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n° 364 - aprile 2014
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Le Ville Medicee
patrimonio dell’umanità
Nel Giugno 2013 il Comitato per il Patrimonio dell’Umanità ha iscritto nella lista dei
siti UNESCO l’insieme di 12 ville e due giardini, appartenuti alla dinastia dei Medici
Tra le ville che i Medici fecero costruire
nell’arco di due secoli in terra di Toscana,
dodici - Cafaggiolo (Barberino di Mugello), Il Trebbio (San Piero a Sieve), Villa
di Careggi (Firenze), Villa Medici di Fiesole (Fiesole), Villa di Castello (Firenze),
Villa di Poggio a Caiano (Prato), La Petraia (Firenze), Villa di Cerreto Guidi (Cerreto Guidi, Firenze), Palazzo di Seravezza
(Lucca), Villa La Magia (Quarrata, Pistoia), Villa di Artimino (Carmignano,
Prato) e Villa di Poggio Imperiale (Firenze)
- sono entrate a far parte del Patrimonio dell’umanità, insieme con il Giardino
di Boboli (Firenze) e il Giardino di Pratolino (Vaglia, Firenze). «Costruite tra i secoli XV e XVII, rappresentano un sistema
innovativo di costruzione rurale in armonia con la natura e dedicate al tempo libero, alla cultura e alla conoscenza - scrive
la Commissione Unesco nella motivazione - Le ville rappresentano una forma
funzionale innovativa, un nuovo tipo di
residenza principesca che differiva sia
dalle aziende agricole di proprietà dei ricchi fiorentini del periodo, sia dalla potenza militare dei castelli baronali. Le
ville medicee costituiscono il primo esempio di connessione tra habitat, giardini,
e ambiente e sono diventate un punto di
riferimento permanente per le residenze
principesche di tutta Italia ed Europa. I
loro giardini e l’integrazione nell’ambiente naturale hanno sviluppato l’apprezzamento del paesaggio, caratteristico
dell’Umanesimo e del Rinascimento».
La “villa” in senso moderno è infatti figlia dell’Umanesimo e rappresenta l’apertura della società medievale ad un nuovo
tipo di rapporto con la natura. Nei fermenti del pensiero umanistico torna in
auge lo stile di vita della Roma imperiale
sul filone degli studi dell’antico e di un
nuovo interesse nei confronti dell’arte
greco-romana, e perciò si riscopre il piacere della residenza agreste, intesa non
più come solo centro di produzione agri-
La villa di Cafaggiolo
La villa di Poggio a Caiano
colo, ma anche come luogo di riposo,
“otium”, di svago e di fuga dalla frenetica
realtà cittadina, “negotium”. La Villa in
un primo tempo è l’adattamento di fortilizi e torri di controllo difensive, che
mutano il loro linguaggio architettonico
per adattarlo alle nuove esigenze, non più
incentrate sulla difesa, ma aperte al dia-
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La serie di 14 lunette rappresentanti il complesso delle dimore di campagna
dipinte da Giusto Utens per Ferdinando I de’ Medici (destinate in origine
alla villa di Artimino, ora presso il Museo Firenze com’era)
logo con la natura circostante.
Le più antiche ville medicee sono quelle
del Trebbio e di Cafaggiolo, che fanno
mostra del loro passato medievale con
torri, merli e beccatelli - che hanno perso
ormai il loro ruolo di protezione in favore
di quello di ornamento e simmetria. In
entrambe le dimore si deve all’architetto
Michelozzo di Bartolomeo, braccio destro di Cosimo I de’ Medici, la trasformazione più radicale delle strutture a
metà del Quattrocento, che ha reso possibile l’avvio del nuovo abitare agreste
con la tipologia di “Villa di Delizie”. I
tratti si addolciscono e si equilibrano, la
pietra forte lascia il posto all’intonaco e
all’arenaria, il giardino diventa parte integrante del complesso abitativo, con
aiuole regolari e pergolati intrecciati con
la vite, che per la prima volta viene usata
come pianta puramente ornamentale.
Allo stesso modo la villa Medicea di Careggi, nata come fortilizio, è convertita, sempre da Michelozzo, in una struttura spalancata sul versante di belvedere
che con le due ali aperte con loggiati abbraccia il bosco. Careggi fu la dimora preferita dai Medici che vi fondarono l’Ac-
cademia Platonica, sede di richiamo
per personaggi di spicco e di grande erudizione. Le pareti della villa furono testimoni silenziose di convivi e dibattiti ai
quali parteciparono personalità come Lorenzo il Magnifico, Poliziano, Marsilio
Ficino, Donatello, Leon Battista Alberti,
Pico della Mirandola, fino ad arrivare più tardi - allo stesso Michelangelo. Il
giardino retrostante la villa era molto
amato da Lorenzo, che vi riuniva i membri dell’Accademia e che si adoperò per
accrescere le specie botaniche, raccolte
ognuna con precisi riferimenti simbolici.
Grande fervore artistico infiammò anche
gli spazi della Villa di Fiesole, dove infatti fu trasferita nel 1479 l’Accademia
Platonica. La struttura è sempre opera di
Michelozzo - sebbene emerga anche una
certa influenza albertiana - e fu commissionata da Giovanni de’ Medici, figura
controversa, descritto talvolta come dedito ai bagordi e talora come colto amante
delle arti. Il giardino e l’orto realizzati in
piano sono stati ricavati da terrazzamenti,
che offrono anche una superba vista su
Firenze, designando l’abitazione come
luogo di contemplazione, ma anche luogo
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di rappresentanza dell’ascesa della famiglia e della sua cultura e potenza economica.
Lo studio e la meditazione erano indispensabili a Lorenzo il Magnifico, amante
della vita agreste, che scrisse le rime de
Il passo del tempo durante la costruzione
della Villa di Poggio a Caiano, opera di
Giuliano da Sangallo. Lorenzo qui trovò
l’ispirazione per le sue rime, come l’Ambra, poemetto che prende proprio il nome
dell’isolotto nel fiume Ombrone, che
scorre poco lontano dalla residenza. La
villa di Poggio a Caiano è la prima vera
“villa” della rinascita umanistica, infatti
si presenta compiuta e affrancata dagli
influssi castellani; qui il progetto a differenza del Trebbio, Cafaggiolo, Fiesole
e Careggi nasce da un’idea unitaria, creata
per quel luogo e per quel committente,
aprendosi sul paesaggio circostante con
ampie finestrature ed il loggiato del
basamento.
Quasi tutte le ville erano corredate da
magnifici giardini con aiuole, fontane e
giochi d’acqua accuratamente studiati
per dare sfoggio della grandezza medicea. Colossale il Gigante Appennino del
Giambologna nel parco della villa di Pratolino, frutto dell’ingegnoso progetto del
Buontalenti, che nel 1569 fu lasciato
libero da Francesco I de’ Medici di dare
sfogo al suo estro e che andò così a realizzare in ben quindici anni di lavori un indiscusso monumento alla cultura Manierista; un ambiente da fiaba, da scoprire
passo passo, per le sue bizzarre meraviglie. Per Ferdinando de’ Medici Buontalenti curò anche i terrazzamenti di villa
La Petraia, alle porte di Firenze, il cui
giardino è caratterizzato da due grandi
spazi circolari attorno ai quali ruota tutta
la composizione. In origine i giardini
della villa della Petraia e di Castello erano
comunicanti e solo nella seconda metà
del Settecento venne costruito un muro
per dividerli e nel giardino della Petraia
fu trasferita la fontana del Tribolo con la
statua bronzea del Giambologna “Fiorenza che si strizza i capelli dalle acque dell’Arno e del Mugnone”, prima collocata nel
giardino di Castello. La Villa di Castello
era stata rimaneggiata ampiamente nel
1537 dall’ingegno di Niccolò Pericoli
detto il Tribolo, che si occupò di regolarizzare i prospetti e rendere funzionale la
distribuzione interna, curando principalmente l’inserimento della dimora nel con-
Giambologna: Gigante dell’Appennino
Vaglia, Giardino mediceo di Pratolino
testo paesaggistico. Il Tribolo morì senza
portare a compimento la sua opera e gli
succederà Vasari, che intraprenderà la via
manierista con una raccolta di figure zoomorfe in pietra che alludono al potere del
committente, capace anche di ricreare la
natura in pietra. Come a Castello lo stesso
avviene nel maestoso Giardino di Boboli,
dove la natura è modellata secondo i capricci dell’uomo: terrazze, scalinate, grotte
e geometrie verdi ne scandiscono lo spazio. Boboli è nato come giardino granducale di palazzo Pitti ed è collegato al
Forte di Belvedere, avamposto militare
per la sicurezza del sovrano e la sua famiglia. Quello di Boboli è uno dei più
importanti esempi al mondo di giardino
all’italiana fra Manierismo e Barocco ed
è un vero e proprio museo all’aperto, per
l’impostazione architettonico-paesaggistica e per la collezione di sculture, che
vanno dalle antichità romane al XX secolo.
Nelle immediate vicinanze della città
si situa la villa di Poggio Imperiale, proprietà fortemente desiderata da Isabella,
figlia di Cosimo de Medici maritata Orsini, che l’abbellì conferendole la sontuosità riservata alle dimore medicee, riempiendola di ritratti e di statue. Fu però la
Villa di Cerreto Guidi a fare da teatro alla
tragica morte di Isabella, uccisa nel 1576
dal marito per un tradimento. La residenza era stata rimaneggiata a metà Cin-
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quecento e ai lavori che la trasformarono
significativamente partecipò anche Buontalenti progettando i cosiddetti “ponti
medicei”, quattro rampe di scale per
salire al piazzale davanti alla villa.
Poco più tardi, sull’onda della politica di
espansione territoriale, Francesco I de’
Medici acquistò Villa la Magia a Quarrata, scelta per la posizione particolarmente favorevole, al confine con quelle
di Poggio a Caiano e di Artimino.
Dal 1584 La Magia fu ristrutturata dal
Buontalenti, con un aspetto piuttosto
semplice rispetto ad altre ville, senza giardino ma circondata da un ampio parco,
oggi in parte assorbito dalla crescita del
paese di Quarrata. Buontalenti si limitò
a ristrutturare gli elementi preesistenti,
come il loggiato interno, che venne tamponato, la colombaia che fu rialzata e il
cortile che venne lastricato. Degno di
nota è il lago quadrato con le sponde murate (oggi colmato) e con un capanno, destinato alla pesca ed alla caccia di uccelli
acquatici, ritratto dal pittore fiammingo
Giusto Utens, che nel 1599 dipinse, con
l’allora inusuale prospettiva a volo d’uccello, una serie di lunette per la villa di
Artimino, oggi conservate nel Museo di
Firenze com’era, nelle quali sono rappresentate le proprietà medicee. La villa di
Artimino è l’ultima grande villa granducale, sorge in un luogo elevato con un
ottima vista, priva di un proprio giardino
per la mancanza di sorgenti, ma circondata da boschi e vigne che tutt’oggi producono il “nettare d’Artimino”.
Tra le residenze entrate a far parte del patrimonio dell’umanità, la più lontana dal
centro del potere mediceo è il Palazzo di
Serravezza, commissionato da Cosimo I
intorno al 1560 in Versilia, zona di grande
importanza strategica politica ed economica per la vicinanza alle cave di marmo
e alle miniere d’argento, contesa da secoli fra Pisa, Lucca, Genova e Firenze. La
villa poteva diventare all’occorrenza un
avamposto militare, senza penalizzare la
dimensione signorile e di svago della dimora stessa con grandi boschi per la caccia, un orto e un giardino geometrico all’italiana, una cappella e un edificio adibito a scuderie.
Bernardo Buontalenti: Villa di Artimino (“La Ferdinanda”)
Le dodici ville e i due giardini rappresentano un esempio eminente dell’interazione umana con l’ambiente; un capolavoro del genio creativo che testimonia un cambiamento culturale considerevole in campo architettonico, artistico
e paesaggistico, legato alla storia dei Medici, che sicuramente costituisce una tappa
fondamentale nella storia dell’umanità.
elena aiazzi