La classificazione dei rifiuti - AIVI Web TV

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La classificazione dei rifiuti: quadro normativo di
riferimento e panorama sanzionatorio
Avv. Angelo Merlin ([email protected])
Docente di diritto ambientale al master in “Caratterizzazione e risanamento siti contaminati”
UNIVERSITA’ CA’ FOSCARI VENEZIA
Confindustria Vicenza
13 Marzo 2014
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L’importanza di una corretta classificazione dei rifiuti
•  Varie
disposizioni normative, anche di secondo livello, esprimono il
principio generale che, per una corretta gestione dei rifiuti, il
produttore ha l’onere di osservare la massima diligenza fin dalla fase
di classificazione iniziale del rifiuto al fine di individuare il regime
giuridico di riferimento
•  La classificazione dei rifiuti è la fase preliminare ed indispensabile
per poter “gestire” correttamente tutte le fase che vanno dalla
predisposizione dei documenti amministrativi (registri, FIR, etc…) al
controllo dell’eventuale deposito temporaneo e/o delle autorizzazioni
al deposito, all’intermediazione, al trasporto sino al recupero ed allo
smaltimento finale
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L’assegnazione del codice CER
• 
Secondo quanto previsto dal Catalogo Europeo Rifiuti (CER),
aggiornato nell’anno 2002, ogni rifiuto è identificato da un codice
numerico di 6 cifre, dove ciascuna coppia di numeri identifica la
classe, la sottoclasse e la categoria
•  L’assegnazione del codice CER ad un rifiuto rispetta una procedura
precisa indicata ai punti 2. – 3. (3.1, 3.2, 3.3 e 3.4) all’Allegato D
alla Parte IV del d.lgs. n. 152/2006 che deve essere applicata con
molta attenzione rispettando la sequenza operativa descritta
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Pericoloso o non pericoloso ?
•  Sono
classificati sempre pericolosi i rifiuti che, in base alla loro
origine e composizione, sono indicati nell’Allegato D con un
asterisco “*” e senza voci a specchio (art. 184, comma 5°, del d.lgs.
n. 152/2006)
•  Sono classificati come pericolosi i rifiuti aventi voce a specchio
“solo se le sostanze raggiungono determinate concentrazioni tali da
conferire al rifiuto in questione una o più proprietà di cui
all’Allegato I” (punto 5 dell’Allegato D al d.lgs. n. 152/2006). •  “Nel caso in cui siano presenti le c.d. voci a specchio va effettuata
la verifica delle caratteristiche di pericolo….” (cfr. Cass.pen.,
sez.III, 8.3.2013 – ud. 22.1.2013 – nr. 10937)
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Pericoloso o non pericoloso ? (segue…)
•  Il punto 5 dell’Allegato D al d.lgs. n. 152/2006 fa riferimento in
modo indistinto e generico a tutte le caratteristiche di pericolo
elencate nell’Allegato I che le contiene tutte da H1 a H15
•  Il rischio di una sostanza deriva dalla sua concentrazione e quindi la
norma vincola la verifica del possesso o meno di tali caratteristiche al
fatto che le sostanze pericolose superino nel rifiuto stesso
“determinate concentrazioni”
•  Allo stato attuale soltanto per alcune caratteristiche di pericolo (H3,
H4, H5, H6, H7, H8, H10, H11) sono previste le concentrazioni
limite che non possono essere superate, mentre per le altre
caratteristiche (H1, H2, H9, H13, H14 e H15) non sono previste, al
momento, soglie limite 5!
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La nuova definizione di rifiuto pericoloso
•  Art. 184 comma 4° del d.lgs. n. 152/2006: “sono rifiuti pericolosi
quelli che recano le caratteristiche di cui all’Allegato I della parte IV
del presente decreto” •  Allegato I contiene 16 caratteristiche di pericolo e due importanti
note che rinviano alla pertinente normativa sulle sostanze pericolose
•  in base a queste norme la valutazione sulle caratteristiche di
pericolo devono essere fatte anche “in assenza di asterisco” (e di
codice a specchio) nell’elenco dei rifiuti ? (tesi sostenuta da alcuni
organi di controllo !)
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Solo i codici con asterisco possono essere pericolosi: 5
argomenti
1.  Par. 3, 3.1, 3.2 e 3.3 della Introduzione all’Allegato D: prevede
una precisa procedura per la classificazione del rifiuto (si parte
“dalla fonte che genera il rifiuto”)
2.  Nuovo art. 184 comma 5° del d.lgs. n. 152/2006 e art. 7.1
Direttiva: natura vincolante dell’elenco per i rifiuti pericolosi (cfr.
anche Par. 3.4. della introduzione all’Allegato D: “I rifiuti….con
un asterisco sono rifiuti pericolosi”)
3.  Par. 3.6 della Introduzione all’Allegato D: precisa procedura –
notificazione alla Commissione – per lo “Stato membro” (non
una singola autorità) che desideri “considerare come pericolosi”
rifiuti che non figurano come tali nell’elenco
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Solo i codici con asterisco possono essere pericolosi: 5
argomenti (segue…)
4. 14° “Considerando” della Direttiva: “…mantenere il sistema con
cui i rifiuti pericolosi sono classificati……al fine di garantire una
classificazione armonizzata…..”
5. Ragionare diversamente renderebbe prive di significato le norme
indicate e questo sarebbe contrario a basilari regole interpretative
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Solo i codici con asterisco possono essere pericolosi: 5
argomenti (segue…)
Il parere congiunto dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e dell’ISPRA
prot. n. 40832 del 29.09.11 ha confermato (cfr. 1.2 delle premesse al parere)
che:
“In base a quanto stabilito dall’Allegato D alla parte IV del d.lgs. n.
152/2006, la verifica della sussistenza delle caratteristiche di pericolo di
cui all’allegato I (…) è richiesta, ai fini della classificazione,
esclusivamente per i rifiuti identificati da voci specchio. Infatti, i rifiuti per i
quali l’elenco europeo non prevede voci specchio sono automaticamente
classificati con il pertinente codice pericoloso o non pericoloso (…). Per
tali rifiuti l’attribuzione del codice è, quindi, automatica e non è
subordinata alla verifica della sussistenza delle caratteristiche di
pericolo”.
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Rischi penali connessi all’errata classificazione dei rifiuti
•  La
scorretta classificazione non è, di per sé, sanzionata da alcuna
norma
•  L’errata classificazione può, però, condurre alla commissione di
diversi reati puniti con sanzione penale (gestione di rifiuti non
autorizzata, traffico illecito di rifiuti)
•  Il legislatore ha previsto una sanzione aggravata (e non soggetta
all’istituto dell’oblazione speciale ex art. 162-bis del c.p.) nel caso in
cui il reato di gestione non autorizzata di rifiuti sia commesso con
riferimento ai rifiuti pericolosi
•  La commissione dei succitati illeciti comporta anche la
responsabilità da reato delle persone giuridiche (art. 25-undecies,
comma 2°, lett. b), f) e d) del d.lgs. n. 231/01)
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Rischi penali e responsabilità soggettive nella filiera dei
rifiuti
•  La corretta classificazione del rifiuto è a carico del produttore (art.2 D.M.
3.8.2005 – art.7 d.lgs. n.133/2005 – art. 8 D.M. 5.2.1998) il quale è
responsabile per i reati di illecita gestione derivanti dall’omessa o erronea
classificazione. •  “Grava sul produttore l’obbligo di effettuare le analisi di caratterizzazione
dei rifiuti” (cfr. Cass.pen., sez. feriale, 13.11.2012 – ud. 30.8.2012 – n. 43886)
•  “dall’esame degli articoli 188, 193 e ss del d.lgs. n.152/2006 tutti i soggetti
che intervengono nel circuito della gestione dei rifiuti sono responsabili non
solo delle operazioni da essi stessi poste in essere ma anche di quelle dei
soggetti che precedono o seguono il loro intervento mediante l’accertamento
della conformità dei rifiuti a quanto dichiarato dal produttore, sia pure tramite
la verifica della regolarità degli appositi formulari, nonché la verifica delle
prescrizioni delle autorizzazioni” (cfr. Cass.pen., sez.III, 10.4.2012 - ud.
28.2.2012 - n. 13363)
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Rischi penali e responsabilità soggettive nella filiera dei
rifiuti (segue…)
•  All’esecuzione di analisi chimiche, successive a quelle del produttore si dovrà ricorrere, a
tutela della propria posizione, tutte le volte in cui, usando la normale diligenza che l’ambito
professionale di appartenenza richiede, vi siano elementi per dubitare che le caratteristiche
dei rifiuti conferiti corrispondano a quelle riportate nel formulario di identificazione o
rientrino nei limiti della propria autorizzazione
•  “il terzo comma dell’art.11 del D.Lgs. n.36/2003, che è entrato in vigore senza proroghe,
pone a carico del gestore di una discarica una serie di obblighi precisi che lo configurano
come principale responsabile della ammissione dei rifiuti, in quanto spetta al gestore il
potere-dovere di controllare la caratterizzazione del rifiuto effettuata dal produttore che lo
conferisce. In particolare, il gestore deve controllare la documentazione relativa ai rifiuti,
verificare la conformità ai criteri di ammissibilità nella discarica delle caratteristiche dei
rifiuti indicate nel formulario di identificazione, effettuare l’ispezione visiva di ogni carico di
rifiuto conferito, primo e dopo lo scarico, e verificarne la conformità alle caratteristiche
indicate nel formulario di identificazione, effettuate le verifiche analitiche della conformità
del rifiuto ai criteri di ammissibilità”, cfr. Cass.pen. sez.III, 02.03.09 (ud. 29.1.09), n.9192
e Cass.pen., 03.10.08 (ud. 07.05.08), n.37559 12!
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Rischi penali e responsabilità soggettive nella filiera dei
rifiuti (segue…)
“non può legittimamente pretendersi dal trasportatore la verifica di dati
riscontrabili attraverso attività di analisi, uso di particolari tecnologie o
strumentazione tecnica, ma il riferimento alla normale diligenza richiesta in
relazione alla natura dell'incarico rende altrettanto evidente che il trasportatore
deve considerarsi comunque un soggetto tecnicamente competente in relazione alla
tipologia di attività svolta, nella quale risulta professionalmente inserito e non può,
quindi, invocare la sua completa ignoranza circa la natura di quanto trasportato o
disinteressarsi del tutto della natura effettiva del carico o della sua destinazione
finale. La richiesta diligenza, inoltre, può ritenersi palesemente mancante
allorquando taluni elementi sintomatici, quali, ad esempio, la quantità dei rifiuti, il
loro stato di conservazione o confezionamento per il trasporto, le modalità di
ricezione del carico, quelle di trasporto o la destinazione del rifiuto rendano
evidente o, comunque, facilmente riscontrabile, la discrepanza tra documentazione
e realtà” (cfr. Cass.pen., sez.III, 09.04.2013 – ud. 14.3.2013 – nr. 16209)
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Le cautele procedimentali a tutela dell’Ente
  Il modello organizzativo ex d.lgs. n. 231/01 dovrà prevedere una apposita
procedura per disciplinare le seguenti fasi: attribuzione del codice CER,
caratterizzazione del rifiuto, gestione dei rapporti con i laboratori di analisi
  Nella gestione dei rapporti con i laboratori di analisi è bene ricordare che la legge
non disciplina le cautele da osservare per arrivare ad una corretta e credibile
qualifica del rifiuto ma, impone un obbligo di risultato, consistente nella
rispondenza al vero della classificazione (è previsto il reato di falso nella
certificazione analitica, art. 258 comma 4°, ultimo cpv d.lgs. n.152/2006)
  L’attività finalizzata alla redazione del certificato di analisi richiede il concorso
della (1) conoscenza di elementi di fatto e (2) l’applicazione ad essi di specifiche
conoscenze tecniche. Al primo profilo attiene tutto ciò che concorre a descrivere
compiutamente il ciclo di produzione del rifiuto, mentre rientrano nel secondo
l’attività di campionamento e di analisi mediante la scelta di un laboratorio idoneo.
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Le cautele procedimentali a carico dell’Ente (segue…)
  Le decisioni del produttore in ordine all’impostazione dei rapporti con il
laboratorio di analisi possono assumere rilevanza ai fini della valutazione
della colpevolezza: è evidente che la mancanza di procedure trasparenti in
sede di caratterizzazione, la consegna di campioni in assenza di precise
indicazioni sulla provenienza e, in genere, comportamenti caratterizzati da
contraddittorietà possono essere letti come “indici sintomatici” della
volontà di non rispettare la legge od eluderne lo scopo;
  “Appare infine egualmente logico sostenere – alla luce del quadro di
riferimento esaminato che l’attività dell’imputato, sostanziatasi nel fare
analizzare da un laboratorio provato solo 5 Kg di materiale a suo dire
scavato nel cantiere, corrobori la tesi di un comportamento complessivo
tendente ad eludere le disposizioni vigenti”, (cfr. Cass .pen., sez. III,
01.02.2009, n. 49826).
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