La Chrysler (Fiat) ritira 870 mila Suv per problemi ai freni. È accaduto anche con General Motors, Porsche e Toyota. Ma per Marchionne è la prima volta Giovedì 3 aprile 2014 – Anno 6 – n° 92 € 1,30 – Arretrati: € 2,00 Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230 Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009 UN PREGIUDICATO AL QUIRINALE BERLUSCONI RICATTA IL GOVERNO A sette giorni dalla decisione del Tribunale sulla sua detenzione, B. si fa ricevere dal capo dello Stato. “Si è parlato di riforme, soprattutto di Italicum”. Il messaggio del Caimano Marra e Nicoli » pag. 5 è chiaro: salvacondotto contro la Giustizia oppure guerra in Parlamento dc VENETO, IL DRAMMA E LA COMMEDIA OPERAZIONE DEI GIUDICI DI BRESCIA E DEI CARABINIERI. LA LEGA CONTRO LE TOGHE Il ritorno dei Serenissimi In manette 24 secessionisti (con Forconi) per terrorismo di Peter Gomez er raccontare davvero cosa sta accadendo in Veneto non servono le trascrizioni delle inP tercettazioni, la contabilità degli arresti o i dati, verosimilmente gonfiati, sull’affluenza al referendum on line per l’indipendenza della regione. Se si vuole essere seri e non fermarsi alle foto del “Tanko” o alle prevedibili discussioni sui colloqui telefonici degli arrestati, spesso sospesi tra le rodomontate fantozziane e l’eversione vera e propria (“Bisogna far saltare le banche... ci sarà una piccola parte dei Carabinieri che starà dalla parte degli insorti), è meglio invece salire in auto e percorrere la Pontebbana a Treviso o la Strada del Santo a Padova. Lì la lunga teoria di capannoni sfitti o in vendita, fotografa meglio di ogni statistica un territorio che nel giro di sette anni ha perso 10,5 punti di Pil ed è tornato sotto i livelli del 2000. In Veneto più di 20 mila imprese hanno chiuso nell’ultimo lustro, i disoccupati sono ormai 195 mila e il reddito medio nel 2013 è sceso di 600 euro. Il tutto mentre la regione ha continuato a versare 70 miliardi di tasse all’anno allo Stato, ricevendone indietro meno di 50. Per questo è facile immaginare che, al di là di ogni evidenza (progettare la secessione armata è un reato grave), i 24 arrestati saranno visti da molti corregionali come dei martiri. Col rischio che presto altri indipendentisti ci riprovino. L’anarchico russo Michail Bakunin, che di insurrezioni se ne intendeva, spiegava: “La rivoluzione è più un istinto che un pensiero: come istinto agisce e si propaga, e come istinto darà le sue prime battaglie”. E in Veneto, ma non solo, l’istinto di rivolta c’è. Non per nulla l’istituto di sondaggi Demos, molto più credibilmente dei referendum on line, il 24 marzo ha scoperto che il 55% dei veneti è favorevole all’idea dell’indipendenza, anche se molti si accontenterebbero di “parlamentari migliori” (30%) e di un “federalismo vero” (20%). I cittadini, dopo essere stati ingannati dalla Lega, non chiedono solo più lavoro e meno tasse. Pretendono pure politici onesti legati al territorio. A Roma, dove si riforma la legge elettorale per garantire ai partiti un altro Parlamento di nominati, è forse il caso che qualcuno se ne accorga. Prima che sia troppo tardi. y(7HC0D7*KSTKKQ( +[!"!&!"!@ 17 anni dopo il blitz di piazza San Marco a Venezia, rientrano in azione gli estremisti indipendentisti che vogliono separare il Veneto dall’Italia. Sequestrata in un magazzino una ruspa trasformata in “Tanko” artigianale con tanto di cannone. Il Carroccio difende gli indagati: “I magistrati non ci fermeranno” Milosa e Vecchi » pag. 2 - 3 » STATO-MAFIA » Crollano dopo 18 mesi le accuse al pm di Palermo Di Matteo assolto dal Csm Ora vogliono scippargli il processo sulla Trattativa LA LETTERA “Sono un cliente delle baby-squillo, vi racconto come ci sono cascato” ì, sono stato in quell’appartamento. Ho più di 35 anni S e sono single, lavoro normale, vita normale, amici e palestra. Una sera di ottobre mi è venuta voglia di compagnia, ma senza complicazioni. » pag. 10 Si chiude l’azione disciplinare avviata su input del Colle per un’intervista sulle telefonate Mancino-Napolitano. Il 18 aprile verdetto in Cassazione sulla richiesta di Mori & C. di trasferire tutto a Caltanissetta Mascali » pag. 8 LA PRIMA MOGLIE Hollande si affida all’usato sicuro: riecco al governo Ségolène Royal INTERVISTE IMPOSSIBILI Parla il cocktail Martini: “Piacevo agli scrittori, ora si beve peggio” Delbecchi » pag. 14 LA CATTIVERIA Renzi difende la riforma del Senato: “Non sarà più elettivo”. Come la Camera » www.forum.spinoza.it De Micco » pag. 12 Che fai, li cacci? di Marco Travaglio on tutta la riforma costituzionale targata Renzi è da buttare. Oltre ai pericoli autoN ritari e funzionali insiti nel combinato disposto fra Italicum e Senato di serie B, c’è anche qualcosa di buono: la riforma del Titolo V della Costituzione per eliminare le follie della Bassanini del 2001 che – per compiacere la Lega – regalava troppe competenze alle Regioni e creava un’infinità di conflitti con lo Stato; e soprattutto l’abolizione dei rimborsi ai gruppi consiliari (rubati a man bassa da quasi tutti i partiti, come dimostrano le “Rimborsopoli” che vedono 18 consigli regionali su 20 indagati, perlopiù in blocco, per le varie Rimborsopoli) e la riduzione delle indennità sotto quella del sindaco del capoluogo. Il sospetto, però, è che si tratti del solito pacco dono rutilante e infiocchettato per occultare la sorpresa nascosta all’interno. Un po’ come la riduzione del numero dei parlamentari, usata da Lega e centrodestra nel 2006 per coprire i guasti della Devolution (poi fortunatamente bocciata nel referendum confermativo). In ogni caso Renzi ha ragione quando dice che abolire i rimborsi ai gruppi regionali significa “mai più Rimborsopoli”: col suo fiuto da cane da trifola, ha colto l’impatto devastante dello spettacolo di quelle orde di cavallette intente ad arraffare a spese dei contribuenti mutande verdi, libri porno, tinture per capelli (per un consigliere pelato), chewingum, pecore, Redbull, Suv, salsicce, mazze da golf, caldaie, caramelle, frigoriferi, gelati, tergicristalli, campanacci per bovini, corni d’avorio, feste di nozze, gorgonzola, saune, night club, cenoni di Capodanno, aeroplani di carta, camere d’albergo per amanti, spazzolini da denti personalizzati con le iniziali, cravatte, salatini, finimenti per carrozze. Ma questo rende incomprensibile la sua indifferenza ai sottosegretari inquisiti del suo governo. Lasciamo pure da parte i casi del ministro Lupi e del sottosegretario Bubbico, l’uno indagato l’altro imputato per nomine fuorilegge (abuso d’ufficio): fermo restando che nelle altre democrazie ci si dimette per molto meno, si tratta di atti amministrativi sulla cui legittimità decideranno i giudici. Ma gli altri tre sottosegretari inquisiti, Vito De Filippo, Francesca Barracciu e Umberto Del Basso De Caro, sono accusati di peculato per le Rimborsopoli di Basilicata, Sardegna e Campania. De Filippo per 3 mila euro (che dice di aver speso in francobolli), Barracciu per 33-45 mila (a suo dire per la benzina di viaggi istituzionali da giro del mondo), De Caro per 11 mila (“attività politiche” mai documentate). Qui i processi servono a stabilire se la vecchia legge sui rimborsi regionali, ora modificata, coprisse anche le spese non giustificate, o se invece sia stata violata e giustifichi le accuse di peculato e in certi casi di truffa alle Regioni. Ma i fatti sono certi, tant’è che gli indagati non contestano di aver speso quelle somme: dicono solo che la legge lo consentiva. Ce n’è abbastanza per affermare che hanno dilapidato denaro pubblico. Il che, reato o meno, li rende indegni di stare al governo con “disciplina e onore”. Renzi può farsi raccontare dal suo neoamico Cameron che ne è stato dei deputati inglesi sorpresi a fare la cresta sulle note spese: tutti fuori dal Parlamento, qualcuno in galera. Del resto fu lui stesso a stabilire che la Barracciu non poteva candidarsi a governatore di Sardegna pur avendo appena vinto le primarie. Salvo poi promuoverla sottosegretario ai Beni culturali. E che dire di De Caro, sottosegretario alle Infrastrutture, che sarà presto imputato dopo l’avviso di chiusura indagini? Un premier serio lo caccerebbe solo per quel che ha detto: “Non rendicontavo le spese perché la legge non lo prevedeva”. Ma nemmeno una bocciofila rimborsa le spese ai dipendenti senza scontrini. Poi il sottosegretario lancia un avvertimento: “Sono il parlamentare più votato alle primarie del Pd”. L’altro è Francantonio Genovese, quello col mandato di cattura. A questo punto Renzi dovrebbe decidere una buona volta che cos’è e che cosa dev’essere il Pd. 2 A VOLTE RITORNANO GIOVEDÌ 3 APRILE 2014 PATRIZIA BADII, una delle 24 persone arrestate ieri nell’operazione contro i secessionisti, era stata ricevuta a Roma martedì dalla commissione Agricoltura del Senato per un’audizione sui problemi degli allevatori. Lo ha riferito all’Ansa Mariano Ferro, già leader del Popolo dei Forconi, e divenuto nei mesi scorsi con la stessa Badii e Lucio Chiavegato (anch’egli finito in manette) portavoce del “Coordina- Prima l’audizione in Senato, poi le manette il Fatto Quotidiano mento 9 Dicembre”, l’ala moderata dei forconi, che ha ancora il presidio a Soave (Verona). Con la Badii sono stati ascoltati, lo stesso Ferro e altre quattro persone, rappresentanti dei movimenti che portano avanti le rivendicazioni degli agricoltori. Tra questi anche Eugenio Rigodanzo, già leader dei “Cobas Latte”, indagato per aver tentato di introdursi da una finestra nell’ufficio del sindaco Flavio Tosi. SERENISSIMI ATTO SECONDO: “IL TANKO È PRONTO A SPARARE” DOPO 17 ANNI DAL BLITZ A VENEZIA, ARRESTATI 24 SECESSIONISTI. PREPARAVANO AZIONI ECLATANTI PER SEPARARE IL VENETO. SONO ACCUSATI DI TERRORISMO di Davide Milosa i avevamo lasciati in piazza San Marco a Venezia a bordo di un carro armato artigianale, in tuta mimetica e armati di un mitra. Era la mezzanotte dell’8 maggio 1997. Poche ore e l’occupazione degli uomini della “Veneta serenissima armata” fu sciolta dai reparti speciali dei carabinieri. Diciassette anni dopo li ritroviamo di nuovo alle prese con mire indipendentiste e ancora dotati di pala cingolata, blindata e armata con un pesante mitraglietta di fabbricazione Na- L to. “Un potente e poderoso Tanko, un carro armato gigantesco! Questa volta sono i mezzi più grossi e fanno fuoco davvero”. ABBATTERE LO STATO Il con- cetto, ridotto all’osso, è questo: “Se incidi il cristallo dell’indivisibilità, l’impatto mediatico sarà roboante”, perché “l’indipendetismo non è di destra né di sinistra, ma noi non siamo un movimento anti-casta come Grillo, l’obiettivo è quello di abbattere lo Stato”. Parole sottoscritte da Tiziano Lanza uno degli animatori dell’Alleanza, associazione creata nel 2012 e Il sindaco Flavio Tosi “Quei magistrati devono stare calmi” di Alessandro Ferrucci eve star calma, anzi devono star calmi”. Sindaco, quindi condanna i “separatisti” arrestati dalla Procura di BreD scia? “No, non mi riferisco a loro, ma ai magistrati che hanno preso questa decisione assurda”. Flavio Tosi, 45 anni, primo cittadino di Verona dal 2007, fa parte (in teoria) dell’ala morbida della Lega, la più dialogante. Quella non secessionista. Tracce della sua calma restano nel tono della voce e nel tempo di reazione alla risposta. Meno nei concetti espressi. Quindi lei derubrica l’episodio a semplice errore giudiziario? È un autogol clamoroso, un’azione abominevole e ridicola con la quale si dà una valenza politica e una legittimità assurda al nulla. Nelle intercettazioni si ipotizzano interventi duri, anche con l’utilizzo delle armi... Ma dai! Anche io al bar dico cazzate, ma restano lì. Altrimenti andrebbe in galera mezza Italia, e l’altra mezza sarebbe a rischio. PAROLE AL TELEFONO Stiamo costruendo un altro carro armato gigantesco! Saremo in 800 con maschere antigas, qualcuno con mitra”.“Questa volta sono i mezzi più grossi e fanno fuoco davvero” pensata come vertice e camera di compensazione di più sigle secessioniste: venete, lombarde, ma anche campane, siciliane, sarde. In questa storia parole e concetti sono decisivi. A chiudere il tutto, un bel po’ di capi d’imputazione che vanno dall’associazione con finalità di terrorismo all’eversione dell’ordine democratico alla fabbricazione e detenzione di armi da guerra. Queste le accuse per le quali ieri il Ros di Brescia ha eseguito 24 ordinanze di custodia cautelare (22 in carcere e 2 ai domiciliari). L’EVERSIONE Tra gli indagati Franco Rocchetta, ex parlamentare, fondatore della Liga Veneta e promotore del referendum per la secessione della regione governata da Luca Zaia. Carcere anche per Lucio Chiavegato, leader dei Forconi veneti. C’è poi Giancarlo Orini, 74 anni, candidato, nel 2008, alla poltrona di sindaco di Brescia. E Roberto Bernardelli, ex assessore a Milano, consigliere regionale, imprenditore nel settore alberghiero con interessi nel Casertano. Bernardelli rappresenta uno dei finanziatori del movimento. Coinvolti con il ruolo di ideologi Luigi Faccia e Flavio Contin. IL GIP: “DISEGNO AMPIO” Durissime le parole del gip Enrico Ceravone. Secondo il giudice “i dirigenti dell’associazione hanno delineato un disegno eversivo molto più ampio”dei Serenissimi del 1997, “perseguendo la saldatura di più movimenti separatisti che dovrebbero collaborare nell’attacco all’unità dello Stato”. Di “REALISTI E FANATICI” Contin, uno dei serenissimi del 1997, intercettato nel 2012 spiega il piano. “Siamo solo noi altri che possiamo cambiare la storia (...) Dal ‘97 in qua tutti i tentativi politici ce l’hanno fatto prendere in quel posto”. Quindi conclude: “Bisogna essere realisti ma in maniera fa- natica, altrimenti non ce la facciamo, perché abbiamo due nemici: lo Stato italiano e il tempo”. Luigi Faccia, altro serenissimo della prima ora, conferma: “Noi non siamo qua a giocare, noi stiamo rischiando il tutto per tutto, perché se vo- gliamo giocare possiamo andare avanti all’infinito”. La volontà c’è, il progetto anche. Spiega Lanza: “Nel 1997 c’erano otto persone, ma ora l’alleanza è straordinaria e nessuno si farà arrestare, perché il governo Veneto non sarà qua DA ROCCHETTA, EX SOTTOSEGRETARIO E PROMOTORE DEL REFERENDUM, AL MOVIMENTISTA CONTIN i chiama Veneto Stato, è il S partito regionale indipendentista nato nel 2010, da cui Mi fanno solo sorridere. Chi vuoIl sindaco di Verona, le il Veneto indipendente è una Flavio Tosi Ansa parte minoritaria, sono i più avvelenati, i disperati, quelli pronti a protestare per qualsiasi cosa. In particolare? Contro lo Stato e la spesa pubblica inefficiente Insomma, per lei sono tutte persone tranquille... Alcuni di loro li conosco, con Franco Rocchetta siamo amici da vent’anni: pericolosità sociale pari a zero. Amici suoi... Qualcuno mi sta anche antipatico. Ma la vicenda è molto simile a quella di Venezia, con il Campanile. In sintesi: per lei la magistratura ha sbagliato. Eccome. È una repressione. Devono star calmi, non possono fare così. Il mezzo cingolato sequestrato non sembra così ridicolo. Ma per favore, lo ha visto? Appunto. Twitter: @A_Ferrucci La ruspa trasformata in carro armato. Sotto, il Tanko del ‘97 Ansa L’alleanza tra Liga e Forconi Quindi i secessionisti non la preoccupano... Insisto, non sono un secessionista, e quelle persone le conosco. La libertà di opinione va rispettata e questa azione resta assolutamente clamorosa. più: “L’organizzazione prevede un’azione militare in senso proprio, con resistenza armata, per di più coinvolgendo un’ampia platea di manifestanti”. Perché, rivelano le intercettazioni, “contro uno Stato del genere cosa puoi fare c’è da stare solo alla regola del fucile”. Regole, progetti e obiettivi. Lo Stato su tutto. E non, ad esempio, i tralicci, da sempre nel mirino degli eco-terroristi dell’Alto Adige, perché, spiegano gli indipendentisti, “così danneggi il coglione che si sta guardando la partita e che si incazza come una iena”. IN CELLA Flavio Contin e il leader dei Forconi, Lucio Chiavegato Ansa hanno mosso i primi passi sia il leader locale del movimento dei forconi, Lucio Chiavegato, sia Gianluca Busato, promotore del referendum che poche settimane fa, attraverso il sito plebiscito.eu, ha raccolto 2 milioni di voti a favore dell’autonomia veneta. E al netto delle polemiche sull’affidabilità del sistema di voto, con conseguenti dubbi sulla veridicità del risultato, l’istanza indipendentista ha costretto anche la Regione guidata da Luca Zaia a registrare la volontà dei cittadini avviando l’iter per realizzare il referendum. Busato è il volto “formale” dell’indipendenza e non è rimasto coinvolto nel- l'inchiesta. Chiavegato invece è stato arrestato. Leader del movimento “9 dicembre” di Verona, Chiavegato è stato protagonista del presidio dei Forconi, lo scorso dicembre, nei pressi del casello dell’autostrada A4 e già presidente della Life, la Libera Associazione degli imprenditori veneti. Con lui in carcere anche il suo braccio destro, Patrizia Badii, anche lei tra i promotori del presidio veronese di dicembre. IN MANETTE anche il fonda- tore della Liga Veneta Franco Rocchetta, ex parlamentare e sottosegretario, tra i promotori del referendum per la secessione. In carcere pure Luigi Faccia, uno dei componenti storici dei Serenissimi che nel 1997 assaltarono il campanile di San Marco a Venezia. Flavio Contin, a casa del quale ieri è stato sequestrato il tank dell’operazione del 1997, è invece finito ai domiciliari. All’assalto parteciparono 8 persone, tutte condannate in primo grado. Faccia a una pena di 4 anni e 9 mesi di reclusione per la manifestazione (scontati 3 e mezzo ed affidato ai servizi sociali) oltre ad una condanna a 6 mesi di reclusione per associazione sovversiva da parte del Tribunale di Verona: 5 anni e 3 mesi complessivi. Come Contin, neanche Faccia aveva partecipato all’operazione in San Marco ma fu identificato come organizzatore e indicato come presidente del Veneto Serenissimo Governo. Faccia chiese la grazia, ma l’allora mi- A VOLTE RITORNANO il Fatto Quotidiano I CONSIGLIERI LOMBARDI SOLIDALI BOSSI: “UN BLUFF PER FERMARLI” Una bandiera della Serenissima in mano, con un cartello: “Siamo indipendentisti, arrestate anche noi”. Così due consiglieri regionali della Lega Nord in Lombardia, Fabio Rolfi e Jari Colla, si sono fatti immortalare fra i banchi dell’aula del Pirellone in segno di solidarietà con gli indipenden- tisti del Veneto arrestati. E la foto è stata pubblicata sui social network, dove, per tutta la giornata di ieri, diversi militanti del Carroccio hanno utilizzato il medesimo slogan “arrestatemi”. “Lo Stato italiano è sempre più ridicolo e si dimostra una democrazia limitata”,ha spiegato Rolfi, che è vice-capogruppo della Lega al Consiglio lombardo “si arrestano 24 persone spendendo decine di GIOVEDÌ 3 APRILE 2014 3 migliaia di euro di risorse pubbliche in indagini”. Stesso concetto ribadito da Umberto Bossi. “È un bluff - ha speigato l’ex segretario - L'impressione è questa, che stiano bluffando. Quasi sempre quando tirano fuori la storia delle armi contro gli indipendentisti non è vero. È un trucco per fermarli, ma non funziona. Non solo non va bene, ma farà esplodere la rabbia popolare”. “Lo Stato qui è un problema chiede sempre più soldi” A CASALE DI DOSCOSIA, IL PAESE DEI “RIBELLI”, L’EX SINDACO RENATO MODENESE: “QUANDO VEDI ANDARE VIA IN TASSE TUTTO CIÒ CHE HAI COSTRUITO OGNI REAZIONE È COMPRENSIBILE” di Davide Vecchi inviato a Casale di Doscosia Q uattro chilometri di capannoni abbandonati, terreni incolti e villette sbarrate, alcune senza neanche il cartello vendesi. Dismesse anche le due pompe di benzina che si incrociano raggiungendo via Veneto a Casale di Doscosia, dove ieri mattina i carabinieri del Ros hanno sequestrato una ruspa trasformata in carro armato artigianale. Era custodito in uno dei circa 500 capannoni ormai dimenticati persino dai proprietari, tanto che gli indipendentisti Veneti lo hanno usato per tre anni ma in un paese neutrale (Svizzera o Serbia)”. E ancora: “Con le tasse, gli autovelox, i marocchini che continuano ad arrivare, vacca dio neanche più la polizia rimane, questo stato marcio deve cadere”. UN CLIMA DI TERRORE L’o- biettivo è chiaro. Dice Lanza: “Io voglio arrivare a poter dire: andatevene dall’Italia e chiedete perdono per 147 anni di crimini contro la nostra popolazione”. E ancora: “Instaureremo un clima di terrore, restate e morirete (...) . Finalmente la mafia anche qua”. Tradotto: “Tu sei il giudice? Sei quello che ha firmato il pignoramento? Io so dove abiti. Tuo figlio si veste sempre di rosso, tua moglie prima di andare via gli fa una bella carezzina sulla testina gialla”. Inquietante il paragone con le Br. “Durante il processo di Torino alle Brigate rosse ci voleva la giuria popolare, non ne tro- vavano uno, li gambizzavano prima”. “BASTA SUBIRE LA STORIA” Azioni armate, dunque. E di armi gli indagati parlano spesso. Di armi leggere da contrabbandare con organizzazioni criminali albanesi e di armi fatte in casa come il ‘Tanko’ che è “il simbolo dell’indipendenza” e perché “ci permette di essere credibili e di avere il controllo del territorio”. Grazie al Tanko, ragiona il ministro del Tesoro del governo secessionista Corrado Manessi, “i nostri popoli smetteranno di subire la Storia”. In totale i carri armati dovevano essere sei. Ne sarà completato uno, allestito in un capannone a Casale di Scodosia nel Padovano. Qui avvengono la distribuzione degli incarichi e le “investiture” come quella di Riccardo Lovato nominato “responsabile militare della piazza di Venezia”. Gianfranco Rocchetta, fondatore della Liga Veneta Ansa nistro Piero Fassino non diede seguito alle richieste. Tentò poi Roberto Castelli, senza alcun esisto. Ma nel luglio 2011 la Corte di Cassazione ha assolto tre membri del gruppo dalle accuse più gravi: costituzione di banda armata e associazione sovversiva per finalità di terrorismo e di eversione dell'ordine democratico. Personaggi storici della seces- sione, dunque, che nel tempo sono stati affiancati da leader di movimenti nuovi cresciuti e alimentati dal malcontento che in Veneto ha trovato terreno fertile nella volontà sempre più marcata di indipendenza. Agli arrestati è infatti arrivata la solidarietà significativa di molti esponenti della Lega ma soprattutto di Busato. “Apprendiamo notizie che stanno già assumendo i connotati del ridicolo e dell’indecenza, a proposito di arresti di patrioti veneti. Sono questi gli ultimi rantolii dello stato italiano criminale e violento. Esprimo la mia totale solidarietà e vicinanza a tutti i patrioti arrestati questa notte con accuse che appaiono fin d’ora risibili”, ha detto. E ha concluso: "Arrestateci tutti". da. ve. abusivamente. “Ma la crisi è solo una aggravante”, garantisce l’ex sindaco Renato Modenese. Ha lasciato il Comune un anno fa perché si è rifiutato di far pagare le nuove tasse sulle abitazioni ai cittadini di Casale. “Quando vedi andare in tasse tutto ciò che hai costruito ogni reazione è comprensibile”, afferma Modenese. Il Veneto, raccontano i dati di Confindustria, versa nelle casse di Roma 70 miliardi di euro l'anno da oltre dieci anni, ricevendone indietro meno di 50. SU QUESTA strada oggi deserta fino al 2009 c’era la coda di camion, racconta un imprenditore che vive in via Veneto, nella L‘industriale Pietro Marzotto “B. e la politica ci hanno messo in ginocchio” di Emiliano Liuzzi l conte Pietro Marzotto è uomo moderato. Da sempre. Ha guidato il gruppo industriale che porta il suo nome, sede a I Valdagno, ha fatto il presidente della Confindustria, in Veneto. È uno degli autori del miracolo economico che prese il nome di Nord-est. Oggi, solo a sentire parlare di secessionisti, si irrita. Questa volta li hanno arrestati. E lo pseudo popolo separatista promette vendetta. I magistrati avranno avuto i loro buoni motivi. Quelli che invocano la secessione sono grotteschi, non credibili. Anche nelle minacce. C’è un motivo per cui il Veneto è diventato in parte secessionista? Il Veneto è stato messo in ginocchio da vent’anni di pasticci politici. Questa è la realtà, che piaccia o meno. Ci ha messo molto la Lega, anche alimentata dalla credibilità che Berlusconi ha sempre fornito a Bossi. La disperazione dettata dalla crisi ripropone nostalgie stupide e secessioniste. Conte Marzotto, Renzi si è preso il compito di condurre il Paese fuori dalla crisi. Lei ci crede? Crederci non so, non saprei. Sicuramente non vedo altre soluzioni. L’imprenditore veneto, Piero Marzotto Ansa Renziano anche lei? No, ma non mi sembra che ci siano molte alternative. Però questo non vuol dire crederci in maniera assoluta. Insomma, non lo vota. Questo non l’ho detto. Ma è un dettaglio. Piuttosto può scrivere che io sono un italiano e credo in questo Paese. Lo sono sempre stato e continuerò a esserlo. La storia della secessione è una grande fesseria, non ci sarebbe stato un Nord-est senza il resto del Paese, probabilmente non ci sarebbe un’Italia senza Veneto. Ma è veramente monotono e umiliante, oggi, nel 2014, ripetere questo sermone. È una questione molto naturale. Mi meraviglio che qualcuno ci creda ancora. La Lega è stata legittimata spesso dai voti, però. Hanno fatto credere di avere una ricetta per tutti i mali. Io mi vanto di non aver mai avuto niente da spartire con loro. Ripeto, sono italiano. Giusto arrestare i secessionisti, dunque. Se i magistrati lo hanno fatto credo abbiano ragioni e motivi. Assolutamente. casa alle spalle del suo capannone, ormai chiuso. “Lo Stato per noi è diventato un problema quando ha continuato a chiederci soldi che non avevamo più, capisce? Equitalia, l’agenzia delle entrate; prova a spiegargli che i fatturati s’erano ridotti, che per pagare gli operai ti ipotecavi casa... Non ci credevano, sa perché vivo qui? Perché anche per far fallire una azienda devi avere i soldi, capisce? Come si fa a non volere l'indipendenza?”. Sante è uno dei residenti in via Veneto ad aver garantito ai carabinieri ieri mattina di non essersi mai accorti che qualcuno lì vicino costruiva uno pseudo carro armato. In molti si affacciano in strada, pochi escono, nessuno commenta. “L’indipendenza - garantisce Modanese - è sempre stata nell’anima dei veneti che vedono lo Stato centrale come un vassallo medievale cui versare la gabella, ripeto: la crisi è solo un’aggravante, ma nel 1997 quest'area era in pieno boom economico”. La notte dell’otto maggio di 17 anni fa un gruppo della Veneta Serenissima armata arrivò in piazza San Marco a Venezia con il tank battezzato Marcantonio Bragadin e occupò il Campanile. E anche allora il carro armato era stato assemblato a Casale di Doscosia. Ieri i carabinieri lo hanno sequestrato per la seconda volta, era a casa di uno dei cinque membri storici del gruppo indipendentista: Flavio Contin. Lo Stato l’aveva messo all’asta nel 2007 ed è stato acquistato per sei mila euro dal “Comitato in sostegno al movimento 8 maggio” che lo ha riconsegnato a Cantin; lui lo ha conservato nel suo garage, in via Amadeo, dove ieri i militari dell’Arma l’hanno trovato. Contin è ai domicialiari. Sono tantissime le persone che arrivano fuori dalla sua abitazione sperando di salutarlo, esprimere solidarietà e offrire, se serve, aiuto. Moreno Menini e Gilberto Buson, altri due componenti storici dei Serenissimi, non si fanno vedere ma gli arresti di ieri hanno risvegliato ancora di più l’istanza indipendentista. “Secondo me il procuratore lì di Brescia è un nostro sostenitore”, scherza Sante Carraro, altro Serenissimo storico: era l’amico fidato, il braccio destro di Bepin Segato, il “patriota veneto” che fu arrestato perché ritenuto ideologo dell'assaltato il campanile San Marco e morì poco dopo essere uscito dal carcere il 27 marzo 2011. “Il referendum di poche settimane fa ha mostrato chiaramente che noi non vogliamo più far parte dell’Italia, pochi giorni fa anche la Regione del governatore Zaia ha avviato il percorso legislativo che ci porterà a votare davvero per l’in- dipendenza: si può fare perché la vogliono tutti, capisce?”, spiega Carraro. Che aggiunge: “Quindi questi arresti porteranno solamente nuovo consenso alla nostra causa, che è sacrosanta e legittima, non ci ferma più nessuno”. Le intercettazioni? “I salami? I candellotti? Cose che dicono tutti, anche lei secondo me; non hanno trovato niente e si ricordi che di noi l’unico che ha impugnato un’arma è stato il Franceschi ma per una questione sua personale”. Luciano Franceschi, nel febbraio 2013 sparò al direttore della banca di cui era cliente: proprio ieri il pm ha chiesto una condanna a 12 anni e 6 mesi per I RECIDIVI Nel ’97 venne assemblato il carro armato artigianale poi sequestrato e ricomprato all’asta Ora la storia s’è ripetuta tentato omicidio. Qui, chiude il discorso Carraro, “gli imprenditori non si ammazzano, qui si reagisce”. La politica? “Conta poco, ci interessa il risultato”. Alla politica però interessa il malessere veneto. Sono voti. La Lega Nord non è mai riuscita a farsi completamente portatrice delle istanze autonomiste di queste zone, tant’è che ancora oggi sopravvive la Liga Veneta in contrasto con la Lega Lombarda. Umberto Bossi era riuscito a unirle, sulla carta, ora Matteo Salvini sta tentando di rinsaldare gli animi riconoscendo spazio e importanza agli autonomisti tanto che ha organizzato per domenica a Verona una manifestazione in loro sostegno. Alla quale però non parteciperà Gianluca Busato, padre del referendum indipendentista. Voleva farne un'altra. “TUTTI IN PIAZZA San Marco stasera per la libertà del Veneto: arrestateci tutti”, ha annunciato ieri mattina appena saputo degli arresti. Ma l’adunata è stata poi annullata nel corso della giornata: “Troppo pericoloso per noi, qualcuno avrebbe potuto strumentalizzare il momento e danneggiarci, conosciamo bene la Storia dell’Italia”, commenta in serata. Le bandiere della Repubblica di Venezia erano già pronte, quelle vietate per legge nel 1997. Alcune sono apparse anche a Casale, alle finestre di qualche villetta incastrata tra i capannoni abbandonati. [email protected] 4 IL FUTURO È QUI GIOVEDÌ 3 APRILE 2014 Boschi-Finocchiaro: sfida generazionale che parte coi sorrisi di Fabrizio d’Esposito L a Trinità della Terza Repubblica. Il sindaco uno e trino. Senatore, poi a capo della città metropolitana ex provincia e sindaco, ovviamente. Più che super, mega. Il megasindaco di Torino o Bari o Napoli a Genova o Milano e così via. Michele Emiliano, possente sindaco-sceriffo di Bari, non vede l’ora di triplicare il suo impegno: “Questa riforma del Senato, se passa, è una bomba atomica”. Il termine bomba è declinato positivamente. Emiliano, che è renziano, esplode di gioia: “Oggi il sindaco se rileva un problema nella legislazione o ha bisogno di un chiarimento finanziario a Roma deve armarsi di pazienza e chiamare il segretario regionale del suo partito. Questi a sua volta si rivolge agli uffici nazionali che poi devono interpellare il capogruppo parlamentare”. Una catena infernale. Continua il sindaco di Bari: “Vuol sapere come finisce? Che 99 volte su cento nessuno ti si fila anche perché esiste una forte contrapposizione tra sindaci e parlamentari. I primi però sono eletti sul territorio, i secondi nominati dalle segreterie di partito”. Viva il superlavoro, allora: “Mi creda questa riforma è una vera bomba. I sindaci invece di fare i lobbisti a Roma strisciando ai piedi dei nominati, s’impegneranno direttamente nella nuova assemblea, muovendo rilievi e obiezioni, perché se una legge non va bene la puoi richiamare a Palazzo Madama”. DUE CORRENTI diverse, due stagioni diverse, eppure sorrisi, un po’ ad arte per gli obiettivi dei fotografi, da parte di Maria Elena Boschi e Anna Finocchiaro, insieme nella commissione Affari Costituzionali di Palazzo Madama. La senatrice siciliana non ha mai intercettato il percorso renziano: anzi, l’attuale premier si oppose a qualsiasi ipotesi di candidatura (si parlava anche di Quirinale) il Fatto Quotidiano per la Finocchiaro. E per il ministro Boschi, devota renziana, non era facile prevedere un così cordiale incontro con l’esperta parlamentare che, in teoria e certo anche in pratica, rappresenta l’ostacolo della vecchia guardia alla riforma del Senato. Senza la Finocchiaro, non potrà nemmeno cominciare la sfida tutta interna al Pd contro il ddl che rivede il ruolo del Senato. Basterà un sorriso della Boschi? Sindaci e senatori? I primi cittadini fanno già festa DA TORINO A BARI, GIUBILO PER LE RIFORME. PIÙ CAUTI DORIA E DE MAGISTRIS: “A NOI BASTANO LE CITTÀ METROPOLITANE” Anche Piero Fassino, storico uomo-macchina di sinistra, non è spaventato. Anzi sì. Sostiene il sindaco di Torino, oggi renzianissimo: “Questa sfida mi spaventa e mi affascina, sempre che vada in porto, intendiamoci. Io lavoro 16 ore al giorno da quando avevo 19 anni e non temo la fatica”. Il problema è la durata della giornata. Appena 24 ore per occuparsi di comune, provincia e Senato. Fassino non si tira indietro: “Questa può anche essere una buona occasione per riorganizzare il lavoro delle Camere. Per quanto ci riguarda non è detto che bisogna vedersi quattro volte le settimane. Si può adottare il metodo delle sessioni come fa il Parlamento europeo oppure come fanno in Francia e Germania, qualora, ripeto, dovesse farsi la riforma”. La prudenza è d’obbligo. Al momento il sindaco certamente diventerà il presidente dell’area metropolitana, al posto della provincia. La carica di senatore è più distante, disegnata solo il filtro di altre istituzioni, le grandi reti e i servizi di area vasta. Però, mentre la prospettiva della città metropolitana mi pare ravvicinata e anzi auspico che lo sia, la prospettiva per il nuovo Senato mi pare comunque più lontana”. STESSO CONCETTO per Luigi de Magistris, il sindaco della ri- voluzione arancione a Napoli: “Sulla città metropolitana il giudizio è positivo e la nostra amministrazione si sta preparando ad affrontare questa sfida, tanto che come sindaco ho mantenuto la delega. Tutti i sindaci che ricadono nei confini della città metropolitana vanno coinvolti e, con loro, anche i cittadini, all’interno di un modello di partecipazione democratica. Questa riforma deve servire a superare la sovrapposizione odierna di competenze tra enti, a semplificare e rendere più efficiente l’azione amministrativa, particolare su trasporti e rifiuti. È essenziale però, affinché la rifor- PIERO FASSINO “Io lavoro sedici ore al giorno da quando avevo diciannove anni e non temo la fatica” MICHELE EMILIANO “Mi scusi, ma non è meglio mandare me che non un tizio qualunque a Palazzo Madama?” sulla carta. MA IL TEMPO? Il tempo non è Marco Doria, sindaco di Geno- mai relativo. Emiliano ha una risposta per tutto: “Attualmente, proprio per i problemi che le dicevo prima, io trascorro due giorni a settimana a Roma e non credo, in tutta sincerità, che bisognerà riunirsi sempre, dal lunedì al venerdì”. Nulla scalfisce l’ottimismo del sindaco barese: “Mi scusi, ma non è meglio mandare me da sindaco che non un tizio qualunque al Senato? Faccio il lavoro più bello del mondo e sono felice di farlo”. va, di un centrosinistra non d’apparato, ha una cifra sobria per natura: “La preoccupazione per il carico di responsabilità e di lavoro indubbiamente esiste. Fare il sindaco di una grande città significa già confrontarsi in prima linea con i molti problemi che la società attraversa. Per contro, la futura città metropolitana consentirà a me in collaborazione con gli altri sindaci del territorio di governare e pianificare direttamente, senza più ma sia una vera opportunità per tutti, che sia riconosciuta l’autonomia economico-finanziaria della città metropolitana, ponendo fine alla logica dei tagli pesanti orizzontali imposti ai comuni dai governi, in questo senso l’impostazione di Renzi mi fa ben sperare in un cambiamento. Sul ddl di riforma del senato non voglio esprimermi perché aspetto di leggere il testo definitivo: certo, per noi si tratterebbe di un ulteriore impegno in una attività, quella di sindaco, già altamente impegnativa”. RIFORMISTI DELLA DOMENICA Camere a rischio blocco: 12 modi di fare leggi di Tommaso Rodano asciate ogni speranza o voi che legiferate. AlL tro che semplificazione: il nuovo Senato delle Autonomie pensato da Renzi, come ha chiarito ieri al Fatto il giurista Gianluigi Pellegrino, è un labirinto la cui complessità rasenta l’assenza di logica. Se con il “bicameralismo perfetto” che il nuovo governo vuole abolire, ci si lamenta di processi legislativi lenti e lunghi, la riforma costituzionale può persino peggiorare la situazione. Le “navette” (i rimpalli tra Camera e Senato) sono sempre lì. Non solo: i percorsi delle proposte di legge potranno essere più numerosi e contorti. Leggi e riforme ”costituzionali” L’iter per modificare o innovare la Costituzione è l’unico che non cambia di una virgola. Per le leggi costituzionali, si legge nel testo del governo, “la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere”. Bicameralismo perfetto, quindi, con due distinte deliberazioni sia a Montecitorio che a Palazzo Madama (a distanza di al- meno tre mesi l’una dall’altra). Per l’approvazione serve sempre una maggioranza qualificata (due terzi dei parlamentari), o la legge può essere sottoposta a un referendum (se richiesto da almeno 500 mila elettori, 5 consigli regionali o un quinto dei membri di una delle due Camere). Cosa succede con le leggi “ordinarie” Con la riforma, l’approvazione delle leggi ordinarie spetta solo alla Camera, ma il Senato delle Autonomie ha sempre il diritto di dire la sua. 1) Entro dieci giorni dalla trasmissione, basta la richiesta di un terzo di Palazzo Madama perché il testo sia esaminato anche al Senato. 2) Qui si aprono altre due strade: dopo l’esame, i senatori possono lasciare tutto com’è, oppure intervenire con le loro modifiche. Hanno altri trenta giorni di tempo. 3) Se la legge viene cambiata, l’ultima parola spetta ancora alla Camera. Il voto definitivo si tiene entro 20 giorni. I deputati possono confermare gli emendamenti di Palazzo Madama oppure decidere di ignorarli: per ripristinare il testo originale è sufficiente la maggioranza sempli- ce (la metà più uno dei presenti in aula). Autonomie territoriali e trattati internazionali Fanno storia a sé, le leggi che riguardano il governo del territorio, le funzioni di comuni e regioni (Titolo V della Costituzione) e la ratifica di trattati internazionali. 1) Il Senato delle Autonomie ha di nuovo 10 giorni per prendere in esame le leggi uscite dalla Camera e altri 30, eventualmente, per approvare dei cambiamenti. 2) Anche in questo caso i deputati possono cancellare le eventuali modifiche dei colleghi senatori, ma stavolta solo con un voto a maggioranza assoluta (la metà più uno degli eletti). Come si vota la legge di Bilancio Tutto qui? Nient’affatto. La legge di Bilancio ha un percorso ancora più cervellotico. In questo caso il Senato prende in esame automaticamente il testo licenziato dalla Camera, ma ha solo 15 giorni per modificarlo. Poi la faccenda si complica ulteriormente. 1) Se il Senato cambia la leg- ge a maggioranza semplice, anche la Camera può ristabilire il testo originale votando a sua volta a maggioranza semplice. 2) Se invece a Palazzo Madama le modifiche sono votate con maggioranza assoluta, anche a Montecitorio deve succedere lo stesso, se i deputati vogliono imporre il “loro” bilancio. 3) E se alla Camera ci fosse solo una maggioranza semplice (ma pur sempre una maggioranza), che vuole respingere le modifiche dei senatori? 4) E se la maggioranza assoluta si trovasse solo su alcuni degli articoli modificati? Il rischio sarebbe un’impasse politica, o il “vecchio” rimpallo tra le due Camere? Oppure sarebbero approvate le modifiche del Senato solo nelle parti in cui la Camera è d’accordo, o non ottiene una maggioranza assoluta? Sembra un rompicapo: è solo il bicameralismo secondo Renzi. Il testo della riforma, nella migliore delle ipotesi, è poco chiaro. L’unica certezza è che il Senato conserverebbe prerogative ampissime e la facoltà fondamentale di rallentare, modificare e bloccare le leggi approvate alla Camera. Con la differenza che i nuovi senatori non sarebbero eletti dai cittadini. IL PASSATO È QUI il Fatto Quotidiano La nuova strategia elettorale di Fi: dentiere e Dudù PROTESI, cani e fantasia: questa la nuova strategia di Berlusconi in vista delle prossime elezioni europee. Ieri i deputati di Forza Italia hanno ricevuto un documento di 56 pagine (con slides) dal titolo “Per un Dudù Act - proposte per un welfare animale”. Nel dossier sono elencati i vantaggi con- seguenti dall’avere un animale in casa, seguiti da una dichiarazione programmatica (gli animali “ci riempiono di affetto, ma non sempre sono ricambiati”) e la promessa a cani e gatti di “un livello di benessere almeno pari a quello dei loro proprietari”. Forza Italia ha pensato anche alle coperture, GIOVEDÌ 3 APRILE 2014 che non dovranno incidere sul bilancio statale ma si troveranno ricorrendo a multe per chi non rispetta i cuccioli. Ogni pagina porta in calce il simbolo della zampa di Dudù. La seconda iniziativa arriva dal club Forza Silvio del XV Municipio di Roma: tutti i nuovi iscritti potranno beneficiare di uno 5 sconto del 50 per cento sulle protesi dentali. Un’iniziativa nata per regalare “ai nostri amici e amiche la possibilità di riavere finalmente il sorriso”, come spiegato in una nota ufficiale del partito. Gli sconti sugli interventi dentali sono stati possibili grazie a delle convenzioni con i dentisti della zona. SILVIO DISPERATO, IL COLLE APRE LA PORTA A UNA SETTIMANA DALLA DECISIONE DEL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA, BERLUSCONI VA DA NAPOLITANO A CHIEDERE LA “PACIFICAZIONE”. E SPIEGA: “IL GOVERNO RENZI È DEBOLE, DA SOLO NON PUÒ FARE LE RIFORME” di Wanda Marra vio Berlusconi debba espiare in carcere la pena detentiva irrogatagli e sancisce precise alternative, che possono essere modulate tenendo conto delle esigenze del caso concreto”. Allora, il Presidente voleva tenere in vita il governo Letta. Ora non vuole che l’ultimo progetto al quale si è legato (riforme costituzionali e legge elettorale) fallisca miseramente. Napolitano non ha mai smesso di trattare il Caimano come un leader: per le consultazioni prima del governo Renzi ci è andato lui al Colle. Per quel che riguarda il premier, la richiesta l’ha chiarita bene il Mattinale: “Dalla decisione del 10 aprile dipende non solo l’efficacia delle riforme in cantiere, ma la loro stessa legittimità. Sarebbe interesse di un presidente del Consiglio, che punti ad essere non una meteora fosforescente e acrobatica ma uno statista che ama l'Italia, porsi il problema in termini seri e gravi”. e Sara Nicoli M anca poco più di una settimana dalla decisione del Tribunale sul suo destino prossimo e Silvio Berlusconi è sempre più angosciato. Ha paura dell’oblio, sogna ancora la grazia, pretende l’agibilità politica. E ieri è andato a chiederla a Giorgio Napolitano. Un incontro in serata, a sorpresa, che però era nell’aria da due giorni. Uno sfogo da parte del Caimano, ma soprattutto un ricatto. Sul governo. AL PRESIDENTE, Berlusconi ha ricordato che la legge elettorale, le riforme, la stessa vita dell’esecutivo dipendono da lui. E che non si può far finta di niente. Perché poi, una volta resa esecutiva la condanna, lui il premier non potrà neanche più incontrarlo. E allora, crolla tutto. Recita il comunicato del Colle: “Il presidente della Repubblica Napolitano ha ricevuto il presidente di Forza Italia, Berlusconi, che aveva chiesto di potergli illustrare le posizioni del suo partito nell’attuale momento politico”. “Ho siglato un patto con Renzi avrebbe sottolineato il Cavaliere - ed io non tradisco mai gli accordi presi”. Poi, avrebbe detto a Napolitano che non si fida fino in fondo di Renzi. D’altra parte, avrebbe voluto incontrarlo di nuovo, ma fino ad ora il presidente del Consiglio si è sottratto. E da Forza Italia sono giorni che denunciano il fatto che è stato invertito l’ordine delle riforme concordato al Nazareno: prima approvare l’Italicum, poi il Senato. La direzione di marcia oggi è un’altra. Un elemento di trattativa che Fi può mettere sul tavolo. Berlusconi avrebbe esposto la Giorgio Napolitano e, a sinistra, Silvio Berlusconi LaPresse LA RICHIESTA Se finisce ai domiciliari come potrebbe discutere da “costituente” con il primo ministro? situazione al Capo dello Stato, non senza mettere l’accento su quella “pacificazione” tanto cara al Colle: “Il mio partito garantisce il sostegno alle riforme. Io però diventerò un leader azzoppato che non può nemmeno dare una mano in campagna elettorale”. Da qui la reiterata richie- sta di garanzie e - non si esclude tra gli azzurri - di nuovo sul tavolo la grazia o l’indulto dal Parlamento. Anche tramite una moral suasion sul presidente del Consiglio. Il quale dal canto suo sa che l’asse privilegiato su cui si basa il suo governo è con B.. E sa benissimo che con lui ai servizi sociali, la reazione di FI è imprevedibile. NAPOLITANO , dal canto suo, l’ha ricevuto. D’altra parte, già ad agosto, prima che cominciasse la battaglia per la decadenza i due si erano incontrati. E il Colle aveva chiarito in un comunicato la sua posizione. Un passaggio scelto: “A proposito della sentenza passata in giudicato, va innanzitutto ribadito che la normativa vigente esclude che Sil- Milano, 10 aprile La sentenza fa paura IL CONVITATO DI PIETRA degli incontri di Silvio Berlusconi è l’udienza del 10 aprile a Milano, quando il tribunale di sorveglianza dovrà decidere che tipo di pena far scontare al leader di Forza Italia, condannato per frode fiscale a 4 anni, di cui 3 indultati. Lui ha chiesto i servizi sociali professandosi un perseguitato. Se li meriti comunque e quale genere di servizi sociali, sarà scritto in una relazione della giudice Beatrice Crosti, componente del collegio insieme al presidente Pasquale Nobile De Santis, a uno psicologo e un assistente sociale. Durante l’udienza, a porte chiuse, esprimeranno la loro posizione la procura generale, con Laura Bertolè Viale e gli avvocati Niccolò Ghedini, Franco Coppi e Piero Longo, per la difesa. Ammesso che ci sarà una sola udienza, i rinvii sono dietro l’angolo, il tribunale potrebbe deciderà non prima di un paio di settimane dalla fine della discussione, anche se da codice dovrebbe farlo entro 5 giorni. Se sarà respinta la richiesta di servizi sociali, Berlusconi andrà agli arresti domiciliari. Il Cavaliere non andrà in carcere in virtù della cosiddetta “doppia sospensiva” indicata, contro il parere dei suoi pm, dal procuratore Edmondo Bruti Liberati, e accolta dal giudice di sorveglianza, per il direttore del Giornale Alessandro Sallusti: anche senza domanda del condannato, arresti domiciliari e non cella, in base alla legge “svuota carceri”. La difesa proverà a far slittare la decisione a dopo le elezioni europee per lasciare mano libera a Berlusconi durante la campagna elettorale anche se, da interdetto, non può né candidarsi né votare. a.masc. B. a Ponzellini: “Ti chiedo un’opera buona” NEL 2009 SI SPENDEVA PER UNA RACCOMANDAZIONE AL N. 1 DI BPM PER FARGLI INCONTRARE MESSINA, MANAGER MEDIASET ORA SENATORE ilvio Berlusconi raccomandava un senatore di Forza Italia e manager del gruppo FininS vest al presidente di Bpm Massimo Ponzellini. La conversazione intercettata nel 2009 è confluita nell’indagine ed è riportata in un’informativa della Guardia di Finanza che ora dopo la chiusura delle indagini è stata depositata. “Ti ho telefonato per un'opera buona, ti chiedo scusa è la prima volta che mi permetto di chiederti una cosa”, dice Silvio Berlusconi a Ponzellini, “dovresti ricevere il nostro senatore Alfredo Messina che già conosce e parla bene di Ponzellini”. Nell'informativa della Fiamme Gialle del settembre 2011 al paragrafo intitolato "Altre operazioni di credito", si legge "Pratica nell'interesse di Silvio Berlusconi" e si riporta la sintesi di questa intercettazione del 26 ottobre 2009, in cui l'allora capo del governo, dopo aver parlato con Ponzellini delle situazione politica, gli chiede un'"opera buona". Messina è una delle persone più vicine a Silvio Berlusconi. Nel gennaio 1990 entra in Fininvest S.p.A. in veste di Direttore Generale e nel 1996 viene nominato Amministratore Delegato per l'area amministrazione e controllo. Attualmente è Consigliere e Vice Presidente Vicario di Mediolanum S.p.A., Presidente di Mediolanum Assicurazioni S.p.A., di Mediolanum Vita S.p.A. e di Vacanze Italia S.p.A. Nonché consigliere di Amministrazione di Mediaset Espana Comunicacion SA e di Molmed S.p.A.. Messina negli atti dell’inchiesta sui fidi facili di Bpm ai tempi della presidenza Ponzellini (indagato insieme ad altre 16 persone) compare anche per una serie di telefonate in favore di Giovanni Acampora, l’avvocato condannato definitivamente per corruzione giudiziaria insieme a Cesare Previti per il caso Imi-Sir. Al Fatto Quotidiano il senatore Alfredo Messina spiega: “Non escludo di avere incontrato Massimo Ponzellini per perorare la causa di qualche cliente della Bpm mio amico e probabilmente ne avrò parlato a Silvio Berlusconi. Non ricordo però la pratica specifica. Certamente - ci tiene a precisare Messina - non si trattava del caso di Acampora, che peraltro non ha ottenuto il prestito richiesto alla Bpm”. Effettivamente le telefonate nelle quali Messina si interessa dell'ex coimpu- tato di Cesare Previti sono del 2011 mentre quella in cui l’allora premier chiede a Ponzellini di ricevere Messina è del 2009. Sempre dall'informativa della Guardia di Finanza si leggono altre raccomandazioni all'ex presidente di Bpm Massimo Ponzellini, finito ai domiciliari nel 2012 e ora a un passo dalla richiesta di rinvio a giudizio. L’allora sottosegretario alla presidenza del consiglio Gianni Letta e anche l'attuale presidente della Provincia di Milano Guido Podestà, "hanno rappresentato" all'ex banchiere "interessi personali o di imprese amiche, bisognose di una sponda finanziaria". Nell'informativa, tra le altre, si citano anche la "Pratica Fratelli Vernazza e Alma Ventura richiesta da Gianni Letta", la "Pratica Matteo Cabassi richiesta da Guido Podestà" e la "Pratica Argento Vivo richiesta da Guido Podestà". Tra le carte sequestrate la Guardia di Finanza segnala anche l’agenda di Massimo Ponzellini Il banchiere Massimo Ponzellini La Presse che illustra contatti ai massimi livelli. Tra i nomi citati per gli appuntamenti compaiono, tra gli altri, Silvio Berlusconi, Giulio Tremonti, Corrado Passera e Romano Prodi. Il 9 gennaio 2012 l’allora presidente di Bpm annota i dettagli sull'operazione Unipol - Fonsai che sembra vedere, nelle sue osservazioni, Mediobanca parteggiare per la compagnia bolognese. Citato anche Umberto Veronesi, fondatore dello Ieo per presunti problemi fiscali. L’11 gennaio, secondo Ponzellini, "Veronesi è sotto il mirino dell’Agenzia delle Entrate" e Ponzellini osserva: " Veronesi perseguitato da Gdf, un altro che lascerà il Paese”. Per fortuna non è andata così. 6 ITALIANS GIOVEDÌ 3 APRILE 2014 Grillo sull’euro: “Il referendum si può fare” “NESSUNO CI HA SPIEGATO i pro e i contro, i rischi e le opportunità e un eventuale piano B di uscita in caso di fallimento. Hanno espropriato gli italiani della loro moneta trattandoli da sudditi”. Beppe Grillo pubblica sul blog uno studio dell’ufficio legislativo del gruppo M5s al Senato secondo il quale il referendum sarebbe il Fatto Quotidiano trebbe tranquillamente essere indetto, con legge costituzionale, un nuovo referendum di indirizzo, per sottoporre ai cittadini italiani il seguente quesito: ‘Ritenete voi che si debba procedere all’uscita dell’Italia dall’utilizzo dell’euro?’”. Anche questo sarà usato per la campagna per le Europee dei Cinque Stelle. proponibile visto che già nell’89 “è stato formalmente indetto un referendum popolare di indirizzo, non meramente consultivo, attraverso il quale è stata richiesta la legittimazione popolare per il trasferimento di sovranità dallo Stato italiano all’Unione europea (allora Comunità)”. “Ecco dunque che, nel solco già tracciato, po- RENZI: “CONCERTAZIONE THE END” “È FINITA”. INTERVISTATO DAL FINANCIAL TIMES, IL PREMIER PROVA A CONVINCERE GLI INVESTITORI CHE IL PAESE È CAMBIATO di Alessio Altichieri CASALEGGIO “Pronti dossier contro di me” n questo periodo, giustappunto priI ma delle elezioni, so di Londra atteo Renzi ha spiegato alla City di Londra che in Italia la stagione della concertazione è finita. Avevamo capito anche noi, udite le parole di Renzi su Confindustria e Cgil, che non c’è amore tra il presidente del Consiglio e le associazioni degli imprenditori e dei lavoratori. Ma che questa rivendicazione sia ormai una politica di governo, che chiude una stagione che risale almeno al governo Ciampi di vent’anni fa, se non addirittura al dopoguerra, l’hanno saputo in anticipo i vertici editoriali del Financial Times, il principale quotidiano finanziario europeo, ai quali Renzi (“il giovane che va di fretta”, l’avevano definito) ha dichiarato schiettamente i suoi propositi, per aprire l’Italia agli investimenti stranieri. Non usa giri di parole, Renzi, va dritto al segno. E sarebbe bello sapere se, veloce a dire la sua, è anche veloce ad apprendere, sentita la panoramica che la sera prima, in ambasciata, l’ex premier Tony Blair, ormai un sessantenne con un filo di pancetta, segno di sazietà, gli ha dato dei problemi del mondo. M Matteo Renzi e Tony Blair si sono incontrati presso l’Ambasciata italiana di Londra martedì Ansa I DUBBI INGLESI Per la stampa il primo ministro italiano non ha ancora avuto il suo “momento Blair”: ha ancora il partito contro e non ha vinto le elezioni PARTIAMO anzi da qui, dalla cena informale e senza cravatta, nemmeno mezza dozzina di persone al tavolo, la cronaca delle ultime ore di Renzi a Londra, prima della trasferta a Bruxelles. Lasciati gli stilisti italiani e Naomi Campbell al Victoria & Albert Museum, il presidente del Consiglio ha trovato Blair in ambasciata. Senza che l’uno s’atteggiasse a maestro e l’altro ad allievo, i due hanno confrontato le rispettive esperienze nei rispettivi partiti: si sa che Blair s’impadronì del Labour Party, e lo trasformò in New Labour, vincendo la guerra contro l’ala sinistra, dogmatica sulla “clausola 4” delle nazionalizzazioni. Solo imponendosi nel partito Blair convinse i sudditi britannici di poter governare il regno. Renzi non ha ancora avuto il suo “momento Blair”, ed evidentemente se ne rende conto: i dubbi sul sostegno che ha nella base, e ancor più nella società italiana, torneranno ancora, prima che lasci Londra. Più rilassante sentire da Blair un rapporto sulla “questione europea” nel Regno Unito e una serie di scenari globali, da PIAZZE & PALAZZI ei non sa i messaggi che ci sono arrivati ieri sera. L E la rete si è scatenata. Ecco, le faccio vedere un sms”. Michele Anzaldi, renziano, membro della Commissione di Vigilanza racconta che martedì sera, mentre Giovanni Floris dava del “Ponzio Pilato” a Matteo Renzi durante ‘Ballarò’ era riunito appunto in Commissione. Mostra il telefono Ansaldi. Ecco la domanda, la recriminazione: “In periodo di par condicio, è opportuno che un conduttore Rai esprima la sua opinione in merito ad una proposta un uomo di esperienza, su Medio Oriente, Cina, Africa. Renzi, almeno mentalmente, avrà preso nota. Clima opposto al palazzo del Financial Times affacciato sul Tamigi, dove ieri mattina l’italiano era atteso da una “Renzi frenzy”, una frenesia per l’ospite che non c’era stata per i predecessori Monti e Letta (Berlusconi, là, non ha mai messo piede...). Accolto dal board editoriale del FT, una ventina di persone guidate dal direttore Lionel Barber, e accompagnato da una nutrita delegazione italiana, Renzi ha parlato per una mezz’oretta in inglese (“Non buono come quello di Letta, ma accettabile”) e ha esposto le politiche che vuole attuare in Italia: le riforme costituzionali e della politica, la trasformazione del Senato, la riforma della Pubblica amministrazione, la riforma del mercato del lavoro. Ed è stato a quel punto che ha pronunciato le parole decisive: “The end of concertazione”. Molti di coloro che lo sentivano per la prima volta sono rimasti sbalorditi dalle parole di Renzi, inaudite per un capo di governo italiano. Lo stupore era giustificato anche dall’atteggiamento personale di Renzi, “così energico, così impegnato e così ambizioso”. È stato al momento delle domande poste a Renzi che i dubbi sono emersi. Ce la può fare, hanno chiesto e si sono chiesti i giornalisti inglesi? In fondo, il presidente del Consiglio non ha un mandato dossier in preparazione su di me, sulla mia famiglia e sulla mia società, come già accadde l’anno scorso”. Inizia così un post apparso ieri sul blog di Beppe Grillo, firmato dal cosiddetto guru del Movimento 5 Stelle, Gianroberto Casaleggio. Per contrastare il presunto dossieraggio, Casaleggio ha annunciato di essere intenzionato a modificare la propria strategia comunicativa, che fino ad oggi escludeva qualsiasi tipo di rapporto con la stampa. “Voglio anticiparli – ha continuato Casaleggio riferito agli autori dei dossier – nelle prossime settimane rilascerò alcune interviste a giornalisti indipendenti (sì, esistono, anche se sono una percentuale infinitesimale) e non risponderò a nessuna domanda pubblica tesa a screditarmi”. Nel suo post il fondatore del M5s non specifica quali siano i temi oggetto delle attenzioni della stampa, ma lascia un indizio, invitando “i professionisti del fango a non perdere il loro tempo e di non farlo perdere a me con delle querele. Alla Camera di commercio di Milano sono acquisibili i bilanci pubblici della mia società”. elettorale per tale programma. E non vanta nemmeno un’evidente base sociale per fare tutte queste riforme. È vero quello che dice Renzi, che gl’imprenditori per investire vogliono vedere le cose fatte (all’ora del breakfast aveva visto, tra gli altri, Vittorio Colao di Vodafone, Bob Dudley di BP, Douglas Flint della HSBC, Win Bischoff della Lloyd Bank). Ma deve avere almeno il controllo del suo partito, per avere il governo dell’Italia. Nel palazzo sul Tamigi, così, è Anzaldi: “Floris, attento con Matteo” del governo e di una parte politica?”. E voi che avete fatto? Niente Come niente? Si racconta di telefonate di fuoco a viale Mazzini Che io sappia non ne sono partite. Beh, ma magari qualcuno ha chiamato senza dirglielo, o qualcuno ha fatto arrivare un messaggio di non gradimento al Tg3. Se l’ha fatto, l’ha fatto a mia insaputa. Perché noi abbiamo deciso di non agire. In genere, io sono considerato un Robespierre, e questa volta, pure se in Vigilanza siamo un plotone non abbiamo fatto nulla. Perché? Prima di tutto Renzi aveva dato un’intervista a Floris in esclusiva. E allora, non era il caso: è quello che ho risposto a quelli che mi scrivevano. Ma chissà se hanno capito. biatissima. Poi con quello che guadagna Floris. Ma insomma, non si può dare del “Ponzio Pilato” a Matteo Renzi? Beh, beh. È il presidente del Consiglio. Siamo in par condicio. E a farlo è stato un conduttore di una rete di servizio pubblico. Cioè? La gente chiede il sangue, è arrab- M. Anzaldi Ansa Insomma, Rai Tre è nemica di Renzi, come qualcuno denuncia? Che sia una rete vivace, che potrebbe essere concorrenziale al Fatto è evidente. E allora, che cosa farete? Matteo non è il tipo che interviene. Altrimenti, l’intervista esclusiva invece che a Floris l’avrebbe data a Vespa. Quindi, niente cambio di direttori? Renzi non ha cambiato neanche un dirigente o un funzionario. Ha altro a cui pensare, e altro da fare. Neanche in prospettiva? Diciamoci la verità: tutti questi attacchi non hanno fatto altro che aumentare la sua popolarità nei sondaggi. Floris lo definisce “Pon- ritornato il problema evocato lunedì sera nella cena all’ambasciata: finché non avrà avuto il suo “momento Blair”, finché non avrà identificato il ceto sociale che l’appoggia, verificato in un passaggio elettorale, l’impegno di Renzi rischia di restare tale: un impegno. PERCIÒ, la reazione istintiva è stata quella degli inglesi disincantati: Wait and see. Aspettare e vedere, per esempio, come vanno le elezioni europee di maggio. di Wa.Ma. zio Pilato” e la gente si arrabbia. Se la ricorda la conferenza stampa, quella con le slide? Sì. Ecco, i suoi colleghi che la guardavano lo definivano ‘venditore di pentole’. Poi, hanno visto la reazione della gente e hanno corretto il tiro. Mica l’hanno scritto così. Quella comunicazione funziona. Quindi, nessun problema con Rai 3? Certo, tutto è migliorabile. Ma per ora questo problema non l’abbiamo neanche mai posto. POTERI il Fatto Quotidiano Befera: ”I blitz funzionano: 2 milioni l’incasso a Cortina” I CONTROLLI nei confronti degli evasori portano risultati sempre più tangibili tanto che “nel 2013 sono stati riscossi circa 13,1 miliardi di euro”: lo scrive il direttore dell’Agenzia delle entrate Attilio Befera in un documento presentato al Senato, difendendo il suo operato che ha portato a un incremento lento ma costante degli utili. Befera rivendica inoltre un incasso da parte dello Stato di GIOVEDÌ 3 APRILE 2014 7 2 milioni di euro, ottenuto grazie ai controlli effettuati da Equitalia a Cortina a fine dicembre 2012. In quell’occasione protestò anche l’allora capogruppo Pdl alla Camera, Cicchitto, che definì il blitz “inaccettabile”. Tra i successi Befera annovera anche il calo del “tax gap”, la differenza tra il totale delle imposte da riscuotere e quelle effettivamente riscosse, ad oggi pari a 90 miliardi. NEL FRATTEMPO... I “NUOVI” CANDIDATI Scaroni si loda e si autoassolve in Senato CLAUDIO DESCALZI A capo della Divisione Produzione e Esplorazione dell’Eni, nonché presidente di Assomineraria. È in corsa per il Cane a sei zampe FRANCO BERNABÈ Amministratore delegato di Telecom fino a ottobre (lo era già stato negli anni Novanta), un passato in Eni, ora punta a guidare Enel MASSIMO SARMI L’eterno amministratore delegato di Poste (12 anni) stavolta potrebbe lasciare, ma non del tutto: rimarrebbe presidente MONICA MONDARDINI Attualmente è a capo del Gruppo Editoriale l’Espresso, il suo nome è nella lista del Tesoro per la guida di Poste Italiane Eni, Enel e le altre Ecco tutti i poltronabili I CACCIATORI DI TESTE CHIAMATI DAL TESORO HANNO CONSEGNATO LE SHORT LIST ROTTAMAZIONE, MA CON GIUDIZIO: DA CONTI A PANSA A SARMI, SPERANO IN MOLTI di Carlo Tecce n paio di cartelline senza intestazione, riempite con biografie e referenze: contengono i candidati per le prossime, e ormai vicine, nomine per le società controllate dal Tesoro. Il documento l’hanno consegnato quelli di Spencer Stuart e Korn Ferry, i cacciatori di teste ingaggiati da via XX Settembre per affrontare il numeroso e scivoloso cambio di centinaia e centinaia di poltrone: entro il 13 aprile vanno presentate le liste. La cartellina principale contiene le proposte dopo colloqui, analisi e scremature - dei vertici delle società quotate in Borsa: Finmeccanica, Enel, Eni (più Poste). Le indicazioni sono precise e assorbono i contatti con palazzo Chigi (Graziano Delrio) e il ministro del Tesoro Pier Carlo Padoan. Ci sarà una rottamazione, in stile Renzi, ma non totale. U Eni L’epoca di Paolo Scaroni, classe 1946, tre mandati ininterrotti e una condanna in attesa d’appello, non è ancora finita. L’uomo che gestisce petroli, estrazioni e commesse miliardarie non sarà accompagnato verso la porta, ma sarà trattenuto con il grado di presidente. Questa è la coppia per Eni: conferma Scaroni e promozione per Claudio Descalzi. Trent’anni di carriera a San Donato Milanese, fidato collaboratore di Scaroni, responsabile Divisione Exploration & Production, Descalzi è papabile per la carica di amministratore delegato: molto utile, quasi decisivo, l’incontro londinese di martedì con Matteo Renzi. Il terzo incomodo, soprattutto per Descalzi, è il quarantenne (fiorentino) Lorenzo Simonelli, Ceo di General Eletric Oil & Gas. Flebili, ma viene citato da Spencer Stuart e Korn Ferry, le possibilità di Stefano Cao (ex Saipem). Da non TUTTI A TAVOLA Tra i nomi caldi Andrea Soro e Flavio Valeri: entrambi nel 2012 erano alla cena del finanziere Davide Serra per le primarie contro Bersani sottovalutare, anche se inserito nella short list, nemmeno l’attivissimo Leonardo Mauguri, Harvard University, fiorentino 49enne, esperto di idrocarburi, allevato in Eni. Qualche settimana fa, Maugeri ha ricevuto Renzi a Roma, poi è andato a Milano dai cacciatori di teste. Enel Fulvio Conti, 12 anni in Enel, a differenza del coetaneo Scaroni, s’è sottoposto al rituale per la selezione trasparente: una chiacchierata con i cacciatori di teste. Ma non risulta tra i pre- fereti. Per l’antico Ente per l’energia elettrica, la carta, neanche tanto coperta, corrisponde a Franco Bernabè, in attesa dopo l’addio a Telecom. Spencer Stuart e Korn Ferry, oltre a Bernabé e Simonelli (tanto apprezzato), consigliano Massimo Brunelli, ad di Idea Fimit, la più grande società di gestione immobiliare italiana (in cui c’è pure il patrimonio Inps). Finmeccanica Brunelli, in questo gioco di specchi, viene citato anche per la corsa a Finmeccanica, ma gli attuali vertici, Alessandro Pansa e Gianni De Gennaro, non sono in discussione, dopo le traumatiche gestioni di Giuseppe Orsi e Pier Francesco Guarguaglini. Poste Complicata la partita per Poste Italiane, che s’avviano a un’incerta quotazione in Borsa e il cui ruolo di banca in proprio e riserva per Cassa depositi e pre- PIAZZE & PALAZZI laudio Scajola è un politico a spasso: “Mi scusi, C sto passeggiando con un gruppo di amici. Le chiedo rapidità, per favore”. Cosa prova: rabbia? No. Delusione? Neanche. spazio per Scajola. Questo lo dice soltanto un uomo vicino a Silvio Berlusconi. Giovanni Toti? Speranza. Allude al mio futuro in Forza Italia, alla mia voglia di candidatura? Mi perdoni, ma lei non è Berlusconi. Non conta molto. Alludo. E bene: nulla è ancora deciso. Ma sembra che non ci sia l duello tra Paolo Scaroni e Massimo Mucchetti, già pregustato da tutti i giornalisti economici, è slittato a oggi, I quando si terrà la seconda parte dell’audizione (cioè le domande) del numero uno dell’Eni in commissione Industria al Senato, presieduta dall’ex giornalista. Nell’attesa, Scaroni s’è incensato davanti ai senatori snocciolando i numeri del gigante italiano dell’energia, “la prima impresa del Paese”. Il momento è delicato. Le nomine incombono, e la poltrona di Eni è il primo rebus che Matteo Renzi dovrà sciogliere. Scaroni spera di essere riconfermato per il quarto mandato alla testa del cane a sei zampe, ma i rumors gli concedono al massimo la poltrona di consolazione della presidenza. Pesa la condanna in primo grado per reati ambientali nella vicenda della centrale di Porto Tolle, arrivata pochi giorni fa: “No, perché francamente pensavo di essere assolto”, spiega stizzito ai giornalisti che gli chiedono se ne ha parlato con Renzi e Padoan: “Non mi era passato neanche per l’anticamera del cervello che potessero condannarmi per una cosa successa 10 anni fa, anzi una cosa che non si è mai verificata, perché non c’è stato nessun disastro ambientale”. LA PRIMA MOSSA di Scaroni per rilanciare la sua immagine è alluvionare il Senato di numeri sulle meravigliose prestazioni di Eni. A partire da una, fondamentale: dal 2005 allo Stato italiano (che controlla il gruppo con il 30 per cento) Eni ha versato 29,7 miliardi di euro, di cui 12 di dividendi e 15 di tasse. “Il doppio o quasi il triplo dei dividendi pagati da Enel più Terna più Finmeccanica”, spiega l’ad, che nel 2013 ha portato a casa 5,8 milioni di euro (“il 25 per cento in meno rispetto alla media dei miei colleghi europei”), soprattutto “grazie agli obiettivi raggiunti”. Sempre dal 2005, “il titolo Eni ha reso agli investitori il 61%. Le nostre concorrenti Total, Shell, Bp o Repsol il 53”. Questo grazie alla scelta di punPaolo tare sui asset poco rischiosi: “Siamo rimasti fuori Scaroni. In dallo shale gas americano: è una manna per le famiglie, ha reso la loro industria la più competitiva alto, Massimo del mondo, ma i prezzi sono crollati”. Non c’è guaMucchetti dagno nel settore gas: i 12 miliardi di utile del Ansa 2009 sono un miraggio. “Facevamo un sacco di soldi importando e vendendo gas, ora le grandi azienda fanno da sole: il mercato sta morendo”. Anche per questo, nell’ultimo anno il risultato operativo del gruppo è sceso di sette miliardi, ma anche per brusco calo dei ricavi Saipem e per il settore della chimica. “Eni ha dovuto raccogliere tutti i cadaveri della chimica italiana”, si è giustificato Scaroni. Scajola: “Silvio mi candida Se no lo farà qualcun altro” Sì, Toti, e lo rispetto. Ma Silvio decide, Silvio inserisce o esclude. E allora? stiti rende centrali per qualunque governo. I consulenti di via XX settembre offrono una quaterna: il punto di partenza, che rievoca il caso di Scaroni, sarebbe la presidenza a Massimo Sarmi, ad assai longevo: ingresso dodici anni fa, uscita senza data. Ma il ruolo operativo se lo contende un terzetto: Monica Mondardini, Gruppo Editoriale l’Espresso; Flavio Valeri, Deutsche Bank Italia; Andrea Soro, Royal Bank of Scotland. Valeri e Soro vanno considerati vicini a Matteo Renzi: nessuna indiscrezione, entrambi parteciparono alla cena milanese di raccolta fondi organizzata dal finanziere Davide Serra, primarie 2012. Il rapporto tra Renzi e l’istituto scozzese fondato a Edimburgo nel 1727 non è casuale, né sporadico. Insieme a Marco Carrai, all’avvocato Alberto Bianchi e al deputato Yoram Gutgeld (ex McKinsey), Cosimo Pacciani, proprio di Royal Bank of Scotland, è uno dei pochi “ambasciatori accreditati” del premier nel mondo dell’imprenditoria e della finanza. di Carlo Di Foggia E cosa direbbe a Silvio per convincerlo? Perché non dovrebbe rinunciare a Scajola? Scajola rappresenta la stagione di Forza Italia, un par- tito che ritorna e che non può permettersi di arrivare terzo: sarebbe una grave sconfitta. Come rimediare? jola. Un uomo che s’è sacrificato per un progetto politico e non ha mai esagerato con le pretese. E se non ci fosse posto? Ci vogliono ragazzi freschi e nuovi, ma anche politici ancorati al territorio, che sanno mobilitare gli elettori, che sanno raccogliere le preferenze. Non penso proprio. La mia storia politica è la storia di Forza Italia. Potrebbe cambiare partito. Come Scajola? Esatto, come Sca- Claudio Scajola Ansa Ora non mi pongo il problema, ora, ripeto, perché sono sicuro di potermi confrontare di Car. Tec. ancora con i miei elettori e, soprattutto, confido nella lungimiranza di Berlusconi. Vedrete: le indiscrezioni di questi giorni, presto, diventeranno solo chiacchiere inutili. Ha ricevuto offerte dai concorrenti di Forza Italia? Sì, attestati di stima. Mi chiedono: ma secondo te, Claudio, davvero potranno abbandonare uno come te? Questi attestati di stima provengono dal suo amico Angelino Alfano? Non mi faccia dire Alfano o Tizio: area centrodestra, questo sì. 8 GIUSTIZIA GIOVEDÌ 3 APRILE 2014 Appalti Palazzo Chigi: Bisignani patteggia due mesi HA PATTEGGIATO una pena a due mesi di reclusione Luigi Bisignani, finito agli arresti domiciliari il 19 febbraio scorso (ora è libero con obbligo di firma) per false fatture nell’ambito di un’inchiesta su presunte irregolarità legate all’affidamento di un appalto per l’informatizzazione di Palazzo Chigi. La pena di due mesi di reclusione si aggiunge a quella di un anno e sette mesi inflitta dal Tribunale di Napoli il Fatto Quotidiano nel 2011 in relazione al procedimento sulla cosiddetta P4. Il giudice, inoltre, si è riservato di decidere in merito alla revoca dell’obbligo di firma sulla quale i pm Paolo Ielo e Mario Palazzi hanno espresso parere favorevole. La procura contesta a Bisignani un reato fiscale: avrebbe emesso fatture per operazioni inesistenti per circa 300 mila euro, nel 2011, tramite una società a lui riconducibile. Nell’inchiesta sono coinvolti anche il generale Ragusa, ex capo del Dipartimento per le risorse strumentali della Presidenza del Consiglio dei ministri e l’imprenditore Anselmo Galbusera, amministratore di Italgo Spa, che, insieme con Selex Se.Ma (Finmeccanica), si aggiudicò la gara da 4 milioni di euro di Palazzo Chigi. I reati contestati, a seconda delle posizioni, sono quelli di corruzione e di turbativa d’asta. DI MATTEO ASSOLTO: NON RIVELÒ LE TELEFONATE DI NAPOLITANO IL CSM PROSCIOGLIE IL PM DI PALERMO, ACCUSATO DA 18 MESI PER UN’INTERVISTA SULLE INTERCETTAZIONI (GIÀ SVELATE DAI GIORNALI) TRA MANCINO E IL PRESIDENTE Il Cie di Ponte Galeria a Roma Ansa Di Matteo si limita a dire: “Negli atti depositati (le conclusioni dell’inchiesta trattativa, ndr) non c’è traccia di conversazioni con il capo dello Stato e questo significa che non sono minimamente rilevanti”. Alla domanda in merito alla loro distruzione, il pm risponde: “Noi applicheremo la legge in vigore. Quelle che dovranno essere distrutte con l’instaurazione di un procedimento davanti al gip saranno distrutte, quelle che riguardano altri fatti da sviluppare saranno utilizzate in altri procedimenti”. di Antonella Mascali l pm Nino Di Matteo è stato prosciolto dalla sezione disciplinare del Csm da un’accusa che non avrebbe mai dovuto essere mossa, tanto era chiaro fin dall’inizio che il magistrato del processo sulla trattativa Stato-mafia non aveva rivelato in un’intervista a Repubblica, del 22 giugno 2012, l’esistenza di intercettazioni tra il presidente Giorgio Napolitano e l’ex ministro Nicola Mancino, circostanza già riportata dal settimanale Panorama. Ma c’è il Quirinale di mezzo: il capo dello Stato prende spunto da quell’intervista e da una risposta della Procura di Palermo, in punto di diritto, per sollevare a tutta velocità, il 12 luglio, un conflitto di attribuzione davanti alla Consulta che vincerà: telefonate distrutte senza ascolto delle parti. Su input del segretario generale del Quirinale, Donato Marra, il procuratore generale della Cassazione Gianfranco Ciani, a fine luglio avvia una pre-istruttoria disciplinare, sfociata nell’apertura di un procedimento disciplinare, a marzo 2013, che ha per finale la richiesta di proscioglimento a dicembre, dopo oltre un anno, da parte del Pg Ciani. I INFINE L’ASSOLUZIONE ieri mattina del Csm: la ricostruzione e la valutazione dei fatti “consentono di escludere” che le dichiarazioni di Nino Di Matteo abbiano violato il diritto alla riservatezza “del presidente della Repubblica”. Il contrario di quanto aveva sostenuto Napolitano. Di Matteo resta amareggiato: “Non c’è nulla di cui essere soddisfatti, se si legge la richiesta di proscioglimento è chiaro che quel procedimento non doveva essere avviato”. “Sulla base dei fatti”, aggiunge il suo avvocato, il procuratore aggiunto di Messina Sebastiano Ardita, “siamo sempre stati convinti che non ci fosse alcuna condotta da sanzionare”. Con Di Matteo è stato prosciolto anche il procuratore Francesco Messineo accusato di non aver segnalato agli organi competenti l’intervista del pm. Di Matteo era accusato di “aver mancato ai doveri di diligenza e riserbo” e di aver “leso indebitamente il diritto di riservatezza del Presidente della Repubblica”. Ma nel provvedimento del Csm si legge che “la ricostruzione e la valutazione dei fatti consentono di escludere che queste siano state animate dalla volontà di ledere intenzionalmente il diritto di riservatezza del Presidente della Repubblica”. Il magistrato “non rivelò nulla di nuovo”. Come disse nell’inter- Il procuratore Nino Di Matteo Ansa rogatorio difensivo, la finalità era quella di “mettere al riparo da insinuazioni e sospetti” il capo dello Stato. Nell’ordinanza del Csm si spiega che l’intervento del pm Di Matteo “si è temporalmente collocato in un momento storico particolare nel quale ormai la questione del (diretto o indiretto) coinvolgimento del Quirinale e del presidente della Repubblica nella vicenda 'Mancino’ era stata trattata diffusamente e quotidianamente dai mass media”. Poi si evindenzia che “a prescindere dall’opportunità o meno di rendere le dichiarazioni stesse”, la condotta del pm è stata “caratterizzata comunque da un rassicurante e chiaro ri- LA REAZIONE Il magistrato: “Quel procedimento non doveva essere avviato” Adesso vogliono trasferire il processo a Caltanissetta ferimento all’irrilevanza delle intercettazioni della voce del presidente della Repubblica”. Quasi due anni fa per quell’intervista scoppia un putiferio. Eppure, quando la giornalista di Repubblica si riferisce alle intercettazioni con Napolitano, ECCO, SONO questi i passaggi dell'intervista incriminata del magistrato ripetutamente minacciato di morte, costretto a vivere blindato. A tenerlo sulla graticola per mesi e mesi, prima di chiederne il proscioglimento, è stata la Procura generale della Cassazione. La stessa che su input del Quirinale chiese, invano, un intervento dell’allora procuratore nazionale antimafia Piero Grasso sui pm che indagavano sulla trattativa. Ora Di Matteo ha un altro scoglio da superare: il 18 aprile la VI sezione della Cassazione dovrà decidere se trasferire da Palermo a Caltanissetta il processo sulla trattativa, come chiedono gli ex ufficiali del Ros, ora imputati, Antonio Subranni, Mario Mori e Giuseppe De Donno, appellandosi alla famigerata legge Cirami. IN AULA Essere clandestini non è più un reato VIA LIBERA DELLA CAMERA: 332 SÌ AL DDL SULLE PENE ALTERNATIVE. LA LEGA FA OSTRUZIONISMO a Camera ha dato il via libera al disegno di legge sulle pene L alternative al carcere che contiene fra l’altro anche la depenalizzazione del reato di immigrazione clandestina. I voti fa- vorevoli sono stati 332, contro 104 contrari. Gli astenuti sono stati 22. In mparticolar modo ad esprimere la propria contrarietà a questa votazione sono stati i deputati leghisti che più volte sono intervenuti, contestando proprio la norma che sostanzialmente cancella il reato di clandestinità. Resterà penalmente rilevante solo il reingresso in violazione di un provvedimento di espulsione. ANCHE QUESTA VOLTA i toni in aula si sono alzati e il leghista Massimiliano Fedriga è stato cacciato dal vicepresidente Luigi Di Maio. Durante l’intervento di Nicola Molteni, il leghista Fedriga si è seduto al posto normalmente occupato dal ministro dell’Interno e ha esposto un cartello con la scritta “Ministro Alfano, clanIl leghista Fedriga Ansa destino è reato”. Ed è il secondo giorno che un leghista viene cacciato dall’aula. Solo ieri il deputato Buonanno si è presentato a Montecitporio con una spigola in mano. Anche il segretario federale della Lega Nord, Matteo Salvini, aveva usato parole dure contro questa votazione: “Aiutano i clandestini – aveva scritto su Facebook – cancellando il reato di clandestinità, liberano migliaia di delinquenti con lo svuota-carceri, e arrestano chi vuole l’indipendenza. Siamo alla follia. Se lo Stato pensa di fare paura a qualcuno, sbaglia”. Enna, l’hotel dei “neri” alla vigilia delle stragi I MAGISTRATI SICILIANI CERCANO DI CAPIRE CHI ERA PRESENTE NELL’ALBERGO IL 6 DICEMBRE ‘91: C’ERA ANCHE UN PRESTANOME DI PROVENZANO di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza Palermo erano anche rappresentanti della borghesia mafiosa di Palermo nei summit di Enna dove tra C’ l’ottobre del ‘91 e il febbraio del ‘92 il gotha di Cosa Nostra si riuniva in gran segreto per pianificare le stragi? È la nuova ipotesi su cui indagano i pm di Palermo, titolari dell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia, dopo aver scoperto che la notte del 6 dicembre ‘91, all’hotel “Sicilia” di Enna, oltre all’esponente di Avanguardia Nazionale Paolo Bellini (l’infiltrato dello Stato nelle stragi secondo Nino Gioè), pernottò anche Enzo Giammanco, l’imprenditore condannato a 6 anni per mafia con l’accusa di essere stato un prestanome di Provenzano. Chi è Enzo Giammanco? Quel nome viene a galla nell’aula bunker di Rebibbia lo scorso 11 marzo, quando il pm Roberto Tartaglia chiede a Bellini se l’avesse mai conosciuto. Costruttore originario di Bagheria e parente dell’ex procuratore di Palermo Pietro Giammanco (figlio del cugino Nicolò, ex capo ufficio tecnico del Comune di Bagheria), il nome di Enzo Giammanco compare nell’elenco di quegli “uomini politici, massoni e imprenditori” che, secondo quanto afferma nel 2003 il pentito Nino Giuffrè, Cosa Nostra avrebbe consultato prima delle stragi ’92-’93. Spiega, infatti, Giuffrè che alla vigilia della stagione delle bombe “Provenzano avviò un vero e proprio sondaggio attraverso i suoi uomini più fidati, Pino Lipari, Tommaso Cannella, Gino Scianna, Enzo Giammanco e Vito Ciancimino: voleva cogliere lo stato d’animo di quegli ambienti e le possibili conseguenze della morte dei due giudici”. Un sondaggio, insomma, effettuato per testare le possibili reazioni di pezzi della borghesia mafiosa di fronte all’esplosione della nuova strategia della tensione che avrebbe insanguinato la Sicilia. che nel primo semestre del ‘92 fu incaricato dal maresciallo Roberto Tempesta, in servizio presso il reparto Tutela Patrimonio Artistico, di recuperare alcune opere d’arte rubate alla Pinacoteca di Modena: una missione riservata, che Tempesta comunicò all’allora colonnello del Ros Mario Mori, spiegandogli che l’informatore aveva allacciato in Sicilia contatti con il IL PENTITO RACCONTA che alla fine del 1991 si svolse mafioso Nino Gioè, e che questi aveva promesso di una riunione ad Altarello, borgata periferica del ca- aiutarlo in cambio degli arresti ospedalieri per cinque poluogo siciliano, alla presenza dei capi mandamento e boss detenuti: Pippo Calò, Bernardo Brusca, Luciano che in quell’occasione Provenzano riferì di una mis- Liggio, Giacomo Gambino, Giovanbattista Pullarà. È il sione segreta affidata ai suoi fedelissimi: a ciascuno di primo tentativo di uno scambio tra mafia e Stato. Inloro venne impartito il compito di interpellare per- terrogato nel processo sulla trattativa, Bellini, che nella sonaggi esterni a Cosa Nostra, con ruoli operativi a lettera-testamento sequestrata nella cella di Gioè (trolivello istituzionale ed economico, per sapere che cosa vato impiccato a Rebibbia tra il 28 e il 29 luglio ’93) ne pensassero del progetto stragista. Che ci faceva dun- viene definito “un infiltrato dello Stato”, ha negato di conoscere Giammanco. Anche se le que il costruttore Giammanco all’hosue spiegazioni sul pernottamento a tel “Sicilia” di Enna, durante una Enna non hanno convinto gli inquitempesta di neve, nella stessa notte in renti di Palermo. Così come desta socui vi pernottava anche Bellini, detto spetto la sua presenza a Cefalù, tra la “Primula nera”, e nello stesso pel’11 e il 12 luglio ’92 (esattamente una riodo in cui i boss mafiosi progettasettimana prima della strage di via vano nel capoluogo più alto d’Italia la D’Amelio), all’hotel “Kalura”, prostrategia della tensione? I pm di Paprio la stessa notte in cui nell’albergo lermo hanno accertato che il nipote soggiornava anche Biagio Renato dell’ex procuratore Giammanco in Cacciola, pugliese, che in aula il pm gioventù è stato molto vicino ad amTartaglia ha definito un personaggio bienti universitari di destra. Proveniente da ambienti legati all’eversioIl pentito Paolo Bellini nell’aula con “precedenti specifici in reati colne di destra è anche Bellini, l’uomo bunker di Rebibbia Ansa legati all’eversione nera”. UN GIORNO IN ITALIA il Fatto Quotidiano Brescia, l’ospedale interrompe la cura Stamina ai pazienti I MEDICI degli Spedali Civili di Brescia hanno deciso di interrompere “fino a data da definirsi” la somministrazione del trattamento Stamina. Sono 34 i pazienti sotto cura. Il commissario straordinario dell’azienda ospedaliera, Ezio Belleri, in audizione in Senato ha spiegato che la decisione è motivata dalla volontà di attendere il parere del nuovo comitato scientifico nominato dal ministero della Salute e che dovrà pronunciarsi in merito al protocollo messo a punto dal presidente della Fondazione Stamina, Davide Vannoni. Una decisione, quella dei me- dici, che potrebbe dare il via, come affermato dallo stesso Belleri, a una nuova ondata di ricorsi. “I 34 pazienti in trattamento non accetteranno tale decisione e daranno battaglia all’azienda nelle aule dei tribunali. Non so dove tale decisione ci porterà”. Vannoni ha definito la GIOVEDÌ 3 APRILE 2014 9 scelta “contro la legge e i giudici”. Il ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha commentato: “Sono a conoscenza del problema, devo leggere le motivazioni, ma posso dire che il Comitato scientifico si è insediato e che le due cose non sono collegate”. “Così cerchiamo lavoro sul pianeta eBay” UNA MANAGER CHE DIVENTA DOG SITTER, IL PIANISTA DIPLOMATO CHE SUONA AI MATRIMONI, IL GIORNALISTA CHE TAGLIA E CUCE TESTI di Valerio Cattano Roma: medici “in saldo” Una protesta per la mancanza di lavoro. Sempre più spesso i disoccupati si offrono sulle piattaforme on line. A destra, due esempi di annunci Ansa Q uindici euro l’ora vi sembra una paga accettabile?”. Maurizio lo dice senza rabbia, quasi con rassegnazione. È uno degli oltre 4000 professionisti che hanno messo un annuncio di lavoro sulla piattaforma on line eBay, la stessa che viene utilizzata dal governo Renzi per vendere le auto blu, o dai grandi magazzini per smerciare magliette e giubbotti a prezzi concorrenziali, con il sistema delle aste. Per chi ha deciso di “mettersi in vendita” per fortuna ancora l’asta non c’è: alcuni specificano subito quanto costerà la prestazione, altri lasciano un recapito per essere contattati. La maggior parte non ha piacere di raccontare pubblicamente come è finito sulla Rete per trovare lavoro e chi accetta lo fa a patto che non si mettano particolari utili a identificarlo. “Li capisco e vale pure per me – continua Maurizio – perché dovresti ammettere che sei on line come ripiego?”. Maurizio, milanese, musicista con tanto di diploma, si offre per suonare pure ai matrimoni: “Mi sono diplomato al Conservatorio in pianoforte, poi mi sono perfezionato con un maestro che ho pagato privatamente. Forse ho beccato la congiuntura sfavorevole, ma di audizioni negli enti lirico sinfonici se ne sono fatte sempre me- SENTITE SCUSE NIENTE FUTURO SENZA SPECIALIZZAZIONI Circa 600 laureati in Medicina hanno protestato ieri dinanzi a Montecitorio lamentando che un futuro medico su tre non accederà alle scuole di specializzazione Ansa no”. Il tempo passa e Maurizio deve pur pagare le bollette. “A Milano non potevo stare più, troppe spese. Mi sono trasferito nelle Marche dove ho parenti. In attesa di trovare qualcosa di più consono, per guadagnare ho deciso di offrirmi per i matrimoni, anche con l’organo me la cavo discretamente”. E se non di Marco Palombi Il Corsera e il 1977, annus horribilis I l 1977, a quelli del Corriere della Sera, non deve essere piaciuto affatto. Troppa violenza politica, troppi indiani metropolitani, troppa criminalità E poi hanno pure chiuso Carosello nel 1977. E c’è stato l’ultimo concerto di Elvis. Per non parlare di quei maglioni a collo alto che irritavano la pelle. Insomma, di motivi per odiare il 1977 a via Solferino ne hanno a bizzeffe. È l’annus horribilis della storia d’Italia, la sentina d’ogni male. E allora si capisce che ogni tanto - con quel popò d’odio che quei 12 mesi neri ispirano al più grande quotidiano italiano - si finisca per esagerare. Ieri, per dire, il titolone enorme di prima pagina era “Tanti disoccupati come nel ’77”. In realtà oggi i senza lavoro sono 3,3 milioni, il che fa un tasso del 13%, mentre nel 1977 era solo il 6,5, esattamente la metà. Su Twitter, alcuni utenti hanno fatto notare l’equivoco all’autorevole testata: si dice dal 1977 perché è da lì che partono le serie storiche comparabili. Delizioso, e cortesissimo, il dietrofront: “Errore nostro (nel sommario, però, è spiegato correttamente). Scusate, grazie per la segnalazione”. Tranquilli, c’è nel sommario. E poi cercate di capire, in quel maledetto ’77 è morta pure la Callas. chiama nessuno? “Faccio lezioni private, 15 euro l’ora”. Non è pochino? “Lo è, quelli che lavorano a Milano o Roma arrivano a chiederne 35/40. Ma non è un prezzo praticabile nelle regioni “periferiche”, rischi di non avere nessun cliente. Se vai su Ebay devi essere concorrenziale”. Alessia invece Milano non l’ha mai lasciata, però ha cambiato lavoro, nel suo annuncio si offre come dog sitter - accompagna i cani a passeggiare - anche se sino a poco tempo fa era una manager rampante. “UNA SCELTA quasi obbligata: sono laureata in Economia, ho seguito corsi di marketing, ho trovato un buon posto in una grande azienda specializzata in prodotti alimentari, molto export in Europa”. Poi arriva la crisi, le commesse diminuiscono sempre più, ma si affacciano nuovi mercati. “L’alternativa che mi avevano proposto era di battere l’Est, la nuova Russia ha fame di prodotti di qualità, e ci sono molti ristoranti con cuochi italiani che vogliono prodotti originali. Però si trattava di trascorrere anche tre-quattro giorni a settimana in viaggio. Ho avuto un tentennamento, sono stata subito rimpiazzata”. Francesca si è ritrovata disoccupata, l’ha salvata l’amore per i cani, lei ha un labrador e un “bastardino”. “A Milano chi lavora non ha mai tempo per altro, anche per gli amici a quattro zampe. Allora ho messo un annuncio: rispetto alle agenzie specializzate faccio prezzi concorrenziali, la mia offerta è tre passeggiate di sessanta minuti per un mese, 170 euro, quasi trenta in meno rispetto alla richiesta comune”. Infine c’è il giornalista che non ha mai avuto un contratto regolare e ora offre la sua esperienza: taglia e cuce testi, fa il ghostwri- ter: “Mi chiamo Alberto, ho 46 anni. Che dire? Dalla Sicilia tanti anni fa mi sono trasferito a Milano, ho lavorato in riviste specializzate. Mi dicevano sempre: ‘fra sei mesi articolo 1 e assunzioni a tempo indeterminato’, e io ci credevo. Poi le riviste di carta sono entrate in crisi, una edizione on line la facevano con tre ragazzini. Pure sulle collaborazioni c’è stata la stretta: puoi vivere con un articolo pagato a volte 2,50, o al massimo 20 euro? Ho mollato, ora sono su eBay. Il lavoro è poco, ogni tanto mi danno anche una tesi da correggere, o le bozze di un romanzo che forse non uscirà mai. Così più o meno vado avanti. Io so lavorare solo con le parole, altro non so fare”. Film e farmaci, Veronesi ritratta AVEVA DEFINITO ESAGERATO “IL VENDITORE DI MEDICINE”: ORA È UNA “DENUNCIA CORAGGIOSA” di Chiara Daina rima la spara grossa e poi ci ripensa. P Il dottor Umberto Veronesi sull’ultimo numero di Oggi, uscito ieri, si ri- mangia le parole scritte il 12 febbraio (sulla stessa testata) contro il film Il venditore di medicine rispondendo alla lettera del regista Antonio Morabito. Ma il risultato non fa una piega. Anche perché si suppone che lui, come la maggior parte degli italiani, non abbia mai guardato la pellicola, che uscirà nelle sale il prossimo 30 aprile. Veronesi non era presente nemmeno al Festival internazionale del cinema di Roma quando il film, fuori concorso, è stato proiettato per la prima volta. Si sarà guardato il trailer su YouTube almeno? Dobbiamo immaginarlo, visto che in prima battuta lo ha definito una “satira” che “fa a pezzi il mestiere dell’informatore scientifico”, accostandolo al detto di un conservatore come Talleyrand, politico francese del Settecento: “Tutto ciò che è esagerato è insignificante”. Come il film, crede il professore. Che aggiunge: “Chi esagera non risolve niente”. Il film denuncia la collusione tra industrie del farmaco e classe medica alle spalle dei pazienti. Il protagonista (Clau- te. A mio avviso, c’è chi ha il dio Santamaria, qui nei pancompito di denunciare e chi ni di Bruno) è un rapprequello di risolvere. Noi, col sentante farmaceutico di nostro lavoro, richiamiamo una ditta che naviga in catl’attenzione su un grave protive acque e che in cambio blema la cui esistenza è incondella prescrizione del protestabile”. Veronesi aggiusta il dotto è disposto a tutto. A tiro così: “Sono tanto convinto imbrogliare gli effetti rivodella necessità di una ricerca luzionari della molecola. A scientifica indipendente, da corrompere i medici offrenaver strutturato sul finanziado regali fuori di testa: dallo stetoscopio d’avanguardia a Umberto Veronesi Ansa mento di progetti innovativi la Fondazione che porta il mio un finto convegno ai tropici, un computer palmare o un’auto di lusso. nome. Penso infatti che sottomettere la In pratica, l’informatore e i suoi colleghi ricerca a dei puri e semplici obiettivi ecocommettono un reato che si chiama nomici sia un grave errore”. Ma, getta la spugna, “è arduo pensare che si possa fare “comparaggio”. a meno della ricerca condotta dall’induHA UNA PARTE nella storia anche il vi- stria farmaceutica” perché lo Stato non ha cedirettore del Fatto Marco Travaglio, nel i mezzi economici, anche se “inevitabilruolo di un medico che respinge i ricatti di mente” la ricerca della ditta “punta al proBruno. “Troppi pensano che non funzioni fitto”. Poco importa. La morale secondo più così, che oggi le cose sono cambiate, Veronesi è: “Se è irrealistico scandalizma non è vero – dichiara il regista Mo- zarsene, è invece giusto denunciare le rabito -. Mi sono basato su episodi reali e scorrettezze e gli abusi di un liberismo le mie fonti sono state gli stessi informa- ‘selvaggio’, che andrebbe controllato con tori che non hanno voluto uscire allo sco- maggio rigore”. Lancio di zappa sui piedi perto per non perdere il posto di lavoro”. finale: il film è una “denuncia coraggiosa, Morabito nella lettera replica a Veronesi: che non ho mai inteso definire insigni“Lei dice che chi esagera non risolve nien- ficante, mi creda”. 10 ERRORI FATALI GIOVEDÌ 3 APRILE 2014 Muore per una bronchite: aperta inchiesta a Vibo sentare una denuncia ai carabinieri. La Procura ha iscritto nel registro degli indagati, come atto dovuto, il medico di famiglia dell’uomo che nei giorni scorsi aveva cambiato l’antibiotico prescritto all’uomo. Lorenzo si è sentito male mentre si trovava a casa della ma- LA PROCURA della Repubblica di Vibo Valentia ha aperto un’inchiesta sulla morte di un 38enne, Domenico Lorenzo, operaio stagionale, deceduto lunedì sera a Tropea. Il ragazzo si sarebbe sentito male mentre si stava curando una bronchite. Sono stati i familiari a pre- IL SUV CHRYSLER NON FRENA: RITIRATI 867 MILA VEICOLI UN GUASTO AI SUPPORTI DI CONTROLLO COSTRINGE JEEP E DODGE A RIENTRARE AI BOX: DANNO DI IMMAGINE PER MARCHIONNE, MA ANCHE LA GM È SOTTO ACCUSA di Salvatore Cannavò on ha fatto in tempo a festeggiare per il recupero di vendite negli Usa e in Italia che la Fca di Sergio Marchionne ha dovuto registrare ieri la brutta notizia dei difetti ai freni di Jeep e Dodge. La Chrysler, infatti, fiore all’occhiello della nuova Fiat globale, quella che macina utili e vendite, ha dovuto richiamare dal mercato la bellezza di 867.795 tra Grand Cherokee e Dodge Durango, marchi di punta della casa di Detroit. I modelli ritirati sono riferiti al periodo che va dal 2011 al 2014 e dovranno essere tutti ispezionati ed eventualmente riparati dai tecnici Crhysler. I guasti si riferiscono ai supporti ai freni che potrebbero presentare corrosioni in presenza di acqua. Un guasto di non piccola rilevanza soprattutto dopo quello che è avvenuto alla General Motors finita sotto esame nazionale per via del guasto all’accensione che ha provocato diversi incidenti e diversi morti. N PER LA CHRYSLER , il ritiro dal mercato e il contestuale programma di recupero prevede oltre 640 mila vetture negli Stati Uniti, 42 mila in Canada, 21.300 in Messico e circa 160 mila in altre parti del mondo. Uno smacco di immagine, quindi, che si inscrive nel problema più generale delle case automobilistiche alle prese con i difetti di produzione. Nell’ultimo anno, infatti, la concorrente General Motors ha ritirato dal mercato di tutto il mondo quasi 7 milioni di veicoli di cui 2,6 milioni negli Usa. Un caso che ha costretto l’amministratrice delegata, Mary Barra, alle scuse ufficiali davanti al Congresso degli Stati Uniti. Il difetto del blocchetto di accensione delle Gm, infatti, ha provocato 34 incidenti e almeno 12 morti (per quanto riguarda l’Italia, sono state richiamate solo 156 Oper Gt del 2007 prodotte negli Usa). L’accusa alla dre ed è morto mentre un parente lo stava accompagnando in ospedale. Sarà l’autopsia, che sarà eseguita dall’anatomopatologa Katiuscia Bisogni su disposizione del pm Maria Gabriella Di Lauro, a stabilire le cause del decesso. A LECCO Politica & appalti Gli affari dei clan sul lago di Como ARRESTATE NUOVE LEVE DELLA FAMIGLIA TROVATO COINVOLTO CONSIGLIERE COMUNALE EX PD di Davide Milosa ontrollo armato del territorio da un lato e rapporti con la politica dall’altro. Tanto intensi da influenzare, addiritC tura, le elezioni comunali di Milano nel 2011. Quando gli uo- L’INDAGINE L’amministratrice di General Motors, Mary Barra, costretta a scusarsi davanti al Congresso. Anche Toyota nei guai Modelli di Suv Chrysler Lapresse General Motors, però, è di aver ritardato il ritiro delle auto quando il difetto era noto almeno dal 2006. Barra ha risposto di non sapere perché ci siano voluti anni per ammettere le proprie responsabilità: “Qualcosa è andato storto” ha spiegato “e sono successe cose terribili. Vi assicuro che lo capiremo”. Allo stesso tempo, però, ha dovuto nominare un nuovo vice presidente con il compito specifico di occuparsi della sicurezza. Altro caso, quello della Toyota che è stata costretta a richiamare 1,9 milioni di automobili Prius, di cui 5800 solo in Italia, per un guasto riguardante la centralina elettrica. Nel dicembre 2012 la casa giapponese aveva dovuto pagare un risarcimento da 1,1 miliardi di dollari per i problemi scaturiti dall'ac- il Fatto Quotidiano celeratore di alcune automobili vendute sul mercato americano. Nel caso della Prius, la Toyota ha preferito far rientrare le vetture prima ancora che il difetto venisse veramente accertato. “IL NUMERO INCREDIBILE di nuovi modelli, una tecnologia sempre più complessa e competitiva e controlli normativi sempre più intensi stanno rendendo particolarmente duri i controlli sulla sicurezza” spiega uno studio della società di consulenza finanziaria, Stout Risius Ross Inc. La riorganizzazione produttiva, inoltre, la diminuzione della forza lavoro e la necessità di presiedere a una maggiore quantità di operazioni fanno il resto. Ma, sopra tutto, resta il problema dei costi: dall’inchiesta statunitense sulla General Motors è emerso che il costo della sostituzione per ogni blocchetto di accensione sarebbe stato di circa 76 centesimi mentre quello previsto per eventuali interventi in garanzia, solo 20 centesimi. Cinquantasei centesimi di costo supplementare per ogni auto difettosa (2,6 milioni) fanno circa 1,5 milioni di dollari. Un calcolo che i dirigenti Gm hanno fatto e di cui oggi devono rispondere. Ma ieri i problemi per Fiat non sono venuti solo dal Nord America. La crisi valutaria in Venezuela, infatti, ha spinto Iveco a sospendere la produzione nello stabilimento di La Vittoria, circa 400 dipendenti, che costruiscono camion e telai per autobus. Per ora restano a casa in attesa che il mercato si riprenda. mini della ‘ndrangheta raccolgono voti a favore di Mariolina Moioli candidata del Pdl (non indagata). Questo il dato: estorsioni, attentati, e, assieme, la capacità di infiltrarsi nelle istituzioni. Di camuffarsi con iniziative antimafia e dietro le quinte operare per favorire gli interessi della cosca. Non succede a Reggio Calabria, ma nella lombardissima Lecco affacciata sul lago di Como, dove gli affari del clan capeggiato da Mario Trovato, che ha raccolto il testimone del superboss e fratello ergastolano Franco Coco, non si sono mai interrotti, nonostante i grandi processi degli anni Novanta. Con le nuove leve che al posto del traffico di droga, ritenuto troppo rischioso, si sono dati agli appalti e ai rapporti con la pubblica amministrazione. Fotografia attuale, dunque. Scattata dall’inchiesta Metastasi del Gico della Guardia di Finanza di Milano che ieri ha portato in carcere dieci persone. Tra queste anche Ernesto Palermo, consigliere comunale a Lecco, ex Pd poi approdato al gruppo misto. Tra gli indagati anche Marco Rusconi sindaco sempre con casacca Pd del comune di Valmadrera al quale la procura contesta il reato di corruzione semplice perché, ragiona il giudice nella sua ordinanza d’arresto, sotto il pagamento di 5mila euro (su una mazzetta complessiva di 10mila) favoriva la società Lido Parè, riconducibile alla ‘ndrangheta, nella gara per il rilascio della concessione comunale sull’area del lido di Parè a Valmadrera. POLITICA E MAFIA, DUNQUE . En- nesima conferma e ulteriore preoccupazione rilanciata ieri dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini che ha parlato di “sinergia” tra mafia e politica, sottolineando come il conIl pm Ilda Boccassini Ansa sigliere comunale arrestato fosse “organico alla cosca”. Affermazione supportata dalle telefonate del politico che intercettato confessa di essere “un uomo dei Trovato” collegando la sua elezione all’appoggio del clan. Palermo fa di più e dice che se oggi fosse fuori il boss Franco Coco lui sarebbe stato eletto assessore. Il politico, dunque, è legato e in quanto tale opera per il clan, ad esempio, offrendo la protezione della ‘ndrangheta a un locale appena aperto. E quando i titolari rifiutano, subiscono un attentato. Estorsioni, ma anche voti. Palermo, secondo l’accusa, si occupa di tutto. Della “raccolta di voti” per “incidere sull’andamento delle elezioni locali”. L’indagine ha portato al sequestro di beni per milioni di euro. LA LETTERA “Io, cliente ingannato dalle baby squillo” Pubblichiamo la lettera di Dens, uno dei clienti che è entrato nell’appartamento dove ricevevano le due baby escort dei Parioli. Il suo racconto è pieno di elementi che poteva conoscere solo chi ha frequentato la casa di viale Parioli: la planimetria dell’appartamento e l’aspetto fisico della ragazza. Dens sa di far parte della lista di clienti finita al vaglio dei pm. ì, sono stato in quell’appartamento. Ho più di 35 anni e sono single, lavoro normale, vita normale, S amici e palestra. Una sera di ottobre mi è venuta voglia di compagnia, ma senza complicazioni, cene, inviti, cinema o altro. Ho pensato: chiamo un’escort. Scorro le inserzioni del noto sito, cerco quelle che offrono servizi non lontano da casa mia. Ecco, trovata: 19enne romana. Offre prestazioni in auto, zona Salaria. Chiamo. Risponde una ragazza. Gli chiedo se ha la macchina. “No, abbiamo una casa” dice. Mi metto in macchina e vado. La vedo. E una ragazza bruna, parecchio alta, con tacchi altissimi, seno prorompente in bella mostra (ha una maglia con uno scollo profondissimo). Mi dice che c’è una sua amica in casa, ma di non badarci. Lei (l’altra) non “lavora”. Infatti, c’è un’altra persona. È seduta al tavolo, mi dà le spalle, non vuole mostrarsi. Beh. L’annuncio era chiaro, parlava di una sola ragazza. Scoprirò, quando lo scandalo è scoppiato, che di norma lavoravano entrambe. Entro in una casa molto piccola, due stanze separate da un bagno. Poi, la bruna mi dice con inflessione molto romana, “mi devo fumare la sigaretta”. La guardo. Non è il tipo che piace a me. È coatta, volgare, dai modi spicci. Per tutto il tempo maneggia il suo smartphone, che a un certo punto squilla. È un cliente. Gli dice “fai presto che noi tra un po’ andiamo. Il regalino è 150 euro!”. Poi si rivolge a me: “A te te faccio ‘o sconto! Però, una cosa veloce, che sta a’ venì n’altro.” Inizio a pensare che, da un momento all’altro, qualcuno busserà alla porta, il cliente che ha appena chiuso. Deciso me ne vado: “Senti - le dico - ho cambiato idea. Me ne vado. Devo anche prelevare. Ho anche lasciato la macchina fuori posto”. Pochi giorni dopo scoppia la bomba. Sono sicuramente tra gli intercettati e tra fotografati dai carabinieri. Le ragazze hanno riconosciuto i clienti dalle foto. E se hanno riconosciuto anche me? Ma sono ragazzine, come ho fatto a non accorgermene? Sono uomo di mondo, ho fatto la vita da studente fuori sede, il liceo, ho amiche, parenti e vicine di casa di 16 anni. E, invece, non ho avuto il minimo dubbio. Era tanto truccata, si comportava come una navigata professionista, aveva scritto che aveva 19 anni, mi ha detto della casa. Come se una qualsiasi minorenne potesse affittare un appartamento. Sapete qual è la verità: la tizia in questione recitava bene la sua parte, voleva passare per 19enne e ci riusciva. Lo so, i minori vanno sempre protetti. Regola sacrosanta. Ma se il minore in questione riesce per spigliatezza, sfrontatezza e un fisico da maggiorenne a passare per un’adulta? Me la sono bevuta. Non dormo da novembre, sono stanco, impaurito. Il mio nome potrebbe diventare pubblico. Che dico alla mia famiglia? Sarò chiamato in Procura. Dovrò raccontare la mia versione, sperando che sia creduta. Ho delle prove di tutto quello che ho scritto, tranne il fatto di non aver consumato il rapporto. Gli inquirenti mi crederanno? È solo uno sfogo. Vedo il mare ingrossarsi davanti a me e non so se riuscirò a superare la tempesta. Dens UN GIORNO IN ITALIA il Fatto Quotidiano L’Ilva gli ha ucciso le pecore. Allevatore passa alla canapa SEI ANNI FA la sua masseria si è fermata: bestiame, latte, formaggi, tutto era contaminato dalla diossina e dal Pcb che – secondo i pm di Taranto – uscivano dai camini delle vicina Ilva. Oltre 600 pecore sono state mandate al macello per decisione della Regione Puglia, mentre poco distante l’indu- stria siderurgica continuava a produrre. Vincenzo Fornaro, un allevatore proprietario di una masseria nel Comune di Statte, ora sta provando a ripartire. Tornare ad allevare pecore e capre è impossibile, perché in un raggio di 20 chilometri è ancora in vigore il divieto di pascolo. Per questo ha de- GIOVEDÌ 3 APRILE 2014 ciso di cambiare coltivazione e sabato seminerà sui suoi campi per la prima volta della canapa. La produzione sarà destinata all’industria tessile e, se il raccolto dovesse risultare non contaminato, in futuro potrebbe essere impiegato anche per uso alimentare. Come spiegato dallo stesso allevatore, la 11 decisione di riprendere a coltivare è un modo per non lasciare abbandonata la masseria che è stata eretta nel 1869, novant’anni prima dello stabilimento Ilva. “È l’ennesimo tentativo di resistere e dimostrare che la nostra splendida terra può continuare a vivere”, ha spiegato Fornaro. SEMINARI E PEDOFILIA L’ultima omelia del parroco: “Me ne vado, ho subìto abusi” di Marco Maroni CAPOLAVORI A SORPRESA CACCIA AL QUADRO di Enrico Fierro È Il furto, il treno, l’asta: le tre vite del Gauguin e del Bonnard la storia di due quadri ritrovati, due opere d’arte rubate in una ricca casa di Londra una quarantina di anni fa. Ma è anche, e forse soprattutto, la storia della straordinaria onestà di due italiani, il figlio di un ex operaio della Fiat e suo padre. Che era un siciliano trapiantato a Torino, uno di quelli, per capirci, che nell’Italia del boom arrotolò un filo di spago intorno a una valigia di cartone e partì per l’Alta Italia, come la chiamavano quelli di giù. Si rimboccò le maniche ed entrò nella Fabbrica con la F maiuscola, la Fiat. Otto ore, catena di montaggio, la pausa per la mensa e i compagni con l’accento del Nord che ti pigliavano in giro perché “terrone”. Tanti sacrifici, un figlio da far studiare e una passione per i quadri. 45 mila lire, la Fabbrica e la Torino degli anni Settanta Un vizio innocente da soddisfare spendendo poco, però. Un giro sui banchi dei rigattieri di domenica e l’occhio rivolto alle aste. Quella degli oggetti smarriti sui treni era tra le più appetibili. Si trovava di tutto: libri, orologi, cappotti, i mazzi di carte per gli scoponi ammazza tempo, le radioline a transistor che a quell’epoca ti facevano compagnia con la partita e gli ultimi successi di Sanremo. Qui il nostro operaio dall’accento siculo fu colpito da due quadri, una natura morta e l’immagine di una ragazza di bianco vestita seduta su una poltrona di vimini in un giardino. Quarantacinquemila lire, il prezzo chiesto dal battitore, una bella cifra, quasi la metà dello stipendio che gli passavano gli Agnelli, centomila lire. Con quei soldi a Torino si poteva campare, ma bisognava saper far di conto. Un litro di I quadri recuperati di Paul Gauguin e di Pierre Bonnard Ansa glia. Il catalogo forniva spiegazioni chiarissime, i due dipinti appesi in cucina erano capolavori dell’impressionismo francese. Uno si intitolava “Frutti su una tavola”, ed era di Paul Gauguin, l’altro, quello con la ragazza, era di Pierre Bonnard che lo aveva battezzato “Donna con due poltrone”. “Frutti” e “poltrone” e la scoperta del figlio Il giovane non credeva ai suoi occhi, fotografò i quadri, chiese la consulenza di amici esperti d’arte, e per superare ogni dubbio si rivolse al comando benzina 160 lire, un giornale 70, un francobollo dei carabinieri, nucleo tutela del patrimonio arper scrivere una lettera ai parenti di giù, 50 lire e tistico. I quadri furono rubati nel 1970 a due ricun pacchetto di Nazionali senza filtro 180. Ma la chi inglesi, i signori Marks e Kennedy, trasporpassione è passione. I due quadri li piazzarono tati in Francia erano diretti in Italia. E qui, sul in cucina, non per disprezzo della loro bellezza, treno Parigi-Torino vennero abbandonati dai ma perché nelle case degli operai la cucina era un ladri. Ritrovati dal capotreno che a ogni fine corpo’ tutto, camera per mangiare, come direbbe sa faceva il controllo dei vagoni, furono custoAndrea Camilleri, salotto e luogo dove ricevere diti in un deposito prima di finire all’asta e far gli amici. Una vita intera a svegliarsi con la moka innamorare quell’operaio venuto dalla Sicilia. fumante e quella ragazza che pigramente si don- Che per 39 anni ha diviso la sua vita con due opedolava in un grigio giardino inglese. Quando re che oggi valgono oro: tra i 15 e i 35 milioni il l’operaio smise la sua tuta blu e decise di trasfe- Gaguin, non meno di 600 mila euro il dipinto di Bonnard. rirsi giù in Sicilia per riposare, Carabinieri e Procura di Roma li portò con sé. indagano, informano le agenMa quella immagini rimasero IMPRESSIONISTI zie di stampa, “sono in corso stampate nella testa del figlio, con le autorità britanche aveva studiato e si era lauLe due tele acquistate contatti niche” per stabilire la legittima reato in architettura, e che un proprietà delle due opere. giorno sobbalzò sfogliando alda un operaio Fiat Quelle tele che un giorno un cuni cataloghi d’arte. Quelle Ma erano state operaio della Fiat dall’accento mele e quei piatti di frutta sistesiculo comprò per 45 mila lire a mati in un cesto su un tavolo e trafugate in Inghilterra una regolare asta di oggetti con un gattino grigio sullo sfondo, lui li vedeva da almeno Ed erano due originali smarriti sui treni. Per 39 anni lui, e solo lui, è stato il “legittrent’anni, e la ragazza in giardei maestri francesi timo proprietario”. dino poi, era come una di fami- ndenna, frazione di Zogno, cattolicissima provincia di Bergamo. Ore 18, chiesa greE mita, il parroco finisce la messa, ma non dice ai fedeli “andate in pace”. Invece, allontana i chierichetti e legge un foglio, è una denuncia degli abusi subiti ai tempi del seminario, a Bergamo, quando era minorenne, con l’annuncio della decisione di abbandonare il sacerdozio. È successo lo scorso 15 marzo e ne ha dato notizia ieri l’Eco di Bergamo. Don Alessandro Raccagni, 44 anni, ha spiegato che da trent’anni portava il peso di quegli abusi, ma si era deciso a quel gesto plateale solo dopo la morte della madre, avvenuta lo scorso 8 dicembre, poiché la voleva tenere al riparo da un grande dolore. Ne avrebbe parlato, invece, oltre che con il padre e con uno psicologo, con i vertici della Curia, da cui però non avrebbe ricevuto risposte. Il prete indicato come responsabile degli abusi sarebbe ora in pensione in un quartiere alla periferia di Bergamo. Il giorno seguente, la Curia ha inviato a Endenna un nuovo parroco, provvisorio, che gestirà la parrocchia fino alla nomina del nuovo titolare. I PARROCCHIANI hanno chiesto chiarimenti al vescovo, Francesco Beschi, e in 300 hanno firmato una lettera affissa sotto il porticato della chiesa che chiede che cosa il vescovo intenda fare per accertare i fatti e le eventuali responsabilità. La Curia per ora ha risposto di non aver ricevuto la lettera-denuncia di don Alessandro: “Se la riceveremo risponderemo, ma per il momento non commentiamo la vicenda”. L’abuso di seminaristi e di giovani affidati al clero è una piaga emersa in tutta la sua evidenza a partire dai primi anni duemila. Il caso più eclatante emerse nella diocesi di Boston, Usa, nel 2002, quando furono rimossi dall’incarico e processati più di 55 preti. La chiesa italiana non si è finora distinta per desiderio di far chiarezza e contrastare il fenomeno. Nei giorni scorsi ha suscitato polemiche il commento del cardinale Bagnasco al fatto che nelle linee guida della Cei non ci sia l’obbligo per i vescovi di denunciare all’autorità giudiziaria i sacerdoti che commettono abusi sessuali. 12 ALTRI MONDI GIOVEDÌ 3 APRILE 2014 Pianeta terra il Fatto Quotidiano COREA PURGA PER 200 LEALISTI ZIO DI KIM Secondo la stampa di Seul, 200 funzionari fedeli a Jang Song-thaek, lo zio dell’attuale leader Kim Jong-un giustiziato in dicembre, potrebbero finire davanti al plotone d’esecuzione per alto tradimento. Inoltre, mille loro familiari sarebbero destinati ai campi di lavoro e di rieducazione. LaPresse USA CORTE ABOLISCE LIMITE SUI CONTRIBUTI ELETTORALI La Corte Suprema, con un solo voto di scarto, ha abolito ogni limite sui contributi alle campagne elettorali. Con questa sentenza ogni donatore potrà versare ai candidati quanto denaro vorrà. Il limite precedente, già molto discusso, era di 123 mila dollari. LaPresse PROVVIDENZA ROYAL PER HOLLANDE L’EX COMPAGNA DEL PRESIDENTE TORNA MINISTRO NELL’ESECUTIVO ‘DA BATTAGLIA’. “SENZA LOVE STORY SAREI PREMIER” di Luana De Micco Parigi x compagna del presidente, madre dei suoi quattro figli e numero 3 del nuovo esecutivo del neo premier Manuel Valls: Ségolène Royal è il nuovo ministro dell’Ambiente di François Hollande. Un presidente che fa appello alla sua ex per risanare il Paese dopo la batosta elettorale delle amministrative anche per la Francia è senza precedenti. Il nuovo governo transalpino di formato ridotto, 16 ministri, e perfettamente paritario (8 uomini e 8 donne), è stato nominato ieri da Hollande (controvoglia, dicono le malelingue) e annunciato dal segretario generale dell’Eliseo, Pierre-René Lemas. E UN ANNUNCIO anticonvenzionale, con il presidente in rotta per il summit Ue-Africa di Bruxelles e non a palazzo come vuole la consuetudine. Più che una rivoluzione, il rimpasto tanto atteso è stato un rimescolamento di carte. “Stessi volti, stessa politica, stesso fallimento”, ha ironizzato la leader dell’estrema destra Marine Le Pen. Diversi ministri uscenti sono rimasti al loro posto. Laurent Fabius agli Esteri, Jean- Yves Le Drian alla Difesa, Christiane Taubira alla Giustizia, Aurélie Filippetti alla Cultura. Con qualche promozione, come quella per Najat Vallaud-Belkacem che si occuperà non solo delle Pari Opportunità, ma anche di Città, Sport e Giovani. Dopo aver nominato premier il più ambizioso dei suoi ministri, il capo dello Stato ha issato uno scudo piazzando i suoi fedelissimi in alcuni posti chiave. A François Rebsamen, l’altro volto nuovo, il cui nome era stato ventilato per l’Interno, è stato affidato il ministero del Lavoro, Occupazione e Dialogo sociale. Stéphane Le Foll, che resta all’Agricoltura, diviene por- pacato e disciplinato, Michel Sapin, che tratterà con Bruxelles su rigore, conti pubblici e crescita. E un ministro dell’Economia, che si occuperà del dialogo tra lavoratori, sindacati e imprese, il più esuberante e mediatico Arnaud Montebourg. Ma ora l’enfant terrible del Ps (che si era fatto fotografare in maglietta alla marinara per promuovere il made in France) dovrà dividere le telecamere con la brillante Ségolène. Alcuni osservatori scommettono che sarà “STESSE FACCE” La madre dei 4 figli della coppia all’Ambiente. “Stessi volti, stessa politica, stesso fallimento”, ironizza Marine Le Pen FEMMES FATALES tavoce. Mentre a sorpresa il ministero dell’Interno è affidato al “jolly” Bernard Cazeneuve, che Hollande aveva catapultato al Bilancio dopo le dimissioni forzate di Jérôme Cahuzac, accusato di frode fiscale. Quanto alla gestione dell’economia, per la prima volta nel grande complesso di Bercy non ci sarà un solo timoniere, ma due. Un ministro delle Finanze lei la “star” del nuovo governo. A 60 anni, la socialista ha ereditato un maxi ministero dell’Ambiente, Sviluppo sostenibile e Energia, un posto che aveva già occupato nel 1992 nel governo di Pierre Beregovoy, e che ritrova ora, dopo che gli ecologisti hanno “boicottato” la nomina a premier di Valls. Il suo ritorno sulla scena politica nazionale ha il sapore della rivincita. Anche se lei sorridendo alle telecamere, in tailleur nero e sciarpa azzurra, pronta per accedere alle nuove funzioni, assicura che non affronta l’incarico “con spirito di rivalsa, ma restando concentrata”. Ora che Valérie Trierweiler non è più all’Eliseo, ma nel suo appartamento parigino e al suo lavoro a Paris-Match, sostituita nel cuore di Hollande dall’attrice Julie Gayet, la grintosa e in- La Royal (60 anni), a sinistra con Hollande. A destra, Trierweiler (49) e Gayet (41) LaPresse sommergibile Ségolène Royal può tornare. Scalpitava da tempo. Senza Valérie Trierweiler “sarei al governo già da tempo”, avrebbe osservato con amarezza. Di delusioni ne ha ingoiate tante. È stata sconfitta alle presidenziali del 2007 da Sarkozy. Battuta da Martine Aubry nella corsa per la segreteria del Ps nel 2008. Umiliata alle politiche del 2012 (pugnalata alle spalle da un tweet della ex première dame in favore del suo avversario per La Rochelle). Il Purgatorio per lei è finito. Erdogan taglia i tentacoli della piovra Gulen IL PREDICATORE MENTORE DEL PREMIER GUIDA IL “SERVIZIO”, ORGANIZZAZIONE CHE HA UN CONTROLLO CAPILLARE DI MAGISTRATURA E POLIZIA di Roberta Zunini Ankara entre il principale partito d'opposizione, il laico e M repubblicano Chp, continua a protestare contro gli evidenti brogli avvenuti durante le amministrative di domenica e chiede che vengano ricontate le schede non solo qui nella capitale, dove il suo candidato è stato battuto per una manciata di voti dal sindaco uscente del partito di governo - l'Akp islamico di Erdogan - ma anche a Istanbul e Antalya, a causa dei numerosi black out nelle sedi elettorali durante lo spoglio e delle migliaia di schede a favore dell'opposizione occultate in sacchi per l'immondizia, la guerra ormai personale lanciata pubblicamente dal trionfante Erdogan durante la campagna elettorale, contro l'ex predicatore islamico moderato, Fetullah Gulen, è destinata a inasprirsi. La vittoria del suo partito, al netto dei brogli che non cancellano comunque l'evidenza di una società decisamente polarizzata tra sostenitori dell'Akp nelle aree rurali anatoliche e laici repubblicani nelle aree urbane, non ha infatti rassicurato il premier. Che già guarda alle presidenziali di agosto. “Tireremo fuori i cospiratori della lobby di Gulen da qualsiasi anfratto si siano nascosti”, ha assicurato, davanti alle telecamere, il premier, la notte tra domenica e lunedì, mentre dal balcone del quartier generale dell'Akp esultava mano nella mano con la moglie velata Emine e il figlio Bilal, interlocutore di un'intercettazione telefonica con il padre - postata su Youtube poi chiuso - in cui i due si mettevano d'accordo sul modo migliore per far sparire un'ingente somma di denaro. LA RAGIONE PRINCIPALE della sua insicurezza e conseguente frustrazione è per l'appunto il granitico soft e hard power di Gulen, che nei decenni è riuscito a infiltrare i suoi discepoli nei gangli della magistratura, delle forze dell'ordine, dei media, delle scuole e, ultimo ma non ultimo, nell'ambito imprenditoriale, grazie al suo leit motiv: “Teniamo la scienza, il progresso in una mano e nell'altra la nostra cultura”, a partire dalle radici islamiche che tuttavia non devono impedire alla pianta turca di ambientarsi in un pae- VITTORIA PADRE-PADRONE Il 70enne rifugiato da tempo negli Usa è diventato il nemico numero 1 del leader islamico moderato saggio dominato dal mercato. Un programma che, grazie al doppio binario del capitalismo e dell'Islam moderato, ha avuto l'immediata benedizione degli Usa, rifugio da 15 anni di Gulen, dopo il colpo di Stato bianco del 1997 realizzato, pur senza sangue, dai militari, preoccupati per la ripresa dell'Islam politico. Impersonato da Erdogan e dal suo partito, entrambe creature di Gulen. Con il quale il premier ha messo a punto la sua agenda fino a un paio di anni fa. Poi, la piovra dell'ex predicatore, ha iniziato a diventare troppo tentacolare mentre la megalomania di Erdogan cresceva puntellata dai voti dei palazzinari in cambio di appalti sempre più sostanziosi e incuranti del patri- Erdogan sul palco con moglie e uno dei figli dopo la vittoria nelle amministrative e Fethullah Gulen, 72enne leader di “Servizio” Ansa monio naturalistico di Istanbul. Con la rivolta popolare di Gezi Park (l'estate scorsa), secondo Erdogan orchestrata proprio da Gulen, per minare la sia popolarità, la rottura tra i due è divenuta insanabile. Il premier in autunno ha imposto la chiusura delle Dershane, le scuole di preparazione agli esami universitari e pubblici, che costituiscono le fondamenta dell'impero di Gulen. Considerato inestimabile in termini di risorse umane e finanziarie, Hizmet (Servizio), è diffuso in 130 paesi attraverso istituti scolastici, primari e secondari, ospedali, fondazioni che promuovono l'attività imprenditoriale. In queste scuole le lezioni vengono tenute parzialmente nella lingua locale e in inglese, e non è necessario essere musulmani per accedervi. Le famiglie che possono pagare provvedono per i figli di quelle indigenti. UN ALTRO TENTACOLO, che avvolge l'intero pianeta è costituito da Tukson – nome turco che cambia a seconda delle latitudini - una sorta di Confindustria che associa gli imprenditori che a loro volata provvedono al finanziamento delle scuole del Servizio e pescano tra gli alunni migliori per fondare nuove compagnie e fare investimenti. In questo meccanismo capillare non potevano mancare i media. Al “Servizio” appartiene il quotidiano turco Zaman, con la sua versione inglese, Zaman today mentre al gruppo Zamanyolu affiliato a Hizmet - una decina di canali tv. Che ora cercano di contrastare la propaganda dei media pro Erdogan. Ma l'elite dei seguaci di Hizmet è annidata nei tribunali e tra la polizia giudiziaria. Per questo Erdogan, dal maxi blitz del 17 dicembre, la cosiddetta ‘Mani pulite’ turca, che ha portato in carcere i figli di 3 ministri, e lambito suo figlio, ha rimosso circa 6 mila tra funzionari e agenti di polizia e quasi 200 giudici. il Fatto Quotidiano ALTRI MONDI RUSSIA ARRIVA BLACK LIST DELLA STAMPA Un sito di proprietà di Pravda ha stilato la classifica delle 20 “testate spregevoli che saranno chiuse”. L’iniziativa – riconducibile ad Aleksander Dugin, uomo vicino a Putin – analizza il “comportamento” dei media durante la crisi in Crimea. Nella lista anche Novaya Gazeta e Vedemosti. LaPresse CILE TERREMOTO E TSUNAMI: 6 MORTI Un’imponente scossa di terremoto (magnitudo 8,2) ha colpito la città di Iquique, a 1.800 chilometri da Santiago. Il bilancio ufficiale è di almeno 6 morti e 900 mila persone evacuate. Nel paese è ancora fresco il ricordo dello tsunami del 2010 che distrusse ampie aree del centro-sud. LaPresse GIOVEDÌ 3 APRILE 2014 13 LO SPIONE E IL “MANDELA ARABO” LA PACE PALESTINESE È IN CARCERE UNO AGENTE DEL MOSSAD, L’ALTRO LEADER INDISCUSSO: SONO LE CHIAVI PER L’INTESA di Alessandro Oppes na volta di più, tutto in alto mare. Il sottile filo che teneva in piedi la complessa mediazione di pace tra israeliani e palestinesi rischia di spezzarsi dopo l'annullamento repentino della visita a Ramallah da parte del segretario di Stato americano John Kerry. L'inviato di Obama ha replicato così - subito dopo l'infruttuoso incontro con il premier israeliano Benjamin Netanyahu - alla mossa a sorpresa annunciata martedì notte in tv dal presidente palestinese Abu Mazen, secondo cui l'Anp presenterà formale richiesta di adesione a 15 agenzie dell'Onu: un passo deciso in violazione degli impegni assunti nel luglio scorso alla ripresa delle trattative frutto proprio dell'impegno di Kerry - in base ai quali i palestinesi avrebbero congelato provvisoriamente ogni inizia- U tiva presso l'Onu per facilitare il riconoscimento reciproco con Israele. Ma ora il futuro si prospetta nuovamente carico di incognite. Una riguarda il destino dell'ex 007 della marina statunitense Jonathan Pollard, in carcere da 30 anni dopo che l'Fbi scoprì che era stato ingaggiato da un ex dirigente del Mossad a capo di un ufficio del ministero della Difesa all'epoca guidato da Yitzhak Rabin, con il compito di filtrare a Tel Aviv documenti dell'intelligence Usa relativi ai paesi arabi e all'arsenale militare sovietico. IL NOME DI POLLARD era sta- to inserito nelle ultime settimane da Kerry in un'ipotesi di triangolazione: a cambio della liberazione della spia da parte di Washington, Netanyahu si sarebbe dovuto impegnare a congelare in modo quantomeno ufficioso i nuovi insediamenti di coloni e a liberare circa 400 prigionieri palestinesi, SIMBOLI Un murale con Marwan Barghouti (54 anni) in carcere dal 2002 e Pollard, dal 1985. Sotto, Abu Mazen LaPresse per ottenere così da Abu Mazen il via libera alla prosecuzione delle trattative oltre la data fissata del prossimo 29 aprile e possibilmente fino alla metà del 2015. Un piano che rischia a questo punto di sfumare per l'alzata di testa del leader di Ramallah (indotta probabilmente dalla convinzione che il negoziato non porterà risultati significa- Egitto, esplodono tre bombe all’Università del Cairo UCCISO UN AGENTE Tre bombe sono esplose appena fuori dall’Università del Cairo. Gli ordigni erano destinati ai poliziotti schierati davanti al campus per le proteste a favore dell’ex presidente Mohammed Morsi. Un ufficiale è rimasto ucciso e altri sette feriti. La polizia ha poi arrestato diversi studenti nelle strade adiacenti all’Università, ma non è noto di cosa siano accusati Ansa SUCCESSIONE Gli americani potrebbero rilasciare Pollard per favorire i colloqui con Israele. Se liberato, Barghouti favorito al posto di Abu Mazen tivi). Secondo un anonimo responsabile dell'amministrazione Usa citato dal Washington Post, “senza passi significativi dalle due parti, Pollard è fuori dal tavolo”. L'altra grande incognita riguarda invece il campo palestinese, ma non può essere circoscritta - neppure questa - a una questione di politica interna. Il discorso sulla successione di Abu Mazen non è più un tabù. Il presidente dell'Anp non solo è anziano (79 anni) e in precarie condizioni di salute, ma è da tempo oggetto di critiche sempre più aspre per l'incapacità di portare a compimento il processo d'indipendenza (troppo moderato, secondo alcuni). Ed è comunque in scadenza: anzi, il suo mandato è già scaduto ed è stato prorogato in modo unilaterale, una situazione che non si potrà perpetuare ancora a lungo. I PALESTINESI hanno bisogno di trovare il loro nuovo Arafat. Difficile che possa essere l'attuale primo ministro Salan Fayyad, un burocrate affine alle posizioni di Abu Mazen. E forse non sarà neppure l'ex braccio destro di Arafat, Mohammad Dahlan, da 4 anni è in esilio negli Emirati Arabi, o l'uomo di punta di Hamas, il premier di Gaza, Ismael Haniyeh. Un nome forte, probabilmente l'unico capace di mettere tutti d'accordo e di ri- lanciare le speranze di un popolo, i palestinesi ce l'hanno. Ed è quello di Marwan Barghouti, la cui figura comincia già a essere idolatrata come quella del “nuovo Nelson Mandela”. Secondo alcuni recenti sondaggi, è il più popolare tra i politici palestinesi. Il problema è che Barghouti, esponente di primo piano di Al Fatah, uno dei leader della seconda Intifada, è agli arresti dal 2002 e sconta in Israele una condanna a 5 ergastoli per altrettanti omicidi dei quali si dichiara innocente. Intorno alla richiesta della sua liberazione si ritrovano, per una volta, uniti Hamas e Al Fatah (anche se la popolarità di Barghouti, diffusa soprattutto tra le generazioni meno giovani, spaventa soprattutto il movimento che governa a Gaza, ndr). Abu Mazen ha sollevato il caso nel suo incontro del 20 marzo alla Casa Bianca con Barack Obama. E all'insegna dello slogan “free Barghouti” è partita una grande mobilitazione internazionale. Se gli israeliani cederanno, sarà perché avranno capito di aver trovato un interlocutore autorevole con cui negoziare la pace. 14 GIOVEDÌ 3 APRILE 2014 il Fatto Quotidiano CADE DAL BALCONE DI CASA GRAVE IL VELISTA FAVINI BARCELLONA, IRREGOLARITÀ NEI TESSERAMENTI: MERCATO BLOCCATO IMPRENDITORE ITALIANO DEMOLISCE VILLA DI SIMENON IN SVIZZERA Il velista Flavio Favini è caduto dal balcone di casa riportando numerosi traumi. Favini ha alle spalle 8 titoli mondiali, 3 europei e 20 italiani La Fifa ha bloccato il mercato del Barcellona fino al giugno 2015 a causa di irregolarità nel trasferimento di alcuni giovani calciatori Sarà demolita la villa del romanziere Georges Simenon, il padre di Maigret, nel cantone di Vaud. Al suo posto sorgeranno 12 palazzine Il progetto è di un uomo d’affari italiano SECONDO TEMPO SPETTACOLI.SPORT.IDEE Illustrazione Doriano Se il Martini potesse raccontare DIALOGO IMMAGINARIO CON IL CELEBRE COCKTAIL, GRANDE AMICO DI MOLTI SCRITTORI DEL ‘900: “OGGI SI BEVE PEGGIO” di Nanni Delbecchi I l Martini perfetto è come lo Yeti: vive tra i ghiacci, ma nessuno l’ha mai visto”. La definizione si legge in Martini Eden (Nutrimenti), delizioso volumetto appena arrivato in libreria. Sei racconti d’autore (Filippo Bologna, Gianfranco Calligarich, Carolina Cutolo, Sapo Matteucci, Massimo Morasso, Filippo Tuena), guarniti da altrettante ricette, perché nessun Martini è uguale a un altro, e il confine tra vermouth e gin (e dell’oliva, che per molti è irrinunciabile) è mobile quanto quello tra realtà e immaginazione. Uno, nessuno e centomila Martini, mitologia che abbraccia innumerevoli film, romanzi, dive, dandy, registi e soprattutto scrittori. E che pure, in questo mondo di masterchef, appare in declino come tutta la cultura del bere miscelato. Nonostante ciò, abbiamo voluto sfidare il suo fascino inafferrabile: in compagnia di tre sherpa di prim’ordine (Cutolo, Matteucci, Tuena) ci siamo incamminati tra i ghiacci di un bar romano per provare a evocare lo spirito di questo Yeti gentile, e capire qualcosa di più dell’attrazione tra alcol e ispirazione. A forza di domandare, a un certo punto il Martini ha risposto. Forse la sua voce era una suggestione, ci è parso solo di sentirla (quando se ne beve più di uno, può capitare); in ogni caso, questa è la fedele trascrizione di quanto abbiamo udito. Caro Martini cocktail, da dove nasce la sua leggenda? Forse dal fatto che mi baso su equilibri molto delicati. Ognuno ha la sua ricetta. Quando vengo preparato, basta un nulla per cambiare il sapore, e perfino il senso, proprio come quando si scrive una frase. Sono essenziale ma complesso, disperatamente elegante come lo è stata la migliore letteratura del Novecento, l’età dell’ansia. Non per nulla il bicchiere del Martini evoca una clessidra. E così è diventato il migliore amico di tanti scrittori. Non solo loro. Sono socievole con tutti, un compagno di conversazione, un compagno di avventure. Poi, se qualcuno decide di scriverle, quelle avventure, affari suoi. D’altra parte, questa è la vocazione di tutti i cocktail preparati a regola d’arte. Su questo non c’è dubbio. Su sette premi Nobel americani del secolo scorso, cinque erano alcolizzati: Sinclair Lewis, Faulkner, Hemingway, Eugene O’Neil e Steinbeck. Ma si potrebbero aggiungere i nomi di Malcolm Lowry, Dylan Thomas, Scott Fitzgerlad, Carver, Truman Capote, Anne Sexton, Elizabeth Bishop, Robert Lowell, per arrivare fino a Charles Bukowski e Mordecai Richler. Lei come se lo spiega? Ci sono motivazioni storiche, a partire dal fascino trasgressivo che il proibizionismo diede all’alcol, e in particolare al gin, la bevanda fornita all’esercito inglese per dare la carica ai soldati. Da qui, l’idea che l’alcol favorisca l’ispirazione, le “generazioni perdute” che fino agli anni Cinquanta elessero a loro residenza fissa i bar di Parigi, Londra e New York. Allora non c’erano scuole di scrittura, né factory, né talent show. Solo gare di boxe, e sfide a chi beveva di più. La rivalità, anche alcolica, tra Hemingway e Faulkner è proverbiale. Che è la rivalità tra gin e whiskey. C’è una lettera in cui Hemingway scrive a Faulkner: “Sai che quando ti manca il bourbon sulla pagina si ve- de?”, poi gli elenca punto per punto quali sono quelle pagine. Ernest Hemingway, il più grande scrittore bevente. Difficile batterlo. E impossibile battere i suoi personaggi. Anselmo, il protagonista di Per chi suona la campana, a un certo punto dice: “Il whisky ammazza quel verme che ti divora dentro”. Ecco, forse bevevano per uccidere i vermi senza nome, i fantasmi che divorano. O forse per conviverci il più a lungo possibile, perché senza fantasmi non si scrive. MARTINI EDEN© Bologna, Calligarich, Cutolo, Matteucci, Morasso, Tuena - Nutrimenti, pagg. 110, 10,00 ¤ La musa anglosassone è sempre stata la più assetata? Non sottovaluterei la musa russa. Bisogna sostituire la vodka al gin, ma il prodotto IL MIO SEGRETO “Sono socievole con tutti, un compagno di conversazione e di avventure Poi, se qualcuno decide di scriverle, affari suoi” non cambia. Da Tolstoj a Dostoevskij, fino a Venedikt Erofeev, l’autore di Mosca sulla vodka, il più grande romanzo alcolico con Sotto il vulcano. Per Erofeev, l’alcol è la grande liberazione dal regime e insieme la fonte dell’immaginazione artistica, ossia l’unica rivoluzione possibile.” E in Italia? Anche l’Italia ha il suo cocktail nazionale, lo inventò il conte Negroni al bar Giacosa di Firenze di ritorno da un viaggio a Londra. Il barman gli stava preparando il Milano-Torino, vermouth e Campari. E lui: “Artemio, mettici un po’ di gin!”. Un colpo di genio. Unico e solitario. Per il resto, la musa alcolica italiana va a vino. Niente età dell’ansia, niente disperazione metropolitana, l’ispirazione è molto più rustica e provinciale, come la musica di Verdi o la poesia di Carducci e Pascoli, grandi bevitori. Per non parlare del Leopardi. Leopardi? Altro buon bevitore, per sua ammissione. Nel Dialogo di Torquato Tasso e del suo genio familiare si chiede dove si può trovare l’unico conforto della vita, quello capace di trasportarlo dal buio della notte al “bruno dei crepuscoli, piuttosto grato che molesto”. E la risposta è: “In qualche liquore generoso”. Mentre D’Annunzio, a sorpresa, era astemio. Completamente. Nonostante avesse inventato il liquore Aurum, spendeva i soldi solo in fiori e in cocaina. Da questo punto di vista è stato il più anticipatore di tutti. Veniamo ai nostri giorni, caro Martini cocktail. Quanto è cambiata la cultura del bere alcolico? Molto. Fino agli anni Sessanta la prima regola del saper bere è stata mai più di due spiriti alla volta. Adesso invece vanno i cocktail con più zucchero, più ingredienti e più shakerati. Per intenderci, tutto il contrario del sottoscritto. sistere a un suo sbaglio. Perché? Sì, se con questo intendiamo la scrittura che cerca di stupire a ogni pagina. Velocità, facilità e suspense, come vuole il mercato. Per forza poi che i libri sono fatti in serie. Scrittori acrobatici, anche loro aspiranti Tom Cruise. La mia sensazione è che la fretta abbia rovinato tutto. Bisogna fare tutto nel modo più forte possibile, nel minore tempo possibile. Anche sbronzarsi. Dall’età dell’ansia siamo passati all’età dell’affanno. Non ci sono più i barman di una volta? Ci sono ancora ottimi barman, ma in pochi seguono i comandamenti della vecchia scuola: lentezza, esattezza e geometria. Un vero barman, poi, sa mescolare gli ingredienti ma anche gli umori, capisce al volo che tipo di cliente ha davanti ed è pronto a farsi raccontare la storia della sua vita. Temo che la fortuna degli psicoterapeuti sia cominciata con il declino dei barman. Ora vanno di moda i barman acrobatici, i giocolieri dello shaker. Siamo in piena società dello spettacolo, si sentono tutti come Tom Cruise in Cocktail. Ma quello è un film, anche bruttino. In realtà, non c’è nulla di più triste che sedersi davanti al banco di un barman acrobatico, e magari dover as- Oggi anche la letteratura è più shakerata? Vogliamo salutarci con un brindisi al personaggio letterario che beve meglio? Volentieri, ma non sono sicuro della risposta. In Di là dal fiume e tra gli alberi il colonnello Cantwell beve troppo per bere bene. Anche James Bond non mi convince, è proprio lui a inaugurare la moda dello shaker con il suo Vesper Martini. La Babette di Karen Blixen non beve granché di suo, però offre ai suoi ospiti il meglio del meglio: Borgogna e fratellanza. E poi c’è il grande Gatsby. Ma anche lui non beve. No, però alle sue feste si versano fiumi di gin e di champagne, si ubriacano tutti meno lui. Gatsby soffre e muore per amore, che è molto peggio di qualsiasi Martini. E viene il sospetto che tutti gli altri bevano così tanto per non fare la sua stessa fine. SECONDO TEMPO il Fatto Quotidiano Caos Celeste: Uruguay a rischio Mondiale GIOVEDÌ 3 APRILE 2014 15 Roma, missione compiuta LA FIFA MINACCIA ESCLUSIONI DOPO LO SCONTRO TRA LA FEDERCALCIO E MUJICA IL PROBLEMA È LA VIOLENZA NEGLI STADI, MA LA PARTITA VERA È SUI LOCALI DIRITTI TV di Alessandro Oppes a Celeste a rischio flop, a meno di tre mesi dal Mondiale brasiliano. Se non si calmano le acque nel calcio uruguayano – tra violenza negli stadi e caos istituzionale – si prospetta persino la possibilità che Cavani e compagni, quarti in Sudafrica, restino fuori dalla prossima competizione nella quale, al primo turno, dovranno affrontare l’Italia. Questa, almeno, la minaccia ventilata dalla Fifa, che vuole vederci chiaro sui reali motivi che hanno determinato le dimissioni in blocco della giunta esecutiva della Federcalcio locale, l’Auf (Asociación Uruguaya de Fútbol), con il presidente Sebastián Bauzá in testa, pochi giorni dopo che il presidente della Repubblica José Mujica aveva deciso il ritiro della protezione di polizia dagli stadi Centenario e Parque Central di Montevideo in risposta a una recente ondata di violenza sugli spalti. Se fosse dimostrata una relazione diretta tra l’intervento dell’esecutivo e la decapitazione dei vertici della Federazione, la Fifa avrebbe titolo per escludere la Selección dal Mondiale. L Mujica, in realtà, ora minimizza. Di- Da qui il drastico intervento del capo ce che “non ci sarà nessuna sanzio- dello Stato a cui ha fatto seguito la ne”, perché “io me la sono presa con decisione della Mutua Uruguaya de la tribuna, non con il calcio”. Il capo Futbolistas, l’associazione calciatori, dello Stato, ieri, ha anche deciso che di incrociare le braccia e bloccare il la polizia potrà tornare a vigilare ne- campionato. gli stadi, a patto che i club sotto- Subito dopo, sono arrivate le dimisscrivano il codice disciplinare della sioni dei vertici federali, peraltro imFifa che consente la penalizzazione di punteggio nei camBRACCIO DI FERRO pionati quando le tifoserie commettono Il presidente minimizza atti di violenza: un accordo di massima, “Non ci saranno sanzioni, su questo punto, è me la sono presa con la stato raggiunto al termine di un intribuna, non con il calcio” contro di due ore tra lo stesso Mujica e i La polizia potrà tornare presidenti delle soa vigilare negli stadi cietà di primera división, secondo quanto ha annunciato il segretario della presidenza, Homero pegnati da mesi in un durissimo Guerrero. La scintilla che ha scate- braccio di ferro con quello che la nato la crisi, il 26 marzo scorso, è stampa locale definisce senza mezzi stata la partita di Copa Libertadores termini il “padrone del calcio urutra il Nacional di Montevideo e gli guayano”. L’imprenditore Paco Caargentini del Newell’s, trasformatasi sal – vecchia conoscenza in Italia coin una battaglia campale con 28 po- me procuratore di Rubén Sosa (Lazio e Inter) e dei cagliaritani Franliziotti feriti e 40 arresti. Pepe Mujica, presidente dell’Uruguay dal 2010 Ansa 4-2 AL PARMA, PRESI 3 PUNTI ALLA JUVENTUS Completato il match con il Parma interrotto dopo 8’ il 2 febbraio. A sette giornate dal termine i giallorossi raggiungono quota 73 in classifica a - 8 dalla Juve Ansa cescoli e Fonseca, oltre a una sfilza di impresentabili “bidoni” – è il proprietario delle reti televisive Vtv e GolTv con le quali ha da anni il monopolio delle trasmissioni dei campionati locali e delle eliminatorie dei Mondiali. La Federazione ha però osato sfidare il suo potere incontrastato, con la decisione di indire una gara d’appalto internazionale per vendere i diritti delle eliminatorie del Mondiale di Russia 2018. Un affronto al quale Casal avrebbe reagito con minacce dirette contro Bauzá e i suoi familiari. Secondo il quotidiano El Observador, l’imprenditore avrebbe ispirato un accordo tra i club minori del campionato per mettere all’angolo i dirigenti dell’Auf, mentre l'emittente Canal4 denuncia una “campagna destabilizzante che punta a proteggere gli interessi di Casal”. Chi c’è dietro? Quel che è certo è che, quattro mesi fa, il governo Mujica ha condonato all’imprenditore una condanna al pagamento di 10 milioni di dollari per presunta evasione fiscale. Ci mancava il porno eticamente corretto È BRUTALE, SPORCO E ANCHE CATTIVO PER NATURA. INGENTILIRLO IN CHIAVE FEMMINILE, COME DA MANIFESTO “MY SEX”, SA UN PO’ DI CATECHISMO di Daniela Ranieri l porno è vivo e lotta contro I un nemico diverso dal bigottismo catto-borghese: la teologia della liberazione femminista, che invece di appropriarsi del mezzo con scandalosa autodeterminazione cerca di ammansirlo, di farne un servizio sociale, di piegarne i canoni di genere nella direzione di una maggiore consensualità femminile e una più spiccata “naturalezza” fisica. Nelle università anglosassoni va molto di moda intellettualizzare lo scabroso; perciò anche da noi si prova a riscrivere la pornografia in chiave female frendly (vedi Le ragazze del porno, “10 registe per porno d’autore”) omologandola agli standard del politicamente corretto. Cioè di fare un porno “trasgressivo ma ironico” politicizzato dall’educazione sessuale, in cui si cerca di invertire la vecchia equazione sbagliata tra pornografia e istigazione allo stupro. Cioè un non-porno. Perché il regno del porno è l’indecenza, il disagio, l’insudiciamento. Il suo successo secolare attinge all’eccesso sessuale, che non coincide con la vetta ineffabile dell’innalzamento, ma con quella perturbante del degradamento. Inserire i canoni della correttezza nella rappresentazione della sessualità è addomesticarla e imporle una missione, dove il suo senso risiede proprio nella liberazione da ogni compito e da ogni pudore. Intellettualizzare e politicizzare il porno, lungi dall’innalzarlo alle vette filosofiche di Sade, è farne un vino senz’alcol, una nuotata senz’acqua. Depurarlo dalla volgarità ha qualcosa del chiudere le curve per i cori razzisti: tu li togli da lì, e quelli ricompaiono in tribuna. La volgarità e il sopruso esistono a tutti i livelli della società, e il porno, specie quando perfor- ma la violenza e mette in scena la recita del sessismo, non è che un refugium peccatorum per anime belle convinte di vivere in un mondo armoniosamente governato dal rispetto tra i sessi, dalla pace coniugale, dal decoro istituzionale, dalla “parità” sui luoghi di lavoro. LE DONNE DI MY SEX Intellettualizzarlo significa farne un vino senz’alcol Depurarlo dalla volgarità è come chiudere le curve per i cori razzisti: li togli e ricompaiono in tribuna CHE SIA IL PORNO a dover salvare la civiltà è disperante: come se non fosse la società stessa, con le sue regole e i suoi guasti, a fornire ad esso i codici con cui racconta l’osceno. “Faremo casting a uomini col cazzo piccolo e donne con la cellulite” rivendica con orgoglio il manifesto cinematografico di My sex: a parte che i video on line sono già pieni di categorie di imperfezioni fisiche che assurgono a condizioni di metafisico disagio-piacere, è proprio nello scandalo fisico il senso del porno, nella spesso pedissequa identità di immaginazione e realtà e nella adesione tra ciò che è ideale e ciò che è normale. E quanto catechismo in questo orgoglio del difetto! Chi guarda un porno vuole vedere corpi artificiali che recitano la normalità, illudersi di spiare i vicini di casa, entrare nella stanza da letto della casalinga. Ma sa che tutto è inganno, e dispositivi di ironia romantica come lo sguardo in camera o la tecnica del POV (point of view) rivelano che il genere viene dritto dall’estrema sofisticazione del teatro. È nel finto pericolo che quelle situazioni comunicano allo spettatore che questi attinge il suo desiderio, non nella prescrizione normativa delle Asl del piacere; è nella dialettica di perfezione e degrado la sua “bellezza”, non nell’edificante mostra di corpi imperfetti ottimisticamente apparecchiati per un pasto garbato da interno giorno progressista e democratico à la Ozpetek. Ma il sottotesto più discutibile di queste operazioni sul cui livello artistico non ci esprimiamo (da zero a von Trier tutto è possibile) è che una donna non possa (non debba) poter gradire l’inferno in scatola del porno generalista via web; che a una donna, in quanto creatura per natura migliore perciò obbligata ad esserlo a meno che non voglia snaturarsi, non possa (non debba) piacere quella roba. Che se gode della visione di certe scene fa un atto in qualche modo disonesto e offensivo verso se stessa; che se si guarda dentro frame di umiliazione è perché vi vede il suo simulacro, e ogni posizione, ogni movimento, ogni orgasmo non sono che raggiri a suo danno proiettati sulla parete nella caverna dell’indicibile. Ecco: dal dover-essere e dal giudizio morale siamo stati messi in guardia un secolo fa, quando qualcuno disse al mondo che l’abisso lungamente guardato guarda a sua volta dentro di noi, come uno specchio. 16 SECONDO TEMPO GIOVEDÌ 3 APRILE 2014 il Fatto Quotidiano VON TRIER Seriale e disperato: il sesso secondo Lars LA NINFOMANE JOE SI RACCONTA A UNO STUDIOSO LE PERVERSIONI NON SONO MAI STATE COSÌ SERIE di Federico Pontiggia P orno subito. E Lars von Trier è tornato: dopo aver buttato giù il pianeta-pillola blu di Melancholia e, forse, sconfitto la depressione, torna laddove aveva (quasi) iniziato, le penetrazioni di Idioti (1998), e scodella in sala l’uno e bino Nymphomaniac, storia di un’autodiagnosticata ninfomane dall’infanzia ai 50 anni. Sul grande schermo, il primo Volume nella versione tagliata, non nel director’s cut di von Trier: tranquilli, non manca quasi nulla, nemmeno il sesso. La protagonista Joe – adulta l’attrice-feticcio Charlotte Gainsbourg, giovane Stacy Martin – viene trovata malmenata e incosciente in un vicoletto dallo studioso Seligman (Stellan Skarsgard). L’uomo la porta a casa, la mette a letto e Joe si racconta cronologicamente in otto capitoli: 5 per il Volume 1 e 3 per il Volume 2. 5 e 3 sono anche i colpi, dietro e davanti, con cui Joe perde la verginità: se il primo Volume è quello anale (leggi: adeguamento normativo e autocontrollo, che Joe rifugge con analoga meccanicità), entram- bi sono matematici, perché la successione di Fibonacci è esplicitamente evocata. Joe racconta, Seligman interrompe, commenta e inserisce note a margine e alte digressioni, cer- NYMPHOMANIAC © Dan, Spa 2013 regia: Lars Von Trier; con: Charlotte Gainsbourg, Stellan Skarsgård, Stacy Martin, Shia LaBeouf, Uma Thurman gna da Joe e le amichette: le ragazze del porno, sì, ma quelle vere. Storpiature a parte, la religione è in campo, e ancor più lo sarà nel secondo Volume: da un lato, specchiandosi nel mez- PRIMO VOLUME La storia è un tourbillon di esperimenti infantili, promiscuità adolescenziale e bulimia in divenire “Mea vulva, mea maxima vulva” è scritto sulla lavagna punto lo serve Lars: Fibonacci e Faust, Bach, gli Steppenwolf e i Rammstein, la crocifissione del Cristo e il Rugelach ebraico, tutti pezzi del diorama in cui Joe si replica a soggetto e si dà a una teoria di uomini-oggetto. suo cinema non ha mai celato. Che venga riaffidata a una donna travolta dalle onde del destino non può stupire: il sadomasochista danese le donne le conosce ma non le capisce, e non capendole vi infierisce. Ma sta- volta soffre con loro, forse, per loro, rimanendo in piedi tra il letto di Joe e la sedia di Seligman. E con Joe ruba il porno al porno, restituisce cinema al cinema: Nymphomaniac è un film da non perdere. L’UNICO che potrebbe uscire cando di normalizzare il sesso-fare della donna: lei scopa, lui trova analogie nella pesca con la mosca; lei scopa, lui rintraccia echi nella polifonicità di J.S. Bach (Ich Ruf Zu Dir, Herr Jesu Christ); lei scopa, lui rispecchia gli organi dell’amante 1, amante 2 e amante 3 (Shia LaBeouf) nell’organo bachiano: piede, mano sinistra, mano destra. E COSÌ VIA, perché se Joe “precipita”, Seligman la rimette in piedi intellettualizzando, paraculeggiando dottamente. Tutto il resto è “mea vulva, mea maxima vulva”, messo sulla lava- zo-ebreo Seligman, von Trier rabbercia lo choc filonazista che lo rese persona non grata a Cannes 2012, dichiarandosi antisionista ma non antisemita; dall’altro, apparecchia per la “generalizzazione” che Seligman farà tra Chiesa Ortodossa e Chiesa Romana nel primo capitolo del Volume 2. Ma il Paradiso, si fa per dire, può attendere, per ora la storia di Joe è un tourbillon di esperimenti infantili (l’acquaplanning clitorideo…), promiscuità adolescenziale (i ragazzi da farsi a gara con l’amica sul treno, il distinto signore da circuire per vincere) e bulimia in divenire. Il contrap- dalla mazzetta è Jerome (LaBeouf), il primo che la ebbe e l’ultimo a perderla, ma il monologo della vagina di Joe non può attendersi un dialogo nella carne, piuttosto l’ascolto di un amico imprevisto, un orecchio – e un cuore – benevolo: Seligman sarà questo? Lo scopriremo solo scopando, direbbe Joe, e von Trier acconsente: mai il porno è stato così geometrico, maniacale, “anale” e insieme accorato, disperato, dialogante; mai Lars è stato così serio con il pubblico e, ancor prima, con se stesso, allettando i propri giochini, i propri tricks per risvegliare la richiesta di aiuto che il FUTURE FILM L’anteprima dell’ultimo Miyazaki uturopolis – Le città del futuro. Su questo tema sviluppa i suoi contenuti il XVI Future Film Festival, tradizionale F ma sempre innovativa vetrina sul cinema, videogames e di entrambi i derivati in corso a Bologna. Diretto da Giulietta Fara ed Oscar Cosulich prevede le anteprime dei cartoon Rio 2 – Missione Amazzonia e Si alza il vento del maestro giapponese Hayao Miyazaki, film che egli stesso ha dichiarato quale suo ultimo. Particolare attenzione è dedicata alla sempre prolifica cinematografia francese, capace di distinguersi anche nel campo dell’animazione: oltre al film “caso” in madrepatria, Ma maman est en Amérique, elle a rencontré Buffalo Bill di Marc Boréal e Thibaut Chatel anche Tante Hilda! di Jacques-Rémy Girerd già autore de La profezia delle ranocchie. AM Pas RECENSIONI Uno ti mette al mondo, l’altro ti fa crescere: quale dei due è il Padre? © Father and Son regia: Kore-eda Hirokazu; con: Masaharu Fukuyama, Machiko Ono ARCHITETTO cool, Ryota ha una famiglia da Mulino Bianco, una Lexus in garage e un appartamento da catalogo di design. Tutto bene, finché la bella mo- gliettina non riceve una telefonata dall’ospedale dove aveva partorito: Keita, 6 anni, non è il loro figlio. C’è stato uno scambio, e quello naturale è finito in una famiglia modesta in tutto e per tutto, tranne che nei sentimenti. Keita o non Keita, questo è il dilemma di Ryota, perché, ci dice il regista giapponese Kore-eda Hirokazu, chi è tuo figlio, quello che fai o quello che cresci? Domanda da ko emotivo servita superbamente in Concorso all’ultimo festival di Cannes, dove Father and Son ha incassato il premio della Giuria (e pare perfino poco): paternità biologica e paternità educativa/affettiva a duettare, risate e lacrime generose, regia intima e recitazio- CIAK SI GIRA Il nuovo Tornatore Clooney salva il mondo ROBERT PATTINSON sta girando in Canada, precisamente a Toronto e a Millbrook, in Ontario, il nuovo film di Anton Corbijn “Life” incentrato sul rapporto tra il fotoreporter Dennis Stock della rivista Life Magazine e James Dean (interpretato da Dane DeHaan) nato nel 1955 alla prima de “La Valle dell’Eden” e cementatosi in seguito in una profonda amicizia e in una serie di foto realizzate in più occasioni fino all’ultima, scattata subito prima della morte della star nel 1955, che divenne la sua immagine iconica più celebre. A MAGGIO Giuseppe Tornatore inizierà ad Edimburgo e in altre località scozzesi (e concluderà in seguito in Italia) le riprese di “The Correspondence” che racconterà la storia d'amore tra un professore e una giovane donna che lavora nel suo stesso ambiente. Ancora top secret la star internazionale protagonista del film che si avverrà come di consueto delle musiche di Ennio Morricone e verrà prodotto come il recente “La migliore offerta” da Arturo Paglia e Isabella Cocuzza di Paco Cinematografica e da Warner Bros Italy che lo distribuirà a partire dal 1 gennaio 2015. G. Clooney gs GEORGE CLOONEY ha ultimato al Museo de Las Artes y las Ciencias a Valencia le riprese di “Tomorrowland”, il mystery fantascientifico di cui è protagonista per la regia di Brad Bird. Intitolato inizialmente “1952” il kolossal targato Disney vede una solare ed ottimista studentessa esperta di tecnologia (Britt Robertson) fare coppia con un disilluso inventore ex bambino prodigio (Clooney): i due sono coinvolti in un rocambolesco viaggio per scoprire i segreti di un luogo misterioso, sospeso tra il tempo e lo spazio, e salvare il pianeta. ne empatica, le scorciatoie vengono buttate nel fuoricampo. Già, “tale padre, tale figlio” recita l’adagio, ma che significa davvero? Risponde un dramedy che è un capolavoro di scrittura, un peana alla nostra fragilità e la deliziosa conferma che il cinema non può cambiare il mondo, ma può cambiare l’uomo. Da vedere, meditare e godere: senza se e senza ma. Federico Pontiggia © Ti ricordi di me? regia: Rolando Ravello; con: Ambra Angiolini, Edoardo Leo NARCOLETTICA e affetta da frequenti amnesie, Bea (Angiolini) veste retrò, cammina solo sul bianco delle strisce pedonali e non si separa mai dal suo “libro della vita” dove annota quanto le accade. Questo semplicemente perché dimentica tutto, persino la propria identità. È fidanzata col ricchissimo Amedeo che la mantiene in un “palazzo delle Meraviglie” al centro di Roma. Roberto (Leo, bravo) è cleptomane e proletario, lavora in un supermercato, scrive favole “social” per bambini e vive con la sorella e il di lei compagno. S’incontrano, s’innamorano, ma la fiaba è in loop: causa le falle mnemoniche di Bea. Ravello firma la seconda regia dopo il discreto Tutti contro tutti (2012) ma stavolta intensificando il tratto fiabesco e puntando di più sul carisma degli interpreti. Rifugio dall’umana sofferenza ancorato ad indispensabile ironia? Leggiamola così questa dichiarata “Storia d’amore (quasi) indimenticabile” che tempo 10 minuti e sarà subito oblio, una volta usciti dalla sala. Anna Maria Pasetti © I corpi estranei regia: Mirko Locatelli; con: Filippo Timi, Jaouher Brahim UMBRO, operaio e “zoticone”, Antonio (Filippo Timi) arriva a Milano con il figlio Pietro: malato di cancro, il bambino dovrà sottoporsi a un delicato intervento. All’ospedale, l’incontro-scontro tra Antonio e Jaber (Jaouher Brahim, esordiente), un 15enne maghrebino che assiste un amico: due corpi estranei possono toccarsi, capirsi? Se lo chiede Mirko Locatelli, che torna alla finzione cinque anni dopo Il primo giorno d’inverno: I corpi estranei è un viaggio al termine della notte, non con Celine, ma con la malattia, le forzate veglie in una città che Jaber conosce e Antonio no e l’incomunicabilità per infelice compagno di viaggio. Il regista predica che “di fronte al dolore siamo tutti uguali”, studia il tallonamento empatico dei Dardenne, ma cade in una serie di plateali incongruenze nella lungodegenza. Apprezzabili le intenzioni, ma il discorso a tesi non è mai un corpo estraneo. Purtroppo. Fed. Pont. © Nottetempo regia: Francesco Prisco; con: Giorgio Pasotti, Nina Torresi, Gianfelice Imparato UNA NOTTE un pullman si ribalta. Tutti morti tranne Assia (Torresi), giovane superstite soccorsa da Matteo (Pasotti), poliziotto e giocatore di rugby. L’esplosione del mezzo di trasporto innesca un meccanismo che intreccia tre esistenze: quella dei sopracitati e di Enrico (Imparato), un cabarettista in crisi d’ispirazione. Deja-vu, ellissi e ribaltamenti spazio temporali e “nulla è come sembra” in quest’opera prima ambiziosa dal carattere più nero che noir, in cui il protagonista Pasotti rivela la sua anima oscura. Prisco poteva incidere meglio, ma almeno c’ha provato. AM Pas SECONDO TEMPO il Fatto Quotidiano GIOVEDÌ 3 APRILE 2014 17 LUCA E PAOLO Conduttori di “Giass”, programma di Antonio Ricci Ansa SU RAITRE IL PEGGIO DELLA DIRETTA Glob, torna la satira ad alta digeribilità di Chiara Daina nrico Bertolino è catartico. E Come il suo programma Glob. Dopo la versione “spread”, che fa ironia sui meccanismi dell’economia nell’era 2000, e quella “porcellum”, che prende in giro il sistema elettorale dichiarato incostituzionale lo scorso dicembre ma in vigore fino all’altro ieri, da domenica 6 aprile ritorna, sul solito canale (Rai Tre), nella variante “diversamente italiani”. Una battuta di cattivo gusto? Assolutamente no. Bertolino offre la possibilità di prenderci sul serio con comicità. Una contraddizione? Ma va! L’autoironia è la strada migliore verso la maturazione. Il conduttore rispolvera il concetto di tribù, non una ma tante, tantissime, tutte quelle che abitano nel nostro Paese e da sempre vivono nella curiosa incapacità di dialogare e capirsi davvero. “Nessun pessimismo – ha messo le mani avanti Bertolino – In fondo le tribù sono alle origini del nostro mondo e pensare in questi termini significa, per esempio, stravolgere il concetto di ‘casta’ con cui siamo abituati a giudicare gli altri e ritrovare il senso di un’unione in nome di interessi comuni, sempre attraverso la chiave di lettura ironica”. Quindi, avete capito, non c’è voglia di far bollire il trito e ritrito campanilismo italico, ma piuttosto di declinarlo in una nuova accezione, che richiama il senso di familiarità, coesione, solidarietà di cui la gente oggi ha un mare di bisogno. È un viaggio della comunicazione nella comunicazione per guardarci allo specchio migliori di prima. NELL’OPERA di risorgimento il co- mico è affiancato da Candida Morvillo, giornalista e commentatrice di costume e società, il collega Fabrizio Casilino nei panni del presidente del Parlamento europeo Martin Schulz (giusto per avere il punto di vista straniero) e quelli di Enrico Letta nel confessionale del Grande Fratello, Stefano Bartezzaghi, culture delle parole, e non poteva mancare la figura di una nativa digitale, Alice Mangione, che tratta il web come un organo vitale: indispensabile inseparabile, sempre connesso sennò muori. Ospite della prima puntata l’avvocato Giulia Bongiorno e il vignettista Vauro. Lente di ingrandimento irriverente sulla realtà la rassegna stampa di Bertolino su quello che i giornali non osano scrivere, ma lui osa dire. Sono previste raffiche di risate per dieci porzioni (quante sono le puntate del programma) di autoanalisi altamente digeribili. L’ordigno imperfetto di Antonio “Jep” Ricci di Nanni Delbecchi orse anche Antonio Ricci, come Jep Gambardella, non si accontenta di F essere il re del varietà televisivo; vuole avere il potere di far fallire i varietà. La comparsa su Canale 5 di Giass, show maleducato e politicamente scorretto per propria esplicita ammissione, si spiega anche così, una molotov gettata sul gusto digestivo della telefamiglia felice, si tratti di fiction o di talent show, lanciata oltretutto nella prima serata della domenica, ossia di fronte al plotone di esecuzione del nemico. Preso atto che gli ascolti non lo premiavano, Jep Ricci alla terza puntata ha spostato i kamikaze Luca e Paolo al martedì, ma è stato come quando Mazzarri cambia Hernanes per Guarin, il risultato finale è stato ancora deludente. E questo nonostante i riservisti di Striscia la notizia chiamati a dare man forte, Ficarra e Picone che smontavano e ricostruivano la piantina con le regioni d’Italia (Freud magari ci avrebbe visto la voglia di decostruire l’intrattenimento televisivo), i Cugini Merda impegnati a sbertucciare Michelle Hunziker (che per cinque minuti non ha smesso lo stesso sorriso), una gustosa prima puntata della serie I Parioloni (quella sì, avrebbe ascolti garantiti) e poi, sempre in tema di grande bellezza, una magistrale Sabrina Ferilli secondo Virginia Raffaele. COME SI SPIEGA che il Gambardella degli ascolti, più che gli show degli altri, faccia fallire il suo? Giass si basa su un presupposto temerario: sperimentare un format originale, anzi, fatto in casa (Ricci e i suoi preparano ancora le gag come si pesta il basilico nel mortaio) nel momento di maggior torpore della nostra tv, l’età di Don Matteo, dove con la novità si rischia molto più che con l’orrore. La provocazione e il gusto della parodia, che sulla rete trionfano, faticano a bucare il video; ci voleva non una molotov, ma una bomba al napalm, e invece Giass è un ordigno imperfetto con troppi elementi, troppe spolette tirate a metà, troppi pensieri deboli, seppure irriverenti. L’attacco a ciò che è intoccabile risulta marginale, e la spina dorsale dello show sono i monologhi dei “nuovi comici”, il cui traffico è peraltro eroicamente smistato da Luca e Paolo. Ma i nuovi comici restano la cosa meno nuova che passa in Tv dopo Don Gli ascolti di martedì UNA BUONA STAGIONE Spettatori 4,5 mln Share 16,6% BALLARÒ Spettatori 2,9 mln Share 11,7% Matteo, e se nonostante tutto conservano una funzione, è quella di far rimpiangere i comici vecchi. Nell’accrocco di citazioni, assoli, duetti, candid camera, classifiche, stacchetti musicali stile Arbore, a un certo punto sono apparsi tre lampi di genio, tutti e tre datati di almeno quarant’anni: il giovanissimo Celentano che fa lo sciancato, il grande Gianni Agus che fa il razzista, Totò che fa il gay. L’essenza del politicamente scorretto e della vis comica sono arrivati insieme, ma soprattutto da lontano; e così la scala mobile della memoria ha cominciato a muoversi all’indietro, senza più fermarsi. È apparso chiaro che “i nuovi comici” servivano giusto a far rimpiangere Nino Formicola, Nino Formicola serviva a far rimpiangere Andy Luotto, Luotto a far rimpiangere Pino Caruso. E con Caruso eravamo arrivati al punto di partenza, ossia a Totò e Gianni Agus. Forse Ricci avrebbe dovuto osare di meno e non entrare nella Chinatown delle prime serate; o forse avrebbe dovuto osare di più, e proporre Giass in bianco e nero, puntando più sulla vitalità dei morti che sul mortorio dei vivi. GIASS Spettatori 2,5 mln Share 9,1% MADE IN SUD Spettatori 2,3 mln Share 9,7% LA TV DI OGGI 6.45 Unomattina Attualità 10.00 Unomattina Storie Vere Rubrica 10.30 Unomattina Verde Rubrica 10.55 Che tempo fa Informazione 11.00 TG1 Informazione 11.25 Unomattina Magazine Rubrica 12.00 La prova del cuoco Varietà 13.30 TG1 Informazione 14.00 TG1 Economia Informazione 14.10 Verdetto Finale Attualità 15.20 La vita in diretta Attualità Rai Parlamento Telegiornale - TG1 - Che tempo fa Informazione (all’ interno) 18.50 L’ eredità Gioco 20.00 TG1 Informazione 20.30 Affari tuoi Gioco 21.10 Carosello Reloaded Documenti 21.15 Prima tv Don Matteo 9 “Una favola vera” “Il ritorno di Alma” Telefilm TG1 60 Secondi Informazione 23.30 Porta a Porta Attualità 1.05 TG1 Notte - Che tempo fa Informazione 1.40 Sottovoce Rubrica 2.10 Scrittori per un anno Rubrica 6.45 Cartoon Flakes Ragazzi contenitore 8.15 Due uomini e mezzo “Una segretaria scomoda” Telefilm 8.35 Desperate Housewives “Il rumore dello sparo” “Liberi” Telefilm 10.00 TG2 Insieme Attualità 11.00 I Fatti Vostri Attualità 13.00 TG2 Giorno Informazione 13.30 TG2 Costume e Società Rubrica 13.50 Medicina 33 Rubrica 14.00 Detto fatto Attualità 16.00 Question time (Dir.) 17.20 Lol:-) Sit com 17.45 TG2 Flash L.I.S. Meteo 2 Informazione 17.50 Rai TG Sport - TG2 Informazione 18.45 Squadra Speciale Cobra 11 “Nemici mortali” “Riconoscenza” Tf 20.30 TG2 - 20.30 Infor. 21.00 Lol:-) Sit com 21.10 Prima tv N.C.I.S.: Los Angeles “Ricerca infinita” Telefilm 21.55 N.C.I.S.: Los Angeles “Strategia d’ uscita” Telefilm 22.45 Prima tv Blue Bloods “Proteggere e servire” Telefilm 23.30 Il Musichione Show 0.50 TG2 Informazione 8.00 Agorà Attualità 10.00 Mi manda Raitre Attualità 11.15 Elisir Attualità 12.00 TG3 - Meteo 3 Informazione 12.25 TG3 Fuori TG Attualità 12.45 Pane quotidiano Rubrica 13.10 Il tempo e la storia Documentario 14.00 TG Regione - Meteo Informazione 14.20 TG3 - Meteo 3 Informazione 14.50 TGR Leonardo Rubrica 15.05 TGR Piazza Affari Rubrica 15.10 Terra nostra Soap 16.00 Aspettando Geo Documentario 16.40 Geo Documentario 19.00 TG3 Informazione 19.30 TG Regione - Meteo Informazione 20.00 Blob Varietà 20.10 Sconosciuti - La nostra personale ricerca della felicità Rubrica 20.35 Un posto al sole Soap 21.05 The Queen - Biografico (GB 2006). Di Stephen Frears, con Helen Mirren, Michael Sheen 23.00 Gazebo Rubrica 0.00 TG3 Linea notte Attualità TG Regione Informazione (all’ interno) 18.30 Transatlantico Attual. 19.00 News Notiziario 19.25 Sera Sport Notiziario sportivo 19.30 Il Caffé: il punto Attualità 20.00 Il Punto alle 20.00 Attualità Meteo Previsioni del tempo (all’ interno) 20.58 Meteo Previsioni del tempo 21.00 News lunghe Notiziario 21.26 Meteo Previsioni del tempo 21.30 Visioni di futuro Attualità 21.56 Meteo Previsioni del tempo 22.00 Visioni di futuro Attualità 22.26 Meteo Previsioni del tempo 22.30 News lunghe Notiziario 22.56 Meteo Previsioni del tempo 23.00 Il Punto + Rassegna Stampa Attualità 23.27 Meteo Previsioni del tempo 23.30 Il Punto + Rassegna Stampa Attualità 23.57 Meteo Previsioni tempo 0.00 News + Rassegna Stampa Attualità 0.27 Meteo Previsioni del tempo 6.00 Prima Pagina Infor. 7.55 Traffico - Borsa e Monete - Meteo.it Informazione 8.00 TG5 Mattina Infor. 8.45 Mattino Cinque Attualità TG5 - Ore 10 - Meteo.it Informazione (all’ interno) 11.00 Forum Real Tv 13.00 TG5 - Meteo.it Informazione 13.40 Beautiful Soap 14.05 Grande Fratello Reality 14.10 CentoVetrine Soap 14.45 Uomini e Donne Talk show 16.05 Grande Fratello Reality 16.15 Il segreto Soap 17.10 Pomeriggio Cinque Attualità TG5 Minuti Informazione (all’ interno) 18.50 Avanti un altro Gioco 20.00 TG5 - Meteo.it Informazione 20.40 Striscina la Notizia Attualità 21.05 Calcio, UEFA Europa League 2013/2014 Quarti di finale. Gara di andata Olympique Lione - Juventus (Diretta) 23.00 Speciale Europa League Rubrica sportiva 0.00 Matrix Attualità 7.00 Friends Telefilm 7.50 Le regole dell’ amore Telefilm 8.45 Una mamma per amica Telefilm 10.30 Dr. House - Medical Division Telefilm 12.25 Studio Aperto Meteo.it Informazione 13.00 Sport Mediaset Notiziario sportivo 13.40 Grande Fratello Reality 14.10 I Simpson Cartoni 14.35 Dragon Ball GT Cartoni animati 15.00 The Big Bang Theory Telefilm 15.50 Due uomini e mezzo Telefilm 16.35 How I Met Your Mother Telefilm 17.25 Nikita “Nel mirino” Telefilm 18.30 Studio Aperto Meteo.it Informazione 19.20 C.S.I. “Il miglior amico” “Il corriere” Telefilm 21.10 Mistero “Nona puntata” Attualità 0.35 Amusement - Giochi pericolosi - Horror (Usa 2008). Di John Simpson, con Keir O’ Donnell, Katheryn Winnick TGCom - Meteo.it Informazione (all’ interno) 2.20 Grande Fratello Reality show 7.20 Miami Vice “Alle soglie dell’ immortalità” Telefilm 8.15 Hunter “Violenza a domicilio - prima parte” Telefilm 9.40 Carabinieri “Pronto, Alice?” Telefilm 10.45 Ricette all’ italiana Rubrica 11.30 TG4 - Meteo.it Informazione 12.00 Un detective in corsia “Assassinio sul ghiaccio” Telefilm 12.55 La signora in giallo “Le pentole del diavolo” Tf 14.00 Forum Real Tv 15.30 Hamburg Distretto 21 “La testimone” Telefilm 16.35 Nestore - L’ ultima corsa - Drammatico (Ita/Fra 1994). Di e con Alberto Sordi 18.55 TG4 - Meteo.it Informazione 19.35 Il segreto Soap 20.30 Tempesta d’ amore Soap 21.15 Die Hard - Vivere o morire - Azione (Usa 2007). Di Len Wiseman, con Bruce Willis, Justin Long 0.00 Double impact Azione (Usa 1991). Di Sheldon Lettich, con Jean-Claude Van Damme 6.00 TGLa7 - Meteo Oroscopo - Traffico Informazione Informazione 6.55 Movie flash Rubrica 7.00 Omnibus - Rassegna Stampa Attualità 7.30 TG La7 Informazione 7.50 Omnibus meteo Informazione 7.55 Omnibus Attualità 9.45 Coffee Break Attualità 11.00 L’ aria che tira Attualità 13.30 TG La7 Informazione 14.00 TG La7 Cronache Attualità 14.40 Le strade di San Francisco “Maschera di morte” “Bersaglio rosso” Telefilm 16.40 Il Commissario Cordier “Il segreto di Cathy” Telefilm 18.10 L’ ispettore Barnaby “La mela marcia” Telefilm 20.00 TG La7 Informazione 20.30 Otto e mezzo Attualità 21.10 Servizio Pubblico Attualità. Condotto da Michele Santoro (Diretta) 0.00 TG La7 Night Desk Attualità 1.10 Movie flash Rubrica 1.15 Otto e mezzo Attualità (Replica) LA RADIO Giorgio Pasotti e Elisa Fuksas ospiti a Radio2 SuperMax Nello studio di Radio2 SuperMax è un tema molto attuale quello del rapporto padre-figlio. Max Giusti ha debuttato al Teatro Sistina con il suo ultimo spettacolo “Di padre in figlio” e, nel frattempo, è uscito il romanzo semi-autobiografico “Figlia di” di Elisa Fuksas. Figlia dell’ architetto famoso in tutto il mondo è ospite della puntata in onda oggi su Radio2. Ci sarà anche un inedito Giorgio Pasotti, che nel film che in uscita nelle sale cinematografiche dal titolo “Nottetempo” ha, per la prima volta, un ruolo da vero duro. Laura Barriales avrà poi il suo da fare con le intrusioni telefoniche di Almodovar e di Berlusconi e tenterà invano di avere chiarimenti in fatto di politica e attualità con lo svampito centralinista de “Il Fatto Quotidiano”. Naturalmente tanta buona musica, con la voce solista di SarahJane Olog e la SuperMax Band. RADIO2 11.00 I film SC1 Cinema 1 SCH Cinema Hits SCP Cinema Passion SCF Cinema Family SCC Cinema Comedy SCM Cinema Max SCU Cinema Cult SC1 Sport 1 SC2 Sport 2 SC3 Sport 3 16.50 Jack Reacher La prova decisiva SCM 16.50 L’ amore in gioco SCH 17.25 Fuga dal Natale SCF 17.30 Primi amori, primi vizi, primi baci SCC 17.40 Margin Call SCU 17.50 Appuntamento da sogno! SCP 18.35 Piccole bugie tra amici SCH 18.45 Royal Affair SC1 19.00 Cosa fare a Denver quando sei morto SCM 19.05 Water Horse SCF 19.15 Ritorno a casa Gori SCC 19.30 L’ intervallo SCU 19.30 Una ragazza per due SCP Lo sport 21.00 21.00 21.00 21.00 21.00 21.10 21.10 22.50 22.50 23.00 23.00 23.00 The Way Back SCU Ring of Fire SCM Troppo amici SCP Striscia, una zebra alla riscossa SCF Zohan - Tutte le donne vengono al pettineSCC Prima tv Bianca come il latte, rossa come il sangue SC1 La leggenda del cacciatore di vampiri SCH Una vita normale SCP Minouche la gatta SCF Die Hard - Un buon giorno per morire SC1 Magnifica SCH presenza Delitto in formula uno SCC 16.30 Calcio, UEFA 18.00 Calcio, UEFA Cham- ster United - Bayern Monaco (Sintesi) SP1 16.30 Basket, NBA 2013/2014 Brooklyn Nets - Houston Rockets (R) SP3 16.45 Rugby, Top 14 2013/2014 Clermont Auvergne - Tolone (Replica) SP2 17.00 Calcio, UEFA Madrid - Borussia Dortmund (Sintesi) SP1 19.00 WWE Experience SP2 20.30 WWE Domestic Raw SP3 21.00 Golf, US PGA Tour 2014 Shell Houston Open: 1a giornata (Diretta) SP2 21.05 Calcio, UEFA Europa Champions League 2013/2014 Manche- Champions League 2013/2014 Barcellona Atletico Madrid (S) SP1 17.30 Calcio, UEFA Champions League 2013/2014 PSG Chelsea (Sintesi) SP1 pions League 2013/2014 Real League 2013/2014 Olympique Lione Juventus (Diretta) SP1 23.00 Calcio, UEFA Europa League 2013/2014 Olympique Lione Juventus (Replica) SP3 18 SECONDO TEMPO GIOVEDÌ 3 APRILE 2014 il Fatto Quotidiano NORDISTI NUOVE PROFESSIONI Archeologia da lustrascarpe di Tomaso Montanari erto la veneranda Accademia dei Lincei non si può dipingere come un covo di intemperanti giovinotti inclini al ribellismo. Tanto più colpisce il durissimo documento con cui quasi tutti gli archeologi che ne fanno parte attaccano l’abilitazione nazionale della loro materia. Ermanno Arslan, Luigi Beschi, Nicola Bonacasa, Edda Bresciani, Giovannagelo Camporeale, Filippo Coarelli, Antonio Giuliano, Eugenio La Rocca, Vincenzo La Rosa, Salvatore Settis, Mario Torelli e Fausto Zevi si rivolgono alla ministra per l’Università, Stefania Giannini, per esprimere tutto il loro sconcerto per l’operato della commissione che ha distribuito le idoneità agli archeologi italiani. “Sono stati resi idonei candidati – si legge – la mediocrità o addirittura l’irrilevanza della cui produzione è visibile a chiunque”, in base a “un criterio meramente quantitativo, per cui vale ‘uno’ sia una prefazione di una pagina sia un lavoro enormemente più impegnativo”. E ancora: “Ci si è voluti mostrare generosi a spese della scienza, una scelta palesemente fatta con l’obiettivo di compiacere singoli professori e cordate vecchie e nuove, e finanche intere regioni (una sola scorsa della lista degli abilitati permette di dire a quali regioni ci si riferisce: (la Sicilia, ndr), per la prima fascia. C E “IL SEMPLICE confronto delle esclusioni con le inclusioni fornisce un quadro del tutto evidente delle scelte ‘di scuola’, che hanno privilegiato alcuni candidati, non sempre di evidente alta qualità, e danneggiato altri”. I lincei non esitano a giudicare i commissari stessi: “Quando, come qui è il caso, una commissione non contenga né studiosi di primo piano e con vasta esperienza internazionale né competenze essenziali (per esempio, di storia dell’arte greca e romana), i commissari possono facilmente cedere alla tentazione di condizionare il futuro della disciplina limitando le scelte di prima fascia ai candidati a essi affini per ambito di studi (anche ristrettissimo) o per appartenenze e colleganze che nulla hanno a che fare con la scienza. Scelte come queste risulteranno incomprensibili in the profession a livello dell’opinione pubblica internazionale”. Nella tempesta che sta, meritatamente, investendo tutto il carrozzone delle abilitazioni, la lettera dei nostri più illustri archeologi rappresenta un episodio di inedita durezza, anche perché si conclude chiedendo alla ministra “di voler sospendere l’operatività di queste abilitazioni e tornare sull’intera materia delle abilitazioni e dei concorsi con un nuovo provvedimento legislativo, che ripristini il criterio assolutamente prevalente della qualità (e non della quantità) della ricerca”. In effetti, a prendere in mano i giudizi di archeologia c’è da trasalire. Di fronte a lampanti conflitti di interesse, come nel caso di pubblicazioni firmate sia da un commissario che da un candidato, come hanno deciso di comportarsi i callidi commissari? Di astenersi? Di non valutarlo? No, manco per sogno, hanno previsto di allegare al giudizio “una dichiarazione da cui si evinca chiaramente la parte di contributo pertinente al candidato”. Basterebbe questo per chiedere di invalidare tutto il concorso. Ma non è finita. E IL MINISTRO? L’Accademia dei Lincei contro la commissione che ha dato le idoneità: favoriti i candidati che hanno firmato pubblicazioni con i giudici Il ministro Giannini LaPresse Un commissario, il professor Alessandro Guidi, ha inserito tra i propri titoli un intervento (peraltro scritto a quattro mani con una collega) sull’archeologia dei nettascarpe, quei ferri otto-novecenteschi talvolta murati vicino ai portoni dei palazzi. Una curiosità da settimana enigmistica, decisamente improbabile nel curriculum di uno specialista in preistoria, e la cui unica rilevanza accademica è forse da cercare nella prossimità semantica che unisce nettascarpe e leccapiedi. UN ALTRO commissario, Francesco Tomasello, dichiara di non votare per l’idoneità di una candidata, per il suo “scarso coinvolgimento in attività universitarie”. Ma la candidata in questione (Maria Luisa Catoni, cui è stata negata l’idoneità) presiede una commissione per il finanziamento di ricerche nell’influentissimo European Research Council, è Senior Fellow e Membro del Consiglio Scientifico dell’Italian Academy della Columbia University, dirige un programma di dottorato della sua università, è stata Fellow del Wissenschaftskolleg di Berlino, Senior Project Associate al J. P. Getty Center Institute di Los Angeles: e dunque, viene da chiedersi, a quale mai tipo di attività universitarie pensava il commissario? A questo punto resta solo da vedere se la ministra accoglierà l’invito dei Lincei, o se invece lascerà ai Tar il facile compito di ridurre questi giudizi a carta buona per nettarsi – giustappunto – le scarpe. Scuole di giornalismo studiate il caso Proto di Gianni Barbacetto NO, NON ENTRERÀ nella storia della finanza. Ad Alessandro Proto piacerebbe un sacco essere ricordato come un Wolf of Wall Street, mascalzone ma grande: non succederà, perché la finanza sta a Proto come un fiore al petrolchimico di Taranto. Proto non ha mai fatto un’operazione finanziaria in vita sua. Non ha mai mosso neppure una delle azioni che annunciava di comprare. Ora sta scontando la sua pena agli arresti domiciliari, ma la Proto Organization ha ripreso a operare. Intanto, se non entrerà nella storia della finanza, Proto potrebbe però entrare nella storia del giornalismo. Anzi: propongo alle scuole di giornalismo di studiarlo, di analizzare il suo caso, di farne materia d’insegnamento, d’invitarlo come visiting professor. La sua è davvero una storia incredibile. Inizia quando il giovane Alessandro Proto, che vende enciclopedie Garzanti e si veste come un agente immobiliare pensa si vesta un finanziere, cerca di farsi un nome sulla piazza di Milano facendo scrivere sui giornali che lui vende le ville dei vip. Non risulta che ne abbia venduta una, eppure cercate in Google: troverete molti articoli su importanti quotidiani nazionali che raccontano le gesta del giovane intermediario che ha per le mani case da sogno, in Sardegna e Costa Azzurra, in Engadina e a New York. Tra i venditori e i possibili acquirenti ci sono i nomi di George Clooney e Berlusconi, Beckham e Ronaldo, José Mourinho e Alan Friedman. Ancora ieri, 2 aprile, sui siti della Gazzetta dello n Sport e del Corriere della Sera veniva pubblicata la notizia dell’acquisto di una “splendida villa sul lago di Como” da parte del giocatore del Barcellona Lionel Messi. Visto che la cosa funzionava e i giornalisti – incantati dai nomi da favola – abboccavano, nel 2010 Proto alza il tiro. Fa il suo ingresso nella finanza: virtuale, perché non tocca un’azione, non entra neppure nella filiale della banca sotto casa, ma comincia a produrre comunicati. Il primo è del 19 dicembre 2010 e dice che “dodici investitori privati riuniti da Alessandro Proto Consulting, società con sede a Lugano”, ha acquistato il 2,88 per cento di Tod’s. Ci cascano Il Giornale e la Reuters. Da allora non si ferma più. Comunica di BASTA LA PAROLA Non ha mai mosso neppure una sola delle azioni che diceva di comprare, ma tutti si sono sempre bevuti i suoi comunicati Alessandro Proto Ansa JOBS ACT iamo tutti in attesa di verificare i contenuti del fantomatico Jobs Act, ma quel che possiamo fare è dare un giudizio sul decreto legge, recentemente approvato ed entrato in vigore, che modifica sensibilmente il contratto a tempo determinato e la formazione per gli apprendisti. All’indomani dell’elezione di Giuliano Poletti, ministro del Lavoro, mi sono permesso di scrivergli invitandolo a iniziare il suo mandato togliendo le prime 50 norme che gli capitavano a tiro. Così, a caso. Sarebbe stato quasi impossibile sbagliare. Semplificare dovrebbe diventare la parola d’ordine di qualsiasi ministro. La giungla normativa che regola il rapporto di lavoro è diventata tale da rendere non quantificabile il costo che l’azienda deve sostenere nell’assumere un lavoratore dipendente, tanto che spesso le stesse desistono dall’entrare in questo mondo. Oggi i costi “indotti” dall’assunzione del personale sono tali S n COME STUPIRSI che Proto il Lupo del comunicato stampa venga preso da un senso d’onnipotenza, da una mania compulsiva, da una bulimia comunicativa, da una scimmia da stampa gabbata che gli dà dipendenza e assuefazione? Sa che può raccontare qualunque balla e troverà chi è disposto a credergli. A un certo punto fa la prova. “Una mattina – racconta Proto – arrivo nel mio ufficio e lancio una sfida ai miei collaboratori: io scommetto 10 mila euro contro 3 mila messi da ciascuno di voi. Facciamo un comunicato che dice che mi candido alla presidenza di Unicredit. Volete vedere che lo pubblicano?”. Lo pubblicano. Proto vince la scommessa. Eppure bastava una telefonata, per verificare. Anzi: bastava leggere il curriculum di Proto (perfino quello abbellito nei suoi siti) per capire che l’uomo non aveva proprio le caratteristiche minime per la candidatura. E allora: studiamolo nelle scuole di giornalismo, adottiamo come libro di testo la delibera Consob su di lui, riflettiamo come sia stato possibile un caso Proto (che continua ancora sui giornali di ieri 2 aprile e forse anche di oggi 3). Un caso che non ha nulla a che fare con la finanza, e tutto con il giornalismo. twitter @gbarbacetto GIULIANO POLETTI 63 anni, è ministro del Lavoro Caro Poletti, ecco tre mosse per creare davvero occupazione di Franco Bassi* aver comprato l’1 per cento di Fiat. L’1,2 di Mediaset. Lo 0,8 di Unicredit. Lo 0,5 di Mediobanca. Lo 0,7 di Generali. E poi: Fonsai, Rcs, L’Espresso, Montepaschi, Telecom Italia Media, il Sole 24 Ore. L’elenco dei giornali che ci cascano è infinito e si trova nella delibera Consob n. 18794, di cui occupa ben quattro pagine e mezza. che, semplificando la normativa, si potrebbero risparmiare almeno 2 o 3 punti percentuali. Come fare? Basta, ad esempio, rendere facoltativa l’adesione a tutti i fondi di assistenza sanitaria integrativa che nascono come funghi al rinnovo di ogni contratto di lavoro. Rendere facoltativa la madre di tutti gli enti inutili: la Cassa Edile, capace solo di far lievitare il costo del personale edile a cifre insostenibili per qualsiasi azienda. Perfettamente inutili sono i provvedimenti (alla Fornero) che vietano le partite Iva o aumentano le sanzioni per il lavoro nero. Se non si toglie il male, la malattia continuerà a persistere. AVEVO SUGGERITO al ministro di togliere anche l’obbligo formativo esterno per tutte le aziende che assumono apprendisti. Nel decreto, l’idea, sia pure parziale, andava in questa direzione. Ma oltre a esser stata scritta coi piedi (tanto che gli enti formativi all’indomani si sono affrettati a scrivere che la norma è diversamente inter- PUNTO IMPRESA Quello di lavoro deve tornare a essere un rapporto in cui azienda e lavoratore sanciscono di avere l’uno necessità dell’altro pretabile e che quindi per loro non cambia nulla) non possedeva il coraggio necessario. La formazione esterna all’azienda è inutile e costosa: va tolta tutta. Punto e a capo. Le mezze misure non servono a nulla, tanto più se sono scritte in modo diversamente interpretabile. Sul contratto a tempo determinato è stato fatto il pasticcio peggiore. Non tanto perché si sono tolti i vincoli imposti dalla legge Fornero quanto piuttosto perché non è sul contratto a tempo determinato che occorre operare con estrema sollecitudine, bensì sul contratto a tempo indeterminato che deve LaPresse diventare il punto di riferimento per qualsiasi assunzione. Per ottenere questo risultato occorrono tre mosse fondamentali. La prima è quella di incentivare con benefici progressivi l’assunzione a tempo indeterminato. Più aumenta l’anzianità aziendale, meno si paga di contributi. La seconda è non rendere applicabile per i primi 5 anni di occupazione l’art. 18, fatta esclusione per i licenziamenti discriminatori (sindacali, politici, religiosi, razziali). Terzo, eliminare tutte quelle forme di lavoro precario nelle quali si sono rifugiate le aziende in questi anni producendo una generazione di lavoratori demotivata e, spesso, improduttiva e quindi dannosa per la stessa azienda. Una generazione senza futuro. Per anni il sindacato ha fatto le barricate difendendo il “totem” dell’art. 18 ritenendolo l’ultimo baluardo meritorio di essere mantenuto. Ci si è comportati come quei signori che si mettono di fronte alla porta di casa, armati di tutto punto, per paura dei ladri e non si accorgono che nel frattempo i ladri sono entrati dalla finestra e hanno vuotato la casa. In vent’anni sono nati tanti di quei contratti “atipici” che neppure io, che faccio questo mestiere, riesco a ricordare. È tempo che si comprenda l’assurdità della difesa a oltranza di un diritto che rischia di diventare un privilegio di minoranza (perché poi le grosse aziende che vogliono licenziare in massa se ne fregano altamente dell’articolo 18) e un riparo nel quale nascondere la poca voglia di lavorare. Guardare in faccia questa realtà, significa riportare il rapporto di lavoro a un atto nel quale, azienda e lavoratore sanciscono di avere l’uno necessità dell’altro. La normativa deve aiutare ad andare “unicamente” verso questa direzione. La qualità del lavoro e delle parti che lo compongono ne avrebbero solo da guadagnare. Con esse il Paese intero. *Socio fondatore del circolo “Fuori Orario” di Taneto di Gattatico (RE) SECONDO TEMPO il Fatto Quotidiano GIOVEDÌ 3 APRILE 2014 19 A DOMANDA RISPONDO Furio Colombo Senato, tagliare i costi non la democrazia Perché abolire il Senato? Vi sono motivazioni importanti o l’unica è data dal risparmio? È vero che la gente chiede la riduzione dei costi della politica ma non è questa la via da percorrere. Ciò che viene richiesta è la diminuzione dei costi dei parlamentari, non la loro abolizione. Si chiede a gran voce e da più parti l’abolizione dei vitalizi, che sono assolutamente inaccettabili. Di ciò, invece, Renzi non parla affatto. Insomma, si chiedeva e si continua a chiedere la riduzione dei costi della politica non l’abolizione delle Camere (cominciamo con una e poi chissà). Quanto alla governabilità, in effetti, la massima viene raggiunta dai governi autoritari dopo l’eliminazione di tutte le opposizioni o comunque di qualsiasi voce dissonante, che sia questo l’obiettivo dell’attuale governo peraltro non votato e nemmeno voluto dai cittadini? In relazione ai costi delle province in effetti bisogna ammettere che non servono a molto e se venissero abolite nessuno, se non i diretti interessati, piangerebbe ma se poi i consiglieri provinciali venissero sostituiti da altre figure, attualmente nebulose, non si comprende di quale vantaggio si potrebbe usufruire, e per favore non si dica che tali nuove figure sarebbero disposte a “lavorare” gratis, perché si cadrebbe nel ridicolo. Albarosa Raimondi Le metamorfosi di Renzi e Serracchiani Ricordo Debora Serracchiani su quel famoso palco che la lanciò definitivamente in politica per essere quello che è ora. Ma all’ascesa politica si è accompagnata una strana metamorfosi che la sta rendendo pericolosa. Il “messaggio mafiosetto”, come scrive Marco Travaglio nel suo articolo “Lasciatemi lavorare/2” su “il Fatto Quotidiano” di martedì 1 aprile, è stata anche una mia percezione, ma che palesa un essere della persona Serracchiani inedito e politicamente sconcertante. Il partito in cui milita non lo seguo. E che dire di Matteo Renzi che oramai è insensibile a tutto. Se fallisce è bruciato, è out. E non gli rimane che radere al suolo tutto ciò che gli sbarra la strada per realizzare il suo “Progetto” che gli aprirebbe, forse, le mofobia e il bullismo nelle scuole? Semplice: la Chiesa non ha un’educazione alla diversità. La Chiesa non si comporta come Gesù. Il Signore non fece distinzioni tra uomini e donne, eterosessuali e omosessuali. La Chiesa non riconosce alle donne e agli uomini gli stessi diritti, non riconosce agli omosessuali gli stessi diritti che riconosce agli eterosessuali. La preoccupazione di Gesù Una giornata convulsa CARO COLOMBO, ha notato l'uso continuo di questa espressione, “una giornata convulsa”, specialmente nel lancio dei telegiornali della sera? È possibile che ogni giornata sia una giornata convulsa? Giacomo CREDO CHE SIA ingiusto e improprio spiegare questo modo teso e drammatico di aprire una sequenza di notizie come il timore di non essere abbastanza interessanti e di non trattenere abbastanza “audience”. Infatti non vorrei ridurre l'uso continuo di queste parole a una questione di imbonimento del pubblico. Provo a dimostrare in due modi che, se viste e vissute da vicino, molte giornate della nostra vita pubblica possono apparire davvero “convulse”. Primo percorso. Ogni giorno sembra che stia per cominciare, stando a chi è in condizione di dettare il calendario, qualcosa di straordinario. Chi detta il calendario non perderà l'occasione per l'annuncio. Se niente o troppo poco accade, dispetto e delusione sono buon carburante per rendere convulsa almeno la parte conclusiva della giornata. Oppure qualcosa accade, e il più delle volte convulsi sono i commenti, sia di chi celebra, sia di chi stronca, a rendere convulso il confronto di opinioni. Se- la vignetta altre utility, riferibili solo alla parte fissa. Stefano Porro Relazioni Esterne Acea condo percorso. La vita politica, e dunque anche la valutazione critica e logica degli eventi, è bloccata da una stranissima condizione politica. È il rapporto stretto e complice fra il più importante leader di una parte (esito a dire “sinistra”) Matteo Renzi e il più importante leader della destra, Silvio Berlusconi. Ma non basta: Il governo è composto a immagine e somiglianza di questa complicità. Sono di nuovo insieme una parte chiamata un tempo sinistra e un frammento di destra staccatosi, per ragioni interne che non riguardano il Paese, dal corpo berlusconiano. Come si vede domina sul Paese una sorta di matrioska che non ha niente a che fare con una “grosse coalition”, ma è invece un impasto che tende a saldarsi, blocca qualunque tipo di ragionato dissenso e provoca reazioni di estraneità profonda che sarebbe pericolosa se proprio la retorica anti politica non ne facesse un instancabile consumo, determinando una opposizione spontanea e continua. Potrebbe essere questa la ragione che rende “convulsa”, cioè tesa, disordinata, rischiosa, quasi ogni giornata della vita pubblica italiana. Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Valadier n. 42 [email protected] Il comune di Roma non “spenderebbe”, come scrive Acea, ma effettivamente spende più di altri comuni per l'illuminazione pubblica, circa 260 euro l'anno a lampione, cifra fornita dall'Agenzia per i servizi pubblici locali in collaborazione con Federutility di cui la stessa Acea fa parte. Questo di più di spesa dovrebbe servire a pagare “prestazioni aggiuntive”, così come avevo scritto e Acea conferma. Purtroppo queste prestazioni non si traducono in un servizio migliore per i romani, anzi. Che poi il Mol dell'illuminazione pubblica sia basso, come informa Acea, non è un’attenuante, ma un altro indizio evidente di scarsa efficienza. Per quanto riguarda i compensi confermo che quelli di Hera, Iren e a2a riportati nell'articolo comprendono anche la parte variabile (premi, benefit etc.) e risultano molto più bassi di quelli dei dirigenti Acea. dan.mar. I NOSTRI ERRORI porte di un paradiso per un futuro personale e politico. Il problema è che in questo suo radicalismo esasperato potrebbe, invece, generare altri e più minacciosi mostri. E per realizzare ciò non può dare spazio a nessuno: non sono ammessi dubbi. Mi auguro che tra ambizioni, giochi di potere e interessi striscianti, alla fine ci sia un solo perdente illustre: l’Italia. Un Paese che in quanto a metamorfosi di personaggi politici si supera sempre. Roberto Maria Bacci Educare alla diversità Bagnasco e Giannini Perché il cardinale Angelo Bagnasco si è schierato contro l’iniziativa di distribuire agli insegnanti gli opuscoli “Educare alla diversità”, che hanno lo scopo di combattere l’o- era l'amore, ed è questo e solo questo che forma la famiglia. Che fare dunque? È necessario educare la Chiesa alla diversità, e, in questo caso, il cardinale Angelo Bagnasco. Ma un’educazione alla diversità andrebbe impartita anche al ministro Stefania Giannini che, accogliendo la protesta del cardinale, si è opposta alla distribuzione degli opuscoli. Renato Pierri Fermi tutti, il premier scopre i disoccupati Renzi scopre la disoccupazione a Londra, lui che vive di politica da sempre non se n'era accorto ma 13% è quasi come 12% o 10%, sono comunque centinaia di migliaia, sono milioni di persone che hanno perso l'indipendenza, la sicurezza e nessun politico ha pagato per questo scempio. Quelli che vivono nel paese, la disoccupazione l'hanno vista crescere giorno dopo giorno, anno dopo anno; l'hanno vista crescere coi i capannoni che si riempiono di erbacce, con i nipoti dei loro amici che lavorano come cassieri a chiamata per tre ore, sentendo continuamente che il politico di turno aveva la nuova ricetta per salvare l'Italia. Vareno Boreatti Privilegi e regalie, comandano le lobby Seguo la trasmissione Rai “Mi manda Rai3”. Alcune inchieste sono quelle del Fatto. La mia rabbia è che quando si va in televisione spesso si risolve il caso. Il problema sono le leggi italiane, arruffate, incomprensibili, scritte male e in modo da favorire i po- il Fatto Quotidiano Direttore responsabile Antonio Padellaro Vicedirettore Marco Travaglio Direttore de ilfattoquotidiano.it Peter Gomez Caporedattore centrale Ettore Boffano Caporedattore Edoardo Novella Art director Paolo Residori Redazione 00193 Roma , Via Valadier n° 42 tel. +39 06 32818.1, fax +39 06 32818.230 mail: [email protected] - sito: www.ilfattoquotidiano.it Editoriale il Fatto S.p.A. sede legale: 00193 Roma , Via Valadier n° 42 Presidente: Antonio Padellaro Amministratore delegato: Cinzia Monteverdi Consiglio di Amministrazione: Luca D’Aprile, Peter Gomez, Marco Tarò, Marco Travaglio teri forti. Chi ha i soldi può intentare cause civili/penali, gli altri si arrangino. Solo il M5S ha denunciato la presenza delle lobby fuori dalle stanze delle commissioni parlamentari. Claudio Molaschi DIRITTO DI REPLICA Secondo quanto riportato da Daniele Martini nell'articolo “Acea, il prezzo dei lampioni e la guerra di Marino ai privati” pubblicato il giorno 1 aprile, Roma spenderebbe di più per l’illuminazione pubblica (260 euro a lampione) di Bologna o di una città che aderisce al pacchetto Consip (188 euro). In realtà, il costo dell’energia praticato da Acea per lampione (138 euro) è allineato a quello di Consip (132 euro). La differenza sta nel fatto che Acea è conces- sionaria, e non semplice gestore, della rete di illuminazione, e quindi si fa carico in toto dello stato della rete e di tutti i costi per i lavori di adeguamento per la sicurezza. Acea inoltre, secondo l’attuale contratto, anticipa al Comune gli investimenti necessari per illuminare le nuove vie, che vengono restituiti in 12 anni. L’illuminazione pubblica pesa per lo 0,76% sul nostro MOL. Infine, le retribuzioni dei nostri vertici aziendali riportate nell’articolo fanno riferimento alla più recente relazione sulla remunerazione, disponibile online. In particolare, va evidenziato che i compensi dei nostri Presidente e Ad sono omnicomprensivi (fisso, premio, benefit) e quindi non comparabili con le cifre riportate dei manager delle Nell'intervista al senatore Augusto Minzolini, pubblicata sul Fatto Quotidiano di ieri, per dare un esempio di risparmio possibile e quindi non traumatico, si faceva riferimento alla riduzione del 90 per cento dei permessi sindacali del settore pubblico con la quale si possono ricavare 150 milioni di euro. Nel mio articolo di ieri “Camera di sicurezza” ho promosso il leghista Flavio Tosi a governatore del Veneto. Al momento è solo sindaco di Verona, mentre il presidente della Regione è il suo compagno di partito Luca Zaia. Me ne scuso con i lettori. (m.trav.) Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Valadier n. 42 [email protected] Abbonamenti COME ABBONARSI FORME DI ABBONAMENTO • Abbonamento postale annuale (Italia) Prezzo 290,00 € Prezzo 220,00 € Prezzo 200,00 € • 6 giorni • 5 giorni • 4 giorni • Abbonamento postale semestrale (Italia) Prezzo 170,00 € Prezzo 135,00 € Prezzo 120,00 € • 6 giorni • 5 giorni • 4 giorni • Modalità Coupon annuale * (Italia) Prezzo 370,00 € Prezzo 320,00 € • 7 giorni • 6 giorni • Modalità Coupon semestrale * (Italia) Prezzo 190,00 € Prezzo 180,00 € • 7 giorni • 6 giorni • Abbonamento in edicola annuale (Italia) Prezzo 305,00 € Prezzo 290,00 € • 7 giorni • 6 giorni • Abbonamento in edicola semestrale (Italia) Prezzo 185,00 € Prezzo 170,00 € • 7 giorni • 6 giorni • Abbonamento digitale settimanale Prezzo 4,00 € • 7 giorni • Abbonamento digitale mensile Prezzo 12,00 € • 7 giorni • Abbonamento digitale semestrale Prezzo 70,00 € • Abbonamento digitale annuale Prezzo 130,00 € Oppure rivolgendosi all’ufficio abbonati tel. +39 0521 1687687, fax +39 06 92912167 o all’indirizzo mail: [email protected] • Servizio clienti [email protected] MODALITÀ DI PAGAMENTO • 7 giorni • 7 giorni * attenzione accertarsi prima che la zona sia raggiunta dalla distribuzione de Il Fatto Quotidiano Centri stampa: Litosud, 00156 Roma, via Carlo Pesenti n°130, 20060 Milano, Pessano con Bornago, via Aldo Moro n° 4; Centro Stampa Unione Sarda S. p. 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