Le cantonais

QE
103,2
7,3%
USD 1100
+11%
L’euro
15%-20%
70%
Gli effetti delle modifiche del quantitative
easing non sono lineari.
Pagina 2
Il peggior livello del sondaggio tedesco Ifo
da gennaio 2013, con un sesto arretramento
consecutivo
Pagina 4
Il tasso di crescita del PIL cinese. Questo
ritmo è il più basso da 5 anni a questa
parte.
Pagina 5
miliardi. Le dimensioni del fondo
pensioni pubblico giapponese, il più
grande al mondo.
Pagina 6
La performance dello S&P 500 dall'inizio
dell'anno, un segnale che questo indice
resiste meglio ai rischi attuali rispetto al
mercato europeo. Pagina 10
si deprezza nei confronti del dollaro USA
e raggiunge i minimi degli ultimi due anni.
Pagina 11
La quota del commercio mondiale di gas
naturale liquefatto (GNL) rappresentata
dagli Stati Uniti da soli.
Pagina 12
percentuale della produzione americana di
petrolio onshore che si trova nei bacini
dell'Eagle Ford nel Texas e del Bakken in
Nord Dakota. Pagina 13
L'allentamento quantitativo ad un punto di svolta
Novembre 2014
Prospettive
COMMENTO
Gli effetti delle modifiche del «QE» non sono lineari
Dopo il fallimento della banca d'affari Lehman Brothers a
settembre 2009, siamo entrati nell'era della politica monetaria
non convenzionale, una delle cui leve più controverse è
costituita dagli acquisti di titoli da parte delle banche centrali,
comunemente denominati con l'acronimo «QE», per
quantitative easing (allentamento quantitativo).
Alla fine del mese di ottobre, la Federal reserve ha confermato
la fine del suo terzo programma di QE. Molti analisti e
investitori ne hanno dedotto che il mercato azionario deve
scendere, tirando un frettoloso parallelo con la chiusura del
Yves Bonzon
primo e secondo programma di allentamento quantitativo
Direttore degli investimenti
negli Stati Uniti, QE1 e QE2, la cui cessazione era stata seguita
poco dopo da un marcato ribasso dei corsi borsistici.
Questa interpretazione rivela una grande confusione nella lettura dei meccanismi monetari
e dell'attuale contesto macroeconomico, caratterizzato da recessioni di bilancio in Giappone,
in Europa e, fino a poco tempo fa, negli Stati Uniti. Le stesse cassandre che cinque anni fa
avevano predetto una inflazione galoppante imminente negli Stati Uniti intravedono oggi il
ribasso del mercato, seppur successivamente alla fine del QE3.
L'effetto dei cambiamenti del QE dipende fondamentalmente dallo scenario
macroeconomico del momento. Alla fine dei programmi QE1 e QE2, l’economia americana si
trovava ancora in una situazione di «riparazione» dei bilanci delle famiglie, che si erano
sovraindebitate durante il boom immobiliare degli anni 2000. All'epoca, il settore privato
non esprimeva alcuna domanda di nuovo credito. Oggi, il credito al settore privato (famiglie
e imprese) ha ricominciato a crescere. Il contesto è quindi completamente diverso. La
S&P 500, US TREASURY A 7-10 ANNI E ORO (RIFASATURA A BASE 100 ALLA DATA DEL TAPERING DELLA FED)
150
Rendimento complessivo al 31.10.2014
(dopo il tapering):
140
- S&P 500: +13,4%
130
- Oro: -3,7%
- US Treasury a 7-10 anni: 6,2%
120
110
100
90
S&P 500 Total Return
80
Oro
Bloomberg/EFFAS Bond Indices US Govt
7-10 Yr Total Return
70
Tapering (18.12.2013)
60
12.2011
07.2012
01.2013
08.2013
02.2014
09.2014
04.2015
Fonte: Pictet WM - CIO Office, Datastream
|2|
prospettive|novembre 2014
risposta delle tre grandi classi di attività denominate in dollari - azioni, US Treasury e oro dopo l'annuncio della riduzione degli acquisti di titoli da parte della Fed del dicembre scorso
ne è una testimonianza.
Da allora, l'uscita dal QE e la transizione progressiva verso una normalizzazione della
politica monetaria americana, che sarà ufficializzata dal primo rialzo dei tassi di riferimento
a tempo debito, sono non solo giustificate, ma soprattutto imperative al fine di evitare
un'eccesso di inflazione a termine. A parità delle altre condizioni, la fine del QE non significa
questa volta che i mercati debbano subire un ribasso. Nella maggior parte dei casi, le strette
della banca centrale americana vengono effettuate a ragion veduta, al fine di ottenere un
miglioramento dell'economia. L'apprezzamento della borsa procede allora ad un ritmo più
moderato. È solo successivamente, durante la fase finale della stretta monetaria, che il
mercato registra un ribasso del 20% su un periodo di sei mesi o più, corrispondente ai
parametri classici di un mercato ribassista.
Nell'immediato, la borsa potrebbe perdere terreno a causa di altri fattori. A metà ottobre,
mentre l'indice S&P 500 registrava la sua prima correzione del 10% da più di due anni, molti
commentatori ne hanno visto una causa diretta nella fine del QE3. Da parte nostra, pensiamo
che la correzione sia stata originata dallo stress provocato nel terzo trimestre dal rialzo del
dollaro sui bilanci più sensibili all'accesso ai finanziamenti in dollari, includendo in
particolare le obbligazioni americane high yield e quelle dei paesi emergenti deficitari.
Questa correzione è stata poi rafforzata dalla battaglia politica ingaggiata a Bruxelles nel
contesto di uno scenario economico europeo che assomiglia sempre di più a quello del
Giappone, indipendenza monetaria a parte.
La recente decisione della Bank of Japan (BoJ) ci ha peraltro indotti a iniziare una allocazione
nelle azioni giapponesi. Contrariamente agli Stati Uniti, i fattori strutturali, in particolare
demografici, sono molto più avversi in Giappone, e noi dubitiamo della capacità a termine
del governo di uscire dalla deflazione. Tuttavia i mercati verosimilmente ne acquisiranno
consapevolezza solo tra qualche anno e, fino ad allora, il governo vuole stimolare l'economia
tramite il canale di trasmissione degli asset finanziari.
«Prospettive» è disponibile anche online.
Seguite quotidianamente e abbonatevi alle nostre opinioni
sull’economia, i mercati e le tendenze secolari sul sito
http://perspectives.pictet.com
prospettive|novembre 2014
|3|
MACROECONOMIA
Economia mondiale: si accentuano le disparità
Mentre le previsioni sull'andamento dell'economia per l'eurozona peggiorano con il passare dei mesi, gli
indicatori anticipatori per l'economia americana sostengono il nostro scenario di ripresa graduale. In Cina,
l'economia si mantiene su un ritmo di crescita intorno al 7%.
Christophe Donay*, Bernard Lambert e Nadia Gharbi
* con la collaborazione di Wilhelm Sissener
Le politiche monetarie delle banche centrali divergono sensibilmente in un contesto macroeconomico mondiale sempre più
eterogeneo. Nel momento in cui aumenta la pressione sulla Banca
centrale europea per attuare nuove politiche non convenzionali, la
Federal reserve si appresta ad attuare progressivamente una
stretta monetaria.
La Germania non è risparmiata dal cattivo andamento
dell'economia
Le divergenze dei ritmi di crescita si ampliano mese dopo
mese nelle principali zone economiche. In Europa, le ultime
previsioni della Commissione europea mostrano un quadro
più fosco di quanto non si pensasse. La crescita dell'eurozona, secondo la Commissione, dovrebbe raggiungere solo
lo 0,8% nel 2014 e l'1,1% nel 2015, contro la stima di 1,2% e
1,7% della scorsa primavera. L'economia tedesca non è
risparmiata, dato che le sue previsioni di crescita sono state
abbassate all'1,3% per quest'anno (contro l'1,8% in precedenza) e all'1,1% nel 2015 (contro il 2%). Quanto all'economia italiana, si prevede che sarà in recessione per il terzo
anno consecutivo, con un PIL in arretramento dello 0,4%
nel 2014. La Grande divergenza resta pertanto ben salda.
Le stime della Commissione per la Francia sono emblematiche: il deficit pubblico francese dovrebbe raggiungere il
4,7% del PIL quest'anno e il 4,5% nel 2015, mentre Parigi
aveva fissato un obiettivo del 4,3%. Queste cifre restano
molto superiori al limite consentito del 3%.
Tale dinamica contrasta fortemente con quella degli Stati
Uniti, dove gli indicatori anticipatori confermano una
ripresa sostenuta. Ad esempio, tutte le componenti (tra cui
l'occupazione e i nuovi ordinativi) dell'ultimo indice di
attività manifatturiera ISM sono in netto miglioramento.
La crescita americana si stabilizza così ad un ritmo di
crescita autoalimentata del 3%.
Anche le disparità in materia di inflazione restano
importanti, a seconda delle zone economiche considerate.
Le politiche monetarie delle principali banche centrali di
conseguenza divergono in modo considerevole. La Federal
reserve ha iniziato la prima fase della sua exit strategy,
stabilizzando il suo bilancio con la chiusura del suo terzo
programma di allentamento quantitativo (QE3). La Bank
of Japan da parte sua ha appena incrementato il suo
programma di allentamento quantitativo, provocando un
aumento dell'espansione della base monetaria, che passerà
da un ritmo annuale di 60-70 mila a 80 mila miliardi di yen.
Quanto alla BCE, man mano che le statistiche economiche
peggiorano, anch'essa prevede di avviarsi sulla strada
dell'allentamento quantitativo.
|4|
Stati Uniti: senza destare vera sorpresa, la Fed mette fine
al QE
Nel 3° trimestre il PIL americano è cresciuto del 3,5% come
variazione trimestrale annualizzata, un risultato superiore
alle attese. Questo dato positivo deve comunque essere
relativizzato, nella misura in cui distorsioni statistiche dal
lato delle spese militari hanno temporaneamente contribuito di quasi mezzo punto a tale tasso di progressione. In
ogni caso, la crescita nello scorso trimestre è stata vigorosa
e le prime indicazioni per il mese di ottobre rimangono
complessivamente favorevoli. Certamente, le prospettive
meno rosee per la crescita mondiale, unitamente al recente
rialzo del dollaro, dovrebbero pesare sulle esportazioni
americane nei prossimi mesi. Questo effetto dovrebbe
tuttavia essere largamento compensato dalla distensione
supplementare dei tassi a lungo termine e, soprattutto,
dall'impatto estremamente favorevole della recente diminuzione del prezzo dei carburanti sul reddito reale delle
famiglie. Restiamo pertanto ottimisti sull'evoluzione della
crescita economica oltre Atlantico, e continuiamo a pensare
che la progressione media del PIL si avvicinerà al 3,0% nel
2015, dopo il 2,2% di quest'anno.
«La Fed ha ripetuto che essa pensava
di aspettare un tempo "considerevole"
prima di iniziare ad aumentare
i tassi dei Fed funds»
Nella sua riunione di fine ottobre, la Federal reserve
(Fed) ha in modo non sorprendente messo fine al suo
programma di acquisto di titoli (QE). La sorpresa è
tuttavia venuta da un comunicato che offre una visione
stranamente ottimista delle prospettive congiunturali e
del miglioramento in atto sul mercato del lavoro. La Fed
ha certamente ripetuto che pensava di aspettare un
tempo «considerevole» prima di iniziare ad aumentare i
tassi dei Fed funds. Essa ha tuttavia tolto non poco peso a
questa affermazione, aggiungendo che se la situazione
del mercato del lavoro fosse migliorata più rapidamente
del previsto, o se l'inflazione avesse sorpreso al rialzo,
l'aumento dei tassi di riferimento avrebbe potuto essere
anticipato nel tempo, e viceversa. Continuiamo a pensare
che il primo movimento di rialzo dei tassi avverrà
intorno a metà 2015, e che la forcella obiettivo per i tassi
dei Fed funds alla fine dell'anno prossimo sarà dell'1,0%1,25%.
prospettive|novembre 2014
LA CRESCITA AMERICANA DOVREBBE AVVICINARSI AL 3,0% NEL 2015
Dopo il 2,2% di quest'anno, la progressione media del PIL negli Stati Uniti
dovrebbe avvicinarsi al 3,0% nel 2015.
%
Crescita media dal
2° trimestre 2009 al
3° trimestre 2014: 2,3%
4.0
Previsione media
2015E: 3,0%
3,5%
3.0
3,2%
2,6%
2,5%
2.0
1.0
0.0
-1.0
-2.0
T3 09
T3 10
T3 11
T3 12
T3 13
T3 14
T3 15
Fonte: Pictet WM – AA&MR, Datastream
Eurozona: prospettive di crescita riviste al ribasso
I primi dati economici dell'eurozona per il 4° trimestre non
presentano miglioramenti degni di nota. L'indice dei
direttori degli acquisti (PMI) industriali ha ottenuto un leggero rialzo a ottobre, passando da 50,3 a 50,6. Tuttavia,
malgrado questo recupero, le componenti del PMI dissimulano una realtà ben più inquietante. In effetti, la
componente del volume dei nuovi ordinativi è ad un
livello prossimo alla stagnazione (49,5). Nello stesso
tempo, il sondaggio tedesco Ifo ha registrato a ottobre il
suo sesto arretramento consecutivo per attestarsi a 103,2,
il suo livello più basso da gennaio 2013. Oltre alle aspettative depresse degli imprenditori, gli ultimi dati sui
consumi delle famiglie tedesche non sono affatto più
confortanti. A questo riguardo, a settembre, le vendite al
dettaglio hanno registrato il loro arretramento più forte da
maggio 2007 (-3,2%). Un ribasso era sicuramente atteso, ma
la sua entità ha sorpreso. Nel 3° trimestre, le vendite al
dettaglio sono pertanto scese dello 0,4% rispetto a quelle
del secondo trimestre. Unico barlume di speranza, l'economia spagnola sembra per il momento resistere al marasma economico dell'eurozona. In effetti, secondo una
prima stima, il PIL spagnolo è cresciuto dello 0,5% nel
terzo trimestre. Tuttavia, malgrado la resistenza del settore
domestico, gli esportatori spagnoli potrebbero risentire
della debolezza di alcuni partner commerciali, come la
Francia e l'Italia, dove si concentra quasi il 24% delle loro
prospettive|novembre 2014
esportazioni totali. In questo contesto le nostre previsioni
di crescita sono state riviste al ribasso. Prevediamo ora una
crescita dello 0,7% per il 2014 e dell'1% per il 2015.
Inoltre, gli ultimi dati sul credito nell'eurozona mostrano
una dinamica ancora molto debole. La concessione di
prestiti al settore privato del mese di settembre è infatti
diminuita dell'1,2%, registrando il ventunesimo mese
consecutivo di contrazione. Nei prossimi mesi, le incertezze gravanti sulla ripresa economica dell'eurozona e
l'indebitamento tuttora elevato del settore privato dovrebbero penalizzare la ripresa del credito, e ciò malgrado le
TLTRO1 e la fine del test di resistenza delle banche effettuato dalla BCE. La pressione sulle autorità europee,
nonché sulla BCE, è pertanto elevata. Esse devono agire
per evitare che l'eurozona sprofondi nella deflazione.
Cina: il rallentamento del tasso di espansione
dell'economia dovrebbe continuare nel 4° trimestre
Nel 3° trimestre, la crescita del PIL cinese è diminuita al 7,3%
anno su anno, il suo livello più basso da più di cinque anni.
Questo dato era comunque superiore alla media delle
previsioni e, come variazione trimestrale annualizzata, la
crescita sembrerebbe di fatto avere accelerato da quasi il
6% nel 1° trimestre a circa l'8% nel 2° e 3° trimestre. Non c'è
tuttavia di che cantare vittoria. I dati del PIL sovrastimano
verosimilmente il vigore dell'economia e le statistiche
mensili disponibili – ivi compresi gli indici dei direttori
degli acquisti (PMI) del mese di ottobre – puntano sempre
verso un certo rallentamento congiunturale.
Il peggioramento nel settore degli immobili residenziali
resta chiaramente il fattore di rischio più preoccupante. Le
autorità hanno continuato a prendere «mini misure»
mirate per sostenere questo settore, e sia l'attività di
costruzione che le vendite di abitazioni sembrano di
recente avere espresso un leggero rimbalzo. Lo stock delle
abitazioni invendute rimane tuttavia considerevole. Sebbene nel complesso un marcato rallentamento economico
(hard landing) sia poco probabile, la crescita dovrebbe
restare poco vigorosa nei prossimi mesi. Le nostre previsioni di una crescita del 7,3% nel 2014 e del 7,0% nel 2015
rimangono invariate.
1
Targeted Longer-Term Refinancing Operations (operazioni mirate
di rifinanziamento a più lungo termine)
|5|
STRATEGIA
Gli asset americani suscitano un interesse crescente
Il differenziale del ciclo congiunturale tra l'eurozona e l'economia americana si riflette nell'attrattività relativa delle
classi di attività delle due regioni. Il dollaro USA e le azioni , come ad esempio quelle dello S&P 500, suscitano
pertanto un interesse sempre maggiore da parte degli investitori.
Christophe Donay*, Chloé Koos Dunand e Jacques Henry
*con la collaborazione di Wilhelm Sissener
MERCATI FINANZIARI
Performance in % degli indici finanziari in moneta locale. Dati al 31.10.2014
Indice
Dal 31.12.2013
Mese precedente
Azioni statunitensi*
USD
S&P 500
11.0%
2.4%
Azioni europee*
EUR
Stoxx600
5.7%
-1.7%
Azioni mercati emergenti*
USD
MSCI Emerging Markets
4.0%
1.2%
US Treasury*
USD
ML Treasury Master
4.8%
1.1%
ML Corp Master
7.0%
0.9%
Obbligazioni societarie investment grade statunitensi* USD
Obbligazioni societarie high yield statunitensi*
USD
ML US High Yield Master II
4.8%
1.1%
Hedge fund
USD
Credit Suisse Tremont Index global**
3.4%
0.0%
Commodity
USD
Reuters Commodities Index
-2.9%
-2.4%
Oro
USD
Oncia troy oro
-3.5%
-3.9%
A differenza delle principali economie
sviluppate, l'economia giapponese è
sotto l'effetto di una massiccia iniezione
di liquidità, che influenza l'andamento
dello yen e del mercato azionario nipponico.
Essa si differenzia pertanto per il fattore
guida che condiziona la loro evoluzione.
Le differenziali di crescita depongono
a favore degli asset americani
Le tendenze prevalenti a livello
del dollaro USA, dell'euro, nonché
dei mercati azionari americani ed
europei sono sempre più dipendenti
dai differenziali di crescita economica
sulle due sponde dell'Atlantico. La
bilancia pende dunque a favore delle
attività sensibili alla congiuntura
americana: il dollaro USA prosegue
il suo rafforzamento nei confronti
dell'euro e il differenziale di
performance tra gli indici azionari
americani ed europei si amplia con il
passare delle settimane. Ad esempio,
al 31 ottobre, il rendimento
complessivo, dividendi compresi,
dell'indice S&P 500 ha raggiunto
l'11%, contro il 5,7% per lo Stoxx 600.
La differenza di vigore con la quale
questi due indici si sono ripresi dopo
la correzione di metà ottobre illustra
così le divergenze dei fondamentali
|6|
* Dividendi/cedole reinvestiti ** fine settembre 2014
macroeconomici: mentre la tendenza
ribassista dello S&P 500 si invertiva
rapidamente a forma di «V» dal 16
ottobre per superare il precedente
record di 2011 punti raggiunti il 18
settembre, lo Stoxx 600 ha recuperato
ma, a 337 punti, l'indice è ancora
lontano dal picco di 347 raggiunto in
quella stessa data.
Il ciclo macroeconomico, più delle
politiche monetarie, costituisce
pertanto il fattore guida delle
tendenze sulle due sponde
dell'Atlantico. In Giappone, tuttavia,
la nuova fase di espansione della
base monetaria annunciata dalla
banca centrale giapponese provoca
la seguente gerarchia tra lo yen,
l'euro e il dollaro USA in termini di
vigore strutturale: USD -> EUR ->
JPY. Nel mese di ottobre, lo yen ha
così proseguito il suo
deprezzamento, passando da un
livello di 110 a 114 nei confronti del
dollaro USA e di 138 a 142 nei
confronti dell'euro.
«QE» e riforma dei fondi pensioni
in Giappone
L'inizio del mese d'ottobre in
Giappone è stato contrassegnato da
un discorso dissonante sulla
debolezza dello yen tra il premier
Shinzo Abe e il governatore della
Bank of Japan, Haruhiko Kuroda.
L'annuncio della banca centrale di
estendere il suo programma di
acquisto di attività finanziarie il 31
ottobre ha costituito pertanto una
totale sorpresa. L'impatto sul
mercato azionario giapponese è stato
tanto più forte perché lo stesso
giorno è stata annunciata la riforma
del fondo pensioni dei funzionari
giapponesi con una riallocazione
massiccia di obbligazioni giapponesi
verso le azioni giapponesi, la cui
ponderazione media passa dal 12%
al 25%. Di conseguenza, la
ponderazione cumulata media delle
azioni e delle obbligazioni estere si
sposta dal 23% al 40%. Si tratta del
più grande fondo pensioni pubblico
al mondo, con patrimoni in gestione
per USD 1100 miliardi. Ciò lascia
presagire flussi importanti verso le
azioni giapponesi e le azioni estere.
Il giorno dell'annuncio, l'indice
Topix ha guadagnato il 4,3%, un
rialzo quasi pari alla sua
performance dall'inizio dell'anno.
Buone sorprese nonostante la
correzione di ottobre
Il mese di ottobre è stato
caratterizzato da una correzione sui
mercati azionari, con perdite
rispettivamente dell'8,9% a livello
dello Stoxx Europe 600 del 5,4% per
lo S&P 500. Questo ribasso si è
verificato contestualmente ad un
ampio movimento, iniziato nel
2° trimestre e amplificatosi in
ottobre, di riallocazione dei fondi
nelle azioni, a scapito dell'Europa e
a favore degli altri mercati. Gli Stati
Uniti sono tornati molto rapidamente
al loro massimo storico, toccando un
rendimento complessivo dell'11%
prospettive|novembre 2014
dall'inizio dell'anno, mentre
l'Europa ha confermato il suo ritardo
accumulato da metà giugno, con una
progressione solo del 5,7%.
Le tensioni accumulate sui mercati
sono state in parte occultate dalla
pubblicazione dei risultati per il 3°
trimestre. Malgrado una dinamica in
decelerazione, le società americane
hanno continuato a sorprendere
positivamente, sia in termini di
fatturato che di profitti, e questo è
rassicurante, dopo la debolezza delle
revisioni degli utili a settembre. La
buona notizia è venuta piuttosto
dall'Europa con una sorpresa media
in termini di risultati netti del 6%,
che resta positiva al 3,5% anche
escludendo i finanziari. Dopo avere
perso l'8% a livello delle attese dei
profitti per il 2014 dall'inizio
dell'anno, i risultati pubblicati
dovrebbero aiutare a stabilizzare
le aspettative di crescita per
quest'anno, con un magro 4,5%, e
dare qualche credibilità alle attese di
crescita di circa il 13% per il 2015.
Il dollaro ai massimi degli ultimi
due anni
Le voci secondo le quali la Banca
centrale europea dovrebbe ricorrere
a misure monetarie supplementari,
seguite dalla conferma che la Fed ha
terminato il suo programma di
acquisto di titoli, hanno spinto il
cambio euro/dollaro a 1,25, il suo
livello più basso da due anni.
Anche altri tassi di cambio hanno
avuto un andamento volatile, a
causa dalla politica monetaria dei
rispettivi paesi, in particolare in
Giappone (v. «Classi di attività:
Cambi»), ma anche ad esempio in
Svezia, dove la banca centrale ha
abbassato il suo tasso di riferimento
a 0%. Molte monete sviluppate sono
prospettive|novembre 2014
pertanto scese ai minimi dal 2010.
Il mese d'ottobre non ha pertanto
avuto la stessa intonazione per tutte
le monete. In effetti, alcune divise
emergenti si sono apprezzate nei
confronti del dollaro, come il dollaro
australiano, il rand sud africano, la
lira turca o, in cima alla lista, il peso
cileno, con un rialzo del 3,5% contro
dollaro.
Nessun elemento permette per il
momento di giustificare una
inversione delle tendenze in corso.
Queste dovrebbero pertanto
persistere fino alla fine dell'anno. Il
dollaro dovrebbe restare forte e non
si può escludere un tasso di cambio
EUR/USD a 1,20 da qui a dicembre.
dell'offerta. Se questa caduta
dovesse continuare, l'Arabia Saudita
potrebbe però essere tentata di
intervenire in modo più importante,
poiché il suo equilibrio di bilancio
necessita di un prezzo dell'energia
intorno ai 100 dollari per barile.
Commodity senza stimoli
La forza del dollaro e la domanda
fiacca proveniente dalla Cina
continuano a mettere sotto pressione
i prezzi delle commodity. Tuttavia,
la situazione sta lentamente
migliorando, con la ripresa di
qualche prezzo, come ad esempio
quello di taluni metalli di base come
l'alluminio o lo zinco, che registrano
performance superiori al 12% da
inizio anno.
I prezzi dell'energia continuano a
scendere: il prezzo del barile di Brent
ha perso il 10% in un mese, favorendo
ulteriormente le famiglie ma
alimentando i timori di deflazione
in alcuni paesi. A questi livelli, il
ribasso del prezzo dell'energia
sembra esagerato alla luce dei fattori
ciclici macroeconomici. Il suo prezzo
dovrebbe pertanto consolidarsi da
qui a fine anno. Tuttavia, la cosa è
tutt'altro che certa, poiché
quest'ultimo sembra diminuire man
mano che il dollaro si apprezza,
contraddicendo la legge
fondamentale della domanda e
|7|
FATTI SALIENTI NEL MONDO
La Russia rallenta, la Cina anche
La zona eterogenea emergente dei BRIC – Brasile, Russia,
India e Cina – solo poco tempo fa era particolarmente
ricercata dagli investitori. Oggi, le economie della Russia,
della Cina e del Brasile destano preoccupazioni per quanto
riguarda la loro tenuta nel tempo.
99,3
Il barometro congiunturale svizzero del
KOF è migliorato ad ottobre di mezzo
punto, per raggiungere quota 99,3, come
riportato dal Centro di ricerca
congiunturale del Politecnico federale di
Zurigo. Esso si avvicina alla media
pluriennale (100) per il quarto mese
consecutivo.
2,3%
L'aumento dei salari (employment cost
index) registrato oltre Atlantico tra il 3°
trimestre 2013 e il 3° trimestre 2014, un
risultato superiore alle attese e in accelerazione
rispetto al 1° semestre (2,1% nel 2° trimestre,
dopo l'1,9% nel primo). Stando così le cose, con
una inflazione all'1,7% e un incremento
della produttività dell'ordine dell'1,5%, un
simile rialzo dei salari rimane modesto.
142,8 milioni
In Brasile il voto è obbligatorio. Pertanto 142,8 milioni di
elettori si sono recati alle urne domenica 26 ottobre. Dilma
Rousseff, la presidente di sinistra, candidata del Partito dei
lavoratori, è stata rieletta con il 51,45% dei voti.
11,5%
A settembre la disoccupazione nell'eurozona è rimasta stabile
all'11,5% rispetto ad agosto. In alcuni paesi, sono comunque percepibili
segnali di miglioramento, con la disoccupazione che in un anno è scesa
dal 26,1% al 24,0% in Spagna e dal 15,7% al 13,6% in Portogallo. Per
contro, vi è stato un peggioramento in Finlandia, dall'8,2% all'8,7%.
|8|
prospettive|novembre 2014
0%
La banca centrale svedese ha abbassato
il suo tasso di riferimento di 0,25%, a 0%,
nella speranza di stimolare l'inflazione.
L'istituzione, analogamente alla BCE, non
ha escluso di proporre tassi negativi, e ha
affermato che, in pratica, sarebbe
possibile tagliare il tasso ancora una volta,
ma che ciò attualmente non è previsto.
9,5%
La banca centrale russa ha aumentato
decisamente il suo tasso di riferimento al
9,5%, dall'8%, al fine di contrastare il forte
deprezzamento del rublo e lottare contro
l'inflazione. Il rublo oscilla intorno ai suoi
minimi storici nei confronti del dollaro (45
rubli per 1 dollaro). La banca centrale russa
ha indicato che la crescita economica del
paese dovrebbe essere vicina allo 0% nel 4°
trimestre 2014 e nel 1° trimestre 2015.
7,3%
La Cina ha registrato nel terzo
trimestre 2014 un rallentamento
della sua crescita economica. La
progressione del PIL è del 7,3%
anno su anno, rispetto al 7,5% nel
2° semestre 2014. Questo ritmo
è il più basso da 5 anni
a questa parte.
B+
L'agenzia di valutazione
creditizia Standard & Poor’s
ha alzato il rating del debito
sovrano di Cipro a B+ per
riflettere i suoi buoni risultati
di bilancio. Tale rating è
associato ad un outlook stabile.
prospettive|novembre 2014
USD 76,28
L’Arabia Saudita prende le misure necessarie per
abbassare il prezzo del suo petrolio, di fronte a
un corso del greggio americano WTI ai minimi da
due anni, a 76,28 al barile. I prezzi del greggio,
sprofondati in una forte tendenza ribassista da
metà giugno, sono scesi ai minimi toccati nel 2011 a
New York e nel 2010 a Londra.
|9|
CLASSI DI ATTIVITÀ
I mercati azionari rivelano la loro vulnerabilità
Ancora una volta, il mese d'ottobre ha messo a dura prova i mercati azionari. Un'ondata improvvisa di
timori sull'andamento dell'economia ha provocato, nello spazio di cinque sedute, una correzione del
5,4% dello S&P 500 a metà mese. L'indice ha poi chiuso il periodo con un rimbalzo dell'8,3%.
Nervosismo sui mercati ad
ottobre
Gli US Treasury decennali
ridiscendono al 2,1%
L'HY sensibile alle decisioni
della Fed
Azioni
Obbligazioni
Obbligazioni societarie
I mercati azionari hanno fatto registrare
una forte correzione ad ottobre prima di
rimbalzare, riportando il Giappone e gli
Stati Uniti ai loro massimi annuali. Il
mercato europeo è tuttavia in ritardo
rispetto a quello statunitense.
All'inizio di ottobre, i tassi d'interesse a
lungo termine degli US Treasury hanno
proseguito la loro tendenza ribassista di
fine settembre. Il tasso d'interesse a 10
anni è passato dal 2,6% a metà settembre
al 2,1% al 15 ottobre, e il rendimento del
2,1% è il livello minimo toccato nel 2014
per i tassi decennali. Bisogna infatti risalire
a giugno 2013 per ritrovare questo dato.
I timori legati alla normalizzazione della
politica della Fed hanno influito in misura
considerevole sul segmento High Yield.
L'Investment Grade, da parte sua, ha
seguito da vicino le fluttuazioni dei titoli
di Stato. A questo punto, le obbligazioni
societarie non appaiono eccessivamente
care rispetto all'IG. Sull'orizzonte 2015,
l'HY resta comunque vulnerabile ad un
rialzo dei tassi di riferimento.
La prima quindicina di ottobre è stata
contrassegnata da un vasto movimento
di correzione su tutti i mercati azionari.
Mentre il programma di acquisto di
titoli da parte della Fed sta finendo, i
timori sulla crescita, sia negli Stati Uniti
che in Germania, sono stati il
catalizzatore di questo movimento.
Gli arretramenti sono stati sostanziali,
con il -5,4% negli Stati Uniti e il -8,9% in
Europa, e quest'ultimo mercato è così
entrato in terreno negativo da inizio
anno. Lo stress subìto dai mercati è
stato intenso: la volatilità, misurata
dall'indice VIX negli Stati Uniti, è passata
nella prima metà del mese dal regime
che noi definiamo basso ad un regime
di crisi, prima di ritornare al regime
basso il 31 ottobre. Infine, a ottobre, lo
S&P 500 è riuscito persino a esprimere un
rialzo del 2,4%. L'Europa ha conosciuto
un rimbalzo meno favorevole, a causa
della sua maggiore volatilità.
Le revisioni al ribasso dei profitti attesi
per il 2014 e il 2015 sono continuate in
tutte le zone, ad eccezione del Giappone,
dove le aspettative per il 2015 sono
leggermente migliorate.
Dopo la debole crescita dei profitti
nel 2014 sui mercati sviluppati (7%
negli Stati Uniti, 4,5% in Europa e 6% in
Giappone), l'attenzione degli investitori
si focalizza sul 2015, con aspettative tra
il 10% e il 13%. Infine, la performance
dello S&P 500 dell'11% dall'inizio
dell'anno è un segnale di maggiore
resistenza agli attuali rischi rispetto ai
listini europei.
|10|
Per contro, la seconda metà del mese
ha registrato un rialzo pressoché
ininterrotto dei tassi d'interesse. I
maggiori rialzi sono stati concentrati
sulle scadenze tra i 2 e i 10 anni.
Questo movimento lineare si spiega
con la percezione di un atteggiamento
un po' più aggressivo della Fed
rispetto all'immediato passato e con le
statistiche economiche migliori del
previsto.
I tassi d'interesse degli US Treasury
dovrebbero continuare il loro rialzo
nel 2015 in ragione, da una parte, del
proseguimento della ripresa
economica in corso e, dall'altra, del
probabile inizio del ciclo di aumento
dei tassi di riferimento della Fed.
Tuttavia, la progressione dei tassi a
lunga potrebbe rivelarsi modesta a
causa dei dubbi sul potenziale di
crescita delle economie dopo la
Grande crisi e delle previsioni di
inflazione a lungo termine, che
dovrebbero rimanere basse.
In Europa, queste stesse ragioni
sono state amplificate dall'assenza di
segnali di una ripresa durevole e da
una politica monetaria che dovrebbe
continuare a contrastare i rischi
deflazionistici. In queste condizioni, il
differenziale tra i tassi d'interesse
degli US Treasury e quelli dei Bund
potrebbe continuare ad ampliarsi.
La prospettiva dell'annuncio della fine
di nuovi acquisti di titoli da parte della
Fed è stata particolarmente perniciosa
per l'High Yield (HY). I flussi di fondi in
uscita hanno spinto i tassi d'interesse di
questa classe di attività temporaneamente sopra il 3,5%, un livello che non
si vedeva da settembre 2013. A seguito
della conferma da parte della Fed della
fine del suo QE e del sostegno apportato
da una serie di statistiche economiche
favorevoli negli Stati Uniti, i timori hanno
potuto essere leggermente attenuati.
Nel mese, l'HY e gli US Treasury registrano una performance del +1,1% contro
il +0,9% per l'Investment Grade (IG). Al
confronto, lo S&P chiude con un +2,4%.
La performance da inizio anno è stata
dignitosa. In testa, ritroviamo l'IG
(7,0%), seguito dagli US Treasury
(4,8%) e dall'HY (4,8%).
In termini settoriali, le performance
sono state molto concentrate. Al primo
posto, ritroviamo i media (+10,8%),
seguiti dai servizi di pubblica utilità
(+9,8%) e dalle assicurazioni (+8,3%). Il
gruppo di coda è monopolizzato dai
settori legati alla finanza: banche
(+4,7%) e finanziari (+5,4%).
L'HY dovrebbe continuare a essere
volatile in ragione della sua sensibilità
alle incertezze che pesano sul ritmo di
normalizzazione della politica
monetaria della Fed.
prospettive|novembre 2014
Hedge fund
La fedeltà alle convinzioni
è stata vincente in un mese
difficile per gli hedge fund
L'andamento a forma di V delle attività
rischiose ha messo alla prova la
determinazione dei gestori di rimanere
fedeli alle loro convinzioni di trading.
Gli hedge fund hanno dovuto fare una
difficile scelta, di fronte ad una combinazione di fattori contrari – sia di tipo
macro che specifici per le singole
aziende – che ha provocato una marcata
flessione infragiornaliera dei prezzi delle
attività rischiose: tagliare il rischio e
limitare ulteriori perdite, oppure cavalcare la correzione e comprare sulla
debolezza. I fondi azionari long/short
hanno scelto quest'ultima soluzione.
Anche se le brutte notizie macroeconomiche emerse a fine settembre hanno
portato ad una riduzione delle esposizioni nette e lorde, i giudizi fondamentali sono rimasti invariati per tutto il
mese di ottobre. I fondi azionari long/
short sono pertanto riusciti a recuperare
gran parte delle perdite di metà mese,
grazie ai rally espressi a fine mese dai
nomi di maggior convinzione. I fondi
global macro hanno invece preferito
limitare le perdite. Per l'esattezza, i loro
processi di risk management hanno
fanno scattare i meccanismi di stop
loss. A causa della decisione di
aspettare nel ripristino delle posizioni
di rischio, non è stato comunque
possibile catturare tutto il rimbalzo. In
altre strategie, i gestori event driven
hanno avuto problemi propri che sono
andati al di là della percezione da parte
del mercato del netto peggioramento
della crescita economica. Ad esempio il
prezzo delle azioni Shire è crollato del
47% per il venir meno dell'acquisizione
data per certa di Shire da parte di
AbbVie - una transazione che traeva la
sua logica da un'ipotesi di tax inversion.
prospettive|novembre 2014
Il palladio resiste
Metalli preziosi
La fine del «tapering» della Fed ha
provocato una discesa dei corsi dei metalli
preziosi, ad eccezione di quello del
palladio.
Tutti i metalli preziosi si sono
apprezzati dopo l'inizio di ottobre,
prima che questa tendenza si
interrompesse nella seconda parte del
mese.
Le speculazioni sulla necessità
dell'adozione di misure monetarie
supplementari da parte della Banca
centrale europea, e la conferma da
parte della Fed della fine del suo
programma di acquisto di titoli,
hanno provocato un apprezzamento
del dollaro USA e spinto al ribasso i
prezzi dei metalli preziosi.
L'oro, l'argento e il platino si sono
così deprezzati nel mese, del 3% per il
metallo giallo e del -5% per gli altri
due metalli. Solo il palladio ha chiuso
in rialzo, con un aumento del suo
prezzo del 2,5%. Dall'inizio dell'anno,
quest'ultimo è il solo metallo prezioso
a conoscere una performance
positiva, dell'11,5%.
La debolezza dell'eurozona e il
vigore dell'economia americana
dovrebbero continuare a sostenere il
biglietto verde, pesando sul valore dei
metalli preziosi, che sono quotati in
dollari USA. Il palladio è l'unico
metallo che continua a beneficiare di
fondamentali abbastanza solidi, il che
giustifica l'andamento favorevole del
suo prezzo. I prezzi degli altri metalli
preziosi potrebbero stabilizzarsi entro
fine anno, ma è probabile che
generino una performance negativa
per l'intero 2014.
L'euro ai minimi degli ultimi
due anni
Cambi
Le monete delle economie sviluppate
hanno registrato una forte volatilità a
ottobre, con diversi record toccati dai
tassi di cambio.
La tendenza del cambio EUR/USD è
stata complessivamente rialzista a
ottobre, fino alla seconda parte del
mese. La debolezza dell'eurozona,
combinata alla forza dell'economia
americana e confermata dalla
decisione della Fed di porre fine al
suo programma di acquisto di titoli,
ha spinto il cambio EUR/USD a
livelli record che non si vedevano da
due anni. Un altro record, questa
volta per lo yen, che ha conosciuto
un forte ribasso, è stato provocato
dalla decisione della banca centrale
giapponese di aumentare il suo
obiettivo di espansione annuale
della base monetaria a 80 mila
miliardi di yen
La forza del dollaro e la debolezza
dell'eurozona hanno pertanto spinto
altre monete a toccare i minimi degli
ultimi quattro anni.
Dall'inizio dell'anno, tra le monete
delle economie sviluppate, il dollaro
USA è la moneta più forte, seguito
ruota dal dollaro australiano,
malgrado il recente ribasso di
quest'ultimo. L'euro ha perso quasi
il 9% nei confronti del dollaro, e solo
la corona norvegese e la corona svedese hanno fatto peggio, con deprezzamenti rispettivamente del -10% e
del -13% contro il biglietto verde.
Queste tendenze dovrebbero perdurare fino a fine anno, anche se,
considerata la velocità degli aggiustamenti delle monete nel mese di ottobre,
un consolidamento della maggior
parte di esse non sorprenderebbe.
|11|
TEMA DEL MESE: GLI STATI UNITI, FONTE DI ENERGIA DI RANGO MONDIALE
Petrolio e gas di scisto americani: il settore che cambia le carte in
tavola dell'offerta energetica mondiale
Molti articoli ritornano sull'argomento delle implicazioni economiche della rivoluzione del petrolio e del gas
di scisto negli Stati Uniti. Da parte nostra tentiamo di valutare l'impatto di questa nuova fonte di produzione
sull'industria petrolifera mondiale e di misurarne le conseguenze per l'investimento.
Oltre al progresso tecnologico, che ha
permesso di trovare la chiave di accesso
alle riserve di oro nero di scisto, questo
fenomemo è rivoluzionario sia per i suoi
aspetti inattesi che per il suo effetto
sorpresa sull'industria petrolifera
mondiale. Le sue ripercussioni saranno
prevalentemente di ordine temporaneo,
come sul mercato del petrolio, o
prevalentemente di naturale strutturale,
come sul mercato del gas.
Gli Stati Uniti, 3° produttore
mondiale di petrolio
Nello spazio di qualche anno, la
combinazione tecnologica della
perforazione orizzontale e della
fratturazione idraulica, a lungo
studiata dal pioniere del petrolio
e del gas di scisto, George Mitchell,
nel Barnett (Texas settentrionale) ha
cambiato il destino del settore
dell'energia americano. Questa
rivoluzione, il cui utilizzo
commerciale si è diffuso in due
ondate successive a partire dall'inizio
degli anni 2000, ha innanzitutto
toccato l'industria del gas naturale,
per poi propagarsi a quella del
petrolio. Mentre gli Stati Uniti
avevano visto la loro produzione
petrolifera raggiungere un picco
all'inizio degli anni 1970, intorno
Malik Zetchi
Analista finanziario
|12|
a 10 milioni di barili al giorno, la
traiettoria del livello di produzione
ha dovuto da quel momento in poi
inesorabilmente puntare verso il
basso, contraendosi quasi della metà
fino al 2010. Dal 2011, la produzione
ricavata dai bacini di scisto ha
aggiunto 3 milioni di barili al giorno,
confermando gli Stati Uniti nella loro
posizione di 3° produttore mondiale
a 8,5 milioni di barili al giorno. Un
simile aumento annualizzato non è
mai stato uguagliato da nessun altro
paese produttore, ad eccezione
dell'Arabia Saudita. Se l'aumento
supplementare potenziale della
produzione è tuttora incerto, la sua
traiettoria resta chiaramente rialzista
per i prossimi due anni.
Questa forte crescita della
produzione di petrolio ha spinto al
rinnovamento dell'industria della
raffinazione americana, che
raramente è stata redditizia come
negli ultimi tre anni. L'Europa fa la
figura della perdente in questa storia,
trovandosi a dovere affrontare un
aumento delle esportazioni
americane di prodotti raffinati.
Queste ultime non hanno fatto che
accelerare, in un contesto di una
domanda anemica e di una esigenza
di razionalizzazione delle sue
capacità di raffinazione.
L'abbondanza della produzione
di gas sul continente americano si
è anche conclusa con effetti
significativi sull'industria domestica.
I miglioramenti di produttività dei
pozzi dei bacini gasiferi del Texas e
della Pennsylvania e le quantità
considerevoli di gas associate alla
produzione di petrolio hanno avuto
ragione sui prezzi del gas naturale
americano. Essi hanno prodotto
effetti marginalmente negativi per le
società di servizi ma sono divenuti
una fortuna insperata per le società
della petrolchimica di base che, in
brevissimo tempo, sono passati dal
ruolo di attore marginale a quello di
produttore in grado di competere ad
armi quasi pari con quelli del Medio
Oriente.
Mentre appena sette anni fa gli Stati
Uniti si apprestavano a importare gas
sui propri terminali nel golfo del
Messico, la rivoluzione degli scisti
permetterà, da qui al 2020, al paese
di posizionarsi al 3° posto degli
esportatori di gas naturale liquefatto
(GNL) dopo l'Australia e il Qatar. Gli
Stati Uniti rappresenteranno allora
da soli circa il 15-20% del commercio
mondiale di GNL. Questo aumento
di potenza provoca perturbazioni
importanti sui mercati del GNL,
marginalizzando o ritardando alcuni
progetti come quelli del Canada o
dell'Australia, e rimettendo in
discussione la struttura dei contratti
tradizionali.
I fattori dello sviluppo energetico
americano
In aggiunta ad una geologia
favorevole, gli Stati Uniti hanno
beneficiato di tre fattori cruciali, che
hanno permesso lo sviluppo del
petrolio e del gas di scisto: 1)
infrastrutture energetiche altamente
sviluppate, 2) un sistema giuridico
che concede il diritto minerario ai
proprietari terrieri e, 3) malgrado una
opposizione virulenta da parte di
taluni gruppi, un sistema favorevole
in termini di politica e di legislazione.
Altro tesoro inestimabile di questa
industria, la grande ricchezza offerta
dal segmento esplorazione/produzione domestica. Le società
puramente americane, di qualsiasi
dimensione, hanno contribuito in
modo significativo al know how e
allo sviluppo tecnologico; esse
rappresentano oggi la maggior parte
degli investimenti destinati allo
sfruttamento del petrolio di scisto.
Questi investimenti rappresentavano
circa USD 140 miliardi nel 2014, un
ammontare comparabile alla spesa
delle cinque major1 messe insieme.
Tali investimenti permettono di
rispondere alla quasi totalità della
crescita annua della domanda
mondiale di petrolio, pari a circa
1
le grandi compagnie petrolifere
prospettive|novembre 2014
1 milione di barili al giorno. In altri
termini, le società americane si
vedono incaricate, loro malgrado,
della missione di approvvigionare
il mondo di energia, missione che
storicamente incombeva implicitamente sulle compagnie nazionali dei
paesi dell'OPEC e alle major. Si tratta
di un cambiamento epocale. Non è
una coincidenza che le major,
fortemente esposte alle dinamiche
internazionali e al segmento
dell'offshore profondo2, abbiano
cambiato da qualche tempo la loro
comunicazione nei confronti degli
azionisti, utilizzando termini come
«disciplina del capitale», «controllo
dei costi» e altre misure di
ottimizzazione operativa, ritardando
i loro progetti costosi, generalmente
relativi all'offshore profondo. Gli Stati
Uniti hanno concesso del tempo al
resto dell'industria petrolifera. Le
perdenti in questo nuovo contesto
prospettive|novembre 2014
sono le società di servizi, e più in
particolare le società di perforazione
marina, nonché le società di
ingegneria e di costruzione esposte
all'offshore, che vengono prese in
contropiede. Mentre stavano tutte
investendo per aumentare la loro
capacità, devono ora fare i conti con
problemi di sovracapacità.
Lo sviluppo del petrolio di scisto
americano: il dibattito rimane aperto
Mentre è ampiamente assodato che il
vi è abbondanza di gas americano e
che i suoi effetti sui mercati mondiali
del gas si faranno sentire a lungo
termine, le opinioni sono molto più
divise sul petrolio di scisto.
Permangono incertezze importanti
come il potenziale di sfruttamento
residuo, la sostenibilità del livello di
produzione una volta raggiunto il
picco e la reale profittabilità di questo
tipo di deposito. Si continua
comunque ad ammettere che sarà
difficile per l'industria scoprire bacini
petroliferi comparabili a quelli
dell'Eagle Ford (Texas) e del Bakken
(Nord Dakota). Considerati asset
di portata mondiale, questi due
giacimenti rappresentano da soli
quasi il 70% della produzione
americana onshore3. Sebbene tuttora
in crescita, questi stanno raggiungendo
progressivamente il loro livello di
maturità. Tuttavia, l'industria
petrolifera continua a investire
significativamente nella ricerca e
nello sviluppo, nel miglioramento
delle tecniche di estrazione e
nell'ottimizzazione della produzione.
Il petrolio di scisto americano ha
apportato al mercato del petrolio un
fattore autostabilizzante; in altre
2
3
offshore significa marittimo. L’offshore profondo si
riferisce alla perforazione marittima in acque profonde
terrestre
|13|
TEMA DEL MESE: GLI STATI UNITI, FONTE DI ENERGIA DI RANGO MONDIALE
parole, una elasticità naturale della
produzione rispetto al prezzo,
dimensione che in precedenza non
era mai esistita. L'Opec ha svolto
sinora in qualche modo questo ruolo,
in qualità di attore regolatore esterno
dei mercati. Gli sviluppi recenti dei
prezzi del petrolio dovrebbero
costituire un valido test della
resistenza del modello americano, se
i prezzi dovessero rimanere per un
periodo prolungato in un range
inferiore a quello che ha permesso il
boom dell'industria dello scisto.
I mercati azionari riflettono la
rivoluzione in corso
Sui mercati azionari, la rivoluzione
del petrolio e del gas di scisto ha
avuto ricadute significative. Oltre al
rallentamento degli investimenti
(capex), osservato da più di due anni
per i progetti offshore profondo e che
ha provocato la caduta precipitosa
di molte società di servizi, il petrolio
di scisto ha totalmente tolto dal
palcoscenico le società tradizionali
di esplorazione e di produzione,
quotate per la maggior parte al
London Stock Exchange. Queste
ultime avevano basato il loro modello
di business e le loro proposte di
valore (value proposition) per gli
investitori sull'esplorazione, spesso
ad «alto rischio/alto rendimento
sull'investimento», ovvero
corrispondenti nel migliore dei casi
al 15-20% di probabilità di successo,
unitamente allo sviluppo di progetti
molto rischiosi. All'opposto, le società
americane di esplorazione
e di produzione propongono
relativamente pochi rischi geologici,
una esposizione verso le economie
dell'OCSE, giudicate più stabili,
nonché una crescita dei volumi
rapida e visibile. Negli ultimi due
anni, il trading sul mercato azionario
si è rivelato relativamente
dicotomico, favorendo i titoli esposti
alla tematica del gas e del petrolio di
scisto, e mettendo in ombra quelle
troppo esposte all'internazionale,
dove in realtà i rischi sono
significativamente aumentati negli
ultimi anni. Molte società americane
sono del resto in fase di ristrutturazione del loro portafoglio, con
la vendita delle loro attività
internazionali per riposizionarsi sullo
scisto americano. Questo è stato ad
esempio il caso di Devon Energy, ma
anche di Hess Corporation, di
Occidental Petroleum o ancora di
Apache Corporation.
Mentre il mercato si focalizza sulla
tematica straordinaria del petrolio e
del gas di scisto del continente
americano, è importante mettere
questo fenomeno nella prospettiva
della contribuzione ai bisogni futuri
di petrolio, tenuto conto del tasso di
declino della produzione mondiale.
Da qui al 2020, si stima che per
mantenere la produzione attuale
a un livello costante, dovranno essere
immessi sul mercato 20 milioni di
barili al giorno supplementari.
Secondo ipotesi ottimistiche, il
petrolio di scisto degli Stati Uniti
rappresenterà il 10-15% di questo
fabbisogno.
A seguito del forte ribasso delle
azioni del settore petrolifero e delle
aspettative attualmente fortemente
depresse, diversi titoli presentano
valutazioni attraenti e offrono di
conseguenza rendimenti potenziali
Contributori | Yves Bonzon, Christophe Donay, Jean-Pierre Durante, Chloé Koos Dunand, Bernard
Lambert, Jacques Henry, Nadia Gharbi, Kalina Moore, Wilhelm Sissener, David Baglione | Redazione
terminata il 3 novembre 2014 Revisione editoriale | Sabine Jacot-Descombes Traduzione| Mario Clapis
Impaginazione | Production Multimédia Pictet Stampa | Stampa su carta certificata FSC
Disclaimer | Il presente documento non è destinato alle persone aventi cittadinanza, residenza o
domicilio o alle entità registrate in un Paese o una giurisdizione in cui la sua distribuzione,
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reddito dei titoli o degli strumenti finanziari menzionati nel presente documento sono basati su corsi
ottenuti dalle fonti di informazioni finanziarie d'uso e possono subire fluttuazioni. Il valore borsistico
può cambiare in funzione di cambiamenti di ordine economico, finanziario o politico, della vita
|14|
interessanti per i prossimi dodici
mesi. Alcune società attive nei settori
del petrolio e del gas di scisto
americani, sia tra i produttori che tra
i servizi petroliferi, rimangono ben
posizionate e godono di buone
prospettiva di crescita. Anche la
tematica dell'offshore profondo
rimane promettente. Al pari della
complessità dello sfruttamento di
questo tipo di risorsa, il contenuto
tecnologico delle apparecchiature
di produzione permette in effetti di
fissare barriere all'entrata elevate,
proteggendo in tal modo un certo
numero di aziende di nicchia. Le
major europee restano in particolare
ben posizionate, tenuto conto del
potenziale di miglioramento della
loro attività che rimane superiore
a quello delle loro omologhe
americane, in ragione dei livelli delle
valutazioni più attraenti.
residua, delle condizioni di mercato, della volatilità e della solvibilità dell’emittente o dell'emittente
di riferimento. I tassi di cambio possono inoltre influire positivamente o negativamente sul valore, sul
prezzo o sul reddito dei titoli o degli investimenti ad essi relativi menzionati nel presente documento.
I rendimenti del passato non devono essere considerati come una indicazione o una garanzia delle
performance future, e le persone destinatarie del presente documento sono interamente responsabili
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prospettive|novembre 2014
DATI CHIAVE
Il risveglio del Giappone suscita una varietà di emozioni
Il dibattito sulla durata della ripresa della crescita e su un ritorno dell'inflazione in Giappone è stato ravvivato
dalla nuove misure monetarie annunciate dalla Bank of Japan. Gli indici borsistici del paese
hanno raggiunto nuovi picchi annuali e lo yen si è ulteriormente deprezzato.
Dati al 31 ottobre 2014
PRINCIPALI INDICATORI ECONOMICI
TASSI D’INTERESSE
Stime Pictet - (consenso*)
Tassi di crescita del PIL
2012
2013
Stati Uniti
Eurozona
Svizzera
Regno Unito
Giappone
Cina
Brasile
Russia
2.3%
-0.6%
1.1%
0.7%
1.5%
7.7%
1.0%
3.4%
2.2%
-0.4%
1.9%
1.7%
1.5%
7.7%
2.5%
1.3%
Inflazione (IPC) (media annuale, Brasile escluso, a fine anno)
2012
2013
Stati Uniti
Eurozona
Svizzera
Regno Unito
Giappone
Cina
Brasile
Russia
2.1%
2.5%
-0.7%
2.8%
0.0%
2.7%
5.8%
5.1%
1.5%
1.3%
-0.2%
2.6%
0.4%
2.6%
5.9%
6.8%
2014E
2.2%
0.7%
1.6%
3.0%
0.9%
7.3%
0.2%
0.2%
2015E
(2.2%)
(0.8%)
(1.5%)
(3.1%)
(1.1%)
(7.3%)
(0.3%)
(0.2%)
3.0%
1.0%
1.8%
2.7%
1.3%
7.0%
1.0%
0.0%
2014E
1.7%
0.5%
0.0%
1.6%
2.7%
2.1%
5.9%
7.5%
Breve termine (3 mesi)
(3.1%)
(1.2%)
(1.7%)
(2.6%)
(1.2%)
(7.1%)
(1.0%)
(0.4%)
2015E
(1.8%)
(0.5%)
(0.1%)
(1.7%)
(2.8%)
(2.3%)
(6.4%)
(8.0%)
1.4%
0.9%
0.2%
1.6%
1.7%
2.6%
4.9%
7.5%
Stati Uniti
Eurozona
Svizzera
Regno Unito
Giappone
Cina
Brasile
Lungo termine (10 anni)
0.1%
0.15%
0.0%
0.5%
0.1%
3.0% (1 anno)
11.3%
2.3%
0.9%
0.5%
2.3%
0.5%
4.8% (5 anni)
12.2%
MERCATI OBBLIGAZIONARI
(1.8%)
(1.0%)
(0.5%)
(1.9%)
(1.8%)
(2.7%)
(6.3%)
(6.2%)
Performance dal 31.12.2013
EUR
CHF
High Yield EUR
High Yield USD
*Fonte: Consensus Economics Inc
USD
VARIAZIONI DEI TASSI DI CAMBIO (DAL 31.12.2013)
GBP
JPY
Rispetto all’EUR
Rispetto all’USD
Rispetto al CHF
USD —
HKD —
USD —
HKD —
AUD —
HKD —
AUD —
GBP —
AUD —
GBP —
NZD —
GBP —
NZD —
CAD —
NZD —
CAD —
JPY —
CAD —
JPY —
CHF —
JPY —
CHF —
EUR —
EUR —
NOK —
NOK —
SEK —
SEK —
NOK —
SEK —
% -6 -4 -2 0 2 4 6 8 10 12
% -14 -12 -10 -8 -6 -4 -2
0
Debito emergente (in moneta locale)
Debito emergente (in USD)
% -12
Performance dal 31.12.2013
USD
% -8 -6 -4 -2 0 2 4 6 8 10
Performance dal 31.12.2013
Performance del mese precedente
Petrolio quotato in Asia -25.4
-22.7
Brent
-18.3
WTI
Stagno
Mais
Platino
Piombo
Rame
Gas naturale
Oro in USD
Zucchero
Argento
Cacao
Palladio
Zinco
Alluminio
Petrolio quotato in Asia -12.8
-12.2
Cacao
-11.7
WTI
-10.6
Brent
Gas naturale
Platino
Piombo
Oro in USD
Stagno
Zucchero
Argento
Rame
Palladio
Zinco
Alluminio
Mais
-10.7
-9.6
-9.3
-8.7
-8.4
-3.5
-2.3
% -30 -25 -20 -15 -10 -5 0
prospettive|novembre 2014
1.8
7.0
9.5
12.6
16.1
5 10 15 20
0
3
6
9
12
MERCATI AZIONARI
COMMODITY
-11.9
-9 -6 -3
MSCI World*
S&P 500*
MSCI Europe*
Tokyo SE (Topix)*
MSCI Pacific ex. Japan*
SPI*
Nasdaq
MSCI Em. Markets*
Russell 2000
5.0%
11.0%
-4.0%
-2.2%
7.0%
2.5%
10.9%
4.0%
0.9%
EUR
15.5%
22.1%
5.5%
7.6%
17.7%
12.7%
21.9%
14.3%
10.9%
CHF
GBP
13.7%
8.7%
20.1%
14.9%
3.9%
-0.7%
5.9%
1.3%
15.8%
10.8%
10.9%
6.1%
20.0%
14.8%
12.5%
7.6%
9.1%
4.4%
* Dividendi reinvestiti
SETTORI DI ATTIVITÀ
-6.0
-5.6
Performance dal 31.12.2013
Stati Uniti
Europa Mondo
-4.4
-3.9
-3.0
-2.5
% -15 -10 -5
0.0
0.6
1.2
1.2
6.0
17.5
0
5
10
15
20
Industria
Tecnologia
Materiali di base
Telecomunicazioni
Salute
Energia
Servizi pubblica utilità
Finanza
Consumi di base
Consumi voluttuari
3.3%
14.2%
4.9%
3.2%
21.6%
-0.9%
19.2%
8.4%
8.7%
2.3%
-4.5%
-2.3%
-3.3%
1.4%
15.8%
-1.9%
16.0%
2.5%
4.5%
-2.1%
-1.6%
11.3%
-5.9%
-2.2%
15.9%
-4.0%
11.9%
1.2%
3.3%
-2.4%
|15|
PERSP ITA 1114
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