UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SASSARI DIPARTIMENTO DI AGRARIA _________________________ CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELLE PRODUZIONI ZOOTECNICHE Addestramento delle saccaie alla mungitura meccanica Relatore: Prof. Salvatore Pier Giacomo Rassu Correlatore: Dott. Piero Bonelli Tesi di laurea di: Manca Elisabetta ANNO ACCADEMICO 2012-2013 Indice 1.L’ALLEVAMENTO OVINO IN SARDEGNA pg 3 2.MANAGEMENT E STRESS NEGLI OVINI pg 7 2.1.Allattamento e svezzamento. pg 10 2.2.La Mungitura meccanica e lo stress sugli animali. pg. 15 3.LA GESTIONE DELLE PECORE PRIMIPARE ALLA MUNGITURA. pg 21 4. MATERIALE E METODI. pg 27 4.1. Organizzazione della prova. pg 27 4.2. Rilievi sperimentali. pg 28 5 RISULTATI. pg 31 6 CONCLUSIONI. pg 41 7. BIBLIOGRAFIA. pg 43 2 1. L’ALLEVAMENTO OVINO IN SARDEGNA. L’allevamento degli ovini costituisce da millenni una risorsa fondamentale per l’economia di molti Paesi del mondo. I dati della FAO (www.fao.org) attestano che la consistenza di questa specie nel 2011 era pari a poco meno di 1,1 miliardi di capi, inferiore a quella bovina (1,4 miliardi di capi) e superiore a quella caprina (circa 0,9 miliardi di capi). Nell’Unione Europea il patrimonio ovino è concentrato soprattutto nell’EU settentrionale (circa 40 milioni di capi) e nell’EU meridionale nei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo (poco più di 42 milioni di capi) (www.fao.org), anche se nel primo caso si tratta principalmente di ovini da carne e nel secondo di ovini da latte. Il patrimonio ovino italiano è costituito da circa 7,3 milioni di capi concentrati soprattutto nel Sud Italia; del patrimonio nazionale poco meno di 3,3 milioni di capi (pari al 44%) sono allevati in Sardegna. Per quanto attiene all’indirizzo produttivo il 60% circa è rappresentato da razze specializzate per la produzione del latte, tra le quali la razza Sarda, che con oltre 4 milioni di capi è quella più rappresentata (www.statistiche.izs.it) e diffusa, in quanto oltre ad essere presente nell’Isola è allevata anche nel Lazio, in Toscana e nell’Umbria. Caratteristiche della razza ovina Sarda e ciclo produttivo. Gli ovini presenti in Sardegna, quasi tutti appartenenti alla razza Sarda, sono 3 allevati in poco più di 11 mila aziende (www.istat.it), con una consistenza media aziendale di circa 300 capi. La pecora Sarda è una razza rustica di taglia e mole media (45-50 kg nelle femmine e 65-75 kg nei maschi), con vello bianco (raramente compare il colore recessivo nero o marrone) di scarsa qualità; la testa è piccola ed acorne con profilo rettilineo ed orecchie grandi e laterali. E’ considerata una delle migliori razze ovine italiane da latte (nelle pluripare 210±50 litri in 180 giorni), grazie alla sua adattabilità a vivere e produrre buone quantità di latte, anche in ambienti difficili; essa è, infatti, frugale ed un'eccellente pascolatrice ed è caratterizzata da una ottima attitudine materna. In ambienti irrigui si presta a sistemi di allevamento semi intensivi, nei quali è possibile ottenere un elevato livello produttivo (oltre 300 kg/capo/lattazione). Pertanto, le produzioni di latte ottenibili sono estremamente variabili e dipendenti da diversi fattori, quali il livello di selezione, le condizioni ambientali e aziendali, il tipo di allevamento (estensivo o semi intensivo), le condizioni sanitarie del gregge, le capacità manageriali dell'allevatore ecc. Il sistema di allevamento più diffuso è quello semiestensivo basato principalmente sullo sfruttamento del pascolo naturale. In Sardegna sono, infatti, disponibili per il pascolo circa 1.212.231 ha, costituiti da pascoli veri e propri, incolti produttivi, superfici boschive non sottoposte 4 a vincolo forestale e seminativi non più coltivati (www.agri.istat.it, censimento 2010). Il ciclo produttivo della pecora allevata in Sardegna è ancora stagionale, in quanto come indicato in precedenza, è condizionato dalla disponibilità di pascolo, a sua volta condizionato dal clima tipicamente mediterraneo: estate calda e siccitosa ed inverno piovoso e mite. Nonostante la stagione ottimale per l’accoppiamento sia l’autunno, alle nostre latitudine il miglioramento delle condizioni alimentari ha consentito di ottenere due stagioni di monta. Quella principale delle pecore adulte, che coinvolge il 70-80% di esse, coincide con il periodo di fine primavera inizio estate (da maggio a luglio), in modo da ottenere i parti nella seconda metà della stagione autunnale, allo scopo di sfruttare per la lattazione sia la disponibilità di erba autunnale, ma soprattutto quella abbondante della primavera. Per le pecore adulte esiste anche una stagione di monta secondaria che coinvolge il 20-30% delle pecore che non rimangono gravide in quella principale che coincide con il periodo di fine estate-primo autunno, che comporta l’espletamento dei parti a fine inverno. Di norma, qualunque sia la stagione di monta la loro mandata in asciutta avviene a metà estate (fine Luglio). Per le agnelle (o saccaie) ossia le femmine da rimonta (20-25% delle femmine in età riproduttiva di norma selezionate fra quelle nate in 5 autunno) che raggiungono la maturità sessuale tra metà e fine estate all’età di circa 10 mesi, la stagione di monta è unica ed è concentrata tra agosto ed ottobre in modo da ottenere i parti nel periodo gennaio-marzo (Pulina et al., 2010): l’asciugamento di questa categoria di pecore avviene sempre contemporaneamente alle pecore pluripare. Qualunque sia l’epoca di parto il sistema di allattamento adottato dalla maggior parte degli allevatori e quello naturale, che ha una durata di circa 30 giorni per gli agnelli destinati al macello e di circa 45 giorni per i giovani destinati a costituire la rimonta. Il latte munto è destinato alla trasformazione casearia aziendale oppure industriale: attualmente sono presenti 60-70 impianti di trasformazione privati o cooperativi. 6 2. MANAGEMENT E STRESS NEGLI OVINI. L’intensivizzazione dei sistemi di allevamento, verificatosi negli ultimi 50 anni, ha comportato soprattutto l'uso di nuove tecnologie gestionali al fine di automatizzare il più possibile le operazioni aziendali, che hanno modificato in maniera sostanziale la zootecnia a livello mondiale. Nel corso del tempo gli animali, che sono i principali soggetti coinvolti in questo processo di trasformazione, hanno subito sul loro stato di benessere sia effetti positivi (migliore alimentazione, maggiori cure sanitarie, minori rischi di predatori, ecc.) che negativi (minori spazi a disposizione, minore libertà, minore durata di vita, ecc.) (Leotta, 2011). E’ noto, infatti, che qualsiasi condizione di disagio provoca sugli animali variazioni fisiologiche e comportamentali indicate genericamente come “Stress”, termine usato per la prima volta da H. Selye nel 1936, che può avere due diverse definizioni (www.equilibridinamici.it/): distress, o stress negativo, quando gli stimoli stressanti provocano un logorio progressivo fino alla rottura delle difese psicofisiche; eustress, o stress positivo, quando uno o più stimoli, anche di natura diversa, allenano la capacità di adattamento psicofisica individuale. Tuttavia, per qualsiasi animale, sia allo stato naturale che in condizioni di allevamento, è impensabile immaginare che esso possa trovarsi in condizioni di totale benessere, in quanto esso è soggetto a numerosi 7 potenziali fattori causa di stress (Figura 1), che possono comportare effetti negativi sulle sue performance produttive, sulle sue condizioni sanitarie e comportamentali. Allo stesso tempo, vivere in assenza di stress significherebbe per l’animale vivere in assenza di stimoli (Bertoni, 2001). cau se e c c e s si c lim a tic i d o lo r e paura a p p r e n s io n e m a n c a ta lib e r tà errori a lim e n t a r i a ltis s im a p r o d u z io n e ? S ta to d i m a le s s e r e st a to m a la ttia m a la ttie e n d o c r in o -m e ta b o lic h e im m u n o d e p r e s s io n e m in o r e p r o d u z io n e e q u a lità m in o r e fe r tilità c o m p o r ta m e n ti a n o m a li e ffe tti Figura 1. Potenziali cause di riduzione del benessere e conseguenze del mancato adattamento (Bertoni e Calamari, 2005). Gli ovini, analogamente alle altre specie di interesse zootecnico, possono essere soggetti a stati d’ansia, paura o frustrazione dovuti ad errori nelle operazioni di allevamento (cattiva gestione delle condizioni ambientali o 8 un inadeguato atteggiamento dell’operatore), o manifestare atteggiamenti di scarsa adattabilità quando sono obbligati a vivere in ambienti confinati (Caroprese, 2008). Anche se la maggior parte degli allevamenti ovini da latte adotta di norma sistemi di allevamento basati sullo sfruttamento diretto del pascolo (semi-estensivo o semi-intensivo), con i quali gli animali godono di ampia libertà, ad essi sono spesso associate tecniche di allevamento intensive (come la mungitura meccanica e l’integrazione alimentare) o pratiche di allevamento come la tosatura, la spuntatura delle unghie, l’accorciamento della coda, ecc. che possono indurre sugli animali sensazioni più o meno negative o spiacevoli. Ne deriva che anche nell’allevamento ovino l’interazione uomo/animale è intensa, costante ed in grado quindi di influenzarne il suo stato di benessere; infatti, l’animale può percepire l’interazione con l’uomo in diversi modi: presenza visiva, movimento tra gli animali senza contatto fisico ma con interazione vocale, contato fisico, somministrazione degli alimenti (comportamento remunerativo) e atteggiamento invasivo, cioè cattivo maneggiamento degli animali (Waiblinger et al., 2006). Pertanto, se in un allevamento gli animali restano calmi e si fanno maneggiare da persone non familiari, è intuibile che l’allevatore abbia adottato nei loro confronti un comportamento gentile e amichevole; allo stesso tempo è facile ipotizzare che se un allevatore urla e colpisce gli 9 animali, le pecore scappano anche quando una persona non familiare si avvicina ad esse (Biancifiori, 2010). In sintesi gli stati di malessere causati da stress derivanti cattiva gestione possono provocare modificazioni nel comportamento, ma soprattutto possono condizionare negativamente la risposta degli animali in termini di performance produttive, con conseguenti perdite economiche. Tra i fattori gestionali che più di tutti possono influenzare il livello di benessere degli ovini l’allattamento/svezzamento possono per gli essere animali giovani considerati destinati all’allevamento e la mungitura per le pecore in produzione. 2.1. Allattamento e svezzamento. Negli animali giovani la somministrazione degli alimenti è sicuramente uno stimolo positivo che facilita e migliora il livello di confidenza con l’uomo, in quanto facilita la formazione di un’interazione positiva con esso; tuttavia, questa sembra essere ridotta se il contatto avviene in presenza della madre, anche quando l’alimentazione è fornita dall’uomo (Boivin et al., 2002). Gli agnelli allattati manualmente stanno più tempo vicino all’uomo, hanno una minore attività motoria e belano meno rispetto agli agnelli che hanno un minore contatto con esso: questo comportamento è evidente 10 anche a distanza di 7 settimane dallo svezzamento (Boivin et al., 2000). E’ stato osservato anche che la sola presenza dell’uomo non è sufficiente per stabilire una relazione positiva, ma è necessario sia il contatto fisico (maneggiamento degli animali) che una interazione vocale (Tallet et al., 2005). Il primo periodo di allattamento è sicuramente una fase critica in quanto è quello durante il quale si stabilisce il legame pecora/agnello; questo rapporto è particolarmente importante nei primi giorni post parto, quando si stabiliscono le condizioni per il reciproco riconoscimento. A tal proposito è stato osservato che il temperamento della pecora sembra essere in grado di influenzare le caratteristiche qualitative del colostro (Hart et al., 2009), in quanto le pecore calme forniscono un colostro con un maggiore contenuto in IgG, garantendo alla prole una maggiore probabilità di sopravvivenza nel periodo neonatale, grazie alla migliore immunità passiva acquisita dagli agnelli. La separazione precoce degli agnelli (2 giorni di età) ed il loro allattamento artificiale determina un minore accrescimento, maggiori livelli di cortisolo ed una peggiore risposta immunitaria rispetto agli agnelli separati ad una maggiore età (15 e 28 giorni) (Napolitano et al., 1995). La separazione temporanea degli agnelli dalle madri durante l’allattamento per 1h/d e per una settimana (Simitzis et al., 2012) dal 11 13° al 20° giorno (S1), oppure dal 20° al 27° (S2) non sembra pregiudicare le loro capacità di crescita, né il loro comportamento dopo lo svezzamento (effettuato a 45 giorni di età). Allo stesso tempo anche le pecore sembrano adattarsi nell’arco di 3 giorni alla separazione temporanea ripetuta durante l’allattamento; infatti, non sono state osservate differenze nel contenuto in cortisolo, in leucociti, in prolattina ed in ß-endorfine rispetto alle pecore che stavano sempre con i propri agnelli (Cockram et al., 1993). La gestione del binomio pecora/agnello è importantissima in quanto può influenzare la produzione quanti-qualitativa di latte delle pecore; infatti, McKusick et al (2001), osservò che la mungitura giornaliera delle pecore dopo 15h/d di separazione dell’agnello, che veniva allattato soltanto per 9h/d, consentiva di produrre meno latte (con un minore contenuto in grasso) rispetto alle pecore a cui erano stati allontanati gli agnelli dopo il parto, ma più latte rispetto alle pecore che, invece, avevano sempre l’agnello al seguito sino allo svezzamento. Per contro gli agnelli allattati artificialmente subito dopo il parto presentavano performance di crescita inferiori, rispetto a quelli allattati per 9h/d, oppure allattati permanentemente dalle madri sino allo svezzamento. Dikmen et al. (2007) in una prova analoga, osservarono che le pecore munte (una volta al giorno) ed allattanti (MIX), producevano anche dopo lo svezzamento più latte, con lo stesso contenuto in grasso, delle pecore 12 che in allattamento non venivano munte (DY 60). Durante il periodo di allattamento il contenuto in grasso del latte delle pecore MIX era circa la metà di quello contenuto nel latte dopo lo svezzamento, a causa dello stress da separazione giornaliera. I pesi e gli accrescimenti degli agnelli non erano statisticamente diversi sia prima che dopo lo svezzamento, anche se quelli dei soggetti che stavano permanentemente con le madri erano tendenzialmente maggiori. Lo svezzamento — passaggio dall’alimentazione lattea a quella solida — normalmente ha maggiori ripercussioni negative quando gli agnelli sono allattati naturalmente dalle madri. Negli allevamenti ovini da latte le tecniche di svezzamento adottate sono essenzialmente di due tipi: graduale oppure brusco. Il primo implica l’addestramento degli agnelli all’utilizzo di alimenti solidi in associazione all’assunzione di latte; tale obiettivo viene raggiunto: • in condizioni di allattamento naturale, aumentando progressivamente le ore di separazione del redo dalla madre e mettendo a disposizione alimenti solidi adeguati (fieno e concentrati altamente digeribili); • in condizioni di allattamento artificiale, riducendo la quantità di latte somministrato e mettendo a disposizione gli alimenti solidi. La seconda tecnica, quella dello svezzamento brusco, non prevede nessuna forma di addestramento agli alimenti solidi, ma semplicemente si separa il binomio pecora/agnello quando quest’ultimo ha raggiunto 13 un’età che gli consente di ingerire ed utilizzare una sufficiente quantità di alimenti. Comunque venga praticato lo svezzamento è sicuramente causa di stress per l’agnello, ma anche per la pecora quando allatta naturalmente. Orgeur et al. (1998), su agnelli svezzati a 3 mesi di età con due diverse tecniche hanno rilevato che le pecore alle quali gli agnelli erano stati allontanati bruscamente avevano un maggiore contenuto in leucociti il giorno successivo alla separazione, ma nessuna differenza nei livelli di cortisolo. Nello stress da separazione ha sicuramente grande importanza l’età dell’agnello, in quanto il suo legame con la madre tende ad affievolirsi con l’avanzare dell’età. Galeana et al. (2007), infatti, osservando il binomio pecora/agnello al pascolo tra il 35° ed il 63° giorno di allattamento, rilevarono che la distanza fra madre e figlio aumentava progressivamente con l’età. Nei primi tre giorni post-svezzamento (64° giorno di età) quando il binomio veniva separato fisicamente ma non visivamente le pecore riducevano rapidamente la loro presenza in vicinanza (<1 metro) della recinzione di separazione, contrariamente agli agnelli che invece continuavano a sostarvi più frequentemente delle madri. La tecnica di svezzamento sembra influenzare anche il comportamento degli agnelli; infatti, è stato osservato che con lo svezzamento brusco, 14 rispetto a quello graduale, il numero di vocalizzazione sia delle pecore che degli agnelli è significativamente più elevato, anche se dopo 48 h dalla separazione la frequenza dei belati si riduce sensibilmente (Orgeur et al., 1998). Per contro, il contatto visivo e uditivo con le proprie madri dopo lo svezzamento sembra creare maggiore stress agli agnelli, in quanto questi traducono il loro stato di disagio con un numero maggiore di belati (Orgeur et al., 1999). E’ comunque importante che all’atto dello svezzamento gli agnelli abbiano stabilito una interazione positiva con l’uomo in quanto a partire da questo momento il loro maneggiamento sarà sempre più intenso. 2.2. La Mungitura meccanica e lo stress sugli animali. Negli ovini da latte il periodo della lattazione rappresenta la fase fisiologica preponderante dell’intero ciclo produttivo; pertanto, il modo con cui viene effettuata la mungitura (manuale o meccanica) può influenzare lo stato emotivo dell’animale e di conseguenza il suo benessere. Tuttavia, il rapporto che un uomo riesce ad instaurare con l’animale è influenzato anche dalle caratteristiche comportamentali degli animali (calmi o nervosi). Alcuni studiosi valutano il temperamento degli animali in sala di mungitura attraverso: la posizione e la persistenza nell’occupazione dello 15 stallo di cattura in sala di mungitura, la reazione all’alimento, l’attività nei confronti delle pecore vicine, la reazione al contatto con i prendi capezzoli, (Dimitrov et al., 2005): è stato osservato che le pecore nervose presentano valori maggiori di cortisolo ed inferiori di lisozima durante la mungitura (rispettivamente nmol/l 8.1±1.4 vs 23.7±6.1, P<0,05; µg/ml 0,300±0,032 vs 0,173±0,013) (Dimitrov et al., 2005; Dimitrov, 2008). Villagrà et al. (2007) hanno osservato che esiste una stretta relazione tra l’ordine di ingresso in sala di mungitura nelle prime due settimane successive allo svezzamento e la loro attitudine alla mungitura meccanica. I ricercatori rilevarono, infatti, differenze significative nella quantità di latte estratto nelle diverse frazioni, in quanto le pecore che entravano per prime nella sala di mungitura avevano una maggiore percentuale di latte munto meccanicamente, minore percentuale di latte ottenuto con ripasso meccanico o manuale e minore quantità di latte residuo; dati di segno opposto si avevano nelle pecore che entravano per ultime. Dimitrov e Djorbineva (2003), hanno evidenziato come il temperamento degli animali (calmi e nervosi) sia in grado di influenzare la capacità dell’animale a cedere il latte munto meccanicamente; infatti, gli animali più calmi producevano più latte (g/head/d 592 vs 477), avevano una maggiore velocità di cessione del latte (ml/s 15.6 vs 13.6) ed un minore tempo di latenza alla eiezione (s 1.9 vs 5.3). 16 Studi effettuati in ovini di razza Lacaune, evidenziano come le pecore sottoposte ad un sistema di gestione misto (allattamento 3 volte al giorno e mungitura meccanica due volte al giorno) siano più propense a cedere il latte all’agnello piuttosto che alla macchina mungitrice. Infatti, nonostante i valori di ossitocina basale fossero simili, sia in mungitura che in allattamento, le pecore mostravano un picco di secrezione di questo ormone significativamente superiore all’inizio dell’allattamento ma non all’inizio della mungitura (pg/mL 91.7±26.1 vs. 13.1±1.8). Nessuna differenza, invece, è stata osservata sul contenuto ematico in prolattina e cortisolo che aumentavano le loro concentrazioni in entrambe le condizioni di estrazione del latte (Marnet e Negrao, 2000). Il cattivo funzionamento dell’impianto di mungitura meccanica in particolare livello del vuoto, frequenza e rapporto di mungitura può creare, comunque, stress anche alle pecore già addestrate ad essa. Il vuoto di mungitura raccomandato per gli ovini è compreso tra 36-42 kPa, il quale è sempre superiore a quello esercitato nel capezzolo dall’agnello (26 kPa) durante la poppata. Nonostante ciò, tale valore risulta essere adeguato, in quanto un vuoto troppo basso potrebbe provocare la caduta del gruppo prendi capezzoli ed un aumento dei tempi di mungitura (Salaris et al., 2005). Peris et al. (2003a), infatti, mungendo pecore di razza Manchega con un vuoto 36 o 42 kPa non hanno riscontrato differenze o alterazioni dello stato sanitario della mammella, 17 nè effetti sul contenuto in CCS del latte, né sulla variazione dello spessore del capezzolo dopo la mungitura. Un alto livello di vuoto di mungitura (>40kPa) può compromettere lo stato sanitario della mammella, in quanto aumenta la velocità di rimozione del latte ma riduce la percentuale di latte munto meccanicamente, rispetto a quella ottenuta con il ripasso meccanico (Tabella 1). In particolare, gli alti livelli di vuoto influenzerebbero soltanto il contenuto in cellule somatiche del latte (Tabella 1), che rappresentano il principale indicatore dello stato sanitario della mammella (Sinapis et al., 2006). Tabella 1. Effetto del livello di vuoto sulle frazioni di latte emesso e sulla sua qualità (Sinapis et al., 2006). Parametri Livello di vuoto (kPa) 38 44 50 Produzione (ml/d) 921±27 887±25 896±26 Latte munto (ml) 771±24 719±23 737±24 (%) 83±0,5a 80±0,7b 81±0,6b Latte di ripasso (ml) 150±5 168±6 159±5 (%) 17±0,5b 20±0,7a 19±0,6a Grasso (%) 6,23±0,06 6,30±0,07 6,35±0,09 Proteina (%) 5,50±0,10 5,50±0,10 5,40±0,10 3 CCS (nx10 ) 218±140 254±220 277±102 5,44±0,4b Log CCS (n) 5,34±0,3a 5,38±0,5ab a,b significative P<0,05. Nella mungitura meccanica, oltre al vuoto, è necessario porre particolare attenzione anche alla frequenza ed al rapporto di pulsazione, in quanto una corretta azione di aspirazione e di massaggio sul capezzolo previene 18 la formazione di edemi e di congestioni riducendo così il rischio di contrarre infezioni e sensazioni di dolore (Pazzona et al., 2005; Salaris et al., 2005). La frequenza di pulsazione nelle mungitrici per ovini varia di norma fra 120-180 p/min in funzione della razza e del livello produttivo: una frequenza elevata sembra aumentare la quantità di latte di ripasso, così come una bassa frequenza può comportare una maggiore caduta dei gruppi prendi capezzoli. In particolare, l’incidenza delle mastiti e lo stato sanitario del capezzolo sembrano essere influenzati soprattutto dal rapporto di pulsazione ed in particolare dalla durata della fase di massaggio. Una maggiore incidenza di patologie a carico della mammella si hanno quando ad una frequenza di pulsazione elevata è associato un alto rapporto di pulsazione (fase di aspirazione maggiore di quella di massaggio). Attualmente si adotta un rapporto di pulsazione del 50% (Salaris et al., 2005). Infatti, mungendo con una frequenza di pulsazione di 180 oppure di 120 p/min, ma con un rapporto di pulsazione del 50% non si hanno differenze sul contenuto in SCC del latte, sulle variazioni dello spessore del capezzolo dopo la mungitura e sull’incidenza dei fenomeni di mastite (Peris et al., 2003b). Oltre al corretto funzionamento dell’impianto di mungitura, è importante salvaguardare lo stato di benessere degli animali garantendo, anche, una corretta igiene dell’impianto e dell’operatore dedicato alla mungitura, in 19 quanto rappresentano un punto critico nella contaminazione microbica della mammella e del latte, che quasi sempre si traduce in una manifestazione di mastiti cliniche e sub-cliniche. (Pazzona et al., 2005) 20 3. LA GESTIONE DELLE PECORE PRIMIPARE E L’ADDESTRAMENTO ALLA MUNGITURA MECCANICA. La tecnica di allevamento della rimonta è molto importante ai fini della successiva fase produttiva e/o riproduttiva degli animali , in quanto da essa dipende il successo (o l’insuccesso) dell’allevamento. Essa, infatti, deve garantire attraverso una adeguata alimentazione e una corretta conduzione l’ottenimento di animali sviluppati, fertili, longevi, produttivi e sani. Per questo motivo di norma la rimonta viene tenuta per gran parte del tempo all’aperto limitando il ricovero alle stagioni estreme, alla notte o alle giornate molto calde, grazie all’effetto benefico che il movimento spontaneo e soprattutto il pascolamento esercitano su tutti gli animali (Brandano e Lanza, 2001). Molti degli studi condotti sulle agnelle da rimonta hanno riguardato in particolare gli effetti dell’alimentazione sullo sviluppo dell’apparato mammario e sulla produzione lattea successiva. Questi hanno messo in evidenza come la mammella sia soggetta a fasi di crescita ben differenziate (Molle e Sanna, 1992): periodo di sviluppo limitato, compreso tra la nascita ed il 3 mese di età, durante il quale il tessuto mammario è costituito principalmente da tessuto adiposo scarsamente irrorato; 21 periodo di crescita rapida (3-5 mese di età) durante il quale si ha lo sviluppo del parenchima mammario, con proliferazione delle cellule epiteliali ed irrorazione dei vasi sanguigni attorno agli alveoli; periodo di crescita post-puberale (dal 6 mese in poi) soggetta all’azione degli ormoni che si succedono durante i cicli estrali. Tenuto conto di queste diverse fasi di crescita della mammella è stato osservato che elevati livelli nutritivi adottati durante il periodo pre e postpuberale hanno effetti negativi sullo sviluppo del parenchima mammario, con conseguente minore produzione di latte nelle agnelle sovra alimentate. Ne deriva che nella fase critica dello sviluppo della mammella (4-6 mese di età) l’accrescimento giornaliero dovrebbe essere dell’ordine di 70-100 grammi, ottenibili attraverso la somministrazione di quantità crescenti di foraggi nella razione(rapporto foraggi/concentrati da 40/60 a 70/30), nel caso di allevamento confinato, oppure aumentando le ore di pascolamento e limitando l’integrazione alimentare a 200-300 g/capo/d (Molle e Sanna, 1992). Nonostante i numerosi lavori condotti sugli effetti dell’alimentazione sulla crescita delle agnelle da rimonta e sullo sviluppo della ghiandola mammaria, la ricerca è invece carente sugli aspetti gestionali, ed in particolare sugli effetti delle tecniche di addestramento alla mungitura meccanica sulla produzione quanti qualitativa di latte delle primipare. 22 Questi aspetti stanno acquisendo sempre più maggiore importanza in quanto la mungitura meccanica può avere ripercussioni negative molto importanti sulle primipare, tanto da poterne condizionare le performance produttive per tutta la loro carriera. Se per qualsiasi motivo l’animale memorizza la mungitura meccanica al suo primo impatto come un evento negativo, al quale non è mai riuscito ad adattarsi, per l’animale questa procedura manageriale ha buone probabilità di diventare un evento stressante cronico e probabilmente quell’animale entrerà sempre per ultimo in sala di mungitura. Nell’allevamento bovino da latte sono ormai numerosi gli studi finalizzati alla riduzione degli effetti dello stress derivanti dall’effetto dell’impatto della mungitura sulle vacche primipare. E’ stato osservato che gli animali mostrano segni evidenti di cambiamento comportamentale e produttivo nel corso della lattazione; infatti, nelle primipare la percentuale di latte residuo alla prima mungitura (2° giorno di lattazione) è significativamente maggiore rispetto a quella rilevata al 4° e soprattutto al 130° giorno di mungitura (34% vs 18% vs 9%) (Van Reenen et al., 2002), a cui potevano essere associati valori crescenti di ossicitona e decrescenti di cortisolo. Das e Das (2004) hanno osservato che massaggiando la mammella delle giovenche nell’ultimo periodo di gravidanza era possibile ottenere, nei primi 2,5 mesi di mungitura, rispetto a primipare mai manipolate, un 23 minore tempo di latenza alla cessione del latte (sec. 23-31 vs 46-50) ed un maggiore flusso di eiezione lattea (g/sec 13-16 vs 8-9). Bowers et al. (2006), hanno osservato che la mungitura delle giovenche a partire dalla 3 settimana pre-parto consentiva di ottenere una minore presenza di edemi ed una minore percentuale di vacche con infezioni mammarie a cui era associata anche una maggiore produzione di latte almeno nei primi 60 giorni di mungitura. La ricerca relativa all’impatto della prima mungitura sulle pecore primipare è al momento carente, in quanto in bibliografia non è stato possibile trovare un elevato numero di lavori specifici. Negrao e Marnet (2003) hanno osservato, su saccaie sottoposte a mungitura meccanica subito dopo il parto, che i livelli basali di adrenalina, noradrenalina ed ossitocina (rilevati prima della mungitura) non subivano variazioni significative nei primi 15 giorni mungitura, contrariamente al cortisolo che mostrava i valori più alti il primo giorno di mungitura. Essi rilevarono anche che il rilascio dell’ossitocina durante la mungitura era positivamente associato con la produzione di latte, di grasso e di proteina; in tutti i casi gli animali mostravano che la gran parte delle primipare si adattavano alla mungitura meccanica nell’arco di 15 giorni. Rassu et al. (2006) rilevarono che una settimana di addestramento all’ambiente di mungitura prima dello svezzamento degli agnelli non era 24 sufficiente a ridurre lo stress da prima mungitura, in quanto non osservarono differenze sulla quantità e qualità del latte, né sui livelli di cortisolo nei primi 10 giorni di mungitura post-svezzamento. Gli autori ritengono che sulle saccaie addestrate, al contrario, poteva essere avvenuta una successione di eventi stressori nel breve periodo: uno dovuto al nuovo ambiente a cui è seguito una settimana dopo quello più importante della separazione dell’agnello. 25 Scopo della tesi Tenuto conto che qualsiasi fattore stressogeno provoca negli animali in lattazione, compresa la pecora, un peggioramento della produzione quanti-qualitativa di latte, e tenuto conto della carenza di studi sulle pecore primipare è stata programmata una sperimentazione con lo scopo di valutare gli effetti dell’addestramento alla mungitura meccanica delle primipare sulla produzione quanti-qualitativa di latte e su alcuni parametri ematici possibili indicatori dello stato di benessere. 26 4. MATERIALE E METODI. 4.1. Organizzazione della prova. La prova sperimentale è stata condotta presso l’azienda dei F.lli Mazzette, sita nel comune di Tula (SS), nell’ambito del progetto BELAT finanziato dal MiPAAF. Da 150 pecore primipare di razza Sarda precedentemente sottoposte a sincronizzazione dei calori in modo da concentrare i parti nello stesso periodo sono state selezionati, nella prima settimana post parto, 40 soggetti suddivisi in due gruppi omogenei per periodo e per tipo di parto. Questi sono stati sottoposti a due diversi sistemi di allevamento durante il periodo di allattamento dell’agnello: un gruppo di 20 primipare veniva addestrato giornalmente (gruppo addestrato AD) all’ambiente della sala di mungitura a partire dal 5° giorno post-parto e per tutta la durata dell’allattamento. Il sistema di gestione del binomio pecora/agnello consisteva nel condurre una volta al giorno gli animali in sala di mungitura dove erano catturati automaticamente, gli veniva somministrata l’integrazione alimentare di concentrati, e poi con l’impianto di mungitura meccanica in funzione (addestramento ai rumori) si procedeva alla mungitura meccanica delle saccaie che avevano un sufficiente accumulo di latte in mammella; 27 l’altro gruppo di 20 primipare (gruppo non addestrato NAD), veniva condotto una volta al giorno in un ovile provvisto di un sistema semiautomatico di cattura, dove veniva somministrato anche a loro il concentrato e venivano munte manualmente le pecore che avevano accumulato latte in mammella. In entrambi i gruppi gli agnelli sono stati tenuti permanentemente con le madri sino allo svezzamento, al pascolo durante il giorno e in ovile la notte. Successivamente, dopo lo svezzamento brusco degli agnelli, entrambi i gruppi, tenuti sempre separati fra loro, venivano munti meccanicamente due volte al giorno. 4.2. Rilievi sperimentali. I rilievi hanno riguardato: su tutte le pecore la produzione individuale di latte, e su ciascun campione di latte prelevato sono stati analizzati il contenuto in grasso, in proteina, in caseina, in urea ed in cellule somatiche dopo 1, 3, 5, 7, 16, 23 e 30 giorni di distanza dallo svezzamento degli agnelli. Le analisi dei macrocomponenti del latte sono state eseguite presso i laboratori dell’Associazione Regionale Allevatori della Sardegna (ARA); in particolare i contenuti in grasso, proteina e caseina ed urea sono stati analizzati con metodica FT Infrarosso 28 (IRMA), mentre il contenuto in cellule somatiche mediante citometria di flusso; su 10pecore primipare per gruppo è stato prelevato un campione di latte della mungitura del mattino, e stoccato in congelatore, al fine di determinarne il profilo acidico (metodica A.O.A.C.. 1990 e Nudda et al. 2005) per tutto il periodo sperimentale; sempre sulle stesse 10 pecore per gruppo è stato effettuato il prelievo di un campione di sangue due giorni prima dello svezzamento e a distanza di 1, 3, 5, 7, 16, 23 e 30 giorni da esso, sui quali si è analizzato, presso i laboratori dell’Istituto Sperimentale Zooprofilattico della Sardegna, l’ematogramma, le sottopopolazioni leucocitarie ed il contenuto in cortisolo. In concomitanza con la mungitura del mattino, a partire dallo svezzamento, è stata filmata la fase di cattura con una videocamera allo scopo di stabilirne il tempo impiegato per il suo espletamento, il tempo di intervento da parte dell’operatore. Analisi statistica. I dati raccolti sono stati analizzati con il software Minitab mediante un modello lineare che prevedeva il gruppo (o trattamento gestionale) ed il periodo come fattori fissi con le loro interazioni: yijk = µ + gruppoi + periodoj + (gruppo x periodo)ij + εijk dove: 29 y = rappresenta la variabile dipendente produzione latte, grasso, proteine, caseina, urea, CCS; µ = media generale; gruppoi = effetto fisso del gruppo che corrisponde al trattamento gestionale (i = AD, NAD); periodoj = effetto fisso della fase dell’esperimento (j = rilievi); εijk = residuo casuale. Per i parametri ematici è stato utilizzato lo stesso modello lineare ma facendo ricorso all’analisi della covarianza in quanto si è tenuto conto dei valori di ciascun parametro rilevati e giorni prima dello svezzamento degli agnelli. 30 5 RISULTATI. Produzione e qualità del latte. L’addestramento delle saccaie all’ambiente di mungitura sembra influenzare più che la produzione di latte la sua qualità; infatti, i due gruppi di pecore hanno mostrato una produzione giornaliera quasi uguale (g/d AD 1352 vs NAD 1372) (tabella 2), caratterizzata da un andamento molto simile: sempre crescente a partire dal 3° giorno di mungitura (Figura 2). Tabella 2. Produzione e qualità del latte delle primipare nel primo mese di mungitura Parametri Latte Grasso Proteina Caseina Urea Cellule Addestrate g/d % % % mg/dl n.x1000 1352 5,37 5,22 4,08 33 230 Non addestrate 1372 5,07 4,96 3,86 27 241 Errore standard 22 0,06 0,03 0,03 0,60 64 P ns ** ** ** ** ns 2000 1800 1600 ab 1400 ab ab 5 7 a a 23 30 ab b d / 1200 g 1000 800 600 400 1 3 giorni di mungitura 16 AD Figura 2. Andamento della produzione del latte. 31 NAD L’incremento di produzione giornaliera potrebbe essere attribuita all’effetto stagionale della disponibilità di pascolo; infatti la fase sperimentale della mungitura ha coinciso con il mese di Marzo, periodo in cui di norma si ha il massimo rigoglio vegetativo dell’erba. Per quanto attiene ai parametri qualitativi, nonostante l’uguaglianza produttiva, il latte prodotto dalle saccaie addestrate alla mungitura (AD) aveva un contenuto in grasso (5,4% vs 5,1%), in proteina (5,2% vs 5,0%), in casina (4,1% vs 3,9%) ed in urea (mg/dl 33 vs 27) significativamente maggiore, mentre nessuna differenza è stata osservata relativamente al contenuto cellulare (Tabella 2). In particolare, i componenti che hanno mostrato maggiore variabilità sono risultati il contenuto in grasso ed in urea (Figura 3). Il contenuto in grasso, sempre maggiore nel gruppo AD, ha avuto lo stesso andamento nei due gruppi, i quali presentavano differenze significative tra i rilievi ma non tra essi; i valori inferiori sono stati rilevati il primo giorno e dopo una settimana di mungitura (Figura 3). Il contenuto di urea, anche in questo caso maggiore nel gruppo AD, ha avuto un andamento crescente per quasi tutta la durata della sperimentazione, mostrando non soltanto differenze significative tra i rilievi per entrambi i gruppi, ma anche fra i due gruppi nel corso della prima settimana di mungitura (Figura 3). 32 9,0 contenuto in grasso 8,0 7,0 a a 6,0 a ab ab % 5,0 4,0 ab a ab a a ab ab 23 30 b b 3,0 2,0 1 3 5 7 16 giorni di mungitura 45,0 contenuto in urea 40,0 30,0 l 25,0 d / g 20,0 m 15,0 abcA bc a cA cA NAD a ab bc 35,0 AD a a b bB bB bB 10,0 5,0 0,0 1 3 5 7 16 giorni di mungitura 23 30 AD NAD Lettere minuscole=differenze significative (P<0,05) tra rilievi entro gruppo; lettere maiuscole= differenze significative (P<0,05) tra gruppi entro rilievo Figura 3. Andamento del contenuto in grasso ed in urea del latte La composizione degli acidi grassi del latte non è risultata diversa fra i due gruppi di primipare (Tabella 3). In particolare, quasi tutti gli acidi grassi hanno mostrato un andamento quasi costante nel primo mese di mungitura, ad eccezione di quelli saturi (SFA), il cui contenuto è risultato crescente, e di quelli monoinsaturi 33 (MUFA), il cui contenuto ha fatto registrare, invece, un andamento progressivamente decrescente (Figura 4). Tabella 3. Profilo acidico (g/100g) del grasso del latte delle primipare nel primo mese di mungitura Parametri Addestrate SFA MUFA PUFA PUFA-ω3 PUFA-ω6 CLA ω3/ω6 PUFA/SFA MUFA/SFA % % % % % % n. n. n. Non addestrate 61,0 30,8 8,1 1,3 5,0 1,19 0,26 0,12 0,51 61,9 30,2 7,9 1,2 4,7 1,19 0,25 0,12 0,50 Errore standard 0,42 0,36 0,15 0,03 0,12 0,03 0,00 0,01 0,01 P n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. SFA= Ac. Grassi saturi; MUFA=ac.grassi monoinsaturi; PUFA=ac.grassi polinsaturi; PUFA-ω3= ac.grassi polinsaturi serie ω3; PUFA-ω6= ac.grassi polinsaturi serie ω6 CLA=ac.linoleico coniugato 68 62 ab a ab bc c c bc 58 56 abc abc 64 % 60 a ac.grassi saturi (SFA) 66 bc abc c c 54 52 1 3 5 7 16 23 giorni di mungitura 30 AD NAD 40 a 35 30 ab ab abcd bcd bc a bc bc % 25 d ab ab cd c 20 ac.grassi monoinsaturi (MUFA) 15 10 1 3 5 7 16 giorni di mungitura 23 30 AD NAD Figura 4. Andamento del contenuto in grasso ed in urea del latte 34 Parametri ematici. Per quanto attiene ai parametri ematici, nel complesso l’analisi dell’ematogramma ha evidenziato che tutti i valori erano all’interno del range di riferimento della specie. In particolare differenze significative fra i due gruppi sono state rilevate soltanto per il volume medio dei globuli rossi (MCV) e per il contenuto medio di emoglobina (MCH), risultati entrambi di poco superiori nelle pecore NAD (rispettivamente fL 32,8 vs 32,6 e pg 12,0 vs 11,8) (Tabella 4). Tabella 4. mungitura Emocromo Parametri cortisolo WBC RBC HGB HCT MCV MCH MCHC PLT ng/mL 103/µL 106/µL g/dL % fL pg g/dL 103/µl nelle primipare nel primo AD NAD e.s. P 23,0 12,2 9,4 11,0 30,4 32,6 11,8 36,3 828 24,1 12,0 9,2 11,0 30,2 32,8 12,0 36,6 852 3,79 0,17 0,07 0,07 0,23 0,06 0,05 0,16 18,0 ns ns ns ns ns * * ns ns mese di Valori riferimento 4-12 8-15 9-15 27-45 23-48 8-12 29-35 250-750 WBC=n. globuli bianchi; RBC=n. globuli rossi; HGB=emoglobina; HCT=ematocrito (volume del sangue occupato dai globuli rossi); MCV=volume corpuscolare medio globuli rossi; MCH=contenuto emoglobinico corpuscolare medio; MCHC=concentrazione emoglobinica corpuscolare media; PLT=n. di piastrine. Per quanto attiene al contenuto ematico in cortisolo (Tabella 4), considerato uno dei parametri più importanti nella valutazione dello stato di benessere degli animali, nel complesso esso non è risultato diverso fra i due gruppi (ng/mL AD 23,0 vs NAD 24,1). Tuttavia, osservando il suo andamento nel corso del periodo sperimentale è stato 35 rilevato che in entrambi i gruppi i suoi valori mostravano un picco, anche se non statisticamente diverso rispetto agli altri rilievi, il giorno della prima mungitura meccanica post-svezzamento (Figura 5). 60 50 40 L m /g 30 n 20 10 0 -2 1 3 5 7 giorni di mungitura 16 23 AD 30 NAD Figura 5. Andamento del contenuto di cortisolo ematico Successivamente, il contenuto in cortisolo si è abbassato ed il gruppo delle saccaie addestrate ha mostrato valori tendenzialmente inferiori per tutta la durata della sperimentazione, ad eccezione del rilievo effettuato al 7° giorno di mungitura (Figura 5). Maggiori differenze sono state osservate invece sulla popolazione leucocitaria, nonostante il contenuto complessivo in globuli bianchi non fosse diverso fra i due gruppi (Tabella 5); infatti, ad eccezione dei neutrofili (33,8% vs 30,5%, P<0,01) in numero maggiore nel gruppo AD, il contenuto delle altre popolazioni di globuli bianchi è risultato sempre 36 superiore nelle pecore non addestrate: linfociti (54,6% vs 52,5%, P<0,05), eosinofili (8,0% vs 6,5%, P<0,01) basofili (0,87% vs 0,77%, P<0,01). Tabella 5. Popolazione leucocitaria delle primipare nel primo mese di mungitura Parametri WBC LYM NEUT EOS MONO BASO 103/µL % % % % % WBC=globuli bianchi; BASO=basofili AD 12,2 52,5 33,8 6,5 5,2 0,8 Gruppo NAD 12,0 54,6 30,5 8,0 5,2 0,9 LYM=linfociti; e.s. 0,17 0,70 0,67 0,28 0,31 0,02 NEUT=neutrofili; P ns * ** ** ns ** EOS=eosinofili; Valori riferimento 4-12 40-75 10-50 1-10 1-6 0-3 MONO=monociti; Particolarmente interessante è stato l’andamento di alcune popolazioni di leucociti; in particolare, infatti, confrontando i valori prima e dopo lo svezzamento degli agnelli è stato osservato che (Figura 6): il contenuto totale di globuli bianchi e la percentuale di neutrofili non registravano variazioni significative nel corso del periodo sperimentale, anche se l’andamento era decrescente; gli eosinofili ed i monociti, presentavano un incremento nel primo giorno di mungitura, ripristinando i valori pre-svezzamento nei giorni successivi; i linfociti, al contrario, mostravano una brusca riduzione il primo giorno di mungitura, seguita da un progressivo aumento nei giorni successivi; 37 i leucociti basofili, invece, si caratterizzavano per un andamento crescente nei primi 25 giorni post-svezzamento, anche se in misura significativa soltanto per il gruppo di saccaie non addestrate. 16 65 Leucociti (WBC) 60 14 55 L µ / 312 0 1 .x n 10 50 % 45 ab a a 1 3 5 7 16 giorni di mungitura 23 AD 16 14 12 10 8 % 6 4 2 0 % 28 24 Neutrofili (NEU) 20 3 5 7 16 23 AD giorni di mungitura a Linfociti (LYM) b 1 3 5 7 16 giorni di mungitura 32 1 a a b -2 36 -2 a 30 30 NAD 40 30 a b b b b b b b -2 23 AD 30 NAD b b Eosinofili (EOS) a 1 NAD 3 ab ab b 5 7 16 giorni di mungitura b 23 AD a 30 NAD 1,10 12 a 10 8 Monociti (MONO) 1,00 ab 2 b b 1 3 5 b 7 giorni di mungitura WBC=globuli bianchi; BASO=basofili ab ab ab 0,70 b 0,60 b 0,50 30 0,40 0 -2 a ab % b b ab 0,80 a b ab b b ab ab 0,90 a 6 4 a a 35 -2 a a 40 8 % a a a 16 23 b Basofili (BASO) -2 AD LYM=linfociti; NAD NEUT=neutrofili; 1 3 5 7 16 giorni di mungitura EOS=eosinofili; 23 AD 30 NAD MONO=monociti; Figura 6. Andamento del contenuto ematico delle diverse popolazioni di globuli bianchi Tempo di cattura degli animali. Per quanto attiene al tempo complessivo impiegato per la cattura delle saccaie in sala di mungitura, come era 38 logico attendersi, il gruppo delle saccaie addestrate (AD) a questo ambiente impiegava meno tempo (Figura 7) per l’espletamento di questa operazione (sec. 75,6 vs 132,6), rispetto a quello impiegato dalle saccaie (NAD) che vi entravano per la prima volta dopo lo svezzamento degli agnelli. 200 180 160 140 i 120 d n100 o c e s 80 60 40 20 0 1 3 5 giorni dallo sve zzam e nto 7 16 AD N AD Figura 7. Tempo di cattura complessivo Il minore tempo complessivo necessario per la cattura degli animali, era legato in parte al minore tempo di intervento da parte degli addetti alla mungitura. Infatti, come si può osservare dalla figura 8, il tempo di intervento da parte dell’uomo sulle primipare addestrate è risultato 39 sensibilmente inferiore rispetto a quello necessario per la cattura degli animali non precedentemente addestrati (sec. 6 vs 51). Ciò è molto importante perché garantisce un atteggiamento più tranquillo da parte dell’operatore, che utilizzerà maneggiamenti meno traumatici sugli animali, i quali a loro volta manifesteranno minori segni di paura durante la mungitura. 100 90 80 70 i 60 d n o c 50 e s 40 30 20 10 0 1 3 5 giorni dallo svezzamento 7 16 AD NAD Figura 8. Tempo di intervento dell’uomo per la cattura In tutti i casi, i rilievi effettuati indicano che gli animali non addestrati hanno necessità di circa 15 giorni (Figure 7 e 8) per abituarsi al management delle operazioni di cattura in un ambiente non familiare, come può essere quello della sala di mungitura per le pecore primipare. 40 6 CONCLUSIONI. In conclusione, la sperimentazione condotta ha evidenziato come l’addestramento all’ambiente di mungitura non ha migliorato la produzione di latte ma la qualità nei macrocomponenti quali grasso, proteina e caseina, ma non quella della composizione acidica del grasso del latte che non ha subito nessun effetto. Più interessanti sono stati gli effetti dell’addestramento all’ambiente della sala di mungitura sulle operazioni di cattura, in quanto ha ridotto sia i tempi complessivi necessari per questa operazione, ma soprattutto quelli di intervento da parte dell’uomo. Quest’ultimo aspetto è importante perché il contatto fisico, talvolta brusco, potrebbe aumentare i livelli di stress sugli animali. Per quanto attiene ai parametri ematici è stato confermato anche in questa sperimentazione che il primo giorno di mungitura è una fase critica in cui sia i livelli di cortisolo che di alcune sottopopolazioni leucocitarie (monociti ed eosinofili in particolare) registrano un incremento di valori; in tutti i casi l’andamento dei valori evidenzia come gli animali dimostrino comunque una rapida capacità di adattamento. Tenuto conto dei risultati ottenuti, si può affermare che l’addestramento all’ambiente di mungitura apporta sicuramente dei vantaggi gestionali, anche se sotto l’aspetto produttivo non sono così evidenti a causa dello stress provocato dalla separazione dell’agnello. 41 Sarebbe a questo punto interessante valutare se questo può essere mitigato adottando la tecnica di allattamento parziale, sperimentata su pecore pluripare, con la quale si addestra l’animale alla separazione temporanea dell’agnello. 42 7. 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