-40% +3% -30% 17,2 +7,6% +13% +2,3% 5,0% L'ampiezza del ribasso, dall'estate, del prezzo del petrolio. Questo crac si iscrive nelle nostre «Tendenze secolari». Pagina 2 Crescita dell'economia, come media annuale, prevista per il 2015. Sarebbe la migliore performance osservata dal 2005. Pagina 4 di correzione del mercato russo e progressione di circa il +38% del mercato indiano dall'inizio dell'anno. La zona emergente rimane eterogenea. Pagina 7 milioni. Il ritmo annualizzato delle auto vendute a novembre oltre Atlantico, il dato più elevato dall'inizio del 2006. Pagina 8 La performance da inizio anno dell'Investment Grade statunitense. Un risultato migliore del previsto. Pagina 10 Performance del palladio da gennaio a fine novembre 2014. L'anno prossimo dovrebbe essere altrettanto favorevole. Pagina 11 La crescita del PIL americano prevista nel 2014. Siamo ottimisti per il 2015. Pagina 12 Il tasso di risparmio delle famiglie americane nel 3° trimestre 2014. Nel 4° trimestre 2013 era al 4,4%. Pagina 13 All'alba del 2015, l'oro nero e l'andamento dell'economia americana condizionano già gli investimenti Dicembre 2014 Prospettive COMMENTO Il ribasso del prezzo del petrolio si iscrive nelle nostre «Tendenze secolari» Novembre è il periodo dell'anno in cui aggiorniamo le nostre «Tendenze secolari». In estrema sintesi, per questo decennio esse consistono nel privilegiare le azioni sviluppate rispetto a quelle dei paesi emergenti, il dollaro rispetto all'euro e il settore tecnologico rispetto a quello delle commodity. All'inizio dell'anno, molti investitori temevano un crac dei listini azionari americani o dei titoli di Stato. Un crac effettivamente c'è stato, ma... del petrolio. Era l'ultima commodity che non aveva ancora Yves Bonzon confermato la fine della sua tendenza rialzista Direttore degli investimenti strutturale. Questa era iniziata nel 1999 dopo la crisi asiatica, a poco meno di dieci dollari per barile. Ormai è cosa fatta, con il crollo del 40% registrato dall'estate a questa parte. TENDENZE SECOLARI 1970 1980 1990 2000 2010 Bretton Woods Tassi di cambio variabili Disinflazione Caduta del muro di Berlino UEM Disindebitamento gestito in Occidente Choc petrolifero Accordi del Plaza Globalizzazione Forte squilibrio mondiale Obiettivo di PIL nominale e di prezzi delle attività Inflazione Arbitraggio Internet Affermazione della Cina Discriminazione dei mercati emergenti E-trading Credito strutturato EUR 2.0 CONTESTO ECONOMICO 1960 CONTESTO D’INVESTIMENTO Azioni americane «Nifty Fifty» Small cap Titoli di Stato Indici Hedge fund AAT e AAS basate sui fattori di rischio Titoli petroliferi Nikkei Nasdaq Azioni dei mercati emergenti Blue chips di qualità dei mercati sviluppati Oro, CHF e JPY Hang Seng SMI Commodity USD USD EUR Debito dei mercati emergenti Fonte: CIO office Un ribasso del prezzo del barile così rapido e ingente evidentemente non può essere privo di conseguenze sull'economia reale e sui mercati finanziari. Tuttavia, ci sembra azzardato estrapolare gli episodi analoghi dagli anni 1980 o 1990. A quell'epoca, l'inflazione, e soprattutto i tassi d'interesse, erano molto più alti rispetto a oggi. Lo scenario di fondo dei paesi sviluppati non era ancora deflazionistico e le autorità, in particolare le banche centrali, disponevano allora di un margine di manovra molto superiore per stimolare o moderare la crescita e l'inflazione. Certamente, questo ribasso del prezzo dell'energia fossile è a priori una fonte di deflazione «buona» , causata dal progresso tecnologico e da un aumento dell'offerta, rispetto alla deflazione «cattiva» determinata da una contrazione |2| prospettive|dicembre 2014 della domanda. Complessivamente, questo choc costituisce tuttavia una fonte di ulteriore deflazione, le cui conseguenze variano a seconda dei paesi. Per di più, non è sicuro che le nostre banche centrali facciano una distinzione molto chiara tra le differenti forze deflazionistiche che si trovano a fronteggiare. Dal lato dei paesi importatori di petrolio, ci si può attendere un effetto netto favorevole tramite un aumento del reddito disponibile dei consumatori e una diminuzione dei costi di produzione. Tuttavia, bisogna anche tenere conto dell'impatto del rallentamento del settore petrolifero negli Stati Uniti, mentre in Europa le pressioni deflazionistiche associate non sono necessariamente benvenute. Dal lato degli esportatori, tra cui molti paesi emergenti che si trovano in fase di rallentamento strutturale, come il Brasile, le conseguenze potrebbero rivelarsi fastidiose e in alcuni casi addirittura dolorose. A livello microeconomico, questo brusco cambiamento di paradigma porterà a rettifiche di valore colossali per i governi e le società private che negli ultimi dieci anni hanno effettuato investimenti massicci nelle vecchie e nuove energie, con il postulato di un nuovo livello minimo permanente del prezzo del barile a 100 dollari. Queste correzioni di valore sono di per sé deflazionistiche e costituiranno una fonte di stress sui mercati del debito societario e del debito emergente. Per quanto riguarda le azioni, la dispersione delle valutazioni dei titoli petroliferi riflette un elevato grado di ansietà. A priori è una cosa positiva. Tuttavia, la selettività è d'obbligo poiché le conseguenze sulla solidità dei bilanci in questione non sono necessariamente riflesse nei rapporti prezzo/utile apparentemente attrattivi. Sapendo che gli investimenti nel capitale del settore petrolifero nell'ambito dell'indice S&P 500 rappresentano da soli un quarto del totale, si può avere una idea dell'ampiezza potenziale del problema. Sui mercati del private equity, capitali molto importanti hanno finanziato progetti di ricerca e di sviluppo sia convenzionali che non convenzionali - nel settore del petrolio e del gas. Anche in questo caso, le correzioni di valore si preannunciano sostanziali. In sintesi, è molto probabile nei prossimi tre anni il settore petrolifero si riveli più ricco di opportunità per i gestori del debito distressed che per i gestori azionari. In questo inizio del mese di dicembre, tutti i miei colleghi del team d'investimento si uniscono a me per formularvi i migliori auguri per le prossime Festività. Grazie a tutti i nostri partner, lettrici e lettori per la loro fedeltà e un cordiale appuntamento al 2015 per un nuovo anno ricco di attualità finanziarie ed economiche. «Prospettive» è disponibile anche online. Seguite quotidianamente e abbonatevi alle nostre opinioni sull’economia, i mercati e le tendenze secolari sul sito http://perspectives.pictet.com prospettive|dicembre 2014 |3| MACROECONOMIA Gli Stati Uniti cambiano regime L'accelerazione della caduta del prezzo del petrolio stimola i consumi nelle economie sviluppate, ma genera un aumento dei rischi nei paesi emergenti. La desincronizzazione economica mondiale pertanto aumenta. Christophe Donay*, Bernard Lambert e Nadia Gharbi *con la collaborazione di Wilhelm Sissener Mentre la desincronizzazione dell'economia mondiale si accentua, un cambiamento di regime macroeconomico si è verificato negli Stati Uniti, con il ciclo economico che prende il testimone dalla politica monetaria. In Europa, le pressioni sulla BCE per attuare un programma di allentamento quantitativo aumentano, con il ribasso del prezzo del petrolio che diviene un fattore di ulteriore diminuzione degli indici dei prezzi al consumo. Il ribasso del petrolio provoca una nuova dinamica All'alba del 2015, un cambiamento di regime caratterizza l'economia mondiale. Gli Stati Uniti sono in prima linea, con il regime del ciclo economico che si è già sostituito al regime monetario a fine ottobre, con la fine delle misure di allentamento quantitativo della Federal reserve. La principale economia mondiale dovrebbe così attenuare le forze negative in atto nelle altre grandi zone economiche. Lo scenario di fondo dell'economia mondiale continua tuttavia a essere desincronizzato, con lo spettro della deflazione che minaccia l'Europa e una crescita in decelerazione nella maggior parte delle economie emergenti. Alcune di esse, fortemente dipendenti dalla produzione e dai prezzi del petrolio, si vengono inoltre a trovare in una situazione potenzialmente critica, con l'accelerazione della discesa del prezzo del greggio, passato da 80 dollari a inizio novembre a meno di 70 un mese più tardi. La Russia ne ha subìto le conseguenze con il deprezzamento del rublo, pressioni sui premi di assicurazione per il rischio di insolvenza (CDS - credit default swap) sulle sue obbligazioni e la previsione di una recessione il prossimo anno. Petrobras, in Brasile, ha già annunciato che i suoi livelli di indebitamento aumenteranno e che essa taglierà alcuni investimenti in progetti petroliferi. Le conseguenze del petrolio meno caro su queste economie fanno sorgere il rischio di un effetto domino sull'economia mondiale. Nelle economie sviluppate questa correzione è, nelle attuali circostanze, piuttosto benvenuta. Il potere d'acquisto dei consumatori aumenta e la crescita ne trae giovamento. In Europa, ciò viene tuttavia a esercitare una ulteriore pressione sugli indici dei prezzi al consumo. L'attuale politica monetaria europea si ritrova pertanto potenzialmente ancora più disallineata dagli obiettivi di inflazione perseguiti. Le misure di allentamento quantitativo della Banca centrale europea (BCE) potrebbero pertanto essere attuate all'inizio dell'anno prossimo. Stati Uniti: la crescita nel 2015 sarà probabilmente la più elevata dal 2005 La crescita rivista del PIL americano nel 3° trimestre è stata del 3,9% come variazione trimestrale annualizzata. Dato |4| che alcune distorsioni statistiche riguardanti le spese militari hanno temporaneamente gonfiato il PIL, la crescita dovrebbe scendere verso il 2,5% nel 4° trimestre. Per il 2015, restiamo complessivamente ottimisti. L’impatto negativo del forte apprezzamento del dollaro dovrebbe essere compensato dagli effetti benefici del recente ribasso del prezzo del petrolio (per una analisi più dettagliata, si rimanda alla rubrica «Tema del mese» a pagina 12). La crescita dell’economia americana dovrebbe quindi raggiungere l’anno prossimo il 3,0% come media annua, che rappresenterebbe la migliore performance osservata dal 2005 ad oggi. La Federal reserve è sempre più di fronte ad un dilemma di politica monetaria. Da un lato, il tasso di disoccupazione diminuisce rapidamente e gli Stati Uniti si avvicinano a grandi passi alla piena occupazione, anche considerando misure di sottoccupazione più ampie. In un simile contesto, mantenere i tassi d’interesse a breve vicini a zero ancora a lungo può essere rischioso. Dall’altro lato, l’inflazione rimane bassa e i rialzi dei salari modesti. Inoltre, i rischi sembrano essere asimmetrici. Le conseguenze di una azione di stretta monetaria troppo precoce sarebbero verosimilmente molto più dannosi di una azione che dovesse rivelarsi un po’ tardiva. La divergenza tra questi due tipi di analisi si ritrova nello scarto considerevole tra le proiezioni dei tassi dei diversi membri della Fed. Per la fine del 2015, le proiezioni più basse indicano tassi dei Fed funds ancora prossimi allo zero, e la proiezione più alta una risalita verso il 2,75%-3,0%. Saranno probabilmente gli sviluppi sul fronte della crescita e dell’inflazione a fare da arbitro. Rimaniamo peraltro dell’avviso che il primo movimento di rialzo dei tassi avverrà intorno a metà 2015, e che la forcella obiettivo per i tassi dei Fed funds alla fine dell’anno prossimo sarà dell’1,0%-1,25%. «La flessione in corso della crescita cinese deve essere relativizzata. Essa rientra nel contesto di un rallentamento strutturale graduale, che dovrebbe portare la crescita intorno al 5,5% nel periodo 2020-2025, rispetto ad una media di oltre il 10% tra il 2000 e il 2010» Eurozona: rischio di deflazione e crescita fiacca nel 2015 La maggior parte degli indicatori congiunturali fa pensare che una ripresa sostenuta sia poco probabile nei prossimi mesi. In effetti, l’indice dei direttori degli acquisti nel settore dell’industria è arretrato a novembre, attestandosi a 50,1, un livello quasi da stagnazione. La componente relativa agli ordinativi è nuovamente peggiorata, registrando il suo terzo mese consecutivo di arretramento. prospettive|dicembre 2014 per stimolare il potenziale delle economie già duramente colpite e per evitare uno scenario alla giapponese. PIL CINESE: TASSI DI CRESCITA ANNUALI E PREVISIONI % 14 13 12 media 2000-2010: 10,5% 2013: 7.7% 2014E: 7.3% 2015E: 7.0% 11 10 9 crescita potenziale media 2020 - 2025E: 5.5% 8 7 6 5 4 94 96 98 00 02 04 06 08 10 12 14 16 18 20 22 24 Fonte: Pictet WM – AA&MR, Datastream Nello stesso tempo, il ribasso del prezzo del greggio dalla metà del mese di giugno scorso, del 30% misurato in euro, non è privo di conseguenze sull’economia reale. Infatti le famiglie e le imprese dovrebbero beneficiare di questo ribasso, incoraggiando così i consumi e l’occupazione. Nel breve periodo, la crescita sarà sostenuta anche da altri fattori. Gli esportatori dovrebbero infatti beneficiare del deprezzamento dell’euro. In aggiunta, la fine degli stress test delle banche effettuati dalla BCE, le TLTRO (Targeted longer-term refinancing operations), e l’allentamento progressivo dei requisiti per la concessione dei prestiti, dovrebbero facilitare la ripresa del credito, anche se quest’ultima è penalizzata dall’indebitamento tuttora elevato del settore privato. In questo contesto, restiamo comunque prudenti e prevediamo d’ora innanzi una crescita dello 0,8% per il 2015. In termini di dinamica dei prezzi, le pressioni deflazionistiche dovrebbero perdurare l’anno prossimo. Inoltre, malgrado il suo effetto positivo sulla congiuntura, il ribasso del prezzo del petrolio fa diminuire le prospettive di inflazione. Il rischio di assistere ad una revisione al ribasso delle previsioni di inflazione è fortemente aumentato e la BCE sarà verosimilmente spinta ad adottare maggiori misure non convenzionali come un acquisto di titoli di Stato, già a partire dagli inizi del 2015. Le autorità europee avranno anch’esse un ruolo cruciale da giocare. L’attuazione di riforme strutturali diventerà necessaria prospettive|dicembre 2014 Cina: primo taglio dei tassi d’interesse di riferimento dal 2012 Dopo il rallentamento della crescita del PIL cinese al 7,3% anno su anno nel 3° trimestre, le statistiche mensili di ottobre - e le prime per novembre - hanno continuato a puntare verso una prosecuzione dell’andamento negativo dell’economia. Dopo avere attuato diverse misure di allentamento mirato negli ultimi mesi, la banca centrale cinese ha scelto di mandare un segnale più forte, annunciando lo scorso 21 novembre una riduzione dei suoi tassi di riferimento (tra cui un taglio di 40 punti base al 5,6% per i tassi sui prestiti a 12 mesi). L’impatto sull’economia dovrebbe tuttavia rimanere limitato e nel 2015 sono probabili altre misure di allentamento monetario. La flessione in corso della crescita cinese deve essere relativizzata. Essa rientra nel contesto di un rallentamento strutturale graduale, che dovrebbe portare la crescita intorno al 5,5% nel periodo 2020-2025, rispetto ad una media di oltre il 10% tra il 2000 e il 2010. Il mercato del lavoro ha peraltro continuato a registrare un andamento favorevole quest’anno. In ogni caso, gli sforzi delle autorità cinesi per arrestare il deterioramento dell’economia dovrebbero dare i loro frutti e la crescita stabilizzarsi. In media annuale, continuiamo tuttavia a prevedere un leggero ulteriore peggioramento della crescita nel 2015 (al 7,0%, rispetto a circa il 7,3% quest’anno e al 7,7% nel 2013). |5| STRATEGIA I mercati finanziari tributari del petrolio Sulla scia della brusca caduta del prezzo del petrolio nelle ultime settimane, le classi di attività reagiscono in modo non uniforme. Le azioni dei settori ciclici e dei consumi delle economie sviluppate si ritrovano sostenute da una dinamica favorevole dei profitti. Christophe Donay*, Chloé Koos Dunand e Jacques Henry *con la collaborazione di Wilhelm Sissener MERCATI FINANZIARI Performance in % degli indici finanziari in moneta locale. Dati al 28.11.2014 Indice Dal 31.12.2013 Mese precedente Azioni statunitensi* USD S&P 500 14.0% 2.7% Azioni europee * EUR STOXX Europe 600 9.2% 3.3% -1.1% Azioni mercati emergenti* USD MSCI Emerging Markets 2.9% US Treasury* USD ML Treasury Master 5.7% 0.9% Obblig. societarie investment grade statunitensi* USD ML Corp Master 7.6% 0.6% Obblig. societarie high yield statunitensi** USD ML US High Yield Master II 4.0% -0.8% Hedge fund USD Credit Suisse Tremont Index global** 2.6% -0.8% Commodity USD Reuters Commodities Index -9.2% -6.5% Oro USD Oncia troy oro -2.1% 1.4% Le azioni e le obbligazioni delle società di produzione e raffinazione del petrolio sono in difficoltà. Gli spread delle obbligazioni societarie di questi settori si allargano, analogamente a quelli dei titoli di Stato dei paesi produttori di petrolio come la Russia o il Brasile. Le classi di attività reagiscono in modo non uniforme Il ribasso del corso del petrolio ha effetti positivi e negativi sui mercati finanziari, a seconda delle classi di attività. Ad esempio, mentre le azioni cicliche e quelle del settore dei consumi delle economie sviluppate si ritrovano sostenute da una migliore dinamica dei profitti sottostanti, le pressioni sui margini delle società di produzione e di raffinazione pesano sulle azioni di tali settori. Peraltro, gli spread delle obbligazioni di queste ultime e gli spread dei titoli di Stato delle economie emergenti fortemente dipendenti dalle loro esportazioni di petrolio si allargano e fanno emergere un rischio sui mercati internazionali, a carattere potenzialmente sistemico, a causa dell'effetto domino che potrebbe generare. Come abbiamo menzionato nella rubrica |6| * Dividendi/cedole reinvestiti **Fine ottobre 2014 «Macroeconomia» a pagina 4, il ribasso del prezzo del petrolio accentua le forze deflazionistiche nell'eurozona. Con la prospettiva di iniezioni massicce di liquidità, tramite un allentamento quantitativo della BCE, che si avvicina più rapidamente del previsto, i tassi d'interesse dell'eurozona potrebbero restare ancora sotto pressione. In un contesto mondiale di inflazione molto contenuta, il prezzo dell'oro dovrebbe anch'esso rimanere sugli attuali livelli, tanto più che continuiamo a prevedere un rafforzamento graduale del biglietto verde per tutto il 2015 sulla scia del passaggio da un regime monetario ad un regime basato sui fondamentali negli Stati Uniti. Profitti ancora deludenti in Europa La performance dei mercati azionari sviluppati è stata particolarmente dinamica a novembre, dopo un mese di ottobre più contrastato. Escludendo i dividendi, le progressioni sono state del 4,4% per lo S&P 500, del 6% per lo Stoxx Europe 600 e del 12,7% per il TOPIX. Malgrado questo mese positivo, le azioni europee hanno accumulato, dall'inizio dell'anno, un ritardo di circa il 5% rispetto alle azioni americane, dopo avere già sottoperformato di circa l'11% nel 2013. I risultati di bilancio delle società per il terzo trimestre sono leggermente superiori alle aspettative sia negli Stati Uniti che in Europa. Per contro, i dati americani positivi si spiegano solo con la contribuzione delle società finanziarie e quest'ultimo trimestre dell'anno resta il meno dinamico da 18 mesi a questa parte. Anche in Europa i profitti sono stati trascinati verso l'alto dal settore finanziario. I migliori risultati del terzo trimestre sono dovuti essenzialmente a un effetto di base dei profitti, fortemente rivisti al ribasso per tutto l'anno. In effetti, da gennaio è andato perso un 8%-9% dei profitti attesi per il 2014 e il 2015. Deprezzamento dello yen e rialzo delle azioni giapponesi La correlazione tra la variazione dello yen e quella del TOPIX si è ulteriormente rafforzata nel secondo semestre. Le grandi imprese giapponesi beneficiano direttamente dell'indebolimento della loro moneta, da un lato perché divengono più competitive nelle esportazioni e dall'altro perché rimpatriano in yen i profitti realizzati all'estero. Il Giappone resta così la sola zona che continua a beneficiare delle revisioni al rialzo delle stime sugli utili per il 2014 e il 2015. Il nuovo allentamento quantitativo della Bank of Japan annunciato a fine ottobre non dovrebbe modificare questa tendenza. La correlazione persistente dimostra tuttavia l'importanza per un investitore estero di coprire la sua esposizione verso lo yen. prospettive|dicembre 2014 Il ritardo dei mercati emergenti permane Le valutazioni dei mercati emergenti non costituiscono per il momento un fattore di sostegno della loro performance. Dall'inizio dell'anno, la zona emergente rimane eterogenea con, agli estremi, un ribasso di circa il 30% del mercato russo misurato dal RTSI in USD e una progressione di circa il 38% del mercato indiano. Misurato in dollari USA, l'indice MSCI Emerging Markets è progredito del 2,9% dall'inizio dell'anno, contro il 7,2% per il MSCI World. Considerando esclusivamente l'Asia (Giappone escluso), si constata che, come in Europa, le tendenze degli utili dovrebbero restare sfavorevoli, con dall'inizio dell'anno revisioni al ribasso del 9%-10% degli utili attesi per il 2014 e il 2015. Forza del dollaro e debolezza delle monete emergenti Il vigore dell'economia americana e la stretta della politica monetaria della Fed dovrebbero contribuire a un dollaro forte l'anno prossimo. Questa dinamica appare destinata a continuare, in particolare nei confronti della maggior parte delle monete emergenti, i cui tassi di cambio, sensibili ai flussi di capitali, restano legati alle decisioni della Fed in materia di politica monetaria. La forza del dollaro rispetto alla maggior parte delle monete sviluppate dovrebbe trovare conferma nel 2015, anche se scostamenti temporanei dalla tendenza a lungo termine non sono da escludere. Per quanto riguarda l'euro, il differenziale dei bilanci delle banche centrali sembra già riflettersi nel tasso di cambio ma non nel differenziale di crescita. Se, come prevediamo, la crescita prospettive|dicembre 2014 economica americana si stabilizzerà al 3% e quella dell'eurozona si manterrà ad un livello prossimo allo 0%, non si può pertanto escludere un tasso di cambio di 1,15 dollari per un euro. Come prossima soglia nella prima parte del 2015, prevediamo 1,20. Il ribasso del prezzo del petrolio a sostegno dell'economia globale Il prezzo del greggio da giugno a novembre è sceso di circa 25 dollari al barile, a seguito di una sovraproduzione temporanea e di un apprezzamento del dollaro. Nell'ultima settimana di novembre, la decisione dell'Opec di non intervenire e di lasciare ai mercati la determinazione del prezzo del greggio ha provocato un ulteriore ribasso di 10 dollari il barile, per stabilizzarsi a 72 dollari. Quest'ultima discesa dei prezzi ci sembra esagerata, e noi prevediamo una risalita, sia pure molto graduale. In effetti, se l'Opec non vuole ridurre la sua produzione, il prezzo resterà tributario della domanda, che a nostro avviso non accelererà in modo significativo l'anno prossimo. Abbiamo di conseguenza rivisto il nostro prezzo medio previsto per il 2015 a circa 95 dollari il barile, con una evoluzione tuttavia su livelli relativamente bassi nella prima parte dell'anno, accompagnata da una risalita nella seconda. |7| FATTI SALIENTI NEL MONDO L'attività manifatturiera rallenta in Cina Il rallentamento della crescita in Cina si riflette nell'ultimo sondaggio presso i direttori degli acquisti (PMI) manifatturieri. Il prezzo del rame accusa il colpo di questo andamento, scendendo sotto la soglia di 6500 dollari la tonnellata e, come conseguenza, influisce negativamente sull'economia del Cile. 1,6% L'economia spagnola nel 3° trimestre ha conosciuto una crescita del +0,5% rispetto al trimestre precedente. Si tratta del quinto trimestre consecutivo di crescita, che conferma la ripresa, nonostante un tasso di disoccupazione ancora molto elevato. Come variazione annuale, il PIL reale è cresciuto dell'1,6%. CAD -8,4 mld Il deficit delle partite correnti canadesi è diminuito di 1,5 miliardi nel 3° trimestre, tornando al suo livello più basso dal 2008 (8,4 miliardi di dollari canadesi). 17,2 milioni È il ritmo annualizzato delle auto vendute a novembre oltre Atlantico. Dopo quello dello scorso agosto (17,5 milioni) si tratta del dato mensile più elevato dall'inizio del 2006. Questi risultati sono stati largamente superiori alle previsioni di consenso (16,6 milioni), nonché al livello registrato a ottobre (16,5). Le vendite di automobili mettono a segno una gradita progressione annuale dell'11,8%. USD 6351,25 dollari la tonnellata Il Cile è il primo produttore di rame del Pianeta e un grande venditore di materie prime alla Cina. Il paese risente della caduta del prezzo del petrolio e di quella dei prezzi dei metalli di base. Il rame è infatti sceso sotto la soglia di 6500 dollari la tonnellata, segnando un minimo da otto mesi a questa parte (al London Metal Exchange). |8| prospettive|dicembre 2014 +0,7% Nel 3° trimestre, la Grecia ha conosciuto una crescita dello 0,7% rispetto al trimestre precedente, registrando così il suo terzo trimestre consecutivo di progressione dopo 6 anni di recessione. 50,3 L'attività manifatturiera in Cina ha rallentato, scendendo al suo ritmo di crescita più basso da 9 mesi. L'indice dei direttori degli acquisti (PMI) ufficiale (NBS) è diminuito nel mese di novembre a 50,3, contro 50,8 a ottobre. A1 L'agenzia di valutazione finanziaria Moody's ha abbassato di un livello il rating del debito a lungo termine del Giappone, a causa del suo indebitamento. Questo passa quindi da Aa3 a A1, mantenendo tuttavia un outlook stabile. L'agenzia dubita delle capacità del Giappone di raggiungere i suoi obiettivi di riduzione del deficit di bilancio. Dopo gli esordi promettenti, le Abenomics (per maggiori dettagli, si rimanda alla rubrica «Tema del mese» di Prospettive, edizione settembre 2014) hanno recentemente accumulato degli insuccessi che giustificano l'indizione di nuove elezioni legislative il 14 dicembre 2014. 20% L'India riapre le porte alle importazioni di oro. Il governo di Nuova Delhi ha appena soppresso la norma che limitatava maggiormente gli acquisti del metallo prezioso da circa un anno e mezzo (più precisamente la regola detta 80/20, che obbligava gli acquirenti di oro indiani a riesportare, sotto forma di gioielli, il 20% del metallo giallo, prima di poterne acquistare di nuovo). prospettive|dicembre 2014 0,3% Il PIL australiano è nettamente inferiore alle attese, ovvero 0,3% come variazione trimestrale rispetto allo 0,7% delle previsioni di consenso. Inoltre, il tasso di cambio AUD/USD scende sotto quota 0,85 (0,85 dollari USA per 1 dollaro australiano) per la prima volta dal 2010. Le vendite al dettaglio sono state tuttavia nettamente migliori delle attese, allo 0,4% come variazione trimestrale (invece dello 0,1% previsto). |9| CLASSI DI ATTIVITÀ L'attrattiva delle azioni statunitensi perdurerà nel 2015 Le prospettive del passaggio da un regime monetario ad un regime del «ciclo economico» negli Stati Uniti potrebbero suscitare un interesse crescente per i mercati azionari americani, con il ciclo dei profitti e le valutazioni nel ruolo di fattori di rischio di riferimento. Azioni Una fine d'anno in bellezza malgrado qualche spavento Ottima performance nel 2014 dei mercati azionari sviluppati. Preferiamo i mercati azionari degli Stati Uniti a quelli dell'Europa per l'inizio del 2015. Il nostro scenario 2014 per le azioni si articolava intorno a una liquidità sempre abbondante, che avrebbe permesso ai mercati sviluppati di progredire di almeno il 10% dividendi inclusi, e di oltre il 15% in uno scenario più aggressivo. A fine novembre, le due varianti dello scenario si sono realizzate. Per la terza volta dall'inizio dell'anno, dopo giugno e settembre, lo Stoxx Europe 600 ha ottenuto in effetti un rendimento lordo superiore al 9% recuperando tutte le perdite registrate a ottobre. Sul lato americano, lo S&P 500 mostra una progressione, dividendi inclusi, del 14% caratterizzata da una maggiore resistenza durante le fasi di consolidamento di luglio e ottobre. Lo scarto di performance tra le due zone è in linea con la divergenza delle revisioni delle stime dei profitti, con l'Europa che soffre molto più degli Stati Uniti da questo punto di vista. La crescita attesa per il 2014 dei profitti in Europa è solo del 3,7% contro quasi il 14% stimato l'anno precedente. Prima che la Banca centrale europea adotti misure più accomodanti, l'Europa potrebbe avere dei problemi a colmare il suo ritardo rispetto agli Stati Uniti, per le tendenze degli utili meno favorevoli delle società europee, in ragione della sua debolezza congiunturale. Il nostro scenario centrale per il 2015 prevede una progressione, dividendi compresi, del 10% per lo S&P 500, ma inferiore per il principale indice europeo Stoxx Europe 600. |10| Obbligazioni La fine dei tassi a zero nel 2015 Un nuovo ciclo di restrizione della politica monetaria della Fed vedrà molto probabilmente la luce nel 2015. Sarà il primo dopo quello iniziato nel 2004. Malgrado questa inversione di grande importanza, la fine di 6 anni di tassi di riferimento a zero, il rialzo dei tassi d'interesse a lungo termine potrebbe rivelarsi contenuto in ragione delle incertezze congiunturali e del fatto che il rischio di inflazione rimane basso. Ripresa economica, creazione di nuovi posti di lavoro, nuovi crediti, ripresa dell'immobiliare, i fondamentali dell'economia americana lasciano intravedere un rialzo dei tassi di riferimento nel 2015. Se la direzione dei tassi dei Fed funds è chiara, l'incertezza riguarda piuttosto la data del primo rialzo e il ritmo del movimento di normalizzazione. A questo punto, manteniamo uno scenario di un aumento di 75-100 punti base sull'intero anno. Una trasmissione uno a uno di questo rialzo sui tassi a lungo termine porterebbe i tassi decennali in un range del 2,9%-3,15%. Un livello tutto sommato modesto se lo scenario di rafforzamento della crescita economica statunitense dovesse venire confermato. Il brusco ribasso del prezzo del petrolio negli ultimi sei mesi potrebbe però cambiare le carte in tavola. L'effetto disinflazionistico potrebbe più che compensare l'effetto di aumento della domanda interna collegato ai guadagni di potere d'acquisto. Diverrebbe così meno urgente per la Fed di iniziare il suo ciclo di rialzo e la trasmissione lungo l'intera struttura a termine dei tassi d'interesse avverrebbe con un rapporto inferiore ad uno a uno. Ne risulterebbe un rialzo ancora meno marcato dei tassi d'interesse a lungo termine. Obbligazioni societarie L'HY potrebbe soffrire il prezzo del petrolio Il 2014 è stato un anno favorevole per le obbligazioni di qualità. Per contro, l'High Yield (HY) ha sofferto per un contesto più incerto. Fine delle operazioni di allentamento quantitativo (QE), rialzo dei Fed funds, ribasso del prezzo del petrolio, il prossimo anno rischia di rivelarsi ancora poco favorevole all'HY. La performance delle obbligazioni di qualità nel 2014 sarà alla fine migliore del previsto. Ad oggi, l'Investment Grade (IG) statunitense registra un forte rimbalzo della sua performance (7,6% rispetto a -1,5% nel 2013). Per contro, come previsto, la volatilità ha penalizzato la performance dell'HY (4,0% contro 7,4% nel 2013). Al confronto, gli US Treasury hanno registrato la discreta performance del 5,7% (-3,4% nel 2013). Nell'immediato, le obbligazioni societarie continuano a beneficiare di un contesto di tassi d'interesse sovrani estremamente bassi. Tuttavia, la classe di attività appare cara, sia da un punto di vista storico che in termini relativi con le azioni. Le obbligazioni societarie rimangono vulnerabili ai rialzi dei tassi dei Fed funds. Inoltre, la brusca caduta del prezzo del petrolio potrebbe rendere più fragile il settore dell'energia. Molte aziende attive nel petrolio di scisto che hanno finanziato i loro investimenti approfittando del contesto di bassi tassi d'interesse potrebbero ritrovarsi in difficoltà se il prezzo del barile dovesse rimanere basso a lungo. Fine delle operazioni di allentamento quantitativo (QE), rialzo dei Fed funds, ribasso del prezzo del petrolio, valutazioni, lo scenario per il 2015 si preannuncia ancora poco favorevole all'HY. prospettive|dicembre 2014 Hedge fund Metalli preziosi Cambi Con il prezzo del greggio in ulteriore ribasso, si profila ora uno scenario deflazionistico globale che ha generato evidenti tendenze macro favorevoli per i trader tattici. Tra i metalli preziosi, solo il palladio ottiene quest'anno una performance superiore al 10%. L'anno prossimo dovrebbe rivelarsi altrettanto favorevole quanto il 2014 per questo metallo. Poche tra le principali monete sviluppate ed emergenti sono riuscite ad apprezzarsi nei confronti del dollaro americano. I timori deflazionistici favoriscono i trader tattici I gestori global macro e CTA (Commodity Trading Advisor) erano perlopiù ben posizionati a novembre, con il perdurare di diversi trend di mercato dopo la correzione di metà ottobre. Il calo dei mercati dell'energia in concomitanza con la decisione dell'OPEC di non ridurre la produzione di petrolio ha originato timori deflazionistici e si è diffuso rapidamente alle altre classi di attività. La debolezza del greggio ha spinto al ribasso gli US Treasury a più lunga scadenza, premiando le esposizioni sovrane long detenute dalla maggior parte dei gestori CTA. La sensibilità della Russia alla traiettoria dei prezzi nei mercati dell'energia ha portato il rublo ad ampliare le perdite nei confronti del dollaro USA - un pair trade forex molto utilizzato dai gestori global macro. Parallelamente, l'andamento degli indici dei prezzi al consumo in Giappone e in Europa ha mandato in affanno sul mercato dei cambi l'euro, la sterlina britannica e lo yen giapponese, ma è stato positivo per i gestori con posizioni long sul USD. Le stime di rendimento positivo per le strategie tactical trading riflettono forse un contesto post allentamento quantitativo della Fed senza sorprese da parte delle banche centrali. In particolare i CTA sembrano essersi lasciati alle spalle due anni di performance deludenti, con un settimo mese consecutivo di guadagni per l'indice HFRX Macro/CTA. prospettive|dicembre 2014 Il palladio continuerà a brillare La forza del dollaro, che si è apprezzato di oltre il 10% nei confronti dell'euro quest'anno, non è riuscita a interrompere l'ascesa del prezzo del palladio, che da gennaio a novembre ha guadagnato il 13%. Gli altri metalli preziosi escono malconci dal confronto: l'argento nello stesso periodo si è apprezzato dell'1,8%, mentre il prezzo dell'oro ha perso il 2% e quello del platino l'11%. Queste tendenze dovrebbero continuare l'anno prossimo. Il vigore dell'economia americana, la stretta della politica monetaria della Fed e la forza del dollaro continueranno a mettere sotto pressione il prezzo dell'oro, anche se il potenziale di ribasso a questo punto è limitato. L'argento, che ha la duplice natura di metallo speculativo, come l'oro, ma anche di metallo industriale, dovrebbe vedere il suo prezzo variare in funzione della ripresa manifatturiera mondiale. Il suo potenziale di rialzo resta pertanto molto moderato. Il palladio, consumato principalmente dalla Cina e per il quale l'offerta fatica a soddisfare la domanda da più di dieci anni, continuerà a vedere il suo prezzo sostenuto da questa forte dinamica. Restiamo pertanto positivi nei confronti di questo metallo nel 2015. Il dollaro rimarrà forte nel 2015 Da gennaio a fine novembre 2014, il dollaro si è apprezzato nei confronti di tutte le principali monete sviluppate, e in particolare dell'euro, il cui tasso di cambio ha perso più del 10% per stabilizzarsi intorno a 1,25 dollari per un euro. Tra le monete emergenti, solo pochissime divise asiatiche, come il baht thailandese o la rupia indonesiana, sono riuscite a rimanere stabili. Il vigore dell'economia americana e la stretta della politica monetaria della Fed dovrebbero contribuire a un dollaro forte l'anno prossimo. Le dinamiche relative tra i paesi potrebbero temporaneamente farlo deviare dalla sua tendenza rialzista a lungo termine, ma restiamo strategicamente positivi sul biglietto verde rispetto alle principali monete. I paesi produttori di materie prime come l'Australia o la nuova Zelanda registreranno una stretta della loro politica monetaria l'anno prossimo, e questo dovrebbe permettere alle strategie di carry (carry trade) su queste divise di continuare a generare performance apprezzabili. Beninteso, bisogna evitare di utilizzare il dollaro come moneta di finanziamento, favorendo invece il franco svizzero o lo yen. Restiamo nel complesso negativi sulle monete emergenti. |11| TEMA DEL MESE – EUROZONA Una crescita poggiata su basi più solide La crescita del PIL americano non dovrebbe superare il 2,3% come media annua nel 2014. L'andamento dell'economia è tuttavia nettamente migliorato nel corso dell'anno, e siamo ottimisti per il 2015. La crescita dovrebbe infatti non solo accelerare al 3% come media annua (un massimo da 10 anni a questa parte) ma quest'ultima alla fine avrà anche basi più solide. In un momento in cui la crescita cinese manca di tono, in cui l'economia giapponese è in recessione tecnica e l'eurozona minaccia di cadere nella deflazione, tutte le speranze sono rivolte ancora di più verso l'economia americana. La nostra previsione di una crescita più vigorosa e maggiormente autoalimentata oltre Atlantico costituisce pertanto il caso centrale del nostro scenario globale per il 2015. La crescita del PIL americano quest'anno è stata molto irregolare, ma come media annua dovrebbe avvicinarsi al 2,3%, un tasso di crescita ancora molto poco vigoroso. Questa crescita moderata nasconde tuttavia una sensibile accelerazione a partire dal 2° trimestre, dopo un 1° trimestre caratterizzato da pessime condizioni meteorologiche. Inoltre, altri indicatori dell'attività economica dipingono un quadro nettamente migliore dell'andamento dell'economia registrato quest'anno. E' il caso in particolare dei sondaggi sulla fiducia delle imprese (ISM) e soprattutto delle statistiche sull'occupazione. Bernard Lambert Chief Economist Pictet Wealth Management |12| Crescita vigorosa dell'occupazione Da qualche mese, l'espansione dell'occupazione ha registrato una accelerazione al 2,0% in ritmo annualizzato, un tasso di progressione decisamente sostenuto, anche guardando alle serie storiche su un lungo periodo. Per i suoi effetti di trascinamento, questa crescita vigorosa dell'occupazione appare estremamente incoraggiante e, come vedremo, gioca un ruolo essenziale nella nostra analisi delle prospettive per diverse componenti chiave della domanda. Ma quali sono i punti di forza e di debolezza dell'economia americana? Quale sarà l'impatto del recente ribasso del prezzo del greggio? E quello di un forte apprezzamento del dollaro? Per rendere l'analisi più facile, esamineremo queste problematiche passando nel contempo in rassegna il contesto e le prospettive riguardanti diverse componenti del PIL. Commercio estero: l'anello debole della catena Con una congiuntura mondiale sfavorevole e un dollaro in forte apprezzamento, non vi sono dubbi che il commercio estero peserà sulla crescita americana l'anno prossimo. Lì si situa anche il principale rischio ribassista. In valore esterno reale (ponderato per l'importanza commerciale), il dollaro si trova attualmente oltre il 5% sopra il suo livello medio del 2013. Prevediamo inoltre un ulteriore modesto rialzo nei prossimi mesi. Anche se l'economia americana resta relativamente chiusa (le esportazioni rappresentano il 13% del PIL), l'apprezzamento del biglietto verde potrebbe ridurre la crescita di 0,2-0,3 punti percentuali nel 2013, una misura non trascurabile. Per quanto riguarda l'andamento della domanda estera, siamo meno pessimisti. Certamente, le prospettive sembrano poco incoraggianti in diverse regioni importanti, ma non prevediamo una crescita mondiale (Stati Uniti esclusi) più debole nel 2015 rispetto al 2014. Inoltre, le esportazioni americane sono in buona parte destinate a paesi che hanno prospettive di crescita ancora comparativamente buone. Il Canada, il Messico e la Cina (Hong Kong compresa) assorbono più del 40% delle esportazioni americane. Consumi: il pilastro della crescita I consumi delle famiglie costituiranno il principale pilastro della crescita americana nel 2015, che dovrebbe beneficiare innanzitutto della forte espansione dell'occupazione, ma anche dell'accelerazione graduale degli aumenti dei salari e di una diminuzione del tasso di risparmio. Quest'ultimo punto ha la sua importanza. In modo sorprendente, quest'anno la progressione più elevata del reddito delle famiglie è stata compensata da un aumento del tasso di risparmio, all'origine di una performance dei consumi complessivamente un po' deludente. Il tasso di risparmio è in effetti passato dal 4,4% nel 4° trimestre 2013 al 5,0% nel 3° trimestre 2014. Con l'impatto sfalsato in termini temporali del forte aumento della ricchezza delle famiglie e il miglioramento in corso della fiducia dei consumatori, un arretramento del tasso di risparmio nel corso dei prossimi mesi è ampiamente prevedibile. Un ultimo fattore favorevole - e di peso - deriva dal recente ribasso del prezzo del petrolio. In questo prospettive|dicembre 2014 momento, secondo le nostre stime, il prezzo della benzina oltre Atlantico dovrebbe scendere di circa il 20% tra giugno e dicembre di quest'anno (rettificato degli effetti stagionali). Una simile diminuzione rappresenta un guadagno di potere d'acquisto reale dell'ordine dello 0,7% del reddito delle famiglie. Anche tenendo conto di una risalita del prezzo del greggio nel corso del 2015, il ribasso del prezzo della benzina potrebbe pertanto aggiungere 0,4-0,6 punti percentuali alla crescita dei consumi nel 2015 (0,3-0,4 punti a quella del PIL). La crescita della spesa delle famigie potrebbe così superare di poco la soglia del 3% nel 2015. Investimenti fissi con il vento a favore Dal lato degli investimenti non residenziali, ci sembra che vi siano tutti gli ingredienti per una crescita vigorosa l'anno prossimo. Innanzitutto, in comparazione prospettive|dicembre 2014 storica, il ritmo degli investimenti resta basso, sicuramente almeno in termini nominali. Poi, la crescita della domanda interna si rafforza, il tasso di utilizzo delle capacità di produzione è quasi tornato alla sua media di lungo termine e la fiducia delle imprese migliora. Infine, i bilanci delle aziende sono generalmente sani, i profitti elevati, i tassi d'interesse restano molto bassi e l'accesso al credito è nettamente migliorato, in particolare per le PMI. Si deve tuttavia considerare un elemento di moderazione. Servirà del tempo perché la caduta del prezzo del petrolio influenzi la produzione americana di greggio, ma essa dovrebbe frenare più rapidamente e più sensibilmente gli investimenti nel settore dell'estrazione petrolifera. Va comunque detto che, malgrado il suo forte aumento negli ultimi anni, gli investimenti in questo settore non hanno un peso considerevole (6,5% degli investimenti non residenziali e 0,8% del PIL). Pertanto, una contrazione dell'ordine del 10%-15% in questo settore ridurrebbe il PIL «solo» di circa lo 0,1%. Complessivamente, prevediamo pertanto una crescita del 6%-7% degli investimenti non residenziali totali nel 2015. L'analisi delle prospettive IMPATTO SULLA CRESCITA DEL PIL NEL 2015 Ordini di grandezza stimati in punti percentuali Caduta del prezzo del petrolio impatto tramite i consumi: da +0,3 a +0,4 Caduta del prezzo del petrolio impatto tramite il settore della produzione petrolifera (produzione e investimento): Apprezzamento del dollaro impatto tramite il commercio estero: impatto totale (petrolio e dollaro) -0,1 da -0,2 a -0,3 +0,0 Fonte: Pictet WM - AA&MR nei settori della costruzione e immobiliare residenziale è più delicata. La risalita dei tassi d'interesse nel 2013, il forte rimbalzo del prezzo delle abitazioni e le pessime condizioni meteorologiche dello scorso inverno avevano provocato una marcata correzione ribassista. Una ripresa si è indubbiamente profilata negli ultimi mesi, però di entità sorprendentemente limitata. Bisogna dire che i criteri di concessione dei finanziamenti ipotecari rimangono restrittivi per molte famiglie, limitando la domanda, mentre l'offerta è limitata dalla mancanza di case in vendita e di terreni edificabili in alcune regioni. Complessivamente, siamo tuttavia ottimisti. La crescita dell'occupazione e dei redditi, il miglioramento della sicurezza sul lavoro e della fiducia dei consumatori, nonché le forti esigenze nel settore della locazione, dovrebbero sostenere la domanda. Inoltre, alcune decisioni amministrative prese recentemente dovrebbero contribuire ad accelerare l'allentamento degli standard di concessione del credito. L'offerta dovrebbe reagire favorevolmente, seppure solo progressivamente. Anche dopo un rialzo di più del 100% dai minimi della primavera 2009, il ritmo delle aperture di nuovi cantieri residenziali resta storicamente molto basso. Inoltre, se gli stock di abitazioni in vendita sono risaliti negli ultimi due anni, essi restano anche estremamente bassi in comparazione storica, sia per quanto riguarda le nuove abitazioni che per quelle esistenti. Dopo un rallentamento temporaneo negli ultimissimi mesi, l'investimento nell'edilizia residenziale dovrebbe quindi tornare a progredire |13| TEMA DEL MESE – EUROZONA vigorosamente nel 2015. Un probabile rialzo moderato dei tassi d'interesse ipotecari potrebbe tuttavia frenare in qualche modo il movimento nella seconda parte dell'anno. Spesa pubblica: progressivo miglioramento Nel 2013 e fino al 1° trimestre del 2014, la politica di bilancio ha costituito un freno importante per la crescita, sia a livello della spesa pubblica che del prelievo fiscale. Unitamente agli effetti benefici della ripresa congiunturale, questa stretta di bilancio ha permesso una riduzione del deficit federale al 2,8% del PIL nell'esercizio fiscale 2014 (che è terminato lo scorso settembre), contro il 4,1% del PIL nel 2013 e un picco al 9,8% nel 2009. Improvvisamente la volontà politica di ridurre ulteriormente il deficit di bilancio è praticamente scomparsa e, nel corso degli ultimi mesi, la politica di bilancio ha preso una svolta più neutra. Si è anche assistito all'inizio di una inversione di tendenza per le spese degli Stati e delle collettività locali negli ultimi mesi, e in reazione ad un miglioramento dei redditi, la progressione della spesa pubblica dovrebbe accelerare progressivamente nel 2015. Prevediamo tuttavia che il settore pubblico fornirà un sostegno solo modesto alla crescita l'anno prossimo. Un simile sviluppo contrasterebbe tuttavia nettamente con la situazione prevalente nel 2013 e fino all'inizio di quest'anno. La crescita americana dovrebbe raggiungere il 3,0% nel 2015 Come accennato, prevediamo pertanto che l'effetto negativo dell'apprezzamento del dollaro sarà compensato dall'impatto benefico del ribasso del prezzo del petrolio. A fianco di questo sviluppi recenti, fondamentali positivi (politica monetaria tuttora complessivamente molto accomodante, crescita sostenuta del credito, forte aumento della ricchezza delle famiglie, profitti delle imprese elevati, assenza di freno dal lato della politica di bilancio) e gli effetti di trascinamento STATI UNITI: CRESCITA DEL PIL REALE E CONTRIBUTO DELLE COMPONENTI DELLA DOMANDA Previsioni % PIL 3 2 1 0 -1 -2 Consumi Investimenti fissi -3 Variazioni delle scorte Spesa pubblica -4 -5 Esportazioni nette 05 06 Contributori | Yves Bonzon, Christophe Donay, Jean-Pierre Durante, Chloé Koos Dunand, Bernard Lambert, Jacques Henry, Nadia Gharbi, Kalina Moore, Wilhelm Sissener, David Baglione | Redazione | terminata il 2 dicembre 2014 Revisione editoriale | Sabine Jacot-Descombes, Traduzione | Mario Clapis Impaginazione | Production Multimédia Pictet Stampa| Stampa su carta certificata FSC Disclaimer | Il presente documento non è destinato alle persone aventi cittadinanza, residenza o domicilio o alle entità registrate in un Paese o una giurisdizione in cui la sua distribuzione, pubblicazione, messa a disposizione o utilizzo sono in contrasto con norme di legge o regolamentari in vigore. 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Prevediamo pertanto una crescita dell'economia americana intorno al 3% l'anno prossimo, che costituirebbe la migliore performance registrata dal 2005 ad oggi. 07 08 09 10 11 12 13 14 15 Fonte: Pictet WM – AA&MR, Datastream residua, delle condizioni di mercato, della volatilità e della solvibilità dell’emittente o dell'emittente di riferimento. I tassi di cambio possono inoltre influire positivamente o negativamente sul valore, sul prezzo o sul reddito dei titoli o degli investimenti ad essi relativi menzionati nel presente documento. I rendimenti del passato non devono essere considerati come una indicazione o una garanzia delle performance future, e le persone destinatarie del presente documento sono interamente responsabili dei loro eventuali investimenti. Non viene fornita alcuna garanzia esplicita o implicita in merito alle performance future. Il contenuto del presente documento è confidenziale e può essere letto e/o utilizzato solo dalla persona alla quale è indirizzato. 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Questo grazie in particolare al probabile intervento non convenzionale della BCE e alle pressioni esercitate dall'oro nero sugli indici dei prezzi al consumo. Dati al 28 novembre 2014 PRINCIPALI INDICATORI ECONOMICI TASSI D’INTERESSE Stime Pictet - (consenso*) Tassi di crescita del PIL 2012 2013 Stati Uniti Eurozona Svizzera Regno Unito Giappone Cina Brasile Russia 2.3% -0.6% 1.1% 0.7% 1.5% 7.7% 1.0% 3.4% 2.2% -0.4% 1.9% 1.7% 1.5% 7.7% 2.5% 1.3% Inflazione (IPC) (media annuale, Brasile escluso, a fine anno) 2012 2013 Stati Uniti Eurozona Svizzera Regno Unito Giappone Cina Brasile Russia 2.1% 2.5% -0.7% 2.8% 0.0% 2.7% 5.8% 5.1% 1.5% 1.3% -0.2% 2.6% 0.4% 2.6% 5.9% 6.8% 2014E 2.3% 0.8% 1.9% 3.0% 0.5% 7.3% 0.0% 0.3% 2015E (2.2%) (0.8%) (1.5%) (3.0%) (1.0%) (7.4%) (0.2%) (0.3%) 3.0% 0.8% 1.8% 2.7% 1.5% 7.0% 0.7% -1.0% 2014E 1.7% 0.5% 0.0% 1.5% 2.7% 2.0% 5.9% 7.5% (3.0%) (1.1%) (1.6%) (2.6%) (1.3%) (7.1%) (0.8%) (0.1%) 2015E (1.7%) (0.5%) (0.0%) (1.6%) (2.8%) (2.1%) (6.4%) (8.2%) 1.2% 0.9% 0.0% 1.3% 1.5% 2.2% 4.9% 7.5% Breve termine (3 mesi) Lungo termine (10 anni) 0.1% 0.15% 0.0% 0.5% 0.1% 2.8% (1 anno) 11.3% 2.2% 0.7% 0.3% 1.9% 0.4% 4.8% (5 anni) 11.9% Stati Uniti Eurozona Svizzera Regno Unito Giappone Cina Brasile MERCATI OBBLIGAZIONARI (1.6%) (0.9%) (0.4%) (1.6%) (1.9%) (2.4%) (6.3%) (6.7%) Performance dal 31.12.2013 EUR CHF High Yield EUR GBP *Fonte: Consensus Economics Inc VARIAZIONI DEI TASSI DI CAMBIO (DAL 31.12.2013) USD High Yield USD JPY Rispetto all’EUR Rispetto all’USD Rispetto al CHF USD — HKD — USD — HKD — AUD — HKD — AUD — NZD — AUD — NZD — GBP — NZD — GBP — CAD — GBP — CAD — CHF — CAD — CHF — EUR — EUR — JPY — JPY — JPY — NOK — NOK — SEK — SEK — NOK — SEK — % -10 -5 0 5 10 15 % -16 -14 -12 -10 -8 -6 -4 -2 0 Debito emergente (in moneta locale) Debito emergente (in USD) % -12 -9 -6 -3 Performance dal 31.12.2013 USD % -8 -6 -4 -2 0 2 4 6 8 10 Performance dal 31.12.2013 Performance del mese precedente Petrolio quotato in Asia-36.4 -33.3 Brent -33.1 WTI Rame Platino Stagno Piombo Mais Zucchero Gas naturale Oro in USD Argento Cacao Zinco Alluminio Palladio -18.1 WTI -14.7 Petrolio quotato in Asia -13.7 Brent Rame Zinco Alluminio Zucchero Cacao Platino Argento Piombo Oro in USD Stagno Mais Palladio Gas naturale % -40 -11.2 -9.3 -8.3 -7.9 -5.0 -3.4 -2.1 1.8 5.0 7.8 12.8 13.0 -30 -20 prospettive|dicembre 2014 -10 0 10 20 % -20 3 6 9 12 MERCATI AZIONARI COMMODITY -13.5 0 -15 MSCI World* S&P 500* MSCI Europe* Tokyo SE (Topix)* MSCI Pacific ex. Japan* SPI* Nasdaq MSCI Em. Markets* Russell 2000 7.2% 14.0% -1.5% -2.3% 7.3% 5.9% 14.7% 2.9% 0.8% EUR 18.5% 26.0% 8.9% 8.0% 18.6% 17.1% 26.8% 13.7% 11.5% CHF GBP 16.1% 13.4% 23.5% 20.5% 6.7% 4.2% 5.9% 3.4% 16.3% 13.5% 14.7% 12.0% 24.3% 21.3% 11.5% 8.8% 9.2% 6.6% *Dividendi reinvestiti SETTORI DI ATTIVITÀ -5.2 -4.3 -2.8 Performance dal 31.12.2013 Stati Uniti Europa Mondo -2.8 -1.9 -1.8 0.0 1.1 1.4 2.9 3.2 3.2 5.5 -10 -5 0 5 10 Industria Tecnologia Materiali di base Telecomunicazioni Salute Energia Servizi pubblica utilità Finanza Consumi di base Consumi voluttuari 5.9% 19.8% 6.3% 4.4% 25.6% -9.8% 19.9% 10.6% 14.5% 7.9% -1.7% 3.2% -1.2% 10.1% 20.5% -9.6% 17.0% 5.1% 9.8% 5.2% -0.1% 16.6% -4.9% 0.7% 19.4% -12.6% 12.2% 2.4% 7.5% 3.0% |15| PERSP IT 1214 «Prospettive» è disponibile anche online. Seguite quotidianamente e abbonatevi alle nostre opinioni sull’economia, i mercati e le tendenze secolari sul sito http://perspectives.pictet.com
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