PROF. FRANCESCA VESSIA Corso di Diritto Industriale A.A. 2013/2014 LA LEGGE ANTITRUST ITALIANA: PARTE GENERALE E INTESE LEZIONE DEL 29 APRILE 2014 ORIGINI DEL DIRITTO ANTITRUST: - SCHERMAN ACT 1890 Gli Stati Uniti sono stati il primo Paese al mondo a dotarsi di un apparato normativo antitrust a garanzia della libertà di concorrenza nel mercato - Nella Comunità Economica Europea si avvertì sin dall’origine l’esigenza di creare un nucleo comune di norme antitrust sul modello nordamericano e si inserirono nel Trattato di Roma istitutivo della CEE (1957) le prime disposizioni in tema di intese, abuso di posizione dominante e aiuti di Stato (artt. 81-89 attuali artt. 101-109 Trattato FUE). Solo nel 1989 fu adottato il primo Regolamento europeo sulle concentrazioni (Reg. n. 4064/1989), incluse tra le fattispecie antitrust, e successivamente modificato con il Reg. n. 139/2004. - In Italia il principio della libertà di concorrenza non era stato neanche previsto nella Carta Costituzionale del 1948. Dopo l’adesione dell’Italia al Trattato di Roma e l’ingresso nella CEE gli interpreti ravvisarono la fonte costituzionale della libertà di concorrenza nell’art. 41 Cost. che enuncia la libertà d’iniziativa economica, sostenendo che solo un mercato libero, governato dal principio di concorrenza, può garantire agli imprenditori la libertà di accesso al mercato, la crescita endogena dei più efficienti e l’ espulsione dal mercato degli operatori inefficienti. Nel 1990 fu varata dal Parlamento italiano la prima legge antitrust interna L. n. 287/1990 che recepiva le disposizioni del Trattato di Roma e del regolamento sulle concentrazioni e creava in Italia l’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato (AGCM) detta Autorità Antitrust. Solo nel 2001 con la legge Costituzionale n. 3, che ha novellato l’art. 117, nel comma 2, lett. e) è stata affermata la tutela della concorrenza come principio costituzionale, oltre che come materia di competenza esclusiva dello Stato. ANTITRUST COMUNITARIO E NAZIONALE Criteri di coordinamento: I- PRINCIPIO DI SUPREMAZIA: art. 1, comma 4, l. 287/90 “L’interpretazione delle norme antitrust nazionali è effettuata in base ai principi dell’ordinamento della CE in materia di disciplina della concorrenza”. E’ un criterio che consente in sede applicativa di recepire le interpretazioni che la giurisprudenza comunitaria fa dei principi espressi negli artt. 101 (ex 81)–109 (ex 89) Tratt. ex CEE oggi FUE (Funzionamento dell’Unione Europea) come modificato dal Trattato di Lisbona del 2007 e dalle altre fonti del diritto Antitrust. II- CRITERIO DELLA BARRIERA MOBILE: determina l’applicazione residuale della legge nazionale rispetto a quella 1 PROF. FRANCESCA VESSIA Corso di Diritto Industriale A.A. 2013/2014 comunitaria in ragione dell’applicazione della legge comunitaria ogni qualvolta venga ravvisato “il pregiudizio al commercio fra gli Stati membri” (art. 101, 1° comma, ex 81 Tratt. FUE) e della legge nazionale nel caso di alterazioni della concorrenza “nel mercato nazionale o in una sua parte rilevante” (art. 2, comma 2, l. 287/90). L’AGCM italiana è tenuta a sospendere l’istruttoria relativa a fattispecie per le quali sia iniziata, anche in un momento successivo) una procedura d’infrazione presso la Commissione CE. II- PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETÀ: nei settori che non sono di esclusiva competenza della Commissione CE questa può operare soltanto se gli obiettivi dell’azione proposta, in considerazione della sua rilevanza e dei suoi effetti, possano essere meglio realizzati dagli organi della Comunità piuttosto che dalle Autorità dei singoli Stati Membri. Lo scopo è quello di rendere incisiva e uniforme l’applicazione della disciplina antitrust comunitaria nell’intero territorio dell’Unione quando vi sia il rischio di una applicazione difforme o non efficace da parte delle singole Autorità di vigilanza nazionali. III- PRINCIPIO DI DECENTRAMENTO (Reg. n. 1/2003): vi sono alcune competenze della Commissione CE (come le autorizzazioni in deroga per categorie relative alle intese restrittive della concorrenza ai sensi dell’art. 101 (ex 81) Tratt. FUE e la revoca delle autorizzazioni stesse) che possono essere rimesse ai singoli Stati membri al fine di alleggerire e snellire il carico di lavoro della Commissione UE. AMBITO DI APPLICAZIONE → OGGETTIVO: La nozione di mercato si articola in due fattispecie di: 1. MERCATO MERCEOLOGICO → con il quale ci si riferisce al mercato dei prodotti identici, affini o intercambiabili tra loro nella valutazione dei consumatori (per la natura, le caratteristiche, il prezzo e l’impiego). Ad es. per stabilire la sostituibilità tecnica ed economica dei prodotti bancari o assicurativi occorre prendere in considerazione sia la natura delle operazioni sia i destinatari dei prodotti (così si distinguono tanti mercati per quante sono le diverse modalità di esercizio del credito e i diversi destinatari dello stesso, a seconda che si tratti di credito personale, mutuo immobiliare, credito al consumo, credito industriale, credito agrario ecc.). Ulteriore esempio di frazionamento di un mercato apparentemente unitario, in quanto riferito ad un unico bene, è dello del latte: in virtù della non sostituibilità delle diverse tipologie di latte in commercio (per caratteristiche organolettiche, prezzo ed altre valutazioni proprie dei consumatori) ricaveremo tanti distinti mercati quanto meno per il latte fresco, il latte UHT e il latte per l’infanzia, non essendo i destinatari dell’offerta di ciascuna di queste tipologie di prodotto sostituibili con quelli dell’altra tipologia elencata. 2. MERCATO GEOGRAFICO → con il quale ci si riferisce a quell’area geografica o parte del territorio nazionale in cui ci sono domanda e offerta di certi prodotti regolari e costanti, con conseguenti condizioni 2 PROF. FRANCESCA VESSIA Corso di Diritto Industriale A.A. 2013/2014 di concorrenza omogenee. Tale area può corrispondere con l’intero territorio nazionale se vi sono al suo interno condizioni di concorrenza sufficientemente omogenee; ma assai più frequentemente, corrisponde ad una zona geografica più limitata che, per le peculiari condizioni di domanda e offerta sufficientemente omogenee, deve essere tenuta distinta dalle zone geografiche contigue dove mancano le stesse condizioni di concorrenza. Si pensi al caso del trasporto aereo ed al mercato geografico di tali servizi: non si può far coincidere il mercato geografico di riferimento con l’area di operatività del vettore aereo considerato (che altrimenti corrisponderebbe spesso con il mondo intero), ma si dovrà frazionare il mercato in tratte, ossia nei singoli collegamenti tra città diverse (anche della stessa nazione), perché fra tratte differenti non si potrà mai riscontrare una omogeneità delle condizioni di domanda e offerta. Infatti la frequenza dei voli ed il loro costo dipende dalla rimuneratività della tratta per il vettore aereo, che a sua volta dipende dalla propensione dei consumatori all’uso del mezzo aereo per coprire quella determinata distanza. → SOGGETTIVO (NOZIONE DI IMPRESA ANTITRUST): La legge Antitrust si applica a tutti i soggetti che esercitano un’attività d’impresa, intendendosi per impresa (secondo la nozione elaborata dalla Corte di Giustizia UE e recepita anche in Italia) qualsiasi entità che eserciti un’attività economica a prescindere dal suo stato giuridico (individuale, collettivo, ente pubblico o società privata, persona giuridica e non), dalla sua organizzazione e dalle sue modalità di finanziamento. Così definita l’impresa assume connotati ben più ampi della previsione dell’art. 2082 c.c., connotati tali da ricomprendere come soggetti al diritto della concorrenza i professionisti intellettuali e i relativi Ordini Professionali, le associazioni imprenditoriali di categoria, il titolare di un brevetto che lo abbia concesso in licenza, l’artista o il lavoratore autonomo che sfruttino economicamente la propria arte o lavoro, l’amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato ecc. - Per i gruppi societari l’orientamento prevalente negli ultimi 10 anni è nel senso di considerarli come un soggetto unitario, anche se formato da tante società giuridicamente autonome e distinte, poiché si fa leva sulla unitarietà economica del gruppo di imprese piuttosto che sull’indipendenza giuridica. Di conseguenza le operazioni infragruppo non saranno sanzionabili come intese restrittive della concorrenza in quanto provenienti da soggetti distinti, bensì come abuso collettivo di posizione dominante, come se si trattasse di comportamenti posti in essere da un unico soggetto in posizione dominante sul mercato. I SETTORI SPECIALI → Non esiste un diritto speciale nella disciplina antitrust comunitaria per i settori bancario e assicurativo, ma solo l’esonero dal rispetto delle regole di concorrenza per il settore dell’agricoltura e una normativa regolamentare ad hoc per il settore dei trasporti. Invece nella legge antitrust italiana i settori bancario, assicurativo e radiotelevisivo sono disciplinati in modo speciale. EVOLUZIONE DELLA NORMATIVA ITALIANA NEI SETTORI SPECIALI: si può riassumere in quattro fasi. 3 PROF. FRANCESCA VESSIA Corso di Diritto Industriale A.A. 2013/2014 I – Nella versione originaria della legge antitrust 287/90 l’art. 20 prevedeva che nei settori bancario e radiotelevisivo la competenza ad applicare la legge antimonopolistica spettasse alle autorità di vigilanza di settore (Banca d’Italia per le banche e Garante per la Radiodiffusione per le imprese editoriali e radiotelevisive) mentre all’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato (AGCM) spettasse soltanto il potere di esprimere pareri (obbligatori ma non vincolanti) sulle fattispecie ex artt. 2-5 l. 287/90. Invece nel settore assicurativo era previsto un sistema inverso, con la competenza dell’AGCM per l’applicazione della legge antimonopolistica ed un semplice potere consultivo in capo all’autorità di vigilanza di settore (ISVAP). II- Con la l. 249/1997 venne abrogato il 1° comma, art. 20, attribuendo così all’AGCM la competenza primaria nell’applicazione della legge antimonopolistica nei settori della radiodiffusione e dell’editoria, come per il settore assicurativo, mentre permaneva la competenza primaria dell’autorità di vigilanza per il settore bancario (Banca d’Italia). III- Con la l. 262/2005 è stato ulteriormente modificato l’art. 20 spostando la competenza decisionale in materia antitrust anche per il settore bancario dalla Banca d’Italia all’AGCM. Era stata tuttavia lasciata la competenza in capo alla Banca d’Italia ad autorizzare le operazioni di acquisto delle partecipazioni rilevanti, ai sensi dell’art. 19 TUB, e le operazioni di concentrazione per ragioni di stabilità del sistema dei pagamenti (comma 5bis). IV- Con il D.Lgs. 303/2006 anche i residuali poteri della Banca d’Italia di cui all’art. 20, comma 5-bis, l. 287/90 sono stati abrogati rimettendo in ogni caso il potere decisionale sia sull’applicazione della disciplina generale antimonopolistica sia sulle autorizzazioni in deroga (tanto per le intese bancarie quanto per le concentrazioni bancarie) sempre all’AGCM, con un semplice potere d’iniziativa rimesso alla Banca d’Italia per la richiesta di autorizzazioni in deroga al divieto delle intese. I POTERI dell’AGCM → 1) SANZIONATORI E CAUTELARI (artt. 14-bis, 14-ter, 15). L’AGCM può comminare sanzioni amministrative di tipo pecuniario e non, contro cui è ammesso ricorso al Tar-Lazio (art. 33, 1° comma). Nel caso di concentrazioni illecite il Garante ha un ampio potere sanzionatorio che può comportare l’imposizione di sanzioni anche atipiche, quali le misure di deconcentrazione e le modifiche degli accordi necessarie per eliminare o attenuare alcuni o tutti gli effetti distorsivi della concorrenza (art. 19). → Nel caso in cui l’illecito antitrust abbia anche arrecato un danno patrimoniale a singole imprese concorrenti queste potranno, a seguito della condanna del Garante, agire in sede civile (competente è la Corte d’Appello in primo grado e la Cassazione in secondo grado, poiché mancano i tre gradi del giudizio soliti nel processo civile) per ottenere la declaratoria di nullità delle intese o abusi di posizione dominante e il risarcimento dei danni subiti (art. 33, 2° comma). 2) ISTRUTTORI (art. 14): può assumere testimonianze, richiedere informazioni, esibizione di documenti, disporre ispezioni in collaborazione con altri organi dello Stato (GdF, Carabinieri e Polizia), 4 PROF. FRANCESCA VESSIA Corso di Diritto Industriale A.A. 2013/2014 disporre perizie e analisi economiche e statistiche. Nell’esercizio di tali poteri i funzionari dell’AGCM sono pubblici ufficiali e sono vincolati al segreto d’ufficio. 3) D’INDAGINE E CONOSCITIVI (art. 12): si tratta delle indagini in sede istruttoria e delle indagine conoscitive generali su interi settori economici dove vi sia il sospetto di impedimenti o restrizioni della concorrenza. 4) CONSULTIVI (art. 22 pareri ex ante e art. 21 segnalazioni ex post al Governo e al Parlamento). 5) IMPUGNATORI (nuovo art. 21-bis introdotto con il I Decreto Monti del 6.12.2011 n. 201 Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici, art. 35-Potenziamento dell’Antitrust): si tratta di nuovi poteri di impugnativa giudiziaria e giurisdizionale avverso gli atti normativi, regolamentari e amministrativi delle pubbliche amministrazioni, quando essi violino le norme a tutela della concorrenza e del mercato. I MODELLI DI DISCIPLINA delle fattispecie antitrust o modelli di sanzione sono due: la per sé condemnation e la rule of reason. La per sé condemnation è stato il primo modello storicamente attuato negli Usa già nello Sherman Act e prevedeva la sanzionabilità per illiceità di ogni condotta che si presentasse conforme alla fattispecie astratta prevista dal legislatore e che fosse atta a compromettere la concorrenza. Tuttavia nei primi anni del ‘900 la Corte Suprema degli Stati Uniti si accorse dell’eccessiva rigidità di questa regola che portava a ritenere illeciti tutti gli accordi o regolamenti contrattuali limitativi della concorrenza. Fu così che nella controversia Standard Oil (decisa nel 1911 dalla Corte Suprema USA), per mitigare il rigore della per sé condemnation, fu introdotto il parametro della ragionevolezza, ossia la c.d. rule of reason. In base a tale principio per sanzionare un illecito antitrust non sarebbe stato più sufficiente il riscontro di conformità della fattispecie concreta con la fattispecie astratta tipizzata dal legislatore, ma si sarebbe reso necessario riscontrare che l’effetto di una certa intesa in termini di alterazione della concorrenza non fosse trascurabile ed insignificante, bensì tanto gravi da provocare un irragionevole pregiudizio concorrenziale. La nostra legge antitrust del ’90 ha recepito entrambi questi due modelli sanzionatori contemperandoli adeguatamente. Sia il sistema antitrust europeo che quello italiano sono misti, ossia basati sulla presunzione di illiceità di certe condotte (per sé condemnation) ma solo previa verifica degli effetti di sensibile restrizione della concorrenza da esse derivanti, oltre ad un complesso sistema di esenzioni (individuali e per categoria) che danno attuazione al principio di ragionevolezza. In particolare dall’adozione del principio di ragionevolezza, o rule of reason, si verificano nella nostra legge interna due effetti: 1. Non sono sanzionati gli accordi restrittivi della concorrenza di minore portata, c.d. intese bagatellari o de minimis, ossia che si presentino sotto una certa soglia che è stata individuata dal legislatore nel 10% di quote di mercato complessivamente rappresentate per le intese orizzontali e nel 15% per le intese 5 PROF. FRANCESCA VESSIA Corso di Diritto Industriale A.A. 2013/2014 verticali. Tali intese si considerano produttive di una alterazione irrilevante o inconsistente il libero gioco della concorrenza. 2. All’Autorità Antitrust è riconosciuto un potere discrezionale per stabilire, caso per caso e soppesando tutte le circostanze concrete, se un determinato accordo (pur restrittivo della concorrenza) produca effetti pro-concorrenziali tali da compensare il pregiudizio arrecato alla libertà di concorrenza nel mercato e contribuendo al suo migliore funzionamento. FATTISPECIE RESTRITTIVE DELLA CONCORRENZA sono: 1)→ le INTESE 2)→ l’ABUSO di POSIZIONE DOMINANTE 3)→ le CONCENTRAZIONI ↓ LE INTESE → DEF. Sono accordi (ossia atti che manifestano la volontà di due o più parti, sia vincolanti in senso giuridico sia non vincolanti, come le lettere d’intenti e i gentlemen’s agreements), pratiche concordate fra le imprese (i semplici comportamenti concertati e convergenti che non possono essere tali in modo casuale ma per effetto di un accordo a monte di cui però non c’è prova o traccia) nonché le deliberazioni di consorzi, associazioni di imprese ed altri organismi similari (tra cui si comprendono anche quelle invalide ma comunque portate ad esecuzione), che abbiano per oggetto o per effetto quello di impedire, restringere o falsare (ossia il cui contenuto sia esplicitamente quello di limitare la concorrenza oppure un diverso oggetto rispetto al quale la restrizione concorrenziale sia una conseguenza non voluta dalle parti) in maniera consistente (si devono superare le soglie delle intese c.d. de minimis o bagatellari che sono il 15% per le intese verticali ed il 10% per le intese orizzontali) il gioco della concorrenza all’interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante. Oltre a questa definizione generale il legislatore ha voluto tipizzare alcune condotte che, desunte dalla prassi, costituiscono i casi più frequenti di intese anticoncorrenziali. Sono: - la fissazione diretta o indiretta dei prezzi d’acquisto o di vendita ovvero di altre condizioni contrattuali. Sono ricomprese in questa categoria sia la fissazione di prezzi minimi o massimi, sia globali che parziali (quali ad es. singole voci di prezzo), sia la fissazione indiretta dei prezzi (ad es. mediante la determinazione della misura massima degli sconti o ribassi praticabili). Quanto alle “condizioni di contratto” si allude a quelle condizioni volte ad influenzare il prezzo finale globale di transazione (come ad es. i servizi di assistenza post vendita, i costi della garanzia, i tassi d’interesse per pagamenti dilazionati ecc.). - l’impedimento o la limitazione degli sbocchi o degli accessi al mercato, degli investimenti, dello sviluppo tecnico o del progresso tecnologico. Rientrano in questa fattispecie di illecito antitrust gli accordi per il contingentamento della produzione, gli accordi di approvvigionamento esclusivo 6 PROF. FRANCESCA VESSIA Corso di Diritto Industriale A.A. 2013/2014 (intesa verticale volta ad imporre ad un dettagliante di rifornirsi da un solo produttore o fornitore) o gli sconti fidelizzanti o le percentuali di provvigioni concordati tra produttori e distributori al fine di indurre il distributore multimarca a favorire un produttore (rispetto al quale abbia una cointeressenza) a scapito degli altri. - la ripartizione dei mercati o delle fonti di approvvigionamento, che si attua attraverso i patti di esclusiva territoriale per la ripartizione dei mercati sia a livello verticale che orizzontale. - le pratiche discriminanti (applicazione di condizioni contrattuali diverse per prestazioni equivalenti) nei rapporti con le imprese concorrenti, comprensive del boicottaggio (che costituisce la forma più grave di discriminazione). - i contratti a prestazioni abbinate o pratiche leganti (c.d. clausole gemellate), quando si subordina la conclusione dei contratti a prestazioni supplementari che non abbiano alcun rapporto di necessità con l’oggetto dei contratti stessi (x es. l’acquisto di un pacchetto di antivirus o software per la navigazione su Internet per chi compra un PC). Le intese possono essere ORIZZONTALI (cartelli) o VERTICALI, nel primo caso riguardano imprese che si trovano ad uno stesso livello del ciclo produttivo o commerciale, nel secondo caso gli operatori economici si trovano ad operare a livelli diversi. La differenza è rilevante in quanto le intese orizzontali hanno nella maggior parte dei casi esclusivamente effetti anticoncorrenziali, tanto vero che possono essere rilasciate esenzioni solo individuali per singole intese e sempre a tempo determinato a condizione che si verifichino i presupposti richiesti dall’art. 4 l. 287/90 per il rilascio delle esenzioni; invece nelle intese verticali spesso gli effetti anti-concorrenziali sono limitati ai prodotti di una stessa marca (intrabrand) e non anche a marche diverse (interbrand) tra le quali si innescano dinamiche concorrenziali più accentuate. Così gli effetti anti-concorrenziali intrabrand sono compensati da effetti pro-concorrenziali interbrand favorevoli ai consumatori, ragione per la quale si è giunti nel corso del tempo ad un trattamento di maggior favore nei confronti delle intese verticali elaborando anche alcuni regolamenti di esenzione per categorie omogenee di intese verticali (x es. gli accordi di distribuzione esclusiva di autoveicoli, del carburante ed il franchising). In entrambi i casi la tecnica sanzionatoria delle intese mira a contemperare la per sé condemnation con la rule of reason (condanna automatica e principio di ragionevolezza). ESENZIONI GENERALI→ art. 4 - Le autorizzazioni in deroga secondo la disciplina generale possono essere rilasciate per singole intese o categorie di intese, per un periodo limitato, sono sempre revocabili e devono ricorrere le seguenti quattro condizioni (due positive e due negative): > le intese diano luogo a miglioramenti delle condizioni di offerta sul mercato di certi beni o servizi; > producano un sostanziale beneficio per i consumatori; > non comportino restrizioni della concorrenza che non siano strettamente necessarie (principio di necessarietà e proporzionalità degli effetti anti-concorrenziali); > non comportino l’eliminazione della concorrenza da una parte sostanziale del mercato. V. anche art. 101 ex 81, comma 2, Tratt. FUE. 7
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