LE NOSTRE INIZIATIVE MERCOLEDÌ 26 FEBBRAIO 2014 Istituto Comprensivo «Curiel» - Paullo (MI) LA REDAZIONE - CLASSE 2^F: Andrea Carmicino, Stefano D’Errico, Anas El Aouni, Nourddine El Arab, Martina Formis, Francesca Gargaro, Juan Carlo Geronimo Mayta, Giorgia Micchelle Guamantica Herrera, Ilaria Livraghi, Emanuele Lo Piccolo, Roxana Lovin, Angelo Mazzei, Lopez Mackye Cesar Medrano, Mettica Omar, Anna Leda Minetto, Dulsinia Noscov, Diana Roberta Preda, Antonio Tarantini, Jennifer Tufa, Valentina Zappia DOCENTE: Michela Soldati Con il rap esprimiamo la nostra rabbia Il genere musicale più amato dai giovani Ritmo, rime, assonanze e allitterazioni hanno il potere di far sentire liberi IL COMMENTO Il colorito linguaggio dei teenager COMUNICARE via sms, per e-mail o in chat è più popolare che mai nel mondo dei giovani. Ogni giorno si inviano svariati milioni di sms. Nei messaggi non si dà importanza alle regole grammaticali, alla punteggiatura o all’ortografia. I giovani usano spesso il loro gergo, a volte anche il dialetto ed esprimono le loro emozioni con le «emoticon», ossia le faccine come «lol». Le parole sono abbreviate, alcune sono riprese dai fumetti e altre sono create da loro. È assolutamente normale usare espressioni come «strafico», «bella», oppure «esagerato». FORSE i giovani scrivono in questo modo per distinguersi dagli adulti e per segnalare l’appartenenza a un gruppo. Il linguaggio dei giovani non è dunque più solo parlato, com’era in passato, ma con le nuove forme di comunicazione si è evoluto per diventare anche lingua scritta. La sfida per i giovani consiste nell’adattare il loro linguaggio al contesto: nell’evitare, nei testi destinati alla scuola, l’uso di espressioni come «tranqui» o «ganzissimo». Devono capire che con i propri genitori o con gli adulti non si parla come con gli amici e che per una presentazione a scuola si usa un registro diverso da quello delle chat. Nel tema a scuola ci si aspetta inoltre che si formulino frasi complete; in un sms invece no. UN ARGOMENTO di cui si parla molto in questo periodo è quello del comportamento dei giovani: si va dalla generica maleducazione, lamentata spesso dagli anziani, alla mancanza di rispetto per le persone e le norme sociali di comportamento fino ad episodi di violenza e bullismo che diventano reati veri e propri. Secondo noi il problema non sono i giovani in sé, benché maleducati e superficiali, bensì la famiglia, le istituzioni e chi avrebbe dovuto educarli, quindi la società stessa e in una certa misura anche la scuola. I «nuovi genitori» effettivamente sono troppo permissivi, troppo disposti a proteggere i propri figli e non riescono ad affermare l’autorità su di loro. Al contrario la società spinge i giovani al consumismo, crea bisogni molto spesso fasulli, propone loro idoli capricciosi a loro volta trasgressivi aggravando la già difficile situazione, facendo dimenticare ai giovani valori importanti. Tutti gli atteggiamenti scorretti dei giovani, come lo stare ore e ore al cellulare, rivolgersi sgarbatamente alle autorità, maltrattare il prossimo e non curarsi delle persone che li circondano, derivano quindi da una cattiva generale educazione. La musica ha una profonda influenza sulla mente, sullo spirito e sul comportamento, può arricchire la vita dei giovani in molti modi diversi, ma anche essere pericolosa. OGGI LA MUSICA più ascoltata dai giovani è il rap perché è il genere musicale più libero e adatto a esprimere la «rabbia» che i giovani oggi dicono di provare. Il rap nasce come fulcro di un movimento culturale più grande chiamato «hip hop» nato negli Stati Uniti d’America verso la fine degli anni sessanta e diventato parte di spicco della cultura moderna. Tecnicamente il rap consiste in una sequenza di versi molto ritmati, incentrati su tecniche letterarie come rime baciate, assonanze ed allitterazioni. Il rapper scandisce più che cantare tali versi e lo fa su una successione di note («beat») realizzata tramite il beatmaking, suonata da un DJ e fornita da un produttore o più strumentisti sulla base di canzoni di genere funk o soul. A volte un brano rap può essere solo strumentale, e ciò viene fatto a scopo dimostrativo da un DJ o un produttore. Le tematiche dei testi variano a seconda dei numerosi sottogeneri del rap, si uniscono alle culture popolari, usano il dialetto, toccano anche temi politici e sociali. OGGI è sempre più rilevante il freestyle. Ogni «freestyle» è generalmente composto da un tempo determinato per ogni rapper, nel quale quest’ultimo deve cercare di coinvolgere e convincere il pubblico delle proprie migliori qualità e così crea delle rime in improvvisazione. L’abilità di un bravo freestyler infatti non sta in quello che dice ma nel modo in cui lo dice. Forse anche in questo la musica si adegua ai tempi che corrono. Meglio essere o apparire? NOSTRA INTERVISTA COME SI VESTE UN RAGAZZO DI QUATTORDICI ANNI Lo «stile gangsta»: jeans a vita bassa, felpe e scarpe alte OGGI I GIOVANI per non essere emarginati seguono la moda per imitazione oppure adottano un loro stile personale? Abbiamo intervistato un ragazzo di 14 anni per sapere cosa ne pensa. Hai un tuo stile quando segui la moda? «Mi piace vestirmi così perché penso che esprima meglio la mia personalità. Penso di seguire la moda, certo, visto che ormai la maggior parte dei giovani si veste così, in stile gangsta». In stile gangsta? «Uso abiti firmati tipo New York, Jordan, Chicago Bulls e altri. Però il mio stile è di “strada”. Indosso pantaloni a vita bassa, felpe, scarpe alte e molto altro. I miei vestiti risaltano anche per come li indosso, il modo di camminare volutamente con un atteggiamento menefreghista e “da bullo” per richiamare l’attenzione degli altri». E di questo i tuoi genitori cosa ne pensano? «In effetti da quando sono entrato alle medie il mio comportamento è molto cambiato. A differenza di prima ora rispondo ai miei, parlo male e lo faccio apposta. Penso di aver preso questi atteggiamenti guardando quello dei miei coetanei. Ai miei questo non piace affatto, come non piace nemmeno agli altri genitori. Pensano che non dovrei usare quel comportamento con le persone più grandi di me, avere rispetto». XXV ••
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