QE 103,2 7,3% USD 1100 +11% L’euro 15%-20% 70% Gli effetti delle modifiche del quantitative easing non sono lineari. Pagina 2 Il peggior livello del sondaggio tedesco Ifo da gennaio 2013, con un sesto arretramento consecutivo Pagina 4 Il tasso di crescita del PIL cinese. Questo ritmo è il più basso da 5 anni a questa parte. Pagina 5 miliardi. Le dimensioni del fondo pensioni pubblico giapponese, il più grande al mondo. Pagina 6 La performance dello S&P 500 dall'inizio dell'anno, un segnale che questo indice resiste meglio ai rischi attuali rispetto al mercato europeo. Pagina 10 si deprezza nei confronti del dollaro USA e raggiunge i minimi degli ultimi due anni. Pagina 11 La quota del commercio mondiale di gas naturale liquefatto (GNL) rappresentata dagli Stati Uniti da soli. Pagina 12 percentuale della produzione americana di petrolio onshore che si trova nei bacini dell'Eagle Ford nel Texas e del Bakken in Nord Dakota. Pagina 13 L'allentamento quantitativo ad un punto di svolta Novembre 2014 Prospettive COMMENTO Gli effetti delle modifiche del «QE» non sono lineari Dopo il fallimento della banca d'affari Lehman Brothers a settembre 2009, siamo entrati nell'era della politica monetaria non convenzionale, una delle cui leve più controverse è costituita dagli acquisti di titoli da parte delle banche centrali, comunemente denominati con l'acronimo «QE», per quantitative easing (allentamento quantitativo). Alla fine del mese di ottobre, la Federal reserve ha confermato la fine del suo terzo programma di QE. Molti analisti e investitori ne hanno dedotto che il mercato azionario deve scendere, tirando un frettoloso parallelo con la chiusura del Yves Bonzon primo e secondo programma di allentamento quantitativo Direttore degli investimenti negli Stati Uniti, QE1 e QE2, la cui cessazione era stata seguita poco dopo da un marcato ribasso dei corsi borsistici. Questa interpretazione rivela una grande confusione nella lettura dei meccanismi monetari e dell'attuale contesto macroeconomico, caratterizzato da recessioni di bilancio in Giappone, in Europa e, fino a poco tempo fa, negli Stati Uniti. Le stesse cassandre che cinque anni fa avevano predetto una inflazione galoppante imminente negli Stati Uniti intravedono oggi il ribasso del mercato, seppur successivamente alla fine del QE3. L'effetto dei cambiamenti del QE dipende fondamentalmente dallo scenario macroeconomico del momento. Alla fine dei programmi QE1 e QE2, l’economia americana si trovava ancora in una situazione di «riparazione» dei bilanci delle famiglie, che si erano sovraindebitate durante il boom immobiliare degli anni 2000. All'epoca, il settore privato non esprimeva alcuna domanda di nuovo credito. Oggi, il credito al settore privato (famiglie e imprese) ha ricominciato a crescere. Il contesto è quindi completamente diverso. La S&P 500, US TREASURY A 7-10 ANNI E ORO (RIFASATURA A BASE 100 ALLA DATA DEL TAPERING DELLA FED) 150 Rendimento complessivo al 31.10.2014 (dopo il tapering): 140 - S&P 500: +13,4% 130 - Oro: -3,7% - US Treasury a 7-10 anni: 6,2% 120 110 100 90 S&P 500 Total Return 80 Oro Bloomberg/EFFAS Bond Indices US Govt 7-10 Yr Total Return 70 Tapering (18.12.2013) 60 12.2011 07.2012 01.2013 08.2013 02.2014 09.2014 04.2015 Fonte: Pictet WM - CIO Office, Datastream |2| prospettive|novembre 2014 risposta delle tre grandi classi di attività denominate in dollari - azioni, US Treasury e oro dopo l'annuncio della riduzione degli acquisti di titoli da parte della Fed del dicembre scorso ne è una testimonianza. Da allora, l'uscita dal QE e la transizione progressiva verso una normalizzazione della politica monetaria americana, che sarà ufficializzata dal primo rialzo dei tassi di riferimento a tempo debito, sono non solo giustificate, ma soprattutto imperative al fine di evitare un'eccesso di inflazione a termine. A parità delle altre condizioni, la fine del QE non significa questa volta che i mercati debbano subire un ribasso. Nella maggior parte dei casi, le strette della banca centrale americana vengono effettuate a ragion veduta, al fine di ottenere un miglioramento dell'economia. L'apprezzamento della borsa procede allora ad un ritmo più moderato. È solo successivamente, durante la fase finale della stretta monetaria, che il mercato registra un ribasso del 20% su un periodo di sei mesi o più, corrispondente ai parametri classici di un mercato ribassista. Nell'immediato, la borsa potrebbe perdere terreno a causa di altri fattori. A metà ottobre, mentre l'indice S&P 500 registrava la sua prima correzione del 10% da più di due anni, molti commentatori ne hanno visto una causa diretta nella fine del QE3. Da parte nostra, pensiamo che la correzione sia stata originata dallo stress provocato nel terzo trimestre dal rialzo del dollaro sui bilanci più sensibili all'accesso ai finanziamenti in dollari, includendo in particolare le obbligazioni americane high yield e quelle dei paesi emergenti deficitari. Questa correzione è stata poi rafforzata dalla battaglia politica ingaggiata a Bruxelles nel contesto di uno scenario economico europeo che assomiglia sempre di più a quello del Giappone, indipendenza monetaria a parte. La recente decisione della Bank of Japan (BoJ) ci ha peraltro indotti a iniziare una allocazione nelle azioni giapponesi. Contrariamente agli Stati Uniti, i fattori strutturali, in particolare demografici, sono molto più avversi in Giappone, e noi dubitiamo della capacità a termine del governo di uscire dalla deflazione. Tuttavia i mercati verosimilmente ne acquisiranno consapevolezza solo tra qualche anno e, fino ad allora, il governo vuole stimolare l'economia tramite il canale di trasmissione degli asset finanziari. «Prospettive» è disponibile anche online. Seguite quotidianamente e abbonatevi alle nostre opinioni sull’economia, i mercati e le tendenze secolari sul sito http://perspectives.pictet.com prospettive|novembre 2014 |3| MACROECONOMIA Economia mondiale: si accentuano le disparità Mentre le previsioni sull'andamento dell'economia per l'eurozona peggiorano con il passare dei mesi, gli indicatori anticipatori per l'economia americana sostengono il nostro scenario di ripresa graduale. In Cina, l'economia si mantiene su un ritmo di crescita intorno al 7%. Christophe Donay*, Bernard Lambert e Nadia Gharbi * con la collaborazione di Wilhelm Sissener Le politiche monetarie delle banche centrali divergono sensibilmente in un contesto macroeconomico mondiale sempre più eterogeneo. Nel momento in cui aumenta la pressione sulla Banca centrale europea per attuare nuove politiche non convenzionali, la Federal reserve si appresta ad attuare progressivamente una stretta monetaria. La Germania non è risparmiata dal cattivo andamento dell'economia Le divergenze dei ritmi di crescita si ampliano mese dopo mese nelle principali zone economiche. In Europa, le ultime previsioni della Commissione europea mostrano un quadro più fosco di quanto non si pensasse. La crescita dell'eurozona, secondo la Commissione, dovrebbe raggiungere solo lo 0,8% nel 2014 e l'1,1% nel 2015, contro la stima di 1,2% e 1,7% della scorsa primavera. L'economia tedesca non è risparmiata, dato che le sue previsioni di crescita sono state abbassate all'1,3% per quest'anno (contro l'1,8% in precedenza) e all'1,1% nel 2015 (contro il 2%). Quanto all'economia italiana, si prevede che sarà in recessione per il terzo anno consecutivo, con un PIL in arretramento dello 0,4% nel 2014. La Grande divergenza resta pertanto ben salda. Le stime della Commissione per la Francia sono emblematiche: il deficit pubblico francese dovrebbe raggiungere il 4,7% del PIL quest'anno e il 4,5% nel 2015, mentre Parigi aveva fissato un obiettivo del 4,3%. Queste cifre restano molto superiori al limite consentito del 3%. Tale dinamica contrasta fortemente con quella degli Stati Uniti, dove gli indicatori anticipatori confermano una ripresa sostenuta. Ad esempio, tutte le componenti (tra cui l'occupazione e i nuovi ordinativi) dell'ultimo indice di attività manifatturiera ISM sono in netto miglioramento. La crescita americana si stabilizza così ad un ritmo di crescita autoalimentata del 3%. Anche le disparità in materia di inflazione restano importanti, a seconda delle zone economiche considerate. Le politiche monetarie delle principali banche centrali di conseguenza divergono in modo considerevole. La Federal reserve ha iniziato la prima fase della sua exit strategy, stabilizzando il suo bilancio con la chiusura del suo terzo programma di allentamento quantitativo (QE3). La Bank of Japan da parte sua ha appena incrementato il suo programma di allentamento quantitativo, provocando un aumento dell'espansione della base monetaria, che passerà da un ritmo annuale di 60-70 mila a 80 mila miliardi di yen. Quanto alla BCE, man mano che le statistiche economiche peggiorano, anch'essa prevede di avviarsi sulla strada dell'allentamento quantitativo. |4| Stati Uniti: senza destare vera sorpresa, la Fed mette fine al QE Nel 3° trimestre il PIL americano è cresciuto del 3,5% come variazione trimestrale annualizzata, un risultato superiore alle attese. Questo dato positivo deve comunque essere relativizzato, nella misura in cui distorsioni statistiche dal lato delle spese militari hanno temporaneamente contribuito di quasi mezzo punto a tale tasso di progressione. In ogni caso, la crescita nello scorso trimestre è stata vigorosa e le prime indicazioni per il mese di ottobre rimangono complessivamente favorevoli. Certamente, le prospettive meno rosee per la crescita mondiale, unitamente al recente rialzo del dollaro, dovrebbero pesare sulle esportazioni americane nei prossimi mesi. Questo effetto dovrebbe tuttavia essere largamento compensato dalla distensione supplementare dei tassi a lungo termine e, soprattutto, dall'impatto estremamente favorevole della recente diminuzione del prezzo dei carburanti sul reddito reale delle famiglie. Restiamo pertanto ottimisti sull'evoluzione della crescita economica oltre Atlantico, e continuiamo a pensare che la progressione media del PIL si avvicinerà al 3,0% nel 2015, dopo il 2,2% di quest'anno. «La Fed ha ripetuto che essa pensava di aspettare un tempo "considerevole" prima di iniziare ad aumentare i tassi dei Fed funds» Nella sua riunione di fine ottobre, la Federal reserve (Fed) ha in modo non sorprendente messo fine al suo programma di acquisto di titoli (QE). La sorpresa è tuttavia venuta da un comunicato che offre una visione stranamente ottimista delle prospettive congiunturali e del miglioramento in atto sul mercato del lavoro. La Fed ha certamente ripetuto che pensava di aspettare un tempo «considerevole» prima di iniziare ad aumentare i tassi dei Fed funds. Essa ha tuttavia tolto non poco peso a questa affermazione, aggiungendo che se la situazione del mercato del lavoro fosse migliorata più rapidamente del previsto, o se l'inflazione avesse sorpreso al rialzo, l'aumento dei tassi di riferimento avrebbe potuto essere anticipato nel tempo, e viceversa. Continuiamo a pensare che il primo movimento di rialzo dei tassi avverrà intorno a metà 2015, e che la forcella obiettivo per i tassi dei Fed funds alla fine dell'anno prossimo sarà dell'1,0%1,25%. prospettive|novembre 2014 LA CRESCITA AMERICANA DOVREBBE AVVICINARSI AL 3,0% NEL 2015 Dopo il 2,2% di quest'anno, la progressione media del PIL negli Stati Uniti dovrebbe avvicinarsi al 3,0% nel 2015. % Crescita media dal 2° trimestre 2009 al 3° trimestre 2014: 2,3% 4.0 Previsione media 2015E: 3,0% 3,5% 3.0 3,2% 2,6% 2,5% 2.0 1.0 0.0 -1.0 -2.0 T3 09 T3 10 T3 11 T3 12 T3 13 T3 14 T3 15 Fonte: Pictet WM – AA&MR, Datastream Eurozona: prospettive di crescita riviste al ribasso I primi dati economici dell'eurozona per il 4° trimestre non presentano miglioramenti degni di nota. L'indice dei direttori degli acquisti (PMI) industriali ha ottenuto un leggero rialzo a ottobre, passando da 50,3 a 50,6. Tuttavia, malgrado questo recupero, le componenti del PMI dissimulano una realtà ben più inquietante. In effetti, la componente del volume dei nuovi ordinativi è ad un livello prossimo alla stagnazione (49,5). Nello stesso tempo, il sondaggio tedesco Ifo ha registrato a ottobre il suo sesto arretramento consecutivo per attestarsi a 103,2, il suo livello più basso da gennaio 2013. Oltre alle aspettative depresse degli imprenditori, gli ultimi dati sui consumi delle famiglie tedesche non sono affatto più confortanti. A questo riguardo, a settembre, le vendite al dettaglio hanno registrato il loro arretramento più forte da maggio 2007 (-3,2%). Un ribasso era sicuramente atteso, ma la sua entità ha sorpreso. Nel 3° trimestre, le vendite al dettaglio sono pertanto scese dello 0,4% rispetto a quelle del secondo trimestre. Unico barlume di speranza, l'economia spagnola sembra per il momento resistere al marasma economico dell'eurozona. In effetti, secondo una prima stima, il PIL spagnolo è cresciuto dello 0,5% nel terzo trimestre. Tuttavia, malgrado la resistenza del settore domestico, gli esportatori spagnoli potrebbero risentire della debolezza di alcuni partner commerciali, come la Francia e l'Italia, dove si concentra quasi il 24% delle loro prospettive|novembre 2014 esportazioni totali. In questo contesto le nostre previsioni di crescita sono state riviste al ribasso. Prevediamo ora una crescita dello 0,7% per il 2014 e dell'1% per il 2015. Inoltre, gli ultimi dati sul credito nell'eurozona mostrano una dinamica ancora molto debole. La concessione di prestiti al settore privato del mese di settembre è infatti diminuita dell'1,2%, registrando il ventunesimo mese consecutivo di contrazione. Nei prossimi mesi, le incertezze gravanti sulla ripresa economica dell'eurozona e l'indebitamento tuttora elevato del settore privato dovrebbero penalizzare la ripresa del credito, e ciò malgrado le TLTRO1 e la fine del test di resistenza delle banche effettuato dalla BCE. La pressione sulle autorità europee, nonché sulla BCE, è pertanto elevata. Esse devono agire per evitare che l'eurozona sprofondi nella deflazione. Cina: il rallentamento del tasso di espansione dell'economia dovrebbe continuare nel 4° trimestre Nel 3° trimestre, la crescita del PIL cinese è diminuita al 7,3% anno su anno, il suo livello più basso da più di cinque anni. Questo dato era comunque superiore alla media delle previsioni e, come variazione trimestrale annualizzata, la crescita sembrerebbe di fatto avere accelerato da quasi il 6% nel 1° trimestre a circa l'8% nel 2° e 3° trimestre. Non c'è tuttavia di che cantare vittoria. I dati del PIL sovrastimano verosimilmente il vigore dell'economia e le statistiche mensili disponibili – ivi compresi gli indici dei direttori degli acquisti (PMI) del mese di ottobre – puntano sempre verso un certo rallentamento congiunturale. Il peggioramento nel settore degli immobili residenziali resta chiaramente il fattore di rischio più preoccupante. Le autorità hanno continuato a prendere «mini misure» mirate per sostenere questo settore, e sia l'attività di costruzione che le vendite di abitazioni sembrano di recente avere espresso un leggero rimbalzo. Lo stock delle abitazioni invendute rimane tuttavia considerevole. Sebbene nel complesso un marcato rallentamento economico (hard landing) sia poco probabile, la crescita dovrebbe restare poco vigorosa nei prossimi mesi. Le nostre previsioni di una crescita del 7,3% nel 2014 e del 7,0% nel 2015 rimangono invariate. 1 Targeted Longer-Term Refinancing Operations (operazioni mirate di rifinanziamento a più lungo termine) |5| STRATEGIA Gli asset americani suscitano un interesse crescente Il differenziale del ciclo congiunturale tra l'eurozona e l'economia americana si riflette nell'attrattività relativa delle classi di attività delle due regioni. Il dollaro USA e le azioni , come ad esempio quelle dello S&P 500, suscitano pertanto un interesse sempre maggiore da parte degli investitori. Christophe Donay*, Chloé Koos Dunand e Jacques Henry *con la collaborazione di Wilhelm Sissener MERCATI FINANZIARI Performance in % degli indici finanziari in moneta locale. Dati al 31.10.2014 Indice Dal 31.12.2013 Mese precedente Azioni statunitensi* USD S&P 500 11.0% 2.4% Azioni europee* EUR Stoxx600 5.7% -1.7% Azioni mercati emergenti* USD MSCI Emerging Markets 4.0% 1.2% US Treasury* USD ML Treasury Master 4.8% 1.1% ML Corp Master 7.0% 0.9% Obbligazioni societarie investment grade statunitensi* USD Obbligazioni societarie high yield statunitensi* USD ML US High Yield Master II 4.8% 1.1% Hedge fund USD Credit Suisse Tremont Index global** 3.4% 0.0% Commodity USD Reuters Commodities Index -2.9% -2.4% Oro USD Oncia troy oro -3.5% -3.9% A differenza delle principali economie sviluppate, l'economia giapponese è sotto l'effetto di una massiccia iniezione di liquidità, che influenza l'andamento dello yen e del mercato azionario nipponico. Essa si differenzia pertanto per il fattore guida che condiziona la loro evoluzione. Le differenziali di crescita depongono a favore degli asset americani Le tendenze prevalenti a livello del dollaro USA, dell'euro, nonché dei mercati azionari americani ed europei sono sempre più dipendenti dai differenziali di crescita economica sulle due sponde dell'Atlantico. La bilancia pende dunque a favore delle attività sensibili alla congiuntura americana: il dollaro USA prosegue il suo rafforzamento nei confronti dell'euro e il differenziale di performance tra gli indici azionari americani ed europei si amplia con il passare delle settimane. Ad esempio, al 31 ottobre, il rendimento complessivo, dividendi compresi, dell'indice S&P 500 ha raggiunto l'11%, contro il 5,7% per lo Stoxx 600. La differenza di vigore con la quale questi due indici si sono ripresi dopo la correzione di metà ottobre illustra così le divergenze dei fondamentali |6| * Dividendi/cedole reinvestiti ** fine settembre 2014 macroeconomici: mentre la tendenza ribassista dello S&P 500 si invertiva rapidamente a forma di «V» dal 16 ottobre per superare il precedente record di 2011 punti raggiunti il 18 settembre, lo Stoxx 600 ha recuperato ma, a 337 punti, l'indice è ancora lontano dal picco di 347 raggiunto in quella stessa data. Il ciclo macroeconomico, più delle politiche monetarie, costituisce pertanto il fattore guida delle tendenze sulle due sponde dell'Atlantico. In Giappone, tuttavia, la nuova fase di espansione della base monetaria annunciata dalla banca centrale giapponese provoca la seguente gerarchia tra lo yen, l'euro e il dollaro USA in termini di vigore strutturale: USD -> EUR -> JPY. Nel mese di ottobre, lo yen ha così proseguito il suo deprezzamento, passando da un livello di 110 a 114 nei confronti del dollaro USA e di 138 a 142 nei confronti dell'euro. «QE» e riforma dei fondi pensioni in Giappone L'inizio del mese d'ottobre in Giappone è stato contrassegnato da un discorso dissonante sulla debolezza dello yen tra il premier Shinzo Abe e il governatore della Bank of Japan, Haruhiko Kuroda. L'annuncio della banca centrale di estendere il suo programma di acquisto di attività finanziarie il 31 ottobre ha costituito pertanto una totale sorpresa. L'impatto sul mercato azionario giapponese è stato tanto più forte perché lo stesso giorno è stata annunciata la riforma del fondo pensioni dei funzionari giapponesi con una riallocazione massiccia di obbligazioni giapponesi verso le azioni giapponesi, la cui ponderazione media passa dal 12% al 25%. Di conseguenza, la ponderazione cumulata media delle azioni e delle obbligazioni estere si sposta dal 23% al 40%. Si tratta del più grande fondo pensioni pubblico al mondo, con patrimoni in gestione per USD 1100 miliardi. Ciò lascia presagire flussi importanti verso le azioni giapponesi e le azioni estere. Il giorno dell'annuncio, l'indice Topix ha guadagnato il 4,3%, un rialzo quasi pari alla sua performance dall'inizio dell'anno. Buone sorprese nonostante la correzione di ottobre Il mese di ottobre è stato caratterizzato da una correzione sui mercati azionari, con perdite rispettivamente dell'8,9% a livello dello Stoxx Europe 600 del 5,4% per lo S&P 500. Questo ribasso si è verificato contestualmente ad un ampio movimento, iniziato nel 2° trimestre e amplificatosi in ottobre, di riallocazione dei fondi nelle azioni, a scapito dell'Europa e a favore degli altri mercati. Gli Stati Uniti sono tornati molto rapidamente al loro massimo storico, toccando un rendimento complessivo dell'11% prospettive|novembre 2014 dall'inizio dell'anno, mentre l'Europa ha confermato il suo ritardo accumulato da metà giugno, con una progressione solo del 5,7%. Le tensioni accumulate sui mercati sono state in parte occultate dalla pubblicazione dei risultati per il 3° trimestre. Malgrado una dinamica in decelerazione, le società americane hanno continuato a sorprendere positivamente, sia in termini di fatturato che di profitti, e questo è rassicurante, dopo la debolezza delle revisioni degli utili a settembre. La buona notizia è venuta piuttosto dall'Europa con una sorpresa media in termini di risultati netti del 6%, che resta positiva al 3,5% anche escludendo i finanziari. Dopo avere perso l'8% a livello delle attese dei profitti per il 2014 dall'inizio dell'anno, i risultati pubblicati dovrebbero aiutare a stabilizzare le aspettative di crescita per quest'anno, con un magro 4,5%, e dare qualche credibilità alle attese di crescita di circa il 13% per il 2015. Il dollaro ai massimi degli ultimi due anni Le voci secondo le quali la Banca centrale europea dovrebbe ricorrere a misure monetarie supplementari, seguite dalla conferma che la Fed ha terminato il suo programma di acquisto di titoli, hanno spinto il cambio euro/dollaro a 1,25, il suo livello più basso da due anni. Anche altri tassi di cambio hanno avuto un andamento volatile, a causa dalla politica monetaria dei rispettivi paesi, in particolare in Giappone (v. «Classi di attività: Cambi»), ma anche ad esempio in Svezia, dove la banca centrale ha abbassato il suo tasso di riferimento a 0%. Molte monete sviluppate sono prospettive|novembre 2014 pertanto scese ai minimi dal 2010. Il mese d'ottobre non ha pertanto avuto la stessa intonazione per tutte le monete. In effetti, alcune divise emergenti si sono apprezzate nei confronti del dollaro, come il dollaro australiano, il rand sud africano, la lira turca o, in cima alla lista, il peso cileno, con un rialzo del 3,5% contro dollaro. Nessun elemento permette per il momento di giustificare una inversione delle tendenze in corso. Queste dovrebbero pertanto persistere fino alla fine dell'anno. Il dollaro dovrebbe restare forte e non si può escludere un tasso di cambio EUR/USD a 1,20 da qui a dicembre. dell'offerta. Se questa caduta dovesse continuare, l'Arabia Saudita potrebbe però essere tentata di intervenire in modo più importante, poiché il suo equilibrio di bilancio necessita di un prezzo dell'energia intorno ai 100 dollari per barile. Commodity senza stimoli La forza del dollaro e la domanda fiacca proveniente dalla Cina continuano a mettere sotto pressione i prezzi delle commodity. Tuttavia, la situazione sta lentamente migliorando, con la ripresa di qualche prezzo, come ad esempio quello di taluni metalli di base come l'alluminio o lo zinco, che registrano performance superiori al 12% da inizio anno. I prezzi dell'energia continuano a scendere: il prezzo del barile di Brent ha perso il 10% in un mese, favorendo ulteriormente le famiglie ma alimentando i timori di deflazione in alcuni paesi. A questi livelli, il ribasso del prezzo dell'energia sembra esagerato alla luce dei fattori ciclici macroeconomici. Il suo prezzo dovrebbe pertanto consolidarsi da qui a fine anno. Tuttavia, la cosa è tutt'altro che certa, poiché quest'ultimo sembra diminuire man mano che il dollaro si apprezza, contraddicendo la legge fondamentale della domanda e |7| FATTI SALIENTI NEL MONDO La Russia rallenta, la Cina anche La zona eterogenea emergente dei BRIC – Brasile, Russia, India e Cina – solo poco tempo fa era particolarmente ricercata dagli investitori. Oggi, le economie della Russia, della Cina e del Brasile destano preoccupazioni per quanto riguarda la loro tenuta nel tempo. 99,3 Il barometro congiunturale svizzero del KOF è migliorato ad ottobre di mezzo punto, per raggiungere quota 99,3, come riportato dal Centro di ricerca congiunturale del Politecnico federale di Zurigo. Esso si avvicina alla media pluriennale (100) per il quarto mese consecutivo. 2,3% L'aumento dei salari (employment cost index) registrato oltre Atlantico tra il 3° trimestre 2013 e il 3° trimestre 2014, un risultato superiore alle attese e in accelerazione rispetto al 1° semestre (2,1% nel 2° trimestre, dopo l'1,9% nel primo). Stando così le cose, con una inflazione all'1,7% e un incremento della produttività dell'ordine dell'1,5%, un simile rialzo dei salari rimane modesto. 142,8 milioni In Brasile il voto è obbligatorio. Pertanto 142,8 milioni di elettori si sono recati alle urne domenica 26 ottobre. Dilma Rousseff, la presidente di sinistra, candidata del Partito dei lavoratori, è stata rieletta con il 51,45% dei voti. 11,5% A settembre la disoccupazione nell'eurozona è rimasta stabile all'11,5% rispetto ad agosto. In alcuni paesi, sono comunque percepibili segnali di miglioramento, con la disoccupazione che in un anno è scesa dal 26,1% al 24,0% in Spagna e dal 15,7% al 13,6% in Portogallo. Per contro, vi è stato un peggioramento in Finlandia, dall'8,2% all'8,7%. |8| prospettive|novembre 2014 0% La banca centrale svedese ha abbassato il suo tasso di riferimento di 0,25%, a 0%, nella speranza di stimolare l'inflazione. L'istituzione, analogamente alla BCE, non ha escluso di proporre tassi negativi, e ha affermato che, in pratica, sarebbe possibile tagliare il tasso ancora una volta, ma che ciò attualmente non è previsto. 9,5% La banca centrale russa ha aumentato decisamente il suo tasso di riferimento al 9,5%, dall'8%, al fine di contrastare il forte deprezzamento del rublo e lottare contro l'inflazione. Il rublo oscilla intorno ai suoi minimi storici nei confronti del dollaro (45 rubli per 1 dollaro). La banca centrale russa ha indicato che la crescita economica del paese dovrebbe essere vicina allo 0% nel 4° trimestre 2014 e nel 1° trimestre 2015. 7,3% La Cina ha registrato nel terzo trimestre 2014 un rallentamento della sua crescita economica. La progressione del PIL è del 7,3% anno su anno, rispetto al 7,5% nel 2° semestre 2014. Questo ritmo è il più basso da 5 anni a questa parte. B+ L'agenzia di valutazione creditizia Standard & Poor’s ha alzato il rating del debito sovrano di Cipro a B+ per riflettere i suoi buoni risultati di bilancio. Tale rating è associato ad un outlook stabile. prospettive|novembre 2014 USD 76,28 L’Arabia Saudita prende le misure necessarie per abbassare il prezzo del suo petrolio, di fronte a un corso del greggio americano WTI ai minimi da due anni, a 76,28 al barile. I prezzi del greggio, sprofondati in una forte tendenza ribassista da metà giugno, sono scesi ai minimi toccati nel 2011 a New York e nel 2010 a Londra. |9| CLASSI DI ATTIVITÀ I mercati azionari rivelano la loro vulnerabilità Ancora una volta, il mese d'ottobre ha messo a dura prova i mercati azionari. Un'ondata improvvisa di timori sull'andamento dell'economia ha provocato, nello spazio di cinque sedute, una correzione del 5,4% dello S&P 500 a metà mese. L'indice ha poi chiuso il periodo con un rimbalzo dell'8,3%. Nervosismo sui mercati ad ottobre Gli US Treasury decennali ridiscendono al 2,1% L'HY sensibile alle decisioni della Fed Azioni Obbligazioni Obbligazioni societarie I mercati azionari hanno fatto registrare una forte correzione ad ottobre prima di rimbalzare, riportando il Giappone e gli Stati Uniti ai loro massimi annuali. Il mercato europeo è tuttavia in ritardo rispetto a quello statunitense. All'inizio di ottobre, i tassi d'interesse a lungo termine degli US Treasury hanno proseguito la loro tendenza ribassista di fine settembre. Il tasso d'interesse a 10 anni è passato dal 2,6% a metà settembre al 2,1% al 15 ottobre, e il rendimento del 2,1% è il livello minimo toccato nel 2014 per i tassi decennali. Bisogna infatti risalire a giugno 2013 per ritrovare questo dato. I timori legati alla normalizzazione della politica della Fed hanno influito in misura considerevole sul segmento High Yield. L'Investment Grade, da parte sua, ha seguito da vicino le fluttuazioni dei titoli di Stato. A questo punto, le obbligazioni societarie non appaiono eccessivamente care rispetto all'IG. Sull'orizzonte 2015, l'HY resta comunque vulnerabile ad un rialzo dei tassi di riferimento. La prima quindicina di ottobre è stata contrassegnata da un vasto movimento di correzione su tutti i mercati azionari. Mentre il programma di acquisto di titoli da parte della Fed sta finendo, i timori sulla crescita, sia negli Stati Uniti che in Germania, sono stati il catalizzatore di questo movimento. Gli arretramenti sono stati sostanziali, con il -5,4% negli Stati Uniti e il -8,9% in Europa, e quest'ultimo mercato è così entrato in terreno negativo da inizio anno. Lo stress subìto dai mercati è stato intenso: la volatilità, misurata dall'indice VIX negli Stati Uniti, è passata nella prima metà del mese dal regime che noi definiamo basso ad un regime di crisi, prima di ritornare al regime basso il 31 ottobre. Infine, a ottobre, lo S&P 500 è riuscito persino a esprimere un rialzo del 2,4%. L'Europa ha conosciuto un rimbalzo meno favorevole, a causa della sua maggiore volatilità. Le revisioni al ribasso dei profitti attesi per il 2014 e il 2015 sono continuate in tutte le zone, ad eccezione del Giappone, dove le aspettative per il 2015 sono leggermente migliorate. Dopo la debole crescita dei profitti nel 2014 sui mercati sviluppati (7% negli Stati Uniti, 4,5% in Europa e 6% in Giappone), l'attenzione degli investitori si focalizza sul 2015, con aspettative tra il 10% e il 13%. Infine, la performance dello S&P 500 dell'11% dall'inizio dell'anno è un segnale di maggiore resistenza agli attuali rischi rispetto ai listini europei. |10| Per contro, la seconda metà del mese ha registrato un rialzo pressoché ininterrotto dei tassi d'interesse. I maggiori rialzi sono stati concentrati sulle scadenze tra i 2 e i 10 anni. Questo movimento lineare si spiega con la percezione di un atteggiamento un po' più aggressivo della Fed rispetto all'immediato passato e con le statistiche economiche migliori del previsto. I tassi d'interesse degli US Treasury dovrebbero continuare il loro rialzo nel 2015 in ragione, da una parte, del proseguimento della ripresa economica in corso e, dall'altra, del probabile inizio del ciclo di aumento dei tassi di riferimento della Fed. Tuttavia, la progressione dei tassi a lunga potrebbe rivelarsi modesta a causa dei dubbi sul potenziale di crescita delle economie dopo la Grande crisi e delle previsioni di inflazione a lungo termine, che dovrebbero rimanere basse. In Europa, queste stesse ragioni sono state amplificate dall'assenza di segnali di una ripresa durevole e da una politica monetaria che dovrebbe continuare a contrastare i rischi deflazionistici. In queste condizioni, il differenziale tra i tassi d'interesse degli US Treasury e quelli dei Bund potrebbe continuare ad ampliarsi. La prospettiva dell'annuncio della fine di nuovi acquisti di titoli da parte della Fed è stata particolarmente perniciosa per l'High Yield (HY). I flussi di fondi in uscita hanno spinto i tassi d'interesse di questa classe di attività temporaneamente sopra il 3,5%, un livello che non si vedeva da settembre 2013. A seguito della conferma da parte della Fed della fine del suo QE e del sostegno apportato da una serie di statistiche economiche favorevoli negli Stati Uniti, i timori hanno potuto essere leggermente attenuati. Nel mese, l'HY e gli US Treasury registrano una performance del +1,1% contro il +0,9% per l'Investment Grade (IG). Al confronto, lo S&P chiude con un +2,4%. La performance da inizio anno è stata dignitosa. In testa, ritroviamo l'IG (7,0%), seguito dagli US Treasury (4,8%) e dall'HY (4,8%). In termini settoriali, le performance sono state molto concentrate. Al primo posto, ritroviamo i media (+10,8%), seguiti dai servizi di pubblica utilità (+9,8%) e dalle assicurazioni (+8,3%). Il gruppo di coda è monopolizzato dai settori legati alla finanza: banche (+4,7%) e finanziari (+5,4%). L'HY dovrebbe continuare a essere volatile in ragione della sua sensibilità alle incertezze che pesano sul ritmo di normalizzazione della politica monetaria della Fed. prospettive|novembre 2014 Hedge fund La fedeltà alle convinzioni è stata vincente in un mese difficile per gli hedge fund L'andamento a forma di V delle attività rischiose ha messo alla prova la determinazione dei gestori di rimanere fedeli alle loro convinzioni di trading. Gli hedge fund hanno dovuto fare una difficile scelta, di fronte ad una combinazione di fattori contrari – sia di tipo macro che specifici per le singole aziende – che ha provocato una marcata flessione infragiornaliera dei prezzi delle attività rischiose: tagliare il rischio e limitare ulteriori perdite, oppure cavalcare la correzione e comprare sulla debolezza. I fondi azionari long/short hanno scelto quest'ultima soluzione. Anche se le brutte notizie macroeconomiche emerse a fine settembre hanno portato ad una riduzione delle esposizioni nette e lorde, i giudizi fondamentali sono rimasti invariati per tutto il mese di ottobre. I fondi azionari long/ short sono pertanto riusciti a recuperare gran parte delle perdite di metà mese, grazie ai rally espressi a fine mese dai nomi di maggior convinzione. I fondi global macro hanno invece preferito limitare le perdite. Per l'esattezza, i loro processi di risk management hanno fanno scattare i meccanismi di stop loss. A causa della decisione di aspettare nel ripristino delle posizioni di rischio, non è stato comunque possibile catturare tutto il rimbalzo. In altre strategie, i gestori event driven hanno avuto problemi propri che sono andati al di là della percezione da parte del mercato del netto peggioramento della crescita economica. Ad esempio il prezzo delle azioni Shire è crollato del 47% per il venir meno dell'acquisizione data per certa di Shire da parte di AbbVie - una transazione che traeva la sua logica da un'ipotesi di tax inversion. prospettive|novembre 2014 Il palladio resiste Metalli preziosi La fine del «tapering» della Fed ha provocato una discesa dei corsi dei metalli preziosi, ad eccezione di quello del palladio. Tutti i metalli preziosi si sono apprezzati dopo l'inizio di ottobre, prima che questa tendenza si interrompesse nella seconda parte del mese. Le speculazioni sulla necessità dell'adozione di misure monetarie supplementari da parte della Banca centrale europea, e la conferma da parte della Fed della fine del suo programma di acquisto di titoli, hanno provocato un apprezzamento del dollaro USA e spinto al ribasso i prezzi dei metalli preziosi. L'oro, l'argento e il platino si sono così deprezzati nel mese, del 3% per il metallo giallo e del -5% per gli altri due metalli. Solo il palladio ha chiuso in rialzo, con un aumento del suo prezzo del 2,5%. Dall'inizio dell'anno, quest'ultimo è il solo metallo prezioso a conoscere una performance positiva, dell'11,5%. La debolezza dell'eurozona e il vigore dell'economia americana dovrebbero continuare a sostenere il biglietto verde, pesando sul valore dei metalli preziosi, che sono quotati in dollari USA. Il palladio è l'unico metallo che continua a beneficiare di fondamentali abbastanza solidi, il che giustifica l'andamento favorevole del suo prezzo. I prezzi degli altri metalli preziosi potrebbero stabilizzarsi entro fine anno, ma è probabile che generino una performance negativa per l'intero 2014. L'euro ai minimi degli ultimi due anni Cambi Le monete delle economie sviluppate hanno registrato una forte volatilità a ottobre, con diversi record toccati dai tassi di cambio. La tendenza del cambio EUR/USD è stata complessivamente rialzista a ottobre, fino alla seconda parte del mese. La debolezza dell'eurozona, combinata alla forza dell'economia americana e confermata dalla decisione della Fed di porre fine al suo programma di acquisto di titoli, ha spinto il cambio EUR/USD a livelli record che non si vedevano da due anni. Un altro record, questa volta per lo yen, che ha conosciuto un forte ribasso, è stato provocato dalla decisione della banca centrale giapponese di aumentare il suo obiettivo di espansione annuale della base monetaria a 80 mila miliardi di yen La forza del dollaro e la debolezza dell'eurozona hanno pertanto spinto altre monete a toccare i minimi degli ultimi quattro anni. Dall'inizio dell'anno, tra le monete delle economie sviluppate, il dollaro USA è la moneta più forte, seguito ruota dal dollaro australiano, malgrado il recente ribasso di quest'ultimo. L'euro ha perso quasi il 9% nei confronti del dollaro, e solo la corona norvegese e la corona svedese hanno fatto peggio, con deprezzamenti rispettivamente del -10% e del -13% contro il biglietto verde. Queste tendenze dovrebbero perdurare fino a fine anno, anche se, considerata la velocità degli aggiustamenti delle monete nel mese di ottobre, un consolidamento della maggior parte di esse non sorprenderebbe. |11| TEMA DEL MESE: GLI STATI UNITI, FONTE DI ENERGIA DI RANGO MONDIALE Petrolio e gas di scisto americani: il settore che cambia le carte in tavola dell'offerta energetica mondiale Molti articoli ritornano sull'argomento delle implicazioni economiche della rivoluzione del petrolio e del gas di scisto negli Stati Uniti. Da parte nostra tentiamo di valutare l'impatto di questa nuova fonte di produzione sull'industria petrolifera mondiale e di misurarne le conseguenze per l'investimento. Oltre al progresso tecnologico, che ha permesso di trovare la chiave di accesso alle riserve di oro nero di scisto, questo fenomemo è rivoluzionario sia per i suoi aspetti inattesi che per il suo effetto sorpresa sull'industria petrolifera mondiale. Le sue ripercussioni saranno prevalentemente di ordine temporaneo, come sul mercato del petrolio, o prevalentemente di naturale strutturale, come sul mercato del gas. Gli Stati Uniti, 3° produttore mondiale di petrolio Nello spazio di qualche anno, la combinazione tecnologica della perforazione orizzontale e della fratturazione idraulica, a lungo studiata dal pioniere del petrolio e del gas di scisto, George Mitchell, nel Barnett (Texas settentrionale) ha cambiato il destino del settore dell'energia americano. Questa rivoluzione, il cui utilizzo commerciale si è diffuso in due ondate successive a partire dall'inizio degli anni 2000, ha innanzitutto toccato l'industria del gas naturale, per poi propagarsi a quella del petrolio. Mentre gli Stati Uniti avevano visto la loro produzione petrolifera raggiungere un picco all'inizio degli anni 1970, intorno Malik Zetchi Analista finanziario |12| a 10 milioni di barili al giorno, la traiettoria del livello di produzione ha dovuto da quel momento in poi inesorabilmente puntare verso il basso, contraendosi quasi della metà fino al 2010. Dal 2011, la produzione ricavata dai bacini di scisto ha aggiunto 3 milioni di barili al giorno, confermando gli Stati Uniti nella loro posizione di 3° produttore mondiale a 8,5 milioni di barili al giorno. Un simile aumento annualizzato non è mai stato uguagliato da nessun altro paese produttore, ad eccezione dell'Arabia Saudita. Se l'aumento supplementare potenziale della produzione è tuttora incerto, la sua traiettoria resta chiaramente rialzista per i prossimi due anni. Questa forte crescita della produzione di petrolio ha spinto al rinnovamento dell'industria della raffinazione americana, che raramente è stata redditizia come negli ultimi tre anni. L'Europa fa la figura della perdente in questa storia, trovandosi a dovere affrontare un aumento delle esportazioni americane di prodotti raffinati. Queste ultime non hanno fatto che accelerare, in un contesto di una domanda anemica e di una esigenza di razionalizzazione delle sue capacità di raffinazione. L'abbondanza della produzione di gas sul continente americano si è anche conclusa con effetti significativi sull'industria domestica. I miglioramenti di produttività dei pozzi dei bacini gasiferi del Texas e della Pennsylvania e le quantità considerevoli di gas associate alla produzione di petrolio hanno avuto ragione sui prezzi del gas naturale americano. Essi hanno prodotto effetti marginalmente negativi per le società di servizi ma sono divenuti una fortuna insperata per le società della petrolchimica di base che, in brevissimo tempo, sono passati dal ruolo di attore marginale a quello di produttore in grado di competere ad armi quasi pari con quelli del Medio Oriente. Mentre appena sette anni fa gli Stati Uniti si apprestavano a importare gas sui propri terminali nel golfo del Messico, la rivoluzione degli scisti permetterà, da qui al 2020, al paese di posizionarsi al 3° posto degli esportatori di gas naturale liquefatto (GNL) dopo l'Australia e il Qatar. Gli Stati Uniti rappresenteranno allora da soli circa il 15-20% del commercio mondiale di GNL. Questo aumento di potenza provoca perturbazioni importanti sui mercati del GNL, marginalizzando o ritardando alcuni progetti come quelli del Canada o dell'Australia, e rimettendo in discussione la struttura dei contratti tradizionali. I fattori dello sviluppo energetico americano In aggiunta ad una geologia favorevole, gli Stati Uniti hanno beneficiato di tre fattori cruciali, che hanno permesso lo sviluppo del petrolio e del gas di scisto: 1) infrastrutture energetiche altamente sviluppate, 2) un sistema giuridico che concede il diritto minerario ai proprietari terrieri e, 3) malgrado una opposizione virulenta da parte di taluni gruppi, un sistema favorevole in termini di politica e di legislazione. Altro tesoro inestimabile di questa industria, la grande ricchezza offerta dal segmento esplorazione/produzione domestica. Le società puramente americane, di qualsiasi dimensione, hanno contribuito in modo significativo al know how e allo sviluppo tecnologico; esse rappresentano oggi la maggior parte degli investimenti destinati allo sfruttamento del petrolio di scisto. Questi investimenti rappresentavano circa USD 140 miliardi nel 2014, un ammontare comparabile alla spesa delle cinque major1 messe insieme. Tali investimenti permettono di rispondere alla quasi totalità della crescita annua della domanda mondiale di petrolio, pari a circa 1 le grandi compagnie petrolifere prospettive|novembre 2014 1 milione di barili al giorno. In altri termini, le società americane si vedono incaricate, loro malgrado, della missione di approvvigionare il mondo di energia, missione che storicamente incombeva implicitamente sulle compagnie nazionali dei paesi dell'OPEC e alle major. Si tratta di un cambiamento epocale. Non è una coincidenza che le major, fortemente esposte alle dinamiche internazionali e al segmento dell'offshore profondo2, abbiano cambiato da qualche tempo la loro comunicazione nei confronti degli azionisti, utilizzando termini come «disciplina del capitale», «controllo dei costi» e altre misure di ottimizzazione operativa, ritardando i loro progetti costosi, generalmente relativi all'offshore profondo. Gli Stati Uniti hanno concesso del tempo al resto dell'industria petrolifera. Le perdenti in questo nuovo contesto prospettive|novembre 2014 sono le società di servizi, e più in particolare le società di perforazione marina, nonché le società di ingegneria e di costruzione esposte all'offshore, che vengono prese in contropiede. Mentre stavano tutte investendo per aumentare la loro capacità, devono ora fare i conti con problemi di sovracapacità. Lo sviluppo del petrolio di scisto americano: il dibattito rimane aperto Mentre è ampiamente assodato che il vi è abbondanza di gas americano e che i suoi effetti sui mercati mondiali del gas si faranno sentire a lungo termine, le opinioni sono molto più divise sul petrolio di scisto. Permangono incertezze importanti come il potenziale di sfruttamento residuo, la sostenibilità del livello di produzione una volta raggiunto il picco e la reale profittabilità di questo tipo di deposito. Si continua comunque ad ammettere che sarà difficile per l'industria scoprire bacini petroliferi comparabili a quelli dell'Eagle Ford (Texas) e del Bakken (Nord Dakota). Considerati asset di portata mondiale, questi due giacimenti rappresentano da soli quasi il 70% della produzione americana onshore3. Sebbene tuttora in crescita, questi stanno raggiungendo progressivamente il loro livello di maturità. Tuttavia, l'industria petrolifera continua a investire significativamente nella ricerca e nello sviluppo, nel miglioramento delle tecniche di estrazione e nell'ottimizzazione della produzione. Il petrolio di scisto americano ha apportato al mercato del petrolio un fattore autostabilizzante; in altre 2 3 offshore significa marittimo. L’offshore profondo si riferisce alla perforazione marittima in acque profonde terrestre |13| TEMA DEL MESE: GLI STATI UNITI, FONTE DI ENERGIA DI RANGO MONDIALE parole, una elasticità naturale della produzione rispetto al prezzo, dimensione che in precedenza non era mai esistita. L'Opec ha svolto sinora in qualche modo questo ruolo, in qualità di attore regolatore esterno dei mercati. Gli sviluppi recenti dei prezzi del petrolio dovrebbero costituire un valido test della resistenza del modello americano, se i prezzi dovessero rimanere per un periodo prolungato in un range inferiore a quello che ha permesso il boom dell'industria dello scisto. I mercati azionari riflettono la rivoluzione in corso Sui mercati azionari, la rivoluzione del petrolio e del gas di scisto ha avuto ricadute significative. Oltre al rallentamento degli investimenti (capex), osservato da più di due anni per i progetti offshore profondo e che ha provocato la caduta precipitosa di molte società di servizi, il petrolio di scisto ha totalmente tolto dal palcoscenico le società tradizionali di esplorazione e di produzione, quotate per la maggior parte al London Stock Exchange. Queste ultime avevano basato il loro modello di business e le loro proposte di valore (value proposition) per gli investitori sull'esplorazione, spesso ad «alto rischio/alto rendimento sull'investimento», ovvero corrispondenti nel migliore dei casi al 15-20% di probabilità di successo, unitamente allo sviluppo di progetti molto rischiosi. All'opposto, le società americane di esplorazione e di produzione propongono relativamente pochi rischi geologici, una esposizione verso le economie dell'OCSE, giudicate più stabili, nonché una crescita dei volumi rapida e visibile. Negli ultimi due anni, il trading sul mercato azionario si è rivelato relativamente dicotomico, favorendo i titoli esposti alla tematica del gas e del petrolio di scisto, e mettendo in ombra quelle troppo esposte all'internazionale, dove in realtà i rischi sono significativamente aumentati negli ultimi anni. Molte società americane sono del resto in fase di ristrutturazione del loro portafoglio, con la vendita delle loro attività internazionali per riposizionarsi sullo scisto americano. Questo è stato ad esempio il caso di Devon Energy, ma anche di Hess Corporation, di Occidental Petroleum o ancora di Apache Corporation. Mentre il mercato si focalizza sulla tematica straordinaria del petrolio e del gas di scisto del continente americano, è importante mettere questo fenomeno nella prospettiva della contribuzione ai bisogni futuri di petrolio, tenuto conto del tasso di declino della produzione mondiale. Da qui al 2020, si stima che per mantenere la produzione attuale a un livello costante, dovranno essere immessi sul mercato 20 milioni di barili al giorno supplementari. Secondo ipotesi ottimistiche, il petrolio di scisto degli Stati Uniti rappresenterà il 10-15% di questo fabbisogno. A seguito del forte ribasso delle azioni del settore petrolifero e delle aspettative attualmente fortemente depresse, diversi titoli presentano valutazioni attraenti e offrono di conseguenza rendimenti potenziali Contributori | Yves Bonzon, Christophe Donay, Jean-Pierre Durante, Chloé Koos Dunand, Bernard Lambert, Jacques Henry, Nadia Gharbi, Kalina Moore, Wilhelm Sissener, David Baglione | Redazione terminata il 3 novembre 2014 Revisione editoriale | Sabine Jacot-Descombes Traduzione| Mario Clapis Impaginazione | Production Multimédia Pictet Stampa | Stampa su carta certificata FSC Disclaimer | Il presente documento non è destinato alle persone aventi cittadinanza, residenza o domicilio o alle entità registrate in un Paese o una giurisdizione in cui la sua distribuzione, pubblicazione, messa a disposizione o utilizzo sono in contrasto con norme di legge o regolamentari in vigore. 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Alcune società attive nei settori del petrolio e del gas di scisto americani, sia tra i produttori che tra i servizi petroliferi, rimangono ben posizionate e godono di buone prospettiva di crescita. Anche la tematica dell'offshore profondo rimane promettente. Al pari della complessità dello sfruttamento di questo tipo di risorsa, il contenuto tecnologico delle apparecchiature di produzione permette in effetti di fissare barriere all'entrata elevate, proteggendo in tal modo un certo numero di aziende di nicchia. Le major europee restano in particolare ben posizionate, tenuto conto del potenziale di miglioramento della loro attività che rimane superiore a quello delle loro omologhe americane, in ragione dei livelli delle valutazioni più attraenti. residua, delle condizioni di mercato, della volatilità e della solvibilità dell’emittente o dell'emittente di riferimento. I tassi di cambio possono inoltre influire positivamente o negativamente sul valore, sul prezzo o sul reddito dei titoli o degli investimenti ad essi relativi menzionati nel presente documento. I rendimenti del passato non devono essere considerati come una indicazione o una garanzia delle performance future, e le persone destinatarie del presente documento sono interamente responsabili dei loro eventuali investimenti. Non viene fornita alcuna garanzia esplicita o implicita in merito alle performance future. Il contenuto del presente documento è confidenziale e può essere letto e/o utilizzato solo dalla persona alla quale è indirizzato. Il Gruppo Pictet non è responsabile dell’utilizzo, della trasmissione o dell'elaborazione dei dati contenuti nel presente documento. Di conseguenza, qualsiasi forma di riproduzione, copia, divulgazione, modifica e/o pubblicazione del contenuto è sotto la responsabilità esclusiva del destinatario del documento, a completo discarico del Gruppo Pictet. 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Dati al 31 ottobre 2014 PRINCIPALI INDICATORI ECONOMICI TASSI D’INTERESSE Stime Pictet - (consenso*) Tassi di crescita del PIL 2012 2013 Stati Uniti Eurozona Svizzera Regno Unito Giappone Cina Brasile Russia 2.3% -0.6% 1.1% 0.7% 1.5% 7.7% 1.0% 3.4% 2.2% -0.4% 1.9% 1.7% 1.5% 7.7% 2.5% 1.3% Inflazione (IPC) (media annuale, Brasile escluso, a fine anno) 2012 2013 Stati Uniti Eurozona Svizzera Regno Unito Giappone Cina Brasile Russia 2.1% 2.5% -0.7% 2.8% 0.0% 2.7% 5.8% 5.1% 1.5% 1.3% -0.2% 2.6% 0.4% 2.6% 5.9% 6.8% 2014E 2.2% 0.7% 1.6% 3.0% 0.9% 7.3% 0.2% 0.2% 2015E (2.2%) (0.8%) (1.5%) (3.1%) (1.1%) (7.3%) (0.3%) (0.2%) 3.0% 1.0% 1.8% 2.7% 1.3% 7.0% 1.0% 0.0% 2014E 1.7% 0.5% 0.0% 1.6% 2.7% 2.1% 5.9% 7.5% Breve termine (3 mesi) (3.1%) (1.2%) (1.7%) (2.6%) (1.2%) (7.1%) (1.0%) (0.4%) 2015E (1.8%) (0.5%) (0.1%) (1.7%) (2.8%) (2.3%) (6.4%) (8.0%) 1.4% 0.9% 0.2% 1.6% 1.7% 2.6% 4.9% 7.5% Stati Uniti Eurozona Svizzera Regno Unito Giappone Cina Brasile Lungo termine (10 anni) 0.1% 0.15% 0.0% 0.5% 0.1% 3.0% (1 anno) 11.3% 2.3% 0.9% 0.5% 2.3% 0.5% 4.8% (5 anni) 12.2% MERCATI OBBLIGAZIONARI (1.8%) (1.0%) (0.5%) (1.9%) (1.8%) (2.7%) (6.3%) (6.2%) Performance dal 31.12.2013 EUR CHF High Yield EUR High Yield USD *Fonte: Consensus Economics Inc USD VARIAZIONI DEI TASSI DI CAMBIO (DAL 31.12.2013) GBP JPY Rispetto all’EUR Rispetto all’USD Rispetto al CHF USD — HKD — USD — HKD — AUD — HKD — AUD — GBP — AUD — GBP — NZD — GBP — NZD — CAD — NZD — CAD — JPY — CAD — JPY — CHF — JPY — CHF — EUR — EUR — NOK — NOK — SEK — SEK — NOK — SEK — % -6 -4 -2 0 2 4 6 8 10 12 % -14 -12 -10 -8 -6 -4 -2 0 Debito emergente (in moneta locale) Debito emergente (in USD) % -12 Performance dal 31.12.2013 USD % -8 -6 -4 -2 0 2 4 6 8 10 Performance dal 31.12.2013 Performance del mese precedente Petrolio quotato in Asia -25.4 -22.7 Brent -18.3 WTI Stagno Mais Platino Piombo Rame Gas naturale Oro in USD Zucchero Argento Cacao Palladio Zinco Alluminio Petrolio quotato in Asia -12.8 -12.2 Cacao -11.7 WTI -10.6 Brent Gas naturale Platino Piombo Oro in USD Stagno Zucchero Argento Rame Palladio Zinco Alluminio Mais -10.7 -9.6 -9.3 -8.7 -8.4 -3.5 -2.3 % -30 -25 -20 -15 -10 -5 0 prospettive|novembre 2014 1.8 7.0 9.5 12.6 16.1 5 10 15 20 0 3 6 9 12 MERCATI AZIONARI COMMODITY -11.9 -9 -6 -3 MSCI World* S&P 500* MSCI Europe* Tokyo SE (Topix)* MSCI Pacific ex. Japan* SPI* Nasdaq MSCI Em. Markets* Russell 2000 5.0% 11.0% -4.0% -2.2% 7.0% 2.5% 10.9% 4.0% 0.9% EUR 15.5% 22.1% 5.5% 7.6% 17.7% 12.7% 21.9% 14.3% 10.9% CHF GBP 13.7% 8.7% 20.1% 14.9% 3.9% -0.7% 5.9% 1.3% 15.8% 10.8% 10.9% 6.1% 20.0% 14.8% 12.5% 7.6% 9.1% 4.4% * Dividendi reinvestiti SETTORI DI ATTIVITÀ -6.0 -5.6 Performance dal 31.12.2013 Stati Uniti Europa Mondo -4.4 -3.9 -3.0 -2.5 % -15 -10 -5 0.0 0.6 1.2 1.2 6.0 17.5 0 5 10 15 20 Industria Tecnologia Materiali di base Telecomunicazioni Salute Energia Servizi pubblica utilità Finanza Consumi di base Consumi voluttuari 3.3% 14.2% 4.9% 3.2% 21.6% -0.9% 19.2% 8.4% 8.7% 2.3% -4.5% -2.3% -3.3% 1.4% 15.8% -1.9% 16.0% 2.5% 4.5% -2.1% -1.6% 11.3% -5.9% -2.2% 15.9% -4.0% 11.9% 1.2% 3.3% -2.4% |15| PERSP ITA 1114 «Prospettive» è disponibile anche online. Seguite quotidianamente e abbonatevi alle nostre opinioni sull’economia, i mercati e le tendenze secolari sul sito http://perspectives.pictet.com
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