PROF. FRANCESCA VESSIA Corso di Diritto Industriale A.A. 2013/2014 LA LEGGE ANTITRUST ITALIANA: L’ABUSO DI POSIZIONE DOMINANTE LEZIONE DEL 5 MAGGIO 2014 L’ABUSO DI POSIZIONE DOMINANTE → DEF. Non esiste una definizione legislativa di posizione dominante, ma la giurisprudenza comunitaria l’ha definita come quella posizione in cui si trova una impresa che le consente di influire notevolmente sul mercato e di tenere un comportamento relativamente indipendente dagli altri operatori concorrenti e dalle aspettative dei consumatori [sentenza Corte Giust. CE 27/76 caso United Brands V/s Commission (1978)]. Sono stati elaborati alcuni indici rivelatori della dominanza tra cui in primo luogo quello relativo alle quote di mercato: 1) se > 70% si presume la dominanza 2) se < 70% ma > 40% è necessario il riscontro di altri elementi indiziari (il numero e la forza delle imprese concorrenti, la distanza dal titolare della II quota di mercato, la polverizzazione delle altre quote di mercato, l’esistenza di eventuali barriere che ostacolino l’ingresso di nuovi concorrenti sul mercato, il carattere più o meno stabile nel tempo della quota di mercato). MONOPOLISTA LEGALE E IMPRESE PUBBLICHE → Il monopolista si presume che versi in una posizione di dominanza sul mercato. Pertanto o dovrebbe essere sempre sanzionato o sempre esonerato: quid iuris? L’art. 106 (ex 86) Tratt. Roma e art. 8 l.287/90. Non c’è esenzione totale dalla disciplina antitrust ma solo esonero nei limiti delle tre condizioni di continenza (rispetto all’oggetto della missione pubblica affidata per legge al monopolista), necessarietà e proporzionalità (della restrizione anticoncorrenziale rispetto al perseguimento della finalità pubblica perseguita dallo Stato). Quindi la disciplina antitrust si applica pienamente anche alle imprese pubbliche in regime di monopolio che esorbitino dal limite dell’oggetto del monopolio oppure che attuino misure restrittive della concorrenza non strettamente necessarie o sproporzionate (si veda il caso AQP). Per tutte le imprese pubbliche che si affacciano in mercati diversi da quelli in cui agiscono in regime di esclusiva (es. mercato della telefonia mobile rispetto al mercato della telefonia fissa) il legislatore nazionale ha stabilito alcune regole funzionali ad evitare lo sfruttamento abusivo della posizione di dominanza (dovuta al monopolio in un mercato diverso ma affine): 1. le imprese in regime di monopolio qualora intendano svolgere attività in mercati diversi da quelli in cui agiscono devono operare mediante società separate; 2. la costituzione di tali società come anche l’acquisizione di posizioni di controllo in società operanti in mercati diversi sono soggette a preventiva comunicazione all’Autorità Antitrust; 3. al fine di garantire pari opportunità di iniziativa economica, qualora le imprese monopoliste rendano disponibili a società 1 PROF. FRANCESCA VESSIA Corso di Diritto Industriale A.A. 2013/2014 da esse partecipate o controllate in mercati diversi beni o servizi, anche informativi, di cui abbiano la disponibilità esclusiva in dipendenza delle attività svolte, esse sono tenute a rendere accessibili tali beni o servizi, a condizioni equivalenti, alle altre imprese direttamente concorrenti. Un limite generale all’attività del monopolista è infine il diritto di autoproduzione (art. 9 l. 287/90), inteso come diritto per i terzi di produrre per uso proprio i beni o servizi la cui produzione sia affidata per legge o atto amministrativo ad una impresa monopolista statale o locale. L’autoproduzione non è consentita solo se, in base alle disposizioni che prevedono la riserva legale di gestione esclusiva di un’attività ad una impresa monopolista, questa risulta stabilita per motivi di ordine pubblico, sicurezza pubblica e difesa nazionale, nonché, salvo concessione, per quanto concerne il settore delle telecomunicazioni. In nessun caso si può considerare il diritto di autoproduzione a fondamento di una scelta monopolistica di gestione di un servizio pubblico locale o nazionale (come nel caso delle società in house providing) perché la ratio legis del diritto di autoproduzione risiede proprio nella volontà di limitare l’agire del monopolista consentendo ai privati di sottrarsi allo stesso e non già di legittimare il monopolio dello Stato o degli enti pubblici. Non è vietata però la posizione di dominanza in sé ma ogni comportamento tendente allo sfruttamento abusivo di tale posizione, che si può manifestare attraverso alcune condotte tipizzate dalla legge (art. 3 l. 287/90 di contenuto conforme all’art. 102 ex 82 Tratt. FUE), quali: 1. l’imposizione dei prezzi o altre condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose. Su questa fattispecie si deve chiarire quando il prezzo si può qualificare come “non equo” nei mercati monopolistici? Ci sarebbero due parametri interpretativi: o si deve considerare sempre iniquo il prezzo fissato dal monopolista perché per assunto superiore a quello che si formerebbe in un mercato concorrenziale; oppure ci deve essere un’Autorità di regolazione pubblica che stabilisca quale debba essere il giusto prezzo. L’orientamento dell’Antitrust è di considerare ingiustificatamente gravoso il prezzo che risulti fissato con criteri palesemente irrazionali o arbitrari (ad es. tariffe forfettarie che prescindano dalla quantità di servizi resi effettivamente o dal valore dei beni ceduti). Nei mercati oligopolistici, invece, sono certamente “non equi” i prezzi predatori (c.d. predatory pricing) ossia le vendite sottocosto, prolungate e motivate dal solo intento di escludere dal mercato concorrenti attuali o potenziali. 2. La limitazione degli accessi o degli sbocchi ai mercati, o degli investimenti, dello sviluppo tecnico o del progresso tecnologico. Manca invece la fattispecie della ripartizione dei mercati o delle fonti di approvvigionamento, presente nell’art. 2 sulle intese, poiché essi non rientrano tra gli 2 PROF. FRANCESCA VESSIA Corso di Diritto Industriale A.A. 2013/2014 obiettivi dell’impresa in posizione dominante, la quale ha semmai l’interesse opposto a concentrare i mercati e le fonti di approvvigionamento nelle proprie mani con intento monopolistico. 3. Le pratiche discriminanti o escludenti, includono il rifiuto ingiustificato di contrattare nel caso di essential facility (infrastrutture o diritti di privativa non replicabili ed essenziali per l’accesso ad un mercato a valle diverso da quello in cui viene detenuta la posizione dominante). L’ essential facility doctrine (di origine nordamericana) si è formata e sviluppata in relazione all’accesso ad infrastrutture di pubblica utilità non replicabili o non facilmente replicabili per le quali si poneva l’esigenza di un accesso multiplo da parte di più operatori per garantire la pluralità dell’offerta sul mercato di riferimento. Successivamente tale teoria è stata adattata per risolvere controversie derivanti dalla chiusura dei mercati delle information technologies provocata da abusi del diritto di copyright o di proprietà industriale (brevetti, disegni o modelli industriali). Il primo caso in Europa di applicazione in questo settore della essential facility doctrine è stato il caso Magill (sent. Corte Giust. 6.4.1995 – cause riunite C-241/91 e C-242/91) in cui tre emittenti televisive britanniche (BBC, RTE e ITV) si erano rifiutate di comunicare i loro palinsesti alla società irlandese Magill, impedendole in tal modo di realizzare una guida televisiva settimanale generale. La Corte ha affermato in quella sede che il rifiuto di cedere tali informazioni integrava un abuso di posizione dominante (i.e. un abuso del diritto d’autore sui palinsesti che la legge garantiva loro) in quanto ostacolava l’emergere di un prodotto nuovo che le emittenti non offrivano e quindi la creazione di un nuovo mercato, oltre che apparire il rifiuto di concedere la licenza non giustificato rispetto alla necessaria tutela del diritto di privativa. Dal 1991 in poi l’illiceità di questi comportamenti è sempre legata all’accertamento dei due requisiti riscontrati nel caso Magill, ossia l’assenza di una causa giustificativa e l’impedimento nella realizzazione di nuovi prodotti per i quali esiste una domanda potenziale su un distinto mercato. 4. Le pratiche leganti (c.d. tying contracts), sono quelle con le quali l’impresa dominante impone ai suoi contraenti l’acquisto di beni o servizi supplementari rispetto a quelli richiesti ma che non siano strettamente necessari per la fruizione o il godimento dei beni o servizi principali, avvalendosi del collegamento tecnico, funzionale o commerciale esistente tra i due beni (come nel caso Microsoft del 1998). Simile è anche la tecnica del Bundling che cosiste nel praticare politiche di prezzo che rendano conveniente acquistare una intera gamma di prodotti piuttosto che un 3 PROF. FRANCESCA VESSIA Corso di Diritto Industriale A.A. 2013/2014 singolo prodotto di punta (v. i prezzi I-Tun di singole canzoni o di interi cd). Si può avere anche una posizione dominante “collettiva”, quando la dominanza sul mercato è detenuta da 2 o più imprese giuridicamente indipendenti, ma che si presentino sul mercato come un’unica entità economica (x es. i gruppi). Per l’abuso di posizione dominante non sono previste esenzioni, né individuali né per categoria, essendo reputata una forma gravissima di restrizione della concorrenza priva di effetti positivi per il mercato ed in particolare per i consumatori (tecnica sanzionatoria della per sé condemnation, condanna automatica al riscontro di conformità dell’illecito concreto rispetto alla fattispecie astrattamente tipizzata). 4
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