Anno 6 N.1 (Mar. 14) - Nuova Scena Antica

I Quaderni di
Nuova Scena Antica
GALLERY MARZO 2014. GLI ARTISTI. LE CREAZIONI
RIVISTA
ON LINE
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ARTE
MUSICA
PERFORMANCE
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Bellezza: mistero che viene dal cielo profondo o che sorge dall’abisso?
I valori nascosti
Il sistema sefirotico è una delle tanti
chiavi interpretative che l’umanità ha
elaborato per elencare le divine sfere,
ovvero gli archetipi imperituri, emanazione
di Dio. Esso appartiene agli scritti della
tradizione cabbalistica, codificata nel
tardo Medioevo e trasmessa fino alle soglie
dei nostri tempi.
Nelle tavole che lo rappresentano, 10
sfere (le Sefiroth, appunto) sono ordinate e
disposte su 3 colonne, composte di 3
emanazioni ciascuna, con in testa 1 sfera
superiore a tutte, detta Corona del Creato.
Assai schematicamente, diciamo che la
colonna di destra, detta dell’Aria, è
for mata dalle tre sfere della luce,
dell’attività; la colonna di sinistra, detta
dell’Acqua, è formata dalle tre sfere della
tenebra, della passività; la colonna di
centro, detta del Fuoco, è formata dalle
tre sfere della mediazione. Insieme
formano l’albero della vita (Destra) e
l’albero della morte (Sinistra) unito da una
“spina dorsale” (Centro) che mantiene in
equilibrio, collega tra loro e conduce alla
sfera superiore (Dio). I sentieri tracciati tra le
Sefiroth sono 22 ed infiniti significati
scaturiscono dalle combinazioni possibili di
tutti questi archetipi.
La sfera della Bellezza è uno degli
archetipi che si trovano nella colonna
centrale. Si dice che “il leone giace qui
accanto all’agnello, se si è forti contro il
basso e miti verso l’alto”. Qui si armonizza
terribilità con soavità, si sta al centro,
sospesi tra le due colonne nell’adito del
cosmo. A questa Sefiroth è associato il Sole
(e non Venere, come verrebbe da
pensare) ed è la sfera in contatto diretto
con la Corona del Creato. La Bellezza è il
Fuoco mediatore che corre verso l’alto,
quale equilibrio tra coagulante e solvente,
direbbero gli alchimisti.
In un mondo che ha perduto rapporto
e fiducia con la sacralità della vita, non
sorprende quanto poco valore venga oggi
attribuito a questa sfera, tradizionalmente
posta come tramite diretto con Dio.
Fortunatamente gli archetipi sono eterni:
sono le forme formanti dietro a tutte le
cose; che non li si riconosca, non
costituisce un’obiezione contro la loro
esistenza; che non li si veda, non toglie
potere alla loro essenza. Chissà che l’arte
non riscopra infine il senso profondo di farsi
tramite e strumento, aiutandoci a
riconoscere e percepire il mistero insito
nella Bellezza. Buona Primavera!
(di Daniela Bestetti)
SOMMARIO
1
Arte
2
Musica
4
Performance
6
I Quaderni nel mondo 8
Editoriale
ANNO 6 N. 1 MARZO 2014
Redazione Italia
Nuova Scena Antica
RIVISTA TRIMESTRALE
I Quaderni di Nuova Scena Antica
nascono per raccogliere gli incontri
significativi avvenuti nel panorama
artistico e culturale contemporaneo
nazionale ed internazionale.
direttore responsabile SILVIO DA RU’
project & art director DANIELA BESTETTI
ARTE
MUSICA
PERFORMANCE
I Quaderni di
I Quaderni - Editoriale
Nuova Scena Antica 2014
Alcuni diritti riservati
www.nuovascenaantica.it
pag. 1
ARTE
ZOOM ON CARLA
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1. Il tuo maggior pregio
L’onestà e la sincerità.
2. Il tuo peggior difetto
La testardaggine.
3. Progetti per il futuro
Continuare a dipingere. Vedere il
mondo.
“Rosso” acrilico su tela,120 x 160 (2013)
Carla Asquini (pittrice)
Paesaggi, nature morte, animali, oggetti, ma soprattutto soggetti floreali. La maestria
nell’uso del colore fonde fragilità e carnalità nelle tele di Carla Asquini, pittrice nata a
Udine. Purezza, stupore, mistero sono le sensazioni evocate dall’osservazione ravvicinata
delle sue opere, le cui sfumature e gli inediti accostamenti cromatici schiudono le porte a
percezioni quasi olfattive e tattili dei dipinti.
Come sei approdata alla pittura come linguaggio espressivo?
CA: Sono approdata alla pittura attratta dai grandi maestri della seconda metà
dell’Ottocento e, naturalmente, del Novecento. L’aiuto di un grande amico pittore, mio
maestro, è stato determinate. Mi ha insegnato a trasformare, a riprodurre l’ansia e la
gamma delle mie emozioni con la forza e la sensibilità del colore in fantastiche visioni.
L’arte del colore è sicuramente un elemento distintivo delle tue opere: in che
rapporto si pone rispetto agli altri elementi della composizione? Che cosa affidi ai colori?
CA: Al colore affido tutto. La percezione delle forme, delle strutture, dello spazio, la
dimensione e la forza del soggetto. È il colore che scandisce il ritmo delle emozioni.
L’orditura per me non è nel disegno ma proprio nel colore, che assume il ruolo del
protagonista e conferisce spessore psicologico alla composizione. Un altro elemento
importante che da qui scaturisce è la luce: luce con le sue velate sovrapposizioni,
simbolo di vita, di verità, di eternità. Alle sfumature cromatiche affido invece le sensazioni
e le emozioni della nostra vita terrena.
(l’intervista prosegue alla pagina seguente)
Bio in sintesi di Carla Asquini
Carla Asquini è nata a Udine e
attualmente vive a Buttrio (UD). La
passione per la pittura sorge molto
presto e nel 1978 si reca negli Stati
Uniti, a Houston in Texas, per
frequentare l'Accademia di pittura
fondata dal grande Maestro
ungherese Lajos Markos
(Marosvasarhely 1917–1993). La sua
permanenza negli U.S.A. si rivela
altamente positiva per apprendere e
padroneggiare le più svariate tecniche
del colore e della forma. Rientrata in
Italia, incontra il Maestro friulano Fred
Pittino ed entra a far parte del Centro
Friulano Arti Plastiche. Continua così
ad affinare la tecnica, con particolare
attenzione alla profondità per le
sfumature più sottili e la ricchezza di
dettaglio, strumenti indispensabili per
esprimere la propria visione del
mondo nell'arte. Inizia un’intensa
attività espositiva, estesa a numerose
città italiane ma soprattutto all'estero
(Francia, Svizzera, Austria, Stati Uniti,
Cina). Da dieci anni fa parte del
Comitato Nazionale Monegasco delle
Arti Plastiche (sotto la presidenza
onoraria di sua Altezza Principe
Alber to II). Le sue opere sono
stabilmente presenti alle edizioni del
Premio Letterario Kafka Italia.
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www.casquini.wordpress.com
I Quaderni - Arte
A lato
Peonia
acrilico su tela
120 x 160
(2013)
pag. 2
Che cosa ti muove, anche inconsciamente, nella scelta dei
soggetti? Esiste un messaggio, un desiderio di comunicazione da
esprimere attraverso i tuoi lavori?
CA: Per la scelta dei soggetti mi muove il mio stato d’animo, il
momento d’ispirazione, d’incanto verso il soggetto scelto. Attraverso
i miei lavori voglio trasmettere qualcosa che va oltre la valutazione
estetica. Vorrei che chiunque guardasse i miei quadri fosse
accompagnato in una spirale di entusiasmo e di stupore per la vita,
di riflessione e coinvolgimento nell’anima.
Una provocazione: considerando le premesse e l’orientamento
attuale dell’arte contemporanea, come “giustifichi” il realismo e
l’immediatezza delle tue tele?
CA: Oggi l'arte contemporanea è basata sul concetto di stupire,
con qualsiasi forma e mezzo. Se non stupisce, se non sbalordisce,
non è arte. Oppure è forma, condizionata al gusto di un'entità
astratta chiamata mercato. Per me la sfida è un'altra, quella di
soffermarsi su qualcosa il tempo necessario perché l’opera possa
esprimersi. Affinché ciò accada, serve un tempo diverso - meno
veloce, meno vorace - e un'attenzione diversa, messa in moto
dall'opera stessa. La mia pittura è sì figurativa, ma non voglio che si
fermi ad un iper-realismo: trasportare le mie percezioni nei colori,
nelle trasparenze, nelle forme - le quali talvolta possono divenire
anche astratte - e suscitare emozioni immaginabili nello spettatore,
questo voglio. Indurlo a soffermarsi, indugiare davanti a un petalo o
a un fiore - a una piccola cosa - che può procurare una grande
emozione. Ecco i meandri, i labirinti, i particolari scrutati e portati
all'infinito, in macro, densi di fascino e di mistero. Se con un
papavero riesco ad attrarre l'attenzione, a procurare nel pubblico
un'emozione, ho raggiunto il mio scopo. Chissà che passeggiando
distrattamente per strada, un giorno quella persona si accorga dei
papaveri in un prato e per la prima volta riesca a vedere la bellezza
di cui è circondato e a guardare la natura con altri occhi,
imparando ad amarla e a rispettarla.
Questo numero è dedicato alla Bellezza come valore: pensi
che la Bellezza possa aiutare il mondo? E se sì, come?
CA: La bellezza è soggettiva, è un valore Inestimabile quando viene
dal cuore, dalla voglia di trasformare quello che vediamo e viviamo
ogni giorno in qualche cosa di positivo. La bellezza non è estetica
ma sentimento. Sta a noi ogni giorno migliorare noi stessi per rendere
il mondo più bello.
Grazie, Carla.
(intervista a Carla Asquini del 21.01.2014)
“Bianco” dittico, acrilico su tela, 200 x 50 (2013)
“Papavero” acrilico su tela, 60 x 60 (2005)
I Quaderni - Arte
pag. 3
MUSICA
ZOOM ON SIMONE
1. Il tuo maggior pregio
Non saprei.
2. Il tuo peggior difetto
Non saprei.
3. Progetti per il futuro
Lasciare l'Italia e, naturalmente,
comporre. Ma ogni progetto torna poi
all'essenza, che è la contemplazione
della parte interiore, dove sono sicuro
esista e si possa trovare l'universale,
l'incorruttibile, l'oggettivo. Senza di
q uesto, senza q uesta prof onda
ricerca, ogni progetto sarebbe vuoto,
senza senso, inessenziale. Con
gratitudine, fiducia e forza di volontà:
le vie per riconoscere ed attivare la
nostra eredità personale.
Simone Movio (compositore)
Lo abbiamo già ospitato due anni fa nella stessa rubrica (I QUADERNI Anno 4 Numero
3). Gli dedichiamo nuovamente questo spazio in occasione di un prestigioso
riconoscimento internazionale vinto per la sua attività di compositore. Parliamo di Simone
Movio, musicista contemporaneo, di recente insignito del Komponisten-Förderpreise 2014
della Fondazione musicale Ernst von Siemens, uno dei tre ambiti premi per giovani
compositori che consiste nella somma di € 35.000 e in un CD antologico prodotto secondo
le aspirazioni dei promettenti compositori. Insieme a Simone, gli altri due premi vanno alla
tedesca Brigitta Muntendorf e al catalano Luis Codera Puzo.
Cosa significa per te questo Premio?
SM: Nella mia vita ho sempre avuto problemi a promuovere me stesso: devo essere
sincero, non mi preoccupo troppo di questo. Ho cercato di restare isolato (vivo in un
piccolo paese del nord Italia) e di concentrarmi sulla musica, la composizione, la lettura,
il guardare, l'ascolto e lo studio. La cosa apparentemente negativa è che non ho mai
avuto troppe esecuzioni, che a volte significano anche buone esperienze, apprendere;
nemmeno molte occasioni professionali: in definitiva non sono mai entrato nel circuito
della musica contemporanea, nel senso di festivals, commissioni, esecuzioni regolari.
Quindi questo Premio ha effettivamente qualcosa di straordinario: dal nulla, mi ritrovo nel
bel mezzo di un vortice. Per questo devo ringraziare prima di tutti Beat Furrer, l'intesa e
l'affinità con lui sono state essenziali. Fino ad oggi, per sopravvivere, ho fatto un sacco di
lavori diversi, apparentemente lontani dalla musica. Per fortuna ho vinto numerosi
concorsi di composizione, con i quali ho integrato un poco le mie entrate: ho 35 anni e
non sono mai stato pagato per la commissione di una composizione. Così, con i soldi di
questo Premio vorrei semplicemente sopravvivere e, soprattutto, andar via dall'Italia
perché è impossibile per me stare qui, penso in Germania o in Austria. Questo Premio è in
realtà più importante di quanto immaginassi, visto che, senza di esso, il mio futuro
sarebbe stato incerto e difficile: non dimenticherò mai questo privilegio e sarò sempre
grato a chi mi ha dato questa possibilità.
Come concepisci il tuo comporre? Quali elementi usi, come li organizzi, quali
organici prediligi e in base a cosa li scegli?
SM: Parto sempre da un'idea, che è quasi una sintesi, ma allo stesso tempo anche un
potenziale. Si tratta di un qualcosa affine al suono, ad una sua necessaria evoluzione, ma
anche un NON suono (fisico e non fisico); qualcosa di affine ad un'architettura musicale,
ma anche attinente ad una dimensione dell'incanto; qualcosa di affine al linguaggio
poetico, ma anche lontano da questo. E’ necessario un lungo lavoro a posteriori,
attraverso cui chiarificare l'idea e renderla esprimibile attraverso i mezzi della
composizione musicale. Questa sfaccettatura si riflette poi nel lavoro compositivo, nel
portare a compimento in parallelo diversi livelli di scrittura, di elaborazione (ad esempio
diversi concetti armonici, di connessione), così da creare una multi-direzionalità:
immagino questo processo come qualcosa che avvicina l'opera alla vita, che possa
dare una forma di vita all'opera, avere all'interno di un organismo una pluralità di agenti
diversi che concorrono all'unità, all'essenziale definizione dell'organismo stesso. Per
quanto riguarda gli organici, le richieste a volte sono molto precise, mi è anche capitato
di scrivere per un organico scelto senza una destinazione. Non so perché, ma ho una
predilezione per la musica da camera, sia nell'ascolto che nella composizione.
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I Quaderni - Musica
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Tutte le foto pubblicate
sono di Manu Theobald
© Ernst von Siemens Music Foundation
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www.evs-musikstiftung.ch
(l’intervista prosegue alla pagina seguente)
pag. 4
ZOOM ON SIMONE
Perché le cose funzionino, scrivere un pezzo per me deve essere qualcosa
d'apparentemente impossibile, un muro invalicabile che soltanto uno sforzo superiore alle
personali possibilità ed una ferma forza di volontà possano far oltrepassare, a volte in
maniera imprevista; le facoltà acquisite nel superamento della prova diventano il punto
di partenza per il superamento di quella successiva, poiché vivere di rendita porterebbe
ad un'immediata atrofia. Mi viene da pensare che un'applicazione continua possa
portare in ultima istanza ad un'atarassia.
Le tue scelte e il modo di comporre lasciano intuire il rispetto per certi valori, quali
Integrità e Verità. Questo numero è dedicato alla Bellezza, intesa come valore appunto più
che semplice canone estetico. Che cos’è Bellezza per Simone e che posto occupa nella
tua vita e nel tuo essere musicista?
SM: Cito subito Ernst Baron von Feuchtersleben: “La bellezza è il riflesso della salute
dell'anima”. Nella mia vita uno dei momenti più intensi e direi fuori dall'ordinario si è
verificato con la visione della Madonna del Belvedere di Raffaello. Come
meravigliosamente argomenta Pavel Florenskij, mi sono trovato di fronte ad una porta
regale, ho percepito un supremo ideale di bellezza, grazia, purezza, non già una figura
umana ma un archetipo: molto, molto più di quello che viene rappresentato. Ancora
oggi al suo solo pensiero qualcosa viene mosso nel mio stato interiore. Questa è Bellezza,
qualcosa che trascende la materia, una dimensione dell'essere dove una montagna non
è una montagna ma è LA montagna e questa è più ancora di quello che incarna; dove
il colore azzurro è più azzurro di qualsiasi azzurro si possa ammirare; “…vero verde il verde,
il sole vero sole, vero il bosco…“ scrisse Rainer Maria Rilke. Per accedere a questa
dimensione, averne esperienza, occorre pensarla, occorre sentirla ed occorre volerla: è
necessario cercarla attivamente. In generale noto, per esempio nell'ascolto musicale o
in generale nell'attitudine alla percezione attiva, una progressiva paralisi delle facoltà
umane, un poco per comodità, un poco per induzione (che poi è sempre veicolata
dalla comodità) o costrizione; noto l'affidarsi sempre più all'istinto, a facoltà che sono
animali per soddisfare, anche con l'arte, le necessità primarie. Il mio grande timore è che
si diventi ciechi, muti, non mossi, anche di fronte alla bellezza della Madonna del
Belvedere, che non la si riconosca, che non si possa vedere quello che è al di là di
questa porta regale eppure così manifesto, che la si sostituisca con idealizzazioni
derivate dalla materia, apparentemente con profondità, argomentazione scientifica,
filosofica o psicologico-sociale: metafisica del materialismo, come l'ha definita Massimo
Scaligero. Non nascondo di come, in un angolo seppur a margine della visione
d'insieme, vi sia un certo turbamento generato dal materialismo umano; tuttavia ho
illimitata fiducia nei grandi capolavori dell'arte, sono questi che ci possono svegliare e
trasportare, a patto che si abbia almeno un atteggiamento di onesta ricerca,
direttamente sulla strada della Verità: essi mostrano in effetti la Bellezza, finalmente la
Verità.
Grazie, Simone.
(intervista a Simone Movio del 13.03.2014)
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http://soundcloud.com/
simonemovio
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Il Premio dei compositori della Fondazione musicale Ernst von Siemens verrà consegnato
a Simone Movio il 24 maggio 2014 al Teatro Cuvilliés di Monaco di Baviera. A consegnarlo
sarà Thomas Angyan, Presidente del Consiglio di Amministrazione della Fondazione. Il
Klangforum Wien eseguirà il suo brano Di fragili incanti.
I Quaderni - Musica
Bio in sintesi di Simone Movio
Fondamentali per la sua formazione
sono stati e sono gli incontri con Beat
Furrer all’Universität für Musik und
Darstellende Kunst di Graz (2005/06),
al Rostock Summer Campus 2009, ad
IMPULS (2005/07/09). Dopo aver
iniziato gli studi al Conservatorio di
Udine con Renato Miani, ha
frequentato il Cursus 1 in composizione
ed informatica musicale presso IRCAM
Centre Pompidou di Parigi (2010/11), il
seminario/corso Klangwege di Pierluigi
Billone all’Universität für Musik und
Darstellende Kunst di Graz (2005/06),
la masterclass di Stefano Gervasoni
all’Accademia Tema di Milano (2004).
Ha ricevuto il Komponisten-Förderpreise
2 014 d e l l a E r n s t v o n S i e m e n s
Musikstiftung (Monaco di Baviera). È
vincitore di numerosi concorsi di
composizione fra cui Wiener
Konzerthauses Composition Contest
Towards the Next 100 Years - String
Quartet (Vienna, 2012), International
Composition Competition Franz Schubert
and Modern Music 2011 (Graz), IVME
International Composition Contest 2011
(due primi premi nelle due diverse
categorie – Anversa), Gianni Bergamo
Classic Music Award 2007 –
Composition (Lugano), Hamburger
Klangwektage 2007 - 2nd International
Composition Contest, Lied Unlimited
(Amburgo). È stato selezionato per il
9e Forum de la Jeune Création Musicale
2011 (SIMC – Clamart) e come
compositore effettivo per IMPULS 2009
(Vienna/Graz). Importanti artisti ed
ensembles (Beat Furrer, Enno Poppe,
Klangf or um Wien, Szymanowski
Quartet, Ensemble Recherche) hanno
interpretato le sue opere in significative
occasioni, quali Wiener Konzerthaus
( V i e n n a ) , I RC A M – E s p a c e d e
Projection (Par igi), Tc haikovsky
Conservatory (Mosca), Helmut-List
Halle (Graz), Tage für neue Musik
2007 (Zurigo), Hamburger
Klangwerktage 2007 (Amburgo). È
anche chitarrista, diplomatosi con il
massimo dei voti sotto la guida di
Francesco Romano al Conservatorio di
Udine. Predilige il reper torio
rinascimentale e contemporaneo.
Scrive.
http://www.youtube.com/
user/simonemovio
pag. 5
PERFORMANCE
ZOOM ON MARTA
1. Il tuo maggior pregio
Mmm…difficilissimo! Ebbene direi la
perseveranza.
2. Il tuo peggior difetto
Per sceglierne uno, il pessimismo
autolesionista.
Marta Bevilacqua (danzatrice, coreografa)
Un’interprete della danza contemporanea il cui gesto performativo coniuga
spessore filosofico e linguaggio coreografico; una presenza scenica che si distingue per
sensibilità interpretativa ed eleganza. E’ Marta Bevilacqua, danzatrice e coreografa, che
affianca al lavoro stabile nella Compagnia Arearea di Udine (fondata da Roberto
Cocconi) collaborazioni diverse con alcune tra le realtà più significative nel panorama
italiano della danza d’autore.
Come nasce Marta danzatrice e come si evolve nel linguaggio coreografico?
MB: Il mio percorso è comune a molti altri professionisti: frequento da ragazzina corsi di
danza Jazz e Modern in una scuola di paese. Mi impegno, con tenacia. La danza
diventa presto parte integrante della mia vita. Ci sono diverse personalità che si
affacciano nella mia formazione e che, con fascino e talento, mi incoraggiano a trovare
una chiave espressiva attraverso il corpo. Ogni strato nella carriera di un artista è dato
dai grandi incontri (nel mio caso Florance Meregalli, Roberto Cocconi, Carolyn Carlson,
Laura Corradi), ma anche da piccoli eventi, quelli nei quali ti capita di trovarti, quelli nei
quali sei costretto a metterti in una dimensione di rischio e di svelamento. Mi riferisco ai
compagni di viaggio, danzatori, registi, scenografi, attori con i quali continuo a
collaborare. Arearea è sempre stata la mia famiglia artistica di appartenenza, quella
nella quale sono cresciuta e che mi ha dato l’opportunità di sperimentare l’approccio
coreografico. Non so esattamente quando e come l’inclinazione alla coreografia sia
nata, mi è sembrato un passaggio naturale e organico. Non facile certo: molte sono le
difficoltà di un giovane coreografo. Mantenere alto il livello della creatività e della
autocritica è un lavoro che tocca corde profonde, che crea vertigine. Stare sulla soglia
di quella vertigine è sia un esercizio fisico, che un esercizio del pensiero. Da qui la mia
tendenza ad affrontare con taglio filosofico ogni composizione coreografica. La
costruzione della propria poetica, quindi, è fatta di molti strati, di piccoli incontri e di
grandi insegnamenti, di ascolto di sé. E’ sempre importante ricordare a se stessi che cosa
si vuole comunicare al pubblico.
Quali percorsi hanno avvicinato il tuo interesse e lo studio della filosofia alla tua
passione e pratica della danza? Che tipo di dialettica e di sintesi si crea tra due piani,
apparentemente così opposti, come quello filosofico (teorico) e quello corporeo (pratico)?
MB: Nel 2001 frequentavo l’Accademia Isola Danza di Carolyn Carlson e davo gli esami
di Filosofia del Linguaggio a Cà Foscari. Una condensazione di studi che, più o meno
lucidamente, mi hanno appassionata a tal punto da non voler scegliere una dimensione
o l’altra. Solo apparentemente, infatti, le due questioni, quella filosofica e quella pratica,
sono scisse, specialmente in un processo creativo. Preferisco dunque continuare a farmi
delle buone domande, piuttosto che darmi delle buone risposte e, come mi suggerisce
Nietzsche, continuare a fare filosofia con i piedi (e come altrimenti?!). Certo, la danza e
la filosofia hanno linguaggi tecnici diversi e non tutti gli argomenti sono interscambiabili,
ma sottostà ad entrambi la vita: è a quella che cerco di rivolgermi, senza la pretesa di
dare soluzioni o semplificare le questioni alte. E’ vero, in questi tempi emoziona più il
“quotidiano” del filosofico. Questa è la mia scommessa quotidiana...
3. Progetti per il futuro
Sono coinvolta in progetti interni alla
Compagnia Arearea e in progetti con
impor tanti centri di formazione
(Università Cà Foscari di Venezia,
Accademia D’Arte Drammatica Nico
Pepe di Udine, Accademia della
Diversità di Bolzano) e compagnie
teatrali, come La Fionda Teatro.
Attualmente sto lavorando ad un
progetto urbano su due ruote, che
coinvolgerà sei danzatori e tre musicisti
dal vivo, replico i miei studi filosofici ed
ho in cantiere uno spettacolo per
ragazzi sui giochi digitali.
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In alto nella foto
Panta Rei
(2012)
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Sopra e sotto nelle foto
Marta Bevilacqua
tra la gente
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(l’intervista prosegue alla pagina seguente)
I Quaderni - Performance
pag. 6
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Quali limiti e quali potenzialità riscontri nei linguaggi contemporanei dell’arte, con
particolare riferimento a quelli performativi? Che segno lasciano come testimonianza del
presente in cui viviamo?
MB: I linguaggi contemporanei, in quanto tali, sono inafferrabili. Chiedono, e questa è la
loro forza, di non essere incasellati, ma di essere vissuti. La contemporaneità non sceglie,
o meglio, sceglie senza lotta. Ecco il limite della nostra società e quindi il limite dell’arte.
Ma anche questo non è vero fino in fondo. Io credo ancora che l’arte sia libera, che non
sia il semplice riflesso della società ma, anzi, che riesca a fare per essa la parte della
rivoluzionaria buona. L’arte è un impulso puro e chi lo possiede non può nuocere. Nuoce,
invece, la moda, il trendy, il mercato dell’arte. Quello sì sceglie e condiziona la società.
Laddove c’è omologazione, sia anche omologazione artistica, non c’è vertigine, quindi
scarsa crescita. Oggi, in maniera desolante, il mercato dell’arte nella danza scarseggia di
complessità.
Questo numero affronta il tema della Bellezza, intesa come valore più che semplice
canone estetico. Che cosa è Bellezza per Marta? Credi che questo valore possa
contribuire a migliorare il mondo in cui viviamo e, se sì, come?
MB: Avverto che sia un tema attuale in Italia. Ci resta solo lei probabilmente, quella
bellezza di cui siamo circondati e che abbiamo fatto risuonare poco nella nostra vita
quotidiana. Direi che anche la Bellezza come ogni valore è in costante cambiamento, la
Bellezza è per me un accordo istantaneo, un gancio con il presente, è insieme il dettaglio
e il fenomeno. La Bellezza è quindi protetta e garantita dalla nostra attenzione e dalla
nostra curiosità. Della Bellezza bisogna prendersi cura, sia essa incastonata in un oggetto,
oppure in un soggetto. Anche della relazione che sprigiona bellezza è necessario
prendersi cura. Scorrere del tempo e bellezza… la danza per me è molto coinvolta in
questa questione.
Grazie, Marta. (intervista a Marta Bevilacqua del 11.03.2014)
ZOOM ON MARTA
Bio in sintesi di Marta Bevilacqua
Danzatrice e coreografa, si forma
all’Accademia Isola Danza diretta da
Carolyn Carlson (Venezia, 2001), dal
1998 collabora stabilmente con la
Compagnia Arearea (Udine).
Consegue inoltre il Master in
Comunicazioni e Linguaggi non
Ve r b a l i , c o n u n a p r e d i l e z i o n e
a l l ' i n d i r i z z o p e r f o r m a t i vo . H a
lavorato con compagnie di ricerca
come Adarte, Aldes, Balletto Civile,
Ersilia Danza, Naturalis Labor, TPO,
CSS Teatro stabile d'innovazione del
Friuli Venezia Giulia e dal 2002
i n s e g n a d a n z a c o n t e m p o ra n e a
all’Accademia d'Arte Drammatica Nico
Pepe di Udine. Ha coreografato
l'opera Orfeo ed Euridice di Gluck e
Bach (35° Festival della Valle d’Itria)
e creato numerose coreografie, tra
cui: trilogia Il Libro della Carne; Nec
Nec (premiato come seconda migliore
coreografia a Cortoindanza 2010 a
Cagliari e selezionato da Anticorpi
E x p l ò 2 0 11 ) ; O r g a n o n _
sull'ingombranza del pensiero
(Festival Equilibrio 2011 e finalista
Premio Equilibrio all'Auditorium Parco
della Musica a Roma). Negli ultimi
due anni prende parte ad importanti
progetti internazionali: Luoghi Comuni
(Lieux Publics) con la performance
Dafne_per una mitologia urbana;
Writing site by site in Graz
(piattaforma internazionale IN-SITU)
con la per f or mance Pant a Rei
(produzione Reggia della Venaria
Reale, Tor ino); Dance Channels
(piattaforma europea di sostegno a
nuovi coreografi tra Saragoza,
Manchester e Genova) con il progetto
Oltre La Luna. Con e per Valentina
Saggin crea Equivoco_versus Freud. Il
suo più recente lavoro Schnurrbart
i n d a g a l a fi g u r a d i F r i e d r i c h
Nietzsche attraverso gli occhi di Lou
Salomè.
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www.arearea.it
In alto nella foto
Nec Nec
(2011)
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A sinistra nella foto
Cercando Tina
(2011)
© Marco Pezzati
I Quaderni - Performance
pag. 7
Ed ora la parola ai nostri portavoce dall’estero
per scoprire cosa succede nel resto del mondo
In questo numero Daniela ha scelto per noi
FELIU GASULL i ALTISENT, compositor y guitarrista catalán.
Estudia guitarra en el Conservatoire de Musique de Genève y más
tarde, composición en Indiana University (EUA). Ha creado música para
todo tipo de formaciones, instrumentales y corales, sinfónicas y de
cámara, así como música para teatro, danza y cine. También ha
actuado por todo el mundo como solista y estrenando sus propias obras. Actualmente
combina la composición y la interpretación con la docencia en la Escola Superior de
Música de Catalunya (ESMUC).
La belleza no existe,
es solamente el reflejo
de nuestro fondo que
a través de la mente
convertimos en concepto.
Y que es nuestro fondo?
Quizás la palabra que más se acerca para definirlo
sea: amor.
No conozco otra forma
de vivirme en el arte,
ni de explicar la belleza
y a duras penas me acerco.
Solo lo consigo un poco
cuando detrás de las palabras,
o de los sonidos,
me acompaña la piel de gallina.
!
www.feliugasull.com
I Quaderni
nel mondo
(ES) Daniela De Marchi
Nel suo libro Lo Bello
e lo siniestro (1982), il
filosofo catalano
Eugenio Trias
( B a r c e l l o n a
1942-2013) sostiene
che “il sinistro è
condizione e limite
del bello”. Se il sinistro da un lato
contribuisce alla produzione
dell'effetto estetico, dall'altra lo
distrugge. Presente sotto forma di
assenza che non può essere svelata,
esso è cifra e fonte di potere
dell'opera d'arte: cifra del suo
mistero e fascino, fonte della sua
capacità di suggestione ed
eccitazione. Privato del sinistro, il
bello manca di forza e vitalità; di
contro, il sinistro distrugge l'effetto
del bello e ne costituisce il limite.
Come afferma Novalis, “la bellezza
è sempre un velo (ordinato)
attraverso il quale deve presentirsi il
caos.” L'esperienza estetica sta nel
fascino di questo limite, di questa
dialettica, di questa impossibilità.
www.danielademarchi.es
In questo numero Sergio ha scelto per noi
Paper Cinema. THE ODYSSEY.
It is hard to classify the work of the English company Paper Cinema. As
far as their staging of Homer’s The Odyssey at the Theatre Festival of
Campinas (São Paulo state) is concerned, the group of puppeteers,
designers and musicians onstage throughout the production
generated a performative idiom that had an interface with live animation, theatre and
music. Two performers floated and moved hand drawings to spin a yarn made up by
scenes projected on a
white screen. The black
and white illustrations
magically took the task of
portraying every event of
the epic poem edited for
this production. It was
remarkable what the
images, alongside an
original live score, could
achieve. Although the
pictures were chiefly
static, the puppeteers
moved them closer or
further away from the
camera’s lens, creating a
sense of perspective and
suggesting ambiance.
Sometimes the performance took on a trancelike feel, particularly the episode in the
Hades, for which the troupe used special effects, such as blurring the pinhole lenses to
intimate the thoughts of Odysseus’s mind.
For a peek of the show, check: http://vimeo.com/37968968
Official website:
www.papercinema.com
I Quaderni nel Mondo
(BR) Sergio Nunes Melo
Se è vero che la
Bellezza può salvare il
mondo, è anche vero
che può distruggerlo:
non a caso Elena è la
causa della Guerra di
Troia. Il legame tra la
Bellezza e il nostro
destino è perciò una lotta, ma tra
quali forze? Tra illusione e verità, io
direi. L’accostamento di Bellezza e
Verità come strumento di salvazione
è soprattutto una questione di
riscatto dall’impotenza umana nei
confronti del mistero dell’esistenza:
siccome è tipico dimenticare questa
condizione sfavorevole all’orgoglio di
padronanza del mondo, tocca
all’arte riaccendere una fiamma che
ci faccia da guida. Quando vedo
qualcosa come L’Odissea di Paper
Cinema, mi scatta dritto al cuore lo
sgomento per la pienezza di una
forza, che mi fa più consapevole dei
miei limiti. E se attraverso un’opera,
riesco ancora ad affermare il fuoco
sacro in me, c’è una ragione
provvidenziale per fare guerra a
chiunque provi a portarmi via la
musa, che dimensiona la voglia di
vivere.
pag. 8
I Quaderni di
Nuova Scena Antica
!
RIVISTA TRIMESTRALE
ANNO 6 N. 1 - MARZO 2014
!
IN QUESTO NUMERO
Hanno collaborato:
Daniela De Marchi (ES),
Sergio Nunes Melo (BR)
!
Desideriamo ringraziare:
Carla Asquini
Simone Movio
Marta Bevilacqua
!
ARTE
MUSICA
PERFORMANCE
!
Il prossimo appuntamento è per giugno 2014
con un nuovo numero de I QUADERNI.
Arrivederci!
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!
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I Quaderni di Nuova Scena Antica
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