- Andrea studia per diventare la prenderanno le varie parti. Una limila. Andrea ha 16 anni: è di origine un pilota e viene da una famiglia mu- bertà che viene dalla certezza dei proegiziana, ma essendo da sempre cre- sulmana: ha finito le medie da due pri passi, di dove si poggiano i piedi. sciuto nella periferia di Roma parla anni, eppure ritorna spesso al dopo- Poi il culmine, la mossa fiun dialetto che farebbe impallidire scuola, tra i “piccoli”. Stavolta, però, nale, nel cenacolo dove la Chiesa è anche un oste di fraschetta. Per tre non viene più per fare i compiti, ma nata, con l’invito ad Abu Mazen e anni alle medie, tutti i giorni, ha fre- per aiutare a sua volta o anche solo Shimon Peres: un giorno venite a quentato un centro studi gratuito or- per condividere il momento introdut- casa mia a pregare per la pace. Non ganizzato da un gruppo di suore del tivo iniziale. Una volta, grandi e pic- si faranno politica né negoziati. Staquartiere. L’impianto è semplice: si coli hanno intonato una canzone che remo insieme e pregheremo. Da uoarriva verso le 3, si canta una canzone recitava “Non avere paura, non ti fer- mini liberi e certi. In dialogo, fra loro o si fa un gioco, si dice (chi vuole) una mare mai perché il mio amore è fede- e con l’Altro. Perché “tutti abbiamo preghiera, s’inizia a studiare. Le suo- le e non finisce mai”. In seguito, una lo stesso sangue e facciamo parte del re vengono aiutate da studenti uni- suora ha interrogato i ragazzini, chie- genere umano; se non dimentichiaversitari e solitamente si raggiunge il dendo loro se conoscessero un amore mo di avere un unico Padre celeste”. rapporto 1:2 tra i ragazzini e i grandi. infinito, in contrasto con gli amori Da Francesco a Francesco, le L’opera non è finalizzata a far finire terreni che invece sono destinati a fi- virtù umane radicate nella certezza i compiti, sarebbe un obiettivo “poco nire. Andrea ha preso la parola, con perdono il timore di confrontarsi con e piccino” e facilmente si fallirebbe, l’autorevolezza vista la poca lena che molti dimostra- del “grande”, e Tutti abbiamo lo stesso sangue e no: invece, tutto il gesto si configura ha corretto la come un’opera di carità, innanzitutto suora: “Non è facciamo parte del genere umano; per le famiglie le quali, spesso, non vero che tutabbiamo un unico Padre celeste hanno un luogo fisico che, ponendosi ti gli amori come alternativa alla Play Station finiscono. Io o alla strada, accolga i figli mentre continuo a venire al doposcuola il prossimo e dialogare, perché tutti i genitori sono al lavoro. In secondo anche se non faccio più le medie”. gli uomini hanno lo stesso cuore che luogo è un’opera educativa. Già, perdesidera le stesse cose. Speriamo e laché dei 30 ragazzi che frequentano il LA LIBERTÀ voriamo perché intelligenza, amicizia doposcuola, forse solo 5 sono italiani. C’era una volta un leader religioso. Un e libertà costruiscano un mondo teso Fra gli altri c’è un potpourri di etnie, leader politico. Che poi sono la stessa al vero e al bello, al giusto e alla pace. razze e religioni da far girare la te- cosa, si sa come va il mondo. Questo Ah già, la quinta parola chiasta: Bangladesh, Filippine, Europa leader, che di solito veste di bianco, ve: l’impegno. Beh, questa la lasciadell’est e Maghreb, principalmente. ha recentemente deciso di compiere mo al lettore, perché domani metta Al doposcuola s’impara a con- un viaggio nel luogo simbolo dell’in- anch’egli la sua tessera per costruire il vivere, a stare insieme, a guardarsi tolleranza e degli scontri fratricidi, giardino, il paradiso, la casa che tutti, in faccia. Si prega una volta per l’U- dove l’odio ha una radice antica e la di ogni religione e di ogni tempo, vocraina in guerra e l’altra per le Filip- guerra è sovente minacciata. È anche gliono abitare. vece un’altra versione, una grande amicizia che arrivò a toccare anche l’imperatore cinese, colpito dal prete di Macerata. Colpito al punto da concedergli sepoltura a Pechino, dove a nessun altro straniero era concesso. PANORAMA PER I GIOVANI 7 I VOLTI DI DIO IL DE PACE FIDEI DI CUSANO LA QUESTIONE DEL DIALOGO INTERRELIGIOSO Understanding, respect, and tolerance are the mainstays for a peaceful cohabitation. For this reason many philosophers have reflected about the importance of interreligious dialogue; among these, Niccolò Cusano discussed in De pace fidei about peace, arguing that each religion represents different signs of a single true faith in God, despite the diverse rituals and practices. di Federica Cassarà L’odierna società, teatro di relazioni multiculturali sempre più intense, nonché frutto dell’incalzante globalizzazione, non può in alcun modo svincolarsi dal dovere di rispondere, talvolta anche con politiche sociali, alla crescente necessità di comunicazione tra i diversi credo religiosi. La tolleranza si erge dunque a pilastro delle moderne democrazie pluraliste, passando necessariamente per il terreno, irrimediabilmente instabile, del rispetto e della comprensione dell’alterità. In questa prospettiva, la sfera religiosa ha occupato, occupa e continuerà a occupare, nelle sue infinite declinazioni, un ruolo centrale nella vita del singolo individuo e cittadino. C’è chi ancora oggi afferma con convinzione l’impossibilità di un dialogo interreligioso, presupponendo un parlare sordo, autoreferenziale e strenuamente ancorato al dogmatismo. È invece conveniente, se non addirittura necessario, tentare di fare del dialogo una delle armi del pluralismo democratico. Non è la rinuncia a un’identità che ci viene richiesta, ma lo sforzo di guardare a un orizzonte che ci presenta, in modo evidente, traguardi condivisi, primo fra tutti la pace. È questo lo spirito con il quale Niccolò Cusano si accinge a scrivere nel 1453 una delle sue opere maggiori: il De pace fidei, testo che vede la luce a seguito di complesse vicende storiche e religiose. Nello stesso anno, infatti, Costantinopoli viene conquistata dai turchi: si rilancia così in modo drammatico il problema della gestione dei rapporti tra il cristianesimo e l’islam e il tentativo di tracciare le linee di una pacificazione possibile vede in 8 prima linea molti pensatori dell’epoca. Di fronte alle atrocità commesse in nome della fede, Cusano decide di impegnarsi intellettualmente con l’intento di stabilire almeno la pacifica convivenza delle diverse fedi: “Se non si può raggiungere la conformità nel modo di praticare gli atti religiosi, si permettano ai popoli le loro devozioni e cerimonie, purché sia salva la fede e la pace”. L’opera si articola immaginando un ipotetico incontro tra le varie religioni, un concilio religioso universale al cospetto di Dio, visione di straordinario interesse per la sua profondi- tà teoretica e pragmatica. Si tratta del tentativo di realizzare una religione universale, in cui i culti possano trovare compimento in un’unica, ortodossa e verace fede nell’unico Dio. All’immaginario consiglio in cielo prendono parte diciassette saggi: il greco, l’italiano, l’arabo, l’indiano, il caldeo, il giudeo, lo scita, il gallico, il persiano, il siro, lo spagnolo, il turco, il tedesco, il tartaro, l’armeno, il boemo, l’inglese. Il De pace fidei, anche se viene spesso considerato un esempio di utopia, presenta in realtà tutta la serietà di una proposta di dialogo tra fedi diverse allo scopo di cercare una matrice comune in grado di armonizzare i contrasti politico-religiosi del tempo, senza sopprimere la diversità. Non è infatti una sintesi empirica che Cusano si propone di realizzare, ma una sussunzione delle varie fedi in una religione universale. Egli scrive infatti: “La diversità genera le divisioni e le inimicizie, gli odi e le guerre. Bisogna dimostrare che la salvezza dell’anima si ottiene non in forza delle opere, ma in forza della fede. Infatti Abramo, padre della fede di tutti i credenti, sia i cristiani che gli arabi, che i giudei, Susan Law Cain / shutterstock.com 2 - 2014 NICCOLÒ CUSANO braedostok / shutterstock.com Niccolò Cusano nasce nel 1401 a Kues, in Germania, da una famiglia di commercianti. Si iscrive alla Facoltà di arti dell’università di Heidelberg e completa gli studi a Padova, conseguendo nel 1423 il grado di dottore in diritto. Tornato in Germania nel 1425, continua gli studi teologico–filosofici all’università di Colonia e diventa segretario del cardinale Orsini. Nel 1432 partecipa attivamente al concilio di Basilea sostenendo il partito conciliare contro la tesi curialista del primato pontificio. Al riguardo pubblica il De concordantia catholica e il De auctoritate in praesidendi in concilio generali. Passato dalla parte papale, viene inviato nel 1437 per invitare l’imperatore e il patriarca di Costantinopoli a partecipare al concilio di Ferrara, e poi di Firenze, indetto per riunificare la Chiesa romana con quella greca. Creato cardinale, a Roma nel 1450 è consacrato vescovo di Bressanone. Tra il 1438 e il 1450 compone il De docta ignorantia, il De coniecturis, l’Apologia doctae ignorantiae e l’Idiota. Al periodo di Bressanone risalgono poi il De pace fidei, il Complementum theologicum, il De visione Dei, il De beryllo. Entra presto in conflitto con il duca Sigsmondo d’Austria ed è costretto a rifugiarsi nel villaggio periferico di Buchenstein. Tenterà di tornare a Bressanone, ma invano, morendo in Italia nel 1464. credette in Dio e ciò gli fu imputato a giustizia: l’anima del giusto erediterà la vita eterna. Ammesso questo, la varietà dei riti non sconcerterà più, poiché essi sono stati istituiti ed accolti come segni sensibili delle verità della fede. Ora i segni possono subire dei cambiamenti, non però la fede da essi significata”. Le cerimonie sacre, i dogmi e riti sono dunque relativizzati per il conseguimento della pace e il riconoscimento di un’unica verità che trascende gli opposti e le apparenti contraddizioni; i riti non sono altro che segni sensibili della verità e, pur mutando le loro manifestazioni, non muta ciò che essi vogliono significare. Persino il sacramento dell’eucarestia è sminuito, in quanto secondario rispetto al fine della salvezza individuale: “Questo sacramento, in quanto è costituito da segni sensibili, non è così necessario che senza di esso non vi sia la salvezza, purché si abbia la fede”. Alla radice di questa prospettiva, Cusano pone il limite gnoseologico insito nella natura umana: la tendenza e l’aspirazione dell’essere umano all’unico Dio creatore è infatti accompagnata dalla constatazione che la sua profonda essenza resta inconoscibile: “Tu che sei il datore della vita e dell’esistenza, sei quello che tutti variamente cercano con diversi riti e denominano con diversi nomi, poiché come realmente sei in te stesso resti ignoto ed ineffabile”. La limita- tezza del sapere umano, che non può cogliere Dio nella sua totalità, permette una mera conoscenza congetturale, nella quale le contraddizioni della ragione sono trascese e ai presuntuosi dotti del sapere scolastico si sostituisce la via alla dotta ignoranza. Le radici filosofiche di tale concezione sono ravvisabili nel neoplatonismo e nella teologia negativa dello Pseudo-Dionigi, per il quale di Dio è pronunciabile solo ciò che Egli non è. Questo discorso metodologico sulla natura e i limiti della conoscenza umana è affrontato da Cusano nella sua prima e forse più famosa opera filosofica, il De docta ignorantia, che fungerà da sfondo per l’evoluzione del suo pensiero. È proprio sull’impossibilità di possesso assoluto della verità che si basa la proposta di una conoscenza umana come congettura: la divinità, coincidente con l’infinito, resta indefinita in quanto non può essere paragonata ad altro; la nostra conoscenza è sempre un paragonare ad oggetti definiti, riconducendo tutto a comuni classificazioni: “L’intelletto, dunque, non comprende mai la verità in modo così preciso da non poterla comprendere più precisamente ancora all’infinito, perché sta alla verità come il poligono sta al cerchio. Quanti più angoli avrà il poligono inscritto, tanto più sarà simile al cerchio, tuttavia non sarà mai uguale”. Ciò non toglie, tuttavia, che il cristianesimo finisce con il conservare nella prospettiva di Cusano una posizione preminente in quanto mediatrice. L’universalizzazione dell’elezione dell’umanità marca la sua differenza rispetto all’ebraismo e avvicina il cristianesimo alla religione universale. È nell’incarnazione del Cristo che si realizza la coincidenza di creatore e creatura, per la quale tutto l’universo sparso nella molteplicità viene ricondotto alla sua radicale unità: ciò fa dell’uomo il centro di tutta la creazione, elevato a nuova dignità grazie alla discesa di Cristo nel mondo. Il De pace fidei non ha cessato di essere letto in chiave moderna come anticipazione dell’indifferentismo religioso illuministico. Cusano getta, in effetti, con la sua visione antidogmatica, ragionevole e ottimistica, le basi della moderna democrazia: la secolarizzazione delle categorie teologiche può essere vista come predisposizione delle categorie politiche (Lettieri), attraverso il riconoscimento della diversità in un contesto sociale di strutturale eguaglianza, dove è implicita la tolleranza, la relativizzazione delle proprie convinzioni e abitudini, l’apertura al “volto dell’altro”, che, come direbbe Emmanuel Levinas, “mi chiama a responsabilità, mi interpella, attende una mia risposta”. La verità, a livello antropologico, si presenta come apertura al dialogo, come spazio per l’alterità, lasciando essere l’altro altroda-sé. PANORAMA PER I GIOVANI 9 2 - 2014 I VOLTI DI DIO ISTITUIRE UN DIALOGO COMPRENDERSI PER COMPRENDERE After social and religious conflicts which have lasted for centuries, three monotheisms have begun to dialogue with mutual respect about God and human nature, even though countering discriminations between peoples of different cults in the same area may appear nowadays an almost impossible task. di Vito Cormaci La convivenza è sempre difficile, tanto più se si è costretti a vivere sotto un unico tetto troppo piccolo per tre persone. È questo il caso dei tre grandi monoteismi, il cui culto prospera in diverse parti del mondo da secoli. Il dialogo interreligioso è oggi di fondamentale importanza, poiché nasce e si sviluppa in un tessuto variegato e cosmopolita, in cui diverse culture condividono gli stessi ambienti e gli stessi spazi quotidiani. Laddove mancassero l’integrazione e il dialogo, esse costituirebbero, a causa delle loro diversità culturali e di visioni della vita, delle vere e proprie “isole sociali”. “Comprenderci per comprendere”: questo, si potrebbe dire, è il senso ultimo e il presupposto dell’instaurarsi di un maturo dialogo tra le religioni. Ciò, tuttavia, è molto più semplice a dirsi che a farsi. Per istituire un re- portata ecumenica e, soprattutto, di grande universalità. In esso si afferma che uno dei punti di contatto non solo fra i tre grandi monoteismi, ma fra tutte le religioni, è la ricerca di Dio e delle risposte ai grandi interrogativi dell’uomo. L’invito alla ricerca comune di pace, libertà e giustizia: questo è ciò che dovrebbe spingere l’avvicinarsi dei cristiani ai musulmani nel riconoscersi reciprocamente figli di un unico Dio. È una questione diversa, invece, il rapporto con la religione ebraica: “abbiamo con essa dei rapporti che non abbiamo con nessuna altra religione; siete i nostri fratelli prediletti e, in un certo modo, i nostri fratelli maggiori”. Queste sono le parole di Giovanni Paolo II in occasione della visita alla sinagoga di Roma, forti nel condannare qualunque forma di antisemitismo e di persecuzione nei riguardi degli ebrei. La Nostra aetate La speranza era quella di creare si chiude rigetun clima di serenità, soprattutto in tando “qualsiasi discriminazione quegli stati in cui si trovavano e si tra gli uomini trovano a convivere religioni diverse o persecuzione perpetrata per gime di ascolto e di “con-versazione”, motivi di razza e di colore, di condizioci deve essere il coinvolgimento reci- ne sociale o di religione”. Questo docuproco di tutte le parti, nel tentativo mento è considerato da molti teologi di considerare l’opinione dell’altro, la e uomini politici come il primo passo quale è sì diversa, ma non per questo nell’apertura istituzionalizzata a un meno attendibile o importante: è indi- “vivace” dialogo interreligioso e la spespensabile riconoscerla di pari dignità ranza era davvero quella di creare un nell’ottica della fede. clima di serenità, soprattutto in que Questo era il messaggio che il gli stati in cui si trovano a convivere Concilio Vaticano II, convocato da Gio- religioni diverse. vanni XXIII e concluso sotto il pontifi- Proprio per far fronte a tali cato di Paolo VI, sottoponeva all’atten- esigenze, Paolo VI, nella notte di Penzione del panorama culturale e religio- tecoste del 1964, istituì il Pontificio so del tempo. Il documento Nostra ae- consiglio per il dialogo interreligioso tate, pietra miliare del dialogo interre- (Pcdi). Dicastero della curia romana, ligioso, è una dichiarazione di grande esso è deputato a curare le relazioni 10 PANORAMA PER I GIOVANI con esponenti di altre religioni e ha il compito di promuovere il mutuo dialogo tra le religioni, in particolar modo tra islam e cristianesimo. Il Consiglio si occupa, inoltre, della pubblicazione di testi per sensibilizzare al dialogo interreligioso, di visite presso le chiese locali, promuovendone la conoscenza da un punto di vista culturale, e di riunioni, in cui si possa dibattere in merito a “scottanti” tematiche attuali pertinenti al dialogo interreligioso. Ed è ancora la Chiesa cattolica la madre spirituale di un altro movimento nato con il compito di riunire attorno a uno stesso focolare, quello della fede, persone di convinzioni diverse. Il Movimento dei focolari, fondato da Chiara Lubich, è vocato proprio al dialogo interreligioso, affinché “si possa contribuire a realizzare l’unità nel mondo”, essendo tutti fratelli nella fede e per il solo fatto di essere tutti, indistintamente, uomini. Tra le grandi occasioni di dialogo, si ricordi l’incontro tra Lubich e il leader dei musulmani afro-americani, l’Imam W. D. Mohammed, durante il quale una stretta di mano suggellò un patto di impegno nel perseguire pace e unità, nel nome di un Dio unico. Un altro patto d’amicizia fu stretto nel 1998 fra i focolari e Jaime Kopec, presidente della B’nai B’rith Argentina, il quale si impegnò pubblicamente a guardare con gli occhi della fede al futuro e a “sotterrare secoli d’intolleranza”. Alla leader del Movimento dei focolari, a Parigi, venne conferito nel 1996 dall’UNESCO il Premio per l’educazione alla pace. Ultimamente hanno assunto una certa rilevanza molti movimenti ecumenici, che, partendo dal comune obiettivo di riunire persone di differenti rami della cristianità, si stanno occupando sempre più anche del dialogo tra cristiani e membri di altri monoteismi. È il caso dell’“Ufficio Nazionale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso”, impegnato nell’organizzazione di incontri tra comunità di diverse religioni con lo scopo di dialogare e confrontarsi. La Giornata europea della cultura ebraica viene promossa con l’intento di incentivare la riscoperta di usi e costumi di questa cultura così 2 - 2014 I VOLTI DI DIO Giulio Napolitano / shutterstock.com Giovanni Paolo II, nella basilica di San Pietro in Vaticano (2004). antica e affascinante. Nella prima domenica di settembre, data scelta per la manifestazione, il pubblico, recandosi a convegni, percorrendo itinerari gastronomici (in particolare la celebre cucina kosher), partecipando a spettacoli, mostre e concerti, scopre il patrimonio culturale dell’ebraismo sotto molteplici aspetti. Ma questo non è che uno degli ultimi passi compiuti per stabilire un dialogo tra cristianesimo e ebraismo. Si ricordi la prima associazione di dialogo ebraico-cristiano, che vide la luce a Londra nel 1927: la London society of christians and jews o il movimento delle Amitiés judéochrétiennes, impegnate nel confronto tra ebraismo e cristianesimo. In epoca più recente, trovano spazio i Colloqui ebraico-cristiani di Camaldoli, una serie di convegni inaugurati dalla Congregazione dei camaldolesi nel 1980, che riuniscono ogni anno ancora oggi una serie di esperti teologi italiani e stranieri per dibattere sui rapporti tra religione ebraica e cristiana. Diversa è la condizione attuale del dialogo islam-cristianesimo, che sta vivendo un periodo di stallo: “il peggior nemico del dialogo interreligioso è la paura che deriva dalla scarsa conoscenza e comprensione reciproca fra i vari gruppi religiosi”, Elemento afferma Miguel Angel Ayuso Guixot, segretario del pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, impegnato in una visita semiufficiale in Indonesia. Già il cardinale Jean Louis Tauran aveva potuto sperimentare i rapporti di moderata amicizia fra leader cattolici e vertici delle due principali organizzazioni musulmane, il Nahdlatul ulama e il Muhammadiyah. Il porporato, impegnato nella costruzione di nuovi ponti tra Islam e Cristianesimo, ha affermato più volte che il dialogo interreligioso “non è un’opzione, ma una necessità”. Lo stesso Guixot è protagonista della festa nazionale del 25 marzo, solennità dell’Annunciazione del Signore, celebrata da cristiani e PANORAMA PER I GIOVANI musulmani. Egli ribadisce l’importanza e il forte compito a cui è chiamato il pontificio consiglio, di cui quest’anno si ricorda il cinquantesimo anniversario dalla fondazione: “cerca di stabilire rapporti regolari con le istituzioni e gli organismi musulmani in modo da favorire la conoscenza e la fiducia reciproca, l’amicizia e, dove possibile, la collaborazione. Bisogna ricordare che il dialogo è una comunicazione duplice. [...] Si fonda sulla testimonianza della propria fede e su di una apertura alla religione dell’altro”. Il presbitero ha più volte confermato in tale occasione l’importanza del dialogo tra i due monoteismi e soprattutto l’importanza della figura della Vergine Maria, più volte menzionata nel Corano e tanto cara ai fedeli islamici. Maria sarebbe il distillato della vera fede religiosa, una fede dinamica, aperta al dialogo e non ripiegata su se stessa: “modello di dialogo e di ricerca, perché insegna a crescere, a non chiudersi in certezze acquisite ma ad aprirsi agli altri e ad essere disponibili”. Il dialogo interreligioso si configura quindi come uno dei traguardi fondamentali per le tre grandi religioni monoteistiche nel terzo millennio, comune di ogni religione è dare un significato alla presenza dell’uomo in questo mondo sul presupposto dell’impegno costante a garantire una comunicazione pacifica e proficua D’altra parte, elemento comune di ogni religione è dare un significato alla presenza dell’uomo in questo mondo e un orientamento al suo entrare in rapporto con esso. Certamente non è questo l’unico punto d’incontro che possa favorire il dialogo, ma è una premessa di rilevanza particolare, perché fa riconoscere e accogliere la positività dell’altro, spingendoci a vedere in lui non un avversario che ci fronteggia, ma un compagno che ci affianca nella ricerca della verità ultima. 11 I VOLTI DI DIO SARAJEVO: LA GERUSALEMME D’EUROPA The Balkans have been a melting pot of cultures and religions throughout history. The city of Sarajevo might be seen both as the bloody place of ongoing conflicts and also as an outstanding, even unique opportunity for different people to meet and debate in a multi-religious context. di Serena Berenato fermo restando che il vero fulcro della questione restano le minoranze, letteralmente spazzate via dalla maggioranza di turno, che necessitava anche di una legittimazione demografica per imporsi politicamente. La complessità della situazione e la volontà di approfondire le vicende storiche dal 1990 al 1995 dal punto di vista dei conflitti religiosi e dei tentativi di dialogo interreligioso allontanano consapevolmente quest’articolo da un giudizio storico-critico sulle responsabilità degli attori politici tristemente famosi. Passeggiando per Sarajevo, si tocca con mano la varietà culturale e religiosa e sembra di respirare la compostezza di una città che, nei suoi palazzi ridotti a colabrodo dai bombardamenti, mostra le lacerazioni di La penisola balcanica ha rappreuna guerra portata avanti in sentato per tutto il Novecento la nome della diregione europea più instabile e versità. Il pensiero, tenendo potenzialmente pericolosa per ben presenti l’equilibrio del continente le proporzioni, corre a Gerusala morte dello storico leader Tito, fu lemme, alla difficile presa di cosciensconvolta dalle molteplici aspirazioni za che, per quanto riguarda la convidegli svariati gruppi etnico-religiosi venza religiosa, è la relatività l’unica di realizzare il sogno ottocentesco e provocatoria soluzione per evitare gli romantico dello stato nazionale. Nes- eccidi, anche in nome di Dio. Il primo, suna pietas religiosa valse a fermare insanabile contrasto si avverte nella un genocidio che sconvolse trasver- scelta della data dell’inizio di questo salmente tutte le componenti etni- sanguinoso conflitto, che cambia a che della regione in nome dell’indi- seconda di chi si considera responsapendenza e dell’autodeterminazione bile del massacro: i bosgnacchi, come dei popoli. Serbi cristiano-ortodossi, sono chiamati i bosniaci musulmani, croati cattolici e bosniaci musulmani, la cui pistola sparò su un uomo serbo questa è la categorizzazione che, per che ad un corteo nunziale sventolava linee di massima, fotografa la compo- una bandiera serba, o i serbi, i cecchisizione dei gruppi culturali e religiosi ni dei quali spararono su manifestanprotagonisti delle guerre jugoslave; ti pacifisti, uccidendo due ragazze. La penisola balcanica ha rappresentato per tutto il Novecento la regione europea più instabile e potenzialmente pericolosa per l’equilibrio del continente. Dalla dissoluzione dell’impero austro-ungarico e di quello ottomano, che erano, in parte, riusciti a tenere sotto controllo le conflittualità etniche e politiche della penisola, alle sanguinose lotte centrifughe per l’indipendenza dell’ultimo decennio del Novecento, i Balcani si sono confrontati con l’esigenza di stabilire un equilibrio che garantisse la coesistenza pacifica di numerose etnie spesso in conflitto tra loro. La penisola balcanica, da sempre crogiolo di culture e di religioni, a qualche anno di distanza dal- 12 PANORAMA PER I GIOVANI Quale che sia la data d’inizio, da quel momento Sarajevo avrebbe conosciuto le pagine più buie della propria storia, oggi ricordate dalle “rose di Sarajevo”: ogni buca provocata dallo scoppio di granate nelle strade e negli edifici è stata riempita con resina rossa, perché nessun evento fosse relegato nell’oblio del passato. Capitale della Bosnia-Erzegovina, questa città è sempre stata un punto di incontro tra culture ed un esempio di tolleranza e di dialogo fra le religioni. Per molti secoli hanno convissuto diverse comunità: quella musulmana, fondata nel XV secolo con l’invasione turca e che, prima dell’inizio della guerra, rappresentava la religione di quasi la metà della popolazione; la comunità cristiana serbo-ortodossa, con una presenza antichissima testimoniata dal patriarcato ortodosso e da numerose chiese, decimata dopo il conflitto; sono presenti i cristiani cattolici, per lo più di nazionalità croata, così come la comunità ebraica, la più numerosa e fiorente dei Balcani, in buona parte sterminata dalla persecuzione nazista. L’eccentricità religiosa di Sarajevo è messa in luce dalla miriade di luoghi di culto che è possibile rinvenire in questa città, stretta dai monti e dal mare, e dall’equilibrio che era riuscita a costruire, diventato instabile sotto la dittatura di Tito e definitivamente infranto con la caduta del regime comunista. L’emblema della rottura è la caduta del ponte di Mostar, capitale ufficiosa dell’Erzegovina, teatro di sanguinose lotte, bombardata senza sosta prima dalle truppe serbo-croate e poi sconvolta dalle tensioni interne tra bosgnacchi e croati bosniaci, che nulla si sono risparmiati reciprocamente, distruggendo interi quartieri. Una mattina del 1993 il “ponte vecchio” di Mostar crollò sotto i colpi croati, che spazzarono via più di 500 anni di storia; il ponte era stato voluto nel XVI secolo da Solimano il Magnifico e rappresentava il ponte ad arco singolo più imponente del suo tempo, collegando idealmente la parte cristiana e quella musulmana della città: la sua distruzione era il segno tangibile della volontà di colpire l’identità del popolo bosniaco-musulmano. La medesima volontà di distruzione della cultura e Radiokafka / shutterstock.com 2 - 2014 2 - 2014 I VOLTI DI DIO Cattedrale cattolica del Sacro Cuore, Sarajevo. della millenaria storia di convivenza pacifica del luogo condusse al bombardamento della biblioteca nazionale e universitaria della Bosnia-Erzegovina di Sarajevo. L’incendio scatenato dai bombardamenti serbi divampò tutta la notte, portando con sé secoli di cultura e un patrimonio di importanza capitale per la cultura mondiale. Anche davanti a questo scempio, si tramandano le storie di chi, come una giovane bibliotecaria, perì nel tentativo di salvare il maggior numero possibile di libri o di una donna musulmana che strappò alle fiamme l’Haggadah Sarajevita. Nessuna etnia è stata risparmiata dal massacro dei Balcani, così come nessuna ha risparmiato a se stessa l’onta di parteciparvi; persino durante l’assedio di Sarajevo gli stessi assediati si combattevano tra loro, nonostante che fossero sotto attacco dalle truppe serbe. L’unico collegamento con il mondo durante i 43 mesi di assedio di Sarajevo, dal 1992 al 1995, era un cunicolo sotterraneo che permetteva agli aiuti umanitari, nonché alle armi, di giungere dall’aeroporto di Sarajevo fino al centro della città. Ciò che avvenne dentro la capitale bosniaca resta un inenarrabile scempio di vite umane, tristemente famoso come esempio di pulizia etnica. E torna il richiamo a Gerusalemme, ove ogni gruppo cerca giustizia per i propri morti, accusando il nemico e cercando basi ideologiche per le sofferenze patite, ma tutti sembrano dimenticare il prezzo da pagare: sangue di civili inermi di tutte le religioni e tutte le etnie a causa della follia politica. La volontà di annientare l’altrui identità si è spinta ad atrocità orribilmente programmate, come lo stupro etnico, espressione coniata per indicare un crimine contro l’umanità che si colora della volontà di estirpare la progenie di un’etnia. In guerra, lo stupro è pratica vergognosamente inflitta alle donne per punire il nemico e ferirlo nell’intimo, ma nei Balcani esso fu concepito come metodo per imporre la propria stirpe (è l’uomo, infatti, che imprime al figlio l’appartenenza etni- PANORAMA PER I GIOVANI 13 2 - 2014 I VOLTI DI DIO che chi alle diversità non ha mai badato. Suore cristiane, donne musulmane, attiviste per i diritti umani o donne che hanno messo a servizio la propria professionalità: i racconti e le storie si moltiplicano, si dipanano lungo un filo di umana Sotto la cenere delle macerie il fuoco compassione, a prescindere dal della solidarietà è rimasto acceso. credo religioso. Sarajevo conoe culture da trasmettere, e lo sfruttare scerà un sindaco donna e numerose le donne onde rafforzarsi demografi- sono le donne che ancora rivendicano camente. E proprio le storie di donne giustizia per i morti di Srebrenica. Se è innegabile che Sarajevo lasciano trapelare una rete di solidarietà che neanche gli orrori riuscirono tenti di ricominciare guardando al fua spezzare: se c’erano i vicini serbi che turo, con la riapertura della biblioteca uccidevano i vicini bosniaci, le ragaz- nazionale, con il sogno dell’Europa, ze bosniache che posavano mine anti- con un nuovo rilancio economico e con uomo per uccidere i serbi e i croati e le energie rinnovabili, è altrettanto i bosniaci che, pur abitando la stessa vero che la zavorra di un passato così nazione, riempirono i rispettivi campi ingombrante anche per la storia del di sterminio gli uni degli altri, c’era an- continente europeo deve trasformarsi co-religiosa). Basti pensare al tragico esempio di Srebrenica: uomini e donne furono separati, poiché la “pulizia” doveva svolgersi contemporaneamente su due fronti, ovverosia l’eliminare gli uomini, pericolosi e portatori di valori SREBRENICA, IL MASSACRO E LA GIUSTIZIA L’11 luglio (dichiarato giornata della memoria dell’Unione Europea) 1995 vennero uccisi più di 8000 uomini nell’enclave di Srebrenica dall’esercito della Republika Srpska (Repubblica Serba di Bosnia, autoproclamata nel 1992), con il preciso intento di annientare la comunità bosniaca musulmana. È difficile stabilire quale delle fazioni abbia commesso più atrocità intorno alla città nel corso della guerra. Fatto sta che, nel 1995, Srebrenica era una delle città controllate dai caschi blu in cui si rifugiavano i profughi musulmani. Quella mattina le truppe del comandante Ratko Mladic separarono gli uomini e i ragazzi dalle donne e dagli anziani e portarono questi e altri migliaia di profughi prelevati con il medesimo criterio nei boschi vicino alla città, assicurando ai soldati olandesi, incaricati di proteggere la popolazione, che li avrebbero scortati fino alle aree controllate dall’esercito bosniaco-musulmano. Le cose non andarono così: i soldati uccisero migliaia di uomini – si parla di 8372 morti accertati – sparando senza pietà e seppellendo i cadaveri in fosse comuni. Il parlamento serbo ha successivamente, seppur con ritardo, riconosciuto il massacro di Srebrenica e il negarlo è considerato reato in Bosnia Erzegovina. Un passo importante per la presa di coscienza europea di questo efferato crimine contro l’umanità è arrivato con la sentenza del tribunale d’appello di Amsterdam, che ha condannato le truppe olandesi dei caschi blu per aver consegnato ai serbi 300 civili nonostante che fosse prevedibile quale sarebbe stata la loro sorte. La giustizia, invece, sta ancora facendo il suo corso per Ratko Mladic, allora capo di stato maggiore dell’esercito della Republika Srpska, e i suoi più stretti collaboratori, davanti all’ Icty (International criminal tribunal for the former Yugoslavia). Il coraggio delle famiglie delle vittime, spesso ancora non identificate a causa dei continui spostamenti di cadaveri nelle fosse comuni per occultare il massacro, contribuisce a rendere giustizia per l’uccisione di massa più sconcertante che l’Europa abbia conosciuto dalla fine della seconda guerra mondiale. 14 PANORAMA PER I GIOVANI in un monumentum. Ciò deve avvenire non solo perché il marcio delle ideologie politiche e dei nazionalismi sia riconosciuto in tempo ed estirpato con convinzione, ma anche perché si ricordi che laddove ha trionfato l’orrore, sotto la cenere delle macerie, il fuoco della solidarietà è rimasto acceso. Basta sfogliare i premiati dall’Ong Gariwo Sarajevo, che nel 2008 ha fondato il premio per il coraggio civile dei “giusti”, ovverosia di coloro che si sono distinti per “la volontà e l’abilità di disobbedire, resistere, opporsi”, per rendersi conto che le bombe non hanno distrutto lo spirito cosmopolita e umano dei cittadini bosniaci. Sarajevo è stata anche protagonista nel 2012 dell’incontro di preghiera internazionale ed interreligiosa per la pace, promosso e organizzato dalla Comunità di sant’Egidio, che si prodiga per portare nel mondo dal 1986 lo “spirito di Assisi”, così come voluto e vissuto da san Giovanni Paolo II nell’incontro ecumenico di preghiera per la pace ad Assisi. A Sarajevo si stanno gettando le fondazioni per un’Europa che deve prendere consapevolezza delle tensioni etniche e religiose e che deve imparare dalle città cosmopolite come la capitale bosniaca, specimen di quella convivenza che deve animare lo spirito dei cittadini europei. Guardare ai confini europei non basta e, mentre questo articolo viene scritto e numerosi documenti sulle atrocità e sugli stati d’animo di chi ha vissuto l’assedio di Sarajevo vengono letti, la striscia di Gaza si trasforma nell’inferno; ascoltando le testimonianze drammatiche, non è difficile immaginare che le violenze e le torture subite dai profughi o dai nemici, individuati sempre con criteri relativi, non siano solo il racconto di qualcuno ma la tangibile realtà di molti. Per questo motivo, forse le parole più adatte per concludere sono quelle di Nedzad Maksumic, poeta bosniaco che così scrive nel suo diario di guerra Indicazioni stradali sparse per terra: “ […] non credere mai di essere il Signore della Verità. Nessuno lo è. A te è sembrata in questo modo. A un altro è sembrata diversamente. Mantieni per te il pezzetto della tua verità. Servirà soltanto a te. […] Non c’è posto qui per la tua verità”. 2 - 2014 PREGHIERA, DIALOGO E COSCIENZA CIVILE LE ARMI DELLA PACE IN TERRA SANTA While breaking news are striking our mind with missile launches, raids and kidnappings, it seems hard to write about “peace” or “dialogue between religions”. However, we cannot get used to the idea that war between Israel and Palestine is an insurmountable curse. If a “protective edge” is the latest of a long list of military operations and every truce is violated, we have to understand what kind of mistakes has been made: citizens wait for peace, the religious pray for it, the politicians have to find solutions. di Davide Brambilla “La religione non è, e non deve diventare, un pretesto per i conflitti, soprattutto quando l’identità religiosa, culturale ed etnica coincidono. La religione e la pace vanno di pari passo [...]. Il compito che dovremo affrontare sarà quello di promuovere una cultura del dialogo”. Il “discorso di Giovanni Paolo II ai rappresentanti di altre religioni e di altre confessioni cristiane”, in occasione del viaggio apostolico a New Delhi e in Georgia nel novembre del 1999, è di grande attualità, anche in considerazione di un conflitto che dura da più di cento anni: la questione israelo-palestinese. Tre religioni monoteistiche, che in Abramo vedono un patriarca comune, ritengono Gerusalemme città santa: ebraismo, cristianesimo e islam. Degli otto milioni d’israeliani, sei sono ebrei (dal 2013 hanno superato la comunità statunitense di 5,5 mln), 1,5 è arabo, mentre si contano 300 mila cristiani non arabi. Tra gli ebrei ortodossi vi sono gli haredim – coloro che tremano davanti alla parola di Dio – , i quali non desiderano contaminarsi con l’Israele laico, hanno famiglie molto numerose (fino a dieci figli) e non partecipano alla vita politica e i datiim – i religiosi – , che vedono in Israele l’unico stato adatto ad attendere il Messia. La maggioranza della popolazione è laica, credente ma non estremista, e – sembrerà strano in Terra santa – vi sono pure non credenti. Secondo il Palestinian central bureau of statistics, 4,5 milioni di Palestinesi si suddividono tra la striscia di Gaza (1,7 mln) e la West Bank (2,72 mln), per lo più musulmani. L’ALTRA FACCIA DELLA METAFORA I VOLTI DI DIO di disputa su ogni pietra”, svilendo e compromettendo la religione (com’è successo per le crociate o la jihad), allargando il conflitto oltre la Terra Santa, fino a un punto di non ritorno. UN MARE MOSSO E CANGIANTE Continui cambi di scenario si sono succeduti nella gestazione e redazione di questo articolo. Durante il viaggio carico di attese in Terra Santa, del 24 e 25 maggio, Papa Francesco incontra i leader religiosi: nella dichiarazione congiunta col Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I, afferma che il dialogo teologico “non cerca un minimo comune denominatore teologico sul quale raggiungere un compromesso, ma si basa sull’approfondimento della verità tutta intera”. Il pellegrinaggio termina con un invito a Roma. Shimon Peres, Abu Mazen e Bartolomeo I lo raccolgono e l’8 giugno s’incontrano nei giardini vaticani, per una “pausa dalla politica”, innalzando una preghiera per la pace. “Siamo convenuti in questo luogo, israeliani e palestinesi, ebrei, cristiani e musulmani, per offrire la nostra preghiera per la pace, per la Terra Santa e per tutti i suoi abitanti”. “Non hanno pregato insieme, ma sono stati insieme per pregare”, spiega padre Pizzaballa, custode della Terra Santa, “e chiedere, ciascuno al proprio dio, il coraggio di costrui- Grosse responsabilità dei pregiudizi al dialogo vanno attribuite alla stampa e ai mezzi d’informazione: si fa poco per rendere comprensibili al pubblico le dinamiche, i rapporti di forza e il ruolo che la religione può giocare; si presentano i fatti (magari frutto di terrorismo) e si trae una conclusione. “Israele invade, le brigate Eezdin alQassam, braccio armato di Hamas, rispondono”, oppure: “pioggia di missili su Tel Aviv-Jaffa: pronta l’operazione Secure edge”. Si tratta di una narrativa asfissiante. “Ci vogliono far credere” – ha scritto Amos Lausner – “che la pace non è possibile”. Se ogni sparatoria o attentato sono catalogati come ennesimo atto della guerra tra Israele e Palestina, non sembra esserci via d’uscita. Per l’ex-presidente Shimon Peres, “chi soffia sul fuoco, non sa che potrebbe essere un punto di non Cresce il pericolo che gli estremisti ritorno”. Dopo la notizia dell’omitrasformino una guerra di territori cidio, a inizio luin una guerra santa glio, del sedicenne palestinese, Mohammad Abu Khdeir, Peres chie- re la pace”. Strumento effimero agli de, insieme al neo presidente Ravlin, occhi delle diplomazie, la preghiera, di mettere fine allo spargimento di inefficace per generali che devono sangue e “convincersi che dobbiamo intercettare razzi, è necessaria per vivere insieme, giudei e arabi”. Sap- guardare in alto, cercare nuove vie. piamo qual è stato il corso degli even- Peres ammette la difficoltà: servono dunque tutte le forze per raggiungere ti… Cresce, intanto, il pericolo presto la pace. “Anche se ciò richiede che gli estremisti trasformino una sacrifici o compromessi”. Mahmūd guerra di territori in una guerra san- Abbās chiede “verità, pace e giustizia” ta: la prima, scrive Amos Oz, “si può nella sua patria, la Palestina, “nella risolvere col compromesso, la secon- regione e nel mondo intero”. Il terzo e più recente scenario, da diventa potenzialmente motivo PANORAMA PER I GIOVANI 15 2 - 2014 I VOLTI DI DIO che oscura il precedente, è l’escalation di attacchi e violenze tra la striscia di Gaza e il sud d’Israele. Il rapimento e l’uccisione di tre ragazzi israeliani in Cisgiordania ha scatenato una “reazione del tutto sproporzionata alla sua pretesa causa, basata sul principio barbaro e ripugnante della responsabilità collettiva”, a detta di Michelguglielmo Torri, professore di storia dell’Asia presso l’università di Torino. I soldati israeliani hanno effettuato blitz in Cisgiordania e bombardamenti di “centrali terroristiche”. Con queste violenze è incominciato un lancio di razzi e, oltre ad intercettarli grazie al sistema Iron dome, l’esercito israeliano ha intensificato i raid nella striscia. L’operazione Tzuk Eitan, ovverosia “margine di protezione”, rischia di congelare o far regredire i negoziati, allontanando quella ipotesi dei due stati per due popoli sulla quale, in teoria, i più dichiarano di convergere. La “linea verde”, tracciata con l’armistizio arabo-israeliano del 1949, è un ricordo per gli amanti della geografia: secondo l’associazione Peace now, nei territori occupati vivono più di seicentomila coloni ebrei. Solo l’attuale governo Netanyahu, al maggio 2014, ha autorizzato 6139 insediamenti, suddivisi tra Gerusalemme Est e West Bank. Uno dei maggiori rischi per una convivenza pacifica sono i cosiddetti attacchi price tag, per opera di coloni radicali, a volte “benedetti” da rabbini sionisti: incendio di auto, negozi, uliveti, scritte razziste su chiese e moschee, linciaggi contro arabi cristiani e musulmani, e perfino le forze dell’ordine israeliane (come vendetta per la rimozione degli insediamenti illegali). Nel 2013, l’autorità israeliana ha registrato oltre 400 atti violenti, spesso senza un trigger event, o alcuna causa scatenante. Se a livello nazionale è arduo tracciare una linea tra religione e politica, tra le file dei gruppi estremisti è impossibile: a triste esempio si riporta la chiusura, nell’aprile 2014, Senza la lotta agli stereotipi e la conoscenza dell’altro la rassegnazione al conflitto rischia di diventare inevitabile. La storia di padre Bruno Hussar sprona a cercare il dialogo non facile, ma possibile. Nato in Egitto da una famiglia ebrea, Hussar si 16 PANORAMA PER I GIOVANI della scuola religiosa Od Yosef Chai, da parte dell’Idf, dove s’incitava all’odio degli arabi. Un analogo problema di estremismo politico e religioso esiste a Gaza: dal 2007 Hamas è considerata organizzazione terroristica da Usa e Ue; essa controlla sempre meno la Striscia, a favore di gruppi più oltranzisti, come la Jihad Islamica. Pure le Brigate dei Martiri al Aqsa, vicine ad Al Fatah, hanno stessa nomea. NON LASCIAMOCI RUBARE LA SPERANZA laurea in ingegneria in Francia, prima di convertirsi al cristianesimo e divenire domenicano. Giunto a Gerusalemme vede molti conflitti: “C’è il conflitto principale tra ebrei e arabi, poi innumerevoli conflitti, tra ebrei e cristiani, musulmani arabi e cristiani arabi, tra cristiani e cristiani, tra ebrei ed ebrei […]. Non vedono il volto dell’altro, non sono interessati al volto dell’altro”. Si focalizza su quello principale, dove due popoli si fronteggiano come nemici: ebrei e arabi musulmani. Nel 1970 fonda Nevé Shalom Wahat as-Salam, un villaggio a metà strada tra Tel Aviv-Jaffa e Gerusalemme, dove ebrei e musulmani potessero vivere insieme, tenendo a distanza il fondamentalismo religioso e l’estremismo politico. Al suo interno spicca la School for peace, dove Sean Pavone / shutterstock.com QUALI PIETRE D’INCIAMPO VANNO RIMOSSE, PER GARANTIRE UN FUTURO COMUNE? si arricchisce l’identità dell’individuo, si forma la sua coscienza e il ruolo che può svolgere contro il conflitto. Il Pluralistic spiritual center cerca di procedere verso la pace, focalizzandosi sulla riconciliazione attraverso la spiritualità e il dialogo interreligioso. Zak, abitante del villaggio e insegnante presso la School for peace, crede che “non si possa parlare di riconciliazione, prima di terminare l’occupazione e la discriminazione”. Karta-Schwartz, del Pluralistic spiritual center, è convinta che la fede e la religione debbano creare i presupposti di una pace duratura. Uno dei tanti progetti degni di nota è Dirasat, in arabo “studi”, che prevede la lettura e appunto lo studio comune di testi biblici, per “discernere il destino comune dei figli di Abramo/Ibrahim”, in collaborazione con l’Interfaith co- ordinating council of Israel (Iccs). Non si cerca il sincretismo (“fusioni fra elementi culturali eterogenei”) nel villaggio e lo “spazio del silenzio” ne è la prova: un luogo “in cui tutti possano venire a raccogliersi, dove ogni culto possa essere reso a Dio, nella fedeltà alla propria tradizione e nel rispetto di quelle altrui”. Per ciò è nata Doumia-Sakinah. Tantomeno si pretende che tutti agiscano allo stesso modo. Diverse anime lo popolano, con altrettante idee e credo; ciò che stupisce lontani osservatori, come il sottoscritto, è che tutti gli abitanti di Nswas non pensano alla pace come un obiettivo futuro, di lungo termine, ma vogliono viverla già oggi, dialogando tra identità diverse. Il popolo israeliano e palestinese è composto da ebrei, harim, con PANORAMA PER I GIOVANI Il muro del pianto, Gerusalemme. famiglie di sei o sette figli, rabbini fedeli alla tradizione e nuove generazioni “secolarizzate”, soldati di professione, arabi cristiani di ogni confessione, musulmani figli di emigrati, o orfani di qualche esplosione. Come disse il Cardinal Martini, che passò l’ultima fase della sua vita proprio a Gerusalemme, è sbagliato dividere “credenti e non credenti”. La vera differenza è tra “pensanti e non pensanti”, tra coloro che cercano verità e giustizia e coloro che si accontentano dello status quo, non si aprono all’altro e contribuiscono in questo modo a generare timore e odio. Fa ben sperare il risultato di un’indagine dell’organizzazione “Pace adesso”, secondo la quale il 66% degli israeliani vuole subito la pace. 17 I VOLTI DI DIO DEMOCRAZIA ISLAMICA Italy, as a purely catholic country, based on the authority of the Church and politically represented by a party linked to it, belongs to the past. Nowadays, Italy is characterized by the existence of different religious groups, muslims in particular. It is a cultural challenge that Italy must face in order to grow and prosper. di Francesco Saldi Quella musulmana è oggi la più grande minoranza religiosa presente in Italia, un paese che resta ancora caratterizzato dalla presenza assolutamente dominante del cattolicesimo. Questa considerazione certo non mira a minimizzare il ruolo di ebrei, buddhisti, sikh, indù e altri: gli adepti di tali religioni sono però poco più di 270.000 e costituiscono meno dello 0,5 % dei credenti in Italia, mentre i musulmani sono quasi 1.300.000, più del 2% dei credenti. Questo numero, rispetto a quello dei cristiani, può apparire quasi trascurabile, ma se teniamo in considerazione il fatto che l’ultimo dominio arabo stabile in Italia risale al 1091 d.C., il dato fa riflettere. I musulmani sono infatti aumentati a dismisura negli ultimi 30 anni, a partire dall’immigrazione di massa dai paesi a maggioranza islamica verso i paesi dell’Europa occidentale. Nel caso italiano, quasi 450.000, ovverosia un terzo di tutti i musulmani in Italia, provengono dal Marocco. Al secondo e al terzo posto ci sono i tunisini (più di 100.000) e gli egiziani (più di 80.000). Seguono oriundi del Senegal, Bangladesh, Pakistan, Nigeria e Ghana. Infi- ne, ci sono circa 70.000 credenti di varia provenienza, in particolare dai paesi balcanici, quali Albania e Bosnia–Erzegovina, emigrati in Italia dopo le guerre balcaniche degli anni ‘90. Invece di ridurre la questione del rapporto interreligioso in Italia al semplicistico binomio cristiano-occidentale e musulmano-arabo, che sembra dare credito al concetto di scontro di civiltà teorizzato da Samuel Huntington, è importante tenere in considerazione il contesto storico post 11 settembre 2001 nel quale viviamo. L’abbattimento delle torri gemelle, gli attentati alle stazioni di Londra e di Madrid, il rifiorire in tutto il mondo del fondamentalismo islamico, la guerra al terrorismo, iniziata nel 2001 in Afghanistan con l’operazione militare Enduring Freedom, l’infiltrazione di musulmani integralisti nei movimenti democratici della primavera araba: tutti questi eventi hanno inciso sulla coscienza degli occidentali. Se poi si aggiungono i numerosi episodi di cronaca in cui si parla della fermezza con cui talvolta i musulmani difendono i propri costumi strettamente 18 PANORAMA PER I GIOVANI legati alla religione, quali, ad esempio, l’utilizzo del burqua da parte delle donne in pubblico, diventa ancora più facile comprendere quali siano i canali che alimentano fenomeni di intolleranza nei confronti della religione islamica e dei suoi adepti, in un circolo vizioso dal quale può poi diventare difficile uscire. Per non parlare dell’effetto di tragedie come l’omicidio di figlie considerate “troppo occidentali” dalle proprie famiglie (la bresciana Hina docet), che hanno scosso profondamente, come era inevitabile, l’opinione pubblica. Lo stato italiano non è ancora riuscito a garantire le condizioni di una compiuta integrazione. Giudizi estremamente affrettati e stereotipati vengono formulati su immigrati, clandestini e non, che, giunti nel nostro paese, non trovano condizioni ospitali, sono costretti a popolare le periferie urbane e, talvolta, entrano nei giri della malavita. La stessa politica, anche ai livelli più alti, non sempre aiuta: abbiamo visto parlamentari passare con un maiale sul terreno adibito alla costruzione di una moschea per renderlo “impuro” o invocare la battaglia di Lepanto del 1571 in nome di una Europa “bianca e cristiana”. All’Italia servirebbe dunque una bella “ondata di integrazione”, come avrebbe detto il succitato Samuel Huntington, ove l’integrazione è una questione politica, sociale, religiosa e di civiltà nello stesso tempo. È tuttavia necessaria una preliminare chiarificazione concettuale, distinguendo tra assimilazione e integrazione. Per assimilazione si intende “l’assunzione da parte del gruppo minoritario delle caratteristiche di quello maggioritario, con evidente scomparsa della minoranza stessa” (G. Lizza, Geopolitica delle prossime sfide). L’integrazione, invece, si basa sul “rispetto del patto associativo dello stato–nazione da parte della minoranza, che potrà rivendicare all’interno delle strutture statali la propria specificità” (op. cit.). È anche importante ricordare che ai musulmani in Italia manca la comunanza insita nel concetto di etnia, giacché essi provengono da luoghi anche molto lontani tra loro. La minoranza religiosa islamica si configura tuttavia come Sorin Vidis / shutterstock.com 2 - 2014 2 - 2014 minoranza etnica dal punto di vista culturale: stessa religione e, conseguentemente, analogie culturali, di tradizioni, di costumi. La pretesa dell’assimilazione sarebbe un errore terribile e andrebbe in fondo contro la stessa storia e cultura dell’Europa, che è stata nei secoli passati non solo cristiana, ma anche, benché questo possa dispiacere a taluni, musulmana. Rispondendo a papa Benedetto XVI, che nella conferenza di Ratisbona del settembre 2006 aveva insistito sulle radici cristiane e, nel contempo, greco–romane dell’Europa, Tariq Ramadan, docente di studi islamici contemporanei a Oxford, osserva: “Abbiamo bisogno di una storia nazionale ed europea che integri ufficialmente le diverse memorie dei cittadini che la compongono, bisogna parlarne, metterne in evidenza le ricchezze culturali ed intellettuali, e valorizzare il contributo e la presenza di ciascuno”. Ricordiamo che gli islamici arrivarono fino a Budapest, sul Danubio, colonizzarono la Spagna, e dominarono anche la nostra Sicilia, dove ancora oggi molti monumenti ne manifestano la passata presenza. Bisogna quindi avere il coraggio di dire che la nostra Europa, o meglio, la nostra Italia, è anche musulmana. È dunque necessaria l’integrazione, che apre la strada al rispetto reciproco, a scambi culturali, al conseguimento dell’unità nelle differenze. Alcuni passi in tal senso si stanno già compiendo: un primo provvedimento è la riforma del Concordato voluta nel 1984 da Bettino Craxi, in virtù della quale il cristianesimo non viene più considerato religione di stato. È un se- il pessimo risultato alle europee del gnale per lo più simbolico, ma di gran- maggio 2014), in Germania dal 2005 il de rilevanza. Su un piano più concreto, governo è espresso dall’alleanza CDUva tenuto in considerazione il fatto che CSU, l’unione cristiano democratica i luoghi di culto islamico in Italia sono (si sottolinea appunto la parola cristiaormai più di 1000. Ufficialmente le na). La componente religiosa è ben moschee sono 9, edificate a Catania rappresentata in politica, insomma, e (1980), Segrate (1988), Palermo ha espresso nel corso della storia del (1990), Roma (1995, la più grande XX secolo figure fondamentali per la d’Europa), ancora a Catania (2012), ad storia del mondo occidentale: Konrad Albenga (2013), a Torino (2013), a Ra- Adenauer, Alcide De Gasperi, Aldo venna (2013), a Colle Val d’Elsa (2013). Moro, Adolfo Suarez, Helmut Kohl, la Più del 50% delle moschee ufficiali, stessa Angela Merkel. È facile immadunque, sono state inaugurate negli ginare che un domani anche i musulultimi 2 anni. Un altro provvedimento mani possano trovare rappresentanza fondamentale è la creazione di classi in partiti, auspicabilmente laici, di separate a scuola per l’alQuella musulmana è oggi fabetizzazione dei figli di imla minoranza religiosa più numerosa migrati, che va nel nostro paese a toccare sia musulmani che indiani che cinesi. Più che una que- ispirazione islamica. Prima o poi postione di integrazione religiosa, questo tremmo leggere sulla scheda elettoraè un fatto di integrazione sociale, ma le: Democrazia Islamica, Sinistra Islase non c’è comunità di lingua non c’è mica o Islam liberale, solo per fare aldialogo e senza dialogo non c’è comu- cune ipotesi, sia pure fantasiose, ma pur sempre plausibili. La cosa più imnanza di valori e di cittadinanza. La strada è ancora lunga e portante, tuttavia, resta l’impegno a una tappa fondamentale da raggiun- realizzare l’integrazione sulla base di gere è l’integrazione politica dei mu- alcuni fondamentali principi condivisi: sulmani non solo attraverso il pieno non si possono violare nel nome di Dio diritto di voto, ma anche tramite i cir- i diritti fondamentali del singolo, quali cuiti della rappresentanza politica di- la libertà, l’uguaglianza fra donna e retta. Ciò sancirebbe il passaggio uomo, il rispetto di chi professa altre dall’elettorato attivo all’elettorato pas- religioni, così come di agnostici e atei. sivo. L’Italia dal 1948 al 1994 ha avuto Concludiamo con un appello un sistema politico imperniato su un all’integrazione del già citato Tariq grande partito di centro, la Democra- Ramadan: “Non ci può essere senso di zia Cristiana, partito laico di ispirazio- appartenenza a un corpo sociale se ne cristiana. La cultura italiana cri- quest’ultimo non riconosce ufficialstiana trovava esplicita collocazione mente il valore e il contributo passato nel governo. In Spagna ancora oggi ci e presente dei suoi membri, di tutti i sono i popolari al governo (nonostante suoi membri”. Foto: C. J. von Dühren Interno della Moschea di Roma, tra le più grandi d’Europa. I VOLTI DI DIO PANORAMA PER I GIOVANI 19 2 - 2014 I VOLTI DI DIO QUANDO LA FEDE DIVENTA CONFLITTO L’INDIA DELLA PARTIZIONE India, where different religions have coexisted for centuries, has witnessed several conflicts throughout history, especially after the partition, which was followed by a massive bloodshed. Nowadays, the harmony between religious communities is still compromised by outbursts of intolerance, even though the number of interfaith dialogue initiatives is gradually increasing. di Noemi Sabatelli “L’estate del 1947 non fu come le altre estati indiane. Quell’anno persino il tempo, in India, sembrava diverso. Faceva più caldo del solito e tutto era più secco e polveroso. E l’estate durò più a lungo. Nessuno ricordava un’epoca in cui i monsoni erano giunti con tanto ritardo. Per settimane, le rare nubi produssero solo ombre. Niente pioggia. La gente continuò a dire che Dio li stava punendo per i loro peccati”. Con queste parole, lo scrittore indiano Kushwant Singh racconta un anno che è ricordato, al di là del meteo inconsueto, per aver cambiato il volto dell’India: l’anno della partizione. Tale divisione, che diede vita a India e Pakistan, è stata la risposta, promossa dal Viceré d’India Mountbatten, al conflitto religioso e ai contrasti etnici e comunitari, alimentati dal dominio inglese, che stavano consumando la regione asiatica. Infatti, già in seguito alla rivolta del 1871, gli inglesi avevano classificato gli abitanti della colonia asiatica in base all’appartenenza re- zionale indiano (1885), al quale si unì, nel 1916, la Lega musulmana. La prima conquista, frutto della loro collaborazione, fu la promulgazione della dichiarazione d’indipendenza dell’India del 1929, ottenuta non senza conflitti tra politici musulmani e indù. La reale frattura fra i due gruppi si creò, tuttavia, con le trattative per le elezioni provinciali del 1937, durante le quali i leader musulmani manifestarono apertamente la loro preoccupazione verso uno stato indiano unitario, nel quale il loro gruppo religioso sarebbe stato relegato a un ruolo di minoranza culturale, religiosa e sociale. Tre anni dopo, nel 1940, con la risoluzione di Lahore, la Lega musulmana di Jinnah dichiarò la volontà di formare uno stato musulmano indipendente, il Pakistan (“Terra dei puri”): quest’idea non era solo il prodotto del comunitarismo musulmano, ma anche del nazionalismo hindu e delle politiche del governo coloniale. In seguito alla schiacciante vittoria del Partito del congresso di Gandhi, nel 1946, esplosero le violenze, Negli anni della lotta per l’indipen- tra cui il grande denza, nasce l’idea di formare lo massacro di Calcutta, e il risulstato musulmano del Pakistan tato fu la partizione tra India ligiosa e castale, nonché linguistica, e Pakistan nel 1947, lo stesso anno rendendo più marcata la dicotomia della proclamazione dell’indipendentra la lingua hindi (propria degli indù, za dall’Impero britannico. scritta in alfabeto devanagari) e urdu Nell’ambito della partizione, (dei musulmani, scritta in alfabeto il Pakistan risultava costituito da persiano), distinzione che rivelava una parte occidentale, il Punjab, ed un’evidente contrapposizione tra fedi una orientale, il Bengala, geograficareligiose. In quegli anni, al fine di ot- mente distinte. Conseguenza di quetenere una maggiore partecipazione sto evento fu l’esodo di circa quindici degli indiani al governo, si assisté alla milioni di musulmani e indù, verso nascita del partito del Congresso na- il Pakistan e l’India rispettivamente, 20 PANORAMA PER I GIOVANI con violenze e massacri su entrambi i lati dei nuovi confini. Circa 500mila persone – secondo alcune fonti sfiorano i due milioni – persero la vita in questi scontri, ai quali partecipano gruppi come lo Rss, le jatha sikh e i lashkar musulmani. Particolarmente problematica appariva, inoltre, la divisione di regioni come il Punjab, nel quale era presente anche una consistente minoranza sikh e nel quale risultava impossibile ripartire razionalmente le linee di comunicazione e le infrastrutture: le violenze, in questo caso, furono fomentate dai sikh contro la popolazione musulmana, al fine di impadronirsi di beni e terreni. Ancora oggi, la “terra dei cinque fiumi” continua a essere infiammata da scontri tra indù, sikh e musulmani. Il gruppo dei musulmani indiani si ritrovò, così, in minoranza numerica e sociale, priva dell’élite intellettuale ed economica, emigrata in Pakistan, e dell’appoggio garantito dal regime coloniale. Nonostante ciò, durante il governo di Nehru (‘47-64), che cercò di preservare la laicità e le diversità dello stato indiano, i rapporti tra i due gruppi rimasero pacifici, salvo poi incrinarsi nuovamente in seguito a episodi quali il furto di una reliquia Fedyaeva Maria / shutterstock.com 2 - 2014 Statua di Shiva a Murudeshwar, India. del Profeta dalla moschea di Srinagar o il caso Shah Bano. L’onda d’urto di questi scontri si è protratta fino al ventunesimo secolo, con la contesa territoriale del Kashmir, inasprita dall’aumento demografico e dal crescente fabbisogno energetico dei contendenti. La questione del Kashmir nacque all’indomani della partizione, quando il sovrano Hari Singh, di religione indù, manifestò la volontà di annettere la regione all’unione indiana, anziché al Pakistan, vista la maggioranza musulmana della popolazione, scatenando conflitti risolti grazie alla mediazione dell’Onu, con la decisione di dividere il Kashmir in territori amministrati dal Pakistan e dall’India. Nei decenni successivi, si combatterono altre guerre tra India e Pakistan e, dal 1971 a oggi, nonostante le violenze e le tensioni che si sono succedute lungo la line of control, la disputa rimane ancora aperta. Oltre al problema del Kashmir, negli ultimi anni, ulteriori scontri hanno avuto luogo nel maggiore stato del subcontinente, ad esempio quelli avvenuti nel Gujarat (2002) tra indù e musulmani, che hanno portato alla scomparsa e morte di oltre 1500 I VOLTI DI DIO persone. terio di tolleranza religiosa, oltre ad In questi conflitti, religio- aver invitato al dibattito libero e pubne, società ed economia s’intrecciano blico musulmani, zoroastriani, hindu, strettamente, come dimostra fra l’al- giainisti e cristiani. tro la correlazione fra sistema delle Secoli dopo, Mahatma Gandhi, all’incaste e reincarnazione, elemento im- domani della partizione, richiese con portante per comprendere la stessa forza la fine delle violenze tra le comustabilità della società indiana. Secon- nità e che India e Pakistan garantisdo l’induismo, le differenze sociali del- sero l’uguaglianza per i praticanti di le caste e delle sottocaste sono dovute tutte le religioni. Allo stesso modo, nea meriti e demeriti accumulati nelle gli ultimi anni si sono svolte iniziative vite precedenti: gli oppressi non si internazionali con lo scopo di favorire sentono vittime d’ingiustizie da parte il dialogo interreligioso, come quella della società e di chi è al governo, ma che ha avuto luogo a Madrid nel 2008, vedono la loro situazione come un’op- organizzata da Mohammed al-Turki portunità per l’espiazione. Al contra- e la Muslim world league, che ha afrio, l’egualitarismo islamico ha una fermato l’importanza del dialogo e forte presa sulle caste più basse e il della cooperazione tra le religioni, con concetto di proselitismo religioso, as- l’obiettivo, assunto dai leader politici sente nell’induismo, è stato un fattore presenti assieme alle autorità relidecisivo nella diffusione dell’islam. In giose, di creare in futuro un consiglio aggiunta a quanto detto, movimenti delle Nazioni unite per il dialogo inidentitari come hindutva, sfruttano terreligioso. Una successiva conferenil sentimento religioso per scopi poli- za, dal nome World religions-dialogue tici e il risultato della loro azione sono and symphony, si è svolta in una regruppi come Rashtriya swayamsevak gione chiave, quella del Gujarat, e ha sangh (“organizzazione nazionale di posto l’accento sull’importanza della volontari”). Il Bjp, partito popolare coesistenza tra religioni e culture diindiano, vincitore delle elezioni 2014, verse per far cessare i conflitti ed otterappresenta l’ala politica del movi- nere la pace. mento. L’ideologia dell’hindutva è un Esistono poi luoghi, come lo nazionalismo culturale e ha alla base stato del Kerala, in cui è riuscito il l’idea che l’induismo, più che una re- tentativo di convivenza pacifica tra la ligione, sia la cultura che determina maggioranza induista e le minoranze musulmane e cristiane, senza dimenl’identità nazionale indiana. È necessario ricordare anche ticare la comunità ebraica lì presenche un numero crescente di scontri te. Non è un caso che a Kochi, città di religiosi coinvolge da qualche anno tale stato, abbia sede l’International anche altre comunità religiose, come interfaith dialogue India (Iidi), che, quella cristiana: a partire dall’assas- periodicamente, organizza incontri sinio del monaco indù Swami Il dialogo interreligioso è promosso Lakshmanananda, un’onper raggiungere la pacifica data di violenza convivenza dei gruppi anti-cristiana, fatta di chiese bruciate, conversioni forzate e mol- tra i rappresentanti dei vari gruppi teplici violenze, ha investito territo- religiosi, con lo scopo di promuovere ri come lo stato di Odisha. In questo un’ideale di tolleranza ed armonia. contesto, non potrebbero apparire più La spiritualità appare, dunque, come moderne le idee di Akbar il Grande, una componente intrinseca del multiche già nel XVI secolo sostenne la ne- forme ed eterogeneo universo indiano, cessità di trovare punti di contatto tra che spesso si lega indissolubilmente le religioni, per far sì che esse convi- alla politica: solo favorendo la libertà vessero in armonia nell’impero Mo- religiosa è possibile dare vita ad uno ghul. Per raggiungere tale fine, aveva sviluppo reale, anche economico, del applicato nelle sue politiche un cri- paese. PANORAMA PER I GIOVANI 21 PREMIO MONTE SION La Basilica della Dormizione di Maria, Monte Sion, Gerusalemme. Women’s role in interfaith dialogue is getting more and more prominent. The Mount Zion Award 2013 for Reconciliation was given to two women: Yisca Harani and Margaret Karram. The award is conferred to men and women as a tribute to their work in promoting interreligious dialogue especially among Jews, Christians and Muslims. di Sara Gabrielli La voce delle donne nel panorama mondiale del dialogo interreligioso si fa sentire sempre di più: lo scorso 27 ottobre sono state proprio due donne, l’israeliana Yisca Harani e la palestinese Margaret Karam, a essere insignite del prestigioso premio monte Sion presso l’abbazia benedettina della Dormizione di Gerusalemme. Istituito nel 1986 da Wilhelm Salberg (1925–1996), sacerdote cattolico di Essen, di padre ebreo e di madre cristiana, il premio Monte Sion per la riconciliazione si rifà a quanto affermato nella dichiarazione Nostra aetate (pubblicata il 28 ottobre 1965: proprio in ricordo di questa data la premiazione avviene a fine ottobre). È simbolica anche la scelta del luogo in cui avviene la cerimonia di premiazione: nella Bibbia, infatti, il monte Sion è il luogo dell’incontro tra l’uomo e Dio, ma anche dell’incontro tra popoli. Nel libro di Isaia (2, 1-5) viene descritto il monte Sion avvolto da un fascio di luce, mentre dall’oscurità che lo circonda convergono processioni di popoli provenienti da regioni diverse. Salito il monte, ogni popolazione lascia cadere le proprie armi, rinunciando alla guerra. D’altra parte l’abbazia benedettina della Dormizione assume rilevanza anche per l’impegno che da sempre i monaci hanno dedicato alla 22 PANORAMA PER I GIOVANI riconciliazione tra le confessioni cristiane e al dialogo fra le tre principali religioni monoteiste. Su queste basi la fondazione monte Sion, che ha sede presso l’istituto per la ricerca giudaico-cristiana dell’università di Lucerna, attribuisce ogni due anni un riconoscimento agli individui e alle istituzioni che hanno contribuito al dialogo tra religioni e culture in Terra Santa, con particolare attenzione al confronto tra i monoteismi. L’azione delle due donne premiate nel 2013 è stata in particolare incentrata sulla ricerca di un confronto tra ebrei e cristiani, con specifica attenzione al coinvolgimento dei più giovani. Yisca Harami è nata a Gerusalemme in una famiglia ebraica osservante. Dopo studi specialistici in materia di cristianesimo in Terra Santa, è diventata consulente in ambito sia pubblico che privato, lavorando per i ministeri israeliani di pubblica sicurezza, religioni e turismo. A partire dal 1989 si Emi Cristea / shutterstock.com IL DIALOGO INTERRELIGIOSO E LE DONNE 2 - 2014 è impegnata per permettere a molti ragazzi ebrei di studiare il cristianesimo e nel 1999 ha dato vita ad un’iniziativa finalizzata a promuovere scambi culturali tra i bambini arabi della Città Vecchia e i bambini ebrei di Tel Aviv. Da allora ha sempre colto ogni opportunità per ulteriori contatti basati sulla reciproca conoscenza e intesa tra culture e religioni, in una prospettiva di condivisione sia degli aspetti comuni che delle differenze. Con altrettanta passione e dedizione si è adoperata Margaret Karam, di origini palestinesi, laureata in studi ebraici presso la University of Judaism, Lee College, a Los Angeles. Nata in una famiglia cattolica, è entrata in contatto con la comunità ebraica già in giovane età, grazie a numerosi amici provenienti da famiglie ebree. Oggi Margaret Karam fa parte della commissione episcopale per il dialogo interreligioso presso l’assemblea degli ordinari cattolici di Terra Santa e collabora al movimento dei focolari da più di trent’anni. Nel 2009 è stata coinvolta nell’organizzazione di un simposio internazionale giudaico-cristiano. Nel corso del tempo, ha partecipato a diverse altre occasioni di incontro tra ebrei, arabi cristiani e musulmani. Yisca Harami e Margaret Karam non sono le uniche donne ad aver ricevuto il Premio Monte Sion. La prima ad ottenere questo riconoscimento è stata Elisheva Hemker (1991), per aver edificato una comunità di cristiani ebreofoni ed aver collaborato con padre Daniel Rufeiesen, fondatore della comunità di Haifa. In seguito, sono state premiate Kirsten Stoffregen Pedersen (1993), presidente dell’Ecumenical theological research fraternity di Israele e Dalia Eshkenazi (1995), fondatrice nel 1991 insieme al marito Yeheskel Landau dell’Open House di Ramla, capoluogo del Distretto Centrale dello Stato d’Israele. L’Open House Centre si fonda sulla convivenza e sull’integrazione di arabi israeliani ed ebrei, all’interno di una città di 75.000 abitanti, di cui il 22% è di origini arabe. La fondazione si pone due obiettivi: rendersi un punto di riferimento per la cooperazione tra ebrei e arabi e offrire opportunità sociali ed educative I VOLTI DI DIO per i bambini. I programmi del centro appartenenti a culture diverse. La comprendono campi estivi annuali, un rete è stata organizzata con l’obiettinetwork per genitori arabi ed ebrei, vo di promuovere tramite una collacorsi di approfondimento per inse- borazione multi-religiosa sia i diritti gnanti e altre categorie professionali, delle donne, sia la mobilitazione delle incontri studenteschi e tornei sportivi. singole comunità per raggiungere la Un’altra figura di particolare rilie- convivenza pacifica e il rispetto dei vo tra le donne premiate è quella di diritti inviolabili dell’uomo. La sua Sumaya Farhat Nase (1997), attivi- prima conferenza mondiale si è tenuta sta per la pace in Cisgiordania che, a Kyoto nel 1970, con la formazione e dopo un dottorato in botanica, ha or- il riconoscimento di un’assemblea di ganizzato numerosi progetti mirati donne che oggi si riuniscono prima di a incoraggiare le donne palestinesi a ogni conferenza per discutere di temi lavorare per una risoluzione pacifi- quali diritti umani, sviluppo ed educa al conflitto israeliano-palestinese. cazione alla pace. Nel 2001, Religions Altrettanto impegno a tale for peace ha avviato il primo Global fine è stato profuso dall’israeliana Women of Faith Network, che è tuttoKeren Assaf, organizzatrice insieme ra in continuo sviluppo ed espansione. al palestinese Rami Nasser ed-Din Anche la fondazione Fontana Onlus del progetto Breaking Barriers. Tale e Aurora Network si sono attivate di progetto, che ha avuto inizio con due recente ai fini del dialogo interreligioseminari tenuti in Germania seguiti so. Il 30 marzo 2014 si è tenuto nella da alcuni incontri a Gerusalemme, si Jerusalem Cinemateque, ai piedi del articola in diverse attività: l’organiz- monte Sion, l’incontro “Donne di fede zazione di seminari all’estero, l’istitu- per la pace sogno e realtà” con la proiezione di gruppi di incontro e di Il premio Monte Sion viene conferilavoro composti da israeliani to a personalità che contribuiscono e palestinesi e al dialogo interreligioso la creazione di squadre d’azione con il compito di diffondere all’in- zione del documentario Il dialogo posterno dei villaggi messaggi di solida- sibile del regista Gilad Goldschmid. rietà, spronando le popolazioni locali In tale occasione, le protagoniste del a superare la propria condizione di documentario, otto donne leader nelle sofferenza tramite la collaborazione. cinque principali comunità religiose Rami Nasser ed-Din e Keren Assaf della Terra Santa (ebraica, cristiana, hanno ricevuto il premio Monte Sion musulmana, drusa e beduina), hanno nel 2003. L’ultima donna vincitrice del presentato la loro esperienza, racconpremio prima del 2013 è stata Moni- tando di una forte amicizia nata da un ka Düllmann (2007), direttrice del St. comune desiderio di riconciliazione e Louis Hospital di Gerusalemme, luogo confronto. Il progetto è stato realizzache ha da sempre costituito un punto to in quattro anni, dopo numerosi indi incontro per pazienti di ogni etnia e contri prima in Italia e poi in Israele. religione. L’impegno manifestato da Le attività di cui si è discus- parte delle donne in queste e in molte so costituiscono solo alcuni esempi altre iniziative mostra che una realtà dell’importante ruolo ricoperto dalle concreta fatta di amicizie e condivisiodonne nella costruzione di una società ni personali è possibile e che il dialogo basata sulla cooperazione tra religioni interreligioso non è un’utopia. Inoltre, e sul reciproco rispetto. Uno dei mas- in un contesto dove l’intolleranza è simi casi dell’impegno femminile in trasmessa soprattutto a livello genetal senso è il Religions for peace glo- razionale tramite stereotipi e pregiubal women of faith network, formato dizi, il contributo femminile diventa da trenta network nazionali e cinque essenziale per incentivare una magregionali cui partecipano più di mil- giore conoscenza e una maggiore tolle organizzazioni religiose di donne leranza tra comunità religiose. PANORAMA PER I GIOVANI 23 CREDENTI E NON CREDENTI UN NUOVO FRONTE PER IL DIALOGO The choice between religious faith and atheism has always played a central role for human life. After centuries of contrast and lack of dialogue, believers and non-believers have taken a route aimed at promoting discussion and exchange of ideas. The goal is no longer the conversion of the opponent, but the desire to discover common aspects of different attitudes to life. di Giulio Tanzarella Su svariati temi l’umanità ha mostrato nel corso della storia la tendenza a polarizzarsi in due schieramenti opposti e un esempio che affonda le sue radici lontano nel tempo è rappresentato dalla dicotomia tra credenti e non credenti. Per secoli le due “fazioni” si sono reciprocamente osteggiate, attuando meccanismi di persuasione con l’obiettivo di demolire le convinzioni dell’avversario, inducendolo all’abbandono della propria fede (religiosa o atea che fosse) e al passaggio nel “giusto” schieramento. A ben vedere, però, ciò che un uomo di fede rimproverava a un ateo Insomma, una stessa critica può essere ambivalente. Questo accade perché credenti e non credenti concordano su una cosa: l’uomo è un essere finito che ha in sé l’idea dell’infinito. Se così non fosse, concetti come onnipotenza, creazione e resurrezione non potrebbero trovare spazio nella mente umana. A questo punto si apre un bivio: posto che l’esistenza dell’uomo sia un cammino dall’imperfezione verso la perfezione, quest’ultima potrà mai essere raggiunta? Secondo i credenti, ciò avverrà nella vita eterna; secondo i non credenti, non c’è un termine ultimo della perfezione (Aristotele direbbe un “atto puro”, Numerosi filosofi e teologi hanno motore immobile verso cui tutdimostrato, scommesso o postulato te le cose tendol’esistenza di Dio, senza riuscire a no) e il significato dell’esistenza produrre argomentazioni che non risiede nel camsiano state efficacemente confutate mino in sé, ovvero nell’incesda pensatori successivi sante sforzo di miglioramento poteva ritorcersi contro di lui e vice- e nel progresso della conoscenza. Torniamo ai due schieramenversa. Ad esempio, i cristiani hanno spesso accusato i non credenti di aver ti già discussi: i credenti vantano tra fatto la scelta più comoda: hanno ri- le loro fila la presenza di pensatori del nunciato alla ricerca di Dio a causa calibro di Agostino, Anselmo, Tomdella “pigrizia” di una visione mate- maso, Cartesio, i quali hanno fornito rialistica del mondo che incatena gli una serie di dimostrazioni dell’esiuomini alla realtà effimera e li disto- stenza di Dio (un esempio su tutti è la glie dalla ricerca della vera vita. Allo prova ex causa di Tommaso: ogni cosa stesso modo, gli atei ritengono che i finita ha una causa, ma non potendo cristiani abbiano fatto una scelta di risalire infinite volte alla causa precomodo: abbracciando un dogma come cedente, deve esserci una causa prila fede non conducono alcuna ricerca ma incausata). Pensatori altrettanto verso il Vero ma si rifugiano in ciò che illustri hanno smontato una per una per Nietzsche è una “menzogna mille- tutte le prove dell’esistenza di Dio e naria” e per Marx è un’illusione conso- sono passati al contrattacco: Feuerlatrice, che distoglie gli oppressi dalla bach, addirittura, sosteneva che non è stato Dio ad aver creato l’uomo, bensì lotta per l’emancipazione. 24 PANORAMA PER I GIOVANI l’uomo stesso ad aver dato vita a Dio a sua immagine e somiglianza: le qualità umane sono state assolutizzate e trasferite in un ente immaginario che è la proiezione dell’uomo stesso o, più esattamente, di ciò che l’uomo vorrebbe essere. In posizione di equilibrio tra i due poli si colloca Kant, che non dimostra ma postula l’esistenza di Dio. Un’altra prospettiva è quella di Pascal (appartenente alla schiera dei credenti) e della sua celebre “scommessa”, che parte dal riconoscimento di quattro possibilità: 1) Dio esiste e io ci ho creduto: in questo caso si vince; 2) Dio non esiste e io ci ho creduto: non si vince né si perde nulla; 3) Dio esiste e io non ci ho creduto: in questo caso si perde; 4) Dio non esiste e io non ci ho creduto: non si vince né si perde nulla. Con uno schema logico che anticipa la teoria dei giochi, Pascal giunge alla conclusione che conviene scommettere sull’esistenza di Dio, perché, se Dio esiste, si ottiene un inestimabile vantaggio, mentre, se Dio non esiste, né si guadagna né si perde alcunché. È stato obiettato che, se si scommette sull’esistenza di Dio e Lui non esiste, il bilancio non dovrebbe essere in pareggio ma in perdita, perché, per far fronte alla scommessa, si è sprecato del tempo, rinunciando anche ad alcuni piaceri della vita. Si è detto in Foto di Mario Zanini Astaldi I VOLTI DI DIO Statua di Pascal scolpita da Augustin Pajou, museo del Louvre. Jastrow (2006) 2 - 2014 replica che una condotta di vita ispirata ai principi cristiani è comunque il modo migliore di vivere. È stata posta un’altra critica ben più ardua da superare, ovverosia che una scommessa è un atto bilaterale, la quale necessita del consenso della controparte. Come si fa a sapere se Dio abbia accordato o meno la scommessa? Chi assicura che Lui non si adiri sapendo che la fede discende da un cinico calcolo probabilistico? Dopo secoli di schermaglie teologico-filosofiche, nessuno dei due schieramenti ha prevalso sull’altro e, venendo ai nostri giorni, non possiamo che compiacerci di un mutato assetto programmatico del rapporto tra credenti e non credenti: abbandonata ogni velleità di prevaricazione delle ragioni degli uni su quelle degli altri, sta prendendo forma la consapevolezza della necessità di un dialogo. Alla volontà di autoaffermazione si sta sostituendo la volontà di capire l’altro mediante il confronto. Emblematica a tal proposito la dichiarazione di papa Francesco: “Il nostro obiettivo non è il proselitismo, ma l’ascolto dei bisogni, dei desideri, delle delusioni, della disperazione, della speranza. […] Il Vaticano II decise di guardare al futuro con spi- rito moderno e di aprire alla cultura moderna. I padri conciliari sapevano che aprire alla cultura moderna significava ecumenismo religioso e dialogo con i non credenti”. Non è un caso che lo stralcio sopra riportato sia tratto dall’intervista di Eugenio Scalfari al pontefice, intervista contenuta in un libro del fondatore di Repubblica intitolato appunto Dialogo tra credenti e non credenti. Da mesi Scalfari, dichiaratamente ateo, e papa Bergoglio hanno avviato un intenso dialogo che ha luogo sulla stampa oltre che in incontri e telefonate private, e ciò testimonia la condivisa volontà da parte di due autorevolissimi personaggi di rifuggire l’arroccamento presso le proprie convinzioni. Da questa recente testimonianza dialettica si evince la sterilità della contrapposizione ideologica che si traduce in un “muro-contro-muro”. Da più parti si ammette che, insieme, atei e uomini di fede percorrono un cammino la cui meta non consiste nella scoperta del vero, ma nel riconoscimento di esigenze comuni che scaturiscono da un complesso approccio alla vita, laddove per complessità non si intende qualificare le elucubrazioni mentali degli artefici del confronto, bensì il condiviso rifiuto della superficialità. Scrive Enzo Bianchi commentando lo scambio di vedute tra Scalfari e Bergoglio: “il dialogo va praticato come via di costruzione di un mondo che crede alla forza della parola e rifiuta di affidarsi alla parola della forza”. Tramite il dialogo, secondo l’analisi di Bianchi, i credenti possono verificare se le loro certezze, assunte come “rivelate” e “trascendenti”, possono avere una “base umana”, ovvero se ciò che viene presentato come “istanza etica superiore” può avere una “valenza antropologica anche per chi non ne condivide l’origine”. Similmente i non credenti possono constatare che il loro umanesimo incentrato sulla lucida razionalità dell’intelletto umano non sempre va a cozzare con la fede religiosa, sia essa mistero impenetrabile o incrollabile appiglio. I non credenti rifiutano il concetto stesso di fede, che è per definizione qualcosa di intangibile, indimostrabile mediante gli strumenti logici o empirici di cui l’uomo dispone. Dunque, non stupisce che il mondo occidentale, giustamente concentrato sull’avanzamento scientifico e tecnologico e sulle tangibili implicazioni PANORAMA PER I GIOVANI 25 Pagine della Summa Theologiae, magnum opus di San Tommaso d’Aquino. I VOLTI DI DIO Papa Franscesco, Vaticano. del progresso nella società, stia diventando sempre più insensibile alla dimensione spirituale: se la fede non dà risposte concrete, non è possibile verificarne la fondatezza, stabilire se essa contenga una verità. Eppure, secondo l’enciclica Lumen fidei, elaborata da papa Francesco sulla precedente impostazione di Benedetto XVI: “la fede, senza verità, non rende sicuri i nostri passi. Resta una bella fiaba, la proiezione dei nostri desideri di felicità, qualcosa che ci accontenta solo nella misura in cui vogliamo illuderci”. Fede e verità, dunque, sono inscindibili. Questo, tuttavia, non pone il fedele su un piano di superiorità, né fa di lui un prescelto: “Il credente non è arrogante; al contrario, la verità lo fa umile, sapendo che, più che possederla noi, è essa che ci abbraccia e ci possiede”. Un ateo obietterebbe che resta irrisolto il nodo della effettiva connessione tra fede e verità, ed è difficile dargli torto: si tratta di una connessione che, per quanto proclamata in modo accorato e disinteressato, resta ancorata alle sacre scritture, cioè alla rivelazione che discende da un essere trascendente. Tuttavia non si deve pensare che la fede costituisca per il cristiano un 26 punto d’arrivo, una conquista stabilizzante. Lumen fidei prosegue infatti affermando: “lungi dall’irrigidirci, la sicurezza della fede ci mette in cammino, e rende possibile la testimonianza e il dialogo con tutti”. L’esempio più calzante sul tema è rappresentato dal Cortile dei gentili, un’associazione di religiosi e laici, credenti e non credenti, nata nel 2009 su esortazione di Benedetto XVI. Negli anni antecedenti la nascita di Cristo, il cortile dei gentili era una particolare zona del tempio di Gerusalemme dove i non ebrei, detti appunto “gentili”, potevano incontrare i sacerdoti e i maestri della Legge per porre loro domande inerenti la religione. Attualmente, il Cortile dei gentili è un luogo di incontro tra credenti e non credenti, in cui il dialogo si svolge in una serie di convegni e manifestazioni oltre che su internet. I temi trattati spaziano dall’etica all’arte, dalla scienza alla legalità, e trovano fondamento nella consapevolezza che credenti e non credenti, scevri della volontà di imporre ciascuno la superiorità del proprio modello, possono marciare insieme per il conseguimento degli obiettivi comuni. Ci si potrebbe chiedere: a che serve sforzarsi di dialogare e trovare punti di contatto fra visioni del mon- do inconciliabili, se al termine di tutto ciò ognuno resterà della propria opinione? Se il fine del confronto non è la persuasione né il proselitismo, perché mai dare risalto a un “dialogo tra sordi” in cui già in partenza ciascun interlocutore è incrollabilmente fermo sulle proprie posizioni? La risposta è che la dialettica non è mai fine a se stessa, giacché offre agli interlocutori e, soprattutto, al pubblico per cui viene divulgato il frutto del confronto spunti di riflessione che certamente non stravolgeranno l’impostazione culturale dell’individuo, ma che potranno contribuire ad ampliare gli orizzonti del singolo, sollecitandone la curiosità. Ciascuno di noi, comunque la pensi sul piano teologico-filosofico, è attratto dalle domande esistenziali, affascinato dall’idea di sondare l’insondabile, bramoso di scoprire l’infinito che si cela ai confini dell’universo o dentro la finitudine dell’uomo. Non è questo che il dialogo ci consente di ottenere. Tuttavia, sono queste le premesse che accomunano credenti e non credenti, i capisaldi da cui partire per un proficuo scambio di idee, per far sì che ciascun individuo possa provare a mettere ordine nel vortice caotico in cui si confondono dubbio e certezza, illusione e verità. neneo / shutterstock.com 2 - 2014 2 - 2014 ANCHE UNA GUERRA SANTA È UNA GUERRA Throughout history, many wars have been justified through faith and religious reasons. We are still witnessing atrocious brutalities, committed in the name of God. This leads us to believe that the holy wars will never have an end. The interreligious dialogue has often failed. However, thanks to the efforts of a few, even today, it is possible to hope and believe in the success of the dialogue between people and religions. di Chiara Tonin I VOLTI DI DIO religione islamica. Non è lecito, infatti, per un cristiano, quando si parla di tale concetto, limitarsi a puntare il dito: la nostra stessa cultura occidentale, che a livello giuridico condanna e biasima la violenza inferta per motivi religiosi, ha alle spalle una storia nella quale l’espressione “guerra santa” ha significati e riferimenti ben precisi. La presenza di motivazioni di forte rilievo morale si è da sempre dimostrata necessaria e quanto mai auspicabile al fine di ottenere consenso in merito ad azioni belliche. Ed esiste forse a tal fine un ideale più “opportuno” della fede, profonda suggestione in grado di eliminare qualsivoglia residuo di resistenza etica alla violenza? Ci basti pensare alle crociate cristiane che agitavano e turbavano gli animi verso gli inizi del secondo millennio. Durante i concili di Piacenza e di Clermont del 1095, numerosi predicatori, tra i quali Pierre d’Amiens, esortarono alla crociata contro i turchi selgiuchidi, galvanizzando uomini di ogni estrazione sociale. Le stragi causate dai cavalieri in Terra Santa non sarebbero state mai più dimenticate dalle coscienze del mondo islamico. Un paio di secoli dopo inizia il periodo delle cosiddette “canzoni di crociata”: tra i molteplici nomi, è doveroso ricordare quello di Rutebeuf, poeta francese. Egli scrisse non solo componimenti volti ad incitare i contemporanei alla guerra santa, ma anche elogi funebri a quanti morirono nella pia impresa. Ci sono anche testi di italiani, come Taddeo di Napoli e Galvano di Levanto, medico genovese. Quest’ultimo scrisse il Liber sancti passagii christi- teso al miglioramento di sé è definito come “grande jihad”, mentre la guerra santa, ovverosia quell’azione armata che si pone l’obiettivo di diffondere o di difendere i confini dell’Islam, è un “piccolo jihad”. È interessante osservare che, nell’edizione del 1933 dell’Enciclopedia Treccani, in un’appendice della voce Islamismo, si affronta il tema e il significato alla base della guerra legittima (ǧihād) e non viene fatto alcun accenno all’originaria definiJihad significa letteralmente zione di jihad “sforzo”, slancio verso come “grande sforzo” personaun determinato obiettivo le verso il mijihad, nel suo significato originario di glioramento di sé. Viene comunque cui si tratterà a breve, è un concetto rimarcata la difficoltà di una corretta che affonda le proprie radici nel mesinterpretazione del termine. Ciò consaggio di Maometto; purtroppo, nel sente di notare quante complicazioni corso della storia, la parola del profeesso abbia sollevato – e continui a sollevare – anche in ambito accademico. ta è stata più volte distorta affinché sembrasse sostenere e promuovere Tuttavia, al giorno d’oggi, quelle tesi che vanno ad alimentare le l’Islam di cui si discute, dal bar sotto organizzazioni terroristiche che oggi casa fino ai settori più riservati delimperversano. In occidente, il termila sicurezza internazionale, è quello estremista, quello che ha fatto della ne viene regolarmente tradotto con jihad l’essenza l’espressione “guerra santa”, ma ciò, del messaggio oltre ad essere impreciso, non rende La guerra non può essere condotta rivoluzionario. giustizia alla ricca pluralità di significon Dio, dal momento che si tratta Tale generalizcati del vocabolo. zazione ha fatto Il lemma, tradotto letteraldi un delitto contro Dio sì che il concetto mente, significa “sforzo”: esso, infatti, è lo slancio verso un determinato obietdi jihad venisse distorto, stravolto. colarum contra Sarracenos pro recutivo e può, contrariamente a quanto si Lo “sforzo”, dalla valenza potenzialperatione Terre Sancte. Ramon Llull (meglio noto come Raimondo Lullo), mente del tutto positiva, si è trasforpossa pensare, fare riferimento “allo mato in uno degli ideali evocati per sforzo spirituale del singolo indivisacerdote e teologo catalano, dedicò la giustificare gli orrori, le violenze e il propria esistenza per intero allo sviduo per migliorare sé stesso”. Se, ad terrorismo che continuano a mietere luppo delle missioni in terra islamica. esempio, un individuo si impegnasse migliaia di vittime. Punto di vista fondamentale del penin maniera seria e costante per smet Il concetto di “guerra santa”, siero del teologo è l’idea di “missione”, tere di fumare, nessun musulmano in ogni modo, non appartiene escluvolta alla conversione degli infedeli esiterebbe a classificare tale atto come una jihad. Nella filosofia, tale sforzo e all’istituzione dell’unità della fede. sivamente al bagaglio culturale della Parlare oggi di guerra santa non implica, purtroppo, un mero riferimento al passato. Basti pensare, infatti, ai diversi movimenti che, sia pure in maniera spesso superficiale, vengono etichettati come affini al “fondamentalismo islamico”, senza contare i continui rimandi al concetto di jihad, con la comune e ormai accreditata traduzione in “guerra santa”, che ancora oggi riempiono le pagine dei giornali. Si tende a dimenticare, inoltre, che la PANORAMA PER I GIOVANI 27 I VOLTI DI DIO Non mancano dunque gli individui che, a dispetto della propria levatura intellettuale e dei propri studi, si lasciarono trasportare dall’ideologia religiosa, tessendo le lodi di una guerra ingiusta ed esortando al massacro di uomini innocenti. Si pensi a una delle più celebrate e studiate opere della tradizione letteraria italiana, i Rerum vulgarium fragmenta, meglio 45 furon materia a sì giusto disdegno?” Nessun affetto umano, per quanto legittimo, poté ispirare una guerra con maggior ragione che questo potente amore divino. Tali parole cozzano con l’insegnamento che la Chiesa cattolica ha adottato e da anni mantiene nei confronti della legittimità di una guerra L’occidente, che oggi condanna la di religione. Nell’ultimo deviolenza inferta per motivi religiosi, cennio del senon deve dimenticare il suo passato condo millennio, previa approvazione di papa Giovanni Paolo II, è noti come il Canzoniere di Francesco stato pubblicato il Catechismo della Petrarca. Troviamo qui tre grandi canzoni politiche e il numero ventotChiesa cattolica, che definisce una posizione inequivocabile nei confronti to corrisponde ad un incoraggiamento della questione dell’unicità della fede alle crociate. Si consideri il seguente e, di conseguenza, della liceità della breve passaggio: guerra di religione. Si legge così, nei “43 Deh qual amor sì licito, o sì degno, paragrafi Pace e Evitare la guerra, qua’ figli mai, qua’ donne l’affermazione che “tutti i cittadini e tutti i governanti sono tenuti ad adoperarsi per evitare le guerre” (2308). Krak des Chevaliers, Siria. 28 Non si trova più traccia dell’antica esortazione ad adoperarsi per liberare la Terra Santa dagli infedeli; è necessario lavorare per garantire la pace e la guerra non può essere condotta “con Dio”, dal momento che si tratta di un delitto contro Dio: “Ogni atto di guerra che indiscriminatamente mira alla distruzione di intere città o di vaste regioni e dei loro abitanti, è delitto contro Dio e contro la stessa umanità e con fermezza e senza esitazione deve essere condannato”. Non si prega più, insomma, per ottenere il favore, la benevolenza di Dio in guerra, bensì perché ci liberi dalla guerra stessa: “Il quinto comandamento proibisce la distruzione volontaria della vita umana. A causa dei mali e delle ingiustizie che ogni guerra provoca, la Chiesa con insistenza esorta tutti a pregare e ad operare perché la bontà divina ci liberi dall’antica schiavitù della guerra” (2307). Permane tuttavia, anche all’interno di tale testo, una concessione alla guerra di legittima difesa, che fa discutere, soprattutto oggi, in consi- Anton_Ivanov / shutterstock.com 2 - 2014 2 - 2014 derazione delle possibili interpretazioni meno trasparenti che se ne possono fare. Nel Catechismo, infatti, subito dopo i passi riportati in precedenza, vi sono argomentazioni a sostegno e legittimazione della guerra di difesa: “Fintantoché esisterà il pericolo della guerra e non ci sarà un’autorità internazionale competente, munita di forze efficaci, una volta esaurite tutte le possibilità di un pacifico accomodamento, non si potrà negare ai governi il diritto di una legittima difesa”. E Papa Francesco, durante il volo di ritorno dal recente viaggio a Seul, ha pronunciato alcune semplici parole proprio in merito alla legittimità di difesa dei popoli: “È lecito fermare l’aggressore ingiusto, fermare, non dico bombardare o fare guerra, solo fermare […], ma dobbiamo avere memoria di quante volte sotto questa scusa di fermare l’aggressore ingiusto le potenze si sono impadronite dei popoli e hanno fatto una vera guerra di conquista”. È questo il monito di papa Bergoglio: solo attraverso il ricordo degli orrori passati è possibile volger- I VOLTI DI DIO si alla costruzione di un nuovo futuro ro, esprime sinteticamente l’urgenza di serenità. Il confine che distingue di tale punto di approdo per il dialouna guerra legittima da una ingiu- go, affermando che non ci potrà essta è purtroppo labile e, ancora oggi, sere pace tra i popoli, se non ci sarà ci si interroga sulla liceità o meno di pace tra le religioni. E per lanciare precisate azioni belliche di difesa. Il un messaggio di speranza in mezzo dibattito è acceso, come accesi sono i all’avvilimento dovuto agli insuccessi, conflitti che ancora distruggono intere si possono ricordare le parole di un tenazioni. ologo cattolico dello Sri Lanka, Tissa Malgrado gli episodi di intolBalasuriya: “Le religioni possono penleranza e di fallimento del dialogo Non ci potrà essere che continuano a ripresentarsi, pace tra i popoli, se non ci sarà non bisogna dipace tra le religioni menticare che, anche grazie ai numerosi cambiamenti e allo svilupsarsi complementari per il bene spirituale di tutti, invece di considerarsi in po economico e tecnologico che hanno competizione le une con le altre (…). permesso di prendere coscienza della pluralità del mondo, ogni comunità è, Esse sono i movimenti sociali monoggi più che mai, spinta a un tentatidiali più antichi e diffusi del mondo. vo di dialogo. Oggi un numero sempre Ricevono l’adesione leale di masse di maggiore di teologi sottolinea l’esipopolazione e sono radicate in gruppi genza di compiere un ulteriore balzo locali, comunità nazionali e reti monin avanti, di volgere lo sguardo a una diali. Insieme possono contribuire a sviluppare un ordine mondiale di conteologia nuova, quella del pluralismo divisione, giustizia e pace”. religioso. Hans Küng, teologo svizze- 29 2 - 2014 I VOLTI DI DIO FONDERE L’AMORE DELLA CONOSCENZA CON LA CONOSCENZA DELL’AMORE Interfaith dialogue describes exchanges among religious practitioners and communities on matters of doctrine and issues of mutual concern in culture and politics. We will examine the engagement of the world’s religious traditions in their efforts to collaborate on questions of peace, human rights, and economic and social development. di Vittorio Barberio L’espressione “dialogo interreligioso” si riferisce all’interazione fra persone o gruppi di persone appartenenti a differenti tradizioni religiose, basata sul presupposto che tutte le parti coinvolte accettino e operino per la tolleranza e il rispetto reciproco. Il termine “dialogo” deriva dal greco dia-logos che ha il senso generale di “una conversazione fra due o più parti”: nello specifico, la parola greca logos indica l’intelligibilità umana, la capacità di pensare, ma, a ben vedere, si tratta di una definizione riduttiva. L’essere umano, infatti, non è solo un essere logico. Egli è, necessariamente, dia-loghikos, cioè in dialogo continuo con gli esseri che lo circondano. Infine, egli è in dialogo con il fondamento ultimo, Dio. Vivere, quindi, il rapporto in modo dialogico mette l’uomo in armonia con se stesso, con il mondo e con il fondamento. Dialogo che trova il suo massimo compimento nell’arte, di qualunque genere espressivo essa sia, che rende percepibile il tumulto interiore nella ricerca di Dio e nella professione di fede. La forma artistica, quindi, è capace di cogliere le urgenze, i continui sconvolgimenti dei nostri tempi, consentendo alle diverse religioni partecipi al dialogo di affrancarsi dagli stereotipi che dividono persone di fedi diverse e avviare riflessioni e confronti. Ne proponiamo alcuni esempi. Il dialogo fra cristianesimo e islam trova uno dei suoi riferimenti fondamentali in una delle figure più affascinanti della storia: Maria, madre di Gesù. Maria non solo è l’unica donna che goda del privilegio di essere citata per nome nel Corano, ma è addirittura menzionata circa trenta volte. Nel testo sacro, ella è protagonista della diciannovesima sura, la quale è annoverata tra le più belle da diversi 30 esperti. In essa si legge delle sofferenze patite dalla donna dal momento in cui l’arcangelo Gabriele, soffiando sotto i suoi abiti, concepì Gesù. Il professor Adnane Mokrani, docente presso il Pontificio istituto di studi arabi e d’islamistica e l’università San Pio V, ha dichiarato in una recente intervista all’Aki – Adnkronos international: “Il Corano sottolinea lo scandalo del parto di Maria come donna non sposata, infatti non compare la figura di Giuseppe. E’ una donna dedicata al tempio che partorisce un bambino e deve provare la sua innocenza”. Gesù, appena nato, fornisce, tramite un miracolo, la giustificazione per la madre, definendosi “servo di Dio”. L’importanza di Maria cultura islamica è data dal fatto che essa diviene il punto di contatto più forte con il cristianesimo; peraltro, in difformità con l’idea che nell’Islam non esista pittura a sfondo religioso, la sua figura è presente in molte raffigurazioni. Basti pensare alle oltre settanta immagini appartenenti a varie collezioni private e a venticinque musei sparsi nel mondo. Un altro fulgido esempio di contatto fra culture e religioni diver- C.C. Convivio Creativo 2 - 2014 se è offerto dalla terra felix siciliana: era il XII secolo quando i Normanni cominciarono la riconquista cristiana, trovandosi in una situazione particolare. La Sicilia, infatti, non rientrava nell’ordine ideologico dell’Occidente cristiano, condizionato dalla guerra fra potere temporale e papale, né poteva essere ricompresa nei territori dominati dai sovrani di Bisanzio o dagli Arabi sconfitti. In questo vuoto politico, tuttavia, la convivenza e il dialogo fra lingue e religioni proseguiva con crescente intensità. In quest’isola al centro del Mediterraneo si cercava di far convivere tre fedi e quattro lingue (greci, latini, arabi, ebrei), realizzando un’impresa di stampo culturale e non meramente politica: dell’integrazione fra elementi religiosi, politici e culturali diversi, la Cappella palatina I VOLTI DI DIO di Palermo fu il massimo simbolo. La ni di Dio, la cui trama ripercorre le Cappella, eseguita nel giro di pochi vicende di sette monaci trappisti del anni e terminata nel 1143, è unica nel monastero di Tibhirine, sull’Atlansuo genere per la mescolanza di tratti te algerino, che vengono rapiti nella stilistici che rispecchiano l’espressa notte tra il 26 e il 27 marzo 1996. Il volontà del sovrano di congiungere 21 maggio un gruppo islamico armain un’opera tutte le culture del regno: to rivendica la loro esecuzione e il 30 di qui la giustapposizione composita maggio i loro corpi saranno ritrovati di elementi quali l’arco arabo a sesto davanti al monastero. Imperversava acuto, le colonne di spoglio e i contiin quegli anni la guerra civile tra forze nui riferimenti al vocabolario biLa Cappella palatina di Palermo fu zantino. Preziosa il simbolo dell’integrazione è la decorazione tempestata di pafra elementi religiosi, politici role greche e lae culturali diversi tine che percorre ogni parete, come governative e gruppi islamisti di vario pure i dipinti di impronta araba che tipo, ma accomunati dal fanatismo reesibiscono un archivio di qualità e virtù richieste a Dio per il sovrano. ligioso e dall’odio verso il governo conParticolarmente interessante siderato illegittimo. è anche la lucida analisi dell’inconL’ultimo esempio che proponiamo è il museo interreligioso di tro-scontro interreligioso, condotta Bertinoro, istituito su iniziativa delattraverso l’obiettivo della macchina da presa: al grande pubblico vengono la diocesi di Forlì-Bertinoro secondo proposti due filoni diversi, anche se un progetto del senatore forlivese contigui. Da un lato, il dialogo reliLeonardo Melandri e inaugurato il 10 giugno 2005. Importanti studiosi gioso è letto alla luce del dibattito tra delle tre fedi monoteistiche di fama differenti tradizioni culturali e relinazionale e internazionale, riuniti ad giose; si pensi, ad esempio, a Prima hoc, hanno collaborato per tracciare della pioggia di Milcho Manchevski. i percorsi espositivi, acquistare imLa trama del film del regista macedoportanti oggetti d’arte e realizzare il ne, un racconto in tre parti in cui ogni portale d’ingresso al museo, opera di episodio si incastra con il successivo fino a produrre una struttura circolaMario Di Cicco. Il portale, in metalre, si sviluppa nell’intervallo di tempo lo, è decorato con alcuni tra i simboli che separa gli avvenimenti narrati più icastici e rappresentativi delle tre dall’arrivo della pioggia. Il terzo episoprincipali religioni moniteiste, tali da aver avuto un grande impatto sull’idio è risolutivo poiché riprende la tematica dello scontro religioso e richiadentità delle popolazioni sparse sul ma immediatamente il mito di Caino nostro pianeta. L’esposizione del mue Abele. In questa parte, in un tessuto seo si svolge in dodici sale, in seguito alle quali si giunge alla cisterna e alle di relazioni umane disgregato, i due protagonisti (Zamira e Alex), in nome grotte della Rocca. L’itinerario mudel loro amore, saranno uccisi dai proseale si fonda su due principali filoni tematici: la disamina dei capisaldi repri consanguinei che non ritenevano ligiosi, culturali e antropologici comupossibile una relazione amorosa tra ni alle tre fedi, nonché l’anelito all’atun macedone e un’albanese in una extenzione e al rispetto per l’identità di Jugoslavia dilaniata da guerre intequeste tre religioni.L’espressione arstine, non dai rivali appartenenti ad tistica nel dialogo interreligioso rifletaltra etnia e religione. Una seconda te in pieno la lucida analisi di Hans lettura sulla libertà religiosa è offerta Küng, che ebbe a dire: “Non vi può esda Des hommes et des dieux – Uomisere pace tra le nazioni senza la pace tra le religioni; non vi può essere pace tra le religioni senza il dialogo tra le La Cappella Palatina di Palermo, costruita nel 1143 per volere di re Ruggero II. religioni”. PANORAMA PER I GIOVANI 31 I VOLTI DI DIO UN SOLO DIO, TANTI DEI Throughout human history, religion has changed to a vast extent from several points of view: among these, the number of deities which are simultaneously worshipped is of particular interest. Possibilities range from the well-known monotheisms and polytheisms to the more peculiar henotheism. However, despite such differences, all religions are united by a common, ancient core. di Benedetta Muccioli la sete, vennero soccorsi da un’entità celeste che si rivelò essere Allah: così Ismaele divenne il capostipite delle tribù arabe che avrebbero fondato l’Islam, mentre da Isacco nacquero gli ebrei. Un altro elemento fondamentale per le religioni antiche e moderne sono i libri sacri. Per ebrei e cristiani la Bibbia (che include ovviamente per i secondi il Nuovo Testamento), per gli islamici il Corano, per gli induisti la Veda. In ogni tempo e in ogni luogo gli uomini mettono per iscritto la parola di Dio. Anche per i greci e i romani era così: per i primi le preghiere venivano tramandate sotto forma di inni sacri – si ricordino i celeberrimi Inni omerici o gli inni di apertura al simposio – mentre per i secondi si rammentino i Carmina arvalia, recitati per invocare la fertilità dei campi e un tempo clemente per le colture. È significativo che venissero recitati usando una lingua molto arcaica: gli uomini cambiano perennemente mentre gli dei rimangono per sempre immutabili nella propria perfezione. Occupiamoci ora del mondo dei morti: semplificando di molto un concetto ben più complicato, si può riassumere che, per buona parte delle religioni, i “buoni” otterranno un posto in un luogo meraviglioso ove stare per l’eternità, mentre i “cattivi” saranno relegati in uno spazio orribile dove saranno sottoposti a ogni sorta di sofferenza. Più nel dettaglio, l’aldilà latino e greco si suddivide nei campi elisi, sede dell’eterna beatitudine, e nel tartaro, luogo proprio dei dannati. L’oltremondo cristiano è molto simile ed è descritto in maniera sublime da non metterla al corrente dei suoi progetti e si sente rispondere che lui può decidere come meglio crede poiché è il grande Zeus. In questo caso, secondo la definizione di Max Müller, si parla di “enoteismo”, una forma intermedia tra politeismo e monoteismo Fin dall’antichità, non mancano in cui si venera una divinità in analogie e somiglianze fra le modo maggiore diverse religioni rispetto al resto del pantheon. non mancano analogie e somiglianze Ancora un tratto in comune: il destifra le diverse religioni. Fra greci, ebrei no è presente in ogni religione antica e mesopotamici, per esempio, trovia- e moderna, politeista o monoteista. mo il racconto di un diluvio univer- Esso, noto come fato, moira, divina sale che avrebbe dovuto purificare la provvidenza o altro ancora, è quella terra dagli uomini, sempre più empi forza cui anche le divinità più potene numerosi, mentre solo i meritevoli ti devono sottostare. L’Iliade è ancora si sarebbero potuti mettere in salvo. paradigmatica: Zeus sta cercando di I greci Deucalione e Pirra ricevono da salvare il figlio Sarpedonte dai dardi Zeus l’ordine di lanciare dietro di sé achei, ma anche lui, padrone dell’egidei ciottoli che avrebbero dato vita ad da e signore dei fulmini, deve piegaun nuovo genere umano e gli ebrei re la testa di fronte alla moira che ha Noè e Sara ricevono da Dio lo stes- filato per suo figlio una fine diversa, so comando. Alla possibilità di que- cioè quella, come dicevano i grandi sti collegamenti, con tutte le cautele comandanti romani, di “cenare nell’Ache ovviamente si impongono, non si de”. Proviamo ad avvicinarci alla sottrae neppure uno degli elementi teologicamente più rilevanti per la modernità. Vi tradizione cristiana: la trinità. Si pen- sono due popoli Le religioni del mondo classico si alla triade capitolina latina Giove- che continuano si fondavano sull’ottica del Minerva-Giunone, corrispondente al a farsi la guerra, pantheon olimpico accuratamente insanguinando do ut des descritto dalla Teogonia di Esiodo, ma senza sosta la anche alla trimurti induista Brahami- terra santa per i Visnu-Shiva. Un altro errore molto tre grandi monoteismi. Eppure ebrei e Dante: al paradiso sono destinate le frequente è credere che nelle antiche musulmani sono figli dello stesso pa- anime sante, mentre l’inferno è riserreligioni politeiste tutti gli dei abbia- dre: Abramo. Il patriarca, infatti, ebbe vato a quanti si sono macchiati di pecno la stessa importanza. Si guardi da Sara, moglie legittima, il figlio cato mortale. Fra i due c’è il Purgatoancora ai greci e a una delle più ma- Isacco, dopo che la schiava Agar ave- rio. In civiltà molto più antiche, come estose tra le loro opere, l’Iliade: nel va partorito Ismaele. Madre e figlio quella egizia, esisteva addirittura un primo libro, durante il banchetto degli illegittimo vennero mandati via da libro dei morti: si dovevano seguire dei, Era, regina degli dei e moglie del Abramo e si rifugiarono nel deserto, alla lettera le istruzioni contenute in grande Zeus, rimprovera il marito di dove, stremati per la stanchezza e per questo volume affinché l’anima del deQuanti scontri e quanto odio tra figli dello stesso mondo solo perché lingua e cultura hanno portato a credere che ci possa essere un dio più potente degli altri e che questi debba prendere il sopravvento! Eppure, fin dall’antichità, 32 PANORAMA PER I GIOVANI Angelo Giampiccolo / shutterstock.com 2 - 2014 Tempio di Hera, Selinunte. funto si potesse presentare al cospetto di Osiride e affrontare con successo la “pesatura del cuore” (il cuore veniva posto su una bilancia e doveva essere più leggero di una piuma: in caso di insuccesso, esso veniva divorato dal demone Ammut e all’anima veniva negato l’accesso all’aldilà). Nonostante queste analogie, i politeismi antichi si differenziano notevolmente dalle credenze moderne. Le religioni del mondo classico si fondavano sull’ottica del do ut des: l’uomo, generalmente un sacerdote, offriva un sacrificio agli dei per richiedere un favore; laddove il sacrificio non fosse andato a buon fine o fosse stato giudicato insufficiente dal dio in questione, l’orante non avrebbe ottenuto nulla. Il mito ci offre esempi di quel che accade a quanti hanno disobbedito agli dei olimpici o hanno tentato di trarli in inganno: si ricordino, a tal fine, la straziante agonia cui era sottoposto Prometeo o l’eterno supplizio patito da Tantalo. Quello del rapporto fra politeismo e monoteismo è d’altronde un problema sul quale si sono a lungo confrontati storici, filosofi, antropologi, che hanno proposto tesi e interpretazioni molto diverse, sia da un punto di vista teorico sia cercando di spiegare passaggi di decisiva importanza, come quello dell’affermazione del cristianesimo nell’impero romano, di tradizione politeista. Concludiamo allora con due precisazioni proprio su questo aspetto. Il cristianesimo è stato in realtà l’ultimo di una serie di monoteismi che si stavano diffondendo in quell’epoca, primi tra tutti il culto di Mitra e la Pietra del sole. È certamente quello che si affermò, in un contesto storico nel quale la solida struttura statale romana inizia a scricchiolare sotto la pressione delle lotte intestine e delle minacce dei popoli stranieri che, dopo una prima fase, avviano delle vere e proprie invasioni, a seguito delle quali divulgano le proprie fedi, in generale di natura politeista. I nuovi culti venivano definiti “salvifici” poiché, nel caos politico e istituzionale, promettevano una vita lieta e felice nell’aldilà, mentre la vecchia triade capitolina non era più in grado di garantire alcunché. Abbiamo già menzionato l’enoteismo: una teoria molto recente – ed è questa la seconda precisazione – afferma che un vero politeismo latino e greco si è affermato solo fino all’età classica, mentre a partire dall’ellenismo nuove filosofie, quali lo stoicismo e l’epicureismo, spingono a forme di credenza sempre più incentrate su un unico dio. Ciò nondimeno, anche nel periodo classico vi sono delle forme di trasgressione: ne sono un esempio i misteri eleusini dedicati al culto della sola Demetra oppure i riti orfici, nei quali la parte più “dionisiaca”, secondo la definizione di Nietzsche, emergeva con maggior prepotenza e solo in quel momento si poteva prendere un po’ di respiro da una società estremamente rigida. Accenniamo così anche alla condizione femminile: in certe società del mondo antico, i culti erano dedicati alla Potnia Theron, alla Grande Madre che tutto genera, raffigurata in immagini emblematiche dalle sculture cretesi, con il costume caratteristico che le lasciava scoperti i seni. Con il passare dei secoli, la società si trasformò da matriarcale a patriarcale, con una progressiva perdita di importanza della donna anche nella religione, fino alla grande celebrazione mariana del Cristianesimo. Gli uomini fanno di tutto per essere diversi tra loro. Nella stessa molteplicità delle esperienze religiose è tuttavia possibile ritrovare almeno il riflesso di quell’umano universale che ha lasciato la sua impronta in tutte le culture, a partire dalle più antiche. PANORAMA PER I GIOVANI 33 2 - 2014 I VOLTI DI DIO IL CABALISTA DI PRAGA LA DENUNCIA DEI RISCHI DEL FANATISMO This book is set in Prague in the seventeenth century: David Gans, the narrator, discloses a world full of mysteries and reconstructs the long chain of events that led to the Golem’s creation. A group of fanatics is about to destroy the jewish ghetto and this legendary creature, created from mud, is its only defender. di Elisabetta Zuddas IN PRIMA LINEA PER LA PACE IN MEDIO ORIENTE: DALLA RIVISTA ELEMENTI AGLI ACCORDI DI OSLO Il cabalista di Praga è un romanzo di Marek Halter, edito in Italia da Mondadori nel 2012 e tradotto in numerose lingue, ottenendo il favore di buona parte della critica e dei lettori. Nella trama, ricca di elementi simbolici e quasi tutti legati alla cultura ebraica, la storia si confonde con la leggenda: figure storiche come David Gans, il Maharal, Giordano Bruno e Galileo Galilei interagiscono con personaggi di fantasia come Eva, Jacob e Isaia, reinterpretando il modello del romanzo storico. Gli eventi si svolgono in un periodo storico molto delicato, carico di tensioni religiose: il popolo ebraico deve affrontare la cieca violenza scatenata dall’ignoranza e dal fanatismo antisemita, che, in varie epoche, hanno complicato notevolmente la convivenza tra ebrei e cristiani. Non a caso Marek Halter ha vissuto in prima persona il dramma della Shoah: nato a Varsavia nel 1936 da una famiglia di ebrei polacchi, dovette rifugiarsi in Ucraina con la sua famiglia per sfuggire ai nazisti; lì vennero arrestati, trasferiti a Mosca e successivamente Comitato internazionale per la pace negoziale in Medio Oriente e della rivista Elementi, che ha visto per la prima volta la collaborazione tra giornalisti israeliani e palestinesi. Inoltre, Halter contribuì a fondare SOS Racisme, un’organizzazione per la promozione della pace in Medio Oriente e tra il 1992 e il 1993 partecipò alla pianificazione degli incontri segreti che hanno portato agli Accordi di Oslo e al primo colloquio tra Shimon Peres, Yitzhak Rabin e Yasser Arafat. Halter, le cui opere letterarie comprendono una ventina di libri sull’epopea del popolo ebraico, è altresì apprezzato per la sua poliedrica versatilità nel campo della pittura e della regia cinematografica: un film da lui diretto, I Giusti, ha aperto il Festival del Cinema di Berlino del 1995. L’INTERESSE PER LA CABALA DELL’ECCENTRICO IMPERATORE ASSICURA AGLI EBREI UNA MOMENTANEA SICUREZZA La vicenda si svolge principalmente a Praga, a cavallo tra il XVI e il XVII secolo: il protagonista e narratore, David Gans, vi giunge per diventare discepolo del rabbi Loew, considerato il maggiore sapiente ebraico La cabala: allora vivente. un complesso di dottrine ebraiche Il termine con cui viene solitadi carattere mistico ed esoterico mente definito riguardo Dio e l’universo nel testo, cioè Maharal, è un evacuati in Uzbekistan. La sua sorel- acronimo in lingua ebraica che silina, Bénérice, non sopravvisse alle gnifica “Il nostro maestro il rabbino numerose privazioni, mentre i suoi Loew”. Questi viene descritto come un genitori si ammalarono. Senza dubbio uomo burbero ed enigmatico, circonquesti eventi hanno influenzato pro- dato da enorme rispetto e riconosciufondamente la vita privata e profes- to come guida indiscussa della sua sionale dello scrittore, fondatore del comunità. David diviene suo allievo 34 PANORAMA PER I GIOVANI poco prima della morte dell’imperatore Massimiliano II che, nel corso del suo governo, era riuscito a impedire che le tensioni religiose sfociassero in violenza. La comunità ebraica attende di scoprire quale sarà l’atteggiamento del nuovo imperatore, Rodolfo II, il quale deciderà poi di trasferire la corte a Praga. Oggigiorno Rodolfo II è considerato un personaggio molto controverso, ricordato in particolare per la sua disastrosa politica estera e il grande interesse per l’arte e l’occulto. Questa passione lo spinge ad incontrare il Maharal, nella speranza che egli possa rivelargli i segreti della cabala: si tratta di un complesso di dottrine ebraiche di carattere mistico ed esoterico riguardo Dio e l’universo, rivelate a un numero ristretto di persone e tramandate di generazione in generazione. In questo modo la comunità ebraica conquista una relativa tranquillità, per quanto solo temporaneamente. I NUMEROSI VIAGGI CONSENTONO A DAVID D’INCONTRARE LE MENTI PIÙ BRILLANTI D’EUROPA Essendo non solo uno dei suoi migliori discepoli, ma anche esperto di materie quali la matematica e l’astronomia, il Maharal affida a David il compito di educare la sua nipotina Eva. Si tratta di una figura fondamentale nell’intreccio del romanzo, che dimostra fin da piccola una grande intelligenza, tanto da indurre suo nonno a farla istruire con gli stessi precetti riservati ai maschi. Viene promessa in sposa da suo padre Isaac, genero di rabbi Leow, deciso a suggellare il rapporto che lo lega a Jacob, il suo migliore amico. attraverso un patto matrimoniale, stipulato prima ancora che le rispettive mogli restassero incinte: questa avventata promessa, con cui chiedono al Signore di donare loro un maschio e una femmina da unire in matrimonio, nasce dal desiderio di avere una sorta di prova della benevolenza divina. David, inconsapevole delle tragiche conseguenze del giuramento, viene scelto come testimone. La loro preghiera viene esaudita dalla nascita di Eva e Isaia. Come ulteriore dimostrazione della fiducia che il maestro ripone in lui, Eva viene affidata a David per un lungo pe- riodo, con l’incarico di condurla in una città più sicura, lontano dal pericolo della peste e dell’ostilità dei cristiani verso la comunità ebraica. Essa costituisce un elemento ricorrente nel romanzo, specialmente in periodi come il Natale, in cui si acuiscono tensioni mai veramente sopite. Tra i due nasce una profonda amicizia, che si trasforma improvvisamente in amore, quando David ritorna da un viaggio durato dieci anni: infatti, l’imperatore Rodolfo chiede al Maharal di inviare un discepolo di sua fiducia nelle università d’Europa, per carpire “le più prodigiose scoperte del pensiero, della scienza e dei misteri spirituali”. David ha così la possibilità di visitare varie città, tra cui Pisa e Copenaghen e conoscere intellettuali e scienziati come Galileo: in Danimarca incontra l’eccentrico astronomo Tycho Brahe, anch’egli desideroso di conoscere i misteri della Cabala, convincendolo a trasferirsi in Boemia per continuare i suoi studi, sotto la protezione dell’imperatore Rodolfo. IL GOLEM, “COLUI CHE FU ACCOLTO MALE” Durante l’assenza di David, Eva è divenuta un’adolescente di grande bellezza e carattere apparentemente docile; tuttavia, si rivela una figura ribelle e Vista di Praga e del fiume Moldava. tormentata che rifiuta di conformarsi al ruolo di moglie devota ed è capace di compiere scelte coraggiose e anticon- se si trattasse di una sorta di macformiste. È lei a convincere il Maharal china e non di una creatura viva. Le a ricorrere a una soluzione estrema pur conseguenze saranno drammatiche e di proteggere la comunità: la creazione costringeranno rabbi Loew a distrugdi un Golem, una creatura umanoide gere la sua creazione, che torna a esplasmata dal fango. Essa ricorre in sere semplice fango, lasciando il ghetto molte leggende, secondo le quali sulla indifeso. Con quest’affascinante viagsua fronte si legge la parola emet, ossia gio alla scoperta della cultura ebraica, “vita”, e l’unico modo per distruggerlo è Marek Halter trasmette al lettore un trasformare la parola in met, “morte”. grande insegnamento sull’importanza Il suo intervento si rende necessario a del dialogo, della reciproca comprencausa della furia omicida dei cristiani sione e del perdono. L’alone di mistero di Praga, che l’imperatore Rodolfo, no- e rispetto che circondava la figura del nostante il favore accordato alla comu- Maharal e la leggenda del Golem hannità ebraica, non è stato in grado Marek Halter trasmette al di frenare. Seconlettore un grande insegnamento do la leggenda, in quest’occasione il sull’importanza del dialogo, Golem ha protetdella comprensione e del perdono to il ghetto dagli attacchi e successivamente è stato condannato a una no in un certo senso protetto il cimitero serie di lavori pesanti, come la creazio- ebraico di Praga fino ai giorni nostri, ne di un ponte, dal rabbi Loew. Ancora consentendogli di superare indenne una volta, solo Eva riesce a compren- diversi secoli e persino il periodo di ocdere l’ingiustizia della situazione: da cupazione nazista. Perciò, ancora oggi, difensore della comunità giudaica, il è possibile osservare le tombe di David Golem viene ridotto a schiavo, come Gans e rabbi Loew. PANORAMA PER I GIOVANI 35 2 - 2014 I VOLTI DI DIO DIALOGO INTERRELIGIOSO ED IS: UNA VIA CONTRO IL CONFLITTO The Islamic State (IS) is a terrorist movement led by Abu Bakr al-Baghdadi. Currently, it controls vast swathes of land in Syria and in Iraq, including the municipality of Mosul. The IS is an international threat that should be faced through proper diplomatic actions and policies of religious dialogue, in order to avoid a new conflict in the Middle East. di Gianmarco Lugli democratica. Fu in questo contesto che nacque, nel 2004, la prima formazione di quello che sarebbe diventato l’IS. Dapprima emanazione di al-Qaeda nel territorio iracheno, salvo poi entrare in conflitto con il gruppo terroristico, l’IS riuscì a svilupparsi grazie alla fertile confusione politica nel paese. L’attuale leader del movimento, Abu Bakr al-Baghdadi, ha portato a compimento il progetto del primo capofila dell’IS, Al Zarqawi, creando un califfato sunnita con una visione integralista della religione islamica. Per lungo tempo considerata una formazione di scarso rilievo, l’IS ha conosciuto una forte popolarità con la presa di Mossul, seconda città per importanza dell’Iraq, avvenuta poco più di due mesi fa; da allora in poi sono apparse chiare la forza e la pericolosità della formazione. I crimini da essa commessi aumentano di giorno in giorno e superano, per crudeltà ed efferatezza, quelli di molti altri gruppi terroristici dello stesso stampo. Hanno certamente suscitato sdeLa storia dell’IS affonda le sue gno le recenti radici nella Seconda Guerra del esecuzioni dei giornalisti staGolfo tunitensi James Foley e Steven do: il regime di Saddam Hussein Sotloff, ma esse non sono che due voci cadde ufficialmente con l’invasione in una lista interminabile di violenze dell’Iraq, completata nel maggio del nei confronti della moltitudine di mi2003, da parte di forze militari inter- noranze religiose residenti nei terrinazionali. Lo stesso Saddam Hussein tori dell’autoproclamato califfato. sarebbe stato catturato nel mese di La persecuzione di queste, dicembre, per poi essere giustiziato tuttavia, si inserisce in un quadro più di lì a tre anni. Nel 2004 iniziò una ampio di applicazione dei dettami del fase di transizione caratterizzata da fondamentalismo islamico. L’impoun primo periodo di amministrazione sizione della shari’a si accompagna americana seguito da governi irache- infatti ad azioni plateali e radicali, ni, con lo scopo di fornire al paese sta- quali il radere al suolo luoghi di culbilità e un processo di ricostruzione to cari allo stesso Islam. Non a caso Le cronache estere dell’estate appena passata sono state caratterizzate dalle continue e sempre più allarmanti notizie relative al medio oriente: se sulla costa mediterranea le tensioni tra Israele e Hamas hanno portato a una serie di conflitti armati contraddistinti da ingenti perdite civili, nella regione di confine fra Siria e Iraq una nuova minaccia terroristica si è imposta come forza egemone dell’area, conquistando vasti territori. L’IS (Islamic State, noto in passati come Isis o Isil) è riuscito a imporre un regime di terrore e di crudeltà che riporta la memoria a circa un decennio fa, quando la seconda guerra del golfo sconvolse l’opinione pubblica per le sue atrocità: l’attentato contro il contingente italiano a Nassiriya o il rapimento della giornalista Giuliana Sgrena sono solo due tra i più emblematici eventi impressi nella memoria della nostra nazione. La storia dell’IS affonda le proprie radici proprio in quel perio- 36 PANORAMA PER I GIOVANI Combattenti dell’IS a Tel Abyad, Siria al-Baghdadi ha ordinato, pochi giorni dopo la presa di Mossul, la distruzione della moschea di Giona, luogo di culto cardinale per i musulmani, sia sunniti che sciiti. Nell’ottica del leader del movimento, la moschea costituiva ormai un luogo di apostasia minante la fede musulmana. Di fatto, la moschea, che risaliva al XIII secolo e aveva attraversato indenne secoli di storia, era uno dei simboli della storia millenaria della piana di Ninive. Differente per modalità di esecuzione ma di gran lunga più pericolosa è invece la succitata persecuzione delle minoranze, dal momento che la regola del califfato prevede che l’unica religione ammissibile sia quella musulmana sunnita. In Iraq risiedono molte comunità appartenenti alle fedi più disparate, che rendono il territorio mesopotamico tra i più ricchi al mondo per varietà di culture, usi e costumi. Tra esse spicca per numero di componenti quella che professa lo yazidismo: tale religione è 2 - 2014 una combinazione sincretistica di zoroastrismo, ebraismo, manicheismo e cristianesimo con usanze profondamente diverse da quelle islamiche. Stime attuali collocano a circa mezzo milione il numero dei credenti yazidi, una buona metà dei quali risiedeva, fino a poche settimane fa, in prossimità della catena montuosa del Jebel Sinjiar, nel nord-ovest dell’Iraq. Con l’avanzata dell’IS, migliaia di yazidi sono stati costretti a fuggire attraverso le montagne del nord del Kurdistan. La formazione terroristica impone la conversione all’Islam a ogni yazida catturato, giustiziando quanti oppongono resistenza; secondo i media tale politica ha condotto ad un gran numero di stragi e le stime più conservative si aggirano intorno a diverse centinaia di esecuzioni. Secondo gli osservatori internazionali, l’IS procede inoltre a una sistematica campagna di vendita di donne e bambine: si tratta ovviamente di gravi violazioni dei diritti umani, per le quali sono state approntate diverse misure umanitarie. Altre comunità religiose conoscono tuttora lo stesso destino della minoranza yazi- I VOLTI DI DIO go interreligioso tra l’Islam e le altre fedi ha portato, seppur con alti e bassi, alla nascita di una dimensione di conoscenza reciproca e di convivialità uniche nel panorama del dialogo tra religioni. L’IS minaccia di di minare e distruggere, col suo anacronistico anelito all’imposizione di un credo unico, il frutto di decenni di relazioni nel segno della pacifica convivenza. È necessaria, perciò, una chiara e limpida presa di posizione contro il terrorismo jihadista dell’IS; tale azione non può che partire dalle guide religiose musulmane, le quali devono unanimemente condannare l’operato dell’IS, nonché il suo ricorrere alla religione per giustificare atti criminali. Un forte aiuto in questo senso proviene dalle molteplici organizzazioni non governative operative in Iraq al fine di garantire, attraverso il dialogo tra le fedi, coesione e collaborazione nella popolazione. Tra esse, è attiva dal 1991 l’associazione “Un ponte per…”: la sua missione è quella di prevenire nuovi conflitti, in particolare in medio oriente, attraverso scambi culturali e progetti di cooperazione in collaborazione con gli organi della società civile. L’esempio costituito da questa associazione consente inoltre una riflessione più ampia: la gestione dei conflitti, di qualunque natura essi siano, non può essere risolta se non tramite il dialogo tra persone, incentrato sulle caratteristiche da: con la presa di Mossul cristiani e curdi sono stati costretti ad abbandonare la città, mentre i media riportano giornalmente notizie di esecuzioni sommarie a danno di altre comunità, spesso sconosciute al grande pubblico. Questo quadro impone una doverosa considerazione del ruolo che il dialogo interreligioso può ricoprire per la cessazione delle persecuzioni. Proprio in questo senso si è mosso L’IS si configura come una delle il Pontificio consiprincipali minacce terroristiche glio per il dialogo interreligioso in mondiali una recente nota. Esso chiede “una presa di posizione chiara e coraggiosa comuni alle parti ma soprattutto sulda parte dei responsabili religiosi, so- le loro differenze. Il passaggio all’uso prattutto musulmani, delle persone della forza sancisce il fallimento del impegnate nel dialogo interreligioso dialogo: nel caso in esame non sono e di tutte le persone di buona volon- ancora stati decisi interventi militari tà” sull’escalation di violenze che i su vasta scala, ma non è difficile comterroristi dell’IS stanno compiendo a prendere come una terza guerra del danno delle minoranze. Le motivazio- golfo sia un’eventualità da evitare a ni del Pontificio consiglio sono chiare, tutti a costi. Il dialogo interreligioso, dal momento che “nessuno potrebbe se correttamente instaurato tra le giustificare una tale barbarie, e cer- parti, può contribuire ad evitare un exitus ormai dato quasi per scontato tamente non una religione”. Nel corso dei secoli, il dialo- da molti. PANORAMA PER I GIOVANI 37 2 - 2014 PRIMO PIANO DIALOGO E INCONTRO TRA FEDI: “ROMA PUÒ ESSERE UN CAMPO SPERIMENTALE ED ESEMPLARE DI INIZIATIVE” Intervista a Riccardo Di Segni, rabbino capo della Comunità ebraica capitolina a cura di Gabriele Rosana e Donato Sambugaro Buon pomeriggio, rav Di Segni e grazie per la grande amicizia confermata nei confronti degli studenti del Collegio, accettando con piacere di rispondere alle nostre domande. Poche settimane fa, papa Bergoglio ha ospitato una preghiera per la pace in Vaticano e ha voluto al suo fianco Shimon Peres, Abu Mazen e il patriarca Bartolomeo I. Gli obiettivi dei fotografi hanno immortalato in quell’occasione l’abbraccio tra i due vertici politici di Israele e Palestina. Ciò nonostante, le cronache delle ultime ore danno della Terra Santa un’immagine quanto mai cruenta: quanto possono contribuire alla reciproca comprensione eventi di grande richiamo mediatico quando a Gaza si continua a morire? Ho espresso fin dall’inizio dei dubbi sulla reale efficacia di iniziative come quella romana e i risultati negativi, purtroppo, sono andati ben oltre le mie perplessità. Le contraddizioni latenti sono emerse e gli abbracci si sono rivelati nella sostanza per quello che erano, pura formalità mediatica. Malgrado questo, la situazione è talmente ingarbugliata che qualsiasi cosa si possa fare per la pace è benvenuta. Probabilmente quella iniziativa non era lo strumento più efficace, ma servirà come esperienza per pensare a qualcosa di più utile. di culture e naturale sede di un incontro interreligioso rinnovato ma quanto mai ancorato alla tradizione? E ciò considerando anche la varietà religiosa di una capitale che oggi ospita un cospicuo numero di immigrati. Proprio per questo Roma potrebbe essere veramente un campo sperimentale ed esemplare di iniziative. Parlo di Roma in generale, non solo della Roma vaticana, i cui sforzi e la buona volontà di instaurare un clima di convivenza e rispetto sono certamente apprezzabili. E le peculiarità della Comunità ebraica romana possono in qualche modo aiutare il confronto? Certamente, perché la presenza ebraica è radicata da 22 secoli e con la sua esperienza storica ha dimostrato tutto quello che può succedere ad una minoranza di fede differente. In questo senso, che contributo può dare allo scambio tra fedi la città di Roma, culla di cultura e Rimaniamo a Roma: nel novembre scorso, come riportato da Gabriele Isman su “la Repubblica”, la comunità ebraica capitolina, per bocca del presidente Riccardo Pacifici, ha chiesto al sindaco Ignazio Marino la chiusura di quelle moschee della capitale che “non sono case di vetro e che non si sa da chi siano finanziate e in cui magari si predica contro i cristiani crociati e noi infedeli”. Queste posizioni non rischiano di esacerbare anziché favorire il rapporto tra fedi non a livello macroscopico ma proprio in seno alla stessa realtà locale? 38 PANORAMA PER I GIOVANI L’universo musulmano è variegato e a nessuno dovrebbe sfuggire quello che stanno facendo gruppi estremisti nel mondo. Per esempio, quando da qualche moschea in Iraq si proclama pubblicamente che si vuole conquistare Roma, Roma dovrebbe stare un po’ più attenta e non limitarsi a etichettare certe affermazioni come sbruffonate folkloristiche. Non bisogna confondere la libertà doverosa di esercizio del culto con la propaganda politica sanguinosa. Ritiene, continuando a parlare di bilanciamento tra libere professioni di culto e ordine pubblico, che sia necessario un intervento disciplinatore da parte del ministero dell’Interno, la cui azione è stata peraltro negli anni rallentata, quando non affossata, dalla coralità dei rappresentanti del mondo musulmano del nostro paese? Non so proprio di chi sia la responsabilità dell’affossamento. Esiste una difficoltà per l’interlocutore dello Stato, e cioè trovare dall’altra parte del tavolo una rappresentanza unitaria. Forse in altri paesi ci sono riusciti. Probabilmente il modello di invitare tutti e chiunque, anche se serve ad allargare le responsabilità, non è quello vincente. Per la sua posizione del tutto unica al mondo, la Comunità ebraica romana ha avuto un rapporto particolare con la Città del Vaticano. Cosa ricorda degli anni in cui da una parte Papa Wojtyla e dall’altra il suo predecessore Elio Toaff (il quale peraltro viene ricordato con grande affetto nel testamento spirituale del pontefice polacco) avviarono un’amicizia istituzionale e al contempo personale? Sono stati anni importanti nei quali, proprio sulla base del rapporto storico del tutto speciale in questa città 2 - 2014 PRIMO PIANO Fonte : http://moked.it/ tra le due comunità religiose, l’ebraismo romano è diventato il campo un po’ sperimentale dove avviare nuove forme di comunicazione e dialogo. La visita di Giovanni Paolo II alla Sinagoga di Roma nel 1986 va letta soprattutto in questo senso. Credo comunque che tuttora la nostra comunità possa svolgere questo ruolo. Da pochi mesi, insieme a Wojtyla, è santo anche papa Roncalli. Il processo di beatificazione di papa Pacelli, invece, è decisamente fermo (mancando il necessario miracolo). Nel frattempo, crede che ci siano i margini per vederlo presto tra i Giusti fra le nazioni, a partire dalle parole del rabbino Toaff, il quale nel 1958 lodò la “generosità di questo papa durante gli anni della persecuzione e del terrore, quando sembrava non ci fosse per noi più alcuna speranza”? Ho qualche dubbio e aspetto ancora evidenze serie, non le frasi e le citazioni decontestualizzate (ho vissuto molti anni al fianco del rabbino Toaff per saper bene cosa pensa dell’argomento). È innegabile che molti ebrei siano stati nascosti nei conventi durante la caccia all’uomo nazifascista. Ma penso al treno merci con mille ebrei chiusi nei vagoni piombati che partì il 18 ottobre dalla stazione Tiburtina diretto ad Auschwitz e al fatto che nessun “Giusto” spese una parola per fermarlo. Purtroppo, però, non ci sono soltanto elementi concilianti di cui parlare, nella relazione tra mondo cattolico e i suoi fratelli maggiori. Pensiamo alla preghiera per la conversione degli ebrei che si recita il Venerdì santo: i riferimenti un tempo significativamente crudi sono stati epurati, ma ancora oggi essa stride risuonando alle orecchie di chi auspica un nuovo corso nel dialogo interreligioso. Le ricorrenti modifiche al testo liturgico che si sono succedute nei decenni, verso che approdo lasciano supporre ci stiamo dirigendo? L’ultima versione della preghiera in latino è stata scritta personalmente da papa Benedetto, il quale ha poi fatto precisare che si trattava di una speranza escatologica. Un conto è la speranza per la fine dei tempi, un altro è un attivo impegno missionario e conversionistico. Se questo impegno – che se ci fosse avvelenerebbe i rapporti – non c’è, abbiamo molte altre cose da discutere e fare insieme o concordemente (fuori dalla teologia) e sarebbe un peccato (in tutti i sensi) costringere con durezze teologiche a chiudere porte faticosamente aperte. Fermo restando il confronto con la Chiesa cattolica istituzionalmente intesa, ci sono particolari rapporti con talune realtà e movimenti, ad esempio il Cammino Neocatecumenale, che talora dimostrano posizioni aperturiste e quasi eterodosse? verse realtà (ad esempio con la Comunità di sant’Egidio e il Movimento dei Focolari) e altri meno consolidati ma comunque di incontro rispettoso. Non spetta poi a noi decidere chi sia eterodosso. Con il Cammino ho avuto recentemente un momento di critica su una loro iniziativa (un concerto ad Auschwitz) ma poi ho voluto fortemente avere un colloquio diretto con il fondatore e, al di là delle visioni inevitabilmente differenti, penso che si sia stabilito un rapporto di stima e di amicizia. A tal proposito, è possibile valutare margini di dialogo con frange che nel passato hanno anche usato toni apertamente ostili al mondo ebraico? Pensiamo, tra gli altri, ai lefebvriani della Fraternità sacerdotale san Pio X. Esistono rapporti consolidati con di- Leggendo quanto scrivono e dicono, francamente è un po’ difficile. Il problema non sono loro, ma il prezzo che la Chiesa dovrebbe pagare – a spese delle novità conciliari, tra cui il nuovo rapporto con l’ebraismo – per la loro reintegrazione. PANORAMA PER I GIOVANI 39 2 - 2014 PRIMO PIANO Le delicate questioni bioetiche possono unire le religioni, dando ad esse la possibilità non solo di confrontarsi ma eventualmente anche di fare fronte comune rispetto alle scelte del legislatore, del giudice o del medico? Le religioni non sono schierate come un fronte compatto nella bioetica e la realtà è molto più complessa di quanto sembri anche nel versante “laico”. Pensare poi a un fronte, come se si dovesse stare in guerra, dà un’immagine un po’ distorta. Quello che si deve fare è partecipare al dibattito comune e dimostrare che le posizioni che derivano da un’esperienza religiosa sono una ricchezza per la società. Nel momento storico in cui viviamo, i progressi tecnologici stanno facendo saltare i fondamenti culturali antropologici della società e ci troviamo ad dover inventare – e molto rapidamente – nuovi paradigmi. Le religioni devono dimostrare che le loro saggezze secolari, anzi millenarie, sono strumenti irrinunciabili in questo sforzo comune. negativamente ed è da evitare il più possibile, salvo casi molto particolari da gestire con determinate cautele. Se una persona della mia comunità mi chiedesse spiegazioni (o istruzioni) in merito, gli spiegherei la posizione della tradizione, sperando di convincerlo. Il nostro mondo religioso è fatto di tanti profili che la legge dello Stato permette ma che la religione proibisce. Sta poi al rigore personale del fedele trovare il proprio spazio. Diversa è invece la situazione in cui è la legge dello Stato a proibire al fedele cose per lui lecite e, ancora più grave, per lui obbligatorie. Ancora diritti civili. Il mondo ebraico, talora percepito come piuttosto conservatore, è pronto ad affrontare le sfide della modernità che la Chiesa cattolica sta oggi fronteggiando, complice anche il rinnovamento – non lo si può negare, anzitutto nello stile – che ha portato Bergoglio? Il pensiero va ai diritti delle coppie omosessuali. Rimaniamo nell’ambito di spinose sfide etiche. L’interesse del bambino è inteso come prioritario da chi rappresenta il mondo cattolico; e però, di recente, la Corte costituzionale italiana ha statuito il principio per cui “la determinazione di avere o meno un figlio non può che essere incoercibile”, di fatto istituendo in via pretoria un innovativo diritto a diventare genitori, dichiarando la illegittimità costituzionale del divieto di fecondazione eterologa. Qual è la sua posizione a tal proposito, da medico e da rabbino? Bisogna ancora comprendere se le indubbie novità stilistiche del nuovo papa siano anche novità dottrinali e istituzionali. Ma questo è un dato interessante che noi possiamo osservare solo dall’esterno. Per quanto riguarda il mondo ebraico, esso è certamente pronto e nella sua varietà offre un ampio ventaglio di risposte. Solo alcune sono compatibili con la presunta modernità da una parte e dall’altra con una visione religiosa ortodossa. Nella questione specifica credo, dal punto di vista ortodosso, che il “paletto” da non superare sia nella definizione di matrimonio, non in un raccordo di reciproca tutela e protezione di due persone. L’interesse del bambino e la fecondazione eterologa non sono esattamente la stessa cosa. Inoltre, nell’ebraismo avere un figlio (anzi due) non è un diritto ma un dovere; è quindi come se si parlassero lingue differenti. Comunque, la fecondazione eterologa è vista nella dottrina rabbinica “I Mondiali hanno fatto incontrare persone di diverse nazioni e religioni. Possa lo sport favorire sempre la cultura dell’incontro”. Lo ha twittato il Papa a poche ore dalla finale di Rio tra la sua 40 PANORAMA PER I GIOVANI Argentina e la Germania. Più che al rettangolo di gioco, però, bisognerebbe pensare agli spalti, spesso luogo di manifestazioni le più grette e infami. Cosa si prova a vivere a Roma, città in cui il fenomeno è particolarmente evidente, e a vedere le curve talora infiammate da slogan antisemiti? È ovvio che davanti a certi striscioni e spettacoli viene lo sconforto. D’altra parte, queste infelici situazioni offrono la possibilità di toccare con mano i fenomeni, individuare gli ambienti, sollecitare una riflessione sui motivi e iniziative per ripararli. Ma come giustamente ha detto il papa, lo sport è uno strumento potente per la pace e la amicizia. In chiusura, ci permetta di attenuare il tono e spostarci a tavola: carciofo alla giudia o carciofo alla romana? Mi sembra la questione più rilevante di questa conversazione... Sapete qual è il problema reale, al di là dei gusti, della tollerabilità dei fritti e delle variazioni etnogastronomiche? Che i carciofi siano puliti bene dalle parti poco commestibili (“capati”) prima della frittura o cottura. Purtroppo questo non succede sempre, soprattutto nei ristoranti, e ne va del buon nome di queste antiche ricette. Ma questo problema di incompetenza e improvvisazione c’è anche nel dialogo. Grazie. (mentre questa pubblicazione va in stampa si conclude, dopo una quinquennale e particolarmente florida collaborazione con Panorama per i Giovani, frattanto giunti al termine dei rispettivi studi, la permanenza dei due autori presso il Collegio “Lamaro Pozzani”. L’occasione è particolarmente gradita per ringraziare tutti voi, fedeli lettori e amici, e i nostri compagni d’avventura editoriale). Hôtel de ville de Bruxelles - Façade 01” di EmDee cc VIAGGIO NEL CUORE DELL’UNIONE EUROPEA L’ESPERIENZA DEL COLLEGIO A BRUXELLES The annual journey of the University College “Lamaro Pozzani” was held this year in Brussels, Belgium’s capital city and home of many important European institutions. The trip was the peak of a special year for the European Union and for the studies of the College. di Rachele Antonella Lauro e Gianmarco Lugli 41 2 - 2014 DAL COLLEGIO diritto dell’Unione Europea; inoltre, un gran numero di incontri serali ha avuto come oggetto l’Unione, analizzata da vari esperti del mondo accademico e non, nella molteplicità di aspetti che la caratterizzano. Il percorso formativo ha poi conosciuto un importante e prezioso coronamento: il viaggio di studio del corrente anno accademico si è svolto nella più “europea” delle città, Bruxelles, dal 31 marzo al 3 aprile. Sin dalla fondazione del Collegio, il viaggio rappresenta un’occasione unica di riflessione, approfondimento e Il viaggio di studio dell’anno accasvago. E mai come quest’anno demico si è svolto nella più l’offerta formati“europea” delle città: Bruxelles va del Collegio si è proficuamente re. Non esiste difatti nel mondo un calata in una realtà di primissimo piamodello politico, economico e ammini- no. strativo comparabile per dimensioni e Capitale del Belgio e sede di caratteristiche. numerose istituzioni dell’Unione Eu L’argomento “Unione Euro- ropea, Bruxelles appare a prima vista pea” ha inoltre caratterizzato un gran come una tipica città europea, con un numero di attività formative presso il cuore antico e tutta una serie di quarCollegio Universitario “Lamaro Pozza- tieri periferici ordinatamente disposti ni”. Il primo modulo del corso di “Cul- concentricamente. Nondimeno, le nutura per l’impresa – Cavaliere del La- merose passeggiate tra i vari boulevoro Gaetano Marzotto” del corrente vard hanno portato ad una conclusioanno accademico era incentrato sul ne obbligata: non è possibile inquadraL’anno 2014 verrà probabilmente ricordato in futuro come l’anno dell’Europa. Nel mese di maggio si sono tenute le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo, le prime con le importanti modifiche introdotte dal Trattato di Lisbona. In più, l’Italia ha assunto il primo luglio la Presidenza di turno della Commissione europea, ruolo che ricoprirà per sei mesi. Ancora, continua il processo di affermazione dell’Unione come entità centrale nella politica internazionale e unica nel suo gene- 42 PANORAMA PER I GIOVANI re la città in un unico stile architettonico. I quartieri moderni, dei quali l’Atomium (il monumento celebrante i progressi in campo di conoscenza dell’energia atomica costruito in occasione dell’Expo del 1958) è simbolo ideale, convivono con la città vecchia, sviluppatasi nel corso del Medioevo e della prima età moderna, e con vaste ed eleganti aree dallo stile Art Nouveau. È in questa cornice che, nell’attesa della ricca gamma d’incontri istituzionali programmati, abbiamo avuto un assaggio delle bellezze artistiche della città. Passeggiando per le strade medievali tipiche della Città Bassa, sita nella parte più ad ovest del centro della città, una piccola via ci ha condotti nella Grande Place, che si è mostrata in modo quasi improvviso in tutta la sua eleganza e maestosità. Dichiarata patrimonio mondiale dall’Unesco nel 1998, la piazza è circondata da edifici sia pubblici sia privati risalenti alla fine del XVII secolo; tra di essi, si staglia per la sua imponenza l’Hotel de Ville, sede del Municipio. La Grande Place, che ci era apparsa già bellissima di giorno, si è poi rivelata ancora più bella di sera, con le sedi delle corporazioni illumina- Foto di David D’Hallewin e Erik Hörmann Gli studenti del collegio nella Grand Place 2 - 2014 La Grand Place te e animate da un’atmosfera vivace e giovanile. Il primo incontro si è tenuto nella Rappresentanza Permanente d’Italia presso l’Unione Europea. Siamo stati accolti da Alessandro Cortese, ambasciatore presso il Comitato politico e di sicurezza (Cops) dell’UE, il quale ci ha illustrato il ruolo che svolge la rappresentanza in seno ai vari organi dell’Unione e come essa è articolata. In particolare, il Cops segue la situazione internazionale nei settori della politica estera e sicurezza comune e di politica europea di sicurezza e di difesa. Si tratta, di fatto, del comitato che definisce, controlla e coordina la risposta dell’Unione di fronte a una crisi internazionale. L’ambasciatore ha diffusamente parlato della sua carriera professionale e di come l’approdo a Bruxelles abbia costituito un importante traguardo personale e professionale. Egli ha inoltre fornito una panoramica dei vari organi dell’Unione, enfatizzando la loro necessità e la loro concatenazione, garantita da un complesso gioco di equilibri tra le funzioni da esse esercitate. La prima giornata del viaggio si è conclusa con una visita presso il Parlamentarium, il museo del Parla- DAL COLLEGIO L’Atomium mento europeo. Si tratta di una mo- dre, Bruges ha conosciuto un poderoso stra permanente che, tramite l’ausilio sviluppo in ragione del suo sbocco sul di un gran numero di supporti multi- Mare del Nord: per tutto il Medioevo mediali, aiuta a comprendere come la città ha condiviso insieme ad Anverfunzioni il “sistema Parlamento”. La sa il titolo di principale porto del Nord mostra è disponibile in tutte le lingue Europa. Importanti erano inoltre le ufficiali dell’Unione e contiene al suo relazioni commerciali con la regione interno un gran numero di testimo- mediterranea, nei confronti della quanianze di europarlamentari, nonché le era fiorente l’esportazione di prodotbiografie di personalità europee che ti tessili e manifatturieri. Le due piazhanno contribuito allo sviluppo dell’U- ze principali della città, il Markt e il Burg, conservano il loro fascino tardonione Europea. Nel nostro viaggio in Belgio a gotico, condiviso con le numerose basicavallo tra istituzioni, politica e Le nostre giornate cultura non poteva mancare una fra incontri istituzionali e visita nella splenpasseggiate storico-culturali dida cittadina medievale di Bruges. Capoluogo e città principale delle liche cittadine. Bruges ospita anche Fiandre Occidentali, Bruges costitui- un Michelangelo, “La Madonna con il sce un importante centro turistico e bambino”, custodita nella Chiesa di commerciale. Il centro storico è stato Nostra Signora e la reliquia del sacro dichiarato patrimonio dell’umanità Sangue, custodita nella Heilig-Blodall’Unesco nel 2000 e ha attraversato edbasiliek che si dice sia stata portata indenne quasi mille anni di storia. La dalla Terra santa dal conte di Fiandra fortuna della città nel corso dei secoli è Teodorico d’Alsazia. Come dimostrastata in larga parte decretata dalle fio- zione del ruolo di centralità in ambito renti attività commerciali che in essa internazionale svolto da Bruxelles e fiorivano. Fondata in epoche antece- dintorni, in visita a Bruges quello stesdenti la conquista romana delle Fian- so giorno c’era anche il Presidente ci- PANORAMA PER I GIOVANI 43 DAL COLLEGIO Parlamento Europeo Innanzitutto, il Parlamento europeo consta di due sedi, una a Bruxelles e l’altra a Strasburgo. L’edificio di Bruxelles è diviso in varie sezioni, ciascuna denominata in onore di un grande politico particolarmente importante per il processo d’integrazione europea (Spaak, Spinelli, Adenauer, Antall, Karamanlis) ed è sormontato da una cupola di vetro. Nella piazza principale di accesso ci ha accolto la visione della scultura di Olivier Strebelle, le cui diramazioni di acciaio, che si intrecciano e si elevano verso La vita dei cittadini dell’Unione è l’alto per ben 35 ormai sempre più decisa al livello metri, sono simbolo dell’inconcomunitario tro e dell’unificazione delle mento europeo” sembra più un ossi- nazioni. Inoltre, a fronte di una buromoro che la corrente denominazione crazia europea che può sembrare indel principale organo legislativo sormontabile, un parlamentare eurodell’Unione. Come è possibile immagi- peo ha a disposizione tutti i mezzi e il nare che in un unico luogo 751 deputa- supporto di cui necessita per espletare ti di 28 Stati Membri siano in grado di le sue funzioni. Peculiari sono le figure contribuire, tramite la discussione e professionali dei lobbysti: additati l’approvazione di leggi, alla crescita e come figure sinistre da molti organi di all’organizzazione dell’Unione? I deli- stampa internazionali e specialmente cati equilibri e le modalità di funziona- nostrani, sono in realtà rappresentanmento delle assemblee ci sono stati il- ti d’imprese transnazionali, di unità lustrati presso la sede del Parlamento. amministrative come regioni o, anconese Xi Jinping. La cittadina belga è stata infatti, insieme alla stessa Bruxelles, tappa del tour di 10 giorni svolto dal Presidente cinese in Olanda, Francia, Belgio, Germania e presso le Istituzioni europee, come simbolico avvicinamento nelle relazioni tra Cina ed Europa. La visita al Parlamentarium ha di fatto costituito un’interessante introduzione alla visita del Parlamento europeo, avvenuta al rientro dalla gita a Bruges. La locuzione “Parla- 44 PANORAMA PER I GIOVANI Parlamento ra, di organizzazioni internazionali il cui ruolo è quello di sensibilizzare i deputati verso alcune problematiche, siano esse economiche o più marcatamente sociali e amministrative. La nostra visita è terminata con la visione dell’emiciclo, di recente restaurato e riaperto al pubblico. La giornata si è conclusa con un evento conviviale. Presso una delle tante brasserie che caratterizzano Bruxelles abbiamo avuto modo di cenare, nello stile delle “cene in comune” collegiali, con tre laureati del Collegio: Matteo Matarazzo, Gabriel Orazi e Jelena Pajic. I loro percorsi professionali li hanno condotti verso una carriera strettamente correlata alle istituzioni europee e questo grazie anche alla preparazione e alle esperienze maturate in Collegio. Se nel secondo giorno di viaggio ci siamo confrontati con il Parlamento europeo, il terzo giorno ha avuto come assoluta protagonista la Commissione europea. Grazie ai laureati che lavorano oggi presso la Commissione, è stato organizzato un ciclo di conversazioni su diversi aspetti particolarmente importanti per i cittadini dell’Unione. Ospiti della Direzione Generale per la Salute e i Consumatori, Foto di David D’Hallewin e Erik Hörmann 2 - 2014 2 - 2014 Europeo abbiamo potuto constatare l’imprescindibilità dell’Unione Europea per un gran numero di questioni di rilevanza internazionale, ma anche di semplice vita comunitaria. Lo spettro d’azione della Commissione comprende, infatti, importanti nodi internazionali, quale l’attuale situazione economica greca e svariati ambiti che impattano direttamente sulla vita di ogni giorno: la sicurezza alimentare, la protezione dei consumatori e le nuove tecnologie. Quest’ultimo tema è stato affrontato da un laureato del Collegio, Davide Polverini, il quale ha evidenziato nel suo discorso come la Commissione sia impegnata appunto nella promozione e nel controllo delle nuove tecnologie. In particolare, l’attenzione è stata focalizzata sul fotovoltaico e sulle sue importanti implicazioni e, più in generale, sull’importanza degli investimenti in ambito di R&D. Il lavoro in ambito tecnologico comprende anche un gran numero d’innovazioni in campo di IT, come ad esempio le nuove tecniche di ecodesign in architettura. Il tema della protezione dei consumatori è stato invece discusso con Salvatore Scalzo, anch’egli laureato del Collegio. Già nel modulo di Diritto dell’Unione Europea avevamo DAL COLLEGIO Il Direttore scientifico del Collegio con Alessandro Cortese notato come la legislazione dell’Unio- re e del ruolo dell’Unione Europea nel ne ponga un importante accento sui mondo, abbiamo così concluso la noconsumatori e sulla concorrenza. L’in- stra visita presso la Commissione. contro con Salvatore Scalzo ha confer- Bruxelles è un crocevia per mato le nostre aspettative e abbiamo molti laureati del Collegio, impegnati potuto constatare come la tutela dei sotto il profilo professionale nelle isticonsumatori è presente nell’agenda di tuzioni dell’Unione. Tra di essi, Gianmolte Direzioni della Commissione. franco Dell’Alba (peraltro intervistato Sono stati poi elencati e discussi i cri- dalla nostra rivista nel numero 3/2013) teri in base ai quali viene stabilito il rappresenta un forte esempio del conmarchio di “Conformità Europea” (CE) nubio tra Collegio e Unione. Per due e gli standard prodotti dal CEN (Co- legislature parlamentare europeo, il mitato Europeo di Normazione) per dottor Dell’Alba lavora oggi a Bruxelarmonizzare e adattare ai singoLe strutture nazionali devono li paesi le norme continuamente adattarsi alla relative al libero scambio, alla prodinamicità di Bruxelles tezione dell’ambiente, alla sicurezza dei consumatori e dei lavoratori. les come Direttore della Delegazione Un altro laureato, Vincenzo Baccaro, per l’UE di Confindustria. Nelle sede ha illustrato uno scenario di politica della Delegazione si è tenuto un nuovo comunitaria: il suo intervento ha de- ciclo di incontri che ha offerto una pascritto la nascita ed il lavoro della noramica dell’intero Sistema Italia a Task Force Grecia, nata nel 2011 per Bruxelles e ha sottolineato l’importancoadiuvare il governo greco nell’utiliz- za e la necessità di valorizzare l’induzo dei fondi di salvataggio forniti dal stria italiana a livello europeo e interFMI e dall’UE. Per completare il ciclo nazionale. Giovanni Donato, segretad’incontri sono intervenuti Alain Cusi- rio del GII, Gruppo Iniziativa Italiana, mano e Pierpaolo Settembri: analiz- ha evidenziato l’adattamento continuo zando i temi della sicurezza alimenta- che le strutture nazionali devono subi- PANORAMA PER I GIOVANI 45 DAL COLLEGIO Bruges Bruges re in seguito alla dinamicità degli ambienti di Bruxelles e quanto sia ormai a livello europeo che si giochi il futuro della nostra generazione. Altri interventi hanno avuto per protagonisti Cosimo Avesani in rappresentanza dell’Edison, Elena Curtopassi della Rappresentanza della Regione Veneto in Europa e Lorenzo Robustelli, corrispondente a Bruxelles per Euronews. Tra i vari argomenti discussi merita una menzione particolare il fenomeno dell’euroscetticismo, in forte ascesa in relazione alle politiche anti-crisi degli ultimi anni, segno di carenza di fiducia nelle istituzioni europee e pertanto da combattere con i mezzi più appropriati: una corretta informazione per i cittadini al fine di aumentare la consapevolezza e soprattutto la fiducia nei confronti dell’Unione. Nella splendida cornice del quartiere di Ixelles, il dottor Dell’Alba ha voluto ospitarci presso la sua abitazione per una discussione insieme formativa, conviviale e intergenerazionale. L’incontro ha permesso a noi studenti di entrare in contatto con un’esperienza innanzitutto professionale: abbiamo avuto infatti modo di interfacciarci con un vero “professio- nista” dell’Europa, da sempre nel vivo della politica e delle dinamiche comunitarie. In più, dal confronto con un “collega” più grande è scaturita una riflessione sulla attualità del modello del Collegio Universitario “Lamaro Pozzani”. L’ultima mattinata prima del ritorno l’abbiamo dedicata ad una ulteriore visita della città, che ha portato alcuni studenti alla scoperta del museo di Magritte e altri alla visita dell’Atomium. Il museo di Magritte contiene la più vasta collezione esistente del pittore belga, che abbraccia la sua intera vita e si sviluppa in un polo museale di dimensioni e portata culturale ragguardevoli. Costruito per l’Esposizione universale di Bruxelles del 1958, l’Atomium è ormai diventato uno dei simboli più noti della città. Alto 102 metri e formato da una struttura di 2400 tonnellate di acciaio, rappresenta i nove atomi di un cristallo di ferro, un chiaro collegamento, quindi, allo sviluppo tecnologico dell’epoca. L’esperienza del Collegio a Bruxelles è stata certamente proficua e densa di significato. Da essa noi studenti siamo riusciti a trarre un insegnamento importante: la vita dei cit- 46 PANORAMA PER I GIOVANI tadini dell’Unione è ormai sempre più decisa al livello comunitario. A dimostrazione dell’importanza che riveste l’Europa come fonte dei nostri studi e del nostro impegno futuro, siamo riusciti a incontrare un gran numero di laureati del Collegio la cui vita si svolge quotidianamente nel segno nella bandiera a dodici stelle, vessillo di uguaglianza e progresso. Grazie a Bruxelles abbiamo compreso il vero significato della cittadinanza europea, con i diritti e i doveri che essa comporta. Se prima di partire molti di noi erano convinti di conoscere bene le istituzioni dell’Unione Europea, in questa “quattro giorni” la teoria ha conosciuto la sua pratica. Toccare con mano il lavoro all’interno del Parlamento e della Commissione ha consentito a tutti noi di comprendere una volta per tutte come sia possibile unire sotto la stessa bandiera paesi e istanze anche molto diverse tra loro. A Bruxelles i rappresentanti di 500 milioni di persone lavorano al fine di garantire e rafforzare il senso di comunità così faticosamente costruito dalle macerie della seconda guerra mondiale. Foto di David D’Hallewin e Erik Hörmann 2 - 2014 2 - 2014 PUBLIC SPEAKING: PARLIAMONE Communication is one of the most important aspects of our social and working life. Since there are different situations in which we might be called on to speak confidently in public, we need to do it right and effectively. As a matter of fact, public speaking leads the speaker to an efficient exposition of ideas and helps him match his goal, making a difference in life, businnes and career. di Rachele Antonella Lauro e Francesca Pianca I Romani, successivamente, procedettero alla la sistematizzazione di questo sapere. Fu Cicerone a individuare come qualità essenziali dell’oratore il docere, movere e delectare: riuscire, insomma, non solo a esporre il proprio messaggio, ma anche a renderlo piacevole e a coinvolgere emotivamente l’ascoltatore. A partire da tali affermazioni si deduce come Cicerone fosse già consapevole dell’importanza che ancora oggi assumono quegli aspetti della comunicazione definiti come “paraverbali” e “non verbali”. Sulla base della ricerca dello psicologo statunitense Albert Mehrabian, l’aspetto verbale, infatti, incide solo per il 7% sulla comunicazione; per il 38% essa dipende dagli aspetti paraverbali, ovvero tono, velocità e ritmo della voce, mentre per il 55% da quelli non verbali, quali postura, movimenti del corpo, gestualità ed espressioni. Pertanto, articolare un buon discorso non è un’operazione così Per articolare un buon discorso semplice quanto serve una preparazione adeguata; appare: fare affidamento sulnon è sufficiente fare affidamento la buona sorte sulla buona sorte o o sulle abilità personali non sulle abilità personali è sempre sufficiente; serve una preparazione specilazione con il pubblico ascoltatore. A tal proposito, sappiamo da fica, alla quale un corso di public speAristotele che gli antichi distingue- aking permette di giungere. Constatato che ogni discorso vano le diverse fasi di produzione del discorso in inventio, dispositio, elo- si articola in diversi aspetti, è bene cutio, memoria ed actio, volte rispet- imparare a gestirli in modo organitivamente a individuare gli elementi co al fine di esprimersi con carisma, del discorso, a collegarli, a scegliere lo chiarezza ed efficacia. Risulta di nostile, a memorizzarne il contenuto e, tevole importanza, inoltre, sviluppare infine, a presentarlo. un’adeguata connessione tra speaker, Molti e variegati sono i momenti di crescita personale e formativa che il Collegio offre ai propri studenti: in una di queste occasioni, durante il consueto ciclo di appuntamenti serali, è stato introdotto e sviluppato il concetto di public speaking. In presenza del Presidente del gruppo lombardo dei Cavalieri del Lavoro Luigi Roth, Paola Perna, professoressa nonché consulente di comunicazione aziendale, formatrice, web writer e giornalista, è riuscita a catturare l’interesse degli studenti al punto da far loro richiedere un approfondimento del tema attraverso incontri in forma seminariale. Nonostante che il termine public speaking possa apparire moderno e innovativo, in realtà esso fa riferimento a una tra le più antiche e note abilità umane, l’ars oratoria, conosciuta già dagli antichi greci e volta all’acquisizione della padronanza del contenuto combinata a un’efficace re- PANORAMA PER I GIOVANI DAL COLLEGIO audience e subject, mantenendo sempre salda l’attenzione sull’obiettivo, ovverosia quello di trasmettere un messaggio e trasmetterlo in modo tale che esso susciti attenzione e di conseguenza interesse. Quest’ultimo concetto viene riassunto abilmente dalla sigla Wiifm - What’s in it for me? -, con la quale si pone l’accento sull’utilità e sul contributo che il messaggio offre a chi lo ascolta. Un esperto oratore deve essere abile nel creare una relazione di unicità con il pubblico, suscitare in ciascuno la sensazione di essere privilegiato nel poterlo ascoltare e di assistere ad un evento fatto per pochi. Mantenere un adeguato controllo degli aspetti paraverbali e non verbali della comunicazione è molto più difficile di quanto si possa pensare. Ognuno di noi ha un particolare modo di porsi, di gesticolare, che non sempre è quello più adatto alla buona riuscita della comunicazione. Gli errori più frequenti ai quali si va incontro quando ci si trova a parlare in pubblico riguardano soprattutto lo sguardo e la postura. Spesso chi parla, per favorire la concentrazione, tende a tenere lo sguardo basso, a focalizzarlo su punti particolari o a guardare nel vuoto, creando in tal modo un inevitabile distacco con l’insieme degli ascoltatori. La postura, ovverosia il modo in cui ci si pone davanti alla platea, rivela molti aspetti del proprio carattere e di ciò che si vuole trasmettere. Spesso le donne tendono a tenere le spalle ricurve o i piedi incrociati, mentre gli uomini parlano con le mani in tasca o dietro la schiena. Portamenti erronei di questo genere sono conseguentemente accompagnati da inopportune oscillazioni della testa, se non dell’intero corpo. Gli insegnamenti del public speaking son volti o proprio a limitare, per poi gradualmente eliminare, quegli atteggiamenti sbagliati che inconsapevolmente portano a disturbare l’attenzione di chi ascolta. Tra i giusti accorgimenti che la disciplina suggerisce si annoverano: una corretta calibrazione del tempo, una gestualità coerente, il mantenimento di un contatto visivo con il pubblico – fermando per qualche secondo lo sguardo su ciascun ascoltatore –, il 47 rispetto dei tempi stabiliti – ulteriore elemento per conquistare la fiducia di chi ascolta –, l’avviso di eventuali dilungamenti, l’uso adeguato delle pause e, infine, la ripetizione, se necessaria, di ciò che si ritiene importante. In media, infatti, l’interlocutore ascolta solo parte del discorso, sia a causa del fisiologico calo dell’attenzione, sia perché impegnato a selezionare e interiorizzare le informazioni. Le modalità di percezione del linguaggio variano da individuo a individuo e dipendono dal personale sistema di rappresentazione e apprendimento, il cosiddetto learning style. A seconda del canale sensoriale privilegiato nella comunicazione, gli individui possono essere distinti in: visivi, auditivi e cinestesici (o kinestetici). Fondamentale per chi parla è quindi tener conto della disomogeneità del pubblico. Attraverso la pratica si sviluppa sempre più la capacità di distinguere queste categorie: ad esempio, un visivo può essere riconosciuto dal fatto che non perde mai di vista colui che parla o, ancora, un auditivo, avendo un orecchio dominante, tenderà a tenere il capo inclinato durante l’ascolto. È possibile individuare più facilmente quale sia il sistema comunicativo prevalente di una persona nel momento in cui parla: è bene per- Cicerone denuncia Catilina di Cesare ciò aver chiaro il proprio canale prefeMaccari, 1889, Palazzo Madama, Roma renziale, così da poterlo integrare con i due mancanti. Per stimolare l’attenzione del pubbli- ne e in un mondo sempre più compeco visivo risulta efficace la proiezione titivo migliorare le proprie capacità di slides o video; quanto agli auditivi, comunicative si rivela di grande imessi preferiscono, invece, una spiega- portanza. Tali obiettivi accomunano, zione frontale e un dibattito attivo; infatti, tanto i manager impegnati in infine, per i cinestetici si dimostra- attività commerciali, quanto i politici no molto utili esperienze pratiche nel mezzo di una campagna elettorale e attività di gruppo. In ogni caso, il o dell’attività parlamentare. E, ovviadiscorso riuscirà nel suo intento nel mente, anche gli studenti, nel momenmomento in cui sollecita ognuno di to in cui devono parlare davanti ad questi aspetti. una commissione, durante una qualsi Imparare a esprimersi e a voglia esposizione o altre attività quocomunicare al meglio è essenziale tidiane che si inseriscono nel panorain qualsiasi momento della vita, che ma pubblico-relazionale. sia esso scolastico o lavorativo, poi- È dunque in quest’ottica molché viviamo immersi in una realtà di to ampia che si inserisce con crescente relazioni e occaImparare ad esprimersi e sioni di incontro. A seconda dello a comunicare al meglio scopo prefissato, è essenziale perché viviamo è essenziale riuscire a costruire immersi in una realtà di relazioni e un discorso adeoccasioni di incontro guato. Se l’obiettivo è quello di lasciare il segno bisogna ricorrere a un impeto il public speaking. Suo compito, impront speech; per un discorso volto mentre si parla in pubblico, è quello di a trasmettere un particolare contenu- scongiurare errori di metodo che posto si penserà a un informative speech; sano ostacolare il raggiungimento dese si vogliono ottenere consensi ad un gli obiettivi preposti. Detto altrimenti, non basta avere idee vincenti se non si persuasive speech. In una società in così rapida evoluzio- riesce a comunicarle efficacemente. 48 PANORAMA PER I GIOVANI È QUANDO TI SENTI PICCOLO CHE SAI DI ESSERE DIVENTATO GRANDE. A volte gli uomini riescono a creare qualcosa più grande di loro. Qualcosa che prima non c’era. È questo che noi intendiamo per innovazione ed è in questo che noi crediamo. Una visione che ci ha fatto investire nel cambiamento tecnologico sempre e solo con l’obiettivo di migliorare il valore di ogni nostra singola produzione. È questo pensiero che ci ha fatto acquistare per primi in Italia impianti come la rotativa Heidelberg M600 B24. O che oggi, per primi in Europa, ci ha fatto introdurre 2 rotative da 32 pagine Roto-Offset Komori, 64 pagine-versione duplex, così da poter soddisfare ancora più puntualmente ogni necessità di stampa di bassa, media e alta tiratura. Se crediamo nell’importanza dell’innovazione, infatti, è perché pensiamo che non ci siano piccole cose di poca importanza. L’etichetta di una lattina di pomodori pelati, quella di un cibo per gatti o quella di un’acqua minerale, un catalogo o un quotidiano, un magazine o un volantone con le offerte della settimana del supermercato, tutto va pensato in grande. È come conseguenza di questa visione che i nostri prodotti sono arrivati in 10 paesi nel mondo, che il livello di fidelizzazione dei nostri clienti è al 90% o che il nostro fatturato si è triplicato. Perché la grandezza è qualcosa che si crea guardando verso l’alto. Mai dall’alto in basso.
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