Inceneritore a Tavernola

L’ECO DI BERGAMO
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MARTEDÌ 7 OTTOBRE 2014
Provincia
Cacciatore si ustiona al viso
nell’incendio del suo chalet
Un rogo ha distrutto uno chalet a Vall’Alta di Albino:
ustionato alle mani e al viso il proprietario. Salvati
anche un cane e 40 uccelli da richiamo
A pagina 35
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Rifiuti da bruciare
al cementificio
Si va avanti
Tavernola, la tempistica della sperimentazione
Fuori dallo Sblocca Italia, la decisione fu di Monti
BENEDETTA RAVIZZA
Questa volta lo «Sblocca Italia» non c’entra. Se nel
2015 il cementificio di Tavernola inizierà a bruciare i rifiuti lo
si deve al governo Monti (che
ormai sembra un secolo fa). Di
uguale, però, c’è il metodo, con
le decisioni romane che calano
dall’alto sulle «periferie».
L’iter
Il cementificio di Tavernola, ormai oltre una decina di anni fa,
ha avviato la richiesta per poter
bruciare Cdr, ovvero un combustibile derivato dalla lavorazione dei rifiuti solidi urbani, che
nel frattempo è evoluto in Css,
un supertriturato che brucia
ancora meglio.
Un’ipotesi contrastata dai
cittadini e dalle istituzioni locali
(anche con il risultato schiacciante dei «no» al referendum
del 2007), a cui però il Consiglio
dei ministri nel 2012 ha acceso
il semaforo verde, fatto l’obbligo
di rispettare alcune prescrizioni. Complice il decreto del governo Renzi che permette la libera circolazione della monnezza sul territorio nazionale e il
potenziamento degli impianti
esistenti (compreso quello bergamasco della Rea) - generando
la psicosi rifiuti da Dalmine a
Trezzo e il pugno di ferro della
Regione -, è tornato in auge anche il tema della combustione
in riva al lago, nonostante l’autorizzazione in questione non
rientri nel pacchetto, per la tipologia dell’impianto e dei rifiu-
ti che brucerebbe. Nonostante
questa esclusione dal provvedimento renziano, però, alcuni
segnali hanno fatto di nuovo
rizzare le antenne agli enti territoriali (Comune e Provincia),
da sempre sulle barricate contro la conversione del forno, ritenendola dannosa per la salute
e per la vocazione turistica di
questa zona del lago. In particolare, a far scattare l’allarme è
stata una lettera del gruppo ro-
Riunione tecnica
in Provincia per fare
il punto sui
miglioramenti
Ma il presidente
Rossi: «Abbiamo
ribadito
il no politico»
Tavernola, i lavoratori dello stabilimento e il dirigente del settore Ambiente della Provincia
per fare il punto della situazione. «In questa sede – dice Rossi
– abbiamo ribadito che ci sentiamo vincolati al parere negativo già espresso dal territorio a
ogni livello. Tenendo conto che
nel frattempo anche le amministrazioni comunale e provinciale sono cambiate e che lo “Sblocca Italia” è in fase di emendamento, ci sembra opportuno ristabilire con l’azienda un metodo di confronto. In attesa diffidiamo l’azienda a procedere».
Il tavolo tecnico
Intanto, però, nella riunione
tecnica di ieri, si sono iniziati a
fissare paletti e scadenze. La
Sacci ha portato uno studio nel
quale, in pratica, presenta un’alternativa all’indicazione ministeriale. La soluzione per migliorare l’impatto ambientale
non sarebbe tanto alzare il camino esistente (il che permetterebbe di diluire le emissioni ma
non di ridurle) bensì lo strumento chiamato Scnr, ovvero il
sistema non catalitico per ridurre l’ossido di azoto. Come
funziona? Per ora mixando (in
misura misurata e controllata)
l’ammoniaca con il Nox (ossido
di azoto). La somma dei due
inquinanti, infatti, produrrebbe
azoto, componente dell’aria,
non inquinante, con ricadute al
suolo minori equivalenti all’innalzamento del camino. Al momento è stato dato l’ok alla spe-
Il decreto
L’articolo 35: monnezza
«libera» e più impianti
Certo non è famoso come l’articolo
18 (quello dello Statuto dei lavoratori che nella definizione del jobs act
sta lacerando il Pd, nonché governo,
sindacati e Confindustria). Ma anche
l’articolo 35 ha il suo perché . È tra
i punti più discussi, infatti, dello
«Sblocca Italia», il decreto del governo Renzi che ora dovrà essere
convertito in legge. Si intitola «Misure urgenti per l’individuazione e
la realizzazione di impianti di recupero di energia, dai rifiuti urbani e
speciali, costituenti infrastrutture
strategiche di preminente interesse
nazionale». Due le implicazioni che
hanno fatto impugnare il provvedimento davanti alla Consulta alla Regione Lombardia, chiedendo al governo (prima con una delibera di
Giunta, poi con una mozione del
Consiglio regionale) lo stralcio dell’articolo 35 dal testo: la libera circolazione dei rifiuti (intesi i solidi urbani, non gli speciali o trattati) sul
territorio nazionale (con l’arrivo di
materiale dal Sud al Nord) e il potenziamento (fino al massimo carico)
degli impianti esistenti, spianando
la strada così agli ampliamenti fin
qui bloccati (o tenuti in sospeso) dalla Regione, come la terza linea del
termovalorizzatore Rea di Dalmine.
Se per il governo (in fase di audizione) ci sono margini di modifiche
(esclusa però la drastica eliminazione dell’articolo), le rassicurazioni
non bastano per i territori. L’assessore regionale all’Ambiente Claudia
Terzi ha già dichiarato che farà scadere i due mesi dati dal governo per
rilasciare le autorizzazioni. Dopo il
termine sarà il governo stesso a poter intervenire con potere sostitutivo laddove lo riterrà necessario.
Il 15 e 16 ottobre la protesta a Roma
«Inceneritori lombardi già al limite»
sui piazzali». Esportarli? «Il decreto del governo – risponde Legambiente – punta a ridurre proprio l’esportazione di rifiuti. E allora l’unica opzione conveniente
e fattibile in poco tempo risulterà
aprire nuove discariche».
A fronte di un piano regionale
rifiuti che prevede una graduale
riduzione del numero di inceneritori grazie all’aumento della raccolta differenziata e alla riduzione della produzione di rifiuti, «ci
troveremmo invece tutti e 13 gli
inceneritori lombardi, anche
quelli più malmessi e inquinanti,
operativi a pieno regime per i soli
rifiuti urbani, e in più, di punto in
bianco, si aprirebbe un enorme
problema di smaltimento, a cui
rispondere con nuove discariche,
dopo che la Lombardia era riusci-
ta a chiuderle quasi tutte. Gli unici
a guadagnarci sarebbero i gestori
degli inceneritori stessi. Infatti,
venendo meno il deficit di rifiuti
urbani che aveva spinto i gestori
lombardi ad abbassare le tariffe
di smaltimento pur di assicurarsi
i conferimenti, essi potrebbero
tornare a “fare il prezzo” potendo
disporre di un bacino di conferimento esteso all’intero territorio
nazionale. Tradotto: tariffe più
salate per gli utenti finali, lombardi e non».
Conclude Damiano Di Simine,
presidente Legambiente Lombardia: «Bene fa dunque la Regione a opporsi a un provvedimento
che non è nell’interesse dei cittadini e, per di più, rischia di compromettere i risultati finora conseguiti in questa regione». 1
Legambiente aderirà alle
giornate di protesta - il 15 e 16 ottobre davanti al Parlamento, contro lo «Sblocca Italia», e in particolare contro l'articolo 35. Il fronte anti inceneritori si allarga,
e quindi non si esclude anche la partecipazione di rappresentanti dei territori
bergamaschi coinvolti.
«Non è affatto vero che negli inceneritori lombardi c’è spazio per
accogliere i rifiuti di altre regioni
italiane come vorrebbe il governo», afferma Legambiente che
mano Sacci (titolare dell’impianto) che mette nero su bianco il 15 ottobre come data utile
per far partire l’uso sperimentale del nuovo combustibile. Tant’è che di fronte a questo ultimatum (in realtà lanciato più per
smuovere le acque che per una
volontà di avviare a metà mese
la conversione dell’impianto),
il presidente di Via Tasso Matteo Rossi ha convocato un tavolo «politico» con il sindaco di
aggiunge: «Gli inceneritori della
Lombardia lavorano già a pieno
regime. Se arriveranno rifiuti urbani da altre regioni, significherà
aprire nuove discariche». Il 60%
dei 2,4 milioni di tonnellate di
rifiuti che varcano le paratie degli
inceneritori sono Rur, Rifiuti urbani residui, ciò che resta a valle
delle raccolte differenziate che, in
Lombardia, intercettano ormai
oltre il 54% dell’intera produzione di rifiuti urbani. Ma il resto,
quasi 900 mila tonnellate/anno,
sono rifiuti speciali che, se venisse
applicato lo Sblocca Italia, dovrebbero rapidamente trovare
un’altra destinazione lasciando
spazio ai sacchi neri di altre regioni. Gran parte di queste 900 mila
tonnellate di rifiuti speciali sono
in realtà rifiuti urbani «condizionati», ad esempio le risultanti di
trattamenti meccanico-biologici
o gli scarti delle frazioni riciclate
(la quota «sporca» della raccolta
differenziata), provenienti da altre regioni: paradossalmente, il
decreto del governo imporrà alla
Lombardia di liberare spazio negli inceneritori, evitando di bruciare rifiuti speciali extraregionali, per accogliere altri rifiuti urbani, sempre extraregionali.
Così, mentre la Lombardia dovrà aprire le porte a nuovi flussi
di rifiuti, si troverà a dover decidere cosa fare di 900 mila tonnellate
di rifiuti speciali che rimarranno
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L’ECO DI BERGAMO
MARTEDÌ 7 OTTOBRE 2014
Nuova strada Lecco-Bergamo
Braccio di ferro sul cantiere
Mitoraj, un’opera a Osio Sotto
«Facciamo rete nel suo nome»
È scontro tra Provincia di Lecco e impresa
costruttrice sul cantiere per i lavori del lotto San
Girolamo della Lecco-Bergamo
A pagina 38
A Osio Sotto una delle sculture del celebre artista
Igor Mitoraj, morto ieri a Parigi: le sue opere sono
esposte nelle più grandi capitali, da Parigi a Tokyo
A pagina 39
Il cementificio di Tavernola
vuole sperimentare l’utilizzo
nei forni di Cdr (combustibile
da rifiuti) e pneumatici
triturati
Tavernola cerca alleati
e prepara le barricate
Il sindaco Colosio: contrari senza se e senza ma
Appello al G16 del lago per sostenere la battaglia
Tavernola
CLAUDIA MANGILI
rimentazione sull’attività esistente.
L’obiettivo dell’azienda, però, è arrivare a dimostrare che
meglio dell’ammoniaca, per abbattere le emissioni, è la combinazione con il Cdr (o Css), cioé
con i rifiuti trattati. «La sostituzione del combustibile attuale
con altro combustibile come il
Cdr – fanno sapere dallo stabilimento – è comunque da valutare con l’Arpa e da concordare
con gli enti», ricordando che
«stiamo viaggiando su qualcosa
nato oltre dieci anni fa, non certo con lo “Sblocca Italia”. L’utilizzo del combustibile alternativo va visto in un’ottica di miglioramento delle emissioni e dell’impatto sull’ambiente». Dalla
Provincia, ribadiscono come si
vada avanti un passo alla vota:
«A breve deve essere presentata
una relazione su come intendono sperimentare la riduzione
delle emissioni senza Cdr, ottimizzando le apparecchiature
esistenti; solo in una seconda
fase la sperimentazione verrà
condotta con il Cdr.
Fase che si aprirà dopo che
una nuova bozza di protocollo
di sperimentazione verrà esaminata in una Conferenza dei
servizi con al tavolo Asl, Arpa,
Provincia e Comune. Solo se in
Conferenza dei servizi si arriverà a un parere positivo, si potrà
avviare la sperimentazione bruciando Cdr». I tempi? Entro fine
anno si potrebbe arrivare ad
avere il parere. 1
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Non c’è rassicurazione tecnica
che tenga. Non c’era nel 2007
quando con una consultazione
popolare la gente di Tavernola
aveva detto no al progetto di bruciare combustibili da rifiuti (cdr)
nei forni del cementificio. E non
c’è nemmeno adesso: dopo sette
anni nessuno ha cambiato idea.
La popolazione non vuol proprio
sentir parlare e fatto che sulla
carta i cdr inquinino meno non
cambia le cose. Anche perché, come spiega il vicesindaco Joris
Pezzotti: «I tecnici dicono tutto
e in contrario di tutto. Nel senso
che ci sono studi ed esperti che
difendono la combustione da rifiuti, ma anche studi ed esperti
che la attaccano». Nel dubbio,
meglio lasciare le cose come stanno. Lasciare che nei forni si continui a bruciare il pet coke, un prodotto derivato dalla distillazione
del petrolio. Che inquina, inquina
eccome. «Ma almeno non si va
incontro ad altre incognite. I tavernolesi sono stati gabbati troppe volte. Penso per esempio a tutto quel che doveva arrivare insieme alla bonifica della vecchia miniera e non è mai arrivato. Non
vogliamo correre altri rischi».
In più, solo negli ultimi quattro
mesi, da quando si è insediata
l’amministrazione guidata dal
sindaco Filippo Colosio, il Comune ha segnalato all’Arpa già due
episodi «significative e visibili»
emissioni di No2 (diossidi di azoto, dall’odore soffocante, irritante
e caratteristico) fuoriuscite dal
camino del forno nell’aria vicino
all’abitato, il 30 giugno e il 10 luglio. Cos’era accaduto? «Secondo
la Sacci, si era bloccato un dispositivo che attiva i filtri a causa
dell’interruzione dell’energia
elettrica. Il timore è che qui ci si
Treviglio, controlli in 7 ditte
Una sanzionata dall’Arpa
Treviglio
Si è conclusa nei giorni scorsi l’attività di monitoraggio effettuata dall’Arpa di Bergamo, in base a un accordo
con il Comune di Treviglio, per il monitoraggio dell’inquinamento in 7
aziende del territorio.
Il bilancio è di un’azienda sanzionata per violazione degli
obblighi previsti dalla convenzione. «I controlli in questione
– spiega Juri Imeri, assessore
all’Ambiente e vicesindaco –
erano previsti da uno specifico
accordo tra il nostro Comune
e l’Arpa di Bergamo e prevedeva il monitoraggio ambientale
per quanto riguarda diversi parametri: gli scarichi idrici, le
emissioni nell’atmosfera, le
emissioni sonore e l’inquinamento elettromagnetico. Ora
siamo in attesa di sottoscrivere
con l’Arpa la nuova convenzione, che entrerà nella fase ope-
rativa a partire dall’anno prossimo».
Tra l’anno scorso e quest’anno i tecnici dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente hanno quindi effettuato
controlli anti-inquinamento in
7 ditte per quanto riguarda lo
scarico nelle acque superficiali: complessivamente gli accertamenti effettuati sono stati 11.
In cinque ditte sono state effettuate le misurazioni delle
A Tavernola pronti a dare battaglia per dire no all’inceneritore
Il progetto
Si riaprirà
l’ex miniera
Ognoli?
Se ne parla da quasi 10 anni, da
quando nel 2005 la Lafarge - allora
proprietaria del cementificio - avviò l’iter per sperimentare l’utilizzo
di alcuni tipi di rifiuti (opportunamente pretrattati) come combustibile per far funzionare i forni. Da
allora è stata battaglia e se da una
parte la popolazione non ha mai
smesso di dire no - insieme alle amministrazioni che si sono succedute
- dall’altra prima Lafarge e poi Sacci
hanno proseguito nell’iter autorizzativo. Ma a questa preoccupazione, se ne sta affiancando un altra:
la Sacci, infatti, avrebbe già avviato
il percorso con la Regione per poter
riaprire l’ex miniera Ognoli - quella
attraversata dalla strada di collegamento tra la frazione di Cambianica
e Parzanica, ormai chiusa da quasi
tre anni dopo la frana - da dove
tornare a scavare il materiale necessario alla produzione del cemento. Quindi, da una parte la strada
resta chiusa, nonostante i consistenti lavori avviati dalla Sacci per
bonificare dopo la frana, dall’altra
sulla strada - e su Tavernola - incombe ben altro.
emissioni nei fumi nell’atmosfera, la misurazione del «campo elettromagnetico ad alta
frequenza», in pratica le onde
della telefonia cellulare, in ben
75 punti, e la misurazione del
«campo elettromagnetico a
bassa frequenza», i cosiddetti
elettrodotti, in 5 postazioni.
Le cinque ditte controllate
sono la Eurogravure, le industrie chimiche Icib, la Flydeco,
la Ecb Company e la Farchemia. L’azienda sanzionata dai
tecnici dell’Arpa è la Flydeco.
La motivazione del provvedimento è la «violazione degli
obblighi convenzionali».
Il personale della stessa Arpa, sempre in base a quanto
previsto dall’accordo stipulato
due anni fa con l’amministra-
zione trevigliese, ha anche
provveduto a effettuare un
controllo di tipo esclusivamente amministrativo in cinque aziende di Treviglio che
dispongono di autorizzazioni
per le emissioni nell’atmosfera.
Per quanto riguarda la nuova convenzione che il Comune
di Treviglio stipulerà con l’Arpa nei prossimi giorni, tra gli
accordi verrà anche prevista
l’esecuzione di due campagne
specifiche e mirate che prevedono il monitoraggio della
qualità dell’aria attraverso
l’utilizzo di un «laboratorio
mobile» che si sposterà nelle
varie zone della città per i rilevamenti. A tal proposito verrà
inoltrata un’apposita richiesta
trovi di fronte a impianti in qualche modo obsoleti, quindi non in
grado di supportare adeguatamente un’eventuale sperimentazione, con i rischi che questa potrebbe comportare». All’indomani della seconda «fumata» di polveri dal camino, il sindaco aveva
scritto alla Sacci una lettera molto
dura: «Qualora si verificasse un
altro episodio, il Comune si avvarrà di tutti gli strumenti legislativi per tutelare lavoratori e popolazione, compresa l’ordinanza di
sospensione dell’attività, stante
che il sindaco è responsabile della
salute e della sicurezza dei cittadini».
E l’Arpa stessa, analizzando i
dati della centralina fissa di Tavernola, ha presentato un conto
molto preoccupante: «Quest’estate – scrive al Comune – i
dati di No2 sono risultati mediamente tra i più alti della provincia
di Bergamo, seppur non superiori
ai limiti di legge». Insieme, si è
deciso di posizionale anche una
seconda centralina mobile per
monitorare i diossidi di azoto sia
a forni spenti che a forni accesi.
I risultati sono attesi nei prossimi
giorni. «Non ci aspettiamo nulla
di buono – conclude Pezzotti –,
ma almeno sappiamo con chi, o
meglio con cosa, abbiamo a che
fare. Con gli No2. Ma bruciare i
rifiuti è una grossa incognita, in
un impianto che, abbiamo visto,
non pare del tutto affidabile».
Tutto questo accade in un territorio che punta, ormai da anni,
a diventare e a restare un polo di
attrazione turistica. Per questo,
il Comune di Tavernola ha chiesto un aiuto anche a tutti gli altri
paesi del lago. «Nel corso dell’ultimo incontro del G16 – spiega ancora il vicesindaco – abbiamo invitato i colleghi a votare una delibera per sostenere il nostro no a
questa sperimentazione. Perché
non possiamo pensare di andare
nella direzione di un’economia
prettamente improntata al turismo e poi qui si va nella direzione
opposta, mettendo in funzione un
inceneritore che brucia rifiuti».
«Siamo nettamente contrari
all’utilizzo dei cdr nei forni del
cementificio – taglia corto il sindaco Colosio –. Così come siamo
contrari a decisioni che tentano
di passare sopra le decisioni della
popolazione. Faremo tutto quel
che è in nostro potere per fermare
questa sperimentazione». 1
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anche alla sede centrale di Roma della stessa Agenzia per
l’ambiente.
«I risultati dei monitoraggi
e la nuova convenzione che
andremo presto a stilare con
l’Arpa di Bergamo – aggiunge
l’assessore Imeri – non sono
che l’ulteriore conferma dell’impegno di questa amministrazione nel tenere sotto controllo un tema come l’inquinamento, per il quale non vi è
alcun genere di allarme in città. Il fatto che gli esiti dei controlli vengano resi pubblici è
invece la conferma dell’estrema trasparenza con la quale
questa giunta sta affrontando
i vari temi, sempre nell’interesse del cittadino». 1
Fabio Conti