Efficienza dei nutrienti e razionalizzazione delle

FONDOPERLAPROMOZIONEDIACCORDIISTITUZIONALI
“PIATTAFORMADIBIOTECNOLOGIEVERDIEDITECNICHEGESTIONALIPERUN
SISTEMAAGRICOLOADELEVATASOSTENIBILITÀAMBIENTALE”
QUADERNO
EFFICIENZAD’USODEINUTRIENTIE
RAZIONALIZZAZIONEDELLEFERTILIZZAZIONI
Febbraio2014
FONDOPERLAPROMOZIONEDIACCORDIISTITUZIONALI
“PIATTAFORMADIBIOTECNOLOGIEVERDIEDITECNICHEGESTIONALIPERUN
SISTEMAAGRICOLOADELEVATASOSTENIBILITÀAMBIENTALE”
QUADERNO
EFFICIENZAD’USODEINUTRIENTIE
RAZIONALIZZAZIONEDELLEFERTILIZZAZIONI
PRESENTAZIONE
PerRegioneLombardiailsostegnoall’innovazioneeallaricerca,lavalorizzazionedelcapitaleumanorappresentano
leve fondamentali per rendere più attrattivo il territorio, aumentare la competitività del sistema economico,
accademico,scientificoesocialeerilanciareunacrescitadinamica,solidaesostenibile.
EccoperchéRegioneLombardiastamettendoafattorcomunepolitichequalificanti,svolgendounruolodipromotore
e facilitatore di reti tra università e centri di eccellenza, istituzioni locali e nazionali, camere di commercio e
associazionidiimpresaalivellolocaleeglobale.InquestocontestosiinserisceilprogrammadiRicercaeSviluppo
“BIOGESTECA”, uno degli 11 progetti finanziati da Regione Lombardia attraverso il “bando di invito a presentare
propostediaccordiistituzionaliperlarealizzazionediprogrammidiricercaesvilupponeisettorienergia,ambiente,
saluteemanifatturieroavanzatoavaleresulfondoperlapromozionediaccordiistituzionali”.Unbandocheèstato
lanciatonel2009,conassegnazionenel2010,dicirca27milionidieuro,nell'ambitodelFondoperlaPromozionedi
Accordi Istituzionali. Il programma BIOGESTECA, favorendo la costituzione di una rete collaborativa tra università,
centridiricerca,istituzionieimpresedelsistemalombardodellaricercaneharafforzatolavisibilitàelacompetitività
a livello internazionale. Ma ha anche permesso di fornire risposte alla crescente domanda globale di prodotti
alimentari, una delle principali sfide che ci attendono e tema di Expo Milano 2015, che deve necessariamente
coniugarsiconunosvilupposostenibile,capaceditutelarel’ambienteeallostessotempovalorizzarel’applicazionedi
strumentiinnovativietecnologici.BIOGESTECAhailmeritodioffrireuncontributoessenzialeallasoddisfazioneditali
esigenze attraverso un approccio innovativo cha ha portato anche alla realizzazione di una piattaforma di
biotecnologieverdieditecnichegestionaliperlostudioelasperimentazionedidiversesoluzionicheinteragisconotra
diloroconlafinalitàcondivisadellasostenibilitàdelsistemaagricolo.Irisultatiprodottidalleattivitàpluriannualidel
progetto,chehaimpegnatopiùdicentoricercatoriehareclutatoeformatopiùdiquarantadottorandidiricercae
giovaniricercatori,cifornisconointeressantispunticheabreveemedioterminesirivelerannoutiliperchioperain
Lombardia nei settori dell’agroͲalimentare, delle bioenergie e della salvaguardia ambientale. Di certo il nostro
impegno sarà rivolto, anche con la collaborazione della Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di
Lodi che ha cofinanziato il progetto, insieme a Regione Lombardia, a dare ampia divulgazione e promozione del
trasferimento tecnologico dei risultati, con iniziative specifiche che si inseriranno tra quelle previste dalla Regione
stessaedaidiversiEntipartnerdelprogettonelleattivitàdiavvicinamentoall’importanteEsposizioneUniversaledi
Milano2015.
MarioMelazzini
AssessorealleAttivitàproduttive,
RicercaeInnovazionediRegioneLombardia
ILPROGRAMMADIRICERCA&SVILUPPOBIOGESTECA
Lasostenibilitàecompetitivitàdelsistemaagricolonelsuoinsiemeimpegnanoilmondodellaricercaalladefinizione
continuadisoluzionietecnologicheinnovative.Laconfigurazioneattualedellaproduzioneagrariasicaratterizzaper
elevatiimpieghidimezzitecnici,risorsenaturaliedenergiachesitraduconoinimpattisignificativisull’ambienteedin
consistentiproduzionidirifiuti.Allostessotempo,iprodottiagricolihannoquasisemprepersoleloroconnotazioni
territorialielacollettivitàstentaariconoscereilruolodell’agricolturacomepresidiodiunterritoriodamantenereedi
cuiusufruire.Lacompetitivitàdelsistemaagricolononpuòprescinderedaquestoriconoscimento,soprattuttoinun
contesto europeo dove viene sempre più riconosciuta una remunerazione, diretta o indiretta, alla multifunzionalità
dell’agricoltura.L’obiettivoacuitendereè,quindi,quellodiunsistemaagricolochesiaingradodiridurrelapressione
ambientalesalvaguardandolerisorsenaturalilimitandolaproduzionedirifiutierecuperandoisottoprodottiinmodo
da trasformarli in energia e fertilizzanti. In questo modo, il sistema agricolo può caratterizzarsi come rispettoso
dell’ambienteegenerarealcontempoesternalitàpositivericonoscibiliequindiremunerabilidallacollettività.
Materie
primee
mezzi
tecnici
Energiadi
altaqualità
Risorse
naturali
Emissioni
inquinanti
Sistema
agricolo
Energiadi
bassa
qualità
Materie
primee
mezzi
tecnici
Riutilizzo
dell’energia
Emissioni
inquinanti
Energiadi
altaqualità
Sistema
agricolo
Prodottipoco
differenziati
Rifiuti
Risorse
naturali
Prodotti
caratterizzatidalla
sostenibilitàdel
sistemaproduttivo
Sottoprodotti
Valorizzazione
energeticae
fertilizzante
Rifiuti
Schemadelsistemaagricoloattuale
Schemadisistemaagricolosostenibile
SistemaagricoloattualeSistemaagricolosostenibile
In stretta coerenza con le finalità del Bando “Accordi Istituzionali” lanciato nel 2009 da Regione Lombardia, il
programmadiRicerca&SviluppoBIOGESTECAhageneratoeconsolidatounaretecollaborativatragruppidiricerca
appartenentiall’UniversitàdegliStudidiMilano,all’UniversitàdegliStudidiMilanoBicocca,alConsiglioperleRicerca
elaSperimentazioneinAgricoltura,all’EnteNazionaliRisi,allaFondazioneParcoTecnologicoPadano,allaFondazione
FilareteeadAgricola2000,checreandofortesinergiaeintegrazionetracompetenzehaprodottonuoveconoscenze
einnovazionitecnologicheingradodifornirerisposteallarichiestadisostenibilitàdelsistemaagricololombardoe
piùingeneraledelleagricolturainambientiadelevatapressioneantropica.
Le attività del Programma BIOGESTECA, articolate in sette workpakages, hanno adottato approcci di biotecnologie
verdiperladefinizionedistrategiedigestionedellecoltureedelterritorioagricoloaridottoimpattoambientalein
combinazione con tecnologie per la riduzione degli input e per l’utilizzazione dei reflui e residui con finalità
energeticheefertilizzanti.Inparticolaresonopresiinconsiderazioneaspettidellecoltureedellalorogestione,relativi
all’usodell’acqua,deifertilizzanti,deipresidifitosanitariedell’energia,alfineultimodimigliorarel’efficienzad’usodi
queste risorse a garanzia della sostenibilità ambientale ed economica della produzione primaria. Per alcune delle
tecnologie e delle alternative innovative sperimentate è stata eseguita anche una analisi tecnica, economica e
ambientaleinmododiacquisireunavalutazionenonsolodellesingolesoluzioni,maanchedell’interosistemaincui
possono essere impiegate; ciò tenendo conto, quindi, anche dei loro effetti sull’ambiente in termini di energia,
emissioni, utilizzo di mezzi tecnici, produzione di rifiuti e delle esternalità (positive e negative) delle produzioni
agricoleversolacollettività,qualiilmiglioramentodellafruibilitàelasalvaguardiadelterritorio.
WP1
Gestionedegli
apportidi
fertilizzantial
suolo
WP6
Utilizzodirefluie
residuiperla
produzionedi
energiae
fertilizzazionedei
terreni
WP2
Efficienzad’usodei
nutrientiminerali
eriduzionedegli
apportidi
fertilizzantial
suolo
WP3
Usodellarisorsa
idricanella
coltivazionedel
riso
WP5
Esplorazionedella
variabilitàgenetica
esceltevarietali
WP4
Biocontrollo
WP7
Valutazionetecnica,economicaeambientale
Irisultatidelprogetto,disponibilialsitowww.biogesteca.unimi.iteraccoltiinquattrovolumidisintesi(Gestionedella
risorsa irrigua; Efficienza d’uso dei nutrienti e razionalizzazione delle fertilizzazioni; Biocontrollo delle avversità
biotiche; Gestione e valorizzazione dei reflui) forniscono alcune soluzioni tecniche e spunti innovativi che a breve e
medio termine potranno fornire soluzioni efficaci per il rafforzamento della sostenibilità dell’agricoltura intensiva
moderna, sia in un contesto regionale sia in un contesto più ampio nazionale e internazionale. Per quest’ultima
ragioneleattivitàeirisultatidelProgrammaBIOGESTECAtrovanopienacollocazionetraletematicheegliobiettivi
checaratterizzanol’eventoEXPOinprogrammanel2015nelnostropaese.
IlprogrammasièavvalsoperilmonitoraggiodeilavoridiunComitatoGuidacheinqualitàdimembriesterniallarete
collaborativahaannoveratoespertidelsettoredifamainternazionalequaliilProf.PaoloBalsari(UniversitàdegliStudi
diTorino),ilProf.FabioFava(UniversitàdegliStudidiBologna),ilProf.EnricoMartinoia(UniversitàdiZurigo),ilProf.
Zeno Varanini (Università degli Studi di Verona) e il Prof. Fabio Veronesi (Università degli Studi di Perugia). Le
divulgazionedeirisultatitraglisteakeholdersavariotitoloadessiinteressatisièavvalsadelsostegnodellaCameradi
Commercio,Industria,ArtigianatoeAgricolturadiLodi.
IcoordinatoridelProgramma
Prof.GianAttilioSacchi
Prof.GiorgioProvolo
SOMMARIO
INTRODUZIONE
OBIETTIVI
ATTIVITÀ
I.
EFFICIENZAD’USODELL’AZOTOINMAIS–CRAͲMAC(Responsabile:HansHartings)
II.
EFFETTODELLACONCIMAZIONEAZOTATAESOLFATICASULLAQUANTITÀEQUALITÀDELLERESEINFRUMENTO
TENERO–CRAͲSVC(Responsabile:MaurizioPerenzin)
III.
EFFICIENZAD’USODELL’AZOTOINRISO–UNIMI(Responsabile:AntonioFerrante)
IV.
MONITORAGGIODELLEPOPOLAZIONIMICROBICHECOINVOLTENELCICLODELL’AZOTOESELEZIONEDICOLTURE
BATTERICHECONATTIVITÀBIOFERTILIZZANTE–UNIMI(Responsabile:DanieleDaffonchio)
V.
EFFICIENZAD’USODELLOZOLFOINRISO–UNIMI(Responsabile:FabioFrancescoNocito)
VI.
APPROCCIALLARIDUZIONEDEGLIINPUTDIFOSFORONEISUOLI:Zeamays.–UNIMI(Responsabile:RobertoPilu)
VII. APPROCCIALLARIDUZIONEDEGLIINPUTDIFOSFORONEISUOLI:Medicagospp.–CRAͲFLC(Responsabile:Carla
Scotti)
VIII. SVILUPPO DI INDICATORI DIAGNOSTICI A SUPPORTO DELLA CONCIMAZIONE AZOTATA IN MAIS – UNIMI
(Responsabile:LucaBechini)
IX.
TECNICHE PER VALORIZZARE L’UTILIZZAZIONE DEGLI EFFLUENTI COME FERTILIZZANTE – UNIMI (Responsabile:
GiorgioProvolo)
X.
LA SOSTANZA ORGANICA PER IL MANTENIMENTO DELLA FERTILITÀ DEI SUOLI – UNIMI (Responsabile: Fabrizio
Adani)
BIBLIOGRAFIA
INTRODUZIONE
L'agricolturasostenibileèunconcettomoltoampioche,
in termini generali, fa riferimento all’applicazione di
tecnicheagronomicheingradodirispettarel'ambiente,
la biodiversità e la naturale capacità del suolo di
mantenere nel tempo la produzione vegetale (Miller e
Wali, 1995). L’impiego di acque per l’irrigazione,
fertilizzanti chimici, reflui zootecnici e agroͲfarmaci,
unitamente alle concentrazioni di bestiame previste dai
tradizionali metodi di produzione agricola intensiva,
rappresentano i principali fattori di impatto
dell’agricolturasull’ambiente(acqua,suoloeatmosfera).
Una scorretta gestione di tali pratiche può estendere
l’impattodell’agricolturasinoacoinvolgerelasalutedei
consumatori. Uno sviluppo agricolo sostenibile ed ecoͲ
compatibile deve necessariamente tutelare la qualità
delleacqueedelsuoloinrelazionealrischiodiaccumulo
di nutrienti minerali (nitrati, fosfati e, tal volta, solfati),
lisciviati o persi per ruscellamento, o di principi attivi
impiegati per la difesa fitosanitaria. In entrambi i casi
l’impiegodipiantepiùefficientinell’usodeifertilizzanti
(minor necessità di elementi minerali a parità di
produzione) o meno suscettibili ai patogeni, ed una
gestione più razionale del suolo, della componente
organica in particolare, garantirebbe una diminuzione
degli input di prodotti agrochimici riducendo, quindi,
l’impatto ambientale delle attività produttive. Nel caso
deicereali,comeadesempiomaiserisocheoccupanola
maggior parte della superficie agricola utilizzata (SAU)
delle aree di pianura in Lombardia, i genotipi oggi
utilizzati sono stati selezionati attraverso piani di
miglioramento genetico condotti in condizioni di “highͲ
input” di risorse, ovvero in situazioni di elevata
disponibilitàdiacqua,difertilizzantie,senecessario,di
alcuni principi antiparassitari. Questo ha sicuramente
garantito ottime performance produttive, dovute
prevalentemente ad aumenti degli indici di raccolto,
delle resistenze all’allettamento e ad una minor
suscettibilità ad alcuni patogeni, ma ha
contemporaneamente determinato una riduzione della
variabilitàgeneticarelativaall’adattamentoacondizioni
diminoredisponibilità(lowͲinput)dielementinutritivie
dirisorseingenereealleresistenzeadaltripatogeni.In
altre parole rispetto a questi caratteri è stata persa
biodiversitàcheandrebbeinveceidentificatae/ocreata
per poi essere valorizzata in ambienti diversificati per
disponibilitàdirisorseesensibilitàambientale(ambienti
marginali, ambienti poveri, ambienti particolarmente
soggettiarischiopereccessodiinputproduttivi).
La variabilità genetica naturale o indotta con i metodi
permessi dalla normativa attualmente in vigore trova
inoltre una valida applicazione nello studio dei processi
biologici alla base dell’efficienza d’uso dell’acqua e dei
nutrienti da parte delle piante nonché della loro
resistenza ai patogeni. Bisogna inoltre considerare che i
comportamentidellepianteneiloroambientiproduttivi
sonodeterminatinonsolodallelorocaratteristiche
genetiche, ma anche dalle interazioni dei loro geni con
l’ambiente, dalle quali possono scaturire risposte
specifiche e diversificate. La conoscenza dettagliata di
questi aspetti potrebbe quindi fornire utili indicazioni
perlosviluppodistrategiecolturalirivolteadaumentare
leefficienzed’usodellerisorseoacontenernel’impiego,
in qualità di fattori della produzione, negli agroͲ
ecosistemi.
LagestionedellanutrizionemineraledelsistemasuoloͲ
pianta, nel contesto territoriale lombardo, si trova ad
affrontareunasortadiparadosso:daunlatolanecessità
di migliorare l’efficienza d’uso dei nutrienti da parte
delle colture, allo scopo di mantenere gli attuali target
produttivi, dall’altro quella di ottimizzare al meglio la
quotainsurplusdinutrientiapportatialsuolo,azotoin
particolare,acausadelmassiccioutilizzodeglieffluenti
d’allevamento. Da ciò consegue l’esigenza di formulare
soluzioni percorribili nel breveͲmedio periodo,
finalizzate a rivedere nel suo complesso la gestione dei
nutrienti soprattutto per quanto attiene le colture che
caratterizzano gli attuali ordinamenti produttivi, in
particolare mais, riso e frumento con un approccio che
deve necessariamente essere interdisciplinare:
fisiologico,biomolecolare,microbiologicoechimico.
La coltivazione intensiva dei cereali è strettamente
dipendente dall’applicazione di grandi quantità di
fertilizzanti azotati, fattore di primaria importanza per
l’incremento delle produzioni quantiͲqualitative
realizzato negli ultimi decenni (Abrol et al., 2007).
Tuttavia, l’eccessivo impiego di fertilizzanti azotati è
problema attuale che necessita di essere affrontatocon
la messa a punto di agrotecniche e con l’identificazione
e/o la costituzione, nell’ambito delle principali specie
coltivate,divarietàadelevataefficienzad’usodell’azoto
(NUE), disponibile nel terreno o apportato da
fertilizzanti. Le recenti innovazioni nel campo della
biologia molecolare, ed in particolare l’utilizzo di
marcatorimolecolariperlaselezioneassistita,forniscono
strumenti per l’identificazione o costituzione di varietà
ad alta NUE. L’efficacia di tali tecniche è ulteriormente
esaltatadallaeventualeconoscenzadellebasigenetiche
e molecolari che sottendono al carattere NUE (Good et
al., 2000; Pathak et al., 2008). Nel caso di un cereale
comeilmais(Zeamays),laNUE,intesacomelacapacità
dellapiantadiutilizzareunacertaquantitàdifertilizzante
azotato per raggiungere la massima produzione di
granella, è influenzata da numerosi fattori morfologici,
fisiologici e biochimici (Gallais e Hirel, 2004, Hirel et al.,
2007)qualiassorbimentoradicale,trasportodeinitratio
dell’azotoridottoversol’apparatofogliare,erilocazione
dell’azoto organicato da organi vegetativi alla granella.
L’approfondimento e l’ampliamento delle indagini volte
ad identificare specifici loci che favoriscono la NUE in
nuovi materiali genetici ottenuti incrociando linee elite
aumenterebbeconsiderevolmenteleconoscenzesuigeni
coinvolti con maggior probabilità di successo per la
produzione di nuovi ibridi di mais ad elevata NUE.
Nelcasodelfrumentotenero(Triticumaestivum)la
selezione di genotipi ad elevata NUE assume una
particolareimportanzanonsoloinrelazionealleelevate
necessità di azoto che la specie manifesta, ma anche in
relazione al fatto che tale carattere è un fattore chiave
per il miglioramento della qualità panificatoria delle
farine (Guarda et al., 2004; Corbelli et al., 2006). Le
informazioni a proposito della variabilità del carattere
NUE nel germoplasma di Triticum spp sono alquanto
limitate e frammentarie. Prime informazioni potrebbero
essereottenuteconfrontandoilcarattereNUEinalcune
varietà rappresentative tra le più coltivate e note per
caratteri di produttività e qualità panificatoria. Tuttavia,
la possibilità di avviare programmi di miglioramento
geneticoindirizzatiall’ottenimentodigenotipiadelevata
NUEnonpuòprescinderedallaconduzionediindaginidi
variabilitàintraspecificapiùampie(SingheArora,2001;
Guardaetal.,2004).
E’necessarioinoltreconsiderarechelosviluppodinuovi
sistemi di gestione delle colture può generare nuove
problematichelegateall’efficienzad’usodeinutrientida
parte delle piante. Caso interessante è quello del riso,
dove l’introduzione di sistemi di coltivazione a ridotto
regime idrico in sostituzione della tecnica di
sommersionecontinuadeisuolicreauninsiemedinuove
problematiche legate alle capacità di adattamento delle
varietà locali alla differente condizione di ossigenazione
dei suoli, nonché alle loro performance produttive. In
particolare, se nei suoli asfittici sommersi la forma
prevalente di azoto disponibile per le piante è
l’ammonio,neisuoliaerati,generaticonlanuovatecnica
di coltivazione, la forma prevalente di azoto disponibile
diviene il nitrato. Reddy (1982) ha descritto come le
perdite di azoto in risaia per il ciclo nitrificazioneͲ
denitrificazione siano predominanti nel bilancio del
macronutriente, superando i 100 kg haͲ1. Tuttavia, in
risaia sommersa tale perdita incide in maniera limitata
sull’impatto ambientale, in quanto l’azoto nitrico
prodotto sarebbe soggetto alla trasformazione in azoto
atmosferico. Diversamente, in condizioni aerobiche,
l’attività dei batteri denitrificanti rimane localizzata ad
una piccola parte del suolo agrario, incrementando i
rischi di contaminazione delle falde da nitrati. In tale
contesto risulta evidente la necessità di riconsiderare
alcuni aspetti fisiologici legati alla NUE, quali l’efficienza
diassorbimentoediutilizzazionedeifertilizzantiazotati
da parte delle piante, in relazione alle forme prevalenti
presentinelsuoloedallalororealepersistenza.Infatti,il
nitrato non essendo adsorbito sui colloidi del terreno
deve necessariamente essere rapidamente assorbito
dalle piante quando disponibile, al fine di evitare
consistenti perdite per lisciviazione che ridurrebbero
l’efficienza d’uso dei fertilizzanti azotati creando, nel
contempo, problemi di inquinamento di altri comparti
ambientali.
Oltre alla produzione agricola, le pratiche di
fertilizzazione azotata influenzano la funzionalità delle
comunitàmicrobichedelsuolo.Ilrapportotrarilascio
efissazionediazotoatmosfericoèunparametro
fondamentalenelladeterminazionedelbilancionutritivo
del suolo. Il processo di nitrificazione è essenziale negli
ecosistemi agricoli dove le fertilizzazioni azotate sono
realizzatequasiinteramenteconammonio.L’ossidazione
microbica dell’ammonio è il processo metabolico che
limita la nitrificazione, uno dei passaggi chiave del ciclo
dell’azoto.Inoltre,lecomunitàmicrobichedelsuolocon
attività
denitrificanti
sono
importanti
nella
determinazionedell’entitàdell’inquinamentodanitrati,i
qualipossonoessereridottianitritioadazotogassosoo
ammoniacale da un’ampia gamma di microrganismi,
appartenenti a gruppi tassonomici diversi. Il processo di
denitrificazione è inoltre rilevante nel rilascio di ossido
nitroso, gas serra che contribuisce al surriscaldamento
globale e alla degradazione dell’ozono atmosferico. La
conoscenzaspecificadell’abbondanzaedelladiversitàin
rizosfera delle comunità microbiche coinvolte nel ciclo
dell’azoto in funzione dell’adozione di specifiche scelte
varietalioagrotecnicheconsentirebbedivalutarequalidi
queste sono in grado di minimizzare le perdite di azoto
sotto forma gassosa come conseguenza dell’attività
microbica e quindi contribuire al miglioramento
complessivo della NUE. Ad oggi la maggior parte delle
informazioni esistenti in tal senso sono da considerarsi
solo parziali in quanto si basano su analisi che
dipendendodallacoltivabilitàinlaboratoriodellediverse
speciemicrobiche.E’possibileacquisireinformazionipiù
complete adottando metodi di ecologia molecolare
microbicaoggidisponibiliedingradodidescriveretuttii
microrganismipresentiinuncampionedisuolo,senzale
limitazioniattribuibiliallanoncoltivabilitàdellamaggior
partedeimicrorganismiambientali.Talimetodisibasano
sull’estrazione e sulla caratterizzazione del DNA
microbicodiunsuoloodallarizosferadiunapianta.
Unaltroelementodaprendereindovutaconsiderazione
è lo zolfo (S) la cui efficienza d’uso nelle piante (SUE),
definibilecomel’incrementodiproduzioneperunitàdiS
applicataalsuolo,èuncarattereagronomicocontrollato
simultaneamentedadiversigeniedallalorointerazione
conl’ambiente(FAO,2006;HawkesfordeDeKok,2006;
Loudet et al., 2007). Tale carattere ha assunto
un’importanza particolare negli ultimi decenni in
conseguenza di una drastica riduzione degli input di S
(riduzione delle emissione in atmosfera di SO2 dovuta
all’uso di combustibili fossili a basso contenuto in S e
introduzione di concimi fosfatici a ridotto titolo in
solfato) che sta causando la progressiva comparsa di
fenomeni di solfo carenza in diverse colture ed areali
agricoli (Hawkesford, 2000). Poiché lo S esercita ruoli
essenziali nella fisiologia della pianta, limitazioni nella
sua disponibilità si ripercuotono sulla produttività delle
colture e sulla loro capacità di adattarsi all’ambiente
(Hawkesford,2000).E’notoadesempiocomeunascarsa
disponibilità di S riduca l’efficienza d’uso dell’azoto da
parte delle piante (Salvagiotti et al. 2009; Fismes et al.,
2000;Koprivovaetal.,2000)nonchélalorotolleranzaa
numerosi stress ambientali abiotici e biotici (Ceccoti,
1996;RauscheWachter,2005).
Il ricorso empirico a fertilizzazioni solfatiche potrebbe
essere un metodo immediatamente applicabile per
controbilanciare eventuali carenze del nutriente.
Tuttaviaunamigliorecomprensionedellebasimolecolari
e fisiologiche della SUE potrebbe permettere la
pianificazione di interventi di fertilizzazione più specifici
ed efficienti nel supportare la produttività e la qualità
delle produzioni in un contesto di agricoltura di “lowͲ
input”. Alcune molecole conosciute come sulfurͲ
containing defense compounds (SDCs), svolgono ruoli
importanti nei meccanismi di risposta delle piante a
diversi tipi di stress (Rausch e Wachter, 2005). Gli SDCs
comprendono lo zolfo elementare (S0), il solfuro, il
glutatione (GSH), le fitochelatine (PCs), metaboliti
secondari(glucosinolati,fitoalessineesulfolipi)edalcune
proteinericcheincisteina(tioneineedifensine).Incaso
di stress la sintesi di SDCs è indotta e ciò permette alla
piantadicontenere,entrocertilimiti,glieffettinegativi
del fattore sfavorevole. La maggior sintesi di SDCs
costituisceperlapiantaunosinkaddizionaledizolfoche
asuavoltastimola,secondounmeccanismoregolatorio
di tipo “demandͲdriven”, alcune attività responsabili
dell’assunzione e della assimilazione del solfato (Rausch
e Wachter, 2005). Diverse ricerche suggeriscono
l’esistenza di una stretta relazione tra la disponibilità di
solfatonelsuoloedilivellidiSDCsechelaformazionedi
SDCs raggiunga la saturazione per disponibilità di S nel
suolo superiori a quelle che comunque garantiscono la
crescitaottimaledellapianta(Marschner,1995;Bloemet
al.,2005;RauscheWachter,2005).Incasodiesposizione
adunostressbioticooabioticolamaggiorsintesidiSDCs
determinaunaumentodellenecessitàdiSdellapiantae,
quindi,variazionisostanzialinelleviediassimilazionedel
solfato e di sintesi della cisteina e del GSH (Rausch e
Wachter, 2005). Queste risposte adattative non sono in
alcun modo prevedibili sulla base delle normali
asportazioni di S da parte della coltura e potrebbero
essereinfluenzatenegativamenteancheincasodibuona
disponibilità di solfato nel suolo, causando perdite
produttive in caso di stress (Rausch e Wachter, 2005).
Diversamente da quanto accade per gli altri
macronutrienti (N, P, K) normalmente considerati nei
pianidifertilizzazione,esistonopocheinformazionisulle
dosiesullatempisticanelcasodellozolfo.Inparticolare,
esistono ancora sostanziali incertezze relativamente alla
persistenzadelsolfatonelsuoloedallasuadisponibilità
effettiva,perchélaconcentrazionedell’anione(laforma
principale di zolfo disponibile presente nel suolo) è
spazialmentemoltovariabile;occorreinoltreconsiderare
che circa il 95% dello zolfo totale di un suolo agrario è
organicoequindinonprontamentedisponibile.Poichéla
mineralizzazione dello zolfo nel suolo dipende dalle sue
caratteristiche chimicoͲfisiche e microbiologiche e da
numerosifattoriambientali,risultaevidentechequalsiasi
azione o agrotecnica ingrado di alterare tali fattori può
incidere sulla disponibilità di solfato con conseguenti
perdite produttive, riduzione della NUE e maggior
suscettibilitàastressdidiversanatura.Lacapacitàdella
pianta di sfruttare al massimo le disponibilità di zolfo è
definita dalla sua SUE che a sua volta dipende dalla
capacità metabolica (SAC: Sulfate Assimilation Capacity)
di indirizzare il solfato assorbito verso l’assimilazione.
Genotipi ad elevata SAC garantirebbero a parità di
solfatoneisuoliunamigliorcapacitàdicrescita,unaNUE
miglioreeprobabilmenteunamaggiortolleranzaastress
abiotici e biotici. Tutto ciò per la coltura potrebbe
significare una minor necessità di fertilizzanti e di
trattamenti con presidi fitosanitari. Infine, nel caso del
frumento tenero, poiché l’attitudine panificatoria delle
farine dipende fortemente dal contenuto in proteine di
riserva del seme ricche in cisteina, una migliore SAC
potrebbe potenzialmente garantire, oltre ad una NUE
migliore(Salvagiottietal,2009),unamigliorqualitàdelle
produzioniaparitàdiinterventitecnicisullacoltura.
Oltre all’azoto e allo zolfo, anche il fosforo rappresenta
un macronutriente essenziale per tutti gli organismi
viventi. Negli ecosistemi agricoli il bilancio del fosforo è
determinato dal prelievo dovuto alla raccolta della
biomassavegetaleprodottaedallasuareintroduzionein
forma organica attraverso l’uso di reflui zootecnici o in
forma inorganica apportata con i fertilizzanti fosfatici.
Diversamente dai ruminati, che possono utilizzare la
fitina grazie all’attività delle fitasi prodotte dai
microrganismi del rumine, gli animali monogastrici non
sonoingradodidisporredelfosforoedeicationifitinici
presentineisemi,alpuntodinecessitareintegrazionidi
fosforo libero e micronutrienti nella loro dieta (BrinchͲ
Pedersenetal.,2007).E’notochelanutrizionedianimali
nonͲruminanticonmangimiabasedisemidicerealiedi
oleaginose, causa l’escrezione di una considerevole
quantità di fosforo immagazzinato nell’acido fitico
(myoinositoloͲ1,2,3,4,5,6Ͳesafosfato) che, non essendo
digerito,finisceneirefluie,diconseguenza,nelsuolo.Il
destino della fitina non digerita presente nei reflui
provenienti dagli allevamenti suinicoli costituisce un
importante problema ambientale. Infatti, la fitina
distribuitaalsuoloconirefluisubiscel’attaccoidrolitico
dei microrganismi ed il fosfato così liberato tende ad
accumularsi nel suolo per poi raggiungere, attraverso
fenomeni di erosione, le acque superficiali,
determinandone l’eutrofizzazione. In tale contesto, la
riduzione del tenore in fitina o la sua completa
eliminazionedallecariossididimaisutilizzatenelladieta
disuinieavicolirappresentanoobiettiviprioritariperle
attività di breeding. Attualmente, diversi programmi di
miglioramento genetico stanno indirizzando i loro sforzi
verso la produzione di linee e varietà di mais a ridotto
contenutoinfitina(lpa,lowphyticacid)maconunbuon
contenuto in fosfato libero prontamente assimilabile
(Raboyetal.2000;Piluetal.,2003;Lorenzetal.,2008),
allo scopo di migliorare le qualità nutrizionali dei
mangimi prodotti, riducendo contemporaneamente
l’impattodeirefluisullecaratteristichechimichedeisuoli
esullaqualitàdelleacquesuperficiali.Tuttavia,imutanti
lpasinoraisolatimanifestanoalcunieffettinegativiquali
unaridottavigoriadigerminazioneedunabassaresa
(Doria et al., 2009). Appare quindi molte interessante
agire con tecniche di miglioramento genetico per
l’attenuazione degli effetti negativi causati dalle
mutazionilpa(Piluetal.,2005).Questorisultato,ancora
daconseguire,èintuibilmentedigrandeinteressepoiché
comporterebbeladefinizionedigenotipicompetitividal
punto di vista produttivo ed in grado di attenuare i
problemi legati ad eccessivi input di fosforo in aree
critiche dal punto di vista ecologico a causa di un’alta
densità di allevamenti. In una logica di agricoltura
sostenibileassumeunvaloreimportanteancheilrilancio
delle rotazioni colturali molto poco praticate
nell’agricoltura intensiva. Infatti, la tecnica della
rotazione è un importante metodo per migliorare la
fertilità dei suoli (l’uso di leguminose come Medicago
sativainrotazioneconcerealiautunnoͲverniniconsente
l’aggiuntadiazotosimbioticoalsuolo)epercontrastare
l’insediamentonegliarealicolturalidiorganisminocividi
diverso tipo (malerbe, fitopatogeni) il cui controllo
richiederebbe l’utilizzo massiccio di presidi fitosanitari.
Alcune leguminose foraggere come ad esempio
Medicago truncatula rilasciano nella rizosfera una fitasi
extracellulare in grado di idrolizzare il fosfato dall’acido
fitico. La presenza extracellulare di fitasi rende
disponibileperlanutrizionedellapiantaunafrazionedi
fosforo che normalmente non lo sarebbe. In caso di
condizioni che limitano l’attività fitasica dei
microrganismi del suolo, la disponibilità di piante in
grado di estrudere fitasi in rizosfera potrebbe essere
interessante in una logica di riduzione degli input di
fosforo inorganico al suolo. Inoltre, in aree in cui i suoli
sono sottoposti a massicce distribuzioni di reflui
zootecnici,lapresenzadicoltureingradodiidrolizzaree
prontamente assorbire il fosforo fitico potrebbe essere
utileperridurrel’entitàdellaidrolisibattericaequindiil
rischiodiaccumulodisurplusdifosforonelleacque(Pant
etal.,2004).
Sempre nell’ambito delle interazioni suoloͲpiantaͲ
microrganismi,studirecentihannomessoinevidenza
l’esistenzadinumerosissimespeciemicrobicheefungine
ingradodimigliorarelatolleranzaaglistressnellepiante
ediaumentarelalororesistenzaallemalattie,nonchédi
favorire la disponibilità e l’assorbimento dei nutrienti
(MercadoͲBlancoeBakker,2007;Yangetal.2009;Berg,
2009). Batteri promotori della crescita vegetale (PGPB,
PlantGrowthPromotingBacteria)sonoassociatiamolte
specie e sono comunemente presenti in ambienti
geograficamente e climaticamente diversi. I rizobatteri
conattivitàdipromozionedellecrescitavegetale(PGPR,
PlantGrowthPromotingRhizobacteria),checolonizzano
la superficie delle radici e lo strato di suolo rizosferico
immediatamente aderente le radici, sono il gruppo
batterico maggiormente studiato. Alcune classi di PGPR
sonoingradodipenetrarenelleradiciedidareoriginea
popolazioni endofitiche permanenti, che colonizzano il
sistemavascolaredandoluogoadunrapportosimbiotico
con la pianta ospite (Ryan et al., 2008). Esistono
indicazionisemprepiùchiarechel’effettopositivodei
PGPR sulla crescita delle pianta si realizzi attraverso la
loro capacità di favorire l’assorbimento idrico ed il
trasferimento di nutrienti. In altri termini alcuni PGPR
svolgono un’azione biofertilizzante fornendo alla pianta
nutrientiqualiazoto,ferroefosfatisolubili,unitamentea
sostanze ad attività ormonale. L’azione si realizza sia
attraverso la produzione ed il rilascio di esoenzimi in
grado di aumentare in rizosfera la concentrazione delle
frazioni biodisponibili di alcuni nutrienti minerali, sia
attraverso il rilascio di esopolisaccaridi che migliorano
l’aggregazione delle particelle del suolo e regolano il
contenuto idrico della rizosfera, condizioni queste che
favorisconoladiffusionedeinutrientiversolaradice.La
selezionedispecificiceppimicrobiciodiloroparticolari
associazioni potrebbe costituire un interessante
presupposto alla costituzione di biofertilizzanti in grado
dipromuoverelacrescitadellecoltureriducendol’entità
degli apporti di fertilizzante necessari. Nel caso delle
colture di mais e riso della pianura lombarda questa
possibilità non è stata ancora valutata, e potrebbe
assumere invece un interesse non trascurabile in una
logicadiagricolturadilowͲinput.
Bisogna inoltre considerare che i concimi minerali
vengono apportati in quantità importanti anche in
contesti nei quali l’azoto applicato con i reflui potrebbe
giàesseresufficienteacolmarelenecessitàdellecolture.
Questo accade perché il contributo dei reflui zootecnici
alla nutrizione azotata delle piante è difficile da
prevedere, sia in termini compositivi, sia in termini
dinamici. Di conseguenza, anche a causa del costo
relativamente contenuto, i concimi minerali sono stati
considerati fino a pochi anni fa un’assicurazione contro
possibilicaliproduttivi(Schröderetal.,2000).
Ora però il quadro sta gradualmente cambiando, per
motivi sia normativi sia economici. La difficoltà di stima
del contributo della fertilità dei reflui zootecnici alla
nutrizioneazotataèdovutaadueordinidiproblemi.
Un primo problema è costituito dal fatto che i reflui
zootecnici presentano concentrazioni di azoto
estremamente variabili, a causa principalmente della
variabilità delle razioni alimentari e del tipo di
asportazioneestoccaggiodeirefluistessi(Marinoetal.,
2008;MartínezͲSulleretal.,2008).Unsecondoproblema
è quello relativo alla difficoltà di prevedere con che
velocità i reflui zootecnici rendono disponibile l’azoto in
forma assimilabile per le piante. L’azoto in essi
contenuto,infatti,èpresenteinformemoltodiverse(sia
ammoniacale, sia organico a diverso grado di
degradabilità)(vanKesseletal.,2000),chesubisconoun
destino complesso dopo l’incorporamento del refluo al
terrenoagrario(Sørensen,2004).Irefluipossonoinfatti
generare mineralizzazione netta o immobilizzazione
netta di azoto in funzione della presenza di carboidrati
solubili e del rapporto C/N della componente organica
(Sørensen et al., 2003). Inoltre, la variabilità
meteorologicaètaledarendereparticolarmenteincerta
ognistimaeffettuatanelcorsodellastagionedicrescita.
Inognicaso,granpartedell’effettofertilizzantedei
liquami nella stagione colturale successiva alla
distribuzione è dovuto alla componente ammoniacale
(Bechini e Marino, 2009), mentre quella organica si
mineralizza lentamente ed esplica quindi un effetto
fertilizzante molto più graduale nel tempo. Il contributo
della fertilità residua dovuta a liquamazioni effettuate
negli anni precedenti, quindi, può essere
quantitativamente importante ma al tempo stesso è
estremamente difficile da prevedere (Schröder et al.,
2005). Le soluzioni per evitare di utilizzare in eccesso i
concimi minerali sono attualmente costituite da misure,
da effettuarsi in momenti specifici del ciclo colturale,
relative al suolo o alla coltura, che possono essere
confrontate con opportune soglie di sufficienza, e che
quindi possono indicare, in corso di coltivazione, la
necessità o meno di procedere ad un’integrazione
minerale della dose di azoto già applicata in presemina
conilrefluozootecnico(Magdoff,1991;Schröderetal.,
2000; Tremblay, 2009). Tali misure possono essere
affiancate dall’uso di parcelle “spia” (non concimate o
concimate in modo eccessivo), utili per fissare dei
riferimenti. Altri strumenti diagnostici molto importanti
sono i modelli di simulazione, che consentono di
prevedere la mineralizzazione dell’azoto dei reflui e
quindi di fornire indicazioni sulla quantità di azoto
presente nel suolo in forma assimilabile per le colture
(Beraudetal.,2005;Gilmour,2009).
Tuttavia, la letteratura ha dimostrato che non è ancora
stato messo a punto un indicatore diagnostico
impiegabile singolarmente in modo universale, e che
quelli più usati richiedono comunque una calibrazione
locale.L’individuazionediunindicatoresintetico,basato
sulla combinazione di altri indicatori e dei risultati della
simulazione potrebbe fornire una risposta adeguata alla
problematica e consentire una concimazione azotata
adeguata alla disponibilità in campo permettendo una
riduzione delle emissioni e un risparmio nell’uso di
fertilizzanti.
Se è quindi noto che negli attuali agroecosistemi gli
allevamentiintensivigeneranoenormivolumidieffluenti
che costituiscono una fonte di elementi nutritivi, in
particolare azoto, fosforo e potassio (NPK),
economicamente rilevante e valorizzabile in ambiti
agronomici, tale utilizzo deve essere adeguato rispetto
alle caratteristichedei suolie ai fabbisogni dellecolture
praticate, per evitare eccessi di nutrienti i grado di
generare inquinamento. Negli ultimi anni l’aspetto
ambientalelegatoall’utilizzodeglieffluentizootecniciha
assunto sempre maggiore importanza ed è stato
affrontatoancheinterminilegislativilimitando,appunto,
laquantitàmassimadirefluidistribuibili(Provolo,2005).
D’altra parte, come prima riportato, una delle maggiori
limitazioniall’utilizzoefficientedeiliquamiinagricoltura
è l’elevata variabilità del contenuto in elementi
fertilizzanti dei reflui in funzione della gestione
dell’allevamento (Provolo, 2001). Quindi, per consentire
agli agricoltori di utilizzare i liquami in modo efficiente,
oltreallosviluppodiindicatoridiagnosticiasupporto
della concimazione azotata, è necessario fornire un
mezzosempliceerapidoperstimareilcontenutoinNPK
dei liquami prima della distribuzione in campo, in
accordo con il Codice di Buona Pratica Agricola
(Ministero per le Politiche Agricole, 1999). A questo
scopo, sono stati creati modelli (Carton et al., 1997)
capacidieffettuareunastimadelcontenutoinnutrienti
delle deiezioni zootecniche. Purtroppo, l’elevata
variabilità nella composizione dei liquami rende difficile
l’usoditalimodelliinmanierageneralizzata.D’altrolato,
negliultimiannisonoapparsisulmercatodiversimetodi
che, misurando caratteristiche chimicoͲfisiche dei reflui
zootecnici, sono in grado di offrire una stima del loro
potere fertilizzante (Smith et al., 1993; Sullivan et al.,
1997).Questestrumentazionisibasanosullecorrelazioni
fraalcunideglielementifertilizzantideiliquamiealcune
delle loro proprietà chimicoͲfisiche. Questi metodi,
purtroppo,nonsemprepermettonodieffettuaremisure
“in situ” ed ottenere i risultati direttamente, giacché
lavorano su diluizioni o hanno bisogno di reattivi. Altro
grossoproblemaèladifficoltàdiprelevareuncampione
rappresentativo dovuto alla grande eterogeneità dei
reflui.Un’alternativaaquestimetodisibasasullamisura
di proprietà elettriche dei liquami e in particolare della
conduttività elettrica (EC) per realizzare una stima del
poterefertilizzantedeglieffluentid’allevamento(Stevens
etal.,1995;Bellotti,1997;Scotfordetal.,1998,Provolo
et al., 2007, Suresh et al., 2009). Un’altra interessante
tecnologiaèlaspettroscopiaNIR(Millmier etal.,2000).
Lacombinazionedimetodidicalcolocheconsentonodi
stimareilcontenutodinutrientidirettamentenellavasca
di stoccaggio sulla base delle modalità di gestione
dell’allevamento e sensori per la misura indiretta basati
su diverse tecnologie (EC, NIR, ioni selettivi) potrebbe
fornireunarispostainnovativaemodularealleesigenze,
semprepiùpressantianchedalpuntodivistanormativo,
diunaattentagestionedeglieffluentialmomentodella
distribuzioneincampo.
Perquantoattieneinfineglispettidellafertilitàdelsuolo
in un’ottica di lungo periodo, e quindi di reale
sostenibilità dell’attuale sistema agricolo, un ruolo
fondamentaledeveesserericonosciutoallacomponente
organica, quale elemento trasversale in grado cioè di
influenzagliaspettichimici,fisiciebiologicidelsuolo.Le
proprietà fisiche del suolo (porosità, drenaggio,
ritenzione idrica, resistenza all’erosione), chimiche
(reazione, contenuto e disponibilità di nutrienti, in
primis)ebiologiche,nonchétutteleattivitàenzimatiche
che presiedono ai principali cicli biogeochimici del
terreno, vengono infatti influenzate dalla componente
organica in esso presente (Juma, 1993; Hudson, 1994;
Ellert e Bettany, 1995) e, soprattutto nei suoli agrari
sottoposti ad elevata pressione antropica ed agricoltura
intensiva, risultano fondamentali per il mantenimento
dellafertilità(Reeves,1997).Lafertilitàdeiterreni,cioè
la capacità di ospitare, nutrire e promuovere la crescita
delle piante è infatti strettamente correlata al
contenutodisostanzaorganicaedall’attivitàbiologicain
essapresente(Johnston,1986).Inparticolarelacapacità
delsuolodiinteragireconl’ecosistemapermantenerela
produttività biologica, la qualità ambientale e
promuoverelasaluteanimaleevegetale,contribuiscea
definire la così detta qualità dei suoli (Doran e Parkin,
1994).Traiparametriutiliadefinirelaqualitàdiunsuolo
la componente organica viene ritenuta da numerosi
autori l’indicatore più adatto, correlandosi, essa, con
molti aspetti della produttività di un agroecosistema e
con la sua sostenibilità (Larson and Pierce, 1991; Sikora
etal.,1996;Stuczynskietal.,1997).Negliultimidecenni,
acausadell’affermazioneprepotentedellaconcimazione
minerale, dei drastici mutamenti degli ordinamenti
colturali(eccessivasemplificazionedegliavvicendamenti)
e delle pratiche agronomiche (allevamento intensivo
separato dalla terra), sono stati trascurati tutti quegli
aspetticheriguardanogliapportidisostanzaorganicaal
suolo, perseguendo come unico obbiettivo, la
massimizzazione della produzione. E’ noto che la
diminuzione del tenore di sostanza organica,
conseguentealparzialereintegrodeiresiduicolturalieal
mancato uso di ammendanti, può portare a gravi danni
di carattere ambientale, nonché ad una diminuzione
della quantità e qualità dei prodotti agricoli ottenibili
(Johnston,1986).Ilprimopassoversounariduzionedegli
input negli agroͲecosistemi passa, necessariamente,
attraverso il recupero di sostanza organica nei suoli. Si
stima infatti che l’incremento del 50% di sostanza
organica in un suolo agrario che presenta un contenuto
dell’1%, comporterebbe un aumento del 39.6% di
carbonio microbico (attività biologica), del 40% della
capacità di scambio cationico, e del 23 %, 57.4 % e del
29.5%delcontenutodiazoto,fosforoassimilabilee
potassio scambiabile. Tali vantaggi difficilmente si
possono raggiungere, a basso costo, con altre
metodologie,sianoesseditipobiologicooagrotecnico.
ImeccanismichecontrollanolastabilizzazionedellaSoil
Organic Matter (SOM), possono essere definiti come il
risultato della combinazione di tre processi: i) la
protezionefisica,cioèl’occlusioneinaggregatiepiccoli
porichedeterminaunaminoreaccessibilitàeunascarsa
superficie d’attacco microbica; ii) la protezione chimica,
in particolare l’interazione con la frazione organoͲ
minerale del suolo; iii) la protezione biochimica, nello
specifico la “recalcitranza” intesa come “low
accessibility” ovvero l’elevata resistenza all’idrolisi
chimica e biologica intrinseca a talune componenti
organiche(Mikkutaetal.,2006;Helfrichetal.,2007).E’
evidente,quindi,cheparlaredisistemiagricoliadelevata
sostenibilità ambientale non può prescindere dallo
studio della qualità dei suoli nel suo complesso e, per
quanto sopra riportato, degli aspetti quantiͲqualitativi
della sostanza organica. Infatti, se da un lato tutte le
ricerche indirizzate al miglioramento dell’uso da parte
dellapiantadeinutrientisonodasostenersi,dall’altroè
abbastanza controverso ottenere un vantaggio,
vanificato,poi,dalladiminuzionediefficienzadovutaalla
perditadisostanzaorganicaalsuolo.
Lapossibilitàdimettereapuntounindicesinteticosulla
qualità della sostanza organica e una prima
caratterizzazionedeisuolidipianuralombardidaquesto
punto di vista può costituire un primo fondamentale
passoperl’attuazionediunprogrammadiincrementoe
mantenimento della sostanza organica dei suoli,
consentendo di identificare come prioritari quelli più
depauperati.
OBIETTIVI
L’approccio multidisciplinare adottato nel presente
studio, e finalizzato ad individuare sistemi idonei alla
gestione e al mantenimento della fertilità, nonché
strategie per la selezione di piante ad elevata efficienza
d’uso dei nutrienti, si è posto, in sintesi, gli obiettivi di
seguitoriportati.
x Sviluppare indicatori e identificare geni utili per la
costituzione e/o selezione di nuovi genotipi di mais,
utilizzabili nelle aree cerealicole lombarde,
caratterizzate da una più elevata efficienza d’uso
dell’azoto.
x Valutare,inproveparcellari,l’effettodidiversiinput
azotati e solfatici sulla produzione di granella in
frumento tenero e sulla qualità panificatoria delle
farineottenute.
x Caratterizzare la variabilità esistente nelle principali
varietà di riso adottate in Italia per il carattere
efficienza d’uso del nitrato, anche in funzione della
possibileintroduzioneditecnicheatteagarantireun
minorconsumodiacquairrigua.
x Studiare l’abbondanza e la diversità delle comunità
microbiche coinvolte nel ciclo dell’azoto, associate
allarizosferadipianterisoemaissottoposteadiversi
regimi nutrizionali, allo scopo di valutare il loro
specifico contributo nel ciclo dell’azoto e nel
determinarel’efficienzad’usodelnutrienteinalcune
speciediinteresseagrario,infunzionedelletecniche
agronomicheegestionaliadottate.
x Selezionare microrganismi adatti a stabilire simbiosi
conleradicidellepiantedimaiserisoedingradodi
favorire l’assorbimento idrico ed il trasferimento di
nutrienti, allo scopo di sviluppare futuri approcci di
biofertilizzazione.
x Caratterizzare la variabilità esistente nelle principali
varietà di riso adottate negli ambienti Italiani per il
carattere efficienza d’uso dello zolfo, allo scopo di
selezionaregenotipiingradodivalorizzarelerisorse
di zolfodisponibili nel suolo,anche in funzione delle
tecnichedigestionedell’acqua.
x Valutare la variabilità esistente in frumento tenero
per gli effetti della concimazione solfatica sulla
qualitàdellefarineottenute.
x Valutare l’impiego di granella di mais a basso
contenuto in fitina per la produzione di mangimi
specifici per animali monogastrici (polli e/o suini),
nonché selezionare nuovi materiali idonei allo scopo
daiscriverealregistrovarietale.
x Valutarel’effettodellapresenzadidifferentivarianti
alleliche del gene PHY1 (codificante una fitasi
extracellulare) sulla capacità delle piante di rendere
disponibile il fosforo fitico presente nei suoli per
l’assorbimento radicale, all’interno di logiche mirate
alla riduzione degli input di fosforo inorganico al
suolo.
x Definire un indicatore diagnostico a supporto della
concimazione azotata in copertura al mais nelle
aziendezootecniche.
x Fornire un sistema che attraverso il monitoraggio
gestionale e la messa a punto di una sensoristica
adeguata consenta di conoscere le caratteristiche
deglieffluentialmomentodelladistribuzione.
x Effettuare un monitoraggio dei suoli lombardi, in
funzione del differente utilizzo agronomico e delle
loro principali proprietà chimicoͲfisiche, con
particolareriguardoallacomponenteorganica.
x Studiare, alla luce di recenti teorie, i meccanismi di
conservazione del carbonio organico mediante
tecniche di frazionamento chimico, nonché valutare
le dinamiche della conservazione della sostanza
organica in base alla tessitura, agli ammendanti
impiegati e all'utilizzo del suolo stesso, allo scopo di
definire quali pratiche e politiche debbano essere
sviluppateinfuturoperpoterriportareisuoliaquei
livellidifertilitàequalitàchecostituisconoilprincipio
diunasostenibilitàdell’usodeglistessi.
I.EFFICIENZAD’USODELL’AZOTOINMAIS–CRAͲMAC(Responsabile:HansHartings)
ATTIVITÀSVOLTEEMETODOLOGIEUTILIZZATE
Nelle aree antropizzate l’azoto immesso nell’ambiente
deriva principalmente dai reflui civili e dalle attività di
fertilizzazione delle colture. Lo sviluppo di efficienti
sistemi di depurazione ha progressivamente ridotto le
immissioni di azoto derivanti dai reflui civili,
diversamentedaquantoèavvenutoinagricolturadoveil
ricorsoallafertilizzazioneazotatahacontribuitoacreare
alcuniproblemidisostenibilità.Inparticolare,lanecessita
diaumentareleproduzioniagricoleperettaro,l’adozione
dipianteesigentiinterminidiazoto(qualiadesempioil
mais, spesso seminato su terreni poco idonei alla sua
coltivazione),l’abbandonodellerotazionielanecessitàdi
smaltire i reflui zootecnici, hanno generato una forte
pressionesull’agroͲecosistema.
Considerando queste premesse, appare evidente che il
settoreagricolodovràaffrontareneiprossimiannialcune
sfide importanti tra le quali quella di soddisfare la
domanda globale di prodotti alimentari, riducendo nel
contempo la pressione sull’ambiente, le richieste
energetiche e l’impiego di mezzi tecnici, attraverso lo
sviluppo di biotecnologie e agrotecniche in grado di
mitigare l’impatto ambientale e proteggere gli habitat
naturalielabiodiversità,salvaguardandolaredditivitàdel
settore.
Per studiare i processi alla base dell’assorbimento
dell’azoto da parte delle piante, è stato creato un
ambientecontrollatoperpotercrescereplantuledimais
a concentrazioni predeterminate di azoto. In questo
modo è stato possibile individuare la concentrazione
minimadiazotonecessariaperunacorrettacrescitadelle
plantule. A questa concentrazione, le plantule mostrano
comunque uno sviluppo rallentato e delle differenze
morfologicheevidenti,rispettoallepiantecresciutesenza
alcuna limitazione di azoto. Nella Figura 1 è possibile
osservare che l’aspetto della pianta cambia
sostanzialmentealvariaredelladisponibilitàdiazotonel
mezzodicrescita.
Inparticolare,sipuònotarecomelosviluppodellaparte
aerea dellapianta varicon la quantitàdi azoto presente
nelterreno.Èevidentechenonsoloconcentrazionibasse
di azoto ma anche concentrazioni troppo elevate, anche
se in forma meno evidente, rallentano lo sviluppo della
pianta. Lo sviluppo dell’apparato radicale segue un
andamento diverso con un’estensione inversamente
proporzionata alla concentrazione di azoto disponibile
perlapianta.
Allo scopo di identificare e studiare i geni coinvolti nelle
risposte della pianta a concentrazioni variabili di azoto,
sonostateprodottedueseriediplantule:laprimaserieè
stata mantenuta in condizione di bassa concentrazione
d’azoto, mentre la seconda serie è stata cresciuta in
presenzadiunaaltaconcentrazionediazoto.
Percampionareastadifisiologisimilieconsiderandoche
leplantuleevidenziavanounavelocitàdicrescitavariabile
in base alla concentrazione di azoto somministrato,
diverseseriedipianteadelevataconcentrazionediazoto
sono state prodotte nell’arco di alcuni giorni,
permettendo, in questo modo, di eseguire i
campionamenti allo stesso stadio fisiologico nella stessa
giornata.
Figura1.Effettodidiversedisponibilitàdiazotosullacrescitadi
plantuledimais(dasinistraadestraconcentrazionicrescentidi
azoto).
All’emersione completa della quarta foglia, una parte
delle piante mantenute in condizioni di bassa
concentrazione d’azoto è stata trasferita su un terreno
con elevata concentrazione di azoto. Sono stati
campionati gli apparati radicali delle piante così trattate
dopo un’ora (TI1) e dopo sei ore (TI6) d’incubazione.
Contemporaneamente sono state campionate le radici
delle piante mantenute a bassa concentrazione d’azoto
(TL1 Ͳ dopo1 ora; TH6 Ͳ dopo 6 ore). I campioni prelevati
sono stati usati per l’estrazione di mRNA che,
successivamente, è stato usato per la preparazione di
sonde molecolari per l’ibridazione di microarray
Affymetrix.
Le piante sottoposte a ciascun trattamento sono state
suddivise in tre batch indipendenti, che hanno, quindi,
dato origine a tre ibridazioni indipendenti. I dati
microarray sono stati sottoposti ad analisi statistica
mediante l’utilizzo del software FlexArray ver. 16.1.1.
Sono stati considerati validi i confronti con valore di P <
0.01eunrapportotraisegnalicontrollo–testsuperiore
a2(logFC<Ͳ1ologFC>1).
Aquestoproposito,èstatapreparataunaseriedimRNA
estratti dalle radici di piantine cresciute a bassa
concentrazione d’azoto ed indotte con azoto più alte
dotazionid’azotoatempiscalari(0min;30min;1ora;2
ore;4ore;6ore;12oree24ore).Unaserieanalogadi
mRNAestrattidalleradicidipiantinemantenuteabassa
concentrazioned’azotoecampionateaglistessiintervalli,
èstatausatacomecontrollo.Utilizzandoquesteseriedi
mRNA, l’analisi RTͲPCR condotta con primer disegnati
sulle sequenze individuate tramite SEA ha permesso di
attribuire un profilo d’espressione a ognuna delle
sequenzescelte.
L’espressione delle stesse sequenze geniche è stata,
inoltre,monitoratainunaseriedilineedimais,coltivate
in pieno campo. Sono stati analizzati sia ibridi
commerciali di diversa origine, sia linee pure di recente
costituzione. Per queste analisi sono stati prelevati dei
campionidall’apparatoradicaledellepianteedallaparte
dellostoccoadiacenteall’apparatoradicale.Perciascuna
accessione, sono stati campionati tessuti a partire da
cinque piante, permettendo un’analisi statistica dei
risultatid’espressione.
RISULTATIOTTENUTI
Il confronto TI1 – TL1 ha evidenziato la presenza di 1292
sequenze con aumentata espressione a una
concentrazionediazotopiùelevatae1342sequenzecon
unaespressioneridotta.Viceversa,ilconfrontoTI6–TL6
ha mostrato 1577 sequenze con un incremento
d’espressione e 1211 sequenze con una diminuita
espressione dopo induzione. I dati ottenuti sono stati
analizzatimedianteilprotocolloSEA(SingularEnrichment
Analysis),
presente
al
sito
agriGO
(bioinfo.cau.edu.cn/agriGO/analysis.php), permettendo
di individuare diversi arricchimenti significativi dei
termini GO. In questo modo sono stati individuati
numerosi elementi appartenenti alle principali vie
biosintetiche. Sono sembrate di particolare interesse
alcune delle vie biosintetiche appartenenti alla
gluconeogenesi, alle vie biosintetiche degli amminoacidi
e dei composti aromatici ed alle vie del metabolismo
dell’azoto(Figura2).
Diversi membri di queste vie biosintetiche sono stati
selezionatiperstudidiespressionemedianteRTͲPCR.
Figura 2. Tre vie biosintetiche (visualizzate parzialmente) le cui componenti hanno evidenziato un cambiamento nel profilo di
espressionedopoinduzioneconazotoperun’ora.
RICADUTEOPERATIVEECONCLUSIONI
Lapresenzadipatterngenici,identificabiliattraversouno
screeningprecoce,elacostituzionediprimeringradodi
analizzareillivellod’espressionedidiversigenicoinvolti
nellarispostadellapiantaalvariaredeilivellidiazoto,
potrebbe permettere una selezione mirata di linee di
maispiùefficacinell’utilizzodell’azoto.Infine,imarcatori
individuati potranno essere usati in ricerche future per
stabilire una correlazione tra l’espressione genica e
efficienza d’uso dell’azoto, utilizzando un ampio
campionedivarietàelineedimais.
II. EFFETTO DELLA CONCIMAZIONE AZOTATA E SOLFATICA SULLA QUANTITÀ E QUALITÀ DELLE
RESEINFRUMENTOTENERO–CRAͲSVC(Responsabile:MaurizioPerenzin)
ATTIVITÀSVOLTEEMETODOLOGIEUTILIZZATE
mediante un criterio temporale (anno di costituzione,
introduzione in coltura o diffusione) integrato con
La coltivazione intensiva dei cereali, adottata in questi caratteristicheproduttiveequalitative.
ultimidecenni,èstrettamentelegataall’utilizzodigrandi quantitàdifertilizzantiazotati,cherivestonounagrande Proveparcellari
importanza per l’incremento delle produzioni in termini Al fine di valutare gli effetti dei due elementi minerali,
quantitativi e qualitativi. Tuttavia, il ricorso ad elevate azoto (N) e zolfo (S), si è provveduto ad allestire due
quantità di concimi azotati ha creato negli ultimi anni provedicampo,condotteneglianni2011/12e2012/13,
diversi ordini di problemi, in quanto: a) il costo nei terreni dell’azienda Belfuggito sita in S. Angelo
energetico per la loro produzione è estremamente alto; Lodigiano (LO), impiegando un disegno sperimentale a
b) ha contribuito a determinare l’inquinamento delle blocchi randomizzati con tre repliche (parcella
acquedisuperficieedifalda;c)lanormativarelativaalla elementare 10 m2). Ognuna delle due prove prevedeva:
“direttiva nitrati” ha imposto limiti severi relativamente a) 3 varietà di frumento tenero appartenenti a tre
diverse classi qualitative: Bologna (frumento di forza),
allequantitàdiazotoutilizzabilinelleareevulnerabili.
Nelcasodelfrumentotenero,l’individuazionedigenotipi Blasco(frumentopanificabilesuperiore),Illico(frumento
ad elevata capacità di assorbimento dell’azoto assume panificabile); b) 4 livelli di concimazione azotata: 0, 80,
unaimportanzaparticolaresiaperl’elevaterichiestedel 160e240kgNhaͲ1 ;c)3livellidiconcimazioneabasedi
nutriente che la specie manifesta, sia perché questo zolfo:0,30e60kgShaͲ1.
carattere è fortemente legato alla qualità panificatoria In fase di accestimento le due prove sono state
delle farine. In questi ultimi anni ha assunto una concimate con metà della dose di N prevista e con la
importanza sempre maggiore anche l’efficienza d’uso dose di 30 kg haͲ1 di S utilizzando il concime liquido
dello zolfo in quanto questo elemento esercita ruoli Azos300(Yara;57%S,15%N).Allostadiodifinelevataè
essenziali nella fisiologia della pianta. Una sua carenza stata effettuata la seconda concimazione con N e, dove
può determinare, ad esempio, una diminuzione previstodalprotocollo,conS.
dell’efficienzadell’usodell’azotoounadiminuzionedella Le date nelle quali sono stati effettuati i principali
capacitàdellapiantadiresistereastressbioticieabiotici. interventiagronomicisonoriportatenellaTabella1.
L’obiettivo principale di questa attività è stato quello di valutare, in prove parcellari di pieno campo, l’effetto di Provagenotipi
diversi input azotati e solfatici sulla produzione di Quarantagenotipisceltiinbaseall’epocadicostituzione
granella in frumento tenero e sulla qualità panificatoria o di diffusione in coltura sono stati seminati in parcelle
delle farine ottenute. E’ stata inoltre valutata la costituite da sei file di 1 m di lunghezza, secondo uno
variabilità esistente in Triticum aestivum per gli effetti schema sperimentale a blocchi randomizzati con due
della concimazione solfatica, mediante l’utilizzo di 40 replicazioni.
genotipidifrumentoteneroappartenentiallabancadel Non è stato previsto l’apporto di diverse dosi di N, ma
germoplasma disponibile presso CRAͲSCV e selezionati solo la concimazione azotata aziendale frazionata (1/3
ooo
00
Tabella1.Schedaagronomicadeicampiprova
Provaparcellare
Provaparcellare
Provagenotipi
2011/12
2012/13
2011/12
Tessituradelterreno
medioimpasto
medioimpasto
medioimpasto
tendentesabbioso
tendentesabbioso
Colturaprecedente
maisdatrinciato
maisdatrinciato
maisdatrinciato
Datadisemina
10/11/2011
20/11/2012
20/11/2011
Datedistribuzioneazoto
06/03/2012
27/03/2013
14/03/2012
28/04/2012
02/05/2013
21/03/2012
17/04/2013
22/03/2012
27/04/2012
09/05/2013
27/04/2012
17/07/2012
19/07/2013
28/07/2012
Datedistribuzionezolfo
Datadiraccolta
alla semina, 1/3 ad inizio accestimento e 1/3 in levata, La primavera è stata fresca, con temperature medie
per un totale di 120 unità haͲ1 di N). Lo zolfo è stato intornoai20°Cdurantelaspigaturaemaisoprai30°C
distribuito ad inizio accestimento (30 kg haͲ1) e, dove durante la fase di riempimento delle cariossidi. Per
previsto dal protocollo sperimentale, allo stadio di fine quanto riguarda le precipitazioni, si sono registrate
levata(30kghaͲ1).
quotidianamente pioggia o neve dall’inizio di novembre
finoallaprimadecadedigiugno.Ilcomputototaledella
Andamentometeo
pioggia caduta in tale periodo è stato di oltre il doppio
L’andamento climatico relativo al primo anno di rispetto allo stesso periodo del primo anno.
valutazione, durante la stagione autunnale, è risultato Relativamente alle fitopatie non si sono registrati
favorevoleperleoperazionidisemina.Ilclimainvernale attacchi di oidio, mentre sono stati di media intensità
èrisultatoparticolarmenterigidoesonostatiriscontrati, quelli di septoriosi e fusariosi della spiga. La ruggine
specialmente nella prima decade di febbraio, valori di brunasièpresentataabbastanzatardivamenteenonha
temperatura estremamente bassi. Le precipitazioni arrecatodannisignificativi.
nevose hanno comunque protetto la coltura dagli abbassamenti termici. Queste condizioni climatiche, che
RISULTATIOTTENUTI
hanno caratterizzato la dormienza vegetativa, sono perdurateperquasituttoilmesedifebbraio.Alrisveglio Proveparcellari
vegetativo, le abbondanti piogge primaverili, Nelle Tabelle 2 e 3 sono riportati i principali risultati
accompagnatedall’aumentogradualedelletemperature, agronomici relativi ai fattori “dose N” e “dose S” per i
hanno sostenuto lo sviluppo delle piante, le quali non due anni di prova. Dall’analisi della varianza (dati non
hanno mostrato infezioni tangibili da parte di agenti presentati), per il primo anno, effetti significativi per i
fungini. La maggiore frequenza delle precipitazioni in due fattori sono stati riscontrati solamente per il peso
corrispondenzadeimesidimaggioegiugnohacausato, ettolitrico; nel secondo anno, invece, l’azoto ha
in alcuni casi, l’insorgenza tardiva di alcune malattie evidenziato effetti significativi per tutti i caratteri
crittogamiche, quali fusariosi della spiga e septoriosi. agronomici presi in considerazione mentre lo zolfo ha
Tuttavia, l’entità degli apporti idrici naturali ha avuto effetti significativi sui caratteri produzione di
determinato un aumento delle produzioni unitarie e granella, peso ettolitrico e data di spigatura. Interazioni
dellaqualitàmerceologicadelprodottoallaraccolta,con significative tra i due elementi sono state evidenziate
valoritalvoltasuperioriallamedia.
solamente nel primo anno per i caratteri data di
L’andamento climatico che ha accompagnato il ciclo spigatura,altezzapiantaedannidaseptoria.
colturaledelfrumentonelsecondoannodiprovaèstato Nel 2011/12 (Tabella 2) la produzione media è risultata
caratterizzato da temperature invernali miti e da decisamente buona (7,68 t haͲ1). La produzione di
precipitazioniabbondanti.
granella era incrementata, come atteso, dall’aumento
Durante l’inverno la media settimanale della della disponibilità di N (passando da 6,98 t haͲ1 per la
temperatura minima non è mai scesa sotto i Ͳ2 °C, con dose 0 a 8,09 t haͲ1 per la dose 240), ma veniva
puntediͲ6°Cnellaprimadecadedidicembre.
penalizzatadalladosepiùelevatadiS.
Tabella2.Effettidellaconcimazioneazotataesolfaticasulleprincipalicaratteristicheagronomiche.Idatisiriferiscono
allacampagnaagraria2011/12.
Azoto
Zolfo
Produzione
Peso
Data
Altezza
Septoria
granella
ettolitrico
spigatura
pianta
(thaͲ1)
(kghLͲ1)
(ggda1/4) (cm)
(0Ͳ9)
0
6,98
77,3
36
84
3,2
80
7,81
78,5
35
85
3,1
160
7,84
77,3
36
86
3,1
240
8,09
76,9
36
86
3,4
DMS
1,27
0,8
1
3
0,5
(P0.05)
0
7,58
77,1
36
85
3,3
30
7,91
77,4
36
85
3,1
60
7,55
78,0
36
85
3,2
DMS
0,59
0,8
0
2
0,2
(P0.05)
Media
7,68
77,5
36
85
3,2
CV
7,3
1,2
1,7
3,5
15,3
Tabella3.Effettidellaconcimazioneazotataesolfaticasulleprincipalicaratteristicheagronomiche.Idatisiriferiscono
allacampagnaagraria2012/13
Azoto
Zolfo
Produzione
Peso
Data
Altezza
Septoria
granella
ettolitrico
spigatura
pianta
(thaͲ1)
(kghLͲ1)
(ggda1/4) (cm)
(0Ͳ9)
0
3,27
79,6
49
61
6,6
80
5,09
79,3
47
70
6,3
160
5,90
78,5
48
72
6,0
240
6,41
77,5
48
74
5,8
DMS
0,39
0,8
1
2
0,3
(P0.05)
0
5,31
79,3
47
70
6,1
30
5,32
78,5
49
69
6,1
60
4,88
78,4
48
69
6,3
DMS
0,26
0,6
1
2
0,2
(P0.05)
Media
5,17
78,7
48
69
6,2
CV
10,6
1,1
2,4
4,9
5,2
Questo andamento risultava evidente anche (tenacità/estensibilità), che diminuiva gradualmente da
nell’interazione con le singole dosi di N e con le singole 0,99 (N0) a 0,57 (N240): tale variazione era imputabile
varietà(datinonpresentati).
essenzialmenteall’aumentodell’estensibilità(L),mentre
Nel secondo anno (Tabella 3) la resa media è risultata la tenacità (P) non subiva variazioni. Sul parametro P/L
decisamentepiùbassa(5,17thaͲ1)conundecrementodi sono state altresì registrate interazioni tra i due tipi di
ben 2,51 t haͲ1 rispetto all’anno precedente. Evidenti concimazione, sebbene non sia possibile evidenziare un
risultavano anche gli effetti della concimazione azotata chiarotrend(Figura1B).
con produzioni che variavano da 3,27 t haͲ1 per la dose Laconcimazioneazotataavevaunforteeffettoanchesul
N0 a 6,41 t haͲ1 per la dose N240. Anche in questa parametro W, che rappresenta la forza della farina, che
seconda prova si confermava la tendenza delle dosi cresceva progressivamente al crescere della dose di
elevatediSaridurreilivelliproduttivi.Ilpesoettolitrico azoto. Lo zolfo, nella dose massima (S60) produceva un
era invece diminuito da dosi elevate sia di N sia di S. aumentodelparametro,moltoevidentesoprattuttoalla
L’andamentodeiprincipaliparametriqualitativirelativial dosediN80(Figura1C).
primoannodiproveèriassuntonellaTabella4,mentre I parametri farinografici erano positivamente influenzati
le interazioni tra le due tipologie di concimazione sono dalla concimazione azotata, con il generale aumento
riportate,peralcunicaratteri,nellefiguresuccessive.
della stabilità e la conseguente proporzionale riduzione
Ilparametrohardness(Tabella4),ovveroladurezzadella dellacadutapassandodaltrattamentoN0altrattamento
cariosside, appariva fortemente influenzato dalla N240; la concimazione a base di zolfo determinava la
concimazione azotata: già a basse dosi (N80), infatti, stessa tendenza, anche se con variazioni molto più
l’indice di durezza medio si attestava sui valori dei contenute. L’assorbimento idrico degli impasti
frumentiditipohard.Levariazionidell’hardnessdovute aumentavadiduepuntipercentualigiàconladoseN80
allozolfoeranoinvecetrascurabili.
per poi mantenersi invariato alle dosi superiori; in
Il contenuto proteico delle farine, come ben noto, è assenza della concimazione azotata (N0) si evidenziava
risultato strettamente dipendente dall’apporto azotato: un forte contributo dello zolfo nella dose di 60 unità
ladosemassima(N240)nehaprodottounincrementodi sull’assorbimentoidricodegliimpasti(Figura2A).
quasi quattro punti percentuali (Tabella 4 e Figura 1A). Rimangonodaverificaresulraccoltodelsecondoannodi
Gli effetti dello zolfo su tale parametro erano invece prove le interazioni delle concimazioni solfatiche sulle
modesti e solo in assenza di concimazione azotata (N0) dosiN160eN240.
l’apportodizolfoallamassimadoseS60sembravaessere Nelleprovedipanificazione,iparametrimigliorisisono
determinante(Figura1A).
registrati con la concimazione azotata N160, mentre lo
L’andamento del volume di sedimentazione in SDS in zolfodipersénonhaprodottovariazionisostanziali.Le
funzione della concimazione azotata risultava in linea, interazioni risultavano piùmarcate per il volume, anche
come atteso,con quello precedentemente descritto per se I risultati necessitano una ulteriore validazione sul
il contenuto proteico; in questo caso tuttavia, la dose raccoltodelsecondoanno(Figura2B,C).
N160 sembrava sufficiente a raggiungere la massima performancequalitativa(Tabella4).
Provagenotipi
Per quanto riguarda i parametri alveografici, si Per questo studio è stata utilizzata una collezione
riscontravaunforteeffettodell’azotosulrapportoP/L costituitada40lineedifrumentoteneroarbitrariamente
Stabilità
(mm)
3,6
11,6
16,2
18,9
11,8
12,2
13,7
12,6
Caduta
(UB)
93
31
20
5
43
37
32
37
Assorbimento
(%)
54,5
56,7
56,7
56,7
56,3
55,7
56,5
56,2
Farinografo
Figura1.Effettidellaconcimazioneazotataesolfaticasulcontenutoproteicodellefarine(A),esuiparametrialveograficiP/L(B)eW(C).
Tabella4.Effettidellaconcimazioneazotataesolfaticasulleprincipalicaratteristichequalitative.
Azoto Zolfo
Hardness
Volumedi
Proteine
Alveografo
sedimentazione
farina
inSDS
P
P/L
W
(indice)
(mL)
(%ss)
(mm)
(J10Ͳ4)
0
57(medium) 59
9,5
65
0,99
163
80
72(hard)
73
11,9
69
0,72
237
160
71(hard)
77
12,8
69
0,60
270
240
71(hard)
76
13,1
68
0,57
280
0
67(medium) 71
11,7
68
0,74
236
30
68(medium) 71
11,7
67
0,75
224
60
70(medium) 73
12,1
69
0,67
253
Media 68(medium) 71
11,8
68
0,72
238
Volume
(cc)
627
712
732
726
705
688
704
699
Altezza
(mm)
87
95
97
86
94
93
87
91
Pane
Figura3.Effettidellaconcimazionesolfaticasullaproduzione(A),sulcontenutoinproteine(B)esulvolumedisedimentazioneinSDS(C).Irisultatisiriferisconoadunaprovacondottasu40linee
difrumentoteneroarbitrariamentesuddivisein9gruppi.
Figura2.Effettidellaconcimazioneazotataesolfaticasull’assorbimentoidricodegliimpasti(A),esulvolume(B)el’altezza(C)deiprodottiottenutinelleprovedipanificazione.
suddivise in 9 gruppi. I gruppi 1/2 comprendevano le
popolazioni locali (gruppo 1) e alcune linee da esse
selezionate (gruppo 2); i gruppi 3 e 4 riunivano le linee
costituite nei primi tre decenni del XX secolo (materiali
sviluppati da Nazzareno Strampelli); i restanti gruppi
comprendevano varietà costituite in epoche successive,
anni ‘40/’50 (gruppo 5), anni ‘60/’70 (gruppo 6), anni
‘70/’80 (gruppo 7), anni ‘80/’00 (gruppo 8) e anni
successivial2000(gruppo9).
Come già evidenziato per le prove parcellari, anche in
questo caso lo zolfo ha influito negativamente sui livelli
produttivi, con decrementi significativi in corrispondenza
delladosepiùelevata(Figura3A).
Relativamente al contenuto proteico (Figura 3B),
indipendentemente dalla dose di S, risultava evidente,
come già ampiamente riportato in letteratura, un suo
decrementoprogressivoapartiredallevarietàpiùantiche
(gruppi 1/2) fino alle più recenti (gruppo 9), con una
riduzionedicircaduepuntipercentuali.Inognigruppo,ad
eccezione del gruppo 3, all’aumentare della dose di S il
contenutoproteicorisultavapiùelevatorispettoalladose
S0.
Il volume di sedimentazione in SDS (Figura 3C), che
rappresenta un indice della qualità del glutine, ha
mostrato un andamento tra i gruppi opposto rispetto a
quello del contenuto proteico: i gruppi 1/2 e 3 infatti,
nonostante avessero mostrato il contenuto proteico più
elevato, hanno fatto registrare, indipendentemente dalla
dosediS,unvolumebasso,quindiunaqualitàdelglutine
scarsarispettoallevarietàpiùrecenti.
Anche questo dato è in accordo con i dati presenti in
letteratura e con nostre precedenti esperienze, e viene
spiegato con la selezione, durante il percorso del
miglioramento genetico, di genotipi con subunità
gluteniniche e gliadiniche (i componenti principali del
glutine) in grado di conferire al glutine, grazie alla
peculiare struttura molecolare, una maggiore qualità. Il
volume di sedimentazione non sembrava però essere
influenzatodallaconcimazioneabasedizolfo.
RICADUTEOPERATIVEECONCLUSIONI
Alla luce dei primi risultati ottenuti dalla
sperimentazione agronomica sulla concimazione del
frumento, si può evidenziare che: a) l’azoto influisce
positivamente sui livelli produttivi mentre lo zolfo,
distribuito a dosi elevate, tende a deprimerli; b) il peso
ettolitrico è influenzato negativamente da dosi elevate
sia di azoto che di zolfo; c) i principali parametri
qualitativi e tecnologici sono positivamente influenzati
dall’azotomaanchedallozolfo,seppureinmodomeno
eclatante. Tali risultati andranno comunque confermati
conleanalisisulmaterialederivantedalsecondoannodi
prove.
Si ritiene tuttavia necessaria l’impostazione di ulteriori
sperimentazioni, in particolare ripetute in ambienti con
caratteristiche pedoclimatiche differenti, al fine di
definire in maniera precisa l’interazione tra l’apporto di
azotoel’apportodizolfosullecaratteristichequalitative
etecnologichedellefarinedifrumentotenero.
III.EFFICIENZAD’USODELL’AZOTOINRISO–UNIMI(Responsabile:AntonioFerrante)
ATTIVITÀSVOLTEEMETODOLOGIEUTILIZZATE
Lostudioèstatocondottosu12varietàdiriso(Arborio,
Baldo, Balilla, Carnaroli, Centauro, Gange, Gladio, Loto,
Roma, Selenio, Sirio e Vialone) scelte fra le più
rappresentativepergliambientirisicoliitalianialloscopo
di ottenere informazioni sulla loro capacità di
utilizzazione del nitrato quando allevate in condizioni di
diversa disponibilità di ossigeno nel mezzo di crescita,
ovvero in situazioni simulanti i terreni di coltivazione in
asciutta e in sommersione. A tale scopo le piante sono
state coltivate in idroponica adottando: i) una soluzione
nutritiva standard mantenuta costantemente aerata per
simulare le condizioni di coltivazione in asciutta; ii) una
soluzione definita “stagnante”, addizionata con agar
0,1% ed in grado di mantenere condizioni ipossiche,
tipiche dei terreni sommersi, a livello degli apparati
radicali. Le piante sono state allevate nelle suddette
condizioni per 4 settimane, per poi essere campionate
separandoleradicidalleporzioniaeree.
L’azoto totale delle radici e dei germogli è stato
determinato per mezzo di un analizzatore elementare,
mentre il contenuto in nitrato è stato dosato con il
metodo dell’acido salicilͲsolforico. Su campioni ritenuti
rappresentativi si è provveduto a dosare anche l’attività
della nitrato reduttasi (NR), un enzima chiave
dell’assimilazionedelnitratonellepiante.
RISULTATIOTTENUTI
L’efficienza d’uso del nitrato, intesa come capacità di
assimilazione, è stata determinata, nelle 12 varietà
analizzate, per mezzo del rapporto nitrato/azoto totale
(NO3Ͳ/Ntot)checaratterizzavasileradicisiaigermogli.
I risultati hanno evidenziato un accumulo di nitrato
nettamente più alto nelle piante ipossiche rispetto a
quellenormossiche,sianellaradicisianellaparteaerea.
Il più elevato contenuto di nitrato nel germoglio è stato
rilevato nella varietà Vialone, con 53 ђmol gͲ1 PF e 37
ђmol gͲ1 PF rispettivamente nelle condizioni di
allevamento in soluzione stagnante ed in soluzione
aerata. Nel gruppo con valori più alti, dopo Vialone, si
ritrovano Carnaroli, Gladio, Arborio e Loto, con 40Ͳ45
ђmol gͲ1 PF (soluzione stagnante) e 18Ͳ25 ђmol gͲ1 PF
(soluzioneareata).Leconcentrazionipiùbassesonostate
riscontrate nelle varietà Baldo, con 25 ђmol gͲ1 PF
(seppureconun’ampiavariabilità)e21ђmolgͲ1PF,ein
Centauro, con 26 ђmol gͲ1 PF e 20 ђmol gͲ1 PF,
rispettivamente nella soluzione stagnante e nella
soluzioneossigenata(Figura1).
La capacità di accumulare nitrato nelle radici non
sembrava essere relazionabile a quella descritta per le
porzioniaereenellediversevarietà(Figura2).Lacapacità
di accumulo dei due organi è infatti risultata diversa e
variabiledavarietàavarietà,indicandochelepiante
Figura1.Concentrazionedinitratoneigermoglidipiantediriso
allevateinsoluzioniaerateestagnanti.Ivaloririportatisonole
medieconlerelativedeviazionistandard(n=4).
potrebbero differire per le loro caratteristiche di
distribuzione interna del nitrato. Si può inoltre notare
(Figura 2) come solo due varietà, Sirio e Carnaroli, non
abbiano mostrato differenze significative nella
concentrazionedinitratonelleduecondizionidicrescita.
Figura2.Concentrazionedinitratoneigermoglidipiantediriso
allevateinsoluzioniaerateestagnanti.Ivaloririportatisonole
medieconlerelativedeviazionistandard(n=4).
Considerando il rapporto NO3Ͳ/Ntot, adottato in questo
studiocomeindicedell’efficienzad’usodelnitrato,sipuò
affermare che tutte le varietà allevate in condizioni non
limitanti di ossigeno hanno mostrato un’efficienza più
elevata (rapporto più basso). Le varietà Baldo, Gange,
Sirio, Centauro e Selenio mostravano di essere le più
efficienti. Baldo e Gange non mostravano differenze di
efficienzanelleduecondizionidiallevamento.Levarietà
menoefficientisonorisultateCarnaroli,Vialone,Arborio
eLoto(Figura3).
L’efficienzad’usodelnitratonelleradicièrisultataessere
inferiorerispettoaquellamisurataneiigermogli(Figura
4). Analogamente a quanto descritto per le porzioni
aeree l’efficienza risultava inferiore nelle condizioni di
allevamentoinsoluzionestagnante.Ancheinquestocaso
la distribuzione delle varietà in funzione dell’efficienza
d’usodifferivaparzialmenterispettoaquelladescritta
B
A
Ͳ
Figura. 3. Rapporto NO3 /Ntot in germogli (A) e radici (B) di 12 varietà di riso allevate in soluzioni aerate e stagnanti. I valori
riportatisonolemedieconlerelativedeviazionistandard(n=4).
conriferimentoalleporzioniaeree.
Glistudisull’assimilazionedelnitratosonostaticondotti,
misurando l’attività della nitrato reduttasi, su 4 varietà
(Carnaroli, Centauro, Selenio e Vialone) che hanno
mostrato un comportamento estremo in termini di
efficienzad’usodelnitrato(Figura4).
In tre varietà, Carnaroli, Centauro e Selenio, l’attività
dellaNRneigermoglièrisultatapiùelevatanellepiante
coltivateincondizioni stagnanti(da2a5voltepiùalta);
nella varietà Vialone, invece, non si osservavano
differenzesignificativetraleduecondizioni.
RICADUTEOPERATIVEECONCLUSIONI
IrisultatiottenutiindicanocheilrapportoNO3Ͳ/Ntotèun
ottimoindiceperpotereindividuarelevarietàchehanno
una migliora efficienza d’uso del nitrato. In generale, le
piante allevate in condizioni di ossigeno non limitante,
ossia in condizioni simulanti l’asciutta, hanno
un’efficienza d’uso del nitrato maggiore. In queste
condizioni la varietà con un più alto valore di efficienza
d’uso del nitrato era Selenio, mentre in condizioni di
anossialemiglioriprestazionisisonoregistrateperSirio,
Selenio e Loto. In conclusione è possibile affermare che
le condizioni di ipossia inducono un maggiore accumulo
di nitrato e una minore efficienza d’uso. In
areata/asciutta si ottengono risultati diametralmente
opposti.Ciononostantelepianteallevatenellasoluzione
stagnate hanno uno sviluppo e una colorazione delle
foglie migliore. Ulteriori studi sull’espressione dei geni
codificanti per gli enzimi coinvolti nell’organicazione del
Figura 4. Attività della nitrato reduttasica nei germogli di 4
varietà di riso. I valori riportati sono le medie con le relative nitratosonoattualmenteincorsoperdelucidarequesto
comportamento.
deviazionistandard(n=4).
IV. MONITORAGGIO DELLE POPOLAZIONI MICROBICHE COINVOLTE NEL CICLO DELL’AZOTO E
SELEZIONE DI COLTURE BATTERICHE CON ATTIVITÀ BIOFERTILIZZANTE – UNIMI (Responsabile:
DanieleDaffonchio)
ATTIVITÀSVOLTEEMETODOLOGIEUTILIZZATE
Nel luglio 2012 si è provveduto al campionamento di
piante di mais e riso sottoposte a diverse pratiche
agricole. Nello specifico, presso l’Ente Risi di Mortara
sono state campionate due varietà di riso (Baldo e
Gladio)coltivateinasciutta(ovveroirrigazioneturnata)o
in sommersione e, contemporaneamente, sottoposte o
meno a concimazione azotata, secondo lo schema
riportatoinTabella1,peruntotaledi8tesi.
Nelcasodelmaissonostateprelevatepiantesottoposte
o meno a concimazione azotata ed entrambe
regolarmenteirrigatepressoicampidelCRAdiBergamo,
peruntotaledi2tesi(Tabella1).
Perognitesisonostateprelevate3piante,trasportatein
condizioni refrigerate in laboratorio. Entro 24 ore dal
campionamento perciascuna pianta la frazione di suolo
rizosferico aderente l’apparato radicale (R) è stata
separatadalleradici,dallequalièstatasuccessivamente
ricavata, previa sterilizzazione superficiale, la frazione
endofita (E) costituita dalla microflora che colonizza i
tessutiinternidellapianta.Lefrazionicosìsuddivisesono
stateconservatea4°CpergliisolamentieaͲ20°Cperle
analisimolecolari.
Monitoraggiodellepopolazionimicrobichecoinvoltenel
ciclodell’azoto
Icampionirizosfericiottenutidallepiantedimaise riso
sono stati utilizzati per lo studio delle comunità
batteriche ad esse associate, con particolare interesse
perlecomunitàbatterichecoinvoltenelciclodell’azoto.
Per studiare la comunità batterica è stato utilizzato un
approccio di ecologia microbica molecolare in grado di
descriverelastrutturaelacomposizionedellacomunità
batterica totale senza le limitazioni imposte dalla
coltivazione. Il DNA totale è stato estratto da ciascuna
rizosferaedutilizzatocometemplatoperl’amplificazione
tramitePolymeraseChainReaction(PCR)diduespecifici
geni: i) il gene nifH codificante per una subunità della
nitrogenasi,enzimaessenzialeperlafissazionedell’azoto
atmosferico (Wakelin et al., 2007); ii) una porzione
specifica del gene 16S rRNA conservata all’interno della
classe dei Betaproteobatteri, batteri noti in letteratura
per la loro capacità di ossidare l’ammonio (Offre et al.,
2009). La struttura e la diversità delle comunità
microbiche sono state descritte applicando tecniche di
PCR DNAͲfingerprinting (DGGE) con successiva analisi
statisticadeirisultati(PrincipalComponentAnalysis,PCA)
(Marascoetal.,2013).00
Selezione di colture batteriche con attività
biofertilizzante
Perlaselezionarecolturebattericheconattività
biofertilizzante si è proceduto all’isolamento di batteri
con attività deaminasica dell’acido 1Ͳaminociclopropano
carbossilico (ACCd) dalla frazioni endofita e rizosferica,
secondoilprotocollodescrittodaPenroseeGlick(2003).
Tale enzima è in grado di degradare l’ACC, immediato
precursore dell’etilene prodotto dalla pianta in
condizioni di stress (Glick et al., 2003). I batteri così
isolati sono stati quindi identificati tramite
sequenziamentodelgene16SrRNAesottopostiaduno
screening tramite saggi in vitro per valutarne le
potenzialitàdipromozionedellacrescitavegetale(PGP).
In particolare sono state valutate le attività PGP
correlate:i)adunmiglioramentodellostatonutrizionale
della pianta quali la solubilizzazione del fosfato
inorganico (Mehta e Nautiyal, 2001) e l’aumento della
biodisponibilità del ferro tramite rilascio di siderofori
(Schwyn e Neilands, 1987); ii) all’influenza diretta sul
bilancioormonaledellapiantatramitesintesidell’auxina
acido 3Ͳindolacetico, coinvolta nella proliferazione
radicale (Brick et al., 1991) e iii) per la sintesi di
esopolisaccaridi (Santaella et al., 2008) in grado di
favorirelacolonizzazioneradicaleetratteneremolecole
d’acquaneidintornidellaradicegrazieallaformazionedi
unbiofilmidrofilico.Sullabasedelnumeroedelprofilo
di attività PGP di ciascun ceppo, un ristretto numero di
isolati è stato selezionato e saggiato in microcosmo su
piante di mais per validarne l’attività biofertilizzante in
vivo.
RISULTATIOTTENUTI
Analisi della comunità microbica coinvolta nel ciclo
dell’azoto:batteriazotofissatorieammonioossidanti
Lostudiocondottosullecomunitàbattericheassociateal
sistema radicale di piante di riso e mais ha permesso di
acquisire informazioni più complete sui microrganismi
coinvolti nel ciclo dell’azoto. In particolare sono state
analizzatelepopolazionicoinvolteinduefasidistintedel
ciclo dell’azoto che hanno forti ripercussioni,
rispettivamente,sullaproduttivitàagricolaelaperditadi
concimazione azotata, quali la fissazione dell’azoto e
l’ossidazionedell’ammonio(Bernhard,2012).
L’analisi statistica PCA condotta sui profili di bande
ottenuti da DGGEͲfingerprinting (Figura 1A e C) mostra
comelastrutturadellecomunitàdiazotrofeassociatealla
rizosfera di mais e di riso della varietà Gladio risultino
influenzate, rispettivamente, dal sito (parcella di
provenienza) e dalle pratiche irrigue (Figura 1D e G). Al
contrario, il microbioma azoto fissatore associato alla
rizosfera di riso Baldo risulta influenzato dalle pratiche
irrigue, in particolare si riscontra una struttura
significativamentediversadatuttelealtrenelcasodelle
rizosferedipiantecresciuteinasciuttaenonsottoposte
Tabella1.Elencodelmaterialevegetalecampionatoripartitosullabasedelletecnichecolturaliutilizzatedurantela
crescitarisoemais.
Pianteanalizzate
Praticheagricoleapplicate
Crescitainasciutta
Crescitainsommersione
Riso(Gladio)
+N
ͲN
+N
ͲN
Riso(Baldo)
+N
ͲN
+N
ͲN
Mais
Irrigazioneregolare
+N
ͲN
aconcimazioneazotata(Figura1BeE).
Per quanto riguarda le comunità batteriche ammonio
ossidanti (AOB), nella rizosfera di mais trattato con
diversa fertilizzazione azotata non si distinguono
significativamente tra loro, dimostrando come l’apporto
azotato non influisca nel determinarne la struttura
(Figura 2A e D). Al contrario, nel caso del riso della
varietà Baldo la comunità AOB, analogamente a quanto
osservato per gli azoto fissatori, risulta fortemente
influenzata dalle pratiche irrigue: le comunità si
distinguonoinbaseallapraticacolturaleinsommersione
o in asciutta, con un debole effetto dovuto alle
concimazioni azotate (Figura 2B e E). Anche nel caso
della rizosfera del riso della varietà Gladio le pratiche
irriguehannounamaggiorinfluenzasullacomunitàAOB,
edinparticolarelacombinazionedicrescitainasciuttae
senza concimazione modella una comunità microbica
AOBpeculiare(Figura2CeF).
Isolamentodibattericonpotenzialebiofertilizzante
Una collezione di 379 isolati batterici con attività ACC
deaminasica è stata ottenuta dalla frazione endofita e
rizosfericadipiantedimaiseriso.L’identificazionedegli
isolatieladistribuzionedeitaxahannoevidenziatocome
intutteeduelecoltureanalizzatelacomunitàrizosferica
sia caratterizzata da una maggior diversità filogenetica
rispetto alla frazione endofita. La comunità endofita
coltivabile del riso è risultata costituita da batteri dei
generi Enterobacter e Bacillus mentre la comunità
dell’endosferadimaispresentavaunmaggiornumerodi
generitracuiEnterobacter,Burkholderia,Pseudomonas,
Azomonas e Stenotrophomonas. Le frazioni rizosferiche
delleduecolturesonorisultatecomposteprincipalmente
da batteri appartenenti alla famiglia delle
Enterobacteriaceae, con la dominanza dei generi
EnterobactereKlebsiella(Figura3).
Una collezione di 379 isolati batterici con attività ACC
deaminasica è stata ottenuta dalla frazione endofita e
rizosfericadipiantedimaiseriso.L’identificazionedegli
isolatieladistribuzionedeitaxahannoevidenziatocome
intutteeduelecoltureanalizzatelacomunitàrizosferica
siacaratterizzatadaunamaggiordiversitàfilogenetica
rispetto alla frazione endofita. La comunità endofita
coltivabile del riso è risultata costituita da batteri dei
generi Enterobacter e Bacillus mentre la comunità
dell’endosferadimaispresentavaunmaggiornumerodi
generitracuiEnterobacter,Burkholderia,Pseudomonas,
Azomonas e Stenotrophomonas. Le frazioni rizosferiche
delleduecolturesonorisultatecomposteprincipalmente
da batteri appartenenti alla famiglia delle
Enterobacteriaceae, con la dominanza dei generi
EnterobactereKlebsiella(Figura3).
IrisultatiottenutidaitestinvitrosonoriportatiinFigura
4 e mostrano come in entrambi i modelli vegetali i
batteriendofitipresentanounnumeromaggiorediceppi
conattivitàPGP(72,7%)rispettoairizobatteri(58%).Per
quanto riguarda la distribuzione delle attività si nota
comelacapacitàdisintetizzareauxinesiapresenteinun
numero significativo di isolati batterici provenienti da
entrambelespecievegetalisaggiate(55,2%inrisoe80%
inmais).Alcontrario,lacapacitàdisolubilizzareifosfati
è più diffusa nella comunità microbica associata al mais
(84%deiceppi).Lecapacitàdiprodurreesopolisaccaridi
e siderofori coinvolti, rispettivamente, nella protezione
delle radici e nella biofertilizzazione del suolo, sono
ugualmente distribuite all’interno delle due comunità
analizzate(44,8%e51,7%inrisoe32%e40%inmais).
DieciisolaticonattivitàACCdselezionatidaitestinvitro
sonostatisaggiatiinvivopervalutarelalorocapacitànel
promuovere la crescita vegetale su piante di Zea mays
(mais). Questo test ha permesso di selezionare 5 ceppi
batterici che grazie alle loro attività biofertilizzanti sono
ingradodifavorirelacrescitavegetalemanifestandoun
aumentodibiomassaprodottadallapiantachevariadal
86% al 139%, rispetto al controllo non batterizzato
(Figura5).
RICADUTEOPERATIVEECONCLUSIONI
Esistonoindicazionisemprepiùchiareriguardantiilruolo
dei batteri, naturalmente associati alle piante,
nell’esercitare un effetto positivo sulla crescita delle
pianta stesse grazie alla loro capacità di favorire
l’assorbimentoediltrasferimentodinutrienti.Inaltri
Figura1.AnalisidellacomunitàbattericaazotoͲfissatrice.ProfiliDGGEdellacomunitàmicrobicaassociataapiantedimais(A),riso
Baldo(B)erisoGladio(C),soggetteallediversepratichecolturalianalizzate.AnalisiPCAdei“lineplotprofile”ottenutitramitela
conversionedeiprofilidibandediognicampionemediantel’utilizzodelsoftwareImageJ(D,EeF).
Figura2.AnalisidellacomunitàbattericaammonioͲossidante.ProfiliDGGEdellacomunitàmicrobicaassociataapiantedimais(A),
risoBaldo(B)erisoGladio(C),soggetteallediversepratichecolturalianalizzate.AnalisiPCAdei“lineplotprofile”ottenutitramite
laconversionedeiprofilidibandediognicampionemediantel’utilizzodelsoftwareImageJ(D,EeF).
Figura 3. Distribuzione filogenetica degli isolati. Percentuale di generi batterici all’interno delle frazioni (END, endofita; RIZ,
rizosferica)nellepiantedimaiserisoanalizzate.
Figura4.DistribuzionedelleattivitàPGPinrisoemais.E,endofiti;R,rizosfera;IAA,produzionediauxine;SolP,solubilizzazionedel
fosfatoinorganico,EPS,produzionediesopolisaccaridi;Sid,produzionedisiderofori.
Figura5.Valutazionedell’attivitàdipromozionedellacrescitainvivo.Incrementopercentualedellostelodipiantedimaisbatte
rizzatedopotresettimanedicrescitainserra.CN,controllonegativononbatterizzato.
termini questi batteri, classificati come batteri PGP
(PGPB),svolgonoun’azionebiofertilizzantefornendoalla
piantanutrientiinformabiodisponibilequaliazoto,ferro
efosfati,unitamenteasostanzeadattivitàormonale.Le
comunità microbiche del suolo hanno inoltre un ruolo
fondamentale nei cicli degli elementi e nelle
caratteristichenutrizionaliedifertilitàdelsuolostesso.Il
presente studio si è concentrato pertanto: i) sulle
popolazioni microbiche coinvolte nel ciclo dell’azoto, in
particolareresponsabilidellareazionediazotofissazione
che incrementa la quantità di azoto ammoniacale nel
suolo, e nella reazione di ammonio ossidazione che
ossidando questo nutriente a nitrito contribuisce alla
perditadiazotodalsuolo;ii)sullaselezionedibattericon
proprietà di promozione della crescita delle piante, che
potrebbero essere sfruttati nella formulazione di
biofertilizzanti in pratiche agricole sostenibili
contribuendoa ridurre l’utilizzo di fertilizzanti chimici. Il
rapporto tra rilascio e fissazione di azoto atmosferico è
un parametro fondamentale nella determinazione del
bilancio nutritivo del suolo. Al tempo stesso, ancora
pocheinformazionisonodisponibiliriguardoall’influenza
delle pratichedi fertilizzazione azotata sulla funzionalità
dellecomunitàmicrobichecoinvoltenelciclodell’azoto.
L’analisidellecomunitàmicrobicheassociateapiantedi
riso sottoposte a specifiche scelte agrotecniche e
varietalihapermessodivalutarequalidiquestesianoin
grado di influenzare il ciclo dell’azoto, minimizzando le
perdite di azoto sotto forma gassosa e quindi
contribuendo al miglioramento complessivo della NUE
(NitrogenUseEfficiency).
I risultati ottenuti da questo studio, condotti sull’intera
comunità microbica grazie all’utilizzo di tecniche
molecolari, mostrano come le pratiche agricole siano in
gradodi influenzare le popolazioni microbichecoinvolte
nel ciclo dell’azoto. È da sottolineare il fatto che
l’apportodifertilizzantinonrisultaessereunfattoreche
influenza significativamente la diversità microbica della
microflora del suolo. Al contrario, i dati mostrano come
parcellediversedisuolo,potenzialmentecaratterizzate
da microͲdifferenze nelle variabili ambientali e nella
composizionechimicaelepraticheirrigueesercitinouna
forteinfluenzasuquestecomunità.Perquantoriguarda
la selezione di specifici ceppi microbici capaci di
promuoverelacrescitavegetale,idatimostranocomele
piante di mais e riso, sottoposte o meno alla
concimazione azotata, presentino naturalmente una
fonte di batteri PGP. Gli isolati selezionati costituiscono
quindiuninteressantepresuppostoperlacostituzionedi
formulati biofertilizzanti in grado di promuovere la
crescitadellecolturecerealicoleriducendolarichiestadi
apporti di fertilizzante, necessari nell’ottica di
un’agricolturadilowͲinput.
I dati ottenuti mostrano come i) le pratiche colturali in
alcuni casi sono in grado di influenzare specifici gruppi
funzionali batterici aventi un ruolo importante nei
riguardi della fertilità del suolo, ii) l’apporto di
fertilizzanti non risulti essere il fattore che influisce
maggiormente sulla diversificazione della comunità
coinvolta nel ciclo dell’azoto, che appare invece
influenzata principalmente dalle tecniche irrigue per
quantoriguardailrisoedallamicrovariabilitàdelsuolo
per quanto riguarda il mais. L’analisi della comunità
coltivabile associata al sistema radicale di riso e mais
mostracomequestepiantesianoassociateabattericon
un interessante potenziale biofertilizzante. Infatti, le
attività PGP più diffuse tra gli isolati ottenuti
rappresentano alcuni dei meccanismi ritenuti
fondamentaliperlapromozionedellacrescitavegetale.
La produzione di IAA in particolare, un fitormone
appartenente al gruppo delle auxine, influenza
direttamente il bilancio ormonale della pianta,
stimolando in particolare lo sviluppo dell’apparato
radicale.Lasolubilizzazionedelfosfatoinoltregarantisce
lapresenzadifosforobiodisponibile,checostituisceuno
deifattorilimitantilosviluppodellapianta.Ilpotenziale
PGP osservato in vitro è stato confermato in vivo da 5
ceppi. I 5 ceppi risultano quindi promettenti inoculi
battericichepotrebberotrovareutilizzoperapplicazioni
biofertilizzantiincampo.
V.EFFICIENZAD’USODELLOZOLFOINRISO–UNIMI(Responsabile:FabioFrancescoNocito)
ATTIVITÀSVOLTEEMETODOLOGIEUTILIZZATE
12 varietà di riso (Arborio, Baldo, Balilla, Carnaroli,
Centauro, Gange, Gladio, Loto, Roma, Selenio, Sirio e
Vialone), selezionate fra quelle di maggior interesse per
gli ambienti risicoli italiani, sono state caratterizzate con
riferimentoalcarattere“efficienzad’usodellozolfo”.
Lostudioèstatocondottosupianteallevateincondizioni
controllate(fitotrone), in soluzioni idroponiche simulanti
le condizioni del suolo di risaia in asciutta (soluzione
aerata) e in sommersione (soluzione stagnate). Il primo
sistemadiallevamentoprevedel’utilizzodiunasoluzione
idroponica completa mantenuta aerata in modo da
simulare le condizioni di disponibilità di ossigeno che si
verificano nei suoli non sommersi; il secondo sistema,
invece, prevede l’utilizzo di una soluzione idroponica
stagnante (addizionata di agar allo 0,1%) in grado di
limitare la diffusione dei gas negli intorni delle radici e,
quindi,disimularelecondizionidiallevamentodelrisoin
sommersione. L’efficienza d’uso dello zolfo è stata
stimatasullabasedelrapportofralaconcentrazionedel
solfato e quella dello zolfo totale, sia nelle radici sia nei
germoglidellepiante.
RISULTATIOTTENUTI
Nella condizione di allevamento in soluzione stagnante
esiste una discreta variabilità per il carattere efficienza
d’usodellozolfoneigermoglidelle12varietàanalizzate.
La quantità di zolfo non assimilata variava infatti dal
70,6%inVialoneal92%inRoma(Figura1A).
L’allevamentoinsoluzioneaerata(passaggiodaipossiaa
normossia) comportava un aumento generalizzato della
percentuale di zolfo non assimilata nei germogli e,
pertanto,unariduzionedell’efficienzad’usodelnutriente
fattaeccezioneperlevarietàRoma,CarnarolieBalilla,
in cui non si osservavano variazioni significative del il
carattereinesame(Figura1A).Incondizioninormossiche
le varietà che presentavano una maggiore efficienza
erano Vialone, Balilla, Carnaroli, Gladio e Roma. I
comportamenti osservati nel passaggio da ipossia a
normossiaeranoprevalentementelegatiadunaumento
della concentrazione di solfato nei germogli (Figura 1B);
le variazioni nella quantità totale di zolfo presente nei
germogli risultavano infatti contenute e generalmente
nonsignificative(Figura1C).
Per quanto riguarda le radici, il passaggio da una
condizione ipossica ad una normossica comportava un
incremento significativo sia della concentrazione di
solfato (Figura 2A), sia della concentrazione di zolfo
totale (Figura 2B), risultando in un decremento della
quantitàdizolfoassimilata(Figura2C).
RICADUTEOPERATIVEECONCLUSIONI
Irisultatidiquestostudiohannoevidenziatol’esistenzadi
una discreta variabilità per il carattere efficienza d’uso
dellozolfoneigermoglidelle12varietàdirisoanalizzate.
L’efficienza d’uso in condizioni normali di coltivazione,
determinata sulla base del rapporto solfato/S totale,
variava infatti dal 70,6 al 92%, indicando che in tutte le
varietà analizzate la maggior parte dello zolfo che si
ritrovanelleporzioniaereedellepiantenonèassimilato.
In modo interessante, lo studio ha evidenziato come il
possibilepassaggiodelrisodaunsistemadiallevamento
in sommersione ad uno in asciutta possa determinare
un’ulteriore diminuzione dell’efficienza d’uso dello zolfo
e, pertanto, della capacità potenziale di adattamento
delle piante a condizioni di stress di tipo biotico e
abiotico.Ladiminuzionediefficienzad’usochesiosserva
in modo generalizzato nei germogli delle piante allevate
in condizioni normossiche potrebbe pertanto essere
legataadunaumentodellatraslocazionedisolfatodalle
radicialleporzioniaeree.
Figura2.Concentrazionedisolfato(A),zolfototale(B)edizolfoassimilato(C)inradicidipiantedirisoappartenentia12varietàallevateper30giorniinsoluzioniidroponichestagnanti(barre
nere)eaerate(barregrigie).Igraficiriportanoivalorimedi±SEottenutiindueesperimenticondottiintriplo(n=6).
Figura1.Efficienzad’usodellozolfo(A),concentrazionedisolfato(B)edizolfototale(C)ingermoglidipiantedirisoappartenentia12varietàallevateper30giorniinsoluzioniidroponiche
stagnanti(barrenere)eaerate(barregrigie).Igraficiriportanoivalorimedi±SEottenutiindueesperimenticondottiintriplo(n=6).
VI. APPROCCI ALLA RIDUZIONE DEGLI INPUT DI FOSFORO NEI SUOLI: Zea mays. – UNIMI
(Responsabile:RobertoPilu)
ATTIVITÀSVOLTEEMETODOLOGIEUTILIZZATE
La produzione di granella a basso contenuto di acido
fitico (low phitic acid, lpa) (Cichy e Raboy, 2008) o con
alti livelli di fitasi (BrinchͲPedersen et al., 2002) con
conseguenteaumentodellabioͲdisponibilitàdicationie
minerali, è considerato un importante traguardo
finalizzatoallaproduzionedisemiconqualitànutrizionali
migliorate, di grande interesse per i paesi in via di
sviluppo(Raboy,2009).
Nelle piante lpa, la riduzione di acido fitico è
strettamentelegataall’incrementoequivalentenelseme
di fosfato inorganico, così che il fosforo totale rimane
invariato. Come risultato, il fosforo disponibile per la
nutrizione animale ed umana risulta fortemente
incrementato. Numerosi studi condotti sugli animali
monogastrici hanno infatti mostrato come l’impiego di
mangimi a base di mais, orzo o soia lpa determini un
incremento dell’utilizzo del fosforo contenuto nel
mangime ed una contemporanea riduzione del fosforo
escreto,inrapportodirettoconladiminuzionedelfitato
e con l’incremento del fosforo non fitinico presente nei
semi(CichyeRaboy,2008).
Attualmente sono state isolate numerose mutazioni lpa
indiversespeciequalimais,frumentotenero,riso,orzo,
soia, fagiolo e Arabidopsis thaliana (Rasmussen e
Hatzack, 1998; Pilu et al., 2003; StevensonͲPaulik et al.,
2005;Guttierietal.,2006;Yuanetal.,2007;Campionet
al., 2009). Purtroppo la maggior parte dei mutanti lpa
oggi descritti nei cereali presenta alcune caratteristiche
indesideratechecompromettonoilivellidigerminazione
delle cariossidi e la loro maturazione, nonché la
resistenza agli stress delle piante (Pilu et al., 2005;
Guttierietal.,2006;Doriaetal.,2009).
Per quanto detto, il presente lavoro è stato
principalmentefinalizzatoallavalutazionediunpossibile
utilizzo del mais lpa nel campo della mangimistica ed
all’isolamento di nuove mutazioni lpa da utilizzare nel
breedingdelmais.
La produzione di semente ibrida lpa (lpa) e della
rispettiva semente di controllo (controllo/wt) da
utilizzare per la preparazione di mangimi ha richiesto
l’allestimento di campi di produzione condotti in
collaborazione con l’azienda Agricola 2000 S.c.p.A. In
Figura1Asonoriportatiglischemidiincrocioutilizzati.La
semente ottenuta è stata quindi impiegataper la per la
costituzione di 4 diversi mangimi (controllo/wt,
controllo/wt + P, lpa e lpa + P) che sono stati testati su
una popolazione di 144 galline ovaiole in un periodo di
45 giorni (Figura 1B). In Figura 1C è invece mostrata la
composizione delle 4 formulazioni dove la formulazione
wt + P è quella utilizzata normalmente in questi
allevamenti. La prova di alimentazione è stata svolta in
collaborazione con l’Azienda Agricola Barbante di
Mediglia.
Prima del loro utilizzo i 4 diversi formulati sono stati
analizzatipericontenutiinfosforototaleelibero(Figura
2).
L’isolamento di nuove mutazioni lpa in mais ha invece
previsto
la
caratterizzazione
di
popolazioni
mutagenizzate, alcune delle quali costituite in lavori
precedenti.
RISULTATIOTTENUTI
I risultati ottenuti nelle prove di alimentazione delle
galline ovaiole hanno mostrato che le4 diete formulate
non producevano variazioni significative del peso degli
animali(Figura3),nonchédelcontenutoinCa,P,FeeZn
Figura1.Schemadiincrocioperlaproduzionedellesementiibride(A)utilizzatesugallineovaiole(B)perlaformulazionedelle4
dietecontrollo/wt,wt+P,lpaelpa+P(C).
Figura 2. Quantità di fosforo totale (A) e libero (B) presente nei quattro mangimi proposti alle galline ovaiole durante la prova
sperimentale.Lebarrerappresentanoilimitifiducialial5%.
Figura3.Gallineovaioleutilizzateperleprovesperimentali(A);pesomediodellegallineovaiolevalutatoadall’inizio(barrabianca)
edaltermine(barragrigia)dellaprovadialimentazione(B).Lebarrerappresentanoilimitifiducialial5%.
Figura 4. Contenuto in calcio, fosforo, ferro e zinco delle ceneri ottenute dalle ossa delle galline ovaiole utilizzate nella prova di
alimentazione.Lebarrerappresentanoilimitifiducialial5%.
totale delle ossa (Figura 4) e non influenzavano il (Wt + P), comportava una riduzione significativa della
numerodi uova prodotte nel periodo di osservazione quantitàdifosforototalepresentenellapollinaprodotta
(Figura5).
dalle galline ovaiole durante la prova di alimentazione
(Figura6).
L’isolamento di nuove mutazioni lpa in mais ha invece
previsto la caratterizzazione di due popolazioni
mutagenizzate,ottenutepermutagenesichimica(EMS)e
traspositivaregionale,quest’ultimaattraversol’usodiun
elemento trasponibile Ac che mappava nelle vicinanze
dellocusLpa1/ZmMRP4(Figura7).
La mutagenesi regionale effettuata con l’elemento Ac,
ubicato sul braccio corto del cromosoma 1, ha portato
alla produzione di circa 5000 semi mutagenizzati che
sono stati saggiati per il contenuto di P libero tramite il
saggio di Chen, che permette di determinare
rapidamente il fenotipo lpa (Figura 8A). Le putative
mutazioni isolate sono in via di caratterizzazione con
l’ausilio di marcatori molecolari allele specifici (Figura
8B).
Per
quanto riguarda la mutagenesi chimica, l’utilizzo
mutagenizzante EMS ha portato
Figura5.Numerototalediuovaprodotteda36gallineovaiole dell’agente
in45giornidurantelaprovadialimentazione.
all’isolamento del mutante lpa1Ͳ7 (Figura 9) che
purtroppo è risultato essere inutilizzabile dal punto di
I risultati hanno inoltre evidenziato che l’adozione di vista del breeding per gli effetti pleiotropici negativi
mangimelpa,rispettoaquellodiformulazionestandard riguardantilecaratteristichedelseme.
Figura 6. Quantità di fosforo totale (A) e libero (B) presente nella pollina prodotta dalle galline ovaiole durante la prova di
alimentazione.Lebarrerappresentanoilimitifiducialial5%.
Figura7.Preparazionedellepopolazionimutagenizzateedisolamentodimutazioniinserzionaliallocuslpa1(A);posizionedimappa
delgenelpa1/ZmMRP4rispettoallaposizionedeltrasposoneAcutilizzatoperlamutagenesitraspositivaregionale.
Figura8.Approccisperimentaliutilizzatiperl’isolamentodiputativemutazioniallocusLpa1(A);saggiodiChenperilfosforolibero
edimpiegodelmarcatoremolecolarespecificoperl’isolamentodelgenotipolpa1Ͳ1/lpa1Ͳ1.
RICADUTEOPERATIVEECONCLUSIONI
I risultati ottenuti hanno permesso di dimostrare che
l’utilizzo di mais lpa potrebbe consentire, alle aziende
mangimistiche, di formulare mangimi, da utilizzare in
allevamenti di galline ovaiole, privi di fosfati in grado di
garantiremoltoprobabilmentelestesseperformance,in
particolare per quanto riguarda il numero di uova
prodotte,rispettoall’utilizzodeimangimiattualmentein
commercio. La pollina prodotta avrebbe inoltre una
minor quantità di fosforo, divenendo così di più facile
gestionedalpuntodivistaambientale.
L’isolamentodinuovemutazionieilsuccessivoutilizzodi
nuovi mutanti lpa nel campo della mangimistica
potrebbero ulteriormente migliorare i risultati ottenuti
nella prova di alimentazione con il mutante lpa1Ͳ1.
Figura9.Ripartizionedelfosforo(libero,fitinicoetotale)nelle Future ricerche dovranno sicuramente approfondire
farine farina ottenute da semi Wt e lpa1Ͳ7. Le barre questetematichealfinediconfermareirisultatiottenuti
rappresentanoilimitifiducialial5%.
sulaltrianimalid’allevamentomonogastrici.
VII.APPROCCIALLARIDUZIONEDEGLIINPUTDIFOSFORONEISUOLI:Medicagospp.–CRAͲFLC
(Responsabile:CarlaScotti)
ATTIVITÀSVOLTEEMETODOLOGIEUTILIZZATE
Ladistribuzionedirefluidaallevamentidibovinedalatte
su prati di erba medica (medicai in rotazione) è una
pratica agronomica diffusa nel sud della Lombardia
(province di Cremona, Mantova e, in misura minore,
Pavia e Lodi). In questi reflui zootecnici la presenza di
fosforo (P) in forma inorganica e organica costituisce,
insieme all’azoto (N), un input che si aggiunge alla
dotazione naturale del suolo e alla eventuale
concimazione minerale. La frazione di P organico dei
reflui, come del suolo, è costituita prevalentemente da
fitati, derivati dell’inositoloͲ6Ͳfosfato; questi composti
possono presentare mobilità diversa nel profilo del
terreno in dipendenza della tessitura, del pH e della
presenzadisostanzaorganica(QuiquampoixeMousain,
2003), ed essere dunque soggetti a fenomeni di
lisciviazione con potenziale impatto sulla falda freatica
(Toor et al., 2003). L’utilizzo da parte delle piante del
fitato richiede il distacco dei gruppi fosfatici per via
enzimatica (fitasi, fosfatasi) o attraverso processi di
mineralizzazione. Indagare la capacità di erba medica di
utilizzarelefontidiPpresentineglieffluentizootecnici,e
in particolare la frazione organica, consentirebbe di
migliorarel’efficienzacomplessivadell’usodeglieffluenti
econtrollarnel’impattoambientale.
In Italia, fino ai primi anni 2000, l’erba medica è stata
commercializzata e coltivata soprattutto come ecotipi,
cioè popolazioni locali evolutesi e adattatesi a specifici
ambientigeograficieagronomici(Rotilietal.,2000).Nel
presente studio abbiamo scelto due ecotipi di erba
medicadiversiperl’origineeilpotenzialeadattamento:
l’ecotipo Cremonese, proveniente da zone di
allevamento zootecnico intensivo da latte e l’ecotipo
Senese originario di zone a zootecnia estensiva
prevalentemente da carne. L’ipotesi alla base di questa
scelta era che i due ecotipi presentassero una diversa
capacità di utilizzare i nutrienti contenuti nei reflui
zootecnici, con particolare riferimento al fosforo
organico, in ragione della specifica pressione selettiva
dell’ambiente in cui si sono evoluti. Oltre ai caratteri
produttividellapiantaeallerelativeasportazionidiP,è
stata studiata la parte radicale (radici secondarie e
tubercoli azotoͲfissatori); infatti con i liquami vengono
apportatiingentiquantitatividiazotochedevonoessere
consideratiperilloropossibileeffettosullanodulazione
di erba medica da parte del simbionte Sinorhizobium
meliloti. Infine, è stato esaminato il percolato e il suo
contenuto nelle diverse forme di P per stimare il
potenziale di lisciviazione di questo elemento in
conseguenzadeitrattamenticonliquame.
Un possibile fattore discriminante nella capacità di
utilizzo del P organico e fitico in particolare da parte di
erbamedicaèstatoindividuatonellapresenzadiuna
particolare fitasi radicale. Questo enzima, identificato
nella specie modello Medicago truncatula (Xiao et al.,
2006) e codificato dal gene MtPHY1, è in grado di
idrolizzare il fosfato dell’acido fitico rendendolo
disponibileperlapianta.MtPHY1possiedeunasequenza
segnale per l’escrezione cellulare ed è quindi estruso
dalle radici nella rizosfera. Il gene di erba medica
ortologo a MtPHY1, e dunque verosimilmente con la
stessa funzione, è stato scelto come target molecolare
specificodellanostraanalisisullacapacitàdiutilizzodelP
organicodapartedeidueecotipi.
Dopo una prova preliminare, condotta nel 2012, che
prevedeva il semplice confronto tra un controllo e un
trattamento con liquame in presenza della stessa
concimazionefosfaticamineralenormalmenteusataper
erba medica, si è deciso di confrontare l’efficienza di
utilizzoditrediversefontidiP:oltrealliquame,cheha
costituito il riferimento per determinare i livelli dei
macroelementidaapportarenellealtretesiaconfronto,
èstatoutilizzatoacidofitico(100%Porganico)efosfato
dipotassiobibasico(100%Pinorganico).
Obiettivi di questo lavoro sono dunque: i) indagare la
capacitàdiutilizzodelP,organicoeinorganico,presente
negli effluenti zootecnici daparte di due ecotipi di erba
medica con diverso adattamento ad ambienti di
allevamento zootecnico intensivo; ii) studiare la
variazione(allelicaediespressione)delgeneortologodi
MtPHY1 nei due ecotipi di M. sativa in quanto
potenzialmente implicato nella capacità di utilizzo del P
fitico.
Risposta di erba medica alla somministrazione di fonti
diverse(inorganicheeorganiche)diP
Lesingolepiante,diunannodietà,sonostateallevatein
contenitoritubolari80x8cm(densitàequivalentea200
piantemͲ2)all’internodeiqualièstatocollocatountubo
forato,didiametro5cm,cheospitalapianta(Figura1).I
contenitori tubolari sono stati riempiti con un terreno
sabbioͲlimoso (sabbia 59%, limo 27%, argilla 13%) a pH
7,9 e povero di P assimilabile. La prova è stata allestita
utilizzando 162 piante, metà appartenenti all’ecotipo
Cremonese(da5famiglieS2)emetàall’ecotipoSenese
(da 6 famiglie S2) secondo un disegno a blocchi
randomizzati (2 ecotipi x 3 fonti di P x 3 ripetizioni) in
mododaavereparcelleelementaridi9piante.Dopouna
fase di adattamento delle piante e dopo l’effettuazione
del 1° taglio (29.05.13) alle piante sono state fornite le
fertilizzazioni fosfatiche secondo i tre trattamenti
previsti. Il liquame (100 mL tuboͲ1 equivalenti a 200 m3
haͲ1)hacostituitoilriferimentoperladosediP(120Kg
haͲ1,paria60mgpiantaͲ1)ediN(100%delNH4+ e50%
dell’N organico come indicato in Tabella 1). La
concimazione potassica, equivalente a 250 Kg haͲ1, è
statacomuneaitretrattamenti.
Tabella1.DosidiPeNapportateneitretrattamenti:liquame,acidofitico,Pinorganico.
Ptot
Pinorg
Porg
Ntot
Analisichimicadelliquame (mgkgͲ1)
605
420
185
3,42
Equivalenteperha(kg)apportatoallacoltura
120
469
a
NH4+
1,31
260
Norg
2,11
209a
soloil50%dell’Norganicodelliquameèstatoconsideratodisponibileperlepiante.
Dopo la concimazione sono stati effettuati 4 tagli a
distanza di 30 giorni (giugnoͲsettembre). Sono stati
determinati la produzione di sostanza secca aerea per
piantaeilcontenutoinPdellaparteaerea.
La perdita per lisciviazione di fosfato in forma organica
ed inorganica è stata stimata alla fine di ogni ciclo
produttivo mediante irrigazione dilavante e raccolta del
percolatomedianteappositesacche(Figura1);idatisono
espressi utilizzando la stessa unità di base usata per
l’analisidellaparteaerea.
Figura1.Contenitoritubolariconraccoltadelpercolato.
AnalisidelgeneortologoaMtPHY1
il gene putativo sequenziato in M. sativa presenta una
strutturaesoni/introniidenticaalcorrispondentegenedi
M. truncatula (7 esoni e 6 introni) e il 97% di omologia
della sequenza codificante. L’analisi di sequenza
(EcoTILLING), effettuata in collaborazione con la
Piattaforma Genomica del Parco Tecnologico Padano di
Lodi,hariguardatounafrazionedi725bpdelle1631bp
che costituiscono la sequenza codificante del gene ed è
stataeffettuatasu18e21pianteS2rispettivamenteper
l’ecotipoSeneseeCremonese.
RISULTATIOTTENUTI
Leproduzionidisostanzasecca(s.s.)aereasonorisultate
simili per i due ecotipi e per i diversi trattamenti di
concimazione (Tabella 2). Al secondo taglio,
immediatamentesuccessivoallaconcimazione,letesi
trattate con liquame hanno mostrato un decremento
significativo di produzione rispetto alle tesi trattate con
acido fitico. Si può ipotizzare che questo effetto sia
attribuibile alla immobilizzazione di nutrienti dovuta al
picco di attività microbica che comunemente si osserva
dopol’incorporazionenelsuolodimaterialiorganicinon
stabilizzati.
LeasportazionidiPrelativeallaparteaereasonostateal
contrario diverse per i due ecotipi: Cremonese ha
mostrato valori superiori a Senese sia al primo taglio
(nonconcimato)sianeitagli2,3e4(Figura2).
PerquantoriguardalediverseformediPsomministrate,
l’asportazionenelletesitrattateconacidofiticorisultava
superiore (tagli 2Ͳ4) rispetto a quelle concimate con P
inorganicocheèrisultatomaggiormentelisciviabile.
La forma di P prevalente nei percolati è risultata quella
inorganica (62Ͳ88% del P totale); il P organico variava
dunque dal 12% (SeneseͲP inorganico) al 38%
(CremoneseͲliquame) del P totale. I volumi di percolato
non sono stati significativamente diversi tra ecotipi e
trattamenti;tuttavia,lequantitàdiPinorganicolisciviato
sonostatesignificativamentesuperioriinSeneserispetto
aCremonesementreilivellidilisciviazionediPorganico
sonorisultatisimili(Figura3).Latesitrattataconfosfato
di potassio ha mostrato il maggior livello di lisciviazione
mentre il trattamento con liquame ha mostrato la
minoreperditadiP;questopotrebbeesseredovutoalla
presenza nel liquame di forme di P organico
maggiormente resistenti all’idrolisi enzimatica o alla
mineralizzazione.Considerandoirisultatidiasportazione
e lisciviazione di P, l’ecotipo Cremonese ha mostrato
maggiore capacità ed efficienza di assorbimento di
questoelementorispettoaSenese.
Immediatamente dopo il 5° taglio le parcelle tubolari
sono state aperte per l’esame della crescita radicale e
dellanodulazionenell’intercapedinetraiduetubi(Figura
4).Ilpesoseccodelleradicisecondarienonhamostrato
differenze significative né tra ecotipi né tra trattamenti.
La capacità di formare noduli N2Ͳfissatori è risultata
invece significativamente superiore in Cremonese
rispettoaSenese(Tabella2).Cremonesesembradunque
in grado di mantenere un più efficiente processo di
nodulazione anche in presenza di elevati apporti di N
(Tabella1). Letesitrattateconliquamehannomostrato
una tendenza, al limite della significatività statistica, a
produrre più noduli rispetto al trattamento con P
inorganico (Tabella 2). Una possibile causa di questo
effettopositivodelliquamepotrebbeesseredovutaalla
maggiore macroporosità che si realizza nel terreno
trattato con liquame e che comporta condizioni di
aereazionepiùfavorevoliallanodulazione.
CremoneseͲacidofitico
CremoneseͲliquame
CremoneseͲPinorganico
SeneseͲacidofitico
SeneseͲliquame
SeneseͲPinorganico
Cremonesetotale
Senesetotale
Acidofiticototale
Liquametotale
Pinorganicototale
(g)
232,94
216,31
204,16
230,05
203,48
229,41
217,80
220,98
231,50
209,89
216,78
s.s.p.aerea (parcella)
(g)
1,93
1,8
1,59
1,38
0,86
1,61
1,71
1,27
1,67
1,22
1,60
s.s.radice (pianta)
1,4433
2,3693
0,8635
0,2832
0,2843
0,1808
1,5736a
0,2513b
0,9078
1,3268
0,5294
totalepianta
Figura2.AsportazionidiPdellaparteaereasubaseparcellare.EcotipoCremonese(A);EcotipoSenese(B).
(g)
133,44
128,63
116,05
122,73
130,39
131,37
126,04
128,16
128,09
129,51
123,72
s.s.p.aerea(parcella)
Tabella2.Produzionedis.s.aereasubaseparcellare;s.s.radicaleepesofrescodeitubercoli(assolutoeperunitàdis.s.radicale)subasepianta.
Ecotipo\Trattamento
Tg.12013
Tg.2Ͳ52013
Tg.52013
p.f.tubercoli
perunitàs.s.radice
(g)
0,8662
1,6170
0,5172
0,3389
0,2571
0,1430
1,0091a
0,2480b
0,6228
0,9370
0,3341
Figura 3. Quantità di P, inorganico e organico, lisciviate su base parcellare. Ecotipo Cremonese (A,C); Ecotipo
Senese(B,D).
Figura4.Aperturacontenitoritubolari(taglio52013).
x LapresenzaprevalentediPinorganiconeipercolati
delletesitrattateconformeorganiche(acidofitico)
o miste (liquame) di P indica un elevato livello di
attività di degradazione enzimatica del suolo e
rizosferica (microrganismi del suolo, radici delle
piante). Tuttavia una frazione minoritaria di P
organicoèugualmentepresenteneipercolatidituttii
trattamenti,compresoquelloconilsoloPinorganico.
UnapartedelPorganicosfuggedunqueaiprocessidi
degradazione/mineralizzazione ed è mobile nel
terreno. Nei distretti zootecnici altamente intensivi
l’avviodiunmonitoraggiodelfosforosembradunque
opportuno.
x Gliecotipidierbamedicarappresentanounafontedi
diversità per adattamenti morfoͲfisiologici a specifici
ambienti/condizioni agronomiche che merita di
essereindagatanellesuebasifisiologicheegeneticoͲ
molecolariesfruttataperlacostituzionevarietale.
x Forme organiche del P costituiscono una fonte più
economica di fosforo per le colture in grado di
utilizzarle e possono rappresentare una parte non
trascurabile della soluzione circolante nel suolo e
essere soggette a lisciviazione. Il monitoraggio di
questo elemento, insieme a quello dell’azoto, è un
elemento importante per ridurre l’impatto
ambientaledisistemiagricoliadaltaintensività.
x L’erba medica appare una coltura di forte interesse
per la valorizzazione degli apporti di liquame, in
particolare quando si utilizzi germoplasma con una
lunga storia di adattamento in distretti a zootecnia
intensiva.
L’analisi EcoTILLING effettuata sull’ortologo del gene
MtPHY1 ha evidenziato 19 SNP (Polimorfismi a Singolo
Nucleotide) nella porzione analizzata. Quattro di questi
SNP determinano un cambio di aminoacido in diverse
posizionidell’enzimafitasi;lepiantecheportanoqueste
mutazioni a livello omozigote hanno una frequenza
molto ridotta (1 pianta su 39 analizzate). Nessuna delle
varianti alleliche individuate è caratteristica di un
particolareecotipo.
L’analisi dei livelli di espressione del gene responsabile
della produzione di fitasi extracellulare nei materiali in
provaètuttoraincorso.
RICADUTEOPERATIVEECONCLUSIONI
x I due ecotipi di erba medica hanno mostrato
differenzesignificativeperlacapacitàdiutilizzodelP,
indipendentemente dalla forma somministrata
(organica, inorganica, mista). Nelle zone in cui si
pratica sistematicamente la distibuzione di liquami
l’utilizzo di germoplasma Cremonese consentirebbe
di aumentare l’efficienza di utilizzo dei liquami o
quella delle fertilizzazioni fosfatiche e di ridurre la
perdita di P per lisciviazione. Le basi fisiologiche di
questamaggiorecapacitàdiCremonesediutilizzareil
fosfororimangonodaindagare.
x Nell’ecotipo Cremonese la nodulazione ha mostrato
una maggiore tolleranza alla presenza di azoto, ai
livelliapportatidalliquame,rispettoaSenese.Questa
capacità potrebbe rappresentare uno specifico
adattamento di Cremonese al suo ambiente di
origine.
VIII. SVILUPPO DI INDICATORI DIAGNOSTICI A SUPPORTO DELLA CONCIMAZIONE AZOTATA IN
MAIS–UNIMI(Responsabile:LucaBechini)
ATTIVITÀSVOLTEEMETODOLOGIEUTILIZZATE
L’obiettivo delle attività era la verifica, nei sistemi
colturali maidicoli lombardi, di vari indicatori diagnostici
proposti nella letteratura scientifica, per valutarne
l’effettiva utilità nel supporto alla concimazione azotata
in copertura del mais. Per essere considerati utili, gli
indicatoridevonodistingueresituazionicaratterizzateda
diversafertilitàresidua,causata,adesempio,dall’utilizzo
ripetuto di effluenti zootecnici in dosi diverse. Per
raggiungere questo obiettivo sono state condotte due
sperimentazioniinserraeunainpienocampo.
Sperimentazioneinserra
Utilizzando suoli con storie agronomiche molto diverse,
in serra sono stati confrontati la produzione di mais e i
valori degli indicatori diagnostici, mantenendo uguali le
altre condizioni di coltivazione (luminosità, temperatura
e disponibilità di acqua). Si è quindi allestito un
esperimento, durato due anni, utilizzando uno schema
sperimentale a blocco randomizzato con quattro
repliche, in cui il fattore sperimentale era l’azienda
agricola da cui provenivano i suoli. I suoli messi a
confronto erano sedici, quattordici provenienti da
aziende zootecniche a diverso carico di bestiame (sette
aziendeconsuoliatessiturafrancoͲsabbiosa,esettecon
tessiturafrancoͲargillosa),edueprovenientidaaziende,
perlemedesimeclassitessiturali,chenonfacevanouso
dieffluenti.
Il mais è stato coltivato in vaso con una gestione
agronomica omogenea per tutti i trattamenti (diserbo,
trattamenti antiparassitari, impollinazione). L’apporto di
acquaèstatomodulatoinbasealtipodisuoloevitando
carenze idriche. Non si è apportato azoto minerale in
nessunodeitrattamenti.
La prova è stata condotta per due anni successivi sugli
stessivasi.Oltreallarispostaproduttiva(biomassaaerea,
granellaeazotoasportato),sonostatimisuratiindicatori
sia sulla pianta (SPAD; concentrazione di azoto nelle
foglie allo stadio di quarta e sesta foglia; CSNT), sia sul
suolo(azotomineralenelterrenoinpresemina,allasesta
foglia e alla raccolta; ISNT; GPT; Schröder et al., 2000;
Zebarthetal.,2009).
Sperimentazioneinpienocampo
In pieno campo nel 2012 su quattro appezzamenti
coltivati a mais sono stati valutati alcuni degli indicatori
già provati in serra, estendendo le misure colturali fino
alla fase fenologica di dodicesima foglia. Utilizzando un
blocco randomizzato con quattro repliche, in ogni
appezzamento sono stati messi a confronto due
trattamenti, uno non concimato con azoto e uno
concimatoconureaindositalidaassicurareunacrescita
nonlimitatadall’azoto.Ilfosforoedilpotassiosonostati
aggiuntiinentrambiitrattamenti.Ancheinquestaprova
sono stati misurati sia la resa della coltura, sia gli
indicatori diagnostici sul suolo (PSNT) e sulla coltura
(SPAD,biomassaaereaeazotoasportatoallasesta,nona
e dodicesima foglia). Inoltre, sono state misurate le
concentrazionidiazotodellelaminefogliarieacquisitiin
laboratorio gli spettri nel vicino infrarosso delle stesse
agli stadi di sesta, nona e dodicesima foglia. Lo schema
sperimentale era predisposto per verificare la capacità
degli indicatori di prevedere la massima produttività
(sperimentalmenteottenutaneltrattamentoconcimato).
RISULTATIOTTENUTI
Intuttigliesperimenti(siainserrasiainpienocampo)le
resedelmaissonostatemoltodiverseneidifferentisuoli
utilizzati, confermandone l’eterogeneità e quindi
garantendo la variabilità delle situazioni studiate e
l’intervallodivariazionedegliindicatoriutilizzati.
Con l’eccezione del PSNT e del CSNT, i risultati sono
presentati in grafici che riportano sull’asse orizzontale
l’indicatore,esuquelloverticalelaproduzionedelmais.
Sia gli indicatori sia la produzione sono stati
standardizzati rispetto ai valori medi misurati nel
trattamento più produttivo nella medesima località. Ciò
significa che per le prove di serra il valore di ogni
indicatoree di ognidatoproduttivo è stato diviso per il
corrispondente valore medio del trattamento più
produttivo in quell’anno (separatamente per classe
tessiturale),mentrenellaprovaincampoivalorimisurati
neltrattamentononconcimatosonostatidivisiperquelli
medi del trattamento concimato, separatamente per
ogniappezzamento.Valoriinferioria1sonoquindisubͲ
ottimali,mentrevaloriugualia1rappresentanoicasiin
cui si è raggiunta la massima produzione o il massimo
valoredell’indicatore.
Indicatori misurati sul suolo prima della semina della
coltura
L’ISNT e il GPT non hanno espresso utili capacità
diagnostiche.Entrambisonostatiprovatisolonelprimo
annoinserra.
Nel caso dei suoli franco sabbiosi le scarse prestazioni
dell’ISNTpotrebberoesseredovuteall’elevatadotazione
di azoto in forma minerale presente in presemina.
Questo potrebbe avere attenuato il valore diagnostico
della quota di azoto organico facilmente mineralizzabile
stimata dall’ISNT. Inoltre i valori critici da noi stimati
sono risultati ampiamente superiori a quelli trovati in
letteratura(KlapwykeKetterings,2006).IlGPThafornito
risultatiinunristrettointervallodivariazioneeconnotati
da elevata incertezza analitica, esprimendo così
un’insufficiente capacità discriminante tra terreni con
diversoeffettoresiduo.
Indicatorimisuratiallostadiodisestafoglia
Allo stadio di sesta foglia (V6) nessuno degli indicatori
colturali(Figura1A,B)haconsentitodidistingueretrale
situazioni ad alta e bassa fertilità. Di conseguenza a
questo stadio gli indicatori misurati sulla coltura non
hanno costituito un adeguato strumento per prevedere
l’eventualenecessitàdiconcimazioneazotata.Situazioni
chehannoprodottoinmodomoltodifferenziato,infatti,
hannopresentatovalorisimilidegliindicatori.
Allostadiodisestafoglialaconcentrazionedinitratinel
terreno (PSNT) ha confermato l’utilità diagnostica
riportata in letteratura. La Figura 2 mostra infatti che
quando il PSNT assume valori elevati, la produzione
finale sarà massima anche in assenza di concimazione
minerale in copertura, mentre per valori inferiori la
relazionetraindicatoreeproduzioneècrescente.Ivalori
soglia identificabili in base ai dati di serra non sono
direttamente trasferibili in campo, dove le perdite di
azoto dopo la misura del PSNT sono verosimilmente
maggiori.
Indicatori misurati allo stadio di nona e dodicesima
foglia
In pieno campo allo stadio di nona (Figura 3) e
dodicesima foglia, la limitazione alla crescita colturale
imputabile a carenza di azoto è risultata più facilmente
identificabiletramitegliindicatorimisuratisullepiante.
Tuttigliindicatorisonostatilinearmentecorrelaticonla
produzione finale, a indicare un migliore potere
diagnostico in questi stadi rispetto al V6. L’azoto
asportato dalla coltura ha mostrato un intervallo di
variazione maggiore rispetto agli altri indicatori. La
spettroscopiaNIRhapermessodistimareilcontenutodi
azotodellelaminefogliariinmodoadeguato(Figura4).
Indicatorimisuratiallaraccolta
IlCSNThaconfermatoquantogiàriportatoinletteratura,
e cioè che al momento della raccolta è possibile
identificare lesituazioni chesono statecaratterizzateda
eccessiva disponibilità di azoto durante il periodo di
crescitacolturale(Figura5).
B
A
Figura1.RelazionitrabiomassaaereadelmaisallaraccoltaevaloriSPAD(A)ediconcentrazionediazotofogliare(B)misuratiallo
stadiodisestafoglia.Lebarrerappresentanoladeviazionestandardtralereplichesperimentali.
Figura 2. Relazione tra biomassa aerea del mais alla raccolta e
concentrazione di azoto nitrico nel terreno allo stadio di sesta
foglia(PSNT).Lebarrerappresentanoladeviazionestandardtra
lereplichesperimentali.
Figura 3. Relazione tra biomassa aerea del mais alla raccolta e
indicatori misurati allo stadio di nona foglia (V9) sulla coltura
(biomassa aerea e sua asportazione di azoto) o sulla lamina
dellanonafoglia(concentrazionefogliarediazotoeSPAD).
Figura4.Concentrazionediazotoareicanellelaminefogliaridi Figura 5. Relazione tra biomassa aerea del mais alla raccolta e
2
mais (mg N/cm foglia): confronto tra misure e stime con la concentrazione dei nitrati nella base dello stocco alla raccolta
spettroscopianelvicinoinfrarosso.
(CSNT,CornStalkNitrateTest).
RICADUTEOPERATIVEECONCLUSIONI
Nei sistemi intensivi studiati è possibile eseguire misure
che consentono di ridurre o annullare le dosi di azoto
mineraledistribuitoincoperturaalmaisconifertilizzanti
di sintesi. Tra gli indicatori studiati sia in serra sia in
campo, il PSNT (Figura 2) è il più interessante perché è
eseguito in un momento che consente ancora di
intervenireconlaconcimazionenell’epocanormalmente
scelta. Lo svantaggio è lo sforzo richiesto per eseguire
molto rapidamente il campionamento e l’analisi del
terreno.
In pieno campo, il contenuto di azoto della biomassa
aereaaV9(Figura3)eV12èstatomoltoinformativo.
Anche le misure SPAD standardizzate a V9 (Figura 3)
hannofornitorisultatiincoraggianti.
x
x
x
x
x
Tali indicatori tuttavia richiedono uno sforzo maggiore
rispetto al PSNT, consistente nel campionamento della
biomassaaereaesuaanalisichimicaoacquisizionedella
misura SPAD manualmente su singole lamine fogliari di
numerosepiante,enellarealizzazionediuntrattamento
concimato in modo ottimale che consenta di
standardizzarelemisure.Inoltre,quandoleinformazioni
diagnostiche sono acquisite sulla coltura dopo lo stadio
V6, bisogna prevedere l’applicazione di azoto con
modalitàdiversedallospandiconcimetradizionale(ades.
confertirrigazioneocontrampoli).
Il test dei nitrati nello stocco del mais ha confermato
l’utilità di valutazione alla fine della stagione,
consentendo di identificare a posteriori uno stato di
eccessoodicarenzadiazoto.
GLOSSARIO
CSNT(CornStalkNitrateTest):èlaconcentrazionedinitratopresentenellabasedeglistocchidimaisdopola
raccolta.E’utilepervalutareexͲpostlagestionedellaconcimazioneazotata.
GPT (Gas Pressure Test): si basa sulla misura del gas sviluppato da un suolo dopo essere stato trattato con
acqua deionizzata e ipoclorito di calcio (che ossida la sostanza organica e determina la produzione di CO2).
Fornisceunasempliceerapidastimadell’azotomineralizzabile.
ISNT(IllinoisSoilNitrogenTest):stimalaconcentrazionediamminozuccherinelsuolo(indicedellapresenzadi
azotofacilmentemineralizzabile).Ilsuousoèstatosuggeritopervalutarelanecessitàdellaconcimazioneal
mais.
PSNT(PreͲSidedressNitrateTest):èlaconcentrazionedinitratinelterreno(0Ͳ30cm)misurataquandoilmais
èallostadiodisestafoglia.Indicasenelterrenoè(osarà)disponibileabbastanzaazotoperlacrescitadella
coltura.E’utilizzatopervalutarelanecessitàdellaconcimazioneincoperturaalmais.
SPAD(SoilPlantAnalysisDevelopmentchlorophyllmeter):strumentoportatileingradodistimareilcontenuto
diclorofilladellefoglieinmodorapidoenondistruttivo,basatosullaradiazionetrasmessaattraversolafoglia
nelrossoenelvicinoinfrarosso.Utilizzatopervalutareladotazioneazotatadellecolture.
IX. TECNICHE PER VALORIZZARE L’UTILIZZAZIONE DEGLI EFFLUENTI COME FERTILIZZANTE –
UNIMI(Responsabile:GiorgioProvolo)
ATTIVITÀSVOLTEEMETODOLOGIEUTILIZZATE
Gli effluenti zootecnici costituiscono una fonte di
elementinutritivi,inparticolareazoto,fosforoepotassio
(NPK), valorizzabili in ambito agronomico. Tale utilizzo
deve essere, tuttavia, adeguato alle caratteristiche dei
suoli e ai fabbisogni delle colture praticate. Ai fini della
determinazionedelcontenutoinnutrientiperimpostare
una corretta applicazione al suolo, l’unica tecnica al
momento utilizzabile fa ricorso ad analisi di laboratorio.
Questosistemarisultatuttaviacostoso,pocopraticonel
campionamentoelentonelfornireirisultatirispettoalle
esigenze dettate dalle tempistiche di distribuzione in
campo(Ndegwaaetal.,2002).
Perlosvolgimentodellostudiocisièispiratiaprecedenti
esperienze e dispositivi presenti sul mercato che,
misurando caratteristiche chimicoͲfisiche dei reflui
zootecnici, sono in grado di offrire una stima del loro
poterefertilizzante(Sullivanetal.,1997):sistemicomelo
SlurryMeter,densimetrotaratosuivalorideglielementi
fertilizzanti (Piccinini et al., 1990), l’Agrosmeter ed il
Quantofix,perl’azotoammoniacale(PiccininieBortone,
1991; Van Kessel e Reeves III, 2000), l’idrometro per
l’azoto ed il fosforo (Zhu et al., 2004), il metodo dello
ione selettivo per l’azoto (Price et al., 2003). Un’altra
tecnologia che ha fornito interessanti risultati riguarda
l’uso della spettroscopia del vicino infrarosso (NIR), ma
nonostante alcune esperienze hanno consentito di
valutarne le possibilità operative (Millmier et al., 2000),
nonsonoincommerciotecnologieconsolidate.
L’obiettivo principale dell’attività di ricerca è la messa a
puntodisistemiperlacaratterizzazionedeglieffluential
momento della distribuzione in campo, che consentano
agli allevatori di utilizzare i loro effluenti in modo
adeguato, sfruttandone il loro potenziale fertilizzante e,
diconseguenza,riducendoleemissioniversol’ambiente.
In particolare, la ricerca ha riguardato lo sviluppo di
sensori a basso costo per l’analisi indiretta delle
caratteristichechimicoͲfisichedeglieffluentizootecnici,e
la definizione di un sistema di calcolo per conoscerne
rapidamente le caratteristiche al momento della
distribuzione.
A questo scopo si è provveduto al campionamento
(Figura1),allacaratterizzazionechimicaeallascansione
conspettroscopiaNIR,dieffluentiderivantidadifferenti
tipologie di allevamento, tal quali o digeriti
anaerobicamente, il cui destino è la valorizzazione in
ambito agricolo. Al momento del campionamento, ad
ogniaziendaèstatosottopostounquestionariorelativo
allagestionedell’allevamento(alimentazione,numerodi
capi,stabulazione,rimozioneeffluenti,presenzadiacque
aggiuntive, ecc.), per recuperare una serie di
informazioni,dallequalievincerequellemaggiormente
incidentisullecaratteristichedelcampionefinale.
Figura 1. Fase di campionamento degli effluenti zootecnici
pressoun’azienda.
Ogni campione è stato sottoposto ad analisi chimica per
individuare il contenuto di sostanza secca (SS), sostanza
organica (SO), azoto totale (Ntot), azoto ammoniacale
(TAN), fosforo totale (Ptot), potassio totale (Ktot),
densità,pHeconduttivitàelettrica(CE).
PerlaCEeilpHsonostateacquisitemisure,oltrechecon
strumenti da laboratorio, anche con dispositivi portatili
utilizzabili in campo (Figura 2A,B). Per la misura della
densità, più che uno strumento è stato valutato il
principiodimisuradatrasferiresudispositividacampoe
cioèpesareunvolumenoto(Figura2C).
Contestualmentetuttiicampionisonostaticaratterizzati
anche con spettroscopia NIR, utilizzando uno
spettrometro Buchi NIRͲFLEX 500. Gli spettri sono stati
acquisiti nel vicino infrarosso (1000Ͳ2500 nm) in
transflettanza.Ilcampioneèstatoimmessoinunapiastra
di Petri e coperto da un transflettore in acciaio che
riflettesse il fascio luminoso incidente sul fondo della
piastra(Figura2D).
I dati misurati e le informazioni raccolte sono stati
elaborati sviluppando una regressione lineare multipla
(MLR),tecnicastatisticacheconsentedistimareilvalore
attesodiunavariabiledipendente(SS,Ntot,TAN,Ptote
Ktot)apartiredavaloridatidivariabiliindipendenti(CE,
pH,densità,letturespettralieinformazioniaziendali).
Per valutare la qualità predittiva dei modelli ottenuti è
stato usato il coefficiente di variazione (CV). Questo
indice esprime la precisione di una misura rapportando
l’errore della stima del modello predittivo, con la media
campionaria. Essendo un numero adimensionale ed
esprimibile come valore percentuale, permette di
confrontaredaticondifferentiunitàdimisuraorangedi
variazionediversi.
Figura2.Misuradellaconduttivitàelettricaconsondadacampo(A);misuraedelpHcondispositivodacampo(B);misuradella
densitàmediantepesaturadiuncilindrograduato(C);spettrometroBuchiNIRͲFLEX500durantelaletturadiuncampione(D).
RISULTATIOTTENUTI
L’attività di campionamento ha interessato 111
allevamenti localizzati sul territorio lombardo e ha
consentito di raccogliere 127 campioni costituiti da 36
liquamibovini,31liquamidisuinidaingrasso,30liquami
di suini a ciclo chiuso e 30 digestati. In seguito al
campionamento si è provveduto alla caratterizzazione
chimicoͲfisica e all’analisi con spettroscopia NIR dei
campioni prelevati. Le analisi e gli spettri ottenuti sono
statisottopostialleelaborazionipreventivate.
Selezionedellelunghezzed’ondasignificative
A seguito dell’acquisizione spettrale, utilizzando l’intero
set di spettri, di cui un esempio è riportato in Figura 3,
sonostateselezionate12lunghezzed’ondadellospettro
comprese tra 1400 a 2400 nm, significative per la
predizione di SS, Ntot e TAN. Non è stato possibile
individuarespecifichelunghezzed’ondaperilfosforoeil
potassio.Questoèconfermatoanchedaaltriautoriche,
utilizzando lo spettro intero, hanno riportato difficoltà
predittiveperquestielementi(Millmieretal.,2000).
Informazioniaziendaliutilizzatenelmodellopredittivo
A partire dalle informazioni raccolte con i questionari
sottoposti alle aziende, sono stati selezionati i fattori
ritenuti maggiormente incidenti sulla composizione del
campione, da utilizzare nei modelli predittivi, in
particolare:
x produzioneunitariadiliquame(esprimeladiluizione
dell’effluenteinbaseallastabulazioneponderatasul
pesovivocaricatosudiessa);
x tecnica di rimozione dell’effluente dalla stalla
(l’incidenzadiquestasulladiluizionedell’effluente);
x diluizionedellarazione(espressionedellapercentuale
diacquaaggiuntarispettoaglialimenti);
x etàmassima(etàmassimadell’effluentecampionato);
x acque aggiuntive (indicatore della presenza di acque
dilavaggio,mungitura,raffrescamentooabbeverata);
x pioggia (quantità di acquepiovane in baseall’età del
refluo);
x temperatura (temperatura media calcolata in base
all’etàdelrefluo);
x aggiunta di biomassa/azoto/fosforo (quantità di
biomassa/azoto/fosforo immessa nel digestore oltre
alrefluo),relativamenteaisolicampionididigestato.
Figura 3. Esempio di spettri NIR ottenuti con strumento da
laboratorioBuchiNIRFlexͲ500.
Tabella1.Valoridimedia,deviazionestandardeRMSECVdiSS,Ntot,TAN,PtoteKtotsuddivisipertipologiadieffluente.
SS
Ntot
TAN
Ptot
Ktot
(%)
RMSECV
(kgmͲ3)
RMSECV
(kgmͲ3)
RMSECV
(kgmͲ3)
RMSECV
(kgmͲ3)
RMSECV
Liquamebovino
7,57
1,52
3.00
0,19
1,41
0,16
0,81
0,21
2,78
1,44
(±2,49)
(±0,74)
(±0,37)
(±0,75)
(±1,56)
Liquamesuino
4,19
0,50
3,69
0,60
2,50
0,43
0,98
0,30
2,40
0,82
(ingrasso)
(±3,70)
(±1,67)
(±0,90)
(±1,11)
(±1,94)
Liquamesuino
2,82
0,93
2,74
0,59
1,91
0,28
0,58
0,36
1,57
0,58
(ciclochiuso)
(±1,73)
(±1,04)
(±0,45)
(±0,54)
(±0,82)
Digestato
5,35
1,55
3,68
1,03
2,16
0,63
0,78
0,54
2,88
1,11
(±2,35)
(±1,19)
(±0,77)
(±0,47)
(±0,97)
Tabella1.Valoridelcoefficientedivariazione(CV)espressointerminipercentualiperlavalutazionedellastimadiSS,Ntot,TAN,PtoteKtotsuddivisipertipologiadieffluente.
CV(%)
SS
Ntot
TAN
Ptot
Ktot
Liquamebovino
20
6
11
26
52
Liquamesuino
12
16
17
31
34
(ingrasso)
Liquamesuino
33
22
15
62
37
(ciclochiuso)
Digestato
29
28
29
69
39
Stimaindirettadelcontenutodinutrienti
Nel modello di regressione multipla, il contenuto di
sostanza secca (SS), azoto totale (Ntot), azoto
ammoniacale (TAN), fosforo (P) e potassio (K) di ogni
campioneèstatomessoinrelazionecontuttiiparametri
di stima indiretta (CE, pH e densità, letture ottiche e
informazioniderivantidallagestionedell’allevamento).
Laqualitàpredittivadeimodelliottenuti,suddivisiinbase
allacomponentestimataeall’effluenteanalizzato,èstata
valutata tramite il coefficiente di variazione (CV), che
viene calcolato rapportando la media del contenuto di
ogni componente all’errore del modello (RMSECVͲ Root
Mean Square Error in CrossͲValidation), i cui valori sono
riportatiinTabella1.
La qualità predittiva dei modelli ottenuti, espressa dal
coefficiente di variazione (CV) è riportata in Tabella 2. Il
valorepercentualecorrispondeall’errorepercentualeche
ci si attende di commettere nel predire il contenuto di
sostanzaseccaedeglialtrinutrientianalizzandoundato
effluente,conilsistemadimisuramessoapunto.
Nel caso dei liquami bovini è possibile predire il
contenuto di azoto totale con un errore del 6%, mentre
l’azoto ammoniacale con un errore dell’11%. In Figura 4
vienemostratoilconfrontotraildatomisuratoeildato
stimato dal modello per l’azoto totale, ed è evidente
l’ottima correlazione tra i due valori che conferma la
capacitàpredittivadell’insiemedeiparametriutilizzati.
Figura 4. Confronto tra valori misurati in laboratorio e valori
stimati dal modello di regressione multipla per l'azoto totale
contenutoneiliquamibovini.
Per i liquami suini, nel caso di allevamento di suini da
ingrassosiriesceapredireilcontenutodisostanzasecca
(SS) che notoriamente è fortemente correlata con il
fosforo totale (Ptot) con un errore del 12%, ma buoni
risultati si ottengono anche per l’azoto totale (Ntot) e
ammoniacale (TAN) con errori, rispettivamente, del 16%
e 17%. Lo stesso si può dire per la stima dell’azoto
ammoniacaleinliquamidisuiniaciclochiuso,chemostra
unerroredel15%.
Soprattutto per l’azoto, questi risultati confermano la
capacità estimativa del sistema di misura, in quanto gli
errori ottenuti si avvicinano a quelli delle analisi di
laboratorio.
I modelli realizzati sui digestati non hanno raggiunto un
livello di stima accettabile, probabilmente a causa
dellecaratteristiche del prodotto notevolmente
influenzatodaltipodibiomasseutilizzateequindimeno
correlabili con parametri indiretti, rispetto agli altri
effluenti.
RICADUTEOPERATIVEECONCLUSIONI
Tenendo conto della complessità che caratterizza il
campionamento e l’analisi con tecnologie non
convenzionalideglieffluentizootecnici,irisultatiottenuti
sonodaconsiderarsimoltopositiviinquantoprimad’ora
non era mai stata affrontata, in modo così integrato, la
messa a punto di un sistema di misura per la stima
indirettadeinutrientideglieffluenti.
L’introduzione della tecnologia NIR e in particolare sulla
misura relativa ad un numero limitato di lunghezze
d’onda,ègiàconsolidataperaltricampidiapplicazione,
mentre il trasferimento delle misure di conduttività
elettrica,pHedensità,indispositividacampoègiàstato
valutato per analizzare effluenti zootecnici, anche se i
risultati finora ottenuti fornivano un’indicazione da
utilizzarepiùinterminicomparativicheassoluti.
Anche se il trasferimento in condizioni operative di
questi sistemi di misura, richiede la messa a punto di
sensori che devono essere opportunamente semplificati
eadattatiall’applicazionespecifica,èpossibileprevedere
un dispositivo a costo contenuto che fornisca
un’indicazione circa il contenuto di nutrienti dei liquami
almomentodelladistribuzione.Allostatoattualesembra
più fattibile uno strumento da utilizzare in situ per
valutare il contenuto di nutrienti su un campione di
liquame prelevato dalla vasca. Un eventuale
trasferimentoonͲline,adesempiodirettamentesucarro
spandiliquame con funzionamento automatico,
costituisce un ulteriore possibile sviluppo del sistema
realizzato.
Il sistema di misura indiretta delle caratteristiche degli
effluenti,abbinandodellemisureelettricheeottichecon
i dati aziendali, consente di fornire all’allevatore un
dispositivo a basso costo che gli permetta con facilità e
rapidità di conoscere al momento della distribuzione in
campoeconunlimitatomarginedierrore,ilcontenuto
di azoto e fosforo degli effluenti zootecnici. Questo
permetterebbenonsolounutilizzomoltopiùrazionalee
sostenibile di questi fertilizzanti organici, ma
consentirebbe di conseguenza risparmiare anche un
risparmiosull’acquistodiconcimiminerali.
X. LA SOSTANZA ORGANICA PER IL MANTENIMENTO DELLA FERTILITÀ DEI SUOLI – UNIMI
(Responsabile:FabrizioAdani)
ATTIVITÀSVOLTEEMETODOLOGIEUTILIZZATE
La sostanza organica, costituita dall’insieme di tutti i
composti di origine non minerale presenti nel terreno,
comprendesialabiomassa,itessutieiresidui,vegetalie
animali freschi, sia i materiali organici in stato di
decomposizione più o meno avanzata. Nell’ecologia dei
sistemi agrari la fertilità dei terreni coltivati, cioè la
capacità di ospitare, nutrire e promuovere la crescita
delle piante, è strettamente correlata al contenuto di
sostanza organica del terreno, dalla quale dipendono la
disponibilità di nutrienti e le caratteristiche chimiche,
ooo
fisicheebiologichedelsuolostesso.
Pertanto,essendolasostanzaorganicaimportantesiada
unpuntodivistabiologicoedecologico,cheagronomico
e produttivo, si è cercata una spiegazione razionale e
concreta ai meccanismi della sua conservazione nel
tempo,soprattuttoallalucedellenuovericerche(Adani
et al., 2012; Schmidt et al., 2011), per garantire il
mantenimentool’aumentodellafertilitàdeisuoliagrari.
Pertalescopo,sièprocedutoalcampionamentodiuna
svariata gamma di suoli, in modo che fossero
rappresentativi delle diverse realtà rurali sparse nel
territorioregionalelombardo(Figura1).
Suolocoltivatoconcoltureerbacee
Suolocoltivatoconrotazionedicoltureerbaceeeorticole
Suolocoltivatoconcolturearboree
Suoloutilizzatoperaltriscopiagricoli(orti,pascoli,incolti…)
Figura1.Mappadeicampionamentideisuoli.
L’obiettivo di questo tipo di campionamento è stato
quello di possedere unnumero di suoli tale percui non
solo differissero per caratterizzazione chimicoͲfisica, ma
che fossero anche differenti per utilizzo agronomico.
Come si vede dalla Figura 1 infatti, oltre ai suoli che
vengono annualmente impiegati per le tradizionali
colture erbacee, sono state considerate anche le
rotazioni colturali, le colture arboree e altri impieghi di
diversa natura (orti, pascoli, incolti…) o comunque
inerenticonleattivitàagricole.Èaltresìpossibilenotare
comeisuolilombardisianoprincipalmenteimpiegatiper
colture cerealicole, in molti casi in monosuccessione da
anni.
I suoli sono stati caratterizzati chimicoͲfisicamente in
modo che si potesse costituire un data set che
raccogliesse tutti i parametri e le possibili variabili
determinanti: per questo scopo sono stati determinati
capacità idrica massima, tessitura apparente, pH, azoto
totale, carbonio totale, fosforo assimilabile, capacità di
scambio cationico, basi di scambio (Ca, Mg, Na, K), e
tassodirespirazione.
Oltre alla caratterizzazione dei suoli, si è proceduto al
frazionamento della componente organica. Il
frazionamento, basato sulla metodica proposta da
Mikutta et al., 2006, si esegue mediante una tecnica
chimicadiseparazioneedeterminazionedellediverse
frazioni di carbonio organico, che nell’insieme
costituisconoladotazioneorganicadiunsuolo.Grazieai
diversi meccanismi che un suolo ha di conservare
naturalmente la sostanza organica, è possibile
quantificare tre diverse tipologie di carbonio e, di
conseguenza, tre diversi metodi di conservazione della
sostanzaorganica(Figura2).
Come si può osservare in Figura 2, grazie a un primo
trattamento con ipoclorito di sodio (NaOCl) è possibile
determinareilcarboniolabile,ovveroquelcarboniopiù
prontamente disponibile per i microrganismi del suolo e
dunque soggetto a una degradazione nel breve e medio
periodo. Dopo l’eliminazione di tutte le argille presenti
durante il trattamento con acido fluoridrico (HF), è
possibile determinare il carbonio protetto e conservato
dai minerali (principalmente dalle argille) e il carbonio
recalcitrante, ovvero quella sostanza organica di difficile
degradazione che è in grado di resistere più a lungo nel
tempo, esplicando probabilmente anche un effetto
ammendante.
Figura 2. Schema di conservazione della sostanza organica (a sinistra) e frazionamento della sostanza organica con relativa
determinazionedellediversefrazionidicarbonioorganico(adestra).
RISULTATIOTTENUTI
Irisultatimostranoinnanzituttolagrandevariabilitàche
contraddistingue i suoli campionati, a causa dei diversi
impieghi, delle diverse colture e delle diverse
caratteristiche pedogenetiche. Si è notato che l’uso del
suolo e probabilmente il momento di campionamento
dello stesso sono dei fattori che determinano una più
elevata variabilità durante le analisi. Per tali motivi,
dall’insieme iniziale di suoli, sono stati selezionati quei
campioni che potevano essere più significativi e
interessantiinterminianalitici.Sinota,inTabella1come
le diverse tipologie di carbonio siano presenti, o meglio
conservate, in modalità e quantità completamente
diverse.
Il frazionamento ha permesso di stabilire che nei suoli
agricoli lombardi è presente una percentuale media di
carbonioprotettodaimineraliparicircaal24%.
Tale dato è però soggetto ad una notevole variabilità,
dataprobabilmentedallaquantitàedallatipologiadelle
argille presenti, nonché dalla modalità di utilizzo del
suolo stesso. Questo tipo di carbonio ricoprirebbe ben
poche funzioni dal punto di vista agronomico in quanto
non è raggiungibile nel breve e medio periodo dai
microrganismi del suolo che non possono pertanto
mineralizzarlo.Laletteraturaaffermachetalefrazionedi
carbonioorganicopuòoscillaretraisecoliedilmillennio
di età, conservandosi proprio grazie all’interazione tra
essastessaeiminerali(Dungaitetal.,2012;Lehmannet
al.,2007;Mikuttaetal.,2006;Sixetal.,2002).
Diversamente, il pool di carbonio labile è certamente
superiore rispetto alle frazioni protette dai minerali o
recalcitranti. Questa percentuale così alta rispetto alle
altre frazioni può suggerire che la maggior parte del
carboniopresenteneisuolianalizzatisarebbesoggettoa
una rapida mineralizzazione (Dungait et al., 2012).
Questo porterebbe sicuramente alla liberazione di una
granquantitàdinutrientiperlecoltureecontribuirebbe
amantenerealtoillivellodifertilità.
Seguendo quanto schematizzato nella Figura 2 riguardo
le modalità di conservazione della sostanza organica, si
può notare infatti come il carbonio labile aumenti la
disponibilità di nutrienti per le piante. Si è notato,
confrontando l’analisi chimicoͲfisica dei suoli, come la
frazione di carbonio labile contribuisca all’aumento di
alcuni parametri del suolo quali la capacità di scambio
cationico, l’azoto totale, il rapporto C/N, il fosforo
assimilabile, il potassio e ovviamente il tasso di
respirazione del suolo stesso. La rapida degradazione di
questa frazione potrebbe contemporaneamente
comportare la depauperazione delle risorse del suolo in
un lasso di tempo abbastanza ridotto, in quanto è
prettamente costituita da composti organici
prontamentedisponibili.
(*):F=Franco;A=Argilloso;S=Sabbioso
Suolocoltivatoabarbabietola
Maidicolo
Suolocoltivatoabarbabietola
congessodidefecazione
Maidicolo
Maidicolo
Risaiainasciutta
Maidicolo
Suolorotazionefrumentoemais
concimatocondigestato
Maidicolo
Maidicolo
Maidicolo
Maidicoliinmonosuccessione
Maidicolo
Risaiainsommersione
conconcimazioneazotata
Rotazioneloiettoemais
condigestato
Maidicolo
Cerealicolo
Cerealicolo
1,73
1,12
1,90
1,23
1,18
0,97
1,10
0,77
0,91
0,65
1,13
0,82
0,74
0,96
1,14
1,02
1,08
1,61
FS
FS
F
FS
FS
AL
FS
FS
FS
SL
F
FS
F
F
FS
(%)
FA
FS
FA
0,52
0,62
0,70
0,87
0,76
0,56
1,01
0,46
0,42
0,60
1,16
1,04
0,75
0,97
0,66
1,55
0,95
1,48
(%)
0,42
0,38
0,76
0,18
0,10
0,06
0,10
0,31
0,27
0,29
0,03
0,10
0,18
0,08
0,07
0,15
0,15
0,35
(%)
0,08
0,09
0,15
0,09
0,05
0,03
0,06
0,05
0,05
0,07
0,04
0,04
0,04
0,05
0,04
0,03
0,03
0,07
(%)
Tabella1.Frazionamentodellasostanzaorganicadeisuolipiùsignificativi.
Descrizionedelsito
Classe
Ctotale
PercentualirispettoalCtotale
Tessiturale(*)
Labile
Protetto
Recalcitrante
51,3
56,9
43,6
76,9
84,0
85,9
89,6
56,4
56,24
62,3
94,1
88,2
77,6
88,1
85,9
89,5
84,3
78,0
(%)
Labile
40,9
34,8
46,9
15,48
10,9
8,86
8,54
37,0
36,38
30,21
2,43
8,14
18,32
7,4
9,25
8,93
13,28
18,47
(%)
Protetto
(segue)
7,84
8,33
9,47
7,64
5,10
5,26
5,49
6,57
7,39
7,45
3,50
3,62
4,09
4,54
4,82
1,55
2,39
3,48
(%)
Recalcitrante
RipartizionedelCorganiconelsuolo
1,00
1,15
0,92
1,32
1,23
0,86
1,18
1,14
1,41
1,53
1,16
1,50
4,89
3,04
4,51
0,53
8,84
F
FS
F
FL
FS
SF
FA
F
F
F
F
FS
SF
SF
F
SF
SF
Risaiainsommersione
Cerealicoloezootecniadalatte
Risaiainasciutta
conconcimazioneazotata
Cerealicolo
Aziendacerealicola
Aziendacerealicola
Rotazioneorticole
(anguriaͲmelone)ecereali
RotazionemaisͲfrumentoͲpomodoro
Cerealicoloeorticoleinrotazione
VignetoFranciacorta
VignetoFranciacorta
VignetoFranciacorta
Orto
Pratodirisorgiva
Pratopascolodipianura
SuologolenaledelPo
Ortodifasciapedemontana
(*):F=Franco;A=Argilloso;S=Sabbioso
(%)
Tabella1.Frazionamentodellasostanzaorganicadeisuolipiùsignificativi.
Descrizionedelsito
Classe
Ctotale
tessiturale(*)
0,54
0,20
1,07
0,95
1,34
4,23
2,47
2,73
0,42
5,68
0,81
0,21
0,61
0,85
0,79
0,19
0,49
(%)
Labile
0,52
1,00
0,43
0,18
0,12
0,47
0,44
1,53
0,04
0,95
0,34
0,83
0,11
0,28
0,11
0,85
0,33
(%)
Protetto
0,08
0,22
0,04
0,04
0,05
0,19
0,14
0,25
0,06
2,20
0,17
0,18
0,14
0,05
0,10
0,12
0,10
(%)
Recalcitrante
PercentualirispettoalCtotale
47,0
13,9
69,8
81,5
89,2
86,4
81,2
60,6
78,5
64,3
61,5
17,3
70,9
71,5
79,1
16,1
52,6
(%)
Labile
46,0
70,7
27,80
15,39
7,71
9,60
14,29
33,9
8,06
10,77
25,6
67,8
13,0
23,9
11,28
73,6
36,14
(%)
Protetto
7,00
15,46
2,38
3,10
3,14
3,97
4,49
5,45
10,83
24,91
12,98
14,88
16,00
4,57
9,62
10,26
11,29
(%)
Recalcitrante
RipartizionedelCorganiconelsuolo
Laletteraturasuggerisceinfatti,medianteradiodatazione
al 14C,cheilcarboniochevienerimossodaltrattamento
con NaOCl ha un’età media definita “moderna”, ovvero
quantificabile in decadi o pochi secoli (Mikutta et al.,
2006).Unamancataecorrettagestionedelsuoloedegli
apporti di fertilizzanti organici può probabilmente
contribuireaunrapidocalodellivellodifertilitàintempi
relativamente brevi. Viceversa, la frazione di carbonio
recalcitrante,ovverolafrazioneacuinelloschemadella
Figura 2 viene associata la proprietà di ammendante, è
quellamenopresente;lasuapercentualeèmediamente
pari al 7.4%. La ridotta presenza di questa frazione
potrebbe essere imputabile al tipo di sfruttamento per
fini agricoli ma soprattutto alla tipologia e alla quantità
degli apporti di sostanza organica. Il carbonio
recalcitranteèingradodiconservarsigraziealleproprie
caratteristichechimicheestrutturali(Papaetal.,2013):è
stato dimostrato come tale carbonio sia soprattutto
costituito da polisaccaridi di pareti cellulari o cutine e
suberinedipianteeradici(Dungaitetal.,2012;Mikutta
et al., 2006). L’aumento di tale frazione potrebbe
contribuire non solo al mantenimento della fertilità, ma
ancheallostoccaggiodelcarbonionelsistemasuolo.Una
percentualeridottapuòesseretestimonedelfattochelo
sfruttamento del suolo per le produzioni agricole ha
lentamente consumato le risorse carboniose del suolo.
Anche in questo caso una corretta gestione dovrebbe
provvedereall’apportodimaterialeorganicochesipossa
conservareechepossaesplicareuneffettoammendante
per i suoli. Riguardo al tempo di persistenza di questa
frazionecarboniosa,laletteraturaètutt’oggicontroversa
eglistudisonoattualmenteincorso.
RICADUTEOPERATIVEECONCLUSIONI
Il nuovo approccio analitico per lo studio della sostanza
organica del suolo e la sua conservazione, ha permesso
di capire quelle che sono le effettive dinamiche che
portano all’arricchimento o all’impoverimento dei
terreni, abitualmente utilizzati in campo agricolo. Il
frazionamento della sostanza organica ha reso evidente
come ogni suolo sia soggetto a dei meccanismi che
dipendono da molteplici fattori, che possono essere sia
diorigineantropicasianaturale.
Grazie allo studio mediante nuove metodologie e nuovi
approcci scientifici, è possibile non solo capire la
dinamica della conservazione del carbonio organico, ma
valutareinqualecasosiapiùnecessariointervenireperil
mantenimento della fertilità del suolo, garantendo una
buonaresainterminicolturalieagricoli.
Grazieallevalutazionichederivanodall’isolamentodelle
frazioni di carbonio organico del suolo, è possibile
effettuare una diagnosi dello stato di sfruttamento del
suolo stesso e del suo livello di fertilità: la corretta
gestione del suolo permette la conservazione delle
frazionidicarbonioorganicoperperiodiditempomolto
lunghi. Un incremento del contenuto di carbonio
organico mediante l’apporto di biomasse con potere
concimante e ammendante, per esempio letame e
digestato, migliora e stabilizza i parametri chimicoͲfisici
delsuolostesso.
Lo studio ha permesso di definire che l’apporto di
sostanzaorganicacontribuisceall’arricchimentodelletre
frazioni di carbonio organico presenti nel suolo. Di
queste, solo due garantirebbero il miglioramento delle
caratteristichechimicoͲfisichediunsuolo,inquantouna
parte di esse non è utilizzabile nel breve e medio
periodo,conservandosialsuolo.Lafrazioneprotettadai
minerali,infatti,noncollaboraall’aumentodellafertilità
del suolo in quanto tale componente non può essere
mineralizzata dai microrganismi, ma ricoprirebbe
un’importanza di carattere prettamente ambientale, in
quantorappresentailpooldicarboniostoccatonelsuolo
esottrattodunqueall’atmosfera.Sièdimostratoinvece
come le restanti frazioni, il carbonio labile e il carbonio
recalcitrante, sarebbero fondamentali per definire e
mantenere un livello di fertilità adeguato per le
produzioni agricole. Il continuo e adeguato apporto di
sostanza organica migliora le caratteristiche del suolo e
le“prestazioni”alivellocolturale.
Grazie alle nuove ricerche e ai nuovi approcci analitici
riguardo lo studio della conservazione della sostanza
organica nel suolo, è stato possibile applicare tali
conoscenze anche alla realtà agricola lombarda. Il
frazionamentoeladeterminazionedelcarbonioorganico
hanno permesso di studiare i suoli agricoli lombardi in
modo del tutto innovativo che ha permesso altresì di
ribadire l’importanza della sostanza organica e dunque
dellacorrettagestionedellastessa.
Grazie al frazionamentodella sostanza organica, è stato
possibile definire che i suoli agricoli sono prettamente
caratterizzati da un carbonio che potrebbe essere
consumato nel breve e medio periodo e che
contribuirebbe sì a garantire un buon livello di fertilità,
ma si consumerebbe altrettanto velocemente. Si è visto
infatticomequestocarboniocontribuiscaamigliorarele
caratteristiche chimicoͲfisiche del suolo ma non è in
gradodiconservarsiperlungotempo.
È stato possibile confermare quella che è la probabile
funzione nel suolo della frazione recalcitrante, ovvero
l’effettoammendante.Talefrazioneèperòquellameno
presente, suggerendo che probabilmente lo
sfruttamento del suolo non è accompagnato da un
adeguatoapportodisostanzaorganica.
L’impiego di ammendanti e concimi organici quali
letame,digestato,separatisolidi,etc,sonoingradonon
solo di apportare dei benefici immediatamente
apprezzabili che si riflettono sulle performance delle
coltureagricole,masonoingradoanchedimiglioraree
stabilizzarelecaratteristichechimicoͲfisichediunsuolo,
garantendo il perdurare o l’aumento del suo livello di
fertilità.
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