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 In viaggio
con Gellindo
Ghiandedoro
ITINERARIO E FOTOGRAFIE DI SILVIA VERNACCINI
Le “autostrade”
dei boscaioli
VAL DI FASSA: FORNO
Frazione di Moena,
oggi confine tra la
Val di Fiemme e la
Val di Fassa, Forno
prende forse il nome
dall’attività fusoria
del materiale ferroso
estratto dalle sovrastanti miniere di rame
della Bedovina e di
ferro del Viezzena. A
conferma, esiste nei
pressi il toponimo La
gial de Medil (o l’agial),
un evidente riferimento ladino all’aiàl,
lo spiazzo dove veniva
eretta la carbonaia (il
poiàt) per produrre
il carbone vegetale
utile a far funzionare i
forni. Medìl, evoluzione di un antico maso
raccolto poco sopra
Forno, ricorda l’usanza di formare grossi
mucchi di fieno nei
Forno visto da Medil
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prati (mede de fen); da
qui è presumibile partissero i muli carichi di
sacchi di carbone per
alimentare il vicino
forno fusorio, attivo
già nel XIII secolo.
Fondamentale, sempre, rimase la ricchez-
In viaggio con Gellindo Ghiandedoro
A sinistra: la chiesa di Forno.
A destra: la Cava delle bore, nei
pressi di Forno.
Da Forno (Moena) si segue sentiero n. 516 che risale la
Cava delle bore (1.30 ore andata); tabelle informative
lungo il percorso.
Un altro sentiero attrezzato in chiave turistico-didattica
costeggia il tracciato della Cava della Perèngola in Val
Cadino (sulla S.P. n. 31, poco oltre l’edificio della Foresteria della Provincia autonoma di Trento, indicazioni
sulla sinistra, piccolo slargo per parcheggiare, 20 min.
a piedi lungo la Cava). Per informazioni: Cavalese, Magnifica Comunità di Fiemme, tel. 0462 340365
Moena, APT Val di Fassa: tel. 0462 609770;
www.fassa.com
za offerta dai boschi
ed è per questo che è
stata ripresa e sistemata per scopi turistici e didattici l’antica
Cava delle bore che,
risalendo la Val Sorda,
entra nelle foreste del
Latemar.
Dalle case di Forno
(1.124 m) risalite di
un centinaio di metri
la sponda destra del
Rio Valsorda (indicazione Val Sorda Latemar) fino a un piccolo
parcheggio. Potete
parcheggiare anche
nei pressi della chiesa
di San Lazzaro, un po’
discosta dall’abitato,
che conserva la lapide
ricordo di Francesco
Facchini, medico botanico illustre (17881852).
Questo itinerario,
lungo il sentiero n.
516 della Cava delle
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bore è un invito ad
avvicinarvi a quella
che fu un tempo la vita
faticosa del boscaiolo:
se si osservano infatti
gli ex voto ottocenteschi conservati presso
il santuario dei Sette
Dolori di Maria, a Cavalese, si comprende
quanto questo lavoro
fosse pericoloso. In
1.30 ore arrivate in
Val Sorda, un selvaggio aggregato alpino
segnato da pochi baiti
(in 3.30 ore si è invece
al bivacco Latemar).
Il sentiero risale il
bosco costeggiando
la cava fatta di pietre, utilizzata per la
discesa dei tronchi
a valle che venivano
convogliati nell’Avisio; da qui il legname
giungeva a Lavìs dove,
spartito, proseguiva
il suo viaggio sulle
acque dell’Adige.
Poco dopo l’avvio del
sentiero una deviazione, n. 517, sale
a Medìl (1.363 m),
caratteristico paesino
con edifici in pietra e
legno. (Medìl è comunque raggiungibile
in automobile tramite
la stradina asfaltata
che sale dal campo
In viaggio con Gellindo Ghiandedoro
sportivo di Moena.)
I tronchi (bóre) venivano fatti scivolare
dalla montagna lungo
canali (cave) in legno e
pietre, in inverno appositamente gelati e
costruiti con studiate
inclinazioni; le grandi
fluitazioni primaverili verso i “porti” sui
fiumi – dove il legname veniva caricato su zattere – si
chiamavano menàde,
spesso agevolate dallo
scorrimento di una
maggiore quantità
di acqua regolata da
alcune chiuse artificiali
realizzate in legno, le
cosiddette stue.
La vendita di legname
nella pianura padanoveneta, in particolare a
Venezia per la costruzione di fondamenta
e cantieri navali,
rappresentò per le
Val di Fiemme e per il
Primiero un’insostituibile fonte economica,
grazie alla fluitazione
dello stesso lungo le
acque rispettivamente
dell’Avisio e del Cismón. Il commercio
nelle valli dell’Avisio
raggiunse già nel Medioevo dimensioni tali
da indurre l’imperatore Ferdinando II a promuovere, nel 1580, il
“Negozio dei Legnami”,
seguito da l’”Ordinamento Ferdinandeo”
voluto da Ferdinando
III. In tal modo, oltre
a fiscalizzare il commercio del legname,
veniva esercitato un
maggior controllo sui
tagli boschivi, sulla
fluitazione dei tronchi
suddivisa per mercati
e sulla salvaguardia
dei lavoratori.
Prima di ogni fluitazione il mercante doveva
infatti depositare al
Dazio il proprio “segno”, il marchio. Questo veniva apposto sui
tronchi scortecciati
e ammassati durante
l’inverno in alcuni punti presso i torrenti in
attesa della morbida, il
momento di massima
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portata dell’acqua allo
scioglimento delle
nevi: la cancellazione
o contraffazione di
questi segni portava a
severe sanzioni. Uffici
daziari erano ubicati a
San Lugano, Castello,
Cavalese, Paneveggio,
Moena.
Il bosco e i pascoli per
la Val di Fiemme erano già nel Medioevo,
e lo sono ancora oggi,
un bene collettivo
gestito dalla Magnifica Comunità che lo
distribuiva ai vicini
(residenti aventi diritto); il primo Statuto
forestale di Fiemme
risale al 1270. Al
principe vescovo di
Trento spettava anche
il controllo dei dazi nel
commercio del legname, del quantitativo
da tagliare e delle vie
di fluitazione dello
stesso lungo l’Avisio
fino all’Adige, mentre
ai Conti del Tirolo
(XV-XVII sec.), che tenevano a Cavalese un
Ufficio supremo dei
boschi, competevano
precise regolamentazioni.
La chiesetta di Medil svetta
sopra i tetti della minuscola
frazione.