francesco corteccia - Naxos Music Library

francesco corteccia
FIRENZE 1539
Musiche fatte nelle nozze dello illustrissimo duca di Firenze
il signor Cosimo de Medici et della illustrissima consorte sua mad. Leonora da Tolletto.
Centro de Musique Ancienne, Studio di Musica Rinascimentale, Schola “Jacopo da Bologna” dir: Gabriel Garrido
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Tactus Letteralmente “tocco”. Termine latino con cui, in epoca rinascimentale, si indicava quella
che oggi è detta battuta.
Literally “stroke” or “touch”. The Renaissance Latin term for what is now called a beat.
Buchstäblich “Schlag”. Begriff, mit dem in der Renaissance, ausgehend vom Lateinischen, das bezeichnet wurde, was heute Takt genannt wird.
Littéralement “coup”, “touchement”. Terme provenant du latin, par lequel on indiquait à
la Renaissance ce qu’aujourd’hui on appelle la mesure.
℗ 2009 © 1990
Tactus s.a.s. di Serafino Rossi & C.
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In copertina: A.Bronzino “Cosimo I in armatura” e ”Eleonora di Toledo”
Firenze, Galleria degli Uffizi (ph.Scala)
1a Edizione 1990
2a Edizione 1993
3a Edizione 1999
4a Edizione 2000
5a Edizione 2003
6a Edizione 2004
7a Edizione 2009
Tecnico del Suono: Roberto Meo e Paul Dery
Direzione artistica: Paul Dery e Sigrid Lee
Computer Design: Tactus s.a.s.
Stampa: KDG Italia s.r.l.
L’Editore è a disposizione degli aventi diritto.
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Durante il XV e il XVI secolo, fu pratica comune, non solo in Italia ma anche in Borgogna e in
Spagna, quella di inframmezzare con intermedi musicali le rappresentazioni teatrali, le processioni,
i tornei, i banchetti ed altre festività. Questi avvenimenti potevano svolgersi sotto il patrocinio di
un Papa, un Cardinale, un Re, un Duca (come a Firenze nel 1539), o anche della municipalità, e
l’occasione stessa poteva essere rappresentata da un matrimonio (analogamente a quello di Firenze),
un fidanzamento, un’alleanza politica, oppure dall’arrivo di un visitatore importante nella città. Fu
soprattutto in occasioni di visite ufficiali che gli intermedi furono inseriti in banchetti e processioni.
Nel 1473, per esempio, quando Eleonora d’Aragona, la sposa di Ercole I d’Este Duca di Ferrara,
passò per Roma durante il suo viaggio verso nord, fu ricevuta con un fastoso banchetto dal Papa Sisto
IV (fondatore della Cappella Sistina) e da suo nipote Pietro Riario (cardinale delle abitudini mondane,
che furono le probabili ispiratrici di un piano di riforma curiale dopo la morte di Riario, con la proposta: “Poiché i banchetti dati dai Signori Cardinali sovramenzionati sono fonte di scandalo, stabiliamo
e comandiamo che d’ora in poi .... siano condotti con sobrietà e moderazione .... a tavola, si leggano
testi sacri .... che non ci sia musica, ne canzoni profane, ne favole recitate”).
In uno degli intermedi presentati ad Eleonora nel 1473, il Dio Orfeo compariva con la sua lira,
inizialmente nascosto dietro la ruota di un pavone; é uno dei primi esempi di due ingredienti comuni
nella tradizione degli intermedi: primo fra tutti l’esaltazione dell’elemento spettacolare (in questo
caso l’apparizione miracolosa di un protagonista scoperto dietro il piumaggio) e, in secondo luogo,
il riferimento palese alle Metamorfosi di Ovidio, fonte ispiratrice per eccellenza di molti intermedi e
delle prime opere. L’evocazione di “meraviglia”, che spesso rifletteva la magnanimità e l’erudizione
del principe, era un aspetto fondamentale di una forma artistica legata, almeno in Italia, quasi esclusivamente alla società di corte. E fu a un’altra corte dell’Italia settentrionale - quella dei Gonzaga a
Mantova - che il tema ovidiano d’Orfeo venne nuovamente inserito, per la realizzazione de La Fabula
di Orfeo, di Angelo Poliziano ivi rappresentata nel 1480. La musica di questo Orfeo è andata persa,
ma l’opera combina gli interessi letterari e musicali dell’autore in modo fantasioso e molto personale
tramite l’inserimento di canzoni, fra cui un lamento, una serenata e un brano corale a conclusione.
Questo modello ebbe grande fortuna, e in riferimento alla storia della musica e dell’opera gli intermedi più importanti furono quelli eseguiti per incorniciare gli atti di rappresentazioni teatrali. All’epoca,
una commedia o una tragedia era di solito divisa in 5 atti, permettendo l’inserimento di 6 intermedi:
uno prima di ogni atto e il sesto alla fine del dramma. Durante il XVI secolo, questi gruppi di intermedi divennero talmente lunghi ed elaborati da arrivare a sommergere la commedia stessa che, dal punto
di vista dello spettatore, risultava così l’elemento meno interessante dello spettacolo. L’esordio degli
intermedi in Italia é legato é intimamente alle tradizioni teatrali delle corti settentrionali, in particolare
a quelle di Mantova e Ferrara, ma già dal terzo decennio del XVI secolo se ne possono trovare tracce
altrove, in particolar modo a Firenze. Per l’esecuzione nel 1525 della Sacra Rappresentazione Santa
Uliva, furono composti une serie di intermedi alcuni dei quali utilizzavano materiale ovidiano. Anche
questa musica non ci é pervenuta, mentre rimangono invece alcuni brani scritti per l’allestimento
de La Madragola di Macchiavelli con musica di Philippe Verdelot, compositore fiammingo allo1
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ra residente a Firenze e impiegato al Duomo. Lo stesso spettacolo si svolse a Faenza, benché le
composizioni letterarie e musicali dell’opera risentissero direttamente dell’esperienza fiorentina.
Simili in stile ai brani de La Mandragola sono le Canzone, sempre di Verdelot, scritte per la prima
esecuzione de La Clizia, ancora di Macchiavelli, presentata durante il carnevale del 1525; primo
esempio nella tradizione italiana di una commedia con intermedi. Dunque in entrambe le commedie
del Macchiavelli si inserì il nuovo genere madrigalistico che, nelle mani di Verdelot ed altri, risultava
essere in quegl’anni un fenomeno essenzialmente fiorentino. La funzione di questi intermedi era di
servire da commento agli avvenimenti inerenti alla commedia, un po‘ come per i cori nelle tragedie
classiche, introducendo così un senso di prospettiva temporale tramite l’evocazione di personaggi
provenienti da mondi ed epoche diversi da quelli della commedia stessa.
Queste novità daranno origine al primo grande spettacolo di corte della Firenze cinquecentesca: il
Commodo di Antonio Landi, eseguito in occasione delle nozze di Cosimo de’ Medici con Eleonora di
Toledo nel 1539. Lo spettacolo fu presentato, dopo un banchetto, al palazzo dei Medici in Via Larga
(ora Palazzo Riccardi) all’interno del secondo cortile che venne coperto per l’occasione da un “cielo”
di stoffa e adornato su tre lati con sontuosi arazzi. La commedia di Landi segue la forma convenzionale di 5 atti, per la quale furono ideati 7 intermedi, uno prime di ogni atto e due per l’epilogo.
Tutte le musiche degli intermedi sono opera di Francesco Corteccia, fiorentino di nascita e allora
direttore musicale alla chiesa dei Medici (San Lorenzo) e quindi, in pratica, maestro di cappella della
rinnovata dinastia della famiglia. Sebbene la musica di Corteccia sia ancora composta in uno stile
chiaramente madrigalistico, é evidente che le sonorità qui utilizzate sono di gran lunga più complesse di quelle impiegate negli intermedi precedenti, cominciando dalla canzone di Sileno nel quarto
intermedio sino al coro finale dei Baccanti nel settimo. Sileno, che canta il famoso soggetto ovidiano
dell’età dell’oro, é accompagnato da un solo strumento ad arco, mentre l’altro estremo dello spettro
sonoro é rappresentato dal coro bacchico del finale, dove otto voci cantano sulle parole: “Bacco,
Bacco, Evoé” (esattamente come l’aveva realizzato Poliziano nel suo finale del 1480) accompagnato
da altrettanti strumenti alcuni dei quali a fiato. Evidentemente il pubblico non si accontentava solo di
un clima di festosità spensierata (motivo dell’eterno richiamo a Bacco) ma esigeva anche convogliare
il massimo effetto, in senso crudamente sonoro, nell’ultimo brano.
E’ in dettagli come questi e in un testo come quello di Sileno, che paragona l’Età dell’Oro
dell’Antichità ai “Beati Anni d’Oro” del Duca Cosimo e della sua sposa, che si possono individuare le
origini della tradizione medicea dell’intermedio come strumento di potere politico di stato. Fu grazie
a questa tradizione, più che a qualsiasi altra, che l’intermedio arriverà a un livello musicale e tecnico
tale da renderlo importante artefice della nascita dell’opera.
Ian Fenlon
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The “intermedi” of Francesco Corteccia
During the fifteenth and sixteenth centuries it became a common practice, not only in Italy but also in
Burgundy and Spain, for musical intermedi to be used to punctuate stage-plays, processions, tournaments, banquets and other festivities. Such events may have been patronised by the Pope, a Cardinal,
a King, a Duke (as in Florence in 1539), or even by a Municipality.
And the occasion itself may have been a wedding (again as in Florence), a betrothal, a political alliance, or the entry of an important visitor to the city. It was particularly on the occasion of state visits
that intermedi were inserted into banquets and processions. In 1473 for example, when Eleonora of
Aragon, the bride of Duke Ercole I d’Este of Ferrara, passed through Rome on her way north, she was
entertained with a lavish banquet by Pope Sixtus IV (the founder of the Sistine Chapel) and his highliving nephew Cardinal Pietro Riario. (incidentally, it was no doubt occasions such as this one that
caused a plan for curial reform to be drawn up, after Riario’s death, which proposed that “because the
banquets given by the afore-mentioned lord cardinals give rise to scandal, we establish and command
that henceforth [they] ... be conducted with sobriety and moderation ... At Table, let sacred texts be
read ... let there be no music, no profane songs, no acted fables”).
In one of the several intermedi which were presented before Eleonora in 1473, the god Orpheus
appeared, with his lyre initially obscured behind the open tail of a peacock. The incident is an early
example of two common ingredients of the intermedio tradition, firstly an emphasis on spectable,
in this case the miraculous appearance of a protagonist who is discovered behind plumage, and
secondly a reliance on Ovid’s Metamorphoses, a standard source of many intermedi and early operas.
The evocation of “wonder”, which in turn often reflected upon the magnanimity and erudition of the
prince, was a fundamental aspect of an art form which, in Italy at least, was almost exclusively associated with courtly society. And it was at another North Italian court, that of the Gonzaga at Mantua,
that the Ovidian tale of Orpheus makes an important re-appearance in Angelo Poliziano’s play La
fabula d’Orfeo, performed in 1480.
The music for Orfeo is lost, but the work imaginatively combines the author’s literary and musical
interest in a highly individual way by introducing songs, including a lament, a serenade, and a choral
finale, into the body of the play. This model was highly influential, and in the history of music and of
opera the most important intermedi are those which were performed to frame the acts of spoken dramas. A comedy or tragedy of the time was customarily divided into five acts, and so could be performed with six intermedi, one before each act and then one at the end of the play. During the sixteenth
century, these groups of intermedi crew in size and elaboration so that they eventually overwhelmed
the play itself which, from the spectators point of view, now became the less remarkable element of
the performance. The early history of the intermedio in Italy is intimately bound up with theatrical
traditions at the Northern courts, particularly those of Mantua and Ferrara, but by the third decade of
the sixteenth century the practice can be traced elsewhere, notably in Florence.
For the performance of a sacred play, Santa Uliva, given there in 1525, a series of intermedi were
written some of which again make use of thematic material taken from Ovid.
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Again the music has not survived, but some of the pieces written for a performance of Macchiavelli’s
La Mandragola by Philippe Verdelot, a Flemish composer then resident in Florence and employed
at the Duomo, have come down to us. The performance itself was given in Faenza, but the literary
and musical components of the work come directly out of Florentine experience. Similar in style
to the Mandragola pieces are the canzone, also written by Verdelot, for the first performance of
Macchiavelli’s La Clizia, given during the carnival of 1525 and the first example in the Italian tradition of a comedy with intermedi.
Thus both these performances of Macchiavelli’s play incorporated the new madrigal genre which, in
the hands of Verdelot and others, was a largely Florentine phenomenon during these years. In terms
of function these intermedi commented on the events within the play almost in the manner of classical
choruses; in effect they introduced a sense of temporal perspective by incorporating characters from
a different world and time of the play itself.
These novelties lie behind the first of the great courtly spectacles of sixteenth-century Florence, the
performance of Antonio Landi’s Il Commodo given to celebrate the wedding of Cosimo de Medici
and Eleonora of Toledo in 1539. Following a banquet, the piece was given in the Medici Palace in
the Via Larga (now know as the Riccardi Palace), where the second courtyard had been covered with
a sky of tautly-stretched cloth and decked on three sides with rich tapestries. Landi’s play is cast in
the conventional form of five acts, and for it seven intermedi were devised, one before each act and
two to serve as an epilogue.
The music for all seven is the work of Francesco Corteccia, a native Florentine then in charge of the
music at the Medici church of San Lorenzo and so, in effect, maestro di cappella to the newly-restored
Medici dynasty. Although Corteccia’s music is still written in a recognisably madrigalian vein, it
is noticeable that the range of sonorities which he uses is greater than in any previous intermedio,
ranging from Silenu’s song in the fourth intermedio to the choral finale for the followers of Bacchus
in the seventh. Silenus, singing of the favourite Ovidian subject of the Golden Age, is given a solo
accompanied by a bowed string instrument, while at the other end of the acoustical spectrum is the
final Bacchic chorus (which uses the words “Bacco, Bacco, evoé” just as Poliziano had done in his
finale of 1480), performed by eight singers accompanied by eight instrumentalists including wind
instruments.
Quite clearly, the audience expected not only lavish hospitality (one of the reasons for the perennial
appeal of Bacchus), but also the greatest effect in terms of sheer sound in this final piece. In details
such as this, and the text of Silenu’s song wich parallels the Golden Age of antiquity and the “blessed
golden years” of Duke Cosimo and his bride, can be seen the origins of the Medicean tradition of the
intermedi as an instrument of statecraft. It was this tradition more than any other that was to bring
the intermedio to a degree of musical and technological sophistication that made it one of the most
important formative influences upon opera itself.
Ian Fenlon
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Les intermèdes de Francesco Corteccia
Pendant le XVième et le XVIième siècle l’habitude s’installa - non seulement en Italie mais aussi
en Bourgogne et en Espagne - d’utiliser des Intermèdes musicaux pour entrecouper des pièces de
théâtre, des processions, des tournois, des banquets et d’autres festivités. De tels événements pouvaient être patronnés par le Pape, un Cardinal, un Roi, un Duc (comme à Florence en 1539), ou même
par une ville, l’occasion même pouvait être un mariage (toujours à Florence), des fiançailles, une
alliance politique ou l’entrée d’un visiteur important dans la cité. Ce fut plus particulièrement lors
d’occasions comme des visites officielles que des intermèdes furent insérés dans des banquets et des
processions. En 1473 par exemple, lorsque Eléonore d’Aragon, la fiancée du Duc Ercole I d’Este de
Ferrare, traversa la ville de Rome faisant route vers le nord, fut entretenue en un fastueux banquet
offert par le Pape Sixte IV (fondateur de Chapelle Sixtine) et par son neveu dépensier le Cardinal
Pietro Riario (en passat, il est hors de doute que ce furent de telles occasions à causer une réforme
en vue d’”élever” la cour papale: on proposa après la mort de Riario, que “vu le scandale provoqué
lors des banquets donnés par les Seigneurs Cardinaux mentionnés plus haut, soit établi et ordonné
.... de faire ces banquets dans le futur avec sobriété et modération ... Que des textes sacrés soient
lus à table ..... et qu’il n’y ait point de musique, ni de chants profanes, ni de fables jouées). Dans un
des intermèdes présentés à Eléonore en 1473, le dieu Orphée fit apparition avec sa lyre, initialement
caché derrière un paon qui faisant la route. Le fait est un exemple ancien de deux ingrédients communs de la tradition des intermèdes: premièrement une emphase de l’élément spectaculaire - dans
ce cas l’apparition miraculeuse d’un protagoniste qui sera découvert derrière un plumage - et en
second lieu la fidélité aux Métamorphoses d’Ovide, une source standard de nombreux intermèdes
et des premiers opéras. L’évocation du “miracle”, qui reflétait souvent la magnanimité et l’érudition
du prince, était un aspect fondamental d’une forme artistique qui, du moins en Italie, était presque
exclusivement associée à la société des courtisans. Ce fut dans une autre cour de l’Italie septentrionale - en l’occurrence celle des Gonzague à Mantoue - que l’Histoire d’Ovide “Orphée” fit
une importante réapparition dans la pièce La Fabula d’Orfeo d’Angelo Poliziano, montée en 1480.
La musique de cet Orfeo est perdue, mais l’oeuvre unit dans l’imagination les intérêt littéraires et
musicaux de l’ auteur d’une façon hautement individuelle en introduisant des chants comportant un
lamento, une sérénade et un choeur final dans l’ensemble de la pièce. Ce modèle eut une influence
énorme et à travers l’histoire de la musique et de l’opéra, les intermèdes les plus importants étaient
ceux qui furent exécutés pour encadrer les actes de drames parlés. Une comédie ou une tragédie de
l’époque était habituellement divisée en cinq actes; six intermèdes pouvaient donc être intercalés:
un avant chaque acte et le dernier à la fin de la pièce. Au seizième siècle ces groupes d’intermèdes
devinrent de plus en plus longs et élaborés de sorte qu’ils finirent par envahir la pièce même qui, du
point de vue du spectateur devint la partie la moins intéressante du spectacle. L’essor de l’intermède
en Italie est intimement lié aux traditions théâtrales des cours septentrionales, en particulier à celles
de Mantoue et de Ferrare. Cependant, vers la troisième décennie du XVIième siècle, cette pratique
se développera ailleurs, notamment à Florence. Une série d’intermèdes, dont certains utilisent du
matériel thématique emprunté à Ovide, fut écrite pour un spectacle sacré, la Santa Uliva, donnée
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en 1525. Une fois de plus, la musique ne nous est pas parvenue, par contre, on possède la musique
écrite pour la représentation de La Madragola de Macchiavelli par Philippe Verdelot, compositeur
flamand résident à Florence et employé au Dôme. Le spectacle même fut monté à Faenza, bien que
les composantes littéraires et musicales de l’oeuvre dénotent directement de l’expérience florentine.
D’un style assez similaire aux pièces de La Mandragola sont les Canzone (elles aussi de Verdelot)
pour la première de La Clizia de Macchiavelli représentée au Carnaval de 1525. C’est le premier
exemple d’une comédie avec intermèdes dans la tradition italienne. Cela dit, ces deux représentations de pièces de Macchiavelli contenaient le nouveau genre du madrigal qui, dans les mains de
Verdelot et d’autres, fut à cette époque, un phénomène essentiellement florentin. En ce qui concerne
leur fonction, ces intermèdes fournissaient un commentaire sur les événements de la pièce, un peu
comme les choeurs dans les tragédies classiques: ils introduisirent en fait une espèce de perspective
temporelle en insérant des personnages d’un autre monde et d’une autre époque que ceux de la pièce
même. Ces nouveautés formaient une base pour le premier grand spectacle à Florence au XVIième
siècle, c’est-à-dire de la représentation de Il Commodo de Antonio Landi fait à l’occasion des noces
de Cosimo de’ Medici et d’Eléonore de Tolède en 1539. Après un banquet la pièce fut montée au
Palais Médicis à la Via Larga (aujourd’hui connu sous le nom de Palais Medici-Riccardi) dont la
seconde cour intérieure fut recouverte d’un “ciel” de tissu fort tendu et trois parois furent couvertes
de riches tapisseries. La pièce de Landi accuse la forme conventionnelle de cinq actes pour lesquels
sept intermèdes furent créés: un avant chaque acte et deux en guise d’épilogue. La musique des sept
intermèdes fut composée par Francesco Corteccia, florentin de naissance et employé à l’église des
Médicis (San Lorenzo) et par conséquent il fut le Maestro di cappella de la dynastie à peine restaurée
des Médicis. Bien que la musique de Corteccia soit composée dans le style du madrigal, on remarquera que l’ampleur sonore dont il se sert est beaucoup plus vaste que dans n’importe quel intermède
plus ancien, allant du chant de Silène dans la 4ième intermède de jusqu’au choeur final de Bacchus
et de sa suite dans la septième. Un seul instrument à cordes accompagne Silène qui chante le sujet
ovidien favori de l’Age d’Or alors que de l’autre côté du spectre acoustique il y a le choeur dedié
à Bacchus (ou l’on retrouve les paroles “Bacco, Bacco, evoé” comme l’avait fait Poliziano dans sa
finale en 1480) exécuté par huit chanteurs et huit instrumentistes (dont certains jouent des instruments à vent). Bien évidemment, le public ne s’attendait pas seulement à une hospitalité dépensière
(une des raisons pour laquelle on rencontre l’éternel appel à Bacchus), mais aussi à un grand effet de
sonorité crue dans la pièce finale. C’est dans des détails comme ceux-là et dans le texte du chant de
Silène qui accuse des parallélismes avec l’Age d’Or de l’Antiquité et avec “les années dorées” du
Duc Cosimo et de sa fiancée, que l’on peut voir l’origine de la tradition des intermèdes des Médicis
comme un instrument du pouvoir de l’état. Plus que toute autre, cette tradition portera l’intermède à
un tel degré de sophistication musicale et technologique qu’il deviendra une des influences les plus
importantes pour la formation de l’opéra.
Ian Fenlon
(Traduction: Marc Vanscheeuwijck)
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1) Ingredere
a otto voci di Francesco Corteccia cantato sopra l‘arco
del portone della porta al prato da vintiquatro voci da
una banda, et da l‘altra da quatro tromboni, et quatro
cornetti nella entrata della Illustrissima Duchessa
LA MUSICA DEL BANCHE‘ITO
(Testi di G. B. Gelli)
3) Sacro et santo Himeneo
a nove voci di Franc, Corteccia cantato dalle muse con le
sette seguenti canzonette il giorno dei convito.
Ingredere fœlicis, auspiciis urbem tuam Helionora
Ac optimae prolis fœcunda ita domi similem patri
Foris avo sobolem producas ut Mediceo nomini
Eiusque devotiss. civibus securitatem præste æternam
Sacro & santo Hymeneo,
Il Ciel ti cbiama, Arno ti pregba, & Flora
Alle Noze di COSMO & LEONORA:
Vien dunque ò dolce Dio,
Vieni Hymeneo, ò Hymeneo, Io.
Vien destato bene, al santo offitio,
Prendi la face, el velo,
Che l’un’accenda, & l’altro copra Amore
Fa segno hoggi col Cielo
Che te lieto dimostri, & sì propitio
Che dentro ad ambi duoi si regga un Core.
Celeste alto vapore
Al tuo sa nto spirar quinci esca fuora
Amor lascivo, et Neinesi, & Pandora.
Vien dunque ò dolce Dio
O Hymeneo, Hymeneo Io.
Deh porgi al Ciel, è a lor tua dolce aita;
Onde Pianta rinasca
Simile al tronco Avito, ornata & rara
All’ombra cui si pasca
Et Arno, & Flora in piu quieta vita;
Dolce appagando ogni lor doglia amara.
Fate gelosi à gara
Chi di più alta Prole orna & ristora
Quella stirpe, che’l Cielo, e’l mondo bonora.
Vien dunque, à dolce Dio
Vien Hymeneo, ò Hymeneo, Io.
Voci I: Maria Cristina Kiehr, Nadia Ragni, Miti
Amari,
Voci II: Marie-Laure Trystram, Donatella Triolo,
Claire-Lise Stehlé,
Voci III: Gloria Moretti, Fiorella Pratelli, Luisa
Migliorino,
Voci IV: Picci Ferrari, Elisabetta Dalla Valle,
Letizia Verzellesi
Voci V: Francesca Giarioi, Claudio Cavina,
Maurizio Maiorana,
Voci VI: Fortunata Prinzivalli, Marco Beasley,
Pietro Valguarnera,
Voci VII: Ariel Aczue, Maurizio Casciola, Willem
de Waal,
Voci VIII: Alberto Scaltriti, Salvo Pappalardo,
Daniele Ficola
Cornetti: Paolo Fanciullacci, Robert Ischer, Patrick
Lehmann, Claudio Mandonico
Tromboni: Luca Bonvini, Sophie de Dixmucle,
Sergio Negretti, Franz Bóttger
2) Pass‘e mezzo
Viole: Reneé Stock, Humberto Orellana, Remo
Guerrini, Ricardo Massun.
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soprani: Maria Cristina Kiehr, Miti Amari, MarieLaure Trystram; alti: Picci Ferrari, Claudio Cavina,
Marco Beasley; tenore: Pietro Valguarnera; bassi:
Ariel Azcue, Willem de Waal.
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Lieta per honorarte,
Ecco signor’la nobil Pisa antica:
El ch’io ti sono amica
Non men che serva, bramo hor’di mostrarte.
Queste Nynfe che meco hò, la cura hanno
De miei cari vicinìQuesti son Dei Marini,’
Che securo il Tyrren’ solcar’ ne fanno:
Et per letitia il più che ponno & sanno
Di tue Noze felici,
Pregan’cbe vi sien’ sempre i Celi amici.
Et prompti siam’(com’hor si vede) à darte
Di quel, che può ciascun, più larga parte.
Ribecco: Maria Cristina Kiehr,
Cornetta: Robert Ischer,
Piffero: Jórg Fiedler,
Flauto: Daniele Ficola,
Dulzaina: Alain Sobczak,
Liuto: Paolo Rigano,
Trombone: Luca Bonvini,
Storta: Roberto Festa,
Violone: Caroline Howald.
4) Fiorenza
a quatro voci di Constantio Festa
soprani: Picci Ferrari, Donatella Triolo; alti: Letizia
Verzellesi, Luisa Migliorino, Fortunata Prinzivalli,
Claudio Cavina; basso: Salvo Pappalardo
Più che mai vaga & bella
Ardendo in dolce spene
COSMO, Flora hoggi viene
Ad honorarti come fida Ancella.
Flora la bella che sicura posa
All’ombra tua quieta,
Hoggi piu che mai lieta
Della novella sposa
Rende al Ciel gratie, et à te sommo honore:
Et l’eterno motore
Prega con humil core,
Che di voi sorga anchor’tal Prole, ch’ella
Al Ciel’col suo valore
S’alzi per fama sovr’ogn’altra stella.
6) Volterra
a cinque voci di Io. Petrus Masacconus
Ecco Signor’ Vo1terra;
Ecco le Ninfe mie ch ad hora ad hora
Gareggiano à chi più v’ama, & vi honora.
De vostre Noze allegre un sì bel giorno
V’apron’ lor ricche vene;
Et ne dan’ ciochè lhanno entro ed intorno.
Et questa, che si saggia et lieta viene
Pien’del.tuo, bianco sal’ ne porge il corno.
Et con sicura spene
Prega ciascuna il Cielo, et sempre adora,
Ch’eterno viva COSMO & LEONORA.
soprani: Nadia Ragni, Marie-Laure Trystrain; alto:
Francesca Giarini; tenori: Claudio Cavina, Marco
Beasley, Pietro Valguarnera, Maurizio Maiorana,
Willern de Waal;
Arpa: Perla Manfrè; Liuto: Paolo Rigano.
5) Pisa
a quatro voci di Ser Matthio Rampollini
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soprano: María Cristina Kiehr; alti: Fortunata
Prinzivalli, Letizia Verzellesi; tenore: Willem de
Waal; basso: Ariel Azcue
Viole: Renée Stock, Caroline Howald, Frederike
Daúblin, Remo Guerrini, Humberto Orellana;
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7) Arezzo
a quatro voci di Costanzo Festa
9) Pistoia
a quatro voci di Ser Matthio Rampolini
Come lieta si mostra
Di cosi bella sposa, Arezo vostra
Quant’hogg’io colma sia d’amore & speme
Di Nodo si felice,
Con le mie Nynfe insieme,
Cantando appena dimostrar’ne lice.
Ogni sorte infelice
Sia da voi lunge, ò bella coppia et cara:
Che in vostra luce chiara
Spenam’secure haver’la vita nostra
Ecco la fida Ancella,
Che stanca un tempo da si ria tempesta
(Tua mercè) fuor dell’onde alza la testa.
O pietoso Nettuno, e saggio Dio,
Che co’l tuo bel tridente,
Fra cosi altera gente,
Fatto hai queto ogni affetto acerbo, et rio:
Siati accetto il desio,
Ch’assai vince il saver di ringratiarte,
Et di sempre honorarte,
Con la tua sposa, et mia secura stella.
alto: Fortunata Prinzivalli; tenore: Pietro
Valguarnera;
bassi: Fulvio Bettini, Salvo Pappalardo.
Traverso:diminuzioni di Dario Lo Cicero
soprano: Miti Amari, alto: Fortunata Prinzivalli,
tenore: Pietro Valguarnera, basso: Willem de Waal.
Traversi:.Dario Lo Cicero, Nicole Journot;
Tromboni: Luca Bonvini, Sophie de Dixmucle;
Arpa: Perla Manfrè, Liuto: Paolo Rigano.
8) Cortona
a quatro voci di Baccio Moschini
10) Il Tevero
a cinque voci di Baccio Moschini
Non men’ch’ogn’altra, lieta hoggi Cortona
COSMO le sante Noze
Antico Amor’ad honorar’ne sprona.
Ma come potrò mai con le parole
Mostrarti à pieno il Core?
Et far’ quanto d’honore
Desio ne scorge à cosi bella Prole?
Prendi dunque il desio, prendil’Signore,
Che non piccolo è il don’,di chi’l Cor’dona.
Ecco Signore il Tebro,
Ecco il Tebro, Signora,
Ad honorarvi,COSMO & LEONORA.
Se la mia nobil figlia
A quanto gira il sol con la sua spera
Pose il freno & la briglia
Questa, cbe di lei nacque, per voi spera
Non men’ di lei, di riccbe spoglie ornarse:
Et superba et altèra
Sovra l’altre innalzarse:
Onde al pari del Tebro, et Roma, ancora
Vada la fama al Ciel’d’Arno et di Flora.
soprano: Gloria Moretti, alto: Claudio Cavina,
tenore: Marco Beasley, basso: Fulvio Bettini.
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GLI INTERMEDI
Musicha della comedia di Franc. Corteccia recitata al secondo convito.
(Testi di C. B. Strozzi)
soprani: Maríe-Laure Trystrarn, Nadia Ragni;
alto: Francesca Giarini; tenore: Marco Beasley;
basso: Ariel Azcue.
Cornetto: Patrick Lehmann; Tromboni: Luca
Bonvini, Frank Bóttger; Liuti:Silvio Natoli, Paolo
Rigano;
viola: Renée Stock; Traverso: Nicole Journot,
Cembalo: Basilio Timpanaro
15) Aurora
a quatro voci cantata dall’aurora,
et sonata con un grave cimbolo con organetti et
con varii registri per principio della comedia
11) Le forze d’Ercole
Bombarde: Marco Ferrari, Dante Bernardi, Pier
Gabriele Callegari; Trombone: Luca Bonvini.
Vattene Almo riposo, ecco chìo torno
Et ne rimeno ilgiorno.
Levate berbette &fronde
Et vestitevi Piaggie et Arbuscellì
Uscite, à Fastorelli,*
Uscite ò Nyinfie bionde
Fuor del bel nido addorno,
12) La Morte de la Ragione
Viole: Renée Stock, Humberto Orellana, Remo
Guerrini, Ricardo Massun; Flauti: Gabriel Carrido,
Giovanni Antonini, Marcos Volonterio, Roberto
Festa; Liuti: Roberto Cascio, Sebastiano Scollo.
Ogn’un’si svegli& muova al mio ritorno.
13) Su l’herba fresca
Flauti: Gabriel Garrido, Giovanni Antonini,
Marcos Volonterio, Roberto Festa.
soprano: Maria Cristina Kiehr
Flauto: Christine Nusslé, Cembalo: Maria Rosaria
Falcone
Organo: Basilio Timpanaro, Arpa:Perla Manfré.
14) La Pisanella
16) I pastori
a sei voci cantata a la fine del primo atto
da sei pastori, et dipoi ricantata da detti et sonata
insieme da sei altri pastori con le storte.
Viole: Renée Stock, Humberto Orellana, Remo
Guerrini, Ricardo Massun; Flauti: Gabriel
Garrido,GiovanniAntonini,
Marcos Volonterio, Roberto Festa, Liuti: Roberto
Cascio, Sebastiano Scollo
Guardane Almo Pastore
Delle sempreftotite herbose rive..
Et le gran fiamme estive
Temprane boggì,’ eIgrunfoco, elfero
ardore,
Altro da farti bonore
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Hor volianne al’ombra.
Nulla Habbiam’noi, che dolcistati..
Et queste voci sole.
Odile ci biondo Apollo,
odile ò Sole
Ma care greggi hor via pe li verdi prati
A bei Ruscelli amati.
Marie-Laure Trystram
Nadia Ragni
Maria Cristina Kiehr
Traversi: Darío Lo Cicero
Nicole Journot
jórg Fiedier
Litar
Paolo Rigano
Sebastiano Scollo
Silvio Natoli
a Claudio Cavina, t -Pietro Valguamera
t Maurizio Casciola, t - Marco Beasley,
b Willem de Waal, b Salvo Pappalardo
Cromorni: Roberto Festa
Patrick Lehmann
Nicole Journot
Christine Nusslé
Ariel Azcue
Alain Sobczak
18) Sileno
a quatro voci sonata a la fine del terzo atto
da Sileno con un violone sonando tutte le parti
0 begli Anni del Oro, ò secol divo:
Alhor non Rastro, ò Falce, albor non era
Visco, ne lacio; et nol rio ferro, c’l tosco;
Ma sen giá puro latte il fresco vivo; Mel’sudavan’l
è querce; Ivano à schiera
Nymfe insieme et Pastori, al chiaro è fosco.
0 begli anni del Or, vedrovvi io mai?
Tornagli à nuovo sol tornagli homai
17) Le Syrene
a sei voci cantata a la fine del secondo atto
da tre sirene, et da tre monstri marini sonata con
tre traverse, et da tre Ninfe marine con tre liuti
tutti insieme
Chi ne l’ha tolta ohyme?
Chi ne huconde?
Et deb chi ne la mostra
La bella Donna nostra?
Ma come scherzan’lìmàe,
Et ridon’l l’erbe e ifior ridon le fronde
Là in queldolce seren’dì Paradiso?
i - Fulvio Bettini
Violone: Renée Stock
19) Le ninphe
a quatro voci cantata a la fine dil quarto atto
da otto ninphe cacciatrici
Ivi è certo il bel viso Etpurgratia & dolceza &pace
infonde.
0 sempre Arno tranquillo, herbose sponde,
E chi piu gioia ingombra?
Hor chi mai canterà, se non canta hoggi,
Che di sì care prede
Carche, moviamo il Piede?
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Bacco, Bacco E U 0 E
0 del frondoso bosco;
0 delle tenebre herbc
Et voi tutte altre vaghe Nynphe accerbe
Del bel Paese Tosco,
Venite à cantar’nosco:
Et cantando n’andian’ la bella Dívá~
Anzi il bel Sol, che in sù la fresca riva
Del suo dolce Arno siede;
Et ben’ n’ ascolta, & vede.
Bacco, Bacco E U 0 E
Bacco, Bacco E U E U
soprani: Claire-Lise Stehlé, Maria Cristina Kiehr;
alti: Fiorella Pratelli, Luisa Migliorino;
tenori: Maurizio Maiorana, Maurizio Casciola;
bassi: Ariel Azcue, Salvo Pappalardo.
soprani: Miti Amari, Nadia Ragni, Donatella
Triolo, Claire-Lise Stehlé, Picci Ferrari, Maria
Cristina Kiehr;
alti: Fortunata Prinzívalli, Claudio Cavina
Zufolo: Roberto Festa;
Cornetta d.: Patrick Lchmann;
Ribecchino: Maria Cristina Kichr;
Cornetta s.: Robert Ischer
Storte: Alain Sobczak, Christine Nusslé;
Tromba: Luca Bonvini;
Arpa: Perla Manfré
20) La Notte
La notte cantata alla fine del quinto atto dalla
notte, et sonata con quatro tromboni
Vienten ‘almo riposo: ecco ch’io torno;
Et ne discaccio ilgiorno.
Posate herbette & fronde.
Et spogliatevi piaggie & arbuscelli;
Entrate, ò Pastorelli,
Entrate, ò Nymfe bionde,
Entro al bel nido adorno:
Ogn’un s’adagi & dorma al mio ritorno.
alto: Francesca Giarini
Tromboni: Luca Bonvini, Sophie de Dixmude,
Frank Bóttger, Sergio Negretti
21) Ballo di satiri et baccante
cantata et ballata da quatro Baccante et quatro
satiri, et sonata da altri otto satiri, con varij strumenti tutti ad un tempo, la quale subito dopo la
notte fu la fine della comedia.
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DDD
TC 500301
℗ 2009
Made in Italy
Francesco
corteccia
(1502-1571)
FIRENZE 1539
Musiche fatte nelle nozze dello illustrissimo duca di Firenze il signor Cosimo
de Medici et della illustrissima consorte sua mad. Leonora da Tolletto
Ingredere F. Corteccia
Pass’e mezzo
La Musica del Banchetto
Sacro et santo Himeneo F. Corteccia
Fiorenza C. Festa
2 Pisa
M. Rampollini
Volterra P. Masacone
Arezzo
C. Festa Cortona
B.
Moschini 3
Pistoia M. Rampollini
Il Tevero B. Moschini
Le forze d’Hercole 1
3:09
1:16
3:46
2:15
2:05
4:17
1:34
1:32
2:15
2:12
1:35
La Morte della Ragione
Su l’herba fresca
La Pisanella
Gli intermedi di F. Corteccia
Aurora
5 I Pastori Le Syrene Sileno
Le ninphe
6
La Notte
Ballo di Satiri et baccante
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3:46
1:14
1:11
1:48
2:34
2:03
2:10
1:55
2:38
1:29
Total Time 00:46:56
Centre de Musique Ancienne di Ginevra
Studio di Musica Rinascimentale di Palermo
Schola “Jacopo da Bologna”
direzione musicale : Gabriel Garrido
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